anno XXVI numero 8 settembre 2011 Crisi Alenia p.9 Panorama Italia p.11 Lo stato dell’arte p.15 Educare e (è) accompagnare La Chiesa di Nola inizia un nuovo anno pastorale ribadendo la centralità dell'educazione in tre tappe: prima la riflessione su educazione e accompagnamento nella grande assemblea diocesana riunita il 20 e 21 settembre presso il Santuario Madonna dell'Arco. Poi il giorno 22 i consigli pastorali parrocchiali dove le comunità hanno pensato il cammino di quest'anno a partire dagli orientamenti ricevuti. Educare e accompagnare per promuovere la persona e la sua dignità. 02 L’editoriale anno XXVI numero 8 settembre 2011 L’etica e la spread di Alfonso Lanzieri Educare..: che novità! Sono oramai più anni che non si fa altro che parlare di questo, un primo, un secondo convegno diocesano, gli orientamenti dell'episcopato italiano, le assemblee diocesane e le piste pastorali di questi ultimi tempi. E poi: articoli, riflessioni, tracce nella Parola di Dio, mille altre modalità. Sembra quasi l'accanimento intorno ad un argomento, un tornare a parlare quasi non ci fossero altri spunti e altre problematiche. Eppure, nonostante tanta insistenza, ancora siamo incapaci come comunità cristiana di rintracciare le disponibilità di adulti che scelgano di mettersi seriamente in cammino, di uomini e donne che si facciano accompagnatori di famiglie, giovani e ragazzi, di persone che colgano in pieno il valore della testimonianza matura che non attende sempre il placet per eseguire un ordine, ma che sa orientarsi nelle scelte di prossimità e di servizio. Segno, questo, che ancora c'è bisogno di far passare la sensibilità dell'educare dalla teoria dell'educazione alla prassi dell'essere un educatore che coltiva sensibilità, capacità e cuore nel linguaggio dell'incontro e della sequela, della vita di fede e delle scelte sociali. La scelta della nostra Chiesa di Nola non è continuare a parlare di educazione, ma proporre su questa una approfondita riflessione perché ciascuno dei suoi membri possa trovare agevole la traduzione dalla teoria alla prassi, dalla conoscenza dei principi all'intelligenza della fede. La questione è anche legata ad una presupposta competenza, che ciascuno di noi pensa di aver maturato in questi anni, per cui avviene per l'educazione ciò che si riscontra anche nell'evangelizzazione. Quando si è cominciato a parlare di nuova evangelizzazione in molti hanno pensato che ci si riferisse ad un rinnovato entusiasmo missionario da dover rivolgere a coloro che erano lontani, in parte avevano ragione, ma in verità l'invito era particolarmente rivolto a quelle tradizioni che da sempre riconoscevano - o presupponevano- la chiara identità cristiana, ma che in realtà avevano perso il contatto con Gesù Cristo, mantenendo solo un vago senso di cultura di tradizione cristiana nella propria esistenza. Così per l'educazione esiste un senso dell'educare che mantiene l'ancora dietro schemi e prassi costituite, ma che non riesce ad intercettare l'altro e la sua vita. Fermarci sull'educare significa darci il tempo di scandagliare, motivare, comprendere, sperimentare. Cercando di leggere la realtà che ci circonda sappiamo che non possiamo andare alla ricerca di equazioni che ci fanno semplicemente sostituire le parole o le strategie, non è un cambio di linguaggio ad assicurare la contemporaneità del sapere educare, ci viene chiesto un coraggio ulteriore: ricercare un nuovo. Per fare questo dobbiamo darci tempo, costruire percorsi e disfarli, tentare sentieri e correre il rischio dello smarrimento, avere il tempo per riflettere sugli avvenimenti e sulle esperienze, mentre c'è un tempo che corre e tutti che ci invitano a stare al passo coi tempi non curandoci troppo di come riuscire a tenere il ritmo. È la tentazione di un società che rischia di confondere efficacia con efficienza, bellezza con estetica, sentimento con emozione. “Non ci sto!!!” vorremmo gridare, ma si sceglie di farlo con lo stile della riflessione, del dialogo e dell'attesa… per costruire insieme. Ancora educare, e con forza sceglierlo e risceglierlo nonostante tutto. in dialogo mensile della Chiesa di Nola Redazione via San Felice n.29 - 80035 Nola (Na) Autorizzazione del tribunale di Napoli n. 3393 del 7 marzo 1985 Direttore responsabile: Marco Iasevoli Condirettore: Luigi Mucerino In redazione:Alfonso Lanzieri, Mariangela Parisi, Michele Amoruso, Enzo Formisano, Gennaro Morisco Stampa: Giannini Presservice via San Felice, 27 - 80035 Nola (Na) Chiuso in redazione il 10 ottobre 2011 Abbonamento annuale: € 10,00 Versamento da effettuare sul numero di Conto corrente postale 18524801 intestato a “Diocesi di Nola – Ufficio economato”, causale “abbonamento In dialogo”. Parrocchie, istituti religiosi, aggregazioni laicali e istituzioni possono chiedere la ricezione presso un solo indirizzo di più copie. Educare e (è) accompagnare 03 anno XXVI numero 8 settembre 2011 Sul carro dell'altro L'inizio dell'anno pastorale della diocesi di Nola di Mariangela Parisi e Alfonso Lanzieri “Si può educare senza accompagnare?” Questo il titolo dell'assemblea ecclesiale con la quale la Chiesa di Nola ha cominciato questo nuovo anno pastorale 2011-2012. Migliaia di persone – presbiteri, religiosi e laici – si sono ritrovate nella chiesa nuova del santuario di Madonna dell'Arco a Sant'Anastasia per recepire gli orientamenti che dovranno informare i cammini parrocchiali. Al centro dell'attenzione generale c'era il tema che i vescovi