8 DAL GOVERNO 15-21 aprile 2008 Ripartite le somme che finanziano i bandi regionali 2006 per 2.033 tirocinanti Mmg, 19 milioni di «borse» Per ogni studente 11.603 euro - All’organizzazione vanno 13 milioni A l via l’intesa della Conferenza StatoRegioni per il riparto di una quota dei 38.735.000 euro destinati al finanziamento delle borse di studio per i medici di medicina generale. La quota di quasi 19 milioni si riferisce all’ultima annualità del triennio 2004-2006 e alla prima del successivo triennio 2006-2009. Il riparto appena effettuato punta al finanziamento di 2.033 borsisti in medicina genarale: 1.227 per l’ultimo anno del triennio 2004-2006 e 806 per il primo del triennio 2006-2009. Ogni borsa di studio vale 11.603 euro netti (il lordo è di 12.589 comprensivo della quota dell’Irap). Le spese di organizzazione complessive - rispetto allo stanziamento totale di 38,735 milioni - sono di 13 milioni: in pratica si tratta di 16.304 euro per ogni borsista. A conquistare più borse per la formazione dei medici di medicina generale sono la Lom- bardia e il Lazio rispettivamente con 250 e 245 “posti” assegnati. Seguite a distanza dalla Toscana (198 borse), dalla Puglia (con 185) e dall’Emilia Romagna (con 180 borse). In coda alle Regioni che conquistano meno fondi e quindi meno borse di studio per i Mmg sono il Molise (con 20 posti assegnati), l’Abruzzo (con 35 borse) e la Basilicata (46 in tutto). Rispetto alla proposta di riparto iniziale, dalla quale risultava che l’importo complessivo da assegnare alle Regioni ammontava a 19,117 milioni, «la presente proposta» - avverte il testo dell’intesa approvata - assegna alle Regioni 18,916 milioni, perché la «differenza corrisponde all’importo di 201.424 euro, pari all’importo della borsa di studio procapite di 12.589 euro (comprensivo dell’Irap) per i 16 tirocinanti della Basilicata», inseriti in extremis dal coordinamento interregionale in Sanità su richiesta della Regione Toscana. Gli stanziamenti Regione Totale Regione Piemonte 1.447.353,00 Umbria Lombardia 3.059.460,00 Marche Veneto 775.695,00 Lazio Liguria 678.733,00 Abruzzo Emilia 1.509.666,00 Molise Toscana 1.279.896,00 Campania Totale Regione 659.341,00 Puglia 484.809,00 Basilicata 1.583.710,00 Calabria 693.815,00 Sicilia 129.282,00 Sardegna 1.102.718,00 Totale Totale 1.395.639,00 297.350,00 465.417,00 2.191.109,00 1.162.241,00 18.916.234,00 EREDITÀ NEL CASSETTO Tumori e palliative, strategie in naftalina N iente da fare. La fine anticipata della nuova Legislatura manda definitivamente nei cassetti due piani tanto attesi: quello sulle cure palliative e quello oncologico. Sarà il nuovo Governo, appena uscito dalle urne, a deciderne cosa fare, visto che i due documenti erano praticamenti pronti. Per il piano oncologico è praticamente un déjà-vu: già nel 2005 la bozza messa a punto dai tecnici nominati dall’ex ministro Girolamo Sirchia era rimasta “congelata”. E adesso stessa sorte è toccata al nuovo documento per il 2008-2010 predisposto dalla commissione presieduta da Umberto Veronesi (anticipata sul Sole-24 Ore Sanità n. 11/2007) che aggiornava lo schema precedente. Tra le azioni suggerite dagli esperti, spicca l’istituzione di reti oncologiche in tut- LE ASSOCIAZIONI ALL’ATTACCO te le Regioni, sul modello di quanto già realizzato in Toscana, Piemonte, Lombardia e Valle d’Aosta. Nodi dei network - coordinati a livello nazionale da ministero della Salute, Istituto superiore di Sanità e Alleanza contro il cancro - dovrebbero essere gli Irccs monotematici. Più in generale, la stella polare del piano Veronesi è la presa in carico globale del malato di cancro, dalla diagnosi alle cure palliative, attraverso percorsi assistenziali programmati per le principali patologie. Oltre a insistere sull’importanza della prevenzione, il testo auspica l’adeguamento alle ultime novità (Pet, Tc multistrato ecc.). e il rinnovo urgente del parco tecnologico, in gran parte «carente o superato». Con gravi conseguenze sull’efficacia e l’efficienza delle cure. Il piano nazionale delle cure palliative, il primo di questo genere in Italia (anticipato su «il Sole 24 Ore Sanità» n. 42/2007) punta alla diffusione delle terapie del dolore anche sul territorio e a tutte le età, oltre alla definizione di standard comuni per le strutture e l’assistenza e una maggiore formazione per tutti gli operatori. Nel piano si annuncia anche la creazione di un Osservatorio nazionale sulle cure palliative e l’adozione di una legge ad hoc che faccia da cornice a tutto il settore. Il piano, però, torna nei cassetti così come è successo per altre misure tanto attese nella cura del dolore: a cominciare dall’abolizione del ricettario speciale per la prescrizione degli oppioidi previsto in un Ddl che dopo il via libera del Senato si è fermato alla Camera. L’ANNUNCIO DELLA TURCO Malattie rare, piano sotto pressing: «Accelerate» «Segnalateci le difficoltà sulla pillola del giorno dopo» È praticamente pronto il primo Piano nazionale per le