ANNO 2 N° 4 Luglio/Agosto CSV Magazine Informazione e attualità del Centro Servizi al Volontariato della provincia di Catanzaro 2008 L’estate appena trascorsa delle associazioni Attivato lo sportello di Lamezia Terme Testimonianze dal Rimini Meeting CSVM 2 2008 Periodico di informazione del CSV Catanzaro, Centro Servizi al Volontariato della provincia di Catanzaro. Registrazione Tribunale di Catanzaro N° 8 del 10 settembre 2007 Anno 2 - numero 4 - luglio/agosto 2008 Direttore Editoriale: Caterina Salerno In questo numero: 3 4 Direttore Responsabile: Benedetta Garofalo Gruppo di lavoro redazionale: Maria Bombara Pietro Caroleo Maria Cittadino Carla Cosco Carlo Crucitti Giulia Menniti Giuseppe Merante Stefano Morena Hanno collaborato a questo numero: Licia Aquino Karin Maria Faistnauer Catanese Alessandra Fulciniti (T.D.D.M) Maria Cocetta Infuso Milena Manili Franco Montesano Antonio Saffioti 6 Nel recupero del valore intrinseco del volontariato sta la “mission” dei Centri di Servizio UNO SGUARDO SU... Insieme per convivere con la disabilità Terza parte ANGOLO DELLE ASSOCIAZIONI Il miracolo della nascita e l’impegno dell’associazione “Acquamarina” 7 La diversità è sempre una ricchezza 9 Cena sociale dell’associazione “Sacro cuore” 10 Il ventennale dell’ARCAT nella provincia di Catanzaro 12 L’estate dei volontari del gruppo Emmaus 13 NOVITÀ DAL CSV Finalmente attivato lo sportello territoriale di Lamezia Terme 14 PUNTI DI VISTA A come Antropologia 16 PROMOZIONE La piazza: luogo di svago e di incontro Foto di copertina, Gruppo Emmaus di Catanzaro Fotografie: Carlo Crucitti CSV Catanzaro Emmaus Gruppo Arcat Progetto Grafico e impaginazione: Studio Pingitore.it Stampa: Grafiche Abramo, Catanzaro Editore: CSV Catanzaro Direzione e Redazione: CSV Catanzaro, Centro Servizi al Volontariato della provincia di Catanzaro. Via Fontana Vecchia 88100 Catanzaro Tel. (+39) 0961.794607-794522 Fax. (+39) 0961.480168 [email protected] www.csvcatanzaro.it 18 La pubblicazione è stata realizzata grazie al contributo di: Fondazione Cariplo Fondazione Compagnia di S. Paolo Fondazione Ente Cassa di Risparmio di Roma Fondazione Carical Istituto Banco di Napoli Ente Banca Nazionale delle Comunicazioni attraverso la ripartizione assegnata dal Co.Ge. Comitato di Gestione Fondo Speciale per il volontariato della Calabria La collaborazione si intende aperta a tutti e a titolo gratuito - Dattiloscritti, manoscritti e foto, anche se non pubblicati, non verranno restituiti - I diritti di proprietà artistica e letteraria sono riservati al CSV Catanzaro. I contributi devono pervenire in formato elettronico in tempo utile alla pubblicazione e comunque prima della chiusura in stampa. Per ulteriori dettagli contattare la redazione via e-mail: [email protected] o contattare il referente al n. 335.7808186. 21 DAL RIMINI MEETING È nella riscoperta del proprio essere “unico e irripetibile” che si diventa protagonisti CONSULENZA Il 5 per mille: gli obblighi introdotti dalla legge 244/2007 Servizi del CSV di Catanzaro Comitato di Gestione dei Fondi Speciali per il Volontariato (L. 266/91) Regione Calabria CSVM 3 Nel recupero del valore intrinseco del volontariato sta la “mission” dei Centri di Servizio l volontariato vive un momento di particolare attenzione. Ritengo che ciò sia dovuto ad una serie di fattori sui quali il volontariato stesso deve riflettere per elaborare un pensiero comune e, conseguentemente adottare una adeguata strategia di azione. Ed in particolare in un territorio periferico come il nostro, dove la cultura del volontariato muove a mio parere i primi passi, nonostante le attività di natura solidale siano presenti da tempo. In primo luogo, non va dimenticato che, a mio parere, è stata la crisi dello Stato sociale, e conseguentemente, la riduzione di spesa pubblica (dello Stato e degli enti locali) nei servizi sociali a far convogliare l’attenzione sul volontariato: questo stato di cose ha fatto si che proprio le Istituzioni, deputate a dare risposte ai bisogni più urgenti delle fasce deboli della popolazione, iniziassero a guardare con un certo interesse all’impresa sociale prima (capace di erogare quei servizi a costi significativamente minori con eguale se non maggiore qualità), e al volontariato poi, via via che le risorse sono andate sempre più assottigliandosi.. In conseguenza di ciò, è andata gradualmente aumentando la “domanda “ di volontariato, non solo da parte dei cittadini, ma anche delle Istituzioni: con la conseguenza che, come spesso succede nel mercato, la maggiore domanda ha determinato una maggiore offerta e quindi il formarsi di una miriade di Associazioni, spesso addirittura sollecitate nella loro costituzione dalle pubbliche amministrazioni. Queste ultime, infatti, hanno offerto le prestazioni dei loro associati per supplire alle inadempienze istituzionali, fino ad arrivare al paradosso del loro coinvolgimento anche in servizi sostitutivi della polizia urbana o per la lettura dei contatori dell’acqua, che poco o nulla hanno a che vedere con quelle attività che storicamente costituiscono il terreno di azione ed elaborazione culturale del volontariato: la tutela dei diritti delle fasce deboli, la cultura,le azioni di cittadinanza attiva. Tale deriva rispetto alla mission del volontariato ha determinato in quale modo una perdita di identità, da cui ha tratto origine una pericolosa tendenza a considerare l’attività di volontariato una specie di attività lavorativa di secondo o terzo livello (in particolar modo in territori di consolidata crisi I occupazionale) o addirittura la possibile anticamera di un lavoro vero e proprio. Tendenza alimentata ed incoraggiata dall’introduzione della pratica del “rimborso spese forfettario”, che ha fatto sfumare quello che è il valore principe del volontariato, ovvero la GRATUITÀ delle prestazioni, e con esso la sua credibilità intrinseca. Accanto a questo, per fortuna, la crisi dello Stato sociale ha determinato anche il nascere ed il consolidarsi di un Volontariato attento, responsabile, consapevole delle attese che in esso ripongono tutti coloro che non hanno voce, e che chiedono ascolto e tutela perché abbandonati ed inascoltati, oltre che della necessità di organizzarsi, di formarsi adeguatamente per dare risposte efficaci, di fare rete per essere più efficace. Geloso del valore della gratuità quale elemento fondante della sua azione, e perciò credibile quando sollecita, denuncia, opera. Un volontariato deciso a non rinunciare alla sua mission, che è prima di tutto culturale, nel senso che ogni sua azione va oltre il beneficio immediato del suo fruitore, essendo tesa a determinare un cambiamento delle condizioni di miseria sociale che quel bisogno ha generato, ed a richiamare ognuno, in qualsiasi ruolo si trovi ad operare, alle sue responsabilità di cittadino prima ancora che a quelle di amministratore o di gestore dei beni comuni. Questo volontariato, oggi, può valorizzare le opportunità offerte ed intervenire strutturalmente per un cambiamento socio culturale del territorio, utilizzando al meglio le risorse di cui potrà disporre anche per riscattare se stesso dalla sudditanza e dal bisogno che rischia di fargli perdere voce. I Centri di Servizio al Volontariato sono nati per questo, ed alla loro missione sono destinate le risorse che consentono l’attività di sostegno, promozione e valorizzazione del volontariato. A questo volontariato, di cui rappresentano “la casa”, i CSV intendono dare tutto il loro supporto per diventare fattore di cambiamento e di crescita sociale, come ogni cittadino si aspetta. Avv. Caterina Salerno Presidente CSV Catanzaro CSVM 4 Benedetta Garofalo Addetta stampa CSV Catanzaro Uno sguardo su... 3ª PARTE Insieme per convivere con la disabilità L’associazione di genitori volontari “Il Girasole” opera da tempo a Lamezia Terme per costruire un futuro ai ragazzi con disabilità I ragazzi de Il Girasole si preparano alla festa di Halloween insieme ai loro educatori S ambiase - Si incontravano ogni giorno al Centro di Riabilitazione presso cui accompagnavano i propri figli. E tra un’attesa e l’altra, hanno cominciato a confidarsi l’un l’altro le proprie angosce, legate all’essere genitore di un bambino con disabilità. La condivisione delle difficoltà quotidiane, e dell’ansia determinata da prospettive riguardanti il futuro inserimento sociale dei loro ragazzi per nulla rosee, ha fatto poi tutto il resto: l’associazione di volontariato “Il Girasole” è infatti divenuta realtà nel 1992, e da allora ha continuato a rappresentare un punto di riferimento nella città di Lamezia Terme per quanti vivono l’esperienza dell’handicap. Il progetto di auto-aiuto “Aiutare ad Aiutarsi”, la partecipazione all’attuazione di diverse politiche dell’handicap perseguite da istituzioni ed associazioni, e l’apertura di uno sportello informativo e di consulenza, ne costituiscono un esempio: gli attuali ventitrè soci de “Il Girasole”, infatti, sanno di poter contare l’uno sull’altro, e che ognuno di loro rappresenta un petalo dell’enorme girasole in cerca di luce. La loro amicizia, nata anche per necessità quasi vent’anni fa, è sempre più salda, nonostante gli enormi ostacoli incontrati lungo il cammino abbiano più volte gettato ciascuno di loro nello sconforto: ma poi è bastata la parola di incoraggiamento di un altro genitore che vive la stessa situazione per risollevarsi e andare avanti. I loro figli, divenuti nel frattempo grandi (quasi tutti non sono più in età scolare, ed alcuni sono ormai trentenni), hanno formato dei gruppi suddivisi per età e patologie ben consolidati, e desiderosi di portare a termine tutti insieme, con l’aiuto di educatori esperti, attività ludico-ricreative e manuali. Noi del “CSV Magazine” li abbiamo colti mentre eseguivano con fantasia lavoretti con la sabbia, in vista della festa di “Halloween”: l’incontenibile entusiasmo, unito alla curiosità di conoscere e di osservare gli inaspettati visitatori, metteva in secondo piano le loro disabilità mentali, più o meno evidenti. Ora, però, le attività del secondo grup- CSVM 5 Uno sguardo su... po rischiano di essere interrotte a causa della mancata copertura di alcuni turni settimanali: il venir meno del prezioso apporto dei ragazzi del servizio civile, infatti, priva gli operatori dell’associazione della possibilità di venire incontro alle esigenze degli assistiti ricadenti in quel gruppo, e contribuisce