geniodonna
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Insieme
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Premiato dalla UE - progetto Geniodonna I.D. 7671128 - Interreg Italia/Svizzera Fondo Fesr
Poste Italiane Spa - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1 - DCB Como
Periodico delle pari opportunità di Como e del Cantone Ticino - Anno 2 - N. 23/24 -Settembre/Ottobre 2011
per una società paritaria
gd
E dopo Siena?
Un progetto partecipato
per una forte presenza
di donne elette
ta un po’ burocratica che ha dato
la parola solo alle organizzazioni “ufficiali”. Dopo una prima
giornata in cui sono stati snocciolati i problemi che affliggono
le donne, dal lavoro alla maternità passando per quote rosa e precarietà, nella seconda giornata si
è parlato del che fare, di come
creare una rete, organizzarsi in
gruppi e rappresentanze locali, di
come coinvolgere le amministratrici di Comuni ed Enti locali, di
come fare arrivare a livello politico le proposte chiare e precise
delle donne. La domanda che ci
poniamo immediatamente e con
più urgenza, dopo aver verifica-
to la potenzialità del movimento,
è: “Quale progetto?” L’impressione è che si sia ancora lontane
dall’organizzazione che sceglie
coralmente, mettendo a frutto le
tante idee che nelle varie città e
sedi le donne esprimono, individuando e selezionando obiettivi e
modi per sviluppare una propria
strategia politica. Di certo i movimenti che si sono creati in questi mesi attorno ai referendum e
settembre/ottobre 2011 - GD n. 23/24 -
1
di Andrée Cesareo
H
a detto qualcuno che il
13 febbraio è stata una
manifestazione contro
lo svilimento e la strumentalizzazione continua della figura della
donna da parte soprattutto della politica. La due giorni di Siena (9 e 10 luglio) ha invece avuto
un sapore diverso: sicuramente perché ha voluto rivitalizzare
i movimenti che si sono
creati sotto l’acronimo
Snoq (Se
Non
Ora Quando?)
in moltissime città italiane e far
incontrare tutte o quasi le associazioni femminili, da quelle storiche alle neonate.
Anche Geniodonna, periodico che
è voce sulle pari opportunità
dentro il movimento, ha partecipato all’incontro di Siena con
proposte precise. Purtroppo non
siamo riuscite a far sentire la nostra voce, sia per l’alto numero di
adesioni sia anche per una scel-
gd
per una società paritaria
alle elezioni amministrative insegnano che il network è un ottimo
mezzo, ma il problema potrebbe
essere quello che sempre scaturisce dai movimenti spontanei:
quello di azzerare le specificità
delle realtà locali. Oltre a questo
problema, che potremmo definire “organizzativo”, ve n’è un
altro più squisitamente politico:
come si può pensare di raggiungere obiettivi di “politica al femminile”, se non aumentando la
presenza delle donne nelle sedi
istituzionali? Certo bisogna fare
scelte, sintetizzando fra le varie
idee e proposte: è proprio qui
che il movimento femminile deve dare prova di sé, riuscendo a
portare all’esterno tematiche, ri-
chieste o risposte chiare e univoche, valorizzando sempre tutte
le differenze presenti. Solo così
potrà investirne le forze politiche e, quando si tratterà di partecipare alle prossime elezioni,
potrà informare l’opinione pubblica dell’esistenza di un nuovo
modello di amministrazione e di
partecipazione alla vita politica.
Donne facciamo rete
Il primo incontro nazionale a Siena di “Se non ora quando?” – Dalla “proporzionale sessuale” delle donne di Grosseto alle iniziative fiorentine contro la
misoginia, alla lotta per la parità di salario delle lavoratrici di Modena...
dersi per due giorni nella piazza
Sant’Agostino per un confronto
sulle grandi contraddizioni della vita delle donne oggi in Italia.
Le portavoci di 30 comitati e 10
associazioni, 15 testimoni singole, qualche voce del femminismo
storico e un pugno di donne della politica, del sindacato e delle
istituzioni, hanno parlato per 3
minuti ciascuna dandosi la staf-
fetta in 55 interventi. Prese nel
“gioco della rete”, migliaia di
altre donne in simultanea hanno seguito via Internet l’evento
dal blog del comitato nazionale, in barba alla scelta della Rai e
di tanti quotidiani di non parlare dell’evento. Le donne presenti a Siena, rappresentanti di tutte
le generazioni, hanno tracciato
una narrazione di sé attraverso
2
- GD n. 23/24 -
settembre/ottobre 2011
di Idapaola Sozzani
S
i è svolto a Siena il 9 e 10
luglio scorsi il primo appuntamento nazionale della Rete delle Donne Snoq (Se
Non Ora Quando?) che il 13
febbraio era riuscita a mobilitare nelle piazze italiane decine di
migliaia di donne, e che ha convinto un migliaio fra loro a se-
per una società paritaria
le esperienze concrete compiute dopo il 13 febbraio nel Paese,
con uno stile del “prendere la parola” che dialoga e si relaziona.
I comitati Snoq di Milano,
Torino e Napoli hanno rivendicato alla passione messa dalle
donne nelle campagne elettorali
2011 un modo nuovo di fare politica che ha prodotto coalizioni aperte alla sperimentazione e
all’ascolto della società civile, e
giunte comunali in cui le donne
sono finalmente aumentate di
numero.
Le donne toscane vogliono il
cambiamento delle leggi elettorali in Italia, perché consentono
oggi una cooptazione grossolana, in qualche caso volgare, rendendo le elette ostaggio di un
sistema di potere sottratto alla
verifica democratica dei cittadini.
Le donne di Grosseto propongono una vera e propria
“proporzionale sessuale”, un
rapporto fondato sulla percentuale di popolazione femminile e
maschile nei territori, sull’esempio della proporzionale etnica vigente in Alto Adige.
A Firenze è nata un’iniziativa
forte contro gli stereotipi di genere e la misoginia della pubblicità, nonché del linguaggio della
comunicazione.
Dalla Campania e dalla Locride sono giunte drammatiche
testimonianze sull’emergenza legalità.
Il comitato formato da 100
donne di Siracusa ha raccontato il doloroso ritorno della violenza sulle donne nei contesti di
disoccupazione e degrado sociale.
Nel Nordest in crisi, dove i licenziamenti mordono di più le
lavoratrici madri, è Snoq Verona
a denunciare il ritorno alla prassi ricattatoria delle lettere di dimissioni in bianco imposte come
condizione per l’assunzione.
gd
È stato sottolineato il tema della fatica e della negazione del
corpo femminile nei luoghi di lavoro, pensati e organizzati sempre e solo “al maschile”.
Precarietà e inoccupazione femminile preoccupano anche le
5000 donne riunite nel comitato di Sassari, assieme alle lavoratrici della conoscenza e della
cultura di Modena che sollecitano stipendi uguali per uomini e
donne a parità di mansioni.
Sul nesso maternità-lavoro
a tutte pare evidente come le
donne moderne non vivano più
nella loro coscienza una contrad-
dizione tra queste sfere di vita:
le donne sono consapevoli del
valore sociale del lavoro e della
funzione riproduttiva e rivendicano la maternità come diritto
attraverso politiche di conciliazione e di riequilibrio dei ruoli di
genere nella coppia genitoriale.
Dalle donne delle istituzioni
presenti a Siena e che avevano
firmato l’appello del 13 febbraio è stata segnalata infine l’urgenza di superare schieramenti
e appartenenze partitiche in vista della battaglia comune per i
diritti delle donne e delle aree di
diseguaglianza.
settembre/ottobre 2011 - GD n. 23/24 -
3
gd
per una società paritaria
Più donne in Parlamento
Una freccia all’arco dei progetti femminili per la nascita del sistema paritario
di Maurizio Michelini
L
a nostra Repubblica, venendo meno al dettato
della Costituzione, non
ha dato vita a una società equa:
abbiamo sotto gli occhi il sistematico vantaggio degli uomini in
tutti i settori. La discriminazione
delle donne negli affari pubblici
e privati, e perfino nei diritti, non
è solo una questione di equità,
ma è il prodotto del disequilibrio
dello stesso sistema democratico, di per sé duale, che tuttavia
vive privandosi dell’apporto pieno dell’intelligenza di metà della
sua popolazione.
Il ruolo paritario delle donne
Il pieno apporto delle donne alla democrazia è requisito per la
stessa vitalità della società, per
la sua possibilità di progredire.
I movimenti femminili innanzi
tutto debbono attuare un rovesciamento di ottica: questa società zoppica e traballa perché è
dimezzata, è un organismo sociale distorto. Le istituzioni hanno un’impronta prevaricante e
unidirezionale: “Non sono le donne
ad avere bisogno delle istituzioni, ma
sono le istituzioni che hanno urgente
necessità di avere un maggior numero
di donne” (senatrici Cinzia Dato e
Vittoria Franco). La democrazia
ha bisogno di più donne. Il pieno
accesso delle donne in tutti i settori chiave è l’unica strada per la
costruzione della democrazia paritaria e per potere crescere in un
equilibrio che generi espansione
economica e benessere per tutti.
Nuove regole elettorali
Qui siamo al primo punto strategico, la prima freccia che Geniodonna propone ai movimenti
femminili: individuare autono-
4
- GD n. 23/24 -
mamente e coralmente nuove regole elettorali da proporsi come
obiettivi paritari da realizzare,
per avere un maggior numero di
donne in Parlamento, e proporle
come obiettivi a forze politiche e
associazioni.
Non si può continuare ad avere
un Parlamento la cui composizione non è decisa dai cittadini:
tutti vedono che un Parlamento
di designati dalle segreterie dei
partiti, e oggi anche coalizioni
costruite con metodi mercantili,
non possono che produrre norme che continuano a perpetuare le discriminazioni femminili
e a imporre leggi che violano la
libertà delle donne e degli individui (vedi le norme sul fine vita,
la bocciatura della legge di aumento delle pene per la violenza
omofoba, il non riconoscimento
delle unioni di fatto e gay, per citare solo le più recenti).
settembre/ottobre 2011
per una società paritaria
il Paese ne ha bisogno
gd
un obiettivo dei movimenti per guarire questa democrazia dimezzata
Il punto di arrivo della Corte Costituzionale
S
i può avere un maggior numero di donne in
Parlamento e nelle assemblee elettive? Vi è
spazio per norme innovative?
La Corte Costituzionale aveva nel ’95 giudicato
illegittime le norme di tutela (quote) dell’elettorato femminile (sentenza 422 del 1995).
Da allora molto è cambiato.
Valle d’Aosta, 2003
Infatti la Corte con la sentenza 49 del 2003 ha
ritenute legittime le norme della Valle d’Aosta
per le quali le liste elettorali, per essere valide,
debbono comprendere candidati di entrambi i
sessi: gli obblighi, nota la Corte, operano solo
sulla libertà di formazione delle liste dei partiti
e non sulla libertà di voto dell’elettore e rispettano la parità dei sessi.
Legge Costituzionale, 2003
Successivamente, sempre nel 2003, con la Legge Costituzionale n.1 viene modificato l’articolo
51 della Costituzione. Al testo originario “Tutti
i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in
condizione di uguaglianza secondo i requisiti stabiliti dalla legge”, è aggiunta la frase: “A tal fine la
Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”; il che
apre la strada all’adozione di misure paritarie
sostanziali in materia elettorale.
Corte Costituzionale, 2005
La legittimità di questa norma è stata con nettezza ribadita, ordinanza n. 39 del 2005 della
Corte Costituzionale, e il principio è stato poi
“esportato” negli statuti delle Regioni.
La doppia preferenza della Campania, 2010
Decisiva è la sentenza n. 4 del 2010 con cui la
Corte ha respinto il ricorso del Governo contro la legge della Regione Campania. Questa
prevede la possibilità di esprimere due voti di
preferenza, di cui una “deve riguardare un candidato di genere maschile e l’altra un candidato di
genere femminile della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza”; inoltre nessuno dei due sessi può essere rappresentato in
misura superiore ai due terzi dei candidati.
Il meccanismo viene giudicato strumento legittimo di riequilibrio fra i due generi, evitando
di prefigurare un risultato elettorale: la norma,
dice la Corte, assegna solo una facoltà, volta al
riequilibrio, ma non lo impone, è una misura
promozionale, non coattiva. Inoltre la normativa della Campania, introducendo la seconda
preferenza, che l’elettore può utilizzare solo se
vuole, allarga le possibilità di scelta del votante
che, se decide di non avvalersene, non viene
privato della prima preferenza.
Alle regionali del 2010, effettuate con le nuove
norme le donne presenti nel Consiglio regionale della Campania sono passate da 2 a 14.
Questa evoluzione giurisprudenziale, sostenuta anche a livello europeo (trattato di Nizza
in vigore dal 1° febbraio 2003), apre margini
di iniziativa ai movimenti femminili: con l’aiuto
di costituzionalisti ed esperti, si possono tracciare ipotesi di nuove norme da tradurre sul
piano politico che puntino al riequilibrio e alla
realizzazione di una parità oggettiva e non solo
formale. Le proposte delle donne, elaborate
autonomamente e con il contributo di tutte, saranno un punto di confronto con partiti e forze
politiche e sociali.
Oltre alla parità elettorale, Geniodonna ha individuato altre 3 “frecce” che possono introdurre nuove modalità di vita
paritaria: 1) il congedo parentale obbligatorio anche per il partner, della stessa durata del congedo di maternità, retribuiti entrambi al 100% per una nuova gestione paritaria del nucleo familiare; 2) la parità di retribuzione per ruoli
uguali; 3) il recupero al lavoro, con incentivi alle imprese e agli individui, di 2 milioni di donne divenute inattive e di
2 milioni e mezzo di giovani fino ai 29 anni che non hanno trovato lavoro e sono a loro volta divenuti fantasmi per
il lavoro. Esamineremo in una seconda puntata le valenze paritarie di questi 3 obiettivi.
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l’evoluzione femminile
Da sin.: Michelle Perrot, Nicole Bacharan, Françoise Heritier, Sylviane Agacinski.
Vita dura per le donne
su un pianeta
dominato dagli uomini
di Maria Tatsos
della condizione femminile dalla Preistoria a oggi, mostrando quale ruolo le
società, in luoghi e tempi diversi, hanno
riservato alle donne.
Un’analisi tutt’altro che facile, visto
che la Storia è sempre stata scritta dai
vincitori, ossia dal sesso dominante.
La tentazione sarebbe quella di dire che la Storia delle donne inizia nel
XX secolo, quando finalmente la loro
lotta le porta a essere padrone del proprio destino. Ma è una visione comunque limitata al mondo occidentale: in
buona parte del mondo, le donne continuano a vedere i propri diritti calpestati. Ma non per questo le loro vite sono
prive d’importanza.
La Storia che questo saggio racconta
non è sempre “bella” – come dice il titolo – ma è sofferta, tuttavia ci è riportata senza toni arrabbiati e con rigore
scientifico. Geniodonna l’ha letto e
ha selezionato gli spunti più interessanti e curiosi.
6
- GD n. 23/24 -
settembre/ottobre 2011
Q
uattro donne e una grande sfida:
raccontare qualche millennio di
Storia dal punto di vista femminile.
La saggista francese Nicole Bacharan
ci è riuscita coinvolgendo tre studiose
d’alto livello: l’antropologa Françoise
Héritier, docente al Collège de France;
la storica Michelle Perrot, specialista
di Storia delle donne, e la filosofa Sylviane Agacinski, autrice di studi sulla
differenza sessuale.
Ne è scaturito il volume La plus belle histoire des femmes, uscito di
recente in Francia (edizioni Seuil). Un
viaggio appassionante alla scoperta
Pubblicato in Francia
da Seuil La plus belle
histoire des femmes,
un viaggio appassionante
e scientifico nella
condizione femminile
dalla preistoria ad oggi
l’evoluzione femminile
La differenza parte
dalla Preistoria
Uomini e donne nelle società
primitive avevano compiti complementari: i primi cacciavano, le
seconde raccoglievano. Una divisione che nasceva, probabilmente, da condizioni oggettive: una
donna incinta o che allatta corre di meno. Benché dalla raccolta
di cibo venisse l’80% del nutrimento del gruppo e dalla caccia solo il 20%, ovunque il ruolo
maschile era più valorizzato. È
un elemento costante, in tutte le
epoche e le latitudini.
La donna è una pentola
Il “privilegio esorbitante di generare” – mettendosi da un punto
di vista maschile – indica lo stupore di fronte alla capacità misteriosa delle donne di dare la vita.
Gli uomini primitivi cercano una
risposta: non può trattarsi di un
potere femminile, il merito deve essere dell’uomo che impianta la vita nel ventre della donna.
In Africa, si dice ancora che “la
donna è una pentola”. Questo “modello arcaico dominante” giunge fino ai nostri giorni,
quando si affronta con un bambino piccolo il tema dell’arrivo
di un fratellino. Oltre a cavoli e
cicogne, la spiegazione classica: “papà mette un semino nella
pancia di mamma”, riflette l’immagine della pentola. È la stessa
mentalità dello stupro di guerra:
l’identità dell’individuo – persino
politica e religiosa – è nello sperma del padre. “Tu metterai al
mondo un franchista!”, dicevano
i franchisti alle donne repubblicane che violentavano durante la
guerra di Spagna.
la libertà e controlla il suo corpo. Fino alla menopausa. Nella
maggioranza delle società primitive, la perdita della fecondità
la marginalizza e la lascia senza
protezione. Tranne pochi casi
fortunati: presso gli indiani Piegan in Canada, per esempio, una
donna di lignaggio importante
con la menopausa può diventare “una donna con il cuore d’uomo”: è libera quanto un maschio,
parla in assemblea, beve alcol e
può persino urinare in piedi.
Menopausa: “una donna
con il cuore d’uomo”
Per essere certo che il figlio sia
suo, l’uomo priva la donna delsettembre/ottobre 2011 - GD n. 23/24 -
gd
Guerriere adolescenti
e non più feconde
L’esistenza di donne guerriere in
alcune società non è una prova
sufficiente del matriarcato, ipotizzato da Johann Bachofen ma
senza nessun riscontro storico. Adolescenti e donne in menopausa combattevano presso
i Galli e alcuni popoli africani.
Alla donna feconda, invece, era
vietato, perché perdendo il sangue mestruale era meno vitale.
Sono esistite anche società matrileari, dove l’eredità familiare
passava attraverso gli zii materni,
senza che le donne godessero di
poteri particolari.
