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Indice
Da dove viene la parola mobbing? . . . . . . . . . . . . . . pag. 2
Che cos’è il mobbing?
........................
I protagonisti della situazione di mobbing
I numeri del mobbing
pag. 3
......
pag. 5
........................
pag. 7
Perché nasce una situazione di mobbing?
.......
pag. 9
Quali tipi di mobbing esistono? . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 10
I danni del mobbing
.........................
pag. 11
I luoghi del mobbing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 17
Cosa dice la legge in materia di mobbing?
......
pag. 18
..........
pag. 20
................................
pag. 21
Azioni positive in materia di mobbing
Numeri utili
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Premessa
Negli ultimi anni, l’idea del mobbing ha colpito anche l’immaginario dei non addetti ai lavori, generando significati
che mettono intuitivamente insieme il mondo del lavoro e
la sofferenza individuale, i diritti dei lavoratori e il disagio
profondo che ognuno di noi può trovarsi a vivere, in un
certo momento del suo percorso professionale, nel quotidiano rapporto con i colleghi e con i superiori. La parola
“mobbing” è, infatti, un termine relativamente nuovo che
definisce ed inquadra una problematica presente da tempo
nel mondo del lavoro e di cui oggi si parla di più non solo
perchè numerosi studi recenti ne hanno evidenziato la
dimensione e i costi aziendali e sociali, ma anche per gli
adempimenti nuovi introdotti dalla normativa sulla sicurezza nei posti di lavoro. Il mobbing è una problematica in
costante aumento, anche in relazione alle nuove tipologie
di lavoro (interinale, para-subordinato, etc). Il mobbing, in
effetti, è un fenomeno specifico, complesso e articolato,
spesso fonte di grande sofferenza e disagio.
Obiettivo di questa scheda è quello di fornire informazioni
generali sul fenomeno mobbing descrivendone le sue
caratteristiche più tipiche.
Il mobbing, in un certo senso, è sempre esistito, ma solo
da un po’ di anni comincia a diffondersi una sua teorizzazione. Fino ad oggi, lo si è spesso passivamente accettato
come “una parte del gioco”. Quando si parla di mobbing è
facile sentire commenti del tipo: ”Purtroppo ci si deve
adattare” o “Queste sono le regole del lavoro”. È necessario che ciascuno riveda le sue convinzioni e i suoi pregiudizi: il mobbing non è una regola da accettare passivamente, ma un abuso da combattere.
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Da dove viene la parola mobbing?
La parola mobbing deriva da latino “mobile vulgus”,
movimento della gentaglia, e poi dall’inglese “to mob”,
cioè assalire, aggredire, affollarsi attorno a qualcuno.
L’uso moderno del termine deriva dall’etologia; lo studio
del comportamento animale di K. Lorenz, infatti, descriveva così il comportamento di alcuni animali che si coalizzano contro un membro interno al gruppo o esterno ad
esso e lo attaccano, lo isolano, lo escludono dal gruppo,
lo malmenano fino a portarlo anche alla morte. Utilizzato,
quindi, originariamente in etologia per descrivere il comportamento aggressivo di alcuni uccelli nei confronti dei
loro contendenti per difendere il nido, particolarmente
usato da Konrad Lorenz per descrivere il comportamento
del branco quando si coalizza contro un proprio membro
per allontanarlo, trasposto da Heinz Leymann nella psicologia del lavoro, oggi è entrato nel gergo specialistico del
mondo del lavoro per indicare una forma di terrore psicologico esercitato sul posto di lavoro attraverso attacchi
ripetuti da parte di colleghi o di datori di lavoro. Si deve
ai due psicologi dell’organizzazione aziendale, Heinz
Leymann e Harald Ege, la diffusione del concetto di mobbing, rispettivamente in Svezia e Germania sin dal 1984 e
in Italia dal 1995.
Heinz Leymann, pioniere dell’analisi della violenza psicologica sul lavoro, nasce in Germania nel 1932 e nel 1955
si trasferisce in Svezia dove avvia i suoi studi sul mobbing
lavorativo grazie ai fondi del governo svedese. Fonda a
Karlskrona una clinica per il trattamento delle malattie
provocate dal mobbing che chiuse pochi anni prima della
sua morte, avvenuta nel marzo del 1999.
Harald Ege, ricercatore tedesco che vive e lavora in Italia
dalla prima metà degli anni Novanta, è uno specialista in
relazioni industriali, ha svolto alcune ricerche nell’ambito
della psicologia del lavoro. A partire dal 1996, all’interno
della sua collana di libri sul mobbing, ha pubblicato gli
unici testi in italiano sull’argomento. Ha fondato a
Bologna l’organizzazione non profit Prima, Associazione
Italiana contro Mobbing e Stress Psicosociale, che si occupa di assistenza e formazione per vittime della violenza
psicologica sul lavoro.
