Settimanale Nuova serie - Anno XXXVIII - N. 43 - 27 novembre 2014 Fondato il 15 dicembre 1969 Il proletariato deve avere una funzione dirigente nello sciopero La classe operaia durante lo sciopero politico agisce come classe che è all’avanguardia di tutto il popolo. In questi casi il proletariato adempie la funzione non semplicemente di una classe della società borghese, ma la funzione egemone, cioè di dirigente, di avanguardia, di capo. (Lenin, “Sciopero economico e sciopero politico”, 31 maggio 1912, Opere complete, Editori Riuniti, vol. 18, pag. 77) Il 12 dicembre contro la legge di stabilità e il Jobs Act Viva Viva lo lo sciopero sciopero generale generale della della CGIL CGIL Si uniscano anche Cisl e Uil e i “sindacati di base” Occorre una manifestazione nazionale a Roma PAG. 6 Renzi, come Mussolini, Berlusconi e Craxi,: “Io non mi fermo” Grande manifestazione dei metalmeccanici a Milano. Tenute alte le bandiere del PMLI Milano 14 novembre 2014, sciopero generale dei metalmeccanici. Il PMLI tiene alta la propria bandiera insieme a quella della Fiom Landini e Camusso denunciano l’accordo al ribasso tra la sinistra del PD e Renzi sull’art. 18. Quattro cortei a Genova. Il corteo dello sciopero sociale e uno spezzone di quello della Fiom hanno bersagliato con uova la sede del PD Slogan: “E Matteo non lo sa, Berlusconi è il suo papà”; “Renzi attento, ancora fischia il vento” PAG. 2 Gli operai dell’AST bloccano l’autostrada Gli studenti contestano Draghi, feriti due di loro PAG. 2 Promosso da Usb, Cobas, Adl Cobas, Usi e Cub Successo dello sciopero sociale Manifestazioni in 60 città contro il Jobs Act, la precarietà, la controriforma della scuola e il governo Renzi. A Napoli occupata la tangenziale. A Roma lanci di uova e fumogeni contro il ministero dell’economia. A Palermo blocchi stradali. Cariche ingiustificate delle “forze dell’ordine” Questa nuova forma di lotta non può però sostituire lo sciopero classico dei lavoratori e la direzione del proletariato PAG. 4 Ottavo incontro di Renzi col suo maestro piduista e neofascista Il vecchio e il nuovo Berlusconi confermano il patto per cancellare ciò che rimane della Costituzione del ’48 Il leader del PD snobba la Direzione del partito: “Non mi serve un mandato”. La sinistra del PD non ci sta ma si adegua Renzi scarica sulle Regioni le responsabilità delle alluvioni In realtà le responsabilità del dissesto del territorio ricadono sui governi centrali e locali di ieri e di oggi. Lacrime di coccodrillo di Pisapia Il Nord nel fango, altri morti PAG. 7 PAG. 6 Crocetta Ter Emilia Romagna Crocetta sottomette la nuova giunta 41 consiglieri su 50 siciliana al governo Renzi indagati per le “spese pazze” Spesi oltre due milioni e 87mila euro per cene, alberghi di lusso, feste di compleanno e sex toys Coinvolti tutti i partiti compresi M5S e falsi comunisti PAG. 11 Nel 97° Anniversario dell’immortale opera di Lenin e Stalin A Modena, Ravenna, Rimini e Catania Banchini del PMLI contro Celebrata a Catania governo Renzi la Rivoluzione d’Ottobre Una coppia diil Acireale ricorda il comizio di Scuderi del 1976. Applaudito a PAG. 13 Modena il manifesto del PMLI che accomuna Renzi a Berlusconi Nella maggioranza l’Udc, Articolo 4, PDR. Il governo si sposta ancora più a destra. La Sicilia commissariata di fatto Crocetta deve andarsene PAG. 12 a casa PAG. 8 2 il bolscevico / in sciopero contro il governo renzi N. 43 - 27 novembre 2014 Renzi, come Mussolini, Berlusconi e Craxi,: “Io non mi fermo” Grande manifestazione dei metalmeccanici a Milano. Tenute alte le bandiere del PMLI Landini e Camusso denunciano l’accordo al ribasso tra la sinistra del PD e Renzi sull’art. 18. Quattro cortei a Genova. Il corteo dello sciopero sociale e uno spezzone di quello della Fiom hanno bersagliato con uova la sede del PD Slogan: “E Matteo non lo sa, Berlusconi è il suo papà”; “Renzi attento, ancora fischia il vento” Il primo atto dello sciopero generale dei metalmeccanici è andato in scena con successo. La grande manifestazione del 14 novembre a Milano ha mostrato ancora una volta che i lavoratori non sono più disposti a subire le conseguenze della crisi economica capitalistica, i continui attacchi del padronato e del governo guidato dal berlusconi democristiano Renzi che ne rappresenta gli interessi. La prossima settimana incroceranno le braccia i metalmeccanici del centro sud che sfileranno per le strade e piazze di Napoli. Nel capoluogo lombardo invece si sono ritrovati per far sentire la loro voce quelli del nord (Valle d’Aosta, Trentino, Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, FriuliVenezia Giulia, Emilia-Romagna) più quelli della Toscana. Già alle 9 centinaia di lavoratori erano a Porta Venezia, luogo di raccolta della manifestazione. Mano a mano le strade si sono riempite di lavoratori a decine di migliaia, 80 mila per la Fiom, che alla fine hanno occupato tutta Piazza Duomo tornata a essere una piazza operaia piena di cartelli e bandiere rosse. Le adesioni nelle maggiori fabbriche sono state molto elevate, in numerose aziende lombarde si è raggiunto quasi il 100%. Assieme alla Fiom scioperavano, con altre iniziative, i “sindacati di base” e gli studenti nell’ambito dello sciopero sociale, tanto che la città era semi-paralizzata. Erano presenti tutte le grandi fabbriche del nord Italia come Fiat, Same, Fincantieri, dalla Toscana una folta rappresentanza della Piaggio, ma anche tantissimi lavoratori provenienti dalle piccole e medie industrie di Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto, era presente anche una delegazione del teatro La Scala, in lotta contro i tagli alla cultura e a chi ci lavora. Nelle prime file del corteo della CGIL spiccava un lungo striscione con una mano aperta in segno di stop e la scritta: “l’articolo 18 non si tocca” che richiamava sia lo slogan che la grafica di quello adottato dal PMLI fin dal 2001. Il nostro Partito era presente alla manifestazione milanese e alla conclusione in piazza Duomo, gremita di lavoratori, spiccavano le bandiere e i cartelli dei marxisti-leninisti, ben visibili anche in numerosi servizi televisivi e foto apparse sul web, sorprendentemente anche su “il manifesto” e su “Il Fatto quotidiano”. I più calorosi applausi e la profonda riconoscenza dei dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi ai generosissimi e infaticabili compagni lombardi e biellesi, in particolare al compagno Lorenzo che è stato in piazza nonostante le sue precarie condizioni di salute, che hanno tenute ben alte la bandiera del PMLI. Dietro lo striscione “Diritti per tutti, lavoro, legalità, uguaglianza, democrazia, sciopero generale”, hanno sfilato uno di fianco all’altro il segretario generale della CGIL, Susanna Camusso e Maurizio Landini. Per il segretario generale della Fiom “l’articolo 18 va esteso e mantenuto allargandolo anche a quelli che non ce l’hanno. La norma che prevede il reintegro e non solo l’indennizzo è una presa in giro che significa rendere più facili i licenziamenti”. Landini critica anche la ridicola “mediazione” all’interno del PD sul Jobs Act. “Serve solo a quei parlamentari per conservare il loro posto, non serve ai lavoratori e alla difesa dei loro diritti” ha aggiunto parlando durante il corteo mentre dal palco ha detto chiaramente che per i lavoratori questa è “una presa per Milano 14 novembre 2014. Il rosso e combattivo spezzone del PMLI. Col megafono il compagno Gabriele Urban, che ha guidato la delegazione insieme al compagno Angelo Urgo (foto Il Bolscevico) il culo”. Comunque non hanno rinunciato a fare passerella il leader di Sel, Nichi Vendola, e Stefano Fassina, esponente della minoranza PD. Anche la Camusso ha denunciato l’accordo al ribasso sul Jobs Act avvenuto all’interno del PD, che di fatto non sposta di una virgola la sostanza. Se verranno elencati alcuni casi dove si prefigura un licenziamento illegittimo, “gli imprenditori useranno quelli consentiti” e “non ci pare che quella mediazione sia una risposta per mantenere la difesa dei diritti che noi facciamo”. La Camusso ha poi dichiarato che la partita sul Jobs Act non è ancora chiusa, rispondendo cosi a Renzi. Il nuovo ducetto aveva infatti sentenziato che “la partita è chiusa”, con un arroganza degna dei suoi maestri Mussolini, Craxi e Berlusconi. Un avvertimento lanciato non tanto al suo alleato di governo, l’NCD di Alfano, che vuole condizioni ancora più dure per i lavoratori ma che sicuramente si accorderà, bensì al sindacato e ai lavoratori, che dovranno accettare il suo diktat, perché lui “non si ferma” in quanto se ne frega della piazza. Significativa anche la manifestazione di Genova, svoltasi nelle stesse ore, indetta dalla CGIL provinciale che ha portato in piazza, nonostante l’esclusione dei trasporti e della zona del Tigullio a causa delle alluvioni, 15/20mila persone. Una combattiva manifestazione che alle proteste contro il Jobs Act e la legge di stabilità aggiungeva le problematiche cittadine della disoccupazione, chiusura di fabbriche, dissesto idrologico e criminale incuria e saccheggio del territorio. Erano stati organizzati 4 cortei dalle diverse zone industriali della città che poi sono tutti confluiti in Piazza Caricamento dove è intervenuto il segretario generale della Camera del Lavoro di Genova. A questi della CGIL si deve aggiungere quello dello sciopero sociale organizzato dall’USB, COBAS, CUB e altri “sindacati di base” e dagli studenti, che hanno praticamente cinto d’assedio e invaso la città da tutte le parti con una marea di striscioni e bandiere rosse. Uno spezzone del corteo della Fiom assieme a quello dei Cobas ha bersagliato di uova la sede del PD del quartiere Sanpierdarena mentre tra i lavoratori risuonavano gli slogan: “E Matteo non lo sa, Berlusconi è il suo papà” e “Renzi attento, ancora fischia il vento”. Riferendosi alla riunione di Confindustria in una fabbrica lombarda che per l’occasione ha mandato tutti i dipendenti a casa, Landini ha detto che Renzi va a parlare con i padroni nelle fabbriche vuote, ma i lavoratori dimostrano la loro opposizione alla politica del suo governo nelle piazze. Il leader della Fiom durante il suo discorso è stato molto applaudito ma non sono mancate alcune affermazioni ambigue, come quando ha detto che la CGIL lavora per unire e non per dividere. Ma chi? Per unire i lavoratori o perché rispondeva a Renzi che accusava il sindacato di dividere gli operai dai padroni? Ed anche quando ha detto che Renzi ha cambiato strada e ha fatto una scelta sbagliata, nonostante la CGIL, e lui in particolare, gli avessero offerto l’occasione di dialogare. Sembra quasi che Renzi inizialmente fosse animato da buone intenzioni, invece l’ex sindaco di Firenze è stato scelto dalla borghesia proprio per portare avanti le controriforme neofasciste e piduiste, compresa la cancellazione del diritto borghese del lavoro. Finito il suo intervento Landini ha invitato al microfono la Camusso, suscitando fischi di disapprovazione e inducendo i due terzi dei presenti a lasciare la piazza. La Camusso, nonostante il suo intervento sia stato duro con Renzi e abbia usato toni forti, inconsueti per lei, non ha scaldato tanto la piazza e da alcuni settori sono partiti anche dei fischi. Evidentemente i lavoratori metalmeccanici non si sono dimenticati quando la Camusso predicava un atteggiamento prudente e sostanzialmente succube rispetto ai governi Monti e Letta e invitava la Fiom a rientrare nei ranghi, o quando sulla vicenda Pomigliano ha praticamente lasciato da sola la Fiom a combattere Marchionne. Staremo a vedere se la CGIL andrà fino in fondo. Una cosa è certa: il 14 novembre è stata una straordinaria giornata di lotta: la manifestazione della Fiom, assieme a quelle dei sindacati di base e degli studenti, hanno dimostrato ancora una volta che la lotta di classe e la piazza sono i mezzi e i luoghi più adatti per far valere i diritti della classe operaia e delle masse popolari e giovanili, il terreno più fertile per assestare potenti pugni rossi al governo del Berlusconi democristiano Renzi. Sferriamogli un pugno da tramortirlo allo sciopero generale del 5 dicembre promosso dalla CGIL. Gli operai dell’AST bloccano l’autostrada “È finito il tempo in cui un corteo faceva cadere un governo”, dice mussolinianamente Renzi dalle sale dorate del G20 di Sidney cercando di dissimulare quella crescente e consolidata contestazione all’operato del suo governo reazionario e antioperaio. Dalle fabbriche, dalle università e dalle piazze, invece, si alzano i toni della protesta, legata alla crescente incertezza del posto di lavoro e alla conseguente povertà, al disagio sociale e al restringimento delle libertà politiche, sindacali e sociali. È quello che hanno imparato dall’esperienza dei 22 giorni di sciopero gli operai delle acciaierie ThyssenKrupp (AST) che lo scontro sociale nato dalla lotta di classe è decisivo per la vittoria finale e che, immediatamente, era necessario tornare in piazza. “Alziamo il tiro”, hanno gridato nell’assemblea della mattina del 12 novembre davanti ai cancelli dello stabilimento e subito hanno reso attiva l’esortazione di un lavoratore che, in un clima teso, ha preso la parola: “Adesso ad Orte, a Palazzo Chigi, al Parlamento. Ma adesso”. E così è stato. Nonostante il tentativo di mediazione dei vertici sindacali un centinaio di operai hanno raggiunto il casello autostradale di Orte con una carovana di auto (come già fatto alla fine del luglio Gli studenti contestano Draghi, feriti due di loro scorso dopo l’annuncio del piano che prevedeva risparmi per cento milioni di euro) hanno bloccato l’Autosole per quasi quattro ore all’altezza del casello di Orte, causando file di oltre 9 chilometri. Nonostante il freddo, il blocco è andato avanti fino a poco prima delle 17; quando i sindacati hanno avuto assicurazioni della convocazione al ministero per il giorno dopo, 13 novembre, l’A1 è stata liberata. La rabbia dei lavoratori nasce dal nulla di fatto di una trattativa tirata per le lunghe, come loro stessi denunciano, per far stancare la lotta e rinunciare alle rivendicazioni. Il giorno prima al Mise la vertenza legata a un piano industriale che prevede 290 esuberi (141 i dipendenti già usciti con la mobilità volontaria), si è arenata a mezzanotte. Le parti, governo e padronato, hanno concordato un nuovo incontro per il 18 novembre. Quando la notizia è giunta a Terni si è innalzato inevitabilmente il livello della tensione tra gli operai in sciopero ma anche nell’intera città. Infatti, alcune strade vicine allo stabilimento di viale Brin si sono riempite di lavoratori, e nei blocchi stradali tra contestazioni e animi surriscaldati si è discusso tutta la notte contro l’arroganza padronale e anche contro il go- 12 novembre 2014. Centinaia di operai della Ast di Terni hanno bloccato per circa 4 ore l’autostrada A1 all’altezza dell’uscita di Orte per continuare a tenere viva la loro vertenza contro i licenziamenti e la chiusura delle acciererie di Terni verno che, dicono gli operai, non questo è un risultato positivo per morare un altro economista borsi impone con la multinazionale i lavoratori”. ghese come lui, Federico Caffè e tedesca e contro chi vuole prenLa lotta paga ma occorre esper “spiegare” l’azione della Ue dere gli operai per fame facendoli sere vigili e continuare uniti la sui Paesi investiti dalla crisi, proaspettare inutilmente un’altra setbattaglia, come promette la Fiom: prio lui, uno dei principali artefici timana, e poi imporre la chiusura. “gli scioperi e i presidi andranno del massacro sociale in tutta EuL’assemblea della mattina e la avanti. Alzeremo il tiro con iniropa ai danni delle masse operaie lotta intrapresa sono state la naziative nuove e diverse” perché e popolari. turale conclusione. è necessario spazzar via questo La contestazione di un cen“L’azione di oggi è servita a governo al più presto con la lotta tinaio di studenti dei collettivi riprendere il negoziato, il merito di classe! Csp Roma3 e Link Roma3 si lo verificheremo domani - comUn’altra sonora contestazioproponeva di impedire l’intervenmenta il segretario nazionale delne è partita lo stesso giorno dato di Draghi. In un comunicato la Fiom CGIL, Rosario Rappa - i gli studenti universitari di Roma firmato dai collettivi si leggeva: lavoratori in qualche modo hanno contro il presidente della Banca “Non permetteremo che questa imposto al Mise di programmare Centrale Europea, Mario Draghi, visita-intrusione nel nostro atel’incontro, vediamo domani cosa intervenuto all’università Roma neo sia l’ennesima passerella per succede - conclude -. Intanto Tre ad un convegno, per commei responsabili dell’impoverimento di decine di milioni di persone nell’Unione europea. Invece di favorire politiche di redistribuzione e di rinnovamento del welfare, la Bce ha dettato linee guida scellerate di impronta marcatamente neo-liberista”. Gli studenti sono partiti in corteo lungo via Ostiense per arrivare davanti alla facoltà di Economia dove hanno accolto il presidente della Bce a suon di slogan e striscioni. La tensione è salita quando il numero uno della Bce è uscito dell’edificio, gli studenti hanno cercato di raggiungere Draghi ma la polizia li ha respinti. Al grido di “Fuori i banchieri dalle università” è iniziato il lancio di secchi di vernice e uova contro gli agenti in assetto antisommossa. Inevitabilmente, com’è ormai consuetudine con Renzi, sono partite le cariche e le manganellate col risultato che uno studente è rimasto ferito alla testa. Gli studenti non si sono fatti intimorire e hanno continuato con gli slogan contro banche e Unione Europea: “La Ue è per le manganellate agli studenti”. Il PMLI ha tempestivamente e fermamente condannato con un comunicato della Commissione giovani del Comitato centrale del PMLI le manganellate agli studenti portando loro la piena solidarietà (pubblicato a parte). in sciopero contro il governo renzi / il bolscevico 3 N. 43 - 27 novembre 2014 Cortei in occasione dello sciopero FIOM e per lo sciopero generale sociale di USB, COBAS e CUB 100mila in piazza a Milano contro Renzi Un altro pugno rosso contro le politiche antipopolari economiche e di controriforma del diritto del lavoro. Ottima accoglienza al PMLI da parte degli operai Le “forze dell’ordine” aggrediscono gli studenti Redazione di Milano Nella mattina di venerdì 14 novembre in 100mila - tra operai, lavoratori, pensionati, cassintegrati, disoccupati, esodati, studenti e migranti - scesi in piazza a Milano con FIOM, USB, Cobas e CUB, hanno sferrato un altro potente pugno rosso al Berlusconi democristiano Renzi e alla sua politica arrogante di attacco all’articolo 18 e a tutti i diritti economici, sindacali e sociali dei lavoratori. Gli operai dietro gli striscioni RSU delle loro fabbriche hanno sfilato sotto le bandiere della FIOM da Porta Venezia a Piazza Duomo, arrivati in oltre 80mila con quasi 800 pullman dalle regioni del Nord e del Centro-Nord. Presenti alla manifestazione anche i lavoratori della Scala di Milano, che hanno deciso di aderire allo sciopero (fermandosi per 4 ore) “non solo per solidarietà alla FIOM - spiega un delegato della FLC CGIL - ma per la grande preoccupazione per un settore, quello della cultura, che sta vivendo un momento di grande sofferenza”. Da largo Cairoli è invece partito il corteo degli studenti affiancati dai lavoratori organizzati dai sindacati non confederali, per lo sciopero generale sociale indetto da questi ultimi. Sin dal concentramento di Porta Venezia ottima è l’accoglienza che gli operai metalmeccanici hanno riservato alla delegazione del PMLI – guidata dai compagni Angelo Urgo e Gabriele Urban, composta da militanti e simpatizzanti provenienti dalle province di Milano, Bergamo, Biella e Parma - che le hanno volentieri permesso di sfilare davanti ai loro striscioni con il suo rosso schieramento di bandiere del Partito e di cartelli con su affissi i nostri manifesti che invitano a spazzare via il governo del Berlusconi democristiano Renzi, e quello che propone lo sciopero generale di 8 ore con le nostre rivendicazioni inerenti il diritto al lavoro. A centinaia i volantini diffusi riportanti l’articolo “Viva la lotta di classe” e la citazione del compagno Scuderi dal titolo “Il potere politico spetta di diritto al proletariato”. Diffuse anche copie de Milano 14 novembre 2014, sciopero generale dei metalmeccanici Milano 14 novembre 2014, sciopero generale dei metalmeccanici. Nella piazza duomo gremita di lavoratrici e lavoratori comizio conclusivo di Landini, Segretario nazionale della Fiom. Tra gli striscioni nella piazza si notano i manifesti del PMLI contro il governo Renzi (dal sito della Fiom di Milano) “Il Bolscevico” n. 40, che riporta i servizi sulla grande e storica manifestazione nazionale di Roma del 25 ottobre, e del numero speciale de “Il Bolscevico” – stampato interamente a colori per l’occasione - sulla commemorazione di Mao svoltasi lo scorso settembre a Firenze col testo integrale del discorso pronunciato dal compagno Loris Sottoscritti, a nome del CC del PMLI, “Mao e la missione del proletariato”. A consolidare ulteriormente il naturale legame di classe degli operai con la delegazione del PMLI hanno indubbiamente contribuito il lancio degli slogan – tramite un megafono e la corale voce dei nostri compagni – per il sostegno della lotta di classe e dell’obbiettivo strategico del potere politico alla classe operaia e quindi per la conquista del socialismo contro il capitalismo, per l’abbattimento del regime neofascista e il suo governo Renzi e contro le sue politiche occupazionali di precarizzazione contrattuale e salaria- Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHI e-mail [email protected] sito Internet http://www.pmli.it Redazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164 Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze Editore: PMLI Associato all’USPI ISSN: 0392-3886 Unione Stampa Periodica Italiana chiuso il 19/11/2014 ore 16,00 le, per rivendicare che il lavoro sia né flessibile né precario, bensì stabile e a pari salario, per l’affossamento del Jobs Act e per la difesa e l’estensione dello Statuto dei lavoratori ed il ripristino originario del suo Articolo 18. Slogan ripetuti con forza dagli operai che hanno anche intonato con noi “Bandiera Rossa”, “L’Internazionale”, “Bella Ciao”, “Le 8 ore” (adattata contro il governo Renzi) e “Fischia il Vento”. Passando per Piazza San Babila il corteo ha incrociato il presidio dei NO TAV salutato dai marxisti-leninisti al grido “Libertà per i No Tav!”. La manifestazione si è conclusa in Piazza Duomo con i comizi finali. Dopo gli interventi dei delegati delle fabbriche in lotta la parola è passata al Segretario aggiunto del sindacato dei metalmeccanici del Belgio, Angelo Basile, che ha portato la solidarietà degli operai belgi a quelli italiani “impegnati, come noi, in una difficile lotta”: “La vostra situazione è simile alla nostra. Il governo ha stabilito 17 miliardi di risparmi che in realtà si trasformano in nuove tasse per i lavoratori”. E aggiunge: “abbiamo già programmato tre giorni di sciopero generale il 24 novembre e il primo e l’8 dicembre”. È quindi arrivato il comizio di Maurizio Landini, Segretario nazionale della FIOM, che ha fatto un discorso condivisibile per quanto riguarda le politiche occupazionali del governo Renzi il quale però viene sempre sottovalutato come uno “poco intelligente” che “perde il senso della realtà del Paese”, arrivando persino a ringraziarlo per gli 80 euro in busta paga perché, a suo dire, “aiuta- no i lavoratori a scioperare contro le sue politiche”, rinunciando così a smascherare come quel contentino elettoralistico sia stato già ri- lo ha applaudito appassionatamente) chiamando al microfono Susanna Camusso, Segretario generale della CGIL, suscitando brusii e fischi di disapprovazione tra gli operai; in poco tempo piazza Duomo si è svuotata per due terzi. Durante tutto il suo retorico comizio è stato, di contro ai blandi applausi, un continuo di fischi e grida di contestazione degli operai come “perché non oggi lo sciopero generale?”, o lo slogan lanciato ripetutamente: “No agli accordi del 10 gennaio!”. brosiana dell’arcivescovo ciellino Angelo Scola, che in seguito alle proteste ha momentaneamente ritirato l’iniziativa omofoba. L’Unione degli Studenti ha denunciato che a manifestazione conclusa, all’Arcivescovado, sono stati caricati con una violenza inaudita e ingiustificata alla spalle dalle “forze dell’ordine”: “Se la forza pubblica carica da dietro un corteo autorizzato di studenti e studentesse riteniamo che allora le dimissioni del questore di Milano sono un atto dovuto”. Agli studen- Milano 14 novembre 2014, piazza Duomo gremita dai metalmeccanici in sciopero succhiato dall’aumento della pressione fiscale diretta ed indiretta. Afferma giustamente che lo Statuto dei lavoratori va esteso a tutti e che il suo articolo 18 non va modificato ulteriormente senza però rivendicare il ripristino della sua versione originaria precedente al governo Monti oltre che, come al solito, “dimenticarsi” di reclamare l’abrogazione delle già esistenti leggi che precarizzano il lavoro oggi (come le leggi 30 e Treu) limitandosi a dichiarare ferma opposizione solamente al Jobs Act renziano. Poi, finito il suo comizio, Landini ha deluso buona parte della platea (che fino a un attimo prima Nel frattempo gli studenti in corteo arrivavano in via Larga intonando cori contro l’ultraxenofobo Matteo Salvini, segretario federale della Lega Nord, contro il governo Renzi e contro EXPO. Il corteo è stato fermato da un ingente schieramento di finanzieri e poliziotti in tenuta antisommossa che hanno violentemente caricato e lanciato gas CS sui manifestanti per impedirli di avanzare verso Piazza Duomo. Anche in piazza Fontana davanti alla sede dell’Arcivescovado ci sono stati un po’ di tafferugli quando i manifestanti hanno cercato di entrare nella struttura per protestare contro la “schedatura” delle scuole pro-gay disposta dalla Curia am- ti feriti e aggrediti dalle vigliacche cariche delle “forze dell’ordine” del ministro neofascista di polizia Alfano e del governo del nuovo Berlusconi Renzi, giunga la solidarietà militante e antifascista del PMLI. Ai generosissimi e infaticabili compagni lombardi e biellesi, in particolare al compagno Lorenzo che è stato in piazza nonostante le sue precarie condizioni di salute, che hanno tenute ben alte le bandiere del PMLI, vanno i più calorosi applausi e la profonda riconoscenza dei dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi. 4 il bolscevico / in sciopero contro il governo renzi N. 43 - 27 novembre 2014 Promosso da Usb, Cobas, Adl Cobas, Usi e Cub Successo dello sciopero sociale Manifestazioni in 60 città contro il Jobs Act, la precarietà, la controriforma della scuola e il governo Renzi. A Napoli occupata la tangenziale. A Roma lanci di uova e fumogeni contro il ministero dell’economia. A Palermo blocchi stradali. Cariche ingiustificate delle “forze dell’ordine” Questa nuova forma di lotta non può però sostituire lo sciopero classico dei lavoratori e la direzione del proletariato Si è svolto con successo lo sciopero generale sociale del 14 novembre, indetto per l’intera giornata dai sindacati di base Cobas, Usb, Adl Cobas, Usi e Cub, a cui hanno aderito collettivi studenteschi, centri sociali e del territorio, comitati e coordinamenti dei lavoratori precari, organizzazioni di migranti e di piccoli lavoratori autonomi. Oltre 100 mila lavoratori, disoccupati, precari, studenti e migranti, sono scesi in lotta con assemblee, sit in, manifestazioni e cortei in ben 60 piazze d’Italia, dal Nord al Sud, contro il Jobs Act, l’abolizione dell’articolo 18, l’attacco allo Statuto dei lavoratori, la precarietà, la controriforma della scuola e il governo Renzi. Manifestazioni e cortei di migliaia e anche decine di migliaia di persone si sono svolte in almeno una ventina tra le grandi città del Nord come del Centro e del Sud, tra cui Torino, Milano, Bergamo, Venezia, Trieste, Padova, Verona, Genova, Bologna, Firenze, Pisa, Roma, Pescara, Napoli, Salerno, Bari e Palermo. La concomitanza dello sciopero proclamato nella stessa giornata dalla Fiom in tutto il centro-nord con manifestazione a Milano ha aumentato parecchio l’efficacia e l’impatto sociale, politico e anche mediatico di questa importante giornata di lotta inedita che dal Nord al Sud ha avuto Renzi e la sua politica come bersaglio centrale, e che fa salire ulteriormente la temperatura di questo autunno caldo aperto dalla grande manifestazione della Cgil del 25 ottobre a Roma contro il governo del nuovo Berlusconi e il suo arrogante attacco ai diritti e alle conquiste dei lavoratori. Una giornata che gli deve aver fatto fischiare non poco le orecchie, se dall’Australia si è scomodato a proclamare stizzito che “è finito il tempo in cui una manifestazione poteva far cadere un governo”: cioè che lui, come Craxi e Berlusconi, va avanti fregandosene della piazza. Da Nord a Sud una prorompente volontà di lotta Ecco un resoconto, forzatamente parziale, delle manifestazioni che si sono svolte nel Paese: A Milano lo sciopero sociale si è incrociato con la grande manifestazione dei metalmeccanici per lo sciopero indetto dalla Fiom nel Centro-Nord, a cui seguirà un’altra a Napoli il prossimo 21 novembre e poi altre due in Sicilia e Sardegna. La città è stata percorsa da tre cortei. Imponente quello della Fiom con Landini e la Camusso che si è concluso in piazza Duomo, e che ha visto la partecipazione di 80 mila lavoratori. Sia Landini che la Camusso (che è stata anche fischiata) hanno avuto toni duri contro il Jobs Act e la legge di stabilità: “La partita non è ancora chiusa” ha detto Camusso, e Landini ha promesso che “non ci fermeremo, noi non stiamo scherzando”. Vedremo. Dal palco ha preso la parola anche un lavoratore dello sciopero sociale. L’errore da evitare Napoli, 15 novembre 2014. Il corteo blocca la tangenziale Un altro corteo con alcune migliaia di lavoratori aderenti alla giornata di sciopero sociale è confluito in piazza San Babila. Il terzo corteo, quello degli studenti, a cui si erano uniti anche i No Tav, con in testa lo striscione “La buona scuola siamo noi”, era stato autorizzato ad arrivare in piazza Fontana, per manifestare sotto la sede dell’Arcivescovado dove nel pomeriggio era stato indetto un convegno della Cei sulla “Buona scuola” di Renzi con un inviato del ministero dell’Istruzione. La guardia di finanza lo ha interrotto in piazza Santo Stefano e caricato a freddo da dietro, sparando lacrimogeni urticanti che hanno provocato vomito e malori a diversi manifestanti. Nel pomeriggio nuovo corteo verso l’arcivescovado, che stavolta i manifestanti sono riusciti a raggiungere, ma solo per essere imbottigliati davanti al portone d’ingresso e massacrati di botte dalla polizia piombata in forze. Anche a Genova lo sciopero sociale si è sommato allo sciopero generale indetto dalla Camera del Lavoro contro il Jobs Act e la legge di stabilità. Quattro i cortei della Cgil che hanno paralizzato la città per tutta la mattinata, con migliaia di lavoratori diretti verso piazza Caricamento. Imponente quello partito dalla zona industriale di Cornigliano, con in testa la Fiom ma anche molti lavoratori del commercio e dei servizi, a cui si sono uniti strada facendo i portuali. I metalmeccanici scandivano slogan come “E Matteo non lo sa, Berlusconi è il suo papà”, e anche “Renzi attento, ancora fischia il vento”. Nel corteo anche Vincenzo Serrapica, lavoratore licenziato da Fincantieri per un diverbio con un capo, la cui vicenda è assurta a esempio di applicazione anticipata del Jobs Act di Renzi. Da piazza Corvetto è partito il corteo dei dipendenti pubblici e delle municipalizzate, aperto dallo striscione dei lavoratori del centro stampa San Biagio in mobilità da gennaio, che stampano tra l’altro il “Secolo XIX”. Un altro corteo con gli edili si è mosso dal quartiere Foce, mentre un quarto corteo ha riunito i combattivi autoferrotranvieri dell’Amt, che hanno bloccato per alcuni minuti l’ingresso autostradale di Genova-Est. Contemporaneamente e per tutta la giornata si è svolto anche lo sciopero generale sociale, animato da studenti, movimento di lotta per la casa, precari, centri sociali e No Tav, con un lungo corteo che ha attraversato tutto il centro, aperto da un grande striscione con scritto “PD uguale Precarietà e Devastazione”. Ha tentato anche di raggiungere la nuova sede del PD in via Maragliano protetta da un imponente sbarramento di polizia, bersagliandolo con lancio di uova. Ma lo stesso hanno fatto anche gli operai della Fiom staccatisi dal corteo Cgil in piazza Montano a Sampierdarena, bombardando con uova la locale sezione del PD. A Padova lo sciopero sociale indetto da studenti medi, Cobas, Usb e centri sociali ha visto la partecipazione di migliaia di giovani e di lavoratori. In tarda mattinata un corteo di circa 500 giovani ha cercato di raggiungere la federazione del PD, ma è stato bloccato e caricato dalla polizia davanti all’istituto universitario di lingue in piazza Maldura. Il corteo si è poi diretto verso il centro e quindi la prefettura dove si è sciolto. Nel pomeriggio un altro corteo è sfilato in città prendendo di mira il sindaco leghista Bitonci. A Bologna circa 500 persone hanno sfilato in centro e nella zona universitaria, guidate dai collettivi Cas, Tpo, Labas e Xm e dagli studenti universitari e medi, seguiti dai lavoratori di Usb e Cobas. Nella notte gli universitari avevano bloccato con strisce rosse e bianche le facoltà di giurisprudenza, lettere e medicina: in segno di protesta, avevano scritto, contro i “continui tagli all’istruzione e al diritto allo studio”. Anche Pisa è stata animata da diversi cortei di studenti e lavoratori. Le manifestazioni più combattive si sono svolte davanti alla sede della Provincia, dove gli studenti sono stati aggrediti e manganellati dalla polizia, e all’aeroporto, in solidarietà ai facchini e agli altri dipendenti della cooperativa di servizi in lotta per le condizioni di lavoro. Firenze è stata percorsa da circa 2.500 studenti e lavoratori in corteo, con in testa striscioni contro la politica del governo e il nuovo Berlusconi, tra cui “Contro il Catania, 15 novembre 2014. Il corteo studentesco governo Renzi, no al Jobs act”, “No jobs act, no buona scuola”, “Rottamiamo Renzi” e altri slogan del genere. Occupati i viali di circonvallazione con manifestazioni che sono proseguite fino alle 15 del pomeriggio, dopodiché è cominciato lo sciopero degli autoferrotranvieri dell’Ataf. Veramente notevole il successo dello sciopero sociale a Roma, che in tutto l’arco delle 24 ore ha visto accendersi cortei, manifestazioni, flash mob e altri eventi un po’ dappertutto in centro e in periferia. Già la sera precedente volantinaggi e flash mob erano stati effettuati nelle strade della movida dei quartieri San Lorenzo e Ostiense. Al mattino presto un gruppo di attivisti dei comitati per l’acqua pubblica, con caschetti rossi e chiavi inglesi a imitazione di Super Mario Bros, ha occupato l’atrio di Acea, l’azienda comunale di acqua e energia che esegue 300 distacchi di acqua il giorno. La mattina ha visto scendere in piazza 15 mila persone in tre cortei partiti da Piramide, La Sapienza e piazza Esedra, andando a confluire in un unico fiume in centro città. Spiccavano gli striscioni contro la scuola di Renzi e il Jobs Act, ma anche altri per l’acqua pubblica, per la pensione ai lavoratori “quota 96” e per Cucchi, come quello con la scritta “Mai più morti di Stato”. Davanti al ministero del Tesoro sono state lanciate uova e fumogeni. Poi il corteo si è diretto all’ambasciata tedesca, dove sono state lanciate alcune bombe di vernice. Al policlinico Umberto I i manifestanti hanno issato uno striscione con la scritta “Salute bene comune”. Alcuni lavoratori sono saliti sulle impalcature del Colosseo per issare due striscioni contro la privatizzazione del trasporto pubblico e in solidarietà a Ilario e Valentino, autisti del Tpl romano licenziati dopo una loro intervista al programma tv Presa diretta. Bloccato il ministero dell’Istruzione dagli insegnanti Cobas, con la parola d’ordine “contro il piano scuola di Renzi, assumere tutti i precari”. Notevole per combattività il colorato e rumoroso corteo di 500 migranti che hanno invaso via del Tritone per chiedere il diritto di asilo. Un sit in di fronte alla Telecom è stato improvvisato da un gruppo di lavoratori dell’azienda staccatisi dal corteo, che inalberavano lo striscione “Telecom unica e pubblica”. Diversi ricercatori hanno inscenato un concerto di casseruole sotto le finestre del ministero della Funzione pubblica. Blocchi anche attorno al Miur e incursione all’ipermercato Auchan di Casalbertone, per denunciare lo sfruttamento del personale precario e i licenziamenti. Cortei anche a Cinecittà e al Pigneto. All’aeroporto di Fiumicino sono stati cancellati 22 voli. A Napoli un corteo di 10 mila manifestanti, qualcuno dice 20 mila, studenti, centri sociali, precari, sindacati di base, in particolare contro il Jobs Act e lo Sblocca Italia sulla bonifica di Bagnoli, ha invaso la tangenziale percorrendo a piedi 2 km fino all’uscita di Capodimonte in direzione Pozzuoli, paralizzando il traffico e bloccando anche lo svincolo dell’autostrada. Il corteo ha attraversato anche il rione Forcella lanciando slogan contro Renzi e il caporione leghista e razzista Salvini. Nel pomeriggio volantinaggio nella zona dello struscio in via Toledo, per denunciare lo “sfruttamento dei precari nei negozi gestiti dalle multinazionali”. Tra le altre numerose manifestazioni vale la pena di citare almeno quella di Torino, dove hanno sfilato 5 mila persone, con striscioni “Niente profitti sui nostri diritti” e “no jobsact, no precariato”; le migliaia di studenti e lavoratori in corteo a Novara; il sit in di denuncia tenutosi a Venezia sulle condizioni degli stagisti e mediatori culturali delle istituzioni impiegati senza stipendio; la manifestazione di Trieste, con lo striscione “Renzi contro tutti, tutti contro Renzi”; quella di Pescara, dove in piazza i manifestanti hanno composto lo slogan “No Oil” contro le trivellazioni