ANNO 2
N° 4 Luglio/Agosto
CSV Magazine
Informazione e attualità del Centro Servizi al Volontariato della provincia di Catanzaro
2008
L’estate appena trascorsa
delle associazioni
Attivato lo sportello
di Lamezia Terme
Testimonianze dal
Rimini Meeting
CSVM 2
2008
Periodico di informazione del CSV Catanzaro,
Centro Servizi al Volontariato della provincia di
Catanzaro.
Registrazione Tribunale di Catanzaro
N° 8 del 10 settembre 2007
Anno 2 - numero 4 - luglio/agosto 2008
Direttore Editoriale:
Caterina Salerno
In questo numero:
3
4
Direttore Responsabile:
Benedetta Garofalo
Gruppo di lavoro redazionale:
Maria Bombara
Pietro Caroleo
Maria Cittadino
Carla Cosco
Carlo Crucitti
Giulia Menniti
Giuseppe Merante
Stefano Morena
Hanno collaborato a questo numero:
Licia Aquino
Karin Maria Faistnauer Catanese
Alessandra Fulciniti (T.D.D.M)
Maria Cocetta Infuso
Milena Manili
Franco Montesano
Antonio Saffioti
6
Nel recupero del valore intrinseco
del volontariato sta la “mission”
dei Centri di Servizio
UNO SGUARDO SU...
Insieme per convivere
con la disabilità
Terza parte
ANGOLO DELLE ASSOCIAZIONI
Il miracolo della nascita e
l’impegno dell’associazione
“Acquamarina”
7
La diversità è sempre
una ricchezza
9
Cena sociale dell’associazione
“Sacro cuore”
10
Il ventennale dell’ARCAT
nella provincia di Catanzaro
12
L’estate dei volontari
del gruppo Emmaus
13
NOVITÀ DAL CSV
Finalmente attivato lo sportello
territoriale di Lamezia Terme
14
PUNTI DI VISTA
A come Antropologia
16
PROMOZIONE
La piazza:
luogo di svago e di incontro
Foto di copertina, Gruppo Emmaus di Catanzaro
Fotografie:
Carlo Crucitti
CSV Catanzaro
Emmaus
Gruppo Arcat
Progetto Grafico e impaginazione:
Studio Pingitore.it
Stampa:
Grafiche Abramo, Catanzaro
Editore:
CSV Catanzaro
Direzione e Redazione:
CSV Catanzaro,
Centro Servizi al Volontariato
della provincia di Catanzaro.
Via Fontana Vecchia
88100 Catanzaro
Tel. (+39) 0961.794607-794522
Fax. (+39) 0961.480168
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18
La pubblicazione è stata realizzata
grazie al contributo di:
Fondazione Cariplo
Fondazione Compagnia di S. Paolo
Fondazione Ente Cassa di Risparmio di Roma
Fondazione Carical
Istituto Banco di Napoli
Ente Banca Nazionale delle Comunicazioni
attraverso la ripartizione assegnata dal Co.Ge.
Comitato di Gestione Fondo Speciale per il
volontariato della Calabria
La collaborazione si intende aperta a tutti e a titolo
gratuito - Dattiloscritti, manoscritti e foto, anche se
non pubblicati, non verranno restituiti - I diritti di
proprietà artistica e letteraria sono riservati al CSV
Catanzaro.
I contributi devono pervenire in formato elettronico in
tempo utile alla pubblicazione e comunque prima
della chiusura in stampa. Per ulteriori dettagli contattare la redazione via e-mail:
[email protected] o contattare il referente al
n. 335.7808186.
21
DAL RIMINI MEETING
È nella riscoperta del proprio
essere “unico e irripetibile” che
si diventa protagonisti
CONSULENZA
Il 5 per mille: gli obblighi introdotti
dalla legge 244/2007
Servizi del CSV di Catanzaro
Comitato di Gestione dei
Fondi Speciali per il Volontariato
(L. 266/91)
Regione Calabria
CSVM
3
Nel recupero del valore
intrinseco del volontariato
sta la “mission”
dei Centri di Servizio
l volontariato vive un momento di
particolare attenzione. Ritengo che
ciò sia dovuto ad una serie di fattori sui quali il volontariato stesso
deve riflettere per elaborare un pensiero comune e, conseguentemente
adottare una adeguata strategia di azione. Ed in particolare in un territorio periferico come il nostro, dove la cultura del
volontariato muove a mio parere i primi
passi, nonostante le attività di natura
solidale siano presenti da tempo.
In primo luogo, non va dimenticato che, a mio parere, è stata
la crisi dello Stato sociale, e conseguentemente, la riduzione di spesa pubblica (dello Stato e degli enti locali) nei servizi sociali a far convogliare l’attenzione sul volontariato:
questo stato di cose ha fatto si che proprio le Istituzioni,
deputate a dare risposte ai bisogni più urgenti delle fasce
deboli della popolazione, iniziassero a guardare con un certo
interesse all’impresa sociale prima (capace di erogare quei
servizi a costi significativamente minori con eguale se non
maggiore qualità), e al volontariato poi, via via che le risorse
sono andate sempre più assottigliandosi..
In conseguenza di ciò, è andata gradualmente aumentando
la “domanda “ di volontariato, non solo da parte dei cittadini, ma anche delle Istituzioni: con la conseguenza che, come
spesso succede nel mercato, la maggiore domanda ha
determinato una maggiore offerta e quindi il formarsi di una
miriade di Associazioni, spesso addirittura sollecitate nella
loro costituzione dalle pubbliche amministrazioni. Queste
ultime, infatti, hanno offerto le prestazioni dei loro associati
per supplire alle inadempienze istituzionali, fino ad arrivare al
paradosso del loro coinvolgimento anche in servizi sostitutivi della polizia urbana o per la lettura dei contatori dell’acqua, che poco o nulla hanno a che vedere con quelle attività che storicamente costituiscono il terreno di azione ed elaborazione culturale del volontariato: la tutela dei diritti delle
fasce deboli, la cultura,le azioni di cittadinanza attiva. Tale
deriva rispetto alla mission del volontariato ha determinato
in quale modo una perdita di identità, da cui ha tratto origine una pericolosa tendenza a considerare l’attività di volontariato una specie di attività lavorativa di secondo o terzo
livello (in particolar modo in territori di consolidata crisi
I
occupazionale) o addirittura la possibile
anticamera di un lavoro vero e proprio.
Tendenza alimentata ed incoraggiata
dall’introduzione della pratica del “rimborso spese forfettario”, che ha fatto sfumare quello che è il valore principe del
volontariato, ovvero la GRATUITÀ delle
prestazioni, e con esso la sua credibilità
intrinseca.
Accanto a questo, per fortuna, la crisi
dello Stato sociale ha determinato
anche il nascere ed il consolidarsi di un
Volontariato attento, responsabile, consapevole delle attese
che in esso ripongono tutti coloro che non hanno voce, e
che chiedono ascolto e tutela perché abbandonati ed inascoltati, oltre che della necessità di organizzarsi, di formarsi
adeguatamente per dare risposte efficaci, di fare rete per
essere più efficace. Geloso del valore della gratuità quale
elemento fondante della sua azione, e perciò credibile quando sollecita, denuncia, opera. Un volontariato deciso a non
rinunciare alla sua mission, che è prima di tutto culturale, nel
senso che ogni sua azione va oltre il beneficio immediato del
suo fruitore, essendo tesa a determinare un cambiamento
delle condizioni di miseria sociale che quel bisogno ha generato, ed a richiamare ognuno, in qualsiasi ruolo si trovi ad
operare, alle sue responsabilità di cittadino prima ancora
che a quelle di amministratore o di gestore dei beni comuni.
Questo volontariato, oggi, può valorizzare le opportunità
offerte ed intervenire strutturalmente per un cambiamento
socio culturale del territorio, utilizzando al meglio le risorse
di cui potrà disporre anche per riscattare se stesso dalla
sudditanza e dal bisogno che rischia di fargli perdere voce.
I Centri di Servizio al Volontariato sono nati per questo, ed
alla loro missione sono destinate le risorse che consentono
l’attività di sostegno, promozione e valorizzazione del volontariato.
A questo volontariato, di cui rappresentano “la casa”, i CSV
intendono dare tutto il loro supporto per diventare fattore di
cambiamento e di crescita sociale, come ogni cittadino si
aspetta.
Avv. Caterina Salerno
Presidente CSV Catanzaro
CSVM 4
Benedetta Garofalo
Addetta stampa CSV Catanzaro
Uno sguardo su...
3ª PARTE
Insieme per
convivere
con la
disabilità
L’associazione di genitori volontari “Il
Girasole” opera da tempo a Lamezia
Terme per costruire un futuro ai
ragazzi con disabilità
I ragazzi de Il Girasole si preparano alla festa di Halloween insieme ai loro educatori
S
ambiase - Si incontravano ogni
giorno al Centro di Riabilitazione
presso cui accompagnavano i
propri figli. E tra un’attesa e l’altra,
hanno cominciato a confidarsi l’un l’altro le proprie angosce, legate all’essere
genitore di un bambino con disabilità.
La condivisione delle difficoltà quotidiane, e dell’ansia determinata da prospettive riguardanti il futuro inserimento
sociale dei loro ragazzi per nulla rosee,
ha fatto poi tutto il resto: l’associazione
di volontariato “Il Girasole” è infatti
divenuta realtà nel 1992, e da allora ha
continuato a rappresentare un punto di
riferimento nella città di Lamezia Terme
per quanti vivono l’esperienza dell’handicap. Il progetto di auto-aiuto “Aiutare
ad Aiutarsi”, la partecipazione all’attuazione di diverse politiche dell’handicap
perseguite da istituzioni ed associazioni, e l’apertura di uno sportello informativo e di consulenza, ne costituiscono
un esempio: gli attuali ventitrè soci de
“Il Girasole”, infatti, sanno di poter contare l’uno sull’altro, e che ognuno di
loro rappresenta un petalo dell’enorme
girasole in cerca di luce. La loro amicizia, nata anche per necessità quasi
vent’anni fa, è sempre più salda, nonostante gli enormi ostacoli incontrati
lungo il cammino abbiano più volte gettato ciascuno di loro nello sconforto:
ma poi è bastata la parola di incoraggiamento di un altro genitore che vive la
stessa situazione per risollevarsi e
andare avanti. I loro figli, divenuti nel
frattempo grandi (quasi tutti non sono
più in età scolare, ed alcuni sono ormai
trentenni), hanno formato dei gruppi
suddivisi per età e patologie ben consolidati, e desiderosi di portare a termine tutti insieme, con l’aiuto di educatori esperti, attività ludico-ricreative e
manuali. Noi del “CSV Magazine” li
abbiamo colti mentre eseguivano con
fantasia lavoretti con la sabbia, in vista
della festa di “Halloween”: l’incontenibile entusiasmo, unito alla curiosità di
conoscere e di osservare gli inaspettati visitatori, metteva in secondo piano
le loro disabilità mentali, più o meno
evidenti.
Ora, però, le attività del secondo grup-
CSVM
5
Uno sguardo su...
po rischiano di essere interrotte a causa
della mancata copertura di alcuni turni
settimanali: il venir meno del prezioso
apporto dei ragazzi del servizio civile,
infatti, priva gli operatori dell’associazione della possibilità di venire incontro
alle esigenze degli assistiti ricadenti in
quel gruppo, e contribuisce a rendere
ancora più complicato l’intero stato di
cose, già acuito dall’inidoneità dei locali in cui “Il Girasole” opera da tempo.
