Riassunti di Storia: Lezione 2
Il '700
Siamo nel secolo dei lumi e delle rivoluzioni. In questo periodo la ragione umana è al centro non
solo degli studi scientifici, ma diventa strumento di contaminazione politica, economica e sociale.
La corrente culturale dell'illuminismo nasce in Inghilterra e contagerà gran parte dell'Europa, ma
sarà la Francia il terreno più fertile dove si svilupperà e troverà massimo splendore. E' il periodo
delle rivoluzioni perchè questo secolo vedrà sia due rivoluzioni d'ambito politico sia la prima
rivoluzione industriale. In campo politico eravamo rimasti alla guerra dei 30 anni che era stata vinta
dalla Francia, Inghilterra ed Olanda che però erano molto diverse tra di loro. La Francia era
espansionistica, assolutistica invece l’Inghilterra è costituzionale ed è isonazionalistica cioè voleva
rimanere un’isola perché voleva avere il potere assoluto sui commerci marini, l’Olanda era molto
simile all’Inghilterra. Mentre le potenze vinte erano l’Impero Asburgico e la Spagna che anche loro
erano molto diverse tra di loro infatti la Spagna era in decadenza mentre l’Impero che non è più un
impero perché ha perso tutti i suoi territori e gli è rimasta solo l’Austria ma non era in decadenza
soprattutto grazie alla sua regina Maria Teresa che abbraccia la corrente dell’Illuminismo. Nel 1700
le potenze ancora forti erano Inghilterra, Francia ed Austria ma l’Inghilterra si estrae dal mondo
europeo e lascia che si combattono Francia ed Austria. Il 1700 inizia con l’Assolutismo e si
conclude con le grandi rivoluzioni Francese ed Americana. Nel 1700 si ebbero numerose guerre
quella di successione Spagnola, Polacca, ed Austriaca poi ci sarà una breve guerra di 7 anni che
porterà alla spartizione politica e fisica della Polonia.
Illuminismo
La crescita dell’illuminismo in Europa fu favorita da un periodo di pace di 30 anni. In questo
periodo l’illuminismo portò i lumi della ragione in tutti i campi. In ambito politico l’illuminismo lo
si può definire anche Riformismo.
Il riformismo criticava apertamente l’assolutismo e proponeva cambiamenti in ambito politico,
religioso e amministrativo. Tutto questo allo scopo di rafforzare lo stato, ma stato inteso come
unione di tutte le classi sociali.
A livello politico il riformismo mirava a rafforzare lo stato in funzione antinobiliare attuando
l’evasione della feudalità che liberava da tutte le piccole tasse i contadini. In ambito religioso si
cercò di indebolire il clero facendolo controllare dallo stato, inoltre lo stato si appropriò di tutti i
beni ecclesiastici ed ora toccava a lui assegnare le cariche. Infine in campo amministrativo vengono
creati i ministeri che sostituiscono i baroni nelle funzioni dello stato, per esempio la riscossione
delle tasse. Viene creato il catasto che in base ai bene posseduti tassa le persone così facendo anche
in nobili dovevano pagare le tasse.
La rivoluzione industriale
Nell’ambito storico le prime forme di progresso si manifestano a partire dagli ultimi decenni del
700 con la rivoluzione industriale che nasce in Inghilterra in quel periodo e si espande
progressivamente nel secolo successivo in tutta l'Europa. Occupa gli ultimi decenni del 700 e i
primi decenni dell’800. È caratterizzata dalla prevalenza del settore tessile,dall’impiego di
macchine poco complesse costruite artigianalmente fatte in gran parte in legno e dalla presenza di
industrie relativamente piccole e gestite dagli stessi padroni. L’industria usa fin dagli inizi due tipi
di macchine: le macchine terminali e le macchine motrici. Terminali sono ad esempio i filatoi e i
telai usati nell’industria tessile. I terminali hanno la caratteristica di trasformare le materie prime in
prodotti finiti, i motori producono il movimento utile ai terminali per la produzione. I più antichi
motori furono gli animali e l’uomo. Più tardi apparvero i mulini ad acqua e successivamente quelli a
vento. I mulini liberavano in parte gli uomini dalla fatica e avevano il vantaggio di essere
instancabili. Però potevano essere insediati solo lungo i corsi d’acqua o in zone ventose. Tra il 700 e
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l’800 gli uomini, gli animali e i mulini furono sostituiti dalle macchine a vapore che potevano
fornire energia nelle località più favorevoli per le industrie. I primi progressi non riguardano ne i
motori ne l’industria pesante ma, i terminali e l’industria leggera in particolare l’industria tessile.
Questo perché il progresso generale della società inglese fece si che la domanda di tessuti
aumentasse. Così gli imprenditori britannici cercarono di adeguare la produzione alla crescente
domanda adottando tecniche di lavorazioni più veloci. Una soluzione fu trovata dai tecnici con
l’invenzione dei filatoi e dei telai meccanici.
Spagna invano al contrattacco
La Spagna accontentato per un verso con il nuovo re borbone ma privata di tutti i suoi domini
continentali esce perdente dalla guerra di successione. E’ questo il motivo per cui di li a poco
tenterà di conquistare quanto perso. Filippo V di Spagna nipote di Luigi XIV tenta invano di
recuperare Sardegna e Sicilia suscitando contro di se la coalizione difensiva di Austria, Inghilterra,
Olanda e della stessa Francia: non ottenne nulla, ma interviene l’Austria ancora una volta
vittoriosamente. Pretende per se la Sicilia dai Savoia (assenti dal conflitto) in cambio della
Sardegna, ricomponendo in versione Austriaca il puzzle italiano appartenuto nel 1500-1600 agli
spagnoli.
Guerra d'indipendenza Americana
Con "Guerra d'indipendenza americana", si intende il conflitto che si scatenò tra le tredici colonie
britanniche in Nordamerica e la madrepatria, fra il 1776 e il 1783 terminato con la costituzione di
una nazione indipendente, gli Stati Uniti d'America. Nonostante nella seconda metà del '700
l'Inghilterra fosse la più grande potenza d'Europa la corona inglese si ritrovò a dover sostenere
enormi spese di guerra e la responsabilità di amministrare e difendere i nuovi territori acquisiti in
Nord America. Allo scopo di far contribuire alle spese dell'impero anche i coloni, il Parlamento
inglese, nel marzo del 1765 impose una tassa di bollo su tutti i documenti legali, i contratti, le
licenze, anche giornali, opuscoli, carte da gioco ecc., stampati in terra americana.
L'imposta provocò una forte opposizione tra i coloni. Normalmente, infatti, erano le assemblee
locali ad emanare leggi fiscali e di organizzazione della sicurezza interna; tale legge venne quindi
percepita dai coloni come un tentativo di limitare i loro piani di autogoverno.
