I libri bianchi del Touring Club Italiano
n. 8
Perché insegnare
la geografia
in una rinnovata scuola
moderna e interdisciplinare
Anno 1998
A cura del Centro Studi TCI
In collaborazione con la Società Geografica Italiana
A cura del Centro Studi TCI
Testi di:
Giacomo Corna-Pellegrini (coordinatore)
Laura Uboldi (estensore)
Mauro Laeng (paragrafo 2.1.)
1998 - Touring Club Italiano - Milano
Codice F1R
Sommario
1. La geografia oggi
1.1. Geografia: una fine annunciata nella scuola italiana?
1.2. La geografia come decodifica dell’organizzazione territoriale
1.3. Geografia e didattica interdisciplinare
1.4. La ricerca geografica nel mondo
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2. Il valore educativo della geografia
2.1. L'importanza della percezione spazio-temporale
2.2. Il viaggio come esperienza geografica educativa
2.3. Tecniche didattiche specifiche per la geografia
2.4. L'aggiornamento degli insegnanti
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3. L'insegnamento della geografia in alcuni Paesi industrializzati
3.1. Situazione tedesca
3.2. Situazione inglese
3.3. Situazione francese
3.4. Situazione statunitense
3.5. Situazione giapponese
3.6. Situazione italiana
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4. Proposte e sperimentazioni nella didattica della geografia
4.1. La necessità di adeguarsi alla situazione internazionale
4.2. Da dove partire?
La scuola primaria
La scuola media inferiore
Il biennio superiore
L'area di progetto nel triennio superiore
Il Progetto Igea
Il Progetto Erica
Il Progetto Iter
L'istruzione professionale
La preparazione universitaria dei docenti
4.3. Altre sperimentazioni in corso
4.4. "Moduli" e "crediti"
4.5. Orientamenti operativi
Rispetto al presente
Rispetto al futuro
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5. Conclusioni
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Bibliografia
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Allegato: The International Charter on Geographical Education
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1. La geografia oggi
1.1. Geografia: una fine annunciata nella scuola italiana?
"La geografia è morta. Addio geografia. La geografia è destinata a scomparire dalle
scuole italiane". Questi sono alcuni dei titoli comparsi sui maggiori giornali nazionali dal
momento in cui, nel mese di maggio 1997, è stato presentato il progetto sperimentale
varato dal Ministero della Pubblica Istruzione e denominato "Ipotesi di sperimentazione
da attuare nei primi due anni di scuola secondaria superiore". Per il momento la
decisione di eliminare l'insegnamento della geografia coinvolge 150 istituti scolastici
secondari che, a partire da quest'anno scolastico, si adegueranno ai nuovi programmi.
"Poi - ha detto il Ministro Berlinguer in una riunione tenutasi a Roma il 2 dicembre 1997
- si vedrà".
Poco dopo l'annuncio della sperimentazione di cui sopra, è stata divulgata una "summa"
di circa 500 cartelle, elaborata in cinque mesi da una Commissione tecnico-scientifica,
appositamente designata dal Ministro della Pubblica Istruzione per la ridefinizione del
sistema scolastico italiano: contiene le indicazioni generali per la tanto attesa riforma del
settore. I 39 "saggi" che hanno composto la Commissione di lavoro hanno avuto
l'incarico di rispondere ad una domanda: "Cosa insegnare ai bambini e ai ragazzi delle
prossime generazioni?".
Senza entrare nel merito dell'intera proposta, un aspetto è risultato evidente a giornalisti,
insegnanti, studiosi: la geografia, come insegnamento autonomo, non contribuirà secondo quella Commissione - all'educazione della maggior parte dei giovani di domani,
durante tutta la fase della loro vita scolastica successiva alla scuola media inferiore. Il
vocabolo geografia non compare, infatti, nel testo della Relazione, ad esclusione di un
unico caso in cui, come aggettivo, viene affiancato a "storico". Volendo essere precisi,
non esiste alcun espresso collegamento tra la sperimentazione avviata dal Ministro e le
conclusioni della Commissione (che ha analizzato gli aspetti generali del settore
scolastico, senza entrare nel merito delle singole materie di insegnamento), ma è
evidente che una connessione di fatto esiste.
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Molti professori e studiosi, preoccupati per il futuro di un insegnamento che ritengono
fondamentale nella formazione dell'individuo e del cittadino, non hanno esitato a far
sentire la propria voce: così Peris Persi, presidente dell'Associazione Italiana Insegnanti
di Geografia - AIIG; il Comitato nazionale di difesa della geografia, col presidente
Cristina Morra; Adalberto Vallega, in qualità di vicepresidente dell'Unione Geografica
Internazionale - IGU; il Comitato italiano per l'Unione Geografica Internazionale CNR/IGU, rappresentato da Nunzio Famoso; l'Associazione dei Geografi Italiani,
guidata da Luciano Lago; la Società di Studi Geografici, presieduta da Paolo Roberto
Federici; nonché altri illustri geografi e docenti e perfino un'apposita "Associazione
parlamentare per la difesa della geografia", presieduta dal senatore Fiorello Cortiana e
composto da esponenti di tutti i partiti politici; infine la Società Geografica Italiana, col
presidente Franco Salvatori, che si è fatta promotrice insieme al Touring Club Italiano
del presente libro bianco "Perché insegnare la geografia in una rinnovata scuola
moderna e interdisciplinare".
L'impressione di molti è che, mentre si discute di riforme epocali e di grandi
trasformazioni per la scuola del futuro, si stiano talora modificando i curricoli per dare
spazio a insegnamenti certamente importanti, ma che hanno soprattutto maggiore forza
corporativa nel quadro accademico generale. Nella fattispecie, si sottraggono alla
geografia la sua tradizionale autonomia e la funzione di sintesi che da sempre essa
esercita tra i saperi umani, nella decodifica (cioè nella lettura e spiegazione) del
paesaggio e della dinamica di organizzazione territoriale (naturalistica e antropica).
Non è mancata la pronta risposta del Ministro Berlinguer, il quale ha più volte assicurato
che "la geografia non scomparirà dalla scuola media superiore, dal momento che è
previsto un suo insegnamento adeguatamente aggiornato e irrobustito". Replica, ad
esempio, Cristina Morra, presidente del Comitato nazionale di difesa della geografia:
"Negli ultimi anni sono state prese decisioni molto spiacevoli, come quella di aver
smembrato la materia e aver fatto confluire le sue parti in altre discipline con nomi
diversi (per esempio, la geografia fisica, che è stata ribattezzata scienza della Terra e
aggregata alla biologia); oppure come l'aver fatto scomparire la geografia dove più
servirebbe. A partire dal 1981 la materia è stata eliminata dall'indirizzo per ragionieri-
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programmatori; agli inizi degli anni Novanta, invece, la geografia umana, politica ed
economica, e la geografia regionale sono scomparse dai bienni degli Istituti professionali
per il commercio e il turismo. Infine, negli ultimi cinque anni la disciplina è stata tolta
anche dai corsi serali per ragionieri ed è stato ridotto il numero delle sue ore di
insegnamento negli Istituti tecnici per il turismo e negli Istituti nautici".
Non è casuale il fatto che per gli esami di maturità degli Istituti tecnici commerciali, dove
fino al 1996 la geografia era materia d'esame, in tre quarti dei casi siano stati nominati
commissari di maturità gli insegnanti di scienze. Eppure, in Italia esistono docenti
specialisti di geografia (classe di concorso 39/A), ma hanno la possibilità di insegnare
solo in alcune scuole secondarie, come gli Istituti tecnico-economici e gli Istituti
professionali economico-turistici. Di tendenza diversa è, invece, la proposta ministeriale
della Direzione generale per l’istruzione classica, relativa alla trasformazione degli Istituti
magistrali in Licei sociali, ove la geografia è citata - seppure soltanto come scelta
opzionale - tra le materie sociali da includere nei nuovi curricoli.
Critico sulla diffusa disattenzione alla geografia è ovviamente il giudizio di Peris Persi,
presidente dell'AIIG, il quale teme non sia ben chiaro a molti cosa sia oggi la geografia
in tutto il mondo e quale contributo essa dia, tanto alla ricerca scientifica quanto alla
formazione culturale e civica dell’alunno. Critica, infine, gran parte della stampa italiana,
che ha dato largo spazio al problema della temuta eliminazione della geografia dalla
scuola italiana, stigmatizzandola come operazione incomprensibile.
La necessità di fare chiarezza su un tema così attuale (e tanto vicino agli interessi
dell'Associazione) ha spinto il Touring Club Italiano alla realizzazione di questo libro
bianco. Convinzione è infatti che la confusione sorta attorno all'argomento possa far
perdere di vista alcuni punti fondamentali della questione, primo fra tutti il paradosso sottolineato anche da Gianni Sofri, docente di Geografia politica ed economica presso
l'Università di Bologna - che la scuola italiana rinunci alla conoscenza del mondo proprio
nel momento storico in cui tutto il mondo sta entrando a far parte della vita quotidiana
di ognuno.
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La responsabilità di questa situazione confusa si deve certo a diversi fattori. Ad
esempio, molti insegnanti abilitati ad insegnare la geografia nelle scuole medie (forse
inesperti della materia oppure appassionati di altre, ad essa connesse nella attribuzione
degli insegnamenti) hanno talora finito per proporre soltanto informazioni da
memorizzare, piuttosto che un metodo di lettura territoriale. Se le direttive ufficiali
consentono che non specialisti della disciplina occupino le cattedre dalle quali si
insegna la geografia (anche quando specialisti vi sono, e in organico), non ci si
deve stupire che spesso essa venga insegnata male. In qualche caso gli stessi
editori di libri di testo geografici hanno qualche responsabilità di cui pentirsi,
perché talora preoccupati più di proporre indigeribili (e costosi) manuali
enciclopedici, piuttosto che fornire strumenti per una semplice e coinvolgente
"lettura” del territorio. Sicché il docente, più appassionato di Leopardi o di
botanica, piuttosto che di geografia, pensa di avere la coscienza a posto
limitandosi ad ordinare ai suoi studenti di studiare da pagina 18 a pagina 25.
D’altro canto, a loro volta, taluni geografi accademici (per fortuna pochi) hanno creduto
di concepire la loro disciplina soltanto come ancilla della storia, ovviamente
trascurandone le peculiarità specifiche. Altri hanno invece ingenuamente allargato a tutta
la cartografia la giusta polemica sull’uso talora distorto delle carte geografiche. Infine,
molti geografi universitari si sono sostanzialmente disinteressati di quanto accadeva nella
scuola media (salvo il caso in cui avessero prodotto testi per quel vasto mercato,
piuttosto che per quello modestissimo dei Corsi universitari); e si accorgono solo ora
che quanto sta accadendo coinvolge anche le loro responsabilità.
Partendo dalla certezza che per molti l'idea di geografia sia ancora legata alla lettura di
carte mute, oppure all'elencazione puramente nozionistica di nomi di "mari, monti,
fiumi,..." di una data regione, nelle pagine che seguono si è cercato di spiegare cosa sia
realmente la geografia attuale, non solo nella scuola italiana, ma nei suoi contributi
scientifici più significativi a livello internazionale, e quale sia il suo indispensabile valore
pedagogico nell'educazione dei giovani. Inoltre, sono stati messi in evidenza i caratteri
dell'insegnamento della geografia in Europa e nel mondo, per sottolineare come in Italia
l'attenzione per questa materia sia inspiegabilmente inferiore rispetto alle altre nazioni,
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dove invece le viene riconosciuta un'importanza fondamentale nella pedagogia dell'età
evolutiva.
Infine, si è tentato di sintetizzare alcune proposte per migliorare l'insegnamento della
geografia nelle scuole italiane e far sì che a questa materia si riconosca tutta la sua
autonomia e dignità nel campo degli insegnamenti, naturalmente in una collaborazione
sempre più stretta con le altre discipline sociali, come propone la moderna didattica per
"moduli". Sono stati riportati anche alcuni esempi (tra i moltissimi in atto) di
sperimentazioni didattiche recenti, che hanno dato risultati più che soddisfacenti e da cui
si può sicuramente trarre ispirazione per il futuro.
1.2. La geografia come decodifica della organizzazione
territoriale
In via preliminare è necessario dunque chiarire cosa si intende oggi con il termine
geografia. Contrariamente a quanto sembra pensare la maggior parte delle persone, la
geografia non è soltanto considerazione distaccata e fredda dei fenomeni presenti sulla
superficie della Terra. Sulle tracce del pensiero di William Pattison e di Paul Claval, così
precisa Giacomo Corna-Pellegrini, docente di Geografia presso l'Università degli Studi
di Milano: "Per lungo tempo si è ritenuto, e ancora nell'opinione corrente spesso si
ritiene, che la geografia sia una scienza unitaria, quanto a fini e metodi da essa perseguiti.
In realtà, [...] una considerazione più attenta mostra che già in un passato lontano - e
sempre più negli anni a noi vicini - la scienza geografica ha ripetutamente proceduto
lungo molti, paralleli, ma distinti binari di ricerca, intrecciandosi ad altre discipline
scientifiche, umanistiche e persino filosofiche, che insieme ad essa hanno tentato e
tentano di interpretare le realtà della superficie terrestre" (non a caso Cartesio e Kant,
prima che filosofi, sono stati grandi geografi del loro tempo).
In altre parole, la geografia ha in sé, da sempre, tutte le caratteristiche per sviluppare
quella interdisciplinarità nella formazione culturale delle persone, che la Commissione
ministeriale dei 39 "saggi" sembra ricercare. Dal momento che si occupa dello studio di
fenomeni in trasformazione, continuamente modificati da fattori naturali o dall'intervento
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umano, essa è inoltre una scienza dinamica, in costante evoluzione. Muta l'ambiente
oggetto di analisi, sotto la pressione di agenti naturali o per cause provocate
artificialmente; l'assetto urbano subisce cambiamenti di aspetto e di organizzazione;
sistemi di comunicazione e trasporto sempre più evoluti accorciano le distanze effettive
tra le varie parti del mondo e tra i suoi abitanti. Mutano altresì, e si aggiornano
continuamente, i metodi e gli strumenti conoscitivi con cui studiare questi fenomeni.
Stante questa grande varietà di oggetti di studio e la possibilità di analizzarli sotto diversi
aspetti critici, può presentarsi l'equivoco nel quale incorrono i più, ossia quello di
imputare alla geografia una mancanza di specificità, proprio per la varietà di approcci
scientifici a cui si affida. In verità, "[...] originario e universale è il problema umano di
rapportarsi allo spazio, di esplorarlo nelle sue variatissime caratteristiche, localizzando se
stessi e gli altri oggetti geografici gli uni rispetto agli altri, nonché qualificandoli e,
progressivamente, tentando di classificarli". Con il trascorrere del tempo, alla semplice
descrizione degli oggetti si è affiancata però la necessità di interpretare i fenomeni
(naturali e non); di individuare correlazioni tra elementi appartenenti all'ambiente e azioni
compiute dall'uomo; di spiegare influenze reciproche tra le diverse situazioni.
La ricerca di una risposta scientifica e razionale a fenomeni naturali e sociali era il filo
trainante del pensiero illuministico settecentesco. Questo approccio portò benefici effetti
in vari campi del sapere e aprì la strada alle teorie positiviste dell'Ottocento, legate
strettamente alla misurazione e alla sperimentazione della realtà oggettivamente
riconoscibile. "La geografia usciva allora dalla sua fase avventurosa e, in qualche modo,
fabulistica, per entrare in quella della precisa osservazione del territorio, con tutti i mezzi
più oggettivi e spersonalizzati di cui allora si disponesse. Sembrò così che potesse
esistere un solo fine della ricerca geografica e un solo metodo per condurla, vuoi che si
trattasse d'indagare su fenomeni fisici, vuoi che si volesse procedere allo studio di
fenomeni umani".
La convinzione positivista (ormai superata) che "fare geografia" significhi descrivere e
spiegare in maniera univoca gli aspetti naturalistici, antropici, urbanistici, sociologici ed
economici del mondo pare essersi protratta fino ai giorni nostri, quando, con l'evolvere
degli strumenti tecnici di misurazione e il perfezionamento delle indagini statistiche ed
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economiche, si è giunti alla nascita di un settore di ricerca, denominato geografia
quantitativa. Tale campo di studio ha rappresentato forse "la speranza massima di poter
circoscrivere ogni fatto geografico entro una misurazione espressa quantitativamente,
ossia la possibilità di cogliere, con opportuni algoritmi matematici ed adeguate
strumentazioni computerizzate, quelle correlazioni tra i fenomeni più diversi che la diretta
osservazione ed intuizione di un singolo studioso non avrebbe mai potuto individuare".
Con la geografia di fine Ottocento si è creduto di essere arrivati ad un punto fermo, alla
sintesi definitiva dei compiti e del metodo della ricerca, dovuta all'individuazione di un
criterio scientifico inattaccabile e oggettivamente giustificabile, sostenuto da teorie legate
a fatti concreti, non a supposizioni o intuizioni. Ma erano state trascurate le influenze
provenienti dalla sfera soggettiva, dall'uomo stesso e dal suo modo di interagire con
l'ambiente che lo circonda, di interpretare i fenomeni e di modificare o subire gli eventi.
A metà del Novecento, in Italia e in molti altri Paesi, si sono dunque venuti a delineare
nuovi orientamenti critici nei confronti dell'esclusivo impiego dei metodi positivisti, e in
particolare quantitativi, nel campo geografico. Del resto, anche in altre discipline sociali
(psicologia, sociologia, antropologia, pedagogia, storia e la stessa economia) si sono
delineate posizioni analoghe e si è riconosciuta la legittimità e anzi l’esigenza di
interpretazioni diverse a medesimi fenomeni oggetto di studio.
In Italia, nella prima metà del Novecento, una reazione alla metodologia di ricerca
geografica positivista si è avuta proprio da parte di alcuni tra coloro che fino ad allora
erano stati i maggiori sostenitori di quelle spiegazioni dei fatti: questa rivoluzione
metodologica ha interessato, del resto, numerose discipline, tra le quali l'economia, la
sociologia e l'antropologia. In campo geografico gli esponenti del nuovo pensiero,
definiti da taluno come geografi radicali, sono stati gli artefici di una critica assai rigida
nei confronti del positivismo geografico, proponendo anzi finalità politiche alla ricerca:
non più il semplice tentativo di spiegare il mondo, bensì quello di cambiarlo per renderlo
migliore, "più a misura d'uomo".
Sempre nello stesso periodo, meno clamoroso, ma per certi versi più mirato è stato
l'attacco alle teorie positiviste proveniente da studiosi di psicologia ambientale, che
hanno introdotto la variabile soggettiva come elemento imprescindibile per ogni analisi
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del territorio. "Si constatava [...] quanto ogni realtà spaziale risultasse influenzata dalla
diversa percezione da parte dei rispettivi fruitori: traffico cittadino, verde pubblico,
attrazioni turistiche [...] risultavano diversi, nel vissuto soggettivo, da quanto si era
abituati a considerare in una visione, per così dire, unicamente tecnica e oggettiva di
questi fenomeni".
La nascita della geografia "umanistica" è stata favorita proprio da questo nuovo modo di
accostarsi allo studio del mondo e dei suoi eventi. Accanto ai consueti testi di lettura
della realtà geografica, hanno fatto la loro comparsa brani letterari, racconti di viaggio,
integrati con approfondimenti riguardanti le opere d'arte, l'archeologia e l'intero
complesso dei beni culturali e ambientali. Il limite da non superare, in questo tipo di
indagine geografica, è quello del prevalere eccessivo della personalità e del pensiero
dello studioso sulla fedele ricostruzione geografico-storica; ma il quadro complessivo
offerto è spesso più completo e interessante, rispetto al passato, quando alle indagini
geografiche tradizionali si affiancano anche questi opportuni strumenti di lettura
territoriale.
Nessuna delle correnti di ricerca geografica appena elencate ha contribuito però
all'eliminazione di quelle che l'hanno preceduta, perché giudicate superate. Al contrario,
"continua a sussistere per i geografi, ma anche semplicemente per gli uomini, il bisogno
di localizzare oggetti e fatti geografici, di dare loro un nome e coglierne la connessione
con altri, che insistono sullo stesso territorio e altrove. Persiste la ricerca di spiegazioni
interpretative, ma si accetta ora con animo più sereno che esse non siano univoche, anzi
siano talora addirittura contrapposte [...]. Ricchezza della geografia è la sua varietà, ma
è anche la sua semplicità. Per rapportarsi allo spazio, ogni uomo, nel suo vivere, deve
essere anche un poco geografo" e ha diritto di esserlo, apportando alla sua visione del
mondo la ricchezza della propria personalità, naturalmente non sottraendosi
all'oggettività dei fatti.
A tutto ciò - come afferma in un suo recente intervento Gabriele Zanetto, geografo
dell’Università di Venezia - ha corrisposto una progressiva "affermazione del paradigma
spaziale nella temperie scientifica post-moderna, che informa di sé tante discipline, al
punto da far loro riscoprire la geografia (dagli economisti come Krugman, ai naturalisti
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con le "scienze ambientali", agli architetti, ai linguisti come Jameson). Il nostro mondo, si
afferma da più parti, è meglio decodificato dalla spazialità che dalla diacronicità,
annunciando il declino - in favore della geografia - della centralità della storia". (Su
questo tema vedasi anche, più analiticamente, lo scritto di Claudio Minca, Spazi
effimeri, Cedam, Padova, 1997). Anche in sociologia è ormai spesso dominante un
geographical or spatial turn, come ha di recente affermato il sociologo Guido
Martinotti nell’incontro organizzato a Milano il 30 gennaio 1998 da Italia democratica
“In difesa della geografia”, cui ha fatto seguito un appello a questo fine, firmato da
molte decine di intellettuali italiani.
1.3. Geografia e didattica interdisciplinare
Complessa, affascinante, dinamica, utile, sia nella ricerca scientifica, sia nella formazione
scolastica (dalle scuole elementari all'università), la geografia offre la descrizione e una
prima interpretazione del perché specifico delle realtà in cui si articola il nostro mondo e
del loro divenire, oggi tanto più rapido di quanto non fosse in passato. Eppure, secondo
molti, la geografia insegnata nelle nostre scuole non è altro che una sintesi di informazioni
enciclopediche, illustrata agli studenti come fosse un quiz a premi. Lo stesso Ministro
Berlinguer si è così espresso nei confronti di questa disciplina: "Non c'è dubbio che alla
vigilia del terzo millennio l'insegnamento della geografia non potrà più essere concepito come nella pratica è accaduto sino ad oggi - in termini che per brevità mi viene di
definire ripetitivamente "classificatori": il sapere geografico non dovrà più configurarsi,
cioè, come un'arida materia a sé stante, bensì dovrà diventare uno dei momenti forti e
qualificanti di una formazione umanamente ricca. Proprio perché la geografia è andata
sempre più comprendendo al suo interno dimensioni crescenti e nuovi aspetti diventa
indispensabile - se si vuole farla conoscere e amare sul serio - arricchirla con l'apporto
di altre materie, quali la storia, il diritto, l'economia".
La geografia è però già tutto questo da parecchio tempo; lo dimostrano la sua
evoluzione storica, le sperimentazioni didattiche degli ultimi anni, gli studi e le
ricerche sempre più specifici, la collaborazione con altre discipline. Si legge in una
lettera inviata il 19 marzo 1997 (prima della presentazione della nuova sperimentazione
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relativa ai primi due anni della scuola secondaria superiore) dall'Associazione Italiana
Insegnanti di Geografia al Ministro della Pubblica Istruzione: "La geografia, nell'ultimo
trentennio, si è profondamente rinnovata nei metodi e nei contenuti,
qualificandosi come scienza dell'organizzazione umana dello spazio; scienza che
fornisce l'indispensabile dimensione territoriale dei fatti ambientali, socioeconomici, politici. La geografia propone un approccio globale ai problemi, e
pertanto non si sovrappone agli apporti settoriali delle altre discipline, bensì li
integra; come tale è una "chiave" che permette di spiegare la complessità del
mondo attuale in cui si intrecciano gravi problemi, come quelli dell'esplosione
demografica dei Paesi sottosviluppati e della conseguente pressione migratoria su
quelli sviluppati, dell'aggressione all'ambiente, del decadimento della qualità della
vita".
Per capire come si sia arrivati a pensare l'esclusione della geografia da molti
insegnamenti scolastici, bisogna sottolineare due tappe fondamentali: il riordino dei cicli
scolastici e il già citato Rapporto dei 39 "saggi". Il primo punto in questione si rifà alla
relazione di base, emessa nel gennaio 1997 dalle autorità ministeriali per aprire un
"dibattito sulla riforma dei cicli di istruzione e sulla realizzazione di un sistema integrato di
istruzione e di formazione". Nel documento si concepisce la scuola come strumento di
formazione culturale e professionale al tempo stesso, per la necessità di adeguare
l'educazione dei giovani ai cambiamenti globali che coinvolgono il mondo. Alla base del
riordino scolastico deve essere la centralità dell'individuo, definito come "elemento di
governo dei fenomeni del cambiamento e della complessità, generati dalla
mondializzazione dell'economia e dei mercati, dalle innovazioni scientifiche e
tecnologiche, dal penetrante ruolo dell'informazione, dalle trasformazioni sociali e
culturali".
Nello stesso documento si afferma che la scuola non può più pretendere "di consegnare
saperi, abilità e capacità definitive", ma deve "puntare allo sviluppo di requisiti quali la
capacità di apprendere, di scegliere, di cooperare, di risolvere i problemi". E ancora: la
scuola "deve offrire ai giovani le chiavi per la lettura dei dati, la capacità di orientarsi e di
appropriarsi degli elementi necessari per la crescita, per l'impostazione dei problemi, per
la scelta dei settori ai quali dedicare un approfondimento". In altre parole, si tratta
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delle stesse finalità e, per certi versi, delle stesse metodologie didattiche che sono
il fondamento della geografia.
Qualche mese dopo la presentazione del promettente testo sul riordino dei cicli
scolastici, la Commissione dei 39 "saggi" ha consegnato al Ministro della Pubblica
Istruzione la sintesi dei suoi lavori di ridefinizione del sistema scolastico, dalla quale,
come già si è detto, risulta invece l'esclusione di fatto della geografia dal nuovo
ordinamento. Eppure, come hanno ben sottolineato numerosi geografi, molti sono gli
accenni indiretti e i rimandi a questa materia contenuti nelle 500 pagine elaborate da
quella Commissione. Basti la lettura dei punti fondamentali del documento.
"Le questioni relative alla sfera dell'identità: dell'individuo che si intende formare, del
nostro Paese, dei processi in atto di globalizzazione (vale a dire europeizzazione e
mondializzazione della cultura, della comunicazione, dell'economia, della politica);
l'esigenza di dare un significato etico ed empirico all'obiettivo di educare nella e alla
democrazia; la dialettica che [...] si apre tra un'impostazione curricolare [...] (gli elementi
istituzionali delle materie di insegnamento) e una visione di tipo "reticolare", orientata a
individuare criteri più mobili di aggregazione delle future conoscenze e competenze dei
giovani; il problema della sostenibilità sociale, culturale e ambientale delle dinamiche di
sviluppo; la promozione di elementi basilari di un sapere pratico, manuale e operativo; il
ruolo della cultura del lavoro nello sviluppo di un nuovo modulo educativo; la sfida, che
l'innovazione tecnologica e la moltiplicazione delle fonti di informazione e di conoscenza
pongono all'azione scolastica e all'individuo in crescita".
Sembra quasi che la proposta sia stata pensata proprio facendo riferimento alle
competenze e alle possibilità offerte dall'insegnamento della geografia, intesa come
analisi dei sistemi di reti e flussi, come strumento di formazione per i futuri cittadini del
mondo, come visione aggregante e complessiva, come punto di partenza per la
conquista dello spazio e per un uso corretto delle sue risorse, come materia trasversale,
interdisciplinare e multidisciplinare. Eppure la geografia non viene neanche
nominata.
Si legge ancora nel documento: "Il problema dell'identità individuale e delle forme di
appartenenza è posto al centro dell'attenzione di una scuola rinnovata e sarà
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conseguibile promuovendo la solidarietà universale e il riconoscimento reciproco delle
differenze". Ma identità e multiculturalità sono soggetti spiccatamente geografici e
come tali già insegnati nelle scuole media, inferiori e superiori.