italiani vogliono sia in cima alle preoccupazioni di ogni diocesi: l'educazione. In linea quindi con la Cei, il nostro vescovo Beniamino Depalma ha spinto la diocesi a fissare lo sguardo su tale questione, già presentata al pensiero e al cuore dei fedeli all'inizio dei tre precedenti anni pastorali. Un sentiero che continua e si approfondisce, dunque, come ricordato dallo stesso mons. Depalma in apertura dei lavori dell'assemblea a Sant'Anastasia: «l'anno scorso ci siamo detti che l'educazione è uno sguardo nel miracolo del “tu” che ci sta innanzi e ci interpella. Quest'anno vogliamo dirci che educare significa accompagnare perché la sorgente che c'è dentro ad ogni cuore possa cominciare a generare acqua viva. Educazione come “presenza”». Il filo conduttore di questo cammino pluriennale, ha spiegato Padre Beniamino, è la cura della persona, delle sue urgenze, dei suoi talenti, del suo valore, della sua dignità. L'assemblea ecclesiale ha coperto tre giorni: il 20 e il 21 settembre due incontri a Madonna dell'Arco, con l'intervento prima di Bruna Costacurta, docente di Sacra Scrittura della Pontificia Università Gregoriana, poi, il giorno successivo, di Piera Ruffinatto, docente della Pontificia Facoltà di Scienze dell' Educazione «Auxilium. Il 22 settembre i consigli pastorali parrocchiali, per programmare l'anno a partire dalle riflessioni delle due sera- te precedenti. (I video integrali degli interventi di Bruna Costacurta e Piera Ruffinatto sono disponibili sul sito internet www.diocesidinola.it nella sezione “La diocesi in video”) La prof.ssa Bruna Costacurta ha tenuto una lectio sul brano degli Atti degli apostoli (8, 26-40) in cui si racconta la vicenda del diacono Filippo che annuncia la buona novella del vangelo ad un eunuco etiope sulla via di Gaza, battezzandolo alla fine nel nome di Gesù. La biblista ha analizzato il brano a partire dal tema dell'educazione mettendo in evidenza alcuni atteggiamenti di Filippo altamente istruttivi; quest'ultimo, con la domanda «capisci quello che stai leggendo?» - rivolta all'eunuco che sul suo carro leggeva il profeta Isaia - aiuta il suo interlocutore a riconoscere il proprio bisogno e a chiedere aiuto: l'Etiope si rende conto che non comprende completamente, gli serve fare un passo innanzi. Filippo parte dal desiderio dell'altro per accompagnarlo verso la verità, fa aprire a lui il cuore per poter poi offrire una risposta autorevole, un'offerta che è offerta d'amore, rispettosa, che non vuole imporre nulla. Invitato, Filippo sale sul carro dell'eunuco e si fa suo compagno di viaggio. Ecco un altro atteggiamento fondamentale per chi vuole educare: accompagnare, farsi prossimo, mettersi sulla strada del più piccolo. La prof.ssa Costacurta ricorda come gli eunuchi – per gli ebrei- non potessero entrare nella comunità del Signore: la loro menomazione fisica li escludeva nei fatti dal popolo di Dio. Con la professione di fede nel nome di Gesù adesso il lontano diventa vicino, fratello, raggiunto dall'annuncio della salvezza che ha proclamato che Gesù è il Figlio di Dio. Questo perché in Gesù ogni esilio ha termine, la salvezza è per tutti i popoli, non c'è più né giudeo né greco né alcun altra distinzione, come ricorda Paolo. Filippo ora sparisce alla vista dell'eunuco: ha accompagnato l'altro sulla via della fede e adesso si ritrae affinché l'eunuco continui felice la sua vita nella libertà e responsabilità: il fine di ogni processo educativo. 04 Educare e (è) accompagnare Evangelizzare, educare e accompagnare: tre campi oppure un unico campo in cui, da adulti, giocare la sfida del secolo, la sfida educativa? Suor Piera Ruffinatto nel suo intervento del 21 settembre, è partita proprio da questa domanda, proprio da questi tre campi d'azione dell'agire ecclesiale per offrire spunti di riflessione sulla questione dell'educare in un tempo di crisi quale quello che stiamo vivendo. Recuperare la componente relazionale dell'atto educativo e restituire autorevolezza all'autorità sono state da lei indicate quali condizioni imprescindibili per un percorso educativo che non può che essere accompagnamento: legando etimologicamente educare al verbo latino ēdŭcāre (e non ad ēdūcĕre), lo si può infatti considerare sinonimo di accompagnare. Un cambio di prospettiva che rimet- tendo in gioco la piena libertà dell'accompagnato spinge inevitabilmente all'abbandono, da parte dell'accompagnatore, di qualsiasi forma di costrizione formativa: è solo nella piena consapevolezza di ciò che si sceglie - e dunque anche consapevolezza successiva dei propri errori che si genera terreno fertile perchè attecchiscano i semi del Vangelo. La libertà, se messa in gioco fin dal'inizio del percorso educativo, può essere indirizzata perché la si consegni ad un progetto di vita. Un progetto fondato su un desiderio che sia amore capace di dare senso alla vita, amore intelligente dunque perché fondato su un approccio all'altro e alla realtà circostante mirato all'incontro con la verità, con l'essere sic et simpliciter dell'altro e di ciò che lo circonda. Abbandono di preconcetti dunque, di anno XXVI numero 8 settembre 2011 pregiudizi e di propri progetti sull'altro con lo scopo non di renderlo libero e felice ma di plasmarlo. Abbandono della fretta, dell'impazienza verso il tempo che pure è “lo spazio dove la persona tesse le trame della sua vita terrena”. Abbandono infine di un Dio preconfezionato, di un Dio presentato come già totalmente compreso e accompagnato