Nell'ottobre del 1765, i delegati di nove colonie si riunirono a New York per far conoscere alla
madrepatria le proprie lamentele. In effetti, nel marzo successivo, il Parlamento abolì la tassa ma
ciò non fu determinato dalle obiezioni dei coloni sull'istituzionalità della tassa, bensì dalle pressioni
dei mercanti inglesi, fortemente danneggiati dalla protesta dei coloni. La cancellazione dell'imposta
lasciò irrisolti i problemi finanziari della corona britannica che ben presto impose nuove tasse
sull'importazione di vetro, piombo, vernici, carta e tè, inviando nel contempo delle truppe allo
scopo di imporre ai coloni l'osservanza della legge. Ancora una volta, la reazione fu pronta e
vigorosa. Manifestazioni di protesta accolsero ovunque l'arrivo degli ufficiali doganali e i
commercianti adottarono nuovamente la politica di non importazione delle merci britanniche. Le
tensioni esplosero il 21 giugno 1768, quando migliaia di manifestanti bostoniani minacciarono i
commissari delle dogane obbligandoli alla fuga; immediatamente Londra inviò quattro reggimenti
di truppe per permettere il rientro dei commissari e dando inizio all'occupazione militare della città.
La lunga serie di scontri che ne seguirono culminò nel marzo del 1770 nel cosiddetto massacro di
Boston, quando i soldati britannici, provocati dalla folla, aprirono il fuoco uccidendo cinque coloni;
si scatenò allora una nuova violenta ondata di protesta. Piegata ancora una volta dal boicottaggio
economico, Londra dispose la revoca della tassa. Ma tre anni dopo il Parlamento dispose il
monopolio della vendita di tè in America. Tale provvedimento risollevò immediatamente il conflitto
tra i coloni e la madrepatria tanto che a Boston il carico delle navi che trasportavano il tè venne
addirittura rovesciato in mare. Per tutta risposta, nel 1774 il Parlamento inglese approvò alcune
misure repressive, intese a riaffermare l'autorità regia: il porto di Boston fu chiuso e venne
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rafforzato il regime di occupazione militare della città, riducendo anche le leggi di autogoverno dei
coloni. Il 16 dicembre 1773, per protestare contro l'imposizione da parte della Corona britannica di
una tassa sull'importazione del tè, alcuni coloni americani, guidati da Samuel Adams, salirono a
bordo di navi britanniche e gettarono in mare i carichi di tè. I rappresentanti di tutte le colonie si
riunirono a Philadelphia nel settembre del 1774 nel primo Congresso continentale per stabilire una
linea d'azione comune e definire i diritti delle terre d'America e i limiti dell'autorità del Parlamento
di Londra. Le notizie sulla battaglia e sulle richieste del Congresso raggiunsero Londra
contemporaneamente. Senza prendere in nessuna considerazione le richieste dei coloni il Re,
Giorgio II dichiarò guerra ai ribelli. In risposta alle decisioni inglesi il Congresso continentale
emanò la Dichiarazione d'indipendenza (4 luglio 1776), con la quale le colonie si costituivano in
stati liberi e indipendenti, impegnandosi a respingere l'invasione di quella che veniva ormai
considerata una potenza straniera. Yorktown segnò la fine delle ostilità, anche se i negoziati di pace
si trascinarono fino al 3 settembre del 1783, quando la Gran Bretagna firmò il trattato di Parigi, con
il quale riconobbe l'indipendenza delle ex colonie; i confini degli Stati Uniti d'America vennero
stabiliti a ovest con il Mississippi, a nord con il Canada, a sud con la Florida. Nel 1787 fu riunito
nuovamente il Congresso che approvò la Costituzione degli Stati Uniti d'America e nel 1789
George Washington venne eletto presidente degli Stati Uniti. Ogni Stato era indipendente e si
organizzava da sé con la repubblica federale. Al governo federale spettava il controllo della polizia
estera e quello dell'esercito. La Costituzione prevedeva la separazione dei poteri: legislativo,
esecutivo e giudiziario. Il potere esecutivo (il governo) venne affidato al presidente degli Stati Uniti,
eletto dal popolo. Il potere legislativo spettava al Congresso, formato da un Senato e una Camera
dei deputati, con membri eletti nei singoli Stati. Infine il potere giudiziario fu affidato a giudici
eletti in ogni Stato e a una Corte suprema federale che doveva far rispettare la Costituzione.
Rivoluzione Francese
Nella seconda metà del 18° sec., durante il regno di Luigi XVI e di Maria Antonietta, la Francia
viveva un periodo di crisi, dovuta al crescente indebitamento statale e alla perdita di prestigio della
monarchia. Le resistenze dei ceti nobiliari ad accettare una riduzione dei loro privilegi alimentavano
un diffuso malcontento dell'opinione pubblica, che cominciava a mettere in discussione il sistema
sociale dell'ancien régime, avanzando richieste di rappresentanza politica, sull'esempio della
Rivoluzione americana. Spinto da diversi settori della società, Luigi XVI si decise a convocare gli
Stati generali. Sin dal giorno della convocazione, il 5 maggio 1789, i delegati del terzo stato si
riunirono separatamente, per definire le richieste da sottoporre al sovrano. Poco dopo si
autoproclamarono Assemblea nazionale (17 giugno 1789), dichiarando di essere gli unici
rappresentanti della nazione. A essi si unirono molti deputati del clero e della nobiltà e gli Stati
generali cambiarono il nome assumendo quello di Assemblea nazionale costituente (9 luglio 1789).
Fu l'atto d'inizio della rivoluzione politica: i deputati dei tre ordini si attribuirono il compito di dare
al paese una Costituzione. Il re tentò di bloccare l'azione dell'Assemblea, ma in seguito alla
ribellione di Parigi del 14 luglio 1789 (assalto alla Bastiglia, prigione e fortezza, simbolo del
dispotismo regio) fu costretto a scendere a patti: ritirò le truppe e concesse una Guardia nazionale,
ossia un corpo armato che rispondeva agli ordini della municipalità di Parigi. Intanto nelle
campagne francesi divampò una rivolta di carattere antifeudale, dettata dalla fame e dalla paura. I
nobili presenti nell'Assemblea accettarono le rivendicazioni dei contadini pur di riportare l'ordine. Il
4 agosto 1789 l'Assemblea adottò provvedimenti che sopprimevano i privilegi fiscali della nobiltà e
consentivano ai contadini di liberarsi dai vincoli feudali. Pochi giorni più tardi, l'Assemblea emanò
la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, che fissava i diritti di libertà politica, religiosa,
di pensiero, di proprietà e la parità delle garanzie giuridiche per tutti i cittadini e che, ispirandosi ai
concetti di libertà, uguaglianza e sovranità popolare, aboliva la monarchia assoluta. Intanto, mentre
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a Parigi infuriava la protesta dei sanculotti contro il carovita e il re tentava senza successo la fuga,
Austria, Prussia e Russia si erano alleate contro la Francia rivoluzionaria, che reagì alla sfida
dichiarando la guerra (1792). Fu in questo contesto che il 10 ag. 1792 i sanculotti s'impadronirono
del Palazzo Reale, mentre l'Assemblea ordinava di imprigionare il re con l'accusa di tradimento
della patria. Il re, processato per alto tradimento e condannato a morte, fu decapitato il 21 genn.
