@ 7996, Gius.Laterza& Figli MaurizioRidolfi NicolaTranfaglia Primaedizione1996 1946 La nascita della Repubblica Laterza Prefazione Proprietaletterariariservata Gius.Laterza& FigliSpa, Roma-Bari Finito di stampareneli'aprile1996 PoligraficoDehoniano- Stabilimentodi Bari per conto dellaGius. Laterza& Figli Spa cL 20-4955-4 lsBN 88-420-4955-7 A cinquant'anni da quell'awenimento centrale per la recente storia d'ltalia che fu, attraverso il referendum istituzionale e l'elezione dell'Assemblea Costituente, la scelta della repubblica e della democrazia parlamentare, ripercorrere il dibattito di quel periodo, i programmi e la campagna elettorale, la posizione delle principali forze politiche di fronte ai problemi che allora si ponevano (molti dei quali restano ancora insoluti) ci è parso il modo migliore per riflettere sul passato prossimo con un occhio alla crisi attuale della repubblica. È constatazione comune a tutti gli osservatori della situazione italiana la difficoltà della transizione che il nostro paese attraversa da alcuni anni, dopo la crisi del vecchio sistema politico e I'enunciata volonta di crearne - almeno in parte - un altro più adeguato agli anni di fine secolo. Guardare alla maniera in cui i partiti e gli intellettuali traghettarono I'ltalia, appena uscitadalla guerra, verso la fondazione della repubblica è, anche da questo punto di vista, istruttivo: flei documenti che pubblichiamo emerge con chiarezzala paura del nuovo che parahzzòalcune forze politiche, come anche I'entusiasmodellafondazionerepubblicana in quei partiti che si batterono contro la monarchia. Ci furono anche gli incerti, quelli che avrebbero preferito non pronunciarsi.Ma, alla fine, gli italiani decisero. In queste pagine troviamo le ragioni di quella scelta come quelle di chi fino all'ultimo si oppose e, insieme, le concezioni del mondo che le due posizioni esprimevano. La tradizíonerepubblicana e Ie forze polttichedí fronte al referendumdel 2 Siugno di NicolaTranfaglia Si prolunga ormai da quattro anni, con visibili contraddizioni, I'agonia del sistema politico che ha caratterizzato I'esperienzacinquantennaledella repubblica sorta il 2 giugno 1946 e vale sicuramente la pena volgersi a quel momento per ricostruire le speranze e le discussioniche fecero da sfondo a quella scelta decisiva. Bisogna ricordare, in primo luogo, che I'alternativa monarchla/repubblica percorre tutta la storia italiana da quando un grande awenimento europeo - la Rivoluzione francese del t789, seguita dall'espansione napoleonica nel vecchio continente e sfociata nella creazione delle repubbliche nell'ltalia settentrionale- investe I'ltalia e suscita per la prima volta, dopo alcuni secoli,la speranzadi una riscossache porti la penisola, dominata dalle monarchie straniere, a un risorgimento nazionale che preluda all'unificazione nazionale e all'indipendenza. Pietro Verri, Vittorio Alfieri, Melchiorre Gioia sono alcuni tra i precursori dell'idea repubblicananel periodo che segna I'arrivo di Napoleone in ltalia e la nascita delle prime repubbliche nell'ltalia Cisalpina e Cispadana, se si mette da parte l'esperienza giacobina. Ma è Giuseppe Mazzlni, con la sua Giovine ltalia, che lancia nel 1833 una parola d'ordine importante soprattutto perché sottolinea i legami tra il nostro paese e il vecchio continente: uDiamo un'iniziativarepubblicana,noi, primi in Europa'1. Gia in quegli anni non ci sono per Mazzini alternative credibili per I'assolutismoe la repubblica:gli uomini sono destinati a dividersi secondo la linea della democrazia o della schiavitùai tiranni e alle oligarchie. L'esperienzadiretta della Repubblicaromana, proclamata il 9 febbraio 1849 (prima, traumatica (rottura' in un'Europa ritornata, dopo I'awentura napoleonica,sotto il controllo delle vecchie monarchie), la sua azlone nel Triumvirato che la ressee guido la sfortunata difesa, la polemica