TAXE PERCUE
TASSA RISCOSSA
TORINO CMP
Poste Italiane s.p.a.
Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003
(conv. in L. 27/02/2004 n°46)
art.1, comma 2, DCB Torino
S
Anno 18 / n3
Ottobre - Dicembre 2012
Promozione alute
Notiziario del CIPES Piemonte
Confederazione Italiana per la Promozione della Salute
e l’Educazione Sanitaria - Federazione del Piemonte
XV Conferenza Nazionale HPH&HS
INVESTIRE IN SALUTE: SISTEMI E RETI PER OTTIMIZZARE I RISULTATI
La rete HPH & HS,un fondamento essenziale e non accessorio, utile per promuovere
sistemi, reti e percorsi in un contesto sanitario in fase di riorganizzazione
8 Novembre 2012 - TRIESTE - Stazione Marittima
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Promuovere la salute
Promozione Salute
VENDESI PRONTO SOCCORSO
Ho qualche debituccio. La crisi ha colpito duro anche le mie
finanze. Per fortuna i miei genitori erano stati capaci, con tanti
sacrifici, di mettere da parte qualcosa e trasformarlo in un
monolocale al mare dove passo le mie vacanze senza dover pagare
gli esosi affitti che altrimenti dovrei sborsare o, anche peggio gli
impossibili prezzi degli alberghi.
Ma adesso sono obbligato a vendere il monolocale altrimenti non ce
la farò più ad andare avanti.
Pagherò i miei debiti ma ... non andrò più in vacanza. Non potrei
permettermelo. Però cosa volete che ci faccia, ho visto che anche la
Regione Piemonte vuole fare la stessa cosa.
Vuole pagare i debiti della Sanità vendendo gli ospedali piemontesi.
Avrete subito pensato che con i soldi ricavati, o almeno con una
parte, si costruiranno nuovi ospedali.
Invece no. Se va bene quei soldi basteranno per pagare l’affitto degli
ospedali per non più di 7 o 8 anni.
Già, perché mica vendono gli ospedali per chiuderli, ma per
affittarli. Geniale vero?
Sono curioso di vedere gli annunci: VENDESI OSPEDALE ,
300.000 mq. Ottima esposizione, parcheggio interno, 250 bagni,
mensa, cucina, Classe energetica G. Da ristrutturare.
Già mi vedo però un ufficiale giudiziario che entra in sala
operatoria mentre il mio amico Salizzoni sta trapiantando un
fegato e gli consegna lo sfratto per morosità. Si sa che con i tempi
di pagamento della Pubblica Amministrazione il rischio è anche
questo.
Per questo qualche idea si potrebbe prendere dalle esperienze
passate. A Cave in provincia di Roma, nel 1909 venne realizzato
un ambulatorio medico-chirurgico per il pronto soccorso con i
proventi di una lotteria patrocinata dal Presidente del Consiglio dei
Ministri Giovanni Giolitti.
L’ospedale aveva anche il compito di distribuire gratuitamente
le medicine ai poveri del luogo. Premesso che sono disposto a
continuare a pagare il ticket sui farmaci, per favore, non vendete
quello che i nostri vecchi ci hanno lasciato.
Claudio Mellana - [email protected]
Ce.Do si rinnova
Dopo più di quindici anni di attvità,
durante i quali sono stati catalogati
prevalentemene libri e atti di convegni,
il nostro Centro di Documentazione
(Ce.Do) dallo scorso mese di settembre
si presenta in una nuova versione che è
disponibile all’indirizzo:
http://www.cipespiemonte.it/cedo.
Dopo una fase di archiviazione di
materiale più “storico” si è posta l’esigenza
prevalente di catalogare documentazione
prodotta recentemente, di più vasto
interesse e di diversa provenienza.
Ce.Do è stato completamente rivisto
nell’interfaccia ed è estremamente
semplice nelle modalità di accesso,
incorpora il collegamento ai più
importanti motori di ricerca in rete,
ai siti di Enti e Istituzioni nazionali
e internazionali di riferimento per la
promozione della salute e ad altri centri
di documentazione e banche dati di
interesse specifico.
Attualmente consente di accede ad oltre
3.000 documenti (e relativi abstract), un
terzo dei quali consultabili direttamente
on line, relativi a pubblicazioni, atti di
convegni, articoli tematici, relazioni su
progetti inerenti alla promozione della
salute, etc.
Ce.Do. è aperto ad accogliere materiali
prodotti da quanti (enti locali,
associazioni, aziende sanitarie e altre
organizzazioni) lavorano sui temi della
prevenzione, dell’educazione sanitaria
e della promozione della salute; chi
ritenesse di mettere a disposizione di altri
operatori del settore propri documenti di
interesse generale, può inviare, segnalare
tali documenti a CIPES Piemonte
[email protected]) che, dopo
una rapida istruttoria, provvederà a
pubblicarli sul sito.
Un ringraziamento particolare per la
realizzazione di questa nuova versione va
al socio Massimo Marighella.
Tommaso Cravero
[email protected]
Promozione Salute
Territorio
e prevenzione
Il Ministro Balduzzi, nel giugno scorso a Venezia, nell’ambito della manifestazione Guadagnare Salute, ha sottolineato con grande forza il valore della campagna europea “la
salute in tutte le politiche” di cui Guadagnare Salute è in
parte elemento attuativo. Uno stralcio della comunicazione
del Ministro è riportato a lato. Mi limito, quindi, a fare solo
alcune considerazioni:
Dal 2008 , quando a Roma si è approvato il documento
Guadagnare Salute, non si è fatta molta strada, innanzitutto non si è colto il valore profondamente innovativo dell’approccio. Dire che la salute è in stretto rapporto
con le politiche, vuol dire prendere atto che passi decisivi
in avanti potranno esserci se la sanità prenderà atto della propria incompetenza operativa nella maggior parte dei
problemi di prevenzione e quindi della necessità di creare
nuove condizioni di rapporto con i decisori, siano essi nelle istituzioni territoriali, siano essi nelle attività economicoproduttive. Ma questo rapporto non è automatico, anzi,
va ricercato e costruito con un impegno non certo favorito dalla attuale condizione economico sociale. Dobbiamo
esser chiari: senza questo rapporto la sanità non può che
realizzare risultati marginali, anche nel suo stesso ambito.
La recente proposta di riorganizzazione sul territorio delle
attività sanitarie crea le condizioni di un possibile e rinnovato impegno sul territorio. I servizi territoriali,
che hanno un contatto continuo con i cittadini anche quando questi non hanno bisogno di prestazioni sanitarie, sono
l’unico livello del SSN capace di dialogare con il cittadino e di farsi tramite di un rapporto con le istituzioni locali
e quindi con i responsabili delle attività produttive e delle
organizzazioni sindacali che operano sul territorio. Salute e non solo sanità è il salto di qualità che deve essere
compiuto, realistico solo con un nuovo rapporto con i cittadini e con quanti con essi interagiscono quotidianamente.
Le migliorate attività territoriali del SSN si pongono anche il
corretto obiettivo di un più razionale uso delle risorse umane a disposizione. Spostare, quando possibile, attività sanitarie dall’ospedale al territorio può voler dire usare meglio
le risorse disponibili e anche spendere di meno. Affrontare
in questo momento anche il capitolo della prevenzione, può
voler dire evitare o ridurre sofferenze inutili ai cittadini ma
anche evitare spese inutili da dedicare a migliori finalità.
E’ una visione unitaria nuova e corretta, che recupera il trinomio su cui si era fondata la riforma sanitaria del
1978: prevenzione-cura-riabilitazione. Il suo successo
dipenderà anche dal sostegno che riusciremo a dargli.
Sante Bajardi, Presidente CIPES Piemonte
“Prevenzione: strategia fondamentale per il SSN”
Il ministro della Salute, durante il suo intervento alla
manifestazione organizzata a Venezia il 21/22 giugno
nell’ambito delle iniziative previste dal programma Guadagnare Salute, ha affrontato in termini diretti e non
equivoci il tema della prevenzione. “C’è un’idea nuova,
la salute in tutte le politiche, ma siamo solo a metà del
percorso”.
Durante il suo intervento il ministro Balduzzi ha evidenziato come “l’attenzione sui fattori di rischio (alimentazione scorretta, inattività, tabagismo, abuso di alcol)
dev’essere a 360 gradi”. Ma Balduzzi ha ribadito che
“l’obiettivo dei poteri pubblici è quello di investire sulla
prevenzione per mettere in condizione le persone di
compiere scelte di salute responsabili e consapevoli”. Il
ministro ha poi indicato la strada da seguire: “Bisogna
fare rete per promuovere strategie intersettoriali capaci
di favorire scelte di salute, a livello regionale e locale.
E per fare ciò è fondamentale rafforzare l’ alleanza con
scuola e Regioni per fare prevenzione e promozione
della salute”. “Perché – ha spiegato il Ministro – la prima
prevenzione è quella che si fa sul territorio. E poi uno dei
principali interlocutori sono proprio le Regioni”.
In questo scenario il Ministro ha evidenziato come sia
decisiva “la valutazione dell’impatto delle politiche sulla
salute, che dovrebbe essere strutturale”. Balduzzi ha
poi sottolineato come “i dati dei sistemi di sorveglianza
ci dicono che obesità e sovrappeso sono in continuo
aumento, soprattutto tra i bambini. Troppi dolci è questo
il nucleo del problema e per questo bisogna rafforzare anche l’alleanza con i pediatri, i primi mediatori della
prevenzione”.
Il Ministro ha concluso il suo intervento segnalando
come sulla prevenzione ci sia “ancora da fare, perché
rispetto alle cure e alla riabilitazione, la prevenzione è
meno standardizzata. E per questo ci vuole un coordinamento e una collaborazione costante tra le istituzioni”
e tutti gli attori in gioco.
E’ possibile ascoltare l’intervista rilasciata dal Ministro
a margine del suo intervento all’indirizzo www.youtube.
com/watch?v=ikZ_waPr6SQ
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Promozione Salute
Focus HPH & HS
Focus HPH & HS
PRESENTAZIONE DELLA XV CONFERENZA DELLA
RETE HPH & HS - TRIESTE 8 NOVEMBRE 2012
Nello schema di Piano Sanitario Nazionale 2011-2013
si afferma: “ (…) Accanto alle attività istituzionali è necessario che ogni operatore sia consapevole che è
un proprio impegno lo sviluppo della partecipazione e
dell’empowerment dei cittadini, agendo anche nell’ambito della rete HPH (Health Promoting Hospitals and
Health Services) “.
Condividendo i principi del programma ministeriale Guadagnare Salute, la XV Conferenza Nazionale HPH & HS
intende trattare i temi fondamentali della promozione
della salute in una visione unitaria e integrata lungo le
due direttrici fondamentali: i setting e le fasce di età.
Il programma della conferenza intende focalizzare le
buone pratiche delle regioni aderenti alla rete HPH &
HS nell’applicare metodi efficaci di lavoro in rete e di
alleanze stabili, il tutto finalizzato al recupero dell’unitarietà del percorso assistenziale che, comincia nella
comunità, transita nei servizi sanitari e negli ospedali
e rientra nelle funzioni della comunità. La visione che
caratterizza la rete HPH & HS mira a definire una nuova governance, che sia in grado di articolare armonicamente e consapevolmente tutte le potenzialità di un
comunità per un obiettivo comune che è la salute delle
persone. Uscire dalla logica dei “muri” di competenza
della frammentazione specialistica per andare verso
l’integrazione sinergica delle azioni fra i vari servizi , necessita di spazi di dialogo e collaborazione strutturati e
stabili con ambiti e portatori di interesse extrasanitari.
PERCHÉ LA RETE HPH PIEMONTESE
DEVE CONTINUARE AD OPERARE
Nel giugno 1997 la CIPES Piemonte ha iniziato la
collaborazione con l’Ufficio di Vienna dell’OMS per
attivare nella nostra regione la Rete degli Ospedali
per la promozione della salute, allora diretta da Mila
Garcia Barbero per la Direzione Europea dell’OMS e
da Jurgen Pelikan per il Boltzmann Institute di Vienn,
responsabile del coordinamento scientifico.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha favorito la costituzione della rete internazionale degli Ospedali e dei Servizi Sanitari per la promozione della salute
con l’intento di diffondere negli ospedali e negli altri servizi sanitari i principi, gli approcci e i metodi di promozione della salute, intesa come “processo che consente
alle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla” (Carta di Ottawa, 1986).
Quello della salute, del benessere e degli stili di vita sani
è un tema ormai universale e trasversale, su cui possono e devono convergere non solo il sistema sanitario
ma tanti altri stakeholders: dall’ambiente alla scuola,
dall’agricoltura al turismo, dall’urbanistica ai trasporti,
fino allo sport e al terzo settore. Del resto, la salute della
popolazione è un fattore ormai riconosciuto della crescita economica e da valorizzare: la popolazione sana lavora, produce ed ha una minore richiesta di assistenza
sanitaria. Tanto più in un periodo di crisi come questo,
allora, investire nella lotta alle malattie croniche e nella
prevenzione non è soltanto eticamente giusto perché
quello alla salute è un diritto universalmente riconosciuto, ma è anche “conveniente” per costruire un modello
di società più sostenibile. Questo approccio è stato sottolineato dai rappresentanti del Ministero della Salute al
recente convegno Le sfide della promozione della Salute tenutosi a Venezia (21-22 giugno 2012).