petrolifere nell’Adriatico previste dallo Sblocca Italia; il migliaio di persone che hanno manifestato a Bari e le altre migliaia in corteo a Palermo, con i numerosi blocchi stradali, favoriti anche dalla forte partecipazione degli autoferrotranvieri, che hanno lasciato metà dei bus nelle rimesse. Il PMLI non può che applaudire e appoggiare iniziative come questa giornata di lotta che assestano un duro colpo al padronato, al governo e all’arroganza antioperaia e neofascista di Renzi. Tuttavia sentiamo il dovere di mettere in guardia i lavoratori e i movimenti di lotta, in particolare i precari, gli insegnanti, gli studenti, i piccoli lavoratori autonomi, dalle teorizzazioni di certi dirigenti dei “sindacati di base” che rischiano di dividerli dalla classe operaia anziché unirli ad essa in un vasto fronte unito da essa guidato per sconfiggere l’attacco ai diritti sindacali, lottare per il lavoro, il salario, la fine del precariato e le altre rivendicazioni e buttare giù al più presto il governo del nuovo Berlusconi. Non si può accettare infatti che passi tra i lavoratori e i giovani la concezione anarchica e spontaneista dello sciopero sociale espressa dal leader dei Cobas, Bernocchi, all’assemblea dell’11 novembre a La Sapienza con la partecipazione di Landini, secondo il quale “oggi non c’è più la classe operaia egemonica. È stata frantumata. Il Novecento è finito. Oggi c’è un pluriverso fatto di precari, partite iva e di molte altre forme di lavoro dipendente”. Una tesi che rischia di fare da sponda alle teorizzazioni reazionarie alla Renzi, che dipingono una classe operaia ormai minoritaria ed in via di estinzione, se non fatta di “privilegiati” che tolgono il lavoro e il pane ai giovani precari, e liquidano la lotta di classe come un residuo del Novecento. Per quanto ridotto numericamente rispetto al Novecento, il proletariato è sempre oggettivamente la classe più rivoluzionaria della società, per il posto fondamentale che occupa nel sistema produttivo capitalista, perché non può emancipare se stessa se non rovesciando l’attuale ordine capitalista e borghese ed emancipando tutta l’umanità. E perché, come dice Lenin, è la classe di avanguardia di tutto il popolo, che svolge una funzione di avanguardia negli scioperi e nelle lotte, ed è l’unica capace di guidare tutte le altre classi sfruttate e oppresse ad abbattere il capitalismo e conquistare il socialismo. Sarebbe perciò un grave errore se i lavoratori pubblici, i precari, gli studenti, gli artigiani, i disoccupati, dessero retta a quelli come Bernocchi; o come il manifesto trotzkista, che già esalta la nascita del “Quinto Stato”, che sarebbe avvenuto con lo sciopero sociale. L’antico sogno della velleitaria piccola borghesia “rivoluzionaria” di prendere il posto del proletariato. Un sogno rimasto storicamente come una pia illusione perché nessun’altra classe può sostituirsi al proletariato come la classe antagonista per eccellenza della borghesia perché solo esso occupa il ruolo centrale di produttore del profitto nel sistema economico capitalistico. in sciopero contro il governo renzi / il bolscevico 5 N. 43 - 27 novembre 2014 Palermo Ben accolta la Cellula palermitana del PMLI al corteo Dal corrispondente della Cellula “1° Maggio-Portella 1947” di Palermo Anche a Palermo si è tenuta il 14 novembre una grande manifestazione contro le politiche dei governi Renzi e Crocetta (presidente PD regione Sicilia) e dell’Unione europea. La manifestazione è partita da piazza Castelnuovo per percorrere tutto il centro storico ed arrivare alla sede della Regione. In migliaia hanno manifestato, poiché in concomitanza si svolgeva lo sciopero generale dei Cobas. Lavoratori pubblici e privati, i dipendenti dell’Amat (Azienda municipalizzata auto trasporti) e dell’Ast (Azienda siciliana trasporti), i vigili urbani, studenti e giovani precari. Molte le sigle sindacali presenti con le loro insegne, tra cui anche la Cgil. Una parte dei lavoratori era concentrata in via la Malfa, sotto la sede dell’Ast per protestare contro i tagli del personale, l’indebolimento dell’azienda e il mancato pagamento dello stipendio, che in molti casi viene pagato a rate e certe volte viene proprio saltato. La manifestazione mirava soprattutto a esprimere opposizione e sdegno contro il Jobs Act del nuovo Berlusconi, l’abolizione dell’articolo 18, il blocco dei contratti, la Legge di stabilità, il piano scuola e le privatizzazioni. Nessun partito politico tranne il PMLI ha partecipato ufficialmente a questa grande manifestazione, impressionante per il numero di partecipanti. Il PMLI era presente con la Cellula palermitana, sempre vicina ai problemi e bisogni della classe operaia e delle masse lavoratrici. Con le bandiere issate in alto eravamo riconoscibili, infatti molti, tra studenti e lavoratori, ci hanno dato il loro ringraziamento per essere ormai l’unico Partito che si batte per loro. Alcuni studenti hanno voluto portare la bandiera del Partito. Gli stessi manifestanti invitavano tutti coloro che guardavano ai bordi della strada a partecipare per cercare di buttare giù questo governo capitalista, borghese e fascista. Molti i cori contro Renzi e il suo governo fantoccio. Slogan anche contro il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando (IDV) e il governatore Crocetta, invitati a dimettersi e sparire dopo aver rovinato e ridotto all’osso un’isola come la Sicilia e una città come Palermo ormai alla fame. Infatti molti negozi continuano a chiudere e la disoccupazione aumenta sempre più. Oggi abbiamo fatto sentire ancora più forte la nostra voce. Perché solo se le masse restano unite e forti e si legano al Partito contro questa borghesia fascista, e capitalista potremo diventare sempre più grandi. Perché solo il PMLI può risolvere i problemi dell’Italia. Bari Mille in corteo contro la precarietà. Il Berlusconi democristiano Renzi contestato più volte Dal corrispondente della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Bari Nella mattina di venerdì 14 novembre un corteo di mille manifestanti ha sfilato per le vie di Bari; promotori della manifestazione sono stati i “sindacati di base” fra cui Usb e Cobas e le associazioni studentesche fra cui Uds Puglia. Fra i manifestanti si notavano anche lavoratori precari assieme a migranti. Vi erano in corteo anche alcuni vigili del fuoco, la cui vertenza lavorativa è aperta. Uno di loro, presente in prima linea, ha infatti detto: “In Puglia siamo in 400, tutti precari: ci hanno solo preso in giro dicendo che ci avrebbero assunti tutti ma ora come mandiamo avanti la famiglia?”.. I componenti del Collettivo Rivoltiamo la Precarietà hanno dichiarato: “Questo è lo sciopero che parte dal basso e mette insieme studenti, lavoratori precari e non, contro lo Sblocca Italia che istituzionalizza la precarietà”. Il governo del Berlusconi democristiano Renzi è stato più volte oggetto degli slogan urlati per le vie del centro, come ad esempio “Renzi! Renzi! Vaff...”. Questa manifestazione rappresenta sicuramente, dal punto di vista politico, un ulteriore segnale dell’avversità delle masse alle politiche padronali e di lacrime e sangue del governo Renzi e, dal punto di vista sociale, la crescente rabbia dei precari, degli sfruttati e dei disoccupati. Catania Al presidio dei lavoratori diffusi i volantini del PMLI “Il potere politico spetta di diritto al proletariato” e “giovani date le ali al vostro futuro” Dal Corrispondente della Cellula “Stalin” della provincia di Catania Allo sciopero generale di 4 ore indetto dai Cobas a Catania è stata notevole la presenza di lavoratori dei trasporti urbani ed extraurbani. Questi ultimi, da 2 mesi non ricevono lo stipendio dall’AST (Azienda siciliana trasporti) che, pur avendo un credito regionale di 30.000.000 di €, è indebidata con i fornitori e ha difficoltà per il carburante e per la manutenzione meccanica dei mezzi. Catania ha un’emergenza assoluta, superiore alla media nazionale di CIG, cresciuta in 2 mesi (settembre-ottobre 2014) del 7,4%, passando dal 44,5% al 51,9%. Pur avendo questa disastrosa situazione socio-economica, la città ha un’aliquota TASI fra le più alte trapianti di cuore-fegato-reni operativi al Policlinico, a favore del partenariato Ismett-Regione, con grave danno per la sanità pubblica nonché per le masse popolari che ne hanno bisogno. Al presidio davanti alla Prefettura oltre ai lavoratori erano presenti il PMLI, i NO MUOS, il Collettivo Aleph, PRC, Cobas e gli studenti di molte scuole medie superiori di Catania e provincia. La Cellula “Stalin” della provincia di Catania del PMLI ha partecipato con la bandiera, i corpetti e con un cartellone con 2 manifesti, quello con la richiesta dello sciopero generale di 8 ore e l’altro con la scritta “Spazziamo via il governo del Berlusconi democristiano Renzi”. Prezioso il contributo dei simpatizzanti che hanno distribuito i volantini “Il potere politico Firenze Lavoratori e studenti con tre cortei bloccano la città. Apprezzato il volantino del PMLI diffuso tra i lavoratori Redazione di Firenze Il 14 novembre è stata per Firenze una bella giornata di lotta che ha visto protagonisti studenti, insegnanti, precari, lavoratori ed occupanti in attesa di alloggio. Tre i cortei organizzati da Cobas, studenti e Movimento di lotta per la casa con parole d’ordine contro il governo Renzi e in particolare il Jobs Act, la “Buona Scuola”, il Pia- per tutta la mattina, anche con brevi blocchi stradali lungo il percorso. Contestata la Confindustria con una sosta e il lancio di fumogeni sotto la sede di via Alamanni. Controllati a vista da un esagerato schieramento di polizia in tenuta antisommossa i manifestanti, oltre duemila, sono sfilati dietro lo striscione “Contro il governo Renzi no al Jobs Act”. Pre- Firenze, 14 novembre 2014. Il corteo partito da Piazza Dalmazia. Sotto: la diffusione del volantino del PMLI ai lavoratori in sciopero (foto Il Bolscevico) Catania, 14 novembre 2014. La partecipazione della Cellula “Stalin” della provincia di Catania del PMLI al presidio davanti alla Prefettura (foto Il Bolscevico) d’Italia. Il sindaco Bianco, PD, a tutt’oggi non ha predisposto alcun intervento per i disoccupati, i senza casa, i poveri e per chi non usufruisce di assistenza sociosanitaria. Catania oltre a registrare la crisi di aziende che chiudono, registra un pesante intervento del governo regionale, che, ossequioso ai dettami del governo del Berlusconi democristiano Renzi, sta dismettendo i Centri pubblici dei spetta di diritto al proletariato” e “Giovani date le ali al vostro futuro”. Grazie a questi volantini abbiamo potuto colloquiare significativamente con i lavoratori presenti sulle problematiche lavorative, sociali ed occupazionali esistenti a Catania, spiegando altresì loro che con la via indicata dal PMLI, unico Partito rivoluzionario in Italia, si può attaccare ed abbattere il capitalismo ed arrivare alla conquista del socialismo. no Casa e il decreto Lupi che prevede divieto di allaccio ad acqua, luce o gas e cinque anni di esclusione dalle gare di assegnazione per chi occupa abusivamente un’abitazione. Combattivo il corteo studentesco che partito da Piazza San Marco ha attraversato il centro per ricongiungersi, in via Ponte alle Mosse, con il corteo dei lavoratori che era partito da piazza Puccini e con quello del Movimento di lotta per la casa, e invadere insieme i viali fino alla Fortezza da Basso paralizzando il traffico cittadino senti anche i postali di Pistoia, i lavoratori Ataf (trasporto cittadino) e Quadrifoglio (nettezza urbana), il Comitato No Tunnel Tav con lo striscione “No tunnel No mafie”. Il PMLI è stato presente al concentramento di piazza Puccini e a parte del corteo dei lavoratori con una squadra di diffusori che, caratterizzati dai corpetti rossi con i manifesti “Spazziamo via il governo del Berlusconi democristiano Renzi”, hanno diffuso il volantino “Il potere politico spetta di diritto al proletariato” accolto con interesse e simpatia dai manifestanti. Combattivo corteo in difesa dell’occupazione 3.000 in piazza perché “Livorno non deve morire” Presenti la quasi totalità delle fabbriche e aziende livornesi con in prima fila Trw, Eni, Cooplat, in lotta da mesi. Significativa partecipazione di Piaggio e Continental. Adesione dell’ANPI provinciale. I commercianti abbassano le saracinesche in solidarietà Di una compagna del PMLI residente attualmente a Livorno Nonostante la pioggia battente nel pomeriggio di sabato 15 novembre oltre 3.000 lavoratori delle realtà in lotta hanno dato vita a un colorato e combattivo corteo che ha attraversato le vie centrali di Livorno. La manifestazione è stata organizzata dal Coordinamento delle lavoratrici e lavoratori di Livorno Livorno, 15 novembre 2014. I lavoratori della TRW in lotta contro i licenziamenti alla manifestazione cittadina per la difesa dei posti di lavoro contro la devastante crisi occupazionale che sta investendo sia le grandi aziende labroniche come la Trw, l’Eni, sia le piccole realtà artigiane e cooperative sociali come la Cooplat (cooperativa di spazzini) fra l’altro in vertenza da mesi con il Comune guidato dal sindaco Nogarin (M5S) che non ha mosso un dito per rinnovarle l’appalto. Al concentramento di piazza Magenta nemmeno gli organizzatori immaginavano che potesse sfociare in una vera e propria manifestazione cittadina. La quasi totalità degli esercizi al passaggio del corteo abbassavano le saracinesche esponendo il cartello “questa attività esprime solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori in lotta”. Ad aprire lo striscione “Se colpiscono uno colpiscono tutti” a firma del Coordinamento lavoratori livornesi, seguiva il combattivo e compatto spezzone degli operai della Trw, numerosi e in alcuni casi presenti con l’intera famiglia, per esprimere la propria rabbia e la volontà di andare avanti nella lotta contro la chiusura dello stabilimento. Proprio il giorno prima ai 450 lavoratori, in lotta dal 17 ottobre, è arrivata la lettera del vice presidente per l’Europa della multinazionale americana Maciej Gwozd con oggetto “Chiusura di Livorno e risoluzione del rapporto” e con l’informativa di aver preavvisato i sindacati sulla “volontà di trattare su termini e condizioni di chiusura, compreso il riconoscimento di un incentivo economico”. Oltre allo striscione della fabbrica all’interno del loro spezzone c’erano anche quelli: “L’operaio non si tocca. Solidarietà agli operai di Terni manganellati – Trw”. “Contro Renzi e i padroni: sciopero generale di 8 ore! E che sia solo un inizio”. Seguivano i lavoratori della Raffineria Eni e ditte esterne, quelli della Cooplat, Porto 2000, InTempo, Ctt Nord, Cgt, Tef, Cls, Ifb, Rfi, ex Delphi, Masol, Agenzia Espressi, Cerin affissioni, Appal- ti Pubblici Scuole - Dussmann, Coop sociali Rsa Pascoli e Villa Serena, People Care, Ipercoop, Autisti Autosped G (Stagno), Trans Sea srl Gruppo Podda, Gruppo Mercurio, Sidis, Cash & Carry, Asa, Provincia Sviluppo, i lavoratori del comune di Livorno, della Camera di Commercio, delle Autonomie Locali e Funzioni Centrali, Scuola, Fs e Trenitalia, Solvay Solution Livorno, presenti anche le rappresentanze RSU di Piaggio (Pontedera) e Continental di Pisa. Grande combattività delle cooperative sociali a stragrande maggioranza composte da donne che sono le più colpite dai licenziamenti, e tantissimi giovani, studenti che si sono uniti alla manifestazione. Significativa partecipazione dell’ANPI provinciale che in un comunicato si era messa a disposizione come punto di riferimento. La manifestazione doveva concludersi all’interno del Teatro dei Mori ma per la sua parteci- pazione si è conclusa in Piazza Cavallotti, storicamente la piazza politica e operaia di Livorno. Gli interventi conclusivi dei lavoratori hanno applaudito lo sciopero cittadino proclamato da Cgil, Cisl e Uil per il 25 novembre per l’occupazione e in solidarietà agli operai Trw e delle aziende in crisi. Il rappresentante della Trw ha ribadito tra l’altro la necessità dello sciopero generale nazionale unitario di tutti i sindacati compresi quelli non confederali, contro il governo Renzi e i padroni che lo sostengono. Un segnale importante per la lotta di classe quello di Livorno ma il punto è che le lavoratrici e i lavoratori devono prendere interamente coscienza della loro forza e sbrigliarsi dai legacci riformisti e istituzionali coi quali il PD li ha legati per anni attraverso azioni “pompieristiche” dei dirigenti intermedi locali CGIL tesi a non alzare troppo il tiro, soprattutto ora che al governo c’è il Berlusconi democristiano Renzi. 