a rendere ancora più complicato l’intero stato di cose, già acuito dall’inidoneità dei locali in cui “Il Girasole” opera da tempo. Nella sede di piazza Diaz, a Sambiase, non ci sono spazi all’aperto in cui i ragazzi con disabilità possano liberamente muoversi, fare attività fisica o dedicarsi, ad esempio, al giardinaggio: “L’aver stipulato una convenzione con il comune di Lamezia Terme nel ’98 ci ha consentito - oltre che di utilizzare i locali di quello che una volta era un istituto scolastico - di realizzare le varie iniziative di animazione, volte a potenziare le capacità dei ragazzi, che il progetto “Aiutare ad Aiutarsi” prevedeva - chiarisce a noi del “CSV Magazine” la vicepresidente dell’associazione Rosanna Pullia, in rappresentanza della presidente Stefania Franzì – Di strada, da allora, ne abbiamo fatta tanta: attraverso la convenzione, le donazioni di privati e lo stesso impegno economico di noi genitori, i ragazzi dell’associazione hanno raggiunto grandi traguardi. Ma ora confidiamo in un aumento della convenzione per continuare ad operare con maggiore incisività, al fine di inserire i nostri ragazzi in un progetto che possa avviarli al futuro”. Molti dei successi ottenuti negli anni, d’altronde, sono frutto di gare di solidarietà tra gli stessi concittadini (come è avvenuto per l’iniziativa benefica, dell’Epifania di qualche anno fa, “Un pulmino nel calzino”, a seguito della quale si è potuto acquistare un pulmino attrezzato per i disabili) e della collaborazione di altre associazioni (più volte i ragazzi hanno vissuto l’esperienza della minicrociera, delle giornate al mare e all’Acqua Park e delle gite sociali). Le prove di creatività, i momenti di socializzazione, e anche il solo recarsi al cinema e al teatro o ai negozi a fare shopping a cui periodicamente si affiancano i corsi di alfabetizzazione per il computer e le lezioni di nuoto alla piscina comunale – sono vissuti, inoltre, come concrete opportunità di crescita verso l’acquisizione di una completa autonomia: inoltre, con l’adesione a “L’Altra Casa” della comunità “Progetto Sud” di qualche anno fa, si è provveduto a ricostruire all’interno dei locali dell’associazione un ambiente domestico, quasi familiare, affinché ognuno si impegnasse a riordi- ... i genitori volontari de “Il Girasole” vogliono rendersi protagonisti nel percorso intrapreso dai loro figli per il conseguimento di una, anche minima, autonomia nare una stanza o si dilettasse a cucinare come a casa propria. Sapersi destreggiare nelle piccole cose appartenenti alla quotidianità, rappresenta invero un grosso risultato per questi ragazzi e per i loro genitori: “Molti passi in avanti sono stati fatti rispetto a venti anni fa- prosegue la Pullia, affiancata da Giuseppe Saffioti, Paolina Filippa e Giovanna Manfredi, aventi precisi compiti all’interno dell’associazione – Nel passato ci si doveva battere per avere l’insegnante di sostegno, ora per fortuna le cose sono cambiate. Ma tutto diventa più difficile nell’età post-scolare, in cui si medita sul reale futuro di questi ragazzi. Il pensiero del “dopo di noi”, infatti, comincia ad essere assillante”. Ed è per mantenere in esercizio i Il Girasole” è infatti divenuta realtà nel 1992, e da allora ha continuato a rappresentare un punto di riferimento nella città di Lamezia Terme per quanti vivono l’esperienza dell’handicap figli più che ventenni, ed assicurare loro opportuni strumenti formativi ed abilitativi, che questi genitori portano avanti senza mai stancarsi la “mission” dell’associazione: ciascuno di loro, infatti, rifiuta l’idea del figlio ricoverato in qualche struttura al momento in cui non ci sarà più chi l’ha messo al mondo. “Purtroppo molte famiglie nemmeno si pongono tale problema – ribadiscono all’unisono i genitori presenti- Alcuni genitori hanno ancora delle resistenze ad affrontare la questione del “dopo di noi” o rifiutano l’idea di un futuro di emarginazione per il loro figlio con disabilità. È un problema culturale”. Quel che è certo è che i genitori volontari de “Il Girasole” vogliono rendersi protagonisti nel percorso intrapreso dai loro figli per il conseguimento di una, anche minima, autonomia: e l’esempio di Antonio Saffioti, figlio di Giuseppe, fa loro da sprone, pur essendo la disabilità fisica, da cui il giovane è affetto, ben diversa da quella mentale. Antonio, infatti, si occupa personalmente dei corsi di formazione, ha anche partecipato alla discussione per i Piani di Zona comunali, ed è attualmente responsabile, per conto dell’associazione, dello Sportello Osservatorio Scuola che ha sede presso la “Fish Calabria”: “Tante sono le segnalazioni, aventi ad oggetto l’assistenza scolastica o la carenza di sussidi all’interno delle scuole, che pervengono allo Sportello- spiega Antonio con un pizzico di orgoglio- I genitori di studenti con disabilità si rivolgono a noi per farsi consigliare: tempo fa, ad esempio, siamo intervenuti per consentire ad una ragazza di essere accompagnata fino a scuola con l’autobus. Prima, infatti, l’autobus non arrivava fino a lì”. E mentre ci prega di far pubblicare i recapiti dello Sportello (0968/25079), il sito e l’indirizzo mail dell’associazione: (www.girasoleassociazione.org [email protected]), Antonio non sembra avere alcun dubbio sul suo futuro: continuerà ad occuparsi degli altri, magari facendo l’avvocato (è laureato in Scienze Giuridiche e sta continuando a studiare per la specializzazione), e non consentirà alla sua inseparabile sedia a rotelle di limitare oltremodo la sua vita. Di certo essa non è riuscita a intaccare il suo bellissimo sorriso! (3- continua) CSVM 6 angolo delle associazioni Il miracolo della nascita e l’impegno dell’associazione “Acquamarina” N el 1988, per volontà di un gruppo di Ostetriche operanti presso l’Ospedale A. Pugliese di Catanzaro, nasce un’associazione senza scopo di lucro denominata Centro Studi Nascita Attiva, con l’obiettivo fondamentale di promuovere una cultura della nascita in cui le donne e la coppia sono i veri protagonisti. L’Associazione ha lavorato per molti anni organizzando corsi di formazione, conferenze pubbliche, corsi pre – parto per coppie, anticipando quello che poi è stato messo in atto dal servizio pubblico. Tale esperienza ha avuto la sua naturale conclusione nel 1995, quando si è deciso di fermarsi a riflettere sull’evoluzione delle dinamiche familiari e sociali nel Nostro Sud, dove pian piano è venuto a modificarsi il tessuto familiare e l’impianto tradizionale della famiglia, con la nascita di nuove problematiche relative al nuovo nato e al suo inserimento all’interno della famiglia (si pensi alle forti depressioni che colpiscono le madri giovani e meno giovani, quasi che una delle gioie più grandi della vita possa trasformarsi in un peso che non si riesce a sopportare). In tale ottica e con le medesime finalità, dopo circa 10 anni, si vuole riproporre l’esperienza del Centro Studi, con la novità di coinvolgere operativamente la coppia in quanto la nascita è un evento emozionale, sessuale, sociale, che influenza profondamente la vita dell’essere umano. Nasce così nel 2006 l’Associazione di volontariato Acquamarina, che già nel nome contiene i suoi principi ispiratori richiamandosi al blu acquamarina, che è anche il colore dell'acqua con le sue proprietà vitali e che suscita sentimenti di simpatia, fiducia, armonia e amicizia. I soci fondatori sono operatori del setto- CSVM 7 angolo delle associazioni re materno infantile, mamme e papà convinti che il modo di nascere, e successivamente di essere allevato, influenzi profondamente la vita dell’essere umano perché la nascita è un evento di tale importanza che se ben vissuto rinsalda quei legami che vincolano gli esseri umani tra loro, in seno alla famiglia e alla società. L'associazione, quindi, persegue finalità di solidarietà sociale ed educative nel campo dell’assistenza sociale e socio – sanitaria in favore di famiglie, giovani coppie e di donne che versano in situazioni di svantaggio culturale, sociale e psichico. Per il conseguimento dei propri scopi, fondamentale è il lavoro di messa in rete tra i servizi socio-sanitari del territorio e di tutte quelle organizzazioni che si occupano, a vario titolo, della famiglia, e che l’associazione persegue attraverso la promozione di momenti di studio del contesto sociale per fare emergere i bisogni, al fine di trovare risposte sostenibili alla carenza di modelli di riferimento relativi alla nascita, all’allattamento ed al calore familiare tipici dell’attuale società. Attualmente l’associazione è partner nel progetto di Servizio Civile promosso dall’Amministrazione provinciale “S.o.S. Donne in difficoltà” con il compito di individuare e segnalare donne che hanno bisogno di sostegno e di accompagnamento alla genitorialità. L’altro fronte su cui l’associazione è impegnata quale capofila è la realizza- zione del progetto “Da Mamma a Mamma” finanziato dal CSV di Catanzaro, con il partenariato della Fondazione Calabria Etica, dell’ASP di Catanzaro Dipartimento materno-infantile, dell’Associazione L’Acchiappasogni di Catanzaro Lido e di Cittadinanzattiva Tribunale Diritti del malato. Il progetto mira a creare una rete di solidarietà tra le mamme attraverso la realizzazione dello sportello “Da Mamma a Mamma”, all’interno del Punto nascita, di prossima apertura. Licia Aquino Giulia Menniti LA DIVERSITÀ È SEMPRE UNA RICCHEZZA Karin Maria Faistnauer Catanese e le volontarie dell’Associazione “Donne e Futuro” E ra il ’92 quando io e Bianca Lillo avevamo deciso di fondare un’Associazione per “qualificare e valorizzare il ruolo della donna nella ristretta cerchia familiare, dove il suo contributo è ancora troppo spesso sottovalutato”. Avevamo notato che c’erano tante Associazioni diverse ma non ne trovammo una che portava avanti la crescita della donna come donna: moglie, madre, figlia, amica, casalinga… Lo statuto era pensato come una magna carta. Già allora scrivemmo della donna calabrese: “proiettandola come cittadina europea”, quando dell’Europa ancora si parlava poco. Avevamo chiesto a Don Natale Colafati un’aula nella sua nuova Parrocchia a Lamezia Terme e iniziammo nel salone della chiesa della Beata Vergine Maria con un incontro informale tra un gruppo di amiche per presentare la nostra idea. Siamo stati accolti con entusiasmo e il nostro piccolo gruppo si è subito allargato per arrivare a tuttora a quaranta socie. La