Promozione Salute
Il programma si articola in due sessioni: quella della
mattina privilegia gli approcci metodologici e innovativi efficaci, che nelle varie fasce target si propongono
di dare una visione sistemica dell’approccio di promozione, prevenzione e assistenza, scegliendo tali buone
pratiche tra le eccellenze nazionali grazie al contributo
dei coordinatori di rete.
Nel pomeriggio ci saranno due percorsi distinti: da una
parte si entrerà più nel dettaglio pratico rispetto ai temi
della mattina, dall’altra si farà un approfondimento monotematico dedicato alla Salute e Sicurezza del porto.
Nella sessione che affronta la continuità con la mattina, le migliori buone pratiche selezionate dal comitato
scientifico si metteranno a disposizione dei partecipanti focalizzando due punti di vista molto importanti: uno
che accende l’attenzione nei confronti dell’adesione agli
standard del Manuale HPH, l’altro che mantiene la suddivisione per target di età. In entrambi i casi, dovranno
emergere i criteri di empowerment, intersettorialità, reti,
alleanze e sistemi sostenibili di governance.
Nel workshop dedicato alla Salute e sicurezza del porto,
si prevede un incontro tra gli esperti di diverse realtà regionali, sia della Sanità che degli Enti e delle Istituzioni
coinvolti nelle alleanze.
Seguirà la tavola rotonda fra tutti gli stakeholders della comunità, a dimostrazione che una volta stabilite le
modalità di azione più efficaci all’interno della sanità, ci
si può rivolgere all’esterno per definire insieme agli altri
decisori della comunità le linee progettuali e conoscere
gli altri sistemi organizzativi per meglio interagire a favore del benessere dei cittadini.
La fase conclusiva sarà dedicata alla premiazione dei
poster attraverso gli stessi criteri sopraelencati.
Cristina Aguzzoli
A 15 anni dalla nascita della Rete Piemontese, in un
momento in cui la crisi economica ha reso difficile il
finanziamento dei progetti in tutti i Paesi dell’Unione
europea, si pone il problema della opportunità di
proseguire a impegnarsi nello sviluppo della Rete.
Certamente molte cose sono cambiate in questi 15
anni e temi che sono stati oggetto di progetti nelle
fasi iniziali, quali quello degli ospedali liberi dal fumo
e della sicurezza negli ospedali, oggi potrebbero
apparire superati (ma non è così!) dalle normative che
hanno recepito istanze e fornito risposte istituzionali.
Sicuramente vi è stato in questi anni un importante
cambiamento culturale frutto dell’insegnamento dei vari
documenti dell’OMS dalla Carta di Alma Ata a quella di
Tallinn che hanno posto l’accento sulla centralità della
persona e sulla necessità di passare dalla prevenzione
delle malattie alla promozione della salute. A questo
punto è doveroso porsi la domanda se la Rete, così
come è stata concepita, ha ancora una funzione
specifica da svolgere oppure se stia avviandosi sul
pericoloso percorso dell’autoreferenzialità che è
purtroppo la norma in Italia per molti organismi che
sopravvivono alle finalità per cui erano nati.
La domanda posta in questi termini, tuttavia, non è
corretta. Credo sarebbe meglio chiedersi se il modo di
operare della Rete coi suoi progetti sia ancora valido o
se non si debba agire per costruire quello che ancora
manca, cioè la coscienza della responsabilità di
ognuno per la salute di tutti, creando una alleanza per
la salute che veda come protagonisti i singoli cittadini,
prima ancora che le istituzioni e le professionalità.
E’ questo ancora un compito degli Ospedali? Credo
di sì, anche se non più in modo esclusivo, perché
all’Ospedale guarda ancora il cittadino come luogo
centrale per la propria salute; per poter svolgere
questo ruolo l’Ospedale deve modificare il suo modo
d’essere superando la visione orientata alla malattia e
imperniata sul medico.
L’Ospedale dovrà tornare ad essere quello per cui è
nato, così ben delineato in antichi documenti, quali gli
Statuti di Torino del 1360, con un ospedale per ogni
parrocchia, responsabile del benessere delle persone
del quartiere e fornitore dei servizi assistenziali
e sociali prima ancora che sanitari dai quali tale
benessere dipende.
I progressi delle Scienze Mediche hanno portato a
una visione centrata solo sulla malattia, come evento
biologico avverso e sul medico come depositario delle
conoscenze scientifiche necessarie a dominarla. Una
mentalità pericolosa che svaluta il paziente e i suoi
famigliari e la società stessa che pure sono i primi
artefici del benessere della persona e della società,
ma che persiste nella “evidence based medicine” di
cui si riempiono la bocca ancora troppi medici negli
ospedali.
Per fortuna qualcosa sta cambiando e ne sono
prova la recentissima riforma del servizio sanitario
nazionale italiano, che prevede gli ambulatori dei
medici di base in funzione sette giorni su sette e 24
ore al giorno, qualcosa che riproduce l’ospedale di
quartiere di Torino 1360; la presa di coscienza che gli
aspetti psichici ed emozionali ben più che quelli fisici,
hanno un ruolo nel determinare la perdita di salute
dei pazienti e i seminari interattivi medici-pazientifamiglie, che per alcune patologie vengono attivati da
Associazioni quali l’AIL e da alcuni Reparti Universitari
e Ospedalieri più illuminati, come l’Ematologia delle
Molinette) o che sono oggetto di sperimentazione,
come nell’ambito del progetto internazionale Heppy,
coordinato dall’Ospedale Gradenigo di Torino (vedi
articolo in questo numero).
E’ proprio questo il ruolo che deve assumere la Rete
degli Ospedali per la promozione della Salute se
vuole continuare ad avere una ragione di essere. Per
questo, proprio perché Torino, oggi come nel 1360,
è all’avanguardia nell’ attenzione al benessere di
ogni persona, ritengo che la Rete HPH del Piemonte,
abbia ragione non solo di continuare ad esistere e
ad operare, ma di trovare nuovo e convinto sostegno
da parte dei maggiori Enti istituzionali regionali e da
parte delle Aziende Sanitarie.
Luigi Resegotti
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Promozione Salute
Focus HPH & HS
IL BAMBINO MALTRATTATO:
MIGLIORARE IL PERCORSO DI CURA
Considerando che maltrattamento e abuso sessuale si
manifestano prevalentemente in ambito familiare e in situazioni dove, spesso, sono accompagnati da aspetti di
problematicità e di disagio sociale, si comprende come
siano difficili da intercettare tanto da considerare la sensibilizzazione di tutti coloro che vengono a contatto con
il minore uno degli strumenti più efficaci.
Il tema dell’abuso sessuale ha conosciuto maggiori sviluppi grazie al Gruppo di lavoro per l’abuso e il maltrattamento presso il Ministero della Salute, che ha curato
la stesura di un documento su “Requisiti e raccomandazioni per una valutazione appropriata” dell’abuso sessuale nei bambini prepuberi, pubblicato nel 2010.
Il maltrattamento verso i minori costituisce un grave e
purtroppo diffuso problema sociale; persiste però una
sottostimata segnalazione da parte degli operatori che
vengono a contatto a vario titolo (educatori, insegnanti,
pediatri, infermieri, allenatori, animatori, sacerdoti, ecc.)
con i bambini , sia per scarsa capacità di riconoscere i
segnali precoci di maltrattamento, sia per non consapevolezza delle modalità e delle possibilità di intervenire in
modo preventivo e non punitivo.
Il maltrattamento infantile costituisce una delle principali cause di lesione e di morte durante l’infanzia; negli Stati Uniti nel 1982 uno studio ha valutato che circa
1.600.000 bambini ogni anno sono vittime di maltrattamento e abuso.
Secondo l’OMS nel 2000 quasi 60.000 bambini sono
morti per maltrattamento, ma le morti rappresentano
solo la punta dell’iceberg del fenomeno perché per fortuna si verificano in una piccola percentuale di casi.
La tipologia di abuso/maltrattamento predominante varia
in relazione all’età e al sesso del minore: i maschi sono
più frequentemente vittime di maltrattamento, mentre le
bambine di abuso, infanticidio e trascuratezza. Inoltre i
bambini più piccoli sono a maggior rischio di maltrattamento fisico (tra 0 e 4 anni si verifica il maggior numero
di maltrattamenti), mentre i minori in età puberale ed
adolescenziale risultano essere maggiormente vittime
di abusi sessuali.
La definizione di abuso va intesa in senso ampio come
tutti “gli atti e le carenze che turbano gravemente i bambini e le bambine, attentano alla loro integrità corporea,
al loro sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le
cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o lesioni di
ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di terzi” (IV Seminario Criminologico-Consiglio
d’Europa, Strasburgo-1978).
Sono quindi compresi la trascuratezza, il maltrattamento
fisico, il maltrattamento psicologico, l’abuso sessuale, la
violenza assistita, lo sfruttamento del minore, fino alla
ben definita sindrome di Munchausen.
Sul maltrattamento non esiste, ad oggi, invece un documento nazionale che – al pari di quello sull’abuso – offra
un sintetico compendio degli elementi necessari per una
precoce individuazione e una corretta semeiotica medica ad uso degli operatori sanitari più esperti, ma anche
di quelli che per la prima volta si trovano ad affrontare
un caso sospetto.
Vista l’importanza del problema, da tempo il CIPES
e la Rete HPH hanno attivato un gruppo di lavoro sul
tema dell’abuso e della violenza su donna e minori, con
l’obiettivo di sviluppare progetti e attività di diffusione di
iniziative, affinchè la sensibilità, l’attenzione e la capacità di riconoscimento, di prevenzione e di intervento migliorino costantemente.
Il gruppo di lavoro, composto da personale sanitario e
da rappresentanti di altre professioni (insegnanti, assistenti sociali, avvocati), ha deciso di condividere la costruzione di un documento che:
•
identifichi gli aspetti sintomatologici e clinici utili a
porre il sospetto diagnostico di maltrattamento;
•
definisca gli elementi organizzativi per la gestione
del percorso di presa in carico di un bambino maltrattato;
•
proponga un “pacchetto” formativo/informativo per
la sensibilizzazione degli operatori e della popolazione in un’ottica di promozione della salute.
Per sviluppare il primo punto si è costituito un sottogruppo formato esclusivamente da operatori sanitari di alcune delle aziende sanitarie aderenti, che hanno dato la
propria disponibilità alla messa in comune dell’esperienza accumulata nelle équipe multidisciplinari o nell’ambulatorio Bambi dell’Ospedale Infantile Regina Margherita,
per definire - in analogia con il documento sull’abuso
– un “manuale” di indicatori clinici e sociali di sospetto di maltrattamento, ad uso di medici o infermieri che
“incontrano”i bambini in ambito sanitario per motivazioni
diverse: visita periodica, accesso al pronto soccorso, ricovero, visita ambulatoriale.
E’ infatti noto che spesso i bambini maltrattati giungono
all’osservazione di un sanitario per motivazioni aspecifiche e di difficile identificazione e che richiedono una
accurata diagnosi differenziale che escluda cause organiche.
Focus HPH & HS
Il manuale dovrebbe svolgere anche l’importante funzione di stimolare l’osservazione del sanitario e porre il
sospetto di maltrattamento fra le cause delle manifestazioni sintomatologiche al pari di quelle organiche.
Il sottogruppo è formato dalla dott.ssa Elena Coppo
dell’ambulatorio Bambi dell’Ospedale Infantile Regina
Margherita, dalla dott.ssa Pistamiglio dell’èquipe multidisciplinare dell’Asl To1, dalla dott.ssa Wilma Cittaro e
dal dott. Domenico Tangolo della SC Qualità degli Ospedali Regina Margherita e S. Anna, dalla dott.ssa Daniela
Corsi, Continuità assistenziale degli Ospedali Regina
Margherita e S. Anna, dalla dott.ssa Anna Dalla Villa della SC Pediatria dell’ ASL To5 – Moncalieri, dalla dott.ssa
Antonella Tedesco della Direzione Sanitaria Ospedale
degli Infermi dell’ ASL di Biella.
Si è scelto di procedere all’identificazione di indicatori
clinici predisposti non in base alla figura professionale
né al sintomo o alla lesione manifestata, ma sulla base
del “momento di contatto” tra il bambino e la struttura
sanitaria visto che gli elementi osservabili dal pediatra
di libera scelta, che ha in cura il bambino, dal medico
di pronto soccorso (spesso non pediatra soprattutto in
ospedali periferici) o infine dal medico di reparto per ricoveri avvenuti per patologie di altra natura (ad esempio in
occasione di un intervento chirurgico) sono diversi.
Ovviamente, come tutti i sistemi di indicatori complessi,
non si ha la presunzione di riuscire ad intercettare tutti
i casi di maltrattamento, ma di far emergere una quota
consistente di quell’iceberg di cui, per ora, si evidenziano solo i casi più gravi, continuativi e che provocano lesioni gravi o gravissime.