ad un senso religioso ridotto a becero fatalismo e superstizione. Educare ed evangelizzare devono dunque significare per un adulto (ovvero per chi è chiamato a generare) presenza ovvero capacità di mettersi in gioco per primi per accompagnare i più giovani alla piena valorizzazione della propria umanità testimoniandone allo stesso tempo la pienezza nella scelta di declinarla secondo il paradigma della cristianità. Educare e (è) accompagnare 05 anno XXVI numero 8 settembre 2011 Attingere al grande fuoco La terza giornata dell’assemblea diocesana di Vincenzo Formisano Dare concretezza alle parole per non farle restare efficaci slogan. Questo, in estrema sintesi, l'obiettivo della terza giornata dell'assemblea diocesana di quest'anno da svilupparsi all'interno dei consigli pastorali parrocchiali: dopo aver ascoltato e appreso era il momento del mettere in pratica. La giornata di riflessione, infatti, si è mossa a partire dalle preziose indicazioni date dalla prof.ssa Costacurta e dalla prof.ssa Ruffinatto e quelle contenute nell'opuscolo “Per una pastorale educativa. Educarci per accompagnare”, strumento agile e prezioso per discernere ed orientare la pastorale che padre Beniamino Depalma ha donato alla sua Chiesa. Ed il 22 settembre il consiglio pastorale della parrocchia di S.Francesco d'Assisi di Pomigliano - di cui faccio parte - ha seguito con fedeltà la linea tracciata nei giorni precedenti: dapprima la preghiera con l'invocazione allo Spirito proposta per sottolineare la continuità dell'appuntamento parrocchiale con i due momenti diocesani, poi una prima fase in cui, liberamente, è risuonato tutto ciò che ci aveva colpito dei giorni precedenti: dall'idea del “salire sul carro” a quella del partire dell'ascolto dei bisogni e desideri degli altri; dalla necessità di rendere l'accompagnamento non una “tecnica” educativa, ma uno stile da assumere sempre, alla necessità di prendere le distanze da un pessimismo antropologico imperante, perché educare oggi è possibile, anche se costa più fatica rispetto a prima per il moltiplicarsi di proposte culturali e sociali che, spesso, non sono in linea con i valori cristiani. Il tutto con la consapevolezza che quanto più si rendeva semplice e palese il contenuto del messaggio (Gesù Cristo), tanto più era efficace l'azione messa in campo per trasmetterlo. Questo primo momento, che ci ha permesso di tracciare alcune linee comuni su quali procedere, è poi stato seguito da un periodo di lettura e studio personale dell'opuscolo del vescovo. Quando il consiglio si è rivisto, circa una settimana dopo, si è deciso di analizzare punto per punto il documento episcopale partendo dagli elementi che già erano presenti in parrocchia e che, quindi, andavano semplicemente riproposti con piccole mo- difiche, per lasciare più tempo al discernimento per i punti sui quali c'era bisogno di un maggior lavoro: avendo, infatti, la consapevolezza di non poter fare tutto bene, si è deciso di focalizzare l'attenzione su ciò che si reputava più urgente tra le priorità indicate dal testo, in particolare la revisione dei cammini catechistici per renderli più rispondenti ai tempi cambiati e, quindi, impostarli su una maggiore attenzione sia verso i bisogni e le richieste che vengono fatte (rendendo sempre più evidente il rapporto tra i contenuti della catechesi e i risvolti prativi nella vita ordinaria) sia verso una prosecuzione all'interno dei cammini ordinari parrocchiali, rispondendo così anche alla necessità di una formazione costante dei laici. In definitiva, il ritorno a casa di tutti i consigli pastorali mi ha fatto venire alla mente un' immagine ben precisa e cioè quella di persone che hanno attinto dalla parola del Signore e preso la fiammella dal grande fuoco per andare ad illuminare tutte le parrocchie e poter raggiungere così ogni uomo. 06 In diocesi anno XXVI numero 8 settembre 2011 Operai nella vigna del Signore Sei nuovi diaconi e due nuovi presbiteri nella Chiesa di Nola di A. L. I neo diaconi indossano la stola. Se l'assemblea ecclesiale di fine settembre a Sant'Anastasia ha rappresentato un momento importantissimo per l'orientamento di tutta l'azione pastorale della diocesi, questo mese ha visto presentarsi due eventi fondamentali per la vita della Chiesa di Nola. Lo Spirito Santo, guida forte e discreta della comunità cristiana, ha voluto donare alle nostra diocesi sei nuovi diaconi e due nuovi presbiteri. Lo scorso 14 settembre, infatti, nella cattedrale di Nola, sono stati ordinati diaconi (per completezza d'informazione ricordiamo che sono diaconi transeunti, attendono – quando la Chiesa lo riterrà opportuno - il conferimento del secondo grado del sacramento dell'ordine: il presbiterato) da Mons. Beniamino Depalma Marco Napolitano, Gianluca Di Luggo, Francesco Stanzione, Giovanni D'Andrea, Umberto Guerriero e Filippo Centrella. Nove giorni dopo, il 23 settembre, lo stesso Mons. Depalma nel Duomo dedicato all'Assunta, ha conferito l'ordinazione presbiterale a Don Emilio Ventre e a Don Emilio Sorrentino. Esistenze che hanno scelto di mettersi totalmente al servizio dell'uomo di questo tempo e di queste terre, per le quali tutta la diocesi è grata a Dio che ha chiamato nuovi operai nella sua messe. Nelle due omelie pronunciate da Padre Beniamino rintracciamo la direzione e il compito del ministero che questi giovani dovranno incarnare nelle loro vite per poter essere davvero fedeli alla chiamata ricevuta dal Signore. Il 14 settembre, festa