recensioni D ue libri su Cardano al Campo, usciti a breve distanza l'uno dall'altro: il primo, a carattere generale, propone la storia della localitaÁ dalle origini al Novecento, mentre il secondo, di taglio piuÁ particolare, eÁ dedicato alla figura di don Luigi Villa che vi fu parroco per un quarantennio e si distinse per il carattere battagliero, prima come oppositore dell'emergente partito socialista che non rispettava ne il clero ne la religione, poi quale avversario dello squadrismo fascista e del fascismo trionfante perche non dava affidamento sul piano morale e aveva soppresso le libertaÁ garantite dallo statuto. Iniziamo dalla prima pubblicazione dedicata a questa localitaÁ. Cardano eÁ il centro piuÁ importante ai margini della brughiera, quel paesaggio di arbusti sorgenti da un terreno di argilla e sabbia che, proprio per le sue caratteristiche, si prestava alle manovre, illustrate da stampe dell'epoca, dell'esercito italiano alle quali, oltre agli ufficiali dello stato maggiore, assistevano membri della famiglia reale. Il sottotitolo pone l'accento sulla laboriositaÁ degli abitanti di Cardano, carattere comune a tutti i paesi del circondario di Gallarate, ricordato come la culla dell'industria tessile italiana, e anche Cardano non fece eccezione: le fabbriche sorte agli inizi del Novecento furono tessiture e cotonifici. Molti suoi abitanti lavoravano negli stabilimenti gallaratesi dei Ponti, dei Bellora, dei Borgomaneri, dei Maino, che avevano notevoli dimensioni e impiegavano un numero consistente di operai. A Gallarate sorse cosõÁ un movimento operaio forte e compatto che incise profondamente nella vita politica locale attraverso il partito socialista e la Camera del lavoro. Figura di primo piano del socialismo della zona fu Francesco Buffoni, che fu sindaco di Crenna e di Gallarate, e deputato al Parlamento prima che l'avvento del fascismo lo costringesse all'esilio in Francia, dove rimase fino alla restaurazione democratica. Un altro motivo di interesse per Cardano eÁ la sua antichissima esistenza come centro di vita, non lontano dall'area in cui si sviluppoÁ la civiltaÁ di Golasecca, come eÁ attestato dal primo dei saggi raccolti nel volume, dovuto a Massimo Palazzi che illustra le origini della localitaÁ attraverso l'esame delle testimonianze archeologiche costituite dalle numerose ceramiche emerse dagli scavi. Il Palazzi accenna al problema della presenza celtica, che non risulta peroÁ documentata, mentre eÁ accertata la presenza nella zona di popolazioni di origine gallica che furono interessate al processo di romanizzazione, i cui reperti sono numerosi e di non scarsa importanza. Il denso capitolo di Monica Cantarello rievoca le vicende cardanesi dall'etaÁ medievale all'Ottocento, dalla cristianizzazione del contado del Seprio, al quale Cardano apparteneva, fino agli anni viLOMBARDIA NORD-OVEST 81 3/2001 Cardano al Campo Storia di una comunitaÁ laboriosa Varese-Azzate, Macchione editore, 2000, pagine 136 Livio Ghiringhelli Storia di un parroco Don Luigi Villa a Cardano al Campo (1906-1946) Varese, Macchione editore, 2001, pagine 154 scontei, sforzeschi, delle dominazioni spagnola e austriaca; si parla, tra l'altro, della visita pastorale a Cardano di san Carlo, del periodo francese durante il quale, con provvedimento del 1811, Cardano fu aggregata a Gallarate ma ritornoÁ comune libero nel 1817, del Risorgimento, dell'istituzione, nell'ordinamento amministrativo del Regno, del circondario di Gallarate. Nel primo dopoguerra la lotta politica fu caratterizzata, come viene rilevato nel contributo di Livio Ghiringhelli, da episodi di violenza per la contrapposizione tra i partiti operai e i fascisti; il 4 settembre 1922, in uno scontro tra comunisti e fascisti, fu ucciso a Cardano il segretario del Fascio di Gallarate e ci fu un seguito di denunce, condanne e atti di rappresaglia. Di Enrico Franzioni sono i capitoli riguardanti il Novecento e la Resistenza. Monica Cantarelli ritorna con alcune divagazioni su episodi locali e con la cronologia della storia di Cardano. La biografia