Inoltre, la crescita della sensibilità e dell’attenzione dei
sanitari può portare ad una maggior precocità di diagnosi, quindi ad un intervento preventivo e curativo più
efficace sia per il bambino, che può non manifestare ancora danni psicologici consolidati, sia della famiglia che
talora – se aiutata e sostenuta – può superare l’utilizzo
del maltrattamento come manifestazione di incapacità
genitoriale, fragilità sociale, disturbi relazionali. Le tappe successive saranno
•
condividere i contenuti del documento con tutto il
gruppo di lavoro;
•
validarli con referee significativi e autorevoli;
•
definire a livello istituzionale il percorso di presa in
carico del bambino con sospetto di abuso.
Quest’ultimo punto si rende necessario perché, a
fronte di una normativa regionale (DGR 42-29997 del
2/5/2000) che ha istituito in ciascuna Asl la costituzione di una équipe multidisciplinare per abuso e maltrattamento, il censimento , condotto dal gruppo di lavoro
come prima iniziativa nei mesi di maggio-giugno 2011,
ha confermato la percezione che esista una diffusa
adesione formale alle indicazioni della DGR da parte
di tutte le Aziende del Piemonte, ma le modalità i funzionamento e di effettiva capacità operativa siano “a
macchia di leopardo”. Una delle cause è sicuramente la
profonda trasformazione che le Aziende hanno subito
dal 2009 con l’accorpamento, che ha portato ad una revisione delle strutture organizzative, che non sempre ha
saputo, o potuto, tenere conto della sussistenza delle
équipes; in altri casi, gli operatori motivati presenti nelle
prime équipe hanno lasciato l’impegno per motivi vari
(pensionamento, trasferimento di azienda o di struttura) e non sono stati sostituiti. Il lavoro da fare è ancora
lungo e complesso, ma il significato e le motivazioni devono forgiare una volontà indomabile perché sia sempre più vero quanto già affermava Giovenale nell’antica
Roma - “Il fanciullo merita il massimo rispetto”-e sempre
più raro quello che racconta Woody Allen -”Quando ero
piccolo i miei genitori mi volevano talmente bene che mi
misero nella culla un orsacchiotto. Vivo.”-.
Daniela Corsi, Wilma Cittaro
Alimentazione e
educazione alla salute:
Master
all’Università di Bologna
Termine ultimo per l’iscrizione: 28
dicembre 2012. Quota di iscrizione:
Euro 4.000 divisa in due rate
l’Università degli Studi di Bologna
Facoltà di Medicina e Chirurgia,
in collaborazione con la Facoltà di
S.M.F.N. dipartimento di Biologia
e l’Ordine Nazionale dei Biologi,
promuove un Master Universitario
di II Livello su “Alimentazione e
educazione alla salute“ della durata
di due anni.
Promozione Salute
Per informazioni:
Cristina Véneri - Tel 393.7773777
[email protected]
seguire le indicazioni
su www.istitutopinus.it. Il bando è
disponibile sul sito: www.unibo.it/
Portale/Offerta+formativa/
AltaFormazione
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Promozione Salute
Focus HPH & HS
Focus HPH & HS
Promozione e valutazione del rispetto
dei diritti del bambino in ospedale
La Conferenza Aziendale di Partecipazione dell’A.O.
Ospedale Infantile Regina Margherita – S. Anna di Torino (AO OIRM S. Anna) ha evidenziato, alla fine del
2009, l’esigenza di approfondire e rivalutare, all’interno del Ospedale Infantile Regina Margherita il rispetto della Carta dei diritti del bambino in ospedale . Il
rispetto della Carta dei diritti del bambino in ospedale
rappresenta uno degli impegni più significativi nell’ambito della promozione della salute e nell’assistenza
all’infanzia e alla famiglia ed inoltre contribuisce a
rafforzare un modello culturale nel quale il “prendersi
cura” precede la diagnosi e la cura del bambino; occorre cioè che “l’ospedale” tenga conto dei loro bisogni, dei loro affetti , della loro emotività.
L’AO OIRM S. Anna, da sempre sensibile ai bisogni
dei bambini e degli adolescenti ricoverati ed al rispetto
dei loro diritti, vuole adottare uno strumento utile alla
tutela della parte sana del bambino durante la permanenza in ospedale, favorendo una migliore accettazione delle cure.
Per rendere concrete queste affermazioni, però, occorre passare dal dichiarare questi diritti al valutare
quanto e come vengono realizzati in pratica.
Abbiamo, quindi, sentito l’esigenza di promuovere e
adottare tecniche di valutazione della qualità dell’assistenza, attraverso l’attivazione di un percorso di “accreditamento volontario”.
Un gruppo di lavoro composto da personale sanitario di varie professioni e rappresentanti delle Scuole
e della Associazioni di Volontariato operanti presso
l’Azienda, costituito nell’ambito del “Coordinamento delle attività di umanizzazione”, ha analizzato le
carte dei diritti del bambino in ospedale attualmente
esistenti ed ha proposto di definire un “Manuale per
la valutazione dell’applicazione della Carta dei Diritti
del Neonato del Bambino e dell’Adolescente in Ospedale” che nasce dall’integrazione del “Manuale per la
certificazione della carta dei diritti dei bambini e degli
adolescenti” prodotto dell’Associazione Bambini In
Ospedale (ABIO) e della Società Italiana di Pediatria
(SIP) del 2010 , con “la Carta dei Diritti del Bambino
in Ospedale: Manuale di accreditamento volontario”
predisposto dall’Associazione (AOPI) nel 2002 e “La
Carta dei diritti del bambino nato prematuro” della Società Italiana di Neonatologia (SIN) del 2011. La base
di partenza per la produzione del documento è stata
il manuale dell’ABIO/SIP per due motivi: è adottata a
livello nazionale ed è applicabile a tutte le pediatrie
inserite in ospedali generalisti; è articolata in quattro
livelli di soddisfacimento “incrementali” (con un livello 0, considerato come non accettabile) e con i livelli
1, 2 e 3 che prevedono che ogni livello superiore richieda uno sforzo, in termini organizzativi, superiore:
si presta quindi bene ad una logica di miglioramento
continuo.
I requisiti ed i principi presenti negli altri documenti nazionali sono stati attentamente analizzati individuando quelli particolarmente significativi per un ospedale
pediatrico, ma che, tuttavia, possono essere anche
obiettivo di miglioramento per le altre pediatrie. Abbiamo quindi definito dei requisiti aggiuntivi utilizzando
anche per questi la stessa logica incrementale prima
descritta. In sostanza, ai 21 requisiti previsti nel documento dell’ABIO/SIP sono stati aggiunti 19 ulteriori
requisiti. Il nostro obiettivo principale è quello di possedere uno strumento che ci permetta di valutare la
qualità dei servizi, dimostrando dove sono già presenti
livelli apprezzabili di qualità, ma, nello stesso tempo,
stimolando l’organizzazione a mettere in campo azioni di miglioramento, quando vi siano delle carenze. Il
prossimo autunno ci vedrà impegnati a formare i “valutatori”, cioè le persone che andranno nei vari reparti
per valutare il soddisfacimento dei requisiti dichiarati. I
valutatori saranno per due terzi professionisti sanitari
e per un terzo “laici” (volontari e inseganti delle scuole)
perché crediamo che la valutazione della qualità sia
un’attività che deve coinvolgere tutte le persone interessate al buon funzionamento dei servizi.
Per questo motivo abbiamo anche costruito un questionario di valutazione specifico sugli stessi temi previsti nel “manuale”; il questionario, che verrà distribuito
ai genitori dei giovani pazienti, ci permetterà di avere
un sistema di valutazione integrato e stabile nel tempo.
Riteniamo che questo progetto non possa né debba
essere confinato ad una realtà, ancorché rilevante,
come quella dell’OIRM S. Anna, ma abbia un suo naturale sviluppo su base regionale in un contesto di promozione della salute. La rete HPH piemontese è stata, quindi ,coinvolta nelle finalità, nella progettazione e
nelle attività in essere e che verranno realizzate.
Fra queste ci preme metterne in evidenza alcune.
•
La scelta condivisa di avere come riferimento il
manuale ABIO/SIP ,che consente agli ospedali
piemontesi di confrontarsi su base nazionale, ma
anche di individuare aree di interesse specifiche
per la propria organizzazione.
•
La progettazione entro l’anno di un evento, anche
a carattere formativo, finalizzato a costruire un
modello di confrontabilità dei risultati delle valutazioni.
•
La costruzione di modello di condivisione delle
buone pratiche e dei percorsi di miglioramento
presenti nei vari contesti. In conclusione, riteniamo praticabile l’obiettivo di disporre di un sistema
di promozione della qualità delle cure dei minori
che si basi su principi di valutazione condivisa e di
sviluppo di azioni di miglioramento.
1) I diritti relativi al bambino in ospedale:
1. I bambini e gli adolescenti hanno diritto ad avere
sempre la migliore qualità delle cure. Possibilmente a domicilio o in ambulatorio e, qualora non esistessero alternative valide, in ospedale. A tale fine
deve essere garantita loro una assistenza globale
attraverso la costruzione di una rete organizzativa che integri ospedale e servizi territoriali, con il
coinvolgimento dei pediatri di famiglia.
2. I bambini e gli adolescenti hanno il diritto di avere accanto a loro in ogni momento (giorno, notte,
esecuzione di esami, anestesia, risveglio, terapia
intensiva) i genitori o un loro sostituto adeguato al
compito e a loro gradito (nonni, fratelli, persona
amica, volontari…), senza alcuna limitazione di
tempo o di orario.
3. L’ospedale deve offrire facilitazioni (letto, bagno,
spazio per effetti personali, pasti a prezzo convenzionato) ai genitori dei bambini e adolescenti
ricoverati e deve aiutarli e incoraggiarli – se ciò
è compatibile con le loro esigenze familiari – a
restare in ospedale. Inoltre, perché possano adeguatamente prendersi cura del loro figlio, i genitori
devono essere informati sulla diagnosi, sull’organizzazione del reparto e sui percorsi terapeutici in
atto.
4. I bambini gli adolescenti hanno diritto ad essere
ricoverati in reparti pediatrici – e mai in reparti per
adulti – possibilmente aggregati per fasce d’età
omogenee affinché si possano tenere in debita
considerazione le differenti esigenze di un bambino o di un adolescente. Non deve essere posto
un limite all’età dei visitatori, compatibilmente con
il rispetto delle esigenze degli altri bambini e adolescenti ricoverati e alle necessità assistenziali del
bambino o adolescente stesso.
5. Ai bambini e agli adolescenti deve essere assicurata la continuità dell’assistenza pediatrica da parte
dell’equipe multidisciplinare ospedaliera 24 ore su
24 sia nei reparti di degenza sia in pronto soccorso.
6.
I bambini e gli adolescenti hanno diritto ad avere
a loro disposizione figure specializzate (pediatri,
infermieri pediatrici, psicologi, mediatori culturali, assistenti sociali, volontari) in grado di creare
una rete assistenziale che risponda alle necessità
fisiche, emotive e psichiche loro e della loro famiglia.
7. I bambini e gli adolescenti devono avere quotidianamente possibilità di gioco, ricreazione e studio
- adatte alla loro età, sesso, cultura e condizioni
di salute – in ambiente adeguatamente strutturato
ed arredato e devono essere assistiti da personale specificatamente formato per accoglierli e prendersi cura di loro.
Promozione Salute
8. I bambini e gli adolescenti devono essere trattati
con tatto e comprensione e la loro intimità deve
essere rispettata in ogni momento. A bambini e
adolescenti devono essere garantiti il diritto alla
privacy e la protezione dall’esposizione fisica e
da situazioni umilianti, in relazione all’età, alla
cultura e al credo religioso loro e della loro famiglia.
9. I bambini e gli adolescenti – e i loro genitori - hanno diritto ad essere informati riguardo la diagnosi
e adeguatamente coinvolti nelle decisioni relative alle terapie. Le informazioni ai bambini e agli
adolescenti, specie quando riguardano indagini
diagnostiche invasive, devono essere date quando possibile in presenza di un genitore e in modo
adeguato alla loro età, capacità di comprensione
e sensibilità manifestata.
10. Nell’attività diagnostica e terapeutica che si rende necessaria, devono essere sempre adottate
tutte le pratiche finalizzate a minimizzare il dolore
e lo stress psicofisico dei bambini e degli adolescenti e la sofferenza della loro famiglia.
2° Gruppo di lavoro
M. Borgogno, A. Borgarello, R. Bronzino*, F. Casassa, I. Cerrato, F. Cerutti****, L. Catino**, W. Cittaro,
L. Cordero di Montezemolo, D. Corsi, S. Digiacomantonio, A. Duretto, P. Massaglia, M. Nicocia,
F. Michelon***, Caterina Negri****, A. Persico,
M. Sacco, V. Santucci, R. Scisciola, D. Tangolo.
Azienda ospedaliera OIRM – S. Anna
* Comune di Torino
** AVO – Associazione volontari ospedalieri
*** scuola ospedaliera Vittorino da Feltre
**** ABIO – associazione bambino in ospedale
**** SIP – Società italiana di pediatria
9
10
Promozione Salute
Focus HPH & HS
Focus HPH & HS
Il Progetto è rivolto a:
Professionisti della salute
•
Persone con disabilità o malattie croniche
I risultati attesi
Un database con le recensioni delle pubblicazioni
sull’assistenza sanitaria in sette paesi dell’area europea.
