Ia bozza il 18-1-2011 PAOLA GIACOMONI INTRODUZIONE Con chiunque tu discuta, lui è te stesso JACOPO ACONCIO. FORTEZZE CONTRO IL FANATISMO IL RITROVAMENTO DI UN’OPERA Se oggi si parla di un autore ‘‘inattuale’’ come Jacopo Aconcio è per citare gli Stratagemata Satanae. Riletto con spirito contemporaneo, l’argomentatissimo e serrato attacco al fanatismo religioso e allo spirito fazioso delle discussioni riconquista il suo autore all’attualità e svela, dietro la grigia patina di uno scritto apparentemente remoto e dunque dimenticato, la forza etica e la ricchezza argomentativa di un vero classico della tolleranza religiosa. La durissima e appassionata critica allo spirito della disputa come mezzo di sopraffazione e non come ricerca della verità non è passata di moda, non è estranea ad alcuna epoca, nemmeno alla nostra. Chi, come Aconcio, sottolinea i molti pericoli del fanatismo religioso, ne stigmatizza la violenza e indica dei mezzi per difendersene parla al contrario una lingua che ci riguarda direttamente. Sono infatti gli Stratagemata l’opera che, anche all’epoca in cui fu pubblicata, il 1565, rese celebre il nostro autore a livello europeo, facendo conoscere il suo auspicio fondamentale: la possibilità di una riunificazione delle confessioni cristiane intorno a poche e semplici verità essenziali in cui tutti, al di là della violenza delle dispute, si sarebbero potuti riconoscere. L’opera, che riprende ed amplia alcuni scritti precedenti, il Dialogo di Giacopo Riccamati e la Somma brevissima della dottrina cristiana,1 corse rapidamente per l’Europa 1 Dialogo di Giacomo Riccamati ossanese nel qual si scoprono le astutie con che i Lutherani si sforzano di inganare le persone semplici, & tirarle nella loro setta: e si mostra la via, che harebbero — 1 — PAOLA GIACOMONI attraverso le molte traduzioni nelle diverse lingue che si meritò.2 Gli Strategemata Satanae sono dunque un’opera di successo, citata con rispetto da Comenio, Leibniz, Bayle, Arnold e si ipotizza abbia avuto importanza anche per Locke, sebbene siano stati in seguito messi in ombra, o anche ‘‘surclassati’’ dalle grandi opere degli Illuministi, campioni di un concetto più moderno di tolleranza, e quindi dimenticati proprio nel secolo dei Lumi. L’opera fu scritta in Inghilterra, dove Aconcio era approdato dopo un lungo girovagare per l’Europa, a partire dal Trentino (Ossana, Val di Sole) dove era nato in un anno ancora non del tutto precisato intorno al 1520 e si era formato come notaio; quindi si era mosso tra Vienna e Milano (qui con mansioni di segretario presso il Cardinale Cristoforo Madruzzo), da dove poi era fuggito verso Zurigo, quindi Basilea e Strasburgo per poter professare liberamente la propria fede.3 Aconcio l’intellettuale cosmopolita per necessità è autore anche di opere di tipo filosofico e metodologico che attirano l’attenzione dell’Europa colta dell’epoca, in particolare il De methodo del 1558,4 piccolo trattato in cui si afferma la necessità di un ordine non contingente e non casuale che ristabilisca le fondamenta del conoscere nei vari campi del sapere. La stessa opera principale, gli Stratagemata, è pensata e organizzata in base alle indicazioni qui da tenere i Prencipi e Magistrati per istirpare de gli stati loro le pesti delle heresie. Cosa che in questi tempi ad ogni qualità di persone non solo utile, ma grandemente necessaria da intendere. Interlocutori il Riccamati e il Mutio D. [Basilea, Pietro Perna], 1558. In G. ACONCIO, De methodo e opuscoli religiosi e filosofici, a cura di G. RADETTI, Firenze 1944, pp. 181-210; Somma Brevissima della dottrina christiana di Giacopo Riccamati ossanese [Basilea, Pietro Perna], 1558. In GIACOMO ACONCIO, De methodo, cit., pp. 211-284. 2 Stratagemata Satanae Libri Octo. Jacobo Acontio Authore. Accessit eruditissima Epistola de ratione edendorum librorum, ad Johannem Vuolfium Tigurinum eodem authore, Basilea, Pietro Perna, 1565. In G. ACONCIO, Stratagematum Satanae libri VIII, a cura di G. RADETTI, Firenze 1946. Per una ricognizione delle diverse edizioni dell’opera si rinvia a G. KINDER, ‘‘Jacobus Acontius’’, in Bibliotheca dissidentium: répertoire des non-conformistes religieux des seizième et dix-septième siècles, BadenBaden, 1994, T. 16, pp. 55-117, che tra il 1565 e il 1665 indica almeno 14 edizioni del testo latino; due edizioni in lingua francese (Basilea, P. Perna, 1565; Delf, B. Schinkel, 1611); tre edizioni in lingua olandese (L’Aia, H.J. van Wouw, 1611; 1620; Amsterdam, B. Boekholt, 1620); un’edizione tedesca (Basilea 1647) e due edizioni inglesi (Londra, G. Calvert, 1648; Londra, W. Ley, 1651). Inoltre si veda su questo G. RADETTI, Introduzione a GIACOMO ACONCIO, De methodo, cit., pp. 66-68, P. ROSSI, Giacomo Aconcio, Milano 1952, pp. 126-127; C.D. O’MALLEY, Jacopo Aconcio, tr. it. di D. Cantimori, Roma 1955, p. XI. 3 Sulle complesse vicende biografiche di Aconcio, oltre alle già citate monografie storiche di P. ROSSI e C.D. O’MALLEY, e alla voce Aconcio, curata da D. CANTIMORI, in Dizionario biografico degli italiani, Roma 1960, vol. I, pp. 154-159, si vedano anche alcuni dei contributi presenti nel volume Jacopo Aconcio: Il pensiero scientifico e l’idea di tolleranza, a cura di P. GIACOMONI – L. DAPPIANO, Trento 2005. 4 Jacobi Acontii Tridentini De methodo, hoc est de recta investingandarum tradendarumque artium ac scientiarum ratione, Basilea, Pietro Perna, 1558. In G. ACONCIO, De methodo, cit., pp. 75180. — 2 — INTRODUZIONE presentate. Dunque Aconcio è anzitutto un intellettuale interessato alla pace religiosa in tempi di conflitti, ma è anche un pensatore attento alla necessità di trattare i vari argomenti secondo una rigorosa metodologia, che certamente mancava all’epoca. Le sue opere sono sempre propositive, ricche di indicazioni concrete, lontane da un semplice spirito contemplativo o da ispirazioni ascetiche e mistiche. Tra i vari esempi dell’applicazione del metodo è sempre stato citato da vari studiosi 5 un trattato sulle fortificazioni (Ars muniendorum oppidorum) di cui Aconcio, durante il soggiorno londinese, parla in una lettera del 20 novembre 1562 6 all’amico Johann Wolf, nella quale afferma di avere in corso una traduzione, dall’italiano in latino, dell’opera per garantirle una maggiore circolazione internazionale, ma di non riuscire tuttavia a pubblicarla. Lo scritto sembra dunque essere stato redatto in anni precedenti, probabilmente tra il 1558, anno di pubblicazione del De methodo, che è citato nell’opera, e il 1559, anno in cui Aconcio approda in Inghilterra proprio grazie alla sua fama di esperto in fortificazioni.7 L’opera è ricordata inoltre in un Memorandum – per il quale era stato incaricato dalla regina Elisabetta nel 1564 – che egli scrisse in latino in vista del progetto dell’ammodernamento delle fortificazioni di Berwick-upon-Tweed,8 luogo strategico al confine tra l’Inghilterra e la Scozia, al quale la corona inglese si mostrava particolarmente interessata. Delle versioni italiana e latina dell’opera sulle fortificazioni si hanno varie testimonianze, oltre che dallo stesso autore, anche dalle indicazioni presenti nei cataloghi bibliografici dei secoli successivi, come i saggi contenuti in questo volume mostreranno; dalla fine del Seicento inizia inoltre a circolare la notizia della pubblicazione di un trattato bilingue (italiano e latino) con lo stesso titolo 5 P. ROSSI , Giacomo Aconcio, cit., pp. 63 e ss. C.D. O’MALLEY , Jacopo Aconcio, cit., pp. 25 e ss. L. WHITE jr., Jacopo Aconcio as an engineer, «The American Historical Review», LXXII, 1967, 2, p. 427 e ss., V. GABRIELI, Aconcio in Inghilterra (1559-1566). I baluardi di Berwick e gli Stratagemmi di Satana, «La cultura», XXI, 1983, pp. 309-340, C. VASOLI, Il De methodo di Jacopo Aconcio, in Jacopo Aconcio, a cura di P. GIACOMONI – L. DAPPIANO, cit., pp. 71 e ss. Su questo cfr. anche il saggio di E. LEONESI, Il pensiero politico di Jacopo Aconcio, «Scienza e politica», XXXVIII, 2008, pp. 73-90. 