ATLANTE DEI SAPORIe DEI SAPERI Alla scoperta dei prodotti agroalimentari ticinesi Un’iniziativa editoriale di BSI - CdT - DFE agricoltura ticinese è confrontata in questi anni con problemi molto concreti: erosione del reddito dei contadini, concorrenza di prodotti di altre regioni e paesi, diminuzione del numero delle aziende, mancanza di un sufficiente ricambio generazionale, parti di territorio agricolo che rischiano di scomparire perché utilizzate per altri scopi. Eppure l’agricoltura svolge, oggi più che mai, un ruolo insostituibile, non solo dal punto di vista produttivo, ma anche da quello ambientale. Proviamo ad immaginare come sarebbe il paesaggio senza il lavoro quotidiano dei contadini. È questo il ruolo «multifunzionale» sul quale punta la nuova politica agraria della Confederazione. L’agricoltore è nello stesso tempo imprenditore, perché produce e vende i prodotti del suo lavoro, e «giardiniere» del paesaggio, perché cura il territorio che utilizza. Per questa parte della sua attività, che ha anche una funzione pubblica, poiché un territorio ben curato va a beneficio di tutti, l’agricoltore riceve un sostegno da parte dello Stato, mediante i pagamenti diretti. Il ruolo multifunzionale dell’agricoltura, in un mercato più aperto, richiede collaborazione e sinergie con altri settori economici che hanno legami con il primario: pensiamo all’industria agroalimentare, alla ristorazione, al turismo, al commercio. La collaborazione tra questi settori è la strada da percorrere per valorizzare i prodotti agricoli del Ticino.Ve ne sono di ottimi. Sono prodotti in grado di affermarsi sul mercato in misura più ampia di quanto non facciano oggi. Il consumatore è infatti sempre più sensibile al prodotto di qualità e di origine locale. P er questo, oltre alla collaborazione, è necessaria la promozione. Far conoscere, in Ticino e fuori dei nostri confini, la produzione agricola cantonale è un compito essenziale per il rilancio dell’agricoltura e per consentire ai contadini di recuperare, almeno in parte, il reddito perso in questi anni di cambiamenti e di difficoltà. Un’agricoltura competitiva è nell’interesse dell’intero cantone, poiché IL TICINO E LA SUA TERRA L’ modo determinante a caratterizzare il futuro dell’agricoltura: è questa la strategia prioritaria da perseguire per lo sviluppo di un vero sistema in cui l’agricoltura svolga in modo efficace e concorrenziale il suo ruolo multifunzionale, in stretta correlazione con il commercio, la ristorazione, il turismo, la cultura (costumi e tradizioni), la cura del paesaggio. È possibile valorizzare questo legame creando una rete tra l’agricoltura e gli altri settori economici. È questo l’obiettivo del Tavolo Verde. Q solo così l’agricoltura potrà svolgere il ruolo multifunzionale che la politica agraria federale le affida e dal quale dipendono tra l’altro in larga misura i pagamenti diretti, cioè il sostegno finanziario dello Stato. Ecco perché il Dipartimento delle finanze e dell’economia, attraverso l’organizzazione del Tavolo Verde, ha promosso questa iniziativa editoriale. L’Atlante dei sapori e dei saperi si propone di far conoscere ad un vasto pubblico i prodotti agrolimentari del Ticino, prodotti che in base alle loro caratteristiche e al tipo di legame che li unisce al territorio possono essere distinti in locali, tradizionali, tipici e innovativi. La classificazione in queste tipologie è importante per la creazione di un paniere rappresentativo della nostra produzione agroalimentare, ma i fattori differenziali su cui dobbiamo puntare per la loro promozione sono la qualità e il gusto. La valorizzazione del legame con il territorio rientra negli obiettivi e nelle misure di promozione della nostra economia e concorrerà in uando visitiamo un’altra regione o un altro Paese, oltre alla bellezza e specificità del paesaggio locale, ai monumenti, alle feste tradizionali, alle occasioni di svago, cerchiamo i luoghi dove è possibile gustare e apprezzare i prodotti alimentari tipici del posto, i piatti caratteristici che non troveremmo in altre regioni o in altri Paesi. La globalizzazione economica tende a livellare e omogeneizzare tutto, anche le abitudini alimentari: ci sono piatti e menu che ritroviamo, più o meno uguali, a Roma come a Parigi, a Hong Kong come a New York, in Grecia come in Spagna. Promuovere i prodotti agricoli locali, le tradizioni gastronomiche specifiche del posto è un modo per sottrarsi a questo rischio di livellamento e di omogeneizzazione. L’alimentazione è uno dei terreni sul quale si gioca il conflitto più generale tra la dimensione globale e quella locale. Il cibo e le tradizioni ad esso legate diventano quindi un importante fattore di attrazione e strumento di differenziazione di un territorio.Tutti noi attribuiamo un valore positivo al legame tra le produzioni alimentari ed il territorio. Questo legame rappresenta un’importante opportunità di sviluppo locale e può contribuire al rilancio di una regione o a incentivare il turismo. Il turista che viene nel nostro cantone cerca il prodotto locale che non trova fuori del Ticino, cerca quei sapori che gli altri non sanno offrirgli. Ma anche il ticinese che nel suo tempo libero si sposta all’interno del cantone va alla ricerca delle specificità alimentari delle nostre regioni e Far conoscere, in Ticino e fuori dei nostri confini, la produzione agricola cantonale è un compito essenziale per il rilancio dell’agricoltura e per consentire ai contadini di recuperare, almeno in parte, il reddito perso in questi anni di cambiamenti e di difficoltà. L’Atlante dei sapori e dei saperi si propone di far conoscere ad un vasto pubblico i prodotti agroalimentari del Ticino località. L’agricoltura ticinese e i settori economici ad essa legati hanno la possibilità di sviluppare un’offerta di prodotti veramente attrattiva perché specifica e di ottima qualità e farne così uno dei punti di forza del nostro territorio. I prodotti agricoli possono essere utilizzati come strumenti per potenziare l’attrattiva della nostra regione e attivare nuovi flussi turistici (turisti gastronomici), incrementare le frequenze dei flussi esistenti (in particolare per i gruppi «turisti di giornata» e «soggiorno breve») e anche cambiare le nostre abitudini (facendoci diventare «turisti in casa»). Importante è anche conoscere perché la nostra agricoltura ha questi prodotti e non altri e come questa produzione ha contribuito a determinare le abitudini alimentari della nostra popolazione. La produzione agroalimentare non è quindi solo un fattore economico, ma anche culturale, che deve rispondere ad esigenze di conoscenze sempre più approfondite e di qualità sempre migliore. Di qui l’abbinamento tra i sapori e i saperi. L’ Atlante dei sapori e dei saperi si propone proprio di dare visibilità ai nostri prodotti tradizionali, di farli conoscere meglio o di farli scoprire a chi non li conosce. Nell’inserto qui pubblicato il lettore troverà una panoramica dei prodotti più rappresentativi dell’agricoltura ticinese. L’Atlante è una prima proposta cui dovrebbe seguire un inventario completo della produzione agroalimentare ticinese. Spetterà ai privati e alle associazioni sviluppare il progetto. Questa pubblicazione si inserisce nel programma globale del Tavolo Verde, che quest’anno ha come tema centrale il coordinamento della produzione e della trasformazione dei prodotti della terra. Questo tema verrà sviluppato durante il convegno sul polo agroalimentare in Ticino, che si svolgerà il 18 settembre all’Accademia di architettura a Mendrisio, e nell’esposizione «Sapori e saperi», la rassegna non commerciale che per la prima volta riunirà sotto lo stesso tetto i prodotti agroalimentari tradi- “ zionali del Ticino. L’esposizione, con ingresso gratuito, si svolgerà al Mercato Coperto di Mendrisio sabato e domenica 21 e 22 settembre. La collaborazione con il turismo trova infine uno strumento specifico di promozione e di sostegno in un’altra pubblicazione, questa volta curata dall’Ente ticinese per il turismo: è il cofanetto di opuscoli «Il Ticino e i suoi sapori» che propone ai turisti, ma anche a tutti i ticinesi, una serie di intinerari gastronomici, per scoprire o riscoprire gli angoli più belli del cantone nel loro stretto legame con i prodotti della terra. Il panorama ticinese dell’imprenditorialità agricola non è mai stato così vivace come in questi ultimi anni. Crescono iniziative imprenditoriali sia individuali sia organizzate, che ripropongono, migliorandone costantemente la qualità e valorizzandoli, prodotti esistenti quali il vino, i formaggi, gli ortaggi, il miele o che lanciano nuovi prodotti di nicchia quali ad esempio le erbe officinali. Si tratta di progetti autonomi che, collegati tra di loro e messi in rete, potrebbero dar vita ad un primo «paniere» di prodotti locali tipici, tradizionali o innovativi, della produzione agroalimentare. Le quattro iniziative presentate nell’ambito del Tavolo Verde (Atlante dei sapori e dei saperi, Polo agroalimentare, rassegna «Sapori e saperi», cofanetto «Il Ticino e i suoi sapori») hanno proprio lo scopo di indirizzare e coordinare gli sforzi dei privati, delle associazioni e degli enti pubblici per promuovere, nelle nuove condizioni di mercato, la produzione ticinese, puntando su una qualità sempre più elevata, sul legame territoriale locale, sulla tipicità dei prodotti e sulla tradizione agroalimentare del cantone. Questa offerta integrata di prodotti agricoli potrà essere utilizzata dalle associazioni agricole e dai loro partner per creare una piattaforma distributiva coordinata, per partecipa- La produzione agroalimentare non è solo un fattore economico, ma anche culturale ” “ re a rassegne agroalimentari fuori del Cantone, o ancora per mettere a punto un concetto di «vetrina itinerante» che possa trovare ospitalità in reparti gastronomici di negozi, punti di ristoro autostradali o eventi culturali. Occorre dunque una vetrina, uno spazio dove poter rappresentare e promuovere questa realtà. Obiettivo di questo Atlante dei sapori e dei saperi è avvicinare tutti noi consumatori ai prodotti della nostra terra e stimolarci – per avere un contatto più ravvicinato e diretto con questi prodotti – a visitare la rassegna «Sapori e saperi del Ticino». Alla rassegna, che esporrà i prodotti più rappresentativi della nostra produzione agricola, si potranno conoscere da vicino tradizioni, processi di lavorazione e naturalmente si avrà l’occasione di degustare quanto offerto in visione. È un primo passo verso la creazione di un paniere dei prodotti agroalimentari ticinesi ” L’ Atlante dei sapori e dei saperi e l’imminente evento «Sapori e saperi del Ticino», come pure la pubblicazione dell’ETT «Il Ticino e i suoi sapori», sono soltanto i primi passi verso la creazione di un circuito unico e coordinato di promozione e commercializzazione dei prodotti agricoli ticinesi. Questo progetto sarà portato avanti dalla Conferenza agroalimentare, l’organismo previsto dalla nuova legge cantonale sull’agricoltura, proposta dal Consiglio di Stato il 6 giugno dell’anno scorso e attualmente all’esame della competente commissione del Gran Consiglio. La nuova legge contempla anche un maggiore impegno finanziario dello Stato per sostenere e incentivare l’agricoltura. Le iniziative qui presentate si inseriscono perfettamente in questo spirito di rilancio. Sono passi concreti che danno seguito agli impegni programmatici. Dalle parole, insomma, ai fatti. Marina Masoni Direttrice del Dipartimento delle finanze e dell’economia VINO - DISTILLATI ORTAGGI Ticino - denominazione di origine controllata vino da monovitigno con un vitigno raccomandato di prima categoria che deve essere presente nella misura di almeno il 90% Pomodoro (tondo liscio, peretto, grappolo, cherry) Zucchine - Cetrioli nostrani e olandesi Lattuga cappuccio - Carote Lattughini Lollo e foglia di quercia Melanzane - Formentino - Cipolle e cipollotte Scarola - Lattuga romana - Cicoria bianca Cavolfiori e broccoletti - Ramolacci - Cavoli rapa Verze - Porro - Finocchio - Rapanelli - Coste - Sedano coste Cicoria rossa e verdi - Altre verdure - Peperoni peperoncini Fagiolini - Prezzemolo - Cabis bianco e rosso Spinaci - Rapette - Cavolo cinese - Broccoletto Indivia riccia - Crescione - Rucola Basilico Rosso; Bianco; Rosato del Ticino (o Ticinese) denominazione di origine controllata vino prodotto con più vitigni raccomandati di prima categoria presenti in quantità superiori al 10% della mescolanza Nostrano della Svizzera italiana vino prodotto con uve di seconda categoria Vino di ibridi vino prodotto con uve «americane» di terza categoria Grappa ticinese distillato di vinacce o di uva americana FORMAGGI I seguenti formaggi possono essere prodotti con latte vaccino, caprino o mescolanza vacca/capra Formaggio d’alpe a pasta semidura grasso Formaggio della paglia (alta valle Maggia) Formaggella magra - Formaggella semigrassa Formaggella grassa Formaggini tipo Robiola freschi e maturi Formaggini a cagliata lattica tipo Büscion freschi e maturi Zincarlin (Büscion alle erbe) - Formaggi a crosta fiorita Mozzarelle - Ricotta fresca e stagionata (in Bogia) SALUMI E DERIVATI Carne secca (manzo e cavallo) Cicin - Cotechino - Codegotto Coppa - Lardo - Luganighetta - Luganiga Mortadella - Mortadella di fegato cruda e cotta Pancetta piana e