•
Le famiglie
•
Una raccolta di (case studies) narrazioni di esperienze di cure domiciliari.
•
Una raccolta di buone pratiche nel campo dell’assistenza sanitaria.
•
Identificazione del profilo dell’assistenza domiciliare
•
Un pacchetto formativo elettronico per i curanti
finalizzato allo sviluppo di un approccio olistico e
sistemico al paziente.
Le attività principali previste sono:
Ricerca e identificazione di buone prassi.
Capire l’organizzazione dei servizi di assistenza continua (cure ospedaliere, cure domiciliari, servizi sociali)
erogati alle persone con disabilità o malattie croniche.
La ricerca utilizzerà un metodo di tipo generale (studio
del fenomeno dal punto di vista sistemico) e uno analitico (analisi di esperienze sul campo).
Preparazione di un pacchetto di formazione
HEalthcare: Parent’s PathwaYs
and functional profile
Il contesto all’interno del quale si svolge questo
progetto è quello europeo in quanto il Progetto
HEPPY è finanziato dalla Commissione Europea,
in particolare dall’EACEA - Sub Programma Leonardo – DOI.
La dimensione della continuità assistenziale
ospedale-territorio richiede attenzioni particolari
che promuovano un alto livello di qualità di vita dei
pazienti e delle loro famiglie. Per definire le strategie per la presa in carico delle persone affette
da patologia cronica, è fondamentale raggiungere
un buon livello di integrazione ospedale e territorio - organizzativa e professionale - in tutte quelle
scelte terapeutiche legate al progetto di cura della
persona.
Per assicurare un alto livello di qualità delle cure
sul territorio, i professionisti della salute devono
affinare continuamente quelle competenze necessarie all’identificazione dei bisogni specifici e
le risorse delle persone che assistono e dei loro
familiari. I bisogni specifici sono correlati alla storia personale, alle caratteristiche dell’ambiente
familiare, alle attitudini e agli interessi, alla profes-
sione, al ruolo sociale del paziente e alle risorse
dell’ambiente familiare.
La medicina narrativa e la pedagogia dei genitori
diventano così strategie operative che facilitano la
raccolta delle esperienze, dei vissuti, delle attitudini e delle aspettative di pazienti, familiari e professionisti della salute coinvolti nel progetto di cura e
che permettono di far emergere le competenze e
le conoscenze della famiglia. La narrazione diventa così strumento fondamentale di cura per rendere evidenti le parti soggettive della situazione
assistenziale.
L’obiettivo specifico del Progetto è di sviluppare
e diffondere a livello europeo una miglior conoscenza, in una prospettiva comparativa dello stato dell’arte, dell’applicazione e dei concetti e dei
metodi della Medicina Narrativa, della Metodologia
Pedagogia dei Genitori e il loro ruolo nell’applicazione della Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (International Classification of Functioning, Disability and
Health, ICF).
Promozione Salute
Creazione di un pacchetto di formazione rivolto ai professionisti delle cure domiciliari. La finalità è lo sviluppo
di un approccio olistico e sistemico al paziente tenendo
conto delle competenze e delle conoscenze dei familiari.
Formazione dei professionisti della salute La finalità di
questa attività formativa è validare il corso di formazione
e comunicare l’informazione sugli approcci e le pratiche
più efficaci nel campo dell’organizzazione e diffusione
dell’assistenza domiciliare tenendo conto delle risorse
della famiglia Raccolta di esperienze di curanti e familiari Valutazione delle abilità acquisite durante il corso
di formazione nella pratica quotidiana dei professionisti
delle cure domiciliari e raccolta della testimonianza delle
loro esperienze e di quelle dei familiari.
I Partner Europei:
- ITALIA: Presidio Sanitario Gradenigo (proponente)
- SPAGNA: Confederacion Espanola de Centros de Ensenanza - Spanish Confederation of Education
and Training Centres
- ITALIA: CIPES -Confederazione Italiana per la Pro mozione della Salute e l’Educazione Sanitaria
- ITALIA: Pixel
- LITUANIA: Lithuanian Multiple Sclerosis Union
- POLONIA: Academy of Humanities and econimics in Lodz
- ROMANIA: Economic Centre for Business Consultan
cy and Management
- SLOVACCHIA: Transfer Slovensko
- INGHILTERRA: Projectize
Dott.ssa Sabrina Grigolo, Dott.ssa Carla Bena
[email protected]
MEETING DI BOVES
Il primo tema è stato connotato da un certo pessimismo,
espresso sia da Giorgia D’Errico, di Lavoro&Welfare che da
Susanna Camusso, Segretario nazionale CGIL.
La prima relatrice ha sottolineato il ruolo positivo, ma
anche negativo della famiglia come ammortizzatore sociale di giovani che non riescono ad entrare nel mondo
del lavoro e che dal non riconoscimento delle loro competenze traggono uno stato di rassegnazione. Susanna
Camusso, dopo aver fatto una disamina di ciò che rimane ancora da fare sul tema del mercato del lavoro, conclude che il welfare non è da considerarsi un costo, ma
occasione di sviluppo, non percepito da chi ha cercato
di trattare i mali del liberismo con ricette solo liberiste.
Circa il decreto sul mercato del lavoro, vengono fatte precisazioni sugli emendamenti presentati da Partiti, Sindacati
e Confindustria da parte dell’On. Cesare Damiano, mentre
l’imprenditore e deputato Matteo Colaninno discute sul rilancio dell’internazionalizzazione dell’industria italiana.
I punti forti del suo intervento riguardano la necessità di
mettere in moto la spesa pubblica per infrastrutture, il rafforzamento di imprese troppo piccole (poteri deboli che vogliono fare i poteri forti), la diffusione di una cultura manageriale volta all’internazionalizzazione, in cui far rientrare
stock option di lungo periodo come mezzo per fidelizzare i
grandi managers agli obiettivi aziendali.
Il secondo tema ha trovato invece una voce più ottimistica,
espressa dal Ministro dell’istruzione, Università e ricerca,
Francesco Profumo. Partendo dalla considerazione che il
mondo globale richiede la revisione dei concetti di spazio e
tempo, egli ripone grande fiducia sui nuovi mezzi tecnologi-
ci che, cita come esempio, consentiranno la costituzione
di un archivio sanitario unico e l’integrazione tra scuola e
lavoro. L’investimento in educazione va considerato per
le sue ricadute sociali, anche tramite un nuovo aspetto
architettonico delle scuole (con abolizione di aule e corridoi), finanziato da un fondo immobiliare per la scuola.
In conclusione si danno 3 stimoli: pensare di più, guardare avanti, usare tecniche non tradizionali. All’interno
del tema generale si colloca, sotto altri aspetti, la conversazione del prof. Andrea Giorgis, docente di Diritto
Costituzionale, che sottolinea come, essendo l’Italia una
repubblica fondata sul lavoro, è necessario che capitale
e lavoro siano considerati congiuntamente ai fini di una
maggior eguaglianza sociale, anche in ambito sovranazionale, mentre la finanza d’azzrdo dovrebbe cedere il
passo ad una nuova economia reale.
Ritorna poi il tema della riforma del mercato del lavoro
con Tiziano Treu che auspica sia un sistema pensionistico
più flessibile sia un aumento della spesa per l’istruzione,
funionale ad innalzare la qualità della nostra industria
Il terzo tema viene trattato dal Sindaco di Torino, Piero
Fassino, che, dopo aver illustrato gli investimenti fatti dal
Comune (solo questi hanno provocato l’indebitamento),
spiega le possibilità di collaborazione tra pubblico e privato, che ampliano il perimetro delle risorse. Il welfare innovativo, richiesto dall’Europa anche per le città si deve
basare su maggior rapidità delle decisioni e su una società orizzontale, non gerarchica ed irrigidita nella memoria.
In questo ambito i giovani, non portatori di memoria questoil messaggio di Fassino - sono i più aperti al nuovo
Ferdinando Ciccopiedi
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Promozione Salute
Focus HPH & HS
Focus HPH & HS
La promozione della salute nei servizi sanitari:
gli standard internazionali della Rete HPH
A quasi quindici anni dalla costituzione ufficiale della
Rete HPH Regionale Piemontese, avvenuta il 26 giugno
del 1997 con la convocazione della prima conferenza
regionale piemontese, ci si interroga ora sul valore del
lavoro svolto, sulle competenze acquisite dagli operatori
nel promuovere la salute all’interno delle strutture e della collettività, sulla necessità di implementare le attività
locali in un momento di gravi ristrettezze economiche e
di ripensamento generale della sanità regionale.
L’attività della rete regionale si è sviluppata sulla base
della programmazione internazionale in tre cicli di attività: 1998-2002, 2003-2006, 2007-2011, con una crescente partecipazione da parte di Ospedali e Aziende
Sanitarie. L’ultimo quadriennio ha visto la partecipazione
di tutte le Aziende Sanitarie regionali e di alcuni presidi
accreditati; sono stati realizzati specifici progetti aziendali, alcuni dei quali sono stati oggetto di presentazione
alla XIV Conferenza Nazionale della Rete HPH che si
è svolta il 1-2 dicembre 2011 a Levico Terme – Trento.
L’attività della rete HPH regionale è oggi coordinata e
supervisionata da un Comitato Direttivo nominato dalla
Regione Piemonte e l’adesione alla rete regionale da
parte delle Aziende Sanitarie e dei presidi accreditati
ha durata quadriennale. Il rinnovo comporta l’adozione
di un atto deliberativo da parte della struttura sanitaria
interessata che specifichi i valori e gli standard che si
indende perseguire.
Tale delibera implica l’adozione anche degli standard di
qualità delle attività di promozione della salute previsti
dal manuale internazionale OMS. La promozione della
salute è parte integrante del processo di gestione del
sistema sanitario ed è collegata a tematiche cliniche,
educative, comportamentali ed organizzative. Il miglioramento della qualità aziendale deve includere le attività
di promozione della salute al fine di assicurare l’utilizzo
di approcci efficaci ai problemi di salute della popolazione di riferimento, costantemente monitorati per migliorarne gli esiti. Dal momento che molti comuni strumenti
di gestione della qualità non riguardano esplicitamente
le attività di promozione della salute, è stato realizzato
da parte dell’ ufficio Regionale Europeo dell’OMS un
“Manuale per l’implementazione della promozione della
salute negli ospedali” il cui scopo è di consentire:
È stato così anche soddisfatto il bisogno formativo rilevato in fase di analisi preventiva e nello specifico:
•
la definizione dell’organizzazione della Rete Aziendale: ruoli, funzioni, responsabilità, sinergie;
•
•
l’Individuazione di metodi e strumenti operativi per
la pianificazione e la realizzazione delle attività;
•
lo sviluppo delle competenze dei professionisti in
tema di promozione della salute, project cycle management, miglioramento continuo della qualità;
•
l’integrazione professionale e dei servizi sanitari
attraverso il lavoro di gruppo e la condivisione degli obiettivi;
•
l’adozione degli standard internazionali da parte di
tutte le strutture aziendali attraverso l’autovalutazione e la pianificazione annuale degli interventi
correttivi/migliorativi.
l’approfondimento delle conoscenze tecnico professionali inerenti la promozione della salute, l’educazione alla salute ed il piano locale di prevenzione;
•
l’ autovalutazione delle attività di promozione della
salute negli ospedali;
•
la formulazione di raccomandazioni per il miglioramento delle attività di promozione della salute negli
ospedali;
•
lo sviluppo delle competenze utili all’adozione degli
standard internazionali della Rete HPH;
•
il coinvolgimento di tutti i professionisti ed i pazienti
nel miglioramento della qualità dell’assistenza;
•
•
il miglioramento del coordinamento dell’assistenza
con altri erogatori;
la conoscenza e la condivisione del Piano Aziendale della Rete HPH;
•
•
il miglioramento delle condizioni di salute e di sicurezza del personale, degli utenti, della collettività
l’acquisizione di strumenti utili all’avvio di una nuova
attività (Implementazione della Rete Aziendale attraverso l’adozione degli standard).
L’adozione degli standard internazionali previsti dal manuale OMS presuppone una autovalutazione da parte
delle strutture relativamente ai seguenti temi:
•
la politica di gestione dell’organizzazione,
•
la valutazione dei pazienti nei confronti dei fattori di
rischio e dei bisogni di salute,
•
l’informazione e gli interventi per la promozione della salute dei pazienti,
•
la promozione di un ambiente di lavoro sano,
•
la continuità e la cooperazione dell’ospedale con gli
altri erogatori di assistenza sanitaria, sociale e di
base.