di quei mesi contro i moderati e contro le visioni che diffidavano delle masse popolari, sono un momento alto della predicazionema anche dell'azionepopolare del genovese e, pur con i limiti messi in luce dagli storici soprattutto nella sua scarsa attenzione ai problemi delle campagne italiane e del contadini, è in lui che si concentra la speranzadella repubblica italiana tra quelli che aspiravano all'unità nazionalema ritenevano che la liberta fosse un punto pregiudizialepiuttosto che una conseguenza pacifica e sicura della raggiunta indipendenza. Tra itanti passi dell'operamazziniana dedicataa questi temi, mi limito a citare I'appello che il genovesescrissecinque anni dopo I'unificazioneitaliana, nel 1866, chiamando a raccoltatutti i democratici italiani proprio nell'AIIeanza repubblicana. ScrivevaMazzini in quel documento: ul-a monarchia - chi sa la storia lo sa - non è istituzione nazionale d'ltalia [...] in Italiala monarchia non rappresentòmoi un elemento di progresso,non si immedesimò moÍ colla vita e collo sviluppo del paese; venuta collo straniero rimase straniera; d'origine servile, fu serva ed è serva un gior1 Sulla concezione repubblicanadi Mazzini cfr. la Nota introduttiva di F. Della Peruta alle pagine del genoveseraccolte nel volume Giuseppe Mazzinr e í de' m o c r a t i c i , R i c c i a r d i ,M i l a n o - N a p o t i1 9 6 9 , c o l l a n aL a l e t t e r a t u r a i t a l i a n a . S t o ' r i o e t e s t í , v o Ì . 6 9 , t o m o l , p p . 2 I 1 s g g . P e r u n a t r a t t a z i o n ep i ù a n a l i t i c a d e l l ' i d e a di Repubblica tra Ottocento e Novecento cfr. il mio La repubblico, in I Iuoghi dells memorio, a cura di M. Isnenghi, in corso di stampa presso Laterza. 6 no, alternando, della Spagna, della Francia, dell'Austria, serva oggi esclusivamentedella Francia imperiale, ma ricadrebbe, se il Bonaparte cadesse,serva d'altruir. Alla monarchia, in altri termini, rimprovera i difetti peggiori: di non essere legata alla nostra storia, di esser nata dalservaggio, di restareservadello straniero. Alla tradizione repubblicana in Italia attribuisce,al contrario, il fiIo rosso praticamenle ininterrotto del progresso e dell'emancipazione dai tiranni interni ed esterni: uFurono repubbliche di capi delle famiglie le comun anze che diffusero i germi dell'italica civiltà prima che Roma fosse. Fu repubblicano il periodo delle grandi cose e della missione unificatricedi Roma. [...] Repubblicanifurono i generosi che di tempo in tempo, protestando colla penna, col pugnale, colle congiure, tramandarono a noi dalla tenebra della servitù principesca la tradizione della libertà, la promessa dell'awenirerz. Negli anni che precedono la conclusione del processo di unificazione nazionale emergono i volti e gli scritti di altri repubblicani che si battono per la repubblica prima di Mazzini e contemporaneamente a lui: dal lombardo Luigi Angeloni, sostenitoredi una confederazionerepubblicana in ltalia, al piemontese Carlo Bianco di Saint-Joroz, autore di un'opera famosa sulla guerra per bande. Per non parlare di Filippo Buonarroti, che coniugava il progetto di una repubblica federale con quello di una società egualitaria, meglio ancora comunista. Ma furono due allievi del filosofo milanese Domenico Romagnosi, Carlo Cattaneo e Giuseppe Ferrari, a sostenere l'idea di una repubblica federale che si presentavacome alternativa alla soluzione avanzata con i suoi scritti e con la sua azione politica per oltre trent'anni da Mazzini. 