ATLANTE
DEI SAPORIe
DEI SAPERI
Alla scoperta dei prodotti
agroalimentari ticinesi
Un’iniziativa editoriale di BSI - CdT - DFE
agricoltura ticinese è confrontata in questi anni con problemi molto
concreti: erosione del reddito dei
contadini, concorrenza di prodotti di
altre regioni e paesi, diminuzione del
numero delle aziende, mancanza di
un sufficiente ricambio generazionale, parti di territorio agricolo che rischiano di scomparire perché utilizzate per altri scopi.
Eppure l’agricoltura svolge, oggi più
che mai, un ruolo insostituibile, non
solo dal punto di vista produttivo,
ma anche da quello ambientale. Proviamo ad immaginare come sarebbe
il paesaggio senza il lavoro quotidiano dei contadini. È questo il ruolo
«multifunzionale» sul quale punta la
nuova politica agraria della Confederazione. L’agricoltore è nello stesso
tempo imprenditore, perché produce
e vende i prodotti del suo lavoro, e
«giardiniere» del paesaggio, perché
cura il territorio che utilizza. Per
questa parte della sua attività, che
ha anche una funzione pubblica,
poiché un territorio ben curato va a
beneficio di tutti, l’agricoltore riceve
un sostegno da parte dello Stato,
mediante i pagamenti diretti.
Il ruolo multifunzionale dell’agricoltura, in un mercato più aperto, richiede collaborazione e sinergie con
altri settori economici che hanno legami con il primario: pensiamo all’industria agroalimentare, alla ristorazione, al turismo, al commercio. La
collaborazione tra questi settori è la
strada da percorrere per valorizzare
i prodotti agricoli del Ticino.Ve ne sono di ottimi. Sono prodotti in grado
di affermarsi sul mercato in misura
più ampia di quanto non facciano
oggi. Il consumatore è infatti sempre
più sensibile al prodotto di qualità e
di origine locale.
P
er questo, oltre alla collaborazione, è necessaria la promozione. Far
conoscere, in Ticino e fuori dei nostri
confini, la produzione agricola cantonale è un compito essenziale per il
rilancio dell’agricoltura e per consentire ai contadini di recuperare, almeno in parte, il reddito perso in questi
anni di cambiamenti e di difficoltà.
Un’agricoltura competitiva è nell’interesse dell’intero cantone, poiché
IL TICINO E LA SUA TERRA
L’
modo determinante a caratterizzare
il futuro dell’agricoltura: è questa la
strategia prioritaria da perseguire
per lo sviluppo di un vero sistema in
cui l’agricoltura svolga in modo efficace e concorrenziale il suo ruolo
multifunzionale, in stretta correlazione con il commercio, la ristorazione,
il turismo, la cultura (costumi e tradizioni), la cura del paesaggio. È possibile valorizzare questo legame
creando una rete tra l’agricoltura e
gli altri settori economici. È questo
l’obiettivo del Tavolo Verde.
Q
solo così l’agricoltura potrà svolgere
il ruolo multifunzionale che la politica agraria federale le affida e dal
quale dipendono tra l’altro in larga
misura i pagamenti diretti, cioè il sostegno finanziario dello Stato.
Ecco perché il Dipartimento delle finanze e dell’economia, attraverso
l’organizzazione del Tavolo Verde, ha
promosso questa iniziativa editoriale. L’Atlante dei sapori e dei saperi si
propone di far conoscere ad un vasto pubblico i prodotti agrolimentari
del Ticino, prodotti che in base alle
loro caratteristiche e al tipo di legame che li unisce al territorio possono essere distinti in locali, tradizionali, tipici e innovativi. La classificazione
in queste tipologie è importante per
la creazione di un paniere rappresentativo della nostra produzione
agroalimentare, ma i fattori differenziali su cui dobbiamo puntare per la
loro promozione sono la qualità e il
gusto. La valorizzazione del legame
con il territorio rientra negli obiettivi
e nelle misure di promozione della
nostra economia e concorrerà in
uando visitiamo un’altra regione o un altro Paese, oltre alla bellezza e specificità del paesaggio locale,
ai monumenti, alle feste tradizionali,
alle occasioni di svago, cerchiamo i
luoghi dove è possibile gustare e apprezzare i prodotti alimentari tipici
del posto, i piatti caratteristici che
non troveremmo in altre regioni o in
altri Paesi. La globalizzazione economica tende a livellare e omogeneizzare tutto, anche le abitudini alimentari: ci sono piatti e menu che ritroviamo, più o meno uguali, a Roma
come a Parigi, a Hong Kong come a
New York, in Grecia come in Spagna.
Promuovere i prodotti agricoli locali,
le tradizioni gastronomiche specifiche del posto è un modo per sottrarsi a questo rischio di livellamento
e di omogeneizzazione.
L’alimentazione è uno dei terreni sul
quale si gioca il conflitto più generale tra la dimensione globale e quella
locale. Il cibo e le tradizioni ad esso
legate diventano quindi un importante fattore di attrazione e strumento di differenziazione di un territorio.Tutti noi attribuiamo un valore positivo al legame tra le produzioni alimentari ed il territorio. Questo
legame rappresenta un’importante
opportunità di sviluppo locale e può
contribuire al rilancio di una regione
o a incentivare il turismo.
Il turista che viene nel nostro cantone cerca il prodotto locale che non
trova fuori del Ticino, cerca quei sapori che gli altri non sanno offrirgli.
Ma anche il ticinese che nel suo
tempo libero si sposta all’interno del
cantone va alla ricerca delle specificità alimentari delle nostre regioni e
Far conoscere, in Ticino e fuori dei
nostri confini, la produzione agricola cantonale è
un compito essenziale per il rilancio dell’agricoltura e
per consentire ai contadini di recuperare, almeno in parte, il
reddito perso in questi anni di cambiamenti e di difficoltà.
L’Atlante dei sapori e dei saperi si propone di far
conoscere ad un vasto pubblico i prodotti
agroalimentari del Ticino
località. L’agricoltura ticinese e i settori economici ad essa legati hanno
la possibilità di sviluppare un’offerta
di prodotti veramente attrattiva perché specifica e di ottima qualità e
farne così uno dei punti di forza del
nostro territorio.
I prodotti agricoli possono essere utilizzati come strumenti per potenziare l’attrattiva della nostra regione e
attivare nuovi flussi turistici (turisti
gastronomici), incrementare le frequenze dei flussi esistenti (in particolare per i gruppi «turisti di giornata» e «soggiorno breve») e anche
cambiare le nostre abitudini (facendoci diventare «turisti in casa»).
Importante è anche conoscere perché la nostra agricoltura ha questi
prodotti e non altri e come questa
produzione ha contribuito a determinare le abitudini alimentari della
nostra popolazione. La produzione
agroalimentare non è quindi solo un
fattore economico, ma anche culturale, che deve rispondere ad esigenze di conoscenze sempre più approfondite e di qualità sempre migliore. Di qui l’abbinamento tra i sapori e i saperi.
L’
Atlante dei sapori e dei saperi
si propone proprio di dare visibilità
ai nostri prodotti tradizionali, di farli
conoscere meglio o di farli scoprire a
chi non li conosce. Nell’inserto qui
pubblicato il lettore troverà una panoramica dei prodotti più rappresentativi dell’agricoltura ticinese. L’Atlante è una prima proposta cui dovrebbe seguire un inventario completo
della produzione agroalimentare ticinese. Spetterà ai privati e alle associazioni sviluppare il progetto.
Questa pubblicazione si inserisce nel
programma globale del Tavolo Verde,
che quest’anno ha come tema centrale il coordinamento della produzione e della trasformazione dei
prodotti della terra. Questo tema
verrà sviluppato durante il convegno
sul polo agroalimentare in Ticino, che
si svolgerà il 18 settembre all’Accademia di architettura a Mendrisio, e
nell’esposizione «Sapori e saperi», la
rassegna non commerciale che per
la prima volta riunirà sotto lo stesso
tetto i prodotti agroalimentari tradi-
“
zionali del Ticino. L’esposizione, con
ingresso gratuito, si svolgerà al Mercato Coperto di Mendrisio sabato e
domenica 21 e 22 settembre.
La collaborazione con il turismo trova infine uno strumento specifico di
promozione e di sostegno in un’altra
pubblicazione, questa volta curata
dall’Ente ticinese per il turismo: è il
cofanetto di opuscoli «Il Ticino e i
suoi sapori» che propone ai turisti,
ma anche a tutti i ticinesi, una serie
di intinerari gastronomici, per scoprire o riscoprire gli angoli più belli del
cantone nel loro stretto legame con i
prodotti della terra.
Il
panorama ticinese dell’imprenditorialità agricola non è mai stato così vivace come in questi
ultimi anni. Crescono iniziative imprenditoriali
sia individuali sia organizzate, che ripropongono, migliorandone costantemente la qualità
e valorizzandoli, prodotti esistenti quali il vino, i
formaggi, gli ortaggi, il
miele o che lanciano
nuovi prodotti di nicchia
quali ad esempio le erbe officinali. Si tratta di
progetti autonomi che,
collegati tra di loro e
messi in rete, potrebbero dar vita ad
un primo «paniere» di prodotti locali
tipici, tradizionali o innovativi, della
produzione agroalimentare. Le quattro iniziative presentate nell’ambito
del Tavolo Verde (Atlante dei sapori e
dei saperi, Polo agroalimentare, rassegna «Sapori e saperi», cofanetto
«Il Ticino e i suoi sapori») hanno proprio lo scopo di indirizzare e coordinare gli sforzi dei privati, delle associazioni e degli enti pubblici per promuovere, nelle nuove condizioni di
mercato, la produzione ticinese, puntando su una qualità sempre più elevata, sul legame territoriale locale,
sulla tipicità dei prodotti e sulla tradizione agroalimentare del cantone.
Questa offerta integrata di prodotti
agricoli potrà essere utilizzata dalle
associazioni agricole e dai loro partner per creare una piattaforma distributiva coordinata, per partecipa-
La produzione
agroalimentare
non è solo
un fattore
economico,
ma anche
culturale
”
“
re a rassegne agroalimentari fuori
del Cantone, o ancora per mettere a
punto un concetto di «vetrina itinerante» che possa trovare ospitalità
in reparti gastronomici di negozi,
punti di ristoro autostradali o eventi
culturali. Occorre dunque una vetrina, uno spazio dove poter rappresentare e promuovere questa realtà.
Obiettivo di questo Atlante dei sapori e dei saperi è avvicinare tutti noi
consumatori ai prodotti della nostra
terra e stimolarci – per avere un
contatto più ravvicinato e diretto con
questi prodotti – a visitare la rassegna «Sapori e saperi del Ticino». Alla
rassegna, che esporrà i prodotti più
rappresentativi della nostra produzione agricola, si potranno conoscere
da vicino tradizioni, processi di lavorazione e naturalmente
si avrà l’occasione di
degustare quanto offerto in visione.
È un primo
passo verso la
creazione
di un paniere
dei prodotti
agroalimentari
ticinesi
”
L’
Atlante dei sapori
e dei saperi e l’imminente evento «Sapori e
saperi del Ticino», come pure la pubblicazione dell’ETT «Il Ticino
e i suoi sapori», sono
soltanto i primi passi
verso la creazione di
un circuito unico e
coordinato di promozione e commercializzazione dei prodotti agricoli ticinesi. Questo progetto sarà
portato avanti dalla Conferenza
agroalimentare, l’organismo previsto
dalla nuova legge cantonale sull’agricoltura, proposta dal Consiglio di
Stato il 6 giugno dell’anno scorso e
attualmente all’esame della competente commissione del Gran Consiglio. La nuova legge contempla anche un maggiore impegno finanziario dello Stato per sostenere e incentivare l’agricoltura. Le iniziative
qui presentate si inseriscono perfettamente in questo spirito di rilancio.
Sono passi concreti che danno seguito agli impegni programmatici.
Dalle parole, insomma, ai fatti.
Marina Masoni
Direttrice del Dipartimento
delle finanze e dell’economia
VINO - DISTILLATI
ORTAGGI
Ticino - denominazione di origine
controllata
vino da monovitigno con un vitigno raccomandato di
prima categoria che deve essere presente
nella misura di almeno il 90%
Pomodoro
(tondo liscio, peretto, grappolo, cherry)
Zucchine - Cetrioli nostrani e olandesi
Lattuga cappuccio - Carote
Lattughini Lollo e foglia di quercia
Melanzane - Formentino - Cipolle e cipollotte
Scarola - Lattuga romana - Cicoria bianca
Cavolfiori e broccoletti - Ramolacci - Cavoli rapa
Verze - Porro - Finocchio - Rapanelli - Coste - Sedano coste
Cicoria rossa e verdi - Altre verdure - Peperoni peperoncini
Fagiolini - Prezzemolo - Cabis bianco e rosso
Spinaci - Rapette - Cavolo cinese - Broccoletto
Indivia riccia - Crescione - Rucola
Basilico
Rosso; Bianco; Rosato del Ticino (o Ticinese) denominazione
di origine controllata
vino prodotto con più vitigni raccomandati di prima categoria
presenti in quantità superiori al 10% della mescolanza
Nostrano della Svizzera italiana
vino prodotto con uve di seconda categoria
Vino di ibridi
vino prodotto con uve «americane» di terza categoria
Grappa ticinese
distillato di vinacce o di uva
americana
FORMAGGI
I seguenti formaggi possono essere prodotti con latte
vaccino, caprino o mescolanza vacca/capra
Formaggio d’alpe a pasta semidura grasso
Formaggio della paglia (alta valle Maggia)
Formaggella magra - Formaggella semigrassa
Formaggella grassa
Formaggini tipo Robiola freschi e maturi
Formaggini a cagliata lattica tipo Büscion freschi e maturi
Zincarlin (Büscion alle erbe) - Formaggi a crosta fiorita
Mozzarelle - Ricotta fresca e stagionata
(in Bogia)
SALUMI E DERIVATI
Carne secca
(manzo e cavallo)
Cicin - Cotechino - Codegotto
Coppa - Lardo - Luganighetta - Luganiga
Mortadella - Mortadella di fegato cruda e cotta
Pancetta piana e arrotolata - Prosciutto cotto
Prosciutto crudo fiocco - Salame - Salame nostrano
Salamella - Salametto di maiale, cavallo, cervo, cinghiale
Zampone crudo e precotto
Violino di capra
Progetto editoriale
promosso da:
DIPARTIMENTO
DELLE FINANZE
E DELL’ECONOMIA
DEL CANTONE TICINO
BSI SA INTERNATIONAL
PRIVATE BANKING
CORRIERE DEL TICINO
Inserto a cura di
MEDIACONSULT SA,
LUGANO
Redazione:
CARLO GHIELMETTI
LUCA M. VENTURI
Foto
FIORENZO MAFFI
Ricette tratte da:
«TICINO A TAVOLA»
EDIZIONI SAN GIORGIO
MUZZANO
Stampato presso:
CEREALI
SEMI OLEOSI
DERIVATI
Farina integrale
per polenta
Grano saraceno
Grano non macinato
di cereali e oleose
Pane Ticino
Riso
Pasta ticinese
Olio di oliva
MIELE - CASTAGNE - ERBE
MIELE
Miele di robinia o acacia
Miele di castagno e tiglio - Miele di montagna
CASTAGNA
Fiocchi di castagne - Farina di castagne essiccata senza fumo
Farina di castagne essiccata con fumo - Granulato di castagne
Marmellata di castagne - Castagne senza zucchero cotte in vasetto
Castagne con sciroppo di zucchero e alcool cotte in vasetto
Pasta di vari formati - Pane di castagne con pezzi di castagne secche
Grissini di castagne - Amaretti di castagne - Cantuccini di castagne (biscotti)
Caramelle al miele di castagno - Birra di castagne - Liquore di castagne
ERBE
Tisana di Olivone - Caramelle Cofit
Olio del buongustaio Cofit
SOCIETÀ EDITRICE
CORRIERE DEL TICINO SA
MUZZANO
LA MAPPA AGROALIMENTARE TICINESE
sostanza, l’Atlante dei
Sapori e dei Saperi costituisce
un invito e un incentivo al pubblico per valorizzare i nostri
prodotti, a scoprire e a far
scoprire cosa può offrire di
meglio il “terroir”.