6 il bolscevico / in sciopero contro il governo renzi N. 43 - 27 novembre 2014 Il 12 dicembre contro la legge di stabilità e il Jobs Act Viva lo sciopero generale della CGIL Si uniscano anche Cisl e Uil e i “sindacati di base” Occorre una manifestazione nazionale a Roma Alla fine lo sciopero generale è stato proclamato. Mercoledì 12 novembre il direttivo nazionale della Cgil, riunito a Roma, ha indicato la data del 5 dicembre, con un ordine del giorno votato da quasi tutti i componenti ad eccezione di tre che hanno votato il documento alternativo presentato da Mario Lavazzi per il Sindacato è un’altra cosa-Opposizione Cgil. Il 19 la data concordata con la UIL è stata spostata al 12 dicembre. Era una decisione attesa e per certi versi scontata dopo che la Camusso aveva indicato, in mancanza di sostanziali cambiamenti da parte del governo, la scelta dello sciopero generale entro la prima metà del mese di dicembre. Non poteva certo tornare indietro dopo tanti proclami e di fronte all’arroganza del Berlusconi democristiano Renzi. Gli attacchi al sindacato erano iniziati fin dal suo insediamento a Palazzo Chigi quando iniziò a mettere bocca nel congresso della Cgil che era in svolgimento, accusandola di essere un organismo vecchio e superato, come la sua leader, che proteggeva i “privilegiati”, intesi come lavoratori a tempo indeterminato, trovando un’insperata sponda in Landini. Poi il Jobs Act e l’attacco frontale allo stesso diritto borghese del lavoro hanno tolto qualsiasi alibi a chi voleva ancora presentare il governo Renzi come un governo di sinistra, seppur borghese, e anche chi negava l’evidenza ha dovuto prendere atto che questo è un esecutivo che risponde alla Confindustria e ai capitalisti italiani, all’unione europea e alla BCE, e porta avanti le controriforme della P2 in pieno accordo con il neoduce Berlusconi tramite il Patto del Nazareno. Ma non si tratta solo di un rapporto definitivamente incrinato tra il gruppo dirigente della Cgil e Renzi e la maggioranza del PD. Sono stati soprattutto i lavoratori, assieme ai precari, disoccupati, studenti, movimenti contro le grandi opere e per i beni comuni, che gradualmente hanno messo nel mirino il neofascista in camicia bianca che oramai è indicato come il principale nemico dei lavoratori e delle masse popolari e combattuto in tutte le piazze d’Italia che registrano la ripresa della lotta di classe. Vogliamo dire che la Cgil è stata in qualche modo costretta allo sciopero generale. Da una parte Renzi ha subito fatto capire che lui andava avanti per la sua strada no- Roma, 25 ottobre 2014. Manifestazione nazionale della CGIL, piazza San Giovanni (foto Il Bolscevico) nostante i sindacati a cui dava l’unica possibilità di allinearsi, dall’altra le sollecitazioni e la pressione dei lavoratori che chiedevano di andare fino in fondo nella lotta per la difesa dell’articolo 18, dei diritti dei lavoratori e contro la macelleria sociale del governo. È stata soprattutto la grandiosa manifestazione del 25 ottobre il punto di svolta. Essa ha dimostrato che la rabbia tra i lavoratori era tanta e aspettava solo l’occasione giusta per esplodere. A quella storica manifestazione sono seguite quella dei pensionati del 5 novembre e quella dei lavoratori del pubblico impiego (assieme a Cisl e Uil) dell’8, quella del 14 della Fiom tutte molto partecipate e combattive, a cui vanno aggiunte quelle organizzate dai “sindacati di base” e dagli studenti nell’ambito dello sciopero sociale. Chi vi ha partecipato direttamente avrà visto che la parola d’ordine più usata nei cartelli, striscioni, slogan gridati incessantemente è stata “sciopero generale”. Quindi Viva lo sciopero generale del 12 dicembre! Anche in quest’occasione non sono mancate affermazioni fascistoidi di Renzi e dei suoi tirapiedi, come Ernesto Carbone. Costui, allineandosi alle calunnie di “Libero” e “Il Giornale”, in un twitter, riferendosi al fatto che il lunedì successivo allo sciopero è festivo, ha scritto “il ponte è servito”, offendendo i lavoratori che subiscono la crisi capitalistica da 6 anni, mentre chi sciopererà perderà anche una giornata di lavoro. La Cgil è libera di scegliere il giorno che ritiene più favorevole per favorire la partecipazione. Casomai noi critichiamo che si è aspettato troppo per proclamare lo sciopero generale. Ma soprattutto che questo non prevede una manifestazione nazionale a Roma bensì iniziative in 100 piazze d’Italia. Ci pare una scelta del tutto insufficiente che disattende totalmente la volontà dei lavoratori. Usare uno sciopero dell’intera giornata per delle manifestazioni che avranno una dimensione provinciale significa dare una risposta non all’altezza dell’asprezza dello scontro in atto. Pur “menomata” dalla modalità territoriale questa è un’altra occasione per sferrare un altro pugno rosso al Berlusconi democristiano Renzi e ha fatto bene la Cgil a invitare a convergere sulla data del 5 dicembre anche gli altri sindacati confederali anche se la segretaria della Cisl, Annamaria Furlan, ha già declinato l’invito mentre la Uil ha poi concordato lo spostamento al 12 dicembre. Ma una parte degli iscritti Cisl potrebbe partecipare, come hanno fatto per l’ultimo sciopero della Fiom. Anche i “sindacati di base” dovrebbero unirsi alla Cgil. Pur nelle divergenze questi sono in prima fila nel combattere il governo e quantomeno scegliere la stessa data darebbe ancora maggiore rilevanza allo sciopero, come ha dimostrato la giornata di lotta del 14 novembre che ha visto manifestare contemporaneamente, seppur in piazze diverse, Fiom, USB, Cobas e studenti. Scioperiamo tutti uniti per spazzare via il governo del Berlusconi democristiano Renzi. Renzi scarica sulle Regioni le responsabilità delle alluvioni In realtà le responsabilità del dissesto del territorio ricadono sui governi centrali e locali di ieri e di oggi. Lacrime di coccodrillo di Pisapia Il Nord sott’acqua, una città dopo l’altra, un paesino dopo l’altro sommersi dalle alluvioni e dal fango, ormai con cadenza regolare ad ogni pioggia a dimostrare come siamo al disastro completo nella salvaguardia del territorio. Mentre scriviamo il tragico bilancio dell’ultima ondata di alluvioni è di 5 morti e un disperso, cifra che fa salire a 11 il bilancio delle vittime delle alluvioni negli ultimi 70 giorni. Nello stesso periodo migliaia sono gli sfollati e pesantissimi i danni accumulati: un miliardo di euro, per la sola Liguria nelle due alluvioni consecutive. Non solo, enormi disagi per la popolazione delle grandi città, dove interi quartieri con migliaia di residenti sono rimasti isolati e senza luce e soccorsi, come a Milano, dove sono esondati ancora una volta il Seveso e il Lambro, nel varesotto dove sono morti sotto una frana un anziano e la sua nipote e una giovane annegata per essere finita fuori strada in un torrente Baracco in piena, come nella martoriata Genova, dove centinaia di famiglie sono isolate e dove l’alluvione ha finito per mettere in ginocchio quello che rimaneva delle piccole imprese salvatesi dalla precedente alluvione, a Chiavari e Alessandria, dove interi quartieri sono sotto il fango, Biella, dove altissimo è il rischio frane come dimostra la tragica morte di un pensionato sommerso da una valanga di fango e detriti mentre un altro uomo è stato portato in condizioni critiche in ospedale. Anche il lago Maggiore è uscito dagli argini e un uomo è stato ripescato, senza vita, dai sommozzatori dei vigili a Ispra (Varese). Negli stessi giorni anche il lago di Como è esondato e l’acqua ha invaso le piazze del centro. Alla tragedia di Genova non c’è fine. In questo momento si cercano 70 bare trascinate via dall’esondazione del torrente Polcevera dopo il crollo di un muraglione del cimitero della Biacca a Bolzaneto. In tilt i trasporti per allagamenti in più sedi stradali ferroviarie che hanno provocato forti ritardi dei treni. Mentre scriviamo l’ondata si è estesa al resto del Settentrione, in Emilia sono un migliaio gli sfollati per la piena del Po, al Lazio, all’Umbria, al nord delle Marche, alla Sardegna, all’Abruzzo e al nord della Campania e l’allarme tra la popolazione è molto alto. Di chi sono le responsabilità Tutte le istituzioni borghesi hanno dato il via al gioco dello scaricabarile ciascuno per allontanare da sé le responsabilità. Il Berlusconi democristiano Renzi da Sydney attacca i governatori: “Ci sono vent’anni di politiche del territorio da rottamare, anche in alcune regioni del centrosinistra”, mentre dal canto loro governatori e sindaci ribattono che le politiche del territorio, nonché le sanatorie ediliizie sono dettate da Roma. ln realtà tutti sanno, a partire dalle masse popolari che sono state colpite direttamente dalle inondazioni ed hanno chiesto in diversi casi le dimissioni dei sindaci delle loro città, com’è recentemente successo a Massa, che a tutti i livelli le istituzioni hanno pesanti responsabilità nel disastro che sta sotto gli occhi di tutti. Ognuno infatti secondo le sue competenze ha agito per sfruttare e devastare il Il Nord nel fango, altri morti territorio italiano al fine di ottenere il massimo profitto. Un rapporto del Ministero dell’Ambiente nel 2008 ci rivela che sono ben 6.633 i comuni italiani (sugli 8.071 totali) in cui sono presenti aree a rischio idrogeologico, l’82% del totale dei comuni italiani, per una superficie ad alta criticità idrogeologica di 29.517 Kmq, il 9,8% dell’intero territorio nazionale, di cui 12.263 kmq (4,1% del territorio) a rischio alluvioni e 15.738 Kmq (5,2% del territorio) a rischio frana. Tutti, dunque, documenti alla mano, a partire dal governo conoscevano da anni l’estrema fragilità idrogeologica italiana. Ma se si va ad analizzare le cause del dissesto quello che emerge è uno spaventoso sistema di devastazione appoggiato e favorito dalle istituzioni borghesi a partire dai sindaci fino ad arrivare al governo. Parliamo dalle istituzioni locali. Sono i comuni che detengono il diritto riguardo alle politiche urbanistiche. I sindaci peraltro, secondo legge, sono la prima autorità di protezione civile e hanno il diritto e il dovere di intervenire in via ordinaria per la pianificazione urbanistica e la corretta manutenzione del territorio. E invece, nonostante sapessero delle condizioni disastrate del territorio dei loro comuni, nella maggior parte dei casi hanno usato le loro funzioni principalmente per approvare progetti devastanti, promuovendo l’abusivismo edilizio, approvando le disastrose varianti ai piani urbanistici, producendo ulteriore antropizzazione scorretta e cementificazione del territorio in maniera caotica, con le folli colate di cemento negli alvei dei torrenti, favorendo il consumo di suolo, con il passaggio di destinazione dei terreni da agricoli ad edificabili. Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, SEL, dichiara che “a vedere quello che stava succedendo (l’alluvione degli ultimi giorni a Milano, ndr) mi veniva da piangere”. Che faccia tosta! È lui in questo momento il principale responsabile della condizione delle masse milanesi. Invece di versare lacrime da coccodrillo adesso avrebbe dovuto dare un segnale concreto fermando la cementificazione dei terreni agricoli vicino a Rho, alla periferia di Milano, dove sorgerà Expo 2015 e imporsi per usare quei fondi (si calcola 200 milioni solo quelli versati dal comune) al fine del risanamento idrogeologico del territorio e della messa in sicurezza degli argini fluviali milanesi. Ma c’entrano anche i governatori regionali che hanno il dovere di salvaguardare i territori della loro regione e invece li svendono allo sfruttamento, chiudono gli occhi e avallano i mostruosi progetti delle grandi opere. In rari casi hanno previsto dei piani di intervento per le emergenze. Generalmente hanno abdicato al ruolo di sovrintendere a favore delle masse popolari ad un problema che è sovracomunale e riguarda la condizione idrogeologica dei bacini idrici di intere regioni. E c’entrano i governi nazionali che approvano cementificazione e condoni e spingono per uno sfruttamento sempre più selvaggio del territorio. Si pensi che tra il 1950 e il 2000, questo sistema criminale ha “mangiato” 5 milioni di ettari di suolo agricolo e che solo tra il 1995 e il 2006, epoca berlusconiana, sono stati cementificati e “sigillati” territori per un’estensione pari a poco meno dell’Umbria. Certo, è un processo partito da lontano con la Democrazia Cristiana, ma che si sta riproducendo in maniera più selvaggia e deregolamentata proprio con il governo Renzi. Quella contenuta nello Sblocca Italia è infatti una sciagurata strategia di impatto sul territorio che ricalca ed esaspera i meccanismi di sfruttamento che per decenni il territorio italiano ha subito. Centinaia di progetti, tra cui rigassificatori, termovalorizzatori, tratte ad alta velocità, discariche dannose per i territori (ma utili per i capitalisti) che vanno ad insistere su territori già dissestati e che promettono di distruggerne altri, mentre salta agli occhi l’omissione di opere utili (ma evidentemente poco redditizie per i capitalisti) per le masse ed interventi volti alla riduzione del rischio idrogeologico. Renzi ha anche la responsabilità di non aver invertito la tendenza che a partire dal 2008 ha visto i fondi messi a disposizione per la manutenzione ordinaria del territorio diminuire del 71% (da 551 a 159 milioni) e di aver scelto di finanziare opere faraoniche e dannose, come il TAV, dalla cui soppressione si potrebbero recuperare 10 miliardi di euro da poter destinare al risanamento idrogeologico dell’italia. Le sue responsabilità sono pesanti e stanno sotto gli occhi di tutti. Risulta peraltro criminale il fatto che il governo, pur conoscendo l’allerta mal tempo non abbia mosso un dito per mettere in sicurezza i residenti nelle zone più a rischio. I provvedimenti promessi dal sottosegretario Graziano Delrio, PD, ma nemmeno ancora attuati, come la deroga al “patto di stabilità” perché i comuni colpiti dalle alluvioni possano accendere nuovi mutui per “ripristinare condizioni di sicurezza”, non sono risoltutivi, in primo luogo perché non mettono in discussione il sistema di sfruttamento del territorio e in secondo luogo perché scaricano sugli enti locali tutto il peso di un problema che è nazionale e deve essere affrontato con una visione strategica complessiva di risanamento e tutela del territorio. Per invertire la tendenza alla distruzione del territorio va anzitutto fermato lo Sblocca Italia con una lotta di massa che costringa Renzi e il suo governo di sciacalli a tornare indietro sui propri passi. Noi auspichiamo che la giustissima rabbia e le rivendicazioni delle masse popolari colpite da questa sciagura si orientino, oltre che contro le istituzioni locali e regionali, anche contro Renzi, costringendolo ad abbassare gli artigli rapaci dal territorio italiano e ad andarsene. È una sciagura nazionale quella che è in corso in questi giorni nel Centro-Nord Italia. Il PMLI si stringe alle masse locali esprimendo loro solidarietà e auspica che questo governo venga spazzato via senza indugio e con la massima determinazione, conducendo contro di esso una dura opposizione di classe e di massa nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, nelle piazze, nelle organizzazioni di massa, specie sindacali e studentesche. regime neofascista / il bolscevico 7 N. 43 - 27 novembre 2014 Ottavo incontro di Renzi col suo maestro piduista e neofascista Il vecchio e il nuovo Berlusconi confermano il patto per cancellare ciò che rimane della Costituzione del ’48 Il leader del PD snobba la Direzione del partito: “Non mi serve un mandato”. La sinistra del PD non ci sta ma si adegua “L’impianto di questo accordo è oggi più solido che mai”, recita il comunicato congiunto emesso il 12 novembre al termine dell’ottavo incontro tra Renzi e Berlusconi, in cui hanno riconfermato il patto per cambiare la legge elettorale e la Costituzione. Una formula che ricorda e suona altrettanto perentoria di quella “piena sintonia” di cui Renzi parlò il 18 gennaio scorso, dopo il primo incontro nella sede romana del PD di Largo del Nazareno, in cui i due diedero vita al patto omonimo incentrato ufficialmente sulla nuova legge elettorale super maggioritaria Italicum e sulla controriforma costituzionale del Senato, più altri accordi innominabili su materie come la controriforma della giustizia, lo scudo politico alle pendenze giudiziarie del pregiudicato, l’intangibilità del suo impero mediatico, la spartizione delle cariche istituzionali e l’elezione del successore di Napolitano. L’accordo che riconferma il patto ha concluso il braccio di ferro iniziato con l’incontro precedente del 5 novembre, in cui Renzi voleva una risposta definitiva da Berlusconi sulla legge elettorale già approvata in prima lettura alla Camera, essendo deciso a presentarla subito al Senato e a farla approvare entro fine anno. Forse sollecitato dallo stesso Napolitano, che dice di essere prossimo a lasciare il Quirinale e vorrebbe farlo avendo vista realizzata almeno questa tra le “riforme” a cui aveva legato l’accettazione del secondo mandato a tempo. Ma anche perché il Berlusconi democristiano voleva portare a casa qualcosa per parare le critiche sui tanti interventi solo annunciati e i dati economici sempre più negativi, e soprattutto per dotarsi di una pistola carica da puntare contro i suoi oppositori interni minacciandoli con le elezioni anticipate se continueranno ad ostacolare i suoi provvedimenti in parlamento, a cominciare dal Jobs Act e dalla controriforma del Senato. Renzi era affiancato dal vicesegretario del PD Lorenzo Guerini e dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti, mentre Berlusconi dai soliti Gianni Letta e Denis Verdini, nonostante che quest’ultimo sia stato colpito di recente da un altro rinvio a giudizio, quello per il caso “loggia P3”. Del resto il premier non si sente minimamente in imbarazzo a trattare le più importanti questioni politiche e istituzionali del Paese con un pregiudicato come Berlusconi e un plurinquisito come Verdini, come ha confermato alla vigilia dell’incontro dichiarandolo sfacciatamente in tv a Ballarò: “È giusto fare le riforme con Berlusconi. Il fatto che Berlusconi sia stato condannato e Verdini rinviato a giudizio attiene alla loro vicenda personale, ma finché ci sono italiani che li votano sono interlocutori per le riforme”. Renzi aveva avanzato a Berlusconi le sue ultime proposte di modifica per andare a stringere sull’Italicum: premio di maggioranza al 40% da assegnare alla lista (cioè sostanzialmente al partito) anziché alla coalizione di partiti vincente; sbarramento al 3% per i partiti minori e una certa quota minoritaria, anche se da concordare insieme, di capilista bloccati e il resto dei candidati da eleggere con le preferenze. Berlusconi non aveva detto né sì né no, ma aveva chiesto alcuni giorni per pensarci, pur non nascondendo la sua contrarietà, CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI NOVEMBRE 21 21 25 27 FIOM - Sciopero generale di 8 ore dei metalmeccanici del Centro-Sud con manifestazione a Napoli Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil - Sciopero in tutta Italia dei lavoratori dei call center con manifestazione a Roma FIOM - Sciopero generale di 8 ore dei metalmeccanici della Sardegna con manifestazione a Cagliari FIOM - Sciopero generale di 8 ore dei metalmeccanici della Sicilia con manifestazione a Palermo DICEMBRE 12 11-14 CGIL e UIL- Sciopero Generale con Manifestazioni a livello territoriale contro la Legge di Stabilità e il Jobs Act, coinvolti settori pubblici e privati Sciopero di 24 ore dei dipendenti SOC. Trenitalia DIV CARGO della sezione Trasporto Merci e dei dipendenti delle società del Trasporto Ferroviario della compagnia F SI, NTV, Trenord soprattutto alla soglia di sbarramento troppo bassa (che favorirebbe Alfano) e sulle preferenze, che non vorrebbe assolutamente o almeno in misura nettamente inferiore ai nominati. La fronda di Fitto e le sapienti minacce di Renzi Il leader di Forza Italia aveva fatto capire di essere in difficoltà a controllare il suo campo, sia dall’esterno per l’offensiva di Salvini che è in crescita nei sondaggi e lancia la sua candidatura a nuovo leder del “centro-destra”, anche imbarcando i fascisti di Fratelli d’Italia e di Casapound, sia per la fronda interna al suo stesso partito, quella capeggiata da Raffaele Fitto che controlla già una quarantina di parlamentari, e che gli rimprovera di essere troppo arrendevole col premier: in particolare accusa Berlusconi di consegnare a Renzi un’arma carica per andare alle elezioni anticipate e vincerle grazie al doppio turno, mentre Forza Italia potrebbe arrivare terza o addirittura quarta, dopo M5S e Lega. Inoltre la fronda di Fitto mal digerisce le liste bloccate, che ovviamente Berlusconi userebbe per sbarazzarsi dei suoi oppositori interni. Così come farebbe Renzi, del resto, che non a caso non aveva insistito più di tanto sulla precedenza alle preferenze rispetto alle liste bloccate, come invece gli chiedeva a gran voce la minoranza interna al suo partito per votare l’Italicum. Da parte sua Renzi aveva cercato di rassicurare Berlusconi che non cerca le elezioni anticipate: “Si voterà nel 2018 - gli aveva ribadito - ti dò la mia parola d’onore. Ma un Paese normale deve avere una legge pronta per andare a votare in qualsiasi momento. È una clausola democratica”. Quanto possa contare la parola d’onore di uno che fino al giorno prima di silurarlo ripeteva a Letta di stare “sereno” il neoduce di Arcore lo sa benissimo, e anche perché come bugiardo di professione