2 Per il Manifesto di Mazzini, pubblicato dapprima in opuscolo nel 1866, quindi riprodotto nel giornale mazziniano "Unità italiana,, cfr. nel volume Gíuseppe Mazzini, cit., le pp. 813 sgg.; in particolare, perle frasi riprodotte, pp. 823-824. Sul pensiero mazziniano, e repubblicano in genere, cfr. almeno G. Galasso,Da Mazzíni a Saluemini, Le Monnier, Firenze 797 4. In Carlo Cattaneo la contrapposizione rispetto all'opera unificatrice intrapresa dalla monarchia sabauda e - se possibile- ancora più netta e risoluta di quanto appare in Mazzini. uOgni Stato d'ltalia - scrive un anno dopo gli avvenimenti il lombardo nel famoso saggio intitolato Della insurrezíone di Milano nel 1848 e delle successiuo guerra - deve rimanere libero e sovrano in sé. [...] Ogni popolo in casa sua, sotto la sicurtà e vigilanza degli altri tutti. Così ne insegna la sapiente America. Ogni famiglia politica deve avere il separato suo patrimonio, i suoi magistrati, le sue armi. Ma deve conferire alle communi necessitàe allecommuni grandezzeladebita parte; deve sedere con sovrana e libera rappresentanza nel congresso fraterno di tutta la nazione; e deliberarein comuneleleggi che preparano, nell'intima coordinazionee uniformità delle parti, la indistruttibileunità e coesionedel tutto. [...] Non v'è modo a obliterarele disuguaglianze,e disarmare le ambizioni e le insidie dei reguli d'ltalia e dei municipii, se non la mutua tutela di un congresso nazionaleu3.Cattaneo immagina una confederazione di repubbliche sovrane che conferiscano liberamente allo Stato confederale compiti e funzioni di interessenazionale, ma altre competenze e facoltà riservino a se stesse. Una posizione abbastanza simile, almeno nelle linee essenziali,a quella di Cattaneo si ritrova in Giuseppe Ferrari, che trascorre una parte assaiampia della sua vita nella Francia repubblicana e ritorna in ltalia dopo I'unità sedendo in Parlamento nonostante le sue posizioni repubblicane e protosocialiste. ula repubblica - scrive Ferrari nella sua Federazione repubblicona apparsa nel 1851 adunque non può essere che quella emerg ente dalla tradizione, dalla legge, dalle lotte del progresso di ciascun 3 Per il testo definitivo di questo saggio di Cattaneo, da cui è stata tratta la citazione, cfr. il volume Opere di Domenico Romagnosi, Carlo Cattaneo e Giuseppe Ferrari, a cura di E. sestan, Ricciardi, Milano-Napoli r9s7, vol. 68 d e l l a c o l l a n aL a l e t t e r a t u r a i t a l i a n a . S t o r i a e t e s t i , p p . 8 4 7 - 9 9 6 . 8 stato italiano;essanon può esserechele repubblichedi Lombardia,di Venezia,di Toscana,di Roma, di Napoli, di Piemonte,di Parma,di Modena.t...1Le repubbiiche adunquee non la repubblica,che sarebbeil primo principio di un immensoerrore,di un intrigo senzaesempiora. Ferrari pensaa uno Stato confederalecaratterizzatoda un'assemblea, i cui membri sono gli Stati piuttostoche i loro rappresentanti in quantodeputati.Inoltre, perlo scrittore milaneseil nuovo Stato non può non caratterizzarsi in sensorivoluzionarioe il suo nemico principaleè il "sistemadellacristianitàr. Quanto agli obbiettividell'ltaliarepubblicana,Ferrari indica,,1'irreligione e la leggeagraria,r, cioè la visionedi una societàcaratterizzatadalla lotta alle chiesee dal comunismoagrario:non c'è nell'operadel pensatoreuna maggiorespecificazione dei due obbiettivii quali,tuttavia, lo allontananonettamentesia dal progetto di Cattaneo che ancor più da quellomazziniano. A Ferrari puo accostarsi,sia pure relativamente,un altro repubblicano,il napoletanocarlo pisacaneche awerte I'astrattezzadel programma politico dei democratici, soprattuttorispettoa quellemassecontadine checostituisconola maggioranzadellapopolazioneitaliana(specialmente meridionale)e pensaa un movimentosocialistain grado di lottare insiemeper la repubblic a e per il mutamento delle basi sociali su cui poggia la monarchia sabauda. La tradizionerepubblicanavive una lungafasedi latenza nell'etàliberale,in cui la monarchiasabaudariescea costruireil mito delre che ha condotto a termine vittoriosamente la battagliaper I'unificazionedel paesee la maga sullavisionedi Ferraririnvio alvolumedi s. RotaGhibaudi,GiuseppeFer_ rari. L'euoluzionedel suopensiero(l9ss-1g60), olschki, Firenze1969 e al mio lavoroGiuseppeFerrarí e la storia italíana,in Labírinto íta[iano.Il fas c r s m ol ,' o n t i t ' a s c i s m o e g l i s t o r i c i , L a N u o v a l t a l i a , F i r e n z e l g g g , p p . 