CATTEDRA DI DIRITTO PROCESSUALE CIVILE
Prof. Roberto Martino
COMPENDIO DELLE ULTIME RIFORME DEL
PROCESSO CIVILE
DISPENSA N. 4 – MODIFICHE AL PROCESSO ESECUTIVO
(a cura del prof. Roberto Martino e del dott. Mirko Abbamonte)
SOMMARIO
[1] COMPETENZA DEL GIUDICE DELL’ESECUZIONE (modifica parzialmente il par. 234 del
Manuale di Picardi)
[2] RICERCA CON MODALITA’ TELEMATICHE DEI BENI DA PIGNORARE (modifica e
integra il par. 244 del Manuale di Picardi)
[3] L’ISCRIZIONE DELLA CAUSA A RUOLO E LA FORMAZIONE DEL FASCICOLO
DELL’ESECUZIONE FORZATA (modifica i parr. 250-251-252 del Manuale di Picardi)
[4] IL NUOVO PIGNORAMENTO DI AUTOVEICOLI, MOTOVEICOLI E RIMORCHI (modifica
il par. 250 del Manuale di Picardi)
[5] L’ESPROPRIAZIONE MOBILIARE PRESSO TERZI (modifica il par. 251 del Manuale di
Picardi)
[6] MODALITA’ DELLA VENDITA FORZATA DEI BENI PIGNORATI (modifica il par. 246 e il
par. 252 del Manuale di Picardi)
[7] INFRUTTUOSITA’ DELL’ESPROPRIAZIONE FORZATA (istituto che si aggiunge alle c.d.
vicende anomale del processo esecutivo di cui al par. 263 del Manuale di Picardi)
[1] COMPETENZA DEL GIUDICE DELL’ESECUZIONE
parzialmente il par. 234 del Manuale di Picardi)
(modifica
La nozione dei presupposti processuali esaminata con riferimento al processo di
cognizione, può essere adattata anche al processo esecutivo. Occorre però distinguere i
presupposti generali, ossia comuni al processo di cognizione (ad es., giurisdizione,
competenza, capacità processuale delle parti, ecc.), dai presupposti speciali, specifici
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del processo esecutivo (in specie, la previa notificazione del precetto e del titolo
esecutivo).
Tra i presupposti generali, la competenza nel processo esecutivo è disciplinata
anch’essa nel primo libro del codice di procedura civile.
Quanto alla competenza per materia, dopo le riforme attuate con il d.lgs. 51\1998
(che ha istituito la figura del giudice unico e soppresso l’ufficio del pretore) essa spetta
al tribunale.
Con riguardo al territorio – tenendo conto delle modifiche introdotte in materia dal
d.l. 132/2014, conv. in legge n. 162/2014 – la competenza spetta:
(A) al giudice del luogo ove le cose si trovano, se si tratta di esecuzione su cose mobili
o immobili (art. 26, comma 1);
(B) al giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la
sede se si tratta di esecuzione su autoveicoli, motoveicoli e rimorchi (art. 26, comma
2);
(C) al giudice del luogo dove il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la
sede, nel caso di espropriazione forzata di crediti (art. 26 bis, comma 1).
Con la riforma del 2014, dunque, il foro dell’espropriazione forzata di crediti non è
più quello del luogo di residenza del terzo debitore. L’attuale disciplina della
espropriazione presso terzi non richiede più la comparizione del terzo in udienza
affinché quest’ultimo renda la dichiarazione (che deve essere fatta per iscritto ad
inviata con raccomandata o posta elettronica certificata: v., infra, n.5). Pertanto, sono
venute meno le ragioni che avevano indotto il legislatore a radicare la competenza nel
luogo di residenza del terzo, al fine di facilitarne la dichiarazione in udienza.
Il vantaggio di questa modifica si può cogliere nelle ipotesi di pignoramento
multiplo (ossia notificato a più terzi, anche residenti in luoghi rientranti nella
circoscrizione di uffici giudiziari diversi): mentre in passato era necessario instaurare
diverse procedure esecutive dinanzi a diversi giudici in relazione alle diverse residenze
dei terzi (con aggravio di spese e maggiori difficoltà difensive), oggi il creditore dovrà
sempre instaurare un unico processo esecutivo dinanzi al giudice del luogo di
residenza, domicilio, dimora o sede del debitore esecutato, anche quando i terzi
risiedono in comuni o regioni differenti.
(D) al giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o
la sede, nel caso di Pubbliche amministrazioni indicate dall’art. 413, comma 5, c.p.c.
(art. 26 bis, comma 2).
La ratio di tale disposizione è quella di evitare una eccessiva e sopravvenuta
concentrazione di procedure di espropriazione forzata di crediti presso i Tribunali più
grandi, nell’ambito della cui circoscrizione insistono le sedi legali di Enti Pubblici;
nonché quella di non rendere potenzialmente gravosa l’azione esecutiva del
lavoratore-creditore procedente ogniqualvolta la sede dell’Ente pubblico sia distante
rispetto al luogo di lavoro in cui è sorto il credito.
(E) al giudice del luogo dove l’obbligo deve essere adempiuto, nel caso di esecuzione
di obblighi di fare o non fare.