malattie rare. Ad annunciarlo la settimana scorsa, è stato lo stesso ministro della Salute, Livia Turco. Che ha voluto così rispondere al pressing delle associazioni dei malati e alle critiche mosse dal presidente della Rosa per l’Italia, Savino Pezzotta. «Mi sembra importante ricordare soprattutto agli italiani affetti da malattie rare e ai loro familiari - sottolinea il ministro in una nota quanto, contrariamente a ciò che sostiene Pezzotta, abbiamo già fatto per venire incontro alle esigenze di assi- stenza e per incentivare la ricerca scientifica in questo campo». «In questi 20 mesi di governo - prosegue Turco - abbiamo infatti dato risposte concrete alle persone affette da malattie rare, con lo stanziamento di 30 milioni di euro l’anno per tre anni per la ricerca, l’ampliamento dell’esenzione dal ticket ad altre 109 malattie rare, istituendo un numero verde nazionale 800-896969, cui tutte le famiglie possono rivolgersi per avere informazioni e per chiedere assistenza e aiuto, caso per caso». Inoltre, annuncia ancora il ministro Turco, «È in fase di ultimazione il Piano na- zionale per le malattie rare da attuare insieme alle Regioni». «Si è ritenuto infatti, con Regioni e maggioranza delle associazioni dei malati, che la via del Piano fosse più concreta e appropriata rispetto a quella legislativa per dare quelle risposte immediate e attese a questi cittadini e ai loro cari». In ogni caso, conclude il ministro, «come ho già avuto modo di sottolineare in altre occasioni, se nel futuro si ravvisasse l’opportunità di adottare anche provvedimenti di carattere legislativo, il mio impegno e quello del Pd non verranno certamente meno». Direttore responsabile: ELIA ZAMBONI Coordinatore editoriale: ROBERTO TURNO Redazione: Marzio Bartoloni (vice capo servizio); Paolo Del Bufalo (capo servizio); Giuseppe Di Marco; Celestina Dominelli; Barbara Gobbi; Manuela Perrone; Sara Todaro (capo servizio) [email protected] Registrazione testata: Proprietario ed editore: Presidente: Amministratore delegato: Sede legale: Redazione: Stampa: Abbonamenti: Arretrati: Servizio clienti: Pubblicità: Tariffa pubblicitaria: Tribunale di Milano n. 679 del 7/10/98 Il Sole 24 ORE Spa Giancarlo Cerutti Claudio Calabi Via Monte Rosa, 91 - 20149 Milano Via P. di Dono, 3/A - 00142 Roma - Telefono: 0630226656 - Fax: 0630226484; [email protected] Il Sole 24 Ore - Via Tiburtina Valeria (Ss 5) km 68,700 - 67061 Carsoli (Aq) Il Sole 24 ORE Sanità (settimanale + on line) euro 169,00; per conoscere le altre tipologie di abbonamento ed eventuali offerte promozionali, contatti il Servizio Clienti (tel. 02.3022.5680 oppure 06.3022.5680; mail: [email protected]). 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Q uesta volta il ministro della Salute Livia Turco si rivolge direttamente ai cittadini, alle donne, che non sono riuscite ad avere la prescrizione della pillola del giorno dopo, il contraccettivo di emergenza previsto dal Servizio sanitario nazionale e che, stando alle cronache e alle testimonianze che si susseguono in questi giorni, alcuni medici del Ssn rifiutano loro opponendo l’obiezione di coscienza. E Livia Turco chiede che le «difficoltà di prescrizione» vengano girate al ministero che «avrà cura» di fare le opportune segnalazioni alle Regioni e alle Asl competenti perché «farsi carico di questa domanda di assistenza è un dovere delle istituzioni». Un invito al quale il ministro unisce un nuovo appello alle Regioni per l’adozione dell’atto di indirizzo sulla legge 194. «A seguito delle notizie riportate dalla stampa sulle difficoltà riscontrate in diverse località italiane per ottenere la prescrizione presso le strutture del Servizio sanitario nazionale della pillola del giorno dopo - si legge nel comunicato del ministero - il ministro della Salute Livia Turco invita i cittadini a segnalare tali casi all’Ufficio relazioni con il pubblico (Urp) del ministero della Salute. Sarà cura del ministero inviare tali segnalazioni alle Regioni e alle Asl di competenza per facilitare l’adozione di misure che evitino disfunzioni nel servizio». L’ufficio relazione con il pubblico - ricorda il comunicato - è attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 12.00, con risposte telefoniche ai numeri 0659942378 - 0659942758, oppure può essere contattato via mail a qualsiasi ora e giorno della settimana dal sito web del ministero (www.ministerosalute.it e cliccando sulla sezione dedicata all’Urp). L’INIZIATIVA DELLA SALUTE Al debutto il portale web sulla normativa sanitaria U n portale web che raccoglie oltre 25mila atti normativi e amministrativi dal 1948 a oggi, tutti consultabili gratuitamente all’indirizzo www.normativasanitaria.it. È questo il nuovo servizio telematico che è stato inaugurato il 10 aprile scorso dal ministero della Salute. «In coincidenza con il trentennale dell’istituzione del Ssn - ha spiegato il ministro della Salute, Livia Turco abbiamo deciso di porre al servizio dei cittadini e degli operatori uno