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Che cos’è il mobbing?
Gli esperti di medicina e psicologia del lavoro descrivono
il mobbing come una violenza psicologica, talvolta anche
fisica, di “accerchiamento”, di “attacco”, di “aggressione
in massa” e lo collocano alla stregua di una vera e propria
malattia professionale o di infortunio sul lavoro.
Attenzione: possiamo definire una situazione di
mobbing tutti quegli atti e quei comportamenti posti
in essere da datori di lavoro, capi intermedi o dagli
stessi colleghi (mobbers) che si traducono in atteggiamenti persecutori, di aggressione, di emarginazione, di vero e proprio terrore psicologico attuati in
forma palese, con particolare determinazione e con
carattere di continuità nei confronti di un determinato lavoratore quale vittima designata (mobbizzato),
arrecando seri danni alla sua condizione psico-fisica.
“
“
Per poter definire una situazione di mobbing, è fondamentale il requisito temporale: le violenze psicologiche
devono essere regolari, sistematiche e durare nel
tempo. Esso rappresenta un fenomeno ampio e dagli
effetti pericolosissimi sia per il lavoratore che ne è colpito, sia per l’organizzazione nella quale è perpetrato riflettendosi in genere sul benessere dell’intera società.”
In quasi tutte le varie definizioni del fenomeno mobbing,
la parola persecuzione è
utilizzata come una delle
caratteristiche dominati
dei comportamenti messi
in atto contro il mobbizzato. La Svezia è il primo
paese ad aver adottato
una legge che riconosce il
mobbing come malattia
professionale e, in questo
senso, l’Ente Nazionale per
la Salute e la Sicurezza
Svedese definisce come
azioni persecutorie tipiche
del mobbing: “ricorrenti
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azioni riprovevoli o chiaramente ostili intraprese nei confronti di singoli lavoratori, in modo offensivo, tali da determinare l’allontanamento di questi lavoratori dalla collettività che opera nei luoghi di lavoro”.
“
Attenzione: in caso di conflitto, le azioni e i comportamenti che hanno la funzione di manipolare la
persona in senso non amichevole, si possono distinguere in tre gruppi di tipologie di comportamento:
azioni che riguardano le modalità di comunicazione
attuata con la persona attaccata, comportamenti
che attaccano la reputazione della persona, utilizzando strategie per distruggerla, ed infine azioni
che tendono a manipolare la prestazione professionale della persona per punirla. Alcuni di questi comportamenti si possono trovare nella comunicazione
umana quotidiana o durante casuali litigi. Solo se
queste azioni vengono compiute di proposito, frequentemente e per molto tempo -si verificano con
una frequenza piuttosto alta, indicativamente almeno una volta alla settimana e per almeno sei mesi-,
si possono chiamare mobbing. (Heinz Leymann)
“
Quando parliamo di mobbing, ci riferiamo, dunque e in
linea generale, ad una situazione di violenza psicofisica e
di molestia morale sul luogo di lavoro, che conduce al
degrado delle condizioni di lavoro ed è atta a ledere la
salute, la professionalità, la dignità della persona lavoratrice, e si attua con svariate modalità, comunque aggressive e vessatorie, verbali e non verbali, con finalità tese
all’emarginazione ed all’isolamento, alla dequalificazione
professionale ed umana, al demansionamento, allo svuotamento o perdita del ruolo, con l’obiettivo finale di bloccare la carriera e/o di eliminare uno o più dipendenti.
L’intensità e la durata delle azioni vessatorie posso variare
a seconda dello scopo da raggiungere e della risposta
della vittima designata, con conseguenze sulla salute, sull’attività professionale, sulla vita privata e sociale, di
grado variabile secondo l’entità del danno subito, nonchè
danno economico e culturale allo stesso ente ed alla
società in generale. (Problemi Medico-Legali, Legislativi e
Giuridici Congressi Università “La Sapienza” Violenza,
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Distress, Mobbing, Danno Personale E Sociale,
Prof. Dr. Emilia Costa, Dott. Massimiliano
Costa 2003).
“
Attenzione: il mobbing è, di fatto, una
comunicazione conflittuale sul posto di lavoro tra
colleghi o tra superiori e dipendenti. La persona
attaccata viene posta in una posizione di debolezza
e aggredita direttamente o indirettamente da una o
più persone in modo sistematico, frequente e per
lungo periodo, con lo scopo e/o la conseguenza
della sua estromissione dal mondo del lavoro.
Questo processo viene percepito dalla vittima come
una discriminazione. (Associazione contro lo stress
psicosociale e il mobbing - Germania, 1993)
“
I protagonisti della situazione di mobbing
Alla luce delle molteplici e più diffuse definizioni esistenti per descrivere il fenomeno del mobbing, il quadro che
si delinea è proprio quello di un variegato palcoscenico su
cui si muovono diversi attori, co-attori e spettatori.