arrotolata - Prosciutto cotto Prosciutto crudo fiocco - Salame - Salame nostrano Salamella - Salametto di maiale, cavallo, cervo, cinghiale Zampone crudo e precotto Violino di capra Progetto editoriale promosso da: DIPARTIMENTO DELLE FINANZE E DELL’ECONOMIA DEL CANTONE TICINO BSI SA INTERNATIONAL PRIVATE BANKING CORRIERE DEL TICINO Inserto a cura di MEDIACONSULT SA, LUGANO Redazione: CARLO GHIELMETTI LUCA M. VENTURI Foto FIORENZO MAFFI Ricette tratte da: «TICINO A TAVOLA» EDIZIONI SAN GIORGIO MUZZANO Stampato presso: CEREALI SEMI OLEOSI DERIVATI Farina integrale per polenta Grano saraceno Grano non macinato di cereali e oleose Pane Ticino Riso Pasta ticinese Olio di oliva MIELE - CASTAGNE - ERBE MIELE Miele di robinia o acacia Miele di castagno e tiglio - Miele di montagna CASTAGNA Fiocchi di castagne - Farina di castagne essiccata senza fumo Farina di castagne essiccata con fumo - Granulato di castagne Marmellata di castagne - Castagne senza zucchero cotte in vasetto Castagne con sciroppo di zucchero e alcool cotte in vasetto Pasta di vari formati - Pane di castagne con pezzi di castagne secche Grissini di castagne - Amaretti di castagne - Cantuccini di castagne (biscotti) Caramelle al miele di castagno - Birra di castagne - Liquore di castagne ERBE Tisana di Olivone - Caramelle Cofit Olio del buongustaio Cofit SOCIETÀ EDITRICE CORRIERE DEL TICINO SA MUZZANO LA MAPPA AGROALIMENTARE TICINESE sostanza, l’Atlante dei Sapori e dei Saperi costituisce un invito e un incentivo al pubblico per valorizzare i nostri prodotti, a scoprire e a far scoprire cosa può offrire di meglio il “terroir”. L’intento a medio termine è quello di sollecitare una riscoperta e una valorizzazione dell’offerta tipica e tradizionale, ma anche quello di trasformare i nostri prodotti di nicchia in veri e propri veicoli promozionali del Ticino. In questo senso, si potrà collegare la promozione dell’agricoltura alla protezione e alla difesa dell’ambiente e allo sviluppo di un turismo di qualità, più selettivo, intelligente, integrato e consapevole, dunque a maggior valore aggiunto, inserendo il tutto in quel contesto di cultu- ra e tradizione che da sempre caratterizza il nostro Cantone. Presentare i prodotti tradizionali ai consumatori ticinesi, ma non solo, è importante e ancor più ritengo sia voler sollecitare l’attenzione e l’interesse dei ristoratori per i nostri prodotti tipici. Q uello della ristorazione è infatti un target preferenziale ed un veicolo ideale per far conoscere e apprezzare i prodotti del territorio con un’offerta originale e congiunta alla cultura e alla tradizione locale, a gastronomi, visitatori e turisti. È innegabile che troppi aspetti d’indubbio valore e importanza propri del Ticino, così vicino ai grandi bacini d’utenza italiano e germanico, siano ancora così poco conosciuti. In questo senso, molto rimane ancora da fare; dunque, questa iniziativa risponde ad una precisa ed urgente esigenza di comunicazione. La cucina del territorio, è bene rammentarlo, viene oggi rivalutata dai più attenti e sensibili grandi cuochi di livello internazionale e questo lo dichiarano a chiare lettere protagonisti della gastronomia tanto diversi tra loro come Piero Vissani e Gualtiero Marchesi, dunque si tratta di una tendenza nuova e importante. Essa si può delineare come una rappresentazione nell’arte della tavola di un luogo e di una cultura che offre stabilità, identità e tradizione, come ben dice Davide Paolini. In un’epoca di globalizzazione che si dimostra purtroppo solo un’uniformazione accelerata, la cosiddetta fusion tra culture usi e arti si sta piuttosto traducendo in confusion, vale a dire in una monotona e vaga banalizzazione e in un appiattimento verso il basso che spersonalizza e confonde an- che il viaggiatore più navigato. Ecco che, invece, il rivalutare i prodotti regionali più autentici si propone certamente come la strada giusta da percorrere per conferire carattere, originalità, sapienza, talento ad un piatto e ad una zona che sappia esprimere la sua storia, seppur minore, nella sua cucina. E d è certamente meglio servire prodotti del territorio, nostrani, ben presentati e cucinati ad arte, che non proporre ad ogni occasione una cucina che si vorrebbe etnica o esotica a tutti i costi, ma che giocoforza fa ricorso a materie prime non fresche o almeno non certo a quelle autentiche e che con i piatti d’origine nulla hanno a che fare, per non parlare del gusto… È bene ricordare i vantaggi offerti dai prodotti nostrani, innanzitutto l’aderenza alle condizioni climatiche e agronomiche delle nostre latitudini; poi, si tratta di prodotti più adatti e soprattutto più freschi, raccolti alla giusta maturazione, offerti secondo una naturale stagionalità, con tempi di trasporto ridottissimi, con una vasta possibilità di poliutilizzo e, non da ultimo, con una ragion d’essere e un senso concreto, dal punto di vista geografico e storico. I prodotti di nicchia sono anche un eccellente e gradito biglietto da visita di un territorio, si prestano ad una ideale integrazione nell’offerta turistica, basti citare, ad esempio, le strade del vino o il sentiero del castagno o dell’olio. Dunque, la cucina del territorio è un validissimo strumento di promozione delle regioni in tutte le sue valenze, ma deve essere anche una sintesi e un’integrazione fra tradizione, creatività e innovazione. Un’al- Poter conoscere e gustare quanto scaturisce dalla nostra terra, avere l’opportunità concreta di sviluppare una conoscenza intima con il gusto, i sapori, i profumi, gli aromi di un paese, facendo ricorso ai sensi primari, fisici, spontanei dell’uomo, per provare nuove esperienze, sensoriali e istintive, ma anche profonde e durature ta tecnica culinaria, l’arte di presentare e servire il prodotto e la professionalità sono doti vincenti, specie in un territorio permeato di cultura come il nostro. V oglio solo ricordare la vocazione della nostra regione che si può far risalire fino al 1400, con Martino de Rubeis, o de Rossi, il grande cuoco bleniese di Torre, definito da Bartolomeo Sacchi, detto il Platina, "Principe dei cuochi" che operò ai massimi livelli a Roma, per servire poi il condottiero Gian Giacomo Trivulzio, e tutti gli altri cuochi della Svizzera italiana che nei secoli lo seguirono, nel solco dei flussi migratori verso il nord Europa e le Americhe, come Luigi Franconi di Brissago, nell’800, e dei cuochi di ieri e di oggi che illustrano il Ticino, ottenendo riconoscimenti prestigiosi. L a cultura della cucina, tra l’altro, è saldamente presente a Lugano-Sorengo anche con la BING, la Bibliothèque Internationale de Gastronomie, un’autentica e preziosa miniera di testi e documenti rarissimi sull’arte culinaria in cui sono raccolti oltre quattromila rari volumi antichi, manoscritti e a stampa che costituisce un punto di riferimento insostituibile per studiosi, ricercatori e appassionati di tutto il mondo. Una passione, quella per i prodotti della terra e per la gastronomia, dunque, che si traduce nel recupero intelligente di tradizioni che è nostro preciso dovere far sì non debbano scomparire. Paolo Grandi Responsabile Pubblicità e PR, BSI SA International Private Banking Delegato per la Svizzera italiana dell’Accademia Italiana della Cucina C on questo Atlante dei sapori e dei saperi il Corriere del Ticino partecipa attivamente ad un sforzo di promozione dei prodotti agroalimentari ticinesi che ritiene necessario, positivo e orientato nella giusta direzione. Necessario poiché, fra i diversi settori dell’economia cantonale, quello agricolo merita particolarmente di essere sostenuto, alla luce delle molte difficoltà con cui è confrontato oggi chi vive di coltivazione e allevamento, un po’ ovunque ma particolarmente da noi, dove il territorio disponibile è esiguo e sempre più conteso. Eppure, nonostante i molti problemi da risolvere ogni giorno, non sono pochi coloro che riescono a trarre dalla terra ticinese vini, ortaggi, erbe, frutta, cereali, salumi, formaggi, miele e altro ancora, di qualità sempre migliore e spesso con caratteristiche peculiari, diverse dai prodotti d’importazione. Due elementi non sempre facili da combinare, ma che alla fine concorrono con successo a recuperare, rivitalizzare e rinnovare un patrimonio importante e prezioso, fatto appunto di «sapori» e di «saperi». In questo senso lo sforzo è positivo: poiché mette innanzitutto l’accento sul valore del risultato, come punto di riferimento essenziale IL GUSTO VERO DELLA VITA In LA CUCINA TRADIZIONALE Q uesto Atlante dei Sapori e dei Saperi rappresenta un’agile e sintetica panoramica dei prodotti agroalimentari tradizionali, tipici, ma anche innovativi, come ad esempio certi pomodori e il bio del Cantone Ticino. Si tratta certamente di uno stimolo intelligente e di un punto di partenza verso la messa a punto di uno strumento operativo di marketing e d’informazione, un paniere scientificamente strutturato, inteso per la promozione dei prodotti del nostro territorio e volto a sottolineare anche il nuovo ruolo, multifunzionale ed integrato, dell’agricoltura contemporanea. Questo atlante non costituisce, dunque, un’analisi approfondita di ciascun prodotto, ma consente di far scoprire in maniera accessibile a tutti, seguendo i testi vivaci e curiosi di Luca M.Venturi, alcuni dei “tesori” della nostra terra e della nostra tradizione che sembra quasi abbiamo voluto tener nascosti troppo a lungo al resto del mondo. Un caposcuola della cucina contemporanea, Gualtiero Marchesi, afferma che la cucina legata al territorio deve saper applicare tecniche di alta arte culinaria ad un piatto regionale, in modo da valorizzarne il sapore originario. Far dunque uso di prodotti locali, con intelligenza e creatività, cercando di realizzare un insieme armonico di sapori, profumi e colori per orientare poi gli ulteriori passi in favore del settore. Ma non meno significativo è un altro aspetto, che sta alla base dell’operazione di cui l’Atlante è uno dei tasselli: la volontà di congiungere le forze, cercando di sviluppare collaborazioni e convergenze, per superare quella visione frammentaria e troppo spesso conflittuale che contribuisce sovente a indebolire il settore primario non meno delle difficoltà oggettive. D a queste premesse nasce l’Atlante. Il termine è impegnativo e potrebbe prestarsi a qualche malinteso. Non è stato concepito per diventare una mappa esaustiva della produzione e meno che meno una sorta di «annuario» dei produttori. È Atlante nel senso di offrire uno sguardo d’insieme sulle diverse componenti di una produzione agroalimentare ticinese che non mancherà di sorprendere più d’uno, per varietà e ricchezza. E possibilmente – ce lo auguriamo – di ingolosire. Poiché è fatto di quelle cose che danno gusto alla vita, nel senso più autentico di questa espressione. E scusate se è poco. Giancarlo Dillena, Direttore Corriere del Ticino È il latte l’ingrediente base di tutta la produzione casearia. Ed è solo attraverso questo indispensabile alimento e la mano del casaro che possiamo gustare e apprezzare nel pieno del loro sapore le varie qualità di formaggio ticinese. Il vocabolo formaggio deriva da «formos», parola con la quale gli antichi Greci solevano indicare il paniere di vimini nel quale veniva riposto il latte cagliato, per dargli «forma», appunto. Il «formos» greco, si trasformò nel latino «forma», divenuto nel francese antico «formage», e quindi nelle forme omografe moderne italiane di «formaggio» e francesi di «fromage». L’allevamento dei bovini e il consumo e la lavorazione del latte sono attività che risalgono a varie migliaia di anni or sono. Alcuni graffiti dell’èra neolitica, ritrovati in grotte alpine dove era presente una forte antropizzazione, testimoniano quanto già fosse praticato a quell’epoca l’allevamento dei bovini e assai diffusa la produzione di formaggi. La tradizione casearia, nonostante una naturale evoluzione produttiva, si basa su alcuni principi fondanti che risalgono a secoli e secoli fa. L’evoluzione costante della tecnica di preparazione, di lavorazione e di stagionatura dei formaggi sono dovute alle necessità variate dei produttori e ai mutati gusti dei consumatori. I formaggi che si possono considerare tradizionali e tipici del Ticino comprendono il formaggio d’alpe a pasta semidura grasso, il formaggio della paglia dell’alta Valle Maggia, formaggella magra, formaggella semigrassa e formaggella grassa, i formaggini tipo robiola freschi e maturi, i formaggini a cagliata lattica tipo büscion freschi e maturi, il zincarlin (un büscion alle erbe), i formaggi a crosta fiorita, le mozzarelle, la ricotta fresca e stagionata (detta in Bogia) e possono essere prodotti con latte vaccino, caprino o con una mescolanza di latte di vacca e capra. Il formaggio prodotto sui nostri alpi vanta una qualità di tutto rispetto ed è considerato un’autentica delizia. Prodotto a base di latte crudo di bo- IL SAPORE DELLA NATURA Il piacere del formaggio Il latte Il latte ha un alto valore biologico grazie alla completezza dei suoi principi nutritivi; è il primo che l’uomo assume come nutrimento, alla nascita. In Ticino, il latte è da sempre un alimento base in ogni famiglia e presenta caratteristiche organolettiche e una qualità di primissimo piano. Un litro di latte copre, da solo, il fabbisogno proteico e lipidico quotidiano dell’organismo. Il