Nella sede di piazza Diaz, a Sambiase,
non ci sono spazi all’aperto in cui i
ragazzi con disabilità possano liberamente muoversi, fare attività fisica o
dedicarsi, ad esempio, al giardinaggio:
“L’aver stipulato una convenzione con il
comune di Lamezia Terme nel ’98 ci ha
consentito - oltre che di utilizzare i locali di quello che una volta era un istituto
scolastico - di realizzare le varie iniziative di animazione, volte a potenziare le
capacità dei ragazzi, che il progetto
“Aiutare ad Aiutarsi” prevedeva - chiarisce a noi del “CSV Magazine” la vicepresidente dell’associazione Rosanna
Pullia, in rappresentanza della presidente Stefania Franzì – Di strada, da
allora, ne abbiamo fatta tanta: attraverso la convenzione, le donazioni di privati e lo stesso impegno economico di noi
genitori, i ragazzi dell’associazione
hanno raggiunto grandi traguardi. Ma
ora confidiamo in un aumento della
convenzione per continuare ad operare
con maggiore incisività, al fine di inserire i nostri ragazzi in un progetto che
possa avviarli al futuro”. Molti dei successi ottenuti negli anni, d’altronde,
sono frutto di gare di solidarietà tra gli
stessi concittadini (come è avvenuto
per l’iniziativa benefica, dell’Epifania di
qualche anno fa, “Un pulmino nel calzino”, a seguito della quale si è potuto
acquistare un pulmino attrezzato per i
disabili) e della collaborazione di altre
associazioni (più volte i ragazzi hanno
vissuto l’esperienza della minicrociera,
delle giornate al mare e all’Acqua Park
e delle gite sociali). Le prove di creatività, i momenti di socializzazione, e
anche il solo recarsi al cinema e al teatro o ai negozi a fare shopping a cui
periodicamente si affiancano i corsi di
alfabetizzazione per il computer e le
lezioni di nuoto alla piscina comunale –
sono vissuti, inoltre, come concrete
opportunità di crescita verso l’acquisizione di una completa autonomia: inoltre, con l’adesione a “L’Altra Casa”
della comunità “Progetto Sud” di qualche anno fa, si è provveduto a ricostruire all’interno dei locali dell’associazione
un ambiente domestico, quasi familiare,
affinché ognuno si impegnasse a riordi-
... i genitori
volontari de “Il
Girasole” vogliono
rendersi
protagonisti nel percorso intrapreso dai
loro figli per il conseguimento di una,
anche minima, autonomia
nare una stanza o si dilettasse a cucinare come a casa propria. Sapersi
destreggiare nelle piccole cose appartenenti alla quotidianità, rappresenta
invero un grosso risultato per questi
ragazzi e per i loro genitori: “Molti passi
in avanti sono stati fatti rispetto a venti
anni fa- prosegue la Pullia, affiancata da
Giuseppe Saffioti, Paolina Filippa e
Giovanna Manfredi, aventi precisi compiti all’interno dell’associazione – Nel
passato ci si doveva battere per avere
l’insegnante di sostegno, ora per fortuna le cose sono cambiate. Ma tutto
diventa più difficile nell’età post-scolare, in cui si medita sul reale futuro di
questi ragazzi. Il pensiero del “dopo di
noi”, infatti, comincia ad essere assillante”. Ed è per mantenere in esercizio i
Il Girasole” è infatti
divenuta realtà nel
1992, e da allora ha
continuato a
rappresentare un
punto di riferimento
nella città di Lamezia
Terme per quanti
vivono l’esperienza
dell’handicap
figli più che ventenni, ed assicurare loro
opportuni strumenti formativi ed abilitativi, che questi genitori portano avanti
senza mai stancarsi la “mission” dell’associazione: ciascuno di loro, infatti,
rifiuta l’idea del figlio ricoverato in qualche struttura al momento in cui non ci
sarà più chi l’ha messo al mondo.
“Purtroppo molte famiglie nemmeno si
pongono tale problema – ribadiscono
all’unisono i genitori presenti- Alcuni
genitori hanno ancora delle resistenze
ad affrontare la questione del “dopo di
noi” o rifiutano l’idea di un futuro di
emarginazione per il loro figlio con disabilità.
È un problema culturale”. Quel che è
certo è che i genitori volontari de “Il
Girasole” vogliono rendersi protagonisti
nel percorso intrapreso dai loro figli per
il conseguimento di una, anche minima,
autonomia: e l’esempio di Antonio
Saffioti, figlio di Giuseppe, fa loro da
sprone, pur essendo la disabilità fisica,
da cui il giovane è affetto, ben diversa
da quella mentale. Antonio, infatti, si
occupa personalmente dei corsi di formazione, ha anche partecipato alla
discussione per i Piani di Zona comunali, ed è attualmente responsabile, per
conto dell’associazione, dello Sportello
Osservatorio Scuola che ha sede presso la “Fish Calabria”: “Tante sono le
segnalazioni, aventi ad oggetto l’assistenza scolastica o la carenza di sussidi all’interno delle scuole, che pervengono allo Sportello- spiega Antonio con
un pizzico di orgoglio- I genitori di studenti con disabilità si rivolgono a noi
per farsi consigliare: tempo fa, ad
esempio, siamo intervenuti per consentire ad una ragazza di essere accompagnata fino a scuola con l’autobus.
Prima, infatti, l’autobus non arrivava
fino a lì”. E mentre ci prega di far pubblicare i recapiti dello Sportello
(0968/25079), il sito e l’indirizzo mail
dell’associazione:
(www.girasoleassociazione.org
[email protected]), Antonio non sembra avere alcun dubbio sul suo futuro:
continuerà ad occuparsi degli altri,
magari facendo l’avvocato (è laureato in
Scienze Giuridiche e sta continuando a
studiare per la specializzazione), e non
consentirà alla sua inseparabile sedia a
rotelle di limitare oltremodo la sua vita.
Di certo essa non è riuscita a intaccare
il suo bellissimo sorriso!
(3- continua)
CSVM 6
angolo delle associazioni
Il miracolo della nascita e
l’impegno dell’associazione
“Acquamarina”
N
el 1988, per volontà di un
gruppo di Ostetriche operanti presso l’Ospedale A.
Pugliese di Catanzaro, nasce un’associazione senza scopo di lucro denominata Centro Studi Nascita Attiva, con
l’obiettivo fondamentale di promuovere
una cultura della nascita in cui le donne
e la coppia sono i veri protagonisti.
L’Associazione ha lavorato per molti
anni organizzando corsi di formazione,
conferenze pubbliche, corsi pre – parto
per coppie, anticipando quello che poi è
stato messo in atto dal servizio pubblico.
Tale esperienza ha avuto la sua naturale
conclusione nel 1995, quando si è deciso di fermarsi a riflettere sull’evoluzione
delle dinamiche familiari e sociali nel
Nostro Sud, dove pian piano è venuto a
modificarsi il tessuto familiare e l’impianto tradizionale della famiglia, con la
nascita di nuove problematiche relative
al nuovo nato e al suo inserimento all’interno della famiglia (si pensi alle forti
depressioni che colpiscono le madri
giovani e meno giovani, quasi che una
delle gioie più grandi della vita possa
trasformarsi in un peso che non si riesce
a sopportare).
In tale ottica e con le medesime finalità,
dopo circa 10 anni, si vuole riproporre
l’esperienza del Centro Studi, con la
novità di coinvolgere operativamente la
coppia in quanto la nascita è un evento
emozionale, sessuale, sociale, che
influenza profondamente la vita dell’essere umano.
Nasce così nel 2006 l’Associazione di
volontariato Acquamarina, che già nel
nome contiene i suoi principi ispiratori
richiamandosi al blu acquamarina, che è
anche il colore dell'acqua con le sue
proprietà vitali e che suscita sentimenti
di simpatia, fiducia, armonia e amicizia.
I soci fondatori sono operatori del setto-
CSVM
7
angolo delle associazioni
re materno infantile, mamme e papà
convinti che il modo di nascere, e successivamente di essere allevato,
influenzi profondamente la vita dell’essere umano perché la nascita è un evento di tale importanza che se ben vissuto
rinsalda quei legami che vincolano gli
esseri umani tra loro, in seno alla famiglia e alla società.
L'associazione, quindi, persegue finalità
di solidarietà sociale ed educative nel
campo dell’assistenza sociale e socio –
sanitaria in favore di famiglie, giovani
coppie e di donne che versano in situazioni di svantaggio culturale, sociale e
psichico.
Per il conseguimento dei propri scopi,
fondamentale è il lavoro di messa in rete
tra i servizi socio-sanitari del territorio e
di tutte quelle organizzazioni che si
occupano, a vario titolo, della famiglia, e
che l’associazione persegue attraverso
la promozione di momenti di studio del
contesto sociale per fare emergere i
bisogni, al fine di trovare risposte sostenibili alla carenza di modelli di riferimento relativi alla nascita, all’allattamento ed
al calore familiare tipici dell’attuale
società.
Attualmente l’associazione è partner nel
progetto di Servizio Civile promosso
dall’Amministrazione provinciale “S.o.S.
Donne in difficoltà” con il compito di
individuare e segnalare donne che
hanno bisogno di sostegno e di accompagnamento alla genitorialità.
L’altro fronte su cui l’associazione è
impegnata quale capofila è la realizza-
zione del progetto “Da Mamma a
Mamma” finanziato dal CSV di
Catanzaro, con il partenariato della
Fondazione Calabria Etica, dell’ASP di
Catanzaro Dipartimento materno-infantile, dell’Associazione L’Acchiappasogni di Catanzaro Lido e di
Cittadinanzattiva Tribunale Diritti del
malato.
Il progetto mira a creare una rete di solidarietà tra le mamme attraverso la realizzazione dello sportello “Da Mamma a
Mamma”, all’interno del Punto nascita,
di prossima apertura.
Licia Aquino
Giulia Menniti
LA DIVERSITÀ È SEMPRE
UNA RICCHEZZA
Karin Maria Faistnauer Catanese e le volontarie dell’Associazione “Donne e Futuro”
E
ra il ’92 quando io e Bianca
Lillo avevamo deciso di fondare un’Associazione per “qualificare e valorizzare il ruolo della donna
nella ristretta cerchia familiare, dove il
suo contributo è ancora troppo spesso
sottovalutato”. Avevamo notato che
c’erano tante Associazioni diverse ma
non ne trovammo una che portava
avanti la crescita della donna come
donna: moglie, madre, figlia, amica,
casalinga… Lo statuto era pensato
come una magna carta. Già allora scrivemmo della donna calabrese: “proiettandola come cittadina europea”, quando dell’Europa ancora si parlava poco.
Avevamo chiesto a Don Natale Colafati
un’aula nella sua nuova Parrocchia a
Lamezia Terme e iniziammo nel salone
della chiesa della Beata Vergine Maria
con un incontro informale tra un gruppo
di amiche per presentare la nostra idea.
Siamo stati accolti con entusiasmo e il
nostro piccolo gruppo si è subito allargato per arrivare a tuttora a quaranta socie.