1793; in ottobre la stessa sorte toccò alla regina. Per fronteggiare l'emergenza causata dalla crisi
economica e dalla minaccia dagli eserciti stranieri alleati, i poteri furono affidati a un Comitato di
salute pubblica (1793) guidato da Robespierre, che pose il calmiere sul prezzo di grano e generi
alimentari, arruolò un nuovo esercito e inviò soldati in Vandea. I metodi autoritari adottati dal
Comitato portarono alla repressione degli avversari politici e di diversi esponenti giacobini contrari
ai metodi di Robespierre. Alcune migliaia di oppositori vennero ghigliottinati dopo processi
sommari. Per questo motivo il periodo dall'autunno 1793 all'estate 1794 fu definito il Terrore. Il 27
luglio 1794 Robespierre e i suoi collaboratori vennero arrestati e il giorno successivo ghigliottinati
senza processo. Nel nuovo ciclo che si aprì, chiamato Termidoro, prevalse una linea politica
moderata, anche se sanguinose vendette furono compiute ai danni dei giacobini. La svolta fu sancita
da una nuova Costituzione (1795), che affidava il governo a un Direttorio, composto di cinque
membri, e il potere legislativo a un'Assemblea divisa in due Camere. Negli anni successivi il
governo di Parigi decise di sferrare un'offensiva volta ad ampliare i confini della Francia e ad
abbattere le monarchie assolute in Europa, in cui si erano diffuse le idee rivoluzionarie. Il comando
della campagna d'Italia fu affidato al generale Napoleone Bonaparte, che invase la penisola, dove
furono instaurati (1797-99) vari governi repubblicani sul modello della Repubblica francese.
Napoleone, rientrato in Francia, con un colpo di Stato militare (18-19 brumaio 1799) abolì il
governo e trasferì il potere a un Consolato (in cui sedeva con due collaboratori). L'emanazione della
Costituzione dell'anno VIII (1799), con la quale gli furono attribuiti pieni poteri, sancì la fine della
vicenda rivoluzionaria, ma contemporaneamente aprì il periodo della diffusione in tutta Europa
delle idee rivoluzionarie.
Napoleone Buonaparte
Nel 1796 la Francia decise di attaccare l'Austria e per distrarla dal fronte sul Reno incaricò il
generale Napoleone Bonaparte di attaccare su un secondo fronte in Italia. Nonostante napoleone
avesse solo 38000 uomini mal equipaggiati e mal addestrati diede piena prova del proprio genio
militare riuscendo a sconfiggere gli austriaci ottenendo con la pace di Parigi, Nizza e la Savoja. La
campagna in Italia ridisegnò la condizione politica italiana del tempo mostrandosi agli occhi degli
italiani come un liberatore dagli austriaci. Sarà nel 1797 con il trattato di Campoformio che questa
idealizzazione di napoleone svanirà facendo posto al volto di un conquistatore. Numerose furono le
campagne vincenti di Napoleone che con il tempo conquistò sempre più potere ed affermazione.
Dalla campagna d'Egitto alla sua opera d'arte nel campo della guerra ad Austerlitz nel 1805 (solo un
anno dopo essersi incoronato imperatore di Francia). La conseguenza fu che le potenze europee,
impaurite dall'eccessiva forza del nuovo esercito francese e dell'abile guida napoleonica, formarono
delle coalizioni anti-napoleoniche (sette per la precisione). Dopo la prima campagna fallimentare in
Russia, Napoleone perse per la prima volta solo nel 1813 a Lipsia costringendolo all'esilio nell'isola
d'Elba. Dopo la fuga ed il ritorno in Francia, Napoleone cercò di fronteggiare la settima coalizione
provando a radunare un esercito, ma non potè nulla durante la battaglia di Waterloo del 18 giugno
1815. venne nuovamente costretto all'esilio a Sant'Elena dove il 5 maggio 1821 morì.
Congresso di Vienna
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All'indomani della rivoluzione francese e della caduta di Napoleone, la volontà di restaurazione
prevalse su tutte le altre forze politiche e sociali. Il Congresso di Vienna, che si è tenuto a partire dal
1814 fino al 1815, ha voluto, sotto lo stimolo e gli interessi delle potenze più conservatrici, riordinare
l'assetto territoriale europeo e ripristinare il sistema delle relazioni internazionali, evitando
accuratamente di destare qualsiasi forza rivoluzionaria, liberale e nazionalista. Invero, un ritorno
all'"ancien regime", era impossibile poiché molti dei valori stravolti, delle consuetudini e delle nuove
consapevolezze si configuravano come elementi assodati e presenti sia all'interno della scena politica,
sia nel mondo intellettuale e, seppure con intensità minore, fra le popolazioni europee, connotando
una realtà socio - politica completamente differente da quella pre-rivoluzionaria. Apparve di
conseguenza impossibile, sennonché utopico, attuare una completa "Restaurazione" caratterizzata dal
rigido rispetto ai principi di legittimità e di equilibrio, delineati durante il Congresso di Vienna. Per
questo motivo, prevalse il principio di assicurare una pace duratura con il fine di stabilizzare le
relazioni internazionali europee. Vi prendono parte numerosi stati, ma le decisioni del congresso
vengono prese dai rappresentanti delle quattro grandi potenze, che maggiormente hanno sostenuto il
peso delle guerre contro Napoleone: Inghilterra, Russia, Prussia e Austria. Alla conclusione dei lavori
l'Europa ritornò alla situazione precedente la Rivoluzione francese e i confini degli Stati tornarono ad
essere quelli del 1789 così come sancito dal principio di equilibrio. La figura dominante del congresso
è quella del principe Clemente di Metternich, ministro degli esteri austriaco, il quale considerava ogni
idea di libertà dannosissima per i popoli e produttrice solo di disordini. Al congresso partecipa, benché
vinta, la Francia, rappresentata dal principe di Talleyrand, ministro di Napoleone che, sfruttando le
rivalità fra i vincitori, riesce ad ottenere condizioni vantaggiose per il suo Paese sostenendo il
principio di legittimità. Il Congresso termina i suoi lavori nel 1815 (nove giorni prima della disfatta
napoleonica di Waterloo - 8 giugno 1815). Russia, Prussia e Austria stipularono un accordo, la Santa
Alleanza, nel settembre del 1815 con cui i tre sovrani si impegnavano ad intervenire negli altri Stati
per reprimere eventuali rivolte. Secondo gli accordi di Vienna, la penisola italiana venne divisa in
otto Stati, quasi tutti, direttamente o indirettamente, sotto l'influenza austriaca. In tal modo, il
Congresso di Vienna sancì un nuovo sistema territoriale europeo, improntato sul principio di
legittimità e di equilibrio, ma soprattutto rivolto contro qualsiasi forza liberale e nazionalista che
sarebbe potuta divenire estremamente pericolosa per le potenze conservatrici, protagoniste della
Restaurazione.