E più avanti: "Va dato un opportuno rilievo formativo al problema della sostenibilità
ambientale dello sviluppo, inteso come complesso intreccio di elementi scientifici, di
innovazione tecnologica, di mentalità o di cultura, di approccio sistemico ai problemi, di
coerenza tra conoscenze, valori e comportamenti, di nessi tra locale e globale e tra
presente e futuro, di capacità di gestione delle risorse naturali e di rispetto per le altre
forme di vita". Il commento del professor Persi: "E' questo passo quasi un proclama
che il geografo sottoscrive in toto perché comporta la comprensione tra fatti
economici e organizzazioni socio-politiche del territorio, perché implica la
decodifica della realtà quotidiana e l'assunzione di decisioni responsabili".
La geografia è appunto strumento per capire il mondo, per conoscerlo, per
avvicinare persone di diverse nazionalità, per comprendere e apprezzare culture
diverse, per educare i cittadini ad un maggior rispetto per l'ambiente in cui
vivono. Ma è anche uno strumento per approfondire fatti storici, economici, sociali e
politici nella loro sintesi unitaria, allorché ci si proponga la lettura necessariamente
solidale di un territorio e delle genti che lo abitano; per spiegare inoltre le trasformazioni
prodotte da novità economiche o demografiche, da eventi bellici o da fenomeni naturali.
Se l'insegnamento di questa disciplina verrà accantonato, chi trasmetterà agli
studenti queste informazioni nella loro necessaria e realistica visione integrata?
Scienze naturali, storia, economia, scienze della Terra sono le discipline più probabili per
una delega di questi compiti, ma nessuna di esse tiene conto di tutte le correlazioni
esistenti tra fenomeni naturali e fenomeni antropici, come da sempre fa la geografia. Mai
o assai raramente queste scienze propongono confronti a scala mondiale e opportune
mappature che facilitino la comprensione delle somiglianze e delle differenze regionali nei
fenomeni esaminati.
Naturalmente, la vocazione interdisciplinare insita nella geografia sollecita una
collaborazione sempre più intensa con altre discipline, che pure si dedicano allo studio
del territorio e dei suoi abitanti. Ciò è già frequentemente in atto sul versante della
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ricerca scientifica, ove spesso i geografi lavorano fianco a fianco con altri scienziati, sia
in campo naturalistico che antropico. Sul versante della didattica, invece, le esperienze
italiane (altrove è diverso) sono ancora limitate e debbono certamente essere
approfondite e sviluppate se si vuole affrontare con tutte le risorse disponibili la
conoscenza dei grandi problemi del nostro tempo e perfino quelli piccoli delle relazioni
quotidiane tra le persone e il loro ambiente di vita.
Tra le esperienze di questo tipo già - per così dire - istituzionalizzate, vi sono le "aree di
progetto", in atto in molti trienni superiori degli Istituti tecnici (trattate in modo
approfondito nei paragrafi 4.2. e 4.4.). Quelle esperienze e tutte le altre relative ai
"moduli" didattici debbono essere sviluppate con cautela, ma anche con fantasia e
capacità innovative, recependo gli interessi degli studenti per i problemi del loro tempo,
oltre che le esigenze di trasmissione ad essi dei valori essenziali delle varie discipline
curricolari. Tra esse, per ogni approfondimento interdisciplinare, la geografia si candida,
per sua stessa natura, in pole position.
1.4. La ricerca geografica nel mondo
Nel resto del mondo la geografia ha da lungo tempo un posto di rilievo, sia nella ricerca
scientifica che nella didattica. Il 14 agosto del 1871, grazie all'interessamento del
cartografo Charles Ruelens e di numerosi altri studiosi interessati al progresso delle
scienze, fu organizzato il primo di una serie di Congressi geografici internazionali, "The
Congress of Geographical, Cosmographical and Commercial Sciences, Antwerp
(1871): A Beginning". Parteciparono esperti provenienti da venti Paesi, circa un quinto
dei quali appartenente all'ambito accademico; gli altri erano politici, geografi, esploratori,
ufficiali, dirigenti d'azienda e studiosi non legati alle università. Da allora, periodicamente
furono organizzati Congressi nelle principali città del mondo e su temi sempre legati
all'attualità.
Le attività e i meeting proseguirono fino alla Seconda Guerra Mondiale, quando i
problemi dovuti alle vicende storiche internazionali segnarono un'interruzione delle
iniziative: il 16° Congresso, previsto a Lisbona per il 1942, si svolse solo nel 1949.
17
L'internazionalità dell’IGU - International Geographical Union si è affermata anche
attraverso la scelta delle nazioni in cui realizzare gli incontri: USA, Brasile, India,
Canada, URSS, Giappone, Australia e Paesi Bassi; quest'ultimo nel 1996. Attualmente
l’IGU rappresenta la comunità mondiale dei geografi ed è gestita da un'assemblea
costituita da 75 delegazioni di altrettanti Paesi, per un totale di oltre 16.000 studiosi.
L’importante ruolo dei geografi italiani nella ricerca internazionale è testimoniato dalla
loro attiva presenza in molte Commissioni di studio, nonché dalla vicepresidenza
dell’IGU, attualmente affidata all'italiano prof. Adalberto Vallega.
I metodi tradizionali di ricerca si sono continuamente aggiornati, le discipline geografiche
si sono trasformate, dando avvio a nuovi percorsi di studio. Tuttavia, nei Congressi
susseguitisi in 125 anni di attività, alcuni interessi sono rimasti costanti e sempre tra loro
interrelati: la geografia fisica (specialmente la geomorfologia), la cartografia, la
biogeografia, la geografia economica, la storia della geografia, la geografia urbana e
rurale, la geografia politica, la geografia culturale, l'insegnamento della geografia.
La geografia, così come è intesa dall’IGU ed espressa nell’International Charter on
Geographical Education del 1992, "è la scienza che cerca di spiegare i caratteri
dei luoghi e la distribuzione della popolazione, la fisionomia e gli eventi correlati
come accadono e si sviluppano su tutto il territorio mondiale. La geografia
riguarda le interazioni tra uomo e ambiente, in un contesto specifico di
riferimento". Le domande alle quali sono chiamati a rispondere i geografi sono le
seguenti: dove, che cosa, perché e in quale modo accadono determinati fenomeni
sulla faccia della Terra e tra i popoli che la abitano; quale impatto hanno; come
bisogna procedere per ottenere benefici reciproci per l'umanità e l'ambiente
naturale. Le ipotesi che vengono formulate necessitano di studi approfonditi sul
territorio, le situazioni, le interazioni, la distribuzione spaziale e le differenze tra
eventi; la spiegazione di situazioni attuali può fornire indicazioni per politiche
future e deriva sempre da una combinazione di accadimenti storici e realtà
contemporanee. Da questo punto di vista la geografia si pone come tradizionale spazio
disciplinare di sutura tra le “due culture", quella scientifica e quella umanistica, offrendo
dunque un contributo specifico alla ricerca, ma altrettanto alla formazione dei giovani ed
alla didattica scolastica (come si spiegherà più estesamente nel paragrafo 2.1.).
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Anche per soddisfare l'esigenza di una collaborazione interdisciplinare con altre scienze,
l’IGU ha suddiviso le proprie competenze in Commissioni e Gruppi di studio, che si
prefiggono obiettivi specifici da approfondire, organizzano momenti d'incontro e
pubblicano studi e rapporti di aggiornamento sullo stato di avanzamento delle ricerche in
ogni settore. Anche il semplice elenco dei temi più recenti, oggetto di studi, fornisce
un'idea dei campi disciplinari oggi coltivati dai geografi a livello internazionale.
"Cambiamenti climatici e ambienti periglaciali; climatologia; sistema costiero; reti di
comunicazione e telecomunicazione; dinamica delle regioni marginali e a rischio; genere
(maschile e femminile) e fenomeni geografici; educazione geografica; geografia e
pubblica amministrazione; geografia delle carestie e dei sistemi nutritivi vulnerabili;
reazioni geomorfologiche al cambiamento ambientale; sanità, ambiente e sviluppo; storia
del pensiero geografico; degenerazione e desertificazione delle terre; geografia marina;
sistemi di modelli geografici; geoecologia montana e sviluppo sostenibile; studi delle
catastrofi naturali; organizzazione dello spazio industriale; popolazione e ambiente;
sostenibilità dei sistemi rurali; sviluppo sostenibile e gestione dei terreni carsici; sviluppo
urbano e di vita urbana; carta politica del mondo; approccio culturale in geografia;
geografia del turismo sostenibile; scienza dell'informazione geografica; mutamento
dell'uso della Terra e della copertura terrestre; risorse acquifere".
Alla ripartizione dei compiti scientifici dell’IGU corrisponde quella dei geografi italiani
universitari, la cui associazione (Associazione dei Geografi Italiani - AGeI) si è
organizzata secondo i seguenti Gruppi di lavoro: l'analisi geografica delle fonti di energia;
la montagna italiana - possibilità di sviluppo nella tradizione e nella modernità; beni
culturali e geografia - i beni culturali nella percezione geografica come simbolo della
memoria storica e delle identità culturali; monastero e castello nel paesaggio italiano;
l'innovazione dei trasporti e delle comunicazioni nella regione mediterranea; storia della
geografia, della cartografia e delle esplorazioni; la cartografia tematica come strumento
di informazione e di comunicazione; economia dell'informazione e organizzazione degli
spazi industriali; procedimenti informatici per la didattica della geografia; l'Italia nel
contesto internazionale; teoria e metodi della geografia; spazi periurbani, popolazioni e
mobilità geografica; geografia comparata delle aree agricole europee ed extraeuropee;
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sistemi d'informazione geografica; per una mappa del rischio e del degrado ambientale;
qualità della vita, ambiente, infrastrutture sanitarie; geografia del mare; la geografia
dell'industria e le nuove tendenze nella divisione territoriale del lavoro, con particolare
riguardo all'Italia; processi territoriali in Africa; cambiamenti regionali nel Mediterraneo il ruolo delle pressioni umane; studi sull'interfaccia terra-mare.
Ritornando alla scala internazionale, si può ricordare anche un altro ambito di studi, al
quale i geografi italiani partecipano attivamente e con responsabilità di coordinamento.
Nel 1990 un progetto definito Human Dimensions of Global Enviromental Change
Programme - HDP è stato presentato all'interno dell'International Social Science
Council. L'HDP contribuisce alla ricerca sul cambiamento globale, sperimentando
meccanismi che incoraggino la collaborazione tra ricercatori di scienze naturali e sociali,
sviluppando dati statistici compatibili e comparabili, elaborando metodologie comuni e
ottenendo risultati di ricerca intercambiabili tra i vari settori interessati. I gruppi di lavoro
che operano all'interno dell'HDP hanno avviato progetti riguardanti aree tematiche e
regionali specifiche (soprattutto, gli italiani, nell'area mediterranea), per identificare e
riempire i vuoti che ancora esistono in questo nuovo e immenso campo di ricerca.
In Italia, la gestione dei gruppi di ricerca legati all'HDP è stata affidata ad una équipe di
geografi, proprio per l'importanza che la materia da essi approfondita ha nel favorire
l'integrazione di discipline sociali, scientifiche, storiche, economiche e nella
comprensione di quello che viene definito cambiamento globale. In campo
internazionale il valore della geografia italiana è riconosciuto a tal punto che il nostro
Paese è presente, con gruppi di lavoro coordinati da geografi, in organizzazioni mondiali
dedicate all'approfondimento di tematiche legate al cambiamento ambientale globale.
20
2. Il valore educativo
della geografia
2.1. L'importanza della percezione spazio-temporale
Il processo educativo delle persone svolge attraverso un rapporto continuo tra il
soggetto che cresce e l'ambiente in cui vive. Tradizionalmente il soggetto è individuato in
un bambino, un adolescente, un giovane, ma in realtà il processo di trasmissione e
recepimento di informazioni dura tutta la vita (è lifelong): nessuna formazione può mai
dirsi compiuta, persino nelle cosiddette professioni liberali l'adulto continua a sentire il
bisogno di aggiornarsi. In tempi di rapide trasformazioni, come quelli che stiamo
vivendo, questa esigenza è avvertita come acuta.
Il processo di apprendimento - nota il pedagogista Mauro Laeng - inizia con il rapporto
madre-bambino e si sviluppa nell'arco degli anni attraverso l'acquisizione del linguaggio e
dei modi di vivere presenti nella famiglia, nel vicinato, nella scuola e, infine, nel mondo
del lavoro. Anche l'informazione dei mass-media, gli spettacoli televisivi, la visione o la
pratica di attività sportive giocano un loro ruolo nella formazione della persona. E' lo
stesso ruolo che viene esercitato anche dal viaggiare e dal conoscere direttamente
popoli e Paesi diversi dal proprio.
Trattando della trasmissione del sapere, l'attenzione generale solitamente si concentra
sulla scuola, come istituzione sociale apposita per l'educazione dei giovani; ma è solo
una delle tante agenzie formative che contribuiscono alla crescita dei ragazzi. In essa,
intesa come ambiente per l'istruzione, gli aspetti educativi perseguono soprattutto lo
sviluppo di fattori cognitivi e la trasmissione di contenuti culturali ritenuti essenziali. Nei
programmi e curricoli scolastici, accanto alle discipline definite formali, come la
grammatica e la matematica, sono presenti anche discipline che si occupano di fatti
relativi all'esperienza delle cose. Tra queste ultime un posto rilevante è occupato dalle
scienze naturali e dagli studi sociali, e la geografia ne è una parte essenziale.
5
Rimane controversa l'attribuzione della geografia alle scienze naturali piuttosto che a
quelle sociali o al campo letterario, poiché, in verità, la materia condivide importanti
aspetti di questi settori, anche se oggi pare prevalere in essa l'interesse antropico,
dichiarato (in Italia) dal fatto che spesso nei programmi scolastici il suo insegnamento
viene strettamente associato alla storia e all'economia: un destino che ne ha in parte
decretato le fortune e le sfortune.
In effetti la geografia è il teatro nel quale la storia si svolge e senza la cui conoscenza la
storia stessa risulterebbe incomprensibile. Basti pensare all'importanza che hanno avuto,
negli spostamenti di popoli, la forma delle coste marittime e degli approdi naturali; la
struttura delle montagne, i cui passi hanno "canalizzato" le vie di comunicazione; la
vastità dei deserti, che hanno isolato non solo regioni climatiche, ma anche economiche
ed etniche; nonché il percorso dei fiumi, vie d'acqua propizie all'irrigazione e alla
navigazione, presso le quali sono sorte alcune delle maggiori città, fin dalle epoche più
remote.
Inevitabilmente la mentalità letteraria, che ha favorito l'appartenenza di gran parte della
geografia alla cultura umanistica, assegnandone l'insegnamento nella scuola media
inferiore a docenti di lettere, non di rado ha alterato la natura complessa e sintetica di
questa disciplina, a danno delle premesse fisiche. Anche per questo motivo, di recente si
è assistito ad una rivendicazione di competenza da parte delle scienze su base
naturalistica, che hanno reclamato una collaborazione più marcata nei programmi
scolastici. Poiché la capienza dei programmi è limitata, l'episodio ha condotto ad accese
discussioni in sede di riforma scolastica (soprattutto nelle medie superiori), con soluzioni
purtroppo dettate soprattutto dalla prevalenza di gruppi disciplinari letterari o scientifici
nelle Commissioni ministeriali preposte.
L'aspetto naturalistico dei fenomeni viene spesso estromesso dalla geografia descrittiva
per confluire da un lato nell'astronomia e dall'altro nelle scienze della Terra, discipline
queste ultime che hanno il loro fondamento nella geologia e nello studio della formazione
della crosta terrestre, nonché nella climatologia. Insegnamenti specialistici di competenza
degli scienziati naturalisti sono anche l'orografia, la vulcanologia, la sismologia, la
petrografia, la mineralogia, la pedologia, la glaciologia, l'idrologia, la limnologia,
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l'oceanografia e la paleontologia. Persino la cartografia viene rivendicata da alcuni come
una scienza di natura matematica oppure, in alcuni casi, come un'arte grafica, mentre a
nessuno possono sfuggire i suoi evidenti aspetti antropici.
D'altra parte, l'abbinamento di storia e geografia nei curricoli scolastici ha ormai una
tradizione accreditata: ricorda ancora Mauro Laeng che il belga Decroly nelle scuole
sperimentali dei primi venti anni di questo secolo utilizzava queste discipline per i suoi
"centri di interesse" e le riferiva a due attività aggregative fondamentali, l'associazione
nello spazio e l'associazione nel tempo. Negli stessi anni l'americano John Dewey, che
aveva sferzato gli eccessi della pseudo-geografia verbalistica, bollandola come "sacco di
cianfrusaglie intellettuali", aveva poi ricollocato la materia al centro del suo studio
sull'ambiente, nel quale l'uomo ha conquistato la sopravvivenza. Più recentemente lo
studioso Jerome Bruner ha posto la geografia come scenario per il suo "corso
sull'uomo".
In ognuno dei casi citati, spazio e tempo sono da considerarsi realtà psicologiche,
contenuto di attività mentali, non di realtà esterne. Per questo motivo, i livelli di
complessità attraverso i quali si arriva ad una loro elaborazione sono in sequenza
graduale, e ogni passaggio aggiunge qualche elemento di comprensione più complesso,
rispetto al passaggio precedente: dalla possibilità di dettare regole d'ordine di tipo
matematico (topologico, metrico, algebrico, analitico), a quella di registrare sensazioni
coordinate, in accordo con la funzionalità degli organi di senso e delle strutture cerebrali,
per arrivare alle percezioni organizzate in strutture spazio-temporali e, infine, alla
costituzione di un reticolo di riferimento generale, entro il quale tutti gli eventi possono
essere iscritti con la loro storia specifica, secondo cosiddette "linee di universo".
Per quanto riguarda la comprensione dello spazio, l'evoluzione biologica ha provvisto i
viventi della capacità di costituire "mappe mentali" a più dimensioni, funzionali alla
proiezione esterna del proprio pensiero. Le coordinate sensorio-motrici consentono una
buona integrazione tra gli aspetti visivi e quelli di deambulazione, percezione,
presensibilità, per i quali la rappresentazione umana non impiega solamente elementi
statici, ma soprattutto dinamici. Tutte le esperienze primitive di percezione hanno
qualche importanza nella comprensione delle scale di grandezza e delle proiezioni delle
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carte geografiche; esse risultano analogiche e simboliche, ma vengono agevolmente
proiettate nel campo della visione oggettiva. La rappresentazione dello spazio è infatti
essenziale perché si possa parlare di geografia, e la cartografia è la disciplina specifica
che somministra agli studi uno sfondo indispensabile per consentire un'ambientazione
adeguata dei fenomeni. Le fotografie provenienti dai satelliti offrono a loro volta una
veduta diretta del mondo, utile, ad esempio, per realizzare previsioni di tipo
meteorologico, ma risultano utili perché vengono accompagnate da un'elaborazione
concettuale che permette una corretta interpretazione delle immagini (come accade
anche per le carte geografiche).
Ognuno di noi può essere ritenuto un geografo in fieri, dal momento in cui, a scuola,
comincia a costruire spontaneamente una mappa dei percorsi abituali da e verso casa
propria, verso la scuola, all'interno del paese o della città di residenza; oppure quando
inizia a rappresentare alcuni paesaggi familiari, prati, boschi, montagne, spiagge. Più
complesso il procedimento che consente di passare dalla realtà percepita al vero e
proprio disegno cartografico, fondato sui rapporti fra le coordinate geografiche
(latitudine e longitudine), dalle rappresentazioni a scale locali fino alla massima sintesi del
planisfero.
Il passaggio rappresentativo più recente è dato dalle animazioni virtuali prodotte dai
computer o dai sistemi multimediali: opportuni programmi interattivi possono presentare
le trasformazioni del suolo nel tempo, oppure consentono di "viaggiare" attraverso i
continenti, approfondendo notizie e conoscenze su altri popoli e sul territorio, variazioni
di confini, spostamenti di popolazioni, e così via. Ma in tutti i casi non vi è vera geografia
se alla descrizione dei fenomeni non si accompagna anche una spiegazione, o almeno un
tentativo di loro interpretazione.
Ad esempio, i programmi ufficiali vigenti per la scuola elementare, distinguono lo spazio
in quattro concetti principali, degni di una certa rilevanza didattica (indicati nel testo del
Decreto interministeriale del 12 febbraio 1985): lo spazio fisico come condizione e
risultato dell'intervento dell'uomo sul pianeta: le possibilità, i vincoli, i problemi che pone,
le trasposizioni che subisce; lo spazio rappresentativo come espressione di sistemi e di
valori (luoghi di incontro e di scambio, di celebrazione sacra e profana, sedi di autorità,
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ecc.); lo spazio progettato come campo di azioni possibili o ipotesi di intervento
(insediamenti, utilizzazioni del suolo, comunicazioni, pianificazione territoriale); lo spazio
codificato come espressione convenzionale favorita dalla cartografia e da modelli
rappresentativi che utilizzano i linguaggi scientifici.
D’altronde, l'insegnante di geografia che non facesse ricorso frequente all'atlante - uno
dei libri di testo scolastici indispensabili, al pari del vocabolario - si ridurrebbe ad una
esposizione di sole parole, poco incisiva. Letteralmente, il termine geografia significa
descrizione della Terra, ma con il tempo (come già si ricordava al paragrafo 1.2.), da
un'attenta illustrazione degli aspetti oggettivi e degli aspetti esteriori del mondo, si è
passati ad un'analisi più approfondita dei fenomeni, che richiede una lettura interpretativa
e una spiegazione dei fatti geografici, cioè una ricerca sulle loro cause, sulle connessioni
che li legano, infine sugli effetti che essi possono a loro volta produrre sull'ambiente
terrestre. Rientrano nella descrizione e nella lettura geografica mari e terre, montagne e
pianure, laghi e fiumi, ma anche flora e fauna, dinamiche demografiche e studi sulla
popolazione, processi di insediamento nelle città e nelle campagne, utilizzo del suolo,
instaurarsi di industrie e commerci, costruzione di vie e mezzi di comunicazione.
Tutto questo viene ambientato (sia nella ricerca scientifica che nella didattica) secondo
aree aventi propri caratteri, in qualche modo specifici e unitari, e consente di parlare di
geografia regionale; essa spesso utilizza come strumento esplicativo le carte tematiche,
rappresentative di una particolare classe di fenomeni. Sapere come sono strutturate le
regioni italiane, amministrative o naturali che siano, oppure approfondire la distribuzione
delle produzioni nazionali, sono argomenti che appartengono a questo tipo di indagine:
conoscenze che meritano maggior considerazione se si pensa all'ignoranza in materia da
parte dei giovani, ma anche dei meno giovani.
E' quanto emerge dalle inchieste realizzate dal Touring Club Italiano nell'ultimo decennio,
la più recente delle quali risale al mese di novembre 1997. Non solo i ragazzi
dimostrano di non conoscere quali siano gli Stati dell'ex Iugoslavia (tra i quali
inseriscono spesso l'Ucraina), ma neanche quali le province del Piemonte (Biella e
Verbano-Cusio-Ossola sono pressoché sconosciute) oppure il numero approssimato
degli abitanti della città in cui vivono.
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Proprio perché in grado di fornire una grande quantità di informazioni, ma soprattutto
per la costante attenzione a interpretarle, spiegarle, "decodificarle" e quindi consentire
agli allievi di farsene patrimonio personale di conoscenza e di giudizio, all'insegnamento
della geografia deve essere riconosciuta un'importanza irrinunciabile nella formazione, in
tutta l'età evolutiva. Nell'International Charter on Geographical Education, il già
ricordato documento prodotto dall'IGU, è sottolineata dunque la valenza della geografia
nel favorire l'educazione degli individui e nel contribuire alla preparazione internazionale
a sostegno dell'ambiente e dello sviluppo. Attraverso gli studi geografici, gli studenti
sono incoraggiati a esplorare e arricchire le proprie conoscenze, abilità e attitudini su
temi quali l'analisi regionale, gli studi tematici sul territorio, gli approcci sistematici
all'ambiente fisico e umano, la scelta di metodologie di indagine adeguate.
2.2. Il viaggio come esperienza geografica educativa
Nei Paesi in cui la considerazione per la geografia pone il suo insegnamento in posizioni
di rilievo nell'educazione giovanile e nell'aggiornamento degli adulti, questa disciplina
viene vista giustamente come la possibilità di conoscere la superficie terrestre e i suoi
abitanti nel modo più completo e unitario, dando a questa esperienza un valore
informativo e formativo profondo, che trova una significativa integrazione con la pratica
sempre più diffusa del viaggiare nel mondo per lavoro, studio o turismo. L'acquisizione
di informazioni su altri luoghi e altri popoli è sia un elemento di rassicurazione
psicologica, sia uno strumento di comprensione delle relazioni riguardanti ciò che è
diverso da noi. Anche la semplice interpretazione di notizie di attualità, allorché si guardi
la televisione o si legga un giornale, risulta distorta o parziale se non è collocata su uno
sfondo di conoscenze geografiche dei territori e delle realtà umane coinvolte.
Viaggiare in maniera consapevole e sviluppando un'attenzione particolare per le realtà
che si incontrano, è anch'esso un modo per "fare geografia". Si tratta di superare la
superficialità dell'incontro immediato con luoghi e persone diversi da quelli consueti,
cercando di sviluppare una conoscenza più approfondita, appropriandosi di nuove idee
e concezioni, scambiando informazioni con mondi differenti. "Viaggiare per il mondo è
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cercare di capire il mondo, entrare nelle sue innumerevoli diversità, immedesimarsi un
poco in esse, e tentare di comprenderle. [...] L'esperienza di altri paesaggi e altri popoli
può dunque essere spesso personale e diretta. Ma si continua a viaggiare - come da
sempre - anche col pensiero, oppure leggendo dei libri, o anche guardando la
televisione, che in tempo reale avvicina ogni angolo della Terra ove accada qualcosa che
faccia notizia. Si viaggia, per fortuna, anche sognando ad occhi aperti".
La geografia sostiene e sviluppa questo modo di spostarsi, reale o anche solo virtuale; di
apprendere e di arricchire la propria cultura, valorizzando meglio l'esperienza del
viaggiare o quella di conoscere il mondo anche senza spostarsi dal proprio luogo di
residenza. Essa soddisfa un bisogno naturale di rassicurazione psicologica sulla realtà
che ci circonda, per consentire di agire valutando i caratteri essenziali di un territorio, le
diversità climatiche, morfologiche e antropiche, i confini, le ricchezze materiali e umane, i
pericoli. Ma la geografia soddisfa anche la necessità di esplorare, scoprire, evadere
dagli ambienti della vita quotidiana. "La strada per un'appropriazione graduale e corretta
dell'organizzazione territoriale degli spazi terrestri e degli uomini che in essi vivono non è
tuttavia né intuitiva né facile. Essa passa attraverso gradini successivi di conoscenza
sempre più complessa, esige l'utilizzazione di strumenti che non sono sempre alla portata
diretta di ognuno: le carte geografiche, in primo luogo, ma anche le acquisizioni di molte
ricerche scientifiche e storiche, le documentazioni di archivi, centri statistici, biblioteche".
L'insegnamento della geografia nelle scuole ha appunto queste finalità: fornire ai
ragazzi gli strumenti e i metodi adeguati per interpretare il mondo tramite
rappresentazioni territoriali concrete, ma anche dando indicazioni per cogliere le
diverse componenti (dalle evoluzioni geologiche ai paesaggi, ai gruppi umani, ai
passaggi storici); infine per mettere gli allievi in condizione di sapersi muovere
autonomamente attraverso le fonti di documentazione disponibili, permettendo ad
ognuno di sviluppare maggiormente quegli argomenti che più lo affascinano o che
più gli saranno domani necessari per i suoi impegni di lavoro e di vita.