di don Luigi Villa eÁ sviluppata da Livio Ghiringhelli con molta attenzione e con frequenti richiami alle vicende italiane degli anni in cui il sacerdote visse e operoÁ. Dopo aver riferito della formazione e degli inizi dell'attivitaÁ pastorale del futuro parroco di Cardano, l'autore dedica un capitolo a La spirale dell'anticlericalismo che puoÁ essere considerato la chiave di lettura dell'intero libro, perche l'anticlericalismo eÁ la realtaÁ con la quale don Villa si scontra: sia quella di matrice socialista che ritiene la Chiesa ``corresponsabile in ordine all'assetto socio-economico'', nonostante che Leone XIII, nella Rerum novarum avesse affermato che il salario non doveva essere inferiore al sostentamento dell'operaio (p. 19), sia quello di matrice fascista che, anni dopo, cercoÁ di sottrarre alla Chiesa l'educazione della gioventuÁ, cosicche anche il parroco Villa si 3/2001 82 LOMBARDIA NORD-OVEST trovoÁ di fronte a ``l'ukase che impone la chiusura di sede dell'Unione giovani, di associazioni religiose e quindi anche degli oratori'' (p. 84). Si puoÁ immaginare quale fu l'atteggiamento di don Villa dopo l'8 settembre 1943 e quale fu la sua ostilitaÁ, nei confronti dei fascisti della repubblica di SaloÁ e dei tedeschi; egli annotoÁ: ``A che punto eÁ giunta questa guerra fatale! SchiavituÁ e tratta d'uomini deportati in Germania!''. La liberazione fu accolta da don Villa con sollievo ma il suo spirito critico lo indusse a non apprezzare i mutamenti di costume apportati soprattutto dalla blanda e breve occupazione americana. Il Ghiringhelli ha rievocato questo interessante quadro storico con efficacia e linearitaÁ lasciando parlare in primo luogo i fatti, ma senza mancare di aggiungervi i suoi pertinenti commenti. L.A. A cinquantasei anni dalla liberazione, questo `libro-documento' ± cosõÁ lo definisce l'autore nell'introduzione ± s'impone con immediatezza anche a chi ne scorra rapidamente le pagine. Colpisce l'abbondanza dei documenti inediti, raggruppati in dieci capitoli, secondo un criterio insieme cronologico e di argomento. Giornalista varesino, da trent'anni ormai Franco Giannantoni conduce con rigore metodologico un'attenta esplorazione archivistica. Ne sono scaturite alcune opere sul fascismo e sulla Resistenza, di angolazione locale e generale, che si distinguono per profonditaÁ di analisi. Ricordiamo Fascismo, guerra e societaÁ nella Repubblica Sociale Italiana, nelle due edizioni del 1985 e del 1999, che si avvale in parte della documentazione raccolta in questi volumi. Rapporti e relazioni della Prefettura e della Questura di Varese, dell'Arma dei Carabinieri, della Guardia nazionale repubblicana figurano accanto a lettere d'ufficio, a telegrammi e fonogrammi, ad altri documenti. L'ariditaÁ spietata del linguaggio burocratico testimonia e consente di rivivere o di conoscere la tragedia che si consumoÁ in provincia di Varese nei seicento giorni della forzata appartenenza alla Repubblica di SaloÁ o del Reich, come la denomina l'autore per la servile sudditanza ai nazisti occupanti. Al suo sorgere peraltro, subito dopo l'8 settembre 1943, nel generale disinteresse della popolazione, essa raccolse stentate adesioni, nettamente inferiori a quelle di altre province. Chiarificatrici su questo e sugli altri aspetti documentati, l'introduzione e le pagine d'apertura di ciascun capitolo. In esse Giannantoni inquadra la situazione locale nell'ambito nazionale, precisandone analogie e differenze. Risaltano le peculiaritaÁ di una zona nella quale non a caso affluirono via via piuÁ agguerriti reparti delle Brigate nere. La vicinanza della Confederazione elvetica, la fitta rete viaria, l'industria di guerra, specie aeronautica, rendevano strategicamente importante il territorio varesino. Ripercorsi nella prospettiva documentaria di parte fascista, acquistano una dimensione tragicamente emblematica l'eroica battaglia di San Martino, destinata al fallimento in un'area montuosa poco adatta alla guerriglia partigiana, e gli scioperi che, tra l'inverno 1943-44 e la primavera 1945, sabotarono la