3 5 r s é g gior parte dellelorze politiche - anche di quelle legate per la loro storia all'idea della repubblica - accetta la situazione e accantona piu o meno apertam ente ogni progetto di rovesciamento dell'istituto monarchico. Negli ultimi decenni del secolo radicali e socialisti, pur all'opposizione, sollevano a parole la questione, criticano singoli atti e scelte del re, ma non ingaggiano in nessun momento una vera e propria offensiva contro una monarchia che non rappresenta soltanto, a livello simbolico, I'unità nazionale, ma che costituisce un centro di potere importante, nell'ambito dello Statuto Albertino del 1848, capace di condizionare i governi liberali che via via si succedono, soprattutto sul piano della politica estera e di quella militare (ma di fatto anche della politica interna). Filippo Turati, il leader effettivo del movimento socialista, afferma più volte che la questione istituzionaleha relativa importanzaper il partito che rappresenta le classilavoratrici, e analoghe dichiarazioni - anche se meno esplicite - vengono dai radicali che partecipano sempre di piu ai governi e ricoprono di frequente incarichi ministeriali di non scarsaimportanza. Isolati appaiono i repubblicani, che a metà degli anni Novanta si costituiscono in partito ma non riescono, aDche per la propria debolezza parlamentare, a fare della questione il punto centrale della piattaforma politica delle opposizioni. Certo, proprio in questo periodo hanno luogo numerosi attentati al re, fino a quello mortale del luglio 1900 contro Umberto I e non mancano le invettive contro la monarchia, ma sono espressioni di piccole minoranze, incapaci di coinvolgere le opposizioni e le classidirigenti dello Stato liberale. Occorrerà attendere la prima guerra mondiale, e soprattutto la Rivoluzlone d'Ottobre con il forte influsso che esercitò sul movimento socialista, peî registrare di nuovo aperte prese di posizione che rimettano al centro il problema monarchico. E ci vorranno le decisioni di Vittorio 10 Emanuele III di offrire I'incarico di governo a Benito Mussolini, capo dei fascisti,e di non intervenire nell'estatedel L924 contro il nuovo presidente del Consiglio, sospettato di essere il mandante dell'assassiniodel socialistaGiacomo Matteotti, per persuadere gran parte dell'opposizione al fascismo, a cominciare dai socialistie dai cattolici, a porre ancora all'ordine del giorno il problema della repubblica. Prodromi di questa svolta furono due episodi awenuti nel primo dopoguerra. Il primo, assainoto, ebbe luogo il 1o dicembre 1979, all'apertura della nuova legislaturadopo le elezioni del novembre 7979 che avevano segnato la vittoria dei socialisti e dei popolari e la sconfitta dei liberali. Allora, e per la prima volta nel Regno d'ltalia, i centocinquantasei deputati socialisti abbandonarono l'aula prima del discorso della corona al grido di uViva la repubblica socialistar. Il secondo episodio riguarda l'iniziativadeldeputato socialista cuneese Riccardo Roberto, che avrebbe poi aderito al Partito Comunista d'ltalia, il quale nel 1920, durante I'ultimo governo Giolitti, presentò un ordine del giorno in cui si chiedeva a Vittorio Emanuele III di andarsene entro otto giorni e si disponeva la confisca di tutte le proprietà dei Savoia. Iniziative I'una e I'altra senza seguito, semmai significative del mutamento di clima che si era verificato nel Parlamento e nel paese dopo la conclusione del conflitto. Tra i politici che nel L919 dichiarano di voler instaurare la repubblica c'è anche Mussolini, che nella riunione di fondazione dei Fasci di combattimento in piazza San Sepolcro a Milano (23 marzo)afferma testualmente:,.Dalle nuove elezionl uscirà un'assemblea alla quale noi chiediamo che decida sulla forma di governo dello Stato italiano. Essadirà: repubblica o monarchia e noi, che siamo stati sempre tendenzialmenterepubblicani, diciamo fin da questo momento: repubblicalr. 