prima manifestazione organizzata dalla neo Associazione aveva come tema “Essere donna oggi”, titolo pensato da Don Natale per un evento in Parrocchia, organizzato in occasione della Festa della Donna, a cui pensammo di associare una festa di beneficenza. Un centinaio di donne parteciparono; fu un successo strepitoso, una famiglia in difficoltà fu aiutata. Ecco, l’essere donna da sempre e di sempre: allacciare rapporti, cucinare, festeggiare, aiutare. Per Natale avevamo organizzato una mostra–mercato che ha lasciato il nostro vescovo di allora, Mons. Vincenzo Rimedio, senza parole; ci ha fatto i complimenti per la nostra capacità di organizzare e mettere insieme donne di ogni estrazione sociale con capacità artistiche diverse, dalla pittura, alla preparazione di dolcetti, miele e marmellate, fino alle sciarpe tessute al telaio, i vetri dipinti, i fiori di carta, le palline patchwork per l’albero di natale, le tovaglie dipinte e ricamate, per ricordare soltanto qualcuna delle diverse attività. Con Alda Cianflone, la “nostra” psi- CSVM 8 angolo delle associazioni cologa cofondatrice di “Donne e Futuro”, avevamo iniziato un corso di auto-aiuto Rogeriano proprio il giorno del mio compleanno a casa mia; quando furono poi pronte le aule catechistiche ci siamo trasferiti in chiesa. Questi incontri si sono protratti per diversi anni e hanno aiutato tutte le partecipanti nella crescita personale. Iniziammo anche subito con gli incontri di cucito: tre volte alla settimana; invece di cucire ognuno da sola a casa, cucivamo insieme in Parrocchia. La lettura di libri con discussione, l’uscita serale per mangiare la pizza, i convegni su tematiche attinenti al mondo femminile, le mostremercati, tutto questo ha sicuramente portato al senso autentico di appartenenza a questa piccola Associazione che si era prefissa già di partenza dei risultati altissimi, che la contraddistinguono ancora oggi. Intanto con mia sorella Ulrike, a Innsbruck, parlavamo sempre di come si sarebbe potuto portare “la Calabria” in Austria. E sempre nel ’92, iniziando a frequentare la Chiesa, mi ero accorta delle donne zingare e così mi sono interessata del loro mondo. Gli “italiani” sostenevano che “a loro piace vivere così” e Bianca, allora Presidente dell’Associazione, mi diceva che “come noi non ci fidiamo delle donne zingare così loro non si fidano di noi”, e mi consigliò di parlare con Fernando Davoli, Presidente dell’Associazione “La Strada” che da anni lavorava con i bambini e ragazzi zingari della nostra città; e infatti, lui era d’accordo con me, si doveva fare qualcosa per le donne di questo popolo perché vivono situazioni molto difficili. Nel ’97 ho iniziato ad instaurare dei rapporti con loro sulla strada e ho iniziato a studiare sistematicamente il fenomeno “zingaro” di Lamezia Terme e nel resto del mondo. Nel 2002, nelle aule catechistiche della Parrocchia del Rosario abbiamo iniziato con un corso di cucito per donne zingare. Al primo incontro erano venute in due, al secondo incontro erano in dieci, la terza volte erano in quaranta tra donne, bambini e qualche marito. Certo, c’era il trucco… Avevo prospettato il corso come un lavoro con una retribuzione di generi di prima necessità del valore di mille lire per ogni incontro. Serafina, la sarta, mi raccontava che lei da sempre cuciva per le zingare e aveva anche cercato di insegnare loro qualcosa ma erano “troppo pigre” per applicarsi; intanto mi ero accorta che anche le ragazze più grandi e le donne adulte coloravano con piacere i quaderni che portavo per i numerosi bambini piccoli sempre a seguito delle loro mamme e così ho capito che queste donne, essendo ancora tutte analfabete, appartengono ad un popolo arcaico. La loro cultura nomade non ha permesso che esse acquisissero le nozioni teorichelogiche del nostro mondo post-moderno e perciò vivono accanto a noi come bambini in mezzo agli adulti. Il disagio esistenziale porta oggi questo popolo a disprezzare la propria origine e a desiderare di essere “taliani”, non sapendo che di fatto lo sono già. Loro sono zingari italiani, calabresi più di tanti calabresi, essendo arrivati dalla Grecia nel ‘400; fino a pochi anni fa nomadi, hanno ancora nel profondo del loro essere la cultura orale e animistica, hanno delle capacità artistiche e una sapienza millenaria che nella loro emarginazione e povertà non riescono più a vedere, meno che mai a valorizzare. Sempre nel 2002, nella prima settimana di agosto abbiamo portato per la prima volta “la Calabria” a Innsbruck. Mia sorella aveva intanto aperto un Cafe & Pub e ci ospitava volentieri per far conoscere “il problema zingaro” e il nostro Facendo conoscere il nostro lavoro con gli “zinghiri” siamo già stati invitati a Innsbruck a partecipare a Convegni e ad organizzare Mostre. progetto su come migliorare una situazione difficile ovunque. Abbiamo portato i prodotti calabresi, dagli antipasti, al vino, olio, miele e marmellate, alle ceramiche, cesti e tessiture fino all’offerta turistica, tutte attrazioni nuove per gli abitanti e i numerosi ospiti di Innsbruck. In questi anni sempre più tirolesi sono venuti a trovarci in Calabria e il loro entusiasmo fa una pubblicità impagabile a questa bellissima regione che perfino i propri abitanti non conoscono fino in fondo. Facendo conoscere il nostro lavoro con gli “zinghiri” siamo già stati invitati a Innsbruck a partecipare a Convegni e ad organizzare Mostre. Ormai da sedici anni noi amiche dell’Associazione “Donne e Futuro” facciamo un cammino di crescita individuale, che da soli è impossibile raggiungere. Ogni anno organizziamo la mostra-mercato di Natale, ormai nel Chiostro di San Domenico, con un’affluenza notevole di gente. Con le donne zingare abbiamo avuto dei risultati sorprendenti; iniziano a capire che non tutti gli italiani sono ricchi e cattivi (come loro da sempre pensano), e quando la “taliana” sulla strada riesce a vedere la donna zingara senza pregiudizi lei si ricorda perfino di dire “grazie” quando riceve qualcosa. Diversi sono stati gli attestati e i premi ricevuti, sia a livello locale che internazionale (come per esempio il ”Diploma d’Onore” dall’Associazione internazionale Thém Romanò a Lanciano; a Lamezia Terme l’Associazione “Donne e Futuro” era uno dei quaranta premiati per i festeggiamenti per i quarant’anni della città). In Austria siamo stati questo estate per la settima volta con le “Calabrientage” (i giorni calabresi) e il successo è ormai assicurato visto che gli ospiti del Cafe & Pub “Hokuspokus” chiedono già in primavera se “anche quest’anno vengono i calabresi”. I fotografi e la televisione locale vengono a riprendere la nostra manifestazione vedendo i manifesti attaccati in giro e i giornali parlano del nostro lavoro con le donne zingare e delle bellezze della nostra Regione. Quando sono arrivata nel ’73 in Calabria per fare qualche giorno di vacanze mi sono innamorato prima di tutto del paese, poi del mio futuro marito. Per me vale quello che ha scritto Giuseppe Berto: “Quando vidi quella terra seppi che era la mia terra e ci andai ad abitare”. Essendo austriaca mi sono trovata in mezzo a due popoli, i calabresi nonzingari e i calabresi zingari; sono stata accolta con amore da ambedue i popoli e vedendo che c’era un problema di comunicazione tra loro ho proposto delle soluzioni. Sono stata sempre sostenuta da tutte le mie amiche dell’Associazione e da tutte le persone alle quali ho esposto le mie idee sulla Calabria e sugli zingari. In questi anni abbiamo realizzato progetti con la Regione Calabria, la Coldiretti Calabria, la Provincia di Catanzaro, l’ASP, il Comune e la Diocesi di Lamezia Terme e in Austria con la Stadt (Comune), l’Uni Managament (Università), la Caritas e il Verein Minderheiten di Innsbruck e con il Schlosssmuseum e l’Editrice Wenigerheiten a Landeck. Ringrazio tutti gli abitanti di questa, ancora poco conosciuta, Regione per il cammino bellissimo che insieme abbiamo iniziato a fare. Presidente Associazione Donne e Futuro Karin Maria Faistnauer Catanese Per l’italiano ringrazio Raffaella Cicero CSVM 9 angolo delle associazioni Esibizioni canore, pupazzi danzanti e cibo a volontà alla cena sociale organizzata dall’associazione “Sacro Cuore” I volontari I componenti dell’associazione di volontariato “Sacro Cuore”, di concerto con il comitato organizzatore del quartiere Mater Domini della città di Catanzaro, hanno pensato bene di protrarre la quinta edizione di “Settembre in festa” per quattro giornate. La seconda serata, in particolare, è stata dedicata alla tradizionale cena sociale con gli esponenti delle altre realtà associative: più di cento persone, infatti, hanno preso posto tra i tavoli sistemati in un’area all’aperto per essere serviti dagli stessi volontari dell’associazione, e per gustare il ricco menu preparato p e r l’occasione da Anna e Carmine Costantino. Nel ricordo del compianto amico Bruno Timpano, poi, abituale “frequentatore” di tale momento di confronto e di condivisione conviviale tra volontari e propri assistiti in qualità di uomo attivamente impegnato in ambito sociale, i coniugi Costantino hanno voluto che fosse improntata la festa: e la stessa animazione con canti e balli (hanno fatto inaspettatamente ingresso finanche i volontari mascherati di personaggi di Walt Disney per strappare a tutti un sorriso) ha visto come protagonista assoluto e divertito il figlio disabile di Bruno, Francesco, insieme alla sua mamma. Nessuno, infine, ha voluto mancare all’appuntamento con la consueta foto di gruppo dinanzi alla gigantesca ed invitante torta. CSVM 10 angolo delle associazioni Il ventennale dell’ARCAT nella provincia di Catanzaro Q uest’anno si celebra il ventennale della nascita dell’A.R.C.A.T. (associazione regionale dei club degli alcolisti in trattamento) che ha iniziato la propria attività nella provincia di Catanzaro con la nascita dei primi C.A.T. (Club degli alcolisti in trattamento) a Chiaravalle e Catanzaro. Allora, grazie all’iniziativa di alcuni professionisti particolarmente impegnati anche nel volontariato, furono avviati i primi gruppi di alcolisti in trattamento con le loro famiglie, dapprima nelle sale annesse ai reparti di medicina degli ospedali di Chiaravalle e Catanzaro, e in seguito in locali privati (concessi da parrocchie o dai comuni), nel territorio. Negli anni, questa esperienza è cresciuta significativamente ed è stata individuata come una delle più