“
“
Attenzione: quando c’è una vittima designata è
tutto il sistema che partecipa
Partendo da questo presupposto, cerchiamo di descrivere
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nel dettaglio chi sono i possibili attori di una situazione
di mobbing.
Il mobber è colui che inizia e continua l’attacco. Può
avere diversi motivi per perpetrare il mobbing: paura di
perdere il lavoro o la posizione duramente guadagnata, o
di essere surclassato ingiustamente da qualcun altro più
giovane o più qualificato o, semplicemente, più simpatico; ansia di carriera che porta a frantumare qualsiasi ostacolo, vero o presunto, gli si pari davanti; semplice antipatia o intolleranza verso qualcuno con cui è costretto a
convivere otto ore al giorno.
Anche se le categorizzazioni non esauriscono il multiforme ventaglio di possibili mobber, gli esperti ne hanno
individuato alcune categorie:
Il mobber classico: non lascia in pace la sua vittima perché ritiene di riportare vantaggi dalla sua distruzione,
oppure la usa come valvola di sfogo dei suoi umori. Può
agire da solo o cercarsi alleati. Può addirittura essere
assolutamente consapevole della sua azione, mobbizzare
di proposito per il gusto di farlo e pianificare per divertimento nuove strategie.
Il mobber per caso: è risultato vincitore di un normale
conflitto e del tutto inconsciamente continua la lotta con
lo scopo di distruggere completamente la vittima.
Paradossalmente queste persone non si rendono conto di
quello che stanno facendo sulle loro vittime e sono le
prime a mostrarsi incredule di fronte agli sviluppi della
situazione.
Il mobbizzato, ovvero la vittima designata, può essere
sia una persona con buone capacità innovative e creative,
che si dedica molto e con passione al lavoro e che vorrebbe un ottimale gestione delle risorse umane ed una
migliore organizzazione del lavoro; oppure una persona
con scarse capacità lavorative o portatore di handicap o
soggetti particolari per tratti socio culturali, abitudini di
vita, preferenze sessuali, o persone che rimangono estranee a traffici illeciti dell’Ente o dei colleghi; o semplicemente una persona che viene considerata più debole,
rispetto ai colleghi che devono fare carriera, magari perché è donna senza appoggi politici o sponsor di famiglia
o di economia, oppure perché presenta tratti di personali8
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tà che, pur essendo normali, non sono sufficienti in un
ambiente eccessivamente competitivo e/o con clima
malato, come ad esempio scarsa aggressività o assertività
o comportamenti di evitamento o di fuga, o di scarsa
flessibilità ed agilità (E. Costa, M. Costa). Il fenomeno del
mobbing comunque riguarda e coinvolge lavoratori di ogni
età, formazione, posizione gerarchica e sesso.
Co-mobber, side-mobber è colui che coadiuva l’autore
del mobbing, cioè gli spettatori, che hanno ruolo di primo
piano, in quanto possono interrompere o assecondare il
fenomeno.
Nel Mobbing, purtroppo, vale un vecchio detto: “Chi tace
acconsente e partecipa”.
I numeri del mobbing – alcuni dati statistici
(Rapporto Italia 2003, Eurispes)
“
Attenzione: alcune statistiche italiane rivelano che
in circa l’88% dei casi è coinvolto un mobber in una
posizione superiore a quella della vittima; fra questi, in circa il 58% dei casi il mobber è il capo che
agisce da solo, mentre nel restante 30% il capo è
coadiuvato nel mobbing dai colleghi della vittima.
“
Solo nel 10% i casi il mobber è costituito dai colleghi.
Dunque, la presenza di una persona di grado superiore nel
mobbing sembra una circostanza diffusa. Il capo può
essere il promotore del mobbing, che quindi comincia per
sua iniziativa e coinvolge i colleghi che lo assecondano o
lo aiutano sperando in una qualche forma di gratificazione
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o semplicemente per amore del quieto vivere (sono molto
rari i casi in cui un collega prende le difesa di una vittima di mobbing, mettendosi così apertamente contro il
capo); il capo può tollerare il mobbing dei colleghi, permetterlo o addirittura favorirlo: un collega mobber ha
sempre bisogno di una sorta di “permesso” del capo a
mobbizzare qualcuno. Un tipo di mobber, quantitativamente quasi irrilevante (2%), è invece il mobber che si
trova in posizione inferiore a quella della vittima.
