Master in Politiche di Genere nel mondo del
lavoro
Project Work
LINEE GUIDA PER PRATICARE LA CONCILIAZIONE
LAVORO E FAMIGLIA NELLE ORGANIZZAZIONI.
Dalle esperienze di buone prassi agli orientamenti per l’azione
Giulia Zoanetti
Anno accademico 2010-2011
INDICE
Introduzione ………………………………………………………………………………….3
1. CONTESTO TEORICO ……………………………………………………………..4
1.1 L’esigenza di conciliare lavoro e famiglia ……………………………………...4
1.2 Le opportunità della legge n. 53/2000 …………………………………………..6
1.2.1
L’importanza della cultura organizzativa ………………………………...9
1.3 Considerazioni generali ………………………………………………………..10
2. CONTESTO EMPIRICO …………………………………………………………...13
2.1 Alcuni dati sulla situazione lavorativa delle donne nella regione Toscana ……13
2.2 La figura della Consigliera di parità della provincia di Firenze ……………….14
2.2.1
Le iniziative attuate sul territorio fiorentino …………………………….15
3. OBBIETTIVI ……………………………………………………………………….19
4. ATTIVITÀ ………………………………………………………………………….21
4.1 Identificazione delle organizzazioni …………………………………………...21
4.2 Costruzione e realizzazione delle interviste …………………………………...22
5. ANALISI ……………………………………………………………………………24
5.1 I progetti analizzati …………………………………………………………….24
5.2 Le linee su cui costruire la guida sulla conciliazione famiglia-lavoro ………...34
6. TEMPI E COSTI ……………………………………………………………………42
7. DIFFUSIONE ………………………………………………………………………43
Riferimenti bibliografici …………………………………………………….……………...44
Introduzione
La collaborazione con la Consigliera di parità della Provincia di Firenze e
l’opportunità di svolgere in questo ambito lo stage mi ha permesso di riconoscere
maggiormente l’importanza dell’attività di sensibilizzazione, al fine di perpetuare e continuare
a tenere viva l’attenzione nei confronti delle pari opportunità e di un più equo riconoscimento
delle specificità di ogni soggetto.
Il seguente project work nasce come risposta al visibile aumento di richieste che riceve
la figura della Consigliera di parità sul come affrontare problemi relativi alla conciliazione tra
vita privata e vita lavorativa e in particolare da parte delle aziende su come progettare e
implementare interventi a favore di lavoratrici e lavoratori che spesso presentano difficoltà
nell’armonizzare tempi di vita e tempi di lavoro.
Già dai primi incontri, l’idea che mi è parsa più adatta, fattibile ed efficace per
orientare le organizzazioni, è stata quella di cercare di ri-costruire i principali passi operativi,
che le aziende già impegnate in questo ambito hanno compiuto, per conciliare lavoro e
famiglia, da far successivamente confluire in una guida pratica comprendente le linee
d’azione e le informazioni utili per il sostegno alle nuove progettazioni.
Partendo dall’analisi di quattro buone prassi, in tema di conciliazione, avviate da
alcune aziende e cercando di osservare le diverse fasi che accomunano la loro progettazione e
implementazione, e di identificare quanto queste azioni positive siano interiorizzate nella
cultura organizzativa e quanto conti il coinvolgimento di tutti gli attori presenti in
un’organizzazione, ho potuto coniugare la parte teorica (esaminata e studiata durante il
percorso in aula) con la parte pratica delle esperienze delle aziende osservate.
In particolare, il project work si articola nel seguente modo: successivamente
all’introduzione al tema della conciliazione e alle opportunità offerte dalla legge n.53/2000,
che si propone di individuare gli interventi finalizzati ad incidere sui tempi di vita e tempi di
lavoro, descrivo il contesto nel quale si colloca la Provincia di Firenze e le più importanti
iniziative realizzate sul territorio. L’identificazione più precisa degli obbiettivi specifici del
project work mi ha permesso di individuare le organizzazioni che hanno avviato azioni
positive interessanti e di costruire e realizzare le interviste per analizzare i principali passi
compiuti da esse. Riportando le esperienze concrete ottenute dalle interviste, ho ricavato gli
elementi comuni sottostanti alle varie iniziative di conciliazione, esponendo le linee su cui
costruire la guida. Nella parte finale ho poi presentato tempi, costi e modalità di diffusione
della guida.
1. CONTESTO TEORICO
1.1 L’esigenza di conciliare lavoro e famiglia
Il tema della conciliazione tra vita lavorativa e vita privata ha assunto crescente
importanza negli ultimi anni. Ma perché fra le persone (e in particolare fra le donne) emerge
sempre con più chiarezza l’esigenza di trovare un equilibrio il più proporzionato ed equo
possibile tra famiglia e lavoro?
La più alta scolarizzazione delle donne, il desiderio di ricercare la soddisfazione
personale al di fuori della sfera famigliare, le trasformazioni all’interno della struttura
famigliare, la scarsità dei servizi di cura e assistenza, l’invecchiamento demografico
conseguente alla denatalità, sono i principali mutamenti sociali, culturali e demografici che
accendono il dibattito sulla necessità di conciliazione. Tutti questi fattori ci portano a pensare
alla partecipazione della componente femminile nel mercato lavorativo.
Sostanzialmente è alla fine degli anni Novanta che si affacciano nuovi stati di bisogno
emergenti e anche nuovi rischi sociali. Emergono problemi di conciliazione tra vita privata e
vita lavorativa, connessi alle difficoltà che portano l’essere genitore unico, l’avere un parente
non autosufficiente e all’inadeguatezza della copertura sociale. I vecchi rischi sociali come i
problemi della disabilità, della malattia, della disoccupazione, degli infortuni e delle famiglie
a carico, non si dissolvono, ma si sommano ai nuovi. Si può dedurre che le categorie “a
rischio” sono soprattutto donne e famiglie.
Alcuni studi (Ferrera 2009) riportano però con evidenza l’esistenza di un marcato
divario tra desideri e realtà della componente femminile italiana: le donne desiderano lavorare
ma anche avere dei figli. Possiamo guardare in due direzioni che producono un circolo
vizioso: finché la donna non partecipa al mercato del lavoro, la cura dei figli non presenta
grossi problemi ma il problema è qui rappresentato dalla situazione economica che può
diventare vulnerabile; ma quando la donna entra nel mercato occupazionale, si risolve il
problema della situazione economica che diventa più stabile ma si porge quello del combinare
il lavoro e i figli.
Una delle cause principali di questo divario “al femminile” è la divisione del lavoro di cura,
che risulta essere fortemente squilibrato a favore della componente femminile. Possiamo
quindi confermare che è necessario riconoscere e prendere coscienza che esiste asimmetria
nei rapporti tra i generi perché la presenza femminile ha effetti non trascurabili sull’economia
e sulla demografia.
Il fatto che le persone si comportino in modi differenti a seconda delle situazioni,
siano esse delimitate al contesto organizzativo o connesse alla vita extra-lavorativa, può
diventare fondamentale in alcune circostanze: il comportarsi in un certo modo di un attore
influenza, automaticamente, anche il comportamento dell’altro; nello specifico possiamo
affermare che la disponibilità del primo attore influenza le possibilità del secondo e le può
compromettere, e sia la disponibilità che le possibilità sono influenzate e dipendono
dall’ambiente sociale che circonda i due soggetti. In altre parole, avere un partner più
collaborativo nella vita famigliare e domestica favorisce la possibilità dell’altro di essere
coinvolto in altri ruoli: il modo in cui le persone vivono il proprio ruolo sociale, il modo in cui
è diviso il lavoro domestico, il grado di coinvolgimento nell’essere madre e padre, le
aspettative e le richieste che provengono dalle persone con cui viviamo, determina il livello di
disponibilità verso il lavoro e l’impegno nell’organizzazione. E il tipo di coinvolgimento che
l’organizzazione chiede, la qualità e la quantità del tempo, condiziona la possibilità di
accettare un ruolo. Questi elementi (ritmi, orari, distanza dal posto di lavoro) possono non
essere compatibili con l’impegno che una donna o un uomo hanno al di fuori del lavoro, e
possono incoraggiare alcune persone e scoraggiarne altre. Paola Piva (1988) attribuisce a ciò
il nome di “compatibilità materiale”. Questo processo comporta l’obbligatorietà di dover fare
una scelta, che proviene non soltanto dai ritmi e dalla cultura dell’organizzazione, ma anche
dal modo in cui alla donna e all’uomo è stato impresso culturalmente un modello sociale a cui
attenersi e che il più delle volte non è bilanciato tra i sessi. L’equilibrio tra un ruolo
(famigliare) e l’altro (lavorativo) viene chiamato “coerenza culturale” (Piva, 1988).
Sono, però, ancora le madri che percepiscono maggiori problemi di inconciliabilità
rispetto ai padri. A tal proposito, ci dice molto il rapporto annuale dell’Istat dell’anno 20101:
si evidenzia come in Italia il tasso di occupazione femminile tra i 25 e i 54 anni (relativo
all’anno 2009), che peraltro ha un tasso inferiore alla media europea per le donne senza figli
(63.9 contro 75.8 per cento), diminuisce all’aumentare dei figli, e il divario con l’Europa
aumenta a seconda del numero dei figli.
Se la quota di donne che lascia il lavoro a seguito del matrimonio è diminuita rispetto al
passato, ciò non è così per le donne che interrompono l’attività lavorativa per la nascita di un
figlio (siamo al 14.1 nel 2009 contro il 15.6 per cento delle generazioni di donne tra gli anni
1944-53), di cui la metà delle interruzioni non è frutto di una libera scelta da parte delle
madri. Ad aggravare la situazione si aggiunge lo squilibrio nella distribuzione dei carichi di
1
Fonte: dati Istat, Rapporto annuale 2010 (2011, pp. 148-161)
lavoro famigliare: nelle coppie tra 25 e 44 anni nel 2008-2009 la donna, in un giorno
settimanale, lavora in media 53 minuti in più del suo compagno e le donne sovraccaricate di
lavoro di cura sono a quota 76.2 per cento; il tempo, inoltre, aumenta in presenza di figli.
Il partner collaborativo può essere una soluzione per ridurre il divario tra desideri e
realtà e l’asimmetria nei rapporti fra i generi, ma le forme di organizzazione del lavoro hanno
bisogno di essere riguardate per non contribuire a riprodurre le differenze.
1.2 Le opportunità della legge n. 53/2000
È con gli intenti appena sopra descritti che il legislatore esplicita il bisogno del
sostegno alla conciliazione con la legge dell’8 marzo 2000 n.53 sulle “Disposizioni per il
sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il
coordinamento dei tempi delle città”. È una legge innovativa in quanto propone un’attenzione
particolare sulla divisione dei ruoli all’interno della famiglia e propone di intrecciare le azioni
nelle diverse realtà. Infatti, come sostiene Marina Piazza (2003) il problema della
conciliazione non riguarda soltanto la sfera dei singoli individui, della loro soggettività e del
loro retaggio culturale. Si deve creare un “aggancio” fra le politiche di conciliazione e quelle
di valorizzazione, altrimenti il rischio è di produrre un’ulteriore differenziazione all’interno
delle donne stesse: tra quelle qualificate e competenti e a cui le aziende richiedono
contemporaneamente competenze trasversali “femminili” e modi di gestione del tempo e orari
propriamente “maschili”, e quelle donne che non sono riuscite a vincere la sfida della
competizione a causa delle responsabilità famigliari che gravano interamente su di esse.
Si richiama qui, la sfera delle singole aziende e delle singole organizzazioni che con il loro
sistema organizzativo più o meno rigido impongono ritmi più o meno vincolanti al lavoratore
o alla lavoratrice e la sfera degli enti locali che si spendono per erogare servizi in un’ottica più
o meno amichevole rispetto alle esigenze conciliative. Queste aree, molte volte, lavorano
autonomamente senza creare un’integrazione tra servizi offerti, difficoltà organizzative e
impegni privati riscontrati durante la vita quotidiana. La conciliazione è un tema complesso
proprio perché comprende più dimensioni al suo interno.
Il ruolo delle aziende e gli interventi organizzativi, che si possono adottare per favorire
un maggior coinvolgimento delle donne nel mercato lavorativo e una più diffusione e
sensibilizzazione della cultura di genere al suo interno, sono cruciali per l’affermazione di tali
politiche conciliative e di pari opportunità.
Oggi, la richiesta di conciliare da parte delle donne, ma in maniera sempre più
crescente anche da parte degli uomini, pone l’attenzione sulla possibilità di introdurre nuove
forme di flessibilità e di organizzazione del lavoro che siano più in sintonia con la vita extralavorativa.
Sono dette “azioni positive” e sono un’insieme di misure e iniziative che le
organizzazioni possono progettare per contrastare o correggere le discriminazioni nei
confronti delle donne che lavorano o per creare condizioni che non le favoriscano o
promuovano (Chiesi, 1987).
È con la legge, sopra già richiamata, n.53/2000 che si sono individuati una serie di interventi
finalizzati, non soltanto ad incidere sui tempi di vita e tempi di lavoro, ma anche sulla cultura
organizzativa. Da una parte troviamo strumenti di conciliazione tra vita personale e lavorativa
che permettono una riorganizzazione dei tempi, fondamentale per quelle aziende che
privilegiano il face-time in azienda e basate sul “male breadwinner model” e cioè un modello
basato sul lavoratore maschio che ancora poco si confronta con le difficoltà della doppia
presenza rispetto alla lavoratrice donna. Tra gli strumenti più usati ci sono i congedi parentali,
il telelavoro, il lavoro flessibile, il part-time, la banca delle ore, i nidi aziendali, i servizi di
time-saving, ecc. Dall’altra, le azioni positive comprendono anche tutte quelle attività che
mirano più esplicitamente a ristabilire un equilibrio fra i generi all’interno dell’ambito
lavorativo, e cioè la formazione e la crescita professionale. Per offrire un supporto alle donne
e per favorire il loro accesso a tutte le posizioni e ruoli organizzativi, possono essere messe in
atto misure di sostegno: progetti di formazione al rientro dalla maternità/paternità, progetti di
empowerment femminile riguardanti ambiti e ruoli dove le donne sono sottorappresentate,
progetti per lo sviluppo di competenze trasversali, pratiche di reclutamento del personale
trasparenti, modalità di valutazione delle prestazioni per obbiettivi e risultati e criteri
premianti.
Per le misure fin qui descritte è previsto un finanziamento alle organizzazioni, sia
pubbliche che private, per fare in modo che la loro applicazione non sia onerosa per il datore
di lavoro e agisca come stimolo al miglioramento personale e organizzativo.
