Progetto co-finanziato
dall’Unione Europea
Dipartimento per le
Libertà Civili
e l’Immigrazione
ARTEMIS
Associazionismo & Reti Territoriali
per la Mediazione Interculturale sulla Salute
Linee guida per l’applicazione del modello di intervento
A cura di
Istituto Superiore di Sanità - Centro Nazionale AIDS
Organizzazione Internazionale per le Migrazioni
L’Albero della Salute - Struttura di riferimento per la promozione della salute dei migranti Regione Toscana
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A cura di
Centro Nazionale AIDS - Istituto Superiore di Sanità (ISS)
Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM)
L’Albero della Salute - Struttura di riferimento per la promozione della salute dei migranti Regione Toscana (AdS)
Responsabile scientifico e collegamento operativo con il Ministero della Salute
Barbara Ensoli (Istituto Superiore di Sanità – Centro Nazionale AIDS)
Referente scientifico e collegamento operativo con l’Istituto Superiore di Sanità
Maria Grazia Pompa (Ministero della Salute)
Responsabile Amministrativo
Rosa Martoccia (Istituto Superiore di Sanità)
Istituto Superiore di Sanità:
Stefania D’Amato (Coordinatore delle fasi attuative del progetto e collegamento tecnico-operativo
con i partners di progetto)
Sabrina Sipone (Assistente di Progetto)
Patrizia Tancredi (Referente attività amministrativa-contabile)
Tania Tamburri (Collaboratore amministrativo-contabile)
Alessia Biondi, Stefania De Menna, Silvia Tobelli (Segreteria Amministrativa)
Organizzazione Internazionale per le Migrazioni:
Rossella Celmi (Referente scientifico e Coordinatore)
Vincenzo Ambrogio (Responsabile amministrativo)
Viviana Sacco (Assistente di Progetto)
Francesca Amerio (Assistente di Progetto)
Giorgia De Julio (Assistente amministrativo)
L’Albero della Salute - Struttura di riferimento per la promozione della salute dei migranti Regione Toscana:
Elisabetta Confaloni (Referente scientifico e Coordinatore)
Antonio Ruzza (Assistente di Progetto)
Carmen Bombardieri (Assistente di Progetto)
Alketa Vako (Collaboratore amministrativo-contabile)
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Il presente documento è stato realizzato nell’ambito del progetto Artemis cofinanziato dal Fondo
Europeo per l’Integrazione dei cittadini dei Paesi Terzi 2007-2013 e stanziato dal Ministero
dell’Interno, Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione.
Indice
Premesse
pag. 4
Introduzione
pag. 5
1. I dati sulla presenza dei migranti in Italia
pag. 7
2. Il quadro normativo sul tema migrazione
pag. 7
3. La salute delle comunità nel sistema sanitario nazionale
pag. 8
4. Le disuguaglianze nella salute
pag. 12
5. I programmi di salute per comunità
pag. 14
6. La promozione della salute
pag. 17
7. L‟esperienza migratoria
pag. 19
8.
9.
L‟integrazione socio-culturale delle popolazioni migranti
e il servizio sanitario
pag. 21
Il modello di intervento nel progetto Artemis
pag. 23
10. La mediazione culturale e l‟Educatore di Salute di Comunità:
il modello di intervento Artemis applicabile alla prevenzione
dell‟infezione da HIV e AIDS
pag. 27
11. Conclusioni
pag. 36
12. Riferimenti
pag. 37
3
Premesse
Il presente documento costituisce un‟elaborazione di indicazioni che scaturiscono dall‟esame del
processo metodologico di sviluppo e dei risultati del progetto ARTEMIS che ha avuto come
obiettivo generale quello di contribuire a migliorare il processo di integrazione di cittadini di paesi
terzi, costruendo un modello di intervento che possa avvicinare i cittadini stranieri ai servizi sociosanitari.
Gli obiettivi specifici del progetto sono stati mirati all‟interazione di tre componenti: la formazione,
l‟azione di networking e l‟attività operativa e sperimentale.
Più specificamente si è inteso:
-
rafforzare l‟empowerment e la health literacy delle Associazioni straniere e della Società
Civile Italiana attraverso l‟integrazione delle specifiche competenze in ambito sociosanitario;
-
creare una rete di educatori di salute di comunità sul territorio che potesse favorire la
comunicazione tra istituzioni pubbliche (enti locali e servizi sanitari) e cittadini di Paesi terzi
sul tema socio-sanitario;
-
realizzare un modello sperimentale di mediazione culturale integrato con il territorio per
favorire l‟informazione, l‟orientamento, l‟accompagnamento ai servizi sanitari e migliorare
l‟accesso e la fruizione da parte dei cittadini di Paesi terzi.
La componente di formazione ha visto il coinvolgimento di esperti che hanno dato il loro contributo
e hanno consentito di correlare, integrare e confrontare le diverse tematiche legate alla salute e
all‟immigrazione rendendo così possibile realizzare un approccio multidisciplinare al tema che ha
arricchito le conoscenze non solo della comunità target del progetto ma anche degli stessi referenti
partners di progetto.
La componente di networking ha favorito il confronto tra popolazione migrante, società civile,
operatori socio-sanitari e referenti istituzionali mettendo in risalto la “necessità” e il “bisogno” di
comunicazione di fatto esistente tra i fruitori di servizi e i fornitori di servizi.
La componente operativa ha inteso “sperimentare” il possibile ruolo dell‟educatore di salute di
comunità che “avvicina” il migrante al servizio socio-sanitario di prevenzione, di assistenza e di
cura.
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Introduzione
Con la risoluzione “Health of Migrants” dell‟OMS, discussa e approvata durante la 61ma assemblea
mondiale OMS-Maggio 2008, è stato sancito il ruolo della salute nella promozione del processo di
integrazione e inclusione sociale dei cittadini di paesi terzi. Anche in Italia, come nel resto d‟Europa,
l‟accesso ai servizi socio-sanitari inizia ad essere considerato un indicatore di livello primario di
integrazione dei migranti. Tuttavia, è doveroso sottolineare che si osserva una persistente difficoltà
da parte di cittadini stranieri nell‟accesso e nella fruizione delle prestazioni sanitarie, in particolare
per la medicina preventiva e la prevenzione sanitaria. Nella Provincia di Roma, nell‟anno 2006,
sono stati effettuati 61.644 ricoveri di cittadini stranieri (5.9% dell‟ospedalizzazione complessiva),
confermando la tendenza di un minor accesso ai servizi ospedalieri degli immigrati rispetto ai
cittadini italiani. Praticamente assente è risultato l‟accesso al servizio sanitario per controlli di
prevenzione sanitaria. Anche in regione Toscana si rileva una simile tendenza: nel 2005 i livelli di
ospedalizzazione degli stranieri evidenziano un ricorso al ricovero ordinario minore della
popolazione residente (pfpm 105%, ita 121%); tale dato risulta ancora più marcato per quanto
riguarda i ricoveri in regime di day hospital (pfpm 23%, ita 52%). Nel 2009 i dati rilevati dal
Ministero della Salute, relativi all‟attività di ricovero ospedaliero e in regime di day hospital,
confermano il predetto andamento.
Nella regione Lazio sono stati registrati 53.959 ricoveri in regime ordinario a carico di cittadini
stranieri su un totale di dimessi pari a 752.220 e 22.968 ricoveri in regime di day hospital su un
totale di dimessi pari a 370.677. Sempre per l‟anno 2009, nella regione Toscana sono stati registrati
38.584 ricoveri in regime ordinario a carico di cittadini stranieri su un totale di dimessi pari a
455.289 e 11.696 ricoveri in regime di day hospital su un totale di dimessi pari a 168.141.
Il quadro nazionale è simile e fa registrare un numero complessivo di ricoveri in regime ordinario di
cittadini stranieri, nell‟anno 2009, pari a 479.652 su un totale complessivo di dimissioni ospedaliere
pari a 7.585.269 e un numero complessivo di ricoveri in day hospital a carico di stranieri pari a
146.867 su un totale di dimessi pari a 3.184.227.
Il ricorso all‟ospedalizzazione delle donne migranti avviene tardivamente ed essenzialmente per
patologie ginecologiche, lasciando emergere le criticità legate all‟utilizzo e alla fruizione dei servizi
di base. Tali difficoltà derivano dalla fragilità dei servizi socio-sanitari nazionali nel rilevare i
bisogni di salute della popolazione di riferimento, ma anche da un‟inadeguatezza degli approcci sul
territorio di prevenzione e comunicazione rivolta agli stranieri, in particolare per quelli di
prevenzione sanitaria. Si evidenzia quindi l'esigenza di raggiungere e sensibilizzare l‟utenza
straniera ad un approccio ai servizi sanitari rivolto alla tutela e prevenzione della propria salute, in
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un‟ottica di costo/efficacia sia economica che sociale. L‟utilizzo della mediazione linguistico
culturale all‟interno dei servizi ha rappresentato, sia in Europa che in Italia, un rinforzo all‟utilizzo
dei servizi da parte dei migranti, ma tale dispositivo incontra alcuni ostacoli, ivi inclusa la difficoltà
di una attuazione conforme a un modello standard - quale quello del progetto Migrant Frendly
Hospital (OMS). Da qui il bisogno di identificare un modello di intervento territoriale a supporto
della mediazione culturale all‟interno dell'ospedale. L‟associazionismo straniero, essendo un forte
riferimento sul territorio soprattutto nei primi anni di permanenza, potrebbe divenire nell‟ambito
sanitario un efficace strumento di supporto alla mediazione culturale; potrebbe, inoltre, sostenere
opportunamente la rilevazione dei fabbisogni, anche in fasi antecedenti al bisogno terapeutico,
attraverso iniziative territoriali di sensibilizzazione alla prevenzione sanitaria, favorendo un
percorso di integrazione attraverso le tematiche socio-sanitarie. Il progetto Artemis si collega al
modello, creato e sperimentato in UK, di promozione dell‟health literacy attraverso l‟Educatore di
salute di comunità, un nuovo ruolo dei leader di comunità, in grado di rilevare il bisogno,
trasmettere conoscenze e indirizzare ai servizi. Il progetto ha inteso dare continuità alla consolidata
esperienza del progetto Prisma - Oim e Ministero della Salute -, che ha verificato l'efficacia
dell‟associazionismo provvisto di competenze specifiche negli interventi di sensibilizzazione alla
salute nell‟ambito dell‟HIV e AIDS. Partendo da questo paradigma, le presenti indicazioni per
l‟applicazione del predetto modello intendono attivare un percorso innovativo nell‟ambito della
mediazione interculturale e dell‟accesso ai servizi sanitari, creando una rete territoriale di
“Educatori di salute di comunità”, capaci di raggiungere gli immigrati sul territorio e favorendo
l‟accesso ai servizi sanitari anche in termini di medicina preventiva.