strumento agile e gratuito di consultazione dell’insieme delle leggi e delle norme in vigore in materia sanitaria. Un’opportunità ha chiarito Turco - che riteniamo certamente utile per quanti operano in Sanità ma anche per il cittadino che voglia essere debitamente informato sui propri diritti e prerogative in tema di assistenza sanitaria». Il portale consente l’accesso libero alle norme nazionali, regionali e comunitarie in materia di salute nella Gazzetta Ufficiale serie generale, Gazzetta Ufficiale II serie speciale-Ce, Gazzetta Ufficiale III serie speciale-Regioni, i provvedimenti ministeriali non pubblicati in Gazzetta e anche le direttive comunitarie di settore recepite dal 2005 a oggi. Le leggi potranno essere recuperate compilando una semplice scheda presente sulla prima pagina del portale. Ogni giorno, poi, addetti ai lavori e non potranno visualizzare le news che segnalano le norme presenti nell’ultima Gazzetta e iscriversi a una newsletter che indicherà agli utenti registrati tutte le novità della settimana. Per la realizzazione del progetto, il ministero della Salute si è avvalso del supporto tecnico dell’Istituto poligrafico zecca dello Stato Spa-Tecnologie informatiche e produzione telematica. 15-21 aprile 2008 9 10 DAL GOVERNO 15-21 aprile 2008 PIANETA CARCERE/ Il Dpcm sulla medicina penitenziaria prevede tre fasi per arrivare Ospedali psichiatrici, in salita La ricetta: restituire gradualmente gli internati alle Regioni di provenienza D opo il via libera dato dalle Regioni, lo scorso primo aprile, a meno di due settimane dal voto, il Governo uscente ha varato l’atto per rendere effettive le disposizioni sulla Sanità penitenziaria contenute nella Finanziaria 2008. I contenuti del provvedimento sono ambiziosi. La riforma porta a compimento le linee generali del Dlgs 230/1999, con le integrazioni necessarie dopo la modifica del Titolo V della Carta costituzionale. Al riguardo sono gli allegati di dettaglio che potrebbero in futuro trovare serie difficoltà nello spiegamento dei loro contenuti programmatori, legate all’autonomia delle Regioni in materia di organizzazione dei servizi sanitari da erogare all’interno del circuito penale. Merita un approfondimento l’allegato C, «Linee di indirizzo per gli interventi negli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) e nelle case di cura e custodia». A parere di chi scrive il documento presenta criticità tali da porre in dubbio un’applicazione uniforme sul territorio nazionale, entro i termini di tempo previsti. Intanto gli Opg non sono dislocati in modo uniforme, in particolare le donne sono tutte concentrate in Lombardia, nell’istituto di Castiglione delle Stiviere (Mantova). Inoltre più del 50% degli internati sono residenti in sole quattro Regioni (si veda la tabella): Lombardia (194), Campania (140), Lazio (124), Sicilia (138). Questa distribuzione implica un forte rallentamento dei tempi preventivati nell’allegato, almeno per la realizzazione della cosiddetta “prima fase”. Non si dimentichi inoltre che almeno il 10% della popolazione ricoverata in questi istituti rientra nello stato giuridico del detenuto con sopraggiunta infermità mentale (articolo 148 del Cp). Per questi si rende necessario il trasferimento nei centri clinici, apposite sezioni ancora in larga misura da approntare nelle carceri delle Regioni di residenza. Non si dimentichi ancora che il Codice penale resta invariato e, a meno di successivi atti di modifica legislativa del Parlamento, il magistrato di sor- Gli internati (al 30 marzo 2007) Regione residenza Piemonte V. d’Aosta Liguria Lombardia Trentino A.A. Veneto Friuli V.G. Emilia-R. Marche Toscana Umbria Lazio Campania Abruzzo Molise Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Totale resid. regioni Reg. residenza non certa Italia Italiani N. % 55 4,8 4 0,3 46 4,0 194 16,7 26 2,3 57 5,0 14 1,2 46 4,0 18 1,6 64 5,6 8 0,7 124 10,9 140 12,3 31 2,7 5 0,4 59 5,2 7 0,6 51 4,5 138 12,1 55 4,8 Stranieri N. % 6 5,9 0 0,0 1 1,0 26 22,4 0 0,0 10 9,9 0 0,0 20 19,8 1 1,0 9 8,9 0 0,0 17 16,8 4 4,0 0 0,0 0 0,0 1 1,0 0 0,0 1 1,0 5 5,0 0 0,0 1.142 101 23 15 1.165 90,9 116 9,1 U n po’ ospedale, un po’ carcere. Di fatto né l’uno né l’altro. I sei ospedali psichiatrici giudiziari italiani sono l’ultima roccaforte dei manicomi. Strutture da cui è difficile uscire, “buchi neri” che ingoiano i cosiddetti “folli pericolosi”. L’allarme era stato lanciato un anno fa dal gruppo misto Giu- % italiani e stranieri 4,9 0,3 3,8 17,7 2,1 5,4 1,1 5,3 1,5 5,7 0,6 11,3 11,6 2,5 0,4 4,8 0,6 4,2 11,5 4,4 stizia-Salute (si veda Il Sole-24 Ore Sanità n. 13/2007). L’eredità della commissione, che proponeva il graduale superamento degli Opg, è stata raccolta nell’allegato C del Dpcm sulla Sanità penitenziaria firmato il primo aprile dal premier Romano Prodi. Il cuore del provvedimento è racchiuso nelle tre fasi che pub- La prima fase I n una prima fase, a passaggio di competenze avvenuto, la responsabilità della gestione sanitaria