importanti realtà italiane , nel settore della cura e della riabilitazione alcologica. Il Past-President ARCAT Calabria Franco Montesano fa il resoconto delle attività realizzate I club degli alcolisti in trattamento e i volontari dell’associazione sono aumentati e si sono diffusi in tutto il territorio regionale anche se nella provincia di Catanzaro il loro numero è maggiore: essi sono presenti a Catanzaro e Cz Lido, Botricello, Petronà, Zagarise, Lamezia, Montepaone, Soverato, Chiaravalle, San Vito, S. Andrea, Badolato. Nella provincia di Catanzaro inoltre si è cosituita l’APCAT – CZ (Associazione Provinciale dei Club degli Alcolisti in Trattamento) che, a sua volta, comprende le A.C.A.T. locali di Catanzaro, Soverato “MedioIonio” e Chiaravalle). Alle ACAT della provincia di Catanzaro afferiscono per motivi organizzativi anche i CAT di Lamezia ed alcuni CAT della provincia di Reggio (Caulonia e Locri). Lo sviluppo dei CAT è particolarmente correlato all’attività dei servizi per le tossicodipendenze, tra questi la maggiore collaborazione, fin dal 1994, si è sviluppata con il SerT di Soverato che, fin dalla sua istituzione, ha lavorato con gli utenti che presentavano problemi alcolcorrelati (PAC) e con le loro famiglie. Il lavoro di collaborazione con i servizi pubblici, pur nel rispetto delle reciproche autonomie, è fondamentale per dare risposte concrete agli alcolisti e ai loro familiari ed attuare, di concerto, programmi terapeutici di recupero a CSVM 11 angolo delle associazioni lungo termine. Dopo la presa in carico dell’utente alcolista ed il trattamento di disintossicazione, è fondamentale il mantenimento dell’astinenza alcolica attraverso un trattamento terapeutico integrato ed un programma individuale di lungo termine, che preveda sia la somministrazione di farmaci anticraving ed avversativi sia la frequenza dei gruppi di sostegno, multifamiliare, territoriali ossia dei CAT più vicini alla loro residenza. Questo lavoro sinergico ha permesso di ottenere risultati assai soddisfacenti in centinaia di alcolisti in trattamento con le loro famiglie che, negli ultimi vent’anni, hanno potuto usufruire di questa metodologia lavorativa ed hanno man- I C.A.T. si basano sul metodo Hudolin, dal nome del professore Croato Vladimir Hudolin e di sua moglie, la professoressa Visnja, psichiatri, inventori e promulgatori della loro metodologia tenuto il cambiamento del proprio stile di vita ed il raggiungimento della sobrietà. Da studi effettuati in proposito abbiamo verificato una percentuale media di successo a lungo termine attorno al 64% in media, certamente maggiore negli alcolisti trattati congiuntamente con i CAT, rispetto agli utenti trattati individualmente o all’interno del SerT. Questo approccio metodologico del resto è seguito da molti altri Sert e servizi alcologici italiani che ne confermano la validità. I C.A.T. si basano sul metodo Hudolin, dal nome del professore Croato Vladimir Hudolin e di sua moglie, la professoressa Visnja, psichiatri, inventori e promulgatori della loro metodologia. Dopo le prime esperienze a Zagabria, negli anni ’70, furono avviati i primi club degli alcolisti in trattamento in Italia , ad Udine e, di seguito, in tutte le regioni del nord-Italia. Negli anni ’80 sono iniziati i programmi alcologici anche nel meridione d’Italia; la Calabria è stata una delle prime ad attivarsi in tal senso, con l’avvio dei primi club nel 1984 e la nascita dell’ARCAT nel 1987. Il metodo Hudolin è basato sull’approccio ecologico-sociale: i problemi alcolcorrelati nascono dalla cultura alcologica antropologica esistente che accetta o addirittura sostiene il bere. Occorre lavorare per cambiare la cultura esistente in senso preventivo ed educativo e sostenere il cambiamento degli alcolisti in trattamento tramite il coinvolgimento delle loro famiglie che, anziché delegare il loro problema devono affrontarlo in prima persona, mettendosi in discussione e lavorando nei CAT per favorire il percorso verso la sobrietà. L’alcolismo è un problema di tutta la famiglia per cui tutti i membri della famiglia devono partecipare alle riunioni del CAT. Il CAT è un gruppo di sostegno multifamiliare, formato da minimo 2 famiglie fino ad un massimo di 12 famiglie con PAC. Il CAT si riunisce una volta a settimana, alla stessa ora, dello stesso giorno, in una sede privata generalmente concessa da parocchie, comuni, associazioni private o altro. I CAT sono gruppi di mutuoautoaiuto, i cui componenti si riuniscono con un volontario formato ed aggiornato dalle associazioni locali di volontariato (ACAT, APCAT ed ARCAT): i volontari sono detti “servitori-insegnanti”, in quanto al servizio delle famiglie in trattamento con PAC e della comunità locale di appartenenza. Essi hanno la funzione di assicurare il normale e continuo svolgimento delle riunioni del CAT, di facilitare la discussione in ogni seduta e la partecipazione attiva di tutti i membri, di far rispettare le poche ma fondamentali regole statutarie (puntualità, astensione dal fumo durante le sedute, rispetto della metodologia hudoliniana). Essi inoltre si impegnano nei programmi di prevenzione ed educazione mirati alla prevenzione dei rischi alcolcorrelati promuovendo iniziative di sensibilizzazione nei confronti delle famiglie della propria comunità locale o di altre realtà territoriali: per questo sono detti anche “insegnanti”. I CAT lavorano nella trasparenza, senza ricorrere all’anonimato se non per quanto riguarda le normali regole di rispetto della privacy e della reciproca convivenza: essi, con la loro stessa presenza radicata nella propria realtà territoriale , promuovono la salute con particolare riguardo alla prevenzione dei danni associati all’uso delle bevande alcoliche. Nei CAT in genere si seguono delle norme utili alla propria specifica attività: tenuta di un registro delle presenze settimanali, elaborazione di un verbale delle sedute redatto a turno da ogni membro di club, visita agli alcolisti in difficoltà per eventuali ricadute da considerare non come un evento tragico ma come risorsa per la ripresa del trattamento avviato, riunioni di autosupervisione fra i volontari–servitori, organizzazione di interclub con la partecipazione dei membri di CAT limitrofi a feste di socializzazione, naturalmente analcoliche. I volontari, servitori-insegnanti, ed i membri di CAT, partecipano anche a significativi momenti di aggiornamento e formazione, promossi dalle associazioni locali e dall’AICAT (Associazione Italiana dei CAT): particolarmente importanti sono i corsi di sensibilizzazione della durata di 50 ore (6 giornate) per la formazione di nuovi servitori-insegnanti, le giornate di aggiornamento proposte I CAT lavorano nella trasparenza, senza ricorrere all’anonimato se non per quanto riguarda le normali regole di rispetto della privacy e della reciproca convivenza dalle ACAT /APCAT e dall’ARCAT ed i convegni nazionali di Assisi, sulla spiritualità antropologica, e dell’AICAT. Nel 2007 è stata fondata la WACAT (associazione mondiale dei club degli alcolisti in trattamento) che associa tutti i CAT nel frattempo avviati in gran parte della nazioni del mondo, sia ad occidente che ad oriente. Il ventennale sarà ricordato con un apposito congresso che si terrà nella città di Catanzaro e che coinvolgerà professionisti e non professionisti che con la loro azione hanno permesso il raggiungimento di un traguardo così importante, nonché i tantissimi familiari, alcuni dei quali hanno iniziato a frequentare per primi i CAT territoriali e nell’occasione festeggeranno i vent’anni di sobrietà. Dott. Franco Montesano Past- Presidente ARCAT Calabria Direttore SerT Soverato – ASP CZ CSVM 12 angolo delle associazioni L’estate dei volontari del gruppo Emmaus S i sono autofinanziati per portare al mare alcuni bimbi in situazioni di disagio, i volontari del Gruppo Emmaus di Catanzaro. Organizzandosi in tre diversi turni, i sostenitori della filosofia di amore fraterno e di gratuità, in cui ha sempre creduto il compianto Abbè Pierre, hanno garantito per tutta l’estate il servizio di sostegno alle famiglie bisognose della città, ed hanno regalato a bambini di diversa età (la maggior parte dei quali di altre nazionalità) ed alle loro mamme momenti di svago e di socializzazione sulla spiaggia di Giovino. I piccoli Amid, Zeina, Inass, Yasser, Maria Ester, Davide, Matteo, Marta, Miriam, Daniel, Stela Nicoleta, Ioan, Meryem, Zakarya, Hanan, Alì, Sara, Yasmine, Rachida, Mustapha e Jessica, muniti di secchielli, palettine e salvagente, hanno sfruttato al meglio ogni attimo trascorso al mare. Anche il momento della merenda ha per loro assunto un “sapore” diverso. Per alcuni di loro, poi, si è addirittura profilata una cena in pineta in occasione della festa del patrono San Vitaliano: ma per tutto il Gruppo Emmaus l’estate appena trascorsa resterà di certo legata a ricordi indimenticabili di amore semplice e di condivisione. T.D.D.M. Alessandra Fulciniti racconta come i minori del progetto “S.o.S. Famiglia” siano stati coinvolti nel Festival Canoro di Pontegrande N asce il 20 settembre del 2007 la storia di “S.o.S. Famiglia”, un progetto di sostegno alla genitorialità promosso dalla nostra Associazione, il “Tribunale per la difesa dei diritti del Minore”. Fin dalla sua costituzione, nel lontano 1985, il nostro organismo di volontariato ha sempre avuto a cuore la difesa ed il benessere dei minori, obiettivi questi impossibili da perseguire se non si parte dal concetto di famiglia, luogo che, per natura, dovrebbe essere preposto ad impartire ai fanciulli la prima ed essenziale formazione umana e civile. La strada percorsa insieme ai minori ed alle relative famiglie, non è stata certo priva di ostacoli, ma i momenti condivisi, il desiderio dei bambini che quanto vissuto non finisse ed il clima di fiducia instaurato con i genitori, ci hanno spinto a festeggiare la conclusione, speriamo temporanea, dell’esperienza di “S.o.S. Famiglia”. Per questo il 4 ed il 5 settembre abbiamo voluto condividere la gioia dei traguardi raggiunti con la città di Catanzaro ed in particolare con il quartiere di Pontegrande che ci ha ospitato durante tutto l’arco dell’anno presso il centro sociale. Grazie alla collaborazione ed ai rapporti di stima che si sono instaurati con l’Associazione “Emmeti”, la nostra Associazione è stata invitata a partecipare alla 6ª edizione del Festival Canoro di Pontegrande anche