latte offre all’organismo il 70% del calcio di cui ha bisogno e il 35% di vitamina A (retinolo), utilissima alla crescita e allo sviluppo delle ossa. L’assunzione di latte non è mai controindicata, neppure nei regimi dimagranti, ma il quantitativo consigliato a una persona adulta è di 300 ml al giorno. Ottima alternativa, o complemento, sono i formaggi e gli yogurt, prodotti derivati del latte con i medesimi principi nutritivi. vine e di capre che brucano sui pascoli tra i 1600 e i 2400 m, con prevalenza di foraggere aromatiche quali il Ligusticum o erba Mutellina, Crepide dorato e Piantaggine alpina che conferiscono a latte e formaggio profumo discreto e gradevole, pasta morbida e cremosa e un gusto saporito che si accentua con l’età se conservato in una buona cantina. Formaggio che si può definire da meditazione, la sua struttura evolve in permanenza ed è percepita in ogni momento nella bocca tanto da sentire sapori e aromi che ci offrono il gusto della terra d’origine. La frittata detta fonduta Ingredienti: 6 tuorli d’uovo; un bicchiere di panna; burro; 6 etti di formaggio. Preparazione: Mettete i sei tuorli in una casseruola e stemperateli con un bicchiere di panna e un pezzo di burro; tagliate a dadini il formaggio; mettetene la metà assieme ai tuorli e passateli leggermente sul fuoco, fino a che il formaggio inizi a sciogliersi. LA RICETTA Aggiungete il formaggio rimasto e passatelo nuovamente sul fuoco, senza eccedere, in quanto potrebbe portare il formaggio a filare troppo; una volta pronta, versatela in un piatto concavo. La tipicità dei nostri formaggi d’alpe, infatti, dipende dalla flora naturale che riflette le sue qualità nel latte crudo con la sua biodiversità che dipende da numerosi fattori e in particolare dalla razza e dall’alimentazione degli animali. Il formaggio d’alpe ha sempre una pasta di colore giallo più o meno intenso, per il suo contenuto in caroteni derivati dall’erba, se prodotto con latte di vacca, e più biancastra se con latte di capra. I suoi profumi e sapori sono poi determinati dalla composizione botanica dei pascoli e dalla flora microbica ambientale. Per questi motivi il formaggio d’alpe acquisisce caratteristiche diverse in relazione al luogo di nascita e alla mano del casaro. Da non dimenticare poi l’effetto dei terpeni, gli odori del bosco che aumentano con l’altitudine dei pascoli. Il burro Il burro si ottiene dalla panna; si tratta di un grasso alimentare che proviene dalla lavorazione delle creme di latte di mucca, per separazione della parte acquosa, detta latticello. In tempi ormai considerati antichi, il burro era lavorato esclusivamente a mano, scremando il latte messo a riposare nelle conche; in seguito la panna ottenuta veniva versata nella zangola, più comunemente chiamata «penagia». La denominazione «burro» si riferisce al prodotto ottenuto dalla crema ricavata dal latte di vacca o alla screma- tura del siero di latte, corrispondenti a specifici requisiti chimici, fisici e organolettici. Il burro conserva ottimi valori nutrizionali, in quanto vi è presente un’elevata quantità di vitamina A e vitamina D. Un formaggio derivante da latte di animali al pascolo, dunque, è diverso dallo stesso prodotto da latte di animali alimentati con foraggio secco. Molte sostanze presenti nell’erba verde si degradano e scompaiono durante la fienagione, non riuscendo quindi ad arrivare al latte e poi al formaggio. E perché un formaggio giovane è meno gustoso di un formaggio invecchiato? in quest’ultimo si è dato il tempo ai microrganismi e ai loro enzimi di arricchire il formaggio delle numerose sostanze che derivano dalla loro attività. La maturazione è un elemento di grande importanza perché in cantina si originano la struttura e i caratteri organolettici per il verificarsi di complesse reazioni fisico-chimiche ed enzimatiche. La degradazione della caseina costituisce il fattore più importante, la pasta del formaggio si ammorbidisce cambia colore e aspetto, sviluppa sapore e aroma. Il latte di capra Il latte di capra è un ingrediente fondamentale per la produzione di buona parte dei tipici formaggi ticinesi. Il latte di capra rispetto a quello di mucca risulta a un primo approccio meramente cromatico, più limpido e bianco. Questo dipende dall’assenza di carotene, pre- sente in buona misura nel latte di mucca. A livello nutrizionale, il latte caprino è sicuramente anche più leggero e digeribile. Dal latte di capra si ricavano formaggi e formaggini, lavorati con il medesimo processo utilizzato per quelli di latte bovino. Molto diverso è invece il loro gusto, decisamente più piccante e pungente. I prodotti di capra vengono riconosciuti attraverso l’etichetta «Capra Ticino» che testimonia la provenienza e la garanzia. Noti in tutta la Svizzera e oltre i confini, i formaggi della Valle di Muggio nascono oltre un secolo fa. Erano allora formaggi a pasta semidura; questo era dovuto al fatto che il latte doveva essere lavorato in modo tale da essere conservato, visto che le strade decisamente impervie non permettevano un rapido smercio dei prodotti freschi a conservazione limitata. Era quindi necessario proporre dei formaggi che potessero resistere qualche settimana e venderli così nei mercati settimanali. Solo grazie al miglioramento delle vie di comunicazione e di trasporto, i produttori poterono mutare la propria produzione, confezionando dei formaggi freschi a pasta molle, di piccolo taglio, simile a un turacciolo, i famosi büscion, o agrini, che tuttora costituiscono il fiore all’occhiello della fabbricazione casearia di tutta la valle. I formaggini possono essere di latte di mucca, di capra o una miscela di questi due. Il loro metodo di produzione è rimasto legato alla tradizione di un tempo. Ovvero, si porta a una temperatura corporea il latte vaccino e si inocula con fermenti lattici e caglio. Una volta pronta la cagliata, si estrae e si mette in un sacco di tela, e lì lasciata riposare per 24 ore, ovvero il tempo necessario per consentire la sgocciolatura e una leggera maturazione dell’impasto. L’impasto poi, viene lavorato con sale, ed è quindi pronto IL GUSTO DI UN TEMPO Come si lavora il formaggio Annibale e i formaggini Un racconto popolare, tra leggenda e realtà, sostiene che Annibale, scendendo dalle Alpi in direzione di Roma con i suoi elefanti, si trattenne in Taurinia per merito dei formaggini di cui pare fosse golosissimo. Di fatto, Annibale varcò le Alpi durante la seconda guerra punica, e nel 218 a.C. vinse Torino al terzo giorno d’assedio, mettendo a ferro e fuoco la città. Meno documentati sono i suoi gusti in tema di formaggini o di büscion, ma è certo che per individuare l’epoca in cui si iniziò a produrre formaggi in tutto l’arco alpino, si deve risalire ad alcune migliaia di anni fa, vale a dire al periodo in cui le migrazioni delle tribù indoeuropee diffusero presso le popolazioni locali l’allevamento dei bovini e la lavorazione del latte. per essere commercializzato. Questi sono gli originali formaggini della Valle di Muggio. Esiste, però una variante del büscion, il «Zincarlin», che si caratterizza per la presenza nell’impasto di erbe aromatiche. Un classico «formaggino fresco ticinese» è la robiola dalla pasta morbida, bianca, grassa e dal sapore dolce. La formaggella La formaggella è nata in Ticino come formaggio mezzo grasso ai tempi delle «casadelle» prodotte sui maggenghi prima del carico dell’alpe nei mesi di maggiogiugno e al ritorno il mese di settembre. Nelle varie zone di produzione era definita con diversi nomi come «chiasörin» in Leventina, «la maioca» a Biasca, «la mota o motign» in Valle Maggia, «fromagela» in Verzasca, «crenga o patardela» in valle di Blenio. All’origine era prodotta dopo aver scremato la panna affiorata in modo naturale sulla superficie del latte, messo al fresco durante la notte nelle conche di rame. Rinomatissima è la formaggella; si tratta di un formaggio a pasta molle o semidura (secondo la tecnologia adottata il contenuto in acqua può variare) prodotto con latte vaccino o caprino intero o parzialmente scremato, crudo o trattato termicamente, con aggiunta di fermenti selezionati. La crosta si presenta morbida e sottile di color giallo rossastro oppure grigiastra, a dipendenza della flora naturale delle cantine di stagionatura. Se prendiamo ad esempio la crenga, pochi sono rimasti i produttori e anche per questo rimane un formaggio molto ricercato, apprezzato soprattutto al suo sapore inconfondibile, molto saporito e dal carattere deciso.All’inizio del secolo scorso, questo genere di formaggio era uno dei piatti base che componeva la povera tavola dei contadini. La pasta è morbida e fondente al palato, di sapore dolce e delicato se giovane e più deciso e piccante, con sfumature aromatiche se ben stagionata. In alcuni casi si verifica un caratteristico retrogusto leggermente acidulo o talvolta con una leggera punta d’amarognolo. Il colore va dal bianco, al giallo paglierino, a dipendenza della stagione e del foraggio consumato dal bestiame (se prodotta con puro latte caprino è completamente bianca). Il formaggio d’alpe Il formaggio d’alpe è un alimento tipico ticinese assai apprezzato e ricercato che ha di recente ottenuto la prestigiosa denominazione DOP, denominazione d’origine protetta. Confezionato durante l’estate sugli alpeggi, dai quali assume le varie denominazioni, ad esempio, di Piora, Ravina, Prato, Quernei, Cava, Gorda, Lucomagno, Motterascio, Sorescia, Sfille, Campo La Torba, Porcarèsc, Fumegna, la produzione prevede che il latte crudo venga raccolto in caldaie di lavorazione di rame, dove viene addizionato con particolari colture di microrganismi; quindi viene portato a coagulazione attraverso l’aggiunta di caglio. La cagliata viene poi riscaldata tra i 44° e i 49° per quarantacinque minuti circa. Una volta pronto, il formaggio viene posto nelle forme e successivamente pressato; quindi messo in salamoia. La cantina rappresenta l’ultimo stadio della fabbricazione dove viene lasciato a maturare dai quattro ai sei mesi. Il formaggio d’Alpe è diventato nel tempo una pietanza di accompagnamento, generalmente servito alla fine del pranzo, come si dice: «la bocca l’è mai stracca se la sa mia de vacca». Il consiglio è di gustarlo, servendolo a temperatura ambiente, accostandolo a un buon vino rosso da tavola. Per la fabbricazione si adotta una tecnologia di lavorazione molto più rapida rispetto al formaggio tradizionale, viene fatta una grana più grossa (noce), per ottenere una pasta più molle e la temperatura di riscaldamento è di ca. 10° C inferiore, (37°, 38° C) invece di 47°, 48°. Le modeste dimensioni permettono una rapida e uniforme maturazione centripeta, ad opera della microflora superficiale, in un tempo che varia dai 20 ai 30 giorni. Saggezza contadina La saggezza popolare, quella degli «uomini di una volta», è spesso racchiusa in libri, dall’aria polverosa e magica. In uno di questi, i «Secreti medicinali» pubblicati nel 1844, Pietro Gianocca Todeschini di Camorino propone numerose ricette a base di capra. Sono consigli e rimedi che oggi appaiono forse umoristici, ma è sempre affascinante rileggerli, chissà che uno di questi non funzioni veramente. «Corno di capra, posto sopra il capo di chi non può dormire, converte la veglia in sonno»; «carne di capra mangiata spesso acuisce la vista»; «songia di capra stillata nell’orecchie leva la sordità purché non sia antica»; «latte di capra usandolo a bere con zuccaro, rende la faccia con buon colore»; «fegato di capra mangiato, torna la vista di quelli che non vedono dopo il tramontar del sole»; «peli caprini, arsi e con aceto posti nel naso, reprimono il flusso del sangue». La preparazione del salame si articola in alcuni importanti passi. Il primo di questi è sicuramente la lavorazione delle carni che provengono da animali scelti, ben ingrassati e macellati da poco. La carne viene tagliata a pezzi e quindi mondata da tutti gli eccessi di grasso e da tutti i tessuti connettivi. Quindi si passa alla fase della spezzettatura, in cui si prepara la carne che sarà in seguito insaccata. I pezzi vengono tritati e quindi cosparsi di sale e spezie e miscelati con queste sostanze. In questo passaggio, è molto importante che la miscelatura sia la più gentile possibile, per evitare di schiacciare l’impasto e di riscaldarlo per sfregamento. Tutto l’impasto è dunque pronto per l’insaccatura, ovvero per il riempimento dei budelli naturali.Anche questa operazione deve essere condotta con grande attenzione e cautela. Eseguita con un’insaccatrice, si deve ugualmente fare attenzione a non riscaldare l’impasto. Una volta riempiti i budelli si provvede alla legatura artigianale a mano, o al rivestimento con una rete. Da notare che anche la macinatura del salame influenza l’aspetto e addirittura il gusto del salame: quello macinato fine, si chiama tipo milanese, ed è particolarmente amato nella Svizzera interna. Quello macinato grosso è invece chiamato “nostrano” o “paesano”, ed è tipico del Ticino. L’occhio inganna: quello con i granelli di lardo grossi sembra, specialmente ai nostri confederati, più grasso che il tipo milanese. Spesso invece è il contrario! Così ottenuto, il salame deve subire il delicato processo di essiccamento che si divide in due parti. La prima prevede l’asciugamento del salame nel quale viene inoculata a seconda