Al 1° gennaio 2010, nella provincia di Roma vivono 405.657 stranieri residenti, con una incidenza
sulla popolazione residente del 9,8%. Nella provincia di Firenze, alla stessa data, i residenti non
italiani sono 103.979 e rappresentano 10,5% della popolazione totale residente; la provincia di Prato
è al secondo posto in Italia per peso dei migranti, con una incidenza dell‟12,7% (dati Istat 2010).
Rispetto alla proposta presentata, di particolare rilievo sono le difficoltà legate alle azioni di
promozione della salute, evidenti, ad esempio, nella minore adesione dei residenti stranieri ai
programmi di screening, che sottolineano la necessità di coinvolgere con un ruolo attivo le diverse
comunità nella progettazione, realizzazione e valutazione dei messaggi di salute (cfr 9° rapporto
annuale programma di screening in Toscana). In quest‟ottica sii muovono anche i suggerimenti
della Regione Lazio rispetto alla mediazione che, infatti, deve contribuire “all‟individuazione dei
punti critici nell‟incontro tra il bisogno di salute, espresso o sommerso, e l‟offerta dei servizi, e
nell‟elaborazione di modelli di intervento miranti al superamento delle difficoltà evidenziate” (cfr.
Regione Lazio – Assessorato alla Sanità, prot, 3151/44709 del 31 gennaio 2004).
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I dati sulla presenza dei migranti in Italia
I dati dell‟Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) riportano un totale di 4.235.059 migranti
residenti in Italia all‟inizio dell‟anno 2010, con una incidenza % di stranieri pari al 7% della
popolazione residente in Italia (60.340.328 nell‟anno 2009), mentre, secondo la stima del Dossier
Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes, i migranti presenti, alla stessa data, sono pari a
4.919.000.
La percentuale femminile straniera è passata dal 50,4% dell‟anno 2007 al 51,3% del 2009; la
presenza dei minori residenti è pari a circa 932.675, nel predetto anno, e i residenti di seconda
generazione sono 572.720.
La collettività più numerosa è rappresentata da quella romena (887.763 residenti nel 2009), a
seguire le collettività provenienti dall‟Albania, dal Marocco, dalla Cina Repubblica Popolare,
dall‟Ucraina. Il 53,6 % della popolazione straniera residente è europea, il 22 % proveniene dal
continente africano, circa il 16% dall‟Asia e l‟8% dalle Americhe. La dislocazione territoriale della
popolazione migrante, residente nel nostro Paese, è così ripartita: il 35% nel Nord Ovest, il 26,6%
nel Nord Est, il 25,3% al Centro e il restante nel Sud e nelle Isole.
Dal punto di vista dell‟occupazione, i lavoratori dipendenti stranieri costituiscono un decimo del
totale e sono circa 2 milioni; il tasso di disoccupazione è dell‟11,2% e a fronte di un numero di
stranieri titolari di impresa pari 231.267 (3.5% dell‟aziende totali), si registra il 41,7% di immigrati
sotto-inquadrati, il 10,7% è sotto utilizzato, il 40% è impegnato in lavori disagiati (turni
serali/notturni e di domenica).
Dal Dossier Immigrazione Caritas/Migrantes 2009, si evince che in italia 1 ogni 14 abitanti è un
cittadino straniero regolarmente soggiornante con un tasso di attività di 11 punti più elevato degli
italiani; l‟attività è canalizzata verso aree di lavoro e mansioni che gli italiani non prediligono
(collaborazione familiare, settore edile, agricoltura). I migranti dimostrano un maggior bisogno di
tutela e una massiccia iscrizione ai sindacati ma anche una notevole intraprendenza imprenditoriale.
Il quadro normativo sul tema migrazione
Fino agli anni ‟70 l‟immigrazione ha rappresentato nel nostro Paese un fenomeno contenuto e
regolamentato dall‟applicazione delle norme di pubblica sicurezza, risalenti al 1931. Nel corso degli
anni „80 avviene la ratifica della Convenzione del 1975 relativa alla Organizzazione internazionale
del lavoro sui lavoratori migranti e viene approvata la legge 943/1986 che regola solo gli aspetti
lavorativi.
7
Nel 1990 viene approvata la legge n. 39 che regolamenta il soggiorno degli stranieri e riconosce lo
status di rifugiato; a seguire viene varato il decreto legge 489/95, che affronta il tema delle
espulsioni, dei ricongiungimenti ma affronta il tema dell‟assistenza sanitaria.
Verso la fine degli anni ‟90, è approvata la legge n. 40/98 che si fonda essenzialmente su tre
tematiche: regolamento della immigrazione clandestina e contrasto dello sfruttamento dei flussi;
programmazione triennale attraverso il sistema delle quote; percorsi di integrazione per i migranti
regolari. La legge 189/2002 collega in modo rigido il permesso di soggiorno al contratto di lavoro.
Nel 2009, la legge n. 94 introduce ulteriori restrizioni al permesso di soggiorno.
A livello nazionale il testo di riferimento generale è costituito dal Decreto Legislativo n. 286 del
1998, denominato Testo unico sull‟immigrazione, ed il relativo Regolamento d‟attuazione (D.P.R. n.
394/1999).
Per quanto concerne l‟ambito sanitario, la normativa ha sancito la certezza del diritto e di inclusione
ordinaria nel sistema di tutela sanitaria dei cittadini stranieri, presenti regolarmente o non
regolarmente sul territorio nazionale.
Le modalità con cui viene garantito alla popolazione migrante l‟accesso ordinario alle prestazioni
preventive, curative e riabilitative vengono stabilite a livello regionale in termini di
programmazione e atti di indirizzo.
Attraverso la normativa viene garantito l‟accesso alle cure ospedaliere e ambulatoriali per urgenze,
malattie essenziali, medicina preventiva e riabilitativa, con particolare tutela per le donne e i minori;
viene data attenzione alla profilassi delle malattie infettive e assicurata l‟assistenza agli stranieri
temporaneamente presenti sul territorio (codice STP).
La salute delle comunità nel sistema sanitario nazionale (SSN)
Il Sistema Sanitario Nazionale in Italia è istituito con la legge 833/78, nello stesso anno in cui si
svolge la Conferenza Internazionale sull‟Assistenza Sanitaria Primaria di Alma Ata. La
disposizione di legge che regolamenta l‟istituzione del servizio sanitario nazionale, nasce a garanzia
del rispetto dell‟articolo 32 della Costituzione Italiana che recita “la Repubblica tutela la salute
come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli
indigenti”.
Risalgono al 1986 le determinazioni della Carta di Ottawa in occasione della 1a Conferenza
Internazionale sulla promozione della salute e al 1988 le Raccomandazioni di Adelaide in occasione
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della 2a Conferenza Internazionale sulla promozione della salute che fornisce raccomandazioni sulla
politica pubblica per la salute. Dieci anni dopo, nel 1998, viene lanciata la sfida
dell‟Organizzazione Mondiale della Sanità: “La salute per tutti”.
Molto brevemente i predetti atti indicano la necessità di una serie di azioni concorrenti dalle quali
un sistema sanitario efficace non può prescindere:
Promozione della salute
-
Azioni multisettoriali per incidere sui determinanti economico - sociali della salute
-
Creare ambienti favorevoli, migliorare l'accesso ai beni e servizi che accrescono la salute
-
Dare forza all‟azione della comunità.
-
Partecipazione
-
Competenze per la salute
Cure primarie e assistenza ospedaliera
-
Riorientare i servizi sanitari
-
Riconoscere una priorità elevata ai gruppi svantaggiati e vulnerabili
-
Politica pubblica per la salute, che riconosca la cultura caratteristica dei
popoli indigeni , minoranze etniche e immigrati.
-
Sostenere la salute delle donne.
-
Approccio di genere
-
Valutare l'impatto sulla salute delle scelte politiche
-
La salute come diritto umano
-
L'equità nella salute e la solidarietà nell'azione all'interno delle nazioni e fra
di esse e i loro abitanti
-
La partecipazione e la responsabilità da parte di individui, gruppi, istituzioni e
comunità per lo sviluppo permanente della salute
Il Piano Sanitario Nazionale, a livello centrale, definisce gli interventi e gli indirizzi di
programmazione sanitaria finalizzati ad assicurare:
-
cure primarie
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-
assistenza ospedaliera
-
sistema dell‟emergenza
-
prevenzione
-
prevenzione dei tumori
-
vaccinazioni
-
assistenza e cura dell‟Infezione da HIV e AIDS
-
salute mentale
-
la salute delle donne
-
servizi per chi non è iscritto al SSN
La Conferenza Stato-Regioni stabilisce la distribuzione delle risorse finanziarie a livello regionale e
le Regioni e le Province Autonome approvano la legislazione sanitaria regionale e il piano sanitario
regionale triennale (PSR), attraverso il quale viene stabilita la redistribuzione delle risorse
finanziarie a livello locale; le Regioni hanno competenza esclusiva nella organizzazione dei servizi.
Le Aziende Sanitarie Locali (ASL) provvedono ad organizzare le diverse aree e la pluralità di
soggetti che offrono servizi socio-sanitari sul territorio: ambulatori, consultori, ospedali e tutto ciò
che rientra nel campo dell‟assistenza sanitaria pubblica.
Le ASL sono il primo livello, attraverso il quale gli individui, le famiglie e la collettività entrano in
contatto con il SSN, avvicinando il più possibile l'assistenza sanitaria ai luoghi dove le persone
vivono e lavorano, e costituisce il primo elemento di un processo continuo di protezione sanitaria.
L'area delle Cure primarie è orientata alla "promozione attiva" della salute e al rafforzamento delle
risorse personali e sociali a disposizione dell'individuo, specie se affetto da malattie croniche o
disabilità.
L‟Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Age.na.s 2010) fornisce la descrizione
dell‟attività della Azienda Sanitaria Locale e del Distretto Sanitario, che costituiscono l‟ambito
territoriale più vicino ai bisogni, a cui è affidato il governo e l‟organizzazione dei servizi territoriali
di assistenza primaria, ambulatoriale, domiciliare, nonché la “presa in carico” della persona, la
continuità delle cure.
E‟ quindi a livello del Distretto (bacino di utenza media: 75.000 abitanti) e della Azienda Sanitaria
Locale (bacino di utenza media: 450.000 abitanti) che avviene l‟integrazione tra attività sociale e
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sanitaria, e può realizzarsi la partecipazione della comunità locale e dei cittadini alla
programmazione dei servizi e alla valutazione delle attività e dei risultati di salute.