Più in dettaglio, si fa riferimento all’ex art.9 della legge 53/2000 modificato dall’art.38 della
legge 18 giugno 2009 n.69. Dal 2007, la funzione di erogare contributi, di gestire il processo
per incoraggiare le organizzazioni a introdurre nuove modalità di gestione delle risorse umane
che possono qualificare un’azienda come “family friendly” e l’istituzione di una
Commissione tecnica di valutazione dei progetti, passa dal Ministero del Lavoro e della
Previdenza sociale al Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del
Consiglio dei Ministri. La riforma dell’art.9 propone un allargamento dei proponenti di azioni
positive, che in precedenza non era previsto, ai privati iscritti in albi o registri pubblici, alle
ASL, alle aziende ospedaliere e universitarie. Inoltre, suddivide gli interventi a favore dei
lavoratori dipendenti (comma 1) che comprendono sistemi innovativi di valutazione della
produttività (lettera A), non solo formazione per agevolare il rientro dai congedi (lettera B),
servizi innovativi e attivazioni di reti con il territorio (tempi delle città e piani triennali di pari
opportunità - lettera C), e interventi a favore dei soggetti autonomi (comma 3) che
comprendono le possibilità di collaborazione e sostituzione totale o parziale dei titolari di
aziende, liberi professionisti o lavoratori autonomi con altri imprenditori o lavoratori
autonomi. Entrambi i commi si prospettano di rispondere alle esigenze che derivano
dall’avere figli minori, anziani non autosufficienti, disabili2.
È dalla Conferenza stampa di presentazione dell’avviso di finanziamento 20113 che si
evince come dal 2007 al 2009 siano stati finanziati 421 progetti e nel confronto con gli anni
precedenti si nota come ci sia un aumento del numero di progetti presentati e approvati.
Questo significa che è chiaro come molte organizzazioni abbiano capito che un impegno
costante nelle pari opportunità porti benefici. Un’azione di cambiamento dei modelli di lavoro
può comportare da una parte, una maggior soddisfazione dei lavoratori e delle lavoratrici che
riescono a conciliare lavoro e famiglia e dall’altra, un raggiungimento della missione e degli
obbiettivi organizzativi con più serenità e quindi con risultati migliori e più competitivi. Di
seguito è qui rappresentata la serie storica dal 2001 al 2009 dei progetti presentati e approvati
e la percentuale di successo.
Tabella 1 - Serie storica: anni 2001-20094
Annualità
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007*
2008*
2
Progetti presentati
34
86
94
128
157
205
232
288
Progetti approvati
13
39
47
67
52
99
142
225
% successo
38,24%
45.35%
50.00%
52.34%
33.12%
48.29%
61.21%
78.00%
Conciliazione tra famiglia e lavoro, Conferenza stampa di presentazione dell’avviso di finanziamento
2011 (art.9 legge 53/2000), Roma, 8 giugno 2011.
3
Idem.
4
Idem.
2009*
Scadenza
unica
(febbraio)
Totale
75
1299
54
738
72.00%
56.81%
* Annualità riferite alla gestione del Dipartimento delle politiche per la famiglia. Il dato del 2009 si riferisce alla sola
scadenza di febbraio (le altre non sono state attivate a causa dell’intervenuta modifica normativa dell’art. 9 della legge
53/2000).
1.2.1 L’importanza della cultura organizzativa
Per quanto riguarda i destinatari dei progetti sopra presentati, nella tabella successiva,
si nota come siano in larga maggioranza le donne più degli uomini a usufruire delle
agevolazioni previste dall’ex art.9.
Tabella 2 – Destinatari dei progetti di conciliazione5
Anno
Progetti finanziati
2007
2008
2009
Totale
%
142
225
54
421
Maschi
318
883
159
1360
17,4
Destinatari raggiunti
Femmine
1724
3985
727
6436
82,6
Totale
2042
4868
886
7796
100
È qui che si pone il tema poco percepibile ma di importanza fondamentale della
cultura organizzativa. È l’aspetto più rilevante per un’azienda che punti al cambiamento che
giovi sia all’organizzazione sia ai vissuti di donne e uomini che operano al loro interno.
Chiarisco: l’ottica delle pari opportunità, può tradursi da una parte in politiche di gestione del
personale che comprendono sostanzialmente le politiche di organizzazione dei tempi, e
dall’altra in cultura organizzativa. Penso che per evitare di vanificare gli sforzi e per creare un
ambiente più corretto nei confronti di lavoratori e lavoratrici sia necessario agire sui modi di
pensare e sulle pratiche sociali presenti in un’organizzazione. Un’azione positiva predispone
un cambiamento organizzativo quando il suo significato è condiviso da tutti gli attori operanti
in essa. Per fare ciò è indispensabile capire, prima di agire, su quale cultura organizzativa
l’azienda opera, e cioè quali sono i significati simbolici associati al genere che si situano
all’interno delle relazioni lavorative e che sono socialmente condivisi, accettati e perpetuati
dall’ambiente organizzativo. In alcuni casi, questi significati attribuiti al genere maschile o al
genere femminile, non consentono l’affermarsi di una diversità di punti di vista. Mi spiego
5
Idem.
meglio: a seconda delle situazioni e dei contesti lavorativi, l’appartenenza al genere maschile
piuttosto che a quello femminile, può comportare l’attribuzione di importanza e di valori
diversi, provenienti da costrutti culturali e sociali, che si possono ripercuotere sottoforma di
comportamenti discriminatori. Lo studio di queste dinamiche è sicuramente complesso, in
quanto le relazioni che si attuano nel clima, nella comunicazione e nella cultura organizzativa,
sono soggette a continuo mutamento anche se le persone al loro interno rimangono le stesse.
Abbiamo visto dalla tabella 1 come l’attenzione delle organizzazioni sul tema delle
pari opportunità stia crescendo, ma è altrettanto chiaro che applicare misure di “emergenza”
per rispondere ad un problema, senza prima agire sul contesto organizzativo, difficilmente
andrà a scardinare stereotipi e disparità presenti6. Ecco perché è importante comprendere exante che tipo di cittadinanza di genere (Gherardi, 2007) e cioè che concezione di ciò che è
equo nei rapporti fra i sessi esiste all’interno dell’organizzazione, e che livello di
partecipazione può esserci nel costruire una cultura organizzativa che tenga conto delle
diversità e che le valorizzi senza distinzione di genere7. L’obbiettivo di un approccio
comprensivo della cultura organizzativa è il raggiungimento di un’eguaglianza sostanziale,
dove si consideri la diversità tra uomini e donne come un valore e promuovendo politiche
aziendali di superamento dei modelli tradizionali di divisione del lavoro. Il sostegno cioè ad
un atteggiamento proattivo (Gherardi, 2007).
Se questa cittadinanza di genere diventa parte integrante della cultura organizzativa,
l’organizzazione tenderà a riconoscere i differenti ruoli organizzativi in base alle specificità di
uomini e donne e offrirà un supporto per favorire l’ingresso a quei soggetti, che per motivi di
mancanza di competenze o per motivi di conciliazione, vengono considerati non competitivi.
6
Una delle misure più conosciute, apparentemente
concilianti e che nella maggioranza dei casi non sono finalizzate ad eliminare l’ordine sociale e culturale di
genere, è il part-time. La fruizione del part-time, utilizzato quasi esclusivamente da donne, e per lunghi periodi, è
legato alle necessità di far fronte alle responsabilità famigliari senza rinunciare completamente al lavoro, in
assenza di alternative di gestione del tempo flessibile. L’Istat conferma questa situazione: in Italia, in riferimento
alle donne occupate tra 25 e 54 anni, nel 2009 la quota delle lavoratrici part-time senza figli è del 21.6%, mentre
per quelle con tre o più figli il tasso sale al 38.3%. Si aggiunge il continuo aumento del part-time involontario a
quota 42.7% contro il 22.3% dell’Europa. Inoltre, quello che più genera discriminazioni nei confronti di queste
donne pare essere il fatto che il lavoro a tempo parziale male si addice a impieghi di tipo dirigenziale che
prevedono un tempo pieno e una presenza prolungata in azienda. È uno strumento che, usato in periodi di vita
particolari, potrebbe per esempio facilitare l’entrata delle donne dopo la maternità, ma che così utilizzato o
addirittura caratterizzato dall’irreversibilità, compromette la situazione e soddisfazione lavorativa delle donne.
7
Si può qui inserire il concetto di Diversity Management,
che ben si presta alla gestione delle relazione tra uomini e donne e alla tematica della conciliazione tra vita
privata e vita professionale. Il creare un ambiente lavorativo inclusivo che favorisca l’espressione delle
competenze e capacità individuali e l’utilizzare queste caratteristiche soggettive e uniche come spinta per il
raggiungimento degli obbiettivi organizzativi, mi sembra un approccio per la gestione delle risorse umane
responsabile che comporta un arricchimento per le imprese e una valorizzazione delle singole qualità.
Significa appoggiare un cambiamento che sia “sostenibile” e che predispone la necessità di
saper ascoltare i segnali del contesto e delle persone per comprendere cosa stia accadendo e
quindi indirizzare la propria azione in modo mirato. Per l’organizzazione, quindi, “ascoltare”
significa imparare a riflettere su sé stessa e sui propri ordini simbolici sedimentati all’interno
(Bombelli, 2004).
1.3 Considerazioni generali
Per concludere, volevo innanzitutto dire che non ho trattato qui l’importanza dei
servizi territoriali e del welfare state, che sono pure strettamente connessi alla questione
conciliativa. Sono due ampie aree che necessitano di un aggiustamento e un miglioramento. È
auspicabile, pertanto, un’azione di sensibilizzazione nei confronti di enti pubblici e di enti
erogatori di servizi perché imbocchino un percorso di conciliazione che permetta ai cittadini
un’armonizzazione del proprio tempo. Emerge la questione del valore politico al tema della
conciliazione: una ristrutturazione dello stato sociale, che si prenda carico da un lato delle
difficoltà di conciliare gli obbiettivi di genitorialità e lavoro e dall’altro della scarsità e della
qualità dei servizi di cura e assistenza offerti, incide sicuramente in modo cruciale
sull’occupazione femminile.
Inoltre, la spesa sociale italiana dedicata alle famiglie con figli è stata sempre piuttosto esigua:
i trasferimenti monetari e i servizi di cura sono considerati come costi piuttosto che
investimenti per il futuro. Nel nostro caso sembra esserci una stagnazione del welfare state, il
cui carattere familistico non appoggia un’energica politica sociale per la famiglia, ma
considera il nucleo famigliare come responsabile del benessere dei propri componenti. È
quello che la Saraceno definisce come “familismo ambiguo” dove la cultura politica italiana
mette al centro della società la famiglia, ma il welfare non la sorregge nello svolgimento delle
sue funzioni e anzi delega alla famiglia stessa la risposta ai molti bisogni.
Detto ciò è vero che la storia ci insegna che l’azione politica per le donne è soprattutto
azione politica delle donne (e qui l’Italia spicca per la bassissima percentuale di donne
impegnate su questo fronte) e forse è arrivato il tempo di cambiare. Le riforme politiche sono
indispensabili come incentivazione e promozione a una cultura di genere paritaria, come dice
la strategia europea in cui la Commissione sottolinea l’importanza di introdurre le questioni di
genere nel dialogo politico con i paesi partner al più alto livello.
In Italia, in questi anni di governo ha dominato l’incapacità di riconoscere le difficoltà
a cui molte donne sono vincolate8, e visto che il vero cambiamento sembra che debba ancora
avvenire (purtroppo e in maggioranza) dalle nostre menti femminili, mi auguro che in questo
nuovo periodo politico in cui vedo tre donne ministri su sedici (tra cui un ministro donna al
Lavoro e alle Politiche Sociali con delega alle Pari Opportunità) e in cui sono stati ricercati fin
da subito spazi di interazione con la componente femminile e giovanile, ci sia dato lo spazio
politico per portare a conoscenza alla maggioranza maschile che ci sono alcune
disuguaglianze che possono iniziare a essere modificate partendo dai piani alti, imponendo
alcune riforme innovative e incentivi al mutamento sociale e culturale, senza relegare sempre
e tutto ai singoli, i quali senza strumenti e mezzi faticano nell’arrivare alla meta.
C’è forse bisogno di accomunare le richieste dei cittadini, i compiti dell’agenda politica e i
compiti del legislatore. In particolare gli interventi, affinché siano mirati ed efficienti,
dovrebbero essere comuni in più ambiti: culturale, occupazionale e politico-istituzionale.
8
Il Piano “Italia 2020”, stilato dai Ministri Sacconi e Carfagna e comprendente il programma di azioni
per l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro, riporta con tutta semplicità e offre l’idea di ricorrere all’aiuto
dei “nonni” per l’assistenza ai minori in famiglia, mettendo così la donna nelle condizioni di partecipare al
mercato del lavoro. Si dimenticano così i fenomeni della forte mobilità e dell’entrata nell’età pensionistica dei
“nonni” sempre più anziani.
2. CONTESTO EMPIRICO
2.1 Alcuni dati sulla situazione lavorativa delle donne nella regione Toscana
Mi sembra utile sviluppare una breve introduzione sulla condizione lavorativa delle
donne toscane, presentata nel rapporto 2011 a cura dell’IRPET (Pescarolo, 2011).
La regione Toscana presenta oggi tassi di occupazione contenuti soprattutto nelle età
giovanili e in quelle mature (dopo i 55 anni): le giovani incontrano ostacoli nell’ingresso al
mondo del lavoro dovuti anche all’aggravarsi della crisi economica; le donne più mature
presentano invece più difficoltà nel permanere nel mercato del lavoro fino alla pensione anche
per l’incidenza della precarietà imposta dalle regole del mercato lavorativo. Sembra
comunque che, come nel resto del paese, il ruolo ricoperto dalle donne all’interno della
famiglia risulti decisivo alla loro partecipazione lavorativa. La conciliazione tra lavoro e
famiglia appare essere la problematica più pesante che coinvolge trentenni e quarantenni.