dei casi una muffa pura, per consentire all’impasto di sviluppare il proprio caratteristico aroma e aiutare l’essiccamento. Quindi, viene lasciato a traspirare per una settimana circa, a una temperatura che si aggira attorno ai 22/24 gradi, e a un’umidità elevata. In questa settimana il salame perde molta della sua umidità (un terzo), e si sviluppa su tutta la sua su- I SALUMI DELLA TRADIZIONE La preparazione del salame La professione Fino agli anni ’30, in Ticino il negozio di salumeria era ben separato e distinto da quello del macellaio. Due tradizioni e due specializzazioni artigianali diverse, ma certamente complementari. La successiva evoluzione ha fatto si che nei decenni successivi la pro- fessione diventasse completa, con una verticalizzazione dei processi, dall’acquisto del bestiame, alla macellazione, alla trasformazione dei prodotti, fino alla vendita, con la denominazione di macellaiosalumiere. La formazione professionale dura oggi tre anni. I primi due sono destinati alla formazione di base. Al terzo anno ai giovani viene offerta la possibilità di scegliere fra tre diverse specializzazioni: la commercializzazione, la trasformazione della carne, e la produzione di carne. perficie, la caratteristica muffa. Si è quindi pronti per la stagionatura. I salami vengono messi in speciali ambienti dove, a temperatura e a condizioni di umidità costanti, si lasciano sottoporre al processo di maturazione che dura in media tra uno e tre mesi. Ora il salame è pronto per il commercio e il consumo. Ma prima, vengono infarinati ed etichettati. La cazzöla Ingredienti: 2,5 kg di costine di maiale, 1/2 kg di pancetta nostrana, 3 cipolle, 50 g di burro, 5 gambi di sedano, 1/2 kg di carote, 23 tazze di brodo, sale, pepe, salsa di pomodoro, 2,5 kg di verze. Il consumatore può conservare il salame intero in un luogo fresco e asciutto. Una volta tagliato lo può coprire con una carta oleata e conservarlo in frigorifero. Il salame affettato, imballato sottovuoto può venire conservato in frigorifero alcuni giorni oltre la data di vendita. Ogni salame andrebbe gustato a temperatura ambiente, come il vino; solo così potrà svilupparsi il caratteristico aroma. Preparazione: tagliate le costine e la pancetta in pezzi non troppo piccoli, rosolate nel burro con le cipolle tagliuzzate, aggiungete sedano e carote a pezzi, bagnate con il brodo e la salsa di pomodoro diluita. Salate e pepate. Cuocete per un’ora e mezza; poi, aggiungete le verze LA RICETTA sfogliate e tagliate, e lasciate cuocete ancora per 45 minuti. Se risultasse troppo liquido, prolungate la cottura di qualche minuto. Il prodotto nostrano In Ticino come nella vicina penisola sono nati gli articoli tipici della salumeria nostrana, per la necessità di conservare a lungo le carni, macellate nei periodi appropriati (freddi) e trasformate in prodotti da poter consumare nell’arco dell’anno. I prodotti della professione di macellaio-salumiere si dividono in varie categorie. In primo luogo, quelli della carne fresca e dei preparati di carne, pronti per la padella. Quindi, i prodotti salati cotti, come i diversi tipi di prosciutto cotto e la lingua. Poi, i prodotti salati crudi, come il prosciutto crudo il senz’osso-fiocco, la pancetta piana e arrotolata, la coppa, la carne secca e la bresaola. Infine, i prodotti di salumeria e gli insaccati, che si dividono a loro volta in stagionati – salami, salametti, mortadelle – e in freschi da cucinare come luganighe, cotechini, salsiccia, mortadelle. Qualità ed esperienza Per esprimere un prodotto nostrano di qualità ineccepibile è necessario un know-how che può scaturire solamente dalla tradizione, dall’esperienza e dalla professionalità del macellaio. Fondamentale è anche utilizzare solo carni di prima scelta, di prove- nienza svizzera e da allevamenti assolutamente rispettosi delle esigenze degli animali. Non solo, ma è imperativo che vi si operino una lavorazione accurata e un controllo d’igiene rigoroso. Nella nostra epoca l’evoluzione del gusto e della cultura alimentare ci porta a rivalutare e cercare i più autentici sapori perduti. I salumieri ticinesi, dunque, contribuiscono con la loro professionalità a salvaguardare i prodotti tipici regionali, nobile patrimonio della nostra cultura gastronomica. La materia prima da cui si ricavano i prodotti sono animali sani, ben ingrassati e giovani, per la carne da banco, maturi, per la carne di salumeria, dai quali si procede a una scelta accurata dei pezzi, come la coscia di maiale per il prosciutto cotto, la spalla di maiale per il cotto di spalla e la lingua di manzo per la lingua salmistrata o cotta. La luganighetta La salsiccetta alla casalinga, o luganighetta, è un piatto semplice della tradizione popolare, immancabile in Ticino in occasione di feste e grigliate all’aperto. Questa ricetta familiare è una variante degli anni ’30. Ingredienti: 600 g di salsiccia, 60 g di burro, 2 cipolle, 1 cucchiaino di salsa di pomodoro, farina, dado per brodo. Preparazione: arrotolate la salsiccia, fissandola con stecchini e infarinatela leggermente. Friggete il burro e dorate la salsiccia, aggiungete le LA RICETTA cipolle affettate sottili e rosolate il tutto. Versate una tazza di brodo caldo e sciogliete la salsa di pomodoro. Cuocete lentamente per 20 minuti circa. Questa luganighetta si può anche accompagnare a polenta o purea di patate. Una delle tradizioni alimentari più importanti e radicate dell’intero Ticino è la mazza casalinga con la quale si vuole definire una serie di prodotti ricavati dalla carne del maiale. Il termine deriva dall’espressione dialettale della macellazione intesa come “mazza” del maiale che avveniva per forza di cose sul posto di allevamento del maiale stesso, approfittando dei mesi freddi più adatti, rispettando regole igieniche empiriche. Il risultato dipendeva poi dall’abilità dei beccai o norcini nel trasformare la carne in gustose specialità conservabili tutto l’anno. Quest’arte, con l’avvento di allevamenti su larga scala e naturalmente con il forte aumento del consumo di carne ormai accessibile a tutti, ha dato origine alla professione vera e propria del macellaio-salumiere che rimane pur sempre un artigiano che mette in pratica in modo ancor più raffinato le capacità di produrre le specialità di una lunga tradizione ticinese. La prima fase della “mazza” consisteva nel riscaldare un recipiente con circa 100 litri d’acqua a una temperatura di circa 80 gradi, dove veniva immerso il maiale una volta che aveva perso tutto il suo sangue, per ammorbidirne la pelle. Solo allora si passava alla raschiatura della pelle usando il tradizionale raschiatore a forma di imbuto. Quindi si passava a svuotare l’animale delle sue interiora, le quali, opportunamente lavate e disinfettate, venivano utilizzate quale budello per raccogliere gli impasti dei salami, dei cotechini e delle luganighe. Tradizione vuole che le donne, contemporaneamente al lavo- GESTI ANTICHI E SAPIENTI Una tradizione antichissima La mazza casalinga La mazza casalinga è una tradizione ben radicata in Ticino che vive ancora, anche se in forma diversa da un tempo, saltando la prima dispendiosa fase della macellazione vera e propria. Ai cosiddetti «mazzapurcei» si sostituiscono oggi i salumieri della mazza, talora salumieri a riposo, che partendo da un maiale macellato in un macello autorizzato, gestiscono tutte le altre fasi della trasformazione della carne in prodotti nostrani di salumeria. Produzione che avviene con meno enfasi e folclore, ma con più sicurezza e precisione nelle macellerie professionali, con risultati che si lasciano vedere e gustare in tutte le macellerie, come pure alla rassegna Sapori e Saperi di Mendrisio. ro dei ‘mazzapurcei’, lavorassero in cucina per preparare la classica ‘rustisciada’, composta dal cuore, dal fegato, dai rognoni, dalle prime salsicce del maiale e occasionalmente anche dai polmoni. Inoltre, fedeli al vecchio adagio popolare secondo cui ‘del maiale non si butta via niente’, anche il sangue raccolto e coagulato, veniva tagliato a dadini e fritto nel burro. L’ossobuco Ingredienti (per 6 persone): 6 ossi buchi, 70 g burro, 30 g lardo, vino bianco, sedano, porro, carota, cipolla, pomodori freschi, prezzemolo, scorza di limone, sale, pepe, brodo, farina. I prodotti più nobili ricavati dalla ‘mazza’ sono i cotechini, la mortadella e la luganiga, che formano la base di quell’antipasto freddo a base di affettati misti che, innaffiato dal Merlot, rappresenta uno dei vanti della cucina tradizionale ticinese. Preparazione: Mettete in una casseruola burro, lardo a pezzettini, cipolla, carota, porro, sedano affettati, carne, sale e pepe. Cuocete a fuoco lento per indorare, rivoltando ogni tanto. Aggiungete un po’ di farina per condensare la salsa e soffriggere. Versate una tazza di bro- LA RICETTA do caldo col pomodoro. A cottura ultimata, levate la carne, passate la salsa, rimettete il sugo al fuoco, unite limone, prezzemolo tritato e versate il sugo sulla carne. Il salame... degli dei Quante volte abbiamo esclamato: «Questo salame è divino!», inconsapevoli, forse, delle nobili origini di questo squisito piatto. Già perché, al di là della storia ufficiale, la vicenda del salame racconta di vicende accadute, addirittura, nell’Olimpo greco; quando, cioè, Giove, gravemente ammalato diede ordine a Febo di scegliere un suino né troppo grasso, né troppo magro, di affidarlo ai più esperti salumai e di ricavarne dei salumi speciali. Ed erano così speciali che Giove riuscì in brevissimo tempo a ristabilirsi in piena forma. Agli uomini non era concesso assaggiarlo; sennonché Saturno, per vendicarsi di una sua cacciata dall’Olimpo, rivelò alla razza mortale la ricetta del salame e il modo per manipolare, salare e imbudellare i suoi ingredienti. La mortadella La mortadella rappresenta uno dei tipici prodotti della ‘mazza casalinga’. L’origine della mortadella è antica ma incerta, anche se è un insaccato che si incontra in tutta la regione alpina e prealpina lombarda, oltre che naturalmente in Ticino. La mortadella è composta da un impasto di grasso di gola e di pancetta, da parti magre macinate piuttosto grosse e per circa il 15% da fegato tritato in modo fine. Caratteristica della mortadella è costituita dalla presenza, nell’impasto, di vino rosso brûlé aromatizzato con diverse spezie, come cannella, noce moscata e chiodi di garofano. Il tutto viene poi amalgamato vigorosamente a mano per ottenere un impasto ancora più morbido. Sono due i tipi di mortadella ticinese, il cui impasto rimane comunque simile: una da cuocere, l’altra da lasciare essiccare e mangiare cruda, affettata. Olimpo a parte, tra i salumi e derivati che si possono considerare tradizionali e tipici del Cantone Ticino possiamo individuare la carne secca (manzo e cavallo), il cicin, cotechino e codegotto, la coppa, il lardo, spesso delicato come un burro, le notissime luganighetta e luganiga, ma anche la mortadella, la mortadella di fegato cruda e cotta, e ancora pancetta piana e arrotolata, prosciutto cotto, prosciutto crudo fiocco, salame, salame nostrano, salamella, i salametti di maiale, cavallo, cervo, cinghiale, immancabili in ogni grotto, e, per finire in bellezza, lo zampone crudo e precotto e il violino di capra. Mortadella e lenticchie Ingredienti (per 6 persone): 500 g di lenticchie secche, 1 mortadella di maiale, 30 g di burro, 1 cipolla, 1 pomodoro maturo, 1 cucchiaio di farina, brodo, 1 bicchiere di vino rosso. Preparazione: Pulite le lenticchie e fatele bollire in molta ac- qua leggermente salata per due minuti. Eliminate tutto ciò che galleggia. Scolate le lenticchie. Rosolate la cipolla tritata nel burro, aggiungete le lenticchie, facendole rosolare leggermente, aggiungete la farina, mescolate, bagnate con il vino rosso. Aggiungete il pomodoro sminuzzato e LA RICETTA bagnate con il brodo fino a coprire le lenticchie. Cuocete per un’ora. A parte, pulirete bene la mortadella; quindi fatela bollire per una mezz’ora in acqua abbondante. Buttate via l’acqua e mettete la mortadella con le lenticchie a cuocere per un’altra ora. Servite con la polenta. Il castagno è una pianta tipica del Sud delle Alpi, e cresce a quote comprese tra i 200 e i 1000 metri d’altitudine. È un albero che ha rappresentato nei secoli una delle fonti d’alimentazione più importanti per intere generazioni del Cantone Ticino. Oggi la sua importanza alimentare è senza dubbio diminuita, ma a tutela e promozione del castagno esiste l’Associazione dei castanicoltori della Svizzera italiana, che raccoglie i proprietari di boschi e selve e i produttori di castagne, nell’intento di valorizzare il castagno e la castagna nella Svizzera italiana, per sostenere e promuovere manifestazioni atte a far conoscere la storia, la cultura, i metodi di coltivazione, il consumo e la vendita della castagna, nonché organizzare la raccolta annuale. Il nostro miele Il miele è il prodotto delle api elaborato a partire dal nettare da esse raccolto sui fiori o dalle secrezioni zuccherine extrafloreali come le melate. La diversità del territorio prealpino ticinese con zone di pianura e collinare a Sud e di alta montagna al Nord si osserva anche nella sua vegetazione che offre alle api un ricco pascolo. Il risultato sono mieli tipici con caratteristiche ben differenziate tra loro secondo la zona di produzione. Miele di robinia o