Il complesso sistema di attuazione delle indicazioni e raccomandazioni internazionali, nazionali,
regionali e locali si svolge grazie alla Azienda Sanitaria Locale e alla sua struttura organizzativa che
è stata disegnata dalla normativa vigente per essere in grado di fornire servizi di informazione e
orientamento (carta dei servizi, centro unificato prenotazioni visite mediche, ufficio relazioni con il
pubblico, segretariato sociale, consultorio, patronato e sindacato) ma anche servizi specialistici
quali i Servizi pubblici per le tossicodipendenze, i Servizi di prevenzione, i Servizi per la salute
mentale, i Servizi di riabilitazione per i disabili, i Servizi per la salute materno materno-infantile, i
Servizi per la salute sessuale e riproduttiva ecc…
A questa attività specialistica di assistenza e cura, a livello territoriale, si aggiunge la funzione di
promozione della salute e della prevenzione attraverso la pratica medica predittiva mirata
all‟individuo sano, per evidenziare l‟eventuale predisposizione a sviluppare una malattia; e, ancora,
l‟attività di prevenzione universale per la popolazione generale, con interventi rivolti sia alla
persona (screening, vaccinazioni, educazione sanitaria), sia agli ambienti di vita e di lavoro; la
prevenzione nella popolazione a rischio: con programmi finalizzati a impedire l‟insorgenza di
malattie o a diagnosticare precocemente malattie; la prevenzione delle complicanze e recidive di
malattia di fasce di popolazione particolarmente fragili, come anziani, malati cronici, portatori di
più patologie, disabili.
L‟offerta di servizi è, pertanto, ampia e complessa dal punto di vista organizzativo e strutturale per
questo è evidente la necessità di ricevere indicazioni e informazioni per potersi “orientare”
correttamente e usufruire in tempo utile dell‟intervento assistenziale, di cura o preventivo da parte
della comunità.
Spesso, l‟Ospedale rappresenta il primo punto di contatto tra migrante e sistema sanitario, in luogo
delle strutture destinate alla cure primarie e alla prevenzione.
Questo dato è stato ben evidenziato dalla Dichiarazione di Amsterdam del 2004, in occasione della
presentazione dei risultati del Progetto dell‟Organizzazione Mondiale della Sanità “MFH - Migrant
Friendly Hospitals, un‟iniziativa europea per la promozione della salute e della health literacy dei
migranti e delle minoranze etniche”.
Attraverso la predetta Dichiarazione vengono individuate le caratteristiche proprie di una Azienda
Ospedaliera che possa definirsi “migrant friendly”, ovvero includerne i principi, essere sensibile nel
rispondere al fabbisogno socio-sanitario di un utenza con background culturali e etnici differenziati,
sviluppare competenze e capacità relazionali del sistema e degli operatori verso le aspettative dei
pazienti e delle comunità migranti.
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L‟analisi comparata dei bisogni espressi dai pazienti immigrati e dal personale sanitario dei 12
ospedali europei aderenti al progetto sono state individuate tre aree prioritarie su cui intervenire con
azioni specifiche:
1. area della comunicazione e della mediazione linguistica
2. area dell‟empowerment e della health literacy
3. area della competenza culturale
Un ospedale competente e aperto alle diversità culturali dovrebbe possedere le seguenti
caratteristiche:
1. avere un personale che rispecchi la composizione etnica della comunità servita;
2. servirsi di un servizio di interpretariato linguistico;
3. formare e sensibilizzare il proprio personale sulle culture della popolazione servita;
4. predisporre segnaletica e materiale informativo nelle diverse lingue;
5. creare degli ambienti adeguati.
Le disuguaglianze nella salute
Da uno studio svolto dal gruppo di lavoro dell‟Area sanitaria della Caritas di Roma, nell‟ambito del
progetto “Migrazione e salute”, promosso e finanziato dal Ministero della Salute – CCM con
responsabilità scientifica e di coordinamento dell‟Istituto Superiore di Sanità, conclusosi a luglio
2010 è emerso che il livello di attenzione delle politiche sanitarie verso gli immigrati è
generalmente medio-alto in Italia, ma sono presenti forti disomogeneità regionali, con differenze di
gradiente non riconducibili alla diversa presenza della popolazione migrante sui territori di cui la
politica è espressione.
Come sottolineato dagli autori della ricerca, l‟aspetto innovativo è stato “la messa a punto di una
metodologia di analisi che ha permesso, attraverso l‟identificazione e la combinazione di indicatori
chiave (analisi del bisogno, prevenzione e promozione della salute, formazione) che caratterizzano
le politiche sanitarie, di comporre due indici sintetici che rappresentano il livello di avanzamento e
di impatto delle politiche”. Gli autori sottolineano, inoltre, che “la forte eterogeneità tra gli atti di
indirizzo può indicare la presenza di disuguaglianze sia in termini di accesso ai servizi, sia in
termini di profilo di salute della popolazione immigrata su base territoriale”.
Le disuguaglianze nella salute vengono a determinarsi in caso di disparità di trattamento per il
raggiungimento della salute tra individui e comunità della popolazione generale; esse generano da
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una distribuzione non omogenea dei determinanti sociali di salute quali il lavoro, il reddito,
l‟educazione, il diritto alla prevenzione, alla informazione, all‟assistenza e alla cura.
A livello mondiale ed europeo, il tema delle disuguaglianze è stato affrontato dall‟Organizzazione
Mondiale della Sanità e dalla Commissione Europea, che nell‟anno 2007 ha istituito un secondo
programma d‟azione comunitaria in materia di salute (2008-2013) con l‟obiettivo di:
-
migliorare la sicurezza sanitaria dei cittadini;
-
promuovere la salute, anche riducendo le disparità sanitarie;
-
generare e diffondere informazioni e conoscenze sulla salute.
La Presidenza Spagnola dell'Unione europea (UE), gennaio - giugno 2010, ha affrontato le
disuguaglianze sanitarie e il monitoraggio dei determinanti sociali della salute nell'Unione europea.
Attraverso l'adozione delle conclusioni su "Equità e salute in tutte le politiche: Solidarietà in salute"
del Consiglio EPSCO, la UE ha esortato tutti gli Stati membri a riconoscere l'impatto dei
determinanti sociali della salute nella formazione dello stato di salute e la implicazioni di tale
impatto per i loro sistemi sanitari e sociali. E ancora, alla luce dei cambiamenti demografici in
Europa, il dibattito politico su 'Salute e migrazione nell'UE' incoraggia le parti interessate a
costruire partenariati e ad impegnarsi ad agire in modo intersettoriale.
Ma ancor prima, nel 2007, i Ministri Europei della Salute, riunitisi a Bratislava, hanno sottoscritto
la dichiarazione sulla salute, i diritti umani e le migrazioni, evidenziando come attraverso le
politiche sanitarie si possa contribuire all‟inserimento sociale della popolazione immigrata.
Il problema delle disuguaglianze nella salute va monitorato e studiato perché è un fenomeno in
aumento ma è evitabile, perché causano un importante carico di malattia e, se vogliamo ragionare in
termini economici, la loro riduzione è costo-efficace.
Dall‟esame della letteratura internazionale, si evince, ad esempio, che alcuni gruppi vulnerabili
aderiscono meno alle campagne di screening e fanno registrare tassi di incidenza e mortalità
maggiori. Una minore aderenza all‟offerta di programmi mirati di screening per la prevenzione di
malattie con elevata mortalità (ad esempio il carcinoma della cervice) risulta più frequente nelle
aree povere e tra le persone appartenenti a gruppi etnici minoritari. Anche il momento della
diagnosi sembra essere ritardato e i trattamenti meno adeguati nei gruppi più vulnerabili.
In Italia, dall‟indagine multiscopo dell‟Istituto Nazionale di Statistica del periodo 2004-2005, si
evince che l‟adesione alle campagne di esecuzione del pap-test non è omogenea sul territorio: la
percentuale di maggiore o minore adesione è correlata alla posizione geografica, all‟età delle donne
interessate e al livello di istruzione.
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Possiamo dire che pur in presenza di sistemi sanitari improntati alla garanzia della assistenza e della
cura, si registra una costante disuguaglianza nell‟accesso alle prestazioni sanitarie. Pertanto, spesso
la disuguaglianza alla salute si verifica nel momento dell‟accesso al servizio sanitario.
Diversi studi hanno definito le cause connesse al mancato accesso o all‟accesso tardivo, che si
concretizza di fatto nell‟incontro tra persona utente e operatore socio-sanitario che “accoglie”.
Le cause concorrenti sono legate: alle caratteristiche e all‟organizzazione della struttura sanitaria
quali organizzazione delle prenotazioni visite, liste d‟attesa e orari di apertura; alla capacità di
relazionarsi con gruppi di popolazione più vulnerabili; alle caratteristiche dell‟utente quali le
credenze, le conoscenze, il profilo socio economico, la religione ecc…E ancora, le barriere
linguistiche, i pregiudizi, la mancanza di una rete sociale e familiare di supporto.
Nel momento dell‟accesso al servizio, si concretizzano le problematiche della persona utente ma
anche quelle dell‟operatore sanitario dovute al poco tempo disponibile e per la scarsa formazione
alla relazione interculturale, il rapporto, non sempre facile, con il mediatore culturale, il pregiudizio
verso alcune etnie, in una parola spesso tutto si concentra nel problema sociale dell‟ “affrontare” le
diversità.
Per questo motivo è necessario promuovere interventi che possano favorire l‟accesso, la formazione
alla relazione interculturale da parte dell‟operatore sanitario e la ricerca/azione, ovvero il
monitoraggio delle disuguaglianze e la messa in atto di misure di contrasto. In una parola è
necessario “avvicinare” i fruitori ai fornitori del servizio tramite modelli sociali di intervento.
Programmi di salute per comunità
Il concetto dei determinati di salute è posto alla base del modello di intervento che rispetta la
definizione di salute data dall‟Organizzazione Mondiale della Sanità (Alma Alta 1978), ovvero la
salute intesa come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza
dello stato di malattia o infermità.
Qualunque programma di intervento per poter essere efficace deve poter acquisire le giuste
informazioni sullo stato/profilo di salute della popolazione target che vuole raggiungere; questo è
possibile utilizzando dati che sintetizzano i principali aspetti della salute e/o i processi adottati per
promuovere e garantire la salute stessa, ovvero degli “indicatori” che ne esprimono in maniera
sintetica il valore o la misura. Tra l‟altro è ormai da tempo introdotto il concetto di “indicatore di
performance” che permette di misurare il raggiungimento dell‟obiettivo posto e/o l‟attività di
politica di salute o di programmazione sanitaria. La corretta definizione degli indicatori
(determinanti di salute), attraverso l‟adeguata analisi delle condizioni di salute di partenza, dei
14
fattori che la determinano (sociali, demografiche, sanitarie, ambientali, economiche), delle azioni
messe in atto per la promozione e tutela della salute stessa, consentirà di realizzare azioni finalizzate
a migliorare lo stato di salute della comunità target. E, soprattutto, non si potrà non tenere conto
degli indicatori standard fissati a livello internazionale, e costruiti in modo da essere compresi in un
ambito di collaborazione intersettoriale e multidisciplinare “aperta” alla comunità.