degli Opg è assunta dalle Regioni in cui gli stessi hanno sede. Nello specifico, per lo stabilimento di Castiglion delle Stiviere subentra la Regione Lombardia, per quello di Reggio Emilia subentra l’Emilia-Romagna, per quello di Montelupo Fiorentino la Toscana, per quello di Napoli e quello di Aversa subentra la Campania per quello di Barcellona Pozzo di Gotto la Sicilia. Contestualmente i Dipartimenti di salute mentale nel cui territorio di competenza insistono gli Opg, in collaborazione con l’équipe dell’istituto, provvedono alla stesura di un programma operativo che prevede: ● dimettere gli internati che hanno concluso la misura della sicurezza, con soluzioni concordate con le Regioni interessate, che devono prevedere forme di inclusione sociale adeguata, coinvolgendo gli Enti locali di provenienza, le Aziende sanita- 100,0 Fonte: elaborazione da dati Ced Dap - Posizioni giuridiche Cp (222, 206, 219, 148) - art. 112 Dpr 230/2000 rie interessate e i servizi sociali e sanitari delle realtà di origine o di destinazione dei ricoverati da dimettere; ● riportare nelle carceri di provenienza i ricoverati in Opg per disturbi psichici sopravvenuti durante l’esecuzione della pena. Questa azione è resa possibile solo dopo l’attivazione delle sezioni di cura e riabilitazione, all’interno delle carceri; ● assicurare che i periziandi e gli osservandi (ex articolo 112, comma 1 e comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 230/2000) siano assegnati nelle carceri ordinarie, naturalmente in sedi appropriate. Questi primi provvedimenti avranno come conseguenza un primo e opportuno sfoltimento del carico di internamento degli attuali Opg, il che rende possibile una migliore gestione personalizzata, un più idoneo rapporto tra operatori e internati e una maggiore possibilità di programmare le ulteriori fasi successive. ● La terza Le misure alternative Sogg. Libertà Libertà Anno in Mds vigilata vigilata Opg e (x conv. (x Lfe) Ccc Mds) 2004 1032 650 533 2005 1.147 702 541 2006 1.115 857 637 2007 * 1.131 1.175 441 (*) I semestre veglianza non può che applicare la legge, come il giudice della cognizione può tuttora, in base all’articolo 112 del Dpr 230/2000, disporre periodo di osservazione in Opg. Resta inoltre poco realistico immaginare lo sfoltimento in 12 mesi dei ricoverati al termine della misura Totale 2.215 2.390 2.609 2.889 blichiamo in pagina, indicate per il «decentramento» degli ospedali psichiatrici in applicazione del «principio di territorialità», secondo cui i soggetti vanno destinati in istituti vicini alla residenza delle famiglie. Saranno le cinque Regioni che attualmente ospitano gli Opg (Lombardia, Emilia Roma- L a terza fase, a distanza di due anni, si provvede alla restituzione a ogni Regione italiana della quota di internati in Opg di provenienza dai propri territori e dell’assunzione della responsabilità per la presa in carico, attraverso programmi terapeutici e riabilitativi da attuarsi all’interno della struttura, anche in preparazione alla dimissione e all’inserimento nel contesto sociale di appartenenza. Le soluzioni possibili, compatibilmente con le risorse finanziarie, vanno dalle strutture Opg che richiedono la vigilanza esterna a strutture di accoglienza e all’affido ai servizi psichiatrici e sociali territoriali, sempre e comunque sotto la responsabilità assistenziale del Dipartimento di salute mentale della Azienda sanitaria dove la struttura o il servizio è ubicato. % esec. % sogg. penale in Mds esterna 46,59 47,99 42,74 39,15 53,41 52,01 57,26 60,85 di sicurezza, perché la Finanziaria 2008 non ha riservato risorse aggiuntive alle Regioni per sviluppare la rete dei servizi integrati con la residenzialità psichiatrica alternativa all’Opg. In particolare le misure alternative, quali la libertà vigilata e la licenza esperimento, non sono a cari- co del fondo sanitario del ministero della Giustizia, dunque non rientrano nella partita di giro operata dall’attuale Dpcm. Il problema esiste, specialmente gettando l’occhio sulla seconda tabella. I numeri (soggetti in Opg e in libertà vigilata nelle residenze protet- te) dicono che il fenomeno è aumentato significativamente in 7 anni e che il territorio già assorbe circa il 60% dei soggetti in esecuzione penale esterna. Non è però solo un problema di risorse aggiuntive da reperire, ma anche di strumenti culturali e organizzativi idonei a fronteggiare le L’ORDINE DEL LAZIO CRITICA IL PROVVEDIMENTO sfide della territorialità. Quando si parla degli Opg, ma anche dei malati in libertà vigilata, si deve focalizzare l’attenzione sul paziente psichiatrico autore di reato. Precisamente sulla tipologia di reati e sulla tipicità del disturbo mentale in rapporto al reato. Sono pazienti UNO STUDIO DELL’ Gli psicologi vanno all’attacco: «La politica è strabica» Se la prigione L o scorso 27 marzo a Regina Coeli è stato presentato l’opuscolo informativo “Conoscere per prevenire”, promosso dal Garante dei diritti dei detenuti della