Inferiorità femminile:
il fondamento della società
Filosofia e religione sono alleate, dall’antichità classica in poi,
per legittimare l’ordine sociale,
che vede le donne sottomesse e
costrette a interiorizzare la loro
inferiorità. Con un unico obiettivo: quello di diventare madri e
preferibilmente madri di maschi.
Cristo è un rivoluzionario nelle
sue relazioni con le donne, ma la
Chiesa non pone i due sessi su
un piano di parità. Sant’Agostino dice che l’uomo è stato creato
“per la gloria di Dio” e per il suo
spirito, mentre la donna è stata
creata “per la gloria dell’uomo” e
per il suo corpo. Anche la Chiesa
ha le sue sante, ma donne contemplative come Teresa d’Avila,
che diceva di avere un legame diretto con Dio, sono sempre state viste come rivali dei sacerdoti
nell’interpretazione delle sacre
scritture.
Tutti a scuola:
la rivoluzione dei protestanti
Lutero e Calvino non furono
certo femministi, ma il protestantesimo ha aperto le porte
all’alfabetizzazione delle donne.
7
gd
l’evoluzione femminile
Ogni persona, infatti, doveva essere in grado di leggere la Bibbia.
Le statistiche dimostrano che nel
XVIII secolo nel nord Europa
(Inghilterra, Germania, Scandinavia, Olanda) maschi e femmine avevano lo stesso livello di
alfabetizzazione, mentre in Italia,
Portogallo e Spagna il divario era
esclusivamente a vantaggio dei
maschi.
nare a essere considerata, da un
punto di vista femminile, come
un potere. La liberazione delle
donne non passa più attraverso il
rifiuto della maternità, ma attraverso il suo controllo.
La contraccezione:
riappropriarsi del corpo
La grande rivoluzione del XX
secolo è stata la separazione di
sessualità e procreazione. Grazie alla contraccezione, il ventre
femminile si affranca da secoli
di controllo maschile. Un personaggio interessante in questo processo è Margaret Sanger,
un’infermiera newyorkese che
aveva visto morire sua madre per
sfinimento dopo 18 gravidanze.
Nel 1914, inventa il concetto di
“controllo delle nascite” e nel
1921 scrive What every girl should
know e fonda l’American Birth
Control League. Insieme a Marie
Stopes ha fondato cliniche e centri informativi. Ma è anche finita
in prigione per le sue idee, ritenute oscene. Secondo Agacinski,
con l’accesso alla contraccezione
e all’aborto, la fecondità può tor-
artigiani, nelle botteghe… Ma fin
dal Medioevo le donne non hanno mai avuto un riconoscimento
imprenditore cattolico cerca di
organizzare un minimo di divisione fra i sessi. Ma con la prima
guerra mondiale le donne diventano più numerose degli uomini,
spediti al fronte, e assumono anche il ruolo di sovraintendenti.
Le prime leggi sull’assicurazione
malattia e la protezione del lavoro delle donne nascono nella Germania di Bismarck e poi
in altri Paesi protestanti dove
gli imprenditori, per filantropia
o per interesse privato, non vogliono sfruttare la classe operaia.
Nel 1891 una legge francese riduce l’orario di lavoro delle donne a 10 ore (in Italia, una legge
del 1902 limita l’orario a 12 ore,
che diventano 11 nel 1934 solo
per le minori di 15 anni). Il riconoscimento della parità di salario è giunto molto più di recente:
nel 1946 in Francia e nel 1956 in
Italia, dove una legge nazionale
ha recepito una norma dell’Ilo
(International Labour Organization) del 1951. Ma è un obiettivo lungi dall’essere raggiunto.
Le professioni femminili (quelle a prevalenza di donne almeno
nelle corporazioni, a eccezione
delle vedove. Con la rivoluzione industriale, entrano in fabbrica, ma sono soggette agli abusi
sessuali dei caporeparti. La promiscuità è malvista e qualche
al 75%) sono considerate sottoqualificate e dunque sottopagate.
Anche in ambito intellettuale: un
esempio è il mestiere di traduttrice, molto femminile e quindi
spesso mal pagato.
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- GD n. 23/24 -
settembre/ottobre 2011
La parità di retribuzione
è ancora utopia
Il lavoro delle donne è sempre
esistito: nei campi, nei laboratori
testamento biologico
gd
Fine vita, solo al medico
la parola decisiva
Alla Camera la destra approva norme che riducono la volontà del paziente
a semplice orientamento e rendono obbligatoria l’alimentazione forzata
di Anna Cardinali*
chi raggiunga lo stato vegetativo
dopo una perdurante condizione di inabilità intellettiva saranno inefficaci, mentre potranno
essere valutate limitatamente ai
casi estremi di pazienti che presentino “accertata assenza di attività
cerebrale integrativa cortico-sottocorticale” (se ne stimano attualmente
in Italia circa 2.500), ovvero con
encefalogramma piatto.
Il medico sarà sempre e comunque obbligato a somministrare al
paziente acqua e cibo, fatte salve le limitate e residuali ipotesi
in cui “non risultino più efficaci nel
fornire al paziente in fase terminale i
fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo”.
È chiaro che il disegno di legge approvato introduce nel sistema normativo una serie di
divieti piuttosto che di diritti.
La sensazione è che la politica
si sia impadronita di una questione che, riguardando la persona quale individuo piuttosto
che quale membro della collettività, meritava di essere trattata
attribuendo maggior rilievo alle
istanze della gente comune. Il lavoro parlamentare ha suscitato,
ed è destinato a suscitare, ampie
critiche: la salute costituisce nel
nostro sistema un diritto e non
un obbligo, e mantenere in vita
attraverso idratazione e alimentazione forzate costituisce violazione di un diritto fondamentale
della persona. La legge, così formulata, svaluta la libertà dell’individuo di autodeterminarsi e di
concludere la propria esistenza
in modo dignitoso. Per contro
attribuisce al medico responsabilità ultronee rispetto al suo mandato professionale, obbligandolo
di fatto a quell’accanimento terapeutico, formalmente censurato,
contrario ai canoni della scienza
medica, cui il paziente non può
sottrarsi, avendo perso le facoltà mentali e fisiche per evitare
trattamenti inidonei al ripristino
di condizioni di vita compatibili
con l’umano decoro.
Prima che il Senato ponga il proprio sigillo su una legge tanto
attesa quanto insoddisfacente è
pertanto auspicabile che i mondi
della scienza, dell’etica e del diritto offrano il loro irrinunciabile
contributo per pervenire a soluzioni condivise e coerenti con il
sentire collettivo.
*avvocata
settembre/ottobre 2011 - GD n. 23/24 -
9
L
o scorso 12 luglio, la Camera ha deliberato il testo
di legge sul Testamento
biologico, inviato ora al Senato
per la definitiva deliberazione. Il
disegno di legge, composto da 9
articoli, s’intitola Disposizioni di
Alleanza Terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate
di trattamento.
Il testo normativo definisce la
vita quale “diritto inviolabile e indisponibile, garantito anche nella fase terminale dell’esistenza” e pone
un chiaro divieto a ogni forma
di eutanasia. A tutti i cittadini
maggiorenni e capaci d’intendere e volere è attribuito il diritto
di formalizzare il proprio testamento biologico e di nominare un fiduciario deputato a farlo
valere (esclusi però i conviventi), tuttavia esso costituirà solo
l’espressione dell’orientamento del
paziente, avrà un’efficacia limitata a 5 anni, assumerà rilievo solo
allorché l’interessato versi in stato vegetativo, non sarà vincolante
per il medico e non potrà riguardare alimentazione e idratazione.
Su tali presupposti le Dat rese da
gd
Donne in politica
Lo scorso giugno Giuliano Pisapia, neo-sindaco di Milano, ha reso nota la sua Giunta che, come promesso, è
composta per il 50% da donne. Ed è proprio da Milano che comincia il viaggio-inchiesta di Geniodonna per
scoprire chi sono le donne che fanno politica e che amministrano piccole e grandi realtà: quali sono i loro progetti?
Che difficoltà incontrano? A quali principi si ispirano? Alcune sono all’inizio della loro “avventura”, altre
invece praticano da anni il difficile ruolo politico in un mondo in cui la logica maschile è prevalente. Tutte però
sono accomunate dalla profonda convinzione che le pari opportunità sono ancora lontane, ma che con passione
e volontà le cose si possono cambiare. Abbiamo raccolto le loro testimonianze nelle interviste di Laura Dotti,
Laura Frigerio, Manuela Moretti, Pierangelo Piantanida, Idapaola Sozzani.
Il cambiamento e lo sguardo
femminile sulla realtà.
Credo nella cultura come
potenziamento e trasformazione
della comunità
Daniela
Benelli
Milano
Assessora all’Area
metropolitana,
Decentramento
e Municipalità,
Servizi Civici
59 anni. Ha diretto la Casa della Cultura e grazie a lei lo
spazio Oberdan è diventato uno dei centri nevralgici della
città. Dal 1995 ha ricoperto per 2 mandati l’incarico di
Assessora alla Cultura della Provincia di Milano.
[…] La scelta di Pisapia di comporre una Giunta al femminile per il 50% è una scelta innovativa, necessaria e lungimirante. Non soltanto per il
riequilibrio della rappresentanza ma anche perché
“femminilizzare” il potere è mettersi in sintonia
con i tempi, creare un nuovo stile di leadership, la
“forza gentile” di Pisapia, appunto. Guidare, anziché comandare, ascoltare molto, creare relazioni, connettere, anziché dominare e controllare,
mettersi al servizio anziché al centro della scena.
Creare condivisione per generare accoglienza, relazione, calore e fiducia. Internet, i social network,
l’importanza del territorio, della partecipazione dal
basso stanno cambiando in profondità il modo di
vivere la propria individualità e di stare nella società in relazioni creative e orizzontali. Per avere un
futuro il mondo politico, così come quello aziendale, devono modificarsi profondamente e imparare virtù femminili fino a oggi marginalizzate. Se
non lo faranno sarà peggio per loro. […]
[…] La manifestazione del 13 febbraio scorso ha
dato una scossa al Paese e, come è già avvenuto
negli anni Sessanta e Settanta, sono state le donne a dare una svolta. Allora le donne portarono a
una modernizzazione nei costumi e nella cultura
italiani. Oggi reagiscono a un’incredibile involuzione culturale e nello stesso tempo guardano avanti,
affermano valori di dignità, libertà e opportunità
per tutti senza i quali la nostra società è destinata a
declinare e a isolarsi dal mondo avanzato. Le donne italiane stanno difendendo i valori della civiltà
progredita. […]
[…] Ho la convinzione che la cultura sia uno strumento potentissimo, indispensabile per affrontare
tutti i problemi delle politiche pubbliche. Soprattutto per fare crescere la coesione sociale, il senso
di comunità, la partecipazione civica. Ma anche per
arricchire la vita individuale, ampliare le capacità di
ognuno. La cultura ben utilizzata in progetti sociali
e nei contesti territoriali è un formidabile strumento di empowerment, di potenziamento delle persone
e di trasformazione delle comunità. […]
Ricchezza nella diversità,
una formula che funziona
in politica e in azienda
Chiara
Bisconti
Milano
Assessora
al Benessere, Qualità
della Vita, Sport
e Tempo Libero
44 anni, sposata, con 3 figli, è Direttora Risorse umane di
Sanpellegrino Spa del Gruppo Nestlè. Attualmente, per via
del suo nuovo incarico, è in aspettativa.
[…] Conciliare la dimensione professionale a quella personale-familiare è impegnativo, ma non impossibile. Quando ero in azienda, dove occupavo
il posto di direttore del personale, testavo io stessa
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la forza gentile
nuove forme di organizzazione che poi proponevo anche agli altri dipendenti. Per esempio facevo part-time in modo tale da riuscire ad andare a
prendere mio figlio all’asilo, ma con questo non distoglievo del tutto la mente dal lavoro. Se si fa una
professione creativa che non richiede la presenza
fissa in ufficio, la flessibilità risulta la giusta chiave
perché uscire e fare altro aiuta la nascita delle idee.
Quante volte vi è capitato di stare in riunione per
ore senza arrivare a nulla? Invece staccare aiuta la
creatività e di conseguenza la produttività. Certo, è
necessario sapersi organizzare, ma è fattibile e credo che un approccio del genere potrebbe interessare anche gli uomini. […]
[…] Ci sono alcune tematiche femminili che si
possono applicare a tutti e questo è un punto su
cui lavorerò come Assessora al Benessere. Un importante punto di partenza è l’accordo raggiunto
con la Regione Lombardia per finanziamenti (previsti per il 2012) piuttosto corposi, che andranno
a progetti che mirano a facilitare la conciliazione
lavoro-famiglia. […]
[…] Milano è un esempio da seguire, oltre che
un’ottima ricetta. La squadra di Pisapia, infatti, non
è solo al 50% femminile, ma è bilanciata anche come età: trova quindi la sua forza e la sua ricchezza
nella diversità. È una scelta che dovrebbe essere
fatta anche in una dimensione aziendale. […]
La parità non deve essere un
obiettivo ma la regola automatica
dell’operare. Milano sarà il volano
di un nuovo progetto per l’Italia
da conquistare, ma regola “automatica” dell’operare. […]
[…] I movimenti femminili attuali rappresentano
un’iniziativa formidabile, hanno guidato il cambiamento e ne sono ancora parte essenziale. Hanno la
forza non solo di rappresentare le istanze della parità effettiva, ma anche di consegnare alla politica
un metodo di partecipazione, discussione e confronto nuovo ed efficace. […]
[…] Il futuro del nostro Paese lo vorrei vedere ispirato ai principi di legalità, equità, solidarietà, giustizia sociale, rispetto e laicità. Lo vorrei vedere
ritornare a occuparsi dei problemi reali, della gente normale che con il suo lavoro lo manda avanti
ogni giorno, della qualità della scuola, del suo patrimonio architettonico, paesaggistico e ambientale.
Un Paese in grado di elaborare un progetto per lo
sviluppo economico moderno ed efficace, ma che
contemperi i principi che ho appena richiamato.
Milano dovrà essere il volano del nuovo progetto
di Paese e il modello di città che questa nuova amministrazione vuole introdurre, ne sono certa, ne
costituirà spinta e impulso decisivi. […]
Le donne possono fare squadra,
la mia esperienza lo dimostra.
Per le pari opportunità,
necessario forzare i tempi
Federica
Bernardi
Cermenate
(CO - 8599 abitanti)
Ada Lucia
De Cesaris
Milano
Assessora
all’Urbanistica
ed Edilizia Privata
51 anni, sposata, con 3 figli, è avvocata e consulente di diritto amministrativo, già docente presso l’Università degli
Studi dell’Insubria.
[…] Io credo che anche in riferimento alla parità di
genere il vento stia cambiando, tuttavia nulla deve
essere dato per scontato. Bisogna vigilare affinché
in tutti i luoghi la parità diventi non un obiettivo
Vicesindaca
45 anni, sposata, con 2 figli, già Sindaca dello stesso
Comune per 2 mandati, dal 1999 al 2009.
[…] Appena eletta Sindaca la prima volta, ho scelto da subito una Vicesindaca-donna, la dottoressa
Rumi, commercialista esperta di bilancio e gestione
delle risorse economiche, che mi è stata di grande
supporto. Con lei abbiamo formato un bel tandem: sempre io e lei per 10 anni, attraverso la sfida
di due mandati elettorali. Si dice che le donne non
sono capaci di “fare squadra” fra di loro. Noi due,
invece, pur provenendo da esperienze diverse, ab-
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Donne in politica
biamo vissuto una vera sintonia d’intenti, ritagliandoci nel contempo spazi di autonomia reciproca
che, mentre valorizzavano le nostre competenze
personali, evitavano interferenze inutili e lungaggini, dannose per la buona amministrazione. […]
[…] I giovani del paese e l’esperienza sociale
dell’immigrazione nel nostro Comune meritano
molta attenzione. Le nostre famiglie di immigrati
oggi condividono spesso le stesse contingenze e i
disagi economici di ormai tante famiglie italiane in
tempi di crisi. Ma talora hanno minori risorse culturali e necessitano di un accompagnamento maggiore alla socializzazione: i ragazzi figli di immigrati
(in realtà non più di un paio per classe nelle scuole
di Cermenate) sono abbastanza inseriti a scuola ma
trovano maggiori difficoltà a partecipare alle attività extrascolastiche, sia culturali sia sportive. Sono le donne e le madri delle famiglie immigrate la
“cerniera” e lo snodo di questa indispensabile integrazione sociale.
Conosciamo già personalmente alcune delle nostre
immigrate e pensiamo, per loro tramite, di raggiungerne altre anche con un progetto per l’apprendimento dell’italiano per adulti.
Per i ragazzi, dal prossimo autunno, assieme all’Assessora ai servizi sociali, una donna, abbiamo alcuni progetti da sviluppare attraverso le scuole di
Cermenate. È in momenti difficili come quelli che
stiamo attraversando che la realtà giovanile, il futuro dei nostri paesi, deve essere agganciata con
strategie efficaci e nuove strade, anche al di fuori
delle famiglie, che negli ultimi tempi si sono troppo rinchiuse nel privato e sembrano poco inclini a
confrontarsi in una dimensione collettiva, anche
quando si parla dei loro ragazzi e delle problematiche dei giovani. […]
[…] Come amministratrice sono convinta che è
necessario potenziare la partecipazione delle donne alla gestione pubblica, ma non con iniziative “di
facciata” o slogan, bensì partendo dal basso, per
esempio dalla formazione delle liste elettorali. Io,
inizialmente restia sul tema delle quote in politica,
sono oggi favorevole a introdurre meccanismi che
mandino a regime il sistema: nella fase iniziale di
ogni processo di cambiamento e innovazione c’è
bisogno di “forzare i tempi”, sottraendo le istanze
di cambiamento alla volubilità delle “buone volontà” o sensibilità individuali. […]
Un lavoro “sotterraneo”
per le famiglie
Maria Angela
Capuccino
Montano Lucino
(CO - 4294 abitanti)
Sindaca
59 anni, sposata con 2 figli, è Sindaca al secondo mandato.
[…] Cerco di dare priorità al sociale; per me fare
politica significa soprattutto far fronte alle problematiche delle fasce più deboli della cittadinanza.
Le problematiche da affrontare sono innumerevoli
e molto diverse le une dalle altre, dandomi modo
di aver ancora più contatti con le persone e le loro
necessità.