6 Lettera di Jacopo Aconcio a Johann Wolf del 20 novembre 1562, nota col titolo Epistola de ratione edendorum librorum, pubblicata in appendice a Satanae Stratagemata Libri Octo. Jacobo Acontio Authore. Accessit eruditissima Epistola de ratione edendorum librorum, ad Johannem Vuolfium Tigurinum eodem authore, Basilea, Pietro Perna, 1563. In G. ACONCIO, De methodo, cit., pp. 324-349. 7 L. WHITE jr., Jacopo Aconcio as an engineer, cit., p. 427, V. GABRIELI , Aconcio in Inghilterra (1559-1566), cit., p. 311, S. WALTON, State Building and building for the State: Foreign and Domestic Expertise in Tudor Fortifiction, «Osiris», XXV, 2010, II s., pp. 74 e ss., R. GIACOMELLI, Il mestiere dell’ingegnere nel Rinascimento, «Studi trentini di scienze storiche», LXXXIX, 2010, pp. 171-190. 8 LONDON , BRITISH LIBRARY , Cotton Titus XIII, ff. 232r-234v. In V. GABRIELI , Aconcio in Inghilterra (1559-1566), cit., pp. 335-340; relazione nota col titolo Memorandum sulla fortificazione di Berwick-upon-Tweed. — 3 — PAOLA GIACOMONI pubblicato a Ginevra nel 1585, di cui tuttavia non si ha traccia. Come ha affermato Lynn White si trattava di un vero «bibliographical ghost».9 Una recente segnalazione 10 di Stephen Johnston, curatore del Museum of the History of Science dell’Università di Oxford, ha informato della presenza, nell’Archivio della Petworth House (West Sussex), proprietà di Lord Max Egremont, di un manoscritto (HMC 143) redatto in lingua inglese e riportante la data del 14 giugno 1573, che si presenta come traduzione del trattato aconciano sulle fortificazioni (booke of fortefyinge) a cura di Thomas Blundeville. Essendo quest’ultimo, come chiariranno i materiali qui pubblicati, già noto quale amico e traduttore di un’altra opera di Aconcio dal titolo Delle osservazioni et avvertimenti che aver si debbono nel leggere le historie,11 e data la convergenza con i temi trattati nei documenti relativi alle fortificazioni di Berwick, l’attribuzione appare più che fondata. Si può dunque affermare che quello che presentiamo qui, avendo accolto l’auspicio di Johnston di approfondire le ricerche sull’argomento, è l’unica testimonianza a noi nota dello scritto finora conosciuto come Ars muniendorum oppidorum. Ci auguriamo di contribuire cosı̀ a gettare nuova luce su un intellettuale singolare: uomo di mondo e di successo, ma di difficile collocazione culturale e religiosa, Aconcio è personaggio di moltissimi e variegati interessi, figura tipicamente rinascimentale, di formazione eminentemente italiana. Tuttavia traspaiono anche nel suo modo di ragionare venature di pessimismo nordico intorno a un’esposizione originaria dell’uomo al male e all’errore, alla limitatezza del suo sapere e alla fragilità del suo temperamento etico. Aconcio è un intellettuale in continua ricerca, che conosce le molte possibili verità umane – sempre emendabili – su ogni argomento, mentre crede a una sola verità divina, data per fede e non per dimostrazione razionale, di cui tuttavia nessuno è l’unico custode. Uomo di dialogo e spirito irenico, ma poco collocato tra le varie chiese, anche riformate, esistenti all’epoca, sempre precariamente inserito negli ambienti culturali delle diverse città in cui vive, appare come una figura quasi inafferrabile. Inquieto ed eterodosso, Aconcio è poco classificabile e poco decifrabile, anche per la frammentarietà delle informazioni su di lui. Il ritrovamento del manoscritto sulle fortificazioni ha fatto nascere un nuovo interesse internazionale, di qua e di là dell’Atlantico, e dunque l’impreL. WHITE jr., Jacopo Aconcio as an engineer, cit., p. 443. http://www.mhs.ox.ac.uk/staff/saj/aconcio/ Questa indicazione è stata immediatamente raccolta da Renato Giacomelli che, nella sua costante e attenta ricerca su Aconcio degli ultimi anni, l’ha proposta come base di partenza del lavoro comune che qui presentiamo. 11 Riassunto e in parte tradotto in inglese da Blundeville con il titolo The true order and Methode of wryting and reading Hystories, pubblicato a Londra da William Seres nel 1574. 9 10 — 4 — INTRODUZIONE sa del nostro gruppo di ricerca, che fa capo al Dipartimento di Filosofia, Storia e Beni culturali dell’Università di Trento, si inserisce in una piccola ‘‘Aconcio-Renaissance’’, che si collega idealmente a quel momento di studi sul tema della tolleranza religiosa, e dunque anche su Aconcio, che ebbe uno dei suoi fulcri 12 intorno alla metà del secolo scorso presso le scuole fiorentine di Delio Cantimori, Eugenio Garin, Paolo Rossi e Antonio Rotondò, che hanno da allora in poi promosso molte ricerche e le prime monografie sull’autore e anzitutto consentito l’edizione critica con traduzione italiana delle sue opere in due volumi del 1944-46, a cura di Giorgio Radetti, che seguiva quella a cura di Walter Köhler e Erich Hassinger (Acontiana) uscita ad Heidelberg nel 1932. Il lavoro che qui presentiamo è un’edizione diplomatico-critica del manoscritto con trascrizione e traduzione italiana, a cura di Omar Khalaf che mette l’opera a disposizione di tutti gli studiosi ed estimatori di Aconcio. Il testo è corredato da due saggi: il primo di Renato Giacomelli sulla metodologia aconciana, il secondo di Giovanni Maria Fara su Aconcio nella storia delle fortificazioni italiane. Segue la descrizione del manoscritto a cura di Andrea Giorgi, e una presentazione storico-filologica dello stesso a cura di Renato Giacomelli, Omar Khalaf. e Giovannni Maria Fara. Le didascalie delle immagini sono a cura di Renato Giacomelli e Giovanni Maria Fara. UN MANOSCRITTO POCO APPARISCENTE Una recente visita al Record Office di Chichester, che gestisce l’archivio di Petworth House ci ha consentito di visionare un manoscritto che rivela un nuovo aspetto della figura tanto appartata, tanto interessante e immeritatamente poco conosciuta di Jacopo Aconcio. Il volume che lo contiene si presenta in modo decisamente poco solenne: è di piccola taglia, in ottavo, flessibile e maneggevole, senza importanti ornamenti, ma fornito di molti incisioni e disegni che mostrano con chiarezza il metodo usato. Le immagini stesse sono piuttosto semplici dal punto di vista geometrico, e non sono accompagnate da calcoli matematici: si tratta di rappresentazioni precise e chiare, pensate 12 Un altro momento importante era stato quello che corrisponde all’interesse della cultura illuministica e ottocentesca trentina per Aconcio, visto come precursore del pensiero laico. Su questo, cfr. L. DAPPIANO, La rinascita di Jacopo Aconcio nella cultura trentina, in Jacopo Aconcio, a cura di P. GIACOMONI – L. DAPPIANO, cit., pp. 171-185, e sul suo pensiero scientifico, cfr. R.G. MAZZOLINI, L’ambiente scientifico trentino da Jacopo Aconcio a Cesare Battisti, «Archivio trentino di storia contemporanea», XLIII, 1994, pp. 5-19. — 5 — PAOLA GIACOMONI per consentirne l’uso nella pratica edificatoria. La loro provenienza è incerta, la loro tecnica è varia: disegni e xilografie si alternano e talvolta si