Infatti, in Toscana, in presenza di figli da accudire e nella classe di età tra i 25 e i 54 anni,
cresce il tasso di occupazione maschile (dal 92.9% al 97.6% nel passaggio da nessun figlio a
un figlio minore di quattordici anni), mentre diminuisce di dieci punti quello femminile (dal
78.2% al 68.5%) rispetto ai quindici punti dell’Europa (dal 80.5% al 62.4%). Il livello di
occupazione femminile non cambia molto al variare dell’età dei figli (dal 68.5% se sono in età
prescolare al 69.1% quando il figlio più piccolo ha tra i dodici e i quattordici anni). Per quanto
riguarda invece la disuguaglianza di genere nella divisione dei compiti famigliari tra i partner,
anche quando la donna è occupata ed ha figli, la situazione toscana non è molto differente dal
resto del paese. Le donne lavoratrici sono più aggravate dei loro compagni (56.2% ore
settimanali contro 49.1%) con una differenza che passa dalle quattro ore e mezzo per le
famiglie senza figli a nove ore per quelle con due figli. Particolarmente usato come strumento
conciliativo da parte delle donne, in assenza di alternative, risulta essere il part-time: in
Toscana, la diffusione del part-time femminile supera di poco la media nazionale (dal 30.4%
al 28.2%). Come ultimo dato, anche i livelli di fecondità della Toscana (1.39 figli per donna)
si collocano in una posizione lontana dai paesi europei più prolifici come Irlanda (2.1%) e
Francia (2.2%)9.
Questi dati ci fanno sicuramente pensare al tipo di politiche adottate dal territorio in
merito alle pari opportunità e in particolare in sostegno alle misure conciliative.
9
Per quanto riguarda i tassi di occupazione in relazione al numero dei figli e i tassi del part-time
femminile, le elaborazioni sono di IRPET su dati Eurostat, EU Labour Force Survey; mentre per quanto riguarda
il tasso di fecondità e il numero di ore dedicate all’attività famigliare, le elaborazioni sono di IRPET su dati
ISTAT, Multiscopo Aspetti della Vita Quotidiana.
Per ritornare al tema principale delle politiche attuate dalle aziende per rispondere alle
problematiche che emergono dai dati sopra citati, nel compendium del marzo 2009, “Progetti
finanziati dall’art.9 della legge 8 marzo 2000 n.53”10, per quanto riguarda la distribuzione dei
progetti presentati per regione nell’anno 2007, si evidenzia come la Toscana sia una delle
regioni più attive dopo l’Emilia Romagna e il Piemonte. Insieme esse totalizzano il 52% sul
totale dei progetti presentati. Anche la differenza tra progetti presentati e progetti ammessi
non rappresenta un tasso alto: su 30 progetti presentati, poco meno di 20 sono stati finanziati.
Il tasso di successo dei passati progetti riflette un contesto territoriale in cui si è data
l’importanza alla sensibilizzazione al tema e alla diffusione di questi strumenti, ma tali azioni,
compiute dalle Province e dalle Consigliere di Parità, devono rimanere costanti e
fondamentali.
2.2 La figura della Consigliera di parità della provincia di Firenze
La realizzazione del periodo di tirocinio mi ha permesso di conoscere una parte delle
difficoltà e degli ostacoli che le persone, ma soprattutto le donne, incontrano all’interno del
mondo del lavoro. Difficoltà legate a discriminazioni, molto spesso di genere, che nascono
all’interno dell’ambiente lavorativo e che il più delle volte non permettono di continuare con
serenità la propria attività di lavoratrice o lavoratore. La Consigliera di parità, nel compito di
promuovere le pari opportunità tra uomini e donne nel mondo lavorativo e per diffondere la
conoscenza di buone prassi e rilevare gli squilibri di genere, svolge l’importante attività di
accoglienza di queste diverse istanze. Nella maggioranza dei casi, le persone che prendono
contatto con la Consigliera di parità, sono spesso incerte sul comportamento da tenere nei
confronti della situazione e non sempre hanno ben chiari i loro diritti. Per la sua preparazione,
la figura della Consigliera è appropriata per intervenire in maniera approfondita, aiutando le
lavoratrici e i lavoratori a orientarsi, avvalendosi di alcuni strumenti (rilascio di pareri legali,
verifiche sulla normativa contrattuale, contatti informali con l’azienda, colloqui con altri
soggetti competenti in materia) attraverso i quali cerca la soluzione più adeguata ed
esauriente.
Dall’attività impegnativa svolta dalla Consigliera di Parità della Provincia di Firenze,
Maria Grazia Maestrelli, emerge che nell’anno 2010 i casi di discriminazione affrontati sono
10
realizzato nell’ambito dell’Accordo di Programma del 2 maggio 2007 stipulato tra Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento Politiche per la Famiglia e Isfol per attività di studio, ricerca,
sperimentazione, documentazione, informazione, monitoraggio e valutazione nel campo delle azioni relative alla
conciliazione del tempo di vita e di lavoro di cui all’art. 9 della legge 8 marzo 2000 n. 53.
stati 35, tutti riguardanti donne di età compresa fra i 30 e i 50 anni. La maggioranza delle
situazioni ha riguardato problemi connessi alla maternità, di cui molti dovuti al cambio di
mansioni e orari al rientro dal congedo; altri casi hanno riguardato invece la cessazione o la
sospensione del rapporto di lavoro, problemi di flessibilità, penalizzazioni nella progressione
di carriera e nella retribuzione, molestie verbali e fisiche, trasferimenti in sedi di lavoro
lontane dal domicilio. In questo stesso anno si è notato che l’impatto della crisi economica ha
toccato maggiormente le lavoratrici: le aziende, soprattutto quelle di piccole dimensioni, in
momenti di emergenza sviluppano comportamenti discriminatori nei confronti delle donne,
dal rifiuto alla concessione del tempo parziale, alle molestie e minacce per incoraggiare le
dimissioni, alla consegna di mansioni non previste dal contratto di lavoro.
2.2.1 Le iniziative attuate sul territorio fiorentino
Vediamo dunque alcune delle iniziative che il territorio fiorentino ha progettato per
stimolare e sensibilizzare la popolazione in generale, ma le organizzazioni lavorative in
particolare, di fronte alla presenza di alcune rigidità che permangono nel mercato del lavoro
dove i tassi di occupazione sono ancora contenuti e il contributo da parte degli uomini di
equilibrare le responsabilità famigliari è ancora limitato.
Nell’anno 2005, la Consigliera di Parità e le sue collaboratrici, hanno sentito
l’esigenza di far conoscere maggiormente le opportunità offerte dalla legge n. 53/2000
portando alla costituzione di uno staff di esperte, con lo scopo di offrire un supporto tecnico a
persone ed aziende per la presentazione di progetti di conciliazione mediante incontri
individuali. L’attività di “disseminazione” ha previsto l’elaborazione di un programma di
intervento, il contatto con le aziende e sostanzialmente un lavoro di mediazione e di sostegno
per la predisposizione della domanda al finanziamento. Sono state contattate anche le
organizzazioni di categoria per far acquisire maggiore conoscenza delle problematiche
relative alle discriminazioni sul lavoro. È stato, inoltre, predisposto un elenco di società di
progettazione per poter fornire un aiuto concreto e sicuro a chi ne ha fatto richiesta.
Una delle iniziative più brillanti proposta nella provincia di Firenze, per sensibilizzare
al tema delle pari opportunità sia le associazioni e le aziende pubbliche e private sia il
pubblico in generale, realizzata nei primi mesi del 2009, intitolava “Premio qualità e pari
opportunità”. È nata su iniziativa dell’Assessorato al Lavoro della provincia di Firenze in
collaborazione con il Centro Studi Progetto Donna e la Consigliera di Parità della provincia di
Firenze ed ha mirato a certificare l’impegno verso politiche di gestione del personale attente
alle differenze di genere. La tesi iniziale si è fondata sul fatto che una gestione responsabile
delle risorse umane e una sua valorizzazione, oltre che a soddisfare le esigenze delle singole
persone, costituisce anche un fattore che influenza la produttività aziendale. La tutela delle
pari opportunità, il valore che assumono questo tipo di scelte, può rappresentare per le aziende
un miglioramento dell’immagine e fiducia.
L’iniziativa ha previsto due fasi: la realizzazione di alcuni seminari di sensibilizzazione rivolti
alle aziende sui temi della gestione delle diversità, sulle pari opportunità e sulle differenze di
genere, e per le aziende che decidevano di partecipare al premio la possibilità di avvalersi di
un supporto di informazione e consulenza.
La valutazione è avvenuta sulla base di una Checklist di autovalutazione compilata dalle
aziende sulle politiche, procedure e processi organizzativi che interessano le pari opportunità.
Una Commissione apposita ha valutato poi i punteggi ottenuti in base ai requisiti presenti
nella Checklist e ha stilato una lista di aziende particolarmente attente alla questione, premiate
nel corso di un convegno pubblico con la conseguente pubblicizzazione delle iniziative
premiate.
Inoltre, negli anni è sempre stata presente una buona divulgazione della cultura delle
pari opportunità. Numerose le pubblicazioni a riguardo. Nel 2005 è stata sviluppata
un’interessante mini-guida sul “Nuovo part-time” che comprende fonti e leggi che lo
disciplinano, definizione e tipologie, campo di applicazione, contratto, principi di non
discriminazione, lavoro supplementare, clausole flessibili ed elastiche. Nel 2008 è stata
pubblicata un’indagine sulle difficoltà che attraversano le lavoratrici dal titolo “La
conciliazione difficile: donne fra maternità, lavoro e vita privata” con l’auspicio che i risultati
scaturiti dalla ricerca possono essere un punto di partenza per comprendere i motivi per cui le
donne abbandonano il lavoro in seguito alla nascita di un figlio/una figlia in provincia di
Firenze; in riferimento all’anno 2005 è interessante notare come, nel campione preso in esame
di lavoratrici madri che avevano dato le dimissioni entro il primo anno di vita del bambino/a,
il 36% ha valutato come fattore determinante il rifiuto del part-time da parte dell’azienda e il
42% la difficoltà a variare l’orario di lavoro; infine, il 22% ha ricevuto pressioni aziendali sia
da parte del titolare sia da parte dei colleghi di lavoro. I motivi delle dimissioni rappresentano
per il 54% problemi riconducibili all’azienda. La metà delle donne coinvolte nell’indagine ha
ritrovato lavoro nell’anno 2006 nelle seguenti condizioni: il 64% con impiego part-time, il
25% a tempo pieno e l’11% ha trovato un’occupazione saltuaria11. Le conclusioni di questa
ricerca possono accendere l’attenzione sull’adeguatezza o meno delle politiche conciliative e
l’integrazione di esse con le politiche aziendali.
Per quanto riguarda sempre la figura della Consigliera di parità, dall’ottobre 2010 è stata
partner del progetto “Nerargento”, organizzato dall’Associazione Nosotras e finanziato su
fondi dell’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), che si occupa del
contrasto ai fenomeni di discriminazione nei confronti delle donne immigrate impegnate nel
lavoro di assistenza familiare. Il progetto prevedeva una parte formativa, una campagna di
sensibilizzazione sul problema e la pubblicazione di un manuale sulle esperienze di buone
prassi in materia.
Un’ulteriore iniziativa che mi sembra importante citare è la pubblicazione della guida
“Diventerò mamma: istruzioni per l’uso” e la sua distribuzione nelle Asl del territorio
fiorentino. L’obbiettivo dell’opuscolo è quello di far conoscere i diritti di tipo normativo (per
proteggere la salute della donna e del bambino) e di tipo economico (i trattamenti che
vengono erogati durante i periodi di assenza sul luogo di lavoro) sulla maternità alle future e
neo-mamme. Si distingue tra quelli riservati alle lavoratrici dipendenti con riferimento ai
licenziamenti, ai permessi al momento del rientro dalla maternità e a quelli “speciali”, ai
lavori rischiosi, alla retribuzione nei periodi di astensione, al congedo di paternità, con
riferimento anche alle adozioni e agli affidamenti, e quelli rivolti alle lavoratrici autonome,
alle libere professioniste, alle collaboratrici domestiche, alle donne con contratti di lavoro
atipici. Il testo traduce le parti più salienti in lingua inglese, francese, albanese, spagnolo,
cinese e arabo. Sono riportati, infine, i contatti ai quali si può rivolgersi come la Consigliera
di Parità, la Direzione Provinciale del Lavoro, l’Asl e l’Inps.
Vorrei ricordare inoltre, due convegni significativi su tali temi. Il primo, “La
conciliazione vita-lavoro nella contrattazione decentrata” realizzato nel 2009 e promosso dalla
Consigliera di Parità della Provincia di Firenze in collaborazione con il coordinamento donne
di Cgil, Cisl e Uil, ha trattato l’importanza dell’adozione di buone prassi per conciliare tempi
di vita e tempi di lavoro nei contratti decentrati di categoria e il ricorso diffuso a queste
misure che paiono indispensabili per sostenere l’occupazione femminile, soprattutto
11
La ricerca intitolata “La conciliazione difficile. Donne fra maternità, lavoro e vita privata” è stata
effettuata dalla Dott.ssa Patrizia Baldi con la collaborazione del Dott.Guido Zini. L’indagine è stata svolta
attraverso un questionario strutturato a risposte chiuse somministrato a tutte le lavoratrici che hanno convalidato
le dimissioni presso la Direzione Provinciale del Lavoro di Firenze nell’anno 2005. Su 364 questionari spediti,
ne sono stati compilati e restituiti 119 (33% delle donne coinvolte).
nell’attuale fase critica che l’economia italiana e mondiale sta attraversando. Il secondo,
promosso dalla Regione Toscana e realizzato nel luglio 2011, è stato un seminario di studi sul
futuro delle donne in azienda e nel lavoro dal titolo “È tempo di cambiare…il coraggio di
cambiare” dove sono state analizzate le opportunità delle aziende e le principali linee di
azione per favorire l’accesso al mondo del lavoro da parte delle donne e abbattere le
discriminazioni e gli ostacoli esistenti. Oltre a riportare esempi pratici di organizzazioni che
hanno agito in questo senso, è stato presentato il rapporto 2011 sulla condizione economica e
lavorativa delle donne.
Infine, mi sembra importante citare la pubblicazione del “Bando su politiche di genere
e pari opportunità: progetti innovativi cercasi”. Il Comune di Firenze, nell’agosto 2011 con
scadenza al 31 dicembre 2012, ha invitato a presentare proposte e idee di progetti innovativi
per accedere ai fondi europei, nazionali e regionali e per stimolare e valorizzare le risorse
creative della città di Firenze. I punti toccati dai progetti vanno dal sostegno alle
responsabilità famigliari alla partecipazione delle donne in posizione di leader all’interno
dell’impresa, alla promozione di forme di conciliazione vita-lavoro, ai modelli culturali di
genere.