La prima manifestazione organizzata
dalla neo Associazione aveva come
tema “Essere donna oggi”, titolo pensato da Don Natale per un evento in
Parrocchia, organizzato in occasione
della Festa della Donna, a cui pensammo di associare una festa di beneficenza. Un centinaio di donne parteciparono; fu un successo strepitoso, una famiglia in difficoltà fu aiutata. Ecco, l’essere
donna da sempre e di sempre: allacciare rapporti, cucinare, festeggiare, aiutare. Per Natale avevamo organizzato una
mostra–mercato che ha lasciato il
nostro vescovo di allora, Mons.
Vincenzo Rimedio, senza parole; ci ha
fatto i complimenti per la nostra capacità di organizzare e mettere insieme
donne di ogni estrazione sociale con
capacità artistiche diverse, dalla pittura,
alla preparazione di dolcetti, miele e
marmellate, fino alle sciarpe tessute al
telaio, i vetri dipinti, i fiori di carta, le palline patchwork per l’albero di natale, le
tovaglie dipinte e ricamate, per ricordare soltanto qualcuna delle diverse attività. Con Alda Cianflone, la “nostra” psi-
CSVM
8
angolo delle associazioni
cologa cofondatrice di “Donne e
Futuro”, avevamo iniziato un corso di
auto-aiuto Rogeriano proprio il giorno
del mio compleanno a casa mia; quando furono poi pronte le aule catechistiche ci siamo trasferiti in chiesa. Questi
incontri si sono protratti per diversi anni
e hanno aiutato tutte le partecipanti
nella crescita personale. Iniziammo
anche subito con gli incontri di cucito:
tre volte alla settimana; invece di cucire
ognuno da sola a casa, cucivamo insieme in Parrocchia. La lettura di libri con
discussione, l’uscita serale per mangiare la pizza, i convegni su tematiche attinenti al mondo femminile, le mostremercati, tutto questo ha sicuramente
portato al senso autentico di appartenenza a questa piccola Associazione
che si era prefissa già di partenza dei
risultati altissimi, che la contraddistinguono ancora oggi. Intanto con mia
sorella Ulrike, a Innsbruck, parlavamo
sempre di come si sarebbe potuto portare “la Calabria” in Austria.
E sempre nel ’92, iniziando a frequentare la Chiesa, mi ero accorta delle donne
zingare e così mi sono interessata del
loro mondo. Gli “italiani” sostenevano
che “a loro piace vivere così” e Bianca,
allora Presidente dell’Associazione, mi
diceva che “come noi non ci fidiamo
delle donne zingare così loro non si fidano di noi”, e mi consigliò di parlare con
Fernando Davoli, Presidente dell’Associazione “La Strada” che da anni
lavorava con i bambini e ragazzi zingari
della nostra città; e infatti, lui era d’accordo con me, si doveva fare qualcosa
per le donne di questo popolo perché
vivono situazioni molto difficili. Nel ’97
ho iniziato ad instaurare dei rapporti con
loro sulla strada e ho iniziato a studiare
sistematicamente il fenomeno “zingaro”
di Lamezia Terme e nel resto del mondo.
Nel 2002, nelle aule catechistiche della
Parrocchia del Rosario abbiamo iniziato
con un corso di cucito per donne zingare. Al primo incontro erano venute in
due, al secondo incontro erano in dieci,
la terza volte erano in quaranta tra
donne, bambini e qualche marito. Certo,
c’era il trucco… Avevo prospettato il
corso come un lavoro con una retribuzione di generi di prima necessità del
valore di mille lire per ogni incontro.
Serafina, la sarta, mi raccontava che lei
da sempre cuciva per le zingare e aveva
anche cercato di insegnare loro qualcosa ma erano “troppo pigre” per applicarsi; intanto mi ero accorta che anche
le ragazze più grandi e le donne adulte
coloravano con piacere i quaderni che
portavo per i numerosi bambini piccoli
sempre a seguito delle loro mamme e
così ho capito che queste donne,
essendo ancora tutte analfabete, appartengono ad un popolo arcaico. La loro
cultura nomade non ha permesso che
esse acquisissero le nozioni teorichelogiche del nostro mondo post-moderno e perciò vivono accanto a noi come
bambini in mezzo agli adulti. Il disagio
esistenziale porta oggi questo popolo a
disprezzare la propria origine e a desiderare di essere “taliani”, non sapendo
che di fatto lo sono già. Loro sono zingari italiani, calabresi più di tanti calabresi, essendo arrivati dalla Grecia nel
‘400; fino a pochi anni fa nomadi, hanno
ancora nel profondo del loro essere la
cultura orale e animistica, hanno delle
capacità artistiche e una sapienza millenaria che nella loro emarginazione e
povertà non riescono più a vedere,
meno che mai a valorizzare.
Sempre nel 2002, nella prima settimana
di agosto abbiamo portato per la prima
volta “la Calabria” a Innsbruck. Mia
sorella aveva intanto aperto un Cafe &
Pub e ci ospitava volentieri per far conoscere “il problema zingaro” e il nostro
Facendo conoscere
il nostro lavoro con
gli “zinghiri”
siamo già stati invitati
a Innsbruck a partecipare
a Convegni
e ad organizzare Mostre.
progetto su come migliorare una situazione difficile ovunque. Abbiamo portato i prodotti calabresi, dagli antipasti, al
vino, olio, miele e marmellate, alle ceramiche, cesti e tessiture fino all’offerta
turistica, tutte attrazioni nuove per gli
abitanti e i numerosi ospiti di Innsbruck.
In questi anni sempre più tirolesi sono
venuti a trovarci in Calabria e il loro
entusiasmo fa una pubblicità impagabile a questa bellissima regione che perfino i propri abitanti non conoscono fino
in fondo. Facendo conoscere il nostro
lavoro con gli “zinghiri” siamo già stati
invitati a Innsbruck a partecipare a
Convegni e ad organizzare Mostre.
Ormai da sedici anni noi amiche
dell’Associazione “Donne e Futuro” facciamo un cammino di crescita individuale, che da soli è impossibile raggiungere. Ogni anno organizziamo la
mostra-mercato di Natale, ormai nel
Chiostro di San Domenico, con un’affluenza notevole di gente. Con le donne
zingare abbiamo avuto dei risultati sorprendenti; iniziano a capire che non tutti
gli italiani sono ricchi e cattivi (come loro
da sempre pensano), e quando la “taliana” sulla strada riesce a vedere la donna
zingara senza pregiudizi lei si ricorda
perfino di dire “grazie” quando riceve
qualcosa. Diversi sono stati gli attestati
e i premi ricevuti, sia a livello locale che
internazionale (come per esempio il
”Diploma d’Onore” dall’Associazione
internazionale Thém Romanò a
Lanciano; a Lamezia Terme l’Associazione “Donne e Futuro” era uno dei
quaranta premiati per i festeggiamenti
per i quarant’anni della città). In Austria
siamo stati questo estate per la settima
volta con le “Calabrientage” (i giorni
calabresi) e il successo è ormai assicurato visto che gli ospiti del Cafe & Pub
“Hokuspokus” chiedono già in primavera se “anche quest’anno vengono i calabresi”. I fotografi e la televisione locale
vengono a riprendere la nostra manifestazione vedendo i manifesti attaccati in
giro e i giornali parlano del nostro lavoro con le donne zingare e delle bellezze
della nostra Regione.
Quando sono arrivata nel ’73 in Calabria
per fare qualche giorno di vacanze mi
sono innamorato prima di tutto del
paese, poi del mio futuro marito. Per me
vale quello che ha scritto Giuseppe
Berto: “Quando vidi quella terra seppi
che era la mia terra e ci andai ad abitare”. Essendo austriaca mi sono trovata
in mezzo a due popoli, i calabresi nonzingari e i calabresi zingari; sono stata
accolta con amore da ambedue i popoli e vedendo che c’era un problema di
comunicazione tra loro ho proposto
delle soluzioni. Sono stata sempre
sostenuta da tutte le mie amiche
dell’Associazione e da tutte le persone
alle quali ho esposto le mie idee sulla
Calabria e sugli zingari. In questi anni
abbiamo realizzato progetti con la
Regione Calabria, la Coldiretti Calabria,
la Provincia di Catanzaro, l’ASP, il
Comune e la Diocesi di Lamezia Terme
e in Austria con la Stadt (Comune), l’Uni
Managament (Università), la Caritas e il
Verein Minderheiten di Innsbruck e con
il
Schlosssmuseum
e
l’Editrice
Wenigerheiten a Landeck. Ringrazio tutti
gli abitanti di questa, ancora poco conosciuta, Regione per il cammino bellissimo che insieme abbiamo iniziato a fare.
Presidente Associazione Donne e Futuro
Karin Maria Faistnauer Catanese
Per l’italiano ringrazio Raffaella Cicero
CSVM
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angolo delle associazioni
Esibizioni canore, pupazzi danzanti e cibo
a volontà alla cena sociale organizzata
dall’associazione “Sacro Cuore”
I volontari
I
componenti
dell’associazione di volontariato
“Sacro
Cuore”, di concerto
con il comitato organizzatore del quartiere Mater Domini
della città di Catanzaro, hanno pensato
bene di protrarre la
quinta edizione di
“Settembre in festa”
per quattro giornate.
La seconda serata,
in particolare, è stata
dedicata alla tradizionale cena sociale
con gli esponenti delle altre realtà associative: più di cento persone, infatti,
hanno preso posto tra i tavoli sistemati
in un’area all’aperto per essere serviti
dagli stessi volontari dell’associazione,
e per gustare il ricco menu preparato
p e r
l’occasione da Anna
e Carmine Costantino. Nel ricordo del
compianto amico Bruno Timpano, poi,
abituale “frequentatore” di tale
momento di confronto e di condivisione conviviale tra volontari e propri assistiti in qualità di uomo attivamente
impegnato in ambito sociale, i coniugi
Costantino hanno voluto che fosse
improntata la festa: e la stessa animazione con canti e balli (hanno fatto inaspettatamente ingresso finanche i
volontari mascherati di personaggi di
Walt Disney per strappare a tutti un
sorriso) ha visto come protagonista
assoluto e divertito il figlio disabile di
Bruno, Francesco, insieme alla sua
mamma. Nessuno, infine, ha voluto
mancare all’appuntamento con la consueta foto di gruppo dinanzi alla gigantesca ed invitante torta.
CSVM
10
angolo delle associazioni
Il ventennale dell’ARCAT
nella provincia di Catanzaro
Q
uest’anno si celebra il ventennale della nascita dell’A.R.C.A.T. (associazione
regionale dei club degli alcolisti in trattamento) che ha iniziato la propria attività nella provincia di Catanzaro con la
nascita dei primi C.A.T. (Club degli alcolisti in trattamento) a Chiaravalle e
Catanzaro.
Allora, grazie all’iniziativa di alcuni professionisti particolarmente impegnati
anche nel volontariato, furono avviati i
primi gruppi di alcolisti in trattamento
con le loro famiglie, dapprima nelle sale
annesse ai reparti di medicina degli
ospedali di Chiaravalle e Catanzaro, e in
seguito in locali privati (concessi da parrocchie o dai comuni), nel territorio.
Negli anni, questa esperienza è cresciuta significativamente ed è stata individuata come una delle più importanti
realtà italiane , nel settore della cura e
della riabilitazione alcologica.