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In sostanza, in base ai criteri di competenza sopra indicati, la richiesta di esecuzione
forzata va fatta all’ufficiale giudiziario addetto al tribunale nella cui circoscrizione si
svolgerà il processo esecutivo, davanti al giudice dell’esecuzione appartenente al
tribunale sopra indicato. Ad es., per il pignoramento di un fabbricato situato a Pomezia
la richiesta va fatta all’ufficiale giudiziario addetto al tribunale di Velletri, nel cui
circondario rientra il comune di Pomezia; a seguito del deposito, da parte del creditore
procedente, dell’atto di pignoramento immobiliare e della relativa nota di trascrizione
presso la conservatoria dei registri immobiliari di Roma, nonché del titolo esecutivo e
del precetto e della nota di iscrizione a ruolo, il cancelliere del medesimo Tribunale
formerà il fascicolo dell’esecuzione (art. 557 c.p.c.: v, infra, n.3) ed il Presidente del
Tribunale (di Velletri) nominerà il giudice dell’esecuzione tra i magistrati addetti al
medesimo Tribunale (art. 484 c.p.c.).
[2] RICERCA CON MODALITA’ TELEMATICHE DEI BENI
PIGNORARE (modifica e integra il par. 244 del Manuale di Picardi)
DA
La riforma del 2014 ha introdotto alcune disposizioni atte ad accrescere le prospettive
di successo del pignoramento, che rappresenta l’atto iniziale dell’espropriazione
forzata diretto a creare su uno o più beni del debitore un vincolo di destinazione,
assoggettando così quei beni all’espropriazione.
Oltre al nuovo art. 521 bis c.p.c. – che disciplina in forme nuove il pignoramento di
autoveicoli (v., infra, n. 4) – va segnalata l’introduzione dell’art. 492 bis, sempre ad
opera del recente d.l. 132/2014 convertito dalla l. 162/2014, che consente all’ufficiale
giudiziario di ricercare i beni da pignorare attraverso modalità telematiche.
La norma generale che disciplina il pignoramento (art. 492 c.p.c.), già profondamente
innovata dalla riforma del 2006, è stata nuovamente modificata. Con l’introduzione
dell’art. 492 bis, il legislatore ha, infatti, abrogato il comma 7 dell’art. 492 che, in
precedenza, disciplinava il potere dell’ufficiale giudiziario di utilizzare, su richiesta
del creditore procedente, l’anagrafe tributaria e altre banche dati pubbliche, ma “solo
quando non avesse individuato beni utilmente pignorabili oppure le cose e i crediti
pignorati indicati dal debitore apparissero insufficienti a soddisfare il creditore
procedente e i creditori intervenuti”.
Da questo presupposto oggi prescindono, invece, i meccanismi predisposti dall’art.
492 bis. Questa rappresenta la prima novità di rilevo della nuova disciplina: l’accesso
alle banche dati pubbliche precede il pignoramento e non costituisce più soltanto
una eventualità successiva all’esito non positivo o non satisfattivo di un
precedente pignoramento.
L’anticipazione del momento in cui è consentita la consultazione delle banche dati
pubbliche, implicando il vantaggio di ridurre i tempi di ricerca dei beni da pignorare,
consente al creditore procedente di rispettare più agevolmente il termine previsto
dall’art. 481, comma 1, c.p.c., secondo cui il precetto perde efficacia se, entro 90
giorni dalla sua notificazione, non viene effettuato il pignoramento. Dopo la recente
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riforma, infatti, il creditore può agire con maggiore facilità in via esecutiva entro i 90
giorni successivi alla notifica del precetto, senza dover invece tentare pignoramenti,
anche in forma diversa, come avveniva sulla base della normativa precedente,
nell’incertezza dell’esito e con il rischio di poter superare il suddetto termine e di
dovere, quindi, anche procedere alla rinnovazione mediante notificazione di un nuovo
atto di precetto a causa della sopravvenuta inefficacia del primo, con conseguente
aumento dei costi e dei tempi di soddisfacimento del credito.
Il comma 1 dell’art. 492 bis c.p.c. prevede che su istanza del creditore, il Presidente
del Tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la
sede, verificato il diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata, possa
autorizzare l’ufficiale giudiziario a procedere alla ricerca di beni da pignorare con
modalità telematiche, vale a dire mediante collegamento telematico diretto alle
banche dati delle pubbliche amministrazioni o alle quali le stesse possono accedere e,
in particolare, all’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, al
pubblico registro automobilistico e alle banche dati degli enti previdenziali. Ciò al fine
di acquisire “tutte le informazioni rilevanti per l’individuazione di cose e crediti da
sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore
con istituti di credito e datori di lavoro o committenti”.
Il presidente, a seguito di apposita istanza, concede l’autorizzazione dopo aver
«verificato il diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata». Sembra,
quindi, che il presidente debba effettuare un controllo formale diretto ad accertare:
a) la competenza territoriale del tribunale e dell’ufficiale giudiziario adìto;
b) l’esistenza e la regolarità formale del titolo esecutivo;
c) l’apposizione della formula esecutiva sul titolo;
d) la corretta individuazione dei soggetti destinatari delle ricerche richieste (in
particolare, nel caso in cui l’azione esecutiva deve essere intentata nei confronti di
soggetti diversi da colui che, in base al titolo esecutivo, risulti essere il debitore: si
pensi, ad es., ai suoi eredi o successori a titolo particolare);
e) il rispetto del temine di 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo nel caso in cui
si intenda procedere nei confronti di una P.A. (v. l’art. 14, comma 1, d.l. 669/1996,
conv. In l. 30/1997);
f) l’avvenuta notifica del titolo esecutivo e dell’atto di precetto;
g) l’efficacia del precetto ai sensi dell’art. 481 c.p.c. (il quale prescrive un termine di
efficacia di 90 giorni).