Questo è spesso un lavoro “sotterraneo”, per ovvi motivi di privacy e delicatezza, poco evidente
ai più, ma che gratifica nel momento in cui si ha
la certezza di aver supportato la tale famiglia o il
tal giovane, aiutandoli a risolvere i loro problemi…
Un atto concreto è l’imminente apertura di uno
“sportello per le famiglie”, attuato tramite un supporto psicologico che, a partire dalle scuole, possa
individuare eventuali situazioni di disagio famigliare, cui portare un aiuto tangibile. […]
[…] Un atto concreto nel campo della conciliazione famiglia-lavoro è la possibilità data già da qualche anno alle dipendenti di gestire con flessibilità
gli orari lavorativi, in considerazione delle necessità
famgliari. […]
[…] È positivo che la questione delle quote rosa
venga posta, ma non mi sembra giusto portarla
all’esasperazione, in quanto di una persona vanno
valutate la capacità e la preparazione prima che il
genere, quindi secondo me sono da evitare le applicazioni forzate di un concetto pur giusto in sé.
Tuttavia, la presenza femminile nei posti di comando è importante perché apporta, pure nell’ambito
delle decisioni in apparenza più “fredde” e “tecniche”, quel “tocco”, quel “qualcosa in più” che fa
la differenza e “rende gli atti dell’amministrazione
più ‘umani’, più vicini alla gente”. […]
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la forza gentile
Pari opportunità in Giunta.
Noi ci siamo riuscite
Maria Rita
Livio
Olgiate Comasco
(CO - 11268 abitanti)
Sindaca
61 anni, sposata con 3 figli, è Sindaca al secondo mandato e
Consigliera Provinciale da anni.
[…] Diciamo che noi donne abbiamo una sensibilità diversa e che forse le donne mettono più facilmente insieme la testa col cuore, poi naturalmente
ci sono le eccezioni.
Io ho avuto la fortuna, negli anni in cui mi son dedicata e mi sto dedicando alla politica attiva, di essere accompagnata da altre donne che dimostrano
capacità e passione di grande valore, dando vita a
una politica fatta con molto entusiasmo, con partecipazione, con competenza e con assoluta onestà.
Credo sia molto più facile trovare esempi negativi
di combine, di malaffari, di situazioni poco pulite,
insomma, con protagonisti maschili. Forse qualcuno può dire: per forza le donne sono poche; sì,
però, dove le donne ci sono, tante cose non esistono, non succedono… A Olgiate in questo momento c’è una realtà amministrativa che, penso, possa
essere d’esempio: abbiamo le pari opportunità in
giunta, Sindaca e Vicesindaca al femminile e un
gruppo di maggioranza che ha ugual numero di
donne e uomini in consiglio comunale. E questo
è motivo di grande ricchezza per il gruppo, perché
le discussioni e le riunioni programmatiche sono
molto ricche di interventi, con punti di vista diversificati che poi trovano facilmente la sintesi proprio perché le donne mettono anche la pacatezza
e la concretezza nei ragionamenti. Noi da sempre
siamo abituate a destreggiarci in più ruoli, professioniste, lavoratrici, madri, mogli, magari si fa
volontariato, siamo presenti nelle scuole, negli organismi che affiancano gli insegnanti. Siamo, cioè,
abituate a interessarci compiutamente anche della
vita degli altri. […]
[…] Io ho avuto la fortuna di lavorare in un partito, il Pd, che alle donne crede, e crede all’intel-
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Un esempio: L’Ape rosa
Posso raccontare un dispiacere che viene dal mio
mandato precedente, per dare l’idea di cosa saremmo o vorremmo fare. Premetto che ogni anno
portavo delle insegnanti dell’asilo nido di Olgiate al
Reggio Children (gli asili di Reggio Emilia sono i più
avanzati nel mondo, vengono dall’estero per studiarli) a fare aggiornamenti e abbiamo avuto l’occasione
di vedere esempi di scuole d’infanzia o di nido straordinari. Poi, proprio in quegli anni era uscita una
legge della Regione Lombardia che finanziava delle
nuove attività imprenditoriali femminili; tra le possibilità segnalate vi era anche quella di nuove modalità di accudimento dei minori, di bimbi non ancora
iscritti alla scuola dell’infanzia. Così insieme con una
cooperativa, in particolare con la responsabile di allora, che, guarda caso, era una donna e frequentava
i corsi di aggiornamento a Reggio Emilia, abbiamo
studiato e realizzato un progetto, di cui mi sono occupata personalmente e che ci fu finanziato dalla
regione Lombardia: l’Ape rosa.
L’Ape rosa, che sarebbe poi potuta costare negli anni
a venire una cifra sostenibile dal comune di Olgiate,
era uno spazio-gioco nel centro del paese nel quale
i genitori o i nonni potevano andare liberamente
portando i propri bimbi che potevano dedicarsi ad
attività semplici e giocose sotto la guida di educatrici
specializzate.
Si stava creando, così, un bellissimo movimento di
famiglie giovani, di bimbi piccoli, ma anche di nonni; purtroppo, però, una delle prime operazioni che
fece l’amministrazione che ha seguito la nostra e
preceduto quella attuale, è stata la chiusura, pur tra
le proteste, di questo spazio.
Ecco, la sensibilità femminile è diversa, una donna
non l’avrebbe mai fatto. In questo caso c’è stata proprio una discriminante di genere: è stato cancellato
con un colpo di spugna, con protervia esclusivamente maschile, un servizio nel quale, qui veramente è
il caso di dirlo, il maschio non aveva voluto mettere
la testa. Ora siamo occupati nell’ampliamento del
nido. La cosa che sono arrivata a fare in tempo utile, perché il cantiere è già avanzato, è l’intervento
riguardante l’allestimento e l’arredo. Il primo passo
che stiamo facendo è questo: c’è una giovane architetta che sta realizzando, con la collaborazione del
Politecnico di Milano e a titolo gratuito, uno studio
di colori per il nido, progetto col quale lei parteciperà a un concorso e se lo vincerà il Comune avrà una
dotazione di colori per tinteggiature future. Così noi
cercheremo di dipingere le pareti del nido, che dovevano essere tutte bianche, con dei colori, secondo
uno studio ragionato. Anche questo secondo me è
un dato che viene fuori dalla sensibilità femminile.
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Donne in politica
ligenza e alla capacità delle donne, non al loro
aspetto fisico. Se poi qualcuna è anche avvenente,
tanto di guadagnato, ma non è questo il requisito
che viene cercato. Certo, purtroppo, in questi ultimi anni, abbiamo avuto lo spettacolo della politica
che ha privilegiato l’aspetto esteriore delle donne
e, recentemente, abbiamo visto che il concedersi
sessualmente è diventato uno strumento per fare
carriera politica, con un effetto lacerante anche su
quella che è la figura femminile. E meno male che
le donne a un certo punto si sono ribellate e ci sono state quelle grandi manifestazioni nelle piazze,
a cui ho partecipato, il “Se non ora, quando?” Meno male… perché non è una cosa accettabile, che
va a discapito delle tante donne capaci e intelligenti
che mandano avanti questo Paese con ruoli diversi,
spesso anche in modo silenzioso e sottaciuto, senza riconoscimenti. […]
[…] Quando sposo, leggo questa poesia di Khalil
Gibran, la cui vita ha fatto da ponte tra due culture:
“[…] Cantate e danzate insieme e state allegri, ma ognuno
di voi sia solo,
Come sole sono le corde del liuto, benché vibrino di musica
uguale.
Donatevi il cuore, ma l’uno non sia di rifugio all’altro,
Poiché solo la mano della vita può contenere i vostri cuori.
E siate uniti, ma non troppo vicini;
Le colonne del tempio si ergono distanti,
E la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra
dell’altro.”
In questa poesia c’è un invito ad apprezzare l’individualità e quindi la ricchezza di ciascuno per creare, insieme, la sinfonia. Ma non c’è armonia senza
stima e considerazione paritaria… le donne sanno fare una bella musica, perché hanno delle corde che si possono attivare perfettamente, devono
esserne solo consapevoli e partecipare! Guardare
fuori dal proprio ambito domestico perché lo sanno fare. […]
[…] Ancora sul ruolo della donna in politica, io
credo che anche nelle famiglie vada valorizzato il
ruolo della donna, perché là dove c’è una donna
capace, la famiglia funziona. Ed è proprio questo il
modello virtuoso che va esportato nella politica. Ci
dobbiamo assolutamente arrivare, e purtroppo sono ancora troppo pochi gli esempi. Non dico che
gli uomini vadano marginalizzati, assolutamente
no, quello che vale è il merito individuale, però certo bisogna fare ancora un po’ di strada per dare alle
donne lo spazio che le donne meritano. […]
Comincerò affidando ai giovani
un teatro da ristrutturare.
Poi servizi alle famiglie bisognose
Rossella
Radice
Tavernerio
(CO - 5700 abitanti)
Sindaca
39 anni, sposata con 2 figlie, sessuologa e dirigente medico
presso l’ospedale Sant’Anna di Como.
[…] Uno sguardo femminile sicuramente apporterà una maggiore attenzione ai giovani (aspetto che
in questo paese è stato spesso tralasciato), alla cultura, all’arte e alle famiglie, alla tutela del territorio
e agli spazi verdi. […]
[…] Dal momento che è prevista una ristrutturazione del Teatro Sociale, ci piacerebbe coinvolgere i giovani tra i 14 e i 17 anni, fascia di età che
gli adulti lavoratori difficilmente riescono a gestire. Noi del Comune vorremmo offrire un servizio
(gratuito per le famiglie particolarmente bisognose e a pagamento per chi se lo può permettere)
che segua i giovani in questa fascia d’età. Noi offriamo gli spazi, mentre abbiamo preso i contatti
con un’associazione che offre personale qualificato (docenti di inglese, matematica e italiano). Inoltre, è prevista una parte dedicata allo svago e al
divertimento. Questo è il primo provvedimento
da noi ideato, che pone l’attenzione a una fascia di
età normalmente trascurata e vuole essere un aiuto
concreto per le famiglie. […]
[…] La campagna elettorale è stata piuttosto dura,
poiché ero l’unica donna candidata e ho dovuto
conciliare il mio lavoro con questo nuovo impegno. Ho però avuto moltissima comprensione: in
ambito lavorativo mi hanno aiutato a modificare il
mio contratto in modo tale che si potesse conciliare con la mia nuova attività. In famiglia ho ricevuto
aiuto da parte dei miei genitori per quanto riguarda la gestione delle mie figlie. Con mio marito, ho
avuto delle difficoltà in più, poiché per un uomo
risulta più difficile confrontarsi con una donna che
ha un determinato tipo di status. […]
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la memoria
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Non è vera Storia
la storia senza le donne
Un’enciclopedia online scritta da storiche ed esperte che si propone come strumento di conoscenza e di ricerca anche per gli studenti delle scuole superiori
di Giulia Tagliabue
R
accontare e tramandare la conoscenza delle donne famose,
di quelle di cui hanno cancellato le tracce, della vita e delle condizioni di quelle che giorno per giorno sono
vissute sconosciute. È ciò che si legge nella dichiarazione di intenti
delle redattrici che hanno dato
vita, a enciclopediadelledonne.
it. Margherita Marcheselli e Rossana Di Fazio, coordinatrici del
nucleo originario di quella che
definiscono “un’impresa”, affermano: “è un’operazione che si
propone di radunare, illuminare,
costruire e divulgare. Che cosa?
Intanto la conoscenza, nomi e
cognomi. Ogni nome e cognome fa una storia, e ogni storia
singola va in un paesaggio pieno
di storie, e tutto diventa la Storia.
Ma senza la storia delle donne –
di tutte le donne – non si fa una
bella Storia: si fanno degli schemi, delle approssimazioni, dei riassunti che non somigliano più a
niente. E che fan danno”.
Ma c’è un altro aspetto importante:
“L’altra cosa che si divulga da sé
facendo un’Enciclopedia delle
donne è l’idea della libertà: la conoscenza delle donne in carne e
ossa del passato e del presente, al
pari dell’esperienza”.
Questa iniziativa online, meglio
denominata “Specchio delle Dame”, si presenta subito come
un progetto “di intelligenze”: a
firmare i “lemmi” sono infatti
donne provenienti da vari campi di scienza e cultura, impegnate
nell’editoria o, in ogni caso, portatrici di esperienze.
Un lavoro enciclopedico
per divulgare l’idea
di libertà delle donne
“Ci premeva questo: creare una
vera Encyclopédie, come Diderot e
D’Alembert, una fusione di memoria ed esperienza”– racconta
Rossana Di Fazio. “L’enciclopedia è stata pensata per valorizzare ciò che già esiste, attraverso
un lavoro di ricerca e documentazione, ma anche per fare con-
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fluire tutte le conoscenze in un
unico contenitore”. enciclopediadelledonne.it si fonda su
un fermo proposito: mescolare
donne illustri e comuni in modo
da riunire i pezzi. “è il pensiero sottinteso a ciò che facciamo:
se non racconti anche delle ostetriche, delle balie, delle operaie,
non puoi raccontare bene la storia, ci sarebbero dei buchi”. La
damnatio memoriae che da sempre
perseguita le donne non ha gettato nell’oblio solo quelle comuni, ma anche alcune che, a loro
tempo, sono state famosissime.
Invito alle studentesse
a scrivere anche una sola
voce creando
gruppi di lavoro
insieme ai docenti
Così Elena Doni, giornalista e
collaboratrice del progetto, ha
riscoperto la vita di Cristina di
Belgioioso, che nel XIX secolo
si permetteva di scrivere al Papa
e organizzava un esercito perché
combattesse alle Cinque Giornate di Milano e fu sostenitrice
della parità fra uomo e donna. Il
progetto delle redattrici non finisce qui.
“Vorremmo anche diventare un
luogo di formazione” – spiega sempre Rossana – “invitare le
scuole a scrivere anche una sola
voce creando gruppi di lavoro
coordinati da un docente”.
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gd
storie
Ora ho una “bella”
casa allo Zen
Nel diario di Emanuela anni di lotte per un’abitazione dignitosa – Un’odissea di
container infuocati, notti all’addiaccio, sgomberi forzati – E una bambina perduta
Emanuela Sacco con la piccola Desirée.
di Anna Bernasconi
“Fiocco azzurro tra i senza casa”, si legge sulla cronaca, “partorisce durante l’occupazione al
Comune”. Conosco Emanuela in questa occasione con un
pancione più grande di lei, occhi grandi e scuri e fiocchetto
nei capelli, diventiamo amiche
e mi fa leggere pagine fitte senza punteggiatura, testimonianze
drammatiche intervallate da cuori a cornice del nome del marito
Orazio e foto di Gabriel Garko.
Una coraggiosa odissea femminile raccontata in un diario dall’ita-
liano inciampato. In prima fila
ma sempre composta, Emanuela
è riuscita a creare intorno a sé un
comitato, con l’appoggio di consiglieri e organizzazioni solidali.
Dopo anni di container e porte
in faccia, niente di romantico a
darle la casa che le spetta: la frase dell’ufficio assegnazione case
popolari “Senza soldi il parroco
non canta messa” e una registrazione col cellulare al momento
giusto.
Ha ragione Emanuela: questo
mondo non cambierà mai.
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settembre/ottobre 2011
Z
en significa “Zona Espansione Nord”. Considerato
il peggior quartiere di Palermo, è
una barricata di palazzi fatti per
trasferirci intere famiglie. Qui la
lotta di Emanuela, 28 anni, licenza elementare e tre figli, durata
quasi dieci anni, trova finalmente vittoria: una casa. Mancano le
porte, al padiglione 19 i lavori
sono incompiuti. Ma è pur sempre la casa che Emanuela ha sognato e che abita in legalità.
storie
Il diario di Emanuela
gd
per i capelli strascinandoci con i manganelli,
hanno rotto le porte, la gente si disperava e ci
fissavano senza capire la nostra disperazione
di chi non sa cosa fare e dove andare. Avevo
tutte le mie cose dentro anche un bel cagnolino piccolo che ho trovato morto, le persone
non si curano dei cagnolini per questo anche
li abbandonano.
Per strada
Al Comune, mettevamo cassonetti per terra
o cantavamo canzoncine dedicate al sindaco.
Stando là in mezzo non ero contenta perché
non avevo confidenza a scioperare, cercavo di
avvicinarmi alla gente e mi sentivo a disagio,
però se dovevo lottare, era per avere una casa
che è un diritto. Mi sentivo sola, mi tenevo
tutto dentro e pensavo che era un libro che
dovevo scrivere. Passavano mesi, una famiglia non aveva neanche da ripararsi e gli hanno prestato una tenda: battevamo anche le
mani o anche di più come se avevo vinto una
partita di calcio, ma con la rabbia che il sindaco non faceva niente per fare evitare perché
era la sua vergogna e non la nostra.
Al Pignatelli
Ci hanno messo in attesa in una struttura
con coperte e reti, per due anni non uscivamo
mai da quell’incubo, c’era sporcizia insostenibile. Io là ho perduto la mia bambina. Al
quinto mese i dottori hanno detto che aveva
delle malformazioni e di abortire io non volevo, si era ammalata per la malaria e la
muffa che io assorbivo e ho pianto quando
l’ho perduta. Mi hanno fatto partorire e non
l’ho neanche vista, solo mio marito. Volevo
portarle un fiore ma è senza nome insieme
a tutti gli altri.
Dal container all’albergo
Nei container ero uscita incinta stavolta di
un maschietto, lì si moriva dal caldo e mi
hanno dato un albergo che non voleva nessuno perché c’erano le prostitute, ma per me
andava bene perché ero stanca e tanto stavo
sempre dentro. Ma altri senza casa erano invidiosi, hanno fatto la festa alla mia macchina, piangevo ma la stessa sera pensavo che
non me ne importava niente di loro e della
macchina bruciata, e mi feci una spaghettata.
Occupazione del Comune
Una mattina venne lo sgombero. Al nono mese di gravidanza, mi buttarono fuori
dall’albergo siamo andati ad occupare dentro
il Palazzo. Avevo i piedi gonfi e dormivo per
terra, ma ho continuato a lottare non ascoltavo i medici. Una mattina mi alzai strana e
lo ignorai, non ce la facevo più per l’ansia, le
case c’erano non ce le volevano dare, mi sentii
veramente male, e avevo partorito lì. Abbiamo passato mesi a dormire fuori non ce la
facevamo più. Siamo andati ad occupare una
scuola e io e altre ci siamo pentite di questo.
Allo Zen
Finalmente dopo tante sofferenze mi sono sistemata, ora ho una bella casa allo Zen. Ora
ci vuole un lavoro, è appena nata Desirée un
regalo di Dio, la bambina che ho sempre desiderato. Voglio cambiare la mia vita. Voglio che dia un senso alle parole che ho scritto.