3. OBBIETTIVI
Il divario fra vita famigliare e impegno lavorativo viene percepito oggi come un forte
ostacolo alla realizzazione di sé e soprattutto delle donne; la famiglia comincia a chiedersi se i
tempi e le richieste provenienti dal mondo del lavoro non possano essere più comprensivi e
fino a che punto il tutto sia da discutere soltanto all’interno delle logiche famigliari. E
l’organizzazione si chiede quanto conviene tracciare una linea netta, per cui la famiglia e il
lavoro vadano tenuti separati, e quanto invece può produrre effetti positivi il tener conto delle
esigenze dei propri lavoratori e lavoratrici; in particolare, la continua attenzione ad una
cultura organizzativa attiva e impegnata in un’ottica di genere e di valorizzazione delle
diversità, porta effetti reali che producono miglioramento sull’insieme delle relazioni interne
ed esterne al mondo del lavoro.
Tenuto conto delle esigenze di tipo sociale ed economico che i mutamenti recenti
hanno prodotto, le aziende si ritrovano il più delle volte a fare i conti con queste crescenti
difficoltà. I dati, però, ci dicono quanto non siano ancora abbastanza conosciuti gli strumenti
offerti dalla legge 53/2000 e quindi quanto sia importante sensibilizzare maggiormente sulla
questione. E sensibilizzare, informare significa iniziare a cercare soluzioni: bisogna
permettere alle aziende di conoscere esperienze di buone prassi, di conoscere i benefici che
queste possono portare e di conoscere i processi per attuarle; attraverso la conoscenza di
questi elementi, le aziende potranno avere solidi riferimenti e saranno così stimolate per
attivare percorsi di conciliazione.
È stato necessario porsi degli obbiettivi mirati ma praticabili per produrre un
documento contenente indicazioni pratiche basate su esperienze virtuose, per portare un
contributo alla riduzione delle discriminazioni di genere e per trarre il massimo beneficio
dalle potenzialità di tutto il personale presente in un’organizzazione.
È per questi motivi che, grazie alla collaborazione con la Consigliera di Parità Maria Grazia
Maestrelli, ho cercato di progettare la costruzione di una guida che permettesse di orientare le
organizzazioni e fornire informazioni utili per promuovere un programma di cambiamento
verso una più responsabile gestione delle risorse umane. Si vuole supportare le aziende
fornendo loro elementi di lavoro per l’elaborazione di azioni positive e stimolarle al
miglioramento personale e aziendale, mediante il confronto con quelle realtà organizzative
che possono essere da riferimento come esperienze consolidate, efficaci e vincenti.
Dimostrando la fattibilità delle azioni di conciliazione, le aziende potranno individuare i
fattore comuni e identificare il percorso più opportuno per attivare delle buone prassi in
merito alla conciliazione.
In particolare la guida conterrà alcune informazioni di carattere generale ricavate dalle
esperienze organizzative e alcuni esempi pratici di azioni positive sulla conciliazione che
permettono di capire quale tipo di soluzioni si possono individuare, come metterle in atto,
quali risorse impiegare, che difficoltà si possono incontrare, e come utilizzare al meglio i
finanziamenti (previsti dall’ex art.9 della legge 53/2000), in quanto le esigenze verificate nelle
organizzazioni esaminate possono essere comuni e sempre più richieste.
4. ATTIVITÀ
Chiarendo e specificando gli obbiettivi, sono passata alla fase di identificazione dei
casi più significativi e interessanti di azioni positive di conciliazione attuate dalle aziende
della Provincia di Firenze. Per conoscere le iniziative e per analizzare le principali procedure
compiute, ho ritenuto necessario compiere delle interviste, che ho condotto tramite la
preventiva costruzione di una traccia semi-strutturata.
4.1 Identificazione delle organizzazioni
La scelta di fondo è stata quella di analizzare un numero ridotto di casi ma che fossero
rappresentativi delle buone prassi adottate in tema di conciliazione tra famiglia e lavoro. In
particolare, che fossero significativi ed omogenei per il tipo di misure adottate e interessanti
per poi poterli comparare sui diversi processi in fase di analisi. Questa scelta ha fatto sì che un
numero di quattro aziende, appartenenti a settori diversi, si ritenesse sufficiente. La rilettura
delle esperienze permetterà così di elaborare un’analisi per capire le procedure operative che
caratterizzano il processo per la realizzazione di buone prassi.
Non nascondo, comunque, che un numero più ampio di casi aziendali, permetterebbe di
realizzare delle indicazioni e delle conclusioni più dettagliate e fondate. Infatti, il progetto qui
iniziato si presta ad essere approfondito con ulteriori esperienze e informazioni. Valuto quindi
utile allargare quest’ottica a più conoscenze.
La selezione delle organizzazioni oggetto dell’analisi ha comportato: l’identificazione
di quei casi che hanno implementato misure di supporto alle problematiche conciliative, in
particolare ricercandole nei casi partecipanti al “Premio qualità e Pari Opportunità” già citato
nella parte sul contesto fiorentino e l’individuazione dei responsabili della gestione dei
progetti grazie all’incontro con la Dott.ssa Tognetti, che negli anni in cui è stato istituito il
gruppo di lavoro sulla legge 53/2000 presso l’ufficio della Consigliera di Parità della
provincia di Firenze, ha fornito sostegno alla progettazione di buone prassi in numerose
organizzazioni del territorio fiorentino.
Ho selezionato due Cooperative Sociali di tipo A, una Società fiorentina collegata alla
sede provinciale della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media
Impresa e un’azienda farmaceutica di grandi dimensioni.
Due precisazioni:
-
le azioni attivate dalla Società farmaceutica nascono in un contesto diverso dagli altri tre
casi; gli strumenti e le agevolazioni proposte non sono stati oggetto di finanziamento della
legge n. 53/2000 come per gli altri casi, ma sono inserite in un contesto aziendale dove il
concetto di pari opportunità è ben interiorizzato. Mi è sembrato efficace per lo scopo della
mia ricerca presentare la molteplicità delle azioni introdotte.
-
la scelta di due Cooperative sociali e della Società fiorentina collegata alla sede della
CNA, oltre ad aver attivato progetti importanti, è dovuta al fatto che esse basano la loro
attività sull’erogazione di servizi caratterizzati da forte frammentazione territoriale; in
questi contesti può risultare complessa la riorganizzazione delle risorse umane e del
lavoro, in quanto la presenza fisica e le competenze specifiche delle persone giocano un
ruolo fondamentale. È quindi utile, secondo me, far conoscere che anche in ambienti
lavorativi apparentemente rigidi è possibile sperimentare ed agire in questo senso.
4.2 Costruzione e realizzazione delle interviste
L’intervista in profondità, che mi sembra essere uno dei metodi di rilevazione più utili
per accedere, comprendere e scoprire le motivazioni che hanno portato all’attuazione di
iniziative e progetti in merito alla conciliazione, ha richiesto la stesura di una traccia.
Ho ritenuto importante conoscere la base di partenza su cui le aziende hanno costruito
il loro percorso e cioè se l’organizzazione era già improntata e attenta a politiche di
conciliazione, in cui il concetto di pari opportunità era presente, collettivo e padroneggiato,
oppure se l’attenzione a questo tema si è posto partendo dall’emergere di alcune esigenze ben
precise e cercando soluzioni che risolvessero soltanto quei determinati problemi in situazioni
di “emergenza”. Questo permette di capire i principali obbiettivi a cui cercano di rispondere le
azioni che le organizzazioni esaminate hanno realizzato e se sono caratterizzate da un’ottica di
impegno costante i cui effetti saranno duraturi nel tempo. Importante, per il mio scopo, capire
come è nata l’esigenza di lavorare sulla conciliazione, in che modo sono state reperite le
prime fonti di informazione per intraprendere la strada della progettazione, se la scelta di
progettare in quest’ottica è stata stimolata da interventi esterni e come sono stati individuati
gli strumenti più adatti per rispondere ai bisogni esistenti. Ho cercato di capire come è
avvenuta la comunicazione interna, il coinvolgimento di dipendenti e responsabili e di
eventuali figure esterne esperte, come possono essere i consulenti. Una penultima parte ha
riguardato le difficoltà che si sono presentate durante la progettazione e l’implementazione e
l’esperienza relativa alla presentazione della domanda (se ci sono state problematiche
organizzative e come sono state risolte, i tempi e le difficoltà riguardo alla stesura del
progetto). Infine, è stato interessante conoscere se i progetti sviluppati prevedevano una fase
di valutazione, e in caso positivo quali sono stati i risultati emersi, e
se le azioni di
conciliazione hanno portato ad un miglioramento del clima aziendale e in alcuni casi capire
che genere di beneficiari ha usufruito delle agevolazioni. Per terminare è, secondo me,
indispensabile capire se le azioni intraprese sono state mantenute e/o ulteriormente sviluppate
alla scadenza del progetto.
Concretamente, nel contattato telefonico con le aziende per ottenere la disponibilità,
sono stati programmati gli incontri per la conduzione delle interviste, svolte nel mese di
novembre 2011. Esse sono state condotte presso le sedi amministrative delle aziende; in
particolare ho incontrato Responsabili delle Risorse Umane e Referenti dei progetti, per una
durata media di due ore per ciascuna intervista.
5. ANALISI
La prima parte di analisi delle interviste (e di altro materiale informativo rilasciatomi
da alcune aziende relativo ai progetti, come le domande di presentazione al finanziamento, i
questionari per la rilevazione delle esigenze di conciliazione) è stata compiuta per riportare le
soluzioni concrete poste dalle quattro organizzazioni e per fornire uno sguardo tra situazioni
diverse tra loro per storia, dimensione e misure introdotte. Una seconda analisi dei casi, più
approfondita, mi ha poi permesso di esporre le linee su cui costruire la guida sulla
conciliazione lavoro-famiglia.
5.1 I progetti analizzati
I progetti analizzati vengono esposti seguendo, in linea di massima, questi punti:
-
il contesto e la situazione dell’organizzazione prima del progetto e dell’attuazione delle
misure;
-
le esigenze che si sono riscontrate nell’organizzazione e gli obbiettivi che si sono proposti
per la risoluzione delle richieste;
-
le fonti di informazione principale a cui si è fatto riferimento per iniziare il percorso di
progettazione e cambiamento;
-
la lettura dei bisogni, in che modo sono stati percepiti e riconosciuti, e gli strumenti di
conciliazione che si sono messi in atto;
-
le modalità di comunicazione interna e l’eventuale coinvolgimento di figure esterne
esperte nella progettazione;
-
le difficoltà incontrate durante la progettazione e l’implementazione, ma riferite anche
all’esperienza sulla presentazione e sull’ammissione al finanziamento con il Dipartimento
per le politiche della famiglia;
-
gli effetti riscontrati sull’organizzazione e sul clima aziendale in seguito all’attuazione
delle misure di conciliazione, il loro mantenimento dopo la scadenza del progetto
finanziato, e le prospettive future verso le quali propende.
Soggetto proponente
Cooperativa sociale di tipo A
Settore di attività
Socio sanitario educativo
Titolo del progetto
T.rim. - Telelavoro e rimodulazione degli orari di lavoro
Durata del progetto
24 mesi (marzo 2008 - marzo 2010)
Sintesi del progetto
La situazione prima del progetto
La Vicepresidente e la Responsabile delle risorse umane della Cooperativa, sottolineano come
la cooperazione sociale sia un contesto professionale che per sua natura dovrebbe favorire un
sistema di conciliazione, dove le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori vengono conciliate
in un sistema integrato di scambio e reciprocità, senza interferire con la qualità dei servizi
offerti. Questi atteggiamenti, all’interno della suddetta Cooperativa, si traducono in un clima
generale di flessibilità, caratterizzato dall’ascolto e dalla valutazione congiunta con le
lavoratrici e i lavoratori delle migliori soluzioni operative, per ricercare uno spazio dove sia
possibile riflettere sulle esigenze individuali e quindi sulla possibilità di accettare e definire le
proposte di conciliazione. La situazione di non disagio è alla base del loro lavoro, in quanto si
può ripercuotere sulla qualità dei servizi.
La cultura della conciliazione era, in parte, già valore dell’associazione: dato il numero di
personale ridotto è stato possibile osservare tutte le esigenze e combinare la pluralità di
bisogni, in un contesto dove l’importanza del lavoro svolto e l’attenzione alla relazione con
gli utenti, ha effetti rilevanti sulla qualità del servizio. Da sempre, infatti, è stata data
l’attenzione all’accoglienza delle istanze di lavoratori e lavoratrici e una continua ricerca di
incontro tra esigenze del personale e esigenze del servizio, come la creazione di una “rosa di
sostituzioni” tra lavoratori interni alla Cooperativa e l’assunzione di altro personale specifico
per la sostituzione. C’è sempre stata un’impostazione attenta alle esigenze di conciliazione,
come per esempio le interruzioni estive di contratti per le madri con figli a scuola,
l’accoglienza e la permissione di assenze improvvise a causa di esigenze famigliari non
previste dal contratto e la preventiva redazione dei piani di ferie.
Esigenze e obbiettivi del progetto
La Cooperativa sociale, fondamentalmente composta da personale femminile (su 80 totali 65
sono donne), ha sviluppato nel tempo richieste ed esigenze di conciliazione. In particolare
esistevano molti rientri dalla maternità di persone con ruoli di coordinamento: è stato quindi
necessario individuare forme di conciliazione che permettessero di rientrare nei propri ruoli
ma con un orario ridotto, cercando al tempo stesso di rispettare gli orari dei servizi offerti ai
cittadini.
L’obbiettivo generale del progetto è stata l’individuazione di soluzioni organizzative per
salvaguardare le lavoratrici ed i lavoratori rispetto ai bisogni di conciliazione in ambito
famigliare, garantendo al tempo stesso il mantenimento dei livelli di qualità dei servizi
erogati. Il sotto-obbiettivo è stato quello di effettuare delle sperimentazioni in fase di
realizzazione per trovare strategie di efficacia e di efficienza che potessero offrire un’ottica di
continuità anche dopo la fine del progetto, in modo da diventare una valida strategia per
supportare il sistema conciliativo.
Fonti di informazione principale
Tramite la partecipazione ad un Convegno nell’anno 2000 la Cooperativa è venuta a
conoscenza della legge n. 53/2000 e delle possibilità che essa offriva. Questo appuntamento
ha fatto sì che si prendesse coscienza delle esigenze di conciliazione e che queste potessero
essere sostenute attraverso la realizzazione di misure di flessibilità organizzativa e inserite in
una progettazione finanziabile.
La lettura dei bisogni e gli strumenti di conciliazione
Le necessità e le richieste da parte dei lavoratori e lavoratrici sono state, dapprima, percepite
dai dirigenti grazie ad una gestione organizzativa fondata sul dialogo e sull’ascolto continuo,
e in secondo luogo, è stato somministrato un questionario da cui sono emerse le precise
esigenze.