Il Past-President
ARCAT Calabria
Franco Montesano
fa il resoconto delle
attività realizzate
I club degli alcolisti in trattamento e i
volontari dell’associazione
sono
aumentati e si sono diffusi in tutto il territorio regionale anche se nella provincia
di Catanzaro il loro numero è maggiore:
essi sono presenti a Catanzaro e Cz
Lido, Botricello, Petronà, Zagarise,
Lamezia,
Montepaone,
Soverato,
Chiaravalle, San Vito, S. Andrea,
Badolato.
Nella provincia di Catanzaro inoltre si è
cosituita l’APCAT – CZ (Associazione
Provinciale dei Club degli Alcolisti in
Trattamento) che, a sua volta, comprende le A.C.A.T. locali di Catanzaro,
Soverato “MedioIonio” e Chiaravalle).
Alle ACAT della provincia di Catanzaro
afferiscono per motivi organizzativi
anche i CAT di Lamezia ed alcuni CAT
della provincia di Reggio (Caulonia e
Locri).
Lo sviluppo dei CAT è particolarmente
correlato all’attività dei servizi per le tossicodipendenze, tra questi la maggiore
collaborazione, fin dal 1994, si è sviluppata con il SerT di Soverato che, fin
dalla sua istituzione, ha lavorato con gli
utenti che presentavano problemi alcolcorrelati (PAC) e con le loro famiglie.
Il lavoro di collaborazione con i servizi
pubblici, pur nel rispetto delle reciproche autonomie, è fondamentale per
dare risposte concrete agli alcolisti e ai
loro familiari ed attuare, di concerto,
programmi terapeutici di recupero a
CSVM
11
angolo delle associazioni
lungo termine.
Dopo la presa in carico dell’utente
alcolista ed il trattamento di disintossicazione, è fondamentale il mantenimento dell’astinenza alcolica attraverso un
trattamento terapeutico integrato ed un
programma individuale di lungo termine,
che preveda sia la somministrazione di
farmaci anticraving ed avversativi sia la
frequenza dei gruppi di sostegno, multifamiliare, territoriali ossia dei CAT più
vicini alla loro residenza.
Questo lavoro sinergico ha permesso di
ottenere risultati assai soddisfacenti in
centinaia di alcolisti in trattamento con
le loro famiglie che, negli ultimi vent’anni, hanno potuto usufruire di questa
metodologia lavorativa ed hanno man-
I C.A.T. si basano sul
metodo Hudolin, dal
nome del professore
Croato Vladimir Hudolin
e di sua moglie, la professoressa Visnja, psichiatri, inventori e promulgatori della loro
metodologia
tenuto il cambiamento del proprio stile
di vita ed il raggiungimento della sobrietà. Da studi effettuati in proposito abbiamo verificato una percentuale media di
successo a lungo termine attorno al
64% in media, certamente maggiore
negli alcolisti trattati congiuntamente
con i CAT, rispetto agli utenti trattati
individualmente o all’interno del SerT.
Questo approccio metodologico del
resto è seguito da molti altri Sert e servizi alcologici italiani che ne confermano la validità.
I C.A.T. si basano sul metodo Hudolin,
dal nome del professore Croato Vladimir
Hudolin e di sua moglie, la professoressa Visnja, psichiatri, inventori e promulgatori della loro metodologia.
Dopo le prime esperienze a Zagabria,
negli anni ’70, furono avviati i primi club
degli alcolisti in trattamento in Italia , ad
Udine e, di seguito, in tutte le regioni del
nord-Italia. Negli anni ’80 sono iniziati i
programmi alcologici anche nel meridione d’Italia; la Calabria è stata una delle
prime ad attivarsi in tal senso, con l’avvio dei primi club nel 1984 e la nascita
dell’ARCAT nel 1987.
Il metodo Hudolin è basato sull’approccio ecologico-sociale: i problemi alcolcorrelati nascono dalla cultura alcologica antropologica esistente che accetta
o addirittura sostiene il bere. Occorre
lavorare per cambiare la cultura esistente in senso preventivo ed educativo e
sostenere il cambiamento degli alcolisti
in trattamento tramite il coinvolgimento
delle loro famiglie che, anziché delegare
il loro problema devono affrontarlo in
prima persona, mettendosi in discussione e lavorando nei CAT per favorire il
percorso verso la sobrietà.
L’alcolismo è un problema di tutta la
famiglia per cui tutti i membri della
famiglia devono partecipare alle riunioni del CAT.
Il CAT è un gruppo di sostegno multifamiliare, formato da minimo 2 famiglie fino ad un massimo di 12 famiglie
con PAC.
Il CAT si riunisce una volta a settimana,
alla stessa ora, dello stesso giorno, in
una sede privata generalmente concessa da parocchie, comuni, associazioni
private o altro.
I CAT sono gruppi di mutuoautoaiuto, i
cui componenti si riuniscono con un
volontario formato ed aggiornato dalle
associazioni locali di volontariato (ACAT,
APCAT ed ARCAT): i volontari sono detti
“servitori-insegnanti”, in quanto al servizio delle famiglie in trattamento con PAC
e della comunità locale di appartenenza.
Essi hanno la funzione di assicurare il
normale e continuo svolgimento delle
riunioni del CAT, di facilitare la discussione in ogni seduta e la partecipazione
attiva di tutti i membri, di far rispettare
le poche ma fondamentali regole statutarie (puntualità, astensione dal fumo
durante le sedute, rispetto della metodologia hudoliniana). Essi inoltre si
impegnano nei programmi di prevenzione ed educazione mirati alla prevenzione dei rischi alcolcorrelati promuovendo
iniziative di sensibilizzazione nei confronti delle famiglie della propria comunità locale o di altre realtà territoriali: per
questo sono detti anche “insegnanti”.
I CAT lavorano nella trasparenza, senza
ricorrere all’anonimato se non per quanto riguarda le normali regole di rispetto
della privacy e della reciproca convivenza: essi, con la loro stessa presenza
radicata nella propria realtà territoriale ,
promuovono la salute con particolare
riguardo alla prevenzione dei danni
associati all’uso delle bevande alcoliche.
Nei CAT in genere si seguono delle
norme utili alla propria specifica attività:
tenuta di un registro delle presenze settimanali, elaborazione di un verbale delle
sedute redatto a turno da ogni membro
di club, visita agli alcolisti in difficoltà per
eventuali ricadute da considerare non
come un evento tragico ma come risorsa per la ripresa del trattamento avviato,
riunioni di autosupervisione fra i volontari–servitori, organizzazione di interclub
con la partecipazione dei membri di CAT
limitrofi a feste di socializzazione, naturalmente analcoliche.
I volontari, servitori-insegnanti, ed i
membri di CAT, partecipano anche a
significativi momenti di aggiornamento
e formazione, promossi dalle associazioni locali e dall’AICAT (Associazione
Italiana dei CAT): particolarmente importanti sono i corsi di sensibilizzazione
della durata di 50 ore (6 giornate) per la
formazione di nuovi servitori-insegnanti,
le giornate di aggiornamento proposte
I CAT lavorano nella
trasparenza,
senza ricorrere
all’anonimato se non
per quanto riguarda le
normali regole di
rispetto della privacy
e della
reciproca convivenza
dalle ACAT /APCAT e dall’ARCAT ed i
convegni nazionali di Assisi, sulla spiritualità antropologica, e dell’AICAT.
Nel 2007 è stata fondata la WACAT
(associazione mondiale dei club degli
alcolisti in trattamento) che associa tutti
i CAT nel frattempo avviati in gran parte
della nazioni del mondo, sia ad occidente che ad oriente.
Il ventennale sarà ricordato con un
apposito congresso che si terrà nella
città di Catanzaro e che coinvolgerà
professionisti e non professionisti che
con la loro azione hanno permesso il
raggiungimento di un traguardo così
importante, nonché i tantissimi familiari, alcuni dei quali hanno iniziato a frequentare per primi i CAT territoriali e nell’occasione festeggeranno i vent’anni di
sobrietà.
Dott. Franco Montesano
Past- Presidente ARCAT Calabria
Direttore SerT Soverato – ASP CZ
CSVM 12
angolo delle associazioni
L’estate dei volontari
del gruppo Emmaus
S
i sono autofinanziati per portare
al mare alcuni bimbi in situazioni
di disagio, i volontari del Gruppo
Emmaus di Catanzaro. Organizzandosi
in tre diversi turni, i sostenitori della filosofia di amore fraterno e di gratuità, in
cui ha sempre creduto il compianto
Abbè Pierre, hanno garantito per tutta
l’estate il servizio di sostegno alle famiglie bisognose della città, ed hanno
regalato a bambini di diversa età (la
maggior parte dei quali di altre nazionalità) ed alle loro mamme momenti di
svago e di socializzazione sulla spiaggia
di Giovino. I piccoli Amid, Zeina, Inass,
Yasser, Maria Ester, Davide, Matteo,
Marta, Miriam, Daniel, Stela Nicoleta,
Ioan, Meryem, Zakarya, Hanan, Alì,
Sara, Yasmine, Rachida, Mustapha e
Jessica, muniti di secchielli, palettine e
salvagente, hanno sfruttato al meglio
ogni attimo trascorso al mare. Anche il
momento della merenda ha per loro
assunto un “sapore” diverso. Per alcuni
di loro, poi, si è addirittura profilata una
cena in pineta in occasione della festa
del patrono San Vitaliano: ma per tutto il
Gruppo Emmaus l’estate appena trascorsa resterà di certo legata a ricordi
indimenticabili di amore semplice e di
condivisione.
T.D.D.M.
Alessandra Fulciniti
racconta come i minori
del progetto
“S.o.S. Famiglia” siano
stati coinvolti nel Festival
Canoro di Pontegrande
N
asce il 20 settembre del 2007
la storia di “S.o.S. Famiglia”,
un progetto di sostegno alla
genitorialità promosso dalla nostra
Associazione, il “Tribunale per la difesa
dei diritti del Minore”.
Fin dalla sua costituzione, nel lontano
1985, il nostro organismo di volontariato
ha sempre avuto a cuore la difesa ed il
benessere dei minori, obiettivi questi
impossibili da perseguire se non si parte
dal concetto di famiglia, luogo che, per
natura, dovrebbe essere preposto ad
impartire ai fanciulli la prima ed essenziale formazione umana e civile. La strada
percorsa insieme ai minori ed alle relative
famiglie, non è stata certo priva di ostacoli, ma i momenti condivisi, il desiderio
dei bambini che quanto vissuto non finisse ed il clima di fiducia instaurato con i
genitori, ci hanno spinto a festeggiare la
conclusione, speriamo temporanea, dell’esperienza di “S.o.S. Famiglia”.
Per questo il 4 ed il 5 settembre abbiamo voluto condividere la gioia dei traguardi raggiunti con la città di Catanzaro
ed in particolare con il quartiere di
Pontegrande che ci ha ospitato durante
tutto l’arco dell’anno presso il centro
sociale. Grazie alla collaborazione ed ai
rapporti di stima che si sono instaurati
con l’Associazione “Emmeti”, la nostra
Associazione è stata invitata a partecipare alla 6ª edizione del Festival Canoro
di Pontegrande anche attraverso la predisposizione di uno stand informativo al
fine di illustrare le nostre attività.
