Trib. Roma, 23 giugno 2008 ! Il titolo di una guida gastronomica, «Il Gambero Rozzo», non è confondibile con quello «Gambero Rosso», riferito ad una rivista, a diverse guide, a un canale televisivo e ad un sito web, tutti in ambito gastronomico, in quanto si tratta di testate non confondibili, tenuto conto non solo della diversità di contenuto e di veste grafica, ma soprattutto della circostanza che la prima testata richiama l’altra in termini essenzialmente parodistici, per contrapporvisi. Va inibita con provvedimento d’urgenza la pubblicazione della guida gastronomica «Il Gambero Rozzo», in quanto vìola il marchio di rinomanza anteriore altrui, nazionale e comunitario, «Gambero Rosso», utilizzato per pubblicazioni in ambito gastronomico, atteso che la prima testata, palesemente richiamante il marchio in parola, ne sfrutta parassitariamente la fama a fini commerciali. ! III ! Letto il reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. promosso, in data 8 gennaio 2008, dalla GRH s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso l’ordinanza emessa, in data 21 dicembre 2007, dal giudice istruttore presso il Tribunale di Roma, con la quale, nell’ambito del giudizio di merito n. 77552/2006 RG, instaurato con atto di citazione notificato il 22 novembre 2006, dall’attrice GRH — società specializzata nei settori dell’editoria tradizionale, televisiva ed Internet, titolare del marchio «Gambero Rosso», registrato anche come marchio comunitario, dal 1989 (nel complesso, sei marchi nazionali, quattro internazionali, tre comunitari, uno giapponese e due statunitensi), utilizzato per contraddistinguere servizi e prodotti nel settore editoriale, diverse guide annuali ed una rivista trimestrale (dieci testate), un sito web, un canale televisivo «Gambero Rosso Channel», in onda quotidianamente sulla piattaforma Sky Italia, un immobile, adibito ad eventi ed a trasmissioni televisive, denominato «La Città del gusto del Gambero Rosso» —, è stato respinto il ricorso presentato dalla GRH, ex art. 700 c.p.c., nel settembre 2007, al fine di ottenere, in danno dei convenuti Newton Compton editori s.r.l. (di seguito, NCE) e Cambi Carlo, rispettivamente quali editrice ed autore di una guida dal titolo «Il Gambero Rozzo», sottotitolo «Guida alle osterie e trattorie d’Italia», edita dal novembre 2005, nonché di altre guide dal titolo «Gli agriturismi del Gambero Rozzo» e «Le ricette ed i vini del Gambero Rozzo 2007», edite dal 2007, un provvedimento d’inibitoria cautelare alla pubblicazione di ogni e qualsiasi guida, testo, libro, opuscolo con la dicitura «Il Gambero Rozzo», con ordine di ritiro dal commercio delle opere editoriali recanti il suddetto marchio; rilevato che, a sostegno del reclamo, con il quale si chiede, in riforma dell’ordinanza reclamata, l’integrale accoglimento delle istanze cautelari, la reclamante deduce sostanzialmente che il giudice, nel respingere la cautela, per difetto del «pericolo di confondibilità tra i prodotti editi dalle due parti», in relazione «alla palese diversità dei mercati di riferimento», e per difetto del periculum in mora, avrebbe errato, non considerando, tra l’altro, che il marchio di titolarità dell’attrice-ricorrente è forte, notorio ed utilizzato da vent’anni e che i prodotti offerti dalle parti contrapposte concernono la stessa tipologia merceologica (classe 16, prodotti dell’editoria), hanno identico o affine target di consumatori, in rapporto al bisogno del pubblico che i prodotti stessi tendono a soddisfare, identici punti vendita e che non vi è stato alcun atteggiamento d’inerzia e tolleranza di essa GRH a fronte della illecita condotta della concorrente; letta la memoria difensiva delle parti reclamate, costituitesi in cancelleria in data 25 marzo 2008, con la quale viene chiesto il rigetto