11 Ma le elezioni successivesegnano per il neonato movimento una sconfitta che sembra senzaappello, giacché i Fasci raccolgono poche migliaia di voti a Milano e Mussolini sembra politicamente finito. Il fascismo si butta allora nelle campagne della pianura padana, dove riesce a sfondare in pochi mesi. A mano a mano che il movimento e il suo leader carismatico si accostano agli agrari e agli industriali e stringono patti con i liberali, la tendenzialità repubblicana si attenua fino a scolorire del tutto nel discorsoche Mussolinitiene ad Udine 1120settembre 7922. ulo penso - afferma I'agitatore romagnolo lanciando un preciso segnale al Quirinale - che si possa rinnovare profondamente il regime, lasciando da parte I'istituzione monarchica,,5. Il segnale è così chiaro che di lì a poco piu di un mese Vittorio Emanuele III conferirà I'incarico di formare il governo proprio a Mussolini, capo in Parlamento di un piccolo partito che conta trentacinque deputati, ma che la maggior anza liberale investe del compito decisivo di ferrnui" I'avanzatasocialistae ristabilire I'uordine, nel paese. Peccato che i liberali facciano i conti senza I'oste e mostrino di non aver compreso il carattere nuovo del fascismo che, ristabilito I'ordine, non lascia il passo ma instaura una dittatura ventennale. Nel Ventennio la monarchia non viene messa in discussione dal punto di vista ideologico ma da quello che riguarda la gestione del potere: in piu di un'occasione, e sempre di piu a mano a mano che si consolida la dittatura del duce, la presenza e i poteri tradizionali del re secondo lo Statuto Albertino sono visti con sempre maggior fastidio da Mussolini, che accetta a malincuore la udiarchia, di fatto che regge I'ltalia dopo I'ottobre 1922, mal5 Per i[ testo del discorso di San Sepolcro cÍr. Autobíografia del fascísmo, a c u r a d i R . D e F e l i c e . M i n e r v a l t a l i c a ,B e r g a m o I 9 7 8 , p p . 2 3 - 2 5 ; e p e r i l d i s c o r s od i U d i n e , i v i , p P . 1 4 8 - 1 5 8 . I2 grado la copertura costituzionaleche Vittorio Emanuele III continua a garantirgli di fronte alle violazioni sempre più estesedella stessaCarta costituzionale. Furono dunque le \orze che si opposero al fascismo a porre la questione istituzionale negli anni Venti con la maggior ragione costituita dall'indubbio allineamento, pur con qualche distinguo, della monarchia sabaudaal regime fascista.Alcune di esse- in particolare i comunisti nati come sezione italiana dell'lnternazionaleComunista, ma anche gli anarchici - non ebbero esitazioni a puntare sulla lotta alla monarchia: si trattava per i primi di un corollario necessarioall'interno del progetto di Stato socialista,per i secondi di un obbiettivo già presente nei decenni precedenti ma rafforzato dall'esplicita connivenza del re con i fascisti. Per quanto riguarda, invece, le forze presenti nella Concentrazione antifascistadi Parigi, ossia i repubblicani e i socialistinei due tronconi riformista e massimalista,alla sua fondazione nel 7927 si nutriva ancora la speranza che il re si scrollassedi dosso I'alleanza con il fascismo. Solo l'anno dopo, quando il re non fece obiezionialla legge che costituzionalizzava il Gran Consiglio del Fascismo e fissava la rappresentanza politica in senso autoritario con i plebiscitl e le designazioni dei deputati da parte del Gran Consiglio e di fatto da Mussolini, la Concentrazione si decise al gran passo, e in una risoluzione ufficiale dichiarò di uconsiderarecome unica la lotta contro il fascismo e contro la monarchia italianar6. Negli anni Trenta, all'interno dell'emigrazione antifascista,si afferma un movimento come Giustizia e Libertà, guidato da Carlo Rosselli, Emilio Lussu e Silvio Trentin, che ripropone il progetto di Carlo Cattaneo: una repubblica fondata su basi democratiche e federali. 