sovrappongono, tradendo un lavoro di composizione dovuto a un probabile e parziale utilizzo di materiali già disponibili con correzioni in corso d’opera. Il dettato del manoscritto, realizzato con grande probabilità da uno scrivano di professione, si presenta chiaro e ordinato, ma non è esente da piccole imperfezioni ed errori di copiatura. Uno scritto poco appariscente, con alcuni leggeri difetti, che tuttavia presuppone l’apprezzamento di un’opera che si ritiene degna di essere tradotta in inglese, probabilmente per renderla cosı̀ accessibile a un pubblico più ampio dei soli dotti in grado di leggere il latino. Il suo luogo naturale non è il chiuso di una biblioteca: è un lavoro forse pensato per preparare un’edizione a stampa o perché potesse concretamente guidare il lavoro di ingegneri e tecnici, facile da sfogliare, pieno di indicazioni semplici e chiare. Non si può dunque dire che il manoscritto ritrovato sia una raccolta disordinata di carte senza una logica d’ordine: dato che la trattazione doveva servire a uno scopo tecnico preciso, il metodo appare invece proprio la sua anima. E rappresenta una delle più interessanti applicazioni dell’idea sistematica presentata da Aconcio nel De methodo di cui questo scritto tecnico è probabilmente coevo. O forse si può dire che il De methodo, proprio perché contiene molti riferimenti alla guerra e all’arte militare, nasce sullo sfondo delle riflessioni che Aconcio concentra poi nel booke of fortefyinge. Pratico, disponibile, maneggevole, il manoscritto inglese non è in contrasto con lo stile dell’autore dell’originale, che non possediamo; l’utilità infatti è una delle parole-chiave delle opere e del modo di pensare di Aconcio: tutto ciò che si scrive deve essere finalizzato al criterio dell’utile pubblico, altrimenti meglio astenersi, come afferma nella già citata lettera a Wolf sui motivi che si debbono avere per pubblicare dei libri.13 Utile il De methodo per le diverse applicazioni che consente, eticamente proficui gli Stratagemata per combattere il fanatismo religioso, legato alla prudenza pratica lo scritto sulle Historie. Uomo pratico è del resto lo stesso Aconcio, e aggiornato su tutte le opportunità che si aprono all’epoca, come dimostra anche il fatto che probabilmente è il primo ad ottenere dalla Regina Elisabetta una patente per costruire macchine di vario genere (telai che usano mulini ad acqua, fornaci per birra e per tintori etc.). Anch’essa invenzione italiana, la patente viene usata per la prima volta in Inghilterra dal nostro autore nel senso moderno di brevetto.14 Epistola de ratione edendorum librorum, cit., pp. 324-356. Cfr. vedi il testo della petizione alla regina in P. ROSSI, Giacomo Aconcio, cit., pp. 18-19; sulla discussa novità dell’idea del brevetto cfr. L. WHITE jr., Jacopo Aconcio as an engineer, cit., p. 432. 13 14 — 6 — INTRODUZIONE Aconcio ottiene dunque credito e commesse, come quella di una bonifica di una parte delle rive del Tamigi. La preparazione tecnica e pratica dell’autore è evidentemente ben nota. Questo tratto anzi, appare «uno degli aspetti fondamentali della complessa personalità di Aconcio».15 Ma si può afferma- re, nel caso specifico delle tecniche di difesa, che il nostro autore sia davvero un esperto? Si può anzitutto ricordare che l’arrivo di Aconcio in Inghilterra viene ufficialmente presentato dall’ambasciatore inglese in Francia che lo indica come valido ingegnere con esperienza in Europa continentale.16 ‘‘Esperienza’’ è tuttavia termine molto generico e dai molti significati. È stata proposta di recente la distinzione 17 tra expert-by-experience, cioè lo specialista che ha già esperienza operativa nel campo, cosa che, per quanto sappiamo finora, non possiamo dire di Aconcio nel momento in cui giunge in Inghilterra, e expert-by-knowledge, cioè il semplice teorico da ‘‘gabinetto’’ disinteressato alla pratica, che possiamo tranquillamente escludere. Steve Walton parla della possibilità di considerarlo come un expert-in-context, cioè un intellettuale che aveva visitato, osservato e studiato con attenzione le recenti fortificazioni costruite secondo la nuova tecnica di stile italiano del bastione, e che aveva frequentato vari ambienti di ingegneri militari italiani, come del resto afferma lui stesso nel Memorandum.18 In un periodo di fortuna della tecnica italiana all’estero, quando circola l’opinione dell’Italia come paese all’avanguardia in tutte le arti,19 Aconcio, peregrino in Europa alla ricerca di una collocazione religiosa, ma anche di vita, si trova a essere considerato un esperto di fortificazioni, anzitutto per aver scritto un’opera, che lui stesso fa circolare manoscritta in Inghilterra 20 in grado di far conoscere le innovazioni italiane su cui gli inglesi fino a questo momento hanno solo informazioni parziali o di seconda mano. Aconcio viene dunque considerato affidabile e sulla base di questo credito viene richiesto nel 1564, assieme a un ingegnere inglese, William Pelham, di proporre un parere su P. ROSSI, op. cit., p. 27. Lettera di Nicholas Throckmorton a William Cecil, del 25 agosto 1559; in Calendar of State Papers, Foreing, Elisabeth, 1558-1559, 500. Cfr. la ricostruzione degli eventi ad opera di L. WHITE jr., Jacopo Aconcio as an engineer, cit., pp. 425-444; e di V. GABRIELI, Aconcio in Inghilterra (15591566), cit., pp. 309-340, R. GIACOMELLI, Il mestiere dell’ingegnere nel Rinascimento, cit., pp. 171190. 17 Per questa distinzione cfr. S .WALTON , State Building and building for the State, cit., pp. 6684. 18 G. ACONCIO , Memorandum, in V. GABRIELI , Aconcio in Inghilterra (1559-1566), cit., p. 339. 19 S. WALTON, State Building and building for the State, cit., p. 68. 20 G. ACONCIO , Memorandum, in V.GABRIELI , Aconcio in Inghilterra (1559-1566), cit., p. 339. 15 16 — 7 — PAOLA GIACOMONI progetti già esistenti (di Richard Lee su cui l’italiano Giovanni Portinari aveva già dato una sua consulenza critica) 21 sul miglior modo per trasformare il castello medievale di Berwick in una moderna fortezza attraverso la tecnica del bastione. Berwick del resto era per gli inglesi una postazione difensiva fondamentale con la funzione strategica di evitare che una possibile lega francoscozzese potesse attaccare da quel punto il regno inglese. Il progetto di Aconcio, presentato, oltre che nel Memorandum latino già citato, anche in una precedente relazione in italiano, il Parere intorno alla fortificazione di Baruicco,22 non sarà realizzato, ma la fortezza sarà poi modificata sulla base dei risultati del confronto tra esperti italiani e inglesi avvenuto in un clima di rispetto e considerazione reciproca.23 Tuttavia questa reputazione è quanto meno sorprendente, vista la sua formazione di giurista, che si era poi dedicato alla teologia, alla logica, alla teoria della storia, ma non specificamente alla pratica dell’ingegneria. Come verrà chiarito nei saggi che qui presentiamo, la sua permanenza a Milano e il suo soggiorno a Vienna gli avevano consentito contatti e relazioni che lo avevano messo in grado raccogliere informazioni esaurienti riguardo a un’‘‘arte’’ tanto importante in quel momento in Europa, date le nuove tecniche belliche.24 E lui, da vero filosofo, capisce che molte sono le novità, molto si parla e si sperimenta, ma nessuno mette ordine e coerenza in questa materia, lasciata volentieri agli empirici, agli uomini pratici, privi di una formazione intellettuale precisa. È in tale contesto che l’opera sulle fortificazioni di Aconcio è originale: il testo costituisce infatti il tentativo di esporre una materia tecnica complessa e in continua evoluzione seguendo una metodologia precisa e raffinata. L’idea tutta moderna di individuare un metodo di origine filosofica che mettesse ordine in un sapere recentemente profondamente rinnovato, conferiva ovviamente dignità culturale ‘‘alta’’ a una proposta tecnico-pratica, e si inseriva nel ben noto processo di valorizzazione delle arti meccaniche in atto all’epoca: il sapere teorico-liberale e il sapere pratico-meccanico non sono più opposti e Aconcio ne rappresenta una figura esemplare.25 La proposta metodologica del 21 Cfr. su questo L. WHITE jr., Jacopo Aconcio as an engineer, cit., pp. 436-437. V. GABRIELI , Aconcio in Inghilterra (1559-1566), cit., pp. 317, S. WALTON, State Building and building for the State. cit., pp. 72-76, R. GIACOMELLI, Il mestiere dell’ingegnere, cit., p. 174. 