del reclamo e la conferma dell’ordinanza impugnata, reiterandosi le eccezioni, proposte anche nel giudizio di merito, in ordine al fumus boni iuris, di difetto di novità, capacità distintiva e liceità dell’altrui marchio «Gambero Rosso», in quanto segno associato al concetto di «buona cucina», sin dall’opera di Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, pubblicata nel 1883 (costituendo il titolo di un paragrafo dell’opera, «L’osteria del Gambero Rosso»), ormai ampiamente diffuso nel settore del gastronomico e del commercio alimentare e tutelabile al più quale marchio debole, nonché di difetto di rischio confusorio per l’altrui marchio e testata, stante la diversità fonetica, dei canali di vendita (non essendo i libri editi da NCE venduti anche nelle edicole), di veste tipografica e di contenuti, ed in ordine al periculum, mancando nella fattispecie addirittura la prova del danno subìto dalla ricorrente-attrice; sentite le parti ed esaminati i documenti prodotti; ritenuto che la ricorrente GRH ha invocato, nel merito ed in sede cautelare, una duplice tutela del segno distintivo di cui è titolare, quella propria del marchio, anche comunitario, notorio o rinomato, e quella propria della legge sul diritto d’autore, dettata agli art. 100-102, in correlazione con l’art. 2598 c.c. ed in rapporto ai titoli delle opere editoriali; ritenuto che, in punto di periculum, effettivamente, come evidenziato dalla reclamante (malgrado peraltro il richiamo, nel ricorso di prime cure, all’art. 700 c.p.c. e non anche agli art. 131 cod. proprietà industriale e 163 l.d.a., quali inibitorie cautelari tipiche), il tempo trascorso tra la prima pubblicazione ad opera della convenuta NCE (nel novembre 2005) ed il deposito, nel settembre 2007, dell’istanza cautelare da parte dell’attrice (nell’ambito del giudizio di merito, iniziato nel novembre 2006) non assume un valore decisivo, ai fini del rigetto dell’istanza cautelare, in quanto con riguardo alla contraffazione di diritti di proprietà industriale ed intellettuale, da un lato, il pregiudizio paventato non è mai soltanto di natura economica, implicando comunque sempre il pericolo di lesione degli stessi diritti assoluti sul marchio o sull’opera dell’ingegno, e, dall’altro lato, il concetto d’imminenza (in rapporto all’avvio delle condotte illecite) va valutato in termini più ampi, tanto che l’art. 131 cod. proprietà industriale consente espressamente al titolare di un diritto di proprietà industriale di reagire, chiedendo l’inibitoria «di qualsiasi violazione imminente del suo diritto e del proseguimento o della ripetizione della violazione in atto»); ritenuto, in punto di fumus, che: — con riguardo alla tutela di cui agli art. 100-102 l.d.a. — la cui ratio va ravvisata nella funzione e capacità dei titoli e delle testate d’identificazione dell’opera, del giornale, della pubblicazione, cui ineriscono, funzione che è tanto più meritevole di tutela giuridica quanto più è intrinsecamente originale, frutto di pura fantasia e lontana dal mero richiamo contenutistico e/o strutturale del giornale o del periodico — e più precisamente di cui all’art. 102 l.d.a. (non vertendosi qui nell’ipotesi di «riproduzione» o realizzazione di una copia identica del titolo dell’opera senza il consenso dell’autore) — norma questa che estende la tutela (specificazione di quella più generale contro gli illeciti concorrenziali di cui all’art. 2598 c.c.) dei titoli e delle testate anche all’«imitazione» o realizzazione di un originale simile, non identico all’altro, laddove essa «sia atta a creare confusione di opera o di autore» —, difetta, nella specie, il fumus del rischio di confondibilità delle opere presso il pubblico, sussistente quando il lettore medio di due opere può ricollegare l’uguaglianza o somiglianza di