L’intento a medio termine è
quello di sollecitare una riscoperta e una valorizzazione dell’offerta tipica e tradizionale,
ma anche quello di trasformare i nostri prodotti di nicchia
in veri e propri veicoli promozionali del Ticino. In questo
senso, si potrà collegare la
promozione dell’agricoltura alla protezione e alla difesa dell’ambiente e allo sviluppo di un
turismo di qualità, più selettivo, intelligente, integrato e
consapevole, dunque a maggior
valore aggiunto, inserendo il
tutto in quel contesto di cultu-
ra e tradizione che da sempre
caratterizza il nostro Cantone.
Presentare i prodotti tradizionali ai consumatori ticinesi, ma
non solo, è importante e ancor
più ritengo sia voler sollecitare
l’attenzione e l’interesse dei ristoratori per i nostri prodotti
tipici.
Q
uello della ristorazione è
infatti un target preferenziale
ed un veicolo ideale per far
conoscere e apprezzare i prodotti del territorio con un’offerta originale e congiunta alla
cultura e alla tradizione locale,
a gastronomi, visitatori e turisti. È innegabile che troppi
aspetti d’indubbio valore e importanza propri del Ticino, così
vicino ai grandi bacini d’utenza
italiano e germanico, siano ancora così poco conosciuti. In
questo senso, molto rimane
ancora da fare; dunque, questa
iniziativa risponde ad una precisa ed urgente esigenza di comunicazione.
La cucina del territorio, è bene
rammentarlo, viene oggi rivalutata dai più attenti e sensibili
grandi cuochi di livello internazionale e questo lo dichiarano
a chiare lettere protagonisti
della gastronomia tanto diversi
tra loro come Piero Vissani e
Gualtiero Marchesi, dunque si
tratta di una tendenza nuova e
importante. Essa si può delineare come una rappresentazione nell’arte della tavola di
un luogo e di una cultura che
offre stabilità, identità e tradizione, come ben dice Davide
Paolini.
In
un’epoca di globalizzazione che si dimostra purtroppo solo un’uniformazione accelerata, la cosiddetta fusion
tra culture usi e arti si sta piuttosto traducendo in confusion,
vale a dire in una monotona e
vaga banalizzazione e in un appiattimento verso il basso che
spersonalizza e confonde an-
che il viaggiatore più navigato.
Ecco che, invece, il rivalutare i
prodotti regionali più autentici
si propone certamente come
la strada giusta da percorrere
per conferire carattere, originalità, sapienza, talento ad un
piatto e ad una zona che sappia esprimere la sua storia,
seppur minore, nella sua cucina.
E
d è certamente meglio servire prodotti del territorio,
nostrani, ben presentati e cucinati ad arte, che non proporre
ad ogni occasione una cucina
che si vorrebbe etnica o esotica a tutti i costi, ma che giocoforza fa ricorso a materie
prime non fresche o almeno
non certo a quelle autentiche
e che con i piatti d’origine nulla hanno a che fare, per non
parlare del gusto…
È bene ricordare i vantaggi offerti dai prodotti nostrani, innanzitutto l’aderenza alle condizioni climatiche e agronomiche delle nostre latitudini; poi,
si tratta di prodotti più adatti
e soprattutto più freschi, raccolti alla giusta maturazione,
offerti secondo una naturale
stagionalità, con tempi di trasporto ridottissimi, con una
vasta possibilità di poliutilizzo
e, non da ultimo, con una ragion d’essere e un senso concreto, dal punto di vista geografico e storico.
I
prodotti di nicchia sono anche un eccellente e gradito biglietto da visita di un territorio, si prestano ad una ideale
integrazione nell’offerta turistica, basti citare, ad esempio,
le strade del vino o il sentiero
del castagno o dell’olio. Dunque, la cucina del territorio è
un validissimo strumento di
promozione delle regioni in
tutte le sue valenze, ma deve
essere anche una sintesi e
un’integrazione fra tradizione,
creatività e innovazione. Un’al-
Poter conoscere e gustare quanto scaturisce dalla nostra terra, avere l’opportunità concreta di sviluppare una conoscenza
intima con il gusto, i sapori, i profumi, gli aromi di un
paese, facendo ricorso ai sensi primari, fisici, spontanei dell’uomo, per provare nuove esperienze,
sensoriali e istintive, ma anche profonde
e durature
ta tecnica culinaria, l’arte di
presentare e servire il prodotto e la professionalità sono
doti vincenti, specie in un territorio permeato di cultura
come il nostro.
V
oglio solo ricordare la vocazione della nostra regione
che si può far risalire fino al
1400, con Martino de Rubeis,
o de Rossi, il grande cuoco
bleniese di Torre, definito da
Bartolomeo Sacchi, detto il
Platina, "Principe dei cuochi"
che operò ai massimi livelli a
Roma, per servire poi il condottiero Gian Giacomo Trivulzio, e tutti gli altri cuochi della
Svizzera italiana che nei secoli
lo seguirono, nel solco dei
flussi migratori verso il nord
Europa e le Americhe, come
Luigi Franconi di Brissago,
nell’800, e dei cuochi di ieri e
di oggi che illustrano il Ticino,
ottenendo riconoscimenti
prestigiosi.
L
a cultura della cucina, tra
l’altro, è saldamente presente
a Lugano-Sorengo anche con
la BING, la Bibliothèque Internationale de Gastronomie,
un’autentica e preziosa miniera di testi e documenti rarissimi sull’arte culinaria in cui sono raccolti oltre quattromila
rari volumi antichi, manoscritti
e a stampa che costituisce un
punto di riferimento insostituibile per studiosi, ricercatori
e appassionati di tutto il mondo.
Una passione, quella per i prodotti della terra e per la gastronomia, dunque, che si traduce nel recupero intelligente
di tradizioni che è nostro preciso dovere far sì non debbano
scomparire.
Paolo Grandi
Responsabile Pubblicità e PR,
BSI SA International Private Banking
Delegato per la Svizzera italiana
dell’Accademia Italiana della Cucina
C
on questo Atlante dei sapori e dei saperi il Corriere del
Ticino partecipa attivamente ad
un sforzo di promozione dei
prodotti agroalimentari ticinesi
che ritiene necessario, positivo e
orientato nella giusta direzione.
Necessario poiché, fra i diversi
settori dell’economia cantonale,
quello agricolo merita particolarmente di essere sostenuto, alla luce delle molte difficoltà con
cui è confrontato oggi chi vive di
coltivazione e allevamento, un
po’ ovunque ma particolarmente da noi, dove il territorio disponibile è esiguo e sempre più
conteso.
Eppure, nonostante i molti problemi da risolvere ogni giorno,
non sono pochi coloro che riescono a trarre dalla terra ticinese vini, ortaggi, erbe, frutta, cereali, salumi, formaggi, miele e
altro ancora, di qualità sempre
migliore e spesso con caratteristiche peculiari, diverse dai prodotti d’importazione. Due elementi non sempre facili da
combinare, ma che alla fine
concorrono con successo a recuperare, rivitalizzare e rinnovare un patrimonio importante e
prezioso, fatto appunto di «sapori» e di «saperi». In questo
senso lo sforzo è positivo: poiché mette innanzitutto l’accento
sul valore del risultato, come
punto di riferimento essenziale
IL GUSTO VERO DELLA VITA
In
LA CUCINA TRADIZIONALE
Q
uesto Atlante dei Sapori
e dei Saperi rappresenta un’agile e sintetica panoramica dei
prodotti agroalimentari tradizionali, tipici, ma anche innovativi, come ad esempio certi pomodori e il bio del Cantone
Ticino.
Si tratta certamente di uno stimolo intelligente e di un punto
di partenza verso la messa a
punto di uno strumento operativo di marketing e d’informazione, un paniere scientificamente strutturato, inteso per
la promozione dei prodotti del
nostro territorio e volto a sottolineare anche il nuovo ruolo,
multifunzionale ed integrato,
dell’agricoltura contemporanea.
Questo atlante non costituisce, dunque, un’analisi approfondita di ciascun prodotto, ma consente di far scoprire
in maniera accessibile a tutti,
seguendo i testi vivaci e curiosi
di Luca M.Venturi, alcuni dei
“tesori” della nostra terra e
della nostra tradizione che
sembra quasi abbiamo voluto
tener nascosti troppo a lungo
al resto del mondo.
Un caposcuola della cucina contemporanea, Gualtiero Marchesi, afferma che
la cucina legata al territorio deve saper applicare
tecniche di alta arte culinaria ad un piatto regionale, in
modo da valorizzarne il sapore originario. Far dunque
uso di prodotti locali, con intelligenza e creatività,
cercando di realizzare un insieme armonico
di sapori, profumi e colori
per orientare poi gli ulteriori
passi in favore del settore. Ma
non meno significativo è un altro aspetto, che sta alla base
dell’operazione di cui l’Atlante è
uno dei tasselli: la volontà di
congiungere le forze, cercando
di sviluppare collaborazioni e
convergenze, per superare quella visione frammentaria e troppo spesso conflittuale che contribuisce sovente a indebolire il
settore primario non meno delle
difficoltà oggettive.
D
a queste premesse nasce
l’Atlante. Il termine è impegnativo e potrebbe prestarsi a qualche malinteso. Non è stato concepito per diventare una mappa esaustiva della produzione e
meno che meno una sorta di
«annuario» dei produttori. È
Atlante nel senso di offrire uno
sguardo d’insieme sulle diverse
componenti di una produzione
agroalimentare ticinese che non
mancherà di sorprendere più
d’uno, per varietà e ricchezza.
E possibilmente – ce lo auguriamo – di ingolosire. Poiché è fatto di quelle cose che danno gusto alla vita, nel senso più autentico di questa espressione. E
scusate se è poco.
Giancarlo Dillena,
Direttore Corriere del Ticino
È il latte l’ingrediente base di
tutta la produzione casearia.
Ed è solo attraverso questo indispensabile alimento e la mano del casaro che possiamo
gustare e apprezzare nel pieno
del loro sapore le varie qualità
di formaggio ticinese.
Il vocabolo formaggio deriva
da «formos», parola con la
quale gli antichi Greci solevano
indicare il paniere di vimini nel
quale veniva riposto il latte cagliato, per dargli «forma», appunto. Il «formos» greco, si
trasformò nel latino «forma»,
divenuto nel francese antico
«formage», e quindi nelle forme omografe moderne italiane
di «formaggio» e francesi di
«fromage».
L’allevamento dei bovini e il
consumo e la lavorazione del
latte sono attività che risalgono a varie migliaia di anni or
sono. Alcuni graffiti dell’èra
neolitica, ritrovati in grotte alpine dove era presente una
forte antropizzazione, testimoniano quanto già fosse praticato a quell’epoca l’allevamento
dei bovini e assai diffusa la produzione di formaggi. La tradizione casearia, nonostante una
naturale evoluzione produttiva, si basa su alcuni principi
fondanti che risalgono a secoli
e secoli fa. L’evoluzione costante della tecnica di preparazione, di lavorazione e di stagionatura dei formaggi sono
dovute alle necessità variate
dei produttori e ai mutati gusti
dei consumatori.
I formaggi che si possono considerare tradizionali e tipici del
Ticino comprendono il formaggio d’alpe a pasta semidura
grasso, il formaggio della paglia
dell’alta Valle Maggia, formaggella magra, formaggella semigrassa e formaggella grassa, i
formaggini tipo robiola freschi
e maturi, i formaggini a cagliata
lattica tipo büscion freschi e
maturi, il zincarlin (un büscion
alle erbe), i formaggi a crosta
fiorita, le mozzarelle, la ricotta
fresca e stagionata (detta in
Bogia) e possono essere prodotti con latte vaccino, caprino
o con una mescolanza di latte
di vacca e capra.
Il formaggio prodotto sui nostri alpi vanta una qualità di
tutto rispetto ed è considerato un’autentica delizia. Prodotto a base di latte crudo di bo-
IL SAPORE DELLA NATURA
Il piacere
del formaggio
Il latte
Il latte ha un alto valore biologico grazie alla
completezza dei suoi
principi nutritivi; è il
primo che l’uomo assume come nutrimento,
alla nascita. In Ticino, il
latte è da sempre un
alimento base in ogni
famiglia e presenta caratteristiche organolettiche e una qualità di
primissimo piano. Un litro di latte copre, da
solo, il fabbisogno proteico e lipidico quotidiano dell’organismo. Il
latte offre all’organismo
il 70% del calcio di cui
ha bisogno e il 35% di
vitamina A (retinolo),
utilissima alla crescita e
allo sviluppo delle ossa.