della esaltazione della Santa Croce, agli ordinandi diaconi Mons. Depalma ha spiegato che la croce è «il linguaggio di Dio», la visione plastica del suo amore per noi. Solo l'amore ha tenuto il Figlio di Dio inchiodato al legno di una croce romana. Gesù Cristo non ha lasciato il suo patibolo, quando i suoi torturatori lo invitavano a farlo, per dimostrare così la verità di ciò che andava dicendo su se stesso, non per amore della morte o del dolore. Gesù non è sceso dalla croce solo per amore degli uomini, perché «non c'è amore più grande di questo: dare la vita per i proprio amici». La logica più vera della vita allora è quella del dono, del servizio: proprio questo dev'essere il vettore principale della vita di coloro cui viene conferito il primo grado del sacramento dell'ordine. «Voi questa sera» ha detto il Vescovo di Nola «scegliete di essere piccoli, poveri e umili e mettete da parte parole come successo, carriera, ricchezza». Durante la liturgia delle ordinazioni presbiterali, Mons. Depalma ha ricordato ai diaconi Emilio Ventre ed Emilio Sorrentino che il presbiterato è un dono di Dio. Non è un merito, non è una proprietà. Esso si amministra solo e soltanto vivendo la gratuità radicale cui è chiamato il discepolo di Cristo che gratuitamente ha ricevuto e gratuitamente deve dare. «Che tipo di prete volete essere?» ha domandato agli ordinandi « dipendenti di un'agenzia ecclesiastica? Assistenti sociali? Funzionari di un'istituzione sacra? Queste figure non servono, a noi servono uomini di Dio». Padre Beniamino ribadisce il concetto citando un'espressione del grande scienziato cattolico Enrico Medi: «A noi laici lasciate il servizio nelle cose temporali, voi preti fateci vedere Dio». Il primo servizio che i preti devono e possono portare oggi al mondo è il servizio della santità. «Come presbiteri » ha ripetuto con forza Mons. Deplama «dovete essere la visibitià di Gesù Cristo, la sua parola, la sua presenza». anno XXVI numero 8 settembre 2011 In diocesi 07 Il momento del canto delle litanie. La Chiesa chiede a Dio, per l'intercessione di Maria e di tutti i Santi, di benedire e ricolmare dei suoi doni i candidati chiamati al ministero sacerdotale. Il momento dell'imposizione della mani durante l'ordinazione. 08 In diocesi anno XXVI numero 8 settembre 2011 Perché prete? Uno dei neo presbiteri ci spiega la sua scelta di Emilio Sorrentino “Un solo Signore, una sola Fede, un solo Battesimo, un solo Dio e Padre”, con questa solenne acclamazione la corale della Cattedrale di Nola, il 23 di Settembre scorso, faceva riecheggiare, tra le navate del Duomo, il grande grazie e l'eminente gaudio che l'intera Chiesa locale elevava a Dio Padre per aver voluto guardare ancora una volta con occhio amorevole e provvidente la Sua vigna, chiamando, eleggendo e inviando due nuovi presbiteri. E' sempre cosa ardua esprimere stati d'animo, emozioni, sensazioni, in particolar modo quando si tratta di ricostruire e ripercorrere storie vocazionali, o addirittura investigarne la genesi nell'intento di comprendere il compito pastorale e l'ufficio sacro a cui si è convocati. Tuttavia è possibile offrire un tentativo di risposta e, quindi, di comprensione valoriale, nella misura in cui ciascun fedele si apre all'Ascolto. Del resto l'invito principale a cui ogni cristiano deve offrire il suo deferente ossequio di cuore e di intelletto consiste nel tendere l'orecchio del cuore all'Ascolto. Tutta la Sacra Scrittura è intrisa e pervasa da tale esortazione: i Padri della Chiesa, uno su tutti, san Benedetto, nel Prologo della Regula così insegnava ai suoi monaci: ascoltare, inclinans aurem cordis, tendere l'orecchio del cuore. Solo attraverso il vero ascolto, dunque, si diventa ubbidienti, cioè capaci, maturi, pronti a rendere testimonianza, a esprimere con le azioni quell'amore incondizionato che Cristo ci ha lasciato in eredità. Vocazione non è solamente e semplicisticamente chiamata, seppure di matrice divina: ma essa è chiamata a donarsi, cioè a fare della propria vita dono di amore; e allora il matrimonio è vocazione giacché in esso e con esso ci si dona l'uno all'altra; il sacerdozio è vocazione giacché la sua radice è l'albero della croce e i suoi frutti la grazia che ci salva. Vocazione quindi non solo come cambiamento della propria vita, ma come trasformazione dei contenuti della propria vita. In questa prospettiva Dio agisce e come sempre e solo Lui sa fare è capace dal suo tesoro di “estrarre cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52). L'agire di Dio non è meramente un'azione autorevole, dall'alto, ma nella semantica latina, filosofico-teologica, è condurre, proporre, parlare, entrare in dialogo con i Suoi figli! Si ritorna, così, a quella dimensione fondamentale e caratterizzante dell'ascolto quale condicio sine qua non di ogni cristiano e in special modo nella vita dei presbiteri. E' proprio nell'ascolto, nel dialogo che si esprime quel sensus ecclesiae che non deve mai mancare a noi sacerdoti giacché nostra identità, nostra specificità, nostra fondatività. Il presbitero: “Servo della parola, mandato da Dio, scelto per mostrare, ministro di Cristo, ministro dei sacramenti di Cristo, modello della lode divina nella Comunità ecclesiale”, come amava dire mons. Guerino Grimaldi di venerata memoria. E parallelamente così scriveva nella Lettera Pastorale per il grande Giubileo del 2000 il nostro presule, mons. Depalma: “ Nel lasciare – obbedendo alla chiamata del Santo Padre – l'Arcidiocesi di Amlfi-Cava dè Tirreni, che ho molto amato in questi primi anni del mio ministero episcopale, so di non avere portato con me consapevoli rimpianti, ma soltanto una profonda riconoscenza per ogni sfida accettata con coraggio, per ogni sogno di speranza condivisa, per ogni difficoltà vinta nell'amore dello Spirito, per ogni occasione di crescita umana e cristiana vissuta: Cristo è la nostra strada regia, Cristo la nostra stra- da maestra”. In questo orizzonte mons. Depalma ha rimarcato con devota paternità nella riflessione rivolta all'intero presbiterio che il sacerdote non è un manager, non un burocrate, un arrivista, né un vile, ma solamente l'uomo di Dio che esprime Cristo nel cuore e nelle azioni, perché chiunque lo incontri sia rincuorato, incoraggiato, aiutato, amato, condotto ed edotto nella e sulla via dell'Amore! Ecco il sostantivo chiave, ecco la risposta definitiva all'interrogativo: perché presbiteri? Per Amore! Del resto è la risposta definitiva che Sant'Anselmo d'Aosta pone nel suo Cur Deus homo. Nell'immaginetta ricordo della mia ordinazione sacerdotale v'è scritto: Non c'è Amore più grande che dare la vita per i propri amici; e in quella del mio compagno d'ordinazione don Emilio Ventre: Tu sai tutto Signore, Tu sai che ti amo! Due vite diverse, due età differenti, due storie dissimili, due percorsi formativi differenti ma che lo Spirito Santo ha da sempre unito: il giorno 19.giugno1983 mentre don Emilio Ventre riceveva il Sacramento del Battesimo, io ricevevo per la prima volta la Santissima Eucarestia. Proprio don Emilio Ventre mi accolse come confratello nel collegio diaconale porgendomi la stola e la dalmatica. E, ora, entrambi, siamo operai nella Vigna del Signore, accomunati dallo stesso nome, legati dallo stesso amore per Cristo e la Sua Chiesa. In diocesi 09 anno XXVI numero 8 settembre 2011 Giù le mani dall’Alenia Futuro fosco per i dipendenti dell'azienda aeronautica di Domenico Veneziano “Venerdì 27 febbraio 2009 l'intera città di Pomigliano ha pacificamente sfilato per le vie della città per sottolineare la necessità di drastici interventi da parte di governo, enti locali e “management Fiat” per dare un futuro a questa storica realtà industriale. E' stata la giornata della solidarietà, della vicinanza a quanti stanno vivendo sulla loro pelle questa crisi economica mondiale. Tutti insieme per far sentire il grido di allarme di questa terra che si vede derubata del lavoro e della propria dignità”. Con queste parole descrissi, sul giornalino della mia parrocchia più di due anni fà, la situazione in cui versava la città di Pomigliano che stava vivendo lo spettro di vedere chiusa la sua realtà industriali più importante. Ed ora, dopo poco tempo, ci risiamo: venerdì 23 Settembre 2011 circa tremila tute blu di Alenia Aeronautica, sia quelle del sito di Casoria che di Pomigliano e con una delegazione degli altri due siti campani ( Nola e Capodichino), sono scese in strada per manifestare contro il piano di riorganizzazione dell'azienda del gruppo Finmeccanica. Il corteo partito dai cancelli della fabbrica, si è diretto verso il centro cittadino e ha poi raggiunto la sede del Municipio dove era in programma una seduta straordinaria monotematica del Consiglio Comunale , non solo alla presenza degli amministratori di Pomigliano, ma anche di alcuni sindaci del comprensorio, di parlamentari, consiglieri e assessori regionali e del nostro Vescovo Beniamino de Palma. Un incontro importante dal quale tutti sono usciti ( speriamo) con la convinzione che bisogna evitare che questo piano industriale di “soli tagli” sia attuato. Lo spostamento della sede legale dell'azienda Alenia Aeronautica da Pomigliano a Venegono (prov. di Varese), la chiusura di alcuni stabilimenti, i tagli del personale, le esternalizzazioni sono un ennesimo “scippo” che umilia sempre di più la nostra martoriata regione. Noi lavoraori siamo consapevoli dei problematici scenari economici, siamo disponibili ad attuare piani di efficientamento dell'azienda per essere sempre più competitivi e ridurre gli sprechi; le decisioni prese dall'azienda, però, non sembrano andare tutte in questa direzione e lasciano l'amaro in bocca perchè sanno solo di “capriccio politico”. Durante la tesissima assemblea in comune si sono succeduti numerosi interventi da parte dei sindacati (quanto mai uniti e decisi nel portare avanti questa durissima lotta), amministratori e politici di tutti gli orientamenti a testimonianza che questa vertenza non ha nessun colore se non il “nero” che colora il futuro lavorativo di migliaia di lavoratori. Ma l'intervento più applaudito che ha riscosso numerosi consensi è stato quello del nostro vescovo Beniamino De Palma che personalmente ringrazio per la vicinanza che da sempre rivolge al mondo lavorativo. Un esortazione ai politici ( ma anche a tutti i presenti ) a non rassegnarsi , a fare ciascuno la propria parte per re- stituire dignità a questa terra; non è più il momento di scherzare ma prendere sul serio la Campania con le sue innumerevoli potenzialità. Il nostro Pastore ha inoltre rivolto ai politici l'invito a svegliarsi e vigilare - con tutti noi - affinchè gli operai, i padri di famiglia non finiscano per cadere, sulla scia della disperazione, nelle mani della criminalità. Personalmente questi giorni di protesta mi hanno davvero demoralizzato; mai avrei pensato di dover sfilare per le strade per rivendicare il diritto al lavoro, il diritto alla