attraverso la predisposizione di uno stand informativo al fine di illustrare le nostre attività. Ci è stata data, inoltre, la possibilità di presentare al pubblico la storia e gli scopi della nostra Associazione nonché di far esibire, nella prima serata, i minori di “S.o.S. Famiglia” in un momento musicale dal titolo I Personaggi di S.o.S., un ironico brano rap sull’equipe formativa del progetto che ha suscitato il consenso degli spettatori, a cui è seguita la premiazione dei ragazzi. Nella seconda serata invece, è stato proiettato il video riassuntivo del progetto e, con uno scambio di targhe ricordo tra la nostra Associazione e l’Associazione Emmetì, abbiamo concluso, felici, la nostra esperienza all’interno della manifestazione. Quanto vissuto, come ogni esperienza importante, ha rappresentato un momento di crescita per l’Associazione “Tribunale per la difesa dei diritti del Minore” che ha potuto così far conoscere la propria realtà all’esterno nella speranza che nuovi volontari e nuovi soci possano entrare a farne parte: rappresenterebbero di certo un nostro sorriso in più per tanti bambini in difficoltà, bambini con piccoli visi tristi, ma con cuori grandi che attendono solo di essere colmati d’amore. CSVM 13 novità dal CSV Finalmente attivato lo sportello territoriale di Lamezia Terme P er assicurare in maniera capillare il proprio sostegno alle associazioni di volontariato del comprensorio, il CSV di Catanzaro ha finalmente provveduto all’attivazione dello sportello territoriale di Lamezia Terme. Dal 25 agosto scorso, infatti, in prossimità della Cattedrale del bellissimo corso Numistrano di Nicastro, la porta dell’importante succursale del CSV di Catanzaro è aperta per fornire i servizi di base alle numerose realtà associative del lametino. Dopo aver dato copertura alla zona dell’Alto Jonio mediante l’attivazione dello sportello di Cropani, il CSV di Catanzaro ha ora accolto anche le richieste dei tanti In alto: Katia, Carmen e Maria Luisa, le operatrici di sportello. volontari che operano nella parte tirrenica del territorio provinciale. E in attesa dell’inaugurazione, le operatrici di sportello Marialuisa Mascaro, Carmen Di Benedetto e Caterina Paone sotto la supervisione dell’esperta “webmaster” dello staff operativo del CSV Maria Bombara - sono già al lavoro, pronte a fornire preziose informazioni a neofiti e “navigati” del mondo del volontariato. Lo sportello territoriale di Lamezia Terme è in piazza Salvo D’Acquisto, ed è aperto dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18.00. CSVM 14 punti di vista F inalmente a Catanzaro si parla di cultura con la C maiuscola. Nel mese di Ottobre avrà luogo il Festival dell’Antropologia, organizzato dall’Assessore all’Istruzione del Comune, Danilo Gatto, il quale ha predisposto un Comitato Curatore, presieduto dall’antropologo L. M. Lombardi Satriani e composto da esperti del settore. In base alla programmazione generale, l’evento sarà sostanziato da numerosi interventi: lezioni magistrali, workshop e mostre, che ruotano intorno ad un tema prescelto, che è quello del “potere”. Secondo la mia modesta interpretazione, si tratta dell’eterno dilemma antropologico di un “essere umano” che, vivendo in una società complessa, si dibatte tra la propria natura originaria ed una “cultura” che, sempre più spesso, sovrappone ad essa alcuni aspetti deteriori, quali i meccanismi perversi del potere, che costringono l’uomo ad adottare sempre nuove strategie per la propria sopravvivenza. Nel rammentare la tesi hobbesiana dell’“homo homini lupus”, mi trovavo a riflettere sul fatto che c’è una selvatichezza “primitiva” dell’uomo che, in fondo, ha una propria ragione d’essere, mentre, sul versante della modernità, sussiste un complesso sistema di poteri, di forme prevaricatorie ed aggressive, che denuncia il fallimento di una cultura europea, solo apparentemente più evoluta, ma essenzialmente dannosa, per la vita stessa dell’uomo, e della donna, di oggi. Infatti le forme di potere più pericolose sono quelle meno evidenti: sono le sottili e perverse macchinazioni di chi esercita un’autorità, per lo più immeritata, sui settori del lavoro, delle politiche sociali, delle pari opportunità, chi adotta un potere subdolo sulle forme di religione settarie, o su presunte imprese umanitarie, ma anche chi gestisce Istituzioni ed organizzazioni culturali di grande risonanza, senza averne la minima competenza. Così, ritengo che questo Festival potrà avere una triplice funzione: sarà una prova di coraggio per chi lo ha promosso, un terreno di confronto per chi vi partecipa, una forma di smascheramento degli impostori. In qualità di rappresentante dell’Associazione I.N.F.A.P di Catanzaro1 ho aderito al Programma Comunale, promovendo un Workshop, che credo A come ANTRO POLOGIA Milena Manili dell’INFAP si sofferma sul significato di “potere” che sarà trattato nel corso del Festival dell’Antropologia a Catanzaro possa suscitare un diffuso interesse, anche per chi non è del settore. Si chiama “La Corrente Mediterranea: un percorso esperienziale tra Antropologia ed Arte-terapia”. Nell’arco di tre giorni, alternando seminario e laboratorio, La Corrente Mediterranea mostrerà delle strategie di difesa “creative” che, nella costruzione della propria identità, servono a recupe- rare spazi liberatori della persona, ostacolando l’insidia delle forme di aggressività e di potere, materializzate nelle politiche urbane, nei luoghi istituzionali e negli spazi della convivenza. La tematica, presumibilmente come tutte le altre proposte del Festival, rispetterà il tema scelto dal Comitato, ovvero “Strategie di potere e meccanismi di difesa”. L’uditorio è pubblico, mentre per il Workshop vengono selezionati coloro che hanno presentato all’INFAP domanda di adesione, tra quelli che hanno già fruito dei servizi INFAP, quali: i laboratori I.A.T.E. (Intervento Arte-terapeutico Educativo, realizzato un paio d’anni fa con il patrocinio dell’organismo di volontariato C.S.V. di Catanzaro) gli incontri di Counseling psico-pedagogico da me condotti in Sede, i Seminari sul disagio giovanile, presso l’Auditorium dei Tribunale dei minori e nelle Scuole pubbliche. Il potere: che cos’è, come si intrufola nelle nostre vite, e sotto quali forme? Lo scopriremo solo vivendo, come recita una vecchia canzone. Non vi nascondo che oggi ho una certa difficoltà a capire perché e come la società che più ha esaltato la dignità umana, ovvero quella fondata sul riconoscimento universale dei diritti e della “dignità dell’uomo” abbia finito per perderla: se, e come, possa recuperarne il significato. Evidentemente la società moderna ha fatto propria una concezione culturale dell’idea di umanità, che è affetta da distorsioni di tipo teologico, filosofico, scientifico, ma anche accademico e politico, tratte dalle varie impostazioni di origine medievale; concezione che oggi, per fare fronte ai disastri della globalizzazione, necessita di un “nuovo umanesimo” che possa essere vissuto dalle persone, a prescindere dalle politiche correnti e da un potere costituito, di tipo demagogico e strumentale. Secondo la mia modesta esperienza, da adolescente romana del ’68, la politica non è in fondo che il modo in cui l’uomo agisce e si relaziona agli altri uomini, per realizzarsi nella società: quest’idea di politica può dare un quadro abbastanza preciso della società stessa. Come afferma Caillè, almeno a partire dalla fine del medioevo, il codice della dignità umana è stato dominato dall’idea di funzionalismo o utilitarismo, in senso lato, cioè dalla capacità dell’uomo di CSVM 15 punti di vista adempiere la propria funzione sociale secondo prestazioni e scopi razionali. Che l’uomo sia considerato un mezzo per altri fini è in contrasto con la concezione cristiana della dignità, ma anche con la concezione antropologica laica dell’uomo, che non si basa su una questione di status o su uno standard di prestazioni, bensì sull’intrinseca essenza dell’uomo, ovvero sull’universale natura degli esseri umani. Le Scienze Umane, sembrano avere perso di vista quella fondamentale relazione tra ciò che l’uomo fa e ciò che l’uomo è. Infatti sempre più spesso la dignità dell’uomo viene misurata come qualcosa di possibile, che si realizza solo a certe condizioni e se offre dei vantaggi al sistema di potere che governa una determinata società, anziché sulla evoluzione della società in sé stessa. Così la radice della crisi culturale che oggi investe il concetto della dignità umana si ritrova, a mio parere, nella perdita dei confini tra società e natura, piuttosto evidente nei temi della bioetica, che assistono al dominio sempre più ampio dell’artificiale sull’uomo. Mi sembra perciò necessario che anche la tematica di un Festival dell’Antropologia possa oggi concorrere a ridefinire i confini fra ciò che è umano e ciò che non lo è. Non dobbiamo però vedere l’agire sociale solo in termini negativi, ma in termini di azioni positive. Per fortuna nella fenomenologia della società attuale, molte Organizzazioni non governative, associazioni e gruppi di volontariato, promuovono la pace, la solidarietà, la difesa dei diritti umani, da quelli del consumatore a quelli che tutelano le fasce deboli della popolazione dalle sopraffazioni e dalle violenze. Di questi, purtroppo, le politiche sociali si occupano solo superficialmente, cioè attribuendo loro dei diritti civili come una serie di elargizioni in forma contrattuale, apparentemente ben programmate, ma prive di reali contenuti. Questo punto di vista, a mio parere, non riguarda solo l’uomo socializzato, in un determinato tempo e luogo, ma ricade pesantemente sulla concezione dell’uomo in senso antropologico. Il linguaggio dei diritti non può essere né individualistico, né qualunquistico, perché il problema legato ad un caso singolo, o ad un caso tipico, è un problema fragile, non affrontato alle sue radici, ma Ritengo che questo Festival potrà avere una triplice funzione: sarà una prova di coraggio per chi lo ha promosso, un terreno di confronto per chi vi partecipa, una forma di smascheramento degli impostori. Il potere: che cos’è, come si intrufola nelle nostre vite, e sotto quali forme? Lo scopriremo solo vivendo, come recita una vecchia canzone. Le Scienze Umane, sembrano avere perso di vista quella fondamentale relazione tra ciò che l’uomo fa e ciò che l’uomo è. solo come un dato negativo, da evitare od esorcizzare. I