aspetto formale (testata o titolo) degli stessi all’unicità dell’editore (Trib. Milano 7 febbraio 1983, Foro it., Rep. 1983, voce Concorrenza (disciplina), n. 105; Pret. Milano 21 giugno 1990, id., Rep. 1991, voce Diritti d’autore, n. 72), assumendo così rilievo, al di là dell’analisi delle parole usate nei titoli, i generi di appartenenza delle pubblicazioni (e quindi i «contenuti» offerti) ed il modo di presentazione al pubblico (caratteri tipografici, posizione dei titoli in copertina, sottotitoli, colori, ecc.) in rapporto alle categorie di lettori cui sono destinate (Trib. Roma 4 giugno 1993, id., 1994, I, 1615); — invero emerge, nella fattispecie, la non confondibilità dei titoli delle contrapposte opere editoriali, anzitutto per la diversità fonetica e concettuale degli stessi (essendo ben diverso il suono delle consonanti presenti ed il significato intrinseco negli aggettivi utilizzati, «rosso» e «rozzo»), valutati nel loro complesso, nonché dei frontespizi, per diverso tipo di caratteri impiegati nei due titoli, della collocazione e diversi colori delle copertine (rosso bordeaux, per la pubblicazione NCE, e bianco, con banda rossa, per la pubblicazione GRH), pure confezionate diversamente, per cui già risulta evidente, in una visione d’insieme, senza entrare nella valutazione dei contenuti, la differenza tra le due pubblicazioni, che non possono identificare lo stesso assetto editoriale (profilo da prendere in considerazione nella verifica del rischio di confusione per il pubblico), pur non potendosi anche parlare, sotto il profilo contenutistico, di diversità di specie tali delle contrapposte opere e di un bacino di fruitori così diverso, da escludere, in radice, ogni fenomeno confusorio (essendovi anche indicazione, nelle ultime edizioni delle contrapposte guide, di locali di ristorazione rientranti nella stessa fascia di prezzo, sotto i trenta euro, ed essendo in ogni caso i prodotti editoriali rivolti alla stessa clientela, essendo diretti a soddisfare i medesimi bisogni, l’informazione in merito ad esercizi commerciali dove poter gustare la c.d. «buona cucina», Cass. 4295/97, id., Rep. 1997, voce Marchio, n. 99); — peraltro, con riguardo alla tutela del diritto d’autore, il titolo di un’opera elaborato in termini parodistici (con apparente richiamo al titolo dell’opera parodiata ma al fine di contrapporvisi, in senso comico-burlesco, per significato), laddove si caratterizzi per valenza autonoma ed originalità, è stato considerato lecito e meritevole di tutela, in quanto l’agganciamento all’opera altrui, pur latamente di tipo parassitario, non è concorrenziale e dunque non le sottrae mercato, a causa dell’intrinseca contrapposizione dei contenuti delle distinte opere (Trib. Milano 29 gennaio 1996, id., 1996, I, 1426; Trib. Milano 15 novembre 1995, id., Rep. 1996, voce Diritti d’autore, nn. 67, 90, 119; 1° febbraio 2001, id., Rep. 2002, voce cit., n. 76; ove si evidenzia come l’opera parodistica non rappresenta una mera elaborazione creativa ai sensi dell’art. 4 l.d.a., necessitante del consenso dell’autore, quando si pone «in rapporto di radicale antinomia e di rovesciamento concettuale rispetto all’opera di derivazione»); — con riguardo invece alla tutela del marchio notorio o rinomato — quale può considerarsi, ad avviso del collegio, il segno «Gambero Rosso», di titolarità della GRH (segno comunque valido, per novità e capacità distintiva, contrariamente a quanto eccepito dai resistenti-convenuti, essendo originale l’accostamento dei due termini ad opere editoriali, le guide ed il canale televisivo, anzitutto, che trattano del mondo della cucina, in senso ampio), per durata (circa vent’anni), investimenti pubblicitari ed estensione dell’utilizzo, nel settore dell’editoria, soprattutto grazie al canale televisivo, i cui programmi e servizi hanno, da alcuni anni, diffusione mondiale — deve farsi richiamo all’art. 9, lett. c), del regolamento sul marchio comunitario (che contempla il diritto del titolare del marchio comunitario di vietare a terzi, senza il suo consenso, l’uso in commercio di «un segno identico o simile al marchio comunitario per prodotti o servizi che non sono simili a quelli per i quali questo è stato registrato — ma anche per prodotti o servizi affini secondo l’interpretazione elaborata dalla Corte di giustizia; Corte giust. 