L’assunzione di latte
non è mai controindicata, neppure nei regimi
dimagranti, ma il quantitativo consigliato a
una persona adulta è di
300 ml al giorno. Ottima alternativa, o complemento, sono i formaggi e gli yogurt, prodotti derivati del latte
con i medesimi principi
nutritivi.
vine e di capre che brucano sui
pascoli tra i 1600 e i 2400 m,
con prevalenza di foraggere
aromatiche quali il Ligusticum o
erba Mutellina, Crepide dorato e
Piantaggine alpina che conferiscono a latte e formaggio profumo discreto e gradevole, pasta morbida e cremosa e un
gusto saporito che si accentua
con l’età se conservato in una
buona cantina. Formaggio che
si può definire da meditazione,
la sua struttura evolve in permanenza ed è percepita in ogni
momento nella bocca tanto da
sentire sapori e aromi che ci
offrono il gusto della terra d’origine.
La frittata detta fonduta
Ingredienti:
6 tuorli d’uovo; un bicchiere di panna; burro;
6 etti di formaggio.
Preparazione:
Mettete i sei tuorli in
una casseruola e stemperateli con un bicchiere di panna e un pezzo
di burro; tagliate a dadini il formaggio; mettetene la metà assieme
ai tuorli e passateli leggermente sul fuoco, fino
a che il formaggio inizi
a sciogliersi.
LA RICETTA
Aggiungete il formaggio
rimasto e passatelo
nuovamente sul fuoco,
senza
eccedere, in
quanto potrebbe portare il formaggio a filare
troppo; una volta pronta, versatela in un piatto concavo.
La tipicità dei nostri formaggi
d’alpe, infatti, dipende dalla flora naturale che riflette le sue
qualità nel latte crudo con la
sua biodiversità che dipende da
numerosi fattori e in particolare dalla razza e dall’alimentazione degli animali. Il formaggio
d’alpe ha sempre una pasta di
colore giallo più o meno intenso, per il suo contenuto in caroteni derivati dall’erba, se prodotto con latte di vacca, e più
biancastra se con latte di capra.
I suoi profumi e sapori sono
poi determinati dalla composizione botanica dei pascoli e
dalla flora microbica ambientale. Per questi motivi il formaggio d’alpe acquisisce caratteristiche diverse in relazione al
luogo di nascita e alla mano del
casaro. Da non dimenticare poi
l’effetto dei terpeni, gli odori
del bosco che aumentano con
l’altitudine dei pascoli.
Il burro
Il burro si ottiene dalla
panna; si tratta di un
grasso alimentare che
proviene dalla lavorazione delle creme di
latte di mucca, per separazione della parte
acquosa, detta latticello.
In tempi ormai considerati antichi, il burro era
lavorato esclusivamente
a mano, scremando il
latte messo a riposare
nelle conche; in seguito
la panna ottenuta veniva versata nella zangola, più comunemente
chiamata «penagia».
La
denominazione
«burro» si riferisce al
prodotto ottenuto dalla
crema ricavata dal latte
di vacca o alla screma-
tura del siero di latte,
corrispondenti a specifici requisiti chimici, fisici
e organolettici.
Il burro conserva ottimi valori nutrizionali,
in quanto vi è presente un’elevata quantità
di vitamina A e vitamina D.
Un formaggio derivante da latte di animali al pascolo, dunque, è diverso dallo stesso
prodotto da latte di animali alimentati con foraggio secco.
Molte sostanze presenti nell’erba verde si degradano e
scompaiono durante la fienagione, non riuscendo quindi ad
arrivare al latte e poi al formaggio. E perché un formaggio
giovane è meno gustoso di un
formaggio invecchiato? in quest’ultimo si è dato il tempo ai
microrganismi e ai loro enzimi
di arricchire il formaggio delle
numerose sostanze che derivano dalla loro attività. La maturazione è un elemento di grande importanza perché in cantina si originano la struttura e i
caratteri organolettici per il
verificarsi di complesse reazioni fisico-chimiche ed enzimatiche. La degradazione della caseina costituisce il fattore più
importante, la pasta del formaggio si ammorbidisce cambia colore e aspetto, sviluppa
sapore e aroma.
Il latte di capra
Il latte di capra è un ingrediente fondamentale
per la produzione di
buona parte dei tipici
formaggi ticinesi. Il latte di capra rispetto a
quello di mucca risulta
a un primo approccio
meramente cromatico,
più limpido e bianco.
Questo dipende dall’assenza di carotene, pre-
sente in buona misura
nel latte di mucca.
A livello nutrizionale, il
latte caprino è sicuramente anche più leggero e digeribile.
Dal latte di capra si ricavano formaggi e formaggini, lavorati con il
medesimo processo utilizzato per quelli di latte bovino. Molto diverso
è invece il loro gusto,
decisamente più piccante e pungente. I prodotti di capra vengono riconosciuti attraverso
l’etichetta «Capra Ticino» che testimonia la
provenienza e la garanzia.
Noti in tutta la Svizzera e oltre i confini, i formaggi della
Valle di Muggio nascono oltre
un secolo fa. Erano allora formaggi a pasta semidura; questo era dovuto al fatto che il
latte doveva essere lavorato
in modo tale da essere conservato, visto che le strade
decisamente impervie non
permettevano un rapido
smercio dei prodotti freschi a
conservazione limitata.
Era quindi necessario proporre dei formaggi che potessero resistere qualche settimana e venderli così nei
mercati settimanali. Solo grazie al miglioramento delle vie
di comunicazione e di trasporto, i produttori poterono
mutare la propria produzione, confezionando dei formaggi freschi a pasta molle, di
piccolo taglio, simile a un turacciolo, i famosi büscion, o
agrini, che tuttora costituiscono il fiore all’occhiello
della fabbricazione casearia di
tutta la valle.
I formaggini possono essere
di latte di mucca, di capra o
una miscela di questi due. Il
loro metodo di produzione è
rimasto legato alla tradizione
di un tempo. Ovvero, si porta
a una temperatura corporea il
latte vaccino e si inocula con
fermenti lattici e caglio.
Una volta pronta la cagliata, si
estrae e si mette in un sacco
di tela, e lì lasciata riposare
per 24 ore, ovvero il tempo
necessario per consentire la
sgocciolatura e una leggera
maturazione dell’impasto.
L’impasto poi, viene lavorato
con sale, ed è quindi pronto
IL GUSTO DI UN TEMPO
Come si lavora
il formaggio
Annibale e i formaggini
Un racconto popolare,
tra leggenda e realtà,
sostiene che Annibale,
scendendo dalle Alpi in
direzione di Roma con i
suoi elefanti, si trattenne in Taurinia per merito dei formaggini di cui
pare fosse golosissimo.
Di fatto, Annibale varcò
le Alpi durante la seconda guerra punica, e
nel 218 a.C. vinse Torino
al terzo giorno d’assedio, mettendo a ferro e
fuoco la città. Meno documentati sono i suoi
gusti in tema di formaggini o di büscion,
ma è certo che per individuare l’epoca in cui
si iniziò a produrre formaggi in tutto l’arco alpino, si deve risalire ad
alcune migliaia di anni
fa, vale a dire al periodo in cui le migrazioni
delle tribù indoeuropee
diffusero presso le popolazioni locali l’allevamento dei bovini e la
lavorazione del latte.
per essere commercializzato.
Questi sono gli originali formaggini della Valle di Muggio.
Esiste, però una variante del
büscion, il «Zincarlin», che si
caratterizza per la presenza
nell’impasto di erbe aromatiche.
Un classico «formaggino fresco ticinese» è la robiola dalla
pasta morbida, bianca, grassa e
dal sapore dolce.
La formaggella
La formaggella è nata
in Ticino come formaggio mezzo grasso ai
tempi delle «casadelle»
prodotte sui maggenghi
prima del carico dell’alpe nei mesi di maggiogiugno e al ritorno il
mese di settembre.
Nelle varie zone di produzione era definita
con diversi nomi come
«chiasörin» in Leventina, «la maioca» a Biasca, «la mota o motign»
in Valle Maggia, «fromagela» in Verzasca, «crenga o patardela» in valle
di Blenio.
All’origine era prodotta
dopo aver scremato la
panna affiorata in modo naturale sulla superficie del latte, messo al
fresco durante la notte
nelle conche di rame.
Rinomatissima è la formaggella; si tratta di un formaggio a
pasta molle o semidura (secondo la tecnologia adottata il
contenuto in acqua può variare) prodotto con latte vaccino o caprino intero o parzialmente scremato, crudo o
trattato termicamente, con
aggiunta di fermenti selezionati. La crosta si presenta morbida e sottile di color giallo
rossastro oppure grigiastra, a
dipendenza della flora naturale delle cantine di stagionatura.
Se prendiamo ad esempio la
crenga, pochi sono rimasti i
produttori e anche per questo rimane un formaggio molto ricercato, apprezzato soprattutto al suo sapore inconfondibile, molto saporito e
dal carattere deciso.All’inizio
del secolo scorso, questo genere di formaggio era uno dei
piatti base che componeva la
povera tavola dei contadini.
La pasta è morbida e fondente al palato, di sapore dolce e
delicato se giovane e più deciso e piccante, con sfumature
aromatiche se ben stagionata.
In alcuni casi si verifica un caratteristico retrogusto leggermente acidulo o talvolta con
una leggera punta d’amarognolo. Il colore va dal bianco,
al giallo paglierino, a dipendenza della stagione e del foraggio consumato dal bestiame (se prodotta con puro latte caprino è completamente
bianca).
Il formaggio d’alpe
Il formaggio d’alpe è un alimento tipico ticinese assai apprezzato e ricercato che ha di recente ottenuto la prestigiosa denominazione DOP, denominazione d’origine protetta. Confezionato durante l’estate sugli alpeggi, dai quali assume le varie denominazioni, ad esempio,
di Piora, Ravina, Prato, Quernei, Cava, Gorda, Lucomagno, Motterascio, Sorescia, Sfille, Campo La Torba, Porcarèsc, Fumegna, la produzione prevede che il latte crudo venga raccolto in
caldaie di lavorazione di rame, dove viene addizionato con particolari colture di microrganismi; quindi viene portato a coagulazione attraverso l’aggiunta di caglio. La cagliata viene
poi riscaldata tra i 44° e i 49° per quarantacinque minuti circa. Una volta pronto, il formaggio viene posto nelle forme e successivamente pressato; quindi messo in salamoia. La cantina rappresenta l’ultimo stadio della fabbricazione dove viene lasciato a maturare dai quattro ai sei mesi. Il formaggio d’Alpe è diventato nel tempo una pietanza di accompagnamento, generalmente servito alla fine del pranzo, come si dice: «la bocca l’è mai stracca se la sa
mia de vacca». Il consiglio è di gustarlo, servendolo a temperatura ambiente, accostandolo a
un buon vino rosso da tavola.
Per la fabbricazione si adotta
una tecnologia di lavorazione
molto più rapida rispetto al
formaggio tradizionale, viene
fatta una grana più grossa (noce), per ottenere una pasta
più molle e la temperatura di
riscaldamento è di ca. 10° C
inferiore, (37°, 38° C) invece
di 47°, 48°. Le modeste dimensioni permettono una rapida e uniforme maturazione
centripeta, ad opera della microflora superficiale, in un
tempo che varia dai 20 ai 30
giorni.
Saggezza contadina
La saggezza popolare, quella
degli «uomini di una volta»,
è spesso racchiusa in libri,
dall’aria polverosa e magica.
In uno di questi, i «Secreti
medicinali» pubblicati nel
1844, Pietro Gianocca Todeschini di Camorino propone
numerose ricette a base di
capra.
Sono consigli e rimedi che
oggi appaiono forse umoristici, ma è sempre affascinante rileggerli, chissà che
uno di questi non funzioni
veramente.
«Corno di capra, posto sopra il capo di chi non può
dormire, converte la veglia
in sonno»;
«carne di capra mangiata
spesso acuisce la vista»;
«songia di capra stillata nell’orecchie leva la sordità
purché non sia antica»;
«latte di capra usandolo a
bere con zuccaro, rende la
faccia con buon colore»;
«fegato di capra mangiato,
torna la vista di quelli che
non vedono dopo il tramontar del sole»;
«peli caprini, arsi e con aceto posti nel naso, reprimono il flusso del sangue».
La preparazione del salame si
articola in alcuni importanti
passi. Il primo di questi è sicuramente la lavorazione delle
carni che provengono da animali scelti, ben ingrassati e
macellati da poco. La carne
viene tagliata a pezzi e quindi
mondata da tutti gli eccessi di
grasso e da tutti i tessuti connettivi.
Quindi si passa alla fase della
spezzettatura, in cui si prepara
la carne che sarà in seguito insaccata. I pezzi vengono tritati
e quindi cosparsi di sale e spezie e miscelati con queste sostanze. In questo passaggio, è
molto importante che la miscelatura sia la più gentile possibile, per evitare di schiacciare
l’impasto e di riscaldarlo per
sfregamento.
Tutto l’impasto è dunque
pronto per l’insaccatura, ovvero per il riempimento dei budelli naturali.Anche questa
operazione deve essere condotta con grande attenzione e
cautela. Eseguita con un’insaccatrice, si deve ugualmente fare attenzione a non riscaldare
l’impasto. Una volta riempiti i
budelli si provvede alla legatura artigianale a mano, o al rivestimento con una rete.
Da notare che anche la macinatura del salame influenza l’aspetto e addirittura il gusto del
salame: quello macinato fine, si
chiama tipo milanese, ed è particolarmente amato nella Svizzera interna. Quello macinato
grosso è invece chiamato “nostrano” o “paesano”, ed è tipico del Ticino. L’occhio inganna:
quello con i granelli di lardo
grossi sembra, specialmente ai
nostri confederati, più grasso
che il tipo milanese. Spesso invece è il contrario!
Così ottenuto, il salame deve
subire il delicato processo di
essiccamento che si divide in
due parti. La prima prevede l’asciugamento del salame nel
quale viene inoculata a seconda dei casi una muffa pura, per
consentire all’impasto di sviluppare il proprio caratteristico aroma e aiutare l’essiccamento. Quindi, viene lasciato a
traspirare per una settimana
circa, a una temperatura che si
aggira attorno ai 22/24 gradi, e
a un’umidità elevata. In questa
settimana il salame perde molta della sua umidità (un terzo),
e si sviluppa su tutta la sua su-
I SALUMI DELLA TRADIZIONE
La preparazione
del salame
La professione
Fino agli anni ’30, in Ticino il negozio di salumeria era ben separato
e distinto da quello del
macellaio. Due tradizioni e due specializzazioni
artigianali diverse, ma
certamente
complementari.
La successiva evoluzione
ha fatto si che nei decenni successivi la pro-
fessione
diventasse
completa, con una verticalizzazione dei processi, dall’acquisto del
bestiame, alla macellazione, alla trasformazione dei prodotti, fino alla vendita, con la denominazione di macellaiosalumiere.