Più specificamente, possiamo affermare che le azioni, intraprese nell‟applicazione di un modello di
intervento integrato, tengono conto del complesso sistema dei determinanti di salute e della loro
modificabilità o non modificabilità, così classificati:
-
non modificabili e correlati a età, sesso, genetica, etc…
-
modificabili e correlati a:
-
fattori ambientali (qualità dell‟aria, dell‟acqua, degli alimenti, del territorio, dell‟ambiente di
vita)
-
fattori sociali ed economici (povertà, disoccupazione, emarginazione)
-
stili di vita (alimentazione, attività fisica, abuso di sostanze quali, ad esempio, fumo, alcool)
-
disponibilità di servizi di qualità (servizi sanitari, sociali, ricreativi)
Il modello di intervento finalizzato a facilitare l‟attività di prevenzione, all‟accesso e alla cura della
persona-utente ma anche alla promozione della salute è, pertanto, strettamente connesso alle
seguenti azioni:
-
valorizzazione dell‟approccio umanistico e meno medicalizzato che tenga conto della
persona nella sua globalità
-
valorizzazione del confronto tra i vari ambiti disciplinari
-
valorizzazione della partecipazione della comunità
La messa in atto delle predette azioni consente l‟integrazione socio-sanitaria a livello regionale e
territoriale, secondo quanto definito dal decreto legislativo 229/99 che ha ripristinato una cultura dei
servizi alla persona in luogo di un approccio di intervento assistenziale da parte dei servizi.
Un sistema integrato di promozione della salute pone tra gli obiettivi essenziali quelli di:
-
determinare i bisogni di salute della popolazione di riferimento e le criticità e/o le
opportunità che possono influenzarne il risultato
-
promuovere interventi intersettoriali
15
-
promuovere un ruolo attivo della popolazione target e/o della società civile e del terzo
settore nella scelta di programmi di politica socio-sanitaria da adottare a livello locale
-
sperimentare modelli innovativi di pianificazione socio sanitaria
-
applicare metodologie epidemiologiche quantitative
-
applicare tecniche di analisi qualitativa
-
definire gli obiettivi di salute monitorabili
-
applicare metodologie operative strettamente correlate alla logica degli obiettivi prefissati
-
sperimentare e sviluppare forme di comunicazione/informazione bidirezionali e modelli di
partecipazione/integrazione della comunità coinvolta
-
monitorare e valutare l‟esito dell‟intervento
La messa a punto e la finalizzazione di un utile programma integrato di promozione della salute in
una comunità prevede un processo di coinvolgimento di:
-
professionalità del sistema sanitarie e sociale
-
organismi di partecipazione dei cittadini
-
enti a rilevanza sanitaria (organizzazioni assistenziali e/o di protezione sociale)
-
organismi istituzionali quali INAIL, INPS, Centri per la formazione professionale etc…
-
associazioni di settore
-
organizzazioni sindacali
-
organizzazioni non profit
-
società scientifiche e professionali
-
imprenditoria locale
Un programma integrato di promozione della salute di comunità necessita di strumenti utili alla
rilevazione dei bisogni e alla esecuzione di indagini di opinioni, quali:
-
raccolta di dati statistici
-
raccolta di dati epidemiologici
-
distribuzione e/o somministrazione di questionari
-
interviste e colloqui in profondità
-
tecniche di gruppo (focus group)
-
gruppi di lavoro
-
corsi formativi
16
-
laboratori di progettazione
-
siti web
Fin dal 1995, l‟Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito l‟importanza della determinazione
del profilo di salute di comunità.
Esso descrive quantitativamente e qualitativamente lo stato di salute della popolazione target e dei
fattori che lo influenzano e costituisce la base di partenza per poter avviare progetti partecipati di
promozione della salute nonché di gestione della salute di comunità.
Le tematiche che possono essere indagate ai fini della definizione del profilo di salute di una
comunità sono diverse e spesso tra loro correlate: contesto sociale, culturale e ricreativo, dato
demografico, studio del territorio, ambiente di vita, offerta dei servizi sanitari, offerta dei servizi
sociali, economia, fino ad indagare lo stile di vita, la morbosità, la mortalità.
L‟indagine può avvalersi della raccolta di dati quantitativi attraverso l‟esame delle fonti ufficiali dei
flussi informativi, ma non meno importante è l‟analisi qualitativa.
Le scienze sociali hanno ormai dimostrato come questo tipo di analisi consenta di rilevare e
interpretare il bisogno della popolazione target e, attraverso l‟impiego della popolazione di
riferimento, di sviluppare e favorire l‟empowerment della comunità.
La rilevazione e l‟analisi di dati di tipo qualitativo contribuiscono ad “arricchire” il dato
quantitativo di aspetti altrimenti non valutabili, poiché in grado di indagare percezioni e
atteggiamenti.
L‟analisi congiunta dei dati, attraverso i due metodi quantitativi e qualitativi, può applicarsi a
qualunque target di popolazione: giovani, donne, popolazioni vulnerabili, gruppi con
comportamento a rischio.
La promozione della salute
La descrizione quantitativa e qualitativa della salute degli abitanti di un territorio e dei fattori che la
influenzano consente di definirne il “profilo di salute”. E‟ possibile costruire un profilo di salute
analizzando le risorse e i bisogni della comunità in studio per poter fornire queste informazioni ai
decisori.
La strategia proposta dal Programma d‟Azione Comunitaria evidenzia la necessità della
cooperazione fra i vari livelli decisionali (comunitario, nazionale e locale). Mentre la Sanità
Pubblica punta oggi alla multidisciplinarietà, alla collaborazione, alla prevenzione, alla promozione
e la protezione della salute, e indica tra le azioni principali da intraprendere:
17
-
l‟attenzione a tutti i determinanti di salute;
-
la selezione delle priorità d‟intervento (in base alle caratteristiche dei problemi
rilevati: diffusione, gravità, percezione);
-
la ricerca continua dell‟appropriatezza e della qualità delle risposte, e la valutazione
di efficacia;
-
la costruzione di alleanze e l‟integrazione
Nel corso della 1a Conferenza Internazionale sulla promozione della salute tenutasi in Canada nel
1986, sono stati definiti i prerequisiti per la salute e la necessità di sostenere la causa della salute;
ma importanti raccomandazioni hanno puntato su concetti di rilievo come quello di “mettere in
grado” le persone a raggiungere il loro potenziale di salute anche attraverso la disponibilità di
informazioni, sullo sviluppo delle “abilità personali” e sulle pari opportunità. Altro concetto
introdotto è stata l‟opportunità di “mediare” tra i diversi sistemi, sociali, economici e culturali, tra i
livelli centrali e locali, tra strutture sanitarie e settori sociali, associazioni etc.
Tra gli strumenti per poter promuovere la salute è stato sottolineato il ruolo della comunità
direttamente interessata e precisamente l‟importanza di attingere alle risorse umane e ai materiali
propri della comunità stessa e all‟interno di questa la necessità di “sviluppare le abilità personali”.
Infine, tra le raccomandazioni si evince l‟importanza di “riorientare i servizi sanitari” che devono
indirizzarsi alla promozione della salute, integrando tra loro le diverse realtà culturali, sociali,
organizzative, senza trascurare di porre maggiore attenzione ai cambiamenti nella formazione
professionale. La responsabilità per la promozione della salute nei servizi sanitari è condivisa tra i
singoli, i gruppi della comunità, gli operatori sanitari, le istituzioni che garantiscono il servizio
sanitario e i governi. Essi devono lavorare insieme per un sistema di assistenza sanitaria che
contribuisca alla ricerca della salute.
Il ruolo del settore sanitario deve andare sempre più nella direzione della promozione della salute,
al di là della sua responsabilità di garantire servizi clinici e curativi. I servizi sanitari hanno bisogno
di adottare un mandato più ampio che sia sensibile e rispettoso dei bisogni culturali. Questo
mandato dovrebbe sostenere i bisogni degli individui e delle comunità per una vita più sana e
stabilire connessioni tra il settore sanitario e le più ampie componenti sociali, politiche, economiche
e dell‟ambiente fisico.
Il riorientamento dei servizi sanitari richiede anche una maggior attenzione alla ricerca sanitaria
come pure ai cambiamenti nell'insegnamento e nella formazione professionale. Tutto ciò deve
portare a una modifica dell‟atteggiamento e dell‟organizzazione dei servizi sanitari, che devono
ricalibrare la loro attenzione sui bisogni complessivi dell‟individuo visto nella sua interezza.
18
L’esperienza migratoria
L‟esperienza migratoria deve essere collocata tra paese di partenza e paese di arrivo. Spesso, infatti,
dal punto di vista della società di arrivo i migranti vengono percepiti senza passato o con un passato
solo di bisogno e di disagio che non può rappresentare una risorsa. Molti operatori tendono a
immaginare gli immigrati come persone che fuggono dal loro paese e come portatori soprattutto di
disagio, mancanze, bisogni particolari, deficit, e non riescono a immaginare il mondo sociale e
personale da cui provengono, le strategie adottate prima della partenza per attivare risorse e
raccogliere informazioni, il processo decisionale, talvolta lungo e articolato, che ha portato
all‟emigrazione. Diversamente, l‟approccio qui proposto consente di concepire l‟emigrazione non
solo come espulsione (push factors) o come attrazione (pull factors), ma permette di
contestualizzarla in un processo dinamico che si compone di diverse fasi e che si dispiega su più
livelli (materiali e simbolici).
Il migrante non è l‟unico attore nel sistema di relazioni entro cui si articolano le migrazioni
internazionali. E‟ quindi necessario volgere l‟attenzione verso alcuni punti fermi che consentono di
delineare una mappa piuttosto complessa di tali articolazioni.
La migrazione è meglio descritta, analizzata e compresa come processo che mette in relazione tra di
loro società di partenza e società di arrivo, secondo una rete di interconnessioni tra processi locali,
nazionali e internazionali. L‟esperienza migratoria comprende momenti antecedenti alla partenza
(processo decisorio e preparativi con attivazione di reti sociali); e momenti successivi di
inserimento nella nuova società, con il tentativo, non sempre riuscito, di mantenere contatti e
relazioni con il mondo d‟origine e di attivare nuovi modelli di interazione nella società di arrivo.
Il fenomeno migratorio è complesso, sia nelle cause che lo generano (economiche, politiche, sociali,
culturali), sia nelle motivazioni che lo spingono e alimentano, tanto da poter parlare di “cultura
migratoria”, eventualmente specificata attraverso la categoria del riscatto. In altre parole, il processo
migratorio uniforma, pur salvaguardando specificità e peculiarità individuali, le esperienze e agisce
al livello delle rappresentazioni di tale esperienza spingendo le persone ad agire e a oltrepassare le
soglie che contraddistinguono le fasi del processo stesso (separazione, transito, reincorporazione),
riscattando così la propria esistenza.
La condizione dello straniero, come è stata descritta nella letteratura sociologica è per definizione
ambivalente: si rischia di non appartenere più a nessun luogo, a nessuna parte. Gli antropologi che
si sono occupati di movimenti migratori hanno messo in luce che i confini emergono
dall‟interazione culturale e che l‟identità di ognuno può essere “giocata” anche su piani di
interazione differenti, in base alle necessità e secondo calcoli opportunistici più legati a interazioni
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frammentarie e sporadiche. In altri casi, le relazioni di scambio reciproco permettono di ricomporre
le diversità iniziali e consentono di scoprire affinità e similitudini oltre le differenze. Lo scambio
culturale porta a un processo di costruzione fatto di reificazioni e cristallizzazioni, seguite da
momenti di scoperta, scelte e ricomposizioni.