non deve certo prendere lezioni dal suo allievo Renzi. Fosse stato per lui avrebbe accettato subito le proposte di Renzi, non certo perché si fidi di lui, ma perché non ha alternative e sa di dipendere da lui e dal suo governo per salvare la pelle dai processi, difendere le proprie aziende e sperare un domani di riacquistare la piena agibilità politica. Anzi aveva approfittato dell’occasione per chiedere a Renzi che il PD modifichi appositamente la legge Severino per ridargliela subito. Ma sapeva anche di dover fare prima i conti con i suoi oppositori interni. D’altra parte il tono ultimativo con cui Renzi si era rivolto a Berlusconi, chiedendogli di decidere subito “altrimenti andremo avanti da soli con chi ci sta”, non riguardava tanto le modifiche proposte, su cui era dispo- sto a trattare, quanto i tempi di approvazione della legge, su cui non vuole più aspettare. E non era rivolta tanto al suo sodale del Nazareno quanto alla sua fronda interna dei vari Fitto e Brunetta. La minaccia ventilata di cercare altrove i voti in parlamento re avanti coi suoi provvedimenti, in questo parlamento di eletti quando ancora alla testa del PD c’era il fallito Bersani. Non per nulla i tirapiedi di Berlusconi gli ricordano a ogni piè sospinto che tutti i provvedimenti più importanti del governo sono passati ascari di Orfini e Speranza e buttando ai “riformisti” di Bersani, Damiano ed Epifani l’osso di un infimo ritocco al Jobs Act sul mantenimento dell’articolo 18 per alcuni casi di licenziamenti disciplinari, da loro rivendicato come un “passo indietro” fatto fare a Renzi. Persa anche questa occasione la sinistra annuncia che la battaglia si sposterà in parlamento, sia sull’Italicum (essenzialmente sulle preferenze) che sull’articolo 18. Ma intanto Bersani, che ne capeggia lo spezzone più grosso, ha già reso le armi in anticipo, dichiarando al convegno dei “riformisti” a Milano che “la fiducia si vota e basta”. “Lunga vita al Nazareno” Roma, 25 ottobre 2014. Manifestazione nazionale della CGIL (foto Il Bolscevico) era riferita chiaramente al movimento di Grillo, col quale il PD aveva appena trovato l’accordo per far eleggere uno dei due giudici costituzionali, la candidata del PD Sciarra al posto del trombato Violante, in cambio di un candidato del M5S al Csm, Zaccaria, a sostituire un membro del PD che non aveva i titoli. Senza contare l’altra minaccia sottintesa, forse ancor più temibile per il delinquente di Arcore, di perdere il diritto di veto sulla scelta dei candidati alla presidenza della Repubblica che il patto del Nazareno gli riconosce. Un bluff dal finale scontato Per rafforzare le sue minacce Renzi aveva dichiarato per la prima volta che il patto del Nazareno “scricchiola”, e proclamato che “noi andiamo avanti anche a costo di sentirci dire avete rotto il patto”. E aveva convocato per la prima volta una riunione con il NCD di Alfano e gli altri partitini della sua maggioranza, in cui venivano ribadite le modifiche all’Italicum presentate a Berlusconi. Ma al di là dei proclami mediatici, anche quello di Renzi era più che altro un bluff, perché anche lui sa che non può fare a meno dei voti del suo compare di Arcore per anda- con l’aiuto diretto o indiretto di Forza Italia. Sicché il finale di questa pantomima era già scritto in partenza: per i due amiconi si trattava soltanto di mettere a tacere le rispettive fronde interne, prima di tornare a essere d’amore e d’accordo. Cosa che Berlusconi ha fatto trattando con Fitto e ottenendo da lui il via libera a un “mandato pieno” a trattare con Renzi da parte dell’Ufficio di presidenza di Forza Italia, in cambio della concessione all’ex governatore pugliese di maggiori poteri sulla nomina dei coordinatori di Puglia, Campania e Calabria, sulla formazione delle liste per le prossime Regionali e la convocazione di un congresso per “rilanciare il partito”. A Renzi la cosa è costata molto meno, perché ha addirittura snobbato la Direzione del suo partito, convocandola non prima ma dopo il nuovo incontro del 12 fissato con Berlusconi per chiudere la partita, proclamando con la consueta supponenza di non aver “bisogno di un nuovo mandato” della Direzione per trattare sull’Italicum, dal momento che glielo aveva già dato a suo tempo. In ogni caso in Direzione è riuscito ancora una volta ad isolare la sinistra di Fassina, Cuperlo e Civati facendo asse con gli Intanto qualche ora prima della Direzione, Renzi aveva incontrato di nuovo Berlusconi per riconfermare il patto del Nazareno, ottenendo da lui l’impegno ad approvare l’Italicum al Senato entro dicembre e la controriforma costituzionale entro gennaio 2015. E il suo consenso al premio di maggioranza al di sopra del 40% e a 100 capolista bloccati in altrettanti collegi: il che garantirebbe a Berlusconi almeno una settantina di parlamentari da lui nominati, ma porterebbe anche la quota complessiva di nominati in parlamento al 60%, contro il 25-30% massimo chiesto dalla sinistra PD. Per permettere a Berlusconi di salvare la faccia con i suoi sono stati lasciati in sospeso i due punti più controversi, e cioè il premio di maggioranza di lista invece che di coalizione e la soglia di sbarramento al 3%; ma con la formula che “le differenze registrate” non impediranno l’approvazione del provvedimento nei tempi concordati: ossia che un’intesa si troverà più avanti, o quantomeno Forza Italia non si metterà di traverso al momento dell’approvazione in parlamento. In compenso Berlusconi, che non a caso ha dichiarato soddisfatto che il patto del Nazareno “durerà a lungo”, ha ottenuto di rientrare pienamente in gioco nell’ormai imminente partita del Quirinale, visto che il comunicato congiunto si conclude espressamente con la dichiarazione che “anche su fronti opposti, maggioranza e opposizioni potranno lavorare insieme nell’interesse del Paese e nel rispetto condiviso di tutte le istituzioni”. Nonché l’assicurazione che non ci saranno le elezioni anticipate, visto l’impegno scritto a proseguire la legislatura “fino alla scadenza naturale del 2018” che “costituisce una grande opportunità per modernizzare l’Italia”: un tempo sufficiente al vecchio e al nuovo Berlusconi per cancellare definitivamente quel che resta della Costituzione del ’48, secondo il piano della P2. 8 il bolscevico / interni N. 43 - 27 novembre 2014 Crocetta Ter Crocetta sottomette la nuova giunta siciliana al governo Renzi Nella maggioranza l’Udc, Articolo 4, PDR. Il governo si sposta ancora più a destra. La Sicilia commissariata di fatto Dal nostro corrispondente della Sicilia Si era ventilato un ritorno alle urne in una Sicilia, ostaggio della rapacità delle correnti del PD e invece, con un colpo di mano presidenzialista in stile mussoliniano, il governatore Crocetta ha azzerato la sua giunta bis, nata appena ad aprile e, con una chirurgica operazione di scambio clientelare ne ha formata una nuova. Azzeramento del Crocetta bis e nuovo governo Casus belli che scatena l’attacco frontale dell’area cuperliana del PD al governatore è il comportamento dell’assessore Nelli Scilabra (PD), fedelissima di Crocetta. La Scilabra, ex-assessore alla Formazione, è la principale responsabile dello scandalo “Piano giovani”, partito dalla gestione del cosiddetto click-day, il progetto pensato per mettere in contatto i giovani disoccupati con le imprese. Il click-day saltò perché il sistema informatico andò in tilt. Dall’indagine dalla quale emerge che il governo regionale aveva optato per l’affidamento diretto, senza gara, del servizio informatico. Crocetta, azzerando la giunta è riuscito ad evitare il voto di censura all’assessora del PD e, con questo all’intera politica decisionista e clientelare del suo stesso governo. Ma dietro l’attacco al Crocetta bis si nascondono ben altri interessi, in primo luogo la necessità di alcune aree del PD di avere più spazio. La lotta interna che ormai dura da mesi, e che aveva portato a gennaio i cuperliani a ritirare il soste- Crocetta deve andarsene a casa gno al governatore, è stata ricomposta a pochi giorni dalla nascita del Crocetta ter in una riunione al Nazareno, presieduta dal renziano di ferro vicesegretario del PD Lorenzo Guerini, alla presenza del governatore e delle diverse componenti PD in Sicilia, dal segretario regionale del PD Fausto Raciti, area Cuperlo, al boss dei renziani, Davide Faraone, ai franceschiniani, rappresentati dall’ex-segretario del PD siciliano Giuseppe Lupo, recentemente trombato alla guida del partito in Sicilia da un accordo renziani-cuperliani. In effetti nessun boss del PD dell’isola o a livello nazionale voleva veramente far cadere l’attuale governatore e andare a nuove elezioni. Il tira e molla si è concluso quando ciascuna corrente si è accontentata della nuova spartizione di potere e di ciò di cui beneficeranno con la finanziaria 2015. I renziani conquistano l’assessorato all’Economia con Alessandro Baccei, vicino al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. Al fedelissimo di Renzi toccherà il compito applicare spietatamente in Sicilia i diktat della Legge di Stabilità, o come si preferisce dire negli ambienti delle istituzioni borghesi siciliane “riportare in pareggio” i conti della Regione. Con Baccei, Renzi si assicura l’appoggio ai criminali tagli di fondi destinati alla Sicilia: un miliardo e 350 milioni di euro nel 2014 (915 milioni nel 2013). Dell’area maggioritaria del PD fa parte la renziana Vania Contrafatto, sostituto procuratore a Palermo, che va all’Energia, un settore con il quale l’area del Ber- lusconi democristiano si assicura interventi milionari a pioggia. Gradita a tutte le componenti del PD, rimane alle Attività produttive la funzionaria di Confindustria Linda Vancheri, principale sostenitrice dell’avventura siciliana all’Expo 2015. All’area cuperliana appartiene Sebastiano Bruno Caruso professore ordinario di Diritto del lavoro a Catania che ha fatto parte dello staff di Massimo D’Antona e che va ad occupare la poltrona dell’assessorato al Lavoro, e la manager Cleo Li Calzi che va al Turismo. Con una lunga storia di rapporti con le massime istituzioni borghesi, nel 2010 fu nominata capo della segreteria tecnica dell’exgovernatore Raffaele Lombardo (MPA). Presidente di SviluppoItalia Sicilia, società partecipata della Regione, è stata anche consulente dell’ex neopodestà forzista di Palermo Diego Cammarata. In ottimi rapporti con i cuperliani, è Lucia Borsellino che mantiene l’assessorato alla sanità, al centro di un progetto di micidiali tagli ai danni delle masse popolari. Un posto in giunta va ai franceschiniani con Antonio Purpura che arriva ai Beni culturali. ll docente universitario, direttore del dipartimento di Economia dell’Università di Palermo, eredita un assessorato senza fondi. Si apre poi tutto il capitolo delle poltrone di governo direttamente controllate da Crocetta e dai suoi stretti alleati tra UDC, PDR, Articolo4. Alla lista del governatore, Il Megafono, e direttamente manovrata dal senatore Giuseppe Lu- mia, appartiene Mariella Lo Bello, già Assessore al Territorio e Ambiente nella prima giunta Crocetta. L’UDC esce rafforzato: Giovanni Pizzo va alle Infrastrutture. Dirigente regionale con una lunga carriera negli uffici assessorali, ha curato la controriforma privatistica dei Liberi consorzi. Il suo nome è stato fatto direttamente dall’ex ministro Gianpiero D’Alia, insieme a quello di Marcella Castonovo che va alla Funzione pubblica. Classe 1969, la sua fulminea carriera comincia con l’incarico di Segretario comunale. Fra il 1999 e il 2000, entra nell’ufficio di staff del sindaco di Catania, Enzo Bianco (PD), e successivamente diventa dirigente del Ministero dell’Interno, quando al Viminale c’è lo stesso Bianco. Gradita anche ai renziani, la fortunata manager è stata capo Dipartimento di Delrio e dal 2009 è vice segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Entra nel governo siciliano anche il PDR, Patto dei Democratici per le Riforme in Sicilia, una nuova formazione dell’ex-ministro Salvatore Cardinale, vicina ai renziani e che si pone l’obbiettivo di un patto strategico con Alfano a sostegno di Crocetta. Cardinale ha indicato Maurizio Croce che ha la delega al Territorio e Ambiente. Classe 1971, è nipote dell’ex procuratore capo, Luigi Croce, già commissario per il dissesto idrogeologico non risolto in Sicilia, promosso dal governo Renzi a commissario anche in Calabria e Puglia. L’area ex-MPA, Articolo 4 di Con la legge di stabilità 2015 Mannaia del governo Renzi su fondi economici e diritti dell’istruzione pubblica Come un rullo compressore il governo antioperaio e antipopolare del Berlusconi democristiano Renzi asfalta senza sosta i diritti popolari, in questo caso della scuola pubblica e degli studenti. Infatti nella legge di stabilità 2015, una manovra di lacrime e sangue da 36 miliardi di euro, uno dei comparti pubblici colpiti è quello scuola e università. Viene tagliato il fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi previsto dalla legge 440/97 (formazione dei docenti, misure contro la dispersione scolastica, interventi perequativi, attività pomeridiane, scuole aperte il pomeriggio, formazione continua, alternanza scuola-lavoro), una notizia gravissima, che causa di fatto l’azzeramento del Fondo. Tale Fondo, infatti, che nel 1999 ammontava a 345 milioni di euro negli anni è stato progressivamente tagliato dai governi della destra e della “sinistra” borghese, arrivando recentemente a contare 19 milioni, ora definitivamente azze- rati da questa manovra del governo Renzi. Oltre a ciò il governo del nuovo Berlusconi dopo le tante belle chiacchiere dimostra nei fatti la feroce politica antistudentesca del suo esecutivo su scuola e università: la costituzione delle commissioni degli esami di maturità con soli membri interni (e questa volta senza compenso) già introdotta una prima volta e poi abbandonata in maniera totalmente fallimentare dal governo Berlusconi, che azzera la neutralità della valutazione e lascia campo libero agli esamifici delle scuole private, l’utilizzo dei fondi del miglioramento dell’offerta formativa per la copertura dei docenti assenti perché avviene a scapito dei progetti e del recupero degli alunni in difficoltà, il taglio di oltre duemila collaboratori scolastici perché le scuole già oggi faticano a rimanere aperte, mancanza di investimenti per la ricerca dopo la riduzione delle risorse degli scorsi anni. Per le università il disegno della Legge di stabilità prevede dei ta- gli per centinaia di milioni di euro su spese e servizi relativi al Fondo Finanziamento Ordinario ed il Fondo Ordinario Enti di Ricerca a cui vanno aggiunti 18,8 milioni di euro di decurtazione del Fondo per gli anni 2015 e 2016 previsti dal Decreto Irpef ed i 170 milioni di tagli già previsti per il 2015 e consapevolmente non abrogati. Il combinato disposto di questi provvedimenti metterà in seria difficoltà gli atenei, infatti ben 287,5 sono i milioni di euro di tagli previsti per il 2015. Colpito il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, che viene ridimensionato di 2mila unità per 50 milioni di risparmio. Verranno ridotte le supplenze brevi, del personale Ata (circa 65 milioni di euro a regime) e soprattutto dei docenti. Viste le premesse, il PMLI si unisce con forza al coro delle proteste delle organizzazioni studentesche che bollano la manovra del governo come l’ennesimo atto di sfascio dell’istruzione pubblica in Italia in continuità con i governi precedenti e invita le masse studentesche a scendere in lotta unendo le forze con le lotte della classe operaia, per mettere in campo un’unica grande mobilitazione per la scuola pubblica, unitaria, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti e per buttare giù il governo Renzi al servizio del capitalismo. La così detta “Buona scuola” tanto decantata da Renzi e Giannini e la legge di stabilità 2015 mirano, prendendo a esempio e ispirazione i modelli di scuola fascista promossi da Giovanni Gentile e dalla P2 di Gelli, a distruggere definitivamente la scuola e l’università pubblica spingendo le scuole martoriate economicamente a ricercare nel grande capitale privato della borghesia una forma di sussistenza, e al tempo stesso attraverso i numeri chiusi e la meritocrazia borghese escludendo i figli della classe operaia e delle fasce popolari più povere dai gradini più alti dell’istruzione pubblica. Tutto questo sfacelo le masse popolari non possono più tollerarlo! Lino Leanza, esprime Nino Caleca che va all’Agricoltura. Avvocato penalista, è stato dirigente provinciale del PCI tra il 1980 e il 1985, ha difeso l’ex governatore Salvatore Cuffaro nel processo alle talpe nella DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) di Palermo ed è il legale dell’ex ministro Calogero Mannino nel processo abbreviato per la trattativa Statomafia. Crocetta deve andarsene a casa Crocetta gongola: “Abbiamo fatto un capolavoro politico, ricompattando la maggioranza. E adesso siamo pronti a ripartire”. In effetti l’operazione inciucista e clientelare consente al governatore di uscire rafforzato e in grado di superare la mozione di sfiducia presentata dal M5S e da alcuni deputati del centro-destra, con 44 voti a suo sostegno e 34 per mandarlo a casa. Alla fine del giro Crocetta ter vede i renziani occupare un ruo- lo sempre più centrale nel nuovo governo spostarlo ulteriormente a destra e commissariare di fatto la regione; e vede l’entrata ufficiale dei cuperliani e di nuove formazioni aperte anche ad una collaborazione con Alfano, con il rafforzamento dell’UDC. Il che sancisce il fallimento anche formale della “rivoluzione” crocettiana che va ad aggiungersi al fallimento sostanziale conseguente al disastro economico e sociale perpetrato ai danni delle masse popolari siciliane. Il rinnegato governatore della Sicilia, dunque, aprendo le porte del governo ai renziani ha loro spianato la strada per la Legge di Stabilità e il Jobs Act. Il rinnegato e traditore Crocetta abbarbicato alla poltrona, deve andarsene, ma non lo farà da sé. A cacciarlo insieme al suo protettore, il Berlusconi democristiano, può essere solo la mobilitazione di piazza che veda impegnate le masse lavoratrici, i pensionati, i disoccupati, i precari, gli studenti, i sindacati e i movimenti, le forze politiche, sociali, culturali e religiose antifasciste, antimafiose, democratiche e progressiste. Comunicato stampa della Commissione giovani del CC del PMLI Ferma condanna delle manganellate agli studenti romani Il PMLI condanna senza appello le cariche e le manganellate subite dalle studentesse e dagli studenti che il 12 novembre contestavano la presenza del presidente della BCE Mario Draghi intervenuto ad un convegno all’Università di Roma Tre. Gli studenti hanno accolto la presenza di Draghi, uno dei principali artefici dei massacri sociali che stanno colpendo in Europa le masse operaie e popolari, con slogan e striscioni contro l’austerità, lanci di uova e vernice. Il messaggio degli studenti era chiaro, nella nostra università i massacratori dei popoli non li vogliamo! La reazione della polizia è stata