Le amiche di avventura aspettano ancora e
gli hanno tolto luce, acqua, gas con i bambini, non hanno cuore? Hanno sbagliato con
noi e continuano a sbagliare. Questo mondo
non cambierà mai.
Emanuela Sacco
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Oggi, 19-06-2011, sono triste perché mio
marito non ha lavorato e noi eravamo senza
un euro, è così brutto stare senza un lavoro
e senza soldi, sono disperata, vorrei qualche
amica, Gesù, mi piacerebbe che mi ascoltassero. Scrivo per sfogarmi. Perché il mondo è
fatto così? Perché nel mondo girano bugie?
Perché nel mondo non c’è lavoro?
Ventotto anni sono passati
da quando Emanuela è nata
oggi è una donna innamorata
mi specchio nei miei occhi castani
con infinita tenerezza
sei bella, lontana tesoro
ti auguro che la vita doni a te
amore e gioia infinita
16 anni
Avevo 16 anni che ho cercato una casa in
affitto, mio marito lavorava al muratore e ci
andava tutto per il verso giusto fino quando è finito il lavoro. Sentivo la padrona di
casa parlare col marito “Dove se ne vanno
col bambino?” A lui non importava. Era
vero non sapevamo dove andare. Una mattina venne il postino con lo sfratto. Ci davano
dei mesi, ma non si aggiustò niente. C’erano
le case popolari che stavano finendo di fare,
così ne occupammo una era bella e per paura
dormivamo a terra, invece abbiamo passato il
Natale là e anche l’Anno nuovo.
Sgombero forzato
Una mattina aspettavamo quell’orribile
sgombero forzato. Erano 70 famiglie. Tutte
le donne ci siamo messe davanti, alcune coi
neonati, per far resistenza passiva. Invece ci
sono assaliti addosso come animali tirandoci
gd
donne e scienza
La passione per la luce
Varenna Fisica Festival
Incontro con Rossella Sirtori ideatrice insieme a Luisa Cifarelli di Passion For Light
di Tiziana Rota
con i suoi corsi, a fare di Villa
Monastero un centro di eccellenza della didattica della Fisica.
Mi sono limitata “a salire sulle
spalle di questi giganti e così ho potuto guardare più lontano”, come
direbbe Bernardo di Chartres.
Così è nata l’idea del “Varenna
Fisica Festival” che è cresciuta
grazie all’imprescindibile colla-
borazione di Luisa Cifarelli che,
con il professor Sindoni, è membro del Comitato scientifico del
festival. Con grande entusiasmo
questa scienziata ha condiviso e
tracciato il percorso, guidandomi
in questa avventura per me dai
molti lati oscuri ma affascinante
(difficile capirli quando parlano
di materia oscura e sincrotrone).
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settembre/ottobre 2011
Come è nata l’idea di un festival della Fisica?
Il progetto che cercavo era lì,
scritto nella storia di Villa Monastero nella sua lunga tradizione di centro di formazione di
ricerca scientifica da preservare
e rilanciare, nel rispetto di uno
dei vincoli che il Cnr ha posto
nell’atto di vendita della villa alla
Provincia di Lecco nel 2008.
Giovanni Polvani, dell’università
di Milano e presidente della società di Fisica, nel 1953 concepì
l’idea di una scuola estiva a livello post universitario che avrebbe
dovuto conquistare un’altissima
rilevanza internazionale. Scelse
Lecco e in particolare Varenna e
Villa Monastero.
I più celebri scienziati del mondo, come docenti o studenti,
sono passati dalla Scuola di Varenna: Gilberto Bernardini, Bruno Rossi, i Premi Nobel Werner
Heisenberg, Enrico Fermi, Jack
Steinberger, Piero Caldirola,
Carlo Castagnoli, Marcello Conversi, Louis Leprince Ringuer,
Menon, Giuseppe Occhialini,
Antonio Rostagni e altri ancora.
I corsi si sono potenziati e il loro
prestigio internazionale è rimasto indiscusso. Varenna ha ospitato oltre 40 Premi Nobel dal
1953 a oggi.
Anche il “Piero Caldirola International Centre for the promotion of science” ha contribuito,
gd
donne e scienza
Come tenere alto il livello
scientifico per gli addetti ai
lavori e avvicinare la Fisica
al grande pubblico? La sfida
sembra ardua.
Il festival ha due anime diverse ma complementari: da un lato la creazione di un centro di
cultura scientifica a Villa Monastero che valorizzi le esperienze
scientifiche già presenti e incrementi l’attività convegnistica con
miglioramento dell’accessibilità
del complesso, dall’altro un ampio programma di divulgazione
scientifica con eventi destinati al grande pubblico articolati
sul territorio provinciale. Lecco, Merate, Mandello oltre Varenna ospiteranno incontri con
scienziati come il Premio Nobel
Rossella Sirtori e il Festival della Fisica
Un’imprenditrice impegnata nella società civile
Rossella Sirtori, amministratore delegato di Sircatene spa, da oltre vent’anni alla guida dell’impresa di famiglia,
un’azienda di Missaglia (Lc) leader nella costruzione di catene di trasporto,
trasmissione e raschianti, dal settembre 2009 è Presidente dell’Istituzione
Villa Monastero e in questo ruolo ha
dato vita al Festival della Fisica. Prima
donna presidente di ConfindustriaLecco (2003-2007), in sessant’anni di
storia, dalla nascita dell’associazione
nel 1946, si è distinta per l’attenzione alle esigenze delle imprese, dove,
prima che dirlo fosse di moda, ha impostato relazioni sindacali moderne,
convinta che capitale e lavoro siano
facce della stessa medaglia. In questo
ambito si è spesa per l’identità femminile costruendo anche un proget-
to ad hoc dedicato agli asili nido, che
probabilmente ha ispirato quello attuale della regione Lombardia. Dopo
l’esperienza confindustriale ha messo
la sua creatività al servizio del Distretto Metalmeccanico Lecchese (20072009) ideando la prima mostra della
sub-fornitura locale perché la filiera
corta, in un territorio dove il knowhow è diffuso, è realmente un vantaggio competitivo.
Nel 2009 il Presidente della Provincia
di Lecco, Daniele Nava, a capo di una
giunta di centrodestra tutta al maschile, la nomina Presidente dell’Istituzione Villa Monastero confidando nelle
sue riconosciute capacità imprenditoriali e culturali per la valorizzazione
della prestigiosa villa di Varenna, da
poco acquisita dalla Provincia (2008),
Casa-Museo e Centro-Convegni internazionale con splendido giardino
a lago.
Rossella Sirtori mette subito in chiaro,
com’è nel suo stile, che la sua è una
presidenza libera da ogni condizionamento politico e tesa esclusivamente
alla dimensione progettuale e allo sviluppo della Villa.
Ha avviato una gestione collegiale
dell’Istituzione attivando tutte le forze disponibili, coinvolgendo e valorizzando le competenze e l’impegno di
ciascuno, al di là delle appartenenze
politiche per rilanciare a un livello
sempre più alto Villa Monastero nelle
sue specificità: paesaggistiche, scientifiche, artistiche.
Luisa Cifarelli e l’anno della luce
è Professore Ordinario di Fisica
Sperimentale all’Università degli
Studi di Bologna dal 1991, Presidente della Società Italiana di Fisica (Sif)
dal 2008, e il 2 aprile di quest’anno è diventata il primo presidente
donna della European Physical Society (Eps). Su proposta della Società Europea di Fisica, le Nazioni
Unite proclameranno per il 2012
l’anno internazionale della luce nel
mondo e tale annuncio avverrà proprio a Varenna durante il workshop scientifico internazionale del 16 settembre Passion for Light, che vedrà la partecipazione
di scienziati e studiosi, tra cui i due Nobel Teodor Haensch e Claude CohenTannoudji. Il tema della prima edizione del festival sarà proprio la luce declinata
sotto molteplici aspetti: dalle ultime ricerche dedicate alla luce come fenomeno
fisico, fino ai chiaroscuri dei profili di uomini di scienza alle ombre di grande attualità come il nucleare e la situazione climatica del pianeta.
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gd
donne e scienza
Carlo Rubbia, il Fisico Antonino
Zichichi e l’astrofisica Margherita Hack. Ma anche una moltitudine di eventi nelle piazze, negli
osservatori, e negli spazi cittadini: mostre, musica, teatro, arte,
danza, laboratori, esibizioni, parchi giochi, esplorazioni del cielo
e scoperta dei beni artistici e architettonici.
Il tutto è possibile grazie al coinvolgimento dei Comuni, delle Associazioni, degli operatori
economici, degli sponsor privati, oltre che istituzionali, per gli
obiettivi comuni di crescita di
una cultura scientifica che getti
un ponte tecnologico tra ricerca
e applicazioni industriali e stimo-
li la promozione di un turismo
responsabile. Per la prima volta
la Fisica esce dai laboratori, dalle università e incontra in piazza
la gente, i giovani e i giovanissimi, nel tentativo di cambiare la
percezione della cultura scientifica e, lasciando intatto il suo rigore, di avvicinarla anche al grande
pubblico.
Per concludere, una riflessione sul posto delle donne nella
società degli uomini da parte
di una donna di successo.
Devo ammettere che anche per
me non è sempre stato facile superare pregiudizi e resistenze nei
ruoli che ho occupato, tradizio-
nalmente previsti per gli uomini.
Per lungo tempo ho pensato che
le quote rosa fossero una “riserva” non necessaria.
Ora ho cambiato opinione perché nonostante le donne siano
spesso grandi professioniste che
fanno dell’impegno e della tenacia i loro punti di forza, non
sempre il merito viene premiato,
quindi la riserva diventa necessaria. Mi sento di smentire con
forza il luogo comune che vuole le donne incapaci di lavorare
in squadra: in azienda lo staff è
quasi tutto al femminile e anche
il Varenna Fisica Festival nasce
sotto il segno dell’altra metà del
cielo.
I principali incontri con gli scienziati
Varenna - Villa Monastero
Venerdì 16-9 Passion for Light, Workshop scientifico
Gli incontri che seguono sono alle ore 21.00
Varenna - Villa Monastero
Martedì 20-9 Pasquale Tucci (prof. Storia della Fisica Univ. Statale Milano)
Lecco - Camera di Commercio
Sabato 17-9
Margherita Hack (astrofisica) e Giulio Giorello (filosofo)
Giovedì 22-9 Enrico Marco Ricotti (Dip. Energia Politecnico Milano)
Lecco - Teatro della Società
Giovedì 29-9 Antonino Zichichi (fisico)
Sabato 1-10
Lecco - Sala Ticozzi
Carlo Rubbia (fisico)
Lunedì 19-9 Umberto Guidoni (astronauta)
Merate - Sala Consiliare
Rosa Filippini (presidente Amici della Terra)
Giovanni Bignami (astrofisico)
Venerdì 23-9 Giuseppe Orombelli (Prof. ordinario di Geografia Fisica)
Tanti gli appuntamenti collaterali per gli appassionati di scienza e per i bambini
Da sabato 17 Settembre a Merate: “Fisici in erba - Laboratori per i giovanissimi”, “Percorsi di luce
- Alla scoperta dei beni architettonici di Merate”, “La fisica del tango”, “Spettacolo degli scienziati
pazzi”
Domenica 18 settembre a Merate, dalle 10 alle 12.30, Osservazione solare con il telescopio Coronado SolarMax, e, alle 16, esibizione dei ragni di Lecco
Alle 21, al Teatro de Andrè di Mandello del Lario, conferenza-spettacolo dal titolo “Universo:
orizzonte infinito”
Il programma completo e aggiornato è visibile sul sito: www.varennafisicafestival.com
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idee&parole
Due grandi donne
custodi del verde
gd
La lotta di Ottorina Bianchi per l’Oasi del Bassone e di Pupa Frati
che ha trasformato una discarica abusiva in un incantevole giardino
Entrambe nel disinteresse delle istituzioni
di Pietro Berra
a storia non la si fa con i se o con i ma... Ma
di certo la si fa con le donne. Quindi, non
è tempo buttato quello dedicato a immaginare come potrebbe essere una piccola città lacustre - Como - se non fosse sempre stata governata
soltanto da uomini. Già, tra i palazzi della politica
che le donne non sono ancora riuscite a conquistare non c’è solo la Casa Bianca, ma vi sono anche i
più modesti Palazzo Cernezzi (sede del municipio
comasco) e Villa Saporiti (sede dell’Amministrazione provinciale). Si dice che le donne siano portatrici
di valori diversi. Si sostiene che, se fossero arrivate
prima al potere, avremmo avuto meno guerre. Può
darsi, però, per l’appunto, la storia non si fa con i se.
Scendendo nel particolare di Como, tuttavia, forse
non è sbagliato pensare che, se le donne avessero
contato di più, oggi avremmo un po’ meno cemento – che è arrivato a deturpare il lungolago e a far
crollare le rive – e un po’ più verde. Lo suggeriscono le storie di due donne, che da anni custodiscono
delle oasi incantevoli, nel disinteresse delle istituzioni. Una è Ottorina Bianchi: ha lottato contro
tutto e tutti (compresi i cacciatori che all’inizio le
lasciavano minacciosi bigliettini appesi agli alberi)
perché la torbiera del Bassone fosse riconosciuta
come area protetta. Oggi è una delle più belle Oasi
del Wwf, con due laghetti frequentati da decine
di specie animali. In tutto novanta ettari di natura
pressoché incontaminata a due passi dal grigiore
del centro città.
L’altra è Pupa Frati, che ha trasformato una discarica abusiva lungo il corso del torrente Garrovo, in
quel di Cernobbio, in un giardino botanico con 130
specie di piante, laghetti ornamentali e spazi per
ospitare performance di musicisti e poeti, cui è prioritariamente dedicato, per statuto, questo angolo di
paradiso chiamato “Giardino della valle”.
Ogni giorno, o quasi, sia Ottorina, che da un paio
d’anni ha passato i 70, che “nonna Pupa”, giunta
alle 87 primavere, continuano ad alimentare il loro
“sogno verde”. Purtroppo – e questa non è un’ipotesi ma un fatto – con pochissimi volontari disposti
ad aiutarle.
E non è questione di uomini o di donne, stavolta,
ma di giovani senza distinzione di genere. Se volete più verde e meno cemento, cari ragazzi, non bastano le parole: rimboccatevi le maniche, date una
mano e queste due grandi donne.
Il giardino della valle.
L’oasi del Bassone.
L
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idee&parole
“Sono partita all’alba”
Quando espatriare
voleva dire emanciparsi
Al Museo dell’emigrante di San Marino una sala dedicata alle donne
di Pietro Berra
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idee&parole
D
efilato rispetto alle rocche che sovrastano il Monte Titano, al museo delle
armi antiche, ai ristoranti e ai negozi
di souvenir, nel centro di San Marino si nasconde uno scrigno di memorie: il Museo
dell’emigrante.
Chi ha avuto la fortuna di scoprirlo ne è rimasto
colpito e, in più di un caso, ha preso spunto per
aprire nella sua città una Casa del ricordo. Varrebbe la pena di crearne una anche a Como, che conta
oltre 35mila concittadini ancora residenti all’estero,
e ne ha visti partire decine di migliaia dalla provin-
gd
cia tra fine Ottocento e inizi Novecento. Non solo
uomini, ma anche molte donne.
A queste ultime il Museo sammarinese ha dedicato
una stanza e anche un documentario, Sono partita
all’alba (si può vedere anche sul sito www.museoemigrante.sm).
Diversi studi sulla specificità dell’emigrazione femminile li ha condotti in prima persona la direttrice del museo, Noemi Ugolini, che caparbiamente
difende questo centro di ricerca e documentazione
dalla crisi economica, che non ha risparmiato neanche la più antica repubblica d’Europa.
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gd
idee&parole
Noemi Ugolini
difende con caparbietà
questo centro di ricerca
e documentazione:
una “casa del ricordo”
per conservare
la memoria dei nostri
antenati e per capire
le emigrazioni attuali
Perché nel vostro museo avete deciso di dedicare
una stanza all’emigrazione femminile?
Perché la storia dell’emigrazione è stata spesso considerata dagli storici un’esperienza esclusivamente
maschile: sempre si scrive di uomini che partono,
uomini che lavorano, e la mobilità femminile è stata ingiustamente sottovalutata. Gli studi più recenti hanno invece dimostrato che la scelta migratoria
veniva spesso concordata da tutti i membri della famiglia e che le donne, sia quelle emigrate, sia quelle
rimaste in paese, hanno dovuto modificare il loro
ruolo familiare e sociale e sono state parte attiva e
protagoniste del fenomeno.
nomeno migratorio le ha portate infatti a svolgere,
con sempre maggiore frequenza, mansioni che in
precedenza erano considerate prettamente maschili, nel podere come nelle fabbriche.
Che lavori facevano le donne emigrate?
Mettevano in gioco la loro competenza professionale e la loro manualità nel mondo delle professioni artigiane o in quello della fabbrica, in qualche
cantone svizzero o nelle grandi città industriali della Francia e degli Stati Uniti, o andavano a lavorare
nelle grandi piantagioni, prima in Brasile, poi in
Argentina. Oppure mettevano a frutto la loro qualifica di “massaie” o “donne di casa” per impiegarsi
come “domestiche” presso qualche famiglia benestante nella vicina Rimini o in alcune grandi città
italiane o francesi.
Emigrate e maternità: ad alcune era vietata per
contratto dai datori di lavoro, per altre invece si
rivelò una risorsa. Come mai?
In passato, come purtroppo ancora oggi, in alcuni
settori lavorativi la maternità diventa un ostacolo
per il prosieguo di un contratto di lavoro. Ma un
“Si partiva come appendice di uomini e si tornava come persone”, racconta una testimone intervistata nel documentario Sono partita all’alba.
L’emancipazione, dunque, è passata anche attraverso un fenomeno, apparentemente negativo per
chi si trova a viverlo, come l’emigrazione?
L’emigrazione femminile ha segnato profondamente il percorso di emancipazione delle donne. La vita
in grandi città, l’apprendimento di lingue straniere,
la pratica e la conoscenza di nuovi sistemi lavorativi, l’influenza di modelli di relazioni sociali e culturali diversi e più moderni, lontani anni luce da
quelli vissuti in patria, non sono che alcuni esempi
di esperienze che hanno attraversato la vita delle
donne migranti e che hanno messo a prova la loro
capacità di assimilazione e selezione delle novità.