Il vissuto dello straniero è articolato e complesso e, secondo un approccio antropologico
psicosociale, può essere descritto attraverso due variabili rilevanti:
gestione
del
cambiamento
(da
risposte
di
idealizzazione/svalutazione
a
capacità
di
ricontestualizzazione) e gestione della diversità culturale (da interazioni sporadiche e
opportunistiche e relazioni basate sullo scambio, sulla fiducia e sulla reciprocità).
Le persone possono transitare da una posizione all‟altra, in alcuni casi, oppure rimanere bloccate o
in posizioni intermedie. Una posizione particolare è assunta dalla funzione della mediazione, che è
per definizione equidistante e capace di transizioni e ricontestualizzazioni continue.
Per questo l‟opera di mediazione e di costruzione di uno “spazio intermedio”, di un “ponte” tra
realtà interna e realtà esterna può essere molto importante per dare voce alla riparazione e alla
ricontestualizzazione dell‟eventuale esperienza dolorosa e/o traumatica.
Queste tipizzazioni sono da considerarsi delle semplificazioni che mettono in luce però alcune
caratteristiche distintive:
Sradicamento/solitudine: è il caso diffuso quando tutti i riferimenti sono rimasti nel paese di origine
e quando le interazioni con i propri connazionali o con gli autoctoni sono di natura opportunistica,
brevi e superficiali, spesso caratterizzati da diffidenza, mutuo sospetto e pregiudizio;
Nostalgia/Coping: è la situazione che si presenta quando un “buon” attaccamento alla propria
cultura d‟origine viene affiancato da relazioni approfondite e di scambio con altri connazionali o
con autoctoni. Si è più aperti al dialogo e all‟interazione completa che consente di transitare
simbolicamente tra qui e là. Può essere un processo graduale anche difficile, dove la nostalgia, la
solitudine e la tristezza possono subentrare, senza però diventare tratti dominanti. E‟ piuttosto una
nostalgia proattiva che permette di fare progetti (ad es. il ritorno, oppure investimenti nel proprio
paese, un viaggio o il mantenimento di relazioni parentali, d‟amicizia ecc.), di riproiettarsi nel
futuro.
Integrazione/adattamento: il migrante è proteso verso l‟integrazione nel paese di arrivo, ne adotta
consapevolmente abitudini e usanze, talvolta italianizzando il nome, e solo in una seconda fase
ricostruisce i legami con la terra di origine. Pur in presenza di relazioni di scambio e approfondite,
tanto con connazionali che con autoctoni, talvolta questa situazione lascia spazio a dimensioni più
incerte dell‟esistenza, spesso dopo anni di insediamento. Lo sforzo di integrazione per essere
mantenuto nel tempo deve affiancarsi a una continua riscoperta delle origini e dell‟identità
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culturale, per evitare che l‟adattamento sia solo in senso assimilatorio: a questo fine concorrono
tanto le caratteristiche del migrante, quanto quelle della società di accoglienza.
Disadattamento/stress: è il caso in cui il migrante si è proteso verso il paese di arrivo pur non
riuscendo a stabilire legami duraturi, per diversi motivi di natura psicologica, socio-economica,
relazionale e culturale. Si tratta di persone che non hanno saputo mettere in atto strategie di coping,
bloccandosi in uno stadio di idealizzazione (delle origini o del paese di accoglienza), o in quello di
frustrazione e di confronto con una realtà difficile. Vi è, infatti, una sottile, ma sostanziale
differenza, tra la frustrazione delle aspettative (da cui deriva il ciclo vizioso della
idealizzazione/svalutazione) e la tensione generata dalle aspettative disattese che è invece
generativa di cambiamento, riprogettazione, ristrutturazione dei propri ideali e obiettivi.
L’integrazione socio-culturale delle popolazioni migranti e il servizio sanitario
L‟integrazione socio-culturale delle popolazioni migranti rappresenta un concetto biunivoco nel
quale, da un lato si collocano le variabili strutturali (come l‟autosufficienza economica,
l‟indipendenza abitativa, la fruizione dei servizi, l‟accesso all‟educazione e ai servizi sanitari) e
quelle socio-istituzionali (che riguardano la partecipazione alla vita sociale e culturale del paese di
arrivo e agli scambi con migranti appartenenti ad altre comunità); dall‟altro quelle psico-culturali
che riguardano la sfera del singolo individuo, della sua cultura d‟origine e si manifestano più
direttamente sul benessere del migrante.
Ciò significa in concreto che sia le politiche rivolte ai migranti, che le strategie di intervento per
favorire tale integrazione, sia l‟intervento dell‟operatore che lavora con le comunità migranti, ma
anche lo studioso, che si avvicina a questo tema e non ne considera la bidimensionalità rischia di
avere una visione, e quindi di realizzare un‟azione, piuttosto limitata e parziale. Inoltre, considerare
la doppia corrispondenza (individuale e collettiva, del migrante e della società di destinazione)
restituisce l‟aspetto intimo e personale dell‟integrazione socio-culturale ad una sfera pubblica e
quindi alla comunità più allargata.
Il concetto stesso di integrazione può essere declinato nelle singole storie umane attraverso le quali
rilevare le diverse percezioni ed aspettative a riguardo di tale fenomeno.
A partire da queste premesse il significato psico-socio-culturale dell‟integrazione richiama quello
etimologico di rendere intero, completo, tenere insieme esperienze diverse positive e contrarie,
riconoscere cambiamenti senza negazioni o rinunce.
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Il termine “integrazione” ha una tradizione linguistica prevalentemente europea e specialmente
francese, ed è stato inteso a lungo come una versione più mite dell‟“assimilazione”.
Le scienze sociali hanno teorizzato modelli di integrazione diversi tra loro per indirizzare le
politiche di accoglienza nei confronti dei cittadini stranieri. Assimilazionismo e multiculturalismo
sono stati a lungo i modelli predominanti, ma ne esistono infinite declinazioni a seconda dei diversi
contesti geografici in cui esso è applicato. Attualmente tali modelli sono entrati in crisi in seguito
agli scarsi risultati raggiunti nei diversi paesi ed alle risposte politiche non sempre adeguate che
hanno saputo dare al complesso fenomeno della mobilità umana globale. Lo stesso concetto di
integrazione è stato criticato, svuotato e rinnovato nel suo significato più volte, a fasi alterne si sono
preferiti concetti più neutri come quello di inclusione sociale.
L‟esperienza italiana presenta il migrante proteso verso l‟integrazione nel nostro paese, che adotta
consapevolmente abitudini e usanze, talvolta italianizzando il proprio nome, e solo in una seconda
fase ricostruisce i legami con la terra di origine. Pur in presenza di relazioni di scambio e
approfondite, tanto con connazionali che con autoctoni, talvolta questa situazione lascia spazio a
dimensioni più incerte dell‟esistenza, spesso dopo anni di insediamento. Lo sforzo di integrazione
per essere mantenuto nel tempo deve affiancarsi a una continua riscoperta delle origini e
dell‟identità culturale, per evitare che l‟adattamento sia solo appunto in senso assimilatorio: a
questo fine concorrono tanto le caratteristiche del migrante, quanto quelle della nostra società di
accoglienza.
Alla base del percorso formativo e delle iniziative intraprese nel progetto ARTEMIS si è tenuto
conto del carattere fortemente transnazionale della migrazione, cercando di valorizzare lo scambio
e la circolazione di uomini/donne e con essi saperi, esperienze, risorse, facilitando dinamiche di
integrazione tra territori di Paesi diversi.
È chiaro che l‟attuale situazione socioculturale richiede risposte politiche e intellettuali nuove e
creative, che valorizzino il sistema di interconnessione globale alla base dei fenomeni migratori,
secondo un‟ottica che tenda alla de-criminalizzazione dei cittadini stranieri, e che faciliti al
contrario la partecipazione degli stessi alla società di accoglienza e alla formulazione di politiche di
integrazione e che guardi per una volta alla diversità, con la lente dell‟uguaglianza.
L‟uguaglianza degli esseri umani sta proprio nel concetto universale della “salute umana”, ossia
abilità di cambiamento, trasformazione e superamento dei confini e delle difficoltà nonché fattori di
rischio, stili di vita e accesso ai servizi stessi.
Nelle società in transizione grazie al fenomeno migratorio, vanno favoriti processi di cittadinanza
virtuosa, eliminati gli stereotipi negativi legati alla diversità culturale, recuperate le basi
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dell‟uguaglianza dell‟essere umano come attore sociale chiamato a costruire il futuro di una civiltà
ricca e diversa allo stesso modo.
Anche le politiche comunitarie in materia d'immigrazione sottolineano la necessità di seguire un
approccio olistico tenendo conto non solo degli aspetti economici e sociali dell'integrazione ma
anche delle questioni riguardanti l‟accesso ai servizi sanitari, la diversità culturale e religiosa, la
cittadinanza, la partecipazione ed i diritti politici. Il riconoscimento formale del suddetto principio
ha rappresentato un passo importante in avanti ma non sufficiente: dal principio astratto è
necessario ora affermare il principio sostanziale di integrazione ai servizi sanitari per la popolazione
migrante in Italia.
Il modello di intervento nel progetto ARTEMIS
A livello locale, un programma di integrazione socio-sanitaria, finalizzato all‟intervento di sanità
pubblica, si concretizza attraverso il Piano per la Salute; esso rappresenta un punto cruciale per il
coordinamento, il confronto e l‟interazione tra diverse realtà amministrative con impatto sulle
politiche sanitarie e sociali.
La “costruzione” del Piano di Salute nell‟attività di governo locale della salute deve prevedere una
Valutazione di Impatto sulla Salute (Health Impact Assessment – HIA) per monitorare l‟effetto del
piano in termini di miglioramento dello stato/profilo di salute e di qualità della vita, L‟esigenza di
coinvolgere le comunità è stata rilevata anche nel corso del progetto ARTEMIS, in occasione dello
svolgimento dei tavoli di concertazione territoriale, rivolte ai referenti dei servizi di enti locali e
sanitari, per favorire l‟incontro domanda/offerta con la rete delle Associazioni di migranti che
hanno aderito alla formazione del profilo “Educatore di salute di comunità” (ESC).
La maggior parte degli interventi in questo settore sono rivolti ad azioni all‟interno delle strutture
sanitarie ed in prossimità del bisogno terapeutico e di cura, mentre questa proposta di intervento ha
inteso raggiungere i migranti sul territorio e promuovere l‟accesso ai servizi anche come
prevenzione sanitaria. Il programma di azioni, previsto in ARTEMIS, ha tenuto conto dei punti
chiave utili a favorire l‟accesso ai servizi sanitari, con particolare riguardo alla prevenzione delle
malattie infettive, quali l‟infezione da HIV/AIDS e le coinfezioni, ovvero la tubercolosi e le
malattie sessualmente trasmesse.