quella che ci si aspetta dal regime neofascista nel quale ormai siamo costretti a vivere, fatta di spintoni e manganellate che hanno ferito due studenti ai quali va la nostra solidarietà. I responsabili della repressione e del sangue versato dagli studenti sul terreno dell’Università sono il governo Renzi e la Ue imperialista che non lasciano spazio alle contestazioni popolari, operaie e studentesche! Queste due “creature” della borghesia vanno spazzate via al più presto con la lot- ta di classe! Il PMLI è solidale con gli studenti colpiti dalla repressione poliziesca e li invita a proseguire sempre più tenacemente nella lotta contro il governo del Berlusconi democristiano Renzi e l’Unione Europea imperialista esortandoli ad essere protagonisti nella mobilitazione di massa e di piazza del 14 novembre in occasione dello sciopero generale indetto dagli operai metalmeccanici della FIOM a Milano, che coinciderà con lo sciopero sociale indetto dai sindacati di base, organizzazioni studentesche, movimenti per la casa, ecc. Viva la coraggiosa lotta delle studentesse e degli studenti contro il governo Renzi e l’Ue imperialista! Viva l’unità di lotta tra classe operaia e studenti! Fuori l’Italia dalla Ue! Renzi, vattene! Il potere politico al proletariato! Italia unita, rossa e socialista! La Commissione giovani del Comitato centrale del PMLI Firenze, 13 novembre 2014, ore 13,30 a i v o m a i z z a Sp 2 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI N. 23 - 12 giugno 2014 PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it Stampato in proprio Solo il socialismo può cambiare l'Italia e dare il potere al proletariato Committente responsabile: M. MARTENGHI (art. 3 - Legge 10.12.93 n. 515) i n o c s u l r e B l e d o n r il gove i z n e R o n a i t s i r c o dem 4 il bolscevico / studenti N. 45 - 19 dicembre 2014 Conto corrente postale 85842383 intestato a: PMLI - Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze interni / il bolscevico 11 N. 43 - 27 novembre 2014 Emilia Romagna 41 consiglieri su 50 indagati per le “spese pazze” Spesi oltre due milioni e 87mila euro per cene, alberghi di lusso, feste di compleanno e sex toys Coinvolti tutti i partiti compresi M5S e falsi comunisti Dal nostro corrispondente dell’Emilia-Romagna L’11 novembre sono stati notificati gli avvisi di fine indagine per peculato per l’utilizzo indebito di rimborsi pubblici per oltre 2 milioni e 80mila euro di 42 consiglieri dell’EmiliaRomagna appartenenti a tutti i gruppi dell’assemblea legislativa: PD (940.000 euro per 18 indagati), IdV (423.000 euro; 2 consiglieri), PdL (205.000 euro; 11 consiglieri), Lega Nord (135.000 euro; 3 consiglieri), M5S (98.000 euro; 2 consiglieri), SEL-Verdi (77.000 euro; 2 consiglieri), FdS (151.000 euro; un consigliere), Gruppo Misto (27.000; un consigliere), UdC (31.000 euro; un consigliere). L’inchiesta, partita nel 2012, riguarda il periodo giugno 2010-dicembre 2011 e ha visto coinvolti anche due dei tre candidati (Richetti e Bonaccini) alle primarie del PD per stabilire il candidato governatore dell’Emilia-Romagna alle elezioni regionali del 23 novembre, dopo le dimissioni del presidente della Regione Errani in seguito alla sua condanna per falso ideologico nell’inchiesta relativa al finanziamento di un milione di euro, erogato nel 2006 dalla Regione alla cooperativa Terremerse di Bagnacavallo (Ravenna) allora presieduto da Giovanni Errani, fratello del presidente, condannato a 2 anni e 6 mesi per truffa. Tra le spese contestate: viaggi, pasti, consulenze, regali di compleanno, cene di beneficenza, interviste a pagamento su emittenti locali, parcheggi, scontrini da 50 centesimi per i bagni pubblici, e persino un “sex toy” (un vibratore), il tutto, ovviamente, senza avere i requisiti necessari per ottenerne il rimborso. Proprio mentre la fascistissima Lega Nord lancia l’ennesima crociata contro gli immigrati e i Rom, colpevoli di non pagare alcune utenze nei campi lager nei quali “vivono”, emerge con questa indagine anche il Co.co. co da 17.000 dal 12 febbraio al 30 giugno 2009 al mese assegnato all’attuale sindaco di Bondeno (Ferrara) e candidato leghista alle regionali del 23 novembre Alan Fabbri per consulenze alla Lega. Matteo Riva del gruppo Misto, ad esempio, si è fatto rimborsare un soggiorno a Lampedusa di otto giorni in compagnia di una ex collaboratrice del gruppo, pure lei indagata, per una spesa di 1.800 euro per vitto e alloggio, più 1.500 euro di biglietto di aereo andata e ritorno. Lo scopo era partecipare ad un convegno che, secondo gli investigatori, non si sarebbe mai svolto. Invece che ammettere le proprie colpe tutti gli 8 capigruppo (il nono, quello della Lega, è deceduto recentemente) hanno risposto con un comunicato congiunto nel quale affermano: “Manteniamo la serenità che sempre abbiamo avuto, nella certezza di aver rispettato le regole e le leggi in vigore in ma- teria di fondi assegnati ai gruppi assembleari”. Anzi, da alcune registrazioni fatte col cellulare dall’ex consigliere del M5S Andrea Defranceschi, emerge anche il disprezzo verso i giornalisti che si occupavano del caso nel 2012 ed erano in cerca di notizie sotto alla Regione, che l’allora capogruppo del PD Marco Monari definisce “Quelle teste di minchia che sono qua sotto, che sono i servi della gleba di un’altra casta molto più potente della nostra”, in un’altra occasione sempre Monari dice “Io cercavo di guardare la Domenica sportiva, ma mia moglie diceva: ‘No guardiamo…’ e alla contestazione dello stesso Defranceschi “Come, invece di guardare Re- port?” Monari ribatte “Report, con quella troia della Gabanelli! Appena la vedo mi viene l’orchite. No io volevo vedere Gilardino, ma mica me l’hanno fatta vedere”. Alla faccia della disoccupazione, della povertà, dell’emarginazione e del disagio sociale che vivono sempre maggiormente le masse lavoratrici e popolari del nostro Paese, i consiglieri dell’Emilia-Romagna, così come quelli di altre regioni coinvolti in indagini analoghe, sperperano il denaro pubblico per interessi personali nonostante i già lauti stipendi, un motivo in più per astenersi alle prossime elezioni regionali che tra l’altro vedono ricandidati 12 dei 42 consiglieri uscenti e indagati. Premi di produzione da capogiro in Regione Toscana Enrico Rossi taglia posti di lavoro e apre completamente alla privatizzazione Dal nostro corrispondente della Toscana Mentre coraggiosamente le lavoratrici e i lavoratori scendono in piazza contro il Jobs-Act e in difesa del lavoro, la borghesia toscana protetta dalle sue leggi si arricchisce sulla pelle del proletariato e delle masse popolari con premi di produzione da capogiro. Questo è quanto successo con una delibera firmata dal governatore regionale Enrico Rossi (PD), che nell’applicazione fe- dele della legge nazionale in materia di produttività nel pubblico impiego, ha assegnato 12 milioni e 642 mila euro a 126 dirigenti e 9 direttori generali. 118 dirigenti hanno preso la bellezza di 16.457 euro di “premio produzione” che si sono aggiunti allo stipendio base di 43.626. Ma non è finita qui, infatti ognuno di questi dirigenti ha diritto anche ad una “retribuzione di posizione” che parte secondo il contratto nazionale da 10.922 euro. Quella erogata in Toscana va dai 34.611 euro a 64.311 euro, facendo lievitare gli stipendi di tutti i 126 dirigenti oltre la soglia dei 100.000 euro l’anno. Una vera vergogna se si pensa all’aumento vertiginoso del 6,6% della Cig, alla disoccupazione al 9% con un tasso del 22% tra i giovani, ai tanti disoccupati senza sostegno, ai cassa integrati che devono sopravvivere con miseri 800 euro al mese o come denunciato dai Cobas Toscana alla disparità di stipendio tra dirigenti e lavoratori del pubblico impiego che invece per- cepiscono dai 19.358 ai 23.725 euro annue lorde. La questione dei premi di produzione riguarda anche i singoli comuni, a Prato nel 2012, 20 dirigenti si sono divisi 281.000 euro, a Livorno nel 2013 18 dirigenti hanno avuto un aumento di retribuzione di 20.000 euro. Enrico Rossi la cui retribuzione è di 7.000,00 euro al mese (senza contare i 43.625,55 euro l’anno della moglie Laura Benedetto attuale Segretaria generale della camera di commercio di Firenze), non sapendo come giustificare agli occhi di chi non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena, questa pioggia di soldi pubblici si è difeso attaccando la legge nazionale e tuonando: “non firmerò più neppure una delibera che contenga premi di produzione da 15 o 20mila euro per i dirigenti della Regione”, cosa che fino ad oggi ha invece sempre fatto. E ancora “questa forma di riconoscimento appartiene a una contrattazione concordata in altri tempi, quando la crisi non c’era e a nessuno erano richiesti sacrifici”, come se il problema della disoccupazione, della miseria e del precariato fossero spuntati con la feroce crisi capitalista. Ha poi dichiarato di voler tagliare cinquemila posti di lavoro gestiti dalla regione vendendo le quote regionali di aeroporti, Mukki, terme, Firenze Fiera, Firenze Parcheggi, recuperando 444 milioni, lasciando tutto alla privatizzazione nel solco di ciò che sta già accandendo a livello nazionale per mano del governo del nuovo Berlusconi Renzi. Nel suo discorso nazionalista e guerrafondaio Napolitano appoggia Renzi contro i sindacati e i lavoratori in lotta Mentre chiede di non ridurre le spese militari e di proseguire nella guerra contro lo Stato islamico “In un mondo che manifesta tensioni e instabilità crescenti, si vanno affermando nuove e aggressive forme di estremismo e di fanatismo che rischiano di investire anche l’Europa, e l’Italia in particolare, infiltrandone gradualmente le società. È una minaccia reale, anche militare, che, insieme all’Unione Europea e alla Nato, dobbiamo essere pronti a prevenire e contrastare. Di fronte a questa nuova, grande sfida le forze armate italiane devono operare con sempre maggiore efficacia”. È il proclama di chiaro stampo nazionalista e guerrafondaio contenuto nel messaggio inviato alle forze armate dal nuovo Vittorio Emanue- le III Napolitano in occasione delle celebrazioni del 4 novembre. Significativa anche la cornice che l’inquilino del Quirinale ha scelto per rilanciare in grande stile non solo le mire espansioniste dell’Italia ma anche e soprattutto l’anatema contro i sindacati e i diritti dei lavoratori che vanno aboliti proprio come avvenne durante il ventennio Mussoliniano. Diktat che a 70 anni dalla Liberazione dal nazi-fascismo sono tornati a riecheggiare nella stessa Piazza Venezia prospiciente l’altare della Patria, dove si sono svolte le celebrazioni alla presenza fra gli altri del Berlusconi democristiano Renzi, e il famigerato balcone da cui Mussolini chiamava alla guerra il popolo italiano. Napolitano è molto preoccupato non per le condizioni di vita in cui languono milioni di lavoratori, licenziati, disoccupati, precari e pensionati, ma per le contraddizioni interimperialistiche in seno alla Nato e, più in generale, in seno all’Europa e di tutto l’Occidente che impegnano risorse insufficienti sul fronte militare per affrontare in modo adeguato le crisi internazionali e in particolare la guerra contro lo Stato islamico. “C’è una divaricazione – ha detto Napolitano - tra chi ritiene di perseguire il necessario livello di efficienza dello strumento militare” e chi all’opposto vive una “ricorren- te pressione per una riduzione quasi ‘di principio’ di quell’impegno e dei suoi costi. Si sono di recente levate, in particolare in seno alla Nato, voci critiche per la tendenza in diversi Stati membri a una riduzione della spesa militare, mentre l’aggravarsi del quadro delle relazioni internazionali avrebbe dovuto spingere in senso opposto. Ebbene penso che da parte di ogni Paese membro della Nato si debba essere seri nel prendere decisioni che non possono mai avallare visioni ingenue, non realistiche, di perdita di importanza dello strumento militare”. Mentre sul fronte interno Napolitano appoggia in pieno la politica antisindacale e di attacco contro i lavoratori in lot- ta in difesa del posto di lavoro, dei diritti e delle tutele legali e sindacali e esorta le “forze dell’ordine” a imporre a tutti i costi il “rispetto delle regole e dei principi dello stato di diritto”. Perché ha ammonito Napolitano: “Vi è il rischio che, sotto la spinta esterna dell’estremismo e quella interna dell’antagonismo, e sull’onda di contrapposizioni ideologiche pure così datate e insostenibili, prendano corpo nelle nostre società rotture e violenze di intensità forse mai vista prima... Nell’era della globalizzazione la conflittualità è alimentata da ogni estremismo che rifiuta il dialogo e la ragione ed è alimentata da situazioni di profonda disuguaglianza - ha ammoni- to il capo dello Stato - bisogna dunque in primo luogo misurarsi con problemi di giustizia, ovvero di garanzia del rispetto delle regole e dei principi fondanti della convivenza umana, solo su queste basi potranno svilupparsi strategie di stabilizzazione che approdino a una affermazione crescente dei principi dello stato di diritto, nel rispetto reciproco e nel dialogo operoso tra ispirazioni e concezioni diverse”. Insomma, politica interventista e guerrafondaia all’estero e feroce repressione delle masse lavoratrici, popolari e studentesche in lotta: ecco la ricetta del nuovo Vittorio Emanuele III Napolitano e del Berlusconi democristiano Renzi. 12 il bolscevico / PMLI N. 43 - 27 novembre 2014 Promosso dall’Organizzazione locale del Partito Promossa congiuntamente per la prima volta dalla Cellula “Stalin” della provincia di Catania e dall’Organizzazione di Caltagirone Esaltato l’Anniversario della RivoluziOne d’Ottobre Una coppia di Acireale ricorda il comizio di Scuderi del 1976. Apprezzate le denunce del governo Renzi. Giovani disoccupati fraternizzano col Partito. La rabbia dei pensionati. “Renderemo periodica e regolare la nostra presenza in piazza Stesicoro” Grande successo del Splendida e partecipata banchino del PMLI a Modena iniziativa di propaganda in Invitate le masse ad astenersi alle imminenti elezioni regionali. piazza del PMLI a Catania Applausi al manifesto che accomuna Renzi a Berlusconi. La falce e martello del PMLI riaccende i cuori dei sinceri comunisti Dal corrispondente dell’Organizzazione di Modena del PMLI Domenica 16 novembre è stato un grande successo per l’Organizzazione di Modena del PMLI con il suo banchino nel cuore della città. C’è stato molto interesse da parte delle masse popolari soprattutto per l’astensione alle elezioni regionali ed abbiamo riscontrato un grande e sentito dissenso alla politica borghese da parte dei modenesi. Grande successo per il manifesto “Spazziamo via il governo del Berlusconi democristiano Renzi”, molte persone ci hanno fatto i complimenti e c’è stato anche qualche applauso poiché il fotomontaggio di Renzi e Berlusconi in orbace esprime la pura realtà del governo neofascista in carica. Le bandiere rosse del PMLI hanno sventolato per circa tre ore nella via principale di Modena e i compagni hanno consegnato centinaia e centinaia di volantini, dall’astensionismo alle regionali a “Il potere politico spetta di diritto al proletariato”. Inoltre, è stata ricordata in maniera militante la Rivoluzione d’Ottobre, sul banchino è stato esposto in bella vista un quadro raffigurante il volto di uno di cinque Maestri del proletariato internazionale, Lenin, in onore alla rivoluzione socialista del 1917 ed un simpatizzante, sapendo dell’evento, si è portato davanti al banchino del PMLI e con orgoglio proletario rivoluzionario ha esposto un altro ritratto di Lenin facen- Dal corrispondente della Cellula “Stalin” della provincia di Catania Modena, 14 novembre 2014. Il banchino del PMLI molto apprezzato dalla popolazione (foto Il Bolscevico) dosi fotografare. La Rivoluzione d’Ottobre è la via universale per la conquista del socialismo e ha aperto una nuova era nella storia del mondo, noi marxisti-leninisti dobbiamo imparare con ardore dalla Rivoluzione di Lenin e Stalin e dobbiamo applicare con forza e fiducia i suoi insegnamenti. C’è stato un ulteriore interesse per il vasto materiale didattico che ha esposto l’Organizzazione modenese, presenti le cinque opere fondamentali marxiste-leniniste con l’intento e la voglia di far conoscere e studiare il marxismoleninismo-pensiero di Mao al proletariato per cambiare il mondo e noi stessi. Il PMLI a Modena sta accendendo i cuori dei sinceri comunisti un po’ assopiti dal revisionismo del PCI ma abbiamo notato con soddisfazione che quando costoro si avvicinano ai nostri banchini e vedono la gloriosa falce e martello gli si riaccende lo spirito comunista, quello vero, quello partigiano, quello che preferisce la lotta di classe proletaria al cretinismo parlamentare. Viva l’Organizzazione di Modena del PMLI! Solo il socialismo può cambiare l’Italia e dare il potere al proletariato! Gloria eterna alla Rivoluzione d’Ottobre! Avanti con forza e fiducia verso l’Italia unita, rossa e socialista! Coi Maestri e il PMLI vinceremo! È stato grande il successo del banchino di propaganda organizzato dalle compagne e dai compagni della Cellula “Stalin” della provincia di Catania e dell’Organizzazione di Caltagirone nel pomeriggio di sabato 15 novembre nella centrale piazza Stesicoro a Catania. I cartelloni a V capovolta con i manifesti “Lavoro, sciopero generale di 8 ore...” e “Il potere politico spetta di diritto al proletariato” ed altri manifesti, tra cui “Spazziamo via il governo del Berlusconi democristiano Renzi” hanno suscitato l’interesse dei passanti e sono stati più volte fotografati e ripresi. In tanti si sono avvicinati per chiedere informazioni sul Partito e la sua Sede di Catania e hanno apprezzato in particolare gli slogan contro il governo del Berlusconi democristiano Renzi, come l’affermazione che solo il socialismo potrà cambiare realmente l’Italia. I compagni hanno letto e distribuito i volantini “Iil potere politico spetta di diritto al proletariato” e “Giovani, date le ali al vostro futuro” per ribadire ancora una volta la necessità del proletariato di emanciparsi e l’importanza strategica della partecipazione dei giovani alla lotta di classe. Le compagne e i compagni nei Catania, 15 novembre 2014. Il banchino del PMLI nella centrale piazza Stesicoro (foto Il Bolscevico) loro comizi volanti hanno toccato i temi locali, come la disoccupazione e l’abbandono delle periferie, l’emigrazione di molti giovani disoccupati e precari, hanno chiesto lo sciopero generale di 8 ore e hanno spiegato la necessità di Comitati di lotta per risolvere i problemi delle masse lavoratrici e popolari. Durante gli stacchi dei comizi volanti, le compagne ed i compagni hanno intrattenuto diversi dialoghi con chi si avvicinava al banchino. Molti i giovani disoccupati che si fermavano al banchino per fraternizzare con i marxisti-leninisti in piazza che hanno dialogato con studenti e pensionati, ridotti alla fame da pensioni al limite della sopravvivenza, con lavoratori che esprimevano rabbia contro il governo Una proficua giornata di propaganda marxista-leninista