L'Italia Finalmente Unita
Secondo gli accordi di Vienna, la penisola italiana venne divisa in otto Stati, quasi tutti,
direttamente o indirettamente, sotto l'influenza austriaca. Coloro che erano contrari al gioco dei
governi assoluti si organizzarono in Società segrete (Carboneria e Massoneria). Ebbero quindi
inizio dei moti rivoluzionari (1820-1821) contro gli austriaci guidati da queste società segrete ai
quali l’Austria rispose convocando la Santa Alleanza. Nel 1830 Giuseppe Mazzini fondò fa Giovine
Italia, una nuova società aperta specialmente ai giovani, i quali volevano liberare e rendere l'Italia
una repubblica indipendente. Hanno così inizio i moti mazziniani che manifesteranno l’ultimo
movimento popolare. Il 1848 il regno dei Savoja decide di liberare tutti i territori dell’Italia dai
domini stranieri così dichiara ufficialmente guerra all’Austria ha così inizio la Prima guerra
d'indipendenza. Nel 1859 ha inizio la Seconda guerra d'indipendenza. Grazie alla spedizione di
Garibaldi e dei suoi mille uomini Vittorio Emanuele II riesce a liberare tutto il sud d’Italia fino ai
confini di Roma perché protetti dai francesi. I paesi liberati dovevano chiedere l’annessione al
regno piemontese. II 17 marzo 1861 il primo parlamento nazionale, riunito a Torino, proclama il
Regno d'Italia con la proclamazione di Vittorio Emanuele II primo re d'Italia. Il primo problema che
l’Italia dovette fronteggiare fu quello di stabilire chi dovesse presiedere in parlamento. La soluzione
fu quella di far sedere al parlamento italiano i facenti parte dell’aristocrazia italiana. Questi in base
al loro ideale politico si sedevano a destra o a sinistra prendendo parte agli orientamenti che
prenderanno il nome di destra e sinistra storica. Entrambi gli orientamenti manifestavano un ideale
liberale, ma ognuno in modo differente (la destra storica era conservatrice mentre la sinistra storica
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era democratica). Il primo governo fu rappresentato dalla destra storica che rimarrà al potere fino al
1877 e il cui maggiore rappresentante politico sarà il presidente del consiglio Marco Minghetti.
Durante questo periodo il governo dovette fronteggiare due problemi ossia annettere all’Italia Roma
e il veneto e pareggiare il bilancio economico dello stato. Per quanto riguarda l’annessione dei
territori la destra attuerà degli stratagemmi politici appoggiando la Prussia durante la guerra AustroPrussiana o Terza guerra d’indipendenza grazie alla quale l’Italia ottenne il veneto (1866) e la
guerra Franco-Prussiana dove una volta sconfitto Napoleone III l’Italia prese il controllo di Roma
(1870) attraverso una breccia nelle mura di cinta a Porta Pia così Roma fu presa dai bersaglieri
italiani. Roma viene così proclamata capitale dello Stato italiano. Il problema del pareggio del
bilancio venne risolto attraverso la tassa sul macinato e attraverso la vendita dei territori confiscati
alla chiesa dopo la presa di Roma. Però il ceto medio-basso principalmente meridionale risentì
molto della tassa sul macinato essendo un popolo prevalentemente di contadini tentarono delle
ribellioni andando incontro a quel fenomeno detto brigantaggio che sfociò in una richiesta di
separasi dall’Italia. La Sinistra nel 1877 sale al potere. I più importanti rappresentanti furono
Depretis e Crispi. Agostino Depretis fu l'inventore di una formula politica, detta trasformismo, con
la quale auspicava la fusione in un unico raggruppamento moderato e di centro delle due formazioni
post risorgimentali, la Destra e la Sinistra, e che alcuni storici giudicarono prassi negativa perché
fondata sul clientelismo, scorgendovi un vizio persistente del sistema politico italiano. Depretis
cercò di fronteggiare un altro dei problemi che si riscontravano in Italia ossia quello
dell’analfabetismo con la legge Coppino infatti venne stabilità l’istruzione obbligatoria fino alla
seconda elementare. Varò una nuova legge elettorale secondo la quale il diritto di voto era aperto a
tutti i cittadini aventi 21 anni e che pagassero almeno 19 lire di imposte o avessero freqentato il
primo biennio. Un’altra importante manovra politica attuata dal Depretis fu la triplice alleanza.
Bismarck (Germania), firma con l'Italia e l'Austria un trattato difensivo: la Triplice Alleanza. Questo
trattato difensivo sanciva che in caso di attacco ricevuto da una dei tre stati gli altri due sarebbero
intervenuti in aiuto. Questa manovra però creò il malcontento degli irredentisti (chiamati cos dal
nome dei territori del nord d’Italia detti irredenti) che non volevano accettare l’alleanza con chi in
precedenza aveva sottomesso i territori Italiani. Dopo la morte del Depretis (1877) divenne
presidente del consiglio Francesco Crispi. Crispi, autoritario e animato dal desiderio di trasformare
Italia in uno stato rispettato dalle grandi potenze, decise di tenere per sé i ministeri degli esteri e
dell’interno in modo da poterli controllare personalmente. Nel 1888 Crispi allargò il diritto di voto a
tutti i cittadini maschi maggiorenni che sapessero scrivere e che pagassero un censo di 5 lire l’anno.
Nel 1889 introdusse un nuovo codice penale (codice Zanardelli). Tra gli articoli più importanti
bisogna ricordare l’abolizione della pena di morte e la cancellazione del divieto di sciopero, ma i
seguito introdusse una nuova legge sulla pubblica sicurezza che limitava molto la libertà sindacale e
attribuiva vasti poteri di controllo e di intervento alla polizia.
La seconda rivoluzione industriale
Contemporaneamente in Europa dalla seconda metà dell’ ‘800 aveva inizio la seconda rivoluzione
industriale. Con il termine “rivoluzione industriale” si indica un processo di trasformazione
economica in cui si affermano nuovi protagonisti e nuovi settori industriali e produttivi che hanno
trasformato le nostre strutture socio-produttive, sia tramite l’affermazione di nuovi fonti energetiche,
di nuovi processi produttivi e di nuovi settori industriali, sia nel mutamento profondo nel tessuto
sociale, con l’affermarsi di urbanizzazione e industrializzazione. Alla base della seconda rivoluzione
industriale vi è una crisi di sovrapproduzione scoppiata nel 1873 che ebbe conseguenza una costante
caduta dei prezzi per due decenni. Questa fase, conosciuta dai contemporanei come “grande
depressione”, coincise in realtà con la profonda trasformazione della seconda rivoluzione industriale.
Furono infatti proprie tali trasformazioni a cambiare il mondo produttivo e a provocare una caduta
dei prezzi. Protagonisti della seconda rivoluzione industriale furono il motore a scoppio e l’utilizzo
sempre più largo dell’elettricità, mentre andava aumentando l’utilizzo del petrolio come nuova fonte
energetica. I costanti progressi tecnologici aprirono a un nuovo dinamismo nell’innovazione.
Moltissime furono le invenzioni che, sull’onda dell’affermazione della cultura positivista, vennero
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registrate in quegli anni, dal telefono ai pneumatici, passando dalle lampadine e dalle automobili.
Infine, fattore che occorre considerare di primaria importanza, è lo sviluppo delle reti di
comunicazione e di trasporto: la costruzione delle reti ferroviarie e telegrafiche. Elementi basilari
nella costruzione di mercati nazionali e internazionali. A livello industriale si affermarono nuovi
settori, in particolare quello chimico, con tutte le sue derivazioni, quello elettrico e quello siderurgico.
Proprio l’estensione della produzione di acciaio fu una protagonista assoluta di questa epoca. La
novità principale fu peraltro proprio nella maggiore integrazione fra il mondo della scienza e quello
dell’industria. Profondi furono i mutamenti anche nel settore agricolo. Nuovi prodotti chimici, un
ampliamento della meccanizzazione, l’introduzione di nuove colture e sistemi di rotazione, portarono
a un grande incremento della produzione agricola in varie fasce europee. Più che altrove i progressi
furono avvertiti negli Usa, dove si andarono a coniugare con la grande disponibilità di terra, facendo
sì che anche piccoli coltivatori, facilitati nell’accesso al credito, potessero correre i rischi degli
investimenti. Nel mondo economico-finanziario stretto si fece il rapporto con le banche, le uniche in
grado di assicurare le basi per alti investimenti, fino a che si registrò una vera e propria
compenetrazione da cui il nuovo termine di “capitalismo finanziario”: le banche controllavano parti
crescenti delle industrie e, allo stesso tempo, i grandi industriali entravano a far parte dei consigli di
amministrazione delle banche. L’organizzazione della società cambiò, il rapporto propietariocontadino, lasciò il posto al rapporto borghese-proletario,alla staticità della società medioevale, si
contrappose la dinamicità dell’individuo che poteva modificare la propria condizione sociale,
attraverso il lavoro e l’iniziativa.