L‟obiettivo del progetto è stato quello di contribuire a migliorare il processo di integrazione di
cittadini di Paesi terzi, costruendo un modello di intervento che possa avvicinare i cittadini stranieri
ai servizi socio-sanitari.
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Le azioni del modello sono state caratterizzate da tre componenti:
1. la componente di formazione finalizzata a rafforzare l‟empowerment e la health literacy delle
Associazioni straniere e della società civile italiana, integrando competenze specifiche in ambito
socio-sanitario. Le fasi, la tempistica, il programma e gli esiti della formazione sono descritti nel
Manuale per la formazione dell‟”Educatore di Salute di Comunità”, quale prodotto del progetto;
2. la componente di networking finalizzata ad attivare una rete di “Educatori di salute di comunità”
sul territorio, per favorire la comunicazione tra istituzioni pubbliche (Consigli Territoriali per
l‟Immigrazione, enti locali e servizi socio sanitari) e cittadini di paesi terzi sul tema socio-sanitario;
3. la componente operativa sperimentale finalizzata alla realizzazione di un modello sperimentale di
mediazione culturale integrato con il territorio per favorire l‟informazione, l‟orientamento,
l‟accompagnamento ai servizi sanitari e migliorare l‟accesso e la fruizione da parte dei cittadini di
paesi terzi.
Il modello di intervento applicato in ARTEMIS è stato fondato su:
-
concetto di empowerment
-
acquisizione di competenze
-
coinvolgimento attivo dell‟Associazionismo migrante
-
promozione dell‟health literacy attraverso l‟ESC
-
potenzialità della corretta comunicazione
-
costruzione di reti
Nella pratica, il modello applicato consente di sviluppare un intervento integrato attraverso l‟
applicazione e il perseguimento di due strategie principali: empowerment e offerta attiva di servizi,
secondo l‟idea e la sperimentazione della Sociologa Lai Fong Chiu.
I concetti di promozione della salute, disuguaglianze nella salute, integrazione con i servizi sanitari
sopradescritti costituiscono la base per l‟applicazione, la sperimentazione e la valutazione
dell‟efficacia del modello.
Il progetto Artemis ha proposto e sperimentato un modello di intervento innovativo nell‟ambito
della promozione della salute dei migranti, che consiste nel coinvolgimento attivo
dell‟associazionismo migrante in qualità di soggetto promotore di salute tra le comunità di
connazionali, a supporto degli operatori sanitari e della figura professionale del mediatore culturale
in ambito sanitario.
Tale modello di intervento ha lo scopo di facilitare la fruizione l‟accesso dei migranti al sistema
sanitario nazionale nella direzione di favorire una maggiore integrazione nel territorio, dove per
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integrazione si intende un “processo dinamico e bilaterale di adeguamento reciproco da parte di tutti
gli immigrati e di tutti i residenti degli Stati Membri” e secondo il principio per cui “l‟accesso degli
immigrati alle istituzioni nonché a beni e servizi pubblici e privati su un piede di parità con i
cittadini nazionali e in modo non discriminatorio, costituisce la base essenziale di una migliore
integrazione”.
La strategia del progetto Artemis è stata disegnata in un‟ottica di sistema finalizzata a favorire una
effettiva partecipazione dei migranti ai processi di integrazione socio-sanitaria, attraverso un
confronto reale e una collaborazione proficua tra migranti, servizi sanitari, autorità territoriali locali,
Consigli Territoriali per l‟Immigrazione.
Artemis è un intervento che sostiene il diritto alla salute dei migranti e propone un percorso
partecipativo di promozione della salute, da intendere come il processo che consente alle persone di
acquisire un maggior controllo della propria salute, e di migliorarla. La promozione della salute
rappresenta un processo socio-politico globale: esso investe non soltanto le azioni finalizzate al
rafforzamento delle capacità e delle competenze degli individui, ma anche l'azione volta a
modificare le condizioni sociali, ambientali e economiche in modo tale da mitigare l'impatto che
esse hanno sulla salute del singolo e della collettività.
Il documento riferimento è la Carta di Ottawa per la promozione della Salute tra i cui campi di
azione prioritaria è menzionata la necessità di rafforzare l‟azione collettiva a favore della salute. La
Carta di Ottawa evidenzia l'importanza di una concreta ed efficace azione collettiva nella
definizione delle priorità per la salute, nell'assunzione delle decisioni, nella pianificazione delle
strategie e nella loro attuazione per raggiungere un miglior livello di salute.
A partire da queste premesse, l‟acronimo Artemis - Associazionismo e Reti Territoriali per la
Mediazione Interculturale sulla Salute - sintetizza l‟approccio perseguito da progetto che consiste
nel valorizzare l‟associazionismo migrante e la creazione di reti a livello territoriale, al fine di
valorizzare i processi di mediazione interculturale sulla Salute, anche al di fuori dei servizi stessi,
prima del bisogno terapeutico e a scopo preventivo.
Il modello di intervento ARTEMIS è stato dunque pensato per rispondere all'esigenza di
raggiungere e sensibilizzare l‟utenza straniera ad un approccio ai servizi sanitari rivolto alla tutela e
prevenzione della propria salute, in un‟ottica di costo/efficacia sia economica che sociale.
L‟utilizzo della mediazione linguistico-culturale all‟interno dei servizi ha rappresentato, sia in
Europa che in Italia, un‟agevolazione di indubbio valore all‟utilizzo dei servizi da parte dei migranti,
ma tale dispositivo incontra alcuni ostacoli, ivi inclusa la difficoltà di un‟attuazione conforme a un
modello standard - quale quello del progetto Migrant Frendly Hospital (OMS) e un‟incapacità dei
servizi di raggiungere quel target di cittadini migranti che non accede al servizio.
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Il modello di intervento Artemis punta l‟attenzione sull‟associazionismo migrante e in particolare
sulle figure di leader di comunità come soggetti potenzialmente proattivi per svolgere in ambito
sanitario un efficace ruolo di supporto per favorire l‟accesso ai servizi sanitari, e promuovere il
diritto alla salute tra le comunità di migranti.
Numerosa letteratura evidenzia come l‟associazionismo rappresenti per i migranti un forte
riferimento nelle società di accoglienza soprattutto nei primi anni di permanenza, permettendo di
affrontare i disagi e le difficoltà incontrate nel processo migratorio. L‟associazionismo rappresenta
un significativo bacino di capitale sociale per i migranti perché è in grado di supportare il migrante
in tutti i passaggi cruciali dell‟esperienza migratoria che vanno dall‟ottenimento dei documenti di
soggiorno, alla possibilità di trovare alloggio, di accedere al mondo del lavoro e di essere informato
sui servizi del territorio, oltre che rappresentare un luogo di promozione e mantenimento della
cultura di origine. Bisogna comunque considerare che in alcuni casi per i migranti la comunità di
appartenenza può costituire anche un limite e una costrizione, e in relazione a problematiche di
salute possono verificarsi episodi di emarginazione e isolamento di individui con problemi di salute.
A questo proposito i leader di associazioni, se provvisti di opportune competenze in ambito di
promozione e diritto della salute, possono svolgere un ruolo molto importante per aumentare la
consapevolezza della comunità sulle problematiche di salute riconoscendo i bisogni di salute della
comunità e indirizzando a un corretto utilizzo dei servizi sanitari.
Il modello di intervento proposto si propone di facilitare l‟accesso dei migranti al sistema sanitario
nazionale attraverso la figura dell‟Educatore di Salute di Comunità, leader di associazioni o figure
carismatiche delle comunità di migranti, in grado di rilevare il bisogno di salute, trasmettere
conoscenze e indirizzare i migranti ai servizi sanitari.
Artemis ha dato l‟opportunità ai leader di associazioni di sperimentare un percorso formativo
finalizzato alla promozione della figura dell‟Educatore di Salute di Comunità, di conoscere e
confrontarsi con i referenti dei servizi sanitari e sperimentare attraverso delle iniziative territoriali
delle modalità di avvicinamento delle comunità di migranti ai temi della salute e della prevenzione
nell‟ottica di promuovere una maggiore consapevolezza sulla salute come diritto universale e
l‟accesso ai servizi a scopo preventivo, anche in fasi antecedenti al bisogno terapeutico. Il progetto
Artemis si collega al modello, teorizzato e sperimentato in UK, di promozione dell‟health literacy
(vedi approfondimento nel par. 1.1 del Manuale di Formazione) ed è stato indirizzato alla creazione
di reti territoriali multi-livello allo scopo di favorire l‟integrazione socio-sanitaria nei territori
considerati. La rete territoriale che il modello Artemis ha sviluppato si articola lungo un processo
che prevede almeno tre livelli distinti di rete:
26
-
un primo livello è costituito dalla rete degli Educatori di Salute di Comunità (ESC) identificati e
selezionati per le loro competenze in ambito sanitario e in virtù del loro radicamento sul
territorio;
-
un secondo livello di rete è costituito dalle associazioni di migranti di cui gli ESC sono
rappresentanti e/o leader;
-
un terzo livello è quello costituito dai servizi sanitari territoriali, dalle istituzioni locali e
territoriali coinvolte nel processo.
Il modello di intervento Artemis propone di mettere in sinergia tra loro i diversi livelli della rete a
supporto del processo di concertazione territoriale e di integrazione socio-sanitaria.
Il progetto Artemis ha integrato la consolidata esperienza dell‟OIM e del Ministero della Salute, di
coinvolgimento dell‟associazionismo migrante provvisto di competenze specifiche negli interventi
territoriali di prevenzione HIV e la consolidata esperienza dell‟ADS nell‟approfondimento e nella
promozione nel contesto italiano della Figura dell‟ESC. Il modello di intervento Artemis va nella
direzione di un progressivo coinvolgimento pro-attivo sia dei leader dell‟associazionismo migrante
che dei servizi sanitari per la promozione della salute finalizzato a raggiungere i target più lontani,
in un‟ottica di dialogo tra le parti e di una maggiore coesione territoriale e integrazione sanitaria.
La mediazione culturale e l’Educatore di Salute di Comunità:
il modello di intervento Artemis applicabile alla prevenzione dell’infezione da HIV e AIDS
Il monitoraggio delle disuguaglianze della salute è attuato anche attraverso l‟Osservatorio europeo
sui sistemi e le politiche sanitarie, dal quale si evince un ampliamento delle disparità sanitarie tra i
Paesi, legate a problematiche sociali, economiche e ambientali.
Il sistema di monitoraggio pone attenzione all‟andamento epidemiologico delle malattie croniche,
mentali, infettive e non trascura di valutare l‟incidenza di infortuni sul lavoro e i fattori di rischio
prevenibili e alla stretta correlazione con i determinanti sociali.
In materia di malattie infettive, lo studio di possibili interventi socio-sanitari per limitarne la
diffusione risulta diretto in modo prioritario verso l‟infezione da HIV e AIDS e le Malattie
Sessualmente Trasmissibili.