Regione Lazio e redatto in 6 lingue (italiano, arabo, spagnolo, romeno, francese e inglese) per la prevenzione del disagio psicologico e di alcune delle malattie più diffuse in carcere: epatite, Hiv, Tbc. Il primo capitolo, “Vademecum per i nuovi giunti”, è stato curato dall’Ordine degli psicologi del Lazio, nell’ambito del protocollo d’intesa sottoscritto nell’ottobre 2006 con il Garante, mirato a riconoscere e garantire il diritto alla salute psicologica dei detenuti, vera emergenza nella realtà carceraria del Paese. Nel corso della presentazione, come Ordine abbiamo lanciato l’allarme per una sorta di strabismo delle istituzioni nei confronti della psicologia: da una parte si presentava un’iniziativa a favore della popolazione carceraria, dall’altra era appena stato approvato il Dpcm sul trasferimento della Sanità penitenziaria al Ssn, per effetto del quale passavano al ministero della Salute gli psicologi dipendenti mentre restavano “prigionieri” della Giustizia 430 psicologi ex articolo 80, che da decenni operano negli istituti di pena. Non possiamo nascondere la nostra preoccupazione di fronte a decisioni che fanno sfumare le speranze di migliorare non solo la situazione lavorativa dei professionisti psicologi nelle carceri, penalizzata dalla scarsità delle ore e dalla precarietà delle convenzioni con gli istituti di pena, ma ancor di più la qualità e la quantità del sostegno psicologico ai detenuti. Nella stessa sede abbiamo anche voluto ricordare che i 39 psicologi vincitori del concorso pubblico indetto dal ministero di Giustizia, da oltre un anno e mezzo aspettano l’assunzione, mentre il Dpcm contempla in modo indefinito solo l’eventualità di una chiamata discrezionale da parte della Asl per gli psicologi in graduatoria. I nostri appelli, la lettera inviata al ministro della Giustizia congiuntamente con l’Ordine nazionale, non hanno trovato ascolto e oggi il rischio di minare nelle fondamenta la possibilità di assicurare un aiuto psicologico efficace alla popolazione carceraria è quasi una realtà. Rispetto a un provvedimento così lesivo per gli psicologi convenzionati stiamo valutando l’ipotesi di un ricorso alla giustizia perché siano riconosciuti i loro diritti e, soprattutto, il diritto alla salute dei detenuti. In questa prospettiva si colloca il “Vademecum per i nuovi giunti”, segno di attenzione e di riconoscimento del disagio psicologico tra la popolazione carceraria e della volontà di produrre gli interventi appropriati nella prevenzione di fenomeni emergenti come l’aumento dei suicidi. Le 12 pagine danno le prime informazioni sui diritti e le possibilità di assistenza sanitaria e psicologica, ma soprattutto fanno conoscere e comprendere la funzione dello psicologo in carcere. Gli immigrati costituiscono oggi il 44% dei detenuti nel Lazio. Come Ordine abbiamo intenzione di proporre alle due facoltà di Psicologia l’istituzione di un corso di «etnopsicologia», con l’obiettivo di aggiungere le competenze necessarie di fronte al fenomeno immigrazione. È il quadro mutato della nostra società, sono i numeri, le problematiche e le dinamiche nuove che attraversano il mondo carcerario che esigono da parte delle istituzioni e di tutti gli operatori un cambiamento di mentalità. Vorremmo perciò che la politica mostrasse maggiore coerenza nelle scelte e guardasse senza strabismi alla funzione e al lavoro dello psicologo in carcere, che non può che rientrare solo ed esclusivamente nell’ambito della Salute. I n testa i disturbi d’ansia, seguiti dalle sindromi depressive e dalla dipendenza da sostanze stupefacenti, tanto più diffusa in coloro che si trovano dietro le sbarre da meno di sei mesi. Senza contare il rischio di suicidio che riguarda quasi il 40% dei detenuti maschi transalpini (e oltre il 60% delle donne). Sono i dati preoccupanti dello studio realizzato congiuntamente dalla Direzione generale della Salute e dall’amministrazione penitenziaria d’Oltralpe, sotto la supervisione dell’epidemiologo Bruno Falissard, che conferma le denunce di quanti lavorano da tempo nell’ambiente carcerario: le prigioni francesi accolgono ormai prevalentemente persone che soffrono di disturbi psichici. I numeri, d’altro canto, sgombrano il campo da qualsiasi dubbio. Perché la ricerca, firmata da Anne Duburcq, Sandrine Coulomb, Juliette Bonte, Cédric Marchand e Francis Fagnani, stima che otto detenuti su dieci e oltre sette donne su dieci siano affetti Marialori Zaccaria da problemi psichiatrici e che la maggior parte Presidente Ordine degli psicologi del Lazio presenti più di un disturbo. «Non si tratta DAL GOVERNO 15-21 aprile 2008 a chiudere i “manicomi giudiziari”: ecco il progetto e le perplessità 11 IL PARERE Lea per i detenuti, la strada per «superarli» riforma di civiltà Ma serve un super coordinamento tra Opg, Asl e Giustizia gna, Toscana, Campania e Sicilia) a dover sbrigare il grosso del lavoro nei due passaggi iniziali. Soltanto alla fine entreranno in gioco le altre amministrazioni