Gabriele Zani LOCALI alla chiara fonte […] e che comunque Gabriele è poeta d’interni, spesso occasionali e provvisori […] (Ferruccio Benzoni) QUEI GIOVANI Cresciuti chi di sei mesi chi di un anno (ma dov’erano finiti?) te li ritrovi tutti (compresi quelli che avevano deciso di sfollare in India in Birmania o giù di lì) il giorno della riapertura, salvo scemare poi nel via-via delle sere uno dopo l’altro risucchiati da non si sa quale filtro risputati l’anno dopo nel medesimo giorno come chiudendo e riaprendo un ciclo di volti senza storia, di fedeltà sorpresa come nell’angolo dei muri sopra lo specchio non l’hanno vista non l’hanno spazzata via è ancora appesa la stessa ragnatela. NOTTURNO per Ferruccio Benzoni Questa da me discosta specchiera deserta stanotte posso fino alla noia fissare uno sguardo sentendomi che indietro non torna e si perde con quelli che potevano essere e non sono stati. Perché dopo tutte le notti lì davanti già passate adesso solo di perdermi ho bisogno tra i murali anneriti dal fumo i bicchieri riempiti e svuotati fino a dimenticare di essere io stesso un’ombra della mia stessa ombra seduto a uno sgabello i gomiti sul banco neppure un volto in sosta accanto al mio. (1998-2000) RICONOSCENZE Quanta gente, quante facce mai viste in tutto un anno! C’era da immaginarselo: troppo ghiotta l’occasione, non potevano certo lasciarsela sfuggire; mancare. Difatti questa sera si festeggia l’ultima di questo locale, fallito perché quasi nessuno lo frequentava più. Eh sì: un bel funerale. CONOSCENZE Anni fa conoscevi tutti; oggi nessuno. Molti se ne sono andati chissà dove. Alcuni, tant’è la fretta, non si fa tempo a salutarli. Altri non è neppure il caso di salutarli più. Così spesso succede che ti ritrovi solo con la strana sensazione che tutti ti conoscano. ISTANTANEE 1 Prendi la curva, imbocchi il corridoio e arrivi all’altra curva dell’altro corridoio. Saluti una che non ti dice niente. Ritorni mestamente al capolinea d’una serata che è iniziata stanca, poca di gente. Del resto anche così nessuno manca. 2 Pioviggina nella sera di tarda estate tra gambe di nylon, poltrone bianche. Le donne sono stufe più che stanche svilite da una serie minuta ma insistente di sguardi non rapinosi ma analitici. Le conto come un tempo contavo le sigarette che non conto più. ADOLESCENTI Bevevano sospese a un tavolino minuscoli bicchieri di verde liquore e una si tormentava l’orlo della gonna l’altra s’accarezzava le puntute scarpe dai tacchi alti, lucide di vernice rosso fuoco. Ammazzavano a loro modo il tempo giocando a fare le due signore un po’ in là mentre aspettavano nel trambusto crescente l’Anno nuovo che viene e quello vecchio che se ne va. ANZIANI “Si stava meglio quando si stava peggio” li senti dire davanti alla tivù mentre commentano i guasti e le immondizie di questo mondo che giorno dopo giorno sempre di più da loro s’allontana. Ma quel che è ancora peggio (poco discosto nascosto dietro i fogli di un giornale) è che ti trovi a pensarlo pure tu che forse hanno ragione. Ma tu – mi chiedo – tu di quale stagione hai nostalgia? ALTRO BAR Fosse per gli occhi limpidi e dagli abiti neri attillati soprattutto quel bianco che trapela di gioventù ci sarebbe di che sentirsi satiri. Ma più che ninfe sembrano megere quelle del tavolo accanto sbircianti il tuo origliare di tra le alte foglie i verdi gambi di questo bar cittadino. FUORICORSO Stasera c’è il latino. Fra poco s’animerà la pista di giovani non più giovani scolari, i futuri “virtuosi dell’anca” tu li chiami. Musica che non senti, gente che non comprendi. Tu arrivi sempre prima. Accomodi lo sguardo tra i due cerchi di luce riflessa sul palco. Annusi lingue d’ombra. Vigili su camerieri a mani vuote, impazienti. T’imbevi d’un deserto di discorsi vuoti che torneranno vuoti. “Bella musica bella gente” inizia la serata uno che per mestiere – rompendomi l’incanto – tra un disco e l’altro deve pur dir qualcosa. E mentre qualcuno già balla l’estate che con te sempre ritorna tu altri passi, vecchi passi segreti ti ripeti. Un’estate fa Frattanto qui si balla cubano o caraibico sotto un cielo stellato tra gli alberi e senza tregua nonostante l’afa sì che i ragazzi son fradici ma non mollano le ragazze sembrano uscite dall’acqua di un vecchio film. Senza titolo Un pomeriggio d’estate Ahi, Buenos Aires, mi vida… ma qui siamo a Cesena ed è da stamattina che piove e ripiove ma l’aria resta grassa, non si lava né la caldana si placa nel salone delle femmine che dopo l’ultimo tango sfinite s’abbandonano alle sedie. All’uscita c’è il sole a un tempo di lombrichi che volano tra magnolie e ringhiere in becco ai merli. Milonghe Mai che ne vada dritta una. Ballare si balla sì ma una volta c’è troppa gente un’altra troppo poca una volta la pista è un fazzoletto o il pavimento (sui pavimenti potrei scrivere un libro) o le suole o la dama che ha la gonna stretta. E poi mai una volta che mettano Piazzolla (difficile dicono) oppure fa troppo caldo o troppo freddo o è un caldo-freddo che non si capisce e c’è un odore d’arrosto o di frittura e c’è un’acustica che è meglio non parlare. E soprattutto lei, lei quando se lo ricorda o no che t’ha promesso un tango? Nota Questa plaquette riunisce poesie scritte tra il 1995 e quest’anno. Per essere più precisi la poesia Fuoricorso dava il titolo a una sezione (comprendente anche Quei giovani e Altro bar) e a un libretto che, accompagnato da una nota di Massimo Raffaeli, uscì fuori commercio, a Rimini, nel 1997. Istantanee apparve una prima volta nel 2000 nel n. 20 della rivista “Idra” e poi, insieme a Quei giovani, Altro bar, Notturno, Conoscenze e Riconoscenze andò a finire, con postfazione di Dubravko Pušek e tre incisioni alla puntasecca e acquaforte di Selim Abdullah, ne Gli anni del mai, una cartella d’arte curata dalle milanesi Edizioni Lo Sciamano. Sono del 2001 Senza titolo e Milonghe; del 2003 Un’estate fa, Anziani e Adolescenti. Mentre, in apertura, l’inciso di Ferruccio Benzoni è tratto da una testimonianza (tra le tante per me indimenticabili che ci legarono) apparsa a corredo del poemetto Al bar degli amori (Rimini 1995). “LOCALI” di Gabriele Zani è il n. 14 della collana Quadra. L’immagine è di SirenS. Settembre 2004