Le sammarinesi e le italiane all’estero imparano a
rendersi autonome, acquisiscono un’indipendenza
che non è soltanto economica e allentano, in alcuni
casi, i vincoli familiari e con essi il controllo esercitato dagli uomini su di loro. L’emigrazione è stata
un fattore di modernizzazione anche per le donne
che sono restate in patria, mogli o figlie di emigranti. La mancanza di manodopera, tanto nelle attività
agricole quanto nella produzione artigianale e industriale, negli anni di massima espansione del fe-
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idee&parole
antico mestiere come quello del baliatico è stato il
“simbolo dell’emigrazione femminile”. La donna
che non si limita a seguire il proprio marito, ma
mette a frutto le risorse di cui dispone per mantenere la famiglia. Il latte materno era, infatti, un’importante risorsa economica da sfruttare, tanto che,
in alcuni casi, le maternità venivano programmate
in funzione di questa esperienza.
Donne che emigravano per raggiungere i loro uomini attraverso i ricongiungimenti familiari, altre
che erano costrette a lasciare i figli in patria presso
parenti… Si scoprono molte analogie tra le storie
dei nostri emigrati e quelle degli stranieri che
oggi cercano un futuro migliore in Italia…
Quello delle “bordanti” era un altro mestiere tipico
della mobilità femminile. Il lavoro delle bordanti (il
termine deriva dall’inglese “board” e significa “tenere in casa ospiti”) è un lavoro non riconosciuto,
un lavoro sommerso, che porta tuttavia un grande contributo al reddito familiare. La moglie di un
emigrante mette a frutto le sue risorse di casalinga ospitando in casa, a pagamento, i connazionali
senza famiglia che preferivano questa sistemazio-
gd
ne perché ritrovavano cibi e lingue conosciuti che
aiutavano a smaltire il senso di spaesamento. Per
la donna, tuttavia, aumenta il carico di lavoro e di
disagio: cucina, lava e stira per tutti, dividendosi
fra figli, ospiti e marito. La mancanza di privacy, la
tutela dei figli e delle figlie di fronte ai nuovi estranei e un passaggio indiscriminato di ospiti creano
non pochi problemi alla donna che deve anche, in
diversi casi, subire i pettegolezzi del vicinato.
Anche aree considerate ricche o privilegiate, vale
tanto per San Marino quanto per la Lombardia,
sono state toccate dal fenomeno migratorio. Cosa
fare per non perderne la memoria?
L’emigrazione è un fenomeno che trasforma, porta
cambiamenti nelle persone e nei luoghi, lascia segni e tracce che è necessario raccogliere e studiare.
In tutti i luoghi toccati dall’emigrazione bisognerebbe costruire una Casa del ricordo non solo per
conservare la memoria del passato dei nostri antenati ma anche per capire le emigrazioni attuali,
perché sempre le dinamiche migratorie si ripropongono con tutta la loro drammatica forza di impatto
e sempre portano la trasformazione. Lavorate sul
ricordo perché sarà più facile capire il presente…
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idee&parole
“La brasa sota la pèll”,
con il dialetto
a scrutare l’esistenza
photo: Annick Romanski.
gd
Intervista alla poetessa luganese Elena Ghielmini
di Emanuela Ravetta Ruini
L
a poesia dialettale è la voce pura del balletto emozionale interiore senza coreografie.
Elena Ghielmini è nata e vive a Sorengo. Nella sua casa dove domina il legno, tutto è avvolgente
ma essenziale come il suo essere e la sua poesia: oggetti come testimonianza del passato, che suscitano
ricordi ma non malinconie, alternati a una equilibrata modernità. A soli 14 anni ha iniziato a scrivere le prime poesie e ha continuato anche durante
la carriera professionale. Con l’età della pensione
arriva anche il tempo per dedicarsi interamente
alle poesie. È membra delle associazioni Pen International-Assi (Associazione Scrittori della Svizzera
Italiana), Ads (Autrici e Autori della Svizzera). Ha
vinto vari premi tra cui il secondo posto al Premio
Città di Legnano 2009, il cui obiettivo era riscoprire
tradizioni e valorizzare parlate locali.
Che futuro potrà avere la poesia dialettale?
Poche persone scrivono ancora poesie in dialetto. È
importante che qualcuno lo faccia, per lasciare alle
generazioni future parte della nostra esistenza. Il
dialetto è una lingua e il bilinguismo è una grande
ricchezza. Questo bilinguismo è un valore aggiunto ma i giovani non scrivono in dialetto, sebbene
taluni ora mostrino interesse a riscoprirne le radici.
Le persone della mia età gli lasciano la traccia per il
futuro, un punto fermo del loro passato. Negli anni
’50 in Ticino il dialetto era la prima lingua, l’italiano
l’ho imparato in prima elementare senza fatica, ed
entrambi sono stati utili per l’apprendimento delle
altre lingue (tedesco, francese, inglese e spagnolo,
che mi ha ispirato una trentina di poesie).
Lei ha detto: “Rimango volentieri nell’angolo
seppur fortemente attratta dall’essere umano e
dall’incognito”. Conduce una vita contemplativa?
Sono tendenzialmente timida, introversa e abbastanza solitaria e per me la poesia è un veicolo, un
modo per rimanere parte della realtà. Per carattere
non mi piace apparire, impormi, lasciarmi coinvolgere, però mi piace scoprire e capire l’interiorità
delle persone superando le apparenze. Rimanendo
nascosta nell’angolo posso osservare meglio e non
ho l’obbligo di conoscerle, ché forse potrebbero influenzarmi. Mi attraggono i volti, le mani, gli occhi
e la calligrafia. Recentemente sono andata a vedere
la mostra di Giovanni Segantini e mi sono innamorata della sua calligrafia, tanto che ho comprato un
libro con le lettere scritte di suo pugno.
Ha affermato: “La poesia mi fa sentire un granello
di sabbia nel giardino Zen”.
Nel giardino Zen dominano bellezza, armonia ed
essenzialità. In Giappone ne sono rimasta affascinata. Le mie poesie sono essenziali, abbastanza er-
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idee&parole
metiche, senza o quasi aggettivi, che sono fronzoli.
Nascono da emozioni registrate nell’inconscio e
spesso dimenticate sino a quando prendono corpo
da sole. Non ho mai pensato di scrivere qualcosa
che facesse piacere agli altri o che mi desse visibilità. Sì, poche parole ma che emozionino. Io non le
cerco, tutto nasce dentro di me in modo spontaneo
e armonico. Scrivo di getto e raramente cambio le
parole perché non mi interessa abbellirle. Le poesie
d’amore escono quasi esclusivamente in italiano.
Forse perché ci sono suoni, voci, sussurri, flussi ma
anche un fondo di malinconia illuminato dalla speranza di salvezza.
C’è stata un’evoluzione della sua espressione negli anni?
Si, ma riesco a rivivere sempre il sentimento del
momento in cui l’ho scritta. La poesia mi ha sempre
aiutata a esprimere ciò che non oserei dire: è stata la
mia compagnia fedele e le sono molto, molto grata.
Come vive il presente?
Ho difficoltà a ritrovarmi in questo mondo che
corre. Amo la lentezza, il fermarmi e soffermarmi,
il piacere delle piccole cose. Faccio parte del mondo degli introversi, ma non come patologia. È un
mondo molto ricco, di estrema sensibilità, a cui bisognerebbe dare spazio. Al contrario si privilegia
la superficialità e si dà rilievo alla conflittualità che
divide. Il mio slogan nel mondo professionale è
“insieme per riuscire”.
La prossima pubblicazione sarà un libro di fiabe,
quindi un mondo onirico…
Un mondo che sognavo di vivere, in contrapposi-
LA BRASA
Unda,
brasa sota la pèll
ch’a sc’ciopéta
dent par dent
ch’a ma ciapa quand,
ingulfada,
a sgarbi la föia
tanti vòlt sc’ciuncada
da la tempèsta d’estaa,
föia ch’a riess dumà
a fa umbría a la furmiga.
Unda,
brasa sota la pèll,
ta ma pòrtat
in da la mi stagión
minüdra, indúa
i pass i baltiga
par ògni boff da vent
e i man, rügát
e pòvri da carezz
i gòra cumè sta föia,
scarligada chissà ‘ndúa
forse a quetass
in brascia al nì,
cuatada dal tecc.
LA BRACE
Onda,
brace sotto la pelle
che scoppietta
di tanto in tanto
che mi prende quando,
ingolfata,
raschio la foglia
spesso spezzata
dalla tempesta d’estate,
foglia che riesce solo
a fare ombra alla formica.
Onda,
brace sotto la pelle,
mi porti
nella mia stagione
minuscola, dove
i passi vacillano
per ogni folata di vento
e le mani, rugose
e povere di carezze
volano come questa foglia,
scivolata chissà dove
forse a quietarsi
in braccia al nido,
coperta dal tetto.
Elena, 1 luglio 2011
zione alla realtà. In due anni ho scritto 15 fiabe in
forma poetica che ho messo nel cassetto. All’inizio
di quest’anno le ho riprese, ed è già pronto un testo
per la pubblicazione. Ora continuo il mio cammino
verso la Bellezza, la Spiritualità, il Trascendentale.
Ultimissima poesia Il lunedì di Pasqua.
Pubblicazioni:
• Riciam da cà nôssa, Bologna 1977
• Strad, Sentee, Gent…, Lugano 1979
• Scai da pèll, Lugano 1982
• Nei giorni il Soffio, Lugano 1986
• Di radís la vus, Lugano 1991
• A passi sospesi, Balerna 2002
• Le Madri (plaquette), Edizioni Ulivo Balerna, 2005
• Il mondo degli Ulivi - Ul mund di Uliv, (plaquette) Balerna 2005
• Cerc Slungaa, Balerna 2008
• La danza degli aquiloni, Balerna 2010
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idee&parole
Né vergine
né madonna
Un viaggio nella letteratura erotica femminile
di Alina Rizzi
S
crivere in rosso, ossia scrivere d’amore e passione, di fantasie erotiche e giochi trasgressivi, di curiosità sfrenate e di incontri proibiti.
Scrivere quindi libri erotici, anche detti pornografici. Ma esiste forse una differenza tra i due generi?
E, se esiste, quale potrebbe essere?
Si dovrebbe rispondere, come il grande Woody Allen, che “la pornografia è l’erotismo
degli altri” e chiudere
brillantemente il discorso.
Ma, volendo approfondire, appare
molto interessante il parere della
scrittrice
Dacia
Maraini,
estrapolato da una
vecchia intervista, per la quale
la
pornografia
sarebbe “la pretesa di separare
il sesso dal sentimento facendone
uno strumento autonomo di conoscenza e relazione.”
Diciamo allora che
se la pornografia
può essere, a volte, un puro svago fine a se stesso,
consumato il quale
si può tornare alla
propria vita sen-
za residui emozionali, in campo letterario il libro
pornografico è quello che ci permette di distrarci
dai problemi e dai dubbi personali, coinvolgendoci
quel tanto che basta per regalarci due ore di “libera
uscita” dalle consuete abitudini. Un libro erotico,
invece, dovrebbe non solo divertirci e intrigarci,
ma anche suscitare fantasie e curiosità, suggerirci
percorsi alternativi, farci dubitare delle nostre preferenze o scelte precedenti, prospettarci modi e
luoghi più accattivanti.
Insomma, dovrebbe risvegliare la nostra attenzione, non distrarla,
e quindi aprirci ad una
conoscenza maggiore
dell’argomento,
che
evidentemente non è
il sesso ma l’incontro
intimo di due individui. Può capitare
dunque che uno scrittore o una scrittrice,
nel tentativo di fare
dell’erotismo, ottengano soltanto pornografia, oppure che volutamente decidano
di scrivere un libro di
puro e disimpegnato
intrattenimento. Perché indignarsi? Si
sono pubblicate e
si pubblicano ancora tonnellate di libri
d’amore che non
hanno altro scopo
che questo, lo stesso dicasi per certe
voluminose saghe
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idee&parole
dipinti: courtesy Jo Taiana painter.
gd
storiche di matrice inglese. Nessuno se ne lamenta, giustamente. è ora quindi di accettare la
letteratura erotica come un genere tra gli altri,
che può essere più o meno ben confezionata. Se
vogliamo essere franchi, anche molti racconti
di Anaïs Nin sono semplicemente pornografici:
alcuni assomigliano a un catalogo di peripezie
erotiche poco probabili, altri si impegolano con
la massima leggerezza in argomenti scottanti
come l’incesto e la violenza carnale. Ciò nonostante Anaïs Nin viene considerata una scrittrice di tutto rispetto. Il confine è labile quindi, e
soltanto quarant’anni fa una donna che scriveva del proprio desiderio di fare l’amore era una
donna scandalosa, addirittura una strega, come
ribadiva la trasgressiva poetessa americana
Anne Sexton negli anni ‘70:
In giro sono andata, strega posseduta / ossessa ho
abitato l’aria nera, padrona della notte;
sognando malefici, ho fatto il mio mestiere
passando sulle case, luce dopo luce:
solitaria e folle, con dodici dita. / Una donna così
non è una donna. / Come lei io sono stata.
O come ribadiva la scrittrice Erica Jong:
è lei la donna che inseguo. / Ogni volta che entro in
una stanza / lei c’è già stata
con capelli che odorano di leoni e tigri,
con un abito più nero dell’inchiostro di seppia,
con scarpe che guizzano come lucertole
sopra il grano ondeggiante del tappeto…
Non è vergine né madonna.
Le sue palpebre sono rosse. / Va a letto con tutti.
Pare evidente che le donne sanno benissimo
cosa vogliono quando si tratta di sesso, e se
trovano il coraggio di esprimerlo – non necessariamente in un libro – lo fanno spesso senza
inibizioni. In letteratura si va allora dall’apoteosi della “scopata senza cerniera” lanciata da Erica Jong con Paura di volare nel lontano 1973 (un
libro che Henry Miller definì “la controparte
femminile di Tropico del Cancro”) al più recente
Vita sessuale di Catherine M. di Catherine Millet,
dove di tutto si parla purché legato al sesso.
Dalle confessioni ad occhi spalancati di aspiranti lolite del sud d’Italia, alle preziose e disinibite quartine di poetesse affermate come Patrizia Valduga. Insomma libri diversi senz’altro,
a volte molto sensuali a volte dichiaratamente
pornografici, ma rigorosamente “al femminile”,
come quelli che elenchiamo a pagina 30. Una
scelta di “classici” del genere, che hanno saputo
attraversare i secoli.
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idee&parole
Classici dell’erotismo femminile
“Esprimere liberamente quanto appartiene alla sfera delle abitudine sessuali è il coraggio più grande che
possiamo trovare in uno scrittore” diceva Apollinaire, e sicuramente si può non condividere il suo pensiero
ma, come dare torto a Oscar Wilde quando affermava: “Non esistono libri morali o immorali. I libri o sono
scritti bene o sono scritti male. Questo è tutto” ?
Quello che segue è un breve “catalogo”
di libertinaggi cartacei, al femminile
naturalmente, dove la più lirica poesia
può confondersi con una sofisticata
manualistica e il best-seller della trasgressione (per l’epoca) con un epistolario galante dai contenuti ancora
attuali, seguendo l’unico filo conduttore del desiderio “spudoratamente”
dichiarato.
Saffo (VII secolo a.C.)
Poesie e frammenti.
è la prima poetessa erotica della storia, canta il fuoco nei sensi e l’amore
omosessuale.
letterario che descrive il desiderio
amoroso femminile con un linguaggio maschile, fu la prima scrittrice
professionista in grado di mantenersi
pubblicando libri che, all’epoca, vennero accusati di oscenità.
Felicité de Choiseul-Meuse (inizio
XIX secolo) Julie, ou j’ai sauvè ma rose
Con lo pseudonimo Madame de C…
firmò diversi libri erotici che portavano la seguente epigrafe “Per leggermi, nascondetevi bene”. In Julie narra
le intime avventure di una giovane
donna che prima dei trent’anni riesce
a collezionare una vasta gamma di
avventure sessuali senza perdere la
verginità.
Rosvita (950 d.C. circa)
Drammi e leggende.
La prima poetessa di nazionalità tedesca. Vissuta in un convento, fedelissima al voto della castità, scrisse storie
molto trasgressive descrivendo realisticamente scene di sesso che non
poteva aver vissuto.
Celeste Mogador (1824-1909)
Eloisa (1101-1164)
XIX secolo ) Vari romanzi.
Il più famoso romanzo di questa autrice si intitola Le Cousines de la Colonelle e inizialmente fu attribuito a Maupassant. Ebbe grande successo per il
ricco campionario di scene erotiche
trattate, che vanno dalla flagellazione, agli incontri omosessuali, al sesso
di gruppo.
Lettere ad Abelardo.
Monaca a diciotto anni, per compiacere l’amante gli scrisse lettere appassionate e cariche di sensualità, affrontando l’argomento scottante della sua
falsa vocazione religiosa.
Margherita di Navarra (1492-1549)
Storia degli amanti fortunati.
Con un tono erudito e senza alcuna
grossolanità racconta tutti gli aspetti
dell’amore, prediligendo il tema erotico e senza omettere argomenti classici come l’incesto e il sadismo.
Louise Labé (1524-1566)
Elegie e sonetti.
Poetessa colta e di buona famiglia
scandalizzò con le sue composizioni traboccanti di abbandoni erotici
e di desideri che dichiarava legittimi nonostante i severi divieti morali
dell’epoca.
Aphra Behn ( 1641 –1689)
Oroonoko e romanzi vari.
Antesignana di un nuovo universo
Memories de Celeste Mogador
L’autrice racconta la propria storia di
prostituta divenuta poi donna di spettacolo e infine moglie di un diplomatico. Il libro ricorda il romanzo Moll
Flanders.
Madame di Mannoury D’ectot (fine
Sidonie Colette (1873-1954)
I famosi romanzi intitolati Claudine…
All’inizio del secolo scorso Colette
pubblicò tutta una serie di romanzi,
in parte autobiografici, che narravano le vicende sentimentali e galanti
della giovane Claudine e le diedero
immediato successo. Negli anni continuò a occuparsi di temi scottanti come
l’omosessualità e la frigidità femminile.
Rachilde (1860-1953) Romanzi vari.
Dichiaratamente omosessuale, al
punto da vestirsi perennemente da
uomo, e appassionata di occultismo
pubblicò molti romanzi di successo su
temi scabrosi e macabri, tra cui il famoso Monsieur Venus.