Processo di Unificazione Tedesco
Anche la Germania, come l’Italia, dovette costruire le proprie istituzioni politiche nel
pieno processo di unificazione, il quale, a sua volta, avvenne per via militare attraverso
l’espansione della Prussia e una lunga serie di guerre; queste resero centrali le funzioni
dell’esercito, della diplomazia, dell’aristocrazia terriera e della corona prussiana, in
forme ancora più assorbenti rispetto al caso italiano.
Il processo di unificazione della Germania e lo Stato sostanzialmente autoritario che
ne risultò, ruotano attorno alla figura e alla strategia politica di Otto von Bismarck, il
cancelliere prussiano, il quale riuscì con genio diplomatico e con spregiudicatezza a
realizzare il sogno del nuovo sovrano: l’unificazione sotto la propria egemonia
dell’intera area tedesca. Il primo conflitto sarà la guerra Austro-Prussiana. Bismark
invase con le proprie truppe e dichiarò guerra all’Austria (giugno 1866). Questa poteva
contare però sull’alleanza di numerosi stati della Germania, ma era impreparata a
reggere uno scontro di tali dimensioni: in appena 5 giorni l’Austria fu sconfitta. La
pace di Praga, firmata il 23 agosto 1866 tra Prussia e Austria, fu un altro capolavoro
diplomatico di Bismarck: l’Austria perdeva il Veneto a favore dell’Italia e cedeva
l’Holstein alla Prussia. L’impero asburgico venne ridotto dalla dimensione di potenza
europea a quella di semplice Stato danubiano. Si completava così non solo
l’unificazione di due terzi della Germania, ma anche l’integrazione della nobiltà e della
borghesia. Inevitabilmente l’incorporazione dei territori degli stati della Germania
meridionale passò attraverso un conflitto tra la Francia e la Prussia. La situazione
precipitò nel 1870 a causa della disputa tra Francia e Prussia per la successione
spagnola. Il 19 luglio 1870 Napoleone III dichiarò guerra alla Prussia, senza essere
però militarmente preparato: gli stati del sud combatterono al fianco della Prussia e
sanzionarono la sconfitta e la successiva caduta di Napoleone III. Le conseguenze per
la Germania furono di grande portata. Il 6 dicembre 1870 era stata proclamata la
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costituzione dell’ "Impero germanico". Il 20 maggio 1871, con la pace di Francoforte
tra la Francia vinta e il nuovo Impero germanico, questo si annetteva anche l’Alsazia e
la Lorena. Era la tappa finale di un processo decennale nel corso del quale il cancelliere
prussiano aveva realizzato la progressiva unificazione della Germania sotto le bandiere
e la corona della Prussia, facendo emergere nel centro dell’Europa uno Stato di
incomparabile potenza, sia militare che economica, destinato a far saltare i vecchi
equilibri geopolitici.
Le Cause Della Prima Guerra Mondiale
Lo scoppio della prima guerra mondiale si attribuisce alla tensione austro-serba ma in realtà fu
l’esito disastroso dell’insieme di contrasti tra le varie potenze:
Contrasto anglo-tedesco: Il primato inglese della produzione era minacciato dall’industria
germanica. Infatti le esportazioni tedesche aumentavano sempre più. Inoltre il programma tedesco
della “grande flotta” promosso dall’ammiraglio von Tirpitz costringeva l’Inghilterra ad affrontare
spese quasi insostenibili per mantenere il two Power Standard e c’era il rischio che la Germania
oltre che essere una grande potenza di terra lo diventasse anche in mare.
Contrasto franco-tedesco: I francesi non potevano dimenticare la sconfitta subita per opera della
Germania alla quale era stata consegnata l’Alsazia e la Lorena. Ciò aveva causato il malcontento
della Francia che aveva voglia di rivincita.
Contrasto austro-russo: Guerre balcaniche(1912-1913) ciò dipendeva dalla concorrenza austrorussa nei Balcani. I russi volevano avere il controllo dei Dardanelli per i quali passava gran parte del
loro commercio estero, mentre i Balcani avevano una forte voglia di ottenere la piena indipendenza.
Anche l’Italia mirava a togliere all’Austria il Trentino e la Venezia Giulia per portare a termine il
progetto di unificazione nazionale.
Pangermanismo: La Germania data la densità e la continua crescita della popolazione doveva
ricorrere a massicce importazioni alimentari che creavano una sorta di dipendenza dall’estero. Il
popolo tedesco affermava la sua superiorità e volevano trasformare l’intera Europa in una colonia
sotto il controllo della Germania.
Crisi marocchine: Crisi diplomatiche tra Francia e Germania per occupare il Marocco.
Attentato a sarajevo: il 28 giugno 1914, a Sarajevo, un terrorista serbo Gravilo Princip uccise
l’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, erede al trono imperiale austro-ungarico. Dietro
l’attentato vi era una vera e propria cospirazione di un gruppo di nazionalisti. Il governo Austro
ungarico sapeva che la Serbia era appoggiata dai russi perciò prima di prendere la decisione di
mandare un ultimatum si assicurò dell’appoggio della Germania che assicurò il suo sostegno in caso
di intervento russo. La Germania era consapevole che una volta avviata la guerra contro la Russia
anche la Francia sarebbe intervenuta a favore dei russi ma nonostante ciò si pensava che la guerra
sarebbe stata vinta rapidamente. L’Italia grazie alla triplice Alleanza firmata secondo clausole
difensive potè dichiararsi neutrale.
Primo anno di guerra
L’Austria dichiara guerra alla Serbia(28 Luglio). La Russia entra in guerra a favore della Serbia e per
gli accordi con la Duplice Alleanza anche la Francia entra in guerra(30 Luglio). Cosi la Germania
risponde immediatamente con la dichiarazione di guerra alla Russia(31 luglio) e alla Francia(2
Agosto). La Germania crede che solo un successo in Occidente possa portare ad una conclusione
rapida e vittoriosa della guerra. Perciò decidono di liquidare la Francia ancor prima che la Russia
potesse intervenire. Così la Germania decide di prendersi un forte vantaggio attaccando al nord il
Belgio. Questa mossa induce l’Inghilterra a intervenire immediatamente a fianco della Francia.
Grazie a questo piano la Germania riesce comunque a impadronirsi del territorio nemico privando la
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Francia di una zona industrializzata dalla quale ricavavano materiali ferrosi e gran parte del carbone.