Ci è stata data, inoltre, la possibilità di
presentare al pubblico la storia e gli
scopi della nostra Associazione nonché
di far esibire, nella prima serata, i minori di “S.o.S. Famiglia” in un momento
musicale dal titolo I Personaggi di
S.o.S., un ironico brano rap sull’equipe
formativa del progetto che ha suscitato
il consenso degli spettatori, a cui è
seguita la premiazione dei ragazzi.
Nella seconda serata invece, è stato proiettato il video riassuntivo del progetto e,
con uno scambio di targhe ricordo tra la
nostra Associazione e l’Associazione
Emmetì, abbiamo concluso, felici, la nostra
esperienza all’interno della manifestazione.
Quanto vissuto, come ogni esperienza
importante, ha rappresentato un momento di crescita per l’Associazione
“Tribunale per la difesa dei diritti del
Minore” che ha potuto così far conoscere la propria realtà all’esterno nella speranza che nuovi volontari e nuovi soci
possano entrare a farne parte: rappresenterebbero di certo un nostro sorriso
in più per tanti bambini in difficoltà,
bambini con piccoli visi tristi, ma con
cuori grandi che attendono solo di essere colmati d’amore.
CSVM 13
novità dal CSV
Finalmente attivato
lo sportello
territoriale di
Lamezia
Terme
P
er assicurare in maniera capillare il proprio
sostegno alle associazioni di volontariato del comprensorio, il CSV di Catanzaro ha
finalmente provveduto all’attivazione
dello sportello territoriale di Lamezia
Terme. Dal 25 agosto scorso, infatti, in
prossimità della Cattedrale del bellissimo corso Numistrano di Nicastro, la
porta dell’importante succursale del
CSV di Catanzaro è aperta per fornire i
servizi di base alle numerose realtà
associative del lametino. Dopo aver
dato copertura alla zona dell’Alto Jonio
mediante l’attivazione dello sportello di
Cropani, il CSV di Catanzaro ha ora
accolto anche le richieste dei tanti
In alto: Katia, Carmen e Maria Luisa, le operatrici di sportello.
volontari che
operano nella parte tirrenica del territorio provinciale.
E in attesa dell’inaugurazione, le operatrici di sportello Marialuisa Mascaro,
Carmen Di Benedetto e Caterina Paone sotto la supervisione dell’esperta “webmaster” dello staff operativo del CSV
Maria Bombara - sono già al lavoro, pronte a fornire preziose informazioni a neofiti
e “navigati” del mondo del volontariato.
Lo sportello territoriale di Lamezia
Terme è in piazza Salvo D’Acquisto, ed
è aperto dal lunedì al venerdì dalle 9.00
alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18.00.
CSVM 14
punti di vista
F
inalmente a Catanzaro si parla
di cultura con la C maiuscola.
Nel mese di Ottobre avrà luogo
il Festival dell’Antropologia, organizzato
dall’Assessore all’Istruzione del Comune, Danilo Gatto, il quale ha predisposto un Comitato Curatore, presieduto dall’antropologo L. M. Lombardi
Satriani e composto da esperti del settore. In base alla programmazione generale, l’evento sarà sostanziato da numerosi interventi: lezioni magistrali, workshop e mostre, che ruotano intorno ad
un tema prescelto, che è quello del
“potere”.
Secondo la mia modesta interpretazione, si tratta dell’eterno dilemma antropologico di un “essere umano” che,
vivendo in una società complessa, si
dibatte tra la propria natura originaria ed
una “cultura” che, sempre più spesso,
sovrappone ad essa alcuni aspetti deteriori, quali i meccanismi perversi del
potere, che costringono l’uomo ad
adottare sempre nuove strategie per la
propria sopravvivenza.
Nel rammentare la tesi hobbesiana
dell’“homo homini lupus”, mi trovavo a
riflettere sul fatto che c’è una selvatichezza “primitiva” dell’uomo che, in fondo, ha
una propria ragione d’essere, mentre, sul
versante della modernità, sussiste un
complesso sistema di poteri, di forme
prevaricatorie ed aggressive, che denuncia il fallimento di una cultura europea,
solo apparentemente più evoluta, ma
essenzialmente dannosa, per la vita stessa dell’uomo, e della donna, di oggi.
Infatti le forme di potere più pericolose
sono quelle meno evidenti: sono le sottili e perverse macchinazioni di chi esercita un’autorità, per lo più immeritata,
sui settori del lavoro, delle politiche
sociali, delle pari opportunità, chi adotta
un potere subdolo sulle forme di religione settarie, o su presunte imprese umanitarie, ma anche chi gestisce Istituzioni
ed organizzazioni culturali di grande
risonanza, senza averne la minima competenza.
Così, ritengo che questo Festival potrà
avere una triplice funzione: sarà una
prova di coraggio per chi lo ha promosso, un terreno di confronto per chi vi
partecipa, una forma di smascheramento degli impostori.
In qualità di rappresentante dell’Associazione I.N.F.A.P di Catanzaro1 ho
aderito al Programma Comunale, promovendo un Workshop, che credo
A
come
ANTRO
POLOGIA
Milena Manili
dell’INFAP
si sofferma
sul significato
di “potere” che sarà
trattato nel corso del
Festival
dell’Antropologia
a Catanzaro
possa suscitare un diffuso interesse,
anche per chi non è del settore.
Si chiama “La Corrente Mediterranea:
un percorso esperienziale tra
Antropologia
ed
Arte-terapia”.
Nell’arco di tre giorni, alternando seminario e laboratorio, La Corrente
Mediterranea mostrerà delle strategie di
difesa “creative” che, nella costruzione
della propria identità, servono a recupe-
rare spazi liberatori della persona, ostacolando l’insidia delle forme di aggressività e di potere, materializzate nelle politiche urbane, nei luoghi istituzionali e
negli spazi della convivenza.
La tematica, presumibilmente come
tutte le altre proposte del Festival,
rispetterà il tema scelto dal Comitato,
ovvero “Strategie di potere e meccanismi di difesa”.
L’uditorio è pubblico, mentre per il
Workshop vengono selezionati coloro
che hanno presentato all’INFAP domanda di adesione, tra quelli che hanno già
fruito dei servizi INFAP, quali: i laboratori I.A.T.E. (Intervento Arte-terapeutico
Educativo, realizzato un paio d’anni fa
con il patrocinio dell’organismo di
volontariato C.S.V. di Catanzaro) gli
incontri di Counseling psico-pedagogico da me condotti in Sede, i Seminari
sul
disagio
giovanile,
presso
l’Auditorium dei Tribunale dei minori e
nelle Scuole pubbliche.
Il potere: che cos’è, come si intrufola
nelle nostre vite, e sotto quali forme? Lo
scopriremo solo vivendo, come recita
una vecchia canzone.
Non vi nascondo che oggi ho una certa
difficoltà a capire perché e come la
società che più ha esaltato la dignità
umana, ovvero quella fondata sul riconoscimento universale dei diritti e della
“dignità dell’uomo” abbia finito per perderla: se, e come, possa recuperarne il
significato.
Evidentemente la società moderna ha
fatto propria una concezione culturale
dell’idea di umanità, che è affetta da
distorsioni di tipo teologico, filosofico,
scientifico, ma anche accademico e
politico, tratte dalle varie impostazioni di
origine medievale; concezione che oggi,
per fare fronte ai disastri della globalizzazione, necessita di un “nuovo umanesimo” che possa essere vissuto dalle
persone, a prescindere dalle politiche
correnti e da un potere costituito, di tipo
demagogico e strumentale.
Secondo la mia modesta esperienza, da
adolescente romana del ’68, la politica
non è in fondo che il modo in cui l’uomo
agisce e si relaziona agli altri uomini, per
realizzarsi nella società: quest’idea di
politica può dare un quadro abbastanza preciso della società stessa.
Come afferma Caillè, almeno a partire
dalla fine del medioevo, il codice della
dignità umana è stato dominato dall’idea
di funzionalismo o utilitarismo, in senso
lato, cioè dalla capacità dell’uomo di
CSVM 15
punti di vista
adempiere la propria funzione sociale
secondo prestazioni e scopi razionali.
Che l’uomo sia considerato un mezzo
per altri fini è in contrasto con la concezione cristiana della dignità, ma anche
con la concezione antropologica laica
dell’uomo, che non si basa su una questione di status o su uno standard di
prestazioni, bensì sull’intrinseca essenza dell’uomo, ovvero sull’universale
natura degli esseri umani.
Le Scienze Umane, sembrano avere
perso di vista quella fondamentale relazione tra ciò che l’uomo fa e ciò che l’uomo è. Infatti sempre più spesso la dignità dell’uomo viene misurata come qualcosa di possibile, che si realizza solo a
certe condizioni e se offre dei vantaggi al
sistema di potere che governa una
determinata società, anziché sulla evoluzione della società in sé stessa.
Così la radice della crisi culturale che
oggi investe il concetto della dignità
umana si ritrova, a mio parere, nella perdita dei confini tra società e natura, piuttosto evidente nei temi della bioetica,
che assistono al dominio sempre più
ampio dell’artificiale sull’uomo.
Mi sembra perciò necessario che
anche la tematica di un Festival
dell’Antropologia possa oggi concorrere a ridefinire i confini fra ciò che è
umano e ciò che non lo è.
Non dobbiamo però vedere l’agire
sociale solo in termini negativi, ma in
termini di azioni positive. Per fortuna
nella fenomenologia della società attuale, molte Organizzazioni non governative, associazioni e gruppi di volontariato,
promuovono la pace, la solidarietà, la
difesa dei diritti umani, da quelli del consumatore a quelli che tutelano le fasce
deboli della popolazione dalle sopraffazioni e dalle violenze.
Di questi, purtroppo, le politiche sociali
si occupano solo superficialmente, cioè
attribuendo loro dei diritti civili come
una serie di elargizioni in forma contrattuale, apparentemente ben programmate, ma prive di reali contenuti. Questo
punto di vista, a mio parere, non riguarda solo l’uomo socializzato, in un determinato tempo e luogo, ma ricade
pesantemente sulla concezione dell’uomo in senso antropologico.
Il linguaggio dei diritti non può essere né
individualistico, né qualunquistico, perché il problema legato ad un caso singolo, o ad un caso tipico, è un problema
fragile, non affrontato alle sue radici, ma
Ritengo che questo
Festival potrà avere una
triplice funzione:
sarà una prova di
coraggio per chi lo ha
promosso, un terreno
di confronto per chi vi
partecipa,
una forma di
smascheramento
degli impostori.
Il potere:
che cos’è, come si
intrufola nelle nostre
vite, e sotto quali
forme?
Lo scopriremo
solo vivendo,
come recita
una vecchia
canzone.
Le Scienze Umane,
sembrano avere
perso di vista
quella
fondamentale relazione
tra ciò
che l’uomo fa
e ciò
che l’uomo è.
solo come un dato negativo, da evitare
od esorcizzare.
I diritti umani si basano invece sulla
condivisione e sulla relazione.
Parlare di bene pubblico non vuol dire
che ognuno deve arrabattarsi o pagare,
per avere una certa concessione, un
titolo, un lavoro, o ricorrere a compromessi per scampare ai danni quotidiani.
A me sembra che tutti questi siano dei
sottili meccanismi di potere che si impadroniscono delle nostre vite e di quelle
dei nostri figli.