La formazione professionale dura oggi tre
anni. I primi due sono
destinati alla formazione di base. Al terzo anno ai giovani viene offerta la possibilità di
scegliere fra tre diverse
specializzazioni: la commercializzazione, la trasformazione della carne, e la produzione di
carne.
perficie, la caratteristica muffa.
Si è quindi pronti per la stagionatura. I salami vengono messi
in speciali ambienti dove, a
temperatura e a condizioni di
umidità costanti, si lasciano
sottoporre al processo di maturazione che dura in media
tra uno e tre mesi.
Ora il salame è pronto per il
commercio e il consumo. Ma
prima, vengono infarinati ed
etichettati.
La cazzöla
Ingredienti:
2,5 kg di costine di
maiale, 1/2 kg di pancetta nostrana, 3 cipolle, 50
g di burro, 5 gambi di sedano, 1/2 kg di carote, 23 tazze di brodo, sale,
pepe, salsa di pomodoro,
2,5 kg di verze.
Il consumatore può conservare il salame intero in un luogo
fresco e asciutto. Una volta tagliato lo può coprire con una
carta oleata e conservarlo in
frigorifero. Il salame affettato,
imballato sottovuoto può venire conservato in frigorifero alcuni giorni oltre la data di vendita. Ogni salame andrebbe gustato a temperatura ambiente,
come il vino; solo così potrà
svilupparsi il caratteristico aroma.
Preparazione:
tagliate le costine e la
pancetta in pezzi non
troppo piccoli, rosolate
nel burro con le cipolle
tagliuzzate, aggiungete
sedano e carote a pezzi,
bagnate con il brodo e la
salsa di pomodoro diluita. Salate e pepate. Cuocete per un’ora e mezza;
poi, aggiungete le verze
LA RICETTA
sfogliate e tagliate, e lasciate cuocete ancora
per 45 minuti. Se risultasse troppo liquido,
prolungate la cottura di
qualche minuto.
Il prodotto
nostrano
In Ticino come nella vicina penisola sono nati gli articoli tipici della salumeria nostrana, per
la necessità di conservare a
lungo le carni, macellate nei
periodi appropriati (freddi) e
trasformate in prodotti da poter consumare nell’arco dell’anno.
I prodotti della professione di
macellaio-salumiere si dividono in varie categorie. In primo
luogo, quelli della carne fresca
e dei preparati di carne, pronti
per la padella. Quindi, i prodotti salati cotti, come i diversi
tipi di prosciutto cotto e la lingua. Poi, i prodotti salati crudi,
come il prosciutto crudo il
senz’osso-fiocco, la pancetta
piana e arrotolata, la coppa, la
carne secca e la bresaola. Infine, i prodotti di salumeria e gli
insaccati, che si dividono a loro
volta in stagionati – salami, salametti, mortadelle – e in freschi da cucinare come luganighe, cotechini, salsiccia, mortadelle.
Qualità ed esperienza
Per esprimere un prodotto nostrano di qualità ineccepibile è necessario un know-how
che può scaturire solamente dalla tradizione,
dall’esperienza e dalla
professionalità del macellaio.
Fondamentale è anche
utilizzare solo carni di
prima scelta, di prove-
nienza svizzera e da allevamenti assolutamente rispettosi delle esigenze degli animali.
Non solo, ma è imperativo che vi si operino
una lavorazione accurata e un controllo d’igiene rigoroso.
Nella nostra epoca l’evoluzione del gusto e
della cultura alimentare
ci porta a rivalutare e
cercare i più autentici
sapori perduti.
I salumieri ticinesi, dunque, contribuiscono con
la loro professionalità a
salvaguardare i prodotti
tipici regionali, nobile
patrimonio della nostra
cultura gastronomica.
La materia prima da cui si ricavano i prodotti sono animali
sani, ben ingrassati e giovani,
per la carne da banco, maturi,
per la carne di salumeria, dai
quali si procede a una scelta
accurata dei pezzi, come la coscia di maiale per il prosciutto
cotto, la spalla di maiale per il
cotto di spalla e la lingua di
manzo per la lingua salmistrata
o cotta.
La luganighetta
La salsiccetta alla casalinga, o luganighetta, è
un piatto semplice della
tradizione popolare, immancabile in Ticino in
occasione di feste e grigliate all’aperto. Questa
ricetta familiare è una
variante degli anni ’30.
Ingredienti: 600 g di salsiccia, 60 g di burro, 2 cipolle, 1 cucchiaino di salsa di pomodoro, farina,
dado per brodo.
Preparazione: arrotolate
la salsiccia, fissandola
con stecchini e infarinatela leggermente. Friggete il burro e dorate la
salsiccia, aggiungete le
LA RICETTA
cipolle affettate sottili e
rosolate il tutto. Versate
una tazza di brodo caldo
e sciogliete la salsa di
pomodoro.
Cuocete lentamente per
20 minuti circa.
Questa luganighetta si
può anche accompagnare a polenta o purea di
patate.
Una delle tradizioni alimentari
più importanti e radicate dell’intero Ticino è la mazza casalinga con la quale si vuole definire una serie di prodotti ricavati dalla carne del maiale. Il
termine deriva dall’espressione
dialettale della macellazione intesa come “mazza” del maiale
che avveniva per forza di cose
sul posto di allevamento del
maiale stesso, approfittando
dei mesi freddi più adatti, rispettando regole igieniche empiriche. Il risultato dipendeva
poi dall’abilità dei beccai o
norcini nel trasformare la carne in gustose specialità conservabili tutto l’anno.
Quest’arte, con l’avvento di allevamenti su larga scala e naturalmente con il forte aumento
del consumo di carne ormai
accessibile a tutti, ha dato origine alla professione vera e
propria del macellaio-salumiere che rimane pur sempre un
artigiano che mette in pratica
in modo ancor più raffinato le
capacità di produrre le specialità di una lunga tradizione ticinese.
La prima fase della “mazza”
consisteva nel riscaldare un recipiente con circa 100 litri
d’acqua a una temperatura di
circa 80 gradi, dove veniva immerso il maiale una volta che
aveva perso tutto il suo sangue, per ammorbidirne la pelle.
Solo allora si passava alla raschiatura della pelle usando il
tradizionale raschiatore a forma di imbuto. Quindi si passava a svuotare l’animale delle
sue interiora, le quali, opportunamente lavate e disinfettate,
venivano utilizzate quale budello per raccogliere gli impasti dei salami, dei cotechini e
delle luganighe.
Tradizione vuole che le donne,
contemporaneamente al lavo-
GESTI ANTICHI E SAPIENTI
Una tradizione
antichissima
La mazza casalinga
La mazza casalinga è
una tradizione ben radicata in Ticino che vive
ancora, anche se in forma diversa da un tempo, saltando la prima
dispendiosa fase della
macellazione vera e
propria.
Ai cosiddetti «mazzapurcei» si sostituiscono
oggi i salumieri della
mazza, talora salumieri
a riposo, che partendo
da un maiale macellato
in un macello autorizzato, gestiscono tutte le
altre fasi della trasformazione della carne in
prodotti nostrani di salumeria.
Produzione che avviene
con meno enfasi e folclore, ma con più sicurezza e precisione nelle
macellerie professionali,
con risultati che si lasciano vedere e gustare
in tutte le macellerie,
come pure alla rassegna
Sapori e Saperi di Mendrisio.
ro dei ‘mazzapurcei’, lavorassero in cucina per preparare la
classica ‘rustisciada’, composta
dal cuore, dal fegato, dai rognoni, dalle prime salsicce del
maiale e occasionalmente anche dai polmoni. Inoltre, fedeli
al vecchio adagio popolare secondo cui ‘del maiale non si
butta via niente’, anche il sangue raccolto e coagulato, veniva tagliato a dadini e fritto nel
burro.
L’ossobuco
Ingredienti (per 6 persone):
6 ossi buchi, 70 g burro,
30 g lardo, vino bianco,
sedano, porro, carota, cipolla, pomodori freschi,
prezzemolo, scorza di limone, sale, pepe, brodo,
farina.
I prodotti più nobili ricavati
dalla ‘mazza’ sono i cotechini,
la mortadella e la luganiga, che
formano la base di quell’antipasto freddo a base di affettati
misti che, innaffiato dal Merlot,
rappresenta uno dei vanti della
cucina tradizionale ticinese.
Preparazione:
Mettete in una casseruola burro, lardo a pezzettini, cipolla, carota, porro, sedano affettati, carne, sale e pepe. Cuocete
a fuoco lento per indorare, rivoltando ogni
tanto. Aggiungete un po’
di farina per condensare
la salsa e soffriggere.
Versate una tazza di bro-
LA RICETTA
do caldo col pomodoro.
A cottura ultimata, levate la carne, passate la
salsa, rimettete il sugo al
fuoco, unite limone,
prezzemolo tritato e
versate il sugo sulla carne.
Il salame...
degli dei
Quante volte abbiamo esclamato: «Questo salame è divino!», inconsapevoli, forse, delle
nobili origini di questo squisito
piatto. Già perché, al di là della
storia ufficiale, la vicenda del
salame racconta di vicende accadute, addirittura, nell’Olimpo
greco; quando, cioè, Giove, gravemente ammalato diede ordine a Febo di scegliere un suino
né troppo grasso, né troppo
magro, di affidarlo ai più esperti salumai e di ricavarne dei salumi speciali. Ed erano così
speciali che Giove riuscì in
brevissimo tempo a ristabilirsi
in piena forma.
Agli uomini non era concesso
assaggiarlo; sennonché Saturno, per vendicarsi di una sua
cacciata dall’Olimpo, rivelò alla
razza mortale la ricetta del salame e il modo per manipolare, salare e imbudellare i suoi
ingredienti.
La mortadella
La mortadella rappresenta uno dei tipici prodotti della ‘mazza casalinga’. L’origine della
mortadella è antica ma
incerta, anche se è un insaccato che si incontra
in tutta la regione alpina
e prealpina lombarda,
oltre che naturalmente
in Ticino. La mortadella è
composta da un impasto
di grasso di gola e di
pancetta, da parti magre
macinate piuttosto grosse e per circa il 15% da
fegato tritato in modo
fine. Caratteristica della
mortadella è costituita
dalla presenza, nell’impasto, di vino rosso brûlé
aromatizzato con diverse spezie, come cannella,
noce moscata e chiodi di
garofano. Il tutto viene
poi amalgamato vigorosamente a mano per ottenere un impasto ancora più morbido.
Sono due i tipi di mortadella ticinese, il cui impasto rimane comunque
simile: una da cuocere,
l’altra da lasciare essiccare e mangiare cruda,
affettata.
Olimpo a parte, tra i salumi e
derivati che si possono considerare tradizionali e tipici del
Cantone Ticino possiamo individuare la carne secca (manzo
e cavallo), il cicin, cotechino e
codegotto, la coppa, il lardo,
spesso delicato come un burro, le notissime luganighetta e
luganiga, ma anche la mortadella, la mortadella di fegato
cruda e cotta, e ancora pancetta piana e arrotolata, prosciutto cotto, prosciutto crudo
fiocco, salame, salame nostrano, salamella, i salametti di
maiale, cavallo, cervo, cinghiale,
immancabili in ogni grotto, e,
per finire in bellezza, lo zampone crudo e precotto e il
violino di capra.
Mortadella e lenticchie
Ingredienti (per 6 persone):
500 g di lenticchie secche, 1 mortadella di
maiale, 30 g di burro, 1
cipolla, 1 pomodoro maturo, 1 cucchiaio di farina, brodo, 1 bicchiere di
vino rosso.
Preparazione:
Pulite le lenticchie e fatele bollire in molta ac-
qua leggermente salata
per due minuti. Eliminate tutto ciò che galleggia. Scolate le lenticchie.
Rosolate la cipolla tritata nel burro, aggiungete
le lenticchie, facendole
rosolare leggermente,
aggiungete la farina, mescolate, bagnate con il
vino rosso. Aggiungete il
pomodoro sminuzzato e
LA RICETTA
bagnate con il brodo fino a coprire le lenticchie. Cuocete per un’ora.
A parte, pulirete bene la
mortadella; quindi fatela
bollire per una mezz’ora
in acqua abbondante.
Buttate via l’acqua e
mettete la mortadella
con le lenticchie a cuocere per un’altra ora.
Servite con la polenta.
Il castagno è una pianta tipica
del Sud delle Alpi, e cresce a
quote comprese tra i 200 e i
1000 metri d’altitudine. È un albero che ha rappresentato nei
secoli una delle fonti d’alimentazione più importanti per intere
generazioni del Cantone Ticino.
Oggi la sua importanza alimentare è senza dubbio diminuita,
ma a tutela e promozione del
castagno esiste l’Associazione
dei castanicoltori della Svizzera
italiana, che raccoglie i proprietari di boschi e selve e i produttori di castagne, nell’intento di
valorizzare il castagno e la castagna nella Svizzera italiana, per
sostenere e promuovere manifestazioni atte a far conoscere
la storia, la cultura, i metodi di
coltivazione, il consumo e la
vendita della castagna, nonché
organizzare la raccolta annuale.
Il nostro miele
Il miele è il prodotto delle api
elaborato a partire dal nettare
da esse raccolto sui fiori o dalle secrezioni zuccherine extrafloreali come le melate. La diversità del territorio prealpino
ticinese con zone di pianura e
collinare a Sud e di alta montagna al Nord si osserva anche
nella sua vegetazione che offre
alle api un ricco pascolo. Il risultato sono mieli tipici con
caratteristiche ben differenziate tra loro secondo la zona di
produzione.
Miele di robinia o acacia
Viene raccolto sulla fioritura
della Robinia Pseudoacacia, ben
rappresentata soprattutto nel
Sottoceneri. È un miele primaverile e come tale risente nella
sua raccolta delle bizze del
tempo che è spesso instabile in
maggio nel periodo di fioritura.
Le produzioni sono irregolari
dal punto di vista quantitativo.
È un miele quasi incolore, povero di pollini, dal profumo e
gusto fine e delicato. Ottimo
come dolcificante per bevande
e per la cucina a causa del suo
gusto non troppo pronunciato.
Apprezzato in modo particolare dai bambini. Cristallizza dopo lunghi periodi.
Miele di castagno
È il miele ticinese per eccellenza.Viene raccolto dalle api nelle
vaste selve castanili del Sotto e
Sopraceneri a partire da metà
giugno. Anche se l’aroma del
nettare di castagno è in genere
L’INCANTO DEL BOSCO
Il vigoroso
castagno
Il miele di montagna
È un miele di qualità
superiore la cui produzione è tuttavia molto
irregolare sia quantitativamente che dal punto di vista dello spettro
dei nettari presenti.