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- GD n. 23/24 -
Djuna Barnes (1892- 1982)
Romanzi, racconti e poesie.
Affascinante e raffinata donna di
mondo scrisse storie impregnate di
un erotismo decadente e cerebrale,
dando largo spazio alle passioni più
intime e istintive delle sue eroine.
Anaïs Nin (1903-1977)
Romanzi, racconti e diari.
Oltre ai due volumi di racconti strettamente erotici che scrisse per denaro, la celebre autrice attinse ai propri
sterminati diari per tutti i suoi romanzi: da La casa dell’incesto a Collages
a Scale di fuoco. Della relazione con
Henry Miller si può leggere Henry and
June che raccoglie le pagine censurate che la scrittrice dedicò all’uomo e
alla moglie June.
Pauline Reage (1954: data di pub-
blicazione del romanzo Histoire d’O.)
Con lo pseudonimo Pauline Reage
una misteriosa letterata pubblica nel
1954 uno scabrosissimo romanzo sul
tema del sodomasochismo, tutt’oggi
considerato uno dei testi erotici più
trasgressivi.
Emmanuelle Arsan (1967: data di
pubblicazione del romanzo Emmanuelle.)
Sotto lo pseudonimo Emanuelle si
nasconde Madame Marajat, autrice
del famoso libro e di tutta la serie che
ne seguì, in cui si narrano le avventure autobiografiche di una giovane
donna senza inibizioni e dominata da
una sana quanto inesauribile sete di
avventure sessuali nell’esotico panorama thailandese. Il romanzo diede
l’avvio ad un ricco filone cinematografico.
Negli anni ’70 del secolo scorso, in
America appare la poesia confessional, da cui nasceranno Erica Jong e
Anne Sexton per esempio, scrittrici
che non fecero più mistero dei loro
desideri più intimi. Ciò che seguì è
storia recente.
Tratto da: www.segniesensi.it di Alina Rizzi.
settembre/ottobre 2011
idee&parole
Guide e manuali dell’orgasmo
primo atto del controllo sociale
“Perché tanto accanimento nel cercare di spiegare sessuale?... È il principio della maionese, se impazil piacere femminile?” Questo interrogativo apre zisce significa che non si è stati capaci di seguire
una riflessione della filosofa Michela Marzano (vedi la ricetta alla lettera.” Secondo la filosofa non esiLa Repubblica del 1 ottobre 2010) che cerca di capire stono in questo campo regole che valgano per tutti
come mai si tenti di codificare, fino a fornire veri e e “quando l’orgasmo diventa un’ingiunzione, la
propri prontuari, il segreto del sommo piacere fem- sessualità si trasforma in un vettore di controllo sominile, prendendo spunto dall’uscita in Francia di ciale, un mezzo efficace per ridurre il corpo delle
Les secrets des femmes. Voyage au coeur du plaisir et donne a un nuovo ricettacolo del biopotere”. Dopo
avere rammentato che nel rapde la jouissance di Elisa Brune e
Yves Ferroul. Moltissimi sono i La filosofa Michela Marzano porto sessuale si esprime un dedecaloghi, i prontuari “a uso e
contesta i vari vademecum siderio di possesso e nello stesso
consumo di una donna moderche soffocano libertà e unicità tempo ci si lascia andare, “ci si
abbandona e allora si scopre il
na”, e in questa schiera si coldell’esperienza individuale piacere nel suo aspetto più inloca anche questa pubblicaziodelle donne
timo”, la filosofa osserva che si
ne. “L’orgasmo ormai lo si può
misurare”, nota la filosofa, “e controllare. Basta tratta di un complesso di stimoli che “non possono
capire il funzionamento della clitoride, l’anatomia essere descritti scientificamente perché acquistano
della vagina, la giusta collocazione del punto G. senso solo all’interno della storia personale di ogni
Che senso hanno questi ‘libri di ricette’ che ridu- persona”. Occorre ritrovare il limite “per lasciare
cono il piacere a una serie di gesti e di pratiche che le donne libere di sperimentare il proprio piacere
si possono imparare e sperimentare?… Non sono senza illuderle che esistano ricette magiche capaci
forse il sintomo di una società in cui ognuno do- di aprire loro le porte del settimo cielo… le ricette
vrebbe essere sempre capace di gestire la propria diventano, molto più spesso di quanto non si creda,
vita in modo impeccabile, compresa la propria vita regole da seguire e norme da rispettare”.
settembre/ottobre 2011 - GD n. 23/24 -
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gd
Ticino/dieci anni da ricordare
Dalla parte
di Mnemosine,
con gli Archivi delle
Donne del Ticino
Casa Maderni, la nostra sede di Melano.
Passaggio pedonale dedicato a Giuseppina Ortelli Taroni.
di Chiara Macconi
una favola avviata a grandi risultati, ma è soprattutto l’opera di un gruppo di donne con le loro
diverse esperienze, entusiasmi, difficoltà e soddisfazioni. Un gruppo che muta col tempo ma che
non trascura le motivazioni originarie, anzi le arricchisce con le nuove. Sullo sfondo, il femminismo
degli anni ‘70 nelle sue articolazioni e differenziazioni, con le domande e le questioni che col tempo
ha suscitato, nelle connessioni con gruppi, italiani e
svizzeri, che hanno approfondito questo passaggio
epocale nella storia delle donne.
E la vita di Aardt si dipana nel tempo: i primi due
anni di attività esemplificano il paradigma dello
Stato nascente di Alberoni, quando le organizzazioni
escono dai confini del caos iniziale, della sovrabbondanza di energia e proposte per diventare progressivamente un movimento, dai molti rivoli al
fiume, dal linguaggio codificato, dalle procedure
concordate e condivise, con un’organizzazione definita. Le metafore utilizzate dai documenti fanno
riferimento all’alveare delle api operaie, al formi-
L
’Associazione Archivi Riuniti delle Donne del Ticino (Aardt, con sede a Melano in
casa Maderni) è arrivata al decimo anno di
attività, sui sentieri della memoria per raccontare e documentare la storia delle donne del nostro Paese. Come suggerisce Andrea Ghiringhelli, direttore dell’Archivio
di Stato, “Gli Archivi sono sempre più indispensabili nella
nostra frenetica realtà; essi testimoniano dei nostri rapporti
col passato, forniscono la chiave di lettura del presente e sono
supporto per le decisioni del futuro”.
Di fronte a questa sfida (e a quella lanciata dal Coordinamento per l’Autodeterminazione della Donna di Catania del 1985), “Noi, utopia delle donne di
ieri, memoria delle donne di domani” leggiamo con curiosità i documenti che descrivono questi archivi
e parliamo con le persone che li hanno vissuti per
ripercorrere l’origine e lo sviluppo di questa appassionante avventura iniziata nel 2001. Potrebbe essere un’indagine poliziesca senza vittima, oppure
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settembre/ottobre 2011
Ticino/dieci anni da ricordare
caio febbrile e poi al fiume che corre nel suo alveo, un’attività vorticosa e molteplice che diventa
anche internazionale, che si fa testimonianza scritta nelle ricerche pubblicate dalle storiche, che aggiusta le sue dimensioni e forme organizzative nel
tempo secondo i bisogni, che include sempre più
giovani membre e ne assume la voce, che sa essere
presente e attiva anche nelle collaborazioni e nelle proposte, sempre più aperta al territorio in modo da evitare la sindrome della “riserva indiana” e
dell’autoreferenzialità. Questa è la storia degli Archivi, una storia fatta anche di difficoltà, come tutte le esperienze umane, ma connotata da grande
entusiasmo e affiatamento.
Rimangono sempre le domande cruciali che faticano a trovare risposta e soluzione, quelle domande
e quei perché che hanno illuminato e determinato
il nostro viaggio e ancora segnano la direzione alla
ricerca. In questo importante anniversario, ringraziamo l’Associazione Archivi Riuniti delle Donne
Ticino per la ricerca, la testimonianza e l’impegnativo lavoro svolto.
Ne parliamo con l’attuale Presidente, Renata
Raggi-Scala, cui chiediamo come è nata questa
iniziativa, e con quali finalità.
Alla fine degli anni ‘90, quale presidente della Federazione
Associazioni Femminili Ticino (Faft), avevo sentito l’esi-
gd
genza di trovare un modo per raccogliere la documentazione
dell’attività delle associazioni femminili operanti in Ticino
e non da ultimo raccogliere e completare quello della Faft,
fondata nel 1957. D’altra parte Franca Cleis desiderava
mettere a disposizione la sua biblioteca privata e la documentazione raccolta negli anni sulle donne ticinesi, le sue
ricerche e i suoi studi: anche lei socia fondatrice è stata direttrice dal 2004 al 2009.
Ci eravamo rese conto che agli Archivi cantonali esistevano
solo pochi fondi di figure femminili e che se non intervenivamo con un’azione di raccolta e recupero di documenti, nel
futuro non ci sarebbero state testimonianze della storia delle
donne del Canton Ticino. Iniziative simili nel Canton Turgovia e nella Svizzera orientale ci hanno dato lo stimolo per
costituire anche in Ticino un’Associazione che potesse gestire un centro di documentazione e una biblioteca: volevamo
conservare memorie importanti per testimoniare il progresso
civile del Paese, sensibilizzare sull’importanza della conservazione, promuovere la ricerca e la scrittura delle donne nel
Canton Ticino.
È grazie al sostegno della Faft e a un gruppo di amiche che
nel settembre del 2001 Aardt ha potuto essere costituita
e partire con il suo progetto. Il fondo Franca Cleis, la sua
biblioteca privata e la sua documentazione (utilizzata per
il libro Ermiza e le altre, Il percorso della scrittura
femminile nella Svizzera Italiana con bibliografia
degli scritti e biografie delle autrici, Rosenberg &Sellier, 1993); l’archivio della Federazione, del Lyceum Club
Donne di Bissone di ritorno dal mercato.
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gd
Ticino/dieci anni da ricordare
Lugano e altre donazioni hanno costituito la base di partenza. Con questi era possibile proseguire!
Chi erano le pioniere?
Molte le presenti alla prima assemblea del 2001 svoltasi
nella sede della Faft e Associazione Dialogare a Massagno:
in quell’occasione sono stata nominata Presidente.
Abbiamo costituito l’Associazione Archivi Riuniti delle
Donne Ticino, approvato lo statuto, strumento giuridico che
ci avrebbe permesso di iniziare l’attività, e in seguito promosso molteplici e validi contatti istituzionali per presentare il nostro progetto, in particolare al dott. Ghiringhelli,
direttore dell’Archivio di Stato. Era necessaria una sede
per “contenere” il nostro materiale. La ricerca della sede ha
mobilitato le energie di tutte, mentre la grafica M.Balmelli
abbozzava il primo prospetto e con la prima assemblea arrivavano le quote sociali come adesione all’iniziativa. Un primo contributo dalla Faft ha acceso le speranze e il desiderio
di cercare sponsor e finanziamenti.
Chiediamo a una delle membre di comitato di più
lunga data, Anita Testa Mader, di ricordare l’atmosfera dei primi tempi.
Il ricordo che ho è quello di un clima segnato da entusiasmo
e nello stesso tempo da una certa attesa e curiosità per la nascita di una collaborazione tra donne di provenienza diver-
sa, con un progetto tutto da costruire, ma in cui credevamo
profondamente. Come tutte le cose nuove, questo percorso ha
richiesto innanzitutto l’approfondimento della conoscenza
reciproca e l’integrazione di modalità di lavoro e riferimenti
professionali e politici diversi, in particolare tra chi come me
proveniva da una lunga esperienza nel movimento femminista degli anni ’70 e chi era stata attiva in associazioni più
istituzionali, come la Federazione Associazioni Femminili
Ticino, oppure non aveva mai avuto particolari contatti con
i movimenti delle donne. Un grande arricchimento dunque
(che ha contribuito anche alla nascita di amicizie personali),
ma anche momenti di conflitto a volte dolorosi che in questi
10 anni hanno portato a cambiamenti sia nella composizione del comitato dell’Aardt, sia nell’impostazione dell’attività. Inoltre la collaborazione tra donne più “grandi” e un
gruppo di giovani entrate nel corso degli anni a far parte del
comitato è stata, secondo me, un’occasione di confronto generazionale, a volte difficile, ma molto proficuo.
Qualche ricordo particolarmente significativo?
Sicuramente il momento in cui abbiamo “trovato casa”:
Margherita Scala-Maderni, che ci aveva ospitato per l’assemblea, ha offerto in comodato per sei anni l’uso della casa
di Melano, appartenuta alle sue zie, per (come ci ha detto
lei stessa) “far rivivere il loro spirito di cultura”. Alla sua
offerta si è aggiunta quella del mobilio e delle scaffalature
Lavandaie della Valle Onsernone.
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settembre/ottobre 2011
Ticino/dieci anni da ricordare
provenienti dall’Istituto batterio sierologico di Lugano che
traslocava a Bellinzona. Questo insieme di circostanze positive ci ha permesso di avere un luogo molto bello in cui
ospitare la biblioteca e i nostri archivi e organizzare incontri e manifestazioni, e ciò ha senz’altro costituito una tappa
decisiva nella storia dell’Aardt.
Manuela Maffongelli, responsabile degli Archivi
e della Biblioteca ci offre qualche spunto sull’attualità.
Dopo il lascito iniziale e quelli che si sono aggiunti, a poco
a poco, la biblioteca Aardt è diventata lo scrigno di tesori
della letteratura e della saggistica femminile, un luogo di ricerca per studenti che si interessano alle questioni di genere,
all’operato e al vissuto delle donne.
Se la documentazione raccolta nell’archivio Aardt permette
gd
di lavorare su fonti locali, il patrimonio librario a disposizione offre d’altra parte una vasta gamma di proposte di
lettura e di studio che raggiungono il livello internazionale.
Negli ultimi anni, si è constatato che la tematica del lavoro
femminile (da un profilo storico, ma anche allo stato attuale)
è molto studiata e approfondita dalle ricercatrici. Per poter
rispondere alle esigenze delle/dei nostre/i utenti, molte nuove acquisizioni sono monografie che trattano questo tema.
Tra le richieste più frequenti figurano anche i volumi di educazione e in particolare quelli di educazione femminile, libri
sulla questione delle pari opportunità in Svizzera e nel resto
del mondo e biografie di donne del passato.
Grazie al Sistema bibliotecario ticinese la biblioteca Aardt
può gestire il prestito dei libri, e di conseguenza contribuire
alla diffusione di una cultura di genere, in ogni angolo del
Cantone Ticino.
Qualche dato sull’Associazione Archivi Donne Ticino
Lo scopo
• Raccogliere, conservare e catalogare in modo sistematico opere e materiali diversi che documentano le
esperienze e la vita delle donne che hanno vissuto e
operato in Ticino.
• Individuare, acquisire e valorizzare archivi di scrittrici,
di artiste, di donne impegnate nel lavoro politico e per
il progresso civile del Paese. In particolare, archivi di
associazioni femminili e documentazione di gruppi di
donne.
• Sensibilizzare sull’importanza della conservazione di
documenti, fotografie e opere d’arte.
• Promuovere la ricerca e la scrittura della storia delle
donne nel nostro cantone e altrove.
Vendemmia nella prima metà del Novecento.
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Ticino/dieci anni da ricordare
Gli scaffali e le scatole
La prima immagine che viene alla mente pensando agli
Archivi di Melano è la bellissima villa con parco che li
accoglie, ma anche la consuetudine di amicizia e agape
che caratterizza gli incontri. Gli scaffali della biblioteca e
le scatole dove sono custoditi e organizzati i fondi costituiscono l’essenza vera del ricordare. Ricordi pubblici
e privati (lettere, quaderni scolastici, ma anche pizzi e
ricami), singoli e collettivi, tutti preziose testimonianze
da consegnare al futuro.
La biblioteca
Conserva più di 5 mila volumi. Tutti i volumi sono disponibili sia per la lettura in sede sia per il prestito interbibliotecario, in quanto catalogati nel Sistema Bibliotecario Ticinese (Sbt), nella Biblioteca cantonale e del
Liceo di Mendrisio. I volumi riguardano prevalentemente la scrittura femminile e sono così suddivisi:
• Ticinensia ed Helvetica: saggistica, narrativa e poesia di
autrici ticinesi e svizzere;
• poesia, saggistica, storia delle donne, narrativa italiana
e internazionale;
• pensiero della differenza;
• raccolta di tesi di laurea;
• raccolte di riviste femminili e femministe;
• opere bibliografiche.
Gli Archivi
Sono costituiti da numerosi fondi privati di donne e
di associazioni femminili ticinesi a partire dalla seconda metà dell’Ottocento ai giorni nostri, da una vasta
raccolta documentaria di biografie di donne che nel
Ticino hanno vissuto, operato e pubblicato; da donazioni di opere d’arte. Come quelle delle maestre parLa prima brochure, 2006.
ticolarmente presenti come Angelica Gianola-Mattei,
vittima di una campagna denigratoria per aver promosso l’educazione sessuale a scuola, Anna Gnesa, maestra e religiosa, Irene Marcionetti, maestra e poeta, in
comunicazione epistolare con Sibilla Aleramo e Fausta
Cialente. Ma anche i fondi delle sorelle Maderni, con i
loro quaderni scolastici, quello dell’artista Ruth Meyer,
pittrice e scrittrice. Il fondo di Emma Degoli, da Zurigo
nel Ticino, raccoglie le testimonianze della sua attività
a sostegno del suffragio femminile nelle lunghe battaglie politiche e la sua opera di sensibilizzazione sulle
tematiche dei consumi. Il fondo Monica Cerutti-Giorgi
raccoglie le elaborazioni sul pensiero della differenza
sessuale emerse dal gruppo Diotima di Verona fin dal
1984. Fra le Associazioni le Donne Liberali Radicali
della Valgersa, il gruppo Donne per la Pace, Movimento Liberazione delle Donne (Mld), il Coordinamento
Donne della Sinistra, Soroptimist e molti altri ancora.
Questi documenti sono a disposizione del pubblico e
dei/delle ricercatori/trici.
Le Attività
Comunicazione e presenza sul territorio
• sito attivo e aggiornato: www.archividonneticino.ch
• partecipazioni a iniziative altrui e collaborazioni
• visite di gruppi alla nostra sede per conoscere l’attività
• lavori della Commissione culturale cantonale per un
giorno nella sede degli Archivi, nel 2005, e della Commissione Consultiva per le questioni femminili nel 2009
• collaborazione con la Biblioteca Cantonale di Lugano,
l’Archivio di Stato e il Dipartimento Sanità e Socialità
del Canton Ticino per la mostra dedicata a L’Infanzia
preziosa. Le politiche familiari nel Ticino dal Novecento a
domani.