In caso di rigetto della istanza da parte del presidente, non sembra possibile esperire
alcun rimedio di tipo impugnatorio, non avendo il legislatore, volutamente, previsto un
mezzo di impugnazione. Sarà tuttavia possibile per l’istante presentare una motivata
richiesta di revoca o modifica del decreto di rigetto precedentemente emesso.
Al termine delle operazioni di consultazione delle banche dati, l’ufficiale giudiziario
redige un unico processo verbale, nel quale indica tutte le banche dati interrogate e gli
esiti (comma 2). Quindi, a seconda degli esiti della consultazione, procede nei modi
specificamente indicati nei successivi commi dal 3° al 7° dell’art. 492 bis.
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Ai sensi dell’art. 492 bis, commi 6 e 7, c.p.c., quando l’accesso alle banche dati ha
consentito di individuare più crediti o cose del debitore l’ufficiale giudiziario
sottopone ad esecuzione i beni scelti dal creditore. A seguito di apposita
comunicazione fatta dall’ufficiale giudiziario e riportata nel verbale di cui sopra, il
creditore dovrà, a pena di inefficacia, comunicare entro 10 giorni dalla predetta
comunicazione i beni da sottoporre ad esecuzione (art. 155 ter, comma 2, disp. att.
c.p.c.).
I commi 3, 4 e 5 dell’art. 492 bis introducono, in determinate ipotesi, una importante
novità: il c.d. pignoramento d’ufficio.
In particolare, se l'accesso ha consentito di individuare cose che si trovano in luoghi
appartenenti al debitore compresi nel territorio di competenza dell'ufficiale
giudiziario, quest'ultimo accede agli stessi per provvedere d'ufficio agli adempimenti
di cui agli articoli 517, 518 e 520, effettuando in tal modo il pignoramento dei beni
mobili, così come individuati in base alle ricerche telematiche da lui compiute.
Se, al contrario, i luoghi non sono compresi nel territorio di competenza
dell’ufficiale giudiziario, al pignoramento si procederà, invece, su richiesta del
creditore. Questi, infatti, ricevuta la copia autentica del verbale delle ricerche
effettuate con modalità telematiche, deve rivolgersi all'ufficiale giudiziario
territorialmente competente entro 15 giorni successivi al rilascio della predetta copia
del verbale.
Il termine di 15 giorni entro cui effettuare la richiesta di pignoramento è previsto a
pena d'inefficacia, sicché il pignoramento eventualmente effettuato su tali beni dovrà
ritenersi nullo ed impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (su
tale rimedio, v. il par. 261 del Manuale di Picardi).
Per evitare che il debitore occulti il bene al fine di sottrarlo al pignoramento, il
legislatore ha previsto al comma 4 dell’art. 492 bis che in caso di mancato
rinvenimento di una cosa individuata mediante l’accesso nelle banche dati,
l’ufficiale giudiziario intima al debitore di indicare entro 15 giorni il luogo in cui si
trova la cosa, avvertendolo che l’omessa o la falsa comunicazione è punita a norma
dell’art. 388, comma 6, c.p. (mancata esecuzione dolosa di un ordine del giudice).
Altra ipotesi di pignoramento d’ufficio ricorre quando l’ufficiale giudiziario abbia
individuato, tramite le banche dati consultate, crediti vantati dal debitore esecutato nei
confronti di terzi ovvero cose mobili del debitore che si trovino nella loro
disponibilità. Nell’ipotesi di pignoramento presso terzi (comma 5), infatti, l’ufficiale
giudiziario deve notificare d’ufficio, anche a mezzo di posta elettronica certificata o
telefax, al debitore e al terzo il verbale redatto all’esito delle ricerche telematiche
autorizzate dal presidente del tribunale, dovendo indicare:
- l'indicazione del credito per cui si procede;
- l’indicazione del titolo esecutivo e del precetto;
- l'indirizzo di posta elettronica certificata di cui al primo comma;
- il luogo in cui il creditore ha eletto domicilio o ha dichiarato di essere residente;
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l'ingiunzione, l'invito e l'avvertimento al debitore di cui all'articolo 492, primo,
secondo e terzo comma;
- l'intimazione al terzo di non disporre delle cose o delle somme dovute, nei limiti di
cui all'articolo 546.
La fattispecie in esame – pignoramento presso terzi d’ufficio – differisce da quella del
pignoramento presso terzi su richiesta del creditore, in quanto nell’atto notificato
dall’ufficiale giudiziario manca sia la citazione del debitore a comparire all’udienza
davanti al giudice dell’esecuzione, sia l’invito al terzo a rendere la dichiarazione
prevista dall’art. 547, a mezzo raccomandata o PEC al creditore procedente, con
l’avvertimento previsto dall’art. 543, comma 2, n. 4) (v., infra, n. 4, pag. …). In caso
di pignoramento d’ufficio, l’ufficiale giudiziario consegna al creditore procedente il
verbale notificato di cui sopra, il titolo esecutivo ed il precetto. Il creditore provvede a
depositare tali documenti e ad iscrivire la causa a ruolo. Decorsi dieci giorni dalla
notificazione del pignoramento d’ufficio, il creditore procedente e gli eventuali
creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono presentare l’istanza di
assegnazione o vendita. Il giudice dell’esecuzione fissa, con decreto, l’udienza di
comparizione. Il decreto è notificato al debitore e al terzo a cura del creditore
procedente e deve contenere sia l’invito al terzo di rendere la dichiarazione sia
l’avvertimento in ordine alle conseguenze derivanti dal mancato invio della
dichiarazione (art. 543, comma 2, n. 4 e comma 5, c.p.c.)