locali, chiamate a prendere in carico con piani ad hoc la quota di internati che proviene dai propri territori. Il decreto consiglia di istitui- re nelle Asl delle cinque Regioni “capofila” strutture ad hoc nell’ambito dei Dsm che sappiano raccordarsi con gli altri servizi sanitari e con le aziende di provenienza dei singoli internati. Uno specifico accordo con l’amministrazione penitenziaria dovrà inoltre definire le rispettive competenze nella gestione del- la struttura. Utopia? Forse. La sfida più difficile è senza dubbio una: riuscire a far dialogare mondi finora separati. E “scongelare” gli Opg dall’isolamento in cui vivono, salvo poche eccezioni, dall’inizio del Novecento. Manuela Perrone La seconda fase I n una seconda fase, a distanza di un anno, si prevede una prima distribuzione degli attuali internati in modo che ogni Opg, senza modificarne in modo sostanziale la capienza e la consistenza, si configuri come la sede per ricoveri di internati delle Regioni limitrofe o comunque viciniori, in modo da stabilire immediatamente rapporti di collaborazione preliminari per ulteriori fasi di avvicinamento degli internati alle realtà geografiche di provenienza. In via orientativa, ● all’Opg di Castiglion delle Stiviere, saranno assegnati internati provenienti dal Piemonte, dalla Val d’Aosta, dalla Liguria, oltre che naturalmente dalla Lombardia; considerando che tale struttura è l’unica con una sezione femminile, a essa verranno assegnate le internate provenienti da tutte le regioni; ● all’Opg di Reggio Emilia, gli internati delle Regioni Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Marche, oltre che dall’Emilia Romagna; ● all’Opg di Montelupo Fiorentino, gli internati della Toscana, dell’Umbria, del Lazio e della Sardegna; ● all’Opg di Aversa e all’Opg di S. Efremo di Napoli, gli internati della Campania, dell’Abruzzo, del Molise, della Basilicata e della Puglia; ● all’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto, gli internati della Sicilia e della Calabria. Tra le Regioni titolari della competenza gestionale dell’Opg e le regioni limitrofe e/o viciniore devono essere predisposti programmi di cura, di riabilitazione e di recupero sociale di ciascuno degli internati prevedendo rapporti tra i diversi servizi sociali e sanitari utili e necessari per realizzare il programma di ulteriore decentramento nelle Regioni di ● provenienza. fase Tramite specifico Accordo in sede di Conferenza permanente fra lo Stato e le Regioni e Province autonome, vengono definite la tipologia assistenziale e le forme della sicurezza, gli standard di organizzazione e i rapporti di collaborazione tra il responsabile sanitario e il responsabile della sicurezza. Nelle fasi transitorie, le persone affette da disturbi psichici cui a partire dal 1˚ gennaio 2008 è stata applicata la misura di sicurezza saranno destinate alle sedi trattamentali più prossime alla residenza, tenendo conto della fase attuativa del Progetto di regionalizzazione degli Opg e delle ● forme alternative in essere per la esecuzione della misura di sicurezza. gravi (almeno il 60-65% diagnosi in asse I, da cui l’irresponsabilità di fronte alla legge penale). Sono socialmente pericolosi (pericolosità in senso giuridico, accertata e decretata in sentenza da un giudice). Concetto su cui porre la doverosa attenzione, perché diversamente il “paziente dif- ficile” che non delinque non è pericoloso fino a prova contraria, cioè fino a che non commette un reato. Assimilare il paziente pericoloso per sentenza al “paziente difficile” dei servizi significa operare approssimazioni non in linea con la letteratura internazionale, che ha evidenziato tutta la complessità nella gestione dei percorsi specifici per il recupero del malato reo, dentro la cornice di garanzie per la collettività (non a caso è il giudice di sorveglianza che emette un’ordinanza di cessazione della pericolosità). Dunque la logistica degli Opg, la distribuzione regionale anomala degli internati, la sottostima delle risorse necessarie, la sottovalutazione della tipologia e dei percorsi specifici del malato autore di reato, l’invarianza delle norme penali utilizzate dalla magistratura per innescare e sovrintendere il percorso penale pongono seriamente in forse la realizzazione della cosiddetta “prima e seconda” fase dell’allegato C. Qualche considerazione infine sulla “terza fase”, quella dell’attuazione piena della regionalizzazione degli Opg e dei percorsi integrati Opg-territorio, da realizzare a cura dei Dipartimenti di salute mentale. In primo luogo si ritiene che sia necessario istituire un Ufficio di coordinamento nelle Regioni sede attuale di Opg. La responsabilità non può che essere posta in capo al direttore degli istituti medesimi, per operare il funzionale raccordo tra i Dsm regionali da un lato, l’Opg e il Provveditorato regionale dell’amministrazione penale dall’altro. Tale Ufficio va successivamente esteso anche nelle Regioni che, sempre secondo le linee