22 Il parere di Jac.o Acontio intorno alla fortificatione di Baruicco. LONDON , RECORD OFFICE , Calendar of State Papers, Elizabeth, Foreign, 59/8, n. 512, fol. 125. In P. ROSSI, Giacomo Aconcio, cit., pp. 28-32, e C. O’MALLEY, Jacopo Aconcio, cit., pp. 52-55. 23 Cfr. S. WALTON , State Building and building for the State, cit., p. 76. 24 Cfr. su questo L. WHITE jr., Jacopo Aconcio as an engineer, cit., pp. 425 e ss. 25 Questa la tesi di fondo della monografia di P. ROSSI , Giacomo Aconcio, cit. — 8 — INTRODUZIONE nostro autore è ben inserita nella discussione sul metodo in corso nel Cinquecento,26 tuttavia è ancora molto debitrice della tradizione aristotelica, e dunque non può essere considerata come una sorta di ‘‘anticipazione’’ della più radicale svolta che avverrà nel secolo successivo. Per questo l’opera può apparire singolare: l’intento tutto ‘‘moderno’’ di fornire metodo e sistema a un sapere pratico si basa tuttavia largamente su categorie aristoteliche, le quali a loro volta erano state importanti in molti campi, ad esempio quello della classificazione animale, ma erano estranee alla tecnica militare. Inoltre, sistematizzare le novità è sempre un’operazione rischiosa e discutibile, almeno finché queste non siano consolidate. Aconcio lo ritiene possibile e anche necessario; anzi, secondo la sua esplicita opinione,27 questo era esattamente ciò che mancava. DIFESA MILITARE E DIFESA RELIGIOSA È abbastanza paradossale che un intellettuale celebre al suo tempo per un’ampia e ragionatissima opera sulla tolleranza religiosa, pensata per costruire la pace e per questo tradotta in molte lingue europee, operi e scriva negli stessi anni intorno alle fortificazioni. Pensava alla guerra o alla pace Aconcio? O si trattava semplicemente di qualcosa che doveva garantirgli una professionalità spendibile negli anni difficili dell’esilio? Si tratta di domande legittime. Alle quali non è semplice dare una risposta. Un primo indizio si trova nel gia citato Parere del 1564 sulle fortificazioni di Berwick: la distinzione tra fortificazioni pensate per la difesa e quelle pensate per l’attacco si basa anzitutto su considerazioni tecniche riguardanti i materiali e i loro costi, ma mostra chiaramente due diverse concezioni della loro funzione. [...] Ma quando si fortifichi di terra, usandosi legnami e fascine come si conviene, egli è da sapere ancora che la fortificazione tanto tempo solamente sarà buona quanto que’ legnami e fascine si manterranno, ma, corrotti che siano, la fortificazione altro che rovinosa non potrà essere, et agevolmente dall’artiglieria ricever danno. Cotai fortificazioni si convengono a chi abbia una guerra che stimi dover durare lungamente et speri entrare nel paese del nemico et andarlo pezzo a pezzo guadagnarlo. [...] Ma facendosi una fortezza nelle frontiere di un regno per la sua conservazione e difesa, come è 26 C. VASOLI , Il De methodo di Jacopo Aconcio, in Jacopo Aconcio, a cura di P. GIACOMONI – L. DAPPIANO, cit., pp. 37-74, e più in generale, ID., La dialettica e la retorica dell’Umanesimo. ‘‘Invenzione ‘‘ e ‘‘Metodo’’ nella cultura del XV e XVI secolo, Milano 1968. 27 Infra, p. 000. — 9 — PAOLA GIACOMONI quella di Barvicco, la fortificazione si deve cercare di far tale che possa lungamente durare. Et non è da dire che, dipoi che i legnami siano corrotti, si potrà rimetterne altri, perciocché il rimuover la terra costerebbe quasi tanto come a rifar di nuovo la fortificazione.28 [corsivo nostro] Dunque le fortificazioni pensate per l’attacco possono anche essere costruite con materiali deperibili e quindi andare in rovina dopo che il territorio viene conquistato da chi intraprende una guerra, ma quelle ideate per la difesa devono durare, e per questo, come nella proposta di Aconcio, devono essere costruite con qualcosa di resistente, come mattoni o pietra.29 I materiali e i loro costi dipendono insomma dallo scopo che ci si propone, e infatti nel booke of fortefyinge saranno considerati in tal modo: dopo aver parlato del fine e della forma delle fortificazioni i materiali sono classificati in base alle diverse funzioni che devono assolvere. Se si pensa alla guerra si fortifica per il tempo che serve, se invece si pensa alla pace si fortifica per durare. I costi sono diversi, ma è diversa, anzi opposta, anche la logica che li legittima. Nel primo caso il conflitto è fondante, e fortificare serve solo come strumento temporaneo di conquista, nel secondo, se non si accetta la logica della guerra e della conquista, si tende solo a costruirsi una postazione di resistenza durevole contro di essa. Inoltre, è piuttosto evidente, e già sottolineato,30 che ‘‘stratagemmi’’, termine chiave dell’opera principale, è un termine bellico, con cui Aconcio aveva evidentemente dimestichezza: le astuzie di Satana sono un attacco continuo, da cui ci si deve difendere. Satana è il nemico, esterno ed interno, a cui chi cerca la pace deve sapere resistere. Rappresenta sostanzialmente il pericolo del fanatismo religioso e della ricerca della divisione da parte di chi crede di possedere in esclusiva la verità assoluta e la vuole imporre agli altri. La risposta di Aconcio utilizza l’immagine-chiave dell’incrollabilità, dell’inattaccabilità. Chi è esposto al pericolo deve possedere doti di resistenza, capacità di difesa durevole, interesse alla stabilità, ma al tempo stesso essere consapevole che occorre sempre «stare in guardia».31 La funzione della roccaforte difensiva in un luogo strategico è quindi analoga all’atteggiamento che l’individuo che vive in tempi di conflitti violenti deve tenere nei confronti di se stesso e del mondo. 