9 gennaio 2003, causa C-292/00, Davidoff, id., Rep. 2003, voce Unione europea, n. 1428, e 23 ottobre 2003, causa C-408/01, Adidas-Salomon e Adidas Benelux, id., 2004, IV, 395 —, se il marchio comunitario gode di notorietà nella Comunità e se l’uso del segno, senza giusto motivo, consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio comunitario o reca pregiudizio agli stessi») ed all’art. 20, lett. c), cod. proprietà industriale (che contempla parimenti il diritto del titolare del marchio nazionale di vietare a terzi, salvo proprio consenso, l’uso nell’attività economica di «un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, se il marchio registrato goda nello Stato di rinomanza e se l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio comunitario o reca pregiudizio agli stessi»); — la tutela del marchio, comunitario o nazionale, notorio o rinomato, estendendosi anche ai prodotti o servizi non affini, con superamento del principio di specialità, c.d. tutela ultramerceologica, prescinde da un’eventuale confusione (essendo pacifico che, nel caso dei marchi notori o rinomati, marchi anche definiti come «collettori di clientela», per la forza attrattiva che li caratterizza, il pubblico interessato spesso, pur accostando i segni in conflitto ed essendo attirato dal nuovo marchio in quanto identico o simile al marchio anteriore, notorio o rinomato e dunque già memorizzato, non li confonde e non crede che i prodotti o i servizi provengano dalla stessa fonte produttiva) e può essere invocata soltanto quando l’appropriazione ingiustificata del marchio altrui può determinare, per l’usurpatore, un indebito vantaggio o per il titolare del marchio anteriore un pregiudizio (v., da ultimo, come giurisprudenza comunitaria, Trib. I grado 22 marzo 2007, causa T-215/03, id., 2007, IV, 384, e 16 aprile 2008, causa T-181/05, id., 2008, IV, 442); — essa scatta dunque in presenza di una serie di condizioni cumulative, a) l’identità o la somiglianza dei segni in conflitto, b) l’esistenza della notorietà del marchio anteriore e c) la sussistenza di tre tipi di rischio, non necessariamente effettivo ed attuale ma «futuro e non ipotetico», da considerarsi alternativamente tra loro, correlati all’altrui uso, «senza giusto motivo», del marchio: il rischio di un pregiudizio al carattere distintivo del segno anteriore (ovvero di sua diluizione o graduale erosione, che può verificarsi allorché, a causa della dispersione dell’identità e del potere di attrazione sulla coscienza del pubblico, il «marchio anteriore non risulta più in grado di suscitare un’immediata associazione con i prodotti per i quali è stato registrato ed utilizzato», Trib. I grado 25 maggio 2005, causa T-67/04, id., Rep. 2007, voce cit., n. 2122), quello di un pregiudizio alla notorietà del marchio anteriore (che si verifica quando i prodotti o i servizi oggetto del successivo segno, per caratteristiche o qualità intrinseche potenzialmente lesive, esercitano un’influenza negativa sull’immagine del marchio anteriore notorio o rinomato, identico o simile) o infine il rischio di un indebito vantaggio del secondo segno (che ricorre quando il nuovo segno sfrutta la notorietà del primo, cosicché la commercializzazione dei prodotti da esso designati è facilitata