acacia Viene raccolto sulla fioritura della Robinia Pseudoacacia, ben rappresentata soprattutto nel Sottoceneri. È un miele primaverile e come tale risente nella sua raccolta delle bizze del tempo che è spesso instabile in maggio nel periodo di fioritura. Le produzioni sono irregolari dal punto di vista quantitativo. È un miele quasi incolore, povero di pollini, dal profumo e gusto fine e delicato. Ottimo come dolcificante per bevande e per la cucina a causa del suo gusto non troppo pronunciato. Apprezzato in modo particolare dai bambini. Cristallizza dopo lunghi periodi. Miele di castagno È il miele ticinese per eccellenza.Viene raccolto dalle api nelle vaste selve castanili del Sotto e Sopraceneri a partire da metà giugno. Anche se l’aroma del nettare di castagno è in genere L’INCANTO DEL BOSCO Il vigoroso castagno Il miele di montagna È un miele di qualità superiore la cui produzione è tuttavia molto irregolare sia quantitativamente che dal punto di vista dello spettro dei nettari presenti. È prodotto in genere da alveari nomadi sopra i 1000 m. di altitudine a fine giugno-inizio luglio. La sua composizione è molto variata e spazia dal rododendro a tutte le altre fioriture delle nostre vallate alpine. il suo colore varia dal giallo chiaro simile alla robinia, in caso di mieli in cui prevale il rododendro, o il lampone per arrivare al marrone in tutte le sue tonalità, se prevalgono i nettari della flora pratense di alta montagna. Il profumo e il gusto di questi mieli ricordano le essenze dei pascoli alpini. In genere cristallizzano abbastanza velocemente e in modo compatto e uniforme. molto marcato e corposo, il suo miele può assumere sfumature di colore e gusto differenziate a causa delle essenze delle fioriture secondarie che lo accompagnano.Tra queste il tiglio, il lampone, il rovo, ma anche una miriade di nettari di altri fiori di prati magri o di sottobosco. Non da ultimo, delle mielature possono arricchire questo miele cambiando la sua colorazione da marrone e bruno scuro quasi nero. È un miele molto ricco di polline come tutti i mieli scuri e in particolare se contiene mielata, molto ricco di sali minerali. Cristallizza grossolanamente formando grossi cristalli che si depositano sul fondo. LA RICETTA Il castagnaccio Ingredienti: 400 g di farina di castagne; 3 cucchiai di zucchero; 2 cucchiai di uva sultanina; 2 cucchiai di pinoli; 1 rametto di rosmarino fresco; olio. Preparazione: Ammorbidite l’uvetta in acqua tiepida, versate la farina in una terrina, 4 cucchiai di olio di oliva, lo zucchero, e un pizzico di sale. Impastate bene e aggiungete, mescolando con un cucchiaio di legno, 9 dl di acqua fredda. Imburrate una teglia di larga circa 24 cm., cospargete il fondo di pane grattugiato e versate la pastella. Disponete sulla superficie alcune foglie di rosmarino tritate, i pinoli, l’uvetta strizzata e due cucchiai di olio. Mettete la teglia in forno già caldo a 200° C e cuocete per cinquanta minuti. Miele di tiglio In Ticino questo miele è generalmente misto con quello di castagno a causa degli identici periodi di fioritura. in poche zone di mezza montagna in cui il castano è assente si riesce a produrre mieli in cui predomina questa essenza. È un miele marrone chiaro, apprezzato in genere da chi trova la robinia troppo dolce e il castagno troppo forte. Cristallizza abbastanza velocemente in cristalli fini. Le erbe medicinali La selva castanile Il recupero del castagno è iniziato nei primi anni ’90, parallelamente a un forte interesse forestale volto al recupero del nostro territorio. Questo ha portato a iniziative lodevoli anche con importanti riflessi turistici, come il sentiero del castagno nel Malcantone. D’altro canto, l’interesse forestale si confronta anche con le esigenze di ritorno economico da parte dei proprietari terrieri, i quali dovrebbero guadagnare abbastanza dal commercio delle castagne per investire nella cura del territorio. A tal proposito, alcune ditte si sono prodigate per proporre prodotti innovativi e ricercati, come è il caso dei fiocchi di castagne – simili ai fiocchi d’avena, ottimi per la colazione – e la birra di castagne. In questo modo, il know how imprenditoriale riesce a cerare un sistema economico regionale e territoriale in grado di produrre reddito e, contemporaneamente, di sostenere una manutenzione del territorio e una coscienza forestale ed ecologica di grande importanza. Al Comune di Olivone, in Valle di Blenio, va riconosciuto il merito di aver promosso, nel 1996, la coltivazione delle erbe medicinali, lo sviluppo di un centro seminariale e la creazione dell’Istituto Alpino di Fitofarmacologia, per contribuire alla riqualificazione territoriale e al rilancio dell’economia di montagna. Ora la coltivazione si sta estendendo in tutto il Cantone, attraverso una rete che comprende una sessantina di coltivatori per un totale di oltre 30 mila metri quadrati coltivati e prodotti di primissima qualità riconosciuti con premi quali Die Goldene Lerche 2002. Tra i prodotti più riusciti realizzati con le erbe medicinali ticinesi, va segnalata la Tisana Olivone, prodotta nell’impianto di Torre. L’eccellente qualità delle sue erbe le conferiscono fragranza e profumo di melissa, menta, salvia e verbena. Calmante, facilita la digestione e rallenta il processo di traspirazione. Dalle erbe officinali si produce la caramella Cofit tramite un processo di polverizzazione delle erbe. Come base di lavorazione si impiega uno zucchero di canna bio, miele bio e sciroppo di glucosio bio. Le buone erbe ticinesi In questi anni, le aziende produttrici hanno lavorato sodo per sviluppare un sistema di lavorazione delle piante che permettesse di garantire una buona coltivazione della materia prima, e si sono riunite nell’associazione delle Buone Erbe Ticinesi (BET), fondata nel 1998, i cui scopi sono quelli di promuovere la coltivazione di piante officinali nel Cantone e salvaguardare gli interessi dei produttori. Nel 2000 è stata creata la Società Cooperativa per le piante officinali e fitoprodotti ticinesi (Cofit), con sede a Olivone che si occupa dello sviluppo, della produzione, della formazione e dell’attività di analisi e di servizio dei prodotti coltivati.Attraverso alcuni aiuti finanziari, si sono create delle lodevoli iniziative come la Centrale di lavorazione delle erbe officinali a Torre, il primo diploma cantonale di Operatore in tecniche erboristiche e l’Istituto Alpino di Fitofarmacologia a Olivone che rappresenta il centro di competenza di una rete collaborativa interregionale definita come Fitopolo della regione subalpina. Da ricordare inoltre che la cooperativa Cofit ha organizzato dei corsi di formazione per consulenti nello speciale settore della lavorazione delle erbe officinali. Nel nostro Cantone dici «vino» e subito pensi al Merlot; al «re» Merlot che da oltre cinquant’anni rappresenta l’orgoglio dei vinificatori ticinesi, accompagna i buongustai nelle loro piacevoli riunioni conviviali ed è immancabilmente protagonista nei nostri grotti. È però dal lontano 1906 che è iniziata la sperimentazione in Ticino di questo vitigno. Il termine Merlot ha origini oscure; ma senza indugiare troppo in articolate supposizioni è probabile che il suo nome derivi da quello del merlo, particolarmente goloso d’uva, o più verosimilmente dal colore del suo piumaggio così nero e intenso come quello dei succosi acini d’uva. Più sicura è invece la ricostruzione della sua storia. Prima del XIX secolo, i vigneti estensivi in Ticino occupavano un’estensione di circa 10 000 ettari del territorio. Buona parte di questo immenso, per quei tempi, patrimonio fu minacciato da un minuscolo e pernicioso insetto, la fillossera, importato dall’America.Verso la fine dell’Ottocento, un’invasione di fillossera attaccò le radici delle viti e distrusse in breve tempo buona parte dei vigneti del Ticino. Grazie alla volontà e alla lungimiranza di alcuni coltivatori, si diede luogo a una serie di studi per poter di nuovo far decollare la coltivazione di viti che fossero resistenti alla fillossera e di qualità superiore. La qualità che meglio si adattava alle colline ticinesi fu proprio quella del Merlot bordolese. E dalla nobile terra di Bordeaux vennero importate una serie di piantine dalle quali, nel giro di qualche anno, si riuscì a preparare una serie di barbatelle da cui iniziare la coltivazione dei primi vigneti che rimpiazzarono i precedenti, dando vita a una coltivazione che, nel breve lasso di tempo di un cinquantennio, riuscì a ricoprire ben oltre l’80% della superficie adibita a coltivazione viticola. LA POESIA DI VINI E GRAPPE Il nostro Merlot Prestigio D.O.C. I vini ticinesi hanno ottenuto per la prima volta la Denominazione di origine controllata D.O.C. nel 1997 e questa rappresenta la garanzia di origine dell’uva e del vino. Per ottenere la D.O.C., un vino deve superare gli esami tenuti da una speciale commissione di degustatori qualificati che, alla luce di parametri particolarmente restrittivi, assegna la Denominazione di origine controllata, l’ormai celebre sigla D.O.C. ai vini di prima categoria, realizzati con uve che corrispondono a precisi criteri formulati dai di- sciplinari di produzione che per il Ticino prevedono una produzione massima di 1 kg per metro quadrato per le uve rosse di prima categoria, e di 1,2 kg per metro quadrato per le uve bianche di prima categoria. A questa rinascita della vitivinicoltura del Ticino contribuirono in maniera decisiva il professor Alderigo Fantuzzi titolare della cattedra ambulante di agricoltura e l’ingegnere agronomo Giuseppe Paleari, il quale condusse molti studi per determinare quale fosse la varietà più adatta alle terre ticinesi, individuandola proprio nel Merlot. Il marchio VITI VITI è l’acronimo di Vini del Ticino ed è un marchio di qualità e di garanzia che una commissione di degustazione assegna annualmente ad alcuni vini Merlot prodotti nel Cantone. Oltre l’80% della superficie vitata del Cantone è coltivata con il vitigno Merlot. Ma questo vitigno non è l’unica specialità vinicola del Ticino che presenta anche altre buone varietà di rossi e di bianchi.Tra i vitigni rossi, ad esempio, ricordiamo la Bondola, vitigno autoctono del Sopraceneri che produce un vino rosso, fruttato, di ricca acidità, ma meno corposo del Merlot. Poi, il Cabernet Sauvignon e il Cabernet Franc che di norma vengono aggiunti al Merlot per conferirgli una certa forza e struttura. Quindi, il Diolinoir, il Carminoir e il Gamaret vitigno a maturazione precoce che dà corpo e soprattutto colore al vino, rustico e profondo e che ha in parte sostituito il Pinot Nero. Istituita dal Consiglio di Stato del Canton Ticino nel 1948, la Marca VITI è stata successivamente privatizzata, nel 1996. Per poter accedere al concorso, il vino deve essere maturato almeno un anno. In fase di degustazione il vino che intende ottenere la marca VITI de- ve raggiungere una valutazione d’eccellenza, attribuita in base al suo colore, al suo profumo, alla sua limpidezza, al suo corpo e ad una lunga serie di caratteristiche che la commissione valuterà con il dovuto rigore. Tra i bianchi, si segnalano il Chardonnay che rappresenta la seconda coltivazione in Ticino dopo il Merlot, e dà vita a un’ottima qualità di vini. Poi, due varietà di origine bordolese, prodotte in numero più esiguo, come il Sauvignon e il Semillon. L’unione di questi ultimi dà vita ad un buon vino bianco ticinese. Il Ticino produce mediamente circa 55 mila quintali di uva per vino all’anno, in buona parte utilizzata per produrre il Merlot. Dalla terra alla tavola L’attimo sublime della degustazione è solo l’ultimo di una serie di passaggi che partono da lontano, ovvero dalle amorevoli cure che il contadino rivolge alla propria vite. Nulla verrebbe prodotto se alla base non ci fosse quel lavoro umile, faticoso, continuo e amorevole che è la cura della vite. Attenzioni ed impegno che iniziano già nei primi mesi dell’anno, quando a prima vista sembrerebbe palesarsi un momento di stasi nel processo produttivo. Niente di più sbagliato. È proprio nei freddi mesi invernali che si decide quello che sarà il futuro dell’uva che verrà colta solo a settembre. Non appena cadono le foglie, infatti, l’esperto viticoltore inizia la potatura invernale che porterà la pianta a produrre la nuova linfa rigeneratrice che rafforzerà la pianta. E proprio sfruttando l’assenza di foglie, si lavora in vigna per modificare o sistemare la geometria della vigna stessa, sostituendo i pali, tirando nuovi fili, sostituendo vecchi ceppi di vite con nuove barbatelle, e operando un’ampia e sistematica operazione di pulizia della vigna intera con la potatura invernale e con l’eliminazione dei tralci che verranno bruciati o triturati per produrre concime. Sono operazioni a prima vista semplici, ma che sottintendono una grande attenzione da parte del viticoltore, soprattutto nei confronti delle condizioni climatiche e ambientali. Nel cantone si contano una decina di importanti vinificatori-negozianti in vino con vigneti propri; circa trenta viticoltori-vinificatori privati professionisti e molti hobbisti che vinificano per un proprio consumo privato. Il Ticino vanta una realtà composta da importanti strutture vinicole, come una cantina cooperativa dove si vinificano le uve dei propri associati, una serie di negozianti che vinificano uve