È prodotto in genere da
alveari nomadi sopra i
1000 m. di altitudine a
fine giugno-inizio luglio.
La sua composizione è
molto variata e spazia
dal rododendro a tutte
le altre fioriture delle
nostre vallate alpine. il
suo colore varia dal
giallo chiaro simile alla
robinia, in caso di mieli
in cui prevale il rododendro, o il lampone
per arrivare al marrone
in tutte le sue tonalità,
se prevalgono i nettari
della flora pratense di
alta montagna.
Il profumo e il gusto di
questi mieli ricordano
le essenze dei pascoli
alpini. In genere cristallizzano abbastanza velocemente e in modo
compatto e uniforme.
molto marcato e corposo, il suo
miele può assumere sfumature
di colore e gusto differenziate a
causa delle essenze delle fioriture secondarie che lo accompagnano.Tra queste il tiglio, il lampone, il rovo, ma anche una miriade di nettari di altri fiori di
prati magri o di sottobosco.
Non da ultimo, delle mielature
possono arricchire questo miele cambiando la sua colorazione
da marrone e bruno scuro quasi nero. È un miele molto ricco
di polline come tutti i mieli scuri e in particolare se contiene
mielata, molto ricco di sali minerali. Cristallizza grossolanamente formando grossi cristalli
che si depositano sul fondo.
LA RICETTA
Il castagnaccio
Ingredienti:
400 g di farina di castagne; 3 cucchiai di zucchero; 2 cucchiai di uva
sultanina; 2 cucchiai di
pinoli; 1 rametto di rosmarino fresco; olio.
Preparazione:
Ammorbidite l’uvetta in
acqua tiepida, versate la
farina in una terrina, 4
cucchiai di olio di oliva,
lo zucchero, e un pizzico di sale. Impastate
bene e aggiungete, mescolando con un cucchiaio di legno, 9 dl di
acqua fredda.
Imburrate una teglia di
larga circa 24 cm., cospargete il fondo di pane grattugiato e versate
la pastella. Disponete
sulla superficie alcune
foglie di rosmarino tritate, i pinoli, l’uvetta
strizzata e due cucchiai
di olio.
Mettete la teglia in forno già caldo a 200° C e
cuocete per cinquanta
minuti.
Miele di tiglio
In Ticino questo miele è generalmente misto con quello di
castagno a causa degli identici
periodi di fioritura. in poche zone di mezza montagna in cui il
castano è assente si riesce a
produrre mieli in cui predomina
questa essenza. È un miele marrone chiaro, apprezzato in genere da chi trova la robinia
troppo dolce e il castagno troppo forte. Cristallizza abbastanza
velocemente in cristalli fini.
Le erbe
medicinali
La selva castanile
Il recupero del castagno è
iniziato nei primi anni ’90,
parallelamente a un forte
interesse forestale volto al
recupero del nostro territorio. Questo ha portato a iniziative lodevoli anche con
importanti riflessi turistici,
come il sentiero del castagno nel Malcantone.
D’altro canto, l’interesse forestale si confronta anche
con le esigenze di ritorno
economico da parte dei
proprietari terrieri, i quali
dovrebbero guadagnare abbastanza dal commercio
delle castagne per investire
nella cura del territorio.
A tal proposito, alcune ditte
si sono prodigate per proporre prodotti innovativi e
ricercati, come è il caso dei
fiocchi di castagne – simili ai
fiocchi d’avena, ottimi per la
colazione – e la birra di castagne.
In questo modo, il know
how imprenditoriale riesce
a cerare un sistema economico regionale e territoriale
in grado di produrre reddito e, contemporaneamente,
di sostenere una manutenzione del territorio e una
coscienza forestale ed ecologica di grande importanza.
Al Comune di Olivone, in Valle
di Blenio, va riconosciuto il merito di aver promosso, nel
1996, la coltivazione delle erbe
medicinali, lo sviluppo di un
centro seminariale e la creazione dell’Istituto Alpino di Fitofarmacologia, per contribuire alla
riqualificazione territoriale e al
rilancio dell’economia di montagna. Ora la coltivazione si sta
estendendo in tutto il Cantone,
attraverso una rete che comprende una sessantina di coltivatori per un totale di oltre 30
mila metri quadrati coltivati e
prodotti di primissima qualità
riconosciuti con premi quali
Die Goldene Lerche 2002.
Tra i prodotti più riusciti realizzati con le erbe medicinali ticinesi, va segnalata la Tisana Olivone, prodotta nell’impianto di
Torre. L’eccellente qualità delle
sue erbe le conferiscono fragranza e profumo di melissa,
menta, salvia e verbena. Calmante, facilita la digestione e
rallenta il processo di traspirazione. Dalle erbe officinali si
produce la caramella Cofit tramite un processo di polverizzazione delle erbe. Come base di
lavorazione si impiega uno zucchero di canna bio, miele bio e
sciroppo di glucosio bio.
Le buone erbe ticinesi
In questi anni, le aziende produttrici hanno
lavorato sodo per sviluppare un sistema di
lavorazione delle piante che permettesse di
garantire una buona coltivazione della materia prima, e si sono riunite nell’associazione
delle Buone Erbe Ticinesi (BET), fondata nel
1998, i cui scopi sono quelli di promuovere
la coltivazione di piante officinali nel Cantone e salvaguardare gli interessi dei produttori. Nel 2000 è stata creata la Società Cooperativa per le piante officinali e fitoprodotti
ticinesi (Cofit), con sede a Olivone che si
occupa dello sviluppo, della produzione, della formazione e dell’attività di analisi e di
servizio dei prodotti coltivati.Attraverso alcuni aiuti finanziari, si sono create delle lodevoli iniziative come la Centrale di lavorazione delle erbe officinali a Torre, il primo diploma cantonale di Operatore in tecniche
erboristiche e l’Istituto Alpino di Fitofarmacologia a Olivone che rappresenta il centro
di competenza di una rete collaborativa interregionale definita come Fitopolo della regione subalpina. Da ricordare inoltre che la
cooperativa Cofit ha organizzato dei corsi di
formazione per consulenti nello speciale
settore della lavorazione delle erbe officinali.
Nel nostro Cantone dici «vino» e subito pensi al Merlot; al
«re» Merlot che da oltre cinquant’anni rappresenta l’orgoglio dei vinificatori ticinesi, accompagna i buongustai nelle
loro piacevoli riunioni conviviali ed è immancabilmente
protagonista nei nostri grotti.
È però dal lontano 1906 che è
iniziata la sperimentazione in
Ticino di questo vitigno. Il termine Merlot ha origini oscure;
ma senza indugiare troppo in
articolate supposizioni è probabile che il suo nome derivi
da quello del merlo, particolarmente goloso d’uva, o più verosimilmente dal colore del
suo piumaggio così nero e intenso come quello dei succosi
acini d’uva.
Più sicura è invece la ricostruzione della sua storia. Prima
del XIX secolo, i vigneti estensivi in Ticino occupavano un’estensione di circa 10 000 ettari
del territorio. Buona parte di
questo immenso, per quei
tempi, patrimonio fu minacciato da un minuscolo e pernicioso insetto, la fillossera, importato dall’America.Verso la fine
dell’Ottocento, un’invasione di
fillossera attaccò le radici delle
viti e distrusse in breve tempo
buona parte dei vigneti del Ticino. Grazie alla volontà e alla
lungimiranza di alcuni coltivatori, si diede luogo a una serie
di studi per poter di nuovo far
decollare la coltivazione di viti
che fossero resistenti alla fillossera e di qualità superiore.
La qualità che meglio si adattava alle colline ticinesi fu proprio quella del Merlot bordolese. E dalla nobile terra di
Bordeaux vennero importate
una serie di piantine dalle quali, nel giro di qualche anno, si
riuscì a preparare una serie di
barbatelle da cui iniziare la coltivazione dei primi vigneti che
rimpiazzarono i precedenti,
dando vita a una coltivazione
che, nel breve lasso di tempo
di un cinquantennio, riuscì a ricoprire ben oltre l’80% della
superficie adibita a coltivazione
viticola.
LA POESIA DI VINI E GRAPPE
Il nostro Merlot
Prestigio D.O.C.
I vini ticinesi hanno ottenuto per la prima
volta la Denominazione
di origine controllata
D.O.C. nel 1997 e questa rappresenta la garanzia di origine dell’uva e del vino.
Per ottenere la D.O.C.,
un vino deve superare
gli esami tenuti da una
speciale commissione di
degustatori qualificati
che, alla luce di parametri particolarmente
restrittivi, assegna la
Denominazione di origine controllata, l’ormai
celebre sigla D.O.C. ai
vini di prima categoria,
realizzati con uve che
corrispondono a precisi
criteri formulati dai di-
sciplinari di produzione
che per il Ticino prevedono una produzione
massima di 1 kg per
metro quadrato per le
uve rosse di prima categoria, e di 1,2 kg per
metro quadrato per le
uve bianche di prima
categoria.
A questa rinascita della vitivinicoltura del Ticino contribuirono in maniera decisiva il professor Alderigo Fantuzzi titolare della cattedra ambulante di
agricoltura e l’ingegnere agronomo Giuseppe Paleari, il quale condusse molti studi per
determinare quale fosse la varietà più adatta alle terre ticinesi, individuandola proprio
nel Merlot.
Il marchio VITI
VITI è l’acronimo di Vini
del Ticino ed è un marchio di qualità e di garanzia che una commissione di degustazione
assegna annualmente
ad alcuni vini Merlot
prodotti nel Cantone.
Oltre l’80% della superficie vitata del Cantone è coltivata
con il vitigno Merlot. Ma questo vitigno non è l’unica specialità vinicola del Ticino che presenta anche altre buone varietà
di rossi e di bianchi.Tra i vitigni
rossi, ad esempio, ricordiamo la
Bondola, vitigno autoctono del
Sopraceneri che produce un vino rosso, fruttato, di ricca acidità, ma meno corposo del
Merlot. Poi, il Cabernet Sauvignon e il Cabernet Franc che
di norma vengono aggiunti al
Merlot per conferirgli una certa forza e struttura. Quindi, il
Diolinoir, il Carminoir e il Gamaret vitigno a maturazione
precoce che dà corpo e soprattutto colore al vino, rustico
e profondo e che ha in parte
sostituito il Pinot Nero.
Istituita dal Consiglio di
Stato del Canton Ticino
nel 1948, la Marca VITI
è stata successivamente
privatizzata, nel 1996.
Per poter accedere al
concorso, il vino deve
essere maturato almeno un anno.
In fase di degustazione
il vino che intende ottenere la marca VITI de-
ve raggiungere una valutazione d’eccellenza,
attribuita in base al suo
colore, al suo profumo,
alla sua limpidezza, al
suo corpo e ad una lunga serie di caratteristiche che la commissione
valuterà con il dovuto
rigore.
Tra i bianchi, si segnalano il
Chardonnay che rappresenta
la seconda coltivazione in Ticino dopo il Merlot, e dà vita a
un’ottima qualità di vini. Poi,
due varietà di origine bordolese, prodotte in numero più esiguo, come il Sauvignon e il Semillon. L’unione di questi ultimi
dà vita ad un buon vino bianco
ticinese.
Il Ticino produce mediamente
circa 55 mila quintali di uva
per vino all’anno, in buona parte utilizzata per produrre il
Merlot.
Dalla terra alla tavola
L’attimo sublime della degustazione è solo l’ultimo di una serie di passaggi che partono da lontano, ovvero dalle amorevoli cure che il contadino rivolge alla propria vite. Nulla verrebbe prodotto se alla base non ci fosse quel lavoro umile, faticoso, continuo e amorevole che è la cura della
vite. Attenzioni ed impegno che iniziano già nei primi mesi dell’anno, quando a prima vista sembrerebbe palesarsi un momento di stasi nel processo produttivo. Niente di più sbagliato. È proprio nei freddi mesi invernali che si decide quello che sarà il futuro dell’uva che verrà colta solo
a settembre. Non appena cadono le foglie, infatti, l’esperto viticoltore inizia la potatura invernale
che porterà la pianta a produrre la nuova linfa rigeneratrice che rafforzerà la pianta. E proprio
sfruttando l’assenza di foglie, si lavora in vigna per modificare o sistemare la geometria della vigna stessa, sostituendo i pali, tirando nuovi fili, sostituendo vecchi ceppi di vite con nuove barbatelle, e operando un’ampia e sistematica operazione di pulizia della vigna intera con la potatura
invernale e con l’eliminazione dei tralci che verranno bruciati o triturati per produrre concime.
Sono operazioni a prima vista semplici, ma che sottintendono una grande attenzione da parte
del viticoltore, soprattutto nei confronti delle condizioni climatiche e ambientali.
Nel cantone si contano una
decina di importanti vinificatori-negozianti in vino con vigneti propri; circa trenta viticoltori-vinificatori privati professionisti e molti hobbisti che vinificano per un proprio consumo
privato. Il Ticino vanta una
realtà composta da importanti
strutture vinicole, come una
cantina cooperativa dove si vinificano le uve dei propri associati, una serie di negozianti
che vinificano uve prodotte nei
loro vigneti o provenienti da
altre zone, e un gruppo di vinicoltori-vinificatori privati. Il
Cantone dispone dell’Istituto
agrario di Mezzana, che organizza corsi di viticoltura e coltiva propri vigneti in posizioni
particolarmente favorevoli.
Il brasato al Merlot
Ingredienti (6 persone):
1,5 Kg. di manzo (culatta) steccato di pancetta.
Marinata: 2 carote, 1 cipolla, 2 spicchi d’aglio, 1
foglia d’alloro, mezza
bottiglia di Merlot del
Ticino.
Per la cottura: farina, 50
g di burro, 50 g di lardo,
2 gambi di sedano, 3 carote, 20 g di funghi sec-
chi, pepe, sale, 3 dl di
brodo.
Preparazione:
Marinate la carne, aggiungete carote e cipolla
tagliuzzate, alloro, grani
di pepe e coprire di vino.
Il giorno dopo, asciugate
la carne, legatela, infarinatela e rosolatela a dorare nel burro e nel lar-
LA RICETTA
do. Bagnate con vino
della marinata e brodo,
salate e pepate, rimettete la foglia di alloro. Cuocete a fuoco molto basso per due ore, aggiungete i funghi (messi a
bagno precedentemente) e cuocete almeno
per ancora due ore.