L’essere umano ha una sua particolare
essenza, che va oltre il contingente, ed
è ciò che i filosofi, da J.S. Mill a
Luhmann, intendono come “elementi
ascrittivi universalistici”, ciò che Husserl
definisce “capacità trascendentale soggettiva” che va oltre la dimensione
materiale della vita.
L’essenza di ogni uomo è amare ed
essere amato, dare e ricevere senza
interesse egoistico, perchè tale interesse può accumulare cose ma non
valori, ricordando sempre che l’uomo
è un essere di relazione e non di produzione e che il dono e lo scambio
non sono fatti solo di cose materiali.
È vero, ognuno di noi ha diritto a qualcosa; ma se questo qualcosa è solo un
oggetto, si perde il senso profondo del
diritto e della dignità a favore dell’intera
società, col vantaggio di un sistema
antagonista di affermazione dei poteri,
che espropria l’uomo della propria eredità antropologica.
Personalmente, mi auguro che il Festival
dell’Antropologia ed altri eventi come
questo, abbiano un impatto benefico,
almeno alla lunga distanza.
Auguriamoci insomma di poter affermare che, antropologicamente, la prossima
generazione adulta abbia assimilato da
quella presente dei veri nutrimenti, e
non dei veleni, divenendo più responsabile e cosciente di sé: insomma, che
l’uomo e la donna siano protagonisti
etici del proprio destino e non si riducano a semplici “portatori sani di
cervello”.
Milena Manili
[email protected] Tel 3477850738
Docente a contratto di Antropologia. C. I. di
Scienze Umane, Facoltà di Medicina. Università
Magna Graecia, CZ (2000-2008)
Presid. Assoc. INFAP Onlus. Istituto Naz. Femm.
Arti e Professioni, Catanzaro Vico I De Grazia 9
(DLgs 460/1997 Art. 10.Associato C.S.V Cz dal
2001)
Counseling in psicopedagogia ed Arte-terapia dal
1988. (Progetti Scuola pubblica ambito territoriale
Delibera Comunale ed IRRSAE Calabria)
1
CSVM 16
Carla Cosco
Referente Area Promozione CSV Catanzaro
promozione
Ben riuscite le manifestazioni estive a Chiaravalle, Nicastro e Pontegrande di Catanzaro
estate non è solo un momento
di riposo e svago, ma può
diventare un tempo di incontro
e confronto. E questo ha rappresentato
per
molte
Associazioni l’estate che è appena trascorsa.
La solidarietà, la gratuità, il sostegno,
non vanno “in ferie” e le manifestazioni
estive che si sono tenute in molte piazze della Provincia sono state lo scenario
che ha consentito di veicolare questo
importante messaggio.
Quello del volontariato è un mondo invisibile e silenzioso, lontano dai riflettori,
ma la cui presenza discreta risponde ai
bisogni e alle richieste più diverse,
dando aiuto e fornendo servizi laddove
necessitano, senza
chiedere nulla in
cambio.
Per quanto i volontari rifuggano riconoscimenti
e
premi, scendere in
piazza e portare il
proprio messaggio
alla gente, vuol dire
anche far conoscere questa realtà,
sensibilizzare
e
promuovere la cittadinanza attiva,
rispondere a nuovi
bisogni e dare altro
aiuto. Può essere,
inoltre, anche un
modo per far comprendere
che
volontariato vuole
dire anche stare
insieme, conoscersi e farsi conoscere, confrontarsi, crescere insieme e, perché no, divertirsi
insieme.
E se è vero che le persone vanno prese
per la gola, zeppole, anguria e crostate
hanno consentito di raggiungere l’obiettivo!
Il 7 agosto l’estate è stata avviata
dall’Associazione Cittadinanzattiva di
Chiaravalle, che col contributo della Pro
Loco e del CSV ha dato vita alla manifestazione “Incontriamoci in piazza”. Sono
L’
La
piazza:
luogo
di svago
e di
incontro
Gruppo Scout Agesci di Satriano a Chiaravalle.
Sotto: i volontari del gruppo Ancescao
di Torre di Ruggiero alle prese con le zeppole.
state invitate le ODV presenti nel territorio, che hanno risposto con entusiasmo
all’iniziativa. La Piazza Liceo di
Chiaravalle Centrale è stata allestita con
gli stand delle Associazioni presenti:
Cittadinanzattiva, Club Alcolisti in
Trattamento di Chiaravalle, Pro Italia,
Uildm di Chiaravalle, Unitalsi di
Chiaravalle, Avulss di Soverato, Avis di
Chiaravalle, Caritas Parrocchiale di
Chiaravalle, Agesci di Satriano, Centro
Diurno Pegaso della Fondazione
Betania onlus di Catanzaro, La
Misericordia di Soverato, Ancescao
“Piazzetta S. Anna” di Torre di Ruggiero,
Centro Servizi al Volontariato di
Catanzaro. Ogni Associazione ha portato la testimonianza della propria presenza sul territorio ed i
b a m b i n i
dell’Associazione
Agesci di Satriano
hanno consegnato
un attestato di partecipazione
alla
manifestazione al
rappresentante di
ogni
ODV.
L’uditorio che con
interesse ha ascoltato i racconti di
vita che si sono
susseguiti
sul
palco, è stato alla
fine compensato
con zeppole e
anguria,
offerte
dall’Associazione
A n c e s c a o
“Piazzetta
S.
Anna” di Torre di
Ruggiero. Inoltre i
lupetti dell’Associazione Agesci di
Satriano hanno animato il pomeriggio e
la serata con i loro canti e curiose
domande rivolte a chi presiedeva gli
stand delle varie Associazioni.
Un’altra presenza incisiva in una manifestazione pubblica è stata quella del
Tribunale per la Difesa dei Diritti del
Minore di Catanzaro, il 4 e 5 settembre,
nell’ambito del Festival Canoro svoltosi
CSVM 17
promozione
nel quartiere Pontegrande di Catanzaro.
A conclusione del progetto “S.o.S.
Famiglia”, finanziato dal CSV di
Catanzaro (e realizzato dall’Associazione insieme alla U.S. Acli, alla
Fondazione Pina Gigliotti, all’Associazione Nati per amare, alla Cooperativa
sociale La Strada, al Comune di
Catanzaro – Assessorato Politiche
Sociali), l’Associazione Tribunale per la
Difesa dei Diritti del Minore di Catanzaro
ha presentato i risultati del progetto in
una manifestazione pubblica. I bambini
coinvolti nel progetto hanno cantato sul
palco la canzone con la quale hanno
inteso raccontare e testimoniare la loro
esperienza. Sempre nell’ambito della
manifestazione canora, inoltre, è stato
presentato anche il progetto per esteso. Il volontariato fa parte dell’impegno
sociale, dell’essere cittadino attivo, e
la presenza di una ODV in una manifestazione pubblica, come il Festival
Canoro di Pontegrande, consente di
veicolare questo messaggio testimoniandolo nei fatti.
Dall’alto:
I ragazzi del coro “Musica È” con Nunzia Coppedè
alla festa di fine estate a Nicastro
I rappresentanti delle associazioni intervenute
a Chiaravalle
Carla Cosco interviene alla manifestazione a
Chiaravalle
L’estate si è conclusa il 6 settembre a
Lamezia Terme con la Festa di Fine
Estate, organizzata dal Coordinamento
Regionale Alogon, dall’Associazione Il
Girasole, dall’Unitalsi di Lamezia Terme,
dall’AISM provinciale, con il patrocinio
del Comune di Lamezia Terme, come
manifestazione conclusiva del Progetto
“Oltre il limite. Il dono e la gratuità per
promuovere l’inclusione sociale delle
persone con disabilità”, finanziato dal
CSV di Catanzaro. Lo spettacolo dei
ragazzi dell’Associazione La Gurfata ha
animato la serata, e chissà se le tante
persone presenti non sono state attirate
anche dalle zeppole e dai dolci offerti
dalle Associazioni organizzatrici! Questo
è stato lo scenario in cui sono stati presentati i risultati del progetto realizzato
dalle Associazioni, che vede come prodotto finale una pubblicazione che
riporta vere storie di vita.
La piazza come luogo di svago e di
incontro è il tema che ha caratterizzato
queste manifestazioni, è lo scenario che
ha ospitato le Associazioni, e visto che
con la “pancia piena” la nostra mente
funziona meglio, chissà che quest’inverno, ripensando alle zeppole, all’anguria
e alle crostate, non tornino in mente
anche i canti, gli opuscoli e i messaggi!
CSVM 18
Maria Cittadino
Referente Area Formazione CSV Catanzaro
dal Rimini Meeting
È nella riscoperta del proprio
essere “unico e irripetibile”
che si diventa protagonisti
Attraverso le storie di volontari e testimoni “protagonisti”,
Maria Cittadino fa rivivere in queste pagine di cronaca la splendida
esperienza del Meeting di Rimini
C
osa muove circa
4mila volontari per lo
più giovani che arrivano da tutto il mondo a fare i
lavori più disparati? Cosa
muove un russo a fare le piadine? Alla ventinovesima edizione del Meeting per l’amicizia
tra i popoli, intitolata quest’anno O protagonisti o nessuno, e
che ha luogo ogni anno a Rimini, accade questo e altro. A parte un piccolo
nucleo di 12 persone che lavora a
tempo pieno alla sua preparazione, il
Meeting di Rimini viene organizzato,
allestito, gestito e poi smontato grazie
all’appassionato e generoso lavoro dei
volontari: Chi fa le pulizie, chi cucina, chi
fa servizio d’ordine. Quindi elettricisti,
autisti, grafici, magazzinieri, giardinieri,
camerieri… È il luogo dove il dialogo tra
le culture si manifesta anche nel fare
insieme i caffè o pulire i tavoli. È soprattutto grazie al contributo dei volontari
che il meeting è diventato una manifestazione dai grandi numeri: 400 mostre,
3000 incontri, 5000 personaggi e oltre
700mila presenze medie. “È qualcosa di
davvero grande. All’inizio non avevo
digerito la parola protagonista, perché
nella traduzione mi suonava come leader. Poi ho capito l’errore, il protagonista è tutt’altro che un capo, e tutti possono esserlo.” A parlare è Fadi, uno dei
sei ragazzi volontari arrivati dall’Egitto.
Alla domanda di cosa avete visto, l’amico Wael incalza: “Molta gente che si
dedica a qualcosa di grande senza un
tornaconto, solo per comunicare
un’esperienza vissuta: traspare un rapporto con qualcosa di più grande” e poi
“Ci sono cose che
non posso mettere in
valigia, come l’ordine
che qui ho visto.
Ma riparto con la
domanda di poter
essere protagonista
in ogni istante
della mia vita”
Miriam: “In genere nella vita ognuno di
noi ha un lavoro. Ma lo facciamo e
basta. Finisce lì. Qui la sera ci troviamo
e guardiamo a “come” lo facciamo. Ho
scoperto che è possibile vedere Gesù
presente in quello che faccio. E poi
siamo tutti diversi, con mille lingue
diverse. Ma qui se ne parla una che
possono tutti capire”. Alla domanda
ragazzi cosa vi portate a casa? Miriam
risponde: “mi porto a casa un “si” a una
Presenza di cui spesso non mi accorgo,
ma che qui ho toccato e
che mi fa essere protagonista” E Samia: “Ci sono
cose che non posso mettere in valigia, come l’ordine
che qui ho visto. Ma riparto
con la domanda di poter
essere protagonista in ogni
istante della mia vita” Ma
chi è il protagonista? In un
incontro che porta lo stesso titolo del
Meeting il prof. Bersanelli afferma: “La
parola protagonista è spesso usata in
un modo equivoco e parziale. Anche
l’alternativa secca, O protagonisti o nessuno, sulle prime può apparire un po’
esagerata… Ogni uomo, infatti, per sua
natura aspira a essere protagonista; ciascuno di noi sente il desiderio di lasciare un segno. È insopportabile l’idea che
il tempo scorra senza essere vissuto
fino in fondo, soprattutto ci ripugna
l’idea che la nostra stessa esistenza in
quanto tale non sia qualcosa di unico.