dignità, il diritto ad avere una vita serena. E' umiliante impegnarsi al massimo nel proprio lavoro e sapere che hai dinanzi una futuro lavorativo pieno di punti interrogativi. Sembra ieri che il nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in visita presso lo stabilimento Alenia di Pomigliano ricordava che “ realtà campane come questa degli stabilimenti di Alenia sono isole d'eccellenza che grazie alla loro produttività, competitività, tutela dell'ambiente e della sicurezza sul lavoro rimangono le roccaforti e il motore dello sviluppo economico e culturale della Campania”. Noi lavoratori siamo e ci sentiamo tali e daremo il massimo per esserlo sempre di più. Speriamo solo di avere un luogo dove poter dimostrare tutto ciò. Panorama Italia 11 anno XXVI numero 8 settembre 2011 Domande anche all’Europa Crisi economica o del buon senso? di Jean-Dominique Durand - Università di Lione (Francia) La crisi economica e finanziaria che non smette di approfondirsi e di allargarsi, sembra sfuggire ad ogni volontà politica e soprattutto al buon senso, al concetto di bene comune. Fino a qualche tempo fa (sarebbe utile potere datare il momento della svolta) l'attività economica era regolata dagli equilibri tra il lavoro, gli investimenti finanziari, il successo della produzione e della commercializzazione. Un'azienda era prospera se produceva bene e vendeva bene. Il sistema era regolato dagli Stati che avevano introdotto leggi sociali per proteggere i lavoratori e leggi economiche per proteggere le produzioni nazionali o al contrario liberalizzare la circolazione delle merci. Si trattava di un'economia reale, basate sul lavoro degli uomini e su produzioni concrete. Il controllo statale aveva fatto nascere il concetto di economia sociale di mercato, sviluppato in Europa negli anni 1950, dai partiti democratici cristiani. L'ideologia liberale, che non è migliore dell'ideologia marxista, è riuscita a far cadere tutti i quadri, e in un contesto di individualismo sfrenato, siamo entrati nell'era dell'economia virtuale. Il valore di una ditta, o di una nazione intera non viene più dai suoi uomini, dalle sue produzioni, ma da calcoli strani, la cosiddetta speculazione che non si basa su niente di concreto, se non sulla ricerca di profitti inverosimili per alcuni attori del mondo della finanza. Il tutto incoraggiato dalle ormai famose agenzie di rating che si so- no autoproclamate come una specie di guru dell'economia, oracoli del dio denaro, della dea speculazione. Nessuno sa cosa rappresentano, su quali basi esattamente lavorano, ma basta che decidano di assegnare un giudizio, in basso o in alto, e subito centinaia di migliaia di persone si trovano nei guai senza sapere perché. È un disprezzo totale della democrazia, perché tali agenzie non tengono in nessun conto né le politiche degli Stati, né i dibattiti parlamentari, né le elezioni. Altrettanto accade nei confronti di una realtà articolata come è l'Unione europea che, comunque, tenta di reagire. È una forma nuova di totalitarismo. Ma un totalitarismo senza viso perché nessuno conosce, salvo gli specialisti, i capi di queste agenzie, né gli impiegati, né i loro metodi, e ancora meno la loro competenza per dire chi deve pagare, chi deve sopravvivere. Un totalitarismo perché non hanno nessuna legittimità, perché nessun organismo statale o privato li controlla. Il controllo è la base di ogni funzionamento democratico. Tale situazione, anche in Europa, è stata raggiunta con la complicità dei politici che hanno abbandonato la politica. 12 Educare e (è) accompagnare anno XXVI numero 8 settembre 2011 Dai frutti li riconoscerete di Rosamaria De Rosa Chi entra come ospite per la prima volta nelle casa di riposo “Padre Girolamo Maria Russo” di Saviano crede di trovarsi di fronte a qualcosa di veramente straordinario o miracoloso, ed invece ciò che in un primo momento appare anormale fa parte della più media quotidianità. Della normalità fanno parte delle giornate d'incontro-festa tra gli ospiti del complesso e le loro famiglie. Ci spiega il Sig.Gennaro Caliendo, che queste feste rappresentano momenti d'incontro con le famiglie ed amici degli anziani. La festa del 22 settembre ha rappresentato sia la chiusura dell'estate sia che la festa anticipata dei nonni (2 ottobre). Questa integrazione o meglio convivenza – ci spiega questa volta la sig.ra Eleonora - ha avuto inizio al mattino partecipando alla S.Messa delle 10,30, poi il pranzo ed a seguire la festa in giardino rallegrata dall'ani-mazione del trasformi- sta e cantante Mimmo Foresta,tra poco accanto a Fiorello sulle maggiori reti nazionali. Tra i tanti nonnini della casa spunta la prima poetessa nolana della Campania, Luisa Lombardo, che acclamata dai suoi amici si cimenta nella recitazione de “A livella” di Antonio de Curtis in arte Totò, concludendo così la serata strappando applausi anche per il suo compleanno. Alla fine le torte per tutti chiudono in vera dolcezza un pomeriggio che è stato reso bello non solo dagli anziani della casa, ma soprattutto dagli gli operatori della stessa che hanno reso speciali giornate come queste. Padre Girolamo Maria Russo era nato a Cimitile il 26.12.1885, si spense a Saviano presso il Convento dei Servi di Maria in Alberolungo il 30.11.1970. Ordinato sacerdote il 10.06.1911, tra- scorse più della metà dei suoi 60 anni di sacerdozio nel Convento savianese dei Servi di Maria. Proprio a Saviano, sotto la sua direzione, fiorì l' E.N.A.O.L.I., Ente