Ciò nonostante il successo tedesco è ben inferiore alle aspettative che prevedevano la liquidazione
della Francia in sei settimane, infatti i francesi dalla Marna contrattaccano e fanno retrocedere i
tedeschi sull’Aisne. A questo risultato contribuiscono anche le vicende del fronte orientale, infatti
delle armate tedesche, occupate inizialmente nella lotta contro la Francia, sono costrette a spostarsi e
combattere contro l’irruzione delle truppe russe. Sul fronte Occidentale alla battaglia della Marna
segue la corsa al mare per il controllo delle coste della Manica. La guerra auspicata dai tedeschi di
movimento si stava trasformando in una vera e propria guerra di posizione e di trincea. Inoltre gli
avversari tedeschi possono contare anche sull’aiuto del Giappone che tuttavia si limiterà per il resto
della guerra ad attaccare le basi tedesche nel Pacifico e in Cina. A loro volta i tedeschi sono appoggiati
dalla Turchia che bloccherà le comunicazioni fra le potenze occidentali e la Russia attraverso il
Bosforo e il Dardanelli.
L’Italia dalla neutralità all’entrata in guerra
Al momento dello scoppio della prima guerra mondiale, l'Italia si dichiara neutrale. Nel paese
l'opinione pubblica si divide in interventisti e neutralisti. Dei neutralisti ne facevano parte Giolitti, La
chiesa, e i socialisti. Giolitti non riteneva che l’Italia non era pronta per entrare in guerra. I cattolici
con papa Benedetto XV inizialmente erano decisi ad essere neutrali in quanto si trattava di combattere
contro la cattolicissima Austria. Ma presto alcuni cattolici operarono una distinzione fra assoluto
neutralismo, al quale doveva necessariamente attenersi la Chiesa, e l’atteggiamento dei singoli fedeli,
cui era lecito preferire o rifiutare il neutralismo a seconda della propria ideologia. Per i socialisti il
neutralismo era una questione di principio, fedeli ai principi dell’internazionalismo proletario e si
batterono contro la guerra considerata un affare esclusivamente borghese e capitalistico.
Degli interventisti invece ne facevano parte i repubblicani d’ispirazione mazziniana, gli irredentisti i
social riformisti che possiamo definire tutti quanti interventisti democratici, essi volevano tutti
l’intervento italiano a fianco dell’Intesa anche assieme agli interventisti Nazionalisti. Il sentimento
nazionalista si può configurare come sentimento imperialista volto all’espansione coloniale e al
completamento dell’unificazione. Nel 20 Maggio 1915 l’Italia riesce a sconfiggere la fazione
neutralista e decide di entrare in guerra accanto all’Intesa.
Patto di Londra
È un patto che l’Italia firma con Russia Inghilterra e Francia, era un patto segreto che sanciva la
spartizione delle colonie nei territori Africani e le terre limitrofe dell’Italia che permettevano
l’unificazione.
L’Italia combatte le sue battaglie iniziali lungo il corso del fiume Isonzo e sulle alture del Carso. Il
generale Luigi Cadorna sferrò 4 offensive senza ottenere alcun successo. Una situazione analoga si
era creata sul fronte francese infatti la battaglia più famosa rimase quella di Verdun nel 1916 poi i
Francesi resistettero e organizzarono una controffensiva. Per l’Italia nel 1917 chiamato anno della
svolta è da ricordare come l’anno più terribile e difficile. Si era stabilita una guerra di trincea. Nei
fronti italiani si registrò una stanchezza delle truppe che non comprendevano più il significato di una
guerra iniziata con euforia. Il 24 ottobre 1917 un’armata austriaca attaccò le linee italiane nell’alto
Isonzo e le sfondo nei pressi di Caporetto. Il generale Cadorna venne sostituito da Armando Diaz
intanto il governo italiano era guidato da Vittorio Emanuele Orlando, la disfatta italiana
paradossalmente ebbe degli effetti positivi sull’andamento della guerra in quanto gli italiani
ritrovarono una sorta di unità nazionale. Il 1918 è l’anno della battaglia del Piave, e nella Marna gli
austro tedeschi furono fermati anche grazie agli aiuti massicci degli U.S.A. Alla fine di luglio le forze
dell’intesa ormai superiori sia per quanto riguarda gli eserciti che i mezzi, perciò passarono al
contrattacco e tra l’8 e l’11 Agosto i tedeschi subirono la prima grave sconfitta sul fronte occidentale
nella famosa battaglia di Amiens. Il 24 ottobre gli italiani lanciarono un importante offensiva sul
fronte del Piave e gli Austriaci furono definitivamente sconfitti nella battaglia di Vittorio Veneto. Il 3
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Novembre presso Padova firmarono l’armistizio con l’Italia.
L’intervento americano
Scoppiata la guerra gli U.S.A. rimangono formalmente neutrali per quasi 3 anni. E fu proprio in questi
anni che la capacità produttiva degli americani era progredita grazie alle materie prime, alla riserva
di manodopera e nuovi metodi di lavorazione.Allo scoppio della guerra Wilson scelse la neutralità
anche se fece giungere comunque alle potenze dell’Intesa, per la maggior parte, e anche alla Germania
aiuti economici. La guerra sottomarina tedesca del 1917 paralizzò i trasporti americani suscitando
un’ondata interventista. Così il 2 Aprile 1917 il congresso americano votò l’entrata in guerra degli
U.S.A. a fianco dell’intesa non come paese alleato ma come associato. Questa scelta voleva fare
capire al mondo che gli americani erano in guerra per fini diversi (umanitari) e non per egoismo
nazionale.
Trattati di pace
Trattato di Versailles : Denominato anche diktat imponeva alla Germania di restituire l’Alsazia e la
Lorena alla Francia e di concederle per 15 anni lo sfruttamento del bacino minerario della Saar. Di
evacuare i Belgio e di cedere alla repubblica polacca le terre abitate dai polacchi o da popolazioni
miste tedesco-polacche.
Trattato di Saint Germain e trattato di Triaton: con questi due trattati si prendeva atto della
dissoluzione dell’impero asburgico sulle cui rovine nascevano la Repubblica austriaca e la
Repubblica cecoslovacca e il Regno di Ungheria il Regno di Jugoslavia. Dalla caduta dell’impero
asburgico ne godeva anche l’Italia alla quale andavano il Trentino e L’Alto Adige, Trieste e Istria.
Il Primo Dopoguerra
Nel 1918, alla fine della Grande Guerra, l'Italia figurava tra i vincitori.
Durante la firma del Patto di Londra l'Italia aveva rivendicato l'annessione di Trento, Trieste e della
Dalmazia. Con la perdita della guerra da parte della Triplice Alleanza e la dissoluzione dell'impero
Austro-Ungarico, la Dalmazia cadde sotto il dominio slavo. Nel frattempo, Fiume rivendicava la
sua appartenenza al Regno d'Italia. La logica avrebbe voluto che l'Italia rinunciasse alla Dalmazia e
si accontentasse di Trento, Trieste e Fiume, ma la delegazione italiana insistette nel perseguire i suoi
obbiettivi e di fronte alla netta opposizione degli Alleati (soprattutto gli USA di Wilson), abbandonò
in segno di protesta la Conferenza di Pace di Parigi il 24 aprile del 1919. L'Italia non ottenne
praticamente nulla. Questo fu il periodo della nascita di diversi partiti:
-Partito Popolare Italiano (1919) (PPI) a sfondo cattolico: il rappresentante fu don Luigi Sturzo.
Proponevano uno stato che si preoccupasse dei bisogni dei ceti più deboli senza sostenere, però, la
rivoluzione.
-Fasci italiani di combattimento (1919) (che nel 1921 diventerà il Partito Nazionale Fascista, PNF).