Le misure attuate sono state le seguenti:
- la concessione del part-time reversibile a 5 lavoratrici di rientro dalla maternità con
conseguente assunzione di altro personale part-time di pari qualifica e formazione a
copertura delle ore non lavorate;
- il telelavoro per 4 lavoratrici impegnate in ruoli di gestione, con figli minori di dodici
anni, con l’individuazione concordata di sei ore settimanali di telelavoro da svolgersi in
orario che la lavoratrice stessa definisce; questo ha previsto un percorso di affiancamento
da parte di personale interno qualificato per supportare e migliorare le conoscenze
informatiche e l’utilizzo della strumentazione del telelavoro;
- la banca delle ore, inizialmente sperimentata da 12 dipendenti con figli minori di dodici
anni e con parenti non autosufficienti a carico, da estendere poi a tutti coloro che
manifestino esigenze di conciliazione;
- la formazione e l’orientamento per le lavoratrici rientranti dalla maternità; il percorso ha
previsto: due ore rivolte al bilancio di competenze per ciascuna figura con il supporto di
uno psicologo-psicoterapeuta che ha condotto colloqui individuali; otto ore di counseling
per sostenere e sviluppare atteggiamenti propositivi e attivi; percorsi individuali e di
gruppo atti a fornire aggiornamenti in merito alle norme e ai ruoli da rivestire.
Comunicazione interna e coinvolgimento figure esterne
La comunicazione delle misure è avvenuta in modo semplice grazie al rapporto continuo con
l’apparato gestionale e le agevolazioni sono state in particolare divulgate tramite riunioni. C’è
stato il coinvolgimento di un’agenzia di consulenza per quanto riguarda il supporto nella fasi
di progettazione e rendicontazione.
Difficoltà incontrate
L’ostacolo che si è presentato ha riguardato l’allungamento dei tempi tra la presentazione e
l’attivazione del progetto a causa del trasferimento delle competenze in materia di politiche
per la conciliazione dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale al Dipartimento per
le Politiche della Famiglia (anno 2007). Questo ha causato una rimodulazione e ricalibratura
del progetto in quanto si erano susseguiti cambiamenti di esigenze e di personale.
Effetti riscontrati e prospettive future
Attraverso colloqui e riunioni successivi all’implementazione delle misure, è stato possibile
capire che l’alleggerimento di alcune congestioni personali ha favorito un clima positivo: le
lavoratrici che hanno usufruito di queste misure hanno riportato quella serenità che si è
riflessa sulla qualità dei servizi, riducendo quella tensione che si può provocare quando la
combinazione tra tempi lavorativi e personali non viene realizzata.
Alla scadenza del progetto tutte le misure sono state mantenute e sono entrate nella routine e
nella fiducia della Cooperativa, senza bisogno di essere finanziate ulteriormente.
Inoltre, tramite riunioni e colloqui coi lavoratori è stato possibile notare l’emergere di altre
necessità: una stabilizzazione del personale ha fatto sì che dalle esigenze di cura si sia passati
alle esigenze per favorire le lavoratrici a rientrare nel luogo di lavoro a tempo pieno;
l’associazione è oggi impegnata nella progettazione di centri estivi, di socializzazione e di
studio, mediante accordi con le scuole e con i trasporti per la costruzione di nuovi servizi che
permettano alle madri lavoratrici una gestione del proprio tempo in modalità ancora più
flessibili.
Soggetto proponente
Cooperativa sociale di tipo A
Settore di attività
Socio educativo
Titolo del progetto
C.A.T. - Conciliare Attraverso Telelavoro
Durata del progetto
24 mesi (gennaio 2008 - gennaio 2010)
Sintesi del progetto
La situazione prima del progetto
La Cooperativa sociale è una ONLUS che si caratterizza per l’alto numero di servizi, una sua
forte frammentazione territoriale e una struttura lavorativa dove il lavoro di equipe è
fondamentale. In relazione ai diversi settori di intervento sono messe in campo diverse
professionalità: da operatori di strada a figure specializzate nella mediazione interculturale. La
“missione” dell’associazione ha attirato una maggioranza di personale femminile (su 84 totali
49 sono donne) in cui il problema della conciliazione tra tempi lavorativi e di vita non è
considerato un problema temporaneo ed esclusivo delle lavoratrici ma deve essere correlato
ad aspetti organizzativi e a politiche del personale che dovrebbero contemplare le
problematiche connesse alla genitorialità o al lavoro di cura e anticiparle con soluzioni
idonee. La Cooperativa, anche per la sua natura, si è sempre mossa in un contesto elastico, ma
senza una vera e propria strutturazione di agevolazioni e misure conciliative stabili.
Esigenze e obbiettivi del progetto
Alla luce delle caratteristiche sopra descritte e sulla base di casi concreti di difficoltà di
conciliare lavoro e famiglia (come la copertura di alcuni servizi serali e notturni), la
Cooperativa ha inteso andare in contro alle esigenze dei lavoratori e lavoratrici (in un settore
in cui le esigenze dell’utenza sono solitamente anteposte) e sperimentare procedure di risposta
a questo tipo di problematiche in modo che possano essere adottate in futuro ed inserite
all’interno del proprio sistema di qualità. Gli obbiettivi principali sono stati: incoraggiare una
nuova visione dell’orario lavorativo attraverso una maggiore flessibilità della presenza nei
luoghi di lavoro, a sostegno dei dipendenti con figli minori di dodici anni; sviluppare un
percorso di inserimento articolato che prevedesse azioni di formazione, affiancamento e
sostegno per i genitori in rientro dalla maternità/paternità.
Fonti di informazione principale
Tramite un corso di formazione avente come tema principale la conciliazione tra lavoro e
famiglia realizzato da un ente affiliato alla Cooperativa, è stato fornito un input per ragionare
sulla situazione lavorativa e per conoscere le misure adottabili e il sostegno previsto dalla
legge n.53/2000.
La lettura dei bisogni e gli strumenti di conciliazione
La dimensione ridotta della Cooperativa ha permesso lo sviluppo di una gestione delle risorse
umane caratterizzata da vicinanza e da continui feedback con i lavoratori e le lavoratrici,
vantandosi di una buona conoscenza delle loro esigenze in molteplici momenti della vita
lavorativa. In particolare, i bisogni di conciliazione sono stati analizzati attraverso schede di
rilevazione e colloqui tra i responsabili e i dipendenti.
L’individuazione delle problematiche più rilevanti hanno portato alla definizione delle
possibili soluzioni, tra cui:
- la predisposizione di piani individuali di conciliazione attraverso l’utilizzo del telelavoro
per 4 lavoratori (2 donne e 2 uomini) con figli minori di dodici anni e in due casi anche
per motivi di distanza dal luogo di lavoro; sono stati previsti percorsi di affiancamento e
un percorso di formazione legati all’uso degli strumenti informatici e alla gestione
efficace ed efficiente del telelavoro; le quattro persone che hanno sperimentato tale misura
sono figure di responsabilità;
-
la formalizzazione di procedure di flessibilità attraverso l’implementazione della banca
delle ore per 23 lavoratori (15 donne e 8 uomini) con figli minori di dodici anni;
- la definizione di procedure formalizzate per l’aggiornamento del personale che si assenta
per lunghi periodi di congedo, sperimentato su 3 lavoratrici in rientro dalla maternità;
questo percorso ha previsto: il bilancio di competenze iniziale per verificare il livello di
conoscenza della durata di due ore per ciascuna lavoratrice, sei ore per ciascuna di attività
di counseling progettato sulle esigenze individuali attraverso un processo di
empowerment, l’affiancamento on the job per recuperare le competenze tecnicoprofessionali, una parte di formazione obbligatoria e una parte di aggiornamento sui
mutamenti organizzativi e il bilancio di competenze finale per il raggiungimento degli
obbiettivi;
- la creazione di un sito web per rendere disponibili in qualsiasi momento i materiali di
aggiornamenti tecnico-normativi, di verbali di riunioni, per mantenere il rapporto con il
proprio gruppo di lavoro nei periodi di assenza.
Comunicazione interna e coinvolgimento figure esterne
Grazie alla vicinanza tra il personale e la dirigenza la comunicazione è avvenuta attraverso
una serie di riunioni, coinvolgendo nel processo tutti gli attori implicati o meno nelle
agevolazioni. Per quanto riguarda la progettazione e la rendicontazione si è avuto il supporto
di un’agenzia di consulenza.
Difficoltà incontrate
La referente del progetto ha sottolineato come, in una programmazione futura, affinerebbe
meglio l’aspetto della comunicazione interna con tutto il personale, in modo da poter
comunicare in modo più fluido con le diverse aree di attività.
Per quanto riguarda la presentazione del progetto non ci sono state difficoltà particolari e le
misure richieste sono state approvate.
Effetti riscontrati e prospettive future
Non è stata compiuta una valutazione vera e propria sugli effetti portati dalle misure previste
ma in termini generali si è notata una migliore disponibilità dell’azienda nel capire i bisogni
dei clienti e in termini organizzativi una riduzione dello stress dovuto ai problemi risolti di
conciliazione e una maggiore motivazione al lavoro e quindi un miglior rendimento del
personale.
Il telelavoro, la banca delle ore e il sito web sono stati mantenuti anche dopo la scadenza del
progetto.
Le richieste che provengono oggi dalla Cooperativa sociale sono riferite ad una possibile
realizzazione di un asilo aziendale, per mettere lavoratori e lavoratrici nella condizione e
possibilità di completare la giornata lavorativa senza grossi intoppi e disagi.
Settore di attività
Società fiorentina collegata alla sede provinciale della
Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media
Impresa
Servizi alle aziende
Titolo del progetto
C.N.A. - Conciliare Nell’Associazione
Durata del
progetto
24 mesi (luglio 2007 - giugno 2009)
Soggetto
proponente
Sintesi del progetto
Il contesto e la situazione prima del progetto
Il presente contesto aziendale è caratterizzato da una forte dispersione territoriale delle sedi di
lavoro e, al tempo stesso, dalla necessità di erogare servizi a sportello e front-office con orari
che devono essere adeguati alle esigenze dei clienti. È chiara nella struttura organizzativa la
consapevolezza della centralità della risorsa umana: ogni lavoratore/lavoratrice possiede
competenze che sono difficilmente rintracciabili e, per la natura dei servizi offerti, è
necessario mantenere il più possibile una continuità nel rapporto con il cliente.
Ai bisogni di conciliazione richiesti prima del progetto, la risposta organizzativa è stata poco
strutturata e frammentata: sostanzialmente si era data la possibilità del part-time, concordato
individualmente e con i responsabili dei vari uffici territoriali, non affrontando la
problematica in un’ottica più complessiva e comprensiva.
Una misura che da sempre ha operato nell’organizzazione e che può rappresentare trasparenza
e non discriminazione all’accesso sono i colloqui di selezione realizzati, non da una sola
persona, ma da due responsabili (solitamente, un/a responsabile delle risorse umane e un/a
responsabile del servizio) che molto spesso risultano composti da un uomo e da una donna.
Esigenze e obbiettivi del progetto
L’organico dell’azienda è composto da circa 300 dipendenti di cui il l’82% sono donne con
sempre crescenti problemi legati alla cura dei figli e dei parenti non autosufficienti; a questo
tipo di problematiche sono sempre più interessati anche gli uomini presenti in azienda.
Partendo dal presupposto che è fondamentale trattenere e valorizzare le risorse presenti, il
numero crescente di richieste di riduzione dell’orario di lavoro, di assenze legate ad esigenze
di cura, ha condotto l’azienda a ripensare la propria organizzazione.
L’obbiettivo generale è stato quello di andare a creare organicità a quelle misure che prima
erano state fatte in maniera discontinua e improvvisata, e trovare alcune soluzioni flessibili
che fossero il meno possibile traumatiche per i dipendenti e per i servizi erogati. Cercare,
quindi, di investire sulle persone presenti. Inoltre, era fondamentale individuare un modello
organizzativo con procedure definite, rispondendo alle esigenze di conciliazione non come
evento straordinario, ma con strumenti precisi in base alle richieste per far sì che anche
l’organizzazione lavorativa non subisca disagi. Il progetto ha avuto lo scopo di verificare la
sostenibilità delle azioni nel lungo periodo per inserirle in una più ampia politica aziendale.
Fonti di informazione principale
Dal positivo confronto e supporto per impostare la questione del progetto, ricevuto dalla
Consigliera di Parità della provincia di Firenze e dal gruppo di lavoro istituito sulla legge
53/2000 presso lo stesso ufficio, sono stati delineati i passi successivi.
La lettura dei bisogni e gli strumenti di conciliazione
L’azienda si è attivata per rilevare in maniera omogenea e concreta i bisogni di conciliazione
attraverso la somministrazione di un questionario a tutti i dipendenti e alcune interviste semistrutturate a coloro che avevano già reso noto esigenze di cura famigliare. Sono stati poi
realizzati momenti di sensibilizzazione che hanno coinvolto tutto il personale circa la
normativa sui congedi parentali, cercando di individuare insieme forme compatibili di
agevolazione lavorativa. Dall’analisi delle informazioni ricavate sono stati individuati una
serie di interventi:
- la concessione del part-time reversibile al rientro dalla maternità per 11 donne:
concessione al 60% del monte ore annuo con possibilità di rinnovo finché sussistono le
esigenze di conciliazione e indipendentemente da quanta forza lavoro usufruisce già
dell’orario ridotto nelle varie sedi aziendali. L’attivazione di questi 11 part-time ha
presupposto la ricerca di altro personale per coprire le ore rimanenti, con la realizzazione
di un percorso di formazione e affiancamento al ruolo per indirizzare il nuovo personale;
- la concessione del part-time reversibile per la cura dei figli fino al dodicesimo anno di età
per 21 donne; si riconosce una maggiore età dei figli (dai tre ai dodici anni) come
condizione sufficiente per la richiesta di riduzione dell’orario;
- la banca delle ore, con priorità a coloro che hanno esigenze di cura famigliare per 60
persone, di cui 47 donne e 13 uomini; mantenendo la priorità per le esigenze conciliative,
tale misura può essere utilizzata da tutto il personale;
- l’attività di formazione e affiancamento al rientro dalla maternità/paternità per permettere
di ricoprire le mansioni e i ruoli svolti precedentemente; l’azione è stata facilitata dalla
realizzazione di un percorso fomativo-orientativo caratterizzato da: bilancio delle
competenze iniziale di un’ora per ciascun/a richiedente, percorso individualizzato di
counseling attraverso un processo di empowerment di due ore per ciascun/a, percorso
formativo standard di 12 ore, affiancamento on the job comprendente tre mesi di
tutoraggio da parte di un responsabile a cui l’azienda riconosce un compenso, bilancio di
competenze finale;
- creazione di un sito web per rendere disponibili i contenuti aggiornati delle normative e
delle circolari riguardanti le attività svolte, per consentire un contatto acceso con l’azienda
per i dipendenti assenti.