produzione militare e rivendicarono salari piuÁ umani. Molti operai varesini si aggiunsero ai deportati in Germania. La mancata soppressione dei registri dei censimenti degli ebrei italiani facilitoÁ, come altrove, la disumana caccia contro di essi, particolarmente intensa in provincia, dove profughi di ogni parte d'Italia cercavano salvezza oltre il confine. Gli elenchi degli ebrei, non distrutti durante l'autoritario governo Badoglio, comprendono LOMBARDIA NORD-OVEST 83 3/2001 Franco Giannantoni La notte di SaloÁ (1943-1945) L'occupazione nazifascista di Varese dai documenti delle camicie nere Edizioni Arterigere, Varese, 2001, 2 volumi, pagine XVII, 980 decine di nomi, spesso di donne e di anziani: furono trasmessi dalle autoritaÁ di SaloÁ locali al Comando germanico. All'ignobile servilismo dei `repubblichini' si contrappone idealmente la generosa solidarietaÁ dei civili e delle autoritaÁ elvetiche. La testimoniano in appendice i nomi dei civili e militari del Varesotto che in Svizzera salvarono la vita e la loro dignitaÁ. L'opera, grazie anche alle numerose fotografie, contribuisce efficacemente a non far dimenticare la tragica `notte di SaloÁ' e invita altresõÁ a riflettere sulla necessitaÁ di salvaguardare anche oggi i diritti della persona umana, spesso insidiati in forme diverse, ma egualmente intolleranti e spietate. Gianni Perna Marco Pippione Barasso e la sua gente Tre secoli di storia di un territorio (1700-2000) Barasso, Edizioni Quirici, 2000, pagine 152 I l capitolo introduttivo riferisce sugli aspetti rilevanti della storia del luogo in cui sorse Barasso, dalle origini al Seicento, e nota come sia documentata, dal IV secolo, la predicazione cristiana di sacerdoti provenienti da Milano, Como e Vercelli e come, in seguito, Barasso fu inserita nella pieve varesina di San Vittore. Tracce dell'esistenza di un centro abitato esistono prima del Mille e la chiesa attuale sorse probabilmente su un altare pagano trasformato poi in cappella cristiana. Il disegno della chiesa di San Martino risale al 1578 ma nella frazione Molina esisteva, nelle forme del primo romanico, una chiesa dedicata a Sant'Ambrogio. Vicino era stato costruito un piccolo ospedale dei poveri, e si sono trovate le tracce di un castello, eretto attorno al Mille per offrire alla popolazione un rifugio in caso di pericolo. Nel XIIsecolo visse Giacomo da Barasso, giurista e giudice principale di quel Comitato del Seprio che si estendeva su larga parte della Lombardia nordovest. Allo stesso secolo appartiene la figura di Nico o Nicone per il quale le fonti indicano localitaÁ diverse come luogo di nascita e luogo in cui visse. Massimo Fabi, nel Dizionario geografico-storico-statistico (1855 ca.), lo fa nascere a Barasso, mentre il prete Luigi Brambilla, in Varese e il suo circondario (1874), indica Comerio. Il cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano e storico dell'ordine benedettino, in Bibliotheca Sanctorum, (vol. IX, Roma, 1967), riteneva che, nativo di Gavirate, fosse appartenuto all'ordine di san Benedetto e morto a Besozzo nel 1180. Le ricerche condotte attorno agli anni Quaranta dal parroco Basilio Parietti, cui fa riferimento Pippione, ripropongono Barasso come luogo di nascita di Nicone. La dominazione spagnola non lascioÁ particolari tracce: l'agricoltura rimase per secoli l'attivitaÁ prevalente. Nei primi anni del XVIII secolo alla dominazione spagnola subentroÁ quella austriaca. Barasso risultava infeudata a Giulio Visconti Borromeo Arese, grande proprietario terriero, ma si affermoÁ anche la famiglia Alemagna. Le riforme ecclesiastiche promosse dal governo austriaco sfociarono 3/2001 84 LOMBARDIA NORD-OVEST nella soppressione delle confraternite. Scarsa fu l'incidenza del periodo rivoluzionario e napoleonico sulla vita del paese, che ebbe il suo prete rivoluzionario, Carlo Rapazzini, come Varese aveva avuto Felice Lattuada. Barasso entroÁ a far parte del dipartimento del Lario e poi, con la Restaurazione e la costituzione del Regno d'Italia, della provincia di Como. Solo nel 1927 fu incorporata