La sperimentazione dello strumento di indagine a livello
regionale è stata oggetto di un gruppo di lavoro interaziendale ed i risultati ottenuti sono stati presentati alla
conferenza Europea della Rete (Manchester 2010) dal
coordinatore Regionale della Rete. Al livello Aziendale,
il progetto di adozione degli standard è stato realizzato
presso la ASL VC di Vercelli, con il Coordinamento di
chi scrive, Coordinatore Aziendale della Rete HPH, e
presentato alla Conferenza Nazionale di Levico nel dicembre scorso. L’approccio metodico dello strumento di
indagine ha consentito di:
•
evidenziare criticità o non conformità rispetto agli
standard per il miglioramento delle attività di promozione della salute nei servizi;
•
coinvolgere tutti i professionisti nelle azioni di miglioramento della qualità dell’assistenza;
•
favorire l’integrazione tra operatori e servizi;
•
promuovere l’osservazione dell’insieme delle azioni da intraprendere rispetto alle criticità riscontrate
nell’ottica della presa in carico globale dell’assistito,
ma anche nei confronti dei dipendenti e della collettività;
•
indicare cosa fare per la formulazione degli interventi di miglioramento evidenziati.
•
Promozione Salute
•
la capacità di individuare interventi migliorativi della
qualità dei servizi congruenti con le criticità o non
conformità riscontrate in sede di autovalutazione;
Quali prospettive future?
La realizzazione del progetto consegue ad una attenta
pianificazione delle attività formalmente deliberate da un
“Piano di implementazione locale della Rete aziendale
HPH” che deve esplicitare, definendolo, un modello di
organizzazione multiprofessionale e multidisciplinare di
Referenti, i cui ruoli e responsabilità devono essere formalmente riconusciuti, data la trasversalità della disciplina. Alcuni elementi fondamentali del piano sono:
Il gruppo di lavoro regionale potrebbe, alla luce della necessità di ridefinire organizzazione ed attività del nuovo
quadrienno, proporre alle Aziende Sanitarie aderenti
alla Rete un modello organizzativo di riferimento per
l’implementazione delle Reti Locali per dare uniformità
e continuità alle iniziative svolte ed orientare le strutture
all’adozione degli standard internazionali con gruppi di
progetto ad hoc (ciascuno deputato allo sviluppo di uno
standard), il tutto finalizzato ad ottimizzare la qualità
dell’assistenza erogata e favorire l’empowerment della
comunità. La salute è un bene prezioso, la Rete HPH
non perde mai di vista l’obiettivo!
Paola Zarino
L’opuscolo contiene
indicazioni e
informazioni utili ai
lavoratori.
Infatti la conoscenza
dei rischi, la
prevenzione,
l’informazione e la
formazione sono
elementi fondamentali
ai fini della sicurezza
e della riduzioni degli
infortuni.
L’opuscolo puà essere
scsaricato dal sito:
www.cipespiemonte.it/cedo
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Promozione Salute
Focus HPH & HS
XX CONFERENZA INTERNAZIONALE HPH
11/13 APRILE 2012 – TAIPEI - TAIWAN
e supportare i bambini con genitori in riabilitazione per
disturbi psichiatrici, e quello ambientale favorendo la
costruzione e/o la gestione di strutture sanitarie attente
all’ambiente “Enviroment-Friendly”.
La 20° Conferenza Internazionale HPH dal titolo “Health
promoting healthcare in a changing world: Innovation in
service provision, healthcare management and health
system design” si è tenuta lo scorso Aprile, per la prima
volta in Asia, a Taipei nell’Isola di Taiwan, ed ha visto
la partecipazione di 1300 delegati provenienti da ogni
parte del mondo.
La Conferenza è stata caratterizzata da ben 5 sessioni plenarie, 2 seminari monotematici (“Ospedali senza
fumo” e “Ospedali e rispetto dell’Ambiente”), 120 comunicazioni orali e presentazione di 600 posters.
I lavori sono stati aperti da una lettura magistrale tenuta
dal dr. Jose Gomes do Amaral, Presidente dell’Associazione Mondiale dei Medici, il quale ha enfatizzato il ruolo
dei medici e degli ospedali nel migliorare i “determinanti
sociali della salute” attraverso una maggior educazione sanitaria, la promozione di una vita più sana e la
costruzione di abitazioni più confortevoli allo scopo di
migliorare le condizioni sociali nei paesi più svantaggiati. A seguire Ken La Bresh’s ha sostenuto l’importanza
dell’azione dei medici clinici nel guidare gli interventi di
salute pubblica per combattere le cause delle malattie
non trasmissibili, come quelle cardiocircolatorie, il diabete, l’obesità e le neoplasie, attraverso incisive campagne informative rivolte alla popolazione ed attraverso
l’implementazione di progetti integrati ospedale-territorio. La seconda sessione è stata introdotta da Vivian Lin,
che ha evidenziato come la politica HPH manchi ancora
di un approccio multi strategico con il quale rivolgersi
ai responsabili dei servizi sanitari dei vari Paesi per la
messa in opera di interventi efficaci sulla popolazione;
a ciò ha fatto seguito una tavola rotonda, presieduta dal
dott. Jürgen Pelikan, Responsabile del Centro di Coordinamento della Rete Internazionale HPH, i cui partecipanti hanno espresso, nell’ambito della Promozione
della Salute, il punto di vista dei pazienti, delle organizzazioni sanitarie ospedaliere e territoriali.
Durante la terza sessione sono stati presentati esempi di buona pratica nei programmi e negli interventi di
promozione della salute in diversi ambiti: quello infantile per migliorare i servizi negli ospedali “Baby-Friendly”
Nella quarta sessione Shu-Ti Chiou, Direttore del Servizio di Salute Pubblica di Taiwan ed impeccabile organizzatrice della Conferenza, ha illustrato i modi secondo
i quali è necessario indirizzare le strategie politiche dei
Paesi nell’ottica di un miglioramento dei programmi di intervento sulla salute pubblica come ad esempio lo screening per le malattie tumorali, la disassuefazione dal
fumo e l’educazione ad uno stile di vita sano. A seguire
Jürgen Pelikan, del Centro WHO per la Promozione della Salute, illustrando i dati dello studio PRICES-HPH, ha
enfatizzato come solo negli ospedali o nei servizi sanitari in cui è prevista, a livello organizzativo, la presenza
di personale e strutture dedicate alla Promozione della
Salute, vi sia una ricaduta positiva sui piani di miglioramento della qualità delle organizzazioni stesse. Infine
Yu-Chuan Li, della Facoltà di Medicina dell’Università
di Taipei, ha presentato un progetto tecnologicamente
innovativo, la creazione di una “smart card” personale
nella quale sono contenuti tutti i dati sanitari del paziente, dalla storia clinica, ai ricoveri, ai farmaci in uso ed
eventuali allergie, in grado di essere letta presso tutti
i servizi sanitari del Paese, aumentando così in modo
considerevole la sicurezza per il paziente stesso.
La sessione conclusiva ha portato alla formulazione,
durante una tavola rotonda, delle seguenti raccomandazioni per i prossimi anni:
ri-orientare i servizi sanitari verso una più efficace Promozione della Salute anche al di fuori delle strutture sanitarie stesse, creando reti di collaborazione con le altre
realtà presenti nel territorio;
reagire alla crisi economica dimostrando come interventi mirati alla Promozione della Salute possono di
fatto andare incontro alle difficoltà economiche dei vari
Paesi;
favorire e motivare la partecipazione di medici clinici alle
attività di Promozione della Salute delle proprie strutture
sanitarie attraverso la pubblicazione di lavori scientifici
e la partecipazione alle Conferenze;
rinforzare la visibilità dei programmi di Promozione della Salute attraverso l’utilizzo dei mezzi di comunicazione, compresi i social networks.
Nel corso dell’Assemblea Generale è stato eletto il nuovo HPH Governance Board in carica per il prossimo
biennio 2012-2014, costituito da 4 membri Europei, 2
Asiatici ed 1 Australiano i cui componenti sono: ShuTi Chiou (Taiwan, Presidente), Sally Fawkes (Austalia),
Tiiu Harm (Estonia), Heli Hatonen (Finlandia), Somsak
Pattarakulvanich (Tailandia), Manel Santina (Spagna),
Raffaele Zoratti (Italia, Vice-Presidente).
Focus HPH & HS
La 20^ Conferenza Internazionale HPH si è conclusa
con il plauso al Comitato Organizzatore per la splendida
riuscita dell’evento e soprattutto per la disponibilità e la
gentilezza di tutto lo Staff, e con l’impegno ad incontrarci
alla 21^ Conferenza Internazionale che si terrà il prossimo 22-24 Maggio 2013 a Göteborg, in Svezia.
Il compito che rivesto nell’ambito del Governance Board,
insieme agli altri Colleghi, è quello di far conoscere alle
reti nazionali e regionali le decisioni e le proposte assunte dall’Assemblea Generale, favorire l’adesione di nuovi
membri alla rete HPH, proporre strategie di intervento,
favorire e monitorare, nel mio caso specifico, l’adesione
delle reti italiane alla “Task Force on Migrant-Friendly and
Culturally Competent Healthcare” coordinata dal nostro
Collega dott. Antonio Chiarenza, che ha avviato un nuovo progetto volto a sviluppare un quadro generale per
valutare e monitorare la capacità delle organizzazioni sa-
Promozione Salute
nitarie di migliorare l’accessibilità, l’utilizzo e la qualità
dell’assistenza sanitaria per gli immigrati e le minoranze
etniche. Inoltre, in accordo con i Coordinatori regionali
e il dott. Carlo Favaretti, Coordinatore della rete HPH
per l’Italia, inoltrare al Governance Board stesso ed ai
Rappresentati in seno al Governance Board dell’OMS,
attraverso i Centri di Vienna e Copenhagen, osservazioni, proposte e strategie di intervento per migliorare
la qualità delle cure e dei servizi sanitari.
Dr. Raffaele Zoratti, Dirigente medico SOC Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Referente
Nutrizione Clinica
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Promozione Salute
Focus HPH & HS
OSPEDALE E TERRITORIO SENZA DOLORE
NEL PROSSIMO QUADRIENNIO
Non se ne parla mai abbastanza. Come professionisti della salute, ogni giorno incontriamo persone malate e i loro
familiari che ci chiedono di trovare dei rimedi per combattere il dolore e la sofferenza. Negli occhi di tante persone
malate troviamo la disperazione che il dolore provoca e
che si fa sentire in ogni movimento, in ogni momento della
giornata. E al dolore e alla sofferenza, spesso troviamo la
sensazione di solitudine che i nostri malati ci comunicano:
faccia qualcosa, non ne posso più.
All’appello quotidiano che riceviamo, abbiamo il dovere
e la responsabilità di attuare tutto ciò che è in nostro
possesso per alleviare e sostenere i nostri pazienti. E
non soltanto con i trattamenti farmacologici ma anche
con comportamenti e atteggiamenti che siano più vicini
alle loro esigenze. Sappiamo molto bene che questi due
ultimi elementi non sono determinati dalle conoscenze e
dagli aggiornamenti della medicina ma da politiche e programmi finalizzati a creare una cultura diversa da quella
attuale. Combattere il dolore inutile e non necessario è
un dovere del professionista della salute e un diritto della persona che viene curata e interesse dell’ambiente
familiare. Allora si contrappongono paradossalmente
dolore del paziente, sofferenza e mantenimento della
salute della famiglia. La salute e il dolore sembrano due
concetti apparentemente molto distanti ma è per i nostri
pazienti che dobbiamo intervenire con politiche precise
di promozione della salute negli ospedali e nei servizi
sanitari. Si, perché il dolore è parte integrante della qualità di vita della comunità di riferimento.
I principi ispiratori di un progetto che vuole combattere il dolore inutile e non necessario si possono trovare
nella storia stessa del Programma HPH dell’OMS che
si rifà alla definizione di salute del 1948. Nello statuto
dell’OMS, la salute viene definita come stato di completo
benessere fisico, mentale, sociale e non semplicemente
assenza dello stato di malattia o di infermità. Utopia o
sfida?
La salute è una risorsa per la vita quotidiana e non deve
essere lo scopo della nostra esistenza. Ci permette di
condurre una vita produttiva sotto il profilo personale,
sociale ed economico con uno sguardo attento e continuo alla qualità della nostra vita. Ci sorge spontanea
una domanda: come promuovere la promozione della
salute nell’ambito del Progetto Ospedale e territorio senza dolore? Ai professionisti della salute si richiede un
uso responsabile delle competenze professionali, dei
ruoli e delle funzioni ricoperti, secondo una logica etica
e deontologica finalizzato al miglioramento della qualità
di vita non solo dei nostri pazienti ma anche delle loro
famiglie.
Conformemente al concetto di salute, inteso come un
diritto fondamentale dell’uomo, la Carta di Ottawa del
1986 sottolinea gli inestricabili legami esistenti tra le
condizioni socioeconomiche, l’ambiente fisico, lo stile di
vita delle persone e la salute. Questi legami forniscono la chiave di comprensione olistica della salute, fondamentale nella definizione di promozione della salute
(Glossario 2000).
Se per “promozione della salute” intendiamo quel processo che consente alle persone di acquisire un maggior controllo della propria salute e di migliorarla, allora
un progetto della HPH sul dolore deve avere come principale obiettivo quello di aumentare la consapevolezza
delle persone che si affidano alle nostre cure rendendole più capaci di gestire e di controllare la propria salute
e la propria qualità di vita.
In un programma di continuità assistenziale ospedaleterritorio senza dolore, possiamo agire su tanti attori di
cura, ma emerge in modo evidente l’importante ruolo
che il caregiver informale ricopre nel progetto terapeutico.