La Commissione Europea ha indicato le linee di intervento per la lotta contro l‟HIV/AIDS
nell‟Unione Europea e nei Paesi vicini per il periodo 2009-2013, integrando le numerose
dichiarazioni internazionali già esistenti in materia elencate in bibliografia.
27
In modo particolare la Commissione Europea raccomanda la piena integrazione dei gruppi
minoritari, emarginati, socialmente sfavoriti e più vulnerabili all‟accesso universale, alla
prevenzione, al trattamento, alla cura e all‟accompagnamento ai servizi sociali e sanitari, in un
ambiento giuridico non discriminatorio.
Le misure efficaci per il contrasto all‟infezione da HIV e AIDS consistono in: programmi di
prevenzione mirati, piani di comunicazione adeguata, accesso al test (anonimo e gratuito) per la
diagnosi precoce dell‟infezione assistenza e cura adeguati.
Tra i gruppi minoritari viene indicata anche la popolazione migrante, verso la quale dovranno essere
migliorate le sopradette misure di intervento.
Nell‟ambito della prevenzione, le autorità europee hanno stabilito i punti chiave del programma di
azione per la lotta contro l‟AIDS, nonchè le raccomandazioni per la conduzione di campagne
informative mirate e i target specifici da raggiungere (dichiarazioni di Dublino, Vilnius e Brema).
L‟Italia ha condiviso tali indicazioni e misure di profilassi e cura estese anche alla popolazione
migrante:
-
continuare ad informare sui metodi di prevenzione della trasmissione sessuale (omo ed
eterosessuale)
-
promuovere il test HIV e l‟adeguato counselling pre e post test
-
informazione efficace dovrà prevedere il coinvolgimento delle Regioni e Province
Autonome, delle Associazioni di lotta contro l‟AIDS, delle multi etnie presenti sul territorio
nazionale e il ricorso alla educazione tra pari (peer education)
-
assicurare la formazione degli operatori sanitari anche riguardo alle problematiche psicosociali del paziente sieropositivo
-
garantire l‟assistenza extraospedaliera del paziente cronico che in numero sempre più
crescente ricorre all‟assistenza ambulatoriale e in day-hospital
In Italia, la normativa di base per la prevenzione dell‟infezione da HIV/AIDS, è rappresentata dalla
legge 135 del 1990, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell‟8 giugno 1990.
La legge ha definito gli interventi di programmazione sanitaria per garantire la migliore assistenza
ai pazienti affetti da infezione da HIV e AIDS, attraverso l‟adeguamento strutturale delle Unità
Operative di Malattie Infettive, la formazione del personale sanitario, la lotta allo stigma sociale
mediante campagne di sensibilizzazione pubblica.
L‟European Center for Disease Prevention and Control (ECDC) indica le aree di azione per la
ricerca e gli interventi in sanità pubblica in materia di HIV e AIDS, Tubercolosi e malattie
prevenibili da vaccinazione tra cui:
28
-
monitoraggio dell‟accesso dei migranti ai servizi di assistenza e cura e a programmi di
prevenione
-
studio sulle disuguaglianze della salute, e dei determinanti di salute in specifici gruppi di
migranti
-
sviluppo di programmi di prevenzione basati sull‟evidenza e mirati ai migranti
-
indagini sui fattori che limitano l‟accesso ai servizi socio-sanitari
-
sviluppo di servizi sanitari “migrant-friendly”
-
sviluppo di strategie per ampliare l‟informazione sulla fruibilità dei servizi attraverso il
coinvolgimento delle comunità migranti
-
implementare corsi di formazione e aggiornamento professionale degli operatori sanitari,
diretti ad ampliare la conoscenza dei bisogni specifici di salute dei migranti per favorire
servizi “culturalmente competenti”
Sempre l‟ECDC fornisce indicazioni per attuare azioni di “buona pratica” tra cui:
-
implementare la costituzione di “reti” tra associazioni di professionisti, medici,
organizzazioni internazionali, operatori socio-sanitari, organizzazioni per i diritti umani e
associazioni di migranti (attività di networking)
-
implementare e monitorare studi sui comportamenti a rischio di gruppi vulnerabili
-
approntare materiale multilingue per l‟informazione
-
implementare campagne di informazione per promuovere l‟accesso al test HIV
-
migliorare le informazioni relative ai servizi, alla loro organizzazione e alle modalità di
accesso
-
implementare interventi di prevenzione secondo il modello della peer education
-
coinvolgere la comunità migrante nei processi sopradescritti
Nel corso del progetto ARTEMIS si è inteso applicare il modello di intervento per la promozione
della salute dei migranti che vede l‟associazionismo migrante quale soggetto promotore della salute
e quale figura capace di avvicinare la comunità, “recepirne” i bisogni e avvicinarla al servizio
sanitario. Il ruolo di Educatore di Salute di Comunità, che di fatto svolge la sua funzione partendo
dalla collettività e dal territorio, può costituire un efficace sistema di supporto alla mediazione
culturale che, conserva comunque il proprio ruolo di rinforzo all‟utilizzo dei servizi dei migranti
nell‟ambito delle strutture socio-sanitarie. Tra i servizi sanitari coinvolti, troviamo le Unità
Operative per l‟assistenza, la diagnosi e la cura dell‟infezione da HIV e AIDS.
29
Le attività relative alla possibile applicazione del modello dell‟ESC sono state progettate tenendo
conto delle indicazioni sopra descritte.
Seguendo un ordine metodologico, il modello si è sviluppato per gradi e integrando tra loro diverse
azioni mirate alla prevenzione dell‟infezione da HIV e AIDS:
-
creazione della rete tra Associazioni migranti
-
predisposizione di un corso formativo relativo anche al tema infezione da HIV e AIDS
-
esercitazione pratica di progettazione di iniziative di promozione della salute e prevenzione
HIV
-
esercitazione pratica di rilevazione delle problematiche di salute e dei bisogni informativi
-
esercitazione pratica per favorire l‟accesso dei migranti ai servizi dedicati all‟esecuzione del
test per la diagnosi di infezione da HIV
-
visite guidate presso i servizi sanitari e del volontariato impegnati sul tema delle infezione
da HIV e AIDS
Creazione della rete tra Associazioni migranti
In occasione degli incontri propedeutici al corso e all‟esercitazione pratica è possibile condurre una
indagine conoscitiva in merito ai seguenti fattori:
-
grado di conoscenza
-
diversa percezione delle problematiche relative all‟infezione da HIV
-
rilevazione dei bisogni informativi relativamente al tema e alle strutture socio-sanitarie
competenti
-
difficoltà riscontrabili all‟interno delle diverse comunità migranti a trattare il tema
-
esistenza o meno dello stigma e di discriminazioni all‟interno della comunità stessa verso le
persone con infezione da HIV e AIDS
-
possibilità di attuare attività comuni
-
tempi e luoghi per lo svolgimento delle attività inerenti l‟obiettivo 4 del progetto
Predisposizione del corso formativo
La formazione consente di integrare i vari aspetti socio-sanitari e normativi correlati al tema ed è ed
stata condotta affrontando diverse tematiche quali:
-
indicazioni e raccomandazioni europee
-
quadro normativo italiano con particolare riguardo alla legge 135 del 1990
-
descrizione delle Unità Operative dedicate delle Aziende Sanitarie Locali
30
-
sistema di sorveglianza dell‟infezione da HIV e AIDS
-
dati epidemiologici esistenti
-
accesso al test HIV
-
cenni sulla funzione del counselling pre e post test
-
cenni sul modello operativo per la comunicazione della diagnosi e per la presa in carico
della persona straniera con infezione da HIV e AIDS
-
modalità di trasmissione
-
trasmissione materno infantile
-
cenni sulla diagnosi
-
cenni clinici
-
cenni su assistenza e cura
-
cenni su adesione alla terapia
Esercitazioni pratiche
Le esercitazioni pratiche, condotte in modo da “mettere in luce” e “incentivare” le abilità personali
del partecipante al corso, hanno prodotto:
-
ideazione di eventi per la sensibilizzazione della comunità migrante al tema HIV e AIDS
(esempio: proiezione di un filmato e successiva discussione).
-
sperimentazione di mezzi di comunicazione innovativi (esempio: predisposizione di un cd
musicale) attraverso il confronto, la sinergia e l‟integrazione di diverse culture finalizzata
alla progettualità comune
-
incontri-interviste a operatori del sistema socio-sanitario e a rappresentanti della società
civile
-
rilevazione di dati, attraverso la distribuzione di questionari, per l‟indagine sui
comportamenti a rischio, sulla conoscenza, sulla informazione e difficoltà di accesso ai
servizi per la diagnosi e cura dell‟infezione da HIV e AIDS (i risultati dell‟indagine saranno
pubblicati in un report allegato al presente documento).
Alcuni concetti affrontati nel corso formativo sono stati scelti per la formazione dell‟ESC, in
quanto costituiscono temi su cui l‟Educatore può agire e intervenire.
La descrizione delle indicazioni e le raccomandazioni nazionali e internazionali ha chiarito al
partecipante al corso il significato della rilevazione statistica che avrebbe costituito
l‟esercitazione pratica e l‟attività sperimentale sul territorio ed ha alimentato la discussione e
31
l‟attenzione sul tema e sull‟importanza del proprio intervento di mediatore/educatore nella
comunità.
Riguardo alla normativa italiana, è stato possibile descrive l‟organizzazione delle Unità
Operative AIDS con livello e funzioni differenti e la possibilità di visitare delle strutture sul
territorio ha reso possibile favorire la conoscenza delle strutture dedicate e i “livelli”
organizzativi e le diverse professionalità con cui interfacciare.
Le osservazioni e le riflessioni scaturite da questi momenti di incontro riflettono molte delle
problematiche emerse in un interessante ricerca condotta qualche anno fa in Italia, a cura della
regione Veneto e in partenariato con altri cinque Paesi dell‟Unione Europea (Austria, Germania,
Grecia, Italia e Spagna). Dalla ricerca sono emerse diverse indicazioni e proposte riconoscendo
il ruolo fondamentale della mediazione culturale ma, come riassunto dagli Autori, il tema
principale evidenziato dallo studio del riorientamento dei servizi, dello status legale, della
competenza culturale, delle strategie di informazione e di come raggiungere i gruppi vulnerabili
è stato il bisogno di lavorare a stretto contatto con le comunità dei migranti.
L‟incontro tra gli operatori sanitari e il mediatore culturale-educatore consente di rilevare e
selezionare le specifiche esigenze locali, valorizzare le esperienze in atto e pregresse,
“orientare” la formazione e l‟aggiornamento stesso degli operatori socio-sanitari qualificando
l‟intervento del personale che opera a stretto contatto con i migranti.
Nello stesso tempo si rende possibile “formare” lo stesso mediatore/educatore che potrà
intervenire attraverso un approccio di sensibilizzazione/informazione diretto alla propria
comunità e non solo, con un attenzione particolare alle nuove generazioni.