Ulteriori casi di applicazione delle disposizioni per la ricerca con modalità
telematiche dei beni da pignorare. L’art. 155 sexies disp. att. c.p.c stabilisce che “le
disposizioni in materia di ricerca con modalita' telematiche dei beni da pignorare si
applicano anche per l'esecuzione del sequestro conservativo e per la ricostruzione
dell'attivo e del passivo nell'ambito di procedure concorsuali di procedimenti in
materia di famiglia e di quelli relativi alla gestione di patrimoni altrui”.
[3] L’ISCRIZIONE DELLA CAUSA A RUOLO E LA FORMAZIONE DEL
FASCICOLO DELL’ESECUZIONE FORZATA (modifica i parr. 250-251-252
del Manuale di Picardi)
L’art. 18 della L. 10 novembre 2014, n. 162, apporta una importante novità al
processo di esecuzione forzata, introducendo l'onere di iscrizione a ruolo dei
processi esecutivi a carico del creditore procedente.
La ratio di tale norma, secondo la Relazione di accompagnamento al decreto, risiede
nel fatto che la formazione dei fascicoli dei processi esecutivi, sia mobiliari che
immobiliari, costituisce il primo grande rallentamento all'attività dei tribunali. Le
cancellerie dovevano, fino a poco tempo fa, provvedere alla automatica iscrizione a
ruolo delle procedure esecutive.
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La novità legislativa si pone l’obiettivo di evitare la pendenza di tutti quei processi
esecutivi che il creditore non abbia alcun interesse a portare avanti (ad es., quando il
pignoramento effettuato dall’ufficiale giudiziario risulta negativo o comunque tale da
non coprire nemmeno le spese del processo esecutivo), subordinando, quindi, alla
volontà del creditore, la prosecuzione del procedimento esecutivo.
L'ambito applicativo delle novità sull'iscrizione a ruolo non comprende l'esecuzione
per consegna o rilascio e quella degli obblighi di fare e non fare.
Il d.l. 132/2014, conv. in legge 162/2014, introduce dunque l'obbligo del creditore di
depositare, nei processi esecutivi per espropriazione forzata, la nota di iscrizione a
ruolo, prevedendo (art. 159 bis disp. att. c.p.c.) gli elementi che la stessa deve
contenere, così come avviene per il giudizio di cognizione (artt. 71 e 72 disp. att.
c.p.c.).
Vengono altresì modificati gli artt. 518, 543 e 557 del c.p.c. che, nell'ambito
rispettivamente della disciplina dell'espropriazione mobiliare presso il debitore,
dell'espropriazione presso terzi e dell'espropriazione immobiliare, disciplinano gli
adempimenti precedenti la formazione del fascicolo dell'esecuzione.
Tutte le disposizioni richiamate, prima dell'entrata in vigore della nuova legge,
prevedevano che, compiuto il pignoramento, l'ufficiale giudiziario dovesse depositarne
gli atti in cancelleria e che, a seguito ditale deposito, la cancelleria procedesse alla
formazione del fascicolo.
La normativa attualmente in vigore prevede, in tutte e tre le procedure, invece:
1) che l'ufficiale giudiziario debba consegnare al creditore gli atti di pignoramento, il
titolo esecutivo ed il precetto;
2) che il creditore debba depositare in cancelleria la nota di iscrizione a ruolo e copia
degli atti ricevuti dall’ufficiale giudiziario entro un termine perentorio (meglio
specificato più avanti) che decorre dalla data della consegna, pena la perdita
d'efficacia del pignoramento;
3) che solo a seguito dell'iniziativa del creditore la cancelleria debba procedere alla
formazione del fascicolo dell’esecuzione.
Dunque la nuova legge, modificando le disposizioni che prevedevano la trasmissione
in cancelleria dell’atto di pignoramento direttamente ad opera dell'ufficiale giudiziario
procedente, prescrive che quest'ultimo provveda a consegnare l'atto al creditore
procedente, chiamato a predisporre la nota di iscrizione a ruolo e a presentarla
unitamente al pignoramento, al titolo esecutivo e al precetto.
Al fine di agevolare la conoscenza da parte del debitore dei dati contenuti nel
pignoramento e funzionali all'esercizio di rilevanti poteri processuali a quest'ultimo
riservati (presentazione di istanza di riduzione del pignoramento o di conversione,
ecc.) è previsto che sino al deposito dell'istanza di vendita l'ufficiale giudiziario
procedente conservi una nota di pignoramento a disposizione dell'esecutato.
Per rendere efficace la novità legislativa si prevede, come detto, che la non tempestiva
iscrizione a ruolo dell'esecuzione ad opera del creditore procedente determina
l'inefficacia del pignoramento.
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Il termine assegnato al creditore procedente è di 15 giorni per l'espropriazione
mobiliare presso il debitore e l'espropriazione immobiliare; mentre è di 30 giorni per
l'espropriazione presso terzi, e ciò al fine di consentire al creditore procedente di
apprendere il contenuto della dichiarazione del terzo pignorato prima di valutare se
procedere all'iscrizione a ruolo della procedura.
La conformità all'originale delle copie del titolo esecutivo e del precetto è, ai soli fini
del deposito della nota di iscrizione a ruolo, attestata dall'avvocato del creditore.
Ogni obbligo del debitore e del terzo cessa se la nota di iscrizione a ruolo non è
depositata nei termini sopra indicati. Il creditore dovrà comunque notificare al debitore
e al terzo, entro 5 giorni dalla scadenza del termine per il deposito, la dichiarazione di
non aver proceduto al deposito stesso (art. 164 ter, comma 1, disp. att. c.p.c.).