28 29 30 31 P. ROSSI, Giacomo Aconcio, cit., pp. 31-32, C.D. O’MALLEY, Jacopo Aconcio, cit., pp. 54-55. G. ACONCIO, Memorandum, in V. GABRIELI, Aconcio in Inghilterra (1559-1566), cit., p. 340. Cfr. ad es. V. GABRIELI, Aconcio in Inghilterra (1559-1566), cit., p. 317. G. ACONCIO, Stratagematum Satanae, Libri VIII, cit., 1946, p. 5. — 10 — INTRODUZIONE Dunque Aconcio pensa alla pace, non alla guerra. Tuttavia le doti richieste sono in un certo senso ambivalenti: pensare alla pace non significa dimenticare i pericoli della guerra, non consente di mettere tra parentesi un conflitto che si presenta come permanente. La stabilità e la pace sono un obiettivo, non un fatto. Qualcosa per cui lavorare, non una dimensione scontata. Dunque occorre sempre molta attenzione ai possibili attacchi: mai disporsi nella totale inermità di chi non si cura del pericolo. La stabilità come fine presuppone l’irrequietezza di chi non si sente mai al sicuro. E Aconcio l’eterodosso, a cui riesce difficile trovare un’occupazione stabile e un’accoglienza incondizionata in una delle sette religiose dell’epoca, ne sa qualcosa. Dunque, se è alla pace che il booke of fortefyinge è dedicato, o meglio «a coloro che amano la pace e la quiete»,32 costoro sanno di aver bisogno di fortificazioni. Sembra valere nell’arte militare una strategia di difesa simile a quella necessaria a un credente non fanatico. Come il nemico in armi cerca sempre il luogo più inaspettato per attaccare, e dunque questo deve essere, una volta individuato, rafforzato con le migliori tecniche disponibili, cosı̀ Satana, e cioè una radicata tendenza dell’uomo al male, non deve mai essere sottovalutato nella sua ricerca di cogliere il punto debole: i suoi espedienti (gli stratagemmi) sono molteplici e spesso aggrediscono lı̀ dove si pensa di non essere esposti. Occorre circospezione, cioè etimologicamente, capacità di un veduta completa, se chi vuole la pace pensa che essa non sia garantita. Naturalmente in tempi di guerre religiose questo è esattamente il caso, come Jacopo Aconcio ramingo per l’Europa sa bene. Il luogo, l’ambiente è dunque essenziale in questa concezione della difesa. Occorre capire da che parte verrà l’attacco e concentrarsi molto su quel punto. Berwick per gli Inglesi è luogo essenziale da difendere, anche se la tanto temuta alleanza franco-scozzese potrebbe attaccare molto più facilmente da altri punti. Difendersi nel luogo che si crede più sicuro è indicazione strategica di fondo per Aconcio, che ne riproduce lo schema quando tratta dei rapporti tra Chiesa e forze ereticali. La Chiesa (non solo quella cattolica) e le sue gerarchie sono infatti luogo di attacco apparentemente più difficile, ma è invece proprio lı̀ che si cela il punto debole: fortificarsi vuol dire in questo caso tornare alla chiarezza delle Scritture, su cui le chiese si fondano, e lı̀ cercare percorsi che rafforzino, utilizzando esempi e immagini che aiutino nella difficile ricerca della verità. In generale, è la disputa la base della guerra. La disputa è infatti il principale stratagemma di Satana, cioè «l’arte del ragionamento insidioso ispirato 32 Infra, p. 000. — 11 — PAOLA GIACOMONI all’orgoglio e al desiderio di dominio»,33 quello che scava la distanza e insinua l’odio: 34 la disputa mira non alla verità, ma a vincere il confronto. La disputa dunque nel senso antico dell’eristica, l’atteggiamento – criticato aspramente dal Socrate platonico – di chi vuole prevalere e anche sopraffare l’avversario con ogni mezzo e non è interessato al Bene, al Giusto, e al Vero. Da ogni riunione cristiana deve dunque assolutamente stare lontano il desiderio di vincere: uno solo sia lo scopo, che vinca la verità.35 Egli ha scelto di combatterti come una fortezza, con tutte le macchine e ogni sforzo; da parte tua hai assunto la difesa di te stesso. Ora dunque se rilutterai alla verità per sfrenata superbia, non consegnerai la rocca a Satana? 36 La disputa è dunque fino in fondo e letteralmente alla base della logica della guerra: l’idea è eliminare l’avversario, senza mai dubitare di sé, tentando in tutti i modi di distruggere la roccaforte nemica. Scegliere di non difendersi o anche entrare nella logica della vittoria e della sconfitta equivale ad arrendersi a Satana. Il linguaggio militare è esplicito e ripetuto molte volte. Perciò, entrando in una discussione, bisogna che tu faccia come un uomo fortissimo e prudentissimo che deve discendere in singolar tenzone; costui [Satana] infatti penserà a tutte le astuzie per colpire e preparerà per ognuna la parata. Inoltre considererà quelle parti del corpo abbia meno armate, o in cui una ferita potrebbe essere più pericolosa, per difenderle con più circospezione (circumspectum caveat).37 Non si dovrà dunque cedere al nemico, ma resistere, esattamente come una rocca fortificata che controlla tutto il territorio e si arma in modo adeguato per far fronte al nemico pur senza cadere nella sua logica di prevaricazione violenta. Fortificare vuol quindi dire garantire la pace. Il linguaggio bellico diventa molto esplicito nell’Ottavo Libro degli Stratagemata, in cui si sottolinea 33 Cosı̀ sono definiti gli stratagemmi di Satana da J. JACQUOT, Aconctius and the progress of tolerance in England, in Bibliothèque d’humanisme et Renaissance; travaux et documents, Genève 1954. p. 193. Su Aconcio nell’ambito del pensiero sulla tolleranza religiosa cfr. D. CANTIMORI, Jacopo Aconcio in Inghilterra, in Eretici italiani del Cinquecento [ed. or., 1939], Torino 2009, pp. 323-331, J. LECLER, Les Stratagemata Satanae de Jacques Acontius, in Histoire de la tolérance au siècle de la Reforme, Paris 1955, pp. 351-357, H. KAMEN, The rise of Toleration, London 1967, tr. it. G. BERNARDI, Nascita della tolleranza, Milano 1967, pp. 82-84, P. ADAMO, Da Aconcio a Locke: fallibilismo e libera sperimentazione nelle riflessioni europee sulla tolleranza, in V. DINI (a cura di), Tolleranza e libertà, Milano 2001, pp. 23-40. 34 G. ACONCIO, Stratagematum Satanae, Libri VIII, cit., p. 449. 35 Ivi, p. 129. 36 Ivi, p. 135. 37 Ivi, p. 137. — 12 — INTRODUZIONE ancora una volta la necessità di stare all’erta e di sforzarsi di riconoscere il nemico anche quando dissimula. Il pericolo di non riconoscere il pericolo è infatti grandissimo. L’eccesso di sicurezza di chi è convinto di essere lontanissimo da Satana prova al contrario la sua vicinanza: sarà come una recluta inesperta che ha a che fare con un veterano. Sempre all’erta dunque dentro la fortezza come dentro la propria anima. Il rifiuto dello spirito della disputa, maggiore arma di Satana, viene descritto con la precisione di chi conosce perfettamente la differenziata funzione delle armi. Citando la lettera agli Efesini di Paolo, si passano in rassegna i diversi modi per difendersi (anche se qui si escludono le più moderne e ci si affida a una rappresentazione classica): con la cintura della verità (balteo veritatis), con la corazza della giustizia (armato torace iustitiae), con i calzari del Vangelo (calceis evangelii), con lo scudo della fede (clipeo fidei), con l’elmo della salvezza (salutis galea), con la spada dello spirito (gladio spiritus), cioè con la parola di Dio espressa con chiarezza nelle Scritture, e si conclude con la necessità della veglia e dell’abilità nella lotta (pugna).38 Questo credente armato fino ai denti non si tira dunque fuori della mischia con l’atteggiamento stoico di chi sceglie di non mescolarsi alle cose del mondo; non accetta l’argomento che le cose che non dipendono da noi non ci consentono la libertà. Non è ascetico né apatico l’atteggiamento di Aconcio. Del resto la prima discussione teologica, presentata da Aconcio nel Dialogo di Giacopo Riccamati, viene ambientata non nel chiuso di un convento o in un’università, ma all’aperto tra due amici durante una cavalcata che ci lascia immaginare la concrete scene – modernissimo sfondo – nelle campagne e nelle città dell’epoca.39 Non siamo di fronte a un aristocratico rifiuto del mondo e delle cose che non sono sotto il nostro controllo; la proposta è invece quella di dare al confronto con gli altri, che è sempre incerto, lo stile dell’apertura non dogmatica. Con chiunque tu discuta, lui è te stesso.40 La parità nella discussione è presupposto della sua moderazione: nessuno possiede la verità assoluta e dunque nessuno la può imporre. Non ci si deve ritenere infallibili; in questo modo ascoltare può essere istruttivo per ambedue Ivi, pp. 585-591. Cfr. sulla modernità di questo atteggiamento il saggio di D. SIRSI, Il ‘‘Dialogo di Giacopo Ricamati’’, in Jacopo Aconcio, a cura di P. GIACOMONI – L. DAPPIANO, cit., pp. 123-153. 