Il caregiver informale è una persona inesperta di assistenza, che, da un lato, deve riuscire improvvisamente
a occuparsi di un proprio congiunto malato, garantendo
una cura continua e costante e, dall’altro, deve fare i
conti con le proprie paure, il proprio dolore e deve affrontare tutte le difficoltà legate all’attività di caregiving,
quali cambiamenti di ruolo, riduzione o perdita del proprio posto di lavoro, perdite economiche, riduzione del
tempo libero, equilibri tra assistenza al proprio parente
e famiglia personale, aumento dello stress quotidiano.
Il familiare impegnato nell’assistenza vive, perciò, una
condizione di profondo stress psicofisico che aggrava
fortemente lo stato generale di salute, aumentando la
vulnerabilità a contrarre varie malattie e persino la mortalità. I dati sui caregiver informali e sulle badanti sono
impressionanti. Mediamente il caregiver dedica 6,0 ore
al giorno ai compiti di assistenza (si tratta dell’insieme
di attività direttamente erogate al paziente), e 7,0 ore
al giorno alla sorveglianza (tempo trascorso con il paziente e dedicato anche ad altre attività). Ad occuparsi
dei malati di Alzheimer, ad esempio, sono soprattutto i
parenti di genere femminile (il 76,6% dei caregiver) e
in particolare si osserva la tendenza per cui, nel caso
di pazienti uomini, ad occuparsi di loro sono soprattutto le mogli (54,3%), mentre le donne malate vengono
seguite soprattutto dalle figlie (60,3%), per lo più di età
compresa fra i 46 e i 60 anni.
Le badanti sono stimate in 774.000 di cui 700.000 straniere (Badanti: La Nuova Funzione - IRS 2009). Circa
il 6,6% degli anziani over 65 utilizza una badante (1 su
dieci al Nord). Secondo la stessa fonte le famiglie italiane sostengono una spesa di oltre 9 miliardi per retribuire le badanti (pari al 7% della spesa sanitaria delle
Regioni) quasi equivalente ai circa 10 miliardi per l’indennità di accompagnamento spesi dallo Stato.
Progettare un percorso regionale di coinvolgimento dei
pazienti, dei caregiver informali e delle badanti potrebbe essere di per sé un importante obiettivo su cui concretare i nostri sforzi per il prossimo quadriennio.
Il lavorare in rete con gli ospedali e i servizi sanitari aderenti alla RETE HPH rappresenta sicuramente un valore
aggiunto. Negli ultimi anni, la rete ci ha permesso di poter condividere esperienze, nuove idee, nuove criticità
e trovare insieme soluzioni che però ora devono essere
realizzate. È la nostra società che ci esorta ad implementarle nei nostri contesti di cura e non possiamo certo
Focus HPH & HS
nasconderci dietro ai problemi economici e finanziari che
le nostre strutture stanno attraversando. I nostri pazienti,
le nostre famiglie, i nostri amici ci chiedono costantemente e quotidianamente di essere ascoltati e di considerare
il loro dolore e la loro sofferenza come parte integrante
del progetto di cura. Il corso di formazione sulla medicina
narrativa e dolore realizzato nel novembre del 2011 lo
conferma pienamente: 30 professionisti della salute che,
condotti da esperti di medicina narrativa, hanno narrato
e condiviso con gli altri le proprie esperienze di dolore,
mettendo in evidenza un minimo comune denominatore:
il senso di responsabile della presa in carico dell’altro e
l’impotenza che ne deriva.
Richiamando allora la Carta di Ottawa del 1986, uno degli elementi che determina i programmi di promozione
della salute è “sviluppare le capacità personali”.
Nel 1993, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha
pubblicato le “LIFE SKILLS” che sono l’insieme di abilità
personali e relazionali che servono per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi, le pressioni
e gli stress della vita quotidiana, in modo efficace le esigenze della vita quotidiana, rapportandosi con fiducia a
se stessi, a gli altri e alla comunità.
Leggiamole insieme:
1. Capacità di leggere dentro se stessi (Autocoscienza): conoscere se stessi, il proprio carattere, i propri
bisogni e desideri, i propri punti deboli e i propri punti
forti; è la condizione indispensabile per la gestione
dello stress, la comunicazione efficace, le relazioni
interpersonali positive e l’empatia;
2. Capacità di riconoscere le proprie emozioni e quelle
degli altri (Gestione delle emozioni): “essere consapevoli di come le emozioni influenzano il comportamento” in modo da “riuscire a gestirle in modo
appropriato”e a regolarle opportunamente;
3. Capacità di governare le tensioni (Gestione dello
stress): saper conoscere e controllare le fonti di tensione “sia tramite cambiamenti nell’ambiente o nello
stile di vita, sia tramite la capacità di rilassarsi”;
4. Capacità di analizzare e valutare le situazioni (Senso critico): saper “analizzare informazioni ed esperienze in modo oggettivo, valutandone vantaggi
e svantaggi, al fine di arrivare a una decisione più
consapevole”, riconoscendo e valutando “i diversi
fattori che influenzano gli atteggiamenti e il comportamento, quali ad esempio le pressioni dei coetanei
e l’influenza dei mass media”;
5. Capacità di prendere decisioni (Decision making):
saper decidere in modo consapevole e costruttivo
“nelle diverse situazioni e contesti di vita”; saper elaborare “in modo attivo il processo decisionale può
avere implicazioni positive sulla salute attraverso
una valutazione delle diverse opzioni e delle conseguenze che esse implicano”;
6. Capacità di risolvere problemi (Problem solving): saper affrontare e risolvere in modo costruttivo i diversi
problemi che “se lasciati irrisolti, possono causare
stress mentale e tensioni fisiche”;
7. Capacità di affondare in modo flessibile ogni genere
di situazione (Creatività): saper trovare soluzioni e
idee originali, competenza che “contribuisce sia al
Promozione Salute
decision making che al problem solvine, permettendo di esplorare le alternative possibili e le conseguenze delle diverse opzioni”;
8. Capacità di esprimersi (Comunicazione efficace):
sapersi esprimere in ogni situazione particolare sia
a livello verbale che non verbale “in modo efficace
e congruo alla propria cultura”, dichiarando “opinioni e desideri, ma anche bisogni e sentimenti,
ascoltando con attenzione gli altri per capirli, chiedendo, se necessario, aiuto;
9. Capacità di comprendere gli altri (Empatia): saper
comprendere e ascoltare gli altri, immedesimandosi in loro “anche in situazioni non familiari”, accettandoli e comprendendoli e migliorando le relazioni
sociali “soprattutto nei confronti di diversità etniche
e culturali”;
10. Capacità di interagire e relazionarsi con gli altri in
modo positivo (Skill per le relazioni interpersonali):
sapersi mettere in relazione costruttiva con gli altri,
“saper creare e mantenere relazioni significative”
ma anche “essere in grado di interrompere le relazioni in modo costruttivo”.
Concludendo, vogliamo proporre un percorso progettuale per il nuovo quadriennio che risponde al seguente
obiettivo: contribuire al miglioramento del livello di empowerment del paziente e della famiglia con l’introduzione di tecniche di narrazione a supporto del processo
assistenziale intervenendo sulle life skills delle persone, dei professionisti della salute e di tutti gli attori che
partecipano al Progetto di Cura della Lotta al dolore, in
una logica di multidisciplinarietà, continuità assistenziale e integrazione sociosanitaria. Un obiettivo ambizioso
ma davanti a noi abbiamo ben 4 anni per realizzarne
anche solo un piccolo pezzo.
Carla Bena, Responsabile Servizio Cure
Domiciliari, ASLTO4 Distretto di Settimo T.se
Sabrina Grigolo, volontaria Rete HPH,
CIPES Piemonte
Bibliografia
Oliver Groene & Mila Garcia-Barbero, Health promotion in hospitals: Evidence and quality management.
WHO Regional Office for Europe, 2005
Alberto Zucconi, Patty Howell, La promozione della salute. Un approccio globale per il benessere della persona e della società, Edizioni La meridiana, 2003
Ospedali per la promozione della salute, Glossario della Promozione della Salute, A cura del Centro di coordinamento della Rete Emiliano –Romagnola degli
Ospedali che promuovono la salute Ospedale ‘S.Anna’
di Castelnovo ne’ Monti (RE), Novembre 2000
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Rapporto
sulla non autosufficienza in Italia 2010, Maggioli Editore, Febbraio 2011
Valentina Grimaldi, Federica Fabbrini, Proposta di uno
strumento per misurare il carico assistenziale del caregiver di un paziente oncologico in fase terminale a domicilio, La rivista di cure palliative, Numero 1 primavera
2007 Paola Marmocchi, Claudia Dall’Aglio e Michela
Zannini, Educare le life skills. Come promuovere le abilità psico-sociali e affettive secondo l’Organizzazione
Mondiale della Sanità, Erickson, Trento 2004
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Promozione Salute
Promuovere la salute
SCUOLA
GRANDI OPERE PER LA SALUTE
Alla vigilia dell’apertura dell’anno scolastico, in una scuola
friulana è caduto il soffitto di un intero corridoio. Per fortuna si è trattato di un evento notturno e non ci sono state
conseguenze né per gli allievi né per il personale. Si tratta
dell’ennesimo episodio che denuncia l’assenza di controlli
e di interventi adeguati a garantire la sicurezza degli edifici
scolastici. Intanto, però, in molte scuole il Ministero ha fatto arrivare le lavagne multimediali ed è annunciato l’arrivo
di un’infornata di pc. Dove finiscono questi quattro soldi di
materiali? Finiscono spesso in edifici scolastici fatiscenti,
pericolosi, ai quali nessuno pone mano. Non se ne possono
occupare i Comuni e le Province, i cui bilanci sono erosi da
tempo, non se ne occupa il Ministero dell’Istruzione i cui
fondi sono invece ingenti ma sperperati. E’ notizia recente infatti che il MIUR e Il MSE (Ministero dello Sviluppo
Economico) hanno a disposizione fondi consistenti del Programma Operativo Nazionale (PON) Ricerca e Competitività 2007-2013, cofinanziato con risorse europee del Fondo
europeo per lo sviluppo regionale (FESR) e con risorse nazionali, per promuove iniziative e progetti nei campi della
ricerca scientifica, della competitività e dell’innovazione
industriale nelle quattro regioni dell’Obiettivo Convergenza, vale a dire Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.
“Il fatto quotidiano” dell’8 settembre u.s. riferisce che per
il periodo 2007-2013 il Miur ha ricevuto 6,2 miliardi euro,
e mentre con una mano taglia 270 milioni ai fondi ordinari destinati agli atenei e a enti di ricerca come il CNR e
l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia,. con l’altra
distribuisce a pioggia miliardi su miliardi a imprese benemerite come la British Tobacco, produttrice di salutari sigarette; la Fondazione Maugeri, molto “vicina” agli interessi
personali del faccendiere Daccò e del Presidente Formigoni; alla Fiat, impegnata a salvaguardare l’occupazione in
Italia; al circuito di Finmeccanica, azienda al di sopra di
ogni sospetto…Fermiamoci qui. In sintesi, sono stati erogati sinora oltre due miliardi di euro a circa 4000 soggetti
che si occupano di tutto e di più, e tra questi sono numerosi
quelli che si occupano attivamente del nulla, che come è
noto è materia che consente una rigorosa rendicontazione
senza avere realizzato alcunché.
Intanto il Miur continua a sollecitare le istituzioni scolastiche affinché forniscano i dati relativi allo stato degli edifici,
alla documentazione di cui sono in possesso, alle iniziative assunte nel campo della sicurezza, ecc. per completare
l’Anagrafe degli immobili. Questa Anagrafe è certamente
necessaria, ma sarà utile soltanto se si tradurrà in interventi
risolutivi per l’edilizia scolastica , che nel frattempo non è
neppure oggetto di manutenzione ordinaria a causa dello
stato fallimentare delle finanze degli Enti Locali. A tal fine
potevano essere impegnati i 6,2 miliardi di euro disponibili
per il periodo 2007-2013. Ma quando l’Anagrafe sarà completata, il Miur avrà disseminati a pioggia questi miliardi ai
soggetti più strani, oltre che ad alcuni soggetti meritevoli,
tipo le Associazioni per la lotta contro il cancro, perché furbizia vuole che possano essere esibite come “prova” della
saggezza e della lungimiranza del Ministero. Sarebbe stato
invece saggezza e lungimiranza utilizzare questa ingente
disponibilità finanziaria per un piano di investimento per
tutti gli edifici scolastici delle regioni dell’Obiettivo Convergenza citato, cioè delle regioni Calabria, Campania,
Puglia e Sicilia, molti dei quali, oltre ad essere fatiscenti,
si trovano in aree a rischio sismico e debbono essere sostituiti da fabbricati costruiti secondo le più recenti norme
antisismiche.