I dati confermano che i superiori attaccano di preferenza
la situazione lavorativa della vittima, muovendo le leve
gerarchiche; i colleghi colpiscono invece la sfera relazionale. Gli abusatori sono equamente divisi fra uomini e
donne (anche se si evidenzia una tendenza alla crescita
del numero delle abusatrici) e preferiscono colpire persone del loro stesso sesso: due mobber uomini su tre se la
prendono con una vittima uomo, mentre ben 13 mobber
donne su 14 mobbizzano una donna. Gli uomini inoltre
sono tendenzialmente più mobber delle donne e non disdegnano però nemmeno una vittima donna: circa un terzo
di mobber maschili scelgono una vittima femminile. Le
donne invece tendono a mobbizzare quasi esclusivamente
altre donne. Ciò potrebbe essere correlato al fatto che
statisticamente ci sono più uomini nei ruoli di responsabilità, e quindi più difficili da mobbizzare, ma anche al
fatto che la gestione delle relazioni di potere tra donne
presenta specifiche caratteristiche.
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Perché nasce una situazione di mobbing?
Le ragioni possono essere le più diverse, ma principalmente l’atteggiamento persecutorio si scatena per ragioni
emozionali o strategiche. Può esistere un terzo tipo definito causale, tipico di ambienti ad elevatissima litigiosità,
che pur non nascendo con le finalità dei precedenti, vi
confluisce in un secondo tempo raggiungendo poi le stesse conclusioni.
Statistiche e studi di settore dimostrano che:
“
Attenzione: alquanto eterogenea è la gamma di
motivazioni alla base degli episodi di mobbing, il
cui scopo è in genere distruttivo: “togliere di
mezzo” una persona in qualche modo “scomoda”,
inducendola alle dimissioni volontarie o provocandone un motivato licenziamento.
“
Cerchiamo di individuare alcune tra le cause che possono
generare una situazione di mobbing:
- paura di perdere il lavoro o la posizione acquisita o di
essere surclassato da qualcun altro;
- ansia di carriera che porta ad eliminare qualsiasi ostacolo, vero o presunto che sia, si pari dinanzi;
- semplice antipatia o intolleranza verso qualcuno;
- il non essere in sintonia con le idee o con le decisioni
del capo o del gruppo dominante;
- mancanza dell’affiliazione o dell’approvazione del gruppo
dominante;
- rivendicazione di diritti che non vengono riconosciuti
perché la carica o le risorse desiderate sono riservate a
qualcun altro;
- entrare in collisione col potente della situazione;
- esistenza di molti soggetti con la stessa funzione e che
dovrebbero accedere al livello superiore;
- la mancanza di sponsor o protettori;
- strategie aziendali di riduzione del personale o di contenimento/eliminazione di dissenso interno (pur legittimo
che sia).
Premettendo l’illegittimità generica del mobbing, si evinco11
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no dalla realtà anche frequenti ipotesi originate dalla mancanza di condivisione/esecuzione di azioni illegali (es. reati
all’interno o all’esterno dell’azienda, molestie sessuali,
ecc.). Può anche verificarsi un mobbing inconsapevole
(quando taluno molto competitivo persevera nella conflittualità cercando di superare ad ogni costo i colleghi, salvo
meravigliarsi degli sviluppi negativi della situazione).
Quali tipi di mobbing esistono?
Ecco di seguito le più “caratteristiche” tipologie di mobbing individuate, alcune delle quali, peraltro, sfumano le
une nelle altre:
Doppio mobbing: si realizza quando il mobbizzato carica
la famiglia di tutte le sue problematiche. Ad una prima
fase di comprensione da parte dei familiari, segue una
condizione di distacco che, quando la situazione si aggrava, porta ad un ulteriore isolamento dell’individuo dal
nucleo familiare;
Mobbing collettivo: quando sono colpiti da atti discriminatori gruppi di lavoratori (caso di ristrutturazioni aziendali, prepensionamenti, cassa integrazione, ecc.).
Mobbing dal basso: sia individuale che collettivo, quando
viene messa in discussione l’autorità di un superiore.
Mobbing emozionale: o relazionale sensu strictu che
deriva, invece, da un’alterazione delle relazioni interpersonali (esaltazione ed esasperazione dei comuni sentimenti di ciascun individuo di rivalità, gelosia, antipatia,
diffidenza, paura, ecc.) sia di tipo gerarchico che tra colleghi.
Mobbing individuale: descrive una situazione in cui
oggetto delle vessazioni è il singolo lavoratore.
Mobbing orizzontale: descrive situazioni in cui le azioni
di mobbing si realizzano fra pari.
Mobbing strategico/organizzativo: quando il mobbing è
destinato ad eliminare lavoratori in eccedenza o personale
che crea problemi per vari motivi, inducendoli al licenziamento, alla malattia, all’isolamento.
Mobbing trasversale: riguarda anche persone al di fuori
del luogo di lavoro, che in sintonia con il mobber, possono creare ulteriore emarginazione e discriminazione.
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Mobbing verticale: se la vittima è un subordinato o
quando un gruppo di subordinati vittimizza un superiore
(in questo caso si parla di mobbing dal basso)
Bossing: quando il mobbing viene attuato dai vertici
dell’Ente
Bullying: quando i comportamenti vessatori vengono
messi in atto da un singolo capo.