prodotte nei loro vigneti o provenienti da altre zone, e un gruppo di vinicoltori-vinificatori privati. Il Cantone dispone dell’Istituto agrario di Mezzana, che organizza corsi di viticoltura e coltiva propri vigneti in posizioni particolarmente favorevoli. Il brasato al Merlot Ingredienti (6 persone): 1,5 Kg. di manzo (culatta) steccato di pancetta. Marinata: 2 carote, 1 cipolla, 2 spicchi d’aglio, 1 foglia d’alloro, mezza bottiglia di Merlot del Ticino. Per la cottura: farina, 50 g di burro, 50 g di lardo, 2 gambi di sedano, 3 carote, 20 g di funghi sec- chi, pepe, sale, 3 dl di brodo. Preparazione: Marinate la carne, aggiungete carote e cipolla tagliuzzate, alloro, grani di pepe e coprire di vino. Il giorno dopo, asciugate la carne, legatela, infarinatela e rosolatela a dorare nel burro e nel lar- LA RICETTA do. Bagnate con vino della marinata e brodo, salate e pepate, rimettete la foglia di alloro. Cuocete a fuoco molto basso per due ore, aggiungete i funghi (messi a bagno precedentemente) e cuocete almeno per ancora due ore. Le zone di produzione del Merlot coprono la quasi totalità del Ticino. E già dal portale sud del Gottardo, in quel triangolo alpino ancora caratterizzato dai rocciosi pendii delle montagne che racchiude Giornico, Biasca e Malvaglia, s’incontrano vigneti gestiti da coltivatori hobbisti. Diversa è la situazione nel bellinzonese. Qui si trovano grandi cantine e case vinicole che trattano sia vini di provenienza svizzera che estera e fungono da punto di raccordo di numerosi coltivatori di vite della zona che forniscono il materiale primario per la produzione del Merlot. Oltre a queste grandi aziende vinicole, esistono una serie di realtà più contenute come dimensione, ma che dispongono di vigneti propri, coltivati secondo tempi e aspettative specifiche dei produttori. Spostandoci verso il lago Maggiore, attraverso il piano di Magadino, possiamo incontrare i vigneti della regione locarnese, vigneti collinari molto ben esposti. Il sole aiuta di molto la maturazione delle viti, al punto che la vendemmia ha luogo alcuni giorni prima che nel Sottoceneri, a parte le zone favorevoli come Mezzana e Morbio Inferiore. Il Locarnese è una delle zone d’elezione del Merlot del Ticino e qui si trovano alcune importanti aziende vinicole del Ticino, oltre a cantine di dimensioni ridotte che vinificano le proprie uve. Il Luganese ospita vigneti e cantine di eccellente livello e alcune delle tenute più caratteristiche, spesso ubicate su terrazze naturali ben esposte al sole per tutto l’arco della giornata la cui produzione è particolarmente pregiata. Il Malcantone propone una solida tradizione vinaria; qui, la maturazione delle uve è più lenta, rimanendo sulla pianta fin quasi al periodo delle piogge autunnali. Il Mendrisiotto può vantare la superficie coltivata più vasta di tutto il Ticino, con 308 ettari coltivati a vigna, quasi il 40% dell’intera superficie viticola cantonale. L’80% delle coltivazioni sono di Merlot, mentre una piccola fetta è destinata alla coltivazione di uva bianca Chardonnay, Chasselas e Sauvignon. PROTAGONISTI A TAVOLA Dove nasce il Merlot La grappa ticinese I Merlot del Ticino Il Merlot è un vitigno assai versatile che permette la vinificazione di differenti tipi di vini: il bianco ottenuto dalla separazione immediata delle bucce dal mosto che è un buon aperitivo e si abbina bene, ad esempio, con i pesci; il rosato che richiede una breve macerazione; il rosso leggero ottenuto con un periodo di intinamento di pochi giorni; infine, il rosso, più corposo, che si ottiene grazie ad un più lungo periodo di intinamento e con uve ben mature. Il rosso Merlot è ideale da abbinare a carni rosse importanti, per arrivare al Merlot corposo, ben strutturato, affinato per diversi mesi nelle barrique, che si accompagna bene anche ai formaggi d’alpe stagionati. L’uva destinata alla produzione di grappa è la famosa uva americana, tipica delle regioni ticinesi. La sua gradazione alcolica minima si aggira attorno ai 40% vol. Il processo produttivo della grappa ticinese segue diverse fasi. Si inizia dalla fermentazione che dura dai 10 ai 15 giorni circa. Quindi si passa alla distillazione, fase in cui si determinano, sfruttando i diversi punti di ebollizione delle sostanze, i differenti gradi alcolici. In fase di distillazione, solo il 60% del prodotto – il «cuore» – viene adoperato per la produzione. Lo scarto, detto «flemma», verrà riutilizzato per la distillazione dell’anno seguente, mentre la «testa», imbevibile, è destinata ad altri usi. Non solo i vini Merlot possiedono una marca di qualità.Anche la grappa, che deve possedere un tenore alcolico minimo di 45% vol., può ricevere tale riconoscimento, dopo aver superato gli esami di degustazione e le necessarie analisi chimiche. Grappa e nocino Molto apprezzata, soprattutto dal mercato elvetico per il suo aroma particolarmente delicato, la caratteristica principale della grappa ticinese risiede nella particolarità del proprio sapore, ovvero nel cosiddetto «gusto volpino», altrimenti detto foxé, che le viene confe- rito dalle uve americane. Il nocino, una simpatica e originale tradizione nostrana, è un liquore saporito e sfizioso che nelle noci ha il proprio ingrediente base. Infatti, le noci, che per tradizione devono essere raccolte nella notte del solstizio d’estate, ovvero nella notte di San Giovanni, vengono tagliate, con tutto il mallo, a spicchi e sono messe a macerare lungamente nella grappa di uva americana. Il nocino L’alambicco Rinomate in tutta la Svizzera, viti e uve del Ticino non ci offrono solo vini pregiati, ma anche prelibati distillati di cui la grappa è il prodotto di maggiore qualità e notorietà. La definizione di grappa ticinese è riservata solo al distillato di vinacce sane, ben conservate e provenienti unicamente dalla produzione di uva locale. Produrre grappa a livello amatoriale è, in Ticino, anche un’occasione d’incontro conviviale. Oltre a vari consorzi e privati, alcuni Comuni del Cantone Ticino mettono a disposizione di chi ne fa richiesta l’a- lambicco, attorno al quale tanti appassionati vedono scaturire dalle proprie vinacce o dalla frutta da loro coltivata il prezioso distillato. Non va dimenticato che per poter distillare si deve versare la relativa imposta alla regia federale. Il famoso nocino dei frati è anche detto ratafià, dalla formula latina "rata fiat” che ratificava un accordo, commerciale o di altra natura, raggiunto tra le parti che, a quel punto, brindavano in forma rituale. Il ratafià più classico si dovrebbe preparare con le noci raccolte nella notte di San Giovanni, il 24 giugno. Si tratta di un digestivo alcolico dal marcato sapore tannico, un po’ amarognolo e astringente. Le noci tagliate a spicchi con il mallo sono fatte macerare nella grappa di uva americana. L’infusione conferirà a tutto il distillato un’inconfondibile aroma di noce. Questo infuso verrà lasciato riposare al sole per una durata media di venti giorni, quindi gli verrà aggiunto dello zucchero e della cannella e dei chiodi di garofano; poi viene ancora lasciato macerare, lontano dal sole, per un altro periodo di tempo. L’invecchiamento è di regola limitato a un anno, anche se si preferisce in alcuni casi prolungarlo per altri due o tre anni. Il nocino è un ottimo digestivo che accompagna il dopo pasto. Il Ratafià Il nocino o ratafià viene preparato da ogni appassionato in modo leggermente diverso, in forma personalizzata, secondo i gusti e i segreti di famiglia. Ingredienti: 1 litro di acquavite a 20 gradi, 250 g di noci complete tagliate in quattro, 250 g di zucchero, 5 g di cannella, 5 g di macis, 2 g di chiodi di garofano, 1/5 di noce moscata, 1 punta di coltello di vaniglia. Preparazione: Tagliate le noci in quattro quarti e mettetele in infusione nell’acquavite. Esponete il vaso al sole per 20 LA RICETTA giorni. Ogni due giorni mescolate il liquido. Togliete le noci dall’infusione, filtrate e aggiungete le spezie. Quindi esponete il vaso al sole per altri 20 giorni, mescolando di tanto in tanto. Al termine, filtrate e imbottigliate. Il nostro Cantone produce una gamma di cereali che comprendono la farina integrale per polenta, il grano saraceno, il grano non macinato di cereali e oleose, il riso. In particolare sono interessanti prodotti di nicchia con il pane Ticino, la pasta ticinese e l’olio d’oliva. Dopo un lungo periodo di latenza, il Ticino può andare fiero di possedere nuovamente un’ottima qualità di mais per la produzione di farina per polenta. È stata, infatti, una fortunata intuizione nata agli inizi degli anni ’90 che ha portato alla reintroduzione della coltivazione del mais da polenta in Ticino. Era dagli anni ’60 che, con l’avvento delle nuove e più produttive varietà di mais da foraggio, la coltivazione delle tradizionali varietà da polenta era stata quasi totalmente abbandonata, al punto che, per produrre farina da polenta, i mulini ticinesi usavano mais di provenienza estera. Ci sono voluti lunghi anni di studi agronomici e sperimentazioni condotte presso il Centro di ricerche di Cadenazzo, completate con prove di macinatura, di cottura e da degustazioni delle polente ricavate dalla farina delle singole varietà, per ottenere delle farine la cui qualità fossero simili o addirittura superiori a quella tradizionale farina ticinese, denominata «Nostrano dell’Isola» che rimaneva nei ricordi dei più anziani come una delle migliori farine mai prodotte sui nostri terreni. I risultati di tutto questo grande sforzo è stato il primo pas- IL PRODIGIO DEI CEREALI Il mais per la polenta San Carlo e il grano Si tramanda una leggenda, di quelle antiche, belle e positive, che racconta l’introduzione e la diffusione del granturco nelle nostre regioni. Secondo tale racconto, il granturco era in origine velenoso; fu solo grazie a San Carlo Borromeo – da qui il nome carlòn per il granturco – ad intercedere per renderlo commestibile e così sfamare la popolazione insubrica colpita da una grave carestia. Le cose, si sa, andarono, forse, in modo differente; anzitutto il termine carlòn deriva da una forma omografa che si- gnifica «fusto legnoso», appunto come quello del granturco; ciò fa decisamente supporre che il mais, o granturco, fosse già conosciuto e utilizzato ben prima dell’epoca borromaica. so verso la concretizzazione del progetto Mais polenta in Ticino. Da allora, intorno al 1995, numerosi agricoltori furono incentivati e motivati a proseguire le sperimentazioni, col risultato di acquisire esperienze circa la raccolta, la cernita, l’essiccazione e la macinatura che hanno portato a conseguire buone produzioni che hanno fatto conoscere a un pubblico sempre più vasto di consumatori la farina da polenta prodotta con mais di qualità coltivato in Ticino. Solo verso la fine del 1997, dopo oltre sei anni di prove, sperimentazioni e verifiche, la parte sperimentale era conclusa e il progetto Mais polenta era ormai pronto per essere consegnato agli agricoltori per la realizzazione pratica, alcuni dei quali hanno voluto credere al progetto, coltivando già dall’anno seguente i primi 10 ha di mais di qualità per la produzione di farina da polenta. LA RICETTA Il risotto magro Ingredienti (per sei persone): Mezza cipolla, prezzemolo, sedano, due carote, 20 g di funghi porcini secchi, 1/2 kg. pomodori maturi, 700 g di riso, 20 g di olio, 40 g di burro, 80 g di Sbrinz, sale. Preparazione: Tritate finemente cipolla, sedano, carote e prezzemolo; fa- teli soffriggere con l’olio d’oliva; aggiungete i pomodori a pezzi, e cuocete a fuoco vivace per 10 minuti, e aggiungete acqua calda, quando è necessario. Fate rallentare la cottura, aggiungete i funghi a pezzetti, continuando la cottura lentamente per 10 minuti. Il soffritto può aspettare. Soffriggere nel frattempo il riso col burro e cuocetelo aggiungendo acqua calda, un poco alla volta. Dopo 10 minuti aggiungete il soffritto già preparato. Salate dopo aver versato la prima acqua e aggiungete il formaggio prima di levare dal fuoco. Il riso di Ascona La storia della polenta Oggi siamo abituati a pensare alla polenta come a un prodotto ricavato e cucinato usando la farina di mais. Eppure, questa usanza alimentare, così come la conosciamo oggi, compare alle nostre latitudini solo a partire dal XIX secolo. Prima, infatti, la polen- ta veniva realizzata con il miglio; mentre alcune fonti affermano che nel Mendrisiotto, culturalmente e tradizionalmente vicino alla Lombardia, la polenta fosse quella di grano saraceno, la cosiddetta «pulenta negra». Solo dall’Ottocento, il granturco sostituisce tutte le altre farine e si inserisce prepotentemente nella dieta comune di ogni persona. Mangiata anche tre volte al giorno, la polenta era diventata una presenza costante sulle tavole ticinesi, alternata solo in particolari mesi dell’anno con le castagne e con il minestrone. È curioso pensare al Ticino come a una terra dove si coltiva il riso. I monti, le colline e la mancanza di larghe distese pianeggianti sembrerebbero fattori discriminanti per impedire una sua coltivazione. Ma non è così. Anche il Ticino, infatti, da qualche anno può a ragione vantarsi di avere il proprio riso. È nel 1997 che vennero seminate le prime piante di riso, nei terreni alla Maggia di Ascona, in un terreno all’incirca di due ettari. Ben presto, la superficie coltivabile aumentò fino a raggiungere