40 G. ACONCIO , Stratagematum Satanae, Libri VIII, cit., p. 149. 38 39 — 13 — PAOLA GIACOMONI le parti. L’insistenza sull’endemica presenza dell’errore, sull’impossibilità di essere certi della verità, benché rappresenti la più chiara venatura ‘‘riformata’’ del pensiero di Aconcio,41 ha valore perché implica l’esigenza della libertà: che ognuno possa esprimere il suo punto di vista, solo cosı̀ la ricerca sarà feconda. La verità non teme alcun confronto, nessuna indagine sulla verità si spaventa per nessuna accusa di eresia. È a Satana che non conviene la libertà,42 come non conviene ai dogmatici che vogliono imporre una verità assoluta e che si impegnano in dispute distruttive, intese solo ad annientare l’avversario. E di questo occorre essere sempre consapevoli, per questo è necessario essere sempre all’erta e difendersi in tutti i modi. La rocca incrollabile non è dunque la rocca della certezza, ma il luogo della ricerca aperta, inquieta e dall’esito incerto, che proprio per questo chiude la porta al dogmatismo. Occorre evitare i «macelli di coscienze» (conscientiarum lanienae) 43 e non solo: a questo occorre resistere, fortificandosi sapendo paradossalmente di non possedere certezze assolute. Una grande lezione di modernità: la fragilità umana, la sua facilità all’errore è il presupposto dell’interesse per l’opinione altrui e per la libertà di coscienza. Non richiede tanto l’intervento della grazia divina, ma si esprime nella concretezza delle opere: quanto più sappiamo di essere soggetti all’errore, tanto più saremo disponibili ad ascoltare la versione altrui, la correzione e la chiarificazione che può provenire da chiunque possieda mente libera e aperta. Del resto lo stesso De methodo inizia con questo tono, con la consapevolezza di non proporre verità assolute, ma anzi di dover correggere i propri limiti intellettuali, ma, proprio in ragione di questo, l’auspicio che altri prendano in considerazione senza prevenzioni le proposte in esso contenute diviene invito a un dialogo esente da preconcetti.44 Questa è la vera roccaforte che esclude gli stratagemmi di Satana, cioè le insidie del modo di ragionare dei fanatici religiosi. La sua stabilità non esime dunque dall’inquieta ricerca di una verità non scontata. E qui si vede quanto di rinascimentale e di italiano sia presente nel pensiero di Aconcio, nel momento stesso in cui sottolinea la fragilità morale e intellettuale dell’uomo. L’atteggiamento del pensatore che fa centro sulla libera 41 Su questo, oltre a i citati testi di P. ROSSI e C.D. O’MALLEY , cfr. anche M. HAUSBERGER, Metodo e fede nell’opera di Jacopo Aconcio, In Jacopo Aconcio, a cura di P. GIACOMONI – L. DAPPIANO, cit., in particolare pp. 82 e ss., in cui si discute della tesi di Erich Hassinger, che sottovaluta l’importanza alla formazione umanistica di Aconcio. 42 G. ACONCIO, Stratagematum Satanae, Libri VIII, cit., p. 415. 43 Ivi, p. 457. 44 G. ACONCIO, De methodo, cit., pp. 81-83. — 14 — INTRODUZIONE ricerca senza dogmi non sempre coincide, come aveva mostrato il rogo di Michele Serveto ordinato da Calvino a Ginevra nel 1553, con le certezze dei Riformati. Tutto il booke of fortefyinge, pur nel suo carattere tecnico, è percorso da questa attenzione, quasi un’ossessione, per l’errore: Aconcio si chiede continuamente come correggere i difetti dei luoghi, come evitare errori nella costruzione della fortezza, come sventare attacchi improvvisi per i quali non si sia pronti, come si possano risolvere i problemi delle mine che il nemico può scavare e simili. L’atmosfera è quella opprimente e inquietante del possibile accerchiamento non previsto, dell’imminente agguato notturno che è necessario sventare, perché può preludere alla fine della libertà. La ricerca dei possibili errori, l’individuazione dei eventuali difetti è fondamentale per chi vuole invece mantenere la pace, ma non può fare a meno di pensare i modi più sicuri per garantirla. Nessun pessimismo tuttavia in Aconcio: proprio la tecnica è quell’applicazione pratica della scienza che non potrà mai presentarsi con le caratteristiche dell’esattezza e dell’universalità. Deve adattarsi alle specificità dei singoli luoghi e deve proporre soluzioni lı̀ dove le misure previste possono risultare limitate o svantaggiose. È su questa base che le tecniche di difesa devono essere giudicate: i vantaggi e gli svantaggi che esse comportano, continuamente messi in luce nell’opera, ne decidono la validità. Questioni di opportunità, di grado di adeguatezza, di livello di adattabilità rispetto a inevitabili errori e difetti, non certo principi inoppugnabili e definitivi sono quelli presentati nell’opera aconciana. Se qualcuno ha parlato di ‘‘fallibilismo’’ 45 per quanto riguarda il suo pensiero religioso, occorre riconoscere che questo si attaglia perfettamente all’uomo pratico, al tecnico Aconcio, o forse si può anche affermare che l’atteggiamento antidogmatico in campo religioso è tutto profondamente intriso dalla consapevolezza concreta dei limiti delle cose dell’uomo. Questo atteggiamento spiega anche un ultimo punto che collega direttamente il booke of fortefyinge agli Stratagemata: l’invito a distinguere ciò che è ‘‘necessario’’ e ciò che è ‘‘indifferente’’, e cioè di ciò che è essenziale da ciò che non lo è. Proprio per evitare errori e dispute non necessarie, Aconcio pensa opportuna in tutti i campi un sorta di ‘‘riduzione della complessità’’, una semplificazione che consenta di mettere ordine nelle infinita moltitudine delle cose del mondo, sia nel campo scientifico-tecnico, sia in quello religioso. Per costruire una fortezza occorre individuare, tra le molte possibilità, quelle 45 Cfr. per questa interpretazione, P. ADAMO , Da Aconcio a Locke: fallibilismo e libera sperimentazione nelle riflessioni europee sulla tolleranza, cit., pp. 23-40. — 15 — PAOLA GIACOMONI indispensabili, le condizioni necessarie per la difesa, che non sono infinite e si possono indicare, queste sı̀, con la massima precisione. Allo stesso modo il credente aconciano cercherà, tra i molti dogmi costruiti nei secoli da una chiesa preda dello stile di Satana, le poche verità irrinunciabili, su cui tutti i cristiani possono essere d’accordo. Nel libro terzo e nell’ottavo degli Stratagemata la ricerca degli elementi necessari per la fede porta all’individuazione di alcuni elementi: la divinità di Cristo associata al potere redentivo della sua morte, la sua resurrezione, e il battesimo.46 Questi punti saranno poi ampliati ma non sostanzialmente modificati nell’esposizione del cosiddetto ‘‘simbolo della fede’’ 47 e saranno presentati non come un’ennesima, e dunque dogmatica, confessione di fede, ma come una sorta di ‘‘programma minimale’’ per un possibile riconoscimento da parte di tutte le chiese cristiane dell’epoca.48 Uno spirito irenico che circolava ampiamente all’epoca nel variegato ambiente degli ‘‘eterodossi’’, entro il quale il Nostro si è assunto tuttavia il compito scomodo, non semplice e forse anche discutibile, di indicare precisi elementi di convergenza possibile. In entrambi i casi, secondo Aconcio, occorre seguire un metodo che non solo metta ordine, ma che individui, nella infinità dei fenomeni della vita, della fede e della natura, ciò che deve essere posto in valore e messo in primo piano, distinguendolo da ciò che è inessenziale e può (e forse deve) essere tralasciato. Le regole devono essere sempre poche, e semplici, espresse in un linguaggio il più possibile chiaro.49 Lo stesso principio vale per Aconcio anche nel campo delle fortificazioni militari, dove la capacità di scegliere tra una molteplicità di opzioni possibili può fare la differenza. Tuttavia la maggior parte di coloro che esercitano quest’arte hanno torto a pensare che è quasi impossibile comprendere tutto sotto certe regole. La varietà di luoghi è, infatti, talmente ampia che ognuno di essi richiede una diversa fortificazione [...] Nonostante le parole e i pensieri degli uomini siano infiniti, tuttavia con l’esperienza vedrete che poche lettere sono sufficienti per concretizzare le parole dette e presentarle in modo che anche coloro che sono assenti e che nasceranno tra molto potranno facilmente conoscere e capire il loro significato.50 G. ACONCIO, Stratagematum Satanae, Libri VIII, cit., p. 195. Ivi, pp. 523-527. 