La giovinezza è proprio il momento in
cui affiora l’urgenza di essere protagonisti della propria vita. Dobbiamo constatare però una debolezza estrema: fatichiamo a interessarci del reale, come
se… la realtà …possa essere ridotta a
ciò che di essa decidiamo di scegliere…
qual è l’idea di protagonista che ha fallito? La pretesa di farsi da sé, di avere sé
come centro… C’è un’altra possibilità
oppure questa è una sconfitta definitiva
per il nostro desiderio innato di essere
protagonisti fino in fondo? Risponde
don Giussani: ”protagonista non vuol
dire avere la genialità o la spiritualità di
alcuni, ma avere il proprio volto, che è,
in tutta la storia e l’eternità, unico e irri-
CSVM 19
dal Rimini Meeting
petibile”. Da dove viene questa irriducibilità che ci rende protagonisti?… è un
dato di fatto: io non mi sto facendo da
me. Questa è un’evidenza accessibile
alla ragione. Un istante di questa consapevolezza significa un istante di vera
commozione… Da qui nasce una
nuova affezione per ciò che c’è, nulla è
sentito più come estraneo. Allora il protagonista è l’uomo che continuamente
si accorge con stupore che il proprio
“io” è generato da qualcosa che non è
lui, da un infinito. Uno comincia a essere protagonista, quindi, quando si
imbatte in qualcuno che lo chiama per
nome. Non si tratta di fare grandi cose:
se uno si sente guardato così diventa
un soggetto instancabile, un protagonista di positività.”
Dibattiti, incontri, testimonianze, mostre,
spettacoli… vorresti
raccontare tutto, ma
capisci che devi fermarti all’Avvenimento,
a volti come quelli di
Vicky, Rose, padre
Aldo Trento, Rosetta,
Suor Elvira Petrozzi,
Sylvie Menard, Cleuza
e Marcos, Franco del
“Due
Palazzi”
di
Padova…, per restare
stupiti e chiedersi da
dove nasce questa
umanità diversa. “Sono
tutti Testimoni che
hanno detto con la loro
vita che misteriosamente
Qualcuno
costruisce sulle debolezze, sulle personalità
fragili, sui limiti umani,
sulla normalità. E i loro
racconti, spesso fatti di
miserie estreme, sono
entrati sulla lunghezza
d’onda del cuore di
ciascuno di noi, consci
delle nostre debolezze.
E man mano che si raccontavano, il
nostro cuore si riconosceva in loro, e ha
iniziato a vibrare, rompendo quella crosta di scetticismo e cinismo, che permea nei ruoli della vita sociale, nelle certezze adulte, nei valori buoni e nel “politically correct”. Cos’è stata Vicky se non
questo, ovvero lo scoprire e rivelare se
stessa, col coraggio di togliersi la
maschera della malattia e riscoprirsi
essere umano vivo e protagonista? E
Rosetta, con il suo cuore ribelle che,
piegandosi con un “sì” ad una Presenza
concreta, giorno dopo giorno vede svelarsi il proprio volto? O padre Aldo, il
gigante che con i suoi sì ha rotto le cate-
ne di un esaurimento e di un innamoramento. È successo qualcosa di nuovo:
di fronte a dei testimoni, come dice
Bernanos, siamo abituati ad applaudire.
Invece questa volta si è avuta proprio la
percezione che vivere da protagonista,
vivere così, si può.” È quanto si legge
nella newsletter della ONG AVSI, secondo cui occorre offrire a questi testimoni
degli strumenti, perché a sempre più
persone possano portare l’amore di
Colui che li genera, da un lato e dall’altro del mondo. Perché se una cosa è
uscita chiara dal Meeting 2008 è che
qui, da noi, nella vecchia Italia, arde la
sete di testimoni che tornino a rompere
la crosta di nichilismo in cui sottilmente
imprigioniamo il nostro cuore.
Uno degli incontri più attesi è quello con
Vicky, Rose e Marguerite, collegato in
Dall’Uganda, Vicky e Rose
diretta con tutte le postazioni Tv del
Meeting per chi, oltre a quelle migliaia di
persone, non è riuscito a entrare nella
grande sala. Rose Busingye, da testimone dello scorso anno a moderatrice
dell’incontro: accanto a lei Marguerite
Barankitse, fondatrice della Maison
Shalom, in Burundi, che ha salvato più
di 10mila bambini dal genocidio e che
ancora oggi si prende cura degli orfani e
dei più poveri. Ma la vera protagonista
attesa al Meeting è Vicky. Ciò che può
dare valore a tutta la nostra libertà – ha
esordito Rose – è qualcosa di più grande, è un rapporto. Un io che appartiene,
diviene protagonista, perché ha un
volto”. In questo contesto: “Tu hai un
valore infinito, più dell’orrore della guerra e della malattia. Il riconoscimento di
quell’Altro che crea la realtà, e resta presente nella compagnia della Chiesa,
rende la vita danzante”.
Commovente la testimonianza di Vicky,
che, con la sua semplicità, racconta la
sua vita e conquista il cuore della gente.
“Mio marito mi aveva abbandonato perché mi ero rifiutata di abortire il terzo
figlio – ricorda la stessa Vicky – Solo più
tardi scoprii la malattia che ci stava
divorando il corpo. Ero sola con i miei
figli, persi il lavoro e la speranza. Poi, nel
2001, qualcuno mi indirizzò al Meeting
Point della Rose, dove trovai donne che
facevo fatica a credere potessero vivere
in quel modo pur essendo malate di
Aids. Erano felici, ballavano, cantavano.
Non sembravano certo
malate”. L’amore di
Rose e del Meeting
Point l’hanno abbracciata e accolta facendola
subito
stare
meglio. “L’Aids aveva
distrutto il mio corpo,
avevo piaghe ovunque, mio figlio lo chiamavano
scheletro
tanto era magro! Ma
ora guardatemi: sono
un vero miracolo. Sto
bene e anche mio
figlio, seguiamo la
terapia antiretrovirale,
lui va a scuola.Siamo
felici.” Tutto è cambiato quando Rose, guardando fisso negli occhi
di Vicky , le disse:
“Vicky, tu hai un valore
e questo valore è più
grande della malattia.
Tu ce la puoi fare, hai
solo bisogno di ritrovare la speranza.” Gli
occhi di Rose parlavano più della sua bocca. Erano occhi di
amore, pronti a dire: c’è qualcosa sopra
di te, in cui devi riporre la tua speranza.
“Tutto è cominciato con un incontro e
questo incontro ha fatto risorgere la mia
vita. Perché se lei può guardarmi così,
come sarà mai il volto di Dio?”.
“La vita può finire a 25 anni, se in un
momento di furore hai ucciso un uomo,
anche se non intendevi arrivare a quel
punto. Se poi ti ritrovi solo in cella consapevole del fatto che non uscirai, cerchi qualcosa a cui aggrapparti.” Franco
oggi ha 42 anni, con due ergastoli sulle
spalle, è uno di quelli che in gergo si
CSVM 20
dal Rimini Meeting
chiamano “fine pena mai”. È uno dei
detenuti che arrivato in via Due Palazzi
(carcere di Padova) si mette a lavorare
con la Cooperativa sociale Giotto che
nasce anni fa da una combriccola di
neo-laureati in Agraria e che al Meeting,
insieme a dei volontari, illustra i pannelli
della mostra più visitata “Libertà va cercando, ch’è sì cara. Vigilando redimere”.
Il principale intento della mostra è proprio documentare che, paradossalmente, in un luogo dove tutto sembra finalizzato alla privazione della libertà, può
nascere una domanda di verità di sé, inizio di un percorso di riconquista dell’umano. Proprio il riconoscimento dell’errore e la richiesta di perdono agli
uomini e a Dio è il cammino di un principio di redenzione. Ma come avviene? Il
l’importanza della responsabilità, che
permette di uscire dalla spersonalizzazione del carcere. Sputin proviene dalla
Macedonia. È in carcere da tre anni e
lavora per la Cooperativa come pasticcere. “Mi piace questo lavoro. Io ero un
muratore, dopo la condanna per traffico
di stupefacenti credevo di aver perso
tutto. Ma ho incontrato degli amici che
mi hanno insegnato a preparare dolci e
panettoni, ora so che questo è il futuro
per me e la mia famiglia.” Pluriomicidi,
ladri e delinquenti di ogni sorta possono
essere recuperati? Alcuni tra i sorveglianti i detenuti alla mostra sostengono
che a loro non interessa “che cosa hai
fatto”, ma “chi sei e cosa vuoi” ; il motto
è “vigilare redimere”, che riassume l’articolo 27 della Costituzione. I detenuti
quando ne aveva 18. Non ha nessuna
esitazione a mostrare il suo pannello
preferito della mostra: Il figliol prodigo di
Rembradt: “perché anche io ho il bisogno che ha lui: un padre che mi raccolga”. Il momento che ha colpito Wellinton
in quei giorni è stato l’incontro “con la
signora Vicky. Quando è venuta alla
mostra, ci ha detto che in qualche modo
si sente di scontare l’ergastolo. Eppure
lei non è una prigioniera. Ci ha testimoniato che non è importante la condizione in cui si è per essere protagonisti”.
Dopo una settimana così bella, nella
quale i detenuti hanno incontrato molte
persone e vissuto un’esperienza eccezionale si era pensato di organizzare
una breve festa. Per chi era lì si è presentata una scena da non credere: un
Il ministro Angelino Alfano incontra i detenuti di Padova che lavorano nel laboratorio di pasticceria.
presidente della cooperativa Giotto
afferma che “inizialmente frequentando
il “Due Palazzi” ero stupito dal fatto che
tante attività per i detenuti erano più che
altro un pretesto per impiegare il tempo.
Era insopportabile. Perché non fare
qualcosa di utile invece” e così si organizza un piano di lavoro. Per questi
uomini le alternative sono due: trascorrere una decina d’ore sulle brande o
stancarsi nella costruzione di manichini
e nei laboratori di pasticceria. Continua
Franco “Sono in carcere dal 1992 e con
queste persone ho conosciuto un’umanità e un’amicizia nei miei confronti più
di quella che mi merito. Ho un angelo
custode: è una volontaria di nome
Emanuela”. Nel racconto di altri emerge
del “Due Palazzi” all’impegno cui sono
stati chiamati, cioè fare dolci, hanno
risposto ed anche bene. Grazie al lavoro, molti carcerati scoprono di avere un
valore, capiscono che esistono delle
regole e riscoprono la soddisfazione.