i trenta ettari, producendo una quantità di riso commerciabile di circa 100 tonnellate. Il segreto di questa coltivazione è ben presto spiegato con le caratteristiche del terreno locarnese, posto al delta della Maggia, situato nel punto più basso, 197 metri sopra il livello del mare, di tutta la Svizzera. Tale terreno risulta essere particolarmente permeabile, consentendo così alle piantine di riso di ricevere l’acqua per il loro sostentamento per irrigazione, evitando in tal modo di inondare i campi, come tradizionalmente avviene nella quasi totalità delle coltivazioni. La qualità di riso prodotta in Ticino è il Loto, dal caratteristico chicco ovale, ottimo per la cucina dei risotti. Il pane TICINO Da un’idea iniziale della Unione Mugnai Ticinesi, concretata dalla commissione tecnica della Società Mastri Panettieri-Pasticceri (SMPP), è nato questo nuovo pane al quale l’Unione Contadini Ticinesi, dopo attento esame, ha attribuito il Marchio di garanzia TICINO. Preparato con la tradizionale tecnica artigianale che si fonda sul delicato trattamento della pasta, dalla sua formazione fino alla cottura, il pane TICINO è composto da farina di frumento, farro e segale, acqua, sale e lievito da panificazione. Le farine di farro e segale, poco adatte al lavoro con le macchine e disagevoli da panificare se prese individualmente, contribuiscono ad accentuare la fragranza e il sapore del pane e a prolungarne la durata di freschezza. Il nuovo pane TICINO che, lo ricordiamo, è un prodotto esclusivo degli artigiani fornai affiliati alla SMPP, è un pane a tutto pasto. Tuttavia, si combina particolarmente bene con burro, miele e confetture; nonché coi formaggi e la salumeria. È buono, delicatamente fragrante, di rapida scioglievolezza e di ottima durata di conservazione. Nonostante il Ticino non possa contare su condizioni atmosferiche propriamente mediterranee, può almeno vantarsi di avere sempre goduto di un clima mite e di contare tra le proprie colline numerose piante d’ulivo, al punto che non vi è memoria scritta su quando queste abbiano fatto la loro comparsa. Più certa invece la datazione – siamo nel XIX secolo – circa l’utilizzo di olio d’oliva come combustibile per l’illuminazione domestica e come simbolo sacro per cerimonie religiose come la tradizionale Domenica delle Palme. La storia alimentare dell’olio d’oliva in Ticino, invece, risale al 1600. Le macine, ritrovate in vari luoghi e spesso integrate nelle opere in muratura delle abitazioni come a Gandria, testimoniano l’attività di spremitura per la produzione di olio. Molto recente è la ripresa di una produzione, a metà tra l’industriale e l’artigianale e quindi destinata al consumo e al commercio, di olio di oliva extra vergine che sta rapidamente richiamando l’attenzione dei gastronomi e contemporaneamente ritagliandosi un proprio spazio commerciale a fianco di quegli oli che provengono da particolari e ricercate coltivazioni, come quelle del lago di Como o del lago di Garda. Da circa vent’anni, si è cercato con successo di riprendere la coltivazione dell’ulivo, motivato da un forte interesse anche LA MAGIA DELL’ULIVO L’olio, antico e prezioso Sgorga dal frantoio La produzione dell’olio d’oliva deve seguire alcune fasi, la cui origine affonda nelle più antiche tradizioni, rimaste concettualmente immutate durante lo scorrere dei secoli. Sono tre le fasi canoniche per ottenere l’estrazione dell’olio dalle olive: la frangitura, l’impastatura, e l’estrazione. Nella frangitura si frantumano le olive, operazione anticamente svolta dalle pesanti macine in pietra. Si ottiene così un impa- sto, che viene poi sottoposto a un processo di rimescolamento, per separare l’acqua dall’olio vero e proprio. da parte dei botanici, valorizzando le piante secolari rimaste e iniziando la piantumazione di alcune centinaia di nuovi esemplari. Così oggi il Ticino produce olio extra vergine d’oliva, finissimo, leggero, fruttato e delicato, mentre l’entusiasmo per la riscoperta di un’antica tradizione ha fatto sorgere iniziative come il Sentiero dell’olivo tra Gandria e Castagnola il cui percorso è integrato da tavole esplicative in varie lingue, e poi corsi di potatura e coltura dell’olivo e associazioni come gli Amici dell’olivo a Gandria e anche sul territorio italiano, a Oria. Tra gli oli ticinesi, è da segnalare anche l’Olio del Buongustaio, prodotto da una cooperativa. Si tratta di un olio di semi di girasole cui vengono aggiunte alcune erbe aromatiche che gli conferiscono il caratteristico e apprezzato gusto. L’extra vergine d’oliva È il re di tutti gli oli. È l’extra vergine, olio ottenuto solo attraverso estrazione di tipo meccanico, senza ricorso a solventi chimici. La denominazione di «extra vergine» viene attribuita solo dopo le analisi organolettiche che determinano il livello di acidità in esso contenuto, che deve restare compreso e non superare il grado percentuale. Anche il Ticino può vantare la produzione di un olio extra vergine, la cui acidità si attesta a 0,55, su livelli quindi di assoluta eccellenza, assimilandosi così a quelli di più nobili origini. Quello ticinese, è un olio finissimo, leggero, fruttato e delicato, particolarmente consigliato per condimenti di pesce e piatti delicati. Curiosa è invece l’ipotesi, formulata da alcuni botanici, secondo i quali l’albero dell’olivo non è nato nelle regioni mediterranee, ma sarebbe originario delle zone dei laghi prealpini e pare fosse solo grazie alla diffusione ad opera dei monaci Benedettini che questa pianta, e quindi la tecnica di produzione dell’olio si sia diffusa, in ambito medievale, anche nelle zone della Liguria, della Toscana, dell’Umbria e di tutto il Mediterraneo. Sentiero dell’olivo Tornando ai nostri giorni, l’interesse per l’ulivo e per l’olio d’oliva ha avuto nuova linfa in Ticino quando, a far tempo dal 1990, un accorto produttore vinicolo, incuriosito dal nome del Colle degli Ulivi volle ricercarne l’origine. Dallo studio degli antichi documenti risultano dati storici curiosi: che di ulivi in Ticino ve ne sono sempre stati e che l’olio, nel 1800, era impiegato come combustibile per l’illuminazione domestica e i ramoscelli per le cerimonie religiose, ma ben prima, l’olio veniva ricavato dai frantoi per uso alimentare. L’olio del buongustaio Si chiama Sentiero dell’olivo, ed è un lungo percorso didattico che collega Castagnola a Gandria, in una zona in cui sono ancora visibili le preesistenze di antichi oliveti, e nella quale è stata da poco reintrodotta la coltivazione dell’olivo stesso. Il Sentiero è stato studiato e realizzato dall’associazione Amici dell’olivo in collaborazione con il Fondo per il sito naturalistico e archeologico di Gandria che appartiene alla Fondazione della Svizzera italiana per la ricerca scientifica e gli studi universitari. Il percorso che si snoda a fianco del lago di Lugano presenta degli squarci paesaggistici di incantevole bellezza; contemporaneamente, offre la possibilità di conoscere, sotto vari aspetti, notizie sulla storia, sulla botanica, sulla coltivazione e sui prodotti dell’olivo. Il sentiero, infatti, è disseminato di pannelli esplicativi che vanno via via approfondendo alcune delle tematiche riguardanti l’olivo. Ma la passeggiata propone anche di ammirare le nuove coltivazioni di olivo, come quello in località Rozza, o le antiche piante, come il gigantesco olivo del Carlìn che si sporge sopra il pontile di Gandria. Ma anche vari aspetti della produzione dell’olio, come la mola a trazione animale conservata nella casa La Filanda di Gandria. D’altro canto, In Ticino, a Manno, è presente uno tra i maggiori oleifici svizzeri che affonda le sue radici nel lontano 1845 quando Giosia Uboldi iniziò a Viganello la produzione di oli per uso alimentare e medicinale. Da questi primi passi si svilupperà la Sabo, la prima raffineria europea a produzione continua che oltre all’olio extra vergine d’oliva presenta vari oli biologici organici di grande qualità. Si tratta di un particolare prodotto realizzato a Olivone che risulta da un matrimonio fondato sulla qualità naturale delle sue componenti. La base di partenza è la qualità di un olio di girasole, con certificato Bio Suisse, caratterizzato da un elevato grado di poli-insaturazione. Questo è ottimo per il controllo del colesterolo e, grazie alla presenza di vitamina E naturale, si dimostra un potente e benefico antiossidante, inoltre, la presenza di vari acidi grassi offre notevoli vantaggi a tutto il sistema circolatorio. A tutto questo si aggiunge la qualità delle erbe aromatiche che sono di provenienza locale e coltivate senza uso di pesticidi. Il processo produttivo prevede dapprima una fine macinazione, in seguito, le erbe vengono poste in appositi estrattori e messe a contatto con l’olio stesso. Il fine prodotto che ne deriva è un olio da condimento, ritenuto da molti ideale per accompagnare la maggior parte degli alimenti che richiedono un’attenta aromatizzazione naturale. Se di «storia» dell’orticoltura ticinese si può parlare, questa prende avvio intorno ai primi anni ’20 del secolo scorso, una volta definitivamente conclusa la Grande Guerra in Europa. Il nostro clima che risente degli influssi mediterranei e che permette una maturazione di circa due settimane in anticipo rispetto alle altre zone della Svizzera, non poteva che favorire un tale sviluppo. La zona che per prima diede l’impulso all’orticoltura fu il Mendrisiotto, grazie alla lungimirante attività di alcuni pionieri, costretti a inventarsi un’alternativa al loro lavoro, una volta che la coltura del baco da seta aveva subito una crisi irreversibile. Furono di pomodoro le prime piante coltivate.Visto il successo del raccolto, i contadini passarono in breve tempo a sperimentare altre specie di ortaggi. Piselli, poi zucchine, quindi altre verdure come melanzane, cavolfiori, rape, e così via. Ben presto, al Mendrisiotto si affiancò come zona di coltura anche il Piano di Magadino che era stato interessato da una grande operazione di bonifica. L’orticoltura si sviluppò con velocità nel Sopraceneri, diventando nel tempo la zona di produzione più importante del Ticino, e non solo. Un ulteriore sviluppo per l’orticoltura ticinese si ebbe durante la Seconda Guerra Mondiale, quando la richiesta d’ortaggi, come si può facilmente immaginare, crebbe in relazione alla difficoltà di reperimento. Parallelamente, aumentava anche l’assortimento, cosicché la coltivazione si è estesa, da allora, a tutta la gamma delle verdure più conosciute. Non solo, anche i sistemi di coltivazione miglioravano, sia dal punto di vista tecnico che da quello pratico, grazie anche al lavoro della Commissione tecnica per l’orticoltura e dagli organi di consulenza cantonali. Lo sviluppo maggiore si ebbe intorno agli anni ’60, quando in Ticino si contavano oltre 700 aziende con colture orticole; oggi il numero è assai diminuito, ma la superficie coltivata rimane pressoché identica a prima. La crisi economica e alcune leggi protezionistiche hanno LE MERAVIGLIE DELL’ORTO Una campagna generosa Il cetriolo Il cetriolo è uno dei compagni più fedeli della tavola estiva. Presente in ogni tipo di insalata, si abbina spesso ai pomodori e alle varie lattughe o cicorie. In Ticino si coltivano due tipi di cetriolo ben distinti tra loro: il primo è quello che viene chiamato cetriolo nostrano o comune, un po’ spinoso e dalla pelle leggermente amara, abbastanza rustico. L’altro è il cetriolo olandese, selezionato negli anni ’60 nei Paesi Bassi; è liscio e molto allungato. Il cetriolo ticinese è presente sul mercato da inizio maggio fino a fine ottobre, Di regola si praticano due colture con semine in marzo e in luglio. decisamente limitato lo sviluppo dell’orticoltura ticinese che rimane oggi una delle più floride attività agricole di tutto il Cantone. Nei nostri orti non manca una grande varietà di prodotti anche esotici scelti e coltivati con la cura dell’appassionato, mentre le cronache di storia locale ci dicono che la patata sia stata diffusa al tempo del passaggio del generalissimo russo Suvorov nel 1799. Oggi, dal punto di vista commerciale, possono essere definite tipiche e tradizionali le seguenti colture. I pomodori Molte sono le tipologie del pomodoro in Ticino, tra cui alcune molto innovative. Come il pomodoro tondo liscio, il tradizionale pomodoro ticinese, dalla caratteristica tenerezza e succosità della polpa, con una squisita aromaticità. Poi il pomodoro ramato, o a grappolo, la cui coltivazione nelle nostre aziende è abbastanza recente e alla quale il Ticino si è adattato in seguito alla forte richiesta del mercato. Tradizionale è anche la coltura del pomodoro peretto, prima usato solo per la preparazione del sugo per la pasta; ora, invece, viene anche consumato fresco, grazie alla creazio- ne di particolari varietà di maggior pezzatura, più gustose e più vigorose. Un cenno importante va al pomodoro ciliegia, o cherry; un tipo conosciuto principalmente nel nord dell’Europa, che è riuscito a farsi apprezzare anche in Ticino. Tra i prodotti più tradizionalmente tipici della coltura ticinese vi è senz’altro il pomodoro che riveste anche una notevole importanza commerciale. Importato, come coltivazione, dall’Italia, il pomodoro è diventato ben presto il re nella nostra regione nelle varietà tondo liscio, peretto, grappolo, e l’innovativo cherry. Ma l’elenco