Le zone di produzione del
Merlot coprono la quasi totalità del Ticino. E già dal portale
sud del Gottardo, in quel triangolo alpino ancora caratterizzato dai rocciosi pendii delle
montagne che racchiude Giornico, Biasca e Malvaglia, s’incontrano vigneti gestiti da coltivatori hobbisti. Diversa è la situazione nel bellinzonese. Qui si
trovano grandi cantine e case
vinicole che trattano sia vini di
provenienza svizzera che estera e fungono da punto di raccordo di numerosi coltivatori
di vite della zona che forniscono il materiale primario per la
produzione del Merlot. Oltre a
queste grandi aziende vinicole,
esistono una serie di realtà più
contenute come dimensione,
ma che dispongono di vigneti
propri, coltivati secondo tempi
e aspettative specifiche dei
produttori.
Spostandoci verso il lago Maggiore, attraverso il piano di Magadino, possiamo incontrare i
vigneti della regione locarnese,
vigneti collinari molto ben
esposti. Il sole aiuta di molto la
maturazione delle viti, al punto
che la vendemmia ha luogo alcuni giorni prima che nel Sottoceneri, a parte le zone favorevoli come Mezzana e Morbio
Inferiore. Il Locarnese è una
delle zone d’elezione del Merlot del Ticino e qui si trovano
alcune importanti aziende vinicole del Ticino, oltre a cantine
di dimensioni ridotte che vinificano le proprie uve.
Il Luganese ospita vigneti e
cantine di eccellente livello e
alcune delle tenute più caratteristiche, spesso ubicate su terrazze naturali ben esposte al
sole per tutto l’arco della giornata la cui produzione è particolarmente pregiata.
Il Malcantone propone una solida tradizione vinaria; qui, la
maturazione delle uve è più
lenta, rimanendo sulla pianta fin
quasi al periodo delle piogge
autunnali.
Il Mendrisiotto può vantare la
superficie coltivata più vasta di
tutto il Ticino, con 308 ettari
coltivati a vigna, quasi il 40%
dell’intera superficie viticola
cantonale. L’80% delle coltivazioni sono di Merlot, mentre
una piccola fetta è destinata alla coltivazione di uva bianca
Chardonnay, Chasselas e Sauvignon.
PROTAGONISTI A TAVOLA
Dove nasce
il Merlot
La grappa
ticinese
I Merlot del Ticino
Il Merlot è un vitigno
assai versatile che permette la vinificazione di
differenti tipi di vini:
il bianco ottenuto dalla
separazione immediata
delle bucce dal mosto
che è un buon aperitivo
e si abbina bene, ad
esempio, con i pesci;
il rosato che richiede
una breve macerazione;
il rosso leggero ottenuto con un periodo di intinamento di pochi
giorni; infine, il rosso,
più corposo, che si ottiene grazie ad un più
lungo periodo di intinamento e con uve ben
mature.
Il rosso Merlot è ideale
da abbinare a carni rosse importanti, per arrivare al Merlot corposo,
ben strutturato, affinato per diversi mesi nelle barrique, che si accompagna bene anche
ai formaggi d’alpe stagionati.
L’uva destinata alla produzione
di grappa è la famosa uva americana, tipica delle regioni ticinesi. La sua gradazione alcolica
minima si aggira attorno ai
40% vol.
Il processo produttivo della
grappa ticinese segue diverse
fasi. Si inizia dalla fermentazione che dura dai 10 ai 15 giorni
circa. Quindi si passa alla distillazione, fase in cui si determinano, sfruttando i diversi
punti di ebollizione delle sostanze, i differenti gradi alcolici. In fase di distillazione, solo
il 60% del prodotto – il «cuore» – viene adoperato per la
produzione. Lo scarto, detto
«flemma», verrà riutilizzato
per la distillazione dell’anno
seguente, mentre la «testa»,
imbevibile, è destinata ad altri
usi.
Non solo i vini Merlot possiedono una marca di qualità.Anche la grappa, che deve possedere un tenore alcolico minimo di 45% vol., può ricevere
tale riconoscimento, dopo
aver superato gli esami di degustazione e le necessarie analisi chimiche.
Grappa e nocino
Molto apprezzata, soprattutto dal mercato
elvetico per il suo aroma particolarmente delicato, la caratteristica
principale della grappa
ticinese risiede nella
particolarità del proprio sapore, ovvero nel
cosiddetto «gusto volpino», altrimenti detto
foxé, che le viene confe-
rito dalle uve americane.
Il nocino, una simpatica
e originale tradizione
nostrana, è un liquore
saporito e sfizioso che
nelle noci ha il proprio
ingrediente base. Infatti, le noci, che per tradizione devono essere
raccolte nella notte del
solstizio d’estate, ovvero nella notte di San
Giovanni, vengono tagliate, con tutto il mallo, a spicchi e sono
messe a macerare lungamente nella grappa
di uva americana.
Il nocino
L’alambicco
Rinomate in tutta la
Svizzera, viti e uve del
Ticino non ci offrono
solo vini pregiati, ma
anche prelibati distillati
di cui la grappa è il
prodotto di maggiore
qualità e notorietà.
La definizione di grappa
ticinese è riservata solo
al distillato di vinacce
sane, ben conservate e
provenienti unicamente
dalla produzione di uva
locale.
Produrre grappa a livello amatoriale è, in Ticino, anche un’occasione
d’incontro conviviale.
Oltre a vari consorzi e
privati, alcuni Comuni
del Cantone Ticino mettono a disposizione di
chi ne fa richiesta l’a-
lambicco, attorno al
quale tanti appassionati vedono scaturire dalle proprie vinacce o
dalla frutta da loro coltivata il prezioso distillato. Non va dimenticato che per poter distillare si deve versare
la relativa imposta alla
regia federale.
Il famoso nocino dei frati è anche detto ratafià, dalla formula
latina "rata fiat” che ratificava
un accordo, commerciale o di
altra natura, raggiunto tra le
parti che, a quel punto, brindavano in forma rituale. Il ratafià
più classico si dovrebbe preparare con le noci raccolte nella
notte di San Giovanni, il 24
giugno.
Si tratta di un digestivo alcolico dal marcato sapore tannico, un po’ amarognolo e
astringente. Le noci tagliate a
spicchi con il mallo sono fatte
macerare nella grappa di uva
americana. L’infusione conferirà a tutto il distillato un’inconfondibile aroma di noce.
Questo infuso verrà lasciato
riposare al sole per una durata media di venti giorni, quindi
gli verrà aggiunto dello zucchero e della cannella e dei
chiodi di garofano; poi viene
ancora lasciato macerare, lontano dal sole, per un altro periodo di tempo. L’invecchiamento è di regola limitato a
un anno, anche se si preferisce in alcuni casi prolungarlo
per altri due o tre anni. Il nocino è un ottimo digestivo
che accompagna il dopo pasto.
Il Ratafià
Il nocino o ratafià viene
preparato da ogni appassionato in modo leggermente diverso, in
forma personalizzata,
secondo i gusti e i segreti di famiglia.
Ingredienti: 1 litro di
acquavite a 20 gradi,
250 g di noci complete
tagliate in quattro, 250
g di zucchero, 5 g di
cannella, 5 g di macis, 2
g di chiodi di garofano,
1/5 di noce moscata, 1
punta di coltello di vaniglia.
Preparazione: Tagliate le
noci in quattro quarti e
mettetele in infusione
nell’acquavite. Esponete
il vaso al sole per 20
LA RICETTA
giorni. Ogni due giorni
mescolate il liquido. Togliete le noci dall’infusione, filtrate e aggiungete le spezie. Quindi
esponete il vaso al sole
per altri 20 giorni, mescolando di tanto in
tanto. Al termine, filtrate e imbottigliate.
Il nostro Cantone produce
una gamma di cereali che
comprendono la farina integrale per polenta, il grano saraceno, il grano non macinato
di cereali e oleose, il riso. In
particolare sono interessanti
prodotti di nicchia con il pane
Ticino, la pasta ticinese e l’olio
d’oliva.
Dopo un lungo periodo di latenza, il Ticino può andare fiero di possedere nuovamente
un’ottima qualità di mais per la
produzione di farina per polenta. È stata, infatti, una fortunata intuizione nata agli inizi
degli anni ’90 che ha portato
alla reintroduzione della coltivazione del mais da polenta in
Ticino.
Era dagli anni ’60 che, con l’avvento delle nuove e più produttive varietà di mais da foraggio, la coltivazione delle
tradizionali varietà da polenta
era stata quasi totalmente abbandonata, al punto che, per
produrre farina da polenta, i
mulini ticinesi usavano mais di
provenienza estera.
Ci sono voluti lunghi anni di
studi agronomici e sperimentazioni condotte presso il
Centro di ricerche di Cadenazzo, completate con prove
di macinatura, di cottura e da
degustazioni delle polente ricavate dalla farina delle singole
varietà, per ottenere delle farine la cui qualità fossero simili
o addirittura superiori a quella
tradizionale farina ticinese, denominata «Nostrano dell’Isola» che rimaneva nei ricordi
dei più anziani come una delle
migliori farine mai prodotte
sui nostri terreni.
I risultati di tutto questo grande sforzo è stato il primo pas-
IL PRODIGIO DEI CEREALI
Il mais
per la polenta
San Carlo e il grano
Si tramanda una leggenda, di quelle antiche, belle e positive, che
racconta l’introduzione
e la diffusione del granturco nelle nostre regioni.
Secondo tale racconto,
il granturco era in origine velenoso; fu solo
grazie a San Carlo Borromeo – da qui il nome
carlòn per il granturco
– ad intercedere per
renderlo commestibile
e così sfamare la popolazione insubrica colpita da una grave carestia.
Le cose, si sa, andarono,
forse, in modo differente; anzitutto il termine
carlòn deriva da una
forma omografa che si-
gnifica «fusto legnoso»,
appunto come quello
del granturco; ciò fa decisamente supporre che
il mais, o granturco, fosse già conosciuto e utilizzato ben prima dell’epoca borromaica.
so verso la concretizzazione
del progetto Mais polenta in
Ticino.
Da allora, intorno al 1995, numerosi agricoltori furono incentivati e motivati a proseguire le sperimentazioni, col
risultato di acquisire esperienze circa la raccolta, la cernita,
l’essiccazione e la macinatura
che hanno portato a conseguire buone produzioni che
hanno fatto conoscere a un
pubblico sempre più vasto di
consumatori la farina da polenta prodotta con mais di
qualità coltivato in Ticino.
Solo verso la fine del 1997,
dopo oltre sei anni di prove,
sperimentazioni e verifiche, la
parte sperimentale era conclusa e il progetto Mais polenta era ormai pronto per essere consegnato agli agricoltori
per la realizzazione pratica, alcuni dei quali hanno voluto
credere al progetto, coltivando già dall’anno seguente i
primi 10 ha di mais di qualità
per la produzione di farina da
polenta.
LA RICETTA
Il risotto magro
Ingredienti (per sei persone):
Mezza cipolla, prezzemolo, sedano, due carote, 20 g di funghi porcini
secchi, 1/2 kg. pomodori
maturi, 700 g di riso, 20
g di olio, 40 g di burro,
80 g di Sbrinz, sale.
Preparazione: Tritate finemente cipolla, sedano,
carote e prezzemolo; fa-
teli soffriggere con l’olio
d’oliva; aggiungete i pomodori a pezzi, e cuocete a fuoco vivace per 10
minuti, e aggiungete acqua calda, quando è necessario. Fate rallentare
la cottura, aggiungete i
funghi a pezzetti, continuando la cottura lentamente per 10 minuti. Il
soffritto può aspettare.
Soffriggere nel frattempo il riso col burro e
cuocetelo aggiungendo
acqua calda, un poco alla volta. Dopo 10 minuti
aggiungete il soffritto
già preparato. Salate dopo aver versato la prima
acqua e aggiungete il
formaggio prima di levare dal fuoco.
Il riso di Ascona
La storia della polenta
Oggi siamo abituati a
pensare alla polenta
come a un prodotto ricavato e cucinato usando la farina di mais.
Eppure, questa usanza
alimentare, così come
la conosciamo oggi,
compare alle nostre latitudini solo a partire
dal XIX secolo.
Prima, infatti, la polen-
ta veniva realizzata con
il miglio; mentre alcune
fonti affermano che nel
Mendrisiotto, culturalmente e tradizionalmente vicino alla Lombardia, la polenta fosse
quella di grano saraceno, la cosiddetta «pulenta negra».
Solo dall’Ottocento, il
granturco sostituisce
tutte le altre farine e si
inserisce prepotentemente nella dieta comune di ogni persona.
Mangiata anche tre volte al giorno, la polenta
era diventata una presenza costante sulle tavole ticinesi, alternata
solo in particolari mesi
dell’anno con le castagne e con il minestrone.
È curioso pensare al Ticino
come a una terra dove si coltiva il riso. I monti, le colline e
la mancanza di larghe distese
pianeggianti sembrerebbero
fattori discriminanti per impedire una sua coltivazione. Ma
non è così. Anche il Ticino, infatti, da qualche anno può a
ragione vantarsi di avere il
proprio riso.
È nel 1997 che vennero seminate le prime piante di riso,
nei terreni alla Maggia di
Ascona, in un terreno all’incirca di due ettari. Ben presto, la
superficie coltivabile aumentò
fino a raggiungere i trenta ettari, producendo una quantità
di riso commerciabile di circa
100 tonnellate. Il segreto di
questa coltivazione è ben presto spiegato con le caratteristiche del terreno locarnese,
posto al delta della Maggia, situato nel punto più basso, 197
metri sopra il livello del mare,
di tutta la Svizzera.
Tale terreno risulta essere
particolarmente permeabile,
consentendo così alle piantine
di riso di ricevere l’acqua per
il loro sostentamento per irrigazione, evitando in tal modo
di inondare i campi, come tradizionalmente avviene nella
quasi totalità delle coltivazioni. La qualità di riso prodotta
in Ticino è il Loto, dal caratteristico chicco ovale, ottimo
per la cucina dei risotti.
Il pane TICINO
Da un’idea iniziale della Unione Mugnai Ticinesi, concretata dalla commissione tecnica
della Società Mastri Panettieri-Pasticceri
(SMPP), è nato questo nuovo pane al quale
l’Unione Contadini Ticinesi, dopo attento
esame, ha attribuito il Marchio di garanzia
TICINO.
Preparato con la tradizionale tecnica artigianale che si fonda sul delicato trattamento
della pasta, dalla sua formazione fino alla
cottura, il pane TICINO è composto da farina di frumento, farro e segale, acqua, sale e
lievito da panificazione.