Nazionale di Assistenza agli Orfani dei Lavoratori Italiani. Iscritto nell'albo dei giornalisti, fu nel 1969 nominato Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica. È stato il riformatore della Provincia dei Servi di Maria dell'Italia Meridionale. Il 18 settembre 1999, a circa trent'anni dalla scomparsa, i resti mortali di Padre Russo furono solennemente traslati dal cimitero di Palma Campania nel Convento S. Anna ad Alberolungo, nella frazione di Sirico, dove fin dal 1921 questo devoto Servo di Maria aveva fondato un Collegio per promuovere le vocazioni dell'Ordine, «gettando, così, le basi della futura, risorta Provincia religiosa dell'Italia Meridionale». anno XXVI numero 8 settembre 2011 Educare e (è) accompagnare 13 I giovani di Ac pellegrini per la pace di E. F. “Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace, chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio”. Queste le parole usate il 1° gennaio da papa Benedetto XVI per presentare la Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo insieme con i fratelli di tutte le confessioni religiose che si terrà il prossimo 27 ottobre ad Assisi, a 25 anni dallo storico incontro voluto da Giovanni Paolo II. In preparazione a questo importantissimo momento, lo scorso 24 settembre, i giovani di Ac si sono ritrovati ad Assisi come pellegrini per assicurare al papa la loro preghiera unito ad un generoso e quotidiano impegno per la pace, un incontro che si colloca 25 anni dopo il pellegrinaggio dei giovani di Azione Cattolica che si ritrovarono ad Assisi anche in occasione dell'appuntamento voluto da Wojtyla. “Tracce di pace. Giovani di Ac in cammino per la libertà” (a cui hanno partecipato più di 500 giovani provenienti da tutta Italia) ha visto un primo momento di riflessione in cui il cardinale Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, Padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa e Franco Miano, Presidente nazionale dell'Azione cattolica italiana, hanno spiegato il senso dell'incontro e come oggi sia possibile arrivare alla pace. Miano, ricordando l'incontro del 1986, ha sottolineato come quell'appuntamento fu seguito, dopo alcuni anni dall'inaspettato crollo del muro di Berlino che sancì la fine della Guerra fredda e non ha nascosto la speranza che l'incontro del 27 ottobre possa favorire il crollo dei muri che abbiamo costruito oggi, riferendosi ai muri dell'indifferenza verso gli uomini e verso un progetto comune. Il cardinale Touran (toccanti le sue lacrime di dolore nel momento in cui è stato ricordato Shahbaz Bhatti, ministro pakistano ucciso perché cattolico) ha, invece, rimarcato la necessità di fermarsi a riflettere tutti insieme poiché le religioni non possono in nessun caso essere motivo di guerre e di riflettere nel silenzio, luogo in cui trovare le risposte comuni. Pizzaballa, inoltre, ha rimarcato come la pace passi necessariamente attraverso le relazioni libere e serene, e come, quindi, il pellegrino sia per sua natura uomo di pace, poiché attraversando territori spesso ostili per fare un'esperienza di Dio, si riconosce fratello di tutta l'umanità. Sempre Pizzaballa ha poi sottolineato come oggi il dialogo fra religioni sia necessario sia poiché siamo quasi obbligati dalle grandi tragedie della storia, sia perché ci aiuta a ricordare la nostra identità che, soprattutto in Italia, abbiamo un po' smarrito negli ultimi anni. E proprio a questo proposito Miano, recatosi recentemente a Lampedusa, ha ricordato l'importanza di farsi interrogare dagli altri: l'Italia è il crocevia del Mediterraneo e deve rispondere, oggi, alla sua vocazione e per farlo deve essere vigile di fronte alla vita delle persone che il Signore ci mette davanti, perché se è vero che la pace è una necessità, il desiderio di incontrare l'altro è la via per raggiungerla. Il dialogo tra queste tre voci autorevoli è stato intervallato da alcuni momenti artistici volti a sottolineare come anche la danza, il teatro e la musica siano mezzi per poter ballare, raccontare e cantare la pace, così come avviene in tante culture. Particolarmente significativo è stata la presentazione di Rondine Cittadella della Pace, un'associazione di Arezzo che ha costituito una casa che ospita giovani studenti provenienti da Paesi in conflitto e che convivono fianco a fianco per anni con il loro “nemico”: la missione dell'associazione è di promuovere, infatti, la risoluzione dei conflitti mediante la testimonianza del dialogo e la pacifica convivenza. L'appuntamento, infine, è culminato nella serata con una veglia di preghiera nella Basilica di San Francesco, preceduta da una breve fiaccolata. 14 Educare e (è) accompagnare anno XXVI numero 8 settembre 2011 SettembrArte L'esperienza dell'Associazione Meridies nel Nolano di Pierfrancesco Rescio Professore di Topografia antica dell'Università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli Si è da poco conclusa una grande operazione culturale nell'area nolana curata dall'Associazione Meridies. L'iniziativa SettembrArte, volta a rinnovare il connubio fra l'Associazione e il territorio con una serie di visite guidate ad alcuni dei monumenti più belli e sconosciuti della Campania (castello medievale di Avella, convento di Sant'Angelo in Palco di Nola, chiesa di Santa Maria delle Grazie di Marigliano, Eremo dei Camaldoli di Nola) , ha raggiunto i massimi successi di pubblico e di gusti. Meridies si sa è uno di quei centri aggregativi della cultura che spazia dal