I danni del mobbing
“
Attenzione: le conseguenze di una situazione di
mobbing possono essere di tipo psichico, fisico,
sociale ed ovviamente economico. Talvolta possono
essere anche molto serie e coinvolgono inevitabilmente e contemporaneamente, anche se in modi
diversi, la vittima diretta del mobbing, la sua famiglia, e l’azienda al cui interno l’azione si verifica.
“
Per il mobbizzato
La vittima del mobbing può perdere gradualmente la sua
posizione iniziale, la sua influenza, il rispetto degli altri,
il potere decisionale, la salute, la fiducia in se stesso, gli
amici, l´entusiasmo nel lavoro e in se stesso, la dignità,
lo stipendio, ecc.
Ecco di seguito un riepilogo delle quattro principali tipologie di danni (fisici, psichici, sociali ed economici) cui
può andare incontro il mobbizzato:
Danni/sintomi fisici: eruzioni cutanee, emicrania, abbassamento delle difese immunitarie (frequenti influenze,
maggiore vulnerabilità alle malattie), disturbi tiroidei,
disturbi cardiaci: palpitazioni, tachicardia, senso di
oppressione, ipertensione, problemi delle funzioni gastriche e digestive: bulimia, inappetenza, gastrite, ulcera,
disturbi intestinali, disturbi della sfera sessuale, dolori
osteoarticolari, astenia e sensazioni di affaticamento.
Danni/sintomi psichici: manifestazioni psicosomatiche
(sono le prime a manifestarsi): perdita di concentrazione,
di memoria, turbe del sonno, cefalee, sudorazione, tremori, agitazione/irrequietezza, sindromi ansiose, stress posttraumatico, depressioni con fissazione del pensiero sul
proprio problema, abuso nei consumi di sigarette, caffè,
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analgesici, stimolanti, alcolici etc, disturbi comportamentali che impediscono la
partecipazione alla vita lavorativa fino
all’espulsione dal mondo del lavoro
(attacchi di panico, disistima, facilità al
pianto, scoppi d’ira, svenimenti, etc);
alterazioni della personalità (comportamenti ossessivi, fino al suicidio ed all’omicidio); danno psichico o psicofisico permanente,
tale da consentire una regolare
richiesta di risarcimento per invalidità professionale.
Danni sociali: crollo dell’immagine
sociale, perdita di colleghi, di collaboratori o di amici che
non sopportano più l’umore depressivo. La vita di relazione subisce una progressiva involuzione e si concreta in
una caduta sociale con ulteriore perdita dei contatti
sociali e dell’interesse per la vita di relazione. Conflitti,
litigi e separazioni in famiglia, doppio mobbing fanno sì
che il tempo libero, che dovrebbe essere dedicato alla
vita personale, venga speso per curarsi e difendersi.
Danni patrimoniali: costose visite mediche specialistiche,
sedute di psicoterapia, consulenze legali, scomparsa della
regolare entrata mensile dello stipendio nei casi in cui il
mobbing sfoci nella perdita del posto di lavoro, pensionamento anticipato o altro.
Per la Famiglia
Per descrivere le negative conseguenze del mobbing all’interno della famiglia, lo studioso Herald Ege, analizzando il
contesto sociale e familiare italiano, ha coniato il termine
doppio mobbing. Ege argomenta, infatti, che in Italia il
legame tra individuo e famiglia è molto forte; la famiglia
partecipa attivamente alla definizione sociale e personale
dei suoi membri, si interessa del loro lavoro, della loro
vita privata, della loro realizzazione e dei loro problemi.
Conseguentemente, la vittima di una situazione di mobbing tende a cercare aiuto e consiglio a casa, luogo dove
sfogherà la rabbia, l’insoddisfazione o la depressione che
ha accumulato durante una giornata lavorativa. La famiglia assorbirà, nell’immediato, tutta questa negatività,
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cercando di dispensare al suo componente in crisi sostegno in termini di aiuto, protezione, comprensione, rifugio
dai propri problemi. Poiché il mobbing però si protrae nel
tempo, il logorio continuo intacca la famiglia, che entrerà
anch’essa in crisi. La famiglia protettrice e generosa
improvvisamente cambia atteggiamento, cessando di
sostenere la vittima e cominciando invece a proteggere se
stessa dalla forza distruttiva del mobbing. La famiglia si
richiude in se stessa, per istinto di sopravvivenza, e passa
sulla difensiva. La vittima infatti è diventata una minaccia per l’integrità e la salute del nucleo familiare, che ora
pensa a proteggersi e poi a contrattaccare. Si tratta naturalmente di un processo inconsapevole: nessun componente sarà mai consapevole di aver cessato di aiutare e
sostenere il proprio caro. Il Doppio Mobbing indica proprio la situazione in cui la vittima si viene a trovare in
questo caso: sempre bersagliata sul posto di lavoro e per
di più privata della comprensione e dell’aiuto della famiglia. Il mobbing a cui è sottoposto è raddoppiato: ora
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non è solo presente in ufficio, ma continua, con altre
modalità, anche dopo, a casa.