BANCHINI DEL PMLI A RAVENNA E RIMINI Diffusi “Il Bolscevico”, volantini, opuscoli e manifestini. Due muratori veneti si fanno fotografare con la bandiera del PMLI e intonano “Bandiera Rossa” Dal nostro corrispondente dell’Emilia-Romagna Sabato 15 novembre si sono tenuti 2 banchini, il primo dalle 8,30 alle 12,30 al mercato di Ravenna a cura della locale Organizzazione del PMLI, il 2° dalle 15,00 alle 19,30 in Piazza Tre Martiri a Rimini a cura della locale Cellula “G. Stalin”, ad entrambi era presente anche il compagno Denis Branzanti, Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna. I banchini erano addobbati con le bandiere dei Maestri e del Partito, il materiale disposto sopra, e ai lati 2 pannelli con i manifesti in formato A3 contro il governo del Berlusconi democristiano Renzi, per lo sciopero generale di 8 ore, contro la “riforma” di Renzi e Giannini sulla scuola meritocratica dei capitalisti e contro le missioni militari all’estero. Complessivamente sono stati distribuiti oltre 500 volantini “Il potere politico spetta di diritto al proletariato”, “Giovani, date le ali al vostro futuro” ed uno specifico astensionista sulle elezioni regionali che si terranno in EmiliaRomagna il 23 novembre, dopo le dimissioni del presidente della Regione Vasco Errani in seguito alla sua condanna per falso ideologico nell’inchiesta relativa al finanziamento di un milione di euro, erogato nel 2006 dalla Re- senti in gran numero per accappararsi più voti (e quindi poltrone) possibili. Diversi rumeni ci hanno espresso condivisione per la lotta per il socialismo perché quando era stato “realizzato” in Romania (in realtà si trattava del revisionimo di Ceausescu) si stava meglio di adesso; un albanese ha sostenuto il marxismo-leninismo e criticato Enver Hoxha definendolo non comunista. A Rimini 2 muratori veneti che lavoravano in un edificio a pochi metri dal banchino, appena issata la grande bandiera rossa del PMLI si sono avvicinati per farsi fotografare assieme ad essa per tornare poi al lavoro cantando “Bandiera Rossa” e intonandola più volte durante il pomeriggio. Un giovane ha voluto l’opuscolo di Scuderi “Dove porta la bandiera di Guevara” ed un altro il ritratto di Marx. Una proficua giornata di propaganda marxista-leninista che ci spinge a continuare a lavorare con perseveranza e fiducia per costruire un grande, forte e radicato PMLI! Renzi e i politicanti borghesi, sentendosi rappresentati dal Partito e dalle compagne e compagni presenti in piazza. Sono state anche distribuite alcune copie del n. 42 de “Il Bolscevico”. Una coppia di Acireale si è fermata al banchino ed ha voluto una copia del giornale che legge periodicamente, perché un amico del Partito gliela fornisce. Conversando con i compagni, hanno ricordato di quando il Segretario generale del PMLI, il compagno Scuderi, tenne uno storico comizio nel 1976 nella piazza centrale di Acireale e lo hanno elogiato come un grande dirigente marxista-leninista. Questo racconto ci ha galvanizzato ed entusiasmato. Anche questa esperienza conferma l’importanza del lavoro tra le masse. I compagni hanno infatti deciso di svolgere periodicamente queste iniziative di propaganda per discutere con le masse, esporre “Il Bolscevico”, i nostri manifesti, le pubblicazioni della “Piccola biblioteca marxista-leninista”, per denunciare la giunta Bianco, PD, e l’assenza di interventi per risolvere i problemi delle masse popolari catanesi. Un modo per rendere abituale agli occhi delle masse la nostra presenza in questa piazza popolare, dove già in passato, per il 60° Anniversario della morte del grande Maestro del proletariato internazionale Stalin e in occasione delle elezioni amministrative, politiche o europee, abbiamo svolto iniziative suscitando interesse e approvazione. sarà. Certo quello che fa più scalpore e la definizione di “ammaestrati”! Accusa gratuita e bugiarda, da rispedire al mittente senza mezzi termini. L’unica nota positiva è il minimo di visibilità concessa, il che non guasta mai. Ciao. Alessandro Sesto Fiorentino (Firenze) 15 novembre 2014. La proficua propaganda del PMLI con i banchini organizzati a Ravenna e a Rimini (foto Il Bolscevico) gione alla cooperativa Terremerse di Bagnacavallo (Ravenna) allora presieduto da suo fratello Giovanni Errani, condannato a 2 anni e 6 mesi per truffa. Molte le discussioni allacciate durante la giornata, tanti condividevano l’accostamento RenziBerlusconi, tantissimi quelli che mandavano a quel paese i politici transitando di fronte ai banchini elettorali dei partiti borghesi pre- Accusa gratuita e bugiarda da rispedire al mittente Ma di cosa ci si stupisce? È evidente che, seppur tenendo presente la “buona fede” di chi fisicamente si è presentato lì presso la vostra sede per Agorà Rai3, questa è la televisione pubblica e non si dovrebbe parlare di delusione totale. È l’ennesima dimostrazione di come si manipoli a proprio piacimento l’informazione e come venga utilizzata non per fini corretti o per altri fini che non sono quelli originali. Il non utilizzo del contraddittorio è una novità? No c’è sempre stato e sempre ci Il servizio di Agorà non mi è piaciuto Compagni, a me il servizio di Agorà non mi è piaciuto per il poco spazio che vi ha dato e non vi ha dato tempo di presentarvi meglio. Marco - Grotte di Castro (Viterbo) cronache locali / il bolscevico 13 N. 43 - 27 novembre 2014 Nel 97° Anniversario dell’immortale opera di Lenin e Stalin Celebrata a Catania la Rivoluzione d’Ottobre Dal corrispondente della Cellula “Stalin” della provincia di Catania Domenica 9 novembre, in occasione del 97° Anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, compagne e compagni e amici della provincia di Catania del PMLI hanno dato vita ad un incontro di studio e approfondimento presso la Sede della Cellula “Stalin”. Il commento introduttivo del compagno Sesto Schembri, Segretario della Cellula, ha sottolineato l’attualità degli insegnamenti della Rivoluzione d’Ottobre, un evento che aprì una nuova epoca della storia mondiale, quella del socialismo. Il compagno, facendo riferimento alla progressiva cancellazione delle vittorie della classe operaia nel campo politico, sociale, economico, sindacale, ha ricordato il gravissimo tradimento dei dirigenti del PCI revisionista, il quale, assieme ai partiti falsi comunisti suoi eredi, è il principale colpevole dell’arretramento della lotta di classe in Italia. Infine, ha ricordato il potente pugno rosso sferrato a Renzi: la vittoriosa e partecipata manifestazione nazionale promossa dalla CGIL che si è tenuta lo scorso 25 ottobre a Roma. È stato un chiaro esempio della combattività del proletariato italiano, classe trainante storicamente in ogni passaggio cruciale della lotta di classe in Italia, che per fare la rivoluzione deve impadronirsi della sua cultura: il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e dare tutta la sua forza materiale e intellettuale al PMLI. Al termine dell’intervento introduttivo ha preso la parola Nicola dell’ANPI. Egli, pur apprezzando gli insegnamenti della Rivoluzione d’Ottobre, non pensa sia attuabile né tanto meno imprescindibile una sollevazione popolare in Italia. La rivoluzione, secondo lui, non deve avvenire con i fucili, come allora. Le rivoluzioni percorribili devono assomigliare, ad esempio, a quella che portò le donne ad assumere un ruolo che non avevano nel passato, quella armata è “alquanto inattuale”. In seguito Nicola, facendo riferimento all’anniversario della caduta del muro di Berlino, un errore secondo lui, asseriva che l’eliminazione di quella barriera e la seguente fine dell’Unione Sovietica furono le conseguenze dirette di una scelta umanitaria che portò i sovietici ad abbandonare il progetto socialista per evitare una guerra atomica. La replica di Schembri si concentrava inizialmente sui benefici che portarono la Rivoluzione d’Ottobre e il socialismo in Unione Sovietica, in seguito attaccava la politica revisionista di Krusciov e dei suoi eredi, che sancì, dal XX Congresso del PCUS del 1956, la fine del socialismo nell’URSS. La caduta dei Paesi ex socialisti faceva parte di un processo di decadenza connesso alle politiche revisioniste praticate dalla cricca dei rinnegati di Mosca. Il compagno 1917 - 7 Novembre - 2014 97° Anniversario della Rivoluzione d’Ottobre Seguiamo la via dell’Ottobre per l’Italia unita rossa e socialista Sesto, concludendo, ha affermato che l’unica alternativa a questo sistema capitalista impopolare, in cui vige lo sfruttamento dell’uo- mo sull’uomo, è la dittatura del proletariato e che le terze vie sono state e saranno sempre perdenti. Gli insegnamenti dei Maestri de- Nel luogo simbolo di una delle prime battaglie partigiane d’Italia Grave provocazione neofascista al Sacrario partigiano del San Martino Forte risposta da parte di ANPI, Sindacati e “Osservatorio democratico”. Solidarietà del PMLI Dal corrispondente dell’Organizzazione di Viggiù del PMLI Di certo si è trovato davanti una brutta sorpresa chi, nella mattina di domenica due novembre, magari in escursione tre le montagne del Varesotto, giunto sulla cima del monte San Martino a nord della provincia di Varese si è imbattuto in quello che si può definire un vero e proprio crimine! Preme precisare per chi non lo sapesse che sul monte San Martino nei giorni che vanno dal 13 al 17 novembre ’43 si svolse una delle prime battaglie della Resistenza italiana. Lì, 150 partigiani comandati dal colonnello dell’esercito Carlo Croce costituitisi in formazione già dal 9 settembre di quell’anno, dopo diverse azioni di sabotaggio, vengono attaccati dai tedeschi che supportati dai fascisti circondano monte San Martino e forti di 2.000 uomini appoggiati dall’aviazione tedesca ingaggiano una battaglia con gli uomini di Croce. La battaglia benché sproporzionata nelle forze in campo vide i partigiani resistere ai nazifascisti per ben quattro giorni. Nello scontro caddero 50 partigiani. Molto più pesanti invece le perdite nazifasciste quantificate in 250 unità. In ricordo di quella battaglia, sul San Martino, oggi sorge un sacrario monumentale in onore ai partigiani. Orbene, proprio questo luogo simbolo della Resistenza al nazifascismo nella notte tra l’uno e il due novembre è stato preso di mira da parte dei nipoti e pronipoti di quei criminali nazifascisti. I membri del gruppo denominato DO.RA. (Comunità militante dei Dodici Raggi) e del MAB (“Manipolo d’avanguardia Bergamo”) hanno osato oltraggiare il sacrario partigiano piantando nel terreno antistante oltre 200 croci runiche (simboli già usati dalle SS di Hitler) riportanti incise delle svastiche, affiggendo striscioni inneggianti al ritorno dei “guerrieri d’Europa” accompagnati da volantini deliranti a firma DO.RA. in cui erano riportati in bella vista una svastica e un fascio littorio. Una provocazione da parte di questi elementi atta a rendere omaggio ai morti fascisti e nazisti nella battaglia contro i partigiani che, tra l’altro, anche se in forma minore ma non per questo meno grave era avvenuta per la prima volta l’anno scorso! Forte è stata la denuncia di questo scempio fatta da tutte le associazioni democratiche e antifasciste non solo della provincia di Varese ma anche della Lombardia. In primis a denunciare il fatto sulla sua pagina facebook è stata la Sezione ANPI Cuveglio “Gruppo cinque giornate-Martiri del San Martino”, tramite il suo presidente Luca Zambonin, al quale, l’Organizzazione di Viggiù del PMLI esprime la sua solidarietà militante antifascista in quanto lo stesso Zambonin dopo aver denunciato la profanazione e riportato a verità storica quanto successo in quei giorni del 1943, è stato attaccato personalmente sul sito internet dei MAB. Il PMLI chiede la messa fuori legge di DO.RA. e di tutti i gruppi nazifascisti in base alla XII di- sposizione transitoria finale (comma primo) della Costituzione, che vieta sotto qualsiasi forma la riorganizzazione del disciolto partito fascista, e alle leggi 645 del 20 giugno 1952 e Mancino che puniscono l’apologia del fascismo e le pratiche xenofobe e discriminatorie che tale ideologia si porta dietro. Invita tutte le forze sociali, sindacali, democratiche e antifasciste, in particolare la classe operaia, a mobilitarsi per dare una forte e decisa risposta di piazza e di massa alla crescente teppaglia fascista che rialza la testa. Una cosa però è certa, non potremo liberarci una volta per tutte del fascismo se non ci libereremo prima della classe e del sistema sociale che lo genera e lo finanzia in funzione repressiva, antioperaia e antipopolare. Questa classe è la borghesia, il suo sistema è il capitalismo. Solo spazzando via il sistema capitalista e rovesciando il potere della borghesia con la rivoluzione socialista, solo allora potremo seriamente debellare il fascismo! vono quindi essere applicati creativamente in base alle condizioni economiche, culturali, ideologiche, politiche del nostro Paese. Ha quindi citato Lenin, il quale, in occasione della fondazione dell’Internazionale Comunista, affermò: “Il punto essenziale, che i socialisti non comprendono e in cui consiste la loro miopia teorica, la loro soggezione ai pregiudizi borghesi e il loro tradimento politico nei confronti del proletariato, è che nella società capitalistica, di fronte all’acuirsi più o meno forte della lotta di classe che ne costituisce il fondamento, non può darsi alcun termine medio tra la dittatura della borghesia e la dittatura del proletariato. Ogni sogno d’una qualsiasi terza via è querimonia reazionaria piccolo-borghese. Lo attesta anche l’esperienza dello sviluppo più che secolare della democrazia borghese e del movimento operaio in tutti i paesi progrediti e, in particolare, l’esperienza dell’ultimo quinquennio. Lo afferma inoltre tutta la scienza dell’economia politica, tutto il contenuto del marxismo, il quale chiarisce come in ogni economia di mercato sia economicamente inevitabile la dittatura della borghesia, una dittatura che può essere soppiantata soltanto dalla classe dei proletari, cioè dalla classe che si sviluppa, si moltiplica, si unifica e si consolida con lo sviluppo del capitalismo.” Il compagno Gabriele nel suo intervento ha ricordato la storia del PCI, un partito revisionista fin dalle sue origini e che ha appoggiato le tesi di che portarono al processo di “destalinizzazione” del traditore e rinnegato Krusciov. Gabriele ha aggiunto che per far sì che si arrivi a quelle condizioni che determinerebbero una sollevazione popolare in Italia non è possibile saltare il passaggio intermedio che consiste nella conquista da parte del proletariato della sua cultura, il marxismo-leninismopensiero di Mao. La compagna Aurora nel suo intervento ha appoggiato le parole dei compagni che l’hanno preceduta ed ha attaccato chi, sprovvisto di argomentazioni politiche, taccia il Partito di “dogmatismo” per il fatto di citare e far propri gli insegnamenti di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao. Infine è intervenuto il compagno Pippo, facendo riferimento a due elementi che concorrono all’arretramento della lotta di classe in Italia: i mezzi di comunicazione, monopolizzati dalle forze reazionarie, ed il sindacato, il cui vertice è asservito al governo di turno. Al termine degli interventi le compagne ed i compagni marxisti-leninisti di Catania e provincia hanno ringraziato i presenti – in particolar modo la compagna Aurora che risiede a Caltagirone – e si sono dati appuntamento alla prossima iniziativa politica organizzata dalla Cellula “Stalin”. Le bacheche del PMLI a Alba Adriatica e Villa Rosa (Teramo) “Il Bolscevico” affisso sulle bacheche di Alba Adriatica e Villa Rosa in provincia di Teramo a cura della Cellula “Carlo Marx” della Valvibrata, fondata da Salvatore Zunica recentemente scomparso 14 il bolscevico / cronache locali N. 43 - 27 novembre 2014 Nel comune di Vaglia basso Mugello (Firenze) Rifiuti pericolosi smaltiti illecitamente nella cava di Paterno Le principali responsabilità ricadono sulla precedente amministrazione comunale guidata dal PD Pieri dev’essere bonificata e risanata a spese della proprietà Dal corrispondente dell’Organizzazione di Vicchio del Mugello del PMLI In questi mesi è venuta alla ribalta della cronaca la discarica di Paterno nel comune di Vaglia basso Mugello (Firenze). Ultimamente è stato prodotto un video da alcuni residenti vicino alla cava. Nel febbraio del 2013 in seguito a una segnalazione della popolazione il Corpo forestale dello Stato rinvenne, in una prima ispezione del sito, rifiuti speciali pericolosi quali olii esausti, fibre e fanghi di origine sconosciuta. L’ARPAT ritrovò 1.300 “big bags” di un metro cubo ciascuna depositata dal 2011. Molti di questi sacchi sono rotti ed hanno, non essendoci un sistema di depurazione, disperso parte del contenuto nel terreno fino al vicino torrente Carzola. Nel febbraio scorso la Procura della repubblica ha sequestrato la cava in una operazione denominata “500” che ha coinvolto anche il Corpo forestale e ARPAT; operazione che ha interessato altri siti di stoccaggio nelle province di Massa Carrara, Prato e Biella. All’interno delle “big bags” vengono trovati rifiuti nocivi per la salute come metalli pesanti quali cromo, nichel, vanadio, zinco, piombo, il così detto “polverino 500 mesh”, proveniente dalla Med Link di Aulla che dovrebbe essere smaltito come rifiuto pericoloso invece di essere stoccato nella discarica di Paterno, come avvenuto, grazie ad una scheda tecnica non rispondente al vero. Ma non è finita: a luglio Protezione civile e Corpo forestale, su ordine della magistratura, Schiavismo del terzo millennio in provincia di Varese Stipati nel dormitorio lager lavoratori immigrati dal Meridione Dal corrispondente La popolazione di Vaglia (Firenze) manifesta contro la discarica nella ex cava di Paterno scavano nel capannone industriale e trovano dei presunti fanghi del comparto del cuoio di S. Croce sull’Arno (Pisa). La cava, essendo di natura calcarea è estremamente permeabile, con fortissimo rischio d’inquinamento del sottosuolo nonché della falda e dei corsi d’acqua. Infatti, a breve distanza, si trova ubicato un pozzo di acqua potabile, i relativi danni all’ambiente e alla salute della popolazione sono tangibili: vi sono stati dei casi di malattie oncologiche. Facendo un passo indietro e guardando la storia della cava, che è alquanto torbida, a partire dall’85 l’attività estrattiva è stata svolta travalicando i limiti di legge escavando volumi eccessivi in zone non autorizzate. Inoltre, vi sono stati smaltiti illecitamente dei fanghi di depurazione dei cantieri della TAV, come stabilito dalla sentenza della Corte d’appello di Firenze del 21 marzo scorso. Nel 2010 l’ex sindaco di Vaglia Pieri al direttivo del PD so- stenne la necessità di tombare la cava trasformandola in discarica utilizzando le terre di scavo dell’Alta velocità ferroviaria. La provincia e alcune aziende come Quadrifoglio che si occupa dei rifiuti di Firenze, Produrre pulito spa, che poi dallo scorso anno diventerà proprietaria della cava, vengono interpellate e viene ventilata l’ipotesi