Ove si determini l’inefficacia de qua, in caso di pignoramento immobiliare e di
pignoramento di veicoli la cancellazione della trascrizione del pignoramento viene
eseguita dietro apposito ordine del giudice ovvero quando il creditore pignorante
dichiara, con atto notificato al debitore, di non aver provveduto al deposito della nota
di iscrizione a ruolo (art. 164 ter, comma 2, disp. att. c.p.c.).
[4] IL NUOVO PIGNORAMENTO DI AUTOVEICOLI, MOTOVEICOLI E
RIMORCHI (modifica il par. 250 del Manuale di Picardi)
Tra le novità più interessanti emerse in sede di conversione del D.L. n. 132 del 2014,
convertito con modifiche nella Legge n. 162 del 2014, vi è la nuova misura sul
pignoramento degli autoveicoli, finalizzata a semplificare la procedura e il
conseguente recupero del credito.
Prima dell’entrata in vigore della riforma del 2014, il pignoramento di veicoli doveva
avvenire secondo le norme sulla espropriazione mobiliare presso il debitore. Era
quindi necessaria la materiale individuazione del bene, che si presentava molto
difficile per diversi motivi.
In primo luogo durante il giorno il veicolo spesso circolava, per cui si trovava in
luoghi diversi dalla residenza o dalla sede del debitore; lo stesso poteva essere
ricoverato in un garage o in altri luoghi ai quali l’ufficiale giudiziario non aveva facile
ed immediato accesso.
Il nuovo art. 521 bis c.p.c. stabilisce ora che “il pignoramento di autoveicoli,
motoveicoli e rimorchi si esegue mediante notificazione al debitore e successiva
trascrizione di un atto nel quale si indicano esattamente, con gli estremi richiesti
dalla legge speciale per la loro iscrizione nei pubblici registri, i beni e i diritti che si
intendono sottoporre ad esecuzione, e gli si fa l'ingiunzione prevista nell'articolo
492”.
1) Notificazione atto di pignoramento
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In sostanza ora la modalità di pignoramento viene opportunamente equiparata a quella
prevista per l’espropriazione immobiliare, che appunto non richiede alcuna forma
di apprensione materiale del bene (v. art. 555 c.p.c.). Secondo il citato art. 521 bis,
comma 1, c.p.c. nell’atto il veicolo va indicato con gli estremi richiesti dalla legge per
l’iscrizione nel pubblico registro.
“Il pignoramento contiene altresì l'intimazione a consegnare entro 10 giorni i beni
pignorati, nonché i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all'uso dei medesimi,
all'istituto vendite giudiziarie autorizzato ad operare nel territorio del circondario nel
quale è compreso il luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o
la sede”.
Problema. Chi pratica l’esecuzione forzata sa bene che quasi mai il debitore collabora
ed anzi capitava in passato che egli facesse sparire le vetture pignorate, senza curarsi
minimamente delle (teoriche) sanzioni penali. C’è quindi il rischio che pure il nuovo
meccanismo, così come congegnato, si risolva in un nulla di fatto ovvero che il
vecchio problema relativo all’apprensione del veicolo semplicemente si presenti nella
seconda fase del procedimento.
Soluzione: Per scongiurare questo rischio il comma quarto prevede che, se il debitore
omette la consegna all’i.v.g., “gli organi di polizia che accertano la circolazione dei
beni pignorati procedono al ritiro della carta di circolazione nonché, ove possibile,
dei titoli e dei documenti relativi alla proprietà e all'uso dei beni pignorati e
consegnano il bene pignorato all'istituto vendite giudiziarie…”. E’ però molto bassa
la probabilità statistica che la polizia casualmente effettui un controllo proprio sul
veicolo pignorato e che verifichi in quel frangente pure le risultanze del pubblico
registro automobilistico.
Se dunque la consegna non avviene, entro 90 giorni dal pignoramento il creditore è
costretto a decidere se dare comunque impulso alla procedura, sperando che a breve la
polizia o l’istituto vendite giudiziarie “intercettino” il bene, oppure lasciar perdere. Il
problema della mancata consegna del veicolo, oltretutto, si acuisce nella fase finale
della procedura, al momento della vendita o dell’assegnazione, essendo a quel punto
improrogabile la sua identificazione materiale e la sua consegna al nuovo proprietario.
Il comma 3 dell’art. 521 bis c.p.c. prevede che “al momento della consegna l'istituto
vendite giudiziarie assume la custodia del bene pignorato e ne dà immediata
comunicazione al creditore pignorante, a mezzo posta elettronica certificata ove
possibile”.
2) Dopo la notifica, l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l'atto
di pignoramento perché proceda appunto alla trascrizione (art. 521 bis c.p.c., comma
5).
3) Trascrizione al P.R.A.
A seguito della notifica il pignoramento va trascritto al p.r.a., così da rendere
inefficaci eventuali atti successivi compiuti dal debitore (art. 2693 c.c.) e così da
informare altri creditori interessati all’intervento nella procedura esecutiva.
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4) Deposito in cancelleria nota di iscrizione a ruolo entro trenta giorni;
Il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente la nota di
iscrizione a ruolo, con copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell'atto di
pignoramento e della nota di trascrizione. La stessa disposizione, al fine di
semplificare gli adempimenti burocratici, aggiunge opportunamente che la conformità
di tali copie è attestata dall'avvocato del creditore, in linea con quanto previsto dalla
recente L. n. 114 del 2014 sui poteri di autentica del difensore.