-Partito Comunista (che nel 1921 si formò a seguito dell'imposizione, da parte di Lenin, all'adesione
di 21 condizioni da accettare in blocco, a tutti i paesi d'Europa che volessero formare un partito
comunista).
Il Fascismo
Per comprendere il fenomeno del fascismo, necessità un'analisi della vita del suo maggiore
rappresentante: Benito Mussolini.
Egli nasce a Dovia, e nel 1883 iniziò la sua ascesa politica facente parte del Partito Socialista
Italiano (PSI). Dal 1912 in poi, Mussolini divenne il maggiore rappresentante della corrente più
radicale del movimento socialista, quella secondo cui, tra borghesia e proletariato non doveva
esserci altro che ostilità (filosofia marxista). Scoppiata la Prima Guerra Mondiale il PSI, si dichiarò
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apertamente contrario alla guerra e alla partecipazione dell'Italia al conflitto mondiale. Mussolini,
però, si distacco dalle posizioni socialiste, vedendo nella guerra l'unica via per creare scompiglio
nella nazioni d'Europa, situazione favorevole all'ascesa del proletariato al potere. Espulso dal PSI
per le sue posizioni, ben presto si avvicinò ai concetti di patria e di nazionalismo. Inoltre, a conti
fatti, vide nella rivoluzione bolscevica solo disordini e guerra civile: abbandonò definitivamente la
filosofia socialista. Quello che nel 1919 sembrava un movimento senza futuro, nel 1920 intraprese
una scalata verso il successo prendendo la via della violenza. Iniziarono le aggressioni contro i
nemici della nazione (slavi e socialisti),organizzando squadre d'azione. La borghesia cominciò a
guardare il fascismo con interesse e il movimento perse gradualmente quell'aspetto contraddittorio
che lo caratterizzava (nazionalista e antiborghese) divenendo nazionalista e antisocialista. Inoltre le
forze dell'ordine non reagirono e non cercarono di fermare la dilagante violenza operata dalle
squadre d'azione sostenendo che i socialisti e i sindacalisti erano solo dei pericolosi sovversivi, e
che pertanto meritavano di essere eliminati. Nel 1921 nacque il Partito Nazionale Fascista. Alla fine
del 1922 il Fascismo intraprese la cosiddetta marcia su Roma. Il 29 Ottobre 1922, il Re Vittorio
Emanuele III, deciso ad appoggiare Mussolini, gli conferì l'incarico di formare un nuovo governo.
Mussolini si presentò come l'unico in grado di valorizzare la nazione italiana e di difendere l'onore
della patria. Per ottenere la maggioranza nelle elezione del 1924, il Fascismo mise in atto un'azione
basata su brogli e violenza. Tale politica fu denunciata da Giacomo Matteotti in un discorso
pubblico in parlamento: il parlamentare fu ucciso il 10 giugno del '24. Dopo l'accaduto,
l'opposizione abbandonò la Camera dando vita alla secessione dell'Aventino. Vittorio Emanuele III
non intervenne in alcun modo e Mussolini, consapevole della passività del Re, si assunse “la
responsabilità politica, morale, storica di quanto è avvenuto”, cioè del delitto Matteotti e di tutti gli
altri crimini commessi dal Fascismo. NEL 1925 ERA EFFETTIVAMENTE INIZIATA LA
DITTATURA. Salito al potere Mussolini:
-eliminò la separazione dei poteri;
-approvò la legge sulle prerogative del capo del Governo (Il Parlamento cessò di avere qualsiasi
potere effettivo; il Capo del Governo non era più responsabile davanti alle Camere e il suo potere
poteva essere revocato solo dal re in persona);
-firmò i Patti Lateranensi ( l'11 Febbraio 1929);
-approvò le leggi fascistissime (nel novembre del 1926);
-soppresse tutti i partiti e tutti i sindacati;
-fu istituita nuovamente la pena di morte;
-con la legge per la difesa dello Stato fu istituito un Tribunale Speciale per i crimini contro il
Fascismo.
La completa accettazione dell'ideologia fascista da parte del popolo attraverso una serrata
propaganda e attraverso il coinvolgimento delle masse in attività comuni che promuovessero il
nuovo regime. La figura del Duce doveva assumere una coloritura quai religiosa, come quella di
Hitler in Germania e quella di Stalin nell'URSS. L'adesione al Partito Fascista da parte di tutti i
funzionari pubblici e di tutte le personalità eminenti facenti parte dello Stato Italiano (professori,
maestri, dipendenti di uffici pubblici, ecc.). Separazione degli italiani dalle popolazioni colonizzate
(dopo la conquista dell'Etiopia), non solo a livello di rapporti sessuali e matrimoniali ma anche per
quanto riguarda i rapporti lavorativi (un italiano non poteva lavorare per un indigeno e non poteva
frequentare locali frequentati abitualmente da neri).
Il Nazionalsocialismo
Sullo scenario della terribile situazione tedesca, fece la sua ascesa politica il Partito nazista e il suo
leader Adolf Hitler.Il 5 gennaio del 1919, nacque il Partito dei lavoratori tedeschi o DAP.
Hitler si appassionò molto al partito e si iscrisse molto presto.
Il 24 febbraio 1920, Hitler organizzo una riunione del partito che contò 2000 partecipanti e in
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questa occasione presentò il suo programma politico in 25 punti, il quale mescolava insieme
nazionalismo, antisemiti e addirittura socialisti. Gli obbiettivi erano fondamentalmente due:
-la soppressione dei trattati di pace imposti alla Germania
-l'eliminazione dello stato liberale
Una settimana dopo nacque il Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori o NSDAP.
Hitler tentò un colpo di stato in Baviera approfittando del caos creato dalla grande inflazione, ma
fall' miseramente e fu arrestato. Nei cinque anni passati in carcere, egli iniziò a scrivere un libro
intitolato Mein Kampf (La mia battaglia), che avrebbe completato nel 1925. Hitler sostenne la teoria
secondo la quale la Germania avrebbe fallito nella Prima Guerra mondiale per colpa dei marxisti
che a loro volta erano controllati dagli ebrei: il concetto principale della sua ideologia diventò il
“bolscevismo giudaico”.Da qui nacque il suo razzismo, sviluppando la concezione dei Protocolli dei
savi di Sion: secondo tali dottrine, esisterebbe una razza, quella ariana, corrispondente in pratica
agli europei di pelle chiara, che possederebbe caratteristiche superiori a quelle di tutte le altre e, di
conseguenza, sarebbe in diritto di dominarle. Solo l'ariano ha il diritto di chiamarsi uomo e di
considerarsi il fondatore della cultura umana. L'ebreo vuole distruggere l'operato dell'uomo di razza
ariana, inquinare e imbastardire la razza pura. Gli ebrei diventano esseri demoniaci che mirano alla
conquista del mondo intero. Grazie al massiccio intervento dei capitali statunitensi, la Germania si
riprese dal collasso. Ma quando si fecero sentire gli effetti mondiali del collasso economico del '29,
la Germania ricadde nel baratro. Questo divento un terreno fertile per Hitler che riuscì a farsi
ascoltare dalle più diverse classi della società. Alle elezioni del 1930 molti votarono per il partito di
Hitler (NSDAP). Nel frattempo la situazione era diventata così drammatica che la Germania arrivò
sull'orla della guerra civile. Il 30 gennaio del 1933 Hitler fu nominato cancelliere dal Presidente
della Repubblica, l'anziano generale Paul van Hindenburg. Hitler quindi arrivò al potere per vie
legali. L'occasione per trasformare la Repubblica in una dittatura totalitaria gli fu offerta
dall'incendo del Reichstag (Parlamento). Quasi certamente, l'attentato fu messo in opera dai nazisti
stessi; tuttavia addossarono la colpa ai comunisti, cosicchè il Presidente emanò un decreto che
permise l'eliminazione di ogni forma di opposizione. Il 23 marzo del 1933 Hitler fece votare al
Parlamento una legge che consegnava di fatto ogni potere al governo: fu eliminato definitivamente
il liberalismo e la sua tipica divisione dei poteri. Il 14 luglio 1933, una legge del governo trasformò
la germania in un paese a partito unico. Inoltre alla morte del Presidente Hitler prese il suo posto
incentrando ogni potere nelle sue mani. Si nomino “Fürer del reich e del popolo tedesco” (Terzo
Reich).