L’azienda, inoltre, ha completato il progetto con ulteriori interventi per i quali non viene
richiesto il finanziamento, come:
- l’introduzione di forme di flessibilità dell’orario di lavoro attraverso l’utilizzo di deroghe
all’orario in entrata e in uscita;
- l’allargamento da tre a cinque giornate di permesso al mese per l‘assistenza di famigliari
disabili e non autosufficienti;
- l’estensione del contratto dei sostituti di maternità di due mesi prima del congedo e un
mese per quello successivo al rientro di colui/colei che ne ha usufruito per facilitare il
passaggio delle consegne.
Comunicazione interna e coinvolgimento figure esterne
La comunicazione ai dipendenti della presenza di tali misure è avvenuta tramite incontri e
riunioni e il coinvolgimento della direzione si è mostrato attento e propositivo; il momento
più critico ha riguardato la spiegazione della gestione del personale ai diversi capo-uffici.
Soprattutto per la fase di rendicontazione si è ricevuto il supporto di un’agenzia di
consulenza.
Difficoltà incontrate
In prima istanza il progetto non è stato approvato dalla Commissione in quanto non era stata
colta l’azione innovativa del diritto del part-time reversibile per i genitori con figli fino ai
dodici anni di età. Chiarita la misura, il progetto è stato approvato e finanziato.
Effetti riscontrati e prospettive future
Le misure hanno portato all’organizzazione una gestione del personale in modo preciso e
completo, dando vita ad un clima aziendale sereno. I part-time attivati sono oggi circa 70 (di
cui solo un uomo) e le deroghe per la flessibilità in entrata e uscita sono circa 60; inoltre, la
banca delle ore ha permesso un azzeramento degli straordinari. I risultati positivi rendono il
progetto rappresentativo per promuovere modelli e soluzioni concrete per l’ampio insieme di
aziende che si riferiscono alla Società. Riguardo a quest’ultimo punto, la Società sta
organizzando alcune azioni di sensibilizzazione sulle legge n. 53/2000 : dopo l’invio di una
comunicazione alle aziende associate, si stanno organizzando incontri per fornire
informazioni sulle possibili misure proposte dalla legge, sui tempi necessari per attuarle, sui
finanziamenti a disposizione, sugli effetti che queste misure portano, attraverso la
presentazione di progetti concreti e virtuosi già attivati nel territorio. Mediante la
comunicazione di contatti utili, le organizzazioni partecipanti possono attivarsi per ricevere
informazioni sulla progettazione.
La Società sotto riportata non ha proposto un unico progetto strutturato come quelli sopra
descritti, ma fin dalla sua nascita ha attivato una serie di iniziative, un programma, favorenti il
work-life balance. Le misure adottate sono numerose e si ripropongono innovandosi nel corso
degli anni. La diffusione di queste misure può sicuramente incentivare e offrire un’idea sulla
molteplicità di azioni che possono favorire la conciliazione e possono essere da esempio per
diverse realtà.
Soggetto
Società farmaceutica consociata ad una multinazionale americana
Settore di attività
Chimico-industriale e biologico
Sintesi
Il contesto e la lettura dei bisogni
L’età media dei dipendenti è di 36 anni e su 1.078, 419 sono donne. Come accennato prima,
l’azienda, fin dalla sua nascita, presenta un’impostazione basata su tre principi: rispetto delle
persone, eccellenza operativa e qualità. Le iniziative che si sono sviluppate in seguito ruotano
attorno a questi principi. Seguendo questo filo, si sono realizzate tutta una serie di iniziative a
sostegno della conciliazione erogate spontaneamente dall’azienda. Alla base, resta la forte
convinzione che i risultati aziendali sono migliori quando le persone sono serene. A questo
proposito, ogni anno l’azienda partecipa ad un’indagine di clima denominata “Great Place to
Work” che valuta l’impatto della fiducia sulla produttività, sulla collaborazione e
sull’innovazione dell’ambiente di lavoro, all’interno della quale è possibile riportare e inserire
le opinioni dei lavoratori e lavoratrici che in seguito verranno comunicate all’azienda tramite
un report dei commenti; offre quindi anche uno spunto per capire le esigenze dei dipendenti.
Dal 2008 inoltre, su iniziativa del Management, sono stati identificati nell’ambito di ogni
settore aziendale dei “great to place to work chiampions” (16 dipendenti di cui 11 donne) con
la finalità di raccogliere feedback ed esigenze dei loro colleghi e proporle al Management
sottoforma di idee e soluzioni nell’ottica delle pari opportunità e della conciliazione. Hanno
poi un Ufficio Risorse Umane ricettivo per cui quando un certo fenomeno si ripete più volte,
si calcola quanto esso può pesare sull’organizzazione lavorativa e che tipo di risposte
trasparenti si possono attuare. Tramite tali processi emergono idee su eventuali misure e
strumenti che vengono successivamente presentati a livello di board aziendale, per cui
vengono calcolati potenziali costi e benefici; se il progetto appare fattibile e opportuno si
passa alla sperimentazione e all’implementazione.
Gli strumenti di conciliazione
Le azioni di conciliazione fino ad ora attivate sono numerose:
Misure di flessibilità oraria e permessi
- flessibilità degli orari di lavoro di due ore in entrata e due in uscita e una flessibilità
durante la pausa pranzo (da mezz’ora ad un’ora e mezzo): l’azienda lo propone dal 1992;
- part-time di sei mesi al rientro dai periodi di congedi parentali, quindi sia per le neomamme sia per i neo-papà; il rientro prevede poi un periodo iniziale di
affiancamento/formazione;
- cinque giorni di permesso retribuito per i dipendenti uomini da usufruire entro un mese
dalla nascita del figlio/a;
- agevolazione del part-time per le madri con figli di età inferiore ai 6 anni;
-
dal 2006 sono stati attivati progetti di telelavoro;
permesso di non portare il certificato per malattie di un giorno o di assentarsi dall’ufficio
in caso di indisposizione durante l’orario di lavoro, sempre se la durata si limita al giorno
dell’evento;
- possibilità di usufruire fino a venti ore di permesso retribuito per l’inserimento dei figli al
nido o alla scuola materna, in modo da coprire tutta la prima settimana di inserimento a
scuola.
Indennità e benefit
- integrazione al 100% a carico dell’azienda dell’indennità di maternità obbligatoria;
- dal 2001 l’azienda sostiene un processo di prestito aziendale con tassi agevolati rispetto
agli istituti di credito, con la possibilità di restituzione in un periodo che arriva fino a 48
mesi;
- agevolazioni in caso di pratica di adozione attivata dal dipendente con possibilità di
permessi retribuiti, di prestiti aziendali e di utilizzo del “network” aziendale per agevolare
le pratiche burocratiche;
- sviluppo di una serie di flexible benefit: a ciascun dipendente si fornisce un numero di
crediti sulla base del salario, dello stato civile, del numero di subordinati, del livello di
carriera, delle prestazioni e del ruolo; i dipendenti, successivamente, usano i propri crediti
per acquistare i propri benefit scegliendo quelli che meglio si adattano alle proprie
esigenze personali; per fare qualche esempio, alle famiglie è stato concesso di acquistare
libri scolastici con consegna in ufficio, ai giovani un abbonamento in palestra, agli anziani
un’assistenza sanitaria. La tipologia dei servizi disponibili muta in base agli interessi dei
dipendenti.
Servizi aziendali e di prossimità
- possibilità di accedere direttamente in azienda a servizi bancari e assicurativi in alcuni
giorni della settimana, e ad uno sportello bancomat;
- possibilità di “acquisto” di pane e latte freschi presso i locali del ristorante aziendale e di
un servizio “take-away” su prenotazione;
- convenzione con una lavanderia che passa dall’azienda su prenotazione;
- vaccino anti-influenzale offerto gratuitamente ogni anno dall’azienda su richiesta;
- dal 2009 l’azienda ha attivato un ciclo di sedute yoga gratuite ai propri dipendenti, non
impattando così le ore libere extra-lavorative ma permettendo lo svolgimento di
un’attività;
- ha operato per limitare i viaggi di lavoro ed il disagio derivante, proponendo l’utilizzo di
strumenti alternativi come la videoconferenza;
- è stata finanziata la progettazione di una palestra i cui lavori partono nel 2012.
Servizi all’infanzia
- convenzione con una struttura di accoglienza e cura dei figli di dipendenti tra i 12 ed i 36
mesi;
- nel 2010 si è attuata una convenzione con alcuni centri estivi per permettere ai dipendenti
la tranquillità durante le vacanze scolastiche.
La comunicazione interna
Ogni singola iniziativa ha un piano di comunicazione diverso in base alla rilevanza del
progetto. La maggioranza avviene attraverso la loro pubblicazione sul portale di intranet
aziendale, anche per la ragione che molti servizi sono mantenuti da anni e quindi conosciuti;
per la diffusione di iniziative più complesse, come lo è stato per i flexible benefit, si è optato
invece per riunioni e brochure.
La valutazione delle iniziative
Per rilevare se gli strumenti attuati sono stati soddisfacenti e individuare eventuali
miglioramenti, vengono realizzati dei focus group e due indagini di clima: una interna e una
definita dal “Great Place to Work” utile per verificare le discordanze.
5.2 Le linee su cui costruire la guida sulla conciliazione famiglia-lavoro
I progetti di azioni positive sono progetti di cambiamento organizzativo che si
collocano in un contesto complesso e strutturato. Le azioni positive, pur toccando soltanto
alcuni aspetti della gestione delle risorse umane e dell’organizzazione, implicano comunque
una sua gestione consapevole di tutto il processo. Quindi, affinché il cambiamento incida
veramente sui comportamenti e sulla struttura dell’organizzazione, è importante che esso
venga ideato, progettato, programmato e guidato nei suoi vari aspetti (Chiesi, 1987).
L’analisi più approfondita delle interviste, degli altri materiali informativi forniti, e dei
punti comuni di azione attuati dalle aziende nelle fasi di progettazione e implementazione, mi
hanno permesso di ricavare alcuni dei rapporti e delle procedure adottate.
La guida conterrà alcune indicazioni di massima e alcuni suggerimenti per orientare future
strategie e per definire progetti di conciliazione. Inoltre, all’interno, saranno riportati alcuni
riferimenti essenziali per utilizzare al meglio i finanziamenti previsti dall’ex art.9 della legge
53/2000.
Ho ritenuto interessante alternare le parti più teoriche con alcuni frammenti di interviste in
modo da rendere più concretamente l’idea dei principali passi compiuti dalle organizzazioni.
Premettendo che la strutturazione della guida prevederà una parte iniziale in cui si
descriverà la normativa principale su cui si basano i progetti di conciliazione (legge
n.53/2000) e una parte finale dove si comunicheranno i numeri e i riferimenti utili (come
l’ufficio della Consigliera di Parità della Provincia di Firenze e il sito internet del Ministero
per trovare ulteriori informazioni), di seguito vengono descritte le fasi centrali.
È prevista una prima parte generale in cui vengono ricostruiti i rapporti che
dovrebbero instaurarsi tra azienda, vertici aziendali e dipendenti per un buon punto di
partenza. Una seconda parte si propone di mostrare le procedure per indirizzare ed arrivare ad
una progettazione mirata: dall’analisi del contesto e delle esigenze, all’approccio della
ricerca-azione, all’accordo sindacale essenziale per accedere al finanziamento. Una terza parte
descrive i più importanti strumenti attuabili e finanziabili, previsti dalla legge n. 53/2000 e in
particolare dall’ex art.9 comma 1, riferito agli interventi a favore dei dipendenti e per cui è
previsto il 90% delle risorse annualmente disponibili (il restante 10% delle risorse è diretto al
finanziamento di interventi di sostituzione/collaborazione per soggetti autonomi previsto
dall’ex art.9, comma 3). Una quarta parte espone in breve i risultati che si possono ottenere in
seguito all’implementazione delle misure per conciliare vita e lavoro e una quinta parte rende
l’idea dei ritardi più frequenti che si possono verificare quando si decide di realizzare tali
politiche. Infine, l’ultima parte descrive le modalità di presentazione al finanziamento dei
progetti.
A questo punto la guida sarà completata con i casi concreti di azioni positive analizzati e
precedentemente illustrati.
Segue qui la parte centrale e i punti principali che ho previsto di inserire all’interno della
guida.
GLI ATTORI COINVOLTI
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L’AZIENDA. Per progettare un intervento di azione positiva è fondamentale comprendere
su quali processi e pratiche sociali agisce l’organizzazione e in particolare che livello di
coerenza esiste tra la politica aziendale e di gestione delle risorse umane di partenza e la
politica alla quale si tende e si impronteranno gli sforzi futuri; questo per far sì che le
misure progettate trovino accoglienza e logicità con la funzione dell’intera
organizzazione. “La storia dell’azienda e i suoi principi aiutano a mettere nel giusto
contesto il perché di certe iniziative…la legge 53 non è qualcosa che è staccato dalla
politica aziendale, ma sta dentro ad un’ottica più ampia: si deve incastrare in una
politica e in un meccanismo dove ci sono valori condivisi”12. Un’azione positiva è tale
quando il suo significato è condiviso da tutti gli attori, ed è quindi importante rendere
chiari i valori di base che un’azienda esprime in merito al tema delle pari opportunità per
capire quanto spazio si trova per la collaborazione unitaria di tutti i soggetti presenti e
quanto quello spazio sia sentito e volontario sia dalla componente femminile che da quella
maschile.