6 Sulla tardiva scelta repubblicanadella Concentrazione antifascistadi Parigi cfr. S. Fedele, Storía della concentrazione antífascísta, Feltrinelli, Milano I978, pp. 28 sgg. 13 Ma e proprio il re a destituire Mussolini il 25 luglio 1943, dopo il voto di sfiduciadel Gran Consiglio, determinando così la caduta del regime. Sicché la monarchia diventa, nella fase confusa dei quarantacinque giorni che separano il rovesciamento del duce dall'armistizio italiano con gli anglo-americani, il punto di riferimento per b forze moderate e conservatrici che si preparano a raccogliere la successione. Da parte sua è proprio Mussolini,da radio Monaco, a riscoprirestrumentalmente,a distanzadi ventuno anni, la bandiera repubblicana dopo il "tradimento, del re, annunciando il 18 settembre t943 la fondazlone della Repubblica Sociale ltaliana, un altro satellite delTerzo Reich nella fase finale della seconda guerra mondiale, quando le sorti del conflitto volgono verso la sconfitta dell'Asse e la catastrofe dei fascismi. uNon è il regime che ha tradito la monarchia - afferma il duce - ma è la monarchia che ha tradito il regime, oDche se oggi è decaduta nella coscienzae nel cuore del popolo; ed e semplicemente assurdo supporre che ciò possa minimamente comprom ettere la compagine unitaria del popolo italiano. Quando la monarchia manca a quelli che sono i suoi compiti, essa perde ogni ragione di vita. Quanto alle tradizioni, ce ne sono piu di repubblicane che di monarchiche. Più che dai monarchici, la libertà e I'indipendenza dell'ltalia furono volute dalla corrente repubblicana e dal suo più puro e grande apostolo, Giuseppe Mazzinl. Lo Stato che noi vogliamo instaurare sarà nazionale e sociale nel senso piu alto della parola, sarà cioè fascista, risalendo così alle nostre originiuT. Curiosa dichiarazionequella di Mussolini, che parla come se non sapesseche la sua sarà una repubblica in tutto e per tutto dipendente dall'esercito nazista o che Mazzini aveva per la democrazia una fede che il fascismo tradì ap7 P e r i l d i s c o r s od i M u s s o l i n ia r a d i o M o n a c o r i n v i o a n c o r a a A u t o b í o q r a f ia del /oscisnrocit., pp. 573-575, T4 pena conquistato il potere. Dall'altra parte, tra i partigiani che nel settembre 7943, e poi sempre in maggior numero nei mesi dell'autunno-inverno di quell'anno, salgono in montagna e formano bande irregolari per combattere nazisti e fascisti, si forma quasi istintivamente - se si escludono i gruppi che si richiamano al re e a Badoglio un atteggiamento critico verso la monarchia sulla basedel giudizio storico e politico. Per loro, ha osservatoGuido Quazza, ule ragioni originarie della lotta e della sua durata non potevano non considerare anche la liquidazionedella monarchia sabauda,o almeno una sua profonda trasformazione, poiche il 28 ottobre 7922, la convivenzae connivenza del quindicennio seguente, I'accettazionedell'alleanzacon la Germania di Hitler, I'acquiescenzaalle leggi razziall la firma della dichiarazione di guerra il 10 giugno 1940 erano fatti inequivocabili ed erano state vissute come condizioni necessarie all'imporsi e alla durata della dittatura fascista,. Intendiamoci: di monarchia e repubblica non si discuteva molto nelle bande partigiàne, giacché I'impegno pressante appariva in quel periodo la sconfitta dei nazisti e dei fascistie in un certo senso il mutamento della forma istituzionaledello Stato che sarebbesorto dopo la vittoria appariva materia del futuro, di un futuro ancora lontano, almeno nel primo anno di guerra civile. Ma nello stesso tempo traspariva con chiarezzadall'esame della situazione politica un giudizio di condanna della monarchia e del suo comportamento nella crisi italiana. (Qualsiasi