Le farine di farro e segale, poco adatte al
lavoro con le macchine e disagevoli da panificare se prese individualmente, contribuiscono ad accentuare la fragranza e il sapore del pane e a prolungarne la durata di
freschezza.
Il nuovo pane TICINO che, lo ricordiamo, è
un prodotto esclusivo degli artigiani fornai
affiliati alla SMPP, è un pane a tutto pasto.
Tuttavia, si combina particolarmente bene
con burro, miele e confetture; nonché coi
formaggi e la salumeria.
È buono, delicatamente fragrante, di rapida
scioglievolezza e di ottima durata di conservazione.
Nonostante il Ticino non possa contare su condizioni atmosferiche propriamente mediterranee, può almeno vantarsi
di avere sempre goduto di un
clima mite e di contare tra le
proprie colline numerose piante d’ulivo, al punto che non vi
è memoria scritta su quando
queste abbiano fatto la loro
comparsa. Più certa invece la
datazione – siamo nel XIX secolo – circa l’utilizzo di olio
d’oliva come combustibile per
l’illuminazione domestica e come simbolo sacro per cerimonie religiose come la tradizionale Domenica delle Palme.
La storia alimentare dell’olio
d’oliva in Ticino, invece, risale
al 1600. Le macine, ritrovate in
vari luoghi e spesso integrate
nelle opere in muratura delle
abitazioni come a Gandria, testimoniano l’attività di spremitura per la produzione di olio.
Molto recente è la ripresa di
una produzione, a metà tra
l’industriale e l’artigianale e
quindi destinata al consumo e
al commercio, di olio di oliva
extra vergine che sta rapidamente richiamando l’attenzione dei gastronomi e contemporaneamente ritagliandosi un
proprio spazio commerciale a
fianco di quegli oli che provengono da particolari e ricercate
coltivazioni, come quelle del
lago di Como o del lago di
Garda.
Da circa vent’anni, si è cercato
con successo di riprendere la
coltivazione dell’ulivo, motivato da un forte interesse anche
LA MAGIA DELL’ULIVO
L’olio, antico
e prezioso
Sgorga dal frantoio
La produzione dell’olio
d’oliva deve seguire alcune fasi, la cui origine
affonda nelle più antiche tradizioni, rimaste
concettualmente immutate durante lo scorrere
dei secoli.
Sono tre le fasi canoniche per ottenere l’estrazione dell’olio dalle
olive: la frangitura, l’impastatura, e l’estrazione.
Nella frangitura si frantumano le olive, operazione anticamente svolta dalle pesanti macine
in pietra.
Si ottiene così un impa-
sto, che viene poi sottoposto a un processo di
rimescolamento, per separare l’acqua dall’olio
vero e proprio.
da parte dei botanici, valorizzando le piante secolari rimaste e iniziando la piantumazione di alcune centinaia di nuovi
esemplari. Così oggi il Ticino
produce olio extra vergine
d’oliva, finissimo, leggero, fruttato e delicato, mentre l’entusiasmo per la riscoperta di
un’antica tradizione ha fatto
sorgere iniziative come il Sentiero dell’olivo tra Gandria e
Castagnola il cui percorso è
integrato da tavole esplicative
in varie lingue, e poi corsi di
potatura e coltura dell’olivo e
associazioni come gli Amici
dell’olivo a Gandria e anche
sul territorio italiano, a Oria.
Tra gli oli ticinesi, è da segnalare anche l’Olio del Buongustaio, prodotto da una cooperativa. Si tratta di un olio di semi di girasole cui vengono aggiunte alcune erbe aromatiche
che gli conferiscono il caratteristico e apprezzato gusto.
L’extra vergine d’oliva
È il re di tutti gli oli. È
l’extra vergine, olio ottenuto solo attraverso
estrazione di tipo meccanico, senza ricorso a
solventi chimici.
La denominazione di
«extra vergine» viene
attribuita solo dopo le
analisi organolettiche
che determinano il livello di acidità in esso
contenuto, che deve restare compreso e non
superare il grado percentuale.
Anche il Ticino può vantare la produzione di
un olio extra vergine, la
cui acidità si attesta a
0,55, su livelli quindi di
assoluta eccellenza, assimilandosi così a quelli
di più nobili origini.
Quello ticinese, è un
olio finissimo, leggero,
fruttato e delicato, particolarmente consigliato
per condimenti di pesce
e piatti delicati.
Curiosa è invece l’ipotesi, formulata da alcuni botanici, secondo i quali l’albero dell’olivo
non è nato nelle regioni mediterranee, ma sarebbe originario delle zone dei laghi prealpini e pare fosse solo grazie alla
diffusione ad opera dei monaci
Benedettini che questa pianta,
e quindi la tecnica di produzione dell’olio si sia diffusa, in ambito medievale, anche nelle zone della Liguria, della Toscana,
dell’Umbria e di tutto il Mediterraneo.
Sentiero dell’olivo
Tornando ai nostri giorni, l’interesse per l’ulivo e per l’olio
d’oliva ha avuto nuova linfa in
Ticino quando, a far tempo dal
1990, un accorto produttore
vinicolo, incuriosito dal nome
del Colle degli Ulivi volle ricercarne l’origine. Dallo studio
degli antichi documenti risultano dati storici curiosi: che di
ulivi in Ticino ve ne sono sempre stati e che l’olio, nel 1800,
era impiegato come combustibile per l’illuminazione domestica e i ramoscelli per le cerimonie religiose, ma ben prima,
l’olio veniva ricavato dai frantoi per uso alimentare.
L’olio del buongustaio
Si chiama Sentiero dell’olivo, ed è un lungo percorso didattico che collega Castagnola a
Gandria, in una zona in cui sono ancora visibili le preesistenze di antichi oliveti, e nella quale è stata da poco reintrodotta la coltivazione dell’olivo stesso. Il Sentiero è stato studiato
e realizzato dall’associazione Amici dell’olivo in collaborazione con il Fondo per il sito naturalistico e archeologico di Gandria che appartiene alla Fondazione della Svizzera italiana
per la ricerca scientifica e gli studi universitari.
Il percorso che si snoda a fianco del lago di Lugano presenta degli squarci paesaggistici di
incantevole bellezza; contemporaneamente, offre la possibilità di conoscere, sotto vari
aspetti, notizie sulla storia, sulla botanica, sulla coltivazione e sui prodotti dell’olivo. Il sentiero, infatti, è disseminato di pannelli esplicativi che vanno via via approfondendo alcune
delle tematiche riguardanti l’olivo. Ma la passeggiata propone anche di ammirare le nuove
coltivazioni di olivo, come quello in località Rozza, o le antiche piante, come il gigantesco
olivo del Carlìn che si sporge sopra il pontile di Gandria. Ma anche vari aspetti della produzione dell’olio, come la mola a trazione animale conservata nella casa La Filanda di Gandria.
D’altro canto, In Ticino, a Manno, è presente uno tra i maggiori oleifici svizzeri che affonda le sue radici nel lontano
1845 quando Giosia Uboldi
iniziò a Viganello la produzione
di oli per uso alimentare e medicinale. Da questi primi passi
si svilupperà la Sabo, la prima
raffineria europea a produzione continua che oltre all’olio
extra vergine d’oliva presenta
vari oli biologici organici di
grande qualità.
Si tratta di un particolare prodotto realizzato a Olivone che risulta da un matrimonio
fondato sulla qualità naturale delle sue componenti.
La base di partenza è la qualità di un olio di
girasole, con certificato Bio Suisse, caratterizzato da un elevato grado di poli-insaturazione. Questo è ottimo per il controllo del
colesterolo e, grazie alla presenza di vitamina E naturale, si dimostra un potente e benefico antiossidante, inoltre, la presenza di
vari acidi grassi offre notevoli vantaggi a tutto il sistema circolatorio.
A tutto questo si aggiunge la qualità delle
erbe aromatiche che sono di provenienza
locale e coltivate senza uso di pesticidi.
Il processo produttivo prevede dapprima
una fine macinazione, in seguito, le erbe
vengono poste in appositi estrattori e messe a contatto con l’olio stesso.
Il fine prodotto che ne deriva è un olio da
condimento, ritenuto da molti ideale per
accompagnare la maggior parte degli alimenti che richiedono un’attenta aromatizzazione naturale.
Se di «storia» dell’orticoltura
ticinese si può parlare, questa
prende avvio intorno ai primi
anni ’20 del secolo scorso, una
volta definitivamente conclusa
la Grande Guerra in Europa. Il
nostro clima che risente degli
influssi mediterranei e che
permette una maturazione di
circa due settimane in anticipo
rispetto alle altre zone della
Svizzera, non poteva che favorire un tale sviluppo.
La zona che per prima diede
l’impulso all’orticoltura fu il
Mendrisiotto, grazie alla lungimirante attività di alcuni pionieri, costretti a inventarsi
un’alternativa al loro lavoro,
una volta che la coltura del
baco da seta aveva subito una
crisi irreversibile. Furono di
pomodoro le prime piante
coltivate.Visto il successo del
raccolto, i contadini passarono
in breve tempo a sperimentare altre specie di ortaggi. Piselli, poi zucchine, quindi altre
verdure come melanzane, cavolfiori, rape, e così via.
Ben presto, al Mendrisiotto si
affiancò come zona di coltura
anche il Piano di Magadino che
era stato interessato da una
grande operazione di bonifica.
L’orticoltura si sviluppò con
velocità nel Sopraceneri, diventando nel tempo la zona di
produzione più importante del
Ticino, e non solo.
Un ulteriore sviluppo per l’orticoltura ticinese si ebbe durante la Seconda Guerra Mondiale, quando la richiesta d’ortaggi, come si può facilmente
immaginare, crebbe in relazione alla difficoltà di reperimento. Parallelamente, aumentava
anche l’assortimento, cosicché
la coltivazione si è estesa, da
allora, a tutta la gamma delle
verdure più conosciute. Non
solo, anche i sistemi di coltivazione miglioravano, sia dal
punto di vista tecnico che da
quello pratico, grazie anche al
lavoro della Commissione tecnica per l’orticoltura e dagli
organi di consulenza cantonali.
Lo sviluppo maggiore si ebbe
intorno agli anni ’60, quando in
Ticino si contavano oltre 700
aziende con colture orticole;
oggi il numero è assai diminuito, ma la superficie coltivata rimane pressoché identica a prima. La crisi economica e alcune leggi protezionistiche hanno
LE MERAVIGLIE DELL’ORTO
Una campagna
generosa
Il cetriolo
Il cetriolo è uno dei
compagni più fedeli della tavola estiva. Presente in ogni tipo di insalata, si abbina spesso ai
pomodori e alle varie
lattughe o cicorie.
In Ticino si coltivano
due tipi di cetriolo ben
distinti tra loro: il primo è quello che viene
chiamato cetriolo nostrano o comune, un
po’ spinoso e dalla pelle
leggermente amara, abbastanza rustico.
L’altro è il cetriolo
olandese, selezionato
negli anni ’60 nei Paesi
Bassi; è liscio e molto
allungato.
Il cetriolo ticinese è
presente sul mercato
da inizio maggio fino a
fine ottobre, Di regola
si praticano due colture
con semine in marzo e
in luglio.
decisamente limitato lo sviluppo dell’orticoltura ticinese che
rimane oggi una delle più floride attività agricole di tutto il
Cantone.
Nei nostri orti non manca una
grande varietà di prodotti anche esotici scelti e coltivati
con la cura dell’appassionato,
mentre le cronache di storia
locale ci dicono che la patata
sia stata diffusa al tempo del
passaggio del generalissimo
russo Suvorov nel 1799.
Oggi, dal punto di vista commerciale, possono essere definite tipiche e tradizionali le seguenti colture.
I pomodori
Molte sono le tipologie
del pomodoro in Ticino,
tra cui alcune molto innovative. Come il pomodoro tondo liscio, il tradizionale pomodoro ticinese, dalla caratteristica tenerezza e succosità della polpa, con
una squisita aromaticità. Poi il pomodoro
ramato, o a grappolo, la
cui coltivazione nelle
nostre aziende è abbastanza recente e alla
quale il Ticino si è adattato in seguito alla forte richiesta del mercato. Tradizionale è anche
la coltura del pomodoro peretto, prima usato
solo per la preparazione del sugo per la pasta; ora, invece, viene
anche consumato fresco, grazie alla creazio-
ne di particolari varietà
di maggior pezzatura,
più gustose e più vigorose. Un cenno importante va al pomodoro
ciliegia, o cherry; un tipo conosciuto principalmente nel nord dell’Europa, che è riuscito a
farsi apprezzare anche
in Ticino.
Tra i prodotti più tradizionalmente tipici della coltura ticinese vi è senz’altro il pomodoro che riveste anche una notevole importanza commerciale.
Importato, come coltivazione,
dall’Italia, il pomodoro è diventato ben presto il re nella nostra regione nelle varietà tondo liscio, peretto, grappolo, e
l’innovativo cherry.
Ma l’elenco dei prodotti è tanto lungo quanto succulento, dato che comprende, tra l’altro,
zucchine, cetrioli nostrani e
olandesi, lattuga cappuccio, carote lattughini Lollo e foglia di
quercia, melanzane, formentino,
cipolle e cipollotte, scarola, lattuga romana, cicoria bianca, cavolfiori e broccoletti, ramolacci, cavoli rapa, verze, porro, finocchio, rapanelli, coste, sedano coste, cicoria rossa e verde,
peperoni e peperoncini, fagiolini, prezzemolo, cabis bianco e
rosso, spinaci, rapette, cavolo
cinese, broccoletti, indivia riccia, crescione, rucola e basilico.
Le zucchine
Il minestrone
Il minestrone ha da sempre
rappresentato uno dei cibi
più tradizionali della cucina
ticinese, presenza costante
sulle tavole di tutte famiglie
che possiedono e si tramandano, ognuna, la ricetta
più particolare e segreta.Va
da sé che negli orti del Ticino si coltivassero, e ancora
si coltivano, quegli ortaggi
che sono indispensabili per
la cucina del minestrone.
Vista la varietà e la com-
plessità di ingredienti, contenuti nel minestrone, non
si sa se è più difficile cucinarlo o coltivare la varie
specie di ortaggi necessarie
alla sua preparazione.
Da sempre, quindi, negli orti
privati si coltivano la verza,
la carota, il porro, la costa,
le rape, la zucca, il sedano, la
cipolla, i fagioli screziati o
quelli di Spagna; non poteva
certo mancare, poi, il prezzemolo liscio o nostrano;
come pure fondamentali
erano altri ortaggi come gli
spinaci, i «curnìtt», le coste,
e così via.