Le tappe fondamentali della lettura geografica di un territorio possono essere le seguenti:
a) la messa a fuoco, la curiosità, l'interesse di conoscere uno specifico territorio, entro
determinati e significativi confini e ad una scala di osservazione opportunamente scelta;
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b) la rappresentazione sintetica delle caratteristiche principali di quel territorio (con la
sua popolazione), sia in forma cartografica, sia mediante una descrizione fatta di parole,
cifre, immagini; c) la spiegazione (o decodifica) di quella sintetica immagine territoriale,
per fornire le ragioni d'essere delle sue principali componenti fisiche e umane, la loro
origine, la loro causa.
Alla base di questo procedimento ci deve essere sempre una selezione preventiva delle
componenti fisiche e antropiche della regione considerata, seguita da una loro
rappresentazione sintetica (spesso anche simbolica) e da una spiegazione interpretativa.
Una carta non potrà mai rappresentare tutti gli aspetti di un territorio, non potrà essere il
ritratto completo di un'area, ma solo una visione approfondita di alcuni suoi aspetti, o
temi, che si desidera conoscere dettagliatamente. Per questo motivo e per la gradualità
con cui è possibile "avvicinare" una regione bisogna porre attenzione alla scelta delle
fonti attraverso cui documentarsi, mettendo a confronto autori di diversa impostazione,
ricerche complementari, studi contrapposti.
"Particolarmente necessario (e appassionante) è aggiornarsi sulle novità che alla
rappresentazione e alla decodifica geografica apportano continuamente sia il dinamismo
fisico e antropico di qualunque territorio, sia la continua novità degli strumenti di
osservazione con i quali si realizza lo studio del pianeta Terra e dei suoi abitanti". Questa
esigenza di approfondimento riguarda tanto i fenomeni macroscopici quanto le analisi
locali di tipo demografico, economico, sociale e ambientale. Non a caso, infatti, nella
scuola dell'obbligo vengono insegnati i principi di geografia regionale e di geografia
tematica, che peraltro necessitano di continui aggiornamenti da parte dei docenti, per
poter offrire agli alunni un quadro di riferimento sempre attuale, per strumenti utilizzati e
nozioni trasmesse. La geografia inoltre (ed è importantissimo) "propone ad ogni
momento la conoscenza di chi è diverso da noi. [...] Una corretta lettura geografica dei
più diversi ambienti umani distribuiti sulla faccia della Terra è un mezzo prezioso per
educare al rispetto delle diversità, attraverso una loro conoscenza. [...] Geografia,
dunque, anche per una migliore convivenza tra popoli diversi".
"Ognuno di noi, utilizzando gli strumenti più diversi, giunge legittimamente a costruirsi
così una propria geografia, ma essa può risultare povera e distorta se le fonti della
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documentazione e la loro lettura sono state aride e stereotipate, oppure disposte
soltanto a rappresentare le situazioni più eccezionali, e non invece anche la quotidianità
della vita. La geografia di ognuno, al contrario, si arricchisce di paesaggi e di incontri
umani più veri se le testimonianze e le documentazioni da cui parte sono vive, varie e
continuamente rinnovate. Ciò vale, naturalmente, ancor più, per la didattica della
geografia".
La geografia del turismo - di particolare interesse per un sodalizio come il Touring Club
Italiano - è un insegnamento relativamente recente, che si pone il fine di studiare nuovi
territori e nuove culture, attraverso l'analisi dell'esperienza del viaggio. E' pur vero che
senza un'adeguata esperienza turistica, questa branca della geografia può risultare poco
gratificante o incompleta. E’ indispensabile costruire un'intelaiatura di supporto che
faccia da mediatrice tra la cultura soggettiva (attitudine personale dell'uomo) e quella
oggettiva (creazione artificiale, insieme di informazioni provenienti dall'esterno). Nel caso
specifico, la cultura del viaggiare non può essere di natura statica, ma deve svilupparsi
attraverso conoscenze, elementi simbolici, norme di valenza universale, ideologie e valori
continuamente aggiornati.
Nella pratica turistica, l'aspetto culturale (con quello sociale e religioso) è stato presente
in tutte le differenti fasi di evoluzione storica: il turismo ha sempre rappresentato un
veicolo di propagazione culturale, necessario alla conoscenza approfondita di nuovi
territori e dei popoli che vi risiedono. Il viaggio nella sua vera essenza è vedere,
conoscere, aprirsi al mondo, ai nuovi costumi e alle nuove esperienze; è un mezzo per
allargare i confini dell'esperienza umana, per generare rapporti tra gli abitanti delle
comunità locali e il turista stesso.
Il valore pedagogico dell'esperienza del viaggio rientra in un processo di acculturazione,
emerso soprattutto dall'incontro tra ambienti diversi e realizzato tramite l'acquisizione
delle conoscenze di altre civiltà o su nuovi territori. La scuola e i mass-media sono i
veicoli principali per la formazione e l'educazione del viaggiatore, che necessita di una
preparazione a livello individuale, perché possa vivere pienamente il viaggio come
processo di arricchimento culturale, dal quale uscire con conoscenze utili anche per la
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vita quotidiana e durante il quale trasmettere agli altri notizie sulla propria realtà di
provenienza.
Mai come oggi i ragazzi vengono "bombardati" da immagini, suoni e carta stampata, che
li informano e li tengono al corrente di tutto quanto accade nel mondo; eppure questa
enormità di messaggi sembra spesso coinvolgerli solo superficialmente. Le nuove
conoscenze sono quasi tutte filtrate da strumenti tecnologici sempre più sofisticati, che
incuriosiscono per la velocità di elaborazione delle informazioni e per le innumerevoli
prestazioni che offrono, non certamente per le notizie che sono in grado di trasmettere.
I sistemi informativi di massa hanno d'altronde facilitato il livellamento culturale nei vari
Paesi, ragion per cui risulta sempre più difficile individuare una caratteristica vera e
originale per ognuno di essi. L'esperienza del viaggio, in questo contesto, appare una
contrapposizione, una compensazione parziale della cultura di massa, perché permette
di cogliere il significato delle differenti caratteristiche ambientali e culturali delle società
con un'esperienza diretta. La didattica geografica nella scuola ne è, d'altronde, uno dei
supporti essenziali e (quando non si possa viaggiare) addirittura sostitutivi.
Durante l'incontro "Viaggio e racconti di viaggio nella esperienza di giovani e
adulti" , svoltosi all'Università degli Studi di Milano nel mese di novembre 1997, il
pedagogista Duccio Demetrio precisava che "il viaggio non è in quanto tale - soprattutto
oggi - un'occasione di per sé sempre formativa. E' piuttosto una possibilità e
un'occasione di crescita, in ogni tempo, della donna e dell'uomo soltanto quando un
orizzonte di senso venga conferito dall'individuo al suo mettersi in viaggio (o al suo già
esservi)". Nello stesso convegno Corna-Pellegrini aggiungeva: "Viaggiare o ripercorrere
un viaggio di altri ascoltandone il racconto, leggendone un diario, vedendone un
documentario o un film, è un modo diretto di avvicinarsi ad un territorio. Con esperienza
propria o altrui se ne ottiene una visione (e già una prima interpretazione) che ha tutti i
vincoli della soggettività (quindi esige verifiche, confronti e approfondimenti, per
avvicinarsi alle molte facce della realtà), ma ha comunque il pregio dell'immediatezza e
spesso suscita emozioni che stimolano il desiderio di una conoscenza più completa. Per
questo viaggiare (in prima persona o attraverso l'esperienza di altri viaggiatori), può
essere un'esperienza piacevole, ma anche un'esperienza utile". Si potrebbe anche dire,
un'esperienza unica di approfondimento geografico.
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31
2.3. Tecniche didattiche specifiche per la geografia
La geografia è da sempre considerata materia marginale tra le discipline oggetto delle
prove di esame, conclusive della carriera della scuola media superiore: tra i più di 80 tipi
di maturità finora presenti nella scuola italiana, la geografia compare solamente in cinque
casi e con denominazioni non sempre uguali tra loro. Eppure, come si è detto, è una
disciplina indispensabile alla formazione culturale e alla crescita dei giovani, che vivono
ormai spesso in realtà multietniche, visitano Paesi diversi, sono in contatto telematico
con persone di altre nazionalità.
La geografia è stata più volte intesa come scienza di relazioni, siano esse naturali, sociali
o tra uomo e ambiente. E' anche scienza della complessità, e richiede, da un lato la
partecipazione attiva dell'osservatore, che decide quali criteri di analisi e di descrizione
adottare, quale scala di riferimento selezionare, quali procedure seguire. Dall'altro la
presenza di una visione multicentrica, poiché lo spazio terrestre è pensato come un
insieme interconnesso di sistemi territoriali specifici e con caratteristiche proprie. Con
queste premesse, non si può pretendere che tutto ciò che accade sul nostro pianeta
venga analizzato da un unico punto di vista, ma bisogna tenere in considerazione tutte le
componenti che intervengono ad influenzarlo.
Come è stato messo in evidenza dalla Sezione Piemonte dell'AIIG in un documento del
maggio 1997, la geografia permette di sviluppare alcune abilità: spirito di osservazione
nello studio d'insiemi spaziali; spirito critico, poiché apre la mente a culture diverse e a
differenti tipi di organizzazioni politiche e sociali del mondo; memoria e immaginazione,
necessarie per stabilire legami e riferimenti per la comprensione di fatti spaziali. Il
ricordo di paesaggi e di regioni differenti obbliga l'allievo ad uno sforzo di
immaginazione; capacità di giudizio e valutazione, poiché il ragionamento geografico ha
l'originalità di confrontare fatti analizzati a differenti scale territoriali. L'analisi di un
problema può essere fatta a diversi livelli spaziali (locale, regionale, nazionale,
comunitario e mondiale).
Naturalmente si tratta di vedere in che modo vengono trasmesse queste abilità. Infatti,
pur essendo mutati nel tempo i contenuti destinati agli studenti, non sempre le
32
metodologie didattiche adottate sono state aggiornate adeguatamente. Diceva Giorgio
Valussi, in seguito presidente dell'AIIG, nel 1977: "Dopo il 1968, [...] i fremiti di
rinnovamento che hanno pervaso la scuola italiana hanno riproposto, assieme al
problema di una riformulazione dei contenuti in modo più aderente alle esigenze della
società contemporanea, anche quello di una revisione della didattica tradizionale,
piuttosto dogmatica, autoritaria e fondata assai di più sulle intuizioni e sulle buone
intenzioni degli insegnanti che su precise metodologie e su moderne tecniche di
apprendimento". Sono trascorsi vent'anni da queste affermazioni e molto è stato tuttavia
sperimentato e rinnovato in campo didattico, ma vale comunque la pena di ricordare
alcune delle tracce di lavoro che un insegnante di geografia dovrebbe aver sempre
presenti.
Com'è stato precisato in una riflessione sulle tecniche didattiche, elaborata nel 1995 da
Andrea Bissanti e Giuseppe Naglieri, della Sezione Puglia dell'AIIG, è dovere di ogni
insegnante, di geografia e non, aggiornare le proprie conoscenze, confrontandosi con
altri docenti, e preoccuparsi principalmente dell'apprendimento degli alunni, anziché di
una personale gratificazione. Oltre ai corsi di aggiornamento, i docenti possono
migliorare la loro preparazione utilizzando specifici strumenti e metodi.
Nell'ambito di una strategia educativa si può ricorrere a più tecniche didattiche e, in ogni
situazione, il docente deve poter scegliere le metodologie più idonee per raggiungere, in
modo rapido e completo, gli obiettivi preventivamente individuati, tenendo conto degli
allievi che gli sono affidati. Non essendoci una classificazione esauriente delle tecniche
utilizzabili nell'insegnamento-apprendimento della geografia, diventa indispensabile la
sperimentazione, lasciata alla libera iniziativa dei docenti. In generale, si può affermare
che un elemento costante è il coinvolgimento degli alunni nella realizzazione delle lezioni;
questo favorisce una maggior motivazione negli studenti e crea un ambiente più
favorevole all'accoglienza del sapere (geografico e non).
Anche la scelta del materiale didattico da utilizzare è una delle componenti del ruolo
dell'insegnante, perché permette una corretta applicazione delle strategie di
insegnamento. Innanzitutto la selezione del libro di testo, che deve soddisfare
pienamente il docente, fornendogli un significativo punto di riferimento nell'impostazione
33
del discorso educativo. Il criterio di valutazione dei testi da parte di ogni insegnante deve
essere organico e coerente, per permettere di esaminare differenti volumi con
ponderatezza, scegliendo la soluzione più adeguata al raggiungimento degli obiettivi
prefissati, coerentemente con i programmi ministeriali e la tipologia dei suoi allievi.
Gli insegnanti sono generalmente concordi nel ritenere un buon libro di testo quello che
soddisfa un certo numero di condizioni formali e di contenuto, tra le quali la presenza di
un linguaggio piano per lessico e struttura dei periodi, adatto al livello scolastico di
riferimento; l'uso specifico della terminologia tecnica; un'attenta cura dei caratteri
tipografici e dell'impaginazione; l'articolazione consequenziale degli argomenti trattati; la
sintesi delle singole unità didattiche, per evitare divagazioni inutili; un'adeguata parte
iconografica, con immagini chiaramente leggibili ed ampie; una selezione accurata di
tabelle, carte, grafici esemplificativi; un'organizzazione testuale che conceda spazio alla
problematizzazione e alla verifica da parte dello studente; l'attenzione per le realtà vicine,
conosciute dagli alunni, considerando l'ambiente più prossimo come il punto di partenza
e il riferimento per un confronto con luoghi più lontani.
Accanto al libro di testo sono da porsi altri strumenti didattici, solitamente più trascurati,
ma ugualmente importanti per un esito positivo dell'esperienza di insegnamentoapprendimento. Il linguaggio grafico, per esempio, ha una valenza formativa rilevante
nel campo geografico, tanto da meritare la definizione di "parte sviluppata e affinata,
cioè educata, degli aspetti visivo-spaziali dell'intelligenza e della comunicazione umana".
La geografia, in quanto disciplina orientata all'educazione spaziale, non può fare a meno
di strumentazioni grafiche nella sua realizzazione didattica, con riferimento particolare
alla cartografia, alla fotografia e al disegno prodotto mediante elaboratori.
Le geocarte, o carte geografiche, sono - com'è noto - la rappresentazione in
proiezione orizzontale, ridotta, semplificata e simbolica, della superficie terrestre o di
alcune sue parti; esse permettono di localizzare luoghi e oggetti geografici nella posizione
corrispondente a quella che essi occupano sulla Terra. Si possono distinguere scale di
rappresentazione differenti, in base alle esigenze degli studiosi (mappe, piante, carte
topografiche, corografiche e generali), oppure diversi oggetti e fenomeni da evidenziare
(carte topografiche e tematiche). L'utilità didattica delle carte geografiche non è limitata
34
ad un unico campo disciplinare, ma interessa anche altri insegnamenti: "la carta consente
infatti di ottenere direttamente molte nozioni, le quali, in quanto acquisite con la propria
osservazione, si fissano nella mente assai meglio che leggendo un testo, anche per il
valido concorso della memoria visiva".
Accanto alla cartografia tradizionale vengono poste le già citate carte mentali, o dello
spazio vissuto, oggetto di analisi della cosiddetta geografia della percezione (oggi
ritenuta una delle componenti essenziali della geografia umanistica o culturale). Sono
disegni della mente, spesso incompleti o distorti, perché elaborati secondo una selezione
dettata da esperienze personali, ma sono importanti perché è in gran parte in base ad
essi che si determinano le azioni di ognuno nei confronti della realtà esterna. Il processo
di realizzazione di carte mentali è insito nelle persone e viene perfezionandosi nel corso
della vita, seguendo esperienze e percorsi di ricerca soggettivi, dalle prime idee dei
bambini sulla realtà che li circonda alla collocazione di oggetti nello spazio, alla
definizione della loro forma, all'individuazione delle relazioni che li legano; infine alla
costruzione graduale di uno spazio interno contrapposto ad uno esterno.
Per sviluppare negli studenti la capacità di integrare le carte mentali con quelle reali si fa
ricorso all'esercizio cartografico, inteso inizialmente come esecuzione di semplici
schizzi finalizzati alla memorizzazione delle caratteristiche di spazio, posizione, figura e
all'acquisizione di sensibilità nella selezione e nella schematizzazione degli elementi da
riportare. Per gradi, gli alunni arrivano alla realizzazione di vere e proprie carte
geografiche, alla loro corretta lettura e interpretazione, al confronto tra diverse
rappresentazioni, alla costruzione di una legenda adeguata, per decodificare i simboli
convenzionali utilizzati caso per caso.
Quando gli alunni hanno imparato a orientarsi con una certa sicurezza sulle singole carte
locali, si deve offrire loro un confronto con altre realtà e con diverse problematiche
geografiche rappresentate. Lo strumento più adeguato per questo fine è l'atlante
geografico, che costituisce "una raccolta di carte quasi sempre dello stesso formato,
sebbene a scala diversa, che nel loro insieme rappresentano, con opportuna semiologia,
l'essenziale aspetto fisico e antropico della superficie terrestre". Le carte contenute
solitamente negli atlanti riguardano diverse categorie (fisiche, politiche, tematiche, di
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dettaglio) e utilizzano differenti scale e proiezioni in base alle dimensioni del territorio da
evidenziare e alla quantità degli elementi da rappresentare. Sono spesso corredate da
grafici, aerogrammi, ideogrammi, istogrammi e da rappresentazioni cartografiche
computerizzate. Le produzioni degli anni più recenti si avvalgono di immagini satellitari,
realizzate con tecniche di telerilevamento molto precise.
Migliore accoglienza da parte degli studenti, rispetto alle carte geografiche, ha spesso
l'immagine fotografata, perché apparentemente di più facile lettura, non facendo ricorso
a rappresentazioni simboliche. In realtà, la fotografia, se ben analizzata, richiede
passaggi interpretativi più complessi della cartografia. Tenendo conto degli opportuni
effetti prospettici, dovuti soprattutto alla posizione da cui viene effettuata la ripresa e alle
differenze altimetriche del territorio "immortalato", la precisione dei rilevamenti
fotografici più recenti è molto elevata. Dalla aerofotogrammetria si è arrivati al
perfezionamento di tecniche di rilevamento a distanza (telerilevamento), che
garantiscono informazioni sulle caratteristiche spaziali, fisiche o chimiche di un'area o di
uno specifico oggetto, superando la fase di contatto diretto dell'osservatore con il
territorio. Rientrano in questo settore le fotografie effettuate dai satelliti orbitali e ottenute
registrando le onde elettromagnetiche emesse o riflesse dalla superficie terrestre; in un
secondo momento i dati, trasmessi a speciali apparecchiature situate sulla Terra,
possono essere trasformati in immagini, rappresentati graficamente oppure rielaborati
secondo le esigenze di studio. Come strumento didattico, la fotografia può essere un
supporto per la lettura dei paesaggi; un espediente altresì per sviluppare discussioni
scientifiche; infine una rappresentazione visiva di teorie espresse dai libri di testo.
Un'altra tipologia di immagine utilizzata dagli insegnanti di geografia è quella prodotta dai
mezzi audiovisivi, impiegata per consentire agli studenti un'osservazione "quasi" diretta
dei fenomeni e delle teorie enunciate. Gli alunni vanno educati ad un'analisi critica delle
immagini visionate, per poter aprire un dibattito e sollecitare la loro curiosità. Si può
distinguere tra immagini fisse, quali la lavagna luminosa (che proietta su uno schermo
realizzazioni su lucidi), l'episcopio (rappresentazioni opache), il diascopio (diapositive); e
immagini in movimento, realizzate con proiettori cinematografici, televisori,
videoregistratori. Ampia e difficile è la selezione dei filmati da sottoporre agli studenti:
dai lungometraggi scientifici prodotti appositamente con intenti didattici, alle trasmissioni
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televisive geografiche, storiche o ambientali, ad alcuni film di evidente impostazione
geografica. L'importante è, sempre, che il docente sia pronto a commentarli e a
stimolarne i commenti dei suoi alunni.
L'adozione di strumenti informatici nell'insegnamento ha permesso di rivoluzionare gli
itinerari didattici, geografici e non, seguendo sperimentazioni multimediali. Rifacendosi
ad un pensiero di Gabriele Zanetto, "oggi, nella ricerca geografica, il metodo tradizionale
di raccolta delle informazioni attraverso l'osservazione diretta non è più sufficiente per
conoscere un'organizzazione dello spazio ben più vasta e complessa di quella
apprezzabile localmente: è necessario dunque sapersi provvedere di informazioni
indirette e quindi codificate, nonché saperle adeguatamente trattare per metterle a
frutto".
In campo geografico l'impiego del computer si presta a diverse operazioni: la
memorizzazione, l'archiviazione e il conseguente recupero immediato di grandi quantità
di dati, superando gli ingombri degli archivi cartacei; la rielaborazione di tali dati, il loro
facile aggiornamento, la comparazione con altre fonti; la possibilità di realizzare precise
rappresentazioni grafiche, costruendo vari tipi di grafici, vedute prospettiche,
cartogrammi a mosaico su basi fisse. E' importante che gli studenti acquisiscano a scuola
conoscenze di base di informatica e imparino a sperimentare le potenzialità dei
programmi multimediali in dotazione (magari anche, dapprima, con soluzioni ludiche).
Infine, l'accurato utilizzo di Internet per la realizzazione di ricerche, la comunicazione
quasi immediata con utenti collegati "in rete" e dislocati in ogni parte del mondo, oppure
la consultazione di specifici CD-Rom possono offrire a docenti e alunni soluzioni
didattiche di notevole interesse.
2.4. L'aggiornamento degli insegnanti
Un accenno spetta necessariamente anche ai problemi di formazione e di
aggiornamento dei docenti, che spesso giungono all’insegnamento senza che
nessuno abbia mai insegnato loro ad insegnare (al contrario di quanto, ad
esempio, si fa in Germania, dove nelle Università sono presenti numerose cattedre
37
di Didattica della Storia, Didattica della Geografia, ecc.). Si tratta di due momenti
di apprendimento ben distinti, ma interessati da analoghi problemi, che rendono difficile
e, in alcuni casi demotivante, il cammino compiuto dagli insegnanti.
La legge n. 341 del 1990 ("Riforma degli ordinamenti didattici universitari") ha dato
disposizioni precise per il settore accademico, decretando la costituzione di un corso di
laurea specifico per l'educazione culturale e professionale degli insegnanti della scuola
materna ed elementare e di una scuola di specializzazione, basata sull'attività di tirocinio
didattico dei docenti delle scuole secondarie superiori (con titolo valido per l'abilitazione
all'insegnamento). L'applicazione della normativa è peraltro soggetta a ritardi di
realizzazione e non interessa per ora, se non marginalmente, il sistema universitario
nazionale. Il corso di laurea in geografia, costituito nel 1936, ma revisionato secondo
criteri ottimali solo nel 1992, ha una durata di quattro anni ed è l'unica possibilità offerta
agli studenti per approfondire adeguatamente la materia, ma è attualmente presente
soltanto in due università italiane (Roma e Genova). Oltre alla preparazione universitaria,
riguardante i contenuti e i metodi della geografia, i futuri insegnanti devono conseguire
una specifica abilitazione, consistente nel superamento di un'ampia prova concorsuale e
di un tirocinio pratico.
A questa preparazione iniziale deve fare seguito un aggiornamento pedagogico-didattico
attento e costante, che in Italia è limitato dalla mancanza di una base comune sulla quale
costruire i piani di aggiornamento (gli insegnanti di geografia provengono da differenti
indirizzi di studi) e dall'insufficienza di strutture adeguate a svolgere questo compito,
anche in rapporto al numero di richieste di partecipazione da parte dei docenti.
E' condivisibile a questo proposito il pensiero di Gino De Vecchis e Giuseppe Staluppi
in una loro recente pubblicazione sulla didattica della geografia, secondo la quale "le
questioni legate alla formazione e all'aggiornamento dovrebbero rappresentare un
momento essenziale per agevolare la messa in sintonia del docente con i programmi
scolastici e con i ritmi dell'informazione e della ricerca, oltre che per rafforzare il dialogo
da instaurarsi con gli alunni, attraverso una consapevole gestione dei processi di
comunicazione. [...] Se la scuola deve essere aperta all'esterno e collegarsi in maniera
costruttiva ai problemi della società, la formazione e l'aggiornamento dei docenti si
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dovrebbero porre come questioni fondamentali; al contrario la situazione generale si
presenta insoddisfacente, imperniata com'è su iniziative assolutamente carenti e
sporadiche". Questo pur esistendo normative ben precise a riguardo.
Un momento importante di tale aggiornamento dovrebbe essere la pratica (mai facile)
della interdisciplinarità didattica. Essa è essenziale in ogni moderna prospettiva di
insegnamento e, in particolare, in vista del potenziamento dei "moduli" tematici nei
curricoli scolastici; ma è arduo giungere ad essa se nella formazione universitaria e poi
nell’aggiornamento gli insegnanti non abbiano fatto di ciò una adeguata esperienza.
Non esiste un modello di aggiornamento ottimale, ognuno di quelli oggi impiegati
presenta vantaggi e svantaggi, ma fondamento di tutti è la ricerca di un buon equilibrio
tra gli aspetti pedagogici, i suggerimenti metodologici e tecnici, i contenuti specifici di
ogni disciplina. Infine, poiché non è prevista alcuna forma di verifica sugli insegnanti che
frequentano i corsi, dipende dalla sensibilità di ciascuno e dal significato che ognuno
attribuisce al proprio lavoro il mettere a frutto quanto appreso durante questi momenti di
verifica e di confronto con altri docenti.
39
3.L’insegnamento
geografia in alcuni
industrializzati
della
Paesi
Il problema della presenza della geografia all'interno dei curricoli scolastici non è di
natura recente e non riguarda solamente l'Italia. Il progressivo affievolirsi di questa
disciplina nella scuola secondaria superiore italiana è stato messo in luce in un "Rapporto
sull'insegnamento della geografia", presentato in occasione del convegno "La geografia
nella società e nella scuola dell'Italia del 2000", svoltosi a Roma ai primi di dicembre del
1997, per iniziativa della Sezione Lazio dell'AIIG, e al quale ha presenziato anche il
Ministro della Pubblica Istruzione, Luigi Berlinguer. Il rapporto si divide in due parti, una
dedicata alla situazione della scuola italiana e al suo evolversi nel tempo, l'altra alla
valorizzazione della geografia in Europa. Di seguito si intende riportare le informazioni
principali che emergono dalla relazione, integrandole con quanto accade anche al di
fuori dell'Europa, in particolare in Giappone e negli Stati Uniti (che negli ultimi anni
hanno dato avvio ad un rilancio dell'insegnamento della geografia nelle scuole). Ci si
avvarrà anche del testo di Flavio Lucchesi "Obiettivo geografia. Per una didattica
del sapere geografico", pubblicato nel 1992 e attuale per tema trattato e informazioni
raccolte, nonché di altre testimonianze dirette.
In generale, risulta che l'Italia si sta muovendo in assoluta controtendenza rispetto a
quanto accade in altri Paesi. In particolare, in Europa si sta procedendo alla tutela e al
rilancio dell'insegnamento della geografia: Paesi come la Francia, l'Inghilterra o la
Germania hanno una lunga e confermata tradizione di studio e insegnamento di questa
materia. La posizione italiana, oltre ad avere una ripercussione negativa sulla formazione
dei giovani, potrebbe allontanare il nostro Paese da una collaborazione sovranazionale,
venendo a mancare impostazioni didattiche e orientamenti comuni, finalità e metodologie
di studio integrabili con quelli di altri Paesi europei.
41
3.1. La situazione tedesca
In Germania è il Governo centrale a coordinare la politica e la pianificazione
dell'istruzione, attraverso il KultursministerKonferenz dei Länder - KMK, ma sono
poi i Länder stessi che, per Costituzione, regolano il sistema scolastico e degli affari
culturali, stabilendo le finalità didattiche e gli obiettivi generali di ogni disciplina. La
geografia occupa una posizione rilevante in ognuno degli indirizzi scolastici, seppur con
differenze di programma da regione a regione, proprio per l'autonomia decisionale
lasciata agli organismi locali.