turismo all'arte, dalla valorizzazione dei monumenti all'archeologia, coprendo un arco temporale lunghissimo. La forza dell'associazionismo trova in Meridies quel consenso comune e trasversale tipico delle persone appassionate, desiderose di lasciare non il proprio segno ma “un” segno a favore della Cultura. L'opera di Meridies consiste nel valorizzare pienamente non solo i siti archeologici e monumentali dell'aerea nolana, ma di combinarli in numerosi itinerari finalizzati ad un dinamico e non alternativo concetto di “luogo d'interesse”. Ciò comporta la nascita dell'idea di sviluppo in una specifica ricerca territoriale, in stretta collaborazione con enti pubblici e privati, utilizzando la forza lavoro e impegno locale, volontari, Diocesi, artisti, artigiani e operatori culturali. Contribuire alla crescita di collaboratori, catalogatori e ricercatori che controllano ed operano nel territorio significa far crescere anche la comunità locale. Per questo la formazione e l'utilizzo di questi consente di proporre itinerari comparati che superano gli stessi confini comunali e propongono, quindi, una sincronia di servizi e di progetti che vanno dalla viabilità primaria alla diffusione culturale, alla scoperta di nuovi luoghi da potenziare e salvare. Per questo motivo gli itinerari scelti da Meridies per SettembrArte possono essere multiperiodali ma anche specifici. «Il quadro ambientale e monumentale dell'area nolana» ha affermato il Presidente di Meridies dott. Michele Napolitano «consente di pianificare uno sviluppo sincronico culturale e ambientale in cui il fondamento è la conoscenza profonda del territorio e la restituzione alle stesse comunità di un'eredità che supera il tempo». La posizione che il territorio nolano occupa a cavallo fra le ultime propaggini del versante sudovest della piana di Napoli e le prime dorsali montane dell'Irpinia ne fa un luogo di naturale relazione fra ambiti culturali, ambientali e storici diversi e, tuttavia, interrelati ed integrati nel più generale processo di sviluppo di una storia tutta ancora da scoprire. Questa condizione è uno degli elementi di identità più evidenti che oggi è possibile riscontrare nell'area e che Meridies ha fatto bene a valorizzare rendendo le coscienze più consapevoli di un'appartenenza a due storie differenti, quella di pianura e quella di montagna. Lo straordinario patrimonio storico, artistico ed ambientale esistente che ha avuto modo di farsi conoscere attraverso le giornate di SettembrArte è un esempio di turismo al di fuori dei circuiti congestionati della fascia costiera. In diocesi 15 anno XXVI numero 8 settembre 2011 Lo stato dell’arte Da Saviano alla Biennale di Venezia Sgarbi ha detto che essere a Pontecagnano è come essere a Venezia. Quindi chiedo a Veronica come si arriva ad esporre alla Biennale: «i meccanismi di selezione per questi grandi eventi sono stati da sempre oscuri e incerti, ma in questa occasione devo esprimere invece la mia soddisfazione per un ottimo grado di democratizzazione nelle scelte. Io sono stata selezionata perché notata da una persona che lavora per Arthemisia group (la società leader in Italia nell'organizzazione di eventi artistici e culturali ndr) e ho potuto a mia volta segnalare altri artisti che poi sono stati valutati dalla commissione». Il tema della rassegna? «Lo suggerisce il titolo stesso “Lo stato dell'arte”; l'esposizione ha voluto fare un monitoraggio dell'arte del nostro paese prendendo in considerazione più o meno l'ultimo decennio». Un'opportunità più unica che rara per Veronica Vecchione è una giovane donna di Saviano. Metà di lei – afferma – è napoletana: ha tanto frequentato la città partenopea per i suoi studi e quegli anni, mi pare di capire da come ne parla, sono un segmento indelebile della sua esistenza. Seguendo la sua passione, passo dopo passo, è ora un'insegnante di pittura, con una particolarità notevole: è stata selezionata assieme ad altri 90 artisti campani per la rassegna della 54esima Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia “Lo stato dell'arte” tenutasi a Pontecagnano Faiano. Quest'anno, infatti, per volontà del curatore Vittorio Sgarbi, le esposizioni della Biennale di Venezia hanno coinvolto tutte le regioni italiane in collaborazione con gli enti locali. Per la Campania il luogo prescelto è stata la città in provincia di Salerno, nella quale per l'occasione sono stati riadattati a spazio espositivo gli spazi dell'ex tabacchificio Centola. artisti giovani…«in effetti una delle ragioni di questa iniziativa - ha ricordato lo stesso Sgarbi - è stata dare la possibilità a dei giovani artisti di poter esporre ed avere una vetrina di rilevo. Perché in questo paese per poter arrivare su certi palcoscenici oltre alla bravura occorre avere minimo sessant'anni?» problema ahimè diffuso. Dalla provincia alla Biennale, un bel salto: «la provincia è stata da sempre il motore dell'arte e anche a Pontecagnano c'erano artisti di provincia, quelli che non si trovano nei punti nevralgici del mercato artistico per intenderci». Già il mercato. Sgarbi ha detto che non sono più gli intellettuali che giudicano l'arte bensì questa è giudicata dal mercato, è d'accordo? «Purtroppo sì, è sotto gli occhi di tutti e l'arte non è il solo ambito culturale a soffrirne. È il mercato che detta l'agenda e i criteri all'arte. Arte e marketing spesso vanno a braccetto». L’opera che l’artista Veronica Vecchione ha esposto a Pontecagnano Domenico Coppola - La crisi