nella provincia di Varese allora istituita. L'istruzione elementare si diffuse negli ultimi decenni del XIX secolo insieme a un altro fenomeno caratteristico di tutto il territorio varesino: l'emigrazione. Soltanto nel 1897 venne aperta la prima fabbrica e fu una fabbrica di pipe, un'attivitaÁ industriale che ebbe notevole sviluppo soprattutto dopo la grande guerra: nel 1910 gli addetti erano 160, nel 1925 divennero 430. Nel 1920 le elezioni amministrative furono vinte dai socialisti ma la loro gestione duroÁ assai poco per l'avvento del fascismo, di cui si ricorda il provvedimento che riuniva i comuni di Luvinate, Barasso e Comerio e poneva in Comerio la sede del comune cosõÁ costituito. Dopo il fascismo, nel 1957, le tre localitaÁ si separarono e si ricostituirono i tre comuni preesistenti. Nel dopoguerra l'industria della pipa progressivamente eÁ declinata ma, in compenso, in localitaÁ vicine sono sorte altre importanti industrie che hanno assorbito manodopera barassese. L.A. C ome ricorda nella presentazione Claudia Morando, direttrice dell'Archivio di Stato di Varese, Dall'uomo al satellite eÁ il terzo volume realizzato a partire dal 1994 dall'Archivio varesino nell'ambito della sua attivitaÁ culturale e di ricerca. Il libro raccoglie le relazioni presentate al convegno organizzato nel 1998 a Varese, nell'ambito dell'Ottava Settimana della cultura scientifica e tecnologica, al fine di mettere a confronto specialisti (in gran parte docenti universitari) di varie discipline coinvolte nello studio delle rappresentazioni del mondo. Alcuni contributi si riferiscono alla ricostruzione storica della misurazione della terra. Estremamente chiaro e interessante eÁ il saggio di Carlo Monti, che abbraccia la storia della cartografia e della geodesia a partire dagli antichi Greci per giungere all'Ottocento. Attilio Selvini ci informa sull'evoluzione degli strumenti topografici dal Settecento a oggi, mentre alla cartografia catastale sono dedicati due saggi: il primo, della stessa Morando, riguarda il Catasto cosiddetto teresiano con puntuali riferimenti al territorio dell'attuale provincia di Varese, il secondo, di Carlo Cannafoglia, tratta della cartografia catastale tra Ottocento e Novecento. Vi sono poi contributi di studiosi che illustrano l'impiego della cartografia in vari campi. Si passa dalla geografia medica dell'Ottocento (Giuseppe Armocida) allo studio dello spazio in etaÁ preindustriale (Renzo Paolo Corritore), a quello dei problemi economici (Gianfranco Benati), alle `mappe letterarie' desunte dalle immagini e dalle metafore cartografiche della narrativa italiana (Davide Papotti). L'uso della cartografia e la `politica cartografica' sono affrontati alla scala nazionale da Salvatore Mastruzzi, direttore generale per i Beni ambientali e paesaggistici del ministero per i Beni e le AttivitaÁ culturali, a quella della Regione Lombardia da Giovanna Negri, mentre Marco Tamborini ha scritto di un ente che si eÁ sempre interessato di cartografia come il Touring Club Italiano. Il volume contiene inoltre saggi estremamente specialistici sul rilevamento satellitare del territorio (di Carlo Lavalle), sull'uso del radar ad apertura sintetica, grazie al quale si possono avere immagini precisissime della superficie terrestre con osservazione continua sia di giorno che di notte (di Alessandro Ferretti, Andrea Monti Guarnieri, Claudio Prati, Fabio Rocca), sui prodotti e sulle applicazioni dell'aerofotogrammetria (Petronio Malagoli). L'ultima parte della pubblicazione ripropone ± con note di Claudia Morando, Attilio Selvini, Guido Mura e Paolo Paoli ± le illustrazioni della mostra cartografica (allestita dal 24 marzo al 30 aprile 1998) organizzata, in occasione del conveLOMBARDIA NORD-OVEST 85 3/2001 Ministero per i Beni e le AttivitaÁ culturali Archivio di Stato di Varese Dall'uomo al satellite a cura di Claudia Morando Milano, Franco Angeli, 2001, pagine 226 gno, dall'Archivio di Stato di Varese; hanno collaborato la Biblioteca nazionale Braidense, il Centro comune di ricerca di Ispra, il Comune di