diritti umani si basano invece sulla condivisione e sulla relazione. Parlare di bene pubblico non vuol dire che ognuno deve arrabattarsi o pagare, per avere una certa concessione, un titolo, un lavoro, o ricorrere a compromessi per scampare ai danni quotidiani. A me sembra che tutti questi siano dei sottili meccanismi di potere che si impadroniscono delle nostre vite e di quelle dei nostri figli. L’essere umano ha una sua particolare essenza, che va oltre il contingente, ed è ciò che i filosofi, da J.S. Mill a Luhmann, intendono come “elementi ascrittivi universalistici”, ciò che Husserl definisce “capacità trascendentale soggettiva” che va oltre la dimensione materiale della vita. L’essenza di ogni uomo è amare ed essere amato, dare e ricevere senza interesse egoistico, perchè tale interesse può accumulare cose ma non valori, ricordando sempre che l’uomo è un essere di relazione e non di produzione e che il dono e lo scambio non sono fatti solo di cose materiali. È vero, ognuno di noi ha diritto a qualcosa; ma se questo qualcosa è solo un oggetto, si perde il senso profondo del diritto e della dignità a favore dell’intera società, col vantaggio di un sistema antagonista di affermazione dei poteri, che espropria l’uomo della propria eredità antropologica. Personalmente, mi auguro che il Festival dell’Antropologia ed altri eventi come questo, abbiano un impatto benefico, almeno alla lunga distanza. Auguriamoci insomma di poter affermare che, antropologicamente, la prossima generazione adulta abbia assimilato da quella presente dei veri nutrimenti, e non dei veleni, divenendo più responsabile e cosciente di sé: insomma, che l’uomo e la donna siano protagonisti etici del proprio destino e non si riducano a semplici “portatori sani di cervello”. Milena Manili [email protected] Tel 3477850738 Docente a contratto di Antropologia. C. I. di Scienze Umane, Facoltà di Medicina. Università Magna Graecia, CZ (2000-2008) Presid. Assoc. INFAP Onlus. Istituto Naz. Femm. Arti e Professioni, Catanzaro Vico I De Grazia 9 (DLgs 460/1997 Art. 10.Associato C.S.V Cz dal 2001) Counseling in psicopedagogia ed Arte-terapia dal 1988. (Progetti Scuola pubblica ambito territoriale Delibera Comunale ed IRRSAE Calabria) 1 CSVM 16 Carla Cosco Referente Area Promozione CSV Catanzaro promozione Ben riuscite le manifestazioni estive a Chiaravalle, Nicastro e Pontegrande di Catanzaro estate non è solo un momento di riposo e svago, ma può diventare un tempo di incontro e confronto. E questo ha rappresentato per molte Associazioni l’estate che è appena trascorsa. La solidarietà, la gratuità, il sostegno, non vanno “in ferie” e le manifestazioni estive che si sono tenute in molte piazze della Provincia sono state lo scenario che ha consentito di veicolare questo importante messaggio. Quello del volontariato è un mondo invisibile e silenzioso, lontano dai riflettori, ma la cui presenza discreta risponde ai bisogni e alle richieste più diverse, dando aiuto e fornendo servizi laddove necessitano, senza chiedere nulla in cambio. Per quanto i volontari rifuggano riconoscimenti e premi, scendere in piazza e portare il proprio messaggio alla gente, vuol dire anche far conoscere questa realtà, sensibilizzare e promuovere la cittadinanza attiva, rispondere a nuovi bisogni e dare altro aiuto. Può essere, inoltre, anche un modo per far comprendere che volontariato vuole dire anche stare insieme, conoscersi e farsi conoscere, confrontarsi, crescere insieme e, perché no, divertirsi insieme. E se è vero che le persone vanno prese per la gola, zeppole, anguria e crostate hanno consentito di raggiungere l’obiettivo! Il 7 agosto l’estate è stata avviata dall’Associazione Cittadinanzattiva di Chiaravalle, che col contributo della Pro Loco e del CSV ha dato vita alla manifestazione “Incontriamoci in piazza”. Sono L’ La piazza: luogo di svago e di incontro Gruppo Scout Agesci di Satriano a Chiaravalle. Sotto: i volontari del gruppo Ancescao di Torre di Ruggiero alle prese con le zeppole. state invitate le ODV presenti nel territorio, che hanno risposto con entusiasmo all’iniziativa. La Piazza Liceo di Chiaravalle Centrale è stata allestita con gli stand delle Associazioni presenti: Cittadinanzattiva, Club Alcolisti in Trattamento di Chiaravalle, Pro Italia, Uildm di Chiaravalle, Unitalsi di Chiaravalle, Avulss di Soverato, Avis di Chiaravalle, Caritas Parrocchiale di Chiaravalle, Agesci di Satriano, Centro Diurno Pegaso della Fondazione Betania onlus di Catanzaro, La Misericordia di Soverato, Ancescao “Piazzetta S. Anna” di Torre di Ruggiero, Centro Servizi al Volontariato di Catanzaro. Ogni Associazione ha portato la testimonianza della propria presenza sul territorio ed i b a m b i n i dell’Associazione Agesci di Satriano hanno consegnato un attestato di partecipazione alla manifestazione al rappresentante di ogni ODV. L’uditorio che con interesse ha ascoltato i racconti di vita che si sono susseguiti sul palco, è stato alla fine compensato con zeppole e anguria, offerte dall’Associazione A n c e s c a o “Piazzetta S. Anna” di Torre di Ruggiero. Inoltre i lupetti dell’Associazione Agesci di Satriano hanno animato il pomeriggio e la serata con i loro canti e curiose domande rivolte a chi presiedeva gli stand delle varie Associazioni. Un’altra presenza incisiva in una manifestazione pubblica è stata quella del Tribunale per la Difesa dei Diritti del Minore di Catanzaro, il 4 e 5 settembre, nell’ambito del Festival Canoro svoltosi CSVM 17 promozione nel quartiere Pontegrande di Catanzaro. A conclusione del progetto “S.o.S. Famiglia”, finanziato dal CSV di Catanzaro (e realizzato dall’Associazione insieme alla U.S. Acli, alla Fondazione Pina Gigliotti, all’Associazione Nati per amare, alla Cooperativa sociale La Strada, al Comune di Catanzaro – Assessorato Politiche Sociali), l’Associazione Tribunale per la Difesa dei Diritti del Minore di Catanzaro ha presentato i risultati del progetto in una manifestazione pubblica. I bambini coinvolti nel progetto hanno cantato sul palco la canzone con la quale hanno inteso raccontare e testimoniare la loro esperienza. Sempre nell’ambito della manifestazione canora, inoltre, è stato presentato anche il progetto per esteso. Il volontariato fa parte dell’impegno sociale, dell’essere cittadino attivo, e la presenza di una ODV in una manifestazione pubblica, come il Festival Canoro di Pontegrande, consente di veicolare questo messaggio testimoniandolo nei fatti. Dall’alto: I ragazzi del coro “Musica È” con Nunzia Coppedè alla festa di fine estate a Nicastro I rappresentanti delle associazioni intervenute a Chiaravalle Carla Cosco interviene alla manifestazione a Chiaravalle L’estate si è conclusa il 6 settembre a Lamezia Terme con la Festa di Fine Estate, organizzata dal Coordinamento Regionale Alogon, dall’Associazione Il Girasole, dall’Unitalsi di Lamezia Terme, dall’AISM provinciale, con il patrocinio del Comune di Lamezia Terme, come manifestazione conclusiva del Progetto “Oltre il limite. Il dono e la gratuità per promuovere l’inclusione sociale delle persone con disabilità”, finanziato dal CSV di Catanzaro. Lo spettacolo dei ragazzi dell’Associazione La Gurfata ha animato la serata, e chissà se le tante persone presenti non sono state attirate anche dalle zeppole e dai dolci offerti dalle Associazioni organizzatrici! Questo è stato lo scenario in cui sono stati presentati i risultati del progetto realizzato dalle Associazioni, che vede come prodotto finale una pubblicazione che riporta vere storie di vita. La piazza come luogo di svago e di incontro è il tema che ha caratterizzato queste manifestazioni, è lo scenario che ha ospitato le Associazioni, e visto che con la “pancia piena” la nostra mente funziona meglio, chissà che quest’inverno, ripensando alle zeppole, all’anguria e alle crostate, non tornino in mente anche i canti, gli opuscoli e i messaggi! CSVM 18 Maria Cittadino Referente Area Formazione CSV Catanzaro dal Rimini Meeting È nella riscoperta del proprio essere “unico e irripetibile” che si diventa protagonisti Attraverso le storie di volontari e testimoni “protagonisti”, Maria Cittadino fa rivivere in queste pagine di cronaca la splendida esperienza del Meeting di Rimini C osa muove circa 4mila volontari per lo più giovani che arrivano da tutto il mondo a fare i lavori più disparati? Cosa muove un russo a fare le piadine? Alla ventinovesima edizione del Meeting per l’amicizia tra i popoli, intitolata quest’anno O protagonisti o nessuno, e che ha luogo ogni anno a Rimini, accade questo e altro. A parte un piccolo nucleo di 12 persone che lavora a tempo pieno alla sua preparazione, il Meeting di Rimini viene organizzato, allestito, gestito e poi smontato grazie all’appassionato e generoso lavoro dei volontari: Chi fa le pulizie, chi cucina, chi fa servizio d’ordine. Quindi elettricisti, autisti, grafici, magazzinieri, giardinieri, camerieri… È il luogo dove il dialogo tra le culture si manifesta anche nel fare insieme i caffè o pulire i tavoli. È soprattutto grazie al contributo dei volontari che il meeting è diventato una manifestazione dai grandi numeri: 400 mostre, 3000 incontri, 5000 personaggi e oltre 700mila presenze medie. “È qualcosa di davvero grande. All’inizio non avevo digerito la parola protagonista, perché nella traduzione mi suonava come leader. Poi ho capito l’errore, il protagonista è tutt’altro che un capo, e tutti possono esserlo.” A parlare è Fadi, uno dei sei ragazzi volontari arrivati dall’Egitto. Alla domanda di cosa avete visto, l’amico Wael incalza: “Molta gente che si dedica a qualcosa di grande senza un tornaconto, solo per comunicare un’esperienza vissuta: traspare un rapporto con qualcosa di più grande” e poi “Ci sono cose che non posso mettere in valigia, come l’ordine che qui ho visto. Ma riparto con la domanda di poter essere protagonista in ogni istante della mia vita” Miriam: “In genere nella vita ognuno di noi ha un lavoro. Ma lo facciamo e basta. Finisce lì. Qui la sera ci troviamo e guardiamo a “come” lo facciamo. Ho scoperto che è possibile vedere Gesù presente in quello che faccio. E poi siamo tutti diversi, con mille lingue diverse. Ma qui se ne parla una che possono tutti capire”. Alla domanda ragazzi cosa vi portate a casa? Miriam risponde: “mi porto a casa un “si” a una Presenza di cui spesso non mi accorgo, ma che qui ho toccato e che mi fa essere protagonista” E Samia: “Ci sono cose che non posso mettere in valigia, come l’ordine che qui ho visto. Ma riparto con la domanda di poter essere protagonista in ogni istante della mia vita” Ma chi è il protagonista? In un incontro che porta lo stesso titolo del Meeting il prof. Bersanelli afferma: “La parola protagonista è spesso usata in un modo equivoco e parziale. Anche l’alternativa secca, O protagonisti o nessuno, sulle prime può apparire un po’ esagerata… Ogni uomo, infatti, per sua natura aspira a essere protagonista; ciascuno di noi sente il desiderio di lasciare un segno. È insopportabile l’idea che il tempo scorra senza essere vissuto fino in fondo, soprattutto ci ripugna l’idea che la nostra stessa esistenza in quanto tale non sia qualcosa di unico. La giovinezza è proprio il momento in cui affiora l’urgenza di essere protagonisti della propria vita. Dobbiamo constatare però una debolezza estrema: fatichiamo a interessarci del reale, come se… la realtà …possa essere ridotta a ciò che di essa decidiamo di scegliere… qual è l’idea di protagonista che ha fallito? La pretesa di farsi da sé, di avere sé come centro… C’è un’altra possibilità oppure questa è una sconfitta definitiva per il nostro desiderio innato di essere protagonisti fino in fondo? Risponde don Giussani: ”protagonista non vuol dire avere la genialità o la spiritualità di alcuni, ma avere il proprio volto, che è, in tutta la storia e l’eternità, unico e irri- CSVM 19 dal Rimini Meeting petibile”. Da dove viene questa irriducibilità che ci rende protagonisti?