L'obbligo scolastico va dai 6 anni ai 18 anni: un totale di dodici anni dei quali,
generalmente, nove a tempo pieno e tre a tempo parziale. I ragazzi cominciano la
carriera scolastica con la frequentazione della scuola primaria, Grundschule, che
comprende le prime quattro classi del sistema (tranne i casi specifici di Berlino e del
Brandeburgo). A partire dal 1990, con la riunificazione delle due Germanie, in quasi tutti
i Länder alla scuola primaria fa seguito quella secondaria, distinta in due cicli: dai 10 ai
15 anni (classi dalla V alla IX) e dai 15 ai 18/19 anni (classi dalla X alla XIV). Come
nella maggior parte dei Paesi, la scuola secondaria è orientata verso un indirizzo
generale e uno di tipo formativo professionale.
L'istruzione secondaria generale permette di scegliere fra diversi istituti: la Hauptschule
(durata cinque anni), nella quale le materie obbligatorie sono il tedesco, le matematiche
e, oltre ad altri insegnamenti, anche la geografia; la Realschule (durata sei anni), in cui le
materie obbligatorie molto simili all'indirizzo precedente e la geografia è ritenuta
indispensabile; il Gymnasium (durata nove anni), nel quale le materie obbligatorie sono
il tedesco, le matematiche, la geografia, e i cui corsi previsti hanno un orientamento
umanistico-scientifico e aprono la strada agli studi universitari. Oltre a questi tipi di
istituti, in alcuni Länder recentemente ne sono stati introdotti altri, che combinano alcune
delle discipline insegnate nelle scuole preesistenti. Si tratta di orientamenti attivati nel
primo ciclo e, come negli altri casi, la geografia fa parte delle materie indispensabili.
Dalla X classe in poi (in alcune zone dalla XI) gli allievi possono scegliere di seguire una
formazione professionale, i cui obiettivi sono differenti da Länder a Länder. Quasi tutti
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mirano a garantire educazione "morale", intellettuale e fisica ai giovani, fornendo
conoscenze di cui potranno aver bisogno nella futura vita professionale e sociale.
Esistono la Berufsschule (Istituti professionali a tempo parziale, dove la formazione
avviene tra scuola e mondo del lavoro) e la Berufsfachschule (Istituti professionali a
tempo pieno): in entrambe le scuole la trasmissione agli studenti di informazioni generali
prevede l'insegnamento della geografia, con programmi adeguati agli indirizzi
professionali previsti.
A partire dagli anni Settanta, si è passati da un orientamento più di tipo nozionistico ad
una metodologia incentrata su studi tematici, su argomenti di geografia sociale e di
pianificazione territoriale e urbana. Negli anni Ottanta è stato compiuto un ulteriore
passo avanti che ha dato maggior spazio alla geografia sociale ed ecologica, a contenuti
vicini alla realtà degli studenti, a elementi di geografia fisica in relazione all'intervento
dell'uomo, al recupero di aspetti di geografia regionale, secondo scale di riferimento
locali, nazionali e sovranazionali, all'utilizzo di nuove metodologie d'insegnamento
(indagini sul campo, progetti di ricerca, giochi didattici, simulazioni, ecc.) e
all'aggiornamento dei materiali didattici.
Gli attuali programmi tedeschi di geografia tendono ad evidenziare le componenti e le
finalità sociali della materia, favorendo l'affiancamento o l'integrazione di questo
insegnamento con altre discipline, quali la storia e le scienze sociali. Sono nati
programmi di insegnamento aperti per contenuti e metodologie didattiche, ma fedeli agli
obiettivi generali di apprendimento (disposizione al lavoro interdisciplinare,
individuazione di temi annuali specifici, passaggio graduale da concetti semplici a
rappresentazioni geografiche complesse, ecc.). Lo studente segue un preciso percorso
di apprendimento geografico: dai fondamenti di geografia generale che permettono di
individuare lo spazio attraverso funzioni elementari (scuole primarie) alla differenziazione
di strutture geografiche generali tramite fattori geofisici (primi anni della scuola
secondaria di primo ciclo); all'introduzione di variabili socio-economiche nelle
differenziazioni su scala mondiale (ultimi anni della scuola secondaria di primo ciclo); al
confronto fra Paesi del medesimo stadio di evoluzione, ma con differenti sistemi sociopolitici; infine alla differenziazione all'interno di uno stesso sistema sociale, prodotta da
diversi comportamenti di gruppo (scuola secondaria di secondo ciclo, o Gymnasium).
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Rispetto ad altri Paesi, la Germania ha dato maggior spazio all'educazione ambientale
all'interno della struttura scolastica. La conferenza dei Ministri dell'Educazione, tenuta
nel 1980, sottolineava come "la scuola dovrebbe portare a cogliere le complesse
relazioni intercorrenti tra l'uomo e l'ambiente, indicando i problemi risultanti dai
cambiamenti dell'ambiente stesso, e stimolando negli allievi una consapevolezza
ambientale attraverso l'apporto interdisciplinare di più materie". Accanto allo studio
sull'ambiente, il tema "Europa" è uno degli argomenti a cui viene dedicata maggior
attenzione nelle scuole tedesche: sono analizzati i movimenti di popolazioni tra i diversi
Paesi, le trasformazioni in atto nelle aree un tempo socialiste, i preparativi per la
definizione di un'unità monetaria e di un mercato interno agli Stati dell'Unione Europea. Il
fine ultimo è quello di "preparare i giovani ad affrontare le problematiche che
influenzeranno sicuramente il loro futuro. Questo è possibile solo creando una coscienza
europea nelle persone, approfondendo le necessità storiche di un'unità economica,
superando anche i limiti che derivano dal considerare solamente i Paesi dell'Unione e
non tutte le realtà che vi gravitano attorno. L'occuparsi con maggiore attenzione
dell'Europa non deve portare ad una visione parziale o distorta del mondo, ma deve
piuttosto condurre ad una comprensione dell'intero sistema terrestre, delle sue diversità
e molteplicità".
3.2. La situazione inglese
La tendenza scolastica inglese degli ultimi anni è stata quella di operare per
l'innalzamento delle competenze in tutti i campi del sapere, permettendo tra l'altro un
intervento dei genitori degli alunni nelle scelte educative e favorendo l'investimento di
finanziamenti per l'istruzione. Ciò ha consentito una maggior autonomia, ha
responsabilizzato insegnanti ed educatori, ha agevolato una maggior flessibilità nei tipi di
istituto proposti; fatti che non significano però una totale libertà di decisione
nell'elaborazione dei programmi, i quali devono essere fedeli alle disposizioni del
Ministero. Precedentemente erano stati introdotti cambiamenti parziali riguardanti
l'istruzione secondaria polivalente e la soppressione della selezione degli studenti, che
partiva dall'età di 11 anni.
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I risultati più rilevanti sono stati la creazione di istituti pubblici autonomi (GMS - Grantmaintained Schools), sostenuti economicamente dall'amministrazione centrale, e il
trasferimento graduale (e non ancora completato) del potere decisionale sul
funzionamento agli istituti, riducendo il potere delle autorità locali (LEA - Local
Education Authorities). Nonostante l'assunzione di un ruolo più forte
dell'amministrazione centrale, il sistema scolastico inglese resta ancora molto decentrato.
Dal 1988 è entrato in vigore un programma nazionale, introdotto dall'Educational Act e
controllato dal NCC - National Curriculum Council, organismo ministeriale con
compiti di ricerca e sviluppo dell'istruzione attraverso la definizione dei contenuti dei
programmi scolastici. Il programma copre l'educazione fino ai 16 anni e si divide in
quattro cicli riguardanti l'istruzione primaria e quella secondaria. Tutte le scuole sono
obbligate ad applicare i programmi nazionali, eccetto le scuole private a pagamento, che
sono lasciate libere di decidere i propri orientamenti; ci sono alcune discipline definite
fondamentali (inglese, matematica e scienze) e altre dette generali (educazione tecnica,
storia, geografia, arte, musica, educazione fisica e lingua straniera).
La geografia è sempre stata considerata una componente fondamentale dell'educazione
scolastica inglese: il contenuto dei corsi e il metodo di insegnamento applicati per la
strutturazione didattica indipendente, accettata fino a poco tempo fa, potevano variare
da scuola a scuola, secondo l'organizzazione dei singoli istituti, la preparazione e le
preferenze degli insegnanti. Il Ministero, comunque ha sempre dato alcune direttive
precise sulle finalità educative di questa materia: "la geografia ha il compito di
promuovere la comprensione della natura sulla superficie della Terra e, più in
particolare, il carattere dei luoghi, la complessa natura delle relazioni tra i popoli,
l'interazione tra questi e l'ambiente, nonché l'importanza dell'ubicazione degli affari umani
e l'organizzazione spaziale delle attività umane".
La scuola primaria inglese, corrispondente alla nostra scuola elementare, Primary
School, inizia a cinque anni e prosegue fino agli 8 o agli 11 anni, secondo l'indirizzo
scelto. In essa i ragazzi ricevono soprattutto insegnamenti di materie base (religione,
educazione fisica, inglese e matematica), integrati con progetti pluridisciplinari inerenti a
storia, geografia, scienze generali, arte, ecc. Nel corso degli anni di scuola primaria, gli
alunni sono in grado di confrontarsi con concetti sempre più complessi, tenendo
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presente che l'ambiente locale continua ad essere il riferimento principale, il luogo nel
quale compiere con facilità osservazioni e scoperte: si impara a conoscere la realtà in cui
si vive, predisponendosi a confrontarla con altre località, si apprendono anche concetti
di distanza, direzione, distribuzione spaziale, e così via. La conoscenza di stili di vita e di
culture differenti, all'interno della stessa Inghilterra e dell'Europa, si ritiene porti a
sviluppare atteggiamenti aperti e positivi nei confronti di società diverse: per questo i
ragazzi vengono spinti ad approfondire competenze operative e strumentali che
consentano di osservare autonomamente gli ambienti circostanti, di muoversi attraverso
le fonti di documentazione, di comunicare adeguatamente le proprie scoperte
geografiche con testi, disegni, carte, schemi.
Successivamente gli studenti possono decidere di frequentare uno dei tre indirizzi
proposti dal Ministero: la scuola secondaria vera e propria (dipendente da autorità
locali, centrali e comunali, finanziata dal Ministero e dalle industrie), che comprende
scuole polivalenti, scuole di istruzione generale e tecnica, scuole tecnologiche e
grammar schools (anche private; preparano agli studi universitari); la scuola secondaria
a tre diversi livelli di uscita (da 11 a 14 anni, da 11 a 16 anni, da 11 a 18 anni); il Liceo,
High School (vi si accede dai 12 ai 14 anni; si conclude a 18 anni), preceduto dalla
scuola media, Middle School, rivolta ad alunni di fasce di età differenti (da 8 a 12 anni,
da 9 a 13 anni, da 10 a 14 anni). In generale, la scuola secondaria, Secondary
Education, ha una durata di sette anni, nei primi cinque dei quali si studiano le materie
base delle elementari, più alcune discipline a scelta (tra le quali la geografia). La scuola
dell'obbligo termina a 16 anni (con il General Certificate of Secondary Education GCSE, definito Ordinary Level). Con altri due anni di studi si consegue il diploma
successivo (Advanced Level) e le materie insegnate si restringono a tre o quattro.
Come già accennato, l'insegnamento della geografia nella scuola secondaria inglese non
è obbligatorio, ma bisogna segnalare che risulta una delle materie a scelta preferite dagli
studenti. Fino al conseguimento dell'O. Level gli allievi devono acquisire competenze su
argomenti essenziali a scala locale e mondiale, quali le fasce climatiche terrestri e la
relativa copertura vegetale, l'origine e la natura del suolo, i fenomeni atmosferici, la
localizzazione e lo sviluppo dei settori produttivi e dei servizi, l'articolazione dei sistemi di
trasporto, le relazioni tra uomo e ambiente, i problemi di gestione delle risorse,
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l'inquinamento e la qualità della vita. L'osservazione diretta, ove possibile, viene
privilegiata rispetto alla sola enunciazione teorica e si realizza tramite la lettura e
interpretazione di carte del Regno Unito, lo studio e l'elaborazione di dati (mappe,
statistiche, diagrammi, fotografie, ecc.), lo svolgimento di ricerche territoriali. Durante gli
anni che portano all'A. Level gli studenti approfondiscono conoscenze naturalistiche,
caratteristiche e interazioni di ambienti fisici e umani, competenze sulla distribuzione
spaziale e la strutturazione di fenomeni geografici, concetti di scala temporale o spaziale,
significati come quello di "cambiamento". Fanno parte dei programmi didattici i lavori di
ricerca, manuali e di laboratorio. Gli orientamenti sono quelli di una geografia fisica e di
una geografia umana connesse e gestite parallelamente, su due piani di uguale
importanza.
L'annuncio dell'adozione del National Curriculum ha destato l'entusiasmo dei geografi
inglesi, che hanno subito sottolineato l'importanza dell'introduzione, nei nuovi programmi,
dell'apprendimento attivo fondato sull'indagine e sul lavoro all'aperto (ossia il ruolo della
geografia nel guidare verso la comprensione internazionale e la coscienza dell'ambiente
in una scala globale). Ma una volta pubblicato il rapporto provvisorio del Ministero,
elaborato dal Gruppo di lavoro per la geografia, le reazioni degli insegnanti sono state
nel complesso negative, perché nella relazione l'indagine diretta viene limitata o
trascurata, manca l'attenzione allo sviluppo di un senso critico negli studenti, non sono
date indicazioni su come effettuare le valutazioni; e le tracce di lavoro sugli otto temi
geografici proposti sono confuse e poco dettagliate.
Il rapporto definitivo del 1990 è risultato migliore delle premesse: maggiori indicazioni,
articolazione di un programma di insegnamento della geografia su più anni secondo
un'unica finalità educativa, ampliamento dello studio sul Regno Unito inserito in un
contesto europeo, incoraggiamento all'indagine diretta e alla comprensione critica dei
fenomeni. I dubbi, comunque, non sono mancati, e hanno riguardato soprattutto il
permanere di aspetti troppo contenutistici e il numero eccessivo di obiettivi da
raggiungere, nonché la mancanza di un discorso di verifica. Sottolineata, invece,
l'importanza dell'esperienza all'aria aperta, come strumento educativo non solamente
geografico, ma al servizio anche di altre discipline.
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3.3. La situazione francese
Nella scuola francese la geografia è insegnata in ciascuno dei tre ordini di scuole (dalle
elementari alle superiori), seguendo programmi emessi dal Ministero della Pubblica
Istruzione. La cattedra di geografia è in parallelo a quella di storia: dopo un'introduzione
comune delle due discipline, ognuna si sviluppa autonomamente per obiettivi,
metodologie, strumenti e percorsi di studio. Gli insegnanti si formano approfondendo
entrambe le materie durante tre anni di università (Licence) e due anni di studi di
qualificazione professionale postuniversitaria.
Nelle scuole elementari, enseignement primaire (corso preparatorio, corso elementare
I e II, corso medio I e II), storia e geografia hanno il compito di portare gli alunni ad una
conoscenza graduale e organica del mondo e della realtà in cui vivono, studiando la
Francia, la sua storia e la sua geografia integrate in un contesto internazionale. I giovani
studenti apprendono informazioni sul patrimonio storico e artistico, politico e culturale
del loro Paese, imparano a impostare paragoni con altre nazioni e altre realtà, scoprono
l'utilizzo di strumenti didattici adeguati al loro livello di comprensione, acquisiscono un
vocabolario adeguato alla disciplina. L'approccio adottato parte dallo studio di spazi
familiari agli studenti per allargarsi a realtà meno note o addirittura sconosciute, sempre
attraverso la comparazione tra ambienti naturali e antropici. Si procede poi al confronto
e alla localizzazione di altri quadri di vita (ambienti sociali, attività umane, componenti
economiche e sociali), scelti per ciascuna delle zone climatiche terrestri. Negli ultimi due
anni di insegnamento primario la Francia viene studiata in un contesto mondiale,
attraverso l'approfondimento della sua realtà fisica, antropica, economica, demografica
e sociale accanto alla situazione di altri Paesi.
A partire dalle scuole medie inferiori, enseignement secondaire 1er cycle-collège
(classi dei corsi VI, V, IV e III, che dal 1993 equivale al primo anno della scuola
secondaria superiore italiana), la didattica della storia e della geografia risponde alle
curiosità degli allievi per il mondo che li circonda, senza per questo confondere quali
sono le competenze di ognuna delle due materie. In particolare, questi anni servono agli
alunni per conoscere e prendere coscienza delle diversità sociali, culturali, politiche e
49
geografiche delle varie realtà con cui vengono in contatto. Anche gli strumenti utilizzati
dagli insegnanti devono essere aggiornati e diversificati (testi, fotografie, diapositive,
filmati, grafici, statistiche, ecc.), per consentire agli studenti di "acquisire delle coordinate
spaziali che permettano loro di localizzare i fenomeni, di cogliere la relatività delle
distanze e delle superfici, di stabilire relazioni tra le realtà fisiche, le aree di civilizzazione
e le attività umane nei vari contesti territoriali".
L'approccio didattico si presenta come esattamente opposto a quello del ciclo
scolastico precedente: si parte dallo studio degli uomini nel mondo, delle loro condizioni
di vita, delle loro azioni sull'ambiente e della definizione di zona climatica;
successivamente si approfondiscono Africa, Asia e America Latina in senso fisico e
antropico, avvicinandosi a problemi di sfruttamento delle risorse del pianeta e a nozioni
di sviluppo; il terzo anno viene studiata la geografia dell'Europa (fisica, demografica,
economica, ecc.), dando maggior risalto a quattro nazioni principali, Germania, Gran
Bretagna, Spagna o Italia e un Paese dell'Est. L'Europa viene inserita in un contesto
mondiale attraverso informazioni sulla presenza di organismi internazionali. Durante
l'ultimo anno il programma di geografia affronta la Francia, gli Stati Uniti e l'ex Unione
Sovietica. In ciascuno dei quattro anni, inoltre, si dedica molta attenzione allo studio di
alcune nozioni economiche di base e in particolare all'economia della regione di
appartenenza degli alunni.
Nella scuola superiore propriamente detta, enseignement secondaire 2éme cyclelycée (classi II, I e terminale, che portano all'esame di Baccalaureato), gli studenti si
preparano alla comprensione del mondo attuale. Il Lycée francese si differenzia in tre
series, letterario, economico e sociale, scientifico, e in tutti e tre gli indirizzi le ore di
insegnamento della geografia (assieme alla storia) sono quasi il doppio di quelle del
Collège, mentre le scienze della Terra sono insegnate separatamente e introdotte da
docenti di scienze. I professori di geografia nei licei hanno dovuto seguire Corsi
universitari di quattro anni (laurea di storia e geografia, Maîtrise) più un anno di
specializzazione mirata. Nei licei l'insegnamento di storia e geografia si integra con quello
di altre discipline complementari, per esempio lettere, scienze economiche e sociali,
biologia e geologia.
50
Partendo dai nuovi concetti di mondializzazione e globalizzazione dei fenomeni, la
geografia delle scuole superiori francesi affronta gli aspetti fondamentali e metodologici
della disciplina, approfondendo conoscenze della ricerca secondo un approccio
problematico razionale e oggettivo. Durante il primo anno gli studenti imparano
terminologie, concetti e modi di dire, affinano la capacità di prendere appunti, la
proprietà di espressione scritta e orale, i metodi di lavoro autonomi e di gruppo, i criteri
per compiere e interpretare rappresentazioni grafiche e cartografiche, ricevono nozioni
di meteorologia e di lettura delle carte climatiche. I temi trattati riguardano la percezione,
la misurazione e la rappresentazione dello spazio, la distribuzione ineguale delle risorse,
l'espansione dell'uomo sulla Terra. Il secondo anno, ancora una volta, il programma è
improntato sullo studio della Francia, con l'adozione di metodologie e strumenti più
evoluti, scelta di esempi regionali, mezzi appropriati per fornire agli studenti le capacità
di porsi criticamente e operativamente nello studio del territorio. Tre i temi principali: la
Francia e i francesi; le grandi divisioni dello spazio francese; la Francia, l'Unione
Europea e il mondo. Durante l'ultimo anno i programmi portano a "coronare la
conoscenza dello spazio mondiale, studiandone i contrasti, i mutamenti, le
interdipendenze ed approfondendo l'esame della popolazione e dell'organizzazione
spaziale delle grandi superpotenze".
Con la denominazione di Connaissance du monde contemporain la geografia viene
insegnata anche nei diplomi di studi professionali (Brévéts d'études professionnelles Bep), che hanno un corso superiore di soli due anni. Infine, la geografia fa parte
dell'esame di Baccalaureato, che prevede una prova scritta (questionario di dieci
domande da svolgersi in quattro ore), una prova orale e una tesina preparata dagli
studenti durante l'anno scolastico.
Il sistema francese parte dalla convinzione che la valenza educativa della geografia non si
limiti agli anni scolastici, ma per le sue caratteristiche di trasmissione di conoscenze,
abilità e valori si protragga anche nella vita quotidiana degli adulti. Per questo motivo,
l'approccio adottato ha un'impostazione etologica di fondo e la geografia viene intesa
come "scienza autonoma che si preoccupa della trasmissione del sapere geografico in un
contesto formativo globale ed evolutivo". L'impostazione di base è quella di partire da
"situazioni problematiche che abbiano per l'allievo un senso, un significato, un valore
51
funzionale; che rispondano ad una sua necessità, domanda, desiderio". Non è casuale
che, fra gli strumenti che destano maggior interesse negli insegnanti francesi, ci siano i
sistemi informatici che tanto appassionano i ragazzi, offrendo interessanti potenzialità
didattiche ancora da impiegare o da scoprire.
52
3.4. La situazione statunitense
Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno avviato una riforma del settore scolastico e delle
materie di insegnamento, allo scopo di migliorare la preparazione degli studenti,
soprattutto in vista di un loro inserimento consapevole nel mondo del lavoro e nella
società. Per questo motivo, gli insegnamenti previsti sono stati revisionati e i contenuti
trasmessi sono stati aggiornati e inseriti in contesti più attuali rispetto al passato. Accanto
alle discipline di base sono presenti materie facoltative, che gli alunni possono scegliere
secondo le attitudini personali e le esigenze dell'indirizzo di studi. La geografia rientra in
questo settore, nel campo dei Social Studies, e ad essa è stato dedicato un particolare
interessamento, per gli ampi contenuti che offre e che vengono ritenuti indispensabili per
la preparazione dei giovani. Infatti, dopo lunghi periodi in cui la materia era stata
trascurata, tanto da far pensare ad una sua eventuale scomparsa dai programmi
didattici, recentemente si è assistito ad una sua ripresa, sostenuta in particolare dagli
amministratori pubblici e da numerosi studiosi, anche di altre discipline.
L'inclusione della geografia nell'Educate America Act (Pubblic Law 103-227) è stato
il culmine delle riforme avviate nell'insegnamento di questa materia. Gli statunitensi hanno
maturato una comune adesione al fatto che gli studenti lascino la scuola arricchiti di
informazioni che li aiutino a impostare meglio la loro vita, partecipando in modo
responsabile alle questioni locali, nazionali e internazionali. Per soddisfare questa
aspettativa, insegnanti e genitori hanno espresso il loro apprezzamento per lo studio
della geografia e hanno favorito la realizzazione di pubblicazioni, riviste e ricerche in
questo settore. In particolare, le informazioni riportate di seguito provengono dalla
rivista Geography for Life: National Geography Standards 1994, dove per
standards si intendono gli obiettivi che, in generale, gli studenti americani devono
raggiungere, secondo il grado scolastico a cui appartengono (fino alla quarta classe;
dalla quinta all'ottava; dalla nona alla dodicesima). L'intenzione dei promotori è quella di
portare i giovani ad una comprensione migliore dei livelli di competizione internazionali,
di rispondere a domande sul futuro personale e nazionale, di evidenziare il ruolo degli
Stati Uniti nei processi economici mondiali. Si legge nell'Educate America Act che "[...]
tutti gli studenti devono imparare ad usare meglio le proprie abilità mentali, così da
essere preparati a diventare cittadini responsabili e da divenire elementi "produttivi" nel
53
moderno sistema economico della nazione [...]". La geografia americana, dunque, è
vista come un campo di studi che permette di trovare risposte alle questioni riguardanti il
mondo circostante (dove avvengono i fatti, come e perché accadono). Non è una
raccolta di informazioni superate, ma l'approfondimento di aspetti legati alla
localizzazione di fenomeni ambientali e antropici, alle relazioni che ne derivano, alla loro
spiegazione e lettura critica. Secondo la recente concezione statunitense, la geografia è
la risposta ad una naturale esigenza di tutti gli individui, che desiderano comprendere i
contesti spaziali delle popolazioni, conoscere luoghi diversi e ragionare sui processi
evolutivi della Terra.
Per questo motivo, l'insegnamento scolastico della geografia è divenuto elemento
indispensabile nell'educazione dei giovani. Le linee guida dei programmi didattici sono
state individuate confrontando materiale proveniente da numerose scuole statunitensi e
straniere, e due imperativi hanno guidato gli esperti nella realizzazione del lavoro.
Anzitutto, il fatto che la comprensione geografica deve essere inserita in un processo di
apprendimento graduale e continuo, adatto alle varie classi di età e ai livelli di
preparazione degli studenti. Deve, inoltre, poter proseguire anche fuori dal mondo
scolastico, in contesti di vita quotidiana scolastici, familiari, sociali oppure occupazionali.
E' pur vero che la situazione non è omogenea, ma varia da Stato a Stato e da scuola a
scuola, non consentendo la realizzazione di un quadro globale, paragonabile a quello di
altre nazioni. Esistono, però, dei programmi didattici generali, ai quali ogni istituto
scolastico e ogni docente può riferirsi per impostare il proprio criterio di insegnamento e
le finalità da raggiungere. Come solitamente accade, gli ambiti spaziali partono dalla
realtà più vicina ai ragazzi per allargarsi a scale di riferimento sempre più estese, fino al
confronto con altri continenti e ad un sistema territoriale globale. Gli standard individuati
sono sei, suddivisi in base agli obiettivi da raggiungere e ai contenuti specifici di ognuno
essi.
1) Il mondo in termini spaziali. a. Utilizzo di carte e di altre rappresentazioni
geografiche, strumenti e tecnologie, per acquisire, elaborare e riportare informazioni
secondo un'ottica spaziale. b. Conoscenza e utilizzo di mappe mentali per riorganizzare
informazioni su popolazione, luoghi e ambienti in un contesto spaziale. c. Analisi di
organizzazione spaziale di popolazione, luoghi e ambienti sulla superficie terrestre.
54
2) Luoghi e regioni. a. Conoscenza di caratteristiche fisiche e antropiche dei luoghi
terrestri. b. Interpretazione di complessità terrestri attraverso la definizione di regioni. c.
Percezione di luoghi e regioni in base alla cultura e all'esperienza delle singole persone.
3) Sistemi fisici. a. Conoscenza di processi fisici che generano modelli della superficie
terrestre. b. Conoscenza di caratteristiche e distribuzione spaziale degli ecosistemi sulla
Terra.
4) Sistemi antropici. a. Conoscenza di caratteristiche, distribuzione e migrazioni della
popolazione sulla Terra. b. Approfondimento di caratteristiche, distribuzione e
complessità del mosaico culturale terrestre. c. Studio di modelli e reti di interdipendenza
economica mondiali. d. Studio di processi evolutivi, modelli e funzioni degli insediamenti
umani. e. Approfondimento su influenze di cooperazione o conflitti tra popolazioni nella
divisione e nel controllo terrestre.
5) Ambiente e società. a. Comprensione di modifiche indotte dall'intervento umano
sull'ambiente fisico. b. Studio di influenze dei sistemi fisici sui sistemi antropici. c. Studio
di cambiamenti introdotti da individuazione, uso, distribuzione e importanza delle risorse.
6) Utilizzi della geografia. a. Applicazione della geografia per interpretare il passato.
b. Applicazione della geografia per interpretare il presente e pianificare il futuro.