guida, si doteranno di propri Opg, secondo il modello della custodia esterna operata dalla polizia penitenziaria. Infine, per realizzare un processo di riforma ispirato al modello territoriale della cura e riabilitazione del “disturbo mentale di confine” (paziente difficile a rischio di reato, paziente che delinque, detenuto psichiatrico in carcere, internato Opg e Ccc, percorsi delle misure alternative, libertà vigilata ecc.), non può che essere adottato il modello zonale dell’“Area vasta”. Che va costruita come struttura sovra ordinata, interdipartimentale, dotata di autonomia tecnica, organizzativa e gestionale, in grado di programmare e gestire in modo coordinato la multidisciplinarità complessa propria della psichiatria territoriale, unita a quella della gestione delle dipendenze patologiche e a quella della psichiatria forense. Gianfranco Rivellini Psichiatra e criminologo clinico Opg Castiglione delle Stiviere ESECUTIVO FRANCESE PASSA AL SETACCIO LA SALUTE MENTALE DIETRO LE SBARRE distrugge la mente: è allarme al di là delle Alpi necessariamente di patologie - precisa Falissard -, questi problemi traducono la sofferenza delle sbarre, su cui incide il dolore per la mancanza degli affetti, del lavoro, degli amici e tra il dolore e la depressione non c’è che un foglio di carta a sigaretta. E poi il contesto carcerario è chiaramente ansiogeno». La ricerca, condotta su un campione di mille soggetti, detenuti all’interno di 23 istituti penitenziari (800 uomini ospitati nelle carceri della Francia metropolitana, 100 donne e 100 detenuti in una prigione di un dipartimento d’Oltremare) rappresentativo della popolazione carceraria, è stata realizzata tra luglio 2003 e settembre 2004. E ruota attorno all’uso del «Mini», un questionario diagnostico standardizzato centrato sull’individuazione dei sintomi e non di patologie identificate, affiancato da un’intervista aperta realizzata da uno psichiatra. Insomma, un doppio passaggio che ha consentito di approfondire i risultati e di far emergere alcune tendenze allarmanti. Perché nelle carceri la sofferenza psichica si manifesta sotto varie forme. E, in alcuni casi, l’incidenza è superiore a quella della popolazione generale. Basti considerare la schizofrenia, che colpisce l’8% dei detenuti, ossia sette volte più di ciò che accade fuori. Il 7% di chi vive dentro le sbarre è affetto poi da paranoia e psicosi allucinatoria cronica, sette volte più dell’andamento generale. «La schizofrenia - chiarisce ancora Falissard - è una malattia molto grave, cronica, i cui sintomi possono essere attenuati, ma non completamente azzerati. Queste persone, però, non sono divenute schizofreniche in carcere, lo erano già prima. Quanto alla paranoia e alla psicosi allucinatoria cronica - conclude l’epidemiologo - si tratta di patologie meno gravi, meno spettacolari della In testa disturbi d’ansia e timici schizofrenia. Ma bisogna pensare che effetti produce la vita dentro una cella in soggetti che si sentono perseguitati». L’indagine disegna anche un identikit inequivocabile di coloro che popolano le prigioni francesi. Con una età media pari a 38 anni, i detenuti interpellati sono finiti dietro le sbarre soprattutto per reati contro la persona e presentano tutti precedenti difficili: nel corso dell’infanzia, infatti, il 42% di loro è stato separato da almeno uno dei genitori per più di sei mesi, il 34% ha vissuto poi la perdita di una persona cara e il 28% ha subìto maltrattamenti fisici, psicologici o sessuali. Tutte difficoltà che non hanno atteso il carcere per manifestarsi. Perché più di due terzi dei detenuti aveva già consultato un medico prima di finire in prigione e il 16% era già stato ospedalizzato per ragioni psichiatriche. Campanelli d’allarme, quindi, che le sbarre forse hanno solo amplificato. Trasformandoli in vera emergenza. Celestina Dominelli I pregi del decreto approvato dal Governo I l percorso iniziato con il Dlgs 230/1999, rimasto fermo per quasi 10 anni, ha concluso il 1˚ aprile 2008 la sua prima fase di sviluppo con l’emanazione del Dpcm in attuazione di quanto stabilito dall’articolo n. 244 della Finanziaria 2008. Il decreto, passato al vaglio dei sindacati (Cgil favorevole, Cisl e Ugl contrarie), delle associazioni (Simspe e Sumai favorevoli, Fimmg contraria) e delle Regioni, dispone il trasferimento alle Regioni di tutte le funzioni sanitarie svolte finora dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e da quello della giustizia minorile, del personale, delle risorse, delle attrezzature mediche, degli arredi e dei beni strumentali sanitari. Delle ombre del Dpcm, dei suoi limiti, dell’assenza di coraggio, delle lacune tecniche, del mancato coinvolgimento degli esperti in materia, molti hanno parlato. Vorrei invece oggi sottolinearne alcuni aspetti tecnici positivi. Il primo è costituito dalle allegate linee guida dove vengono definiti i nuovi livelli essenziali di assistenza per la popolazione detenuta che dovranno assicurare un’assistenza