dei prodotti è tanto lungo quanto succulento, dato che comprende, tra l’altro, zucchine, cetrioli nostrani e olandesi, lattuga cappuccio, carote lattughini Lollo e foglia di quercia, melanzane, formentino, cipolle e cipollotte, scarola, lattuga romana, cicoria bianca, cavolfiori e broccoletti, ramolacci, cavoli rapa, verze, porro, finocchio, rapanelli, coste, sedano coste, cicoria rossa e verde, peperoni e peperoncini, fagiolini, prezzemolo, cabis bianco e rosso, spinaci, rapette, cavolo cinese, broccoletti, indivia riccia, crescione, rucola e basilico. Le zucchine Il minestrone Il minestrone ha da sempre rappresentato uno dei cibi più tradizionali della cucina ticinese, presenza costante sulle tavole di tutte famiglie che possiedono e si tramandano, ognuna, la ricetta più particolare e segreta.Va da sé che negli orti del Ticino si coltivassero, e ancora si coltivano, quegli ortaggi che sono indispensabili per la cucina del minestrone. Vista la varietà e la com- plessità di ingredienti, contenuti nel minestrone, non si sa se è più difficile cucinarlo o coltivare la varie specie di ortaggi necessarie alla sua preparazione. Da sempre, quindi, negli orti privati si coltivano la verza, la carota, il porro, la costa, le rape, la zucca, il sedano, la cipolla, i fagioli screziati o quelli di Spagna; non poteva certo mancare, poi, il prezzemolo liscio o nostrano; come pure fondamentali erano altri ortaggi come gli spinaci, i «curnìtt», le coste, e così via. La zucca e la zucchina sono due apprezzati prodotti ormai da tempo presenti nelle coltivazioni ticinesi. La zucchina, soprattutto, è un prodotto molto importante per l’orticoltore ticinese, in particolare nel periodo che precede l’estate e in quello autunnale. Il Ticino possiede lo scettro di maggior produttore svizzero di zucchine. Le zucchine offrono numerose varietà:, le più diffuse sono Diamant,Arlesa, Sofia e Alice.Tra le curiosità, ricordiamo che la pianta della zucchina, come la maggior parte delle cucurbitacee, presenta fiori maschili e femminili separati e che ha dunque bisogno di insetti che provvedano a trasportare il polline per la fecondazione. Introdotte dal Sud Le zucchine e altre specie di verdure, che fino a poco tempo fa non venivano coltivate alle nostre latitudini, giungevano in Ticino dalla vicina Italia e dalla Francia. Fu solo nell’immediato dopoguerra che si iniziò a coltivarle in grande quantità per i mercati d’oltre Gottardo. Furono poi gli emigranti italiani ad importare anche la coltura dei pomodori costoluti – i cosiddetti Cuore di Bue, e i pomodori peretti (San Marzano), oltre alle me- lanzane, ai cavolfiori, ai broccoletti, e non da ultimo il finocchio, i peperoni, gli asparagi e più avanti le fave e le cicorie, contribuendo così a far scoprire e apprezzare sino ai nostri giorni in Ticino alcune colture fino a quel tempo non conosciute. L’agricoltura biologica è praticata in Ticino da circa 100 aziende agricole, l’8 % del totale. Il fine dell’agricoltura biologica è quello di produrre in modo naturale, ma anche di coprire il più possibile il fabbisogno regionale. I prodotti biologici comprendono tutti i tipi di ortaggi e verdure come fagiolini, taccole, piselli, pomodori di vecchie varietà della ProSpecieRara, insalate speciali, erbette, catalogna, cime di rapa; inoltre, si possono menzionare i coltivatori minori che offrono prodotti particolari e ricercati come i piccoli frutti, siano essi lamponi, uva spina, fragole o mirtilli. Alcune aziende propongono ottimi cereali (frumento, orzo, segale, spelta, grano saraceno) che vengono consumati grezzi o trasformati in farina e in pane da alcuni maestri panettieri locali. Anche il mais da polenta ticinese è coltivato in qualità bio e gode di un buon successo commerciale. C’è infine la soia bio trasformata in tofu. La Cooperativa fra produttori e consumatori del biologico (ConProBio) è un canale alternativo di vendita per prodotti biologici. I consumatori ordinano in anticipo la spesa al rispettivo capogruppo – in Ticino ne esistono oltre 100 – che trasmette le ordinazioni alla centrale di Cadenazzo. Da lì partono le ordinazioni verso i produttori bio che provvedono a consegnare la propria merce alla centrale dove si preparano le confezioni destinate ai vari gruppi. DIPARTIMENTO FINANZE ECONOMIA ISICOM S.A. FORMAGGI Federazione ticinese produttori di latte - LATI, C.P. 565, 6592 S. Antonino direttore: Mario Maddalena Società ticinese di economia alpestre, Via delle Scuole 28 a, 6963 Pregassona segretaria: Monica Bellini coordinatrice DOP: Cristina Solari Servizio ispezione e consulenza lattiera, C.P. 343, 6592 S. Antonino responsabile: Renato Bontognali Associazione capra Ticino (CATI) Via Bollini 1, 6946 Ponte Capriasca presidente: Giulia Quadroni Madonna Associazione prodotti Valle di Muggio (APVM) 6838 Scudellate segretario: Edmondo Clericetti ConProBio, 6593 Cadenazzo responsabile: Brigitte Bertoli SALUMI E DERIVATI Società mastri macellai salumieri, Centro macellai - C.P. 22, 6804 Bironico direttore: Erich Jörg ConProBio, 6593 Cadenazzo responsabile: Brigitte Bertoli ConProBio La ConProBio è in grado di offrire una nutrita varietà di prodotti alimentari biologici, cercando di privilegiare in primo luogo il prodotto locale e poi quello svizzero. Esiste anche una collaborazione con le Botteghe del Mondo per i prodotti da commercio equo. Un’altra caratteristica della ConProBio è la freschezza dei prodotti (verdura, latticini, carne, uova) che passano praticamente in modo diretto dal produttore al consumatore. In buona sostanza, far capo a ConProBio equivale a fare la spesa tenendo in considerazione gli aspetti legati alla produzione bio- logica e indigena. La ConProBio mira anche a far diventare la spesa settimanale un’occasione di scambio fra produttore e consumatore. Non a caso, oltre al contatto settimanale, vengono organizzate manifestazioni dove si promuove l’incontro fra gli attori della cooperativa. I responsabili della ConProBio sono a disposizione dei soci o di chi desidera diventarlo per informazioni, suggerimenti, nuove adesioni e proposte. MENDRISIO Mercato Coperto tel. 091 850.27.27 fax 091 858.26.14 mail [email protected] www.lati.ch tel. 091 942.48.85 mail [email protected] tel. 091 943.61.63 ±fax 091 943.40.44 mail [email protected] tel. 091 850.27.80 fax 091 858.22.81 mail [email protected] tel. 091 945.30.45 fax 091 945.30.45 mail [email protected] tel. 091 684.11.33 mail [email protected] www.valledimuggio.ch tel. 091 780.50.24 fax. 091 780.50.23 tel. 091 946.41.62 fax 091 946.20.28 mail [email protected] www.centro-macellai.ch tel. 091 780.50.24 fax. 091 780.50.23 CEREALI - SEMI OLEOSI - DERIVATI Molini Ticinesi Riuniti SA, tel. 091 857.88.88 Via Linoleum, 6512 Giubiasco fax 091 857.88.93 direttore: Klaus Bläsing mail [email protected] Mulino Maroggia, 6817 Maroggia tel. 091 649.75.02 direttore: Luigi Fontana fax 091 649.75.04 mail [email protected] Terreni alla Maggia SA, tel. 091 791.24.52 Via Muraccio 105, 6612 Ascona fax. 091 791.06.54 direttore: Renato Altrocchi mail [email protected] Oleificio Sabo, tel. 091 610.70.50 Via Cantonale, 6928 Manno fax 091 610.70.69 direttore: Giancarlo Bordoni mail [email protected] www.sebo-oil.com Società mastri panettieri e pasticcieri, tel. 091 923.38.28 Via Monte Brè 9, 6900 Lugano fax 091 921.35.94 segretaria: Elisabetta Cremona mail [email protected] www.panettieriticinesi.ch Bassetti Paolo, 6582 Pianezzo tel. 091 857.40.39 natel 079 204.69.90 mail [email protected] ConProBio, 6593 Cadenazzo tel. 091 780.50.24 responsabile: Brigitte Bertoli fax. 091 780.50.23 VINO - DISTILLATI Ticinowine, Via Corti 5, 6828 Balerna segretariato Federviti, Segretariato cantonale, 6515 Gudo segretaria: Monica Bacciarini Rossi Associazione ticinese negozianti di vino e vinificatori Via S. Giovanni 4, 6500 Bellinzona segretario: Curzio Curti Associazione dei viticoltori e vinificatori privati, 6838 Cabbio presidente: Luciano Cavallini Interprofessione del vino ticinese (IVT), C.P. 447, 6592 S. Antonino segretario: Michele Piffaretti Ordine della DOC, C.P. 447, 6592 S. Antonino segretario: Michele Piffaretti Associazione VITI, Via Pergola 7, 6962 Viganello segretario: Claudio Girardin SAPERI E tel. 091 690.13.53 fax 091 690.13.54 mail [email protected] www.ticinowine.ch tel. 091 859.00.39 fax 091 859.00.41 mail [email protected] tel. 091 825.77.53 fax 091 825.81.78 mail [email protected] tel. 091 684.15.79 tel. fax. mail tel. fax. mail tel. 091 851.90.93 091 851.90.98 [email protected] 091 851.90.93 091 851.90.98 [email protected] 091 971.56.48 quando SAPORI torizzate da organi federali. La Gemma Bio Suisse rappresenta uno dei marchi di qualità bio più conosciuti in Svizzera. dove mangia. Tutte le aziende che producono con metodo biologico devono sottostare alle direttive emanate dalla Confederazione e dall’Associazione Svizzera per l’Agricoltura Biologica; si devono quindi sottoporre a periodici controlli, svolti da istituzioni au- organizzata da Anche in Ticino sono attive e presenti numerose coltivazioni biologiche che si sono sviluppate, circa quindici anni fa, per il desiderio di coltivare prodotti in modo più naturale, soddisfacendo così le richieste dei consumatori, sempre più attenti a quanto si cucina e si Ideata da I marchi di qualità danno al consumatore la certezza della qualità. I controlli a più livelli sono svolti da enti indipendenti (il più importante è Bio Inspecta) accreditati presso la Confederazione e riconosciuti da Bio Suisse. Si verificano in particolare tracciabilità del prodotto, flusso della merce, compatibilità col bio dei fornitori. Il prodotto bio è controllato sia all’origine (produttore) sia nella fase di trasformazione e di vendita. Rassegna Agroalimentare del Ticino La coltivazione biologica INDIRIZZI UTILI La coltivazione biologica si propone di ottenere prodotti assolutamente sani e di rispettare l’ambiente naturale. L’INNOVAZIONE DEL BIO Agricoltura Bio Sabato 21 10-23 Domenica 22 10-22 settembre 2002 MIELE - CASTAGNE - ERBE MIELE Società ticinese di apicoltura, 6780 Airolo segretario: Gabriele Lombardi CASTAGNE Associazioni castanicoltore della svizzera italiana c/o Regione Malcantone, 6982 Agno presidente: Giorgio Moretti Gruppo di lavoro cantonale sul castagno, c/o Sezione forestale, 6500 Bellinzona presidente: Giorgio Moretti ERBE Associazione buone erbe ticinesi, C.P. 137, 6718 Olivone presidente: Mauro Montesel Società cooperativa COFIT, C.P. 137, 6718 Olivone presidente: Marcello Monighetti responsabile vendite: Nello Corti Istituto alpino di farmacologia, C.P. 137, 6718 Olivone direttore: Ario Conti ORTAGGI L'ortofrutticola FOFT 6593 Cadenazzo Ferrari SA 6598 Tenero Associazione Orti, 6593 Cadenazzo presidente: Renato Oberti ConProBio, 6593 Cadenazzo responsabile: Brigitte Bertoli ISTITUZIONI Dipartimento delle finanze e dell'economia, Sezione dell'agricoltura, Viale Franscini 17, 6500 Bellinzona con degustazioni INGRESSO GRATUITO tel. mail 091 869.18.18. [email protected] tel. fax mail tel. fax mail 091 610.16.30 091 610.16.39 [email protected] www.mediatree.com/castagne/ 091 814.36.61 091 814.44.38 [email protected] tel. mail 079 423.68.75 [email protected] tel. mail 078 613.04.16 [email protected] tel. tel. fax mail 079 400.77.48 079 278.88.84 091 796.20.43 [email protected] tel. 091 850.29.01 fax 091 850.29.00 mail [email protected] tel. 091 745.13.26 fax 091 745.13.28 www.ortofrutticola.com tel. 091 858.13.92 natel 079 620.98.54 fax 091 858.12.66 mail [email protected] tel. 091 780.50.24 fax 091 780.50.23 tel. 091 814.35.92 fax. 091 814.44.64 mail [email protected] www.ti.ch/agricoltura Dipartimento delle finanze e dell'economia, tel. 091 814.35.67 Sezione delle bonifiche e del catasto, fax. 091 814.44.28 Viale Franscini 17, 6500 Bellinzona mail [email protected] www.ti.ch/bonifiche-catasto Dipartimento dell'educazione, della cultura e tel. 091 683.21.21 dello sport, Scuola agraria Mezzana, 6828 Balerna fax. 091 682.26.21 mail [email protected] Dipartimento della sanità e della socialità, tel. 091 814.41.00 Ufficio del veterinario cantonale, fax. 091 814.44.44 Via Dogana 16, 6501 Bellinzona mail [email protected] www.ti.ch/vet Dipartimento della sanità e della socialità, tel. 091 922.04.18 Laboratorio cantonale, Via G. Buffi 6, fax. 091 923.97.46 6900 Lugano mail [email protected] www.ti.ch/dss/dsp/labc Dipartimento del territorio, Sezione Forestale, tel. 091 814.36.62 Viale Franscini 17, 6500 Bellinzona fax. 091 814.44.38 mail [email protected] www.ti.ch/forestali Stazione fed. di ricerche agronomiche, Centro tel. 091 850.20.30 di Cadenazzo, 6593 Cadenazzo fax. 091 850.20.39 direttore: Giorgio Jelmini mail [email protected] Unione contadini ticinesi, C.P. 447, tel. 091 851.90.90 6592 S. Antonino fax. 091 851.90.98 presidente: Peter Hess mail [email protected] www.agriturismo.ch Associazione donne contadine, 6764 Chiggiogna tel. 091 866.17.88 presidente: Regula Colombo mail [email protected] Ticino Turismo, Via Lugano 12, tel. 091 825.70.56 6501 Bellinzona fax 091 825.36.14 direttore: Giuseppe Stinca mail [email protected] www.ticino-tourism.ch GastroTicino, Via Gemmo 11, 6903 Lugano tel. 091 961.83.11 segretario: Fabio Bernaschina fax 091 961.83.25 mail [email protected] Bio Ticino C.P. - 6593 Cadenazzo tel.+fax 091 745.30.05 Via Magatti 2 - 6900 LUGANO