Varese, l'Istituto tecnico per geometri `Nervi' di Varese e il Politecnico di Milano - Sezione Rilevamento del Diiar. Raccogliendo contributi molto interessanti, ma estremamente diversificati, il volume, come varie raccolte di interventi presentati a convegni, seminari, giornate di studio, eÁ utile soprattutto alle biblioteche presso le quali gli specialisti e i cultori delle varie discipline toccate nei diversi saggi possono trovare le informazioni che li interessano maggiormente. C.B. Gruppo Polis Il Verbano Cusio Ossola agli inizi del 2000 Atlante Socio-Economico provinciale Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura del Verbano Cusio Ossola, 2001, pagine 120 L' iniziativa della Camera di Commercio del Verbano-Cusio-Ossola ± attiva su un territorio storicamente e culturalmente piuÁ legato alla Lombardia nord-occidentale che al Piemonte (nel volume eÁ significativamente definito ``piemontese-lombardo''), unito al Varesotto dallo specchio d'acqua del lago Maggiore e facente parte della Regio Insubrica ±, si rivela di particolare interesse anche per gli abitanti della provincia di Varese che vogliono conoscere meglio questa zona nei confronti della quale si sviluppano importanti sinergie economiche non solo nel campo del turismo. Il lavoro eÁ corredato da una efficace serie di carte tematiche e da numerose e aggiornate tabelle statistiche utili per sintetizzare le caratteristiche sociali ed economiche di questa `giovane' provincia. L'Atlante prende avvio con un inquadramento del Verbano-Cusio-Ossola all'interno prima dell'Italia del Nord, poi nel contesto della regione Piemonte. La cartografia evidenzia inoltre le relazioni che intercorrono fra il territorio in esame e quelli limitrofi delle province di Novara, Varese e dei Cantoni Ticino e Vallese, tutti interessati da importanti infrastrutture geografiche di circolazione internazionale, in primis la rete stradale e ferroviaria del Sempione. Il lettore scopre che, con i suoi 160.000 abitanti, la provincia del Verbano-Cusio-Ossola eÁ la meno popolosa del Piemonte ed eÁ pure una delle meno popolose d'Italia, collocandosi sul livello demografico della provincia di Oristano, mentre Gorizia (mutilata dal trattato di pace seguito alla sconfitta italiana nella seconda guerra mondiale) scende a centoquarantamila cittadini come Rieti. Le tre subregioni in cui si divide il Verbano-Cusio-Ossola contano rispettivamente 61.151 abitanti e 26 comuni (Verbano), 31.415 abitanti e 13 comuni (Cusio), 68.185 abitanti e 38 comuni (Ossola). Come si vede, notevole eÁ la frammentazione amministrativa comunale originata sia dalla morfologia, sia dalla tradizione tipica delle regioni alpine e prealpine. Quasi 3/2001 86 LOMBARDIA NORD-OVEST tutti i comuni sono riconosciuti `montani' dalla legge e, in questo territorio ricco di valli, si contano dieci `comunitaÁ montane' con non pochi problemi da risolvere, soprattutto in rapporto alla tutela e alla valorizzazione dell'ambiente e dell'economia. In queste zone infatti l'agricoltura eÁ stata largamente abbandonata e lo sviluppo dei settori secondario e terziario, che assorbono la netta maggioranza degli addetti, non appare possibile come in altre parti del territorio provinciale. Nelle aree marginali che hanno subito, per decenni, una forte emorragia demografica, e in parte in tutte le altre zone della provincia, si manifesta attualmente anche un diffuso invecchiamento della popolazione e da tempo, ormai, le morti superano le nascite. Al riguardo appare eloquente il grafico della piramide dell'etaÁ al 1999 (p. 31). Nell'Atlante non mancano le considerazioni sulla qualitaÁ della vita degli abitanti, la quale trae pure beneficio dai redditi del settore turistico rivolto a un mercato internazionale e che spazia dalle costiere lacuali del Verbano e del Cusio alle cime delle Alpi, coprendo tutte le stagioni dell'anno. Da ultimo, l'utile e interessante volume richiama alla memoria un'analoga, apprezzabile iniziativa: quella dell'Atlante della Provincia di Varese voluto, nel 1988, ancora una volta, da un Ente camerale. C.B. L