La nostra brochure attuale, 2011.
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settembre/ottobre 2011
Ticino/dieci anni da ricordare
gd
Attività culturale e incontri aperti al pubblico
Dal 2004 abbiamo iniziato a presentare tematiche di
stretta attinenza al dibattito femminile:
• 2004 Il simbolico delle donne. Percorsi d’esperienza fra
storia, filosofia e traduzione
• 2006 Relazioni, pratiche e mediazioni di donne
• 2007 Alla luce del presente
• 2008/2009 Il corpo femminile, l’intimo soggetto
• 2010/2011 Impronte di vita. La biografia nel racconto,
nel ricordo, negli oggetti, come viaggio, come ricerca.
Attività editoriale
Pubblicazione di quaderni:
• Il simbolico delle donne. Percorsi d’esperienza fra storia,
filosofia e traduzione. A cura di Monica Cerutti-Giorgi,
Edizioni Ulivo, Balerna, 2006
• Luigia Carloni-Groppi (1872-1947). La Signora Maestra
narratrice. A cura di Francesca Lo Iudice e Franca Cleis,
Edizioni Ulivo, Balerna, 2007
• Karin Stefanski, La Residenza Emmy. Storia di un’impresa femminile. Edizioni AARDT, Melano, 2009
• Donne Ticinesi. Rievocazioni. 1928-2008. Il lavoro femminile. Edizioni AARDT, 2009; con il Cd Il motore nascosto
dell’economia. Il lavoro delle donne ticinesi fra Ottocento e
Novecento, supporto didattico destinato agli insegnanti
e agli allievi delle nostre scuole, Edizioni AARDT
• Alla luce del presente, relazioni, pratiche e mediazioni di
donne, a cura di Monica Cerutti-Giorgi, Franca Cleis e
Karin Stefanski, Edizioni AARDT, 2010
• Una missione d’amore, Storia della lotta alla mortalità
infantile in Ticino e del Nido d’infanzia di Lugano, a cura di
Manuela Maffongelli, Edizioni AARDT, 2011
Progetti continuativi, che rappresentano il nostro interesse
nelle biografie:
• Tracce di donne: richiesta a comuni perché dedichino piazze, strade, viali, sentieri del nostro Cantone a
figure femminili dimenticate, come Adriana Ramelli, già
direttrice della Biblioteca cantonale di Lugano, che le ha
intestato una sala di lettura, Giuseppina Ortelli Taroni,
scrittrice, un passaggio pedonale a Melide, Barbara Polli,
maestra, una piazza a Brusino
• www.rsi.ch/donnestorie: raccolta di voci di donne in
39 biografie fra cui Carla Agustoni, Maria Luisa Albrizzi,
Ines Bolla, Iva Cantoreggi, Ersilia Fossati, Anita Spinelli,
Alfonsina Storni
Organizzazione interna
Gli organi statutari prevedono una presidente, una vicepresidente e il comitato direttivo
• Presidente: Renata Raggi-Scala dal 2001
• Vicepresidente: Lisa Fornara dal 2010
• Responsabile degli Archivi e della Biblioteca: Manuela
Maffongelli dal 2009
• Amministratrice: Mariagrazia Citella dal 2010
Copertina di Donne Ticinesi, Rievocazioni. 1928-2008. Il lavoro
femminile, ristampa dal 1928.
Il comitato, composto da 7-9 membre, opera attualmente attraverso gruppi di lavoro e si avvale di collaborazioni esterne.
Gli Aardt hanno sempre avuto la collaborazione di giovani volontarie che, a turno, hanno contribuito con le
loro ricerche e le loro competenze al riordino dei fondi
e alla scrittura di testi: in alcuni casi il tempo dedicato
si è allungato e le “volontarie” sono diventate membre
effettive con cariche importanti.
Le ringraziamo tutte perché gli eccellenti risultati ottenuti sono in gran parte merito del loro lavoro silenzioso e competente.
Finanziamento
Gli Archivi sono operativi attraverso il sostegno del
Decs (Divisione della Cultura), del comune di Melano
e attraverso le quote delle socie ed eventuali donazioni
o incarichi di ricerca.
E per concludere
Dopo 10 anni di fervida attività siamo liete di poter mostrare i nostri progressi: il numero dei libri è raddoppiato, il numero dei fondi è triplicato e il numero delle socie quasi quintuplicato.
Si può ancora migliorare.
settembre/ottobre 2011 -- GD
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gd
animali e ambiente
L’ape sorregge il mondo
Colpa dell’agricoltura intensiva, dell’uso eccessivo di prodotti chimici
di Marialuisa Righi
giunge; così ha luogo, in volo, il primo
accoppiamento. La copula comporta
l’inevitabile morte del maschio, poiché i suoi organi genitali restano infissi
nel corpo della femmina ed esso deve
strapparli per allontanarsi; mentre il
maschio precipita morto verso il suolo, la regina plana sull’alveare, dando
alle operaie, in tal modo, un segnale in
seguito al quale esse assalgono e uccidono gli altri fuchi; nessun fuco si salva
perché i pochi superstiti non sanno nutrirsi da sé, essendo stati nutriti sempre
dalle operaie…” (da Wikipedia)
E poverette anche le operaie che nella loro breve vita (45
giorni) devono occuparsi di tutto: dal nutrimento delle larve alla pulizia dell’alveare, fino alla
mirabile operazione dell’impollinazione… Ebbene, pare che le
api stiano scomparendo. I primi
allarmi furono diffusi nel 2006: i
ricercatori parlarono della scomparsa di un terzo delle colonie
presenti sulla terra.
Il preoccupante fenomeno fu
battezzato Ccd (Colony Collapse
Disorder) e si puntò il dito contro i prodotti chimici usati da
apicoltori e agricoltori, si pensò
al riscaldamento globale (usato
spesso a vanvera per ogni problema ambientale), a un agente virale in grado di sterminare
tutte le api del mondo, alle onde
elettromagnetiche, alla molecola
attiva di imidaclopride presente nei cosiddetti insetticidi sistemici, ecc. In realtà la scomparsa
delle api sarebbe causata da un
insieme di fattori, a partire dalla trasformazione di prati a campi per fare spazio all’agricoltura
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- GD n. 23/24 -
settembre/ottobre 2011
L
a società matriarcale più
famosa della terra? Indubbiamente quella delle
api: l’ape regina è l’unica femmina in grado di riprodursi e questo
status la colloca all’apice di un’affascinante (e poco democratica)
piramide dove i maschi servono
solo alla riproduzione, e dove un
destino infame li aspetta, basti
pensare alla fecondazione.
“Appena sfarfalla, la nuova regina è
presa da frenesia, emette un singolare ronzio, dopo di che si avvicina alle
celle delle altre ‘principesse’ sue sorelle
e, una dopo l’altra, le uccide tutte; poi
inizia il volo nuziale, innalzandosi a
grandi altezze, seguita dalla folla dei
fuchi, il più possente dei quali la rag-
animali e ambiente
gd
gd
e rischia di scomparire
e dello stravolgimento bio-ecologico degli ultimi cinquant’anni
intensiva dove l’uso di prodotti
chimici è dannosamente richiesto, per arrivare allo stravolgimento bio-ecologico avvenuto
negli ultimi cinquant’anni.
Che cosa fare? “Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra,
all’uomo non resterebbero che 4
anni di vita”, teorizzava Einstein,
e non è difficile capire qual è il
problema: senza api scomparirebbero i fiori, gli alberi, i frutti,
gli animali… e amen. Per salvare loro (e noi) bisognerebbe fermarsi, resettare il programma
che ci vuole proprietari incontrastati della Terra, allentare la corsa, sfilare gli scarponi e rimettere
l’ape al centro di un regno, quello
della natura che ci osserva, pronta a farcela pagare.
La vespa asiatica che annienta le api
U
n nuovo pericolo minaccia le nostre api: sta avanzando dal sud
est della Francia una grossa vespa predatrice (Vespa velutina). Gli
entomologi ritengono che il rischio di una sua acclimatazione in tutto
il Mediterraneo sia solo una questione di tempo. Assomiglia a un calabrone ed è arrivata in Francia nel 2004 proveniente da Shanghai insieme a una partita di vasi dove alcune vespe stavano svernando. Questo
imenottero non è particolarmente aggressivo per l’uomo ma attacca le
nostre api domestiche (Apis mellifera) che non avendola mai incontrata prima non hanno potuto sviluppare una strategia per difendersi. In
certe zone della Francia questa vespa sta già procurando gravi danni in
quanto divorando le api operaie mette in crisi le regine per mancanza
di nutrimento e di acqua. Nel loro ambiente naturale (Cina, India, Indocina e Giava) queste vespe coesistono con un’ape domestica (Apis
cerana) che proprio perché fa parte della biodiversità ha sviluppato una
strategia anti-predatoria: quando un gruppo di Apis cerana incontra una
Vespa velutina si butta sulla vespa imprigionandola in una sorta di intreccio ronzante e il calore prodotto da questa specie di gomitolo uccide la
predatrice. A dimostrazione ancora una volta di quanto la biodiversità
sia un valore da proteggere e di come sia rischiosa l’introduzione di
nuovi soggetti.
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Ticino/consultorio Faft
La parità in azienda
Per paura di perdere il lavoro o perché non sanno a chi rivolgersi, spesso
di Antonella Sicurello
L
ontano dal caos cittadino,
ma a due passi dal centro di Lugano, il Consultorio giuridico Donna e Lavoro
della Faft è diventato negli anni
crocevia dei più disparati vissuti lavorativi delle donne. In un
piccolo ma accogliente locale riservato alle consulenze, si intrecciano i racconti, le difficoltà, a
volte i drammi, di donne che ancora oggi, a 15 anni dall’entrata
in vigore della legge sulla parità,
devono fare i conti con le discriminazioni sul posto di lavoro.
Sono 400 le donne
che chiedono aiuto
ogni anno
Attivo da quasi tre lustri, il Consultorio è contattato mediamente da 400 donne ogni anno,
provenienti per il 60 per cento
dal luganese e di un’età com-
presa tra i 30 e i 50 anni, che richiedono consulenze personali o
brevi contatti telefonici.
Al primo posto le cause
di licenziamento,
poi i diritti di maternità,
il part-time, il mobbing
Le richieste di aiuto riguardano
tutte le problematiche che si possono vivere in azienda. Ne abbiamo parlato con una delle due
avvocate responsabili del servizio, Raffaella Martinelli Peter.
Quali sono i problemi maggiori che le
donne devono affrontare sul posto di
lavoro?
Secondo la nostra casistica, sono
le cause di licenziamento, in cui
occorre valutare se la disdetta è
giustificata, i diritti e la protezione durante la gravidanza, la durata del congedo maternità e la
successiva organizzazione familiare con un eventuale part-time.
40
- GD n. 23/24 -
Ma anche le condizioni di lavoro,
cioè la formazione interna, i ruoli assegnati e le promozioni, i casi
di mobbing, la disoccupazione e
le modalità per dare le dimissioni e per richiedere il certificato di
lavoro.
Le vostre consulenze vanno sempre a
buon fine?
“Direi nel 70 per cento dei casi. Molto spesso interveniamo
direttamente presso il datore di
lavoro e abbiamo quindi un feedback. Va comunque detto che ci
sono casi difficili da risolvere e
altri risolvibili.
L’intervento del
consultorio ha risolto
positivamente il 70%
dei casi
Se, per esempio, vi è una chiara
violazione della legge, la soluzione del problema è piuttosto semplice. Non lo è, invece, nel caso
settembre/ottobre 2011
Ticino/consultorio Faft
gd
va difesa con coraggio
le donne non fanno valere i propri diritti – Il Consultorio della Faft può aiutarle
in cui ci troviamo di fronte a
opinioni divergenti tra datore di
lavoro e dipendente, per esempio in merito a una situazione di
mobbing o riguardo all’interpretazione del contratto di lavoro.
Dopo un aumento costante negli anni
passati, il numero di consulenze si è
stabilizzato. Perché?
Gli importanti incrementi registrati in passato sono imputabili
alle nostre campagne pubblicitarie. Dopo quella del 2006, per
esempio, abbiamo avuto un forte aumento di consulenze l’anno
successivo.
Ecco perché occorre continuare a fare una pubblicità mirata
e mantenere i contatti con altri
consultori, gli assistenti sociali, le
preture, le tutorie, i medici e le
associazioni.
In maggiore difficoltà
le famiglie monoparentali
per la situazione di crisi
I problemi sul posto di lavoro
sono più diffusi di quanto indichi il numero della nostra utenza.
Per questo ci preme far sapere che ci siamo e forniamo una
consulenza individuale e professionale in un ambiente accogliente e riservato.
Il Consultorio in pillole
Nascita. Un anno dopo l’entrata in vigore della legge sulla parità
dei sessi, nel 1997 la Federazione associazioni femminili Ticino
(Faft) ha aperto il Consultorio giuridico Donna e Lavoro, finanziato soprattutto dall’Ufficio federale della parità.
Finalità. Il Consultorio offre una consulenza giuridica di base per
problemi sul luogo di lavoro, volta a contrastare le discriminazioni
in azienda.
Utenza. Questo tipo di consulenza è fornito alle donne. Gli uomini possono chiedere un consiglio sul tema della conciliabilità
tra famiglia e lavoro.
Consulenza. Il Consultorio si avvale della collaborazione di due
avvocate: Raffaella Martinelli Peter e Micaela Antonini Luvini.
Costo. Vengono richiesti 30 franchi per una consulenza, poi 2060 franchi all’ora in base al reddito.
Dove e quando. Il Consultorio si trova a Massagno, in via Foletti 23. È raggiungibile telefonicamente al numero 0041 (0)91
9500088, dalle 9 alle 12 (nelle altre fasce orarie si può lasciare un
messaggio). Sul web: www.donnalavoro.ch.
Crede che la crisi economica abbia avuto ripercussioni sul lavoro delle donne?
Considerato il numero di utenti
in proporzione alla popolazione
attiva nel Cantone, risulta difficile fare una valutazione in questo
senso.
Quello che abbiamo certamente
notato è un incremento delle situazioni di disagio delle famiglie
monoparentali, che a volte vivono situazioni finanziarie disastrose facendo fatica ad arrivare
alla fine del mese.
settembre/ottobre 2011 - GD n. 23/24 -
41
Ma forse le donne non fanno valere i
propri diritti per paura di perdere il
posto di lavoro.
In parte è così. Ma molte lavoratrici non fanno nulla perché non
sanno dell’esistenza del nostro
consultorio. E, non potendosi
rivolgere a un avvocato perché
troppo oneroso, lasciano perdere. E questo è un peccato, perché
vi sono a volte gravi violazioni
della legge che non dovrebbero
essere sottaciute.
gd
Ticino/abusi sul corpo
Una pratica crudele
L’Organizzazione mondiale della sanità ha classificato le varie forme di
mutilazioni dei genitali femminili:
• clitoridectomia: asportazione parziale o totale della clitoride;
• escissione: rimozione parziale o
totale della clitoride e delle piccole
labbra;
• infibulazione: asportazione della
clitoride, delle piccole labbra e parte delle grandi labbra, con cucitura
della vulva;
• altre forme: incisione, perforazione o taglio della clitoride.
Stop alla mutilazione genitale
anche se fatta all’estero
Con una nuova norma introdotta nel Codice penale, la Svizzera punisce anche
se si va all’estero per essere sottoposta all’intervento
di Antonella Sicurello
L
a Svizzera si schiera apertamente contro le mutilazioni genitali femminili.
Dopo il sì del Consiglio nazionale, durante la sessione estiva
anche il Consiglio degli Stati si
è espresso all’unanimità a favore
dell’introduzione nel Codice penale svizzero di una norma specifica contro questo tipo di reato.
Fino a oggi, infatti, non vi erano disposizioni che lo punivano
espressamente. Le mutilazioni
genitali femminili erano considerate lesioni corporali gravi e,
secondo l’articolo 122 del codice penale, chi le commetteva rischiava da sei mesi a dieci anni
di carcere.
Ora sarà introdotto un nuovo
articolo che consentirà di perseguire penalmente anche chi fa
mutilare all’estero una ragazza
domiciliata in Svizzera, indipendentemente dal fatto che in un
Paese tale pratica non sia vietata
dalla legge.
Una battaglia lunga sei anni
La gestazione della nuova norma
è durata sei anni, cioè da quando, nel 2005, Maria Roth-Bernasconi, consigliera nazionale e
co-presidente delle donne socialiste svizzere, presentò l’iniziativa
“Divieto di compiere mutilazioni
sessuali”. La parlamentare chiedeva, appunto, di punire penalmente anche chi commette al di
fuori dei confini svizzeri un reato che ha gravi conseguenze fisiche e psicologiche. Secondo
l’Unicef, in Svizzera vivono tra
le seimila e le settemila donne e
ragazze, provenienti soprattutto dall’Africa orientale, che sono vittime dell’escissione o che
rischiano di esserlo. E proprio
42
- GD n. 23/24 -
il Fondo delle Nazioni unite per
l’infanzia ha sostenuto con forza l’introduzione in Svizzera del
divieto delle mutilazioni genitali
femminili: nella primavera 2010
oltre 20 mila persone hanno risposto al suo appello.
Informare per combattere
Questa terribile pratica va però
combattuta anche con un’informazione capillare. In risposta a
una mozione del deputato Alex
Pedrazzini, che chiedeva più informazione in difesa delle bambine, l’amministrazione cantonale
ticinese ha realizzato l’opuscolo
Perché lottare contro le mutilazioni
genitali femminili, tradotto in francese, inglese e arabo. È possibile
richiederlo all’Ufficio della legislazione e delle pari opportunità
(telefono: 0041918143010, email
[email protected]) o scaricarlo sul web
(www.tinyurl.com/mutilazioni).
settembre/ottobre 2011
gd
scuola
Un altro anno
di passione
Sarà un settembre caldo, con nuovi tagli e soppressione di cattedre – Ne parliamo con Adria Bartolich, segretaria Cisl Scuola di Como
di Katia Trinca Colonel
T
ravolta dai mille rivoli della crisi c’è anche la
scuola. Già gravata da
problemi strutturali “secolari”,
sarà in prima fila anche quest’anno nel pagare lo scotto di una Riforma che si accanirà ancora più
brutalmente rispetto all’anno già
difficile, appena trascorso, sulle
risorse dell’insegnamento.