difesa, quando c'era - ha osservato ancora Quazza - era bruciata dall'evidenza di ogni giorno. L'evidenza del rifiuto da parte del governo del regno del Sud, per il lungo periodo lniziale del movimento partigiano, a qualsiasi tipo di con'ribelli'; tatto con uomini che erano o amavano chiamarsi l'evidenza della prova diretta, anche dopo, di presenze dell"altra ltalia' soltanto individuali. Anche nella grande 'estate partigiana'delle 'zone libere',cioè nel pieno di suc- 15 'missioni' 'lanci' paracadutate e le cessidella guerriglia, i furono per la grande maggioranza non del governo del Sud, ma degli anglo-americani. Le notizie della propaganda e del CLNAI, del resto molto discontinue e incomplete presso le bande impegnate generalmentenelle operazioni belliche, non potevano modificare un rapporto nel quale la monarchia appariva segnata dal non aver neppure voluto impegnare nella regia armata l'erede al trono, il quale si era comportato ben diversamenle riguardo alla guerra fascista,accettando di comandare le armate gettate da Mussolini sul fronte occidentale negli ultimi giorni della guerra con la Franciars. Questa, in e{fetti, è la situazione dei partigiani combattenti, se si escludono le bande dei badogliani e degli autonomi, dove sono presenti tendenze più possibiliste riguardo alla dinastia e, in qualche caso, addirittura difese appassionate dei Savoia, o almeno dell'eredeal trono, il futuro Umberto IL Altro e il discorso che si deve fare - pur con lo spazio limitato di queste pagine - a proposito dei partiti politici che si presentano sulla scena all'indomani della Liberazione, a prescindere dal ruolo centrale o secondario che hanno avuto nei venti mesi della guerra civile. Il Partito d'Azione che con i comunisti fu, senzaalcun dubbio, la forza politica maggiormente presente nella lotta grrtigiana, assunseassai presto una posizione precisa sulla questione istituzionale, in parte riallacciandosi alle formulazioni del movimento di Giustiziae Libertà negli anni Trenta, in parte elaborando le esperienzesoprattutto di quegli esuli che durante il Ventennio avevano conosciuto direttamente i sistemi politici dell'Occidente democratico, cioe dell'Europa e degli Stati Uniti. Già nei Sette Punti resi noti dal partito nel luglio 8 C f r . , p e r i g i u d i z i c i t a t i , i l s a g g i od i G . Q u a z z as u L o q u e s t í o n e í s t i t u z i o n a l e n e l l a g u e r r a d i L i b e r a z i o n e , i n L a n a s c i t ad e l l a R e p u b b l í c a ,A t t i d e l c o n vegno di studi storici, Archivio Centrale dello Stato, Presidenzadel Consiglio dei M i n i s t r i ,R o m a 1 9 8 7 , p p . 4 1 s g g . I6 7942, un anno prima del crollo della dittatura e del successivo armistizio, gli azionisti individuavano nelle pesanti responsabilitadella monarchia per I'appoggio dato al fascismo e alla guerra accanto ad Hitler I'esigenza inderogabile di un regime repubblicano. E, a pochi mesi dall'inizio della Resistenza,nella dichiarazionecongiunta firmata a Chivasso dagli azionisti della Valle d'Aosta e della Val Pelliceil 19 dicembre 1943 si parlava,in maniera più precisa, di uun regime repubblicano federale a base regionale o cantonalere. Nelle successiveprese di posizione del Partito d'Azione, il progetto di una repubblica democratica (che per alcuni avrebbe dovuto avere un carattere presidenziale) intesa come un ordinamento î.ederale,,o almeno caratterizzato da larghe e concrete autonomie locali, ritorna di continuo; e in effetti assainumerosi sono i passi in cui il tema viene affrontato all'interno di una prospettiva di urivoluzione democratica, dell'ltalia che non segni il ritorno all'ordinamento liberale prefascistama ponga il paese al livello delle grandi democrazie occidentali.Purtroppo quel disegno ambizioso venne sconfitto per la netta opposizione della Democrazia Cristiana e dei liberali, oltre che