Sempre secondo l’art. 521 bis c.p.c. il pignoramento perde efficacia quando la nota di
iscrizione a ruolo e le copie degli atti sono depositate oltre il suddetto termine di 30
giorni.
Come se ciò non bastasse, l’art. 164 ter disp. att. c.p.c., introdotto anch’esso con la L.
n. 162 del 2014, stabilisce in generale che quando il pignoramento è divenuto
inefficace per mancato deposito della nota di iscrizione a ruolo nel termine stabilito, il
creditore entro cinque giorni dalla scadenza del termine ne fa dichiarazione al
debitore e all'eventuale terzo, mediante atto notificato. La medesima norma precisa
che, in ogni caso, ogni obbligo del debitore e del terzo cessa quando la nota di
iscrizione a ruolo non è stata depositata nei termini di legge.
Con riferimento alla espropriazione di veicoli assume poi rilievo il comma secondo
dell’art. 164 ter disp. att. c.p.c.: “la cancellazione della trascrizione del pignoramento
si esegue quando è ordinata giudizialmente ovvero quando il creditore pignorante
dichiara, nelle forme richieste dalla legge, che il pignoramento è divenuto inefficace
per mancato deposito della nota di iscrizione a ruolo nel termine stabilito".
L’art. 521 bis c.p.c. si chiude precisando che si applicano, in quanto compatibili, “le
disposizioni del presente capo”. Ciò significa che per il resto l’espropriazione forzata
di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi è disciplinata dalle norme sulla espropriazione
mobiliare presso il debitore (artt. 513 ss. c.p.c.). Sotto questo profilo appare utile
ricordare che in questo tipo di esecuzione, quando il valore del bene pignorato risulta
da listino di mercato, il creditore può chiedere direttamente l’assegnazione, senza
dover prima tentare la vendita (art. 529 comma secondo c.p.c.). Tale norma rileva
proprio nel caso dei veicoli, il cui valore risulta da listini commerciali, in quanto
un’automobile, un furgone o un motociclo rientrano tra i rari beni mobili pignorabili
che i creditori possono avere interesse ad acquisire. In tal senso la giurisprudenza ha
appunto affermato che, poiché i prezzi medi di compravendita di autovetture usate
sono pubblicati su varie riviste, il creditore procedente può chiedere, in alternativa alla
vendita, l'assegnazione dell'autovettura pignorata senza dover prima attendere l'esito
negativo dell'incanto.
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[5] L’ESPROPRIAZIONE MOBILIARE PRESSO TERZI (modifica il par. 251
del Manuale di Picardi)
L’espropriazione presso terzi ha ad oggetto:
1) crediti del debitore verso un terzo (ad es., conti correnti accesi dal debitore presso
una banca ovvero somme dovute al lavoratore a titolo di stipendio);
2) cose di proprietà del debitore in possesso di terzi (ad es. beni mobili concessi in
locazione o comodato) [e non anche le cose mobili ubicate in luoghi non appartenenti
al debitore ma di cui egli può direttamente disporre , che l’art. 513, comma 2, c.p.c.
riconduce nell’alveo della espropriazione mobiliare].
In questo tipo di espropriazione la procedura è diversa per due ragioni fondamentali:
1. da un lato, è necessaria la collaborazione del terzo affinché i crediti possano
essere individuati, valutati e vincolati;
2. dall’altro lato, l’acquisizione di cose mobili dà luogo ad una intromissione nella
sfera giuridica del terzo che non può avvenire senza la collaborazione o la
partecipazione del terzo.
Fasi del pignoramento:
1° passaggio: L’iniziativa è assunta dal creditore procedente il quale incomincia col
predisporre l’atto di pignoramento in discorso anche nella parte che fa capo
all’ufficiale giudiziario, consegnandola a quest’ultimo, il quale vi aggiunge
l’ingiunzione di non sottrarre il bene pignorato alla garanzia del credito
2° passaggio: L’atto di pignoramento va notificato al terzo e al debitore a norma
degli articoli 137 e seguenti.
La riforma del 2014 ha sancito che tale notificazione non debba avvenire più
“personalmente”. Di conseguenza, sarà oggi possibile anche la notificazione a mezzo
posta, senza necessità di rivolgersi all’ufficiale giudiziario del comune di residenza del
destinatario.
L'atto deve contenere, oltre all'ingiunzione al debitore di cui all'art. 492:
1) l'indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del
precetto;
2) l'indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e l'intimazione
al terzo di non disporne senza ordine di giudice;
3) la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede
il tribunale competente nonché l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica
certificata del creditore procedente;
4) la citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente, nonché
l'invito al terzo a comunicare la dichiarazione di cui all'articolo 547 al creditore
procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta
elettronica certificata.
Nell’atto di pignoramento deve essere inserito l'avvertimento al terzo che in caso di
mancata comunicazione della dichiarazione, la stessa dovrà essere resa dal terzo
comparendo in un'apposita udienza e che quando il terzo non compare o, sebbene
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comparso, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso di cose di
appartenenza del debitore, nell'ammontare o nei termini indicati dal creditore, si
considereranno non contestati ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione
fondata sul provvedimento di assegnazione.
La non contestazione si realizza quando, a seguito del mancato invio della
comunicazione, il giudice abbia convocato il terzo in udienza e quest’ultimo non sia
comparso o, sebbene comparso, si sia rifiutato di rendere la dichiarazione. Da
sottolineare, inoltre, che la contestazione avrà efficacia meramente
endoprocedimentale, ossia limitata al solo procedimento esecutivo in corso e non in
altri eventuali giudizi.