“Ma non basta solo un lavoro. In troppe
prigioni si danno ai detenuti incarichi
ridicoli. Gli fanno imbracciare una scopa
e quelli puliscono i pavimenti con una
mano sola. Non imparano niente. Invece
bisogna puntare in alto con queste persone: dare responsabilità e pretendere
molto. È la differenza tra assistenzialismo e lavoro vero.” Le storie di questi
testimoni si incontrano e si intrecciano:
Wellington, 33 anni, originario di santo
Domingo. È in carcere per omicidio da
migliaio di persone davanti allo stand
della mostra sulle carceri. Secondini e
detenuti che cantavano e ballavano
insieme e, in mezzo a quella festa, la
voce di uno degli undici detenuti che
hanno passato lì la settimana: “Non
vedo l’ora di tornare in carcere per raccontare a tutti quello che ho visto”.
Sono stata anch’io testimone di un
gesto di gratuità che si propone di creare occasioni di incontro tra persone di
fedi e culture diverse, nella certezza che
luoghi di amicizia tra gli uomini possano
essere l’inizio della costruzione della
pace, della convivenza e del bene
comune.
CSVM 21
Giuseppe Merante
Referente Area Consulenza CSV Catanzaro
Consulenza
Il 5 per mille: gli obblighi introdotti
dalla legge 244/2007
C
Come nei mesi passati, anche nei successivi saremo impegnati a forniVi notizie sulla distribuzione del 5 per mille, sui
suoi ritardi, sulle novità dell’ultima ora.
In ogni caso sebbene la breve storia di tale strumento sia stata caratterizzata dai ritardi, si richiama all’attenzione dei
lettori l’articolo del magazine numero 1/2008 sulle novità introdotte dalla Legge Finanziaria 2008, dove veniva segnalata tra l’altro l’introduzione dell’obbligo di rendicontazione dei contributi assegnati all’organizzazione tramite
il 5 per mille (Legge 244/2007 art. 3 comma 6).
A questo ha fatto seguito il D.P.C.M. del 19 marzo 2008 dove all’art. 8 sono rese note le modalità di rendicontazione e la
Circolare Agenzia delle Entrate numero 27/E del 26 marzo 2008, che ribadisce il tema del recupero delle somme non rendicontate.
Prima di approfondire l’argomento del rendiconto si osserva che dal punto di vista contabile il contributo del 5 per mille và considerato quale contributo erogato da terzi e non come contributo statale (su questo tema si è espressa recentemente la Corte
Costituzionale con la sentenza n. 202 del 18 giugno 2007) a fondo perduto. Ciò appare evidente nel meccanismo di funzionamento del 5 per mille: il contribuente effettua una scelta ed assegna il contributo, lo Stato prende atto della scelta ed effettua,
una volta esperite le verifiche, l’erogazione.
Dunque lo Stato è un intermediario che da attuazione alla scelta del contribuente, del resto senza questa l’imposta del contribuente sarebbe destinata alla spesa pubblica in genere.
Se il contributo è di natura istituzionale e destinato da terzi si può iscrivere nel bilancio dell’Ente tra gli incassi o tra i proventi
da attività tipiche. Entrando nello specifico a seconda del tipo di contabilità tenuto dall’Ente le scritture contabili da redigere
sono le seguenti:
Caso A) Ente in contabilità ordinaria, per competenza economica:
Al momento della comunicazione dell’importo assegnato:
Conti
Crediti per contributo 5 per mille
Sezione
Destinazione in
bilancio
Stato patrimoniale 1.000,00 C) Attivo circolante II) Crediti
Dare
Contributo 5 per mille
Importo
Avere
Rendiconto Gestionale 1.000,00 1) Proventi e ricavi da
attività tipiche -
Al momento dell’erogazione dell’importo:
Conti
AlBanca
momentoc/c
dell’erogazione dell’importo:
Crediti per contributo 5 per mille
Sezione
Importo
Destinazione in
bilancio
Stato patrimoniale 1.000,00 C) Attivo circolante II) Crediti
Dare
Avere
Stato patrimoniale 1.000,00 C) Attivo circolante IV) Disponibilità liquide
CSVM 22
Consulenza
Caso B) Ente in contabilità semplificata, per cassa:
Al momento dell’erogazione dell’importo:
Conti
Banca c/c
Contributo 5 per mille anno x
Sezione
Importo
Destinazione in
bilancio
1.000,00 Disponibilità liquide
Dare
Avere
1.000,00 Incassi da attività tipiche
Il caso più ricorrente per le organizzazioni di volontariato è il caso B.
Il comma 6 dell’art. 3 della legge 244/2007, ci ricorda che non basta riportare in bilancio il contributo, ma occorre che i soggetti ammessi al riparto redigano un apposito e separato rendiconto, anche accompagnato da relazione illustrativa, dal quale
risulti in modo chiaro e trasparente la destinazione delle somme ad esse attribuite con il 5 per mille.
Con il D.P.C.M. del 19 marzo 2008 all’art. 8 viene stabilito che il Nostro rendiconto separato dovrà essere effettuata entro un
anno dalla ricezione (il momento rilevante è la ricezione, non la comunicazione) del contributo ed inoltre entro trenta giorni dalla
data di compilazione, il rendiconto e la relazione devono essere trasmesse dall’Ente al Ministero che ha erogato le somme. Il
Ministero potrà, una volta acquisita la documentazione, richiedere eventuali integrazioni.
Viene comunque introdotta una distinzione tra le organizzazioni che hanno percepito contributi di importi pari a o superiore a
euro 15.000, ed organizzazioni che hanno percepito contributi inferiori a euro 15.000. Le prime sono obbligate all’invio di rendiconto e relazione al Ministero, le seconde non sono obbligate all’invio ma fermo restando la data di redazione di rendiconto e
relazione, dovranno conservarli per dieci anni e fornirli solo su richiesta.
L’art. 8 si sofferma anche sulle modalità per il recupero delle somme non rendicontate, individuando in particolare i seguenti
casi:
a) qualora l’erogazione delle somme sia stata determinata sulla base di dichiarazioni mendaci o basate su false attestazioni
anche documentali;
b) qualora le somme erogate non siano state oggetto di rendicontazione;
c) qualora gli enti che hanno percepito contributi di importo pari o superiore a 15.000 euro non inviino il rendiconto e la relazione;
d) qualora, a seguito di controlli, l’ente beneficiario non sia in possesso dei titoli che danno l’ammissione al beneficio;
e) qualora gli enti che hanno percepito contributi di importo inferiore a 15.000 euro non ottemperino alla richiesta di trasmettere, ai
fini del controllo, il rendiconto, la relazione illustrativa e l’ulteriore documentazione eventualmente richiesta.
Infine la circolare n. 27/E del 26 marzo 2008, che oltre a ricordare l’obbligo del rendiconto stabilisce che il documento serve ad
informare sulle modalità di impiego delle somme ricevute e sulla destinazione delle stesse.
Questa ultima indicazione dell’Agenzia delle Entrate lascia ampi dubbi, nel senso che la destinazione individua un vincolo, ovvero le risorse vincolate o destinate possono essere spese solo per determinate fini e non possono essere liberamente utilizzate
dall’ente, per esempio per il pagamento delle spese generali dell’ente stesso. Ora a parere di chi scrive, questa in particolare
per le piccole organizzazioni di volontariato sembra una limitazione eccessiva, se è pur vero che queste organizzazioni hanno
confidato nel 5 per mille per recuperare quelle poche risorse necessarie ad esempio al pagamento dell’assicurazione dei volontari o al pagamento del fitto o delle utenze della sede. Piccole spese, dunque, finalizzate al buon funzionamento dell’organizzazione di volontariato.
Si auspica un chiarimento in tal senso, in particolare, sulla portata del termine destinazione rapportato alle piccole organizzazioni di volontariato.
Riferimenti
Legge 244/2007 Finanziaria 2008 - art. 3 commi 6 - I soggetti ammessi al riparto devono redigere, entro un anno dalla ricezione delle somme ad essi destinate,
un apposito e separato rendiconto dal quale risulti, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente la destinazione delle somme ad essi
attribuite.
Decreto Presidente Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.) del 19 marzo 2008.
Circolare Agenzia delle Entrate numero 27/E del 26 marzo 2008.
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servizi del CSV di Catanzaro
www.csvcatanzaro.it
TUTTI I SERVIZI SONO GRATUITI
STRUMENTI
Sono a disposizione delle OdV, su prenotazione:
Saletta riunioni capienza 10/15 posti, utilizzabile dal lunedì al venerdì.
Postazione informatica (computer, stampante, scanner)
Telefono/fax - Fotocopiatrice
Attrezzature
lavagna luminosa - pc portatile - videoproiettore - schermo portatile - lavagna a fogli mobili
registratore digitale - videocamera - macchina fotografica digitale - impianto di amplificazione
COMUNICAZIONE
Il CSV Catanzaro promuove la comunicazione delle OdV attraverso:
Spazio sul proprio sito internet - Newsletter settimanale
Redazione di articoli, organizzazione di conferenze stampa
Sostegno alla produzione di materiali promozionali (grafica, stampa)
PROMOZIONE DEL VOLONTARIATO
Il CSV promuove la cittadinanza attiva attraverso:
Spazio volontariato - Scuola e Volontariato - Volontariato e territorio - Reclutamento volontari - Servizio Civile Nazionale
CONSULENZE
Il CSV offre, previo appuntamento da fissare chiamando la segreteria almeno 2 giorni prima:
Consulenza giuridico-legale martedì/giovedì ore 15,00 – 17,00
Consulenza amministrativo-gestionale martedì ore 9,00 – 10,30
Consulenza progettazione sociale mercoledì/giovedì ore 10,00 – 12,30
Consulenza amministrativa-fiscale venerdì ore 15,30 – 18,30
DOCUMENTAZIONE
Banca dati - Biblioteca emeroteca - Manuali e pubblicazioni
FORMAZIONE
Percorsi formativi organizzati direttamente dal CSV
Laboratori formativi organizzati direttamente dal CSV
Corsi di formazione organizzati dalle associazioni di volontariato
Seminari/Workshop tematici
Sedi e Sportelli:
Catanzaro, via Fontana Vecchia s.n.c. - 88100
Tel. 0961.794607-794522 - Fax 0961.480168
www.csvcatanzaro.it - [email protected]
dal lunedì al venerdì - Mattina: 9.00 - 12.30 - Pomeriggio: 16.00 - 18.00
Cropani c/o GAL Valle del Crocchio, c.da Pedecandela - 88051
Tel. 0961.965615 - [email protected]
Mattina dal lunedì al venerdì 9.00 - 13.00 - martedì e giovedì pomeriggio 15.00 - 18.00
Lamezia Terme Piazza Salvo D’Acquisto - 88046 - tel. fax 0968.25079 - [email protected]
dal lunedì al venerdì 9.00 - 12.30 e dalle 15.30 alle 18.00
Soverato Prossima apertura
Staff operativo:
Direttore
Stefano Morena
[email protected]
Servizi Sportello
Giulia Menniti
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Servizi Amministrativi
Pasquale Pignataro
[email protected]
Area Comunicazione
Carlo Crucitti
[email protected]
Area Consulenza
Giuseppe Merante
[email protected]
Area Formazione
Maria Cittadino
[email protected]
Area Promozione
Carla Cosco
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Anche il Centro di Servizio
per il volontariato
della provincia di Catanzaro
ha la sua
Carta dei servizi
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