3.5. La situazione giapponese
Più difficile tracciare un quadro dell'insegnamento della geografia nella scuola
giapponese. Vale però la pena di fornire alcune indicazioni sulla storia del pensiero
geografico giapponese, che a quell'insegnamento si raccorda. Le raccolte di mappe e le
rappresentazioni cartografiche del passato sono state alla base di tutte le analisi
territoriali compiute da studiosi giapponesi e, ancora oggi, hanno un ruolo importante
nella ricerca geografica nel Paese.
Agli inizi del secolo, in opposizione agli studiosi più antichi, molti geografi della
generazione più giovane mutarono l'orientamento dei loro studi e cominciarono a creare
mappe non solo per puro interesse personale, ma secondo finalità ben precise.
L'influenza di un indirizzo umanistico, accanto a interpretazioni solamente ambientali, era
fortemente presente nei loro lavori e permetteva l'impiego integrato di percezione e
55
cosmologia nelle analisi territoriali: nel mondo accademico giapponese lo studio di
vecchie mappe, mediato dalle nuove teorie, rompeva per la prima volta la concezione
della geografia come una disciplina complementare alla storia per dare alla materia
un'identità autonoma e precisa. Si arrivò ad applicare una sorta di semiotica del
paesaggio, adottando approcci psicologici e comportamentali per l'analisi della
formazione dei territori nell'antico Giappone.
A partire dalla metà del XIX secolo, il pensiero geografico giapponese aveva
cominciato ad essere fortemente influenzato dagli studiosi e dalle teorie occidentali e
furono approfonditi studi sulla percezione del cambiamento ambientale e naturalistico.
Nel 1925 venne fondata l'Associazione dei Geografi giapponesi, il cui organo di
diffusione era - ed è ancora oggi - la Geographical Review of Japan. L'interesse per
gli studiosi e i docenti di questa disciplina era in continua crescita, tanto che avvennero
l'istituzionalizzazione della geografia nell'educazione scolastica superiore e l'introduzione
di un Corso universitario di geografia; fatti strettamente in relazione con lo sviluppo
dell'educazione geografica nella scuola primaria e secondaria. Molti furono gli studiosi
giapponesi, docenti universitari e non, che si occuparono di didattica di questa materia.
L'insegnamento della geografia nella scuola primaria e secondaria ha subito un radicale
mutamento nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale e, grazie alla veloce
evoluzione del sistema politico e sociale, le trasformazioni sembrano non essere ancora
terminate. Oggi in Giappone sono presenti condizioni maggiormente favorevoli alla
ricerca geografica e il numero di studiosi di questa materia è cresciuto
considerevolmente, soprattutto come conseguenza della diffusione della scolarità
superiore.
Nel 1986 è stato pubblicato un testo che riporta le interviste realizzate con 16 geografi
giapponesi "anziani". Le loro affermazioni sulla geografia, sulla sua storia e sul suo ruolo
fino all'introduzione della geografia accademica in Giappone sono di grande valore. Le
videoregistrazioni delle interviste sono state utilizzate come lezioni universitarie per gli
studenti specializzandi in geografia. Nei Corsi universitari rimane, comunque, una forte
attenzione anche per il pensiero geografico occidentale e, tra i temi approfonditi negli
anni Novanta, spiccano la conoscenza delle tradizioni accademiche e delle tradizioni
56
popolari nella geografia occidentale, osservazioni sui caratteri paradigmatici della
geografia e l'analisi della scoperta di una tradizione umanistica.
La recente tradizione accademica giapponese nel campo della geografia ha favorito lo
studio di scuole straniere di più antica origine, quali quella francese, tedesca o
americana, e dei loro autori più rappresentativi. Gli studi condotti dagli studiosi
giapponesi interessano molte delle grandi aree della Terra, in particolar modo gli Stati
Uniti, ma anche l'ex Unione Sovietica o le zone del Terzo Mondo; oppure analizzano
grandi temi geografici che coinvolgono il territorio giapponese (spostamenti di
popolazione, trasformazioni territoriali e legami con la politica, analisi sociologiche, studi
marini, studi regionali, rappresentazioni paesaggistiche e cartografiche, ecc.). Negli ultimi
due decenni è stato pubblicato un gran numero di contributi sulle metodologie
geografiche, anche grazie al lavoro compiuto dai componenti dell'Associazione
Geografica Giapponese e della Human Geographical Society of Japan, all'interno
delle quali operano molti studiosi e gruppi di ricerca. Temi portanti sono la metodologia
e il significato di geografia regionale e/o di area di studio e il dibattito sulla natura e
l'innovazione della geografia sociale ed economica.
In Giappone l'obbligo della scolarità arriva fino alla scuola media inferiore, alla quale
può far seguito la scuola secondaria composta da un anno di formazione generale,
uguale per tutti gli indirizzi, e da altri due anni durante i quali, accanto ad alcune
discipline comuni, è possibile scegliere materie facoltative che definiscono la
specializzazione degli studenti. Esiste, poi, una preparazione ulteriore per coloro che
intendono frequentare l'università. Più del 75 per cento dei ragazzi giapponesi prosegue i
suoi studi oltre la scuola dell'obbligo.
La geografia viene insegnata sia nella scuola elementare sia in quella media inferiore,
procedendo parallelamente alla storia. In particolare, nei tre anni della scuola media la
geografia segue programmi che partono dall'analisi della situazione mondiale per arrivare
ad un approfondimento accurato della realtà giapponese. Durante il primo anno della
scuola media le ore di insegnamento di geografia sono quattro e la materia viene trattata
autonomamente rispetto alla storia. Nella seconda e nella terza classe storia e geografia
sono accomunate in un totale di quattro ore settimanali per ogni anno. I programmi
57
didattici vengono cambiati dagli organi governativi ogni dieci anni e i libri di testo adottati
variano ogni tre anni; accanto ai libri istituzionali vengono utilizzati compendi statistici,
aggiornati annualmente.
Nella scuola superiore, durante il primo anno la geografia viene sostituita dall'educazione
civica, ma a partire dal secondo anno la materia è fra quelle maggiormente scelte dagli
studenti fra le discipline facoltative. Le ore di lezioni settimanali variano da due a quattro.
Molto attivo e articolato per argomenti proposti è l'insegnamento della geografia
nell'università.
3.6. La situazione italiana
In Italia la definizione dell'insegnamento della geografia nella scuola risale al 1859, con la
legge del Ministro Gabrio Casati, che stabilì le prime direttive della politica scolastica
basandosi su principi ispirati dal positivismo. Dopo l'unificazione nazionale, si pose tra i
problemi più gravi e urgenti quello della scolarizzazione, poiché i livelli di analfabetismo
erano altissimi in tutto il Paese. Studiosi come Gabelli, De Sanctis e Ardigò introdussero
nuovi concetti pedagogici opposti al dogmatismo fino ad allora imperante ed
evidenziarono i vantaggi del metodo oggettivo o intuitivo, dell'osservazione diretta e
delle lezioni condotte attraverso lo sviluppo dei sensi, la raccolta e la catalogazione dei
materiali.
In campo geografico vennero sottolineate le relazioni tra uomo e ambiente, la
conoscenza oggettiva dei legami tra il comportamento delle persone, la natura e la
società. Si vollero spiegare le cause dei fenomeni, partendo dalla loro localizzazione,
misurando le caratteristiche del territorio, comparandole nel tempo e inserendole in spazi
vicini oppure in altri ambiti affini o diversi da quello conosciuto. Nel 1859 la geografia
venne inserita nell'università, arricchendosi poi grazie ai contributi di Giuseppe Dalla
Vedova e di Giovanni Marinelli, e nel 1867 fu istituita la Società Geografica Italiana,
sull'esempio di quanto era già avvenuto in Francia, in Germania, in Gran Bretagna, in
Austria e negli Stati Uniti d'America. Malgrado il perseverare di un forte nozionismo,
fondato su esercizi di memoria, i geografi italiani cominciarono a proporre nuovi
58
orientamenti didattici, che implicavano la conoscenza delle relazioni che si stabiliscono
"fra i vari fenomeni della geografia fisica e di quella coll'etnografia e la statistica". A
partire dal 1870 fu la geografia fisica a ricevere i maggiori consensi, grazie ai risultati
ottenuti dalle esplorazioni geografiche condotte con criteri scientifici, e venne a delinearsi
una contrapposizione tra la geografia di indirizzo naturalistico e quella di indirizzo umano,
o storico. Si volle superare questo dualismo con l'avanzare degli studi regionali, intesi
come sintesi tra fenomeni fisici e fatti umani.
A fine Ottocento e durante i primi anni del Novecento il sistema educativo italiano
dovette affrontare problemi determinati dalle precarie e difficili situazioni sociali, culturali,
economiche e politiche che coinvolsero il Paese. La scuola, per definizione, divenne
"strumento di redenzione morale e civile" e la geografia fu associata alla storia, come
strumento di esortazione all'amore per la patria. Nel 1923 il Ministro della Pubblica
Istruzione, Giovanni Gentile, introdusse la riforma del sistema scolastico su cui si fonda
ancora oggi, in larga parte, la scuola italiana.
Solamente dopo la seconda guerra mondiale, e non in maniera immediata, la scuola
italiana ha accolto nei programmi la concezione di una stretta interdipendenza fra le varie
nazioni del mondo e ha introdotto analisi comparative tra i vari contesti sociali presenti
sulla Terra. In questa direzione sono stati modificati i contenuti da trasmettere agli
studenti, individuando precisi e articolati programmi didattici (descritti nel capitolo
successivo). Le indicazioni per la didattica nella scuola media inferiore (1979) e nella
scuola elementare (1985) offrono agli insegnanti molti suggerimenti per progettare
attività didattiche che superino le passate concezioni nozionistiche e che siano aperte ad
una collaborazione interdisciplinare. Più complessa e in ritardo con i tempi la questione
relativa alla scuola secondaria superiore, che, come si è già anticipato, risente ancora
degli schemi dettati dalla riforma Gentile, soprattutto per quello che riguarda la divisione
in Licei e Istituti superiori (ai quali si sono aggiunti gli Istituti professionali) e i programmi
scolastici.
Nel prossimo capitolo vengono segnalati alcuni esempi di sperimentazioni didattiche che,
mancando un progetto organico centrale di ristrutturazione, hanno fatto comunque ben
sperare per il futuro. Di seguito, invece, per consentire un confronto con quanto accade
59
negli altri Paesi industrializzati e proseguire nella sequenza storica iniziata, vengono
valutate le differenze tra i piani di studio degli ultimi anni, per la scuola superiore
secondaria. Nella scuola italiana degli anni passati la percentuale di ore di insegnamento
di geografia, rispetto alla totalità delle ore di lezione a settimana per tutte le classi nei vari
tipi di scuole, era abbastanza elevata, con una media di circa il 3,16 per cento (tabella
1). Segno che la considerazione per questa materia era considerevole. La percentuale è
stata calcolata escludendo l'insegnamento di discipline ritenute da sempre similari o
avvicinabili (topografia, scienze, chimica, ecc.).
I programmi di insegnamento della geografia di oggi hanno raggiunto livelli qualitativi
molto apprezzabili, attraverso un avvicinamento allo studio della realtà e del territorio,
ma anche con la scelta di soluzioni metodologiche avanzate e sperimentali. Sono infatti
mutati i temi prescelti, gli obiettivi di apprendimento, i contenuti di insegnamento.
Malgrado ciò, si è assistito ad un calo progressivo delle ore di lezione dedicate alla
materia. Separando nella tabella 2 le ore di geografia da quelle di scienze o di scienze
della Terra, la percentuale delle ore di insegnamento geografico sul totale delle ore di
lezione settimanali scende al 2,47 per cento nel Progetto Brocca e addirittura all'1,72
per cento nelle Sperimentazioni assistite.
Nel Progetto Brocca (relativo alle scuole secondarie superiori, varato agli inizi degli anni
Novanta) il programma di geografia risulta impostato sull'analisi del rapporto uomoambiente nell'utilizzo temporale e spaziale delle risorse, variando dallo spazio agrario e
industriale ai sistemi urbani, al terziario avanzato, agli squilibri ambientali e territoriali.
Malgrado questa traccia di lavoro, i docenti incaricati di svolgere le lezioni di geografia
sono gli insegnanti di letteratura italiana e latino e non gli specialisti della materia (classe
39/A), esclusi da questo compito. Nel confronto, proposto dalla tabella 2, tra le
Sperimentazioni assistite (promosse dalle direzioni generali del Ministero della Pubblica
Istruzione a partire dal 1974) e il Progetto Brocca (adottato da 1.100 istituti) non sono
state considerate le Sperimentazioni assistite della Direzione classica e alcune delle
Sperimentazioni assistite della Direzione tecnica (per esempio, Alfa, Nautilus, Fase,
Tempt, Geo), perché giudicate ininfluenti nella relazione complessiva. Inoltre, non
sempre è stato possibile individuare la categoria corrispondente ai numerosissimi indirizzi
sperimentali dell'Istruzione tecnica introdotti negli ultimi anni (Deuterio, Abacus,
60
Mercurio, Cinque, Cerere, Gea, Erica, Iter). Invece, l'indirizzo economico Igea e tre
Sperimentazioni assistite del settore industriale (elettronica e telecomunicazioni;
elettrotecnica e automazione; meccanica) sono ormai trasferiti ad ordinamento in tutte le
unità scolastiche interessate; così come è avvenuto nel Progetto '92 per il terzo anno di
qualifica dell'Istruzione professionale e per i piani di studio e i programmi degli indirizzi
postqualifica (DM 15/04/94).
Per quanto riguarda gli insegnanti, il 10 giugno 1997 il Ministero della Pubblica
Istruzione ha diffuso la circolare 239 protocollo 1746, avente come oggetto: "DM
28.03.97 n. 231: Modifiche e integrazioni al DM 334/1994 - Classi di concorso a
cattedre e a posti delle scuole ed istituzioni di istruzione secondaria". In esso
l'insegnamento della geografia è indicato come cattedra specifica, nella classe di
abilitazione e concorso 39/A. Secondo queste nuove disposizioni, possono insegnare la
materia, nella scuola secondaria, i laureati presso le facoltà di geografia di Roma e
Genova. Oppure i laureati in lettere o economia, che abbiano sostenuto, durante i loro
studi universitari, quattro annualità di geografia o esami equipollenti (Geografia I
annualità. Geografia II annualità o cartografia, o geografia regionale, o geografia urbana
e regionale, o storia della geografia e delle esplorazioni. Geografia politica ed economica
o cartografia tematica, o geografia economica, o geografia dello sviluppo. Geografia
umana o geografia delle lingue). Anche gli appartenenti alle classi 43/A, 50/A, 51/A e
52/A, ossia i gruppi umanistici della scuola media inferiore e superiore, possono
insegnare questa disciplina (unitamente ad altre materie letterarie per le cattedre
multidisciplinari), purché abbiano sostenuto un esame di geografia, oppure di geografia
umana, oppure di teorie e metodi della geografia. Anche se, per queste classi di
insegnamento, in analogia con l’iter scolastico dei docenti di storia, in futuro sarebbe
meglio prevedere il superamento di almeno due esami di geografia.
La circolare, dunque, non sembra aver tenuto conto di alcune proposte inviate dall'AIIG
al Ministro della Pubblica Istruzione nel gennaio 1997. In particolare, si chiedeva che
venisse legittimata una sola classe all'insegnamento della geografia nella scuola media
italiana (la 39/A) e che la classe 60/A (scienze naturali, chimica e geografia) fosse
destinata solamente all'insegnamento delle scienze della Terra, considerando le due
materie nettamente distinte. Le due discipline sono diverse per contenuti e metodologie
61
adottate e, pur accettando l'interpretazione limitativa che uno dei due insegnamenti è
parte dell'altro, deve essere chiaro che sono le scienze della Terra a far parte della
geografia, non il contrario. Una seconda osservazione alla circolare ministeriale deriva
dalle proteste dei laureati in scienze politiche, che sono stati estromessi
dall'insegnamento della geografia, pur avendo nel loro Corso di laurea gli esami
necessari (cosa che, peraltro, non accade in tutti i Corsi di economia). Si consideri che,
con il DM 22.12.97 n. 896, che modifica il DM 28.03.97 n. 231, è stata prorogata,
secondo la normativa precedente, la validità dei titoli di studio utili per l’insegnamento
della disciplina, purché essi siano stati conseguiti entro l’anno accademico 2000/2001.
Inoltre, è stato dato mandato ai Rettori degli Atenei di studiare come effettuare
l’integrazione dei titoli di studio con gli esami eventualmente mancanti e richiesti dalle
nuove disposizioni, senza necessariamente ricorrere al sostenimento di una seconda
laurea da parte degli interessati.
Stando a questi fatti, il futuro dell'insegnamento della geografia in Italia non sembra
essere roseo. Oltre al già citato documento di sintesi dei lavori della Commissione
ministeriale (Licei tecnici), segnali negativi arrivano da alcune iniziative specifiche
proposte per l'anno scolastico 1998/1999. In sostituzione dell'Istituto magistrale e della
Scuola magistrale verrà introdotto il Liceo sociale (che, come dice la relazione di
presentazione, dovrà essere in linea con la scuola del Duemila), con due possibilità di
scelta che hanno come unica differenza la considerazione del latino come lingua oppure
come cultura, ma nel quale manca completamente la geografia, mentre è presente
l'insegnamento delle scienze della Terra. Oltre a ciò, le Direzioni generali dell'Istruzione
tecnica e dell'Istruzione professionale hanno proposto progetti di ammodernamento
della scuola secondaria superiore che riprendono parzialmente la struttura del Progetto
'92 e del Progetto Brocca e anticipano il sistema di riforma elaborato dalla
Commissione ministeriale. Tali programmi, che verranno sperimentati in 150 istituti,
prevedono una riduzione delle ore di lezione; tra le discipline eliminate c'è anche la
geografia.
La presenza della geografia nella scuola italiana di qualsiasi ordine e grado dovrebbe
servire anche a preparare i giovani interessati alla frequentazione del Corso di laurea in
questa disciplina, orientamento che attualmente garantisce già una buona preparazione
62
interdisciplinare, ma per il quale ci si augura l’attivazione anche in molte altre università
(oltre quelle di Roma e Genova), nonché un perfezionamento ulteriore dei programmi e
delle metodologie didattiche e un riconoscimento maggiore accanto agli altri Corsi di
laurea. Quanto agli sbocchi professionali di tali Corsi, si tenga presente che, oltre
all'insegnamento nelle scuole secondarie e primarie, secondo le direttive europee del
1985, la figura del geografo è prevista accanto a quella di altri professionisti (architetti,
ingegneri, geologi, naturalisti, sociologi, economisti) nei lavori di gestione e difesa del
territorio, da realizzarsi con approfondita conoscenza geografica con adeguati mezzi
aerofotografici, satellitari e con sistemi informativi geografici (GIS).
63
tab. 1 - Ore settimanali riservate all'insegnamento della geografia in passato
Tipo di scuola
1°
2°
3°
4°
5°
classe
classe
classe
classe
classe
Liceo classico (DM 1/12/52)
2
2
-
-
-
Liceo scientifico (DM 1/12/52)
2
2 (1)
3 (1)
3 (1)
2 (1)
Istituto magistrale (DM 1/12/52)
4 (2)
4 (2)
4 (2)
3 (2)
Scuola magistrale (RD 11/8/33)
3 (3)
3 (3)
3 (3)
Ist. tecn. comm.: ind. amm. (DPR 30/9/61)
2
2
2
2
2
Ist. tecn. comm.: ind. aziend. (DM 8/8/66)
2
2
2
2
2
Ist. tecn. turismo (DM 21/7/66)
2
2
2
2
2
Ist. tecn. femminile (DM 14/1/67)
3 (4)
3 (4)
Ist. tecn. geometri (DPR 1/5/72)
4 (4)
4 (4)
4 (5)
8 (5)
7 (5)
Ist. tecn. agr. - 2 indir. (DPR 30/9/61)
2
2
-
-
-
Ist. tecn. ind. - 25 indir. (DPR 30/9/61)
3
-
-
-
-
Ist. tecn. naut. - 3 indir. (DPR 30/4/61)
3
3
-
-
-
Istruz. profess. - 172 qualifiche
2
2
2
-
-
3 (1)
3 (1)
2 (1)
-
Liceo artistico (L. 14/9/70)
Fonte: Rapporto sull'insegnamento della geografia, 1997
Legenda
(1) Unitamente a scienze e chimica
(2) Unitamente a storia e ed. civica
(3) Unitamente a storia
(4) Unitamente a scienze naturali
(5) Topografia
Nota: il tasso di approssimazione delle ore indicate è dovuto a leggere variazioni
imposte dai molti indirizzi contemplati da alcuni tipi di scuole e di specializzazioni,
oppure ad assestamenti prodotti da norme successive a quella costitutiva.
41
tab. 2 - Ore settimanali riservate all'insegnamento della geografia oggi
Progetto Brocca
Scuole e indirizzi/classi
1°
2°
3°
4°
5°
Indir. classico
5 (1)
-
-
-
-
Indir. scientifico
5 (1)
-
-
-
-
Indir. sociale psicopedagogico.
5 (1)
-
-
-
-
5 (1)
-
-
-
-
6 (1)
-
-
-
-
Indir. linguistico
1°
-
2°
-
3°
2 (2)
4°
Sperimentazioni assistite
2 (2)
5°
2 (2)
Indir. scient. tecnologico
Indir. chimico
6 (1)
-
-
-
-
6 (1)
-
-
-
-
Indir. elettr. automa.
6 (1)
-
-
-
-
6 (1)
-
-
-
-
Indir. elettr. telecomun.
6 (1)
-
-
-
-
6 (1)
-
-
-
-
Indir. inform. telematico
6 (1)
-
-
-
-
6 (1)
-
-
-
-
Indir. meccanico
6 (1)
-
-
-
-
6 (1)
-
-
-
-
Indir. tessile
6 (1)
-
-
-
-
6 (1)
-
-
-
-
Indir. costruzioni
3 (3)
4 (3)
-
-
-
6 (1)
-
-
-
-
6 (1)
-
2
2
-
Indir. territorio
Indir. agro-industriale
-
-
-
-
-
6 (1)
-
-
-
-
Indir. biologico
-
-
-
-
-
6 (1)
-
-
-
-
Indir. econ. aziendale
-
-
-
-
-
3 (1)
-
2
2
-
Indir. ling. aziendale
-
-
3
2
3
3 (1)
-
3
2
3
Indir. turistico
-
-
2
2
2
-
-
2
2
2
Liceo d'arte
3 (2)
3 (2)
-
-
-
5 (1)
2
-
-
-
Istr. professionale - 17 qualif.
3 (4)
-
-
-
-
Fonte: Rapporto sull'insegnamento della geografia, 1997
Legenda
(1) Comprensivo di scienze della Terra (3 ore)
(2) Unitamente a scienze naturali
(3) Unitamente a scienze e laboratorio
(4) Solo scienze della Terra
65
tab. 3 - Progressione della presenza della geografia nei piani di studio della
scuola italiana (percentuale di ore di geografia su totale delle ore settimanali)
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
0
Scuola
tradizionale
1970
Sperimentazioni
Assistite 1980
Progetto Brocca
1990
Fonte: Rapporto sull'insegnamento della geografia, 1997
66
Riordino dei cicli
2000
66
4. Proposte e sperimentazioni
nella didattica della geografia
4.1. La necessità di adeguarsi alla situazione internazionale
L'anomalia italiana rispetto all'atteggiamento di altri Paesi del mondo, nei confronti
dell'insegnamento della geografia, porta a domandarsi cosa sia possibile fare per
migliorare la situazione e per convincere le autorità competenti che le soluzioni fino ad
ora proposte non sono quelle ottimali. Cercando di individuare le cause della diversità
della situazione italiana rispetto a quanto accade all'estero, Adalberto Vallega,
vicepresidente dell'Unione Geografica Internazionale - IGU, sottolinea alcuni punti
fondamentali.
"Sotto il profilo culturale, la geografia è stata schiacciata su due fronti: quello di tendenza
positivista (scienze della natura) e quello di orientamento neoidealista, con pressioni
provenienti dal versante storico-sociologico. Sotto il profilo politico, la geografia, come
molti altri settori, ha dovuto sottostare a decisioni prese per giochi di potere o
favoritismi, non secondo criteri di equità e di merito. Sotto il profilo della percezione
sociale, la geografia è stata percepita come apprendimento nozionistico di informazioni
relative ai luoghi della Terra, anziché come disciplina formativa". Le responsabilità di
questi atteggiamenti sono sia degli organi governativi, che hanno amministrato o
attualmente amministrano il settore scolastico, sia dei geografi stessi (universitari e
insegnanti di scuole medie) che, in alcune occasioni, non hanno saputo essere
sufficientemente pronti ad intervenire per proporre la disciplina in una luce migliore.
Per trovare suggerimenti sulle linee di condotta da seguire, si può impostare ancora una
volta un confronto con l'estero, riferendosi al documento approvato dall'IGU nel 1992,
l'International Charter on Geographical Education, già citata nel primo capitolo,
tradotta in 21 lingue e adottata in numerosi Paesi. Secondo la Carta (già ricordata anche
al paragrafo 1.4), la geografia deve assolvere tre funzioni basilari: a) studiare l'identità
dei luoghi in rapporto ai processi di globalizzazione della società contemporanea; b)
68
studiare le espressioni territoriali assunte dall'interazione tra comunità umane e
ecosistemi; c) studiare i sistemi territoriali che si formano per effetto della globalizzazione
e del cambiamento globale, generato dalle trasformazioni climatiche.
Nessuna delle altre discipline, naturalistiche o antropiche, si occupa di
approfondire queste tematiche nel loro complesso e nel loro specifico legame. Solo
la geografia, fin dal suo costituirsi come disciplina, ha messo a punto e
costantemente aggiorna basi metodologiche e concettuali per affrontare
unitariamente questi campi di ricerca. Si tenga presente "che la geografia è una
disciplina trasversale e che, in particolare, instaura legami tra le discipline della
natura e quelle della società. [...] La geografia, come accade per molte altre
discipline, attinge conoscenze altrove per inquadrarle in apparati teorici e
metodologici, che niente hanno a che fare con i modi con cui vengono impartite
nei siti disciplinari di partenza".
Il problema, dunque, non è certo quello della soppressione dell'insegnamento della
geografia, ma piuttosto quello più propositivo - come sostiene Vallega - di "costruire
ottimi profili culturali e capacità professionali, oltre che coscienze civili e, così facendo,
allineare l'Italia con gli standard adottati dai Paesi più avanzati". Per questo motivo si
propongono, da parte dello stesso Vallega, i seguenti temi, possibili oggetto anche di
"moduli" didattici interdisciplinari (di cui si dirà meglio al paragrafo 4.4.).
1) Cambiamento globale. Riguarda la scelta dei criteri di rappresentazione dell'impatto
di cambiamenti climatici e mutamenti nei cicli biogeochimici sulle comunità umane, e
della risposta che ne deriva, seguendo i metodi e le strategie proposte dall'International
Council of Scientific Unions - ICSU, organismo dell'Unesco (a cui, in rappresentanza
dell'Italia, partecipa il geografo Nunzio Famoso).
2) Sviluppo sostenibile. La definizione di sostenibilità viene adottata universalmente
secondo i criteri espressi dalla World Commission on Environment and
Development (1987) e dalla Dichiarazione di Rio del 1992. Le finalità da perseguire,
attraverso gli strumenti e i concetti messi a disposizione dalla geografia, sono la
69
protezione dell'ecosistema, l'efficienza economica e la giustizia sociale, inclusa la tutela
dei diritti delle generazioni future.
3) Il sistema mondo e gli spazi di collaborazione. Il concetto di globalizzazione
coinvolge soprattutto la geografia, nella sua considerazione dell'ambiente esterno come
luogo di interazione con le comunità locali. La collaborazione universale favorisce lo
sviluppo di sistemi di comunicazione internazionali e di forme di interazione planetarie,
consente la diffusione di comportamenti sociali generalizzabili, crea aree di intervento
comune tra economia e politica, genera spazi definiti "bene comune dell'umanità".
4) La geografia degli ecosistemi. Sia a scala locale che a scala globale, l'ecosistema è
ormai considerato dai geografi il riferimento all'interno del quale interagiscono elementi
sociali e ambientali, dando origine a cambiamenti che generano nuovi sistemi geografici e
superando il tradizionale scenario costituito dai soli aspetti geomorfologici.