Nel nostro Paese, i dati epidemiologici, che emergono dalla sorveglianza delle nuove diagnosi
di infezione da HIV, indirizzano verso l‟opportunità di concentrare l‟attenzione su alcuni gruppi
di popolazione vulnerabile, tra cui i migranti, al fine di determinare la percentuale e le modalità
di accesso al test per la diagnosi di HIV, rilevate in un numero significativo di Centri clinici
attivi nel territorio. In questo modo sarà possibile indirizzare la modalità di sperimentazione di
una strategia di offerta attiva del test.
I dati epidemiologici sull‟infezione e la conoscenza dei gruppi vulnerabili andranno utilizzati
per prendere decisioni mirate sulle modalità di offerta del test, ipotizzando diverse tipologie di
strutture (ospedaliere e non), in modo da tener conto dei bisogni specifici e delle barriere
culturali dei diversi sottogruppi di popolazione.
32
Per facilitare l‟accesso al test è importante che le caratteristiche dei servizi, come ad esempio
l‟orario di apertura o la localizzazione, siano rispondenti alle necessità del gruppo di
popolazione verso cui sono indirizzati. Nello sviluppare un servizio di test per l‟infezione da
HIV basato sulle comunità è importante concordare le strategie con le Associazioni di categoria
di riferimento.
L‟Educatore di Salute di Comunità, adeguatamente formato, è, nostro avviso, la figura idonea a
creare questo “legame” tra comunità, territorio e operatore sanitario.
Aver esposto il modello operativo per la comunicazione della diagnosi e per la presa in carico
della persona straniera con infezione da HIV e AIDS, e la funzione del counselling pre e post
test, elaborato dal Gruppo di Lavoro dell‟ Italian National Focal Point – Infectious Diseases and
Migrant
dell‟Istituto Superiore di Sanità, ha alimentato la discussione e l‟attenzione sul
processo comunicativo-relazionale e di empowerment, nonché il possibile ruolo dell‟ESC quale
supporto alla persona migrante a cui viene diagnosticata e comunicata l‟infezione da HIV e
AIDS.
Tale modello, che si ispira ai principi e alle tecniche dell‟intervento di counselling applicato
all‟ area sanitaria, è articolato in sei sezioni:
-
Accoglienza
-
Accertamento diagnostico
-
Comunicazione della diagnosi e della prognosi
-
Opzioni di trattamento
-
Continuità delle cure
-
Supporto emotivo e sociale (trasversale in ogni fase del processo).
La funzione del modello, che rappresenta una mappa utile per attivare processi appropriati di
prevenzione, diagnosi e cura rivolti alla popolazione immigrata con patologia infettiva o a
rischio di contrarne una, è quella di fornire agli operatori socio-sanitari un percorso
standardizzato che consenta di poter rispondere in modo adeguato e funzionale alla domanda di
salute posta dalla persona migrante. Il percorso proposto non va, però, inteso in senso rigido ed
immutabile, ma piuttosto come una mappa concettuale ed operativa flessibile che deve essere,
necessariamente, adattata alla singola persona, alla sua storia, al contesto socio-culturale di
appartenenza, alla specifica patologia infettiva e deve altresì consentire di potenziare al meglio
la Rete dei servizi socio-sanitari presenti sul territorio alla quale la persona-utente potrebbe fare
riferimento.
33
La finalità ultima del modello operativo è quella di costituire un protocollo di riferimento e, al
contempo, uno strumento dinamico di lavoro indispensabile per poter instaurare una relazione
professionale efficace con la persona immigrata, accompagnarla nel processo diagnostico e,
laddove necessario, in quello di cura e di assistenza della malattia infettiva contratta.
Le indicazioni dell‟ European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) in merito
all‟accesso egualitario alle terapie più efficaci evidenziano come sia necessario sostenere ed
implementare percorsi sanitari basati sulla valutazione delle specificità cliniche e psicologiche
del paziente. Al tempo stesso, è importante garantire ai pazienti l‟adeguata assistenza e supporto
psicologico per affrontare gli effetti collaterali dei farmaci e promuovere l‟aderenza alla terapia.
La versione aggiornata al 2011 delle Linee Guida Italiane sul trattamento sull‟utilizzo dei
farmaci antiretrovirali e sulla gestione diagnostico-clinica delle persone con infezione da HIV-1,
affrontano il tema dell‟aderenza alla terapia e il ruolo dei fattori sociali sull‟esito del trattamento
anche per il paziente immigrato.
Nelle considerazioni generali si riassumono alcuni punti essenziali per migliorare la diagnosi
precoce tramite:
-
campagne di informazione e prevenzione “mirate”
-
opuscoli informativi
-
accesso ai servizi sanitari anche alle persone senza permesso di soggiorno
-
servizi sanitari accessibili e orientati ad una popolazione multiculturale
-
screening per epatiti, MST e TB
l’aderenza alla terapia e qualità della vita tramite:
-
utilizzo di mediatori linguistico-culturali nelle strutture sanitarie
-
programmi di counselling transculturali specifici
-
formazione e aggiornamento degli operatori socio-sanitari
-
terapia semplificata e a monosomministrazione giornaliera
-
eventualmente terapia DOT o semi-DOT in contesti specifici: carcere, centri di accoglienza,
SerT
-
orari di apertura ambulatori flessibili
La figura dell‟‟ESC può essere funzionale a tutte le sei fasi sopradescritte del modello operativo
per la comunicazione della diagnosi e per la presa in carico della persona straniera con infezione
34
da HIV e AIDS e avere un ruolo importante in merito alla sensibilizzazione all‟accesso al test
HIV della popolazione della propria comunità e alla continuità delle cure.
In definitiva la sperimentazione del modello di intervento Artemis nell‟ambito della
prevenzione dell‟infezione da HIV e AIDS e la discussione delle diverse tematiche correlate ha
creato un percorso di sensibilizzazione e informazione rivolto alla figura dell‟Educatore della
Salute di Comunità, integrato dall‟incontro con le alcune strutture sanitarie del territorio di Prato,
Firenze e Roma che hanno riconosciuto e apprezzato l‟attivazione dei tavoli di concertazione e
delle visite guidate all‟interno delle strutture ma soprattutto l‟intento di realizzare partenariati e
patrocini per la replicabilità del modello oltre il progetto.
Per quanto concerne le esercitazioni pratiche rivolte al tema della “comunicazione” è rilevante
applicare una metodologia basata su modelli teorici che cercano di far comprendere quali fattori
psicosociali possono incoraggiare la popolazione target ad adottare comportamenti non a rischio.
Alcuni di questi modelli sono stati indicati in un progetto curato dall‟Università di Bologna e
finanziato dal Ministero della Salute, finalizzato a individuare indicazioni e strategie
comunicative per la prevenzione dell‟infezione da HIV e AIDS in diversi gruppi specifici di
popolazione tra cui i migranti.
Il coinvolgimento dell‟ESC non si limita alla traduzione e/o distribuzione di materiale
multilingue né tanto meno all‟individuazione degli spazi dove poter agire o alla funzione di
supporto per la conoscenza della popolazione target.
L‟Educatore viene formato in merito alla strategia di intervento da adottare, ne riconosce e
sperimenta egli stesso le potenzialità e l‟efficacia, ne indica le possibili limitazioni o criticità,
relativamente alla possibile applicabilità nella comunità di riferimento e, infine, è in grado di
applicare il modello, di integrarlo, orientarlo e di individuare le figure professionali e della
società
civile
che
possono
supportarlo
nell‟applicazione
pratica
dell‟intervento
di
comunicazione.
Esistono molteplici studi e progetti che hanno portato a individuare percorsi formativi, e di
comunicazione sul tema dell‟infezione da HIV e AIDS rivolti a target diversi, tra cui la
popolazione migrante.
In quest‟ultimo caso, la figura dell‟Educatore di Salute di Comunità può costituire da
“catalizzatore” delle diverse iniziative e
favorire la disseminazione sul territorio e nella
comunità agendo in modo bidirezionale da e vs la comunità, da e vs la struttura pubblica
attraverso azioni programmabili e predefinite.
35
Conclusioni
La realizzazione del progetto ha consentito la condivisione della conoscenza, di operatori,
professionisti, cittadini italiani e migranti, delle potenzialità e dei rischi per la salute propria
della comunità.
Il progetto ha puntato all‟attivazione dei diversi soggetti, proprio per far crescere la
consapevolezza di essere soggetti attivi in un sistema di “rete”, attori responsabili della del suo
funzionamento e mantenimento. La rete non può essere costituita da un sempre più vasto
sistema di servizi e soggetti fruitori, ma da un insieme di tali soggetti e servizi che si mettono in
relazione tra loro per raggiungere obiettivi condivisi.
Nella sperimentazione del modello, le donne hanno un ruolo determinante; le donne si pongono
come principali sostenitrici di programmi di promozione della salute: questo dato dovrebbe
essere preso in considerazione dai decisori politici che definiscono le risorse e gli interventi di
integrazione socio-sanitaria a livello centrale e territoriale.
Tutte le dichiarazioni internazionali, sottoscritte dai diversi Paesi, riconoscono alle donne, in
particolare quelle che appartengono a gruppi etnici, indigeni o minoritari, il diritto di
autodeterminare la propria salute e dovrebbero essere considerate come soggetti attivi nella
formulazione di una politica pubblica per la salute.
Con queste indicazioni si intende attivare un meccanismo di sensibilizzazione sui temi sanitari e
del diritto/tutela della salute tra i referenti di associazioni di stranieri che possa essere
autosostenibile. L‟obiettivo è trasferire strumenti appropriati e innescare dei processi che
permettano alle associazioni di integrare nelle loro attività associative approcci di promozione
sanitaria. Questo tipo di processo rappresenta un bagaglio culturale acquisito di forte
sostenibilità. La proposta si basa, infatti, sull‟evidenza che l‟associazionismo straniero ha un
ruolo efficace di mediazione culturale tra i propri connazionali e la società di accoglienza, e
riprende l'esperienza OIM e Ministero della Salute del progetto PRISMA, che nel 2008 ha
mostrato nell‟ambito dell‟AIDS l'efficacia di interventi realizzati dalle associazioni di stranieri
rivolti a cittadini stranieri, e la sostenibilità delle azioni.
Un‟ulteriore realizzazione di attività specifiche sul territorio e/o il coinvolgimento diretto delle
associazioni presso servizi sanitari potrà essere preso in carico da enti locali.
A questo proposito la proposta in oggetto ha previsto delle tavole di concertazione per
avvicinare la domanda/offerta tra servizi e mediatori culturali.
Le tavole di concertazione rappresentano una piattaforma per calibrare gli interventi in funzione
anche dei bisogni dei servizi, degli enti locali e delle altre strutture presenti sul territorio. Il
36
costo di future attività da realizzare sul territorio sarà quindi in base al tipo di iniziativa, e si
auspica che possa essere promosso dai servizi territoriali.
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