Al riguardo, il XII Rapporto di Legambiente sulla qualità dell’edilizia scolastica ha lanciato un allarme: in Sicilia
642 edifici scolastici su 697 in caso di terremoto potrebbero crollare. In altri termini, circa il 94% delle scuole siciliane è a rischio – dato che non tiene conto della situazione
di Agrigento e Siracusa, non entrate nel XII Rapporto – e
in caso di terremoto diffuso i crolli coinvolgerebbero circa 200.000 allievi. Dal rapporto emerge come meno di un
quarto degli edifici, il 18,82% – in alcuni casi neanche realizzati per diventare plessi scolastici – sia costruito tenendo
conto dei criteri sismici ed un altro 18,84% sia stato sottoposto a verifica di vulnerabilità sismica. Ma anche questi edifici possono essere giudicati sicuri? Gli approfondimenti in materia antisismica che hanno accompagnato le
dolorose vicende del recente terremoto in Emilia Romagna
ci hanno informati che molto dipende dalle leggi in vigore
nel periodo in cui gli edifici sono stati costruiti, che, in
Sicilia, corrisponde per lo più ad un periodo compreso tra
il 1940 ed il 1990, nel quale è stato costruito circa il 70%
degli edifici (il 46,41% tra il 1940 ed il 1974; il 22,55% tra
il 1974 ed il 1990).
Nel nostro Paese, come è noto, le aree a rischio sismico
sono numerose e quindi dovrebbe essere verificata la tenuta degli edifici scolastici alla luce dei criteri antisismici più
evoluti. Ma anche altre carenze incombono sulla sicurezza
degli allievi e del personale delle scuole e richiedono un
piano di interventi di manutenzione straordinaria, a cominciare da soffitti, controsoffitti e strutture portanti, nonché
un piano di monitoraggio periodico (triennale) degli elementi strutturali e delle eventuali criticità non strutturali,
come previsto dalla Legge Quadro sull’Edilizia Scolastica
(L.23/1996) e dall’Intesa sottoscritta in sede di Conferenza
Unificata Governo-Regioni il 28 gennaio 2009. Per andare
in questa direzione occorrono risorse e finanziamenti straordinari, risulta perciò inaccettabile il fatto che le colpe
delle omissioni ricadano sugli Enti Locali, mentre il Miur
dissipa allegramente somme ingenti e altri ministeri si
coinvolgono in “grandi opere”. di dubbia utilità. Un piano
di interventi nel campo dell’edilizia scolastica, in applicazione delle norme citate, sarebbe finalmente una “grande
opera” unanimemente condivisa, generatrice di occupazione diffusa su tutto il territorio nazionale, destinata a salvaguardare la salute di centinaia di migliaia di persone, a
cominciare dalla loro vita.
Guido Piraccini - [email protected]
Promuovere la salute
Promozione Salute
INSICUREZZA STRADALE. I CONDUCENTI E LE
INFRASTRUTTURE ALLEATI PER SCONFIGGERLA!
Latrilogia uomo -veicolo-infrastruttura è protagonista nella scena
del crimine che si perpetua quotidianamente sulle nostre strade.
Gli ultimi anni hanno visto un notevole fermento di iniziative
a livello nazionale ed europeo per migliorare l’incidenza dei
tre fattori sul fenomeno : formazione, nuove tecnologie, molti
interventi sulle infrastrutture. I risultati positivi non mancano;
in Italia la mortalità è scesa, dal 2001 al 2011, del 46,4% ed
il trend è in discesa continua visto che nel 2011 si è verificato un calo del 3% degli incidenti con feriti, rispetto all’anno
precedente.
Ciononostante non possiamo accettare i 3.800 morti dello scorso anno ai quali, statisticamente, si affiancano 15.200 invalidi
permanenti, 38.000 feriti gravi e 152.000 feriti lievi.
Molto si è fatto e molto si è ottenuto. Ma come misurare i risultati di ciascuna iniziativa, per non sprecare risorse in interventi
inutili e dirottarle su quelli più efficaci?
Possiamo costruire molti indicatori, più o meno efficienti, ma
dobbiamo sempre partire dai dati di incidentalità forniti dalle Forze di Polizia e da altri enti coinvolti; il compito rimane
arduo nonostante gli sforzi di questi ultimi anni nel generare
banche dati complete, affidabili ed accessibili.
Molte Regioni e Province si stanno attrezzando per fare questa
triste conta, investendo nei centri di monitoraggio, con l’obiettivo di verificare nel modo più oggettivo possibile gli interventi realizzati e l’evoluzione del fenomeno, a livello locale.
Lo studio della tecnologia del veicolo sta introducendo nuovi
strumenti che lo rendono più “intelligente”nell’individuare situazioni di rischio (ITS), ma la diffusione nel nostro Paese è
ancora a livelli basi e la verifica di efficacia, su dati reali e su
larga scala, molto di là da venire.
Qualcosa in più si può fare nel campo uomo e infrastruttura,
verificando i comportamenti dei conducenti e le curve di livello dell’incidentalità nei luoghi oggetto di interventi infrastrutturali.
Le rilevazioni delle Forze dell’Ordine ai fini della comunicazione a ISTAT, prevedono l’indicazione della circostanza nella
quale si è verificato il sinistro, relativamente al comportamento
di ciascun conducente dei veicoli coinvolti.
L’indagine svolta del Centro di Monitoraggio della Provincia
di Torino, su questi dati, rivela che la distrazione è di gran lunga la circostanza principale, seguita a breve distanza dalla velocità non adeguata e dalla mancata precedenza.
Per contrastare la distrazione dei conducenti si interviene con
campagne e progetti di sensibilizzazione; i comportamenti imprudenti dovuti alla velocità non adeguata alla strada che si sta
percorrendo o alla mancata precedenza si possono contrastare
anche intervenendo sulle infrastrutture per “forzare” una andatura più lenta o facilitare l’incontro dei flussi di traffico nelle
intersezioni.
In questa ottica, nell’ultimo decennio, sono state costruite
molte rotatorie, sia in ambito urbano che extraurbano. Con
l’aiuto del catasto delle strade informatizzato, il Centro di
Monitoraggio della Provincia di Torino ha quantificato le
intersezioni piu’ importanti, sulla viabilita’ extraurbana provinciale, in circa 500; la costruzione sistematica di rotatorie
inizia con gli anni 2000; dal 2000 al 2009 sonno state realizzate circa 150 rotatorie extraurbane sulla viabilita’ provinciale torinese, con una media di 15 ogni anno;.
La progettazione di questa infrastruttura è evoluta, anche
grazie a studi sviluppati in ambito universitario, passando da
rotatorie con corona centrale più piccola e corsie più larghe
a rotatorie di diametro totale maggiore, ma con corsie più
piccole. Si è realizzato uno studio post-ante sull’incidentalità
in alcune intersezioni oggetto di intervento ed il risultato è
che, se la rotatoria è progettata secondo le più moderne concezioni, il fenomeno incidentalità diminuisce drasticamente
e viene praticamente annullata la mortalità.
Una ulteriore indagine sui costi/benefici indica che in due-tre
anni il costo di realizzazione di una rotatoria è ampiamente
ammortizzato, considerando il costo sociale degli incidenti
“risparmiati”.
Il beneficio non avviene sono nel luogo dell’intersezione, ma
anche nei tratti precedente e seguente, dove la presenza della
rotatoria induce ad una diminuzione della velocità.
Nelle figure si riporta un esempio di opere realizzate dalla
Provincia di Torino. Dal grafico si evince che il costo delle
rotatorie costruite sulle strade sp460 ed sp589 a Lombardore,
Salassa e Cumiana sarà ammortizzato in 3 anni al massimo;
si confronti il costo delle rotatorie (in rosso) con il costo (sociale) medio annuo degli incidenti (in blu) che si suppone si
sarebbero verificati senza le rotatorie, in base ai dati storici
disponibili; si può vedere che nel caso di Salassa , che ha
registrato un altissimo costo sociale annuo, già il primo anno
il guadagno è evidente, mentre negli altri due casi il primo
anno si è speso più per le rotatorie che per l’eventuale costo
degli incidenti, ma dopo soli tre anni il bilancio è positivo (i
quadri bianchi indicano il ripetersi dell’ipotetico costo sociale annuale). In particolare, l’immagine riporta la situazione
che si è verificata nel comune di Bosconero, sulla sp460 di
Ceresole, dove è stata costruita una rotatoria al km 15 (cerchio rosso); le stelle rosse indicano gli incidenti avvenuti nei
km 14, 15 e 16 nei 4 anni precedenti la costruzione della rotatoria; la stella azzurra indica che un solo incidente è avvenuto nei 3 anni seguenti. Questi risultati, insieme ai numerosi
esiti positivi che si riscontrano sugli effetti delle azioni di
sensibilizzazione dei conducenti (non approfonditi in questa
sede), fanno ben sperare sull’efficacia della strada intrapresa
per la sicurezza stradale, sebbene molto resti ancora da fare
per raggiungere l’ obiettivo di eliminare una delle principali
cause di morte dei giovani, ampiamente evitabile.
Giovanna Lenti
Centro di Monitoraggio dell’Incidentalità Stradale
Provincia di Torino
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Promozione Salute
Promuovere la salute
INVECCHIAMENTO ATTIVO E SOLIDARIETÀ
TRA GENERAZIONI
La distribuzione per età della popolazione italiana che gli
analisti prospettano è all’incirca quella indicata nel grafico
sotto riportato: in questo contesto è opportuno e ragionevole
che i decisori ripartano (anche) dalla considerazione dell’insieme di risorse edi vincoli offerto da una popolazione indubbiamente molto cambiata anche solo rispetto a venti anni fa, e
destinata a cambiare ulteriormente nel prossimo futuro.
Ecco in sintesi gli obiettivi generali e specifici che sono riportati dal documento europeo: su di essi credo che ognuno possa fare le proprie considerazioni e ricavare stimoli efficaci:
OBIETTIVI GENERALI
•
Facilitare una cultura dell’invecchiamento attivo fondata su una società per tutte le età
•
Promuovere la solidarietà e la cooperazione tra le generazioni, tenendo conto delle diversità e della parità di
genere. Ciò comporta:
Proclamato anno del volontariato il 2011, per il 2012 la Commissione Europea stimola l’attenzione delle istituzioni e di
tutti i cittadini su “Invecchiamento attivo e solidarietà tra generazioni”
•
l’adattamento ed il miglioramento delle condizioni di
lavoro
•
la lotta a stereotipi connessi all’età e alla discriminazione fondata sull’età
Come leggere questa sollecitazione in un Paese come il nostro
in cui la presenza degli over 65 mantiene livelli da primato in
Europa e nel mondo e dove la crisi non solo economica ma
dell’intero sistema sociale spinge l’attenzione verso risorse
diverse quali ad esempio la solidarietà e in particolare la solidarietà tra generazioni?
•
l’adattamento dei sistemi di formazione continua ad una
forza lavoro che invecchia
Il Piemonte aveva nel 2010 un indice di vecchiaia rispettivamente di 146 per i maschi e di 211 per le femmine!
Ricordo che questo indicatore serve a determinare lo stato di
invecchiamento di una popolazione e si calcola dividendo il
numero di individui con età uguale o superiore ai 65 anni per il
numero di chi ha non più di 14 anni; si determina così il numero di anziani ogni 100 giovani: se l’indice aumenta, significa
che a parità di numero di giovani (100) la popolazione degli
anziani sta aumentando.
OBIETTIVI SPECIFICI
•
sensibilizzare sul valore dell’invecchiamento attivo nelle varie dimensioni, al fine di sottolineare l’utile contributo degli anziani alla società e all’economia;
•
stimolare il dibattito sulla questione a tutti i livelli e
scambiare informazioni e buone pratiche;
•
creare le condizioni affinché l’UE, gli SM e tutti gli
attori interessati realizzino attività ed impegni concreti, strategie di informazione e soluzioni innovative sul
tema dell’anno
•
promuovere azioni contro la discriminazione in base
all’età
Promuovere la salute
Personalmente ragionerei su alcuni elementi
Invecchiamento attivo significa invecchiare in buona salute,
partecipare appieno alla vita della collettività e sentirsi più
realizzati nel lavoro, vale a dire essere più autonomi nel
quotidiano e più impegnati nella società. Ormai da tempo
nei più diversi ambiti si fa una distinzione tra età anagrafica
ed età prestazionale: con le dovute differenze individuali,
qualsiasi sia la nostra età, possiamo svolgere un ruolo attivo
nella società e beneficiare di una migliore qualità di vita, con
l’obiettivo di trarre il massimo vantaggio dalle potenzialità
di cui possiamo disporre anche se siamo avanti con gli anni.
Questo può realizzarsi in tre settori:
Occupazione:
con il crescere dell’aspettativa di vita, cresce anche l’età pensionabile; sono in molti a temere di non riuscire a conservare
la loro attuale occupazione o a trovare un nuovo impiego fino
al momento di aver maturato una pensione dignitosa: il mercato del lavoro però spesso non offre opportunità ai lavoratori
anziani e inoltre servono l’adeguamento delle condizioni di
lavoro, il miglioramento della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, l’adattamento dei sistemi di apprendimento alle
esigenze di una manodopera anziana e la garanzia di sistemi
di protezione sociale adeguati.
Partecipazione alla vita sociale:
andare in pensione non vuol dire diventare inattivi; spesso
non si tiene conto del prezioso contributo dato dalle persone
della terza età che, se non sono ancora impegnate lavorativamente, prestano assistenza a chi ne ha bisogno occupandosi
dei familiari (genitori, consorte e nipoti) o facendo opera di
volontariato: una vera ricchezza sociale a prezioso beneficio
di tutte le altre generazioni.