paritaria a quella di tutti i cittadini. Sono previsti efficaci interventi in tutti i settori, dalla prevenzione alla riabilitazione, attraverso un programma obiettivo che tocca tutte le principali espressioni della patologia in carcere: l’abuso di alcool e di droga, le malattie infettive, il disagio psichico. Ulteriori risorse, nel rispetto delle raccomandazioni europee, sono indirizzate verso le fasce fragili - donne, minori, immigrati - nella convinzione che per restituire loro opportunità mai ricevute sia necessario andare anche oltre i livelli paritetici di assistenza. Si delineano quelle che potrebbero essere le future organizzazioni strutturali secondo indicatori (capienza dei detenuti e tipologia degli istituti) condivisi dai medici penitenziari. Potevano essere migliori, più chiare, più incisive? La risposta non può che essere affermativa. Rappresentano però un primo passo. Le Regioni dovranno migliorarle. Il secondo punto qualificante del Dpcm è rappresentato dall’accesso appropriato dei detenuti all’enorme patrimonio di risorse tecnologiche già disponibili nella comunità esterna, improponibile oggi nelle strutture sanitarie all’interno dei penitenziari. Questa, in fondo, era la ratio del riordino varato nel 1999: garantire agli oltre 50mila detenuti rinchiusi nelle carceri italiane (saliti di nuovo a livelli di guardia, a neanche un anno dall’indulto) le stesse opportunità tecnologiche dei cittadini liberi. Una tappa fondamentale della riforma che dovrà condurre all’affermazione definitiva del diritto naturale, prima che giuridico, alla salute. Un traguardo di giustizia e di equità sociale paragonabile nello spirito alla legge 180/1978 sulla salute mentale. Come quella legge il percorso di transito ha trovato e ha diversi oppositori. Ma ancora oggi nessuno è stato capace, nonostante le critiche, di proporre un modello di assistenza psichiatrica pubblica migliore. Ho parlato di “tappa” nel processo di riforma della Sanità penitenziaria perché sono profondamente consapevole che il lavoro non è affatto concluso. Quelli che ci attendono saranno anni severi in cui saranno soprattutto i medici e gli infermieri penitenziari a dover dare sostanza alla riforma nelle diverse realtà regionali, senza tradire lo spirito di solidarietà e di giustizia che ne costituiscono le fondamenta. Non possiamo delegare a esperti improvvisati a inconsapevoli amministratori regionali (nel senso che non hanno contezza delle problematiche della Sanità in carcere) questo futuro. Non possiamo cedere al livore di chi pensa “tanto peggio, tanto meglio” o alla delusione nel non vedere riconosciuti i meriti di quegli operatori, sanitari e non, che nelle carceri hanno supplito in silenzio spesso con dedizione e professionalità a carenze strutturali e a risorse insufficienti. Dovremo esserci, per noi e per i nostri pazienti, cercando di costruire un sistema in grado di sostenere il peso di un’assistenza difficile. Non partiamo da zero. In questi ultimi otto anni ci sono stati documenti di indirizzo sanitario, progetti nazionali e regionali, l’avvio dell’informatizzazione, la realizzazione di nuovi modelli organizzativi che dovremo far conoscere ai nuovi amministratori, alla società civile, al mondo del volontariato, al Garante per i detenuti, perché non venga meno il loro sostegno. Non dovremo consentire all’arroganza di pochi di avere il sopravvento sulla professionalità e la pazienza di molti. Vorrei anche rendere atto del lavoro svolto dalla Direzione generale dei detenuti e del trattamento dell’Ufficio sanitario del Dap che hanno contribuito a dotare di organicità un sistema privo di precisi e adeguati riferimenti normativi negli ultimi dieci anni. È quindi insieme che professionisti, associazioni, istituzioni dovranno continuare a lavorare per combattere la malattia all’interno delle carceri, e così facendo garantire anche la comunità esterna, che nessuno oggi può più immaginare lontana dalle “contaminazioni” che provengono da oltre quelle mura. Sono altresì convinto della necessità di impegnarci su fronti sociali più vasti e difficili. Negli ultimi anni sono state varate leggi che hanno fatto triplicare il numero della popolazione detenuta. Dobbiamo avere la serietà e la capacità di guardare alle radici dei problemi per ridurre e non aumentare il numero delle prigioni. Questo può essere un ulteriore obiettivo dei medici e degli infermieri penitenziari. Perché tossicodipendenti, malati di Hiv o di epatite, malati psichici possono comprendere che fuori dal carcere non c’è solo emarginazione o disperazione ma anche accoglienza e continuità assistenziale. È a quest’ottica del carcere come prima occasione di contatto con i servizi socio-sanitari per le decine di migliaia di persone detenute che puntiamo per contribuire a ridurre la recidività e rendere più sicure le nostre comunità. Ora bisogna fare gioco di squadra Giulio Starnini Direttore Uo Medicina protetta-Malattie infettive Ospedale Belcolle Viterbo