dall’associazione con il marchio anteriore notorio o rinomato e con la sua immagine e le sue caratteristiche); — nella fattispecie, i segni in conflitto (ed il titolo identificante opera editoriale, commercializzata, può essere associato al marchio che identifica un prodotto), pur non identici, sono simili, per identità di uno dei due termini utilizzati («Gambero»), avente valenza individualizzante e distintiva, accostato, rispettivamente, agli aggettivi «rosso» e «rozzo», che, pur di senso ben distinto, hanno in comune la sillaba iniziale e la vocale finale, con conseguente indubbia evocazione nel secondo segno del primo, anteriormente utilizzato e notorio (essendo probabile che il pubblico, di fronte alle guide denominate «Il Gambero Rozzo», pensi anche a quelle edite da GRH, contraddistinte dal titolo «Gambero Rosso»), ed è stata dimostrata, sia pure in fase di cognizione sommaria (essendo il giudizio di merito ancora da istruire) anche la ricorrenza del terzo elemento necessario per la tutela, il rischio futuro e non ipotetico di un indebito vantaggio; — invero, allo stato, il titolo utilizzato nelle guide edite da NCE, «Il Gambero Rozzo», pur non risultando avere cagionato, anche in difetto di dimostrazione di un’influenza negativa sul segno notorio correlata a qualità potenzialmente lesive delle opere edite da NCE, un pregiudizio alla notorietà e forza attrattiva o alla capacità distintiva del marchio «Gambero Rosso», che anzi, nel corso degli anni, si sono semmai accresciute, con incrementi costanti delle vendite delle guide e degli ascolti del canale televisivo, ha tuttavia consentito all’iniziativa editoriale concorrente di acquisire, nell’immagine del pubblico, il prestigio, le caratteristiche e qualità positive delle altrui opere editoriali, contraddistinte dal marchio anteriore simile; — indubbiamente il pubblico di riferimento, pur non confondendo la fonte produttiva delle distinte, ma affini, opere editoriali — emergendo anzi che le pubblicazioni in contestazione hanno voluto, quantomeno nella fase iniziale, con voluta storpiatura del titolo (il termine «rozzo» evoca comunque, in lingua italiana, gusti e modi non certamente raffinati ma semplici e rustici), quasi differenziarsi e contrapporsi alle guide del «Gambero Rosso», privilegiando esclusivamente il settore della cucina tradizionale italiana, offerta nelle osterie, trattorie e pizzerie, ad un costo contenuto per coperto (intorno ai quaranta euro, pur con alcuni casi di costo superiore, evidenziati dalla reclamante, nell’ultima edizione, del 2007-2008) —, ha subìto un’influenza significativa proprio correlata all’associazione della guida «Il Gambero Rozzo» (non a caso così denominata, anziché, ad es. «L’aragosta rozza») alla ben più nota collana di opere dal titolo «Gambero Rosso» ed alle sue caratteristiche positive (anzitutto in termini di serietà e competenza nella selezione degli esercizi), così svelando l’intento di sfruttamento della fama altrui a fini commerciali (essendosi, nella specie, al di fuori di ipotesi di semplici manifestazioni del pensiero, ai fini dell’esercizio del diritto di critica o di satira, in quanto lo scopo delle opere contestate non è certo quello di deridere o criticare l’opera parodiata, le guide del «Gambero Rosso», quanto quello di sfruttarne alcuni elementi per creare un prodotto concorrente sul mercato e che non ne rappresenta affatto un sostanziale rovesciamento) e di parassitismo ovvero di approfittamento dei valori acquisiti dall’altrui segno da parte dei resistenti; ritenuto che pertanto il reclamo va accolto, con inibitoria ai resistenti-convenuti all’utilizzo ed alla pubblicazione di qualsiasi guida, testo, libro, opuscolo, con la dicitura «Gambero Rozzo», misura questa ritenuta sufficiente nella presente fase cautelare.