per la scarsaconvinzione con cui gli altri partiti della Sinistra, a cominciare dai comunisti, seguirono il Partito d'Azione in quella battaglia. C'era su questo punto una vera incomprensione tra gli azionisti e gli esponenti dei due maggiori partiti della Sinistra, i socialistie i comunisti: per questi ultimi, l'obbiettivo di fondo era quello di creare, attraverso la soluzionerepubblicana,una democrazia socialein grado di preparare la reallzzazione del socialismo secondo i dettarni di Marx e di Lenin. e Per le prese di posizione del Partito d'Azione rinvio alla Sforio del Partíto d'Azione, di G. De Luna, Feltrinelli, Milano 1981. Sull'atteggiamentodelle forze politiche di fronte alla scelta referendaria cfr. A. Gambino, Sroriq del dop o g u e r r a . D a l l a l i b e r a z í o n ea l p o t e r e D c , 2 v o l l . , L a t e r z a , R o m a - B a r i 7 9 7 8 , in particolare vol. I, pp. 183 sgg. t7 La formula della udemocraziaprogressiva, di cui parlava Togliatti, e rispetto alla quale i socialistisi dichiaravano sostanzialmented'accordo (ancheal di la di ogni ragionamento sulla udoppiezza,di cui gli awersari accusavano il leader comunista e che egli stesso,a suo modo, ammetteva), comportava necessariamentela collaborazione organica tra itre partiti di massa- democristiani,socialistie comunisti - nella costruzionedel nuovo Stato e l'esame della questioneistituzionaleall'interno di un quadro politico più ampio. Nell'inverno del 7945, mentre incomincia a profilarsi lo spettro di uno scontro tra gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e I'Unione Sovietica- gli antichi alleati della guerra contro ilTerzo Reich, divisi ormai dall'espansionecomunista nell'Europa orientale oltre che dalle opposte ideologie - la caduta del governo Parri e l'insediamento del primo governo De Gasperi segnano indubbiamente un esaurirsi della solidarietà antifascistatra i partiti presenti nel Comitato di Liberazione Nazionale. E il conflitto si concentra proprio sulla scadenzaelettorale, sui poteri che dovrà avere I'Assemblea Costituente, sull'obbligatorietà o meno del voto popolare. Il partito cattolico e isuoi alleati (in particolare i liberali) si battono con successoper una duplice limitazione dei poteri dell'AssembleaCostituente: sia nel senso di lasciare al governo I'attività legislativaordinaria durante i lavori dell'Assemblea, sia di demandare alvoto popolare la questioneistituzionaleattraversoun referendum. Intendiamoci: a cose fatte non è detto che la scelta assunta allora di porre a tutti gli italiani, piuttosto che ai loro rappresentanti eletti, la questione istituzionale sia da giudicare negativamente. Non c'è dubbio che nell'Assemblea Costituente esistesseuna maggioranza netta per la repubblica, ma questo non avrebbe eliminato le recriminazioni dei monarchici sul carattere indiretto della pro18 nunzia, sulla maggiore democraticità di un referendum popolare capace di coinvolgere tutta la popolazione. Certo i monarchici speravano proprio attraverso il referendum di vincere la partita e se le forze politiche di Centro e di Centro-Destra si batterono per quella soluzione, ciò dipese probabilmente piu dal desiderio di compiocere la monarchia e chi aveva il timore del usaltonel buio, che da un'esigenzadi maggior democraticità, Ma questo, dal punto di vista storico, conta assai relativamente. Le elezioni,indette dopo vari rinvii per il 2 giugno 1946, rivelarono (come era inevitabile)molte incertezze teoriche e contrasti, anche tra forze politiche affini, sul progetto di repubblica cui dar vita; segnarono una spaccatura innegabile tra un Sud prevalentemente monarchico e un Centro-Nord repubblicano. In compenso, diedero alla scelta repubblicana il carattere di un chiaro voto popolare, e in questo senso fornirono ai lavori dell'AssembleaCostituente il miglior viatico per disegnare la nuova Carta fondamentale. T9