… è un dato di fatto: io non mi sto facendo da me. Questa è un’evidenza accessibile alla ragione. Un istante di questa consapevolezza significa un istante di vera commozione… Da qui nasce una nuova affezione per ciò che c’è, nulla è sentito più come estraneo. Allora il protagonista è l’uomo che continuamente si accorge con stupore che il proprio “io” è generato da qualcosa che non è lui, da un infinito. Uno comincia a essere protagonista, quindi, quando si imbatte in qualcuno che lo chiama per nome. Non si tratta di fare grandi cose: se uno si sente guardato così diventa un soggetto instancabile, un protagonista di positività.” Dibattiti, incontri, testimonianze, mostre, spettacoli… vorresti raccontare tutto, ma capisci che devi fermarti all’Avvenimento, a volti come quelli di Vicky, Rose, padre Aldo Trento, Rosetta, Suor Elvira Petrozzi, Sylvie Menard, Cleuza e Marcos, Franco del “Due Palazzi” di Padova…, per restare stupiti e chiedersi da dove nasce questa umanità diversa. “Sono tutti Testimoni che hanno detto con la loro vita che misteriosamente Qualcuno costruisce sulle debolezze, sulle personalità fragili, sui limiti umani, sulla normalità. E i loro racconti, spesso fatti di miserie estreme, sono entrati sulla lunghezza d’onda del cuore di ciascuno di noi, consci delle nostre debolezze. E man mano che si raccontavano, il nostro cuore si riconosceva in loro, e ha iniziato a vibrare, rompendo quella crosta di scetticismo e cinismo, che permea nei ruoli della vita sociale, nelle certezze adulte, nei valori buoni e nel “politically correct”. Cos’è stata Vicky se non questo, ovvero lo scoprire e rivelare se stessa, col coraggio di togliersi la maschera della malattia e riscoprirsi essere umano vivo e protagonista? E Rosetta, con il suo cuore ribelle che, piegandosi con un “sì” ad una Presenza concreta, giorno dopo giorno vede svelarsi il proprio volto? O padre Aldo, il gigante che con i suoi sì ha rotto le cate- ne di un esaurimento e di un innamoramento. È successo qualcosa di nuovo: di fronte a dei testimoni, come dice Bernanos, siamo abituati ad applaudire. Invece questa volta si è avuta proprio la percezione che vivere da protagonista, vivere così, si può.” È quanto si legge nella newsletter della ONG AVSI, secondo cui occorre offrire a questi testimoni degli strumenti, perché a sempre più persone possano portare l’amore di Colui che li genera, da un lato e dall’altro del mondo. Perché se una cosa è uscita chiara dal Meeting 2008 è che qui, da noi, nella vecchia Italia, arde la sete di testimoni che tornino a rompere la crosta di nichilismo in cui sottilmente imprigioniamo il nostro cuore. Uno degli incontri più attesi è quello con Vicky, Rose e Marguerite, collegato in Dall’Uganda, Vicky e Rose diretta con tutte le postazioni Tv del Meeting per chi, oltre a quelle migliaia di persone, non è riuscito a entrare nella grande sala. Rose Busingye, da testimone dello scorso anno a moderatrice dell’incontro: accanto a lei Marguerite Barankitse, fondatrice della Maison Shalom, in Burundi, che ha salvato più di 10mila bambini dal genocidio e che ancora oggi si prende cura degli orfani e dei più poveri. Ma la vera protagonista attesa al Meeting è Vicky. Ciò che può dare valore a tutta la nostra libertà – ha esordito Rose – è qualcosa di più grande, è un rapporto. Un io che appartiene, diviene protagonista, perché ha un volto”. In questo contesto: “Tu hai un valore infinito, più dell’orrore della guerra e della malattia. Il riconoscimento di quell’Altro che crea la realtà, e resta presente nella compagnia della Chiesa, rende la vita danzante”. Commovente la testimonianza di Vicky, che, con la sua semplicità, racconta la sua vita e conquista il cuore della gente. “Mio marito mi aveva abbandonato perché mi ero rifiutata di abortire il terzo figlio – ricorda la stessa Vicky – Solo più tardi scoprii la malattia che ci stava divorando il corpo. Ero sola con i miei figli, persi il lavoro e la speranza. Poi, nel 2001, qualcuno mi indirizzò al Meeting Point della Rose, dove trovai donne che facevo fatica a credere potessero vivere in quel modo pur essendo malate di Aids. Erano felici, ballavano, cantavano. Non sembravano certo malate”. L’amore di Rose e del Meeting Point l’hanno abbracciata e accolta facendola subito stare meglio. “L’Aids aveva distrutto il mio corpo, avevo piaghe ovunque, mio figlio lo chiamavano scheletro tanto era magro! Ma ora guardatemi: sono un vero miracolo. Sto bene e anche mio figlio, seguiamo la terapia antiretrovirale, lui va a scuola.Siamo felici.” Tutto è cambiato quando Rose, guardando fisso negli occhi di Vicky , le disse: “Vicky, tu hai un valore e questo valore è più grande della malattia. Tu ce la puoi fare, hai solo bisogno di ritrovare la speranza.” Gli occhi di Rose parlavano più della sua bocca. Erano occhi di amore, pronti a dire: c’è qualcosa sopra di te, in cui devi riporre la tua speranza. “Tutto è cominciato con un incontro e questo incontro ha fatto risorgere la mia vita. Perché se lei può guardarmi così, come sarà mai il volto di Dio?”. “La vita può finire a 25 anni, se in un momento di furore hai ucciso un uomo, anche se non intendevi arrivare a quel punto. Se poi ti ritrovi solo in cella consapevole del fatto che non uscirai, cerchi qualcosa a cui aggrapparti.” Franco oggi ha 42 anni, con due ergastoli sulle spalle, è uno di quelli che in gergo si CSVM 20 dal Rimini Meeting chiamano “fine pena mai”. È uno dei detenuti che arrivato in via Due Palazzi (carcere di Padova) si mette a lavorare con la Cooperativa sociale Giotto che nasce anni fa da una combriccola di neo-laureati in Agraria e che al Meeting, insieme a dei volontari, illustra i pannelli della mostra più visitata “Libertà va cercando, ch’è sì cara. Vigilando redimere”. Il principale intento della mostra è proprio documentare che, paradossalmente, in un luogo dove tutto sembra finalizzato alla privazione della libertà, può nascere una domanda di verità di sé, inizio di un percorso di riconquista dell’umano. Proprio il riconoscimento dell’errore e la richiesta di perdono agli uomini e a Dio è il cammino di un principio di redenzione. Ma come avviene? Il l’importanza della responsabilità, che permette di uscire dalla spersonalizzazione del carcere. Sputin proviene dalla Macedonia. È in carcere da tre anni e lavora per la Cooperativa come pasticcere. “Mi piace questo lavoro. Io ero un muratore, dopo la condanna per traffico di stupefacenti credevo di aver perso tutto. Ma ho incontrato degli amici che mi hanno insegnato a preparare dolci e panettoni, ora so che questo è il futuro per me e la mia famiglia.” Pluriomicidi, ladri e delinquenti di ogni sorta possono essere recuperati? Alcuni tra i sorveglianti i detenuti alla mostra sostengono che a loro non interessa “che cosa hai fatto”, ma “chi sei e cosa vuoi” ; il motto è “vigilare redimere”, che riassume l’articolo 27 della Costituzione. I detenuti quando ne aveva 18. Non ha nessuna esitazione a mostrare il suo pannello preferito della mostra: Il figliol prodigo di Rembradt: “perché anche io ho il bisogno che ha lui: un padre che mi raccolga”. Il momento che ha colpito Wellinton in quei giorni è stato l’incontro “con la signora Vicky. Quando è venuta alla mostra, ci ha detto che in qualche modo si sente di scontare l’ergastolo. Eppure lei non è una prigioniera. Ci ha testimoniato che non è importante la condizione in cui si è per essere protagonisti”. Dopo una settimana così bella, nella quale i detenuti hanno incontrato molte persone e vissuto un’esperienza eccezionale si era pensato di organizzare una breve festa. Per chi era lì si è presentata una scena da non credere: un Il ministro Angelino Alfano incontra i detenuti di Padova che lavorano nel laboratorio di pasticceria. presidente della cooperativa Giotto afferma che “inizialmente frequentando il “Due Palazzi” ero stupito dal fatto che tante attività per i detenuti erano più che altro un pretesto per impiegare il tempo. Era insopportabile. Perché non fare qualcosa di utile invece” e così si organizza un piano di lavoro. Per questi uomini le alternative sono due: trascorrere una decina d’ore sulle brande o stancarsi nella costruzione di manichini e nei laboratori di pasticceria. Continua Franco “Sono in carcere dal 1992 e con queste persone ho conosciuto un’umanità e un’amicizia nei miei confronti più di quella che mi merito. Ho un angelo custode: è una volontaria di nome Emanuela”. Nel racconto di altri emerge del “Due Palazzi” all’impegno cui sono stati chiamati, cioè fare dolci, hanno risposto ed anche bene. Grazie al lavoro, molti carcerati scoprono di avere un valore, capiscono che esistono delle regole e riscoprono la soddisfazione. “Ma non basta solo un lavoro. In troppe prigioni si danno ai detenuti incarichi ridicoli. Gli fanno imbracciare una scopa e quelli puliscono i pavimenti con una mano