Per l’Azienda
L’art. 2087 del Codice Civile in materia di tutela delle
condizioni di lavoro dispone che : “L’imprenditore è
tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure
che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e
la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e
la personalità morale dei prestatori di lavoro. Questa
norma impone al datore di lavoro di adottare tutte le protezioni necessarie alla tutela del lavoratore, gli vieta di
tenere nei confronti del lavoratore comportamenti vessatori o persecutori e al tempo stesso lo obbliga a vigilare
affinché questi comportamenti non vengano posti in essere, all’interno dell’azienda. Quest’articolo del Codice Civile
fa del datore di lavoro il primo controllore affinché in
azienda non si manifesti il mobbing, e gli impone di sanzionare i comportamenti lesivi dell’integrità fisica e della
personalità morale messi in atto da terzi.
L’azienda che attua il mobbing, o al cui interno si verificano episodi di mobbing, sopporta, inoltre, alti costi,
spesso non avendo ben chiaro lo spettro di problemi che
il fenomeno comporta. Tra i problemi aziendali, direttamente e/o indirettamente connessi al mobbing, si citano:
calo di produttività all’interno dell’azienda (chi agisce il
mobbing o chi lo subisce fa registrare un forte calo di
rendimento professionale, e inoltre si assenta spesso per
visite o periodi di malattia); offuscamento dell’immagine
aziendale (quando il dipendente mobbizzato ne parla
fuori, si altera la buona immagine aziendale e anche la
concorrenza può approfittarne); numerosi costi: quelli
delle procedure irregolari nei confronti dei mobbizzati
(sospensioni, trasferimenti e provvedimenti ingiusti);
quelli legali per denunce o vertenze promosse dai mobbizzati contro l’azienda; quelli di intralcio alla produttività
da parte dei mobbizzati; quelli provocati dal mobber, il
quale impiega parte del suo tempo lavorativo a molestare;
quelli conseguenti alle dimissioni di elementi produttivi e
competenti; quelli conseguenti alla riassunzione di altro
personale in sostituzione (selezione, formazione di base,
ecc.), ecc.
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Nel lungo periodo, il mobbing provoca delle dis-economie,
ovvero dei danni economici permanenti alle aziende che
lo tollerano o lo praticano attivamente. Il terrorismo psicologico forse non danneggia la qualità del prodotto finale, ma peggiora la qualità di vita dei dipendenti, risultando, quindi un indizio di cattiva gestione delle risorse
umane che crea comunque dei costi.
Benché spesso alle aziende tutti questi costi sembrino piccolissimi o non calcolabili in maniera univoca, essi incidono sui conti di fine anno. Le stime dei costi delle sole
malattie connesse allo stress lavorativo in Europa arrivano
a quasi 800 euro l’anno per ogni lavoratore adulto. Risulta
quindi del tutto evidente l’importanza che le aziende
attuino al loro interno politiche e interventi di tipo preventivo al fine di tenere sempre monitorato il livello di
benessere aziendale percepito dai loro dipendenti.
Per la Società
Spostando il problema dal singolo caso o dalla singola
azienda alla società nel suo complesso, è logico sostenere
come l’intero corpo sociale venga in qualche modo indirettamente danneggiato dalla presenza di fenomeni di
mobbing nel suo tessuto produttivo, non solo in termini
di danni morali rispetto alla scarsa tutela dei diritti e del
benessere dei suoi cittadini-lavoratori, ma anche dal
punto di vista strettamente economico.
L’intera comunità nazionale, infatti, è danneggiata sia per
i disservizi che il mobbing produce sia perché il sistema
sanitario nazionale dovrà sostenere costi per terapie, ricoveri, medicine, producendo così un indiretto aumento delle
spese per gli oneri sociali quali sussidi, pensioni anticipate, mobilità, invalidità, ammortizzatori sociali, ecc.
Il mobbing, quindi, non va considerato come un problema
di un singolo individuo, ma come un fenomeno che direttamente e indirettamente riguarda la qualità della vita e il
benessere economico e psicofisico di tutti.
I luoghi del mobbing
(Eurispes ‘’Rapporto Italia 2003’’)
Il mobbing è un fenomeno che riguarda da un lato i singoli individui e dall’altro le diverse organizzazioni all’in17
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terno delle quali si produce. In questo senso, è importante sottolineare le specificità e le differenti tipologie di
contesti aziendali in cui il fenomeno si manifesta.