48 Cfr. su questo M. HAUSBERGER , Metodo e fede, cit., pp. 100 e ss. 49 G. ACONCIO , Stratagematum Satanae, Libri VIII, cit., cfr. ad es. pp. 83, 183 e per la chiarezza del linguaggio, p. 523 e ss. 50 Infra, p. 000. 46 47 — 16 — INTRODUZIONE Ma ciò significa che occorre saper distinguere ciò che è essenziale da ciò che è inessenziale. Su tale distinzione il confronto con Aristotele sembra inevitabile. RIDURRE ALL’ESSENZIALE Giorgio Radetti sottolinea come Aconcio non sia «un temperamento speculativo» e dimostra come le sue letture aristoteliche siano prevalentemente di seconda mano,51 dati i molti passi riportati dal commento di Martino Akakia all’Ars parva di Galeno del 1548. Tuttavia Platone e Aristotele sono ripetutamente citati, e non sempre solo come riferimenti generali, sia nel De methodo, dove ad Aristotele si rinvia ripetutamente, sia nel Memorandum sulle fortificazioni di Berwick, ove si cita, anche se di passaggio, il Fedro platonico52 sull’importante questione dell’Uno e dei molti. Di Aristotele Aconcio cita nel De methodo, oltre alle opere retoriche, soprattutto il primo libro del De partibus animalium, come uno dei testi fondamentali per le questioni metodologiche, nonostante sia scritto nel suo stile «obscuro ac spinoso».53 Benché tutta l’impostazione aconciana della conoscenza si fondi modernamente sull’esperienza diretta delle cose del mondo concreto, e «l’intenzionalità pragmatico-empirica» 54 contraddistingua tutto il suo stile, come lo stesso booke of fortefyinge dimostra, alcune affermazioni possono risultare sorprendenti. L’esperienza è sicuramente una delle due basi della conoscenza, accanto alla logica,55 tuttavia si afferma ripetutamente che le realtà universali sono più chiare ed evidenti 56 delle cose singole. Le cose singole, gli oggetti del mondo concreto, pur costituendo il punto di partenza per la definizione di una cosa, ed essendo quindi più note delle realtà universali, non sono tuttavia conosciute distintamente nella loro totalità: ci si fa un’idea di una cosa a partire anche da pochi esemplari, mentre più chiaro appare il genere, o la classe a cui appartengono: proprio per il carattere finito e non assoluto dell’esperienza umana, si conoscono solo «fino a un certo punto (cioè confusamente)»,57 tutti i G. RADETTI, Introduzione a G. ACONCIO, De methodo, cit., pp. 38-39. V. GABRIELI, Aconcio in Inghilterra (1559-1566), cit., p. 339. La stessa citazione anche in De methodo, cit., p. 85. 53 G. ACONCIO , De methodo, cit., p. 78. 54 P. ROSSI , Giacomo Aconcio, cit., pp. 42 e ss. 55 G. ACONCIO , De methodo, cit., p. 105. 56 Ivi, pp. 107 e ss. 57 Ibid. 51 52 — 17 — PAOLA GIACOMONI casi concreti che ne fanno parte. Dunque per ottenere la vera definizione di una cosa occorre un passo ulteriore. E in questo consiste l’importanza del metodo: mettere ordine nell’infinita moltitudine di cose del mondo, ridurre la sua complessità, indicare ciò è indispensabile e mettere da parte ciò che non lo è. Quando Aconcio parla della definizione riprende quasi alla lettera alcune affermazioni iniziali del De partibus animalium: Aristotele afferma che occorre «prendere ogni singola realtà e definirla per se stessa», e cita la natura dell’uomo, del leone e del bue, e più avanti anche del cavallo, come appartenenti al genere animale,58 affermazioni ed esempi ripresi identici da Aconcio 59 che ripropone anche la distinzione tra genere e specie come base per la definizione reale. Seguendo Aristotele, il quale afferma che occorre partire «da osservazioni comuni secondo i generi per poi da ultimo venire alle particolarità specifiche»,60 Aconcio afferma che «prima di tutto bisognerà trovare il genere della cosa» 61 e «il genere comprende sotto di in sé più specie».62 Si deve passare dal genere sommo a quello più basso, fino alle specie prossime, e quindi dividere la specie in altre specie fino alla «cosa stessa». In che modo secondo Aconcio è possibile questo passaggio? Distinguendo l’essenziale, ciò che non può mancare, da ciò che è contingente e non deve entrare nella definizione di una cosa. Per Aristotele l’essenza (logos) delle cose è «il principio dei prodotti della natura come di quelli della tecnica», e corrisponde al fine in vista del quale tutto si muove.63 L’essenza è conoscibile per differenza, e corrisponde alla forma 64 e non alla materia delle cose. Differenza è ciò per cui una cosa si distingue da tutte le altre comprese nello stesso genere, ciò che rende unica quella specie. Anche per Aconcio la differenza è l’essenza, cioè la forma delle cose.65 che è identica alla specie, in senso biologico e anche in un senso più generale, e rende effettivo il fine che le cose realizzano. Le specie sono infatti le cose stesse: delle realtà singole, cioè degli individui, infatti non c’è scienza.66 58 59 60 61 62 63 64 65 66 ARISTOTELE, De partibus animalium (tr. it. G. Giannantoni, Bari, 1973), 639a, 15-16. G. ACONCIO, De methodo, cit., p. 113. ARISTOTELE, De partibus animalium, 639b, 5-6. G. ACONCIO, De methodo, cit., p. 117. Ivi, p. 113. ARISTOTELE, De partibus animalium, 639b, 16. Ivi, 643a, 24. G. ACONCIO, De methodo, cit., pp. 115 e 117. Ivi, p. 101 e p. 119. — 18 — INTRODUZIONE Nonostante i molti avvertimenti che Aconcio poi aggiunge sugli errori che si possono fare nell’individuare le differenze,67 la vicinanza ad Aristotele è chiara. La scelta aristotelica di individuare nella specie (l’esempio è quello dei passeri, delle gru ecc.) 68 e non nel genere (gli uccelli), né nei singoli individui, il vero oggetto della scienza si basa sull’idea che, mentre il genere è solo una costruzione intellettuale, solo la specie realmente esiste; i singoli individui (Socrate, Crisippo) 69 sono invece accidenti, elementi casuali e contingenti. Sono qui le basi del metodo classificatorio secondo il genere prossimo e la differenza specifica, che arriva fino a Linneo e che sarà sbaragliato solo da Darwin. Aconcio non è certo alla ricerca di una classificazione su basi metafisiche, ma in lui si percepisce chiaramente l’esigenza di mettere ordine in una quantità di cose apparentemente eterogenee. Non essendo ancora in vista valide alternative ad Aristotele, la sua autorità sembra comunque utilizzabile per nuovi scopi e secondo un nuovo stile. L’esigenza di ridurre la molteplicità dei fenomeni reali sulla base di poche indicazioni generali