sola. Non imparano niente. Invece bisogna puntare in alto con queste persone: dare responsabilità e pretendere molto. È la differenza tra assistenzialismo e lavoro vero.” Le storie di questi testimoni si incontrano e si intrecciano: Wellington, 33 anni, originario di santo Domingo. È in carcere per omicidio da migliaio di persone davanti allo stand della mostra sulle carceri. Secondini e detenuti che cantavano e ballavano insieme e, in mezzo a quella festa, la voce di uno degli undici detenuti che hanno passato lì la settimana: “Non vedo l’ora di tornare in carcere per raccontare a tutti quello che ho visto”. Sono stata anch’io testimone di un gesto di gratuità che si propone di creare occasioni di incontro tra persone di fedi e culture diverse, nella certezza che luoghi di amicizia tra gli uomini possano essere l’inizio della costruzione della pace, della convivenza e del bene comune. CSVM 21 Giuseppe Merante Referente Area Consulenza CSV Catanzaro Consulenza Il 5 per mille: gli obblighi introdotti dalla legge 244/2007 C Come nei mesi passati, anche nei successivi saremo impegnati a forniVi notizie sulla distribuzione del 5 per mille, sui suoi ritardi, sulle novità dell’ultima ora. In ogni caso sebbene la breve storia di tale strumento sia stata caratterizzata dai ritardi, si richiama all’attenzione dei lettori l’articolo del magazine numero 1/2008 sulle novità introdotte dalla Legge Finanziaria 2008, dove veniva segnalata tra l’altro l’introduzione dell’obbligo di rendicontazione dei contributi assegnati all’organizzazione tramite il 5 per mille (Legge 244/2007 art. 3 comma 6). A questo ha fatto seguito il D.P.C.M. del 19 marzo 2008 dove all’art. 8 sono rese note le modalità di rendicontazione e la Circolare Agenzia delle Entrate numero 27/E del 26 marzo 2008, che ribadisce il tema del recupero delle somme non rendicontate. Prima di approfondire l’argomento del rendiconto si osserva che dal punto di vista contabile il contributo del 5 per mille và considerato quale contributo erogato da terzi e non come contributo statale (su questo tema si è espressa recentemente la Corte Costituzionale con la sentenza n. 202 del 18 giugno 2007) a fondo perduto. Ciò appare evidente nel meccanismo di funzionamento del 5 per mille: il contribuente effettua una scelta ed assegna il contributo, lo Stato prende atto della scelta ed effettua, una volta esperite le verifiche, l’erogazione. Dunque lo Stato è un intermediario che da attuazione alla scelta del contribuente, del resto senza questa l’imposta del contribuente sarebbe destinata alla spesa pubblica in genere. Se il contributo è di natura istituzionale e destinato da terzi si può iscrivere nel bilancio dell’Ente tra gli incassi o tra i proventi da attività tipiche. Entrando nello specifico a seconda del tipo di contabilità tenuto dall’Ente le scritture contabili da redigere sono le seguenti: Caso A) Ente in contabilità ordinaria, per competenza economica: Al momento della comunicazione dell’importo assegnato: Conti Crediti per contributo 5 per mille Sezione Destinazione in bilancio Stato patrimoniale 1.000,00 C) Attivo circolante II) Crediti Dare Contributo 5 per mille Importo Avere Rendiconto Gestionale 1.000,00 1) Proventi e ricavi da attività tipiche - Al momento dell’erogazione dell’importo: Conti AlBanca momentoc/c dell’erogazione dell’importo: Crediti per contributo 5 per mille Sezione Importo Destinazione in bilancio Stato patrimoniale 1.000,00 C) Attivo circolante II) Crediti Dare Avere Stato patrimoniale 1.000,00 C) Attivo circolante IV) Disponibilità liquide CSVM 22 Consulenza Caso B) Ente in contabilità semplificata, per cassa: Al momento dell’erogazione dell’importo: Conti Banca c/c Contributo 5 per mille anno x Sezione Importo Destinazione in bilancio 1.000,00 Disponibilità liquide Dare Avere 1.000,00 Incassi da attività tipiche Il caso più ricorrente per le organizzazioni di volontariato è il caso B. Il comma 6 dell’art. 3 della legge 244/2007, ci ricorda che non basta riportare in bilancio il contributo, ma occorre che i soggetti ammessi al riparto redigano un apposito e separato rendiconto, anche accompagnato da relazione illustrativa, dal quale risulti in modo chiaro e trasparente la destinazione delle somme ad esse attribuite con il 5 per mille. Con il D.P.C.M. del 19 marzo 2008 all’art. 8 viene stabilito che il Nostro rendiconto separato dovrà essere effettuata entro un anno dalla ricezione (il momento rilevante è la ricezione, non la comunicazione) del contributo ed inoltre entro trenta giorni dalla data di compilazione, il rendiconto e la relazione devono essere trasmesse dall’Ente al Ministero che ha erogato le somme. Il Ministero potrà, una volta acquisita la documentazione, richiedere eventuali integrazioni. Viene comunque introdotta una distinzione tra le organizzazioni che hanno percepito contributi di importi pari a o superiore a euro 15.000, ed organizzazioni che hanno percepito contributi inferiori a euro 15.000. Le prime sono obbligate all’invio di rendiconto e relazione al Ministero, le seconde non sono obbligate all’invio ma fermo restando la data di redazione di rendiconto e relazione, dovranno conservarli per dieci anni e fornirli solo su richiesta. L’art. 8 si sofferma anche sulle modalità per il recupero delle somme non rendicontate, individuando in particolare i seguenti casi: a) qualora l’erogazione delle somme sia stata determinata sulla base di dichiarazioni mendaci o basate su false attestazioni anche documentali; b) qualora le somme erogate non siano state oggetto di rendicontazione; c) qualora gli enti che hanno percepito contributi di importo pari o superiore a 15.000 euro non inviino il rendiconto e la relazione; d) qualora, a seguito di controlli, l’ente beneficiario non sia in possesso dei titoli che danno l’ammissione al beneficio; e) qualora gli enti che hanno percepito contributi di importo inferiore a 15.000 euro non ottemperino alla richiesta di trasmettere, ai fini del controllo, il rendiconto, la relazione illustrativa e l’ulteriore documentazione eventualmente richiesta. Infine la circolare n. 27/E del 26 marzo 2008, che oltre a ricordare l’obbligo del rendiconto stabilisce che il documento serve ad informare sulle modalità di impiego delle somme ricevute e sulla destinazione delle stesse. Questa ultima indicazione dell’Agenzia delle Entrate lascia ampi dubbi, nel senso che la destinazione individua un vincolo, ovvero le risorse vincolate o destinate possono essere spese solo per determinate fini e non possono essere liberamente utilizzate dall’ente, per esempio per il pagamento delle spese generali dell’ente stesso. Ora a parere di chi scrive, questa in particolare per le piccole organizzazioni di volontariato sembra una limitazione eccessiva, se è pur vero che queste organizzazioni hanno confidato nel 5 per mille per recuperare quelle poche risorse necessarie ad esempio al pagamento dell’assicurazione dei volontari o al pagamento del fitto o delle utenze della sede. Piccole spese, dunque, finalizzate al buon funzionamento dell’organizzazione di volontariato. Si auspica un chiarimento in tal senso, in particolare, sulla portata del termine destinazione rapportato alle piccole organizzazioni di volontariato. Riferimenti Legge 244/2007 Finanziaria 2008 - art. 3 commi 6 - I soggetti ammessi al riparto devono redigere, entro un anno dalla ricezione delle somme ad essi destinate, un apposito e separato rendiconto dal quale risulti, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente la destinazione delle somme ad essi attribuite. Decreto Presidente Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.) del 19 marzo 2008. Circolare Agenzia delle Entrate numero 27/E del 26 marzo 2008. CSVM 23 servizi del CSV di Catanzaro www.csvcatanzaro.it TUTTI I SERVIZI SONO GRATUITI STRUMENTI Sono a disposizione delle OdV, su prenotazione: Saletta riunioni capienza 10/15 posti, utilizzabile dal lunedì al venerdì. Postazione informatica (computer, stampante, scanner) Telefono/fax - Fotocopiatrice Attrezzature lavagna luminosa - pc portatile - videoproiettore - schermo portatile - lavagna a fogli mobili registratore digitale - videocamera - macchina fotografica digitale - impianto di amplificazione COMUNICAZIONE Il CSV Catanzaro promuove la comunicazione delle OdV attraverso: Spazio sul proprio sito internet - Newsletter settimanale Redazione di articoli, organizzazione di conferenze stampa Sostegno alla produzione di materiali promozionali (grafica, stampa) PROMOZIONE DEL VOLONTARIATO Il CSV promuove la cittadinanza attiva attraverso: Spazio volontariato - Scuola e Volontariato - Volontariato e territorio - Reclutamento volontari - Servizio Civile Nazionale CONSULENZE Il CSV offre, previo appuntamento da fissare chiamando la segreteria almeno 2 giorni prima: Consulenza giuridico-legale martedì/giovedì ore 15,00 – 17,00 Consulenza amministrativo-gestionale martedì ore 9,00 – 10,30 Consulenza progettazione sociale mercoledì/giovedì ore 10,00 – 12,30 Consulenza amministrativa-fiscale venerdì ore 15,30 – 18,30 DOCUMENTAZIONE Banca dati - Biblioteca emeroteca - Manuali e pubblicazioni FORMAZIONE Percorsi formativi organizzati direttamente dal CSV Laboratori formativi organizzati direttamente dal CSV Corsi di formazione organizzati dalle associazioni di volontariato Seminari/Workshop tematici Sedi e Sportelli: Catanzaro, via Fontana Vecchia s.n.c. - 88100 Tel. 0961.794607-794522 - Fax 0961.480168 www.csvcatanzaro.it - [email protected] dal lunedì al venerdì - Mattina: 9.00 - 12.30 - Pomeriggio: 16.00 - 18.00 Cropani c/o GAL Valle del Crocchio, c.da Pedecandela - 88051 Tel. 0961.965615 - [email protected] Mattina dal lunedì al venerdì 9.00 - 13.00 - martedì e giovedì pomeriggio 15.00 - 18.00 Lamezia Terme Piazza Salvo D’Acquisto - 88046 - tel. fax 0968.25079 - [email protected] dal lunedì al venerdì 9.00 - 12.30 e dalle 15.30 alle 18.00 Soverato Prossima apertura Staff operativo: Direttore Stefano Morena [email protected] Servizi Sportello Giulia Menniti [email protected] Servizi Amministrativi Pasquale Pignataro [email protected] Area Comunicazione Carlo Crucitti [email protected] Area Consulenza Giuseppe Merante [email protected] Area Formazione Maria Cittadino [email protected] Area Promozione Carla Cosco [email protected] Anche il Centro di Servizio per il volontariato della provincia di Catanzaro ha la sua Carta dei servizi