di mettere nella cava, oltre all’eternit, inerti trattati come rifiuti, terre di bonifica, smarino, dato che non è possibile utilizzare solo eternit. Ma già nel ’96 in un esposto venivano ipotizzati illeciti da parte della proprietà della cava, la Calce Paterno srl, società che deve le sue fortune economiche alla TAV e alla realizzazione del lago di Bilancino a cavallo degli anni ’80 nel comune di Barberino del Mugello. Vennero ipotizzati stretti legami tra la proprietà e alcune società operanti nel settore rifiuti anche tra loro connesse, cui sarebbero stati “vicini” amministratori locali. Società a carattere misto per la parte pubblica costituite da enti guidati dell’allora PDS e la parte privata da cooperative con alla testa amministratori sempre del PDS. Nel marzo scorso il PRC ha presentato una mozione al Consiglio provinciale, votata da tutte le forze di opposizione, per togliere dal piano dei rifiuti la previsione di una discarica a Paterno. Venne bocciata per il voto contrario del gruppo del PD. E proprio il PD porta le responsabilità politiche di questa discarica e del relativo scempio ambientale che ne è conseguito. Un partito sempre più screditato per il suo coinvolgimento nei vari scandali in Italia ma anche a livello locale con le vicende di questi ultimi anni, come le responsabilità politiche negli abusi alla cooperativa agricola “Il forteto” di Vicchio e lo scandalo edilizio a Barberino del Mugello. Rivendichiamo la bonifica e la messa in sicurezza del sito con lo smaltimento dei rifiuti ivi stoccati, con le spese da addebitare alla proprietà responsabili o, altrimenti, alle istituzioni preposte che certamente non sono esenti da responsabilità: i vari amministratori comunali, regionali e provinciali succedutisi in questi anni che non potevano ovviamente non sapere. dell’Organizzazione di Viggiù del PMLI Sembra, a raccontarla, una storia di cinquant’anni fa, quando per la povertà che attagliava il martoriato Sud Italia milioni di uomini donne e anche di bambini lasciavano il proprio paese, la propria terra, per cercare migliore fortuna nelle grandi fabbriche del Nord. Un miraggio quello del benessere economico che all’atto pratico si tramutava in bestiale sfruttamento nelle fabbriche da parte dei capitalisti e di baracche fatiscenti alla quale facevano ritorno la sera i lavoratori stremati dopo 8-10-12 ore di duro lavoro. Quella che raccontiamo è invece storia dei giorni nostri, e che nulla ha da invidiare a quella descritta. È di pochi giorni fa la notizia, che a Germignaga in provincia di Varese sono stati trovati nascosti, stipati come schiavi in un capannone industriale, 12 operai italiani e tre rumeni (tra cui una donna assoldata per tenere “puliti i locali”), un polacco e uno svizzero. Ogni mattina partivano in direzione Svizzera “per lavorare, per sopravvivere alla crisi economica”. Mesi di questa vita, avanti e indietro dal confine. Fino ad una notte, quando gli acquazzoni violentissimi che si sono abbattuti su buona parte del Nord Italia hanno portato i vigili del fuoco nel vecchio magazzino per un’operazione di messa in sicurezza. Entrati nella struttura, i pompieri hanno trovato gli operai: erano fermi tra i mobili di fortuna, costruiti con scarti e detriti, vecchie brandine e i vestiti accatastati, mentre l’acqua aveva già invaso i locali arrivando fino a un metro di altezza, ma gli operai non avendo altro posto dove andare sono rimasti lì dentro, al freddo, mentre l’acqua saliva, senza chiedere aiuto a nessuno nonostante il rischio di annegare e quello di rimanere folgorati per il contatto dell’acqua con l’impianto elettrico, fatiscente. I lavoratori italiani, tutti della Basilicata, erano stati reclutati da Vincenzo Perretta, un imprenditore lucano con uno stabilimento in Svizzera. Una volta giunto a Germignaga l’uomo ha affittato il capannone da un’agenzia della zona e lo ha offerto come alloggio alla manovalanza. Gli operai occupavano da mesi il magazzino e non sono arrivati tutti insieme ma a scaglioni, forse a seconda della disponibilità di lavoro. La disperazione e le misere condizioni di vita a cui sono stati sottoposti questi lavoratori sono solo la punta di un iceberg delle miserie materiali e sociali a cui le masse proletarie e popolari sono condannate dal governo del Berlusconi democristiano Renzi la cui politica è tutta improntata a distruggere i diritti dei lavoratori e far arricchire la classe dominante borghese che egli rappresenta. Il PMLI denuncia questo gravissimo fatto come l’ennesima riprova che il sistema economico e sociale capitalista nel quale ci costringono a vivere non potrà mai offrire ai lavoratori e alle masse popolari un lavoro stabile e una vita dignitosa che al contrario il socialismo può realizzare. Sgomberato l’ex Comunicato della Rete Valdisieve e Italia Nostra convento di S. Chiara L’art. 35 del decreto “Sblocca Italia” a Bari favorisce le lobby degli inceneritori I migranti saranno costretti a vivere in una tendopoli Dal corrispondente della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Bari La mattina di giovedì 13 novembre è iniziato lo sgombero dell’ex convento di S. Chiara, nella città vecchia di Bari, dove erano alloggiati circa 200 migranti: si tratta per lo più di rifugiati politici, in possesso del permesso di soggiorno. La motivazione data per la decisione presa dal nuovo podestà Antonio Decaro (PD) è stata la “sicurezza” per via dell’incendio appiccato da uno straniero qualche settimana fa. Sempre Decaro in merito ha detto: “Mi vergogno un po’ come sindaco perché stiamo mettendo a disposizione solo delle tende... ma si tratta di una soluzione momentanea”. Da registrare le difficili con- dizioni in cui gli immigrati vivevano nell’ex convento fra ambienti squallidi e mal organizzati. I migranti, “trasferiti” con degli autobus dell’Amtab, saranno smistati in questo modo: 140 in una tendopoli in un capannone di via Brigata Regina nel quartiere Libertà mentre circa 30 di loro sono stati inviati al Cara (Centro d’accoglienza per i richiedenti asilo) perché non in possesso di tutta la documentazione necessaria per la richiesta d’asilo politico. Altri hanno deciso di trasferirsi da amici o parenti. La tendopoli di via Brigata Regina dovrebbe essere temporanea: 2 mesi sino a quando non saranno concessi i container da adoperare come abitazioni. Ma anche quelle del cemento, del petrolio, delle autostrade Riceviamo e volentieri pubblichiamo in ampi estratti. Il cosiddetto decreto “Sblocca Italia” è appena stato approvato al Senato con 157 voti favorevoli e 110 contrari (in molti invece sono usciti). Secondo l’attuale art. 35, entro il 13 Dicembre 2014, il Presidente del Consiglio con proprio decreto individuerà gli “impianti di recupero di energia e di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, esistenti o da realizzare”, definendoli un sistema integrato e “moderno” di gestione dei rifiuti e addirittura “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente” (cioè: aree di possibile militarizzazione). In realtà le soluzioni deline- ate nel decreto “Sblocca Italia” sono obsolete e contrarie alla gerarchia stabilita dalla normativa italiana ed europea in materia di rifiuti, per i seguenti motivi: - non si prende in considerazione il fatto che oggi, in Italia, disponiamo di tecnologie in grado di trattare ogni tipologia di rifiuti, compresi quelli indifferenziati. - per rispettare la richiamata gerarchia, non si dovrebbero realizzare nuovi inceneritori, bensì l’impiantistica innovativa per la selezione, il recupero e il riciclo delle “materie seconde” contenute nei rifiuti. Al contrario il decreto “Sblocca Italia” si preoccupa unicamente di soddisfare gli interessi delle lobby inceneritoriste e non prende minimamente in considerazione, per trattare i rifiuti indifferenziati, le tecnologie che sono molto più sostenibili sotto il profilo ambientale e molto più produttive sotto il profilo economico. Questo significa che la Valdisieve, che ha raggiunto buoni livelli di raccolta differenziata e che, per la mancanza di rifiuti da bruciare ha visto i Sindaci locali cancellare in linea teorica l’impianto dei Cipressi a Selvapiana–Rufina (in quanto non più sostenibile sul piano economico), potrebbe vedere riemergere il progetto grazie all’importazione dei rifiuti da altre aree toscane e non. Con queste premesse, riusciranno i nostri sindaci a mantenere la loro posizione contraria all’impianto e ad attivarsi per: - la realizzazione di impianti di trattamento “a freddo” che per- mettono di chiudere il ciclo dei rifiuti recuperando materia ed avviare il percorso di Riciclo Totale sul nostro territorio o a livello di ATO. Ieri sera il Senato, approvando il decreto, non ha avallato solo l’art. 35, ma anche tutti gli altri che, in sintesi, favoriscono le solite lobby del cemento, del petrolio, degli inceneritori, delle autostrade, ecc... e siccome questo non bastava, si diminuiranno i controlli, le misure ambientali e i tempi per le approvazioni di progetti, via e vas. Più che sblocca Italia ci sembra uno sfascia Italia! Verso rifiuti zero – Rete Valdisieve Italia Nostra – Sezione di Firenze 6 novembre 2014 esteri / il bolscevico 15 N. 43 - 27 novembre 2014 Al vertice Apec a Pechino La Cina socialimperialista, con l’appoggio di Putin, ottiene più spazio nel Pacifico a spese dell’imperialismo americano Xi: “Guideremo il nuovo ordine asiatico” Varata la nuova Via della Seta alternativa al progetto degli Usa Nell’intervento al 25° vertice della Cooperazione economica dell’Asia Pacifico (Apec, dall’inglese Asia Pacific economic cooperation), che si è tenuto a Pechino il 10 e 11 novembre, il presidente cinese Xi Jinping ha affermato che “la Cina potrebbe stimolare la crescita e migliorare le infrastrutture in tutta la regione per contribuire a realizzare un sogno dell’Asia e Pacifico: con l’aumento della nostra forza nazionale complessiva, la Cina ha la capacità e la volontà di fornire un maggior numero di beni pubblici per la regione Asia-Pacifico e per il mondo intero”. “Spetta al popolo dell’Asia – ha sottolineato - gestire gli affari dell’Asia, risolvere i problemi dell’Asia e difendere la sicurezza in Asia”, invitando i paesi asiatici a “far avanzare il processo di sviluppo comune e l’integrazione regionale”. Sotto la guida della Cina socialimperialista e mettendo fuori della porta il concorrente imperialismo americano. Proprio dalla tribuna dell’Apec, il forum composto da 21 paesi che si affacciano sull’Oceano Pacifico e creato dagli Usa nel 1989 per costruire una alleanza economica tra giganti il cui interscambio è quasi la metà del commercio mondiale che nel tempo è diventato lo strumento per affermare la leadership dell’imperialismo americano in Asia, contenere l’espansionismo della concorrente Cina e tenere sotto controllo le aspirazioni di rivincita della Russia, Xi ha ufficializzato l’obiettivo di Pechino di guidare “il nuovo ordine asiatico”, con l’appoggio della Russia. Un ribaltamento dei rapporti di forza nel continente che nei piani di Pechino sarà costruito su un accordo di libero scambio in Asia e Pacifico, su una banca come l’Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib) con una dotazione da 100 miliardi di dollari e con sede a Pechino e su un fondo da 40 miliardi di dollari per dar corpo alla nuova “Via della Seta”, un moderno collegamento commerciale e non solo verso Europa e anche l’Africa. Ben sapendo che un più stretto collegamento col mercato asiatico è vitale alla superpotenza europea se non vuol essere confinata allo scenario del Vecchio continente dove, spinta anche dagli Usa, cerca di aprirsi spazi a Est contro la Russia, vedi il braccio di ferro sull’Ucraina, ma senza poter andare a fondo per non mettere in pericolo il cordone ombelicale dei rifornimenti energetici. La banca di investimenti Aiib, assieme alla nuova banca che però non procedono come sperato da Obama che ha inutilmente cercato di dargli una spinta anche a margine del vertice. A Pechino i partner asiatici hanno preferito vedere le carte presentate da Xi rispetto a quelle di rà la Cina all’Europa attraverso una rotta terrestre, che ripercorre quella storica “Via della seta” passando per Asia Centrale e Medio Oriente, e una marittima, da costruire ex novo per uscire dalle rotte commerciali finora del 2013. Il percorso terrestre è già in parte stato costruito con gli accordi commerciali speciali definiti o confermati nel maggio scorso dai vertici di Pechino con Turkmenistan, Kazakistan creata dai Brics, il gruppo delle potenze emergenti che comprende Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, rappresenta la prima sfida istituzionale consistente all’ordine economico mondiale stabilito a Bretton Woods 70 anni fa con al centro il dollaro e gli Usa. Stessa sfida Xi lanciava con la proposta di dare il via alla costituzione della Free trade area of the Asia Pacific (Ftaap), un’area di libero scambio alla cui definizione Pechino lavora fin dal 2004. Il vertice Apec approvava e metteva in cantiere uno “studio strategico collettivo” i cui risultati saranno noti nel 2016. L’Ftaap è la risposta cinese alla Trans-Pacific partnership (Tpp), lo strumento economico della strategia degli Usa, denominata Pivot to Asia, per isolare economicamente la Cina che non partecipa ai negoziati. La metà dei 21 paesi dell’Apec è interessata dai negoziati sulla Tpp Obama, pur soffrendo l’invadenza economica cinese. Di fronte a 1.500 imprenditori invitati al summit Obama ha riaffermato la necessità della leadership globale del suo paese e il suo status di “potenza del Pacifico”; Xi ha snocciolato le cifre che fanno emergere il crescente peso della Cina nell’economia mondiale, dagli investimenti in uscita pari a 1.250 miliardi dollari nei prossimi 10 anni alla previsione di una crescita economica media definita da un incremento annuo del pil attorno al 7%, meno del 10% degli ultimi trent’anni ma sempre un miraggio per le principali concorrenti imperialiste. Una crescita che sarà sostenuta anche dall’investimento iniziale di 40 miliardi di dollari nel fondo per lo sviluppo infrastrutturale dedicato alla Silk Road Economic Belt, il progetto infrastrutturale che colleghe- controllate dagli Usa. Che implica anche un maggior attivismo non solo economico del socialimperialismo cinese nei paesi e nelle crisi lungo il percorso. La Via della Seta Marittima del 21° secolo è stata di recente così battezzata da Xi nel suo viaggio in Indonesia e la sua realizzazione è basata sulla costruzione o l’espansione di porti e aree industriali in tutto il SudEst asiatico, in Africa a cominciare dal Kenya e fino all’Europa dove Pechino ha messo già un piede al Pireo in Grecia. L’obiettivo è intanto quello di incrementare il commercio cinese con il sud-est asiatico fino a mille miliardi di dollari entro il 2020, più del doppio di quello e Azerbaijian. Ma prima ancora con lo sviluppo dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco) che fondata nel 2001, da Cina, Russia, Kazakistan, Tagikistan, Uzbekistan e Kirghizistan ha progressivamente legato a sé l’India, l’Iran, la Mongolia, il Pakistan, l’Afghanistan e la Turchia. Il tentativo di Pechino di stringere accordi per la fornitura di petrolio da parte del governo di Baghdad è fallito con la defenestrazione dell’interlocutore, l’ex premier Maliki, silurato da Washington anche per questa ragione. Il petrolio dell’Iraq è territorio riservato dell’imperialismo americano e del sodale imperialismo britannico. Mail dell’Organizzazione di Caltagirone (Catania) del PMLI L’appena nata Organizzazione di Caltagirone (Catania) del PMLI ha aperto la propria mail: [email protected] Al vertice Apec Xi ha portato a casa anche un importante trattato di libero scambio bilaterale con la Corea del Sud e avviato lo scongelamento dei rapporti col Giappone di Shinzo Abe, pur restando intatto il contenzioso sulla sovranità sulle isole Senkaku/Diaoyu, che si trovano sulla via dei commerci marittimi. Accordi con due paesi pilastri della politica Pivot to Asia di Obama. Altrettanto significativo l’accordo bilaterale col Canada che comprende il primo contratto finanziario miliardario non in dollari ma nella moneta cinese, lo yuan, di tutto il Nord America. E quello col fantoccio governatore Leung di Hong Kong che da metà novembre ha dato il via agli scambi e alle quotazioni incrociate tra la borsa cinese e quella dell’isola. “La decisione contribuirà a fare di Hong Kong un luogo ideale in cui basare attività e risorse finanziarie, potenziandone il ruolo di hub di elezione per l’utilizzo dello yuan”, ha chiosato Leung. L’alleanza tra Cina e Russia è stata consolidata da Xi e Putin con la firma di nuovi accordi per la cooperazione energetica, tra i quali una dichiarazione d’intesa per lo sviluppo di una seconda rotta per il trasporto di gas russo dalla Siberia occidentale alla Cina dell’Ovest, in parallelo a quella concordata nei mesi scorsi che è già in costruzione e dovrebbe entrare in funzione nel 2018. La Cina ha fatto da sponda alla Russia messa in difficoltà dalla crisi Ucraina e dalle sanzioni occidentali. “Russia e Cina devono resistere alle pressioni di Washington e rimanere unite, nell’interesse del mondo intero”, soprattutto di loro due, affermava Xi e Putin sottolineava che “l’alleanza del futuro” si basava sull’accoppiata yuan-rublo e il conseguente abbandono del dollaro da parte dei due paesi intanto nel settore dell’energia. L’appoggio di Putin serve alla Cina socialimperialista per ottenere più spazio nel Pacifico a spese degli Usa e per rilanciare la sfida globale all’imperialismo americano. COSA FARE PER ENTRARE NEL PMLI Secondo l’art. 12 dello Statuto, per essere membro del PMLI occorre accettare il Programma e lo Statuto del Partito, militare e lavorare attivamente in una istanza del Partito, applicare le direttive del Partito e versare regolarmente le quote mensili, le quali ammontano: lavoratori euro 12,00; disoccupati e casalinghe euro 1,50; pensionati sociali e studenti euro 3,00. Lo stesso articolo dello Statuto specifica che “può essere membro del Partito qualunque elemento avanzato del proletariato industriale e agricolo, qualunque elemento avanzato dei contadini poveri e qualunque sincero rivoluzionario sulle posizioni della classe operaia... Non può essere membro del Partito chi sfrutta lavoro altrui, chi ha e professa una religione o una filosofia non marxista”. Oltre a ciò occorre accettare la linea elettorale astensionista del Partito. L’ingresso al PMLI avviene dopo l’accettazione della domanda di ammissione il cui modulo va richiesto al Partito. LAVORO 2 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI SCIOPERO GENERALE DI 8 N. 23 - 12 giugno 2014 ORE Giù le mani dall'articolo 18 e dallo Statuto dei lavoratori Abolizione del precariato e assunzione di tutti i precari Rinnovo dei contratti di lavoro del Pubblico impiego Spazziamo via il gove rno del Berlusconi democris tiano Renzi PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it Stampato in proprio IL PROLETARIATO AL POTERE ITALIA UNITA, ROSSA E SOCIALISTA