A guidare la classifica europea per tipologie di organizzazioni sono la Pubblica Amministrazione e la Difesa. In
questi due campi, infatti, il 14% dei lavoratori è vittima
del mobbing. Nell’istruzione e sanità, ristorazione e alberghiero, trasporti e comunicazioni, gli occupati soggetti a
vessazioni sono il 12%. La percentuale scende al 9% nel
commercio all’ingrosso e al dettaglio, al 7% nel campo
immobiliare e al 6% nell’industria manifatturiera e mineraria. Meno colpiti i lavoratori dell’intermediazione finanziaria e delle costruzioni, con il 5%. Ultimi in assoluto
sono quelli dell’agricoltura, pesca, elettricità, gas e
acqua. Settori in cui solo 3 lavoratori su 100 subiscono il
mobbing.
Secondo una recente indagine, ecco sinteticamente di
seguito, divisi per categorie di lavoro, i principali fattori
che possono contribuire a scatenare situazioni di mobbing:
L’ Università è uno dei luoghi particolarmente interessati
dal fenomeno del mobbing a causa della rigida gerarchia
che regna al suo interno (ad esempio, volontario, assistente, aiuto, primario/professore).
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Nel settore dell’Industria, spesso scelte strategiche e
nuova organizzazione del lavoro non consentono il rispetto delle regole precedenti, favorendo motivazioni produttive e conseguenti scelte aziendali che spesso non coincidono con il rispetto del singolo lavoratore e possono
essere alla base di fenomeni di mobbing.
Gli Enti del parastato hanno regole, leggi, organizzazioni
che fanno riferimento in parte al privato ed in parte al
pubblico, creando condizioni complesse, in parte di scarsa
chiarezza e trasparenza, rendendo difficile la progressione
di carriera basata sulla meritocrazia, e favorendo fenomeni di espulsione ed emarginazione.
La Pubblica Amministrazione è notoriamente governata da
un eccesso di burocrazia, e presenta un’ organizzazione
del lavoro spesso ripetitiva e monotona che valorizza e
responsabilizza non a sufficienza i propri dipendenti, contribuendo in questo modo a favorire la nascita di fenomeni di mobbing.
Nel settore della Pubblica Istruzione, in particolare, le
continue riforme spesso pongono continui cambiamenti
nell’organizzazione, cambiamenti che generano stress e
difficoltà di adattamento e che possono favorire il formarsi di fenomeni di mobbing.
Nella Sanità continue riforme del sistema sanitario,
decentramento, accorpamenti, introduzione del direttore
manager possono generare situazioni a rischio mobbing.
Nel settore assicurativo e bancario, poi, spesso vengono
richieste al lavoratore prestazioni per cui occorrono tratti
di carattere opposti e a rischio di conflitti.
Nel settore delle Forze Armate, la rigidità di struttura del
sistema e la gerarchia possono essere mobbizzanti, generando nonnismo e maltrattamenti.
Nel settore della piccola e media impresa, infine, la competitività elevatissima, le dimensioni, di solito, “familiari”
dell’azienda e la paura di essere licenziati più facilmente
che in altri settori, può generare un clima in cui possono
generarsi comportamenti vessatori come il mobbing.
Cosa dice la legge in materia di mobbing?
Con la Risoluzione 2001\2339(Ini) del Parlamento
Europeo sul mobbing sul luogo di lavoro, la Comunità
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Europea ha messo in evidenza le caratteristiche e l’ampiezza del fenomeno a livello europeo, esortando gli stati
membri a dotarsi di misure specifiche per fronteggiare il
fenomeno.
A tutt’oggi, non esiste in Italia una legge specifica dedicata al mobbing. È evidente che in assenza di una legge
specifica, l’ordinamento giuridico italiano dispone comunque di diversi tipi di tutele legali che possono essere attivate dalla vittima di mobbing. Per risolvere le controversie su questa materia, infatti, è possibile fare riferimento
alle attuali leggi vigenti in materia di diritto costituzionale, di diritto del lavoro o di diritto penale. La carenza
di tutela tuttavia è evidente quando i comportamenti
mobbizzanti devono essere considerati nel loro insieme e
non come singoli atti, ovverosia quando assumono i caratteri di una vera e propria “strategia vessatoria” finalizzata
alle dimissioni o all’emarginazione della vittima.
Proponiamo quindi, una breve rassegna delle leggi vigenti
in Italia a difesa del lavoratore, sottolineando tuttavia
come ogni situazione, proprio perchè specifica, richiede
soluzioni e percorsi necessariamente personalizzati:
Costituzione della Repubblica Italiana
Art. 32 1° C.
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce
cure gratuite agli indigenti.
Art. 41 1° C.
L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi
in contrasto con l’unità sociale o in modo da recare danno
alla sicurezza, alla libertà alla dignità umana.
Codice Civile
Art. cc 2087
Tutela delle condizioni di lavoro. L’imprenditore è tenuto
ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che,
secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
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Statuto dei lavoratori
Art. 9
Tutela della salute e dell’integrità fisica.
Art. 15
Atti discriminatori.