I VERTICI AZIENDALI. Ci si riferisce in particolare alle figure più coinvolte nei progetti
di azioni positive: la Direzione generale e la Direzione delle risorse umane. La figura del
manager ha il compito complesso di gestire gli interessi dei suoi lavoratori cercando di
bilanciarli e riconoscendo l’importanza della loro soddisfazione al fine di raggiungere lo
scopo dell’impresa; in questo modo ammette la sua responsabilità nei confronti dei
lavoratori e delle lavoratrici. La seconda figura ha un compito più operativo nel cercare di
mantenere in modo equo e opportuno le misure messe in atto. Entrambe le funzioni
possono collocarsi all’interno di un percorso di Responsabilità Sociale d’Impresa,
attraverso cioè, un’azione continuativa di ascolto e coinvolgimento dei/delle dipendenti; è
un approccio che dovrebbe tendere al miglioramento complessivo e alla risposta degli
interessi dei lavoratori anche come persone con una vita al di fuori dell’organizzazione,
extra-lavorativa; per lo più, le richieste, sono riconducibili a “situazioni oggettive”, alla
necessità di trovare un equilibrio tra tempi di vita e tempi di lavoro e il loro
soddisfacimento ha effetti sul clima organizzativo, più sereno e più produttivo. Per tutti
questi fattori, le due Direzioni sono le prime a cui vanno rivolte tali richieste. Certo è che,
se la dirigenza è tendente alle sperimentazioni e attenta alle novità, offrirà sicuramente un
terreno più aperto e stimolato su cui lavorare. “Abbiamo un ufficio risorse umane molto
ricettivo: quando percepiamo un feedback e vediamo e sentiamo che un certo fenomeno si
ripete, facciamo un’analisi più approfondita e cerchiamo di dare una risposta
intervista
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all’esigenza che il più delle volte non comporta grandi modifiche all’organizzazione del
lavoro ma che ci aiuta a gestire meglio gli inconvenienti”13.
I DIPENDENTI: ogni lavoratore e ogni lavoratrice possiede valori e competenze
specifiche all’interno di un’azienda e il riconoscere il lavoratore/lavoratrice come
stakeholder, come portatore di uno specifico interesse e come componente determinante
per il successo nei confronti dell’organizzazione, ha riflessi positivi. Un maggior
coinvolgimento delle persone produce e garantisce un clima aziendale migliore. Inoltre, la
non valorizzazione delle differenze di genere, delle competenze e dei talenti di tutte le
persone presenti all’interno di ogni organizzazione, incide negativamente sulla
produttività aziendale. Ricoprono quindi un ruolo centrale ed è indispensabile la loro
partecipazione nella costruzione e nella valutazione del progetto, in modo che possano
esprimere opinioni e pronunciare miglioramenti al processo di progettazione delle misure
di azioni positive o all’efficacia delle pratiche diffuse nell’organizzazione. “Tutto il
percorso è nato dalle idee dei lavoratori: dopo aver colto la richiesta di alcune persone
per risolvere un loro bisogno, noi, come ufficio risorse umane, abbiamo cercato di ideare
insieme ai lavoratori una soluzione”14; “Se sono le persone che ne hanno bisogno a porre
soluzione e miglioramenti ai problemi organizzativi riscontrati, si riescono a creare
strumenti e iniziative efficaci e adatti alle loro esigenze; il clima di partecipazione e
collaborazione con i dirigenti è fondamentale per la buona riuscita di un progetto”15.
LE PROCEDURE OPERATIVE E LA COMUNICAZIONE INTERNA PER UNA
ADEGUATA IMPOSTAZIONE DEI PROGETTI DI CONCILIAZIONE
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MISURE INNOVATIVE E CONCRETE. Le misure e gli strumenti che si vogliono
progettare devono rispondere alla caratteristica dell’innovatività e della concretezza per
riuscire a potenziare e a originare soluzioni organizzative adeguate e realizzabili rispetto
alla situazione data, che creino quelle condizioni per soddisfare le esigenze e i bisogni dei
lavoratori e lavoratrici. L’attenzione, inoltre, va riferita sull’importanza di promuovere
azioni che siano rivolte a uomini e a donne, per non riprodurre la tradizionale divisione
dei ruoli famigliari e lavorativi che si può riprovocare quando un’azione è rivolta
esclusivamente ad un genere; non si deve tendere però ad una negazione delle differenze
in cui l’adozione di misure “neutre” può sfociare, in quanto genera ulteriori
discriminazioni. Invece, quando si progettano misure volte a potenziare e sviluppare il
soggetto donna è necessario prestare attenzione a non riprodurre una figura quanto più
vicina al genere maschile dominante, ma a valorizzare le specificità e le capacità di ogni
soggetto.
FOTOGRAFIA DELL’ORGANIZZAZIONE E LETTURA DELLE ESIGENZE. Molte
volte le esigenze si colgono nell’ambiente lavorativo, anche sottoforma di problematiche
concrete, senza aver bisogno di svolgere ricerche approfondite; altre volte c’è bisogno di
analizzare meglio quali siano le cause che hanno provocato alcuni disagi per riuscire a
progettare e ripensare l’organizzazione nell’ottica corretta. “Avere il giusto supporto
all’inizio, partire da una buona analisi del contesto, fa in modo che poi anche i progetti
vadano avanti nel modo giusto senza troppo onere per l’azienda”16. La costruzione di un
gruppo di lavoro che pianifichi e guidi lo svolgimento del progetto è sicuramente un buon
intervista
intervista
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punto di partenza. In entrambi i casi, comunque, è necessario fare un fotografia
dell’organizzazione per capire, non soltanto il punto di partenza e cioè i principali bisogni
espressi ed eventuali discriminazioni presenti, ma anche per capire la situazione generale,
le strategie e le pratiche su cui si è improntata fino a quel momento l’azienda mettendo in
luce le connotazioni di genere: la situazione occupazionale delle donne rispetto agli
uomini, in che modo favorisce l’accesso ai ruoli e alle responsabilità organizzative, in che
modo organizza il lavoro, in che modo gestisce le pratiche di reclutamento del personale,
in che modo valuta le prestazioni e in che modo pianifica la carriera ed eventuali criteri
premianti. “Da anni gestiamo le assunzioni in maniera trasparente: i colloqui di selezione
si svolgono in presenza di due responsabili e non di una sola persona; e il più delle volte
sono composti da un uomo e una donna”17. La fotografia rivela la distribuzione delle
possibilità e delle opportunità fra uomini e donne su cui opera l’azienda e le motivazioni
che hanno fatto nascere il bisogno di intervenire.
VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE DELLE ESIGENZE. Dall’analisi della
situazione esistente e dall’ascolto attivo e concreto delle esigenze interne attraverso la
costruzione di questionari, di focus group, di indagini di clima, si può procedere alla
valutazione delle evidenze e alla loro interpretazione. Questa fase permette di individuare
gli obbiettivi del progetto, che possono variare nel tempo, a seconda del tipo di esigenze e
a seconda che gli interventi siano pensati in un’ottica di impegno costante e duraturo
oppure come risposta ad alcune “emergenze” i cui risultati e progressi sono visibili nel
breve periodo: “importante è essere sicuri di tenere aperti i canali d’ascolto verso le
persone; che siano dei focus group, che siano questionari o che siano telefonate ripetute:
è necessaria la sensibilità delle risorse umane di capire e captare dove si muove il
malessere e le esigenze delle persone”18. “Per creare un clima favorevole e positivo in
un’azienda è importante seguire le persone nei diversi momenti della loro vita, e noi
l’abbiamo riscontrato. Quello che si notava era che negli anni, più o meno siamo le stesse
persone, dall’esigenza di accudire figli piccoli e quindi dalla richiesta di strumenti come
la banca ore e il part-time, ora vediamo che l’esigenza è più quella di individuare delle
misure per permettere ai dipendenti di venire a lavorare: per esempio ora si ha il
bambino in età scolastica e si ha l’esigenza di fare un piccolo centro estivo-invernale per
permettere alla mamma di completare la sua giornata lavorativa senza grandi ostacoli”19.
COLLABORAZIONE E COMUNICAZIONE. La progettazione delle misure presuppone
il coinvolgimento dei vertici aziendali nella ricerca delle soluzioni ottimali, elaborando
collettivamente possibili varianti e soluzioni, e implicando le lavoratrici e i lavoratori per
verificare i punti di forza e di debolezza degli strumenti: mediante una sperimentazione
delle misure progettate è possibile riscontrare alcune anomalie e il punto di vista di tutti
gli attori è indispensabile per apportare modificazioni e correzioni. È importante in queste
fasi riuscire a creare un rapporto continuo tra il gruppo di lavoro, la dirigenza e le altre
figure presenti nell’organizzazione, per permettere una comunicazione aperta e per far sì
che eventuali evidenze riscontrate si possano comunicare ai decisori in modo attivo e
unitario affinché sia garantita la giusta direzione e attenzione alla realizzazione del
cambiamento. “Io sono la vicepresidente però sono anche una persona che ha usufruito
delle misure: questo perché non abbiamo diviso l’apparato gestionale dai lavoratori; noi
siamo tutti lavoratori e le esigenze di conciliazione ce le hanno tutti”20, “Lavorare in
maniera unitaria è un modo per sviluppare meglio il progetto, capire se altre persone
intervista
intervista
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possono rientrare nelle misure e dare la possibilità ad altri di comunicare il loro bisogno
di conciliare”21.
ACCORDO SINDACALE. Per avere accesso al finanziamento previsto dall’ex art.9
della legge 53/2000, accanto all’individuazione delle esigenze di conciliazione è
necessario definire l’accordo sindacale: il soggetto sindacale deve conoscere i contenuti e
gli obbiettivi del progetto in quanto il suo coinvolgimento può apportare una conoscenza
in più per migliorare la definizione delle azioni di conciliazione; è importante che esse
contengano caratteristiche innovative rispetto a quelle previste dal contratto nazionale del
lavoro e cioè che siano comprese di un valore aggiunto.
APPROCCIO DELLA RICERCA-AZIONE. In un ambiente aperto e stimolato, che può
essere in grado di creare caratteristiche collaborative come quelle sopra descritte, è
sicuramente un ambiente che facilmente si presta a sviluppare una modalità di ricercaazione per approcciarsi al cambiamento. Questo tipo di ricerca, consigliata quando si
vuole agire sulle culture organizzative in quanto permette di rivedere ad ogni passo il
livello di efficienza dei possibili interventi innovativi e in quanto agisce su prassi
consolidate e complesse, intreccia l’esigenza di conoscere con l’esigenza di agire.
Mediante la conoscenza dell’ambiente organizzativo e delle pratiche di genere presenti
all’interno, possiamo verificare le condizioni di fattibilità e gli esiti di una proposta
attraverso la sensibilizzazione e la sollecitazione delle risorse umane. Ci saranno, quindi,
continue interazioni tra i ricercatori che mettono a punto le procedure e gli strumenti per
dar corpo alla proposta (formazione, tutoraggio, metodologia) e tra gli attori organizzativi
che cercano di predisporre progetti per la propria realtà attraverso discussioni aperte,
costituzioni di gruppi e scelte di procedure e contenuti. Sicuramente, il piano di ricerca
dipenderà dalle potenzialità, dalle risorse, dalle esperienze pregresse e dalle emergenze
sorte nell’ambiente organizzativo. Ma il valore di questo metodo sta nel fatto che si può
avere una valutazione degli esiti, anche se non oggettivi e definitivi, attraverso il
confronto tra i soggetti impegnati.
GLI STRUMENTI PER CONCILIARE VITA E LAVORO SOSTENUTI DALLA
LEGGE N. 53/2000
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RIORGANIZZAZIONE DEGLI ORARI DI LAVORO. Sono quell’insieme di strumenti,
sostenuti dai finanziamenti previsti dall’ex art. 9 della legge 53/2000, comma 1 (lettera
A), che permettono di organizzare l’orario di lavoro in maniera più flessibile giovando,
non soltanto ai lavoratori che potranno gestire meglio il loro tempo, ma anche all’azienda
che potrà avvalersi di una gestione del personale più elastica ed ampliare la produttività
per la partecipazione più stabile dei lavoratori e delle lavoratrici. Tra le misure attuabili si
trovano: la flessibilità in entrata e uscita dal luogo di lavoro e la flessibilità della durata
della pausa pranzo; il part-time, che in alcuni momenti specifici del proprio ciclo di vita
(come la nascita dei figli, la cura ad un famigliare malato, lo svolgimento di percorsi di
formazione) consente di combinare il tempo dedicato al lavoro professionale e quello
dedicato alla vita personale: per essere strumento conciliatorio deve però essere
caratterizzato da volontarietà e reversibilità; la banca delle ore che si basa sostanzialmente
su un sistema di debito/credito delle ore lavorate: gli straordinari possono essere usufruiti
sotto forma di giorni e ore di permesso che la lavoratrice o il lavoratore può prelevare per
far fronte a impegni famigliari o personali; il telelavoro che si tratta dello svolgimento
dell’attività lavorativa nella propria abitazione o in centri non distanti da casa ma muniti
intervista
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degli strumenti necessari, per alcuni giorni della settimana o in periodi più prolungati, per
risolvere problemi come la distanza dal posto di lavoro o la necessità di accudire figli o
anziani in casa: l’azienda oltre a fornire l’attrezzatura adatta per lo svolgimento delle
attività lavorative, ha bisogno di ripensare il sistema di valutazione delle prestazioni ed è
per questo che si adatta soprattutto a quelle aziende che lavorano su progetti.
PERMESSI, CONGEDI. Questi due strumenti permettono di rendere praticabili le pause e
le riprese all’interno della carriera lavorativa con la possibilità di assentarsi dal lavoro
attraverso un certo numero di permessi (retribuiti o non) spendibili nell’arco di un anno, di
norma usati per il sostegno alla paternità e alla maternità. L’art.3 della legge 53/2000
definisce che nei primi otto anni di vita del bambino è riconosciuto a ciascun genitore il
diritto di astenersi dal lavoro: oltre al periodo di maternità obbligatorio, è previsto un
periodo di sei mesi ciascuno di astensione facoltativa da usufruire in modo continuativo o
frazionato; l’articolo introduce un’ulteriore innovazione: qualora il padre eserciti il diritto
di astenersi dal lavoro per un periodo non inferiore a tre mesi, il congedo paterno è elevato
a un totale di sette mesi, promuovendo in questo modo l’esercizio delle responsabilità
paterne nei confronti della cura dei figli. Tali disposizioni sono applicate anche nei
confronti di genitori adottivi. Alcuni tra gli esempi più innovativi si riferiscono alla
concessione di qualche giornata di permesso retribuito ai neo-padri per la nascita di un/a
figlio/a o alla concessione di una serie di permessi per l’inserimento dei figli al nido o alla
scuola materna.
PERCORSI DI FORMAZIONE PER IL REINSERIMENTO AL LAVORO. È possibile
progettare percorsi di reinserimento delle persone che si sono assentate per periodi mediolunghi dall’azienda, come il rientro dalla maternità, dalla paternità o da altri congedi e
malattie; per aiutare la lavoratrice o il lavoratore a rientrare a pieno titolo nel suo percorso
professionale e per recuperare eventuali mutamenti organizzativi, si possono prevedere
percorsi di formazione/empowerment e di affiancamento studiati individualmente per le
carenze e le difficoltà presentate dal lavoratore o dalla lavoratrice. Quest’ultimo percorso
è spesso combinato con misure quali il part-time o il telelavoro per facilitare la ripresa
graduale all’attività lavorativa (ex art. 9 della legge 53/2000, comma 1, lettera B).