[Per quanto concerne la disciplina dell’invito del terzo vi è stata una evoluzione
significativa nel tempo:
- Nel codice del 1940 il terzo era sempre invitato a comparire in udienza affinché
rendesse la dichiarazione in udienza.
- Con la riforma del 2006 è stata prevista, in linea generale, la possibilità di fornire la
dichiarazione per iscritto, mentre per restava ferma, per i crediti da lavoro, la
necessità di convocazione del terzo in udienza.
- Solo con la riforma del 2014 assistiamo al definitivo superamento della
convocazione in udienza: il terzo, anche nei casi di crediti da lavoro, sarà tenuto a
comunicare la dichiarazione con raccomandata o posta elettronica certificata (PEC)].
Non essendo più prevista oggi, in nessun caso, la convocazione del terzo a comparire
in udienza in prima battuta, non è più necessario che la competenza del giudice
dell’esecuzione venga individuata tenendo conto del luogo di residenza del debitor
debitoris (come disponeva l’art. 26, comma 2, c.p.c. ante riforma). Il nuovo articolo
26 bis c.p.c. prevede infatti la competenza del giudice del luogo di residenza,
domicilio, dimora o sede del debitore esecutato (v. par. [I]).
3° passaggio: Eseguita l'ultima notificazione, l'ufficiale giudiziario consegna senza
ritardo al creditore l'originale dell'atto di citazione (riforma 2014: l’ufficiale
giudiziario non dovrà più depositare in cancelleria l’atto notificato).
4° passaggio: secondo la riforma del 2014, inoltre, il creditore deve depositare nella
cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con
copie conformi dell'atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto, entro
trenta giorni dalla consegna (il termine in questo caso è più ampio rispetto ai 15
giorni previsti per le altre forme di espropriazione per consentire al creditore di
regolarsi in base alla dichiarazione che il terzo è tenuto a comunicare entro 10 giorni).
La conformità di tali copie è attestata direttamente dall'avvocato del creditore.
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È importante ricordare che il pignoramento perde efficacia quando la nota di
iscrizione a ruolo e le copie degli atti di cui al secondo periodo sono depositate oltre il
termine di trenta giorni dalla consegna al creditore (v. par. [3]).
5° passaggio: Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo
dell'esecuzione.
Soffermiamoci ora sul contenuto della dichiarazione del terzo.
Con essa il terzo, ai sensi dell’art. 547 c.p.c., deve specificare di quali cose o di quali
somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la
consegna. Deve altresì specificare i sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e
le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato (in tal caso il creditore
pignorante sarà tenuto a chiamare nel processo il sequestrante nel termine perentorio
fissato dal giudice).
Alla luce delle modifiche apportare dalla riforma del 2014, in caso di mancata
dichiarazione del terzo, l’art. 548 c.p.c. prevede che:
“Quando all'udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il
giudice, con ordinanza, fissa un'udienza successiva. L'ordinanza è notificata al terzo
almeno dieci giorni prima della nuova udienza”.
Fissata l’udienza, gli esiti procedimentali variano a seconda del comportamento del
terzo.
1° ipotesi: il terzo conferma l’esistenza del credito pignorato o il possesso del bene di
appartenenza del debitore esecutato. In tal caso si completa la fattispecie del
pignoramento e il procedimento esecutivo prosegue.
2° ipotesi: il terzo non compare all’udienza oppure, sebbene comparso, rifiuta di fare
la dichiarazione. In tal caso, come già osservato, il credito pignorato o il possesso del
bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera
non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul
provvedimento di assegnazione (…)”.
Occorre precisare che il terzo può impugnare nelle forme e nei termini
dell’opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617, primo comma, l'ordinanza di
assegnazione di crediti adottata dal giudice, se prova di non averne avuto tempestiva
conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore.
3° ipotesi: “Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il giudice dell'esecuzione le
risolve, compiuti i necessari accertamenti, con ordinanza. L'ordinanza produce effetti
ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di
assegnazione ed è impugnabile nelle forme e nei termini [dell’opposizione agli atti
esecutivi] di cui all’art. 617” (art. 549 c.p.c.).
[6] MODALITA’ Della VENDITA FORZATA DEI BENI PIGNORATI
(modifica il par. 246 e il par. 252 del Manuale di Picardi)
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La recente riforma del 2014 ha apportato alcune rilevanti modifiche alle disposizioni
in tema di modalità di vendita forzata dei beni pignorati introducendo un secondo
comma all’art. 503 c.p.c. e modificando gli artt. 569 e 572 c.p.c.
Le modifiche sono preordinate a limitare il ricorso alla più classica e tradizionale
forma di vendita nelle esecuzioni forzate, ossia quella all’incanto. La ragione della
riforma è rinvenibile nell’andamento della prassi delle aste giudiziarie, nelle quali
spesso si assiste ad un allungamento dei tempi per la mancanza di offerte (determinate
dalla necessità di ottenere una riduzione del prezzo di vendita).
L’art. 503, comma 1, si apre affermando che: “la vendita forzata può farsi con incanto
o senza, secondo le forme previste nei seguenti capi”.
A tale disposizione si affianca quella inserita nel nuovo comma 2 secondo cui
“l’incanto può essere disposto solo quando il giudice ritiene probabile chela vendita
con tale modalità abbia luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del
bene determinato a norma dell’art. 568”.
L’art. 568 c.p.c. fissa i criteri di stima valevoli per le procedure esecutive immobiliari.