mostra allo stesso tempo l’urgenza pratica del discorso aconciano e la sua non ingenuità filosofica: l’esperienza, base di tutta la conoscenza, deve essere guidata e orientata secondo criteri generali, non sempre semplici da trovare: «i precetti che si possono dare intorno al modo di fare una definizione [...] non sono per nulla assoluti»,70 si possono utilizzare varie strade, pragmaticamente a seconda delle necessità. Il tutto partendo dal fine in vista del quale ogni cosa è destinata. Il fine per Aconcio è eminentemente pratico, concreto, e corrisponde a una funzione tecnicamente definibile con precisione e senza ambiguità. Questo è proprio il criterio che viene adottato anche nel booke of fortefyinge Si parte sempre dal fine, che, come abbiamo visto, è la difesa e non l’attacco, e si introducono di seguito dist. inzioni e differenze, seguendo il metodo analitico. Lo stesso vale negli Stratagemata: chiedersi quali sono le verità indispensabili per essere cristiani significa cercare l’essenziale, ciò senza cui il cristiano non può dirsi tale, ciò che costituisce la sua caratteristica irrinunciabile, che unifica all’interno le diverse confessioni (considerate come individui) e le distingue all’esterno dalle altre religioni come specie dal genere (anche se questo è solo implicito negli Stratagemata). E la cosa non è difficile secondo Aconcio: è facile distinguere, anche in campo religioso, ciò che è utile 67 68 69 70 G. ACONCIO, De methodo, cit., pp. 125-135. ARISTOTELE, De partibus animalium, 643a, 34. ARISTOTELE, De partibus animalium, 644a, 25. G. ACONCIO, De methodo, cit., p. 119. — 19 — PAOLA GIACOMONI alla res publica cristiana da ciò che è inutile,71 cioè quei pochi punti che risaltano in mezzo alla molteplicità di dogmi e superstizioni di cui il cristianesimo è pieno. Le fortificazioni vengono a loro volta analizzate con grande attenzione ai particolari e a tutte le possibili varianti di una situazione, o di una tecnica, dalla forma, ai materiali, ai luoghi, fino ai dettagli più minuti, sempre presentati in serie il più possibile complete, che tengono conto dei diversi punti di vista e dei diversi scopi possibili. Non siamo di fronte a una vera classificazione per genere prossimo e differenza specifica, tuttavia la methodus resolutiva di Aconcio procede sempre per divisioni successive cercando di dare conto di tutto ciò che può essere sia strategicamente sia tecnicamente opportuno, e di esaminare un tema per volta in tutti i suoi dettagli specifici, cercando di non tralasciare nulla di essenziale. L’ordine va sempre dal più generale al particolare, dal semplice al complesso, e ogni aspetto viene suddiviso in una serie analitica di punti, in base ai quali le diverse parti della fortezza vengono distinte e presentate con grande precisione. Dalla diverse forme si passa alla materia, cioè ai possibili materiali da usare, come abbiamo visto, sempre riferiti ai diversi possibili fini cui la fortezza deve adempiere. E infine, parlando dell’architetto che curerà il progetto, Aconcio tornerà a sottolineare la necessità fin dall’inizio di uno sguardo complessivo, che sappia individuare gli elementi indispensabili distinguendoli da quelli accessori. L’attenzione alle distinzioni precise, ai particolari importanti, alle diverse possibilità presenti nei diversi progetti proposti rendono il testo concreto e affidabile e al tempo stesso fornito di una cornice metodologica solida ed efficace. Un ultimo elemento non può essere trascurato per rendere evidente la modernità e la raffinata sensibilità di Aconcio, uomo attivo sul campo e pensatore originale: l’insistenza sulla necessaria semplicità del linguaggio, che deve essere, secondo i dettami del De methodo, chiaro e comprensibile, soprattutto se si pensa che i fruitori non saranno intellettuali ‘‘da gabinetto’’, ma uomini che si pongono scopi pratici e puntano – sia il committente che i progettisti e i costruttori – alla realizzabilità concreta dell’opera. Il booke of fortefyinge di Aconcio non è un’opera pensata per vincere dispute verbali, ma per fornire indicazioni pratiche. Emendare il linguaggio da ambiguità e portare chiarezza sui termini metaforici, talvolta oscuri, è essenziale in generale per sottrarci agli errori cui siamo sempre soggetti in quanto esseri finiti 72 e, 71 72 G. ACONCIO, Stratagematum Satanae, Libri VIII, cit., p. 83. G. ACONCIO, De methodo, cit., ad es. pp. 135 e ss. — 20 — INTRODUZIONE nel caso specifico, a evitare decisioni sbagliate di tipo pratico, che potrebbero comportare lavoro inutile e costi rilevanti. Questa intenzione chiarificatrice e ordinatrice del booke of fortefyinge è del tutto evidente e il successo di Aconcio in Inghilterra si deve proprio a questo: benché i lavori per la fortificazione di Berwick vengano poi sospesi da Elisabetta e la sua ristrutturazione secondo le nuove tecniche sia realizzata in epoca successiva, è stato affermato 73 che l’imponenza della fortezza, ancora ben visibile, qualcosa deve anche ad Aconcio, alle sue proposte concrete e al metodo in base al quale erano state pensate, visibile oggi chiaramente nell’opera che per la prima volta qui pubblichiamo. RINGRAZIAMENTI Ringrazio anzitutto Lord Egremont per il permesso di pubblicare il manoscritto finora inedito e Alison McCann, archivista del Record Office di Chichester per la sua disponibilità a decifrarne alcune parti e a chiarire la sua storia. Grazie anche al collega Andrea Giorgi, che ci ha accompagnati al Record Office di Chichester e ci ha offerto la sua preziosa collaborazione di archivista fornendo la descrizione tecnica del manoscritto. Il ringraziamento per il sostegno finanziario, che ha consentito una conclusione positiva del nostro lavoro, va al Dipartimento di Filosofia, Storia e Beni culturali dell’Università di Trento, al Centro Studi Val di Sole e al Comune di Trento. Ringrazio per il supporto fornito al progetto l’Istituto Nazionale per gli Studi sul Rinascimento di Firenze, e in particolare il caro collega e amico Fabrizio Meroi e l’editore Olschki che ha accolto il lavoro in una delle sue prestigiose collane. Ma soprattutto ringrazio i componenti del gruppo di ricerca che ha realizzato questo lavoro complesso e irto di difficoltà perché richiede competenze diversissime, che tuttavia, nelle molte discussioni, a voce e in videoconferenza, siamo riusciti a far dialogare, traducendo talvolta con difficoltà da un linguaggio all’altro, da un metodo all’altro di far ricerca o anche semplicemente di pensare. Ognuno di noi ha discusso apertamente il lavoro altrui: le osservazioni sul non semplice lavoro di trascrizione e di traduzione di Omar Khalaf si sono intrecciate a quelle sulla storia delle fortificazioni con Giovanni Maria Fara, a quelle con Renato Giacomelli sul metodo aconciano e a quelle di tipo archivistico con Andrea Giorgi. Renato Giacomelli inoltre, con il suo lavoro rigoroso e attento sul testo e gli apparati per la loro messa a punto definitiva, ha contribuito in modo rilevante alla realizzazione complessiva del risultato. In conclusione possiamo affermare che l’opera che presentiamo è l’esito di un vero lavoro di équipe, da cui tutti, aconcianamente, abbiamo imparato molto. Infine ringrazio Paolo Rossi per avermi parlato a lungo di questo nostro autore una sera di parecchi anni fa a Città di Castello. 73 L. WHITE jr., Jacopo Aconcio as an engineer, cit., p. 439, V. GABRIELI , Aconcio in Inghilterra (1559-1566), cit., p. 311. — 21 —