5) Identità dei sistemi locali. I sistemi locali, intesi come spazi organizzati dalle singole
comunità, vengono studiati sia nel loro ecosistema locale, sia in relazione ai riferimenti
globali, per poter spiegare e conoscere la loro strutturazione specifica, ma anche le loro
evoluzioni sociali e ambientali, le loro variazioni in base a sollecitazioni interne ed
esterne.
6) La scala geografica, strumento di comprensione. La scelta della scala di
riferimento sulla quale compiere studi ed elaborare teorie è prerogativa specifica della
conoscenza geografica. Il fine di ogni indagine deve essere quello di affinare lo spirito
critico per riflettere sul senso delle forme organizzate del territorio, locali o globali che
siano.
7) Interdisciplinarità come integrazione. La geografia è intesa come forma di
collaborazione interdisciplinare, in particolare tra scienze della natura e scienze della
società. Essa, infatti, utilizza le conoscenze derivate da altre materie per realizzare le
proprie rappresentazioni; ma in più, rispetto ad esse, aggiunge la possibilità di
sperimentare nuove interazioni, arrivando a proporre soluzioni innovative ed efficienti.
70
8) Rappresentazione. La rappresentazione cartografica, l'utilizzo di strumenti informatici
per costruirla, l'impiego di nuove chiavi di lettura, il perfezionamento delle simbologie
adottate e la sperimentazione di nuove soluzioni grafiche sono parte centrale di una
concezione moderna della geografia.
9) Simulazione e immaginazione. La rappresentazione geografica consente di
realizzare previsioni sul futuro dei sistemi geografici esistenti, ma anche di creare nuovi
sistemi geografici di riferimento, sviluppando la creatività dei ricercatori e favorendo
nuove soluzioni didattiche.
10) Valori. La rappresentazione geografica e gli studi sulle relazioni tra uomo e
ambiente permettono di accrescere la conoscenza dei valori naturali e umani specifici,
insiti in ciascun territorio e popolo. Oltre che favorirne il rispetto e tutelarne la legittima
singolarità, essi possono venire utilizzati anche come strumento per programmare forme
di organizzazione territoriale adeguate ai singoli ecosistemi, ponendosi quindi al servizio
di istituzioni politiche, civili e giudiziarie.
La fase attuale che la geografia italiana e internazionale stano attraversando è carica di
problemi da affrontare, sia nella conoscenza del mondo sia nelle soluzioni metodologiche
da sperimentare e adottare; sono proprio i nuovi strumenti ad offrire una visione
differente del mondo, rispetto al passato. E' stata, in un primo tempo, la geografia fisica
ad avvalersi di nuovi strumenti di informazione, quali il telerilevamento e l'immagine
satellitare, impiegandoli per realizzare previsioni meteorologiche accurate, ma anche per
molti altri studi sui fenomeni naturalistici. Il dettaglio sempre più preciso delle
informazioni raccolte ha permesso poi anche alla geografia umana di elaborare previsioni
sui cambiamenti e sul degrado dell'ambiente terrestre, sull'esaurirsi delle risorse naturali,
sul modificarsi del rapporto uomo-ambiente. In particolare l'Italia partecipa ai
programmi internazionali di monitoraggio dell'ambiente terrestre, approfondendo le
ricerche sulle zone costiere dell'area mediterranea, sul loro utilizzo e la loro gestione,
sulla prevenzione da catastrofi nelle zone a rischio.
Nel campo della geografia umana, con metodi di studio altrettanto innovatori (per
esempio, sia nel campo statistico-economico che nelle rilevazioni sociologiche e
71
psicologiche), sono stati pure approfonditi argomenti diversi rispetto al passato: dalla
produzione al consumo di energia, alla riorganizzazione degli spazi industriali,
all'evoluzione delle aree urbane, agli spostamenti di popolazione dalle zone arretrate del
mondo verso Paesi più progrediti, alle variazioni demografiche nelle varie regioni della
Terra.
Gli strumenti utilizzati e la collaborazione costante tra ricercatori di varie nazionalità, con
il potenziamento del lavoro d'équipe e l'integrazione con specialisti di discipline parallele,
permettono di approfondire lo studio di fenomeni sempre più complessi dell'evolvere
sociale, economico e tecnologico dell'umanità. Però, per essere pronti costantemente a
questo confronto internazionale è necessario che i geografi italiani si adeguino a quelli
che sono gli orientamenti degli altri Paesi, non solamente nel campo della ricerca (come
già avviene in molti campi), ma anche e soprattutto a partire dalla scuola, dai settori
formativi dei giovani.
A sostegno del lavoro dei docenti, nel 1954 è nata l'Associazione Italiana Insegnanti di
Geografia - AIIG, che ha tra le sue finalità il favorire l'incontro degli insegnanti di
discipline geografiche di ogni formazione e indirizzo; la promozione del loro
perfezionamento e dell'aggiornamento scientifico e didattico, nonché dell'incontro con
insegnanti di altre materie; il favorire la ricerca e la sperimentazione didattica. Oggi
l'Associazione conta 20 sedi regionali e 45 sezioni provinciali e "ricopre" quasi
totalmente il territorio nazionale.
Oltre all'AIIG, in Italia sono attive altre istituzioni, riferimenti importanti per insegnanti,
studiosi, ricercatori e appassionati di geografia. In campo accademico, una ventina di
Istituti o Dipartimenti universitari, esclusivamente dedicati all'insegnamento e
all'approfondimento di questa disciplina; circa 80 sezioni di geografia afferenti ad altri
Istituti o Dipartimenti, con relative cattedre di insegnamento; quasi 550 corsi di materie
geografiche, impartiti in 60 sedi universitarie. Ci sono, poi, strutture che operano
attivamente con le università e con gli insegnanti di geografia dei vari ordini scolastici
(per esempio, la Società Geografica Italiana e la Società di Studi Geografici di Firenze).
Oppure strutture parageografiche che, pur non occupandosi di ricerca e diffusione di
72
conoscenze geografiche, sono vicine al lavoro dei docenti della materia: l'Istituto
Geografico Militare, il Touring Club Italiano, l'Associazione Italiana di Cartografia.
Sempre più ricca anche l'opera delle collane editoriali specifiche, tra le quali spiccano le
"Memorie regionali illustrative della carta della utilizzazione del suolo d'Italia" (CNR), le
"Ricerche sulle dimore rurali in Italia", la serie delle "Memorie della Società Geografica
Italiana". Le case editrici hanno iniziato da tempo la pubblicazione di testi di ricerca
geografica, in alcuni casi creando collane apposite (l’Istituto Geografico De Agostini di
Novara, le Edizioni Unicopli di Milano, l'Editore Pàtron di Bologna, l'editrice La Nuova
Italia Scientifica di Roma, l'editore Giappichelli di Torino, l'editrice UTET di Torino,
l'editore Franco Angeli di Milano, l'editore Zanichelli di Bologna, l'editrice Il Mulino,
pure di Bologna, le Edizioni scolastiche Bruno Mondadori di Milano, la Garzanti Scuola
di Milano, l’editore Le Monnier di Firenze, l’Editrice Markes di Milano, la RCS libri di
Milano, e altre ancora). A queste pubblicazioni vanno aggiunte le riviste geografiche
scientifiche, tra le quali il "Bollettino della Società Geografica Italiana" e la "Rivista
geografica italiana" (della Società di Studi Geografici), e le riviste didattiche (dedicata
alla sola geografia la "Geografia nelle scuole" dell’AIIG). Tutto questo ampio materiale
di studio costituisce la base per la formazione e per l'aggiornamento continuo degli
insegnanti di geografia in ogni ordine di scuola.
4.2. Da dove partire?
Gino De Vecchis, docente dell'unica cattedra italiana di Didattica della geografia (presso
l'Università degli Studi di Roma), nel convegno "La geografia nella società e nella scuola
dell'Italia del 2000" (organizzato a Roma dall’AIIG Lazio nel dicembre 1997) ha
precisato che la continuità didattica è necessaria per assicurare all'alunno, nell'arco della
vita scolastica, un percorso formativo unitario, sistematico e globale. Per questo è da
ritenersi indispensabile, una stretta collaborazione tra gli insegnanti di una stessa classe,
ma anche tra professori di vari livelli scolastici, per favorire la presentazione agli studenti
di un processo formativo organico e correlato.
73
"Per studiare compiutamente relazioni e complessità spaziali, occorre dapprima
sviluppare il senso dello spazio e la sensibilità nei confronti dei luoghi [....]. Perciò è
importante che l'educazione geografica parta dai primissimi anni dell'esperienza
scolastica, con un processo educativo-didattico che conduca dall'attenzione per lo
spazio vissuto all'esame delle varie forme di organizzazione delle grandi aree
geografiche".
La continuità degli insegnamenti scolastici permette poi di sviluppare un programma
articolato su più anni, passando dalla trasmissione di concetti elementari per arrivare ad
analisi più complesse e differenziate. In particolare, si può iniziare da nozioni di
posizione, dall'esplorazione degli spazi conosciuti dagli studenti (casa, scuola, quartiere,
ecc.) e, con il proseguire delle classi, arrivare a più complesse associazioni reticolari, ad
approfondimenti su scala sempre più vasta, che richiedono anche la collaborazione di
altre discipline.
La scala di riferimento e il punto di vista dal quale osservare i fenomeni in atto sono gli
elementi essenziali per iniziare uno studio geografico; infatti consentono "di costruire
efficaci sequenze reticolari; di sviluppare numerose abilità, che convergono nella lettura
del territorio attraverso l'osservazione diretta e la cartografia; di creare un raccordo
stretto tra le discipline, moltiplicatore di effetti positivi; di formulare traguardi formativi di
carattere generale, fondamentali per l'uomo del 2000".
Si legge nella Relazione della Commissione ministeriale, citata all'inizio di questo libro
bianco, che uno dei problemi che la scuola italiana deve affrontare è quello della
"sostenibilità sociale, culturale e ambientale delle dinamiche dello sviluppo, in ordine
all'esigenza di coniugare le risorse disponibili con il bisogno di sicurezza e di aspettativa
individuale e collettiva del futuro". Le parole-chiave di questa affermazione ricorrono
abitualmente proprio negli studi geografici: diversità, ecosostenibilità, permanenza,
qualità della vita e globalità, e coincidono con gli elementi proposti per la geografia
italiana, riportati nel paragrafo precedente. Ciò fa ben pensare per il futuro, perché
rende gli obiettivi internazionali meno diversi da quelli che sembra si voglia prevedere
per il mondo scolastico italiano. Se da taluno non ci si è ancora accorti di questa
coincidenza di intenti e non si è saputo cogliere quanto di buono deriva
74
dall'insegnamento della geografia, vale la pena insistere con interventi di sensibilizzazione
e di rivalutazione della materia, portando, anche nelle pagine seguenti, esempi concreti di
quanto si sta già adottato o sperimentando nella scuola primaria e secondaria italiana.
La scuola primaria
Secondo il Decreto del Presidente della Repubblica del 12 febbraio 1985,
(supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 76 del 29 marzo 1985), nei programmi
didattici per la scuola primaria la geografia deve rilevare e interpretare i caratteri dei
paesaggi geografici, studiare i rapporti tra l'ambiente e le società umane, elaborare e
proporre modelli di spiegazione dell'intervento degli uomini sul territorio. Gli alunni
devono approfondire l'ambiente nella sua globalità, con elementi naturalistici e antropici,
con attenzione al concetto di spazio e agli effetti dell'uomo su di esso, rafforzando la
propria coscienza ecologica.
Trattandosi di studenti molto giovani, l'insegnamento della geografia deve partire dal loro
spazio vissuto (casa, scuola, quartiere, percorsi abituali, ecc.), utilizzando strumenti
metodologici semplici e un linguaggio appropriato, ma poco complesso, per arrivare a
descrizioni e analisi più articolate (individuazione della principali aree terrestri,
trasformazioni paesaggistiche, confronto tra città e campagna, Nord e Sud, rapporti
internazionali, ecc.).
Gli obiettivi da raggiungere sono la rappresentazione mentale dello spazio e dei suoi
sistemi di riferimento; l'osservazione dell'ambiente e dei suoi elementi costitutivi; il
confronto e la relazione tra gli elementi compositivi dell'ambiente; la scoperta,
l'osservazione anche indiretta e la descrizione di ambienti diversi da quello abituale;
l'utilizzo di mezzi diversi di descrizione linguistica e di rappresentazione grafica; la scelta,
la costruzione e l'interpretazione di mappe e carte relative ai diversi aspetti ambientali; la
ricerca di informazioni, l'affinamento della capacità di selezione e il controllo della
documentazione raccolta.
Gli strumenti a disposizione di studenti e insegnanti sono numerosi, dai libri di testo agli
atlanti e alle carte tematiche; inoltre possono essere utilizzati giornali, filmati televisivi,
documentari, racconti di viaggio, escursioni didattiche, per favorire un rapporto diretto
75
con l'ambiente, che stimoli successivi lavori di ricerca e di approfondimento. La
cooperazione e l'integrazione con altre discipline sono favorite, soprattutto con la storia
e le conoscenze sociali, l'educazione scientifica e l'educazione motoria. L'adozione di
metodologie specifiche e di strumenti tecnici adeguati non deve essere - secondo i
programmi ministeriali - fine a sé stessa, ma deve contribuire all'accrescimento di
conoscenze legate ad un itinerario di ricerca sugli ambienti.
La scuola media inferiore
Più articolati, rispetto alla scuola elementare, sono i programmi per la scuola media (DM
9/02/1979, supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 50 del 20/2/1979): le finalità
e gli obiettivi della geografia sono quelli di indagare fenomeni e sistemi antropofisici in
una visione dinamica di tutti gli elementi, naturali e umani, che concorrono a configurare
l'assetto del territorio. Gli alunni devono arrivare a sviluppare spirito critico nei confronti
della realtà, considerando gli elementi culturali, sociali, politici, economici e naturali che
concorrono alla determinazione di ogni ambito regionale specifico. L'elaborazione di
concetti e la formulazione di ipotesi secondo un metodo scientifico sono alla base della
formazione geografica della scuola media: alla semplice descrizione dei fenomeni si
aggiunge la formulazione critica di problemi e la ricerca di soluzioni agli stessi.
Si suggerisce agli insegnanti di partire dalla realtà nota agli studenti, analizzando i
paesaggi conosciuti o avvicinabili, individuando gli elementi che li compongono,
cogliendo funzioni e relazioni, scoprendo gli interventi dell'uomo sull'ambiente,
confrontando territori diversi. L'accostamento a discipline quali la storia e le scienze è
indispensabile per offrire ai ragazzi una visione completa su quanto stanno
approfondendo, ma sono utili anche stimolazioni che provengono dall'esterno della
scuola, incontri con esperti, visite guidate, lettura di giornali, e così via. Fine ultimo del
lavoro è quello di mettere gli alunni in grado di ricostruire un quadro unitario regionale,
nazionale ed internazionale, riferito non solo ai confini amministrativi, ma nel quale siano
considerate tutte le principali componenti naturali e antropiche e le relazioni che tra esse
si possono sviluppare.
76
L'attenzione per la superficie terrestre, nella sua articolazione in regioni e Stati, è il filo
conduttore dei programmi del triennio. Per facilitare la trasmissione di una mentalità
geografica, gli insegnanti devono intendere la classe come un laboratorio di ricerca, nel
quale siano presenti strumenti idonei, si introducano codici di rappresentazione e
interpretazione dei dati, si promuovano letture adeguate, si attuino operazioni manuali, si
adottino diversi metodi d'indagine, si organizzino scambi epistolari con l'estero, si
realizzino attività esterne all'edificio scolastico.
L'articolazione annuale dei programmi segue una traccia precisa, che si sviluppa per
cerchi concentrici e con raffronti continui tra l'Italia, l'Europa e il resto del mondo.
Durante il primo anno gli studenti approfondiscono i principali aspetti geografici fisici,
biologici, antropici e socio-economici del paesaggio locale. Cominciando dalla realtà
regionale si arriva allo studio particolare dell'Italia e delle interazioni tra uomo e
territorio. Nel secondo anno gli alunni utilizzano le conoscenze acquisite per indagare
sull'Europa e sull'area mediterranea in termini socio-politico-economici. L'ultimo anno
vengono svolti temi generali, riguardanti i Paesi del mondo confrontati con l'Europa e
l'Italia, riflettendo su problemi antropici, culturali, politici ed economici e sulle relazioni
tra i popoli e con l'ambiente.
Il biennio superiore
La visione di una geografia come di una scienza viva, con una sua precisa specificità di
oggetto e di metodo, è stata pienamente recepita nei programmi della Commissione
Brocca (dal nome dal sottosegretario al Ministero della Pubblica Istruzione grazie al
quale, nel 1991-1992, è stata avviata una sperimentazione didattica in scuole superiori
di tutti gli indirizzi, bienni e trienni). Il progetto, infatti, mette in guardia dalla separazione
dei contenuti fisico-naturalistici, attribuiti troppo spesso solamente alle scienze della
Terra, da quelli antropico-economici che costituiscono il campo specifico della
geografia.
In particolare, per gli indirizzi classico, linguistico, socio-psico-pedagogico, scientifico,
artistico, scientifico-tecnologico e tecnologico, si prevede un approfondimento della
geografia rispetto ai contenuti antropici tipici della materia. L'orientamento didattico dei
77
bienni è impostato sul sistema uomo-ambiente e sulle sue articolazioni, ossia sullo "studio
delle modalità seguite dai gruppi umani nell'organizzazione del territorio, con una
scansione che, partendo dai caratteri fondamentali di tale rapporto, presenta via via i
vari settori economici con i relativi riflessi spaziali e sociali". In altri termini, la geografia
in questa fase didattica dovrebbe evidenziare tutto il suo aspetto di scienza "in divenire",
in grado di presentare le diverse responsabilità umane e le prospettive future. Invece,
nell'indirizzo economico (triennio economico-aziendale e linguistico-aziendale) è
proposta una geografia politico-economica di respiro mondiale, con agganci alla
situazione locale, analisi settoriali e spaziali del mondo produttivo, dai rami tradizionali a
quelli innovativi, e evidenziazione degli squilibri territoriali e ambientali. Stupisce che,
dopo queste premesse, nel 1997-1998 si sia avviata la sperimentazione del biennio, in
150 Istituti italiani, cancellando totalmente la geografia come materia curricolare.
L'attuazione dei programmi richiederebbe comunque, da parte del docente, una nuova
mentalità di approccio, un metodo di lavoro basato sull'operatività e una valorizzazione
massima delle potenzialità interdisciplinari. I settori tematici in cui è stato suddiviso il
progetto sono molto ampi e indicano le linee essenziali da trattare attraverso la scelta
degli argomenti significativi proposti. Si parte da un'analisi della geografia generale per
arrivare ad applicare i concetti astratti a situazioni territoriali specifiche, calate in realtà
concrete (casi di studio regionali) attraverso lo studio compiuto a diverse scale (italiana,
europea, mediterranea, extraeuropea). Pur ripresentandosi molte delle tematiche già
affrontate nella scuola primaria e nella media inferiore, si accentuano ora giustamente gli
aspetti problematici della realtà geografica nazionale e mondiale, stimolando negli alunni
quelle capacità critiche che troppo spesso si appiattiscono sotto l'effetto normalizzante
dei mass-media.
I temi generali sono i seguenti:
Sistema uomo-ambiente: l'uomo viene studiato nei vari contesti ambientali naturali in
cui si è inserito e che ha modificato; gli ecosistemi antropizzati che si vengono a formare
sono determinati dal diverso livello tecnologico con cui sono sfruttate le risorse presenti
sul territorio.
Spazi rurali nell'economia tradizionale: evoluzione dell'economia dalle forme primitive
di sussistenza (caccia e raccolta, agricoltura e pastorizia tradizionali) ai sistemi meglio
78
organizzati; si studiano i paesaggi generati, le aggregazioni umane, la genesi delle città
come frutto del surplus agricolo, la nascita del settore terziario, i sistemi di
comunicazione.
Spazi industriali: evoluzione economica cominciata con le rivoluzioni industriali (prima,
seconda e terza), dallo sfruttamento di risorse energetiche (carbone, petrolio, elettricità,
ecc.) ai recenti sistemi informatici e telematici. Si studiano le cause e le conseguenze del
fenomeno industriale sugli insediamenti, sui trasporti, sulle città, inquadrate nel loro ruolo
direzionale, derivato dal mutare dei processi economici.
Città, aree metropolitane e reti urbane: espressione dell'attuale organizzazione
economica mondiale, gerarchie e relazioni fra centri, espansione del sistema di vita
urbano e formazione di vaste aree metropolitane, o megalopoli. Si studiano le sedi del
terziario avanzato nel loro ruolo di centri di potere tecnologico e finanziario in grado di
influenzare l'economia mondiale e l'assetto degli spazi extraurbani.
Spazi extraurbani: sistemi agricoli e di allevamento avanzati e sistemi del "tempo libero"
(turismo e parchi naturalistici), guidati dai centri di diversa ampiezza, evidenziando il
ruolo direzionale delle metropoli dei Paesi sviluppati.
Squilibri territoriali: analisi della disparità socio-economiche tra le diverse aree del
mondo, valutata su differenti scale di riferimento (intraurbana, regionale, nazionale e
internazionale). Si studiano lo sviluppo e il sottosviluppo delle zone della Terra,
approfondendo le cause, i riflessi territoriali e sociali, le alterazioni agli ecosistemi, le
prospettive.
Squilibri ambientali: studio dei vari inquinamenti della Terra, dei problemi ambientali a
scala mondiale, delle calamità derivate dal cattivo uso dell'ecosistema, della limitatezza
delle risorse.
L'area di progetto nel triennio superiore
In ogni caso, i programmi per il biennio e il triennio (che non sono susseguenti, ma
alternativi) devono avere caratteristiche precise: durante i primi due anni prevalgono
l'acquisizione di strategie per l'aggiornamento delle conoscenze; la capacità di cogliere le
relazioni tra concetti concreti ed astratti; la capacità di affrontare i vari problemi con
spirito creativo. Nel triennio gli obiettivi importanti sono la capacità di saper affrontare le
nuove situazioni adottando metodologie innovative; la selezione delle informazioni;
79
l'individuazione di strategie per l'acquisizione di nuove conoscenze; l'applicazione di
conoscenze preesistenti a nuovi contesti; l'esplorazione di nuove soluzioni e
metodologie. In una parola, nel biennio prevale una visione sistemica, mentre nel triennio
si evidenzia una modellizzazione interpretativa.
Uno degli aspetti innovativi proposti dal Progetto Brocca per il triennio della scuola
secondaria, è l'area di progetto, intesa come attività che "deve portare al
coinvolgimento e alla concreta collaborazione interdisciplinare estesa ad alcune
e/o a tutte le discipline". La proposta consiste nell'elaborare un progetto di ricerca
interdisciplinare che "affronti un tipico tema della conoscenza o un problema pratico,
rappresentativo di una classe di problemi di rilevante interesse". Non si tratta di un'idea
di recente creazione, ma di un'iniziativa che fece la sua comparsa già negli anni Settanta,
in alcune sperimentazioni destinate alla scuola superiore.
Il fine dell'area di progetto è quello di "formare atteggiamenti mentali e incoraggiare
comportamenti ispirati a procedimenti di tipo euristico. [...] La metodologia adottata è
basata sull'interdisciplinarità come ricerca di rapporti tra discipline e come itinerario
didattico esplicitamente finalizzato e progettato per affrontare alcuni problemi complessi
da molteplici punti di vista, tutti necessari a trovare soluzioni adeguate". Dalla sua
introduzione, l'area di progetto è stata completamente integrata anche nel triennio di
numerosi Istituti tecnici; ad essa è destinato un numero di ore non superiore al dieci per
cento del monte ore annuo delle discipline coinvolte in questa attività.
Numerosi esempi di applicazione dell'area di progetto sono documentati costantemente
nella "Geografia nelle Scuole", rivista ufficiale dell'AIIG. Tra essi si può citare, a titolo di
semplice esempio, la realizzazione di un opuscolo promozionale per una specifica
località, il quale valorizzi, con traduzioni in più lingue, tutti gli aspetti turistici del posto,
l'offerta ricettiva, le manifestazioni folkloristiche. Oppure la realizzazione di una ricerca
che definisca le possibili direttrici di sviluppo di un agglomerato urbano, partendo da
strumenti cartografici e collaborando con gli enti locali territoriali. Oppure, ancora, lo
svolgimento di uno studio su problemi ambientali relativi al territorio noto agli studenti,
da realizzarsi con indagini sul campo e questionari rivolti alla popolazione.
80
In tutti gli indirizzi scolastici superiori è possibile adottare questa sperimentazione, così
come far ricorso agli stage presso aziende ed enti coerenti con l’indirizzo scolastico
interessato, ma gli indirizzi maggiormente vicini a questi strumenti sono l'economico
aziendale, il linguistico aziendale, il biologico, il turistico, quello legato a trasporti e
comunicazioni, quello territoriale-ambientale. Il Consiglio di classe deve approvare la
proposta di ricerca, attraverso una discussione sull'analisi di fattibilità e una definizione
delle risorse didattiche disponibili (insegnanti coinvolti, competenze esterne, modalità di
lavoro, schemi interpretativi adottati, tempi di realizzazione, produzione di materiali e
documentazioni, modalità di verifica, ecc.). A questo proposito, si consiglia la
consultazione del testo di C. Morra, L. Benincasa, Costruiamo la geografia, guida al
corso Progetto-Terra, edito nel 1998 da Markes, Milano.
Seguendo questa traccia, gli studenti compiono un percorso educativo interdisciplinare,
che porta alla comprensione del valore e degli apporti che ogni materia reca alla
soluzione di un problema. Poiché non si tratta solamente di uno scambio di informazioni
tra i vari insegnamenti, sono previsti seminari, percorsi analitici distinti nei singoli ambiti
disciplinari e percorsi di sintesi. Il progetto può articolarsi all'interno degli ultimi due anni
della scuola secondaria superiore, e le attività svolte nelle classi terminali sono valutate
sia ai fini dell'ammissione all'esame conclusivo sia in sede di giudizio finale.
La geografia è abitualmente coinvolta tra le discipline interessate alla realizzazione del
progetto. Infatti, alcuni temi proposti per essere sviluppati sono il rapporto tra le risorse
naturali, la loro esauribilità, le modalità di utilizzazione e l'organizzazione delle risorse
umane. La geografia, come interfaccia tra scienze umane, sociali e della Terra non
poteva mancare all'interno di questa sperimentazione; essa, infatti, dà indicazioni su
nuovi metodi per percepire e rappresentare il mondo con potenziali effetti positivi, in
particolare in relazione alla teoria dello sviluppo sostenibile. Gli strumenti che devono
essere messi a disposizione degli studenti sono, tra gli altri, atlanti geografici e raccolte di
dati statistici, testi scolastici, articoli di giornali e di riviste divulgative o settoriali, ma
anche programmi di software per rappresentazioni grafiche e cartografiche. I criteri di
valutazione del lavoro devono tener conto della variabile temporale: è necessario
stabilire delle tappe intermedie di verifica sullo stato di avanzamento del progetto, oltre,
naturalmente, alla sua valutazione finale, che avviene in sede interdisciplinare.
81
Il Progetto Igea
Tra le sperimentazioni più diffuse nelle scuole secondarie (ormai stabilizzato come
ordinamento normale, con il DM 31/01/1996, n. 122), e di maggior interesse per la
geografia, c'è il Progetto Igea (Indirizzo giuridico economico aziendale), attivato
nell'anno scolastico 1984-1985 e la cui ultima revisione è avvenuta nell'anno scolastico
1990-1991. Nel progetto si riconosce che il ragioniere perito commerciale, "oltre a
possedere una consistente cultura generale, accompagnata da buone capacità
linguistico-espressive e logico-interpretative, [...] dovrà essere in grado di analizzare i
rapporti fra l'azienda e l'ambiente in cui opera, per proporre soluzioni a problemi
specifici".