Il nuovo corso si apre con l’applicazione della manovra 2011 che
congela i salari degli insegnanti
fino al 2014. Con l’azzeramento
delle carriere e l’accorpamento
degli istituti che comporterà la
chiusura di plessi minori. Le norme parlano di nuove assunzioni
ma poi se si va a leggere bene tra
le righe si scopre, in una nota,
che l’adozione del piano assunzioni è “subordinata agli esiti di
una specifica sessione negoziale
su interventi contrattuali per garantire l’invarianza finanziaria”.
Cioè, in soldoni, si assume, ma
solo se ciò non comporta un’aggiunta di spese.
“Temo l’anno che si apre in vista
dei tagli – commenta preoccupata Adria Bartolich, segretaria
provinciale della Cisl Scuola di
Como – sarà un settembre alquanto problematico. E la scuola
media, soprattutto, sarà la punta dell’iceberg di questa crisi. Ci
sono poche risorse ed è attualmente quella più in sofferenza,
mentre per quanto riguarda le
scuole superiori saranno gli istituti tecnici professionali quelli
più in difficoltà”.
settembre/ottobre 2011 - GD n. 23/24 -
43
gd
scuola
Tagli nel triennio nelle province lombarde
Provincia
Bergamo
Brescia Como Cremona
Lecco Lodi Mantova
Milano Pavia Sondrio
Varese 2009/10
% taglio -0,99
-0,89
-5,99
-0,98
-1,83
-1,16
-0,76
-1,95
-1,84
-1,1
-1,86
2010/11
% taglio -1,2
-0,9
-1,08
-2,7
-2,5
-2,5
-2,4
-3,2
-1,6
-4,9
-1,3
Vediamo i problemi con ordine. Innanzitutto la riduzione di
organico dovuta all’azzeramento delle carriere dei precari.
La riduzione di organico comporta un accorpamento delle
classi di concorso. Bisogna intendersi bene. Non riguarda
supplenti che hanno 10 anni di
insegnamento alle spalle. In Italia ci sono 100mila precari con
appena 2-3 anni di esperienza.
Non possono essere equiparati a
coloro che insegnano da anni e
non hanno ancora una stabilità.
Ma attenzione, riduzione di posti
significa che quando si tagliano
i posti di diritto l’insegnante in
cattedra viene spostato e non rimane senza lavoro. Ad essere penalizzati saranno invece i giovani
che vogliono entrare nel mondo
dell’insegnamento. Considerato
il fatto che la media dell’età degli
insegnanti è sui 50-51 anni si allargherà paurosamente la forbice
della differenza di età tra alunni
e insegnanti. L’insegnante è sottoposto a livelli di stress sempre
più elevati (pensiamo ai numerosi casi di burn out) e impedendo a forze giovani di rinnovare il
2011/12 totale triennio
% taglio % taglio -3,89
-0,9
-3,9
-3,02
-1,66
-1,4
-1,35
-10,1
-6,3
-10,8
-4
-6
-4,97
-10,59
-8,64
-5,9
-5,11
-4,5
-8,06
-9,62
-16,15
comparto non si fa che appesantire ancora di più le responsabilità di questi insegnanti.
-8
totale triennio
valore assoluto
248
234
228
106
75
44
65
1231
173
132
249
Sempre meno insegnanti e
classi sempre più affollate.
Questo è un problema che ha destabilizzato soprattutto i docenti delle scuole superiori non più
abituati a classi numerose. Io sono un’ex insegnante delle scuole
medie e ricordo classi con medie
alte nel numero di alunni. Per gli
insegnanti di questo comparto
non è una grossa novità. Eppure è proprio nelle scuole medie
che è più penalizzante l’elevato numero di scolari, perché è a
questo livello che si creano i problemi più gravi, soprattutto per
quanto riguarda la disciplina. I
ragazzi sono in un’età delicata,
hanno bisogno di più attenzioni.
E quali possibilità ha poi l’inse-
44
- GD n. 23/24 -
settembre/ottobre 2011
scuola
gnante di intervenire con ragazzi
problematici, quando a fatica riesce a coprire il regolare curriculum previsto dal programma?
Per quanto riguarda invece le
scuole superiori, e in particolare nel nostro territorio, i problemi più importanti si presentano
negli istituti professionali che
diventano spesso la valvola di
sfogo dei due anni di scuola obbligatoria. In realtà, sono scuole
di altissimo livello che formano
giovani che possono accedere al
mondo del lavoro (pensiamo alla Magistri Cumacini). L’attenzione dovrebbe essere più alta
perché questi istituti non divengano semplicemente l’imbuto in
cui tutto va a confluire. Serve che
vengano messi nelle condizioni
di lavorare bene né più né meno
di quello che accade nei licei.
E il tanto sbandierato “merito” della Legge Brunetta? Sarà il decreto a definire l’elenco
dei meritevoli e i protocolli di
comportamento utile per accedere alle premialità. Come
si applicherà concretamente
nel mondo della scuola?
Per quanto mi riguarda (e come
il mio sindacato ha ribadito più
volte) io sono a favore del merito. è giusto che gli insegnanti più
preparati e che riescono a portare a termine progetti all’avanguardia vengano premiati. A
patto però che siano ben definiti i criteri di valutazione. Non va
considerata solo la preparazione
culturale personale ma anche la
capacità dell’insegnante di rapportarsi con la classe, di fare in
modo che gli alunni svantaggiati
non vengano esclusi dalla possibilità di colmare il gap culturale
e sociale.
I parametri di valutazione, poi,
devono riguardare anche il personale che lavora a fianco degli
insegnanti.
Sempre dalla Riforma Brunetta, si parla di un 25% di
eventuali risparmi delle amministrazioni per applicare i
principi del merito.
Ma quali soldi? Non ce ne sono
proprio! Piuttosto bisognerebbe pensare ai buchi di bilancio
che pesano sulle amministrazioni
scolastiche.
gd
Adria Bartolich è Segretaria provinciale della Cisl Scuola di Como.
Nata a Brunate nel 1958, è laureata
in Architettura e ha conseguito una
specializzazione in Counselling sistemico. Consigliera comunale a Fino
Mornasco prima, poi Consigliera
comunale e capogruppo al comune
di Como. Iscritta al gruppo parlamentare Democratici di Sinistra –
L’Ulivo è stata eletta deputato nella
XII e XIII Legislatura e ha ricoperto
la carica di Segretaria di Presidenza
della Camera dei deputati. è stata
inoltre componente dell’VIII Commissione Lavori pubblici e della III
Commissione permanente esteri. Al
termine del mandato parlamentare
ha ricoperto l’incarico di Presidente
della sezione provinciale di Como
della Fidapa (donne, arti, professioni
e affari).
Un altro importante cambiamento sarà l’aggregazione di
scuole primarie e medie inferiori in istituti comprensivi che saranno autonomi solo
con almeno 1000 alunni (500
nelle zone disagiate) e che
saranno affidati ai reggenti e
quindi privi di dirigenza stabile.
Per il nostro territorio l’accorpamento degli istituti non darà
adito a grossi cambiamenti. Ma
ci saranno comunque degli scossoni. Chiuderanno purtroppo
alcuni plessi di montagna. Ci saranno scuole enormi con fino a
1800 alunni. Spesso il personale
dirigente non ha la preparazione
tecnica per affrontare le problematiche complesse.
settembre/ottobre 2011 - GD n. 23/24 -
45
gd
scuola
Smaltire le lattine
oppure usare al meglio
il pronome “che”?
Diario di un anno di passione di una insegnante della scuola media, ora secondaria di primo grado
di Cristina Fontana
giunge un pizzico di latente
perversione, dovuta al fatto che
il prof si sia dannato l’anima in
corso d’anno per raccogliere
qualcosa dai suoi pupilli e alla fine si sia reso conto di aver lavorato più lui di loro. Sì, perché con
l’entrata in vigore della riforma
Gelmini, fare quadrare il cerchio
è un’impresa ardua non solo per
chi insegna matematica… e alla
fine dell’anno scolastico si arriva,
a seconda degli stati d’animo direttamente proporzionali all’età,
46
- GD n. 23/24 -
settembre/ottobre 2011
A
lla fine del triennio di
quella che era la vecchia scuola media (e che
oggi porta il nome di secondaria di primo grado), chi è esterno al mondo dell’istruzione si
aspetta di incontrare un ragazzino soddisfatto o meno del proprio esame di Stato (il successore
del vetusto esame di licenza), ma
comunque felice, perché l’estate
che gli si prospetta sarà davvero
diversa dalle altre, priva di libri,
quaderni, fascicoli per le vacanze, tavole e quant’altro i fantasiosi docenti si siano premurarti di
appioppargli, per non farlo annoiare durante quei lunghissimi
giorni di sole. Sarà per puro sadismo nel vedere gli alunni sgobbare, mentre loro si godono quei
tre mesi che, nell’immaginario
collettivo, vogliono essere i mesi
di ferie del prof perennemente a
riposo? O ci saranno motivazioni intrinseche, spesso non comprese né condivise dai ragazzi e
dalla loro famiglie alle prese nel
caricare in auto pesanti dizionari e voluminosi fogli da disegno?
La risposta ovviamente è la seconda, alla quale, magari, si ag-
scuola
imbufaliti, stressati, rassegnati o
semplicemente alleggeriti, perché un nuovo anno è passato indenne da ricorsi o infortuni.
Le ore di insegnamento sono
sempre di meno, ma i programmi da svolgere sono degni di un
precoce Leonardo. Anzi, sbagliato sarebbe parlare di programmi, perché la nuova scuola non
vuole essere nozionistica. Meglio
sarebbe parlare di obiettivi di apprendimento irrinunciabili che
sono un mix di conoscenze e
abilità. Bagaglio indiscusso di un
quattordicenne che, ad esempio,
deve essere in grado di “utilizzare in modo paradigmatico alcune
fonti documentarie per verificarne la deformazione, volontaria
o involontaria, soprattutto per
quanto riguarda i mass media”
o di “conoscere le norme, intese
come valori utili al bene comune e condividerne le implicazioni
gd
emotive e cognitive che vengono
dalla loro adozione”. Tutto ciò
perché la Cittadinanza e la Costituzione sono ormai una disciplina imprescindibile della nuova
scuola. Piccolo dettaglio: quando insegnarla, in quali spazi, visto che il monte ore è sempre più
flebile? Inoltre, come valutare,
ad esempio, un comportamento
sano e corretto?
Molto soggettivo, perché il prof
salutista potrebbe appioppare un
bel 4 alla sua alunna, che all’intervallo divora tranci di pizza e
patatine, mentre il collega buongustaio e partenopeo approverebbe una ventata di patriottismo
tricolore, proprio nell’anno del
150° dell’unità d’Italia. Quisquilie per chi è esterno alla scuola e
si chiede: “Ma la valutazione non
dovrebbe riguardare la grammatica, la matematica, l’inglese,
insomma tutte le discipline in-
segnate?”. Domanda sacrosanta, visto che all’esame di Stato
i ragazzi devono sottoporsi alla prova ministeriale dell’Invalsi, sulla quale tutto si può dire,
fuorché che non sia nozionistica.
E se il prof durante l’anno è riuscito con successo a far capire
alla sua classe che la lattina della bibita va gettata nel cestino o
meglio ancora va raccolta in modo differenziato, impiegando ore
e ore con uscite, progetti o attività laboratoriali, come può adesso pretendere che i suoi alunni
sappiano qual è la funzione del
“che” all’interno di un periodo?
Sarà pronome, congiunzione o
che altro si sarà inventato il Ministero, per rendere la vita difficile ai suoi futuri cittadini?
Per fortuna il prof facendo salti mortali, magari proprio con
la collaborazione del collega di
educazione motoria, si è lanciato in qualche progetto, che gli ha
permesso di risicare ore preziose. E alla fine?
Tutti promossi o bocciati come
prima. Perché che si usi un bel
“4” dall’antico sapore liceale o
un meno invasivo “insufficiente” (ma perché meno invasivo se
poi si è comunque respinti non
si sa), un “10” o un “ottimo”,
il risultato non cambia. Con la
differenza che prima della riforma, se un alunno aveva qualche
insufficienza, questa compariva
sulla scheda di valutazione, adesso con una sola carenza si viene
per legge respinti. Che severità,
penserete. E no, perché basta
che il consiglio di classe reputi che l’alunno, durante l’estate,
sia in grado di recuperare le proprie lacune ed ecco che per magia comparirà sulla scheda un bel
“6”, accompagnato dalla dicitura
“voto di consiglio”. E allora speriamo siano state buone vacanze
per tutti.
settembre/ottobre 2011 - GD n. 23/24 -
47
gd
FLAS H
Affrontare il presente
pensando al futuro
Secondo il Wwf Italia è questo il momento delle
scelte e degli investimenti nel futuro, individuando il
ruolo del “sistema Italia” e tagliando gli aiuti a settori
superati e inquinanti. La crisi è oggi non solo economica, ma anche ambientale e sociale, e in quanto tale
va affrontata, offrendo a tutte le persone e alla Terra
una prospettiva di futuro.
Puntare oggi sulla Green Economy vuol dire pensare
a un’economia sostenibile portatrice di un benessere
duraturo e fondato sulla qualità.
Festival del film di Locarno:
il pardo d’oro è donna
Il sito di Geniodonna (www.geniodonna.it) ha seguito
il 64° Festival del Film di Locarno (3-13 agosto 2011)
con un report quotidiano di Laura Frigerio.
Il Pardo d’oro è andato ad Abrir puertas y ventanas
della regista argentina Milagros Mumenthaler. Un
film tutto al femminile che vede protagoniste Marina,
Sofia e Violeta, 3 ragazze di Buenos Aires che si trovano a confrontarsi con il vuoto lasciato dalla morte
dalla nonna, la donna che le ha cresciute. Il film si è
portato a casa un secondo premio: il Pardo alla “migliore interpretazione femminile”, andato a una delle
protagoniste, Maria Canale.
Il fabbro scopre la sottana
Le artigiane con un lavoro “da uomo” in Italia sono
1800 camioniste, 400 elettriciste, 1100 tappezziere,
2300 fabbre, 700 meccaniche, 140 idrauliche, 300
falegname e oltre 300 calzolaie. è quanto emerge da
una elaborazione e da stime dell’Ufficio studi della
Camera di commercio di Monza e Brianza su dati Registro Imprese.
Il giudice tutelare autorizza il rifiuto
di terapie non volute
Ammalata di una grave patologia degenerativa, ha
chiesto al giudice che non vengano utilizzati, in caso
di necessità, i farmaci per curarla e il magistrato ha
sentenziato in suo favore. Una 48enne di Treviso,
testimone di Geova, che nei mesi scorsi – all’esordio
della sua grave malattia – aveva rifiutato tracheotomia e trasfusione, – anche se non si trova in immediato pericolo di vita - si è rivolta al giudice tutelare:
“Non voglio che la mia vita venga prolungata se i medici sono ragionevolmente certi che le mie condizioni
sono senza speranza”.
Non vuole, insomma, terapie salvavita che prolunghino l’agonia se per lei non ci sarà più speranza di riprendersi. Il Giudice Tutelare di Treviso le ha riconosciuto il diritto di dire in futuro no a farmaci e terapie
salvavita, basandosi sul codice deontologico dei medici e sui principi evidenziati anche dalla Cassazione,
secondo cui il consenso del paziente rappresenta un
presupposto indispensabile per qualsiasi intervento
medico.
Assassinata Patricia Acioli
La giudice brasiliana Patricia Acioli che lottava contro
narcotrafficanti e militari corrotti, 47 anni, tre figli – è
stata uccisa giovedì 11 agosto 2011, freddata da una
ventina di proiettili che un commando di una dozzina
di persone, con caschi “ninja” a bordo di auto e moto,
le ha scaricato contro mentre parcheggiava l’auto sotto casa a Niteroi, cittadina affacciata sulla baia di Guanabara, di fronte a Rio de Janeiro.
Serena, forte e idealista, la Acioli, da giovane magistrata era stata in prima linea contro i crimini delle
gang dei narcotrafficanti dello stato di São Goçalo e
Niteròi. Negli anni più recenti del boom economico
brasiliano si era battuta contro la dilagante criminalità urbana rappresentata dalle “milizie”, gruppi organizzati composti da agenti ed ex agenti di polizia corrotti, funzionari della polizia militare, guardie giurate
e pompieri che hanno assunto il controllo degli slums
delle megalopoli del Brasile, dopo averli “liberati” dalle mafie e dai narcotrafficanti.
La magistrata Acioli è stata uccisa per il suo intervento contro le illegalità delle milizie: aveva condannato
una sessantina di “miliziani” e mandato all’ergastolo
quattro agenti responsabili di almeno 11 omicidi su
commissione. Nel passato le era stata accordata una
scorta, revocata però inspiegabilmente dal 2008.
Sì alle nozze dell’extracomunitario
anche se manca il permesso di soggiorno
La mancanza del permesso di soggiorno non può essere un impedimento alla celebrazione del matrimonio fra un cittadino italiano e un extracomunitario:
la Corte Costituzionale ha stabilito la parziale illegittimità dell’articolo 116 del Codice civile laddove è
stato modificato nel 2009 dalle norme del pacchetto
di sicurezza volute dal centro destra. La nuova norma ora ritenuta illegittima prescriveva, con la giustificazione di impedire matrimoni di comodo, che
un cittadino extracomunitario che voglia contrarre
matrimonio in Italia “deve presentare all’ufficiale di
Stato civile anche un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano”. Secondo
la Corte “la condizione giuridica dello straniero non
deve essere considerata come causa ammissibile di
trattamenti diversificati e peggiorativi”.
I gatti “condominiali”
hanno diritto al loro territorio
I gatti sono liberi di vivere e di abitare negli spazi
condominiali dei palazzi dove gli inquilini li alimentano: si tratta di gatti senza un padrone, ma accuditi
di fatto dalla comunità degli abitanti: non possono
essere scacciati e catturati. A stabilirlo è un giudice
civile del Tribunale di Milano che ha risolto una causa
intentata da due inquilini di un condominio di 500
abitanti nel quartiere di Baggio che avevano chiesto
l’allontanamento degli animali. I gatti condominiali
sono protetti dalla legge 281 del 1991 che li tutela dai
maltrattamenti e dalle soppressioni: la sentenza stabilisce ora il loro diritto alla territorialità. L’ Anagrafe
canina della Lombardia ha censito 440 colonie feline.
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- GD n. 23/24 -
settembre/ottobre 2011
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