Uno dei primi obbiettivi di Hitler fu realizzare il cosiddetto “spazio vitale”, un territorio dove il
popolo tedesco si sarebbe potuto evolvere e vivere usufruendo dei mezzi necessari (alimenti e
materie prime, ad esempio). Questo spazio vitale poteva essere creato attraverso la conquista
dell'URSS.
La Seconda Guerra Mondiale
Conflitto nel quale furono coinvolti quasi tutti i paesi del mondo, combattuto dal 1939 al 1945. I
principali contendenti furono Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti d’America e Unione Sovietica da
una parte, Germania, Italia e Giappone dall’altra. Fu una guerra totale sotto diversi aspetti:
geografico, perché interessò tutti i continenti; economico, perché costrinse i paesi coinvolti a uno
sforzo produttivo senza precedenti; ideologico, perché combattuta per ideali radicalmente
contrapposti; demografico, perché coinvolse la popolazione civile in pari misura alla misura delle
forze militari. I presupposti del trattato di Versailles, che addossavano alla Germania e all’Austria la
responsabilità della Prima g., non potevano alla lunga essere accettati dai Tedeschi; d’altra parte, le
condizioni finanziarie e territoriali imposte alla Germania, mentre da un lato erano troppo dure,
dall’altro non erano sufficienti a impedirne la risurrezione militare e industriale. Di fatto, le clausole
del trattato costituirono il terreno di coltura per una rinascita del militarismo e del nazionalismo
tedesco. Lo scoppio della IIª guerra mondiale fu dovuto fondamentalmente alla crescente
aggressività tedesca in politica estera dopo la presa di poter di Adolf Hitler. Quest'ultimo manifestò
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immediatamente l'intenzione di conquistare il Lebensraum, lo "spazio vitale" per il popolo tedesco
(come aveva scritto nel suo testo politico, il Mein Kampf), ovvero l'espansione soprattutto ad est del
terzo Reich o dove nella popolazione di uno stato estero vi fosse stata un minoranza tedesca. La
conquista dell’Etiopia aveva visto la Germania nazista a fianco dell’Italia fascista: il legame si
rafforzò con l’accordo sull’annessione tedesca dell’Austria (11 luglio 1936), la nascita dell’Asse
Roma-Berlino (incontro Hitler-Ciano, 20-24 ottobre 1936), e la comune politica riguardo la guerra
civile in Spagna (1936-39), dove si misurarono per la prima volta direttamente le forze del fascismo
e dell’antifascismo europeo. Da allora la scena politica internazionale fu dominata dalle
manifestazioni violente della volontà di potenza germanica. Nel marzo 1938 si ebbe l’annessione
tedesca dell’Austria. Il patto di non aggressione tedesco-sovietico (patto Ribbentrop-Molotov),
siglato il 23-24 agosto 1939, in vista dell’attacco alla Polonia, costituì l’antecedente immediato
dell’attacco tedesco alla Polonia e quindi della nuova guerra mondiale. Il 1° settembre 1939 la
Polonia fu invasa; il 3 Francia e Gran Bretagna dichiararono guerra al Reich. L’Italia fin dal 1°
settembre aveva invece dichiarato la ‘non belligeranza’, l’astensione dal conflitto essendo imposta
tanto dall’impreparazione militare e morale del paese, quanto dall’ostilità della corona e di gran
parte delle stesse sfere dirigenti fasciste. I problemi della pace erano stati affrontati da USA, URSS
e Gran Bretagna già nel corso del conflitto nelle conferenze di Teheran (28 novembre-1° dicembre
1943) eJalta(4-12 febbraio 1945) con la comune enunciazione di principi ideali e politici e per la
definizione, precisata a Jalta, delle rispettive sfere d’influenza nel mondo. Nella conferenza di San
Francisco (25 aprile-15 giugno 1945) furono stabiliti gli statuti della futura organizzazione
societaria internazionale, le Nazioni Unite. I ministri degli Esteri di URSS, USA, Gran Bretagna e
Francia elaborarono i trattati di pace nell’aprile-luglio 1946. A Parigi furono sottoscritti (10 febbraio
1947) quelli riguardanti la Finlandia, la Romania, la Bulgaria, l’Italia e l’Ungheria. I trattati
imponevano sanzioni economiche (riparazioni) e giuridiche (punizioni dei criminali di guerra;
impegno di istituire le libertà democratiche), misure di disarmo, e vaste diminuzioni di territorio
metropolitano e coloniale (per queste ultime si veda la storia dei singoli Stati). I contrasti politici
delineatisi nel dopoguerra fra gli Alleati impedirono la definizione del trattato di pace con la
Germania. A quello col Giappone, sottoscritto il 7 settembre 1951 a San Francisco da 48 Stati
membri delle Nazioni Unite, non aderì l’URSS, che nel 1956 concluse col Giappone un trattato
bilaterale. Il trattato di pace con l’Austria fu concluso a Vienna il 15 maggio 1955.
La Guerra Fredda
Con l'espressione guerra fredda si indica la contrapposizione politica, ideologica e militare che
venne a crearsi nel 1945, alla fine della seconda guerra mondiale, tra due blocchi internazionali,
categorizzati come Occidente (gli Stati Uniti d'America, gli alleati della NATO e i Paesi amici) ed
Oriente, o "blocco comunista" (l'Unione Sovietica, gli alleati del Patto di Varsavia e i Paesi amici).
Tale tensione, durata circa mezzo secolo, pur non concretizzandosi mai in un conflitto militare
diretto (da cui il termine fredda quando in realtà la disponibilità di armi nucleari per entrambe le
parti avrebbe potuto distruggere inesorabilmente l'intero pianeta), si sviluppò nel corso degli anni
incentrandosi sulla competizione in vari campi (militare, spaziale, tecnologico,ideologico,
psicologico, sportivo) contribuendo almeno in parte allo sviluppo ed evoluzione della società stessa
con l'avvento della terza rivoluzione industriale. Le fasi più critiche e potenzialmente pericolose
della guerra fredda furono due: la prima fu quella compresa fra gli anni cinquanta e sessanta. La
seconda fu durante la prima metà degli anni ottanta. La fine della guerra fredda viene
convenzionalmente fatta coincidere con la caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989) e la
successiva dissoluzione dell'Unione Sovietica nel 1991.
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