Per questo motivo, l'obiettivo delle ore di insegnamento della geografia economica (tre
ore settimanali nel terzo e quinto anno, due ore nel quarto anno) è quello di "portare gli
studenti ad una conoscenza razionale della distribuzione nello spazio di fenomeni e fatti,
fondata sulla capacità di comprensione per ciò che li circonda, attraverso l'uso di
strumenti bibliografici, documentari e tecnico-operativi finalizzati a valutare la qualità
dell'ambiente ed a raffigurarsi, con la maggiore precisione possibile, la scena degli eventi
locali e mondiali".
Rispetto all'apprendimento nozionistico e mnemonico, nei nuovi programmi si dà spazio
ad un'impostazione della geografia di tipo tematico e strutturata per problemi,
introducendo concetti innovatori, come l'analisi territoriale, la complessità delle reti di
relazione e di flussi di persone, merci e informazioni, e così via. La geografia economica
del Progetto Igea offre maggiori possibilità di sperimentazione diretta da parte degli
alunni, da svolgersi attraverso la ricerca, l'elaborazione di dati e l'ausilio di
rappresentazioni grafiche e cartografiche.
In particolare, l'attenzione della geografia economica si sofferma sullo studio di uno
spazio specifico e consente di rispondere a domande quali la posizione assoluta e
relativa, l'orientamento e la direzione, l'estensione, la distanza, e spiega le ragioni delle
varie scelte ubicative, della distribuzione e differenziazione spaziale di fatti e fenomeni.
82
Inoltre, introduce un nuovo elemento, il concetto di spazio relazionale, che tiene conto
dei rapporti tra cose e cose, tra uomini e cose, tra uomini e uomini.
La geografia economica nel Progetto Igea segue una visione globale e sistematica per
temi riferiti a grandi regioni geografiche (intese come sistemi territoriali con relazioni
politico-economiche e culturali), concentrando l'attenzione su argomenti diversi a
seconda delle classi scolastiche. Durante il terzo anno si approfondiscono temi legati
all'unicità territoriale dell'Europa, in cui viene inserita l'Italia, con particolare riferimento
alle realtà note agli studenti. Nel quarto anno si suggerisce di trattare le varie parti del
mondo, differenziate sia seconde le tradizionali suddivisioni territoriali della superficie
terrestre, sia come spazi circoscritti (i citati sistemi territoriali), significativi per la
comprensione di situazioni economiche esemplificative (concetti quali Paesi ad economia
avanzata, Paesi a sviluppo tardivo, Paesi arretrati, ecc.). Vengono analizzati i paesaggi e
i mutamenti fisici, economici, sociali, politici e ambientali che li determinano.
Durante l'ultimo anno gli studenti affrontano la geopolitica e le problematiche relative alle
aree marginali, periferiche e centrali, con tematiche legate all'organizzazione degli spazi,
ai rapporti tra l'uomo e le risorse utili per la costruzione di un territorio. Anche in questo
caso il rapporto uomo-ambiente è analizzato soprattutto sotto un profilo economico, in
termini di bisogno da soddisfare, di risorse disponibili e di distribuzione delle stesse.
Non mancano, comunque, riferimenti alla proiezione delle attività economiche
sull'ambiente e alle trasformazioni che generano squilibri ambientali e territoriali.
La metodologia adottata dal Progetto ha un'impostazione critica ed operativa, che
consente di interpretare le rappresentazioni spaziali, elaborando riflessioni e giudizi che
portano ad un confronto con altre realtà territoriali. Inoltre, non ci si limita a una
semplice descrizione di fatti, ma si spingono gli studenti a esplorare le condizioni
geografiche di ogni trasformazione. Diventano importanti l'osservazione diretta e
indiretta dei fenomeni e dei territori, la verifica dello sviluppo di accadimenti spaziali, la
valutazione delle leggi riconosciute e l'efficacia delle conclusioni normative applicate. Si
suggerisce agli insegnanti di accompagnare gli alunni in escursioni, visite a musei, aree
archeologiche, parchi, unità produttive oppure di coinvolgerli nella raccolta di elementi
iconografici e di archivio.
83
L'obiettivo finale è quello di affrontare argomenti scolastici in maniera scientificamente
valida, agile e vivace, ma anche quello di sensibilizzare i ragazzi nei confronti di temi di
attualità, perché si sentano di contribuire responsabilmente allo sviluppo della realtà in
cui vivono.
Il Progetto Erica
Nel 1989 è nato il progetto di sperimentazione per l'indirizzo linguistico aziendale,
denominato Erica e rivolto agli Istituti tecnici per periti aziendali e per corrispondenti in
lingue estere. Il programma parte da "una visione del mondo ampia, articolata e priva di
pregiudizi" e fa leva sull'impostazione di un atteggiamento interculturale da sviluppare
negli studenti, inteso come "coscienza di una realtà multiculturale e come percezione
della diversità come varietà e ricchezza di apporti da affiancare, piuttosto che da
contrapporre, alla propria cultura".
Secondo questo orientamento, la geografia deve occupare un ruolo rilevante nella
pratica didattica, per favorire la comprensione delle realtà in cui si sono sviluppate lingue
e culture diverse. Il Progetto Erica, che si inserisce nella strutturazione del Progetto Igea,
propone per il triennio superiore alcuni obiettivi, come "portare lo studente alla
comprensione di ciò che attiene all'ambiente geografico; mettere a punto capacità di
rappresentare dei fenomeni su carte tematiche attraverso l'impiego di diagrammi e
cartogrammi; fornire chiavi di lettura e quindi di interpretazione dei dati raccolti
nell'ambito geografico-antropico attraverso l'osservazione e il rilevamento mediante
questionari e compendi statistici".
La programmazione si distingue in argomenti istituzionali e in temi di approfondimento
scelti dal docente. Durante il terzo anno gli studenti approfondiscono l'Italia sotto
l'aspetto fisico (clima, rilievo, morfologia, acque interne, coste), l'aspetto politicoamministrativo (regioni, enti locali, minoranze linguistiche) e l'aspetto economico (attività
primarie, secondarie e terziarie). Nel quarto anno vengono svolti argomenti riguardanti i
Paesi del terzo Mondo, nelle varie articolazioni regionali (Paesi arabo-musulmani, Africa
a sud del Sahara, regione indiana, Paesi latino-americani). Nell'ultimo anno si studia il
"modello di sviluppo conseguente alla rivoluzione industriale". La sperimentazione
84
presenta peraltro alcuni problemi, per una certa dispersività e per la difficoltà di
aggiornare i contenuti (analizzati in sole due ore settimanali per ogni anno), e per la
prevalenza di un orientamento quasi esclusivamente di tipo economico nelle informazioni
trasmesse agli studenti.
Il Progetto Iter
All'inizio degli anni Novanta è nato il Progetto di sperimentazione degli istituti tecnici per
il turismo, nel quale si riconosce che il settore turistico necessita, per il suo
funzionamento ed il suo corretto sviluppo, di personale preparato non solo a livello
esecutivo, ma anche in compiti di coordinamento e promozione intermedia. L'Istituto
tecnico per il turismo deve essere in grado di "dare un massimo di cultura turistica ed un
minimo di competenze esecutive". Deve, dunque, offrire una formazione culturale
generale (obiettivo comune a tutta l'istruzione secondaria superiore); una formazione di
solida competenza linguistica e comunicativa, come strumento di interscambio
pratico, ma anche come mezzo per comprendere la "cultura" dei viaggiatori stranieri; una
formazione di adeguata competenza professionale, intesa come la capacità di gestire
una piccola o media azienda turistica in modo efficace e moderno.
Nel Progetto la geografia compare nel triennio (due ore settimanali), a differenza della
precedente struttura dell'ITT, ove la disciplina occupava l'intero quinquennio per due
ore settimanali, e ad essa spetta il compito di "evidenziare la complessità dei quadri
territoriali, la loro varietà naturalistica ed antropica, e altresì di cogliere le relazioni
esistenti tra i vari elementi del fenomeno turistico, peculiare della civiltà urbana,
industriale e postindustriale attuale". Lo studio dei paesaggi deve essere pertanto
orientato "in modo tale da evidenziare come, nella complessità dell'organizzazione
moderna, in alcune aree la funzione ricreativa diviene predominante, tanto da far
emergere su tutte le altre, la caratteristica di ambiente ludico". Tuttavia non devono
essere trascurati i segni di una paleogeografia e di una storia umana antica, che hanno
profondamente condizionato la vita culturale;. Da ciò la "necessità di approfondire, per
ogni paesaggio preso in esame, sia fenomeni fisici susseguitisi nei tempi geologici, sia
vicende dell'uomo che in esso è vissuto". In tale prospettiva sono richiesti opportuni
collegamenti con le discipline turistiche e con materie quali arte e territorio.
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Il Progetto prevede, durante il terzo anno di corso, lo studio degli ambienti europei, con
particolare attenzione all'Italia; nel quarto anno, lo studio dell'ex Unione Sovietica,
dell'Asia e dell'Oceania; mentre, nel quinto anno, lo studio geografico è rivolto all'area
africana e alle Americhe. Di ciascun ambiente vengono delineate le caratteristiche
fisiche, antropiche, storiche, artistiche, politiche, economiche e delle comunicazioni.
Inoltre, per ogni ambiente viene sviluppato un itinerario e sono analizzate le località
turistiche campione. Particolare attenzione deve essere riservata, nel primo anno del
triennio, oltre all'Italia, ai Paesi di cui viene studiata la lingua straniera. Il progetto invita i
docenti ad utilizzare dati aggiornati e sussidi audiovisivi, nonché ad usare con assiduità
diagrammi, carte tematiche, generali e stradali. Le esperienze di escursioni, di viaggi di
istruzione (da considerare come attività curricolare e non integrativa) e di visite in città
devono essere oggetto di preventivo studio interdisciplinare. Obiettivo ultimo del
Progetto Iter è "portare lo studente alla comprensione delle interdipendenze di tutti i
fenomeni all'interno di un quadro ambientale; mettere a punto capacità di orientarsi e di
fare scelte ragionate nell'ambito del settore del turismo; sviluppare la comprensione delle
modalità con cui l'attività turistica si inserisce in un sistema territoriale e la comprensione
degli effetti positivi e negativi che derivano da tale inserimento". Al termine del triennio,
gli studenti devono essere in grado di elaborare un progetto di ricerca interdisciplinare
sulla globalità e sui singoli elementi del sistema turistico locale.
L'istruzione professionale
I nuovi programmi per gli Istituti professionali sono stati definiti nel 1992 (corsi di
qualifica triennali) e nel 1994 (corsi di postqualifica biennali, per un totale di cinque anni
di studi). Il Progetto '92 per l'istruzione professionale si è ispirato al modello dei bienni
economici (privi della geografia, in quanto la materia è stata inserita al terzo anno di
alcuni indirizzi, eventualmente proseguendo negli anni postqualifica). Negli Istituti
professionali per i servizi commerciali e turistici le ore di lezione settimanali della materia
sono tre al terzo anno (geografia economica oppure geografia economica e turistica, in
base all'orientamento per operatore aziendale o turistico), due al quarto anno (geografia
delle risorse oppure geografia turistica, per tecnici della gestione aziendale e tecnici dei
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servizi turistici) e due per l'ultimo anno dei tecnici dei servizi turistici (geografia turistica).
Invece, l'insegnamento manca al quinto anno dell'indirizzo per operatori aziendali.
Per quanto riguarda gli Istituti professionali per i servizi alberghieri e della ristorazione, le
ore di geografia del terzo anno sono tre (geografia delle risorse culturali e turistiche per
gli operatori ai servizi di ricevimento), mentre quelle della quarta e della quinta classe per
tecnici dei servizi turistici sono due per anno (geografia turistica). Le maggiori difficoltà
didattiche sono dovute alla poca disponibilità di tempo per approfondire gli argomenti, a
discapito soprattutto degli alunni che scelgono di non proseguire l'iter scolastico dopo il
terzo anno di studi. Ma l'inconveniente riguarda anche coloro che proseguono fino al
quinto anno.
Per gli altri ordini di scuole superiori, tutto è ancora da definire, sicché in relazione ad
essi è importante riflettere - come si propone in questo libro bianco - sulla funzione della
geografia in quegli ambiti scolastici.
La preparazione universitaria dei docenti
E’ questo uno dei problemi più gravi da affrontare, perché - come già si è
ricordato al paragrafo 1.1. - gran parte dell’insegnamento della geografia nella
scuola media è affidato a docenti che a ciò hanno dato poca o nulla attenzione,
essendosi specializzati in altre discipline, quali la letteratura italiana, la storia, le
scienze naturali o l’economia. Paradossale è che in certi Istituti delle scuole
secondarie, dove pure esistono specialisti dell’insegnamento della geografia, essa
sia stata talora affidata a docenti di diversa materia.
Per ovviare a questo gravissimo inconveniente non vi è che l’obbligo di acquisire in sede
universitaria una precisa competenza geografica, attraverso
appositi curricoli
disciplinari, pur collocati in Facoltà e Corsi di laurea diversi. La disponibilità di
insegnanti specialisti di geografia potrebbe consentirne una più sistematica utilizzazione
futura in virtù della "verticalizzazione" delle strutture scolastiche, come si programma di
realizzare accorpando istituti di diverso livello, per ottenere una migliore efficienza
amministrativa e didattica.
87
Ideale sarebbe che i docenti di geografia ricevessero una specifica istruzione in appositi
Corsi di laurea, che tuttavia per il momento esistono - come si è già detto - solamente a
Roma e a Genova, ma che dovrebbero auspicabilmente essere istituiti anche in molte
altre università. Osservando nel dettaglio l'articolazione del Corso di laurea in geografia,
si può notare che, per portare a termine il percorso di studi, gli studenti devono aver
superato le prove di esame relative ad almeno 21 annualità, riferite sia a corsi annuali
monodisciplinari sia a corsi semestrali e trimestrali articolati in corsi integrati, purché
corrispondenti alla durata complessiva di un'annualità. Dopo un primo biennio comune,
gli indirizzi che possono essere scelti sono quello teorico-didattico (la Didattica della
geografia è entrata solo recentemente a far parte delle discipline per cui è prevista la
docenza universitaria e l'unica cattedra presente sul territorio nazionale è, come si è
detto, a Roma) e quello applicativo, che hanno obiettivi formativi ben distinti.
Nel primo biennio, comune ai due indirizzi, gli studenti devono superare 11 annualità,
comprese nelle seguenti sei aree disciplinari: geografia generale, per l'acquisizione di
cognizioni geografiche di base; statistico-matematica, approfondendo concetti di
matematica e statistica descrittiva, utili per l'uso di strumenti di calcolo e per
l'elaborazione di coefficienti, indici e diagrammi; cartografica, sviluppata attraverso la
lettura e l'interpretazione dei prodotti cartografici e l'elaborazione di carte
geotopologiche, cartogrammi e carte geotematiche; ambientale, per la conoscenza di
processi biologici che modificano e determinano l'ambiente geografico, ma anche di
implicazioni ambientali da parte dell'attività umana; economico-politica, con lo studio dei
sistemi economici e delle dinamiche dei processi di sviluppo; storica, con lo studio di
base della storia, in particolare riferendosi alla storia delle attività umane.
Nel secondo biennio le annualità da superare sono dieci, alcune specifiche, altre a scelta
tra una lista di insegnamenti proposta dalle singole Facoltà. L'indirizzo teorico-didattico
ha come obiettivo quello di "fornire un quadro professionale mirato all'acquisizione delle
conoscenze teoriche relative ai fenomeni geografici e ai processi territoriali, con
riferimento anche alle esigenze della didattica". Le aree disciplinari individuate sono
cinque: geoambientale, geostorica, etnoantropologica, sociologica e di ricerca sul
territorio, didattica. L'indirizzo applicativo, invece, ha come finalità educativa quella
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dell'acquisizione "di metodi e tecniche per l'osservazione e l'interpretazione delle realtà
geografiche, riguardo all'insediamento urbano e ai sistemi territoriali". Le aree disciplinari
sono quattro: sistemi geografico-urbani, sistemi economico-territoriali, area giuridicoistituzionale, metodi della geografia.
4.3. Altre sperimentazioni in corso
L'importanza della geografia nella formazione e nella crescita dei giovani è già stata
messa in evidenza in pagine precedenti, sottolineando la necessità di partire spesso da
situazioni particolari ben note agli studenti, per arrivare a casi più generali. La traccia da
seguire è quella di procedere dal particolare fino alle situazioni generali, dal dettaglio alla
sintesi e alla visione globale. Di seguito sono indicate, come esempio, alcune
sperimentazioni didattiche non convenzionali, suggerite per rendere più efficace
l'insegnamento della geografia, ovviamente adattandole, nella loro minore o maggiore
complessità, ai diversi livelli scolastici.
Costruzione di un atlante storico della propria famiglia, facendo disegnare agli
alunni una carta geografica con indicati i luoghi di nascita, di lavoro e gli spostamenti
principali dei genitori, nonni, avi (fino a dove è possibile risalire). La carta può essere
aggiornata in qualunque momento e arricchita con materiale fotografico, lettere,
certificati di nascita, fotocopie di documenti importanti, e così via. L'esercizio consente
agli allievi di abituarsi all'utilizzo di carte geografiche; di riflettere sulla localizzazione dei
fenomeni antropici, all'interno di varie morfologie territoriali; di riconoscere i caratteri
specifici delle regioni in cui si sviluppano i fenomeni individuali; di analizzare gli
spostamenti migratori; di sollecitare un confronto tra immagini ricordate e realtà.
Disegnare a memoria la carta geografica del luogo in cui gli alunni hanno
trascorso le ultime vacanze, oppure quella del quartiere o della località in cui essi
vivono. Un successivo confronto con la cartografia ufficiale consente di sottolineare e
valutare le differenze e le distorsioni dalla realtà. L'esercizio introduce spiegazioni sulla
diversità di scala rappresentativa. Si può chiedere agli alunni di corredare il lavoro con
schizzi paesaggistici in prospettiva orizzontale oppure si può proporre di scrivere una
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breve descrizione del territorio esaminato, evidenziando il panorama, il clima, la
popolazione, le attività economiche. L'obiettivo didattico è quello di far acquisire ai
ragazzi una corretta metodologia per la conoscenza geografica di un territorio,
rafforzando la propria posizione all'interno di una realtà specifica.
Descrivere, in uno spazio limitato di cartelle, un luogo lontano, noto ma non
conosciuto per esperienza diretta. L'esercizio consente di verificare l'influenza dei
mass-media e dei vari strumenti di informazione nel formare un'immagine geografica
presso i ragazzi. Permette, inoltre, di conoscere come la loro personale capacità
immaginativa elabori e trasformi dati (o stereotipi), producendo alla fine una geografia
soggettiva della superficie terrestre. Conclude il lavoro un confronto con i dati oggettivi
del territorio descritto, per abituare gli allievi ad un certo realismo e per renderli
consapevoli delle loro capacità di personalizzare la visione del mondo. Questa seconda
fase introduce a tutta la tematica della documentazione geografica, fino all'utilizzo più
recente di Internet.
Descrivere un fenomeno fisico particolarmente eclatante e direttamente
conosciuto (temporale improvviso, nebbia fitta, eclissi, terremoto, inondazione,
mareggiata, ecc.), effettuando poi un opportuno confronto con le spiegazioni
scientifiche. Le descrizioni possono essere presentate in forma orale, magari attraverso
una registrazione, che consenta di variare la metodologia didattica e di mettere alla
prova le capacità degli studenti di costruire interventi logici, sintetici, coordinati, in un
linguaggio adeguato alle specifiche situazioni.
Svolgere una ricerca su un problema di organizzazione territoriale presente nel
territorio noto agli studenti (per esempio, l'inquinamento atmosferico, il traffico
veicolare, la progettazione di un ponte, la costruzione di una nuova strada, la
dotazione di strutture ricreative, il recupero di un'area degradata, ecc.). L'esercizio
è più adatto ad alunni di classi superiori, rispetto alle sperimentazioni precedenti, e può
essere svolto in piccoli gruppi di studio all'interno della scolaresca, coinvolgendo anche
la popolazione del quartiere o del luogo interessato. Il procedimento da seguire consiste
nell'individuazione di un campione rappresentativo di persone da intervistare;
nell'elaborazione di un questionario adeguato, composto di risposte "chiuse" e vincolanti
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e di risposte "aperte" da ricondurre a classi omogenee di riferimento; nell'interpretazione
dei risultati finali del questionario e nel loro confronto con la realtà e le proposte
politiche presenti nel dibattito locale. Gli alunni possono migliorare la conoscenza del
proprio ambiente di vita (arrivando anche ad un inserimento attivo nella realtà sociale
locale) e imparano a interrogare correttamente le persone per ottenere risposte
significative. La presentazione dei risultati dell'inchiesta può essere corredata da
materiale cartografico e illustrativo.
Proporre una riflessione su un testo letterario avente specifici riferimenti
geografici. Partendo dal testo si possono stimolare gli alunni all'identificazione di
caratteri geografici abitualmente attribuiti al territorio prescelto da enciclopedie e
documenti tradizionali; integrando l'analisi con carte, illustrazioni, descrizioni. Il lavoro
viene concluso con un confronto tra il testo letterario e le informazioni geografiche
abituali, sottolineando differenze e concordanze. In alcuni casi, la lettura del testo
letterario fornisce l'occasione per più approfondite indagini sul territorio studiato.
Alcune considerazioni su questo tipo di soluzione didattica sono state fatte durante il
convegno "Viaggio e racconti di viaggio nella esperienza di giovani e adulti"
(organizzato dal TCI alla Università degli Studi di Milano, novembre 1997). Negli atti
dell'incontro è riportata una sintesi delle esperienze fatte da insegnanti delle scuole
primarie e secondarie (inferiori e superiori), seguendo come traccia di lavoro la lettura di
racconti e libri di viaggio, oppure di descrizioni di luoghi realizzate da autori famosi. Il
lavoro può limitarsi ad una riflessione sulla strutturazione tematica dei testi proposti; può
anche dare avvio ad esercitazioni più creative: tabelloni tematici su una località, arricchiti
con contributi scritti, immagini, grafici, ecc.; realizzazione di ricerche integrative a quanto
letto; programmazione di percorsi turistici per una determinata zona; creazione di
volantini pubblicitari che evidenzino le caratteristiche di un territorio; ricerche realizzate
con strumenti multimediali; organizzazione di visite scolastiche educative, seguendo
percorsi tracciati da scrittori famosi e riconoscendo i luoghi descritti; e così via, secondo
il tempo disponibile per l'esercitazione e in base alla possibilità di collaborare con
docenti di altre discipline.
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Lo scopo di tutti gli esercizi didattici proposti, così come quello della geografia in
generale, è quello di conoscere meglio e più approfonditamente l'organizzazione
territoriale della superficie terrestre e dei suoi abitanti, per arrivare a valutare e gestire la
propria presenza in ogni contesto. L'utilizzo di questionari come strumenti didattici in particolar modo legati al tema del viaggio, con le valenze formative messe in
evidenza nel secondo capitolo - è una delle soluzioni prospettate. Le domande, alle quali
gli studenti sono invitati a rispondere, tendono a stimolare nuovi modi di guardare
esperienze di loro viaggi già realizzate, oppure ad avvicinarsi in modo corretto e non
banale alla conoscenza di nuove realtà, nelle quali proporsi di viaggiare in futuro. La
finalità del lavoro è quella di spingere ad una corretta conoscenza di un itinerario o di un
territorio, attraverso una semplice metodologia e un buon uso delle fonti bibliografiche.
Da questo tipo di approccio deriva spesso il desiderio di compiere ricerche più
approfondite, ma soprattutto la presentazione di ricerche geografiche regionali risulta
meno astratta e più comprensibile, rispetto alla semplice esposizione dei libri di testo o
alla presentazione espressa tramite una lezione frontale. Alcuni dei temi proposti agli
studenti (e ricordati nel Convegno citato) sono stati "Un mio viaggio come protocollo di
ricerca geografica", "Il viaggio, esperienza geografica e incontro di culture", "Appunti per
un viaggio sognato". Le risposte dei ragazzi, strutturate nel rispetto di una scala di punti
da sviluppare, indicata dal docente, sono state commentate in aula in un secondo
momento. Oltre a vivacizzare l'insegnamento, l'esercizio permette di avvicinare gli
studenti allo studio attivo, da parte loro, di alcune aree regionali, partendo dalle
conoscenze personali, e favorisce una sorta di "meditazione a posteriori" su alcune
esperienze di vita, spesso vissute altrimenti con scarsa consapevolezza.
Oltre al tema del viaggio, agli studenti possono venire proposti altri argomenti di
approfondimento, lasciando maggiore libertà di scelta riguardo alla forma
letteraria da seguire. Ad esempio, si può chiedere agli alunni di compiere una lettura
geografia di un luogo famoso della propria città (una piazza, una via, un
monumento, ecc.), mettendo in evidenza gli elementi reali e quelli umani che
contribuiscono a definire il luogo individuato. Tale lettura deve essere, tuttavia,
immaginata come se fosse eseguita da un personaggio diverso da colui che scrive,
sforzandosi di identificarsi nella sua ottica. Nell'elaborato si deve tener conto del
92
momento in cui si suppone si determinino le impressioni descritte e vanno fornite
informazioni sulla fisicità e la storia del luogo selezionato. Il testo deve essere circoscritto
a non più di alcune cartelle e può essere realizzato da singoli alunni o da piccoli gruppi.
Lo scopo dell'esercizio è quello di sottolineare la differenza di punti di vista degli
osservatori, dalla quale deriva una molteplicità di soggettive "geografie". Questa
sperimentazione - tipicamente interdisciplinare tra geografia, psicologia e materie
letterarie - è stata proposta agli studenti di un Corso di geografia dell’Università di
Milano durante l'anno accademico 1997-1998, chiedendo di descrivere la Piazza del
Duomo di Milano. I risultati emersi sono stati molto interessanti: oltre a presentare
dettagli specifici sulla località, curiose sono state le scelte dei "testimoni" da cui partire,
documentando lo sforzo degli studenti di capire e rispettare questi punti di vista, anche
molto diversi dai propri (come sono, ad esempio, quelli di molti recenti immigrati).
Durante lo stesso corso è stata proposta agli studenti un'altra esercitazione, nella quale si
è chiesto di scrivere una tesina di circa dieci cartelle, riguardante una città di
piccole dimensioni situata in Asia orientale. La località doveva essere preferibilmente
poco nota e non doveva essere mai stata visitata da coloro che erano stati chiamati a
descriverla. Lo stile letterario, utilizzato per tale lavoro, poteva essere scelto tra le
seguenti soluzioni: a) una lezione da tenere agli alunni di una scuola media; b) una
relazione redatta per un uomo d'affari in procinto di partire per quella città per motivi di
lavoro; c) un programma di viaggio per turisti; d) una metafora letteraria (racconto, libro
di viaggio, ecc.) a scelta dello studente.
Nell'elaborato si è comunque richiesto di far comparire chiaramente tutti gli elementi
identificativi di una regione (clima, morfologia, economia, popolazione, e così via). La
documentazione sulla città considerata poteva essere presa da qualsiasi fonte ritenuta
utile (giornali, racconti di viaggio, riviste, quotidiani, ricerche e comunicazioni da
Internet). Soprattutto fra coloro che hanno preferito la stesura di un testo letterario, i
risultati del lavoro sono stati molto creativi, ma anche altrettanto geograficamente
accurati.
La grande adesione a queste sperimentazioni da parte degli studenti e l'impegno
dimostrato nella realizzazione degli esercizi dimostrano che, proponendo la geografia in
93
maniera innovativa e attraverso una partecipazione diretta degli alunni, pur nel quadro di
riflessioni complessive più generali, si possono ottenere ottimi risultati didattici. Le
informazioni così raccolte e rielaborate rimangono sicuramente più impresse e vengono
ricordate con più facilità, permettendo di compiere continui rimandi anche ad altre
discipline, oppure richiami utili allo studio e alla comprensione di altri territori del mondo.