SERVIZI AZIENDALI E DI TIME-SAVING (previsti dall’ex art.9 della legge 53/2000,
comma 1, lettera C). I primi possono essere istituiti per permettere ai/alle lavoratori/trici
di informarsi sulle opportunità e sulle misure disponibili in azienda in tema di pari
opportunità e orientarsi sull’utilizzo dei servizi più adatti alle loro esigenze; tale percorso
può essere attivato tramite la creazione di sportelli informativi aziendali e/o di sportelli
on-line tramite la realizzazione di un servizio di intranet aziendale per integrare le
informazioni provenienti dai servizi di conciliazione; questi servizi possono essere utili
anche per sensibilizzare e favorire la partecipazione degli uomini alle responsabilità
famigliari e per facilitare la comunicazione interna tra azienda e lavoratori e quindi per
una gestione più efficace e diretta delle risorse umane. I secondi, definiti servizi di “salvatempo” o di prossimità, permettono una più rapida gestione delle attività legate all’ambito
domestico e quindi un’armonizzazione dei tempi: l’istituzione di un “maggiordomo
aziendale”, i servizi di sartoria e lavanderia, e i servizi di fornitura pasti o take-away sono
tra i più praticati; invece, per concedere lo sbrigo di alcune attività e pratiche burocratiche
si possono istituire servizi bancari, postali e assicurativi. Questi strumenti possono essere
organizzati e gestiti dall’azienda oppure affidati a enti esterni, per esempio con la
possibilità di accedervi in alcuni giorni della settimana.
SERVIZI
ALL’INFANZIA
E
AI
FAMIGLIARI
ANZIANI
O
NON
AUTOSUFFICIENTI. Questo tipo di servizi, essendo organizzati dall’azienda, possono
adattarsi meglio ed essere più efficienti rispetto alle esigenze e agli orari di lavoro dei
-
dipendenti. Nella maggioranza dei casi, queste misure vengono gestite dall’azienda
tramite la stipulazione di convenzioni con strutture esterne; i servizi più conosciuti sono i
nidi aziendali e gli spazi gioco per bambini o le strutture residenziali per anziani. Inoltre,
servizi come le ludoteche e i centri estivi per bambini o i centri diurni e l’assistenza
domiciliare e sociale per gli anziani, possono offrire soluzione a quelle situazioni di
emergenza o a eventi occasionali legati al lavoro. Questi strumenti non creano soltanto un
clima di armonia per una gestione più facile dei tempi ma possono creare anche lo
sviluppo del senso di collettività in quanto si vede riconosciuto il diritto delle persone alla
conciliazione (ex art.9 della legge 53/2000, comma 1, lettera C).
INDENNITÀ E BENEFIT. Si tratta di integrazioni e agevolazioni economiche, non legate
alla prestazione di lavoro, come prestiti aziendali a tassi agevolati, integrazioni
dell’indennità di maternità, anticipazioni del TFR (art. 7 della legge 53/2000) e altre
indennità connesse alla famiglia.
GLI EFFETTI POSITIVI RISCONTRABILI DALL’ATTUAZIONE DI MISURE DI
CONCILIAZIONE
È possibile affermare che, con il sostegno della legge n. 53/2000, le misure di conciliazione
tra tempi di vita e tempi di lavoro, oltre che intervenire su alcune concrete situazioni di
disagio, permettono la sperimentazione di MODELLI DI ORGANIZZAZIONE DEL
LAVORO VANTAGGIOSI. I progetti rappresentano l’opportunità di inserire nelle politiche
aziendali le pratiche conciliative, e nei casi dove queste vengono già applicate, è possibile
procedere ad un suo potenziamento. Molte delle misure attivate possono diventare delle
buone prassi, mantenute dalle aziende nel tempo, dimostrando che ciò è possibile anche al di
là dei finanziamenti previsti dall’ex art.9 della legge n. 53/2000.
L’attenzione dell’azienda nei confronti delle esigenze dei singoli permette lo SVILUPPO DI
UN SENSO DI APPARTENENZA E DI COMUNITÀ AZIENDALE che migliora la
comunicazione, la capacità di risolvere problemi e lo spirito di collaborazione. Per le aziende,
non si sprecano risorse umane e si ottiene una gestione più efficace, si realizza l’uso di tutte le
potenzialità presenti, migliorando l’immagine aziendale; per i lavoratori, ma soprattutto per le
lavoratrici, si riconoscono e si ricercano quei valori che possono svilupparsi nel contesto
organizzativo, migliorando la loro condizione; in generale, si propone una lettura non
stereotipata delle differenze fra donne e uomini e si assume il bisogno di armonia tra sfera
privata e sfera lavorativa; “l’alleggerimento di alcune congestioni a livello personale
favorisce tantissimo il miglioramento del clima. Quello che genera tensione nei nostri servizi
è il non essere tranquilli perché si hanno problemi fuori. Questo se lo puoi risolvere lo si vede
immediatamente”22; “le persone sono più serene perché hanno accompagnato i figli a scuola
e si focalizzano sull’impegno lavorativo, evitando anche errori che si verificano quando una
persona è distratta perché ha problemi fuori”23.
In particolare, gli effetti riscontrabili alla successiva introduzione delle misure di
conciliazione lavoro-famiglia e valutabili attraverso colloqui, questionari e indagini sul clima
aziendale, possono riguardare un MIGLIORAMENTO DELLE PRESTAZIONI E UN
AUMENTO DELLA COMPETITIVITÀ AZIENDALE: le buone pratiche possono
incentivare e attivare alcune caratteristiche dei lavoratori (energie, motivazioni, competenze)
che fino a quel momento erano state inespresse e non valorizzate ma che contribuiscono a
portare efficienza ed efficacia nel processo di lavoro. Nella maggioranza dei casi sono le
22
23
intervista
intervista
risorse femminili che rappresentano questa situazione: sono le lavoratrici che il più delle volte
si scontrano con le problematiche di conciliazione e la loro non valorizzazione in campo
lavorativo può comportare la perdita di importanti risorse indispensabili per la crescita e
l’innovazione dell’azienda: “la diversità in azienda, e cioè la valorizzazione delle singole
potenzialità di ogni lavoratore, fa sì che si producano input diversi e innovativi; agendo in
questo senso, il lavoratore o la lavoratrice si sentono valorizzati e di conseguenza motivati
nel compiere la propria attività”24.
Nella concretezza delle realtà organizzative, la concessione ai lavoratori e alle lavoratrici di
una serie di agevolazioni per ottimizzare la gestione del tempo lavorativo e famigliare, fa sì
che l’azienda possa ricorrere allo stesso modo ad una MAGGIORE FLESSIBILITÀ; la
possibilità di ridurre il proprio orario, di avvalersi di un sistema di banca delle ore o di
usufruire di una maggiore flessibilità nell’entrata e uscita dal lavoro, permette all’azienda di
avvalersi di più personale disponibile e motivato, e di evitare quelle situazioni spiacevoli di
assenteismo e turn-over: “il fatto di avere più personale in circolo ti permette anche di gestire
meglio il servizio”25.
I RITARDI FREQUENTI DURANTE LA PROGETTAZIONE
L’ostacolo fino ad ora più frequente in termini di progettazione appare essere quello legato
alla presentazione e all’approvazione delle misure per accedere ai finanziamenti previsti
dall’ex art.9 della legge 53/2000; i ritardi burocratici esterni hanno portato le aziende ad una
ricalibratura e ad una ulteriore nuova progettazione. Questo è vero soprattutto per quelle
organizzazioni che hanno progettato strumenti per porre soluzione a situazioni specifiche,
individuali e imminenti. Lo scivolamento dei tempi ha provocato un divario: le misure
pensate in partenza non erano più attuali e le esigenze riscontrate inizialmente erano mutate o
superate. “I tempi si sono dilatati perché in quell’anno (2007) si è avuto il passaggio da un
Ministero all’altro delle competenze in materia di conciliazione; per questo intoppo abbiamo
rimodulato il progetto perché alcune persone non c’erano più, altre non avevano più quelle
l’esigenze, e quindi abbiamo dovuto ricalibrarlo”26. “I tempi tra la presentazione e
l’ammissione al finanziamento del progetto sono stati lunghi; le cose previste che erano
necessarie le abbiamo fatte prima dell’ok al finanziamento e poi altre cose le abbiamo
riformulate; per un’azienda cha ha bisogno del finanziamento per attuare certe misure, questi
ritardi possono rappresentare un forte blocco”27.
LE MODALITÀ DI PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA AL FINANZIAMENTO
Per avere accesso al finanziamento, occorre presentare al Dipartimento per le Politiche della
Famiglia la modulistica comprendente il “modello di domanda” e il “piano finanziario”
redatto secondo la “Guida alla compilazione del piano finanziario e alla rendicontazione”.
Tutta la documentazione è scaricabile dal sito del Dipartimento ed è disponibile una
piattaforma informatica per la presentazione delle domande di finanziamento on-line, con
procedura guidata e semplificata.
Solitamente sono previste tre scadenze all’anno per la presentazione dei progetti.
Successivamente, una Commissione tecnica fa fede a criteri di innovatività, concretezza,
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25
26
27
intervista
intervista
intervista
intervista
efficacia, economicità, sostenibilità e a requisiti di priorità e preferenza, per la loro
valutazione. Dopo la pubblicazione della graduatoria dei progetti ammessi, parzialmente o
totalmente, a finanziamento il Dipartimento stipula una convenzione con i proponenti e
disciplina i rapporti in relazione all’erogazione del contributo e alla gestione del progetto.
5. TEMPI E COSTI
Ottobre Novembre Dicembre Gennaio
2011
2011
2011
2012
Febbraio
2012
Predisposizione interviste
Realizzazione interviste
Analisi e progettazione
guida
Editing e stampa
Diffusione
Ore impiegate
Costo totale
Predisposizione traccia e contatti interviste
Conduzione interviste
Analisi interviste
10
€
300,00
10
€
1.000,00
20
€
700,00
Stesura guida
Stampa
20
€
700,00
-
€
1.100,00
Come detto in precedenza, la selezione delle aziende da intervistare e la relativa
stesura della traccia è stata compiuta nel mese di ottobre, la conduzione delle interviste è stata
svolta nel mese di novembre 2011, mentre l’analisi di esse e la pianificazione delle linee
generali su cui impostare la futura guida sono state fatte nei mesi di dicembre 2011 e gennaio
2012.
L’impostazione, l’impaginazione e la grafica della guida verranno sostanzialmente
curate nel mese di febbraio e comprenderà una sintesi dei punti più rilevanti descritti sopra
nelle linee guida proposte e nei progetti presentati.
La stampa della guida, composta da circa una ventina di pagine a colori, realizzata in
formato A5, e stampata in 3.000 copie avrà il costo approssimativo di 1.100€.
6. DIFFUSIONE
Per promuovere la presenza della guida sarà utile pubblicarla sul sito della provincia di
Firenze, rendendo visibile il link soprattutto nei periodi di presentazione della domanda al
finanziamento previsto dall’ex art. 9 della legge 53/2000.
La guida, oltre a far parte del materiale in distribuzione ogni qualvolta che la
Consigliera di parità partecipa a convegni ed eventi, sarà distribuito prevalentemente alla
Direzione provinciale del lavoro e alla Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della
Piccola e Media Impresa della Provincia di Firenze che sono in costante rapporto attivo con le
organizzazioni. Inoltre, sarà utilizzato per fornire il supporto a quelle organizzazioni che si
rivolgono direttamente alla Consigliera di parità per consentire un sostegno alla progettazione
di misure di flessibilità e di conciliazione famiglia-lavoro.
Vedo questa guida come una prima fase di promozione e sensibilizzazione alle
aziende; infatti, il progetto si presta ad essere ulteriormente sviluppato per trarne delle
conclusioni significative e particolarmente innovative; in una successiva fase, sarebbe
interessante realizzare una “rete” on-line a cui le aziende interessate possono accedere più
facilmente per venire a conoscenza e per mettere a conoscenza i progetti sviluppati in questa
direzione (come interviste e sondaggi interni, progetti finanziati, problematiche incontrate).
L’idea di un portale on-line è infatti più innovativo e adatto ai nostri tempi e di più semplice
accesso da parte di esterni. Inoltre, la sua gestione organizzativa risulterebbe meno faticosa e
si potrebbero cogliere in maniera più svelta ed efficace i risultati che la conoscenza e la
diffusione di questo tipo di scelte e iniziative possono portare. L’approccio alla tematica delle
buone prassi sarà così più fluida e potrà favorire la sperimentazione e l’applicazioni di nuovi
progetti. Inoltre, si porrebbe l’occasione di monitorare in modo continuativo le esperienze
mediante la raccolta di dati e informazioni sui progetti attuali e in corso di implementazione.
Un percorso di questo tipo permetterebbe, infine, di conoscere e di far conoscere l’impatto
reale che tali politiche portano sul territorio.
Riferimenti bibliografici
Libri
Bolognini B., Gherardi S. (2007), Cultura organizzativa e cittadinanza di genere:
organizzazioni a confronto, I Quaderni di Gelso, n.6, Trento, Dipartimento di Sociologia e
Ricerca Sociale
Bombelli M.C. (2004), La passione e la fatica: gli ostacoli organizzativi e interiori alle
carriere al femminile, Milano: Baldini Castoldi Dalai
Carfagna M., Sacconi M. (1 dicembre 2009), Italia 2020. Programma di azioni per
l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro, Dipartimento per le pari opportunità Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Chiesi M., Paola P. (1988), Guida alle azioni positive: la gestione delle differenze
uomo/donna nelle aziende, Roma: Lavoro
Ferrera M. (2009), Il fattore D. Perché il lavoro delle donne farà crescere l’Italia, Milano:
Mondadori
Pescarolo A. (2011), La condizione economica e lavorativa delle donne. Rapporto 2011,
Firenze: Edizioni Firenze
Ponzellini A.M., Tempia A. (2003), Quando il lavoro è amico: aziende e famiglie: un
incontro possibile, Roma: Lavoro
Ricerche
Istat, Rapporto annuale 2010 (2011, pp.148-161)
Conferenza stampa di presentazione dell’avviso di finanziamento 2011 (art.9 legge 53/2000),
Roma, 8 giugno 2011
Compendium dei progetti finanziati dall’art.9 della legge 8 marzo 2000 n.53, marzo 2009
Scarica

project work - Provincia di Firenze