Decreto legge n. 626\94
Art. 3
Misure generali di tutela comma 1 a): valutazione dei
rischi per la salute e la sicurezza
Art. 4
Obblighi del datore di lavoro di dirigenti e del preposto
comma 5 c): nell’affidare i compiti ai lavoratori deve
tenere presente le condizioni degli stessi in rapporto alla
salute e alla sicurezza.
Art. 17
Il medico competente collabora con il datore di lavoro alla
predisposizione dell’attuazione delle misure per la tutela
della salute e dell’integrità psicofisica dei lavoratori.
Leggi Regionali
Prima fra tutte la Regione Lazio, seguita da altre in fase
propositiva tra cui Calabria, Sicilia, Friuli Venezia Giulia,
stanno proponendo delle leggi a valore locale le quali
sostanzialmente prevedono l’istituzione di osservatori,
centri terapeutici, sportelli. Tali leggi stanno trovando
non poche difficoltà attuative.
Azioni positive in materia di mobbing
Sempre più, negli ultimi anni, le Amministrazioni
Pubbliche e alcune Aziende, a volte di concerto con le
Organizzazioni Sindacali, altre volte autonomamente,
stanno cercando di dotarsi al loro interno di misure specifiche per prevenire e contrastare eventuali fenomeni di
mobbing. Tali pratiche rientrano in una strategia di azioni
positive volte a individuare codici di comportamento e
prassi condivise per definire ed affrontare eventuali
situazioni di mobbing e possono diventare validi strumen21
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ti per il lavoratore che si dovesse trovare a vivere una
situazione di difficoltà.
In questo senso, i codici interni di autoregolamentazione,
la contrattazione collettiva, gli accordi aziendali di clima,
i codici etici, i codici di comportamento, la nascita di
sportelli interni agli Enti opportunamente dedicati al contrasto delle situazioni di mobbing, sono appunto espressione di queste nuove strategie e pratiche.
Per quanto riguarda, poi, nello specifico, le
Amministrazioni Pubbliche, l’art. 8 del CCNL del personale del Comparto Regioni-Autonomie Locali, sottoscritto il
22/01/2004, individua, nell’ambito delle forme di partecipazione di cui all’art. 25 del CCNL 01/04/1999, l’obbligo di istituire presso ciascun Ente uno specifico
“Comitato Paritetico sul fenomeno del mobbing”. Il
Comitato nasce con una duplice funzione che è quella
non solo di verificare eventuali situazioni di disagio lesive
della dignità del lavoratore, ma anche di promuovere
all’interno dell’Ente politiche attive di prevenzione del
“mobbing”. La norma contrattuale definisce anche la composizione del Comitato e le modalità di designazione dei
relativi componenti, prevedendo in particolare un componente effettivo e un componente supplente nominato da
ciascuna organizzazione sindacale firmataria del CCNL e
un pari numero di componenti individuati dall’Ente e in
particolare un componente designato dal Presidente del
Comitato per le Pari Opportunità.
Naturalmente, anche il sindacato può fornire aiuto alle
vittime di mobbing e sempre più negli ultimi anni le
organizzazioni sindacali si stanno dotando di referenti
specifici e sportelli ad hoc dedicati proprio a questa problematica.
Numeri utili
Riportiamo, di seguito, alcuni dei servizi attivi sul territorio della provincia di Rimini che possono offrire informazioni e sostegno nella situazioni di mobbing.
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Sportello mobbingdonna
È attivo all’interno di: “Per Lei, servizi
positivi alle donne”, presso la Provincia
di Rimini, uno sportello dedicato esplicitamente a tutte quelle donne che si sentono in difficoltà nell’ambiente di lavoro
e che si sentono vittime di mobbing.
Lo sportello offre ascolto, accoglienza,
sostegno psicologico, consulenza legale,
collegamento con i servizi del territorio.
Lo sportello è aperto tutti i giovedì dalle 11 alle 14
in Piazzale Bornaccini n. 1, 3° piano, Rimini
Per informazioni e appuntamenti chiamare il numero
0541 634821
e-mail: [email protected]
CGIL
via Caduti di Marzabotto, 30 - 47900 Rimini
Centralino 0541 779911
Nel contenzioso con il datore di lavoro:
Ufficio vertenze CGIL
Referente Silvia Zoli tel. 0541 779918
Per il riconoscimento di eventuali danni da lavoro:
Ufficio infortuni e malattie professionali INCA CGIL
Referente Giuseppe Gambellini 0541 779907
CISL
Via Caduti di Marzabotto, 30 - 47900 Rimini
Centralino 0541 799800
Referente per il Mobbing Stefania Battistini tel. 0541
799823
e-mail: [email protected]
UIL
Via G.Verdi, 11 - Rimini
Centralino tel. 0541 780107
Per le situazioni di mobbing
Ufficio Patronato Ital tel. 0541 780243
Referente Chiara Mina
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