Anche sul versante della geografia economica si ha notizia di molte interessanti
sperimentazioni didattiche. Esse utilizzano metodologie assai varie (e frequentemente
informatizzate), spesso facendo ricorso a simulazioni di casi territoriali conosciuti dagli
allievi. L’estensione all'esame di casi in altri Paesi allarga queste possibilità quasi
all'infinito. Un tipo di esercitazione utile per rendere consapevoli gli studenti della
complessità del sistema produttivo e dei consumi, ormai integrato a livello mondiale,
consiste, ad esempio (come suggerisce Fabrizio Eva), nell’individuare più prodotti,
trovare il luogo della loro produzione e del loro confezionamento, identificare la
sede delle società produttrici; e dopo di ciò evidenziare su una carte geografica i
luoghi individuati. Il semplice atto di collegare con una linea quei punti al luogo dove si
trovano gli studenti rende immediatamente visibile il ventaglio dei collegamenti e la
dimensione spaziale del fenomeno produttivo e distributivo di quei beni. Risultano
abbastanza interessanti, ad esempio, certi prodotti alimentari (banane, ananas, pepe,
formaggi, ecc.). Altri prodotti di tipico consumo giovanile (scarpe sportive, computer,
motorini) o come camicie, pantaloni, berretti consentono di costruire una mappa delle
rotte marittime e/o dei percorsi ferroviari o aerei necessari per il trasporto di quei
prodotti dai luoghi di produzione a quelli di consumo.
Un altro esempio di progetto didattico (proposto da Cristina Morra) è quello di
affrontare il complesso tema della mondializzazione e dello sviluppo, seguendo un
percorso modulare di geografia economica. L'argomento si presta ad un lavoro
interdisciplinare di economia politica e storia, che può essere trattato dal solo insegnante
di geografia oppure può richiedere la collaborazione di docenti delle altre materie
interessate. Le finalità sono quelle di richiamare l'attenzione degli studenti (generalmente
quelli del quinto anno di alcuni Istituti tecnici) sulle modalità di origine e manifestazione
del fenomeno della globalizzazione e sui probabili riflessi di esso sui cambiamenti nelle
diverse aree mondiali, con le possibili tendenze evolutive. Le unità didattiche in cui si
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può articolare il modulo sono le seguenti: 1) I vari aspetti della mondializzazione e le
sue premesse geografiche, storiche ed economiche (origine del "mondo-villaggio" e
inizio dell'occidentalizzazione del mondo; sviluppo economico e tecnologico dalle
rivoluzioni industriali alla globalizzazione in atto); 2) Centro e periferia nel mondo
d'oggi: le diverse forme dello squilibrio territoriale (concetti di regioni centrali e
periferiche nel corso della storia; squilibrio economico, sociale e demografico attuale);
3) Il Sud del mondo (la convivenza di "vari Sud"; i circoli viziosi del sottosviluppo; le
cause e i possibili rimedi al sottosviluppo). La metodologia da seguire può far ricorso
alla proiezione di audiovisivi; alla lettura in classe di articoli di attualità presi da quotidiani
e riviste; al lavoro di gruppo degli alunni, per approfondire ognuna delle unità didattiche
indicate attraverso l'esame di grafici, carte tematiche, tabelle statistiche, la costruzione di
tabelle riassuntive, la stesura di relazioni; al dibattito in classe sui risultati del lavoro da
parte dei vari gruppi.
Anche per quanto riguarda la geografia regionale ed economica è possibile dare alcune
indicazioni di sperimentazione. Ad esempio (sempre su indicazione di Cristina Morra),
sul tema della prospettiva dell'integrazione europea, che ben si lega ai programmi del
terzo anno di molti Istituti tecnici, quando gli studenti affrontano lo studio dell'Europa in
generale, delle sue regioni e dell'Unione europea. Il progetto può essere svolto dal solo
insegnante di geografia oppure può costituire la base per un'eventuale area di progetto.
Le finalità del lavoro sono quelle di sviluppare negli alunni conoscenze di analogie e
diversità fra la regione centro-atlantica e quella mediterranea, all'interno dell'Europa. Si
deve dare risalto alle diverse realtà ambientali, umane, storiche, istituzionali, sociali ed
economiche delle due aree. L'obiettivo finale è che gli studenti migliorino la propria
capacità di orientamento e di aggiornamento autonomo sui fenomeni indicati, in modo da
essere in grado di seguirne autonomamente l'evoluzione, come cittadini europei. Il
modulo proposto è articolato in tre parti: 1) La geografia dell'Europa (diversità e
complementarità delle aree centro-atlantica e mediterranea, sul piano fisico, antropico
ed economico); 2) La spinta unitaria e la nascita della Comunità europea; 3) Dalla
Comunità all'Unione europea (le tappe dell'integrazione economica e le
prospettive di unione politica). Il progetto richiede da parte degli studenti capacità di
consultare testi, riviste, atlanti e repertori; interpretazione di tabelle statistiche, grafici,
carte tematiche; collocazione di fenomeni nello spazio e nel tempo; sintesi ed
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espressione di concetti e dati. La verifica può basarsi sia sulla realizzazione di un
elaborato scritto, ottenuto attraverso una collaborazione di più studenti, sia
sull'esposizione orale di ogni singolo alunno su un argomento specifico della ricerca.
Infine, un altro esempio di sperimentazione didattica riguarda la geografia urbana e in
particolare l'approfondimento del tema del fenomeno urbano nel mondo d'oggi. La
trattazione di un argomento così complesso richiama l'attenzione alla dimensione
geografica (territoriale e socio-economica) e il recupero della dimensione storica
(evoluzione delle città nel tempo). Qualunque sia l'orientamento preferito dall'insegnante
e dagli studenti, non va trascurata l'analisi degli aspetti funzionali e urbanistici, legati al
mutare delle relazioni tra città e ambiti regionali più o meno vasti, fino a giungere alla
sfera mondiale. I fini di questo modulo prevedono la comprensione della complessità del
fenomeno urbano odierno; del forte dinamismo delle città e della loro priorità nella
determinazione dell'assetto territoriale di vaste regioni; delle diversità delle reti urbane
nel mondo; dell'esplosione urbana estremamente problematica e non funzionale allo
sviluppo economico nelle aree sottosviluppate. Anche in questo caso le unità didattiche
proposte sono tre: 1) Nascita ed evoluzione della città (in particolare, evoluzione delle
funzioni urbane in Europa); 2) Il fenomeno urbano nei Paesi avanzati (tipologie dei
sistemi urbani dei paesi avanzati; caratteri e problematiche delle megalopoli del mondo;
nuovi fenomeni in corso nel rapporto città/campagna, nei Paesi avanzati); 3) Il
fenomeno urbano nei Paesi in via di sviluppo (dinamiche dell'accrescimento della
popolazione nelle città del Terzo mondo; funzioni, dimensioni anomale, differenze
interne, degrado e problemi; cause demografiche, economiche e sociali dell'esodo rurale
del terzo mondo). Il progetto sviluppa la capacità di consultare atlanti e repertori; di
localizzare un fenomeno nello spazio e nel tempo; di leggere la pianta di una città; di
interpretare carte tematiche e grafici.
4.4. "Moduli" e "crediti"
Ognuno dei temi di studio esemplificativi ricordati nel paragrafo precedente può porsi
come oggetto di didattica a moduli interdisciplinari, peraltro già sperimentati nella scuola
media inferiore a partire dalla fine degli anni Settanta (legge 4/8/1977, n. 517).
96
Ugualmente si può dire dei grandi temi proposti da Adalberto Vallega per adeguarsi ai
migliori livelli internazionali dell’insegnamento geografico (vedasi il paragrafo 4.1.). I
"moduli" possono consistere in temi di interesse generale o in itinerari percorribili su
problemi di comune attenzione da parte di più discipline, meglio se vicini agli interessi
giovanili. Nella didattica modulare bisogna che ogni insegnamento si pieghi con umiltà ad
un dialogo con altre esperienze disciplinari, senza tuttavia perdere la sua specificità. E’
una questione di equilibrio. I caratteri essenziali delle singole materie debbono essere
proposti agli alunni con autonomia da parte di ognuna di esse, mentre una parte delle
risorse (di tempo e di energie) può essere dedicata ad attività modulari. Già, del resto,
esiste a questo proposito la positiva esperienza delle "aree di progetto" (ricordate al
paragrafo 4.2.), che consente ai docenti di dedicare a questo tipo di iniziative una
percentuale precisa delle ore curricolari previste per l’insegnamento di ogni materia.
Connesso al problema dei "moduli" didattici è anche quello dei "crediti" nella valutazione
dei risultati scolastici di apprendimento. Essi si prestano bene a valorizzare proprio i
lavori modulari e favoriscono, accanto ad elementi imprescindibili di conoscenze
specifiche relative ad ogni indirizzo scolastico, l’espressione di una più autonoma scelta
dei singoli alunni nei rispettivi percorsi didattici. E’ dunque auspicabile che dall’università
(dove si sta peraltro cominciando solo ora ad applicare questo sistema di valutazione) si
passi poi ad un suo più ampio impiego anche nelle scuole secondarie, naturalmente
dapprima solo in via sperimentale, perché questa metodologia di valutazione è
comunque molto complessa e delicata (non forse nell’attuazione, ma certamente nella
sua formulazione).
Il terzo tema, inevitabilmente collegato a quello dei moduli e dei crediti, è l’ampliamento
dell’autonomia scolastica dei singoli Istituti o Licei. Gran parte di quella autonomia e
discrezionalità nella scelta degli itinerari didattici si realizzerà infatti, probabilmente,
proprio a questo proposito. Ciò dovrebbe consentire una valorizzazione di tutte le
energie disponibili in ogni sede scolastica. Tuttavia potrebbe anche svilupparsi talora, tra
le varie istituzioni scolastiche, una sorta di concorrenza nel rendere più agevoli i propri
percorsi didattici: certamente preoccupante fino a che permanga il valore legale dei titoli
scolastici. Sarebbe certamente ingiusto (e forse lo è già in certi casi) attribuire identico
97
valore legale a risultati scolastici che obiettivamente avessero (o già hanno) qualità del
tutto diversa.
4.5. Orientamenti operativi
Rispetto al presente
Dal 40° Convegno Nazionale dell'AIIG, svoltosi a Messina il 21 ottobre 1997, sono
emerse alcune considerazioni e proposte sulla riforma della scuola italiana e sulla
posizione della geografia al suo interno. "L'ignoranza dell'evoluzione della disciplina
geografica provoca in molti l'errato convincimento della sua inutilità, facendo confondere
l'insegnamento della materia con aridi elenchi di nomi o di dati statistici, mentre le
moderne tematiche connesse allo studio del territorio [...], non vengono identificate con
la geografia, ma ritenute pertinenti ad altre discipline [...]; nonostante l'azione di
sensibilizzazione e le concrete proposte di equa collocazione della disciplina nella scuola
secondaria superiore [...] le Direzioni generali del MPI hanno continuato a ridurre, o a
sopprimere, l'insegnamento della geografia in vari tipi di scuole". Per contro, gli
insegnanti ribadiscono che "la geografia ha una sua identità specifica ed insopprimibile di
disciplina autonoma: lungi dall'essere la somma di conoscenze tratte da altre discipline,
essa spiega l'organizzazione umana dello spazio terrestre, proponendo un approccio
globale allo studio dell'ambiente umano in una logica sistemica [...]; la geografia ha una
funzione culturale ed educativa da svolgere autonomamente nella formazione giovanile di
futuri cittadini informati e responsabili [...]; di conseguenza non è logico smembrare e
diluire alcune parti della geografia in programmi d'insegnamento di altre discipline".
Seguono, poi, cinque richieste precise.
- Le Commissioni ministeriali per le sperimentazioni dovrebbero riconoscere i contenuti
culturali ed educativi della geografia, attribuendole uno specifico spazio di intervento
nella scuola superiore.
- Le Direzioni generali del MPI dei vari rami dovrebbero correggere il piano di studi dei
nuovi bienni sperimentali, introducendo in tutti gli indirizzi almeno due ore (al primo e al
98
secondo anno) di geografia umana, con i programmi di insegnamento rinnovati, già
sperimentati nei bienni Brocca.
- La Direzione generale per l'Istruzione tecnica dovrebbe introdurre la geografia
economica nel triennio dell'Indirizzo per ragionieri-programmatori (ordinario e
sperimentale), con programmi simili a quelli dell'Igea, oppure del triennio economico
Brocca; dovrebbe introdurre la geografia come materia autonoma nel corso serale per
ragionieri Sirio; dovrebbe introdurre la geografia nel biennio della sperimentazione Iter
degli Istituti tecnici per il turismo; dovrebbe riportare ad un congruo numero di ore
d'insegnamento la geografia nelle sperimentazioni dell'Istituto tecnico nautico, con
programmi aderenti alle varie specializzazioni; si dovrebbe inoltre introdurre lo studio
della geografia nell'Istituto tecnico aeronautico.
- La Direzione generale per l'Istruzione professionale dovrebbe inserire nel biennio del
Progetto '92 istituzionalizzato due ore (al primo e al secondo anno) di geografia umana,
con programmi simili al biennio Brocca; dovrebbe inoltre inserire due ore di geografia
economica al quinto anno del corso per gli operatori della gestione aziendale.
- Le singole Direzioni generali dovrebbero affidare l'insegnamento della geografia a
docenti in possesso di specifica professionalità (classe 39/A), rispettando i pareri
espressi in proposito dal Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione.
A queste indicazioni, nel febbraio 1998, l'Associazione ha aggiunto una
proposta/richiesta indirizzata alla Direzione generale per l'istruzione tecnica, con l'intento
di sollecitare l'introduzione dell'insegnamento della geografia politico-economica, affidata
alla classe 39/A, nei futuri trienni dei Licei tecnici per le attività gestionali. D'altra parte
l'AIIG aveva già inviato al Ministro della Pubblica Istruzione (in data 19 marzo 1997) un
documento analogo a quello di Messina, nel quale si ribadiva la necessità di prendere
provvedimenti in favore dell'insegnamento della geografia nella scuola secondaria
italiana. In quell'occasione, l'Associazione chiedeva che la geografia, qualora fosse
presente una cattedra specifica, venisse affidata sempre - e soltanto - a docenti
specialisti; si studiasse la possibilità di separare la geografia dalle materie letterarie, là
dove sussistesse tale aggregazione, o che, in tali casi, il reclutamento dei docenti
avvenisse con la garanzia di adeguata preparazione geografica; la geografia venisse
reinserita nelle classi degli Istituti tecnici e professionali dalle quali è stata espulsa con
99
provvedimenti amministrativi (Indirizzo programmatori, Progetto '92); la geografia
venisse considerata materia comune in tutti i bienni.
Rispetto al futuro
Al di là degli opportuni provvedimenti prima ricordati per rimontare il venir meno, ormai
prolungato e immotivato, della geografia nella scuola secondaria, si pone un problema
più ampio e generale, proprio ora (1998) all’esame del Parlamento: quello cioè della
generale riforma della scuola secondaria superiore. Ciò impone uno sforzo del
legislatore di guardare al presente, ma anche ad un non facile futuro; di guardare
all’Italia, ma anche all’Europa e al mondo, in cui sempre più dovranno domani operare i
nostri alunni di oggi. Proprio per il raggiungimento di quegli scopi enunciati dalla
Commissione ministeriale dei 39 "saggi" (cui si è fatto riferimento all’inizio di questo libro
bianco), la geografia può dare un contributo insostituibile all’interno delle nuove strutture
scolastiche.
A questo proposito, così si esprime un documento firmato dai presidenti delle
Associazioni che riuniscono la totalità di quanti coltivano la geografia in Italia, operando
nelle università, nelle istituzioni e nelle scuole. Le firme sono quelle di Luciano Lago
(AGeI), Peris Persi (AIIG), Franco Salvatori (SGI) e Paolo Roberto Federici (Società
di Studi Geografici): "Sulle nuove versioni del mondo v'è spazio, utilità e grande
responsabilità perché si eserciti la riflessione del geografo: scienziato che cerca di capire,
ma anche cittadino del mondo, che vorrebbe gli uomini potessero vivere più
serenamente di quanto spesso oggi accada, in pace tra loro e nel rispetto della natura".
"Sul piano politico istituzionale è quindi indispensabile scalfire i ben noti veti che
vengono posti alla geografia dalle fortissime cordate delle altre discipline e su quello
scientifico-culturale predisporre alcune occasioni, come quella attuale della riforma del
mondo della scuola. Ciò per favorire il rinnovamento e il riposizionamento dei contenuti,
delle metodologie e delle prospettive della disciplina (peraltro già in buona parte
anticipati all'interno dei nuovi programmi per il biennio della secondaria), per una scelta
nuova, di una nuova e positiva proposta culturale.
100
"In un momento in cui la complessità della vita sociale richiede chiavi di lettura sempre
più articolate, per poterla correttamente interpretare, e i fatti economici e sociali sono
densi di implicazioni geografiche, è assai importante che il discente del Duemila disponga
di una preparazione adeguata sui nuovi orizzonti metodologici e scientifici della moderna
geografia: scienza del territorio per eccellenza e scienza delle interagenze tra lo scenario
ambientale e le società, protese verso una migliore qualità della vita". Anche in sede
internazionale si opera in questo senso. La prima iniziativa dell’Eugeo (Società
Geografica Europea con sede a Bruxelles, promossa proprio dalla Società Geografica
Italiana) è stata appunto quella di avviare il potenziamento e soprattutto l’avvicinamento
didattico della geografia nei diversi Paesi dell’Unione Europea, tendendo ad adeguarli
agli standard più elevati, che sono quelli della Germania, Francia e Inghilterra.
In questo quadro si pone la necessità che ogni disciplina curricolare (quindi naturalmente
anche la geografia) sappia collaborare con tutte le altre per facilitare agli allievi una
visione sintetica dei problemi del nostro tempo e delle loro difficili soluzioni. Così, in
particolare, la geografia saprà certamente collaborare con le scienze della Terra
per la ricostruzione dei quadri antropo-naturalistici più antichi; con la storia per
interpretare le trasformazioni dei quadri geografici del passato e di quelli stessi
attuali; con economia, diritto, sociologia, antropologia e pedagogia per “leggere”
sotto profili complementari le realtà contemporanee; infine (e ormai avviene
sempre più frequentemente in Italia e all’estero) perfino con la psicologia per
capire il rapporto degli uomini con il loro ambiente, la loro diversa percezione
delle realtà geografiche, nonché i loro diversi e variabili comportamenti rispetto
ad esse. In sede di collaborazione didattica più stretta e continuativa il binomio
geografia-storia è forse quello più facilmente e universalmente praticabile.
Già si è ricordata (al paragrafo 4.4.) la tecnica didattica dei "moduli" come una delle
strade significative per realizzare questi obiettivi, ma soprattutto bisogna appellarsi alla
sapienza, alla lungimiranza e alla generosità degli insegnanti di tutte le discipline per
imparare a dialogare tra loro con spirito collaborativo: unica via per trasmettere ai propri
allievi la capacità di capire un poco meglio il mondo, rispettando le sue diversità e i
diversi punti di vista dai quali esso può venire percepito, conosciuto e vissuto.
101
5. Conclusioni
Nell'acceso dibattito, scaturito sui giornali italiani dopo la presentazione del progetto e
riportato, in termini generali, nel primo capitolo di questo studio, anche il Touring Club
Italiano e la Società Geografica Italiana hanno voluto realizzare un contributo in favore
di una disciplina che tanto può favorire alla conoscenza del mondo, proprio in un
momento storico in cui esso sta entrando a far parte della vita quotidiana di ognuno. La
geografia, infatti, ha in sé tutte le caratteristiche per sviluppare un'educazione
interdisciplinare nella formazione culturale delle persone. Muovendo da una
tradizione antichissima, la materia è continuamente rinnovata nei metodi e nei contenuti,
qualificandosi come scienza dell'organizzazione umana dello spazio; scienza che fornisce
l'indispensabile dimensione territoriale dei fatti ambientali, sociali, economici e politici.
Eppure, dall’analisi riportata nel terzo capitolo risulta che, negli anni Settanta, la
percentuale media di ore di insegnamento della geografia, rispetto alla totalità delle ore
di lezione settimanali, per tutte le classi nei vari tipi di scuole, era attorno al 3 per cento.
In epoche più recenti, si è assistito ad un calo progressivo delle ore di lezione dedicate
alla materia: nelle Sperimentazioni assistite degli anni Ottanta la percentuale è scesa
all'1,7 per cento. Inoltre, per i prossimi anni, seguendo le indicazioni del Ministero,
si può prevedere una discesa precipitosa allo 0,5 per cento.
La protesta avviata da molti professori e studiosi, preoccupati per il futuro di un
insegnamento ritenuto fondamentale nella formazione dell'individuo e del cittadino, è
giustificata dall'impressione che, mentre si discute di riforme e di grandi trasformazioni
per la scuola del futuro, si stiano modificando i curricoli per dare spazio a insegnamenti
certamente importanti, ma soprattutto che hanno maggiore forza corporativa nel quadro
accademico generale. Nella fattispecie si stanno sottraendo alla geografia la sua
tradizionale autonomia e la funzione di sintesi, che da sempre essa esercita tra i
saperi umani, nella decodifica (cioè nella lettura e spiegazione) del paesaggio e
della dinamica di organizzazione territoriale (naturalistica e antropica).
103
La geografia propone un approccio globale ai problemi, e pertanto non si
sovrappone agli apporti settoriali delle altre discipline, bensì li integra; come tale è
la scienza che cerca di spiegare i caratteri dei luoghi e la distribuzione delle comunità
umane, gli aspetti e gli eventi che accadono e si sviluppano sulla superficie terrestre. Ha
a che fare con le interazioni ambiente-comunità umane nel contesto di specifici luoghi e
localizzazioni. In particolare, sono da sottolinearsi il suo indiscusso valore formativo, la
sua funzione di sintesi e di superamento delle conoscenze provenienti dalle altre
discipline e la sua attenzione per i temi della gestione futura di relazioni uomo-ambiente.
In un quadro scolastico moderno e modulare si pone la necessità che ogni disciplina
sappia collaborare con tutte le altre per facilitare agli allievi una visione organica dei
problemi del nostro tempo e delle loro difficili soluzioni. La geografia è una disciplina
trasversale e, in particolare, instaura legami tra gli insegnamenti della natura e quelli della
società: attinge conoscenze altrove per inquadrarle in apparati teorici e metodologici,
che niente hanno a che fare con i modi con cui vengono impartite nei siti disciplinari di
partenza. Essa, peraltro, collabora con le scienze della Terra per la ricostruzione dei
quadri antropo-naturalistici più antichi; con la storia per interpretare le trasformazioni dei
quadri geografici del passato e di quelli attuali; con economia, diritto, sociologia,
antropologia e pedagogia per "leggere" sotto profili complementari le realtà
contemporanee; infine, con la psicologia per capire il rapporto degli uomini con il loro
ambiente, la loro diversa percezione delle realtà geografiche, nonché i loro diversi e
variabili comportamenti rispetto ad esse.
In Italia, i programmi di insegnamento della geografia, malgrado la poca disponibilità di
ore dedicate alla materia, hanno raggiunto livelli qualitativi molto apprezzabili, attraverso
un avvicinamento allo studio della realtà e del territorio, ma anche con la scelta di
soluzioni metodologiche avanzate e sperimentali. La continuità degli insegnamenti
permette di sviluppare un programma articolato su più anni, passando dalla trasmissione
di concetti elementari per arrivare ad analisi più complesse e differenziate. All'interno
della scuola può essere utile dare ampio spazio a sperimentazioni didattiche che
incuriosiscano gli studenti e facilitino l'apprendimento. In senso più generale, i
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geografi italiani devono poter sviluppare il loro lavoro di ricerca e di educazione
avvalendosi della cooperazione di studiosi di altri Paesi.
Il confronto con gli orientamenti internazionali può essere di stimolo a migliorare
non solamente nel campo della ricerca, ma anche nel settore scolastico. L'Eugeo
(Società Geografica Europea con sede a Bruxelles, promossa dalla Società Geografica
Italiana) ha avviato il potenziamento e l’avvicinamento didattico della geografia nei
diversi Paesi dell’Unione Europea, tendendo ad adeguarli agli standard più elevati, che
sono quelli di Germania, Francia e Inghilterra. In questa direzione, un contributo
significativo può derivare anche dall'adesione ai contenuti proposti dall’International
Charter on Geographical Education, dell’International Geographical Union - IGU
(1992).
Per concludere, sembrano opportuni alcuni suggerimenti per la rivalutazione e il rilancio
della geografia in Italia. Non si tratta di proposte tecniche, individuate per ogni Indirizzo
di scuola specifico (per le quali si rimanda al paragrafo 4.5., dove sono riportate le
indicazioni dell'Associazione Italiana Insegnanti di Geografia al Governo). Sono, invece,
considerazioni più generali, che riguardano la geografia nel suo complesso, anche al là
del settore scolastico.
1. Riconoscere l’autonomia e la funzione formativa della geografia
E' giusto riconoscere l'autonomia dell'insegnamento della geografia in ogni ordine di
scuole, per il suo specifico valore formativo, nonché per la funzione di sintesi che da
sempre essa esercita tra i saperi umani, nella decodifica (cioè nella lettura e spiegazione)
del paesaggio e della dinamica di organizzazione territoriale, naturalistica e antropica.
2. Adeguare la situazione italiana a quella internazionale
E' necessario che l'atteggiamento italiano nei confronti della geografia si adegui a quello
dei maggiori Paesi industrializzati, per non incorrere in un allontanamento della nostra
nazione da una collaborazione sovranazionale, dovuto alla mancanza di impostazioni
didattiche e di orientamenti comuni, di finalità e di metodologie di studio integrabili con
quelle straniere più avanzate.
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3. Attribuire alla geografia uno spazio specifico nel campo scolastico
Le Commissioni ministeriali per le sperimentazioni devono riconoscere i contenuti
culturali ed educativi della geografia, attribuendole uno specifico spazio di intervento
nella scuola media superiore. La geografia deve essere inserita di diritto in un sistema
scolastico modulare, per la sua vocazione interdisciplinare, volta a sollecitare
collaborazioni intense con altre materie che si occupano dello studio del territorio e dei
suoi abitanti.
4. Assegnare l’insegnamento della geografia a docenti in possesso di specifica
professionalità
Le singole Direzioni generali del Ministero della Pubblica Istruzione devono affidare
l'insegnamento della geografia a docenti in possesso di specifica professionalità (classe
39/A), rispettando i pareri espressi in proposito dal Consiglio Nazionale della Pubblica
Istruzione. Vanno individuate le facoltà di provenienza dei futuri docenti di geografia,
inserendo nei candidati, oltre ai laureati in geografia, lettere ed economia, anche quelli in
scienze politiche, purché tutti abbiano superato un adeguato numero di esami di
geografia.
5. Migliorare gli interventi di aggiornamento e formazione degli insegnanti
E' necessario incrementare e aggiornare le attività nel campo dell'aggiornamento e della
formazione degli insegnanti di geografia. Entrambi i momenti vanno intesi come strumenti
indispensabili di raccordo tra docenti, programmi didattici, informazione scientifica e
ricerca. Essi devono garantire agli insegnanti una preparazione sempre adeguata alle
richieste degli alunni e alle esigenze della scuola e della società.
106
Bibliografia
Di seguito sono riportate le indicazioni bibliografiche di alcuni testi, la cui lettura e
consultazione può essere utile per approfondire i principali temi trattati in questo libro bianco.
Aavv, Global Change, Local Challange, Human Dimensions of Global Environmental Change
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Aavv, Issues in Global Change Research: Problems, Data and Programmes, Human
Dimensions of Global Environmental, Report n. 6, Leszek A. Kosinski Editor, Geneve, 1996
Barbavara L., Sapere e saper fare in geografia. Proposta di livelli minimi per il biennio
Brocca, in Geografia nelle Scuole, 6/1996, pp. 19-20
Bernardi C. (a cura di), Dalla geografia nozionistica alla geografia scientifica applicata, la
scuola verso i problemi del territorio e della società, Bologna, Pàtron, 1990
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Capel H., Filososia e scienza nella geografia contemporanea, Milano, Unicopli, 1987
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Corna-Pellegrini G., Il Mosaico del Mondo - Esperimento di geografia culturale, Roma,
Carocci Editore, 1998.
Corna-Pellegrini G., Geografia come desiderio: di viaggiare e di capire, Milano, Unicopli.
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