Promozione Salute
Autonomia:
che la salute peggiori con l’avanzare dell’età è un fatto,
ma aumentano conoscenze e risorse per rallentare questo
fenomeno naturale garantendo un ambiente più sereno alle
persone che soffrono di problemi di salute o di disabilità.
Invecchiare attivamente vuol dire anche darci la possibilità
di conservare il controllo della nostra vita il più a lungo
possibile.
In questo contesto si inserisce il progetto del CIPES Piemonte “Le età della salute”, che affianca in un insieme di
iniziative di promozione della salute in tutte le politiche una
specifica attenzione alle singole fasce di età: esso muove da
un’analisi per individuare per ogni periodo della vita, i fattori di rischio prevalenti tanto nel contesto urbano, che nei
territori a insediamento disperso, verificando l’efficacia dei
principali interventi di riduzione del danno e di prevenzione
attivati o in corso di sperimentazione in ambiti distrettuali
della nostra o di altre regioni con lo scopo di individuare e
proporre buone pratiche a costi sostenibili. Ipotesi di lavoro potrebbe essere quella di partire dai Profili di salute, da
poco realizzati o tuttora in cantiere in ambito distrettuale,
per verificare la coerenza che si consegue nei Piani di salute,
nei piani sociali di zona e nelle altre politiche che a questi
programmi si ricollegano, in una prospettiva di definire veri
e propri “piani regolatori” della salute e del benessere sociale
di ogni comunità territoriale.
Aurelio de Vicariis
referente CIPES distretti di Giaveno e Orbassano
Storie di piccoli
pazienti e riflessioni
sulla sofferenza, la
paura e il “prendersi
cura”
Strategie per affrontare la malattia dei più piccoli
e per reagire agli urti della vita accrescendo il
proprio grado di “resilienza”
Uno strumento di sostegno per genitori di
piccoli malati, nonché per medici, infermieri,
insegnanti, psicologi, educatori, animatori,
volontari
In diretta continuità con Aiutami a non
avere paura di Cristiana Voglino – dedicato
all’esperienza di accompagnare i più piccoli
nelle malattie gravi – questo volume – scritto da
tre professioniste del mondo educativo, a loro
volta madri – riflette sulla realtà della malattia
e della morte dei bambini, figli o pazienti, sul
prendersi cura, sul “supportare” e “sopportare”
la sofferenza, accrescendo la propria capacità
di reagire.
Percentuale di 60enni e più, in Italia, 1950-2050, secondo tre ipotesi di previsione (da “Il Corriere della Sera”)
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Promozione Salute
Promuovere la salute
DALLA TERRA ALLA TAVOLA
Mangiare meglio e abbassare il rischio obesità:
i prodotti del territorio promuovono la salute
La cucina dei primi del ‘900 affondava le sue radici nella dura
vita dei campi, quando lo scandire delle stagioni accompagnava la vita ed il lavoro dell’uomo in una concezione del tempo
diversa da quella attuale. Si basava obbligatoriamente su prodotti stagionali e sottoposti ad una filiera che possiamo definire “cortissima”, perché costituita da tutto ciò che l’orto di casa
o gli animali da cortile potevano offrire, riducendo al minimo
trasporti, manipolazioni e tempi di conservazione, creando un
passaggio diretto “dalla terra alla tavola”.
A partire dal 1950 - 60 inizia un profondo cambiamento della
società che porterà ad un trasformazione radicale del mondo
del lavoro, della famiglia, degli stili di vita: le fabbriche si
moltiplicano, occupano grandi spazi e molte persone abbandonano il lavoro nei campi; la produzione agricola diventa
intensiva; la grande distribuzione affianca le piccole botteghe
modificando le modalità di approvvigionamento ed influenzando i nostri acquisti.
Pian piano si assiste ad una progressiva compressione del tempo che porta a velocizzare tutto, anche i pasti, che disarticola
i rapporti familiari e determina un appiattimento dei gusti. Si
osserva un radicale cambiamento nelle abitudini alimentari
con una riduzione del tempo dedicato alla preparazione del
cibo;una maggior predilezione per cibi ad elevata densità calorica a discapito di cibi più completi, non raffinati, ma che
richiedono maggior tempo e cura nella preparazione. Il consumo di alimenti ready to cook e ready to eat (facili e veloci da preparare e da consumare) diventa una realtà dei nostri
giorni.
La globalizzazione dei consumi porta al costante allontanamento dagli stili alimentari originari, basati sul ricco bagaglio
di sapienza e di esperienza che da sempre ha contraddistinto la
nostra cultura alimentare, si moltiplicano le occasioni di consumo dei pasti fuori casa ed al di fuori dei pasti, grazie ad un
modello distributivo in cui il cibo è disponibile in ogni momento ed in porzioni sempre maggiori rispetto al passato.
L’iperconsumo passivo di cibi altamente energetici e di bevande zuccherate spesso non risponde a una reale necessità
dell’organismo, ma obbedisce all’offerta continua di alimenti
e bevande sulla spinta della pubblicità .
A questa maggiore abbondanza e varietà di cibo, inoltre, si associa un minore dispendio energetico, dovuto a ridotta attività
fisica, uso eccessivo di ascensore, automobile e televisione.
Promuovere la salute
Giusto un anno fa Cipes segnalava la nascita di Slow Medicine, una
rete di idee in movimento che intende promuovere una medicina e,
più in generale, una cultura della cura basata sui principi della qualità, dell’appropriatezza, dell’equità e dell’attenzione alla persona
e alla sua comunità.
Il risultato è che un italiano su due ha problemi di peso e,
di conseguenza, contrastare l’obesità diventa una priorità del
nostro tempo non solo da un punto di vista sanitario ma anche culturale e comportamentale. Secondo le ultime statistiche gli adulti obesi in Italia sono ben 5 milioni, ossia il 10%
della popolazione. A quanto pare questi numeri sono destinati
a subire aumenti vertiginosi, considerando che gli studi effettuati stimano che nel 2025, il totale degli obesi potrebbe
raggiungere il 43% della popolazione italiana.
L’Associazione, fondata da un piccolo gruppo di medici, psicologi
e psicoterapeuti, esperti in qualità e organizzazione, docenti universitari, designer della comunicazione, nasce nell’ambito dell’incontro tra la SIQuAS-VRQ (Società Italiana per la Qualità dell’Assistenza Sanitaria), che promuove il miglioramento della qualità
nelle organizzazioni sanitarie, e l’Istituto CHANGE, che da oltre
25 anni si occupa di comunicazione e cura della relazione tra professionisti della salute e pazienti.
Ricordiamo che l’obesità riduce le aspettative di vita, aumenta il rischio di sviluppare cardiopatie ed ictus, causa l’80%
dei casi di diabete tipo 2; nelle donne cinque punti di crescita
dell’Indice di massa corporea sono associati a un aumento
del 60% del rischio di tumore uterino, il peso eccessivo fa
crescere parimenti il rischio di tumore della cistifellea. Per
gli uomini il rischio maggiore riguarda invece il tumore del
colon.
Slow Medicine, che ha sede a Torino, raccoglie professionisti del
settore socio-sanitario e soggetti “laici” provenienti da tutto il territorio nazionale.
Nasce quindi la necessità, se non l’obbligo, di costruire un
nuovo rapporto tra alimentazione e salute attraverso la riscoperta della qualità del tempo, con stili alimentari congruenti,
e della storia collettiva, familiare e personale La conoscenza
del territorio e delle sue risorse è indispensabile per imparare
a riconoscere tutta la gamma di sapori tradizionali, per tornare ai prodotti stagionali di produzione locale.
La rivalutazione della tradizione alimentare non ha quindi
solo il merito di mantenere la ricchezza e la varietà di un
patrimonio culturale, ma anche quello non indifferente di costruire un modo più sano di nutrirsi, rispettando la distribuzione dei pasti, non esagerando con le quantità, ma puntando
sulla qualità.
È tempo di agire, la sfida più grande per poter prevenire e ridurre il sovrappeso e/o l’obesità e promuovere la salute pubblica è quella di favorire il cambiamento dello stile di vita
delle persone sviluppando politiche di intervento che prendano in considerazione vari aspetti tra i quali: l’enorme accessibilità al cibo, un’industria sempre più rivolta a massimizzare
i propri profitti e l’uso indiscriminato di mezzi che obbligano
ad uno stile di vita sedentario.
Maria Luisa Amerio
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SLOW MEDICINE, UNA RETE DI
IDEE IN MOVIMENTO
Le nuove abitudini alimentari incidono sullo stato di salute
collettiva ed anche nella nostra realtà è aumentato il numero
di cardiopatici, diabetici ed ipertesi, ma è soprattutto aumentato il peso della popolazione, e, conseguentemente, il numero di soggetti in soprappeso o obesi.
Il dato più preoccupante riguarda ancora i più piccoli: il 34%
dei bambini in età scolare – e dunque circa 1 milione – è
obeso o in sovrappeso (rispettivamente l’11,1% e il 22,9%).
Rispetto al resto d’Europa, stando alla Commissione europea
IDEFICS (Identificazione e prevenzione di effetti dietetici e
stile di via indotti in giovani e bambini) l’Italia registra il primato di sovrappeso e di obesità nella fascia tra i 6 e i 9 anni,
con una crescita del 2,5% ogni 5 anni.
Promozione Salute
Era il 29 giugno 2011 quando il movimento veniva presentato ufficialmente in un seminario di studio, a Ferrara, che aveva l’obiettivo
di tradurre le prime riflessioni su cosa sia una cura “slow” in progettualità da realizzare nelle diverse realtà ospedaliere e territoriali.
Questo a partire da una ricerca lessicale condivisa e una distinzione
tra fast e slow medicine.
Da allora l’idea di una cura sobria, rispettosa e giusta si è sviluppata
attraverso una serie di iniziative tra cui spicca il primo convegno
nazionale svoltosi a Torino nel novembre 2011. L’evento ha permesso di nutrire la riflessione sulle tematiche prioritarie per Slow
Medicine: promozione della salute e prevenzione, comunicazione,
cura dell’adulto tra acuzie e cronicità, cura della fragilità nell’età
evolutiva e nella riproduzione, nell’anziano e nel fine vita.
In questi ultimi mesi si sono create fruttuose partnership e collaborazioni tra Slow Medicine e altri soggetti che promuovono salute
con attenzione alla sostenibilità, alla qualità e all’equità degli interventi.
Tra queste, la collaborazione con il Gruppo Abele ha portato alla
realizzazione del seminario “Quale medicina cura?”, tenutosi presso la Certosa di Avigliana lo scorso aprile. L’obiettivo era discutere la fattibilità di rilanciare attività che integrino settore sociale e
sanitario adottando un modello di cura “sobria, rispettosa, giusta”,
quello che il movimento Slow Medicine propone a tutti i protagonisti dell’intervento di cura.
Con Slow Food è stato avviato un rapporto di costante collaborazione e di condivisione di momenti progettuali, ufficializzato in
un protocollo d’intesa sottoscritto dal Presidente di Slow Medicine, Antonio Bonaldi, e dal Presidente di Slow Food Italia, Roberto
Burdese.
Per rendere efficace tale accordo, richiamandosi ai reciproci principi ispiratori, le due Associazioni hanno costituito un comitato paritetico con l’obiettivo di sviluppare iniziative condivise sui temi
di comune interesse che riguardano, in particolare, le iniziative
di educazione alimentare, la ricaduta in termini di salute della
promozione di pratiche agricole naturali e sostenibili, lo stretto
rapporto tra salute e tutela del paesaggio.
E’ in questa cornice che, durante Terra Madre, evento che si svolgerà a Torino dal 25 al 29 ottobre con 6.000 delegati delle comunità del cibo di tutto il mondo, Slow Medicine avrà la possibilità
di organizzare un workshop su Cura e accudimento dell’anziano
nel mondo. Sarà un’occasione per raccogliere storie ed esperienze provenienti dalle diverse realtà culturali.
L’attenzione per la slow medicine è maturata anche al di fuori dei
confini nazionali: ad Ascona, in Svizzera, in una giornata di studio è stato discusso il rapporto tra ipertecnologia e slow medicine,
con riferimento alla natura delle cure offerte nell’attuale scenario
dell’aziendalizzazione e specializzazione.
Slow Medicine diventa sempre di più uno spazio per confrontarsi,
riflettere, narrare esperienze e condividerle, progettare e realizzare prove di percorso possibili. Le prossime iniziative riguardano: la ricerca scientifica slow, ovvero quale modello di ricerca è
adatto a sostenere un approccio sistemico ai problemi?; i modelli
formativi compatibili; alcune malattie rare dei bambini, da trattare attraverso il confronto fra professionisti e genitori; la medicina
generale; l’organizzazione in ospedale di una cena per i piccoli
pazienti ricoverati, preparata dagli studenti di scienze gastronomiche con l’aiuto di medici e infermieri.
Dalle pagine del sito www.slowmedicine.it è possibile raggiungere informazioni sui principi del movimento, conoscerne le attività
e scoprire la modalità per associarsi.
Sebastiana Giordano, Domenico Tangolo
Notiziario bimestrale
del CIPES Piemonte
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