La zucca e la zucchina sono
due apprezzati prodotti ormai
da tempo presenti nelle coltivazioni ticinesi. La zucchina, soprattutto, è un prodotto molto
importante per l’orticoltore ticinese, in particolare nel periodo che precede l’estate e in
quello autunnale.
Il Ticino possiede lo scettro di
maggior produttore svizzero
di zucchine. Le zucchine offrono numerose varietà:, le più
diffuse sono Diamant,Arlesa,
Sofia e Alice.Tra le curiosità, ricordiamo che la pianta della
zucchina, come la maggior parte delle cucurbitacee, presenta
fiori maschili e femminili separati e che ha dunque bisogno
di insetti che provvedano a
trasportare il polline per la fecondazione.
Introdotte dal Sud
Le zucchine e altre specie di verdure, che fino
a poco tempo fa non
venivano coltivate alle
nostre latitudini, giungevano in Ticino dalla
vicina Italia e dalla
Francia.
Fu solo nell’immediato
dopoguerra che si iniziò
a coltivarle in grande
quantità per i mercati
d’oltre Gottardo.
Furono poi gli emigranti italiani ad importare
anche la coltura dei pomodori costoluti – i cosiddetti Cuore di Bue, e
i pomodori peretti (San
Marzano), oltre alle me-
lanzane, ai cavolfiori, ai
broccoletti, e non da ultimo il finocchio, i peperoni, gli asparagi e
più avanti le fave e le
cicorie, contribuendo
così a far scoprire e apprezzare sino ai nostri
giorni in Ticino alcune
colture fino a quel tempo non conosciute.
L’agricoltura biologica è praticata in Ticino da circa 100
aziende agricole, l’8 % del totale. Il fine dell’agricoltura
biologica è quello di produrre in modo naturale, ma anche di coprire il più possibile
il fabbisogno regionale. I prodotti biologici comprendono
tutti i tipi di ortaggi e verdure come fagiolini, taccole, piselli, pomodori di vecchie varietà della ProSpecieRara, insalate speciali, erbette, catalogna, cime di rapa; inoltre, si
possono menzionare i coltivatori minori che offrono
prodotti particolari e ricercati come i piccoli frutti, siano
essi lamponi, uva spina, fragole o mirtilli.
Alcune aziende propongono
ottimi cereali (frumento, orzo, segale, spelta, grano saraceno) che vengono consumati grezzi o trasformati in farina e in pane da alcuni maestri
panettieri locali. Anche il mais
da polenta ticinese è coltivato in qualità bio e gode di un
buon successo commerciale.
C’è infine la soia bio trasformata in tofu.
La Cooperativa fra produttori e consumatori del biologico (ConProBio) è un canale
alternativo di vendita per
prodotti biologici. I consumatori ordinano in anticipo la
spesa al rispettivo capogruppo – in Ticino ne esistono oltre 100 – che trasmette le
ordinazioni alla centrale di
Cadenazzo. Da lì partono le
ordinazioni verso i produttori bio che provvedono a consegnare la propria merce alla
centrale dove si preparano le
confezioni destinate ai vari
gruppi.
DIPARTIMENTO
FINANZE
ECONOMIA
ISICOM S.A.
FORMAGGI
Federazione ticinese produttori di latte - LATI,
C.P. 565, 6592 S. Antonino
direttore: Mario Maddalena
Società ticinese di economia alpestre,
Via delle Scuole 28 a, 6963 Pregassona
segretaria: Monica Bellini
coordinatrice DOP: Cristina Solari
Servizio ispezione e consulenza lattiera,
C.P. 343, 6592 S. Antonino
responsabile: Renato Bontognali
Associazione capra Ticino (CATI)
Via Bollini 1, 6946 Ponte Capriasca
presidente: Giulia Quadroni Madonna
Associazione prodotti Valle di Muggio (APVM)
6838 Scudellate
segretario: Edmondo Clericetti
ConProBio, 6593 Cadenazzo
responsabile: Brigitte Bertoli
SALUMI E DERIVATI
Società mastri macellai salumieri,
Centro macellai - C.P. 22, 6804 Bironico
direttore: Erich Jörg
ConProBio, 6593 Cadenazzo
responsabile: Brigitte Bertoli
ConProBio
La ConProBio è in grado di offrire una nutrita varietà di prodotti alimentari biologici,
cercando di privilegiare in primo luogo il
prodotto locale e poi quello svizzero.
Esiste anche una collaborazione con le Botteghe del Mondo per i prodotti da commercio equo.
Un’altra caratteristica della ConProBio è la
freschezza dei prodotti (verdura, latticini,
carne, uova) che passano praticamente in
modo diretto dal produttore al consumatore. In buona sostanza, far capo a ConProBio
equivale a fare la spesa tenendo in considerazione gli aspetti legati alla produzione bio-
logica e indigena.
La ConProBio mira anche a far diventare la
spesa settimanale un’occasione di scambio
fra produttore e consumatore. Non a caso,
oltre al contatto settimanale, vengono organizzate manifestazioni dove si promuove
l’incontro fra gli attori della cooperativa. I
responsabili della ConProBio sono a disposizione dei soci o di chi desidera diventarlo
per informazioni, suggerimenti, nuove adesioni e proposte.
MENDRISIO
Mercato
Coperto
tel.
091 850.27.27
fax
091 858.26.14
mail
[email protected]
www.lati.ch
tel.
091 942.48.85
mail
[email protected]
tel.
091 943.61.63
±fax
091 943.40.44
mail
[email protected]
tel.
091 850.27.80
fax
091 858.22.81
mail
[email protected]
tel.
091 945.30.45
fax
091 945.30.45
mail
[email protected]
tel.
091 684.11.33
mail
[email protected]
www.valledimuggio.ch
tel.
091 780.50.24
fax.
091 780.50.23
tel.
091 946.41.62
fax
091 946.20.28
mail
[email protected]
www.centro-macellai.ch
tel.
091 780.50.24
fax.
091 780.50.23
CEREALI - SEMI OLEOSI - DERIVATI
Molini Ticinesi Riuniti SA,
tel.
091 857.88.88
Via Linoleum, 6512 Giubiasco
fax
091 857.88.93
direttore: Klaus Bläsing
mail
[email protected]
Mulino Maroggia, 6817 Maroggia
tel.
091 649.75.02
direttore: Luigi Fontana
fax
091 649.75.04
mail
[email protected]
Terreni alla Maggia SA,
tel.
091 791.24.52
Via Muraccio 105, 6612 Ascona
fax.
091 791.06.54
direttore: Renato Altrocchi
mail
[email protected]
Oleificio Sabo,
tel.
091 610.70.50
Via Cantonale, 6928 Manno
fax
091 610.70.69
direttore: Giancarlo Bordoni
mail
[email protected]
www.sebo-oil.com
Società mastri panettieri e pasticcieri,
tel.
091 923.38.28
Via Monte Brè 9, 6900 Lugano
fax
091 921.35.94
segretaria: Elisabetta Cremona
mail
[email protected]
www.panettieriticinesi.ch
Bassetti Paolo, 6582 Pianezzo
tel.
091 857.40.39
natel
079 204.69.90
mail
[email protected]
ConProBio, 6593 Cadenazzo
tel.
091 780.50.24
responsabile: Brigitte Bertoli
fax.
091 780.50.23
VINO - DISTILLATI
Ticinowine,
Via Corti 5, 6828 Balerna
segretariato
Federviti, Segretariato cantonale,
6515 Gudo
segretaria: Monica Bacciarini Rossi
Associazione ticinese negozianti di vino
e vinificatori
Via S. Giovanni 4, 6500 Bellinzona
segretario: Curzio Curti
Associazione dei viticoltori e vinificatori privati,
6838 Cabbio
presidente: Luciano Cavallini
Interprofessione del vino ticinese (IVT),
C.P. 447, 6592 S. Antonino
segretario: Michele Piffaretti
Ordine della DOC,
C.P. 447, 6592 S. Antonino
segretario: Michele Piffaretti
Associazione VITI,
Via Pergola 7, 6962 Viganello
segretario: Claudio Girardin
SAPERI
E
tel.
091 690.13.53
fax
091 690.13.54
mail
[email protected]
www.ticinowine.ch
tel.
091 859.00.39
fax
091 859.00.41
mail
[email protected]
tel.
091 825.77.53
fax
091 825.81.78
mail
[email protected]
tel.
091 684.15.79
tel.
fax.
mail
tel.
fax.
mail
tel.
091 851.90.93
091 851.90.98
[email protected]
091 851.90.93
091 851.90.98
[email protected]
091 971.56.48
quando
SAPORI
torizzate da organi federali. La Gemma Bio
Suisse rappresenta uno
dei marchi di qualità
bio più conosciuti in
Svizzera.
dove
mangia.
Tutte le aziende che
producono con metodo
biologico devono sottostare alle direttive emanate dalla Confederazione e dall’Associazione Svizzera per l’Agricoltura Biologica; si devono quindi sottoporre
a periodici controlli,
svolti da istituzioni au-
organizzata da
Anche in Ticino sono attive e presenti numerose coltivazioni biologiche che si sono sviluppate, circa quindici anni
fa, per il desiderio di
coltivare prodotti in
modo più naturale, soddisfacendo così le richieste dei consumatori, sempre più attenti a
quanto si cucina e si
Ideata da
I marchi di qualità danno al
consumatore la certezza della qualità. I controlli a più livelli sono svolti da enti indipendenti (il più importante è
Bio Inspecta) accreditati
presso la Confederazione e
riconosciuti da Bio Suisse. Si
verificano in particolare tracciabilità del prodotto, flusso
della merce, compatibilità col
bio dei fornitori. Il prodotto
bio è controllato sia all’origine (produttore) sia nella fase
di trasformazione e di vendita.
Rassegna Agroalimentare del Ticino
La coltivazione biologica
INDIRIZZI UTILI
La coltivazione biologica si
propone di ottenere prodotti
assolutamente sani e di rispettare l’ambiente naturale.
L’INNOVAZIONE DEL BIO
Agricoltura Bio
Sabato 21
10-23
Domenica 22 10-22
settembre 2002
MIELE - CASTAGNE - ERBE
MIELE
Società ticinese di apicoltura, 6780 Airolo
segretario: Gabriele Lombardi
CASTAGNE
Associazioni castanicoltore della svizzera italiana
c/o Regione Malcantone, 6982 Agno
presidente: Giorgio Moretti
Gruppo di lavoro cantonale sul castagno,
c/o Sezione forestale, 6500 Bellinzona
presidente: Giorgio Moretti
ERBE
Associazione buone erbe ticinesi,
C.P. 137, 6718 Olivone
presidente: Mauro Montesel
Società cooperativa COFIT,
C.P. 137, 6718 Olivone
presidente: Marcello Monighetti
responsabile vendite: Nello Corti
Istituto alpino di farmacologia,
C.P. 137, 6718 Olivone
direttore: Ario Conti
ORTAGGI
L'ortofrutticola FOFT
6593 Cadenazzo
Ferrari SA
6598 Tenero
Associazione Orti, 6593 Cadenazzo
presidente: Renato Oberti
ConProBio, 6593 Cadenazzo
responsabile: Brigitte Bertoli
ISTITUZIONI
Dipartimento delle finanze e dell'economia,
Sezione dell'agricoltura, Viale Franscini 17,
6500 Bellinzona
con degustazioni
INGRESSO
GRATUITO
tel.
mail
091 869.18.18.
[email protected]
tel.
fax
mail
tel.
fax
mail
091 610.16.30
091 610.16.39
[email protected]
www.mediatree.com/castagne/
091 814.36.61
091 814.44.38
[email protected]
tel.
mail
079 423.68.75
[email protected]
tel.
mail
078 613.04.16
[email protected]
tel.
tel.
fax
mail
079 400.77.48
079 278.88.84
091 796.20.43
[email protected]
tel.
091 850.29.01
fax
091 850.29.00
mail
[email protected]
tel.
091 745.13.26
fax
091 745.13.28
www.ortofrutticola.com
tel.
091 858.13.92
natel 079 620.98.54
fax
091 858.12.66
mail
[email protected]
tel.
091 780.50.24
fax
091 780.50.23
tel.
091 814.35.92
fax.
091 814.44.64
mail
[email protected]
www.ti.ch/agricoltura
Dipartimento delle finanze e dell'economia,
tel.
091 814.35.67
Sezione delle bonifiche e del catasto,
fax.
091 814.44.28
Viale Franscini 17, 6500 Bellinzona
mail
[email protected]
www.ti.ch/bonifiche-catasto
Dipartimento dell'educazione, della cultura e
tel.
091 683.21.21
dello sport, Scuola agraria Mezzana, 6828 Balerna fax.
091 682.26.21
mail
[email protected]
Dipartimento della sanità e della socialità,
tel.
091 814.41.00
Ufficio del veterinario cantonale,
fax.
091 814.44.44
Via Dogana 16, 6501 Bellinzona
mail
[email protected]
www.ti.ch/vet
Dipartimento della sanità e della socialità,
tel.
091 922.04.18
Laboratorio cantonale, Via G. Buffi 6,
fax.
091 923.97.46
6900 Lugano
mail
[email protected]
www.ti.ch/dss/dsp/labc
Dipartimento del territorio, Sezione Forestale,
tel.
091 814.36.62
Viale Franscini 17, 6500 Bellinzona
fax.
091 814.44.38
mail
[email protected]
www.ti.ch/forestali
Stazione fed. di ricerche agronomiche, Centro
tel.
091 850.20.30
di Cadenazzo, 6593 Cadenazzo
fax.
091 850.20.39
direttore: Giorgio Jelmini
mail
[email protected]
Unione contadini ticinesi, C.P. 447,
tel.
091 851.90.90
6592 S. Antonino
fax.
091 851.90.98
presidente: Peter Hess
mail
[email protected]
www.agriturismo.ch
Associazione donne contadine, 6764 Chiggiogna tel.
091 866.17.88
presidente: Regula Colombo
mail
[email protected]
Ticino Turismo, Via Lugano 12,
tel.
091 825.70.56
6501 Bellinzona
fax
091 825.36.14
direttore: Giuseppe Stinca
mail
[email protected]
www.ticino-tourism.ch
GastroTicino, Via Gemmo 11, 6903 Lugano
tel.
091 961.83.11
segretario: Fabio Bernaschina
fax
091 961.83.25
mail
[email protected]
Bio Ticino
C.P. - 6593 Cadenazzo
tel.+fax 091 745.30.05
Via Magatti 2 - 6900 LUGANO
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Atlante completo - Repubblica e Cantone Ticino