L’intervento normativo de quo non è molto chiaro. Per come è formulata la norma si
potrebbe sostenere che mentre il comma 1 dell’art. 503 si rivolge a tutte le procedure
esecutive, il comma 2 si riferisce solo a quelle immobiliari (essendo i criteri di stima
indicati dall’art. 568 c.p.c. incompatibili con i beni mobili).
Seguendo questa impostazione ne deriva che nelle esecuzioni mobiliari il giudice
dell’esecuzione potrà scegliere le modalità di vendita più aderenti alle esigenze del
caso concreto senza limitazione alcuna, valutando l’opportunità di preferire la vendita
senza incanto o con incanto alla stregua delle possibilità di alienazione del bene, alla
sua appetibilità sul mercato, alla presenza di più manifestazioni di interesse
all’acquisto da parte di terzi, ecc.
Diversamente, nelle esecuzioni immobiliari il giudice dell’esecuzione sarà tenuto ad
effettuare delle valutazioni prognostiche sulle prospettive di liquidazione del
compendio pignorato all’esito delle quali deciderà se disporre la vendita dei beni
pignorati soltanto secondo le modalità della vendita senza incanto (artt. 570 ss. c.p.c.)
ovvero anche con le modalità della vendita con incanto (art. 576 ss.), qualora ritenga
probabile che quest’ultima modalità di vendita possa aver luogo ad un prezzo
superiore della metà rispetto al valore del bene determinato a norma dell’art. 568.
Tale novità è confermata nell’art. 569, comma 3, c.p.c., che disciplina il regime
dell’ordinanza che fissa le modalità della vendita nella espropriazione immobiliare.
[7] INFRUTTUOSITA’ DELL’ESPROPRIAZIONE FORZATA (istituto che si
aggiunge alle c.d. vicende anomale del processo esecutivo di cui al par. 263 del
Manuale di Picardi)
Sempre ai fini di una maggiore efficienza del processo esecutivo di espropriazione
forzata, non minore rilevanza assume, oltre all’utilizzazione delle banche dati da parte
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dell’ufficiale giudiziario di cui si è già parlato (v. par. [2]), la previsione della
chiusura anticipata per infruttuosità dell’espropriazione forzata. Trattasi di una
regola propria delle procedure fallimentari (v. l’art. 102 l.fall. “Previsione di
insufficiente realizzo”), ora estesa anche alle esecuzioni individuali.
Il nuovo istituto è preordinato, da un lato, a tutelare l’interesse del debitore esecutato a
non subire la vendita dei propri beni pignorati a prezzi particolarmente bassi;
dall’altro, ad evitare di tenere in vita processi esecutivi, che, per varie ragioni
obiettive, si rivelino di scarsa utilità per i creditori.
Il nuovo art. 164 bis disp. att. c.p.c. prevede che alla chiusura anticipata per
infruttuosità si proceda (anche d’ufficio), quando risulti “che non è più possibile
conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori”. Il giudice
deve tenere in tal caso conto:
a) dei costi necessari per la prosecuzione della procedura;
b) delle probabilità di liquidazione del bene pignorato;
c) del presumibile valore di realizzo del bene pignorato.
Va sottolineato che l’interesse idoneo a giustificare la prosecuzione della procedura
esecutiva non può rinvenirsi soltanto ed esclusivamente nel recupero delle spese
processuali anticipate dal creditore procedente, essendo necessario valutare l’attività
delle vendite da indire anche e principalmente con riguardo alla prospettiva di
assicurare ad almeno uno soltanto dei creditori intervenuti una significativa
percentuale di soddisfacimento del proprio credito.
Anche se non espressamente previsto, deve ricavarsi, data l’ampiezza della norma, la
possibilità del giudice di disporre la chiusura della procedura esecutiva anche prima
della vendita del compendio pignorato e quindi anche prima della emissione
dell’ordinanza di vendita.
È, peraltro, presumibile che, nella maggior parte dei casi, l’infruttuosità della
procedura esecutiva potrà sopraggiungere in un momento successivo, soprattutto a
causa di successivi, plurimi, ribassi del prezzo di vendita rispetto al valore di stima
(nel caso in cui i tentativi di vendita non dovessero andare a buon fine per mancanza
di offerte).
La disposizione in esame evita di qualificare la nuova ipotesi di chiusura anticipata
quale (nuova) causa di estinzione del processo esecutivo ovvero quale causa di
improcedibilità della procedura. Né prevede alcun rimedio avverso la pronuncia con
cui il giudice dell’esecuzione dichiara la chiusura anticipata.
Resta fermo che il provvedimento debba essere adottato nel contraddittorio delle parti,
considerata l’ampia discrezionalità lasciata al giudice in ordine alla valutazione dei
suoi presupposti, e debba quindi rivestire la forma dell’ordinanza.
Ciò posto, se si ritiene che il provvedimento di chiusura anticipata determini
l’estinzione del processo esecutivo, l’impugnazione esperibile contro di esso sarà il
reclamo al collegio, previsto dall’art. 630 c.p.c. contro tutti i provvedimenti che
dichiarano l’estinzione del processo esecutivo. Se, invece, si ritiene che il
provvedimento in esame determini l’improcedibilità della procedura, il rimedio sarà
rappresentato dall’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.
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Sembra, tuttavia, preferibile optare per la tesi dell’estinzione, soprattutto perché il
codice di rito sembra ricondurre le diverse forme di chiusura anticipata del processo
esecutivo alla fattispecie dell’estinzione e non dell’improcedibilità, ricollegando altresì
al solo provvedimento di estinzione la cancellazione della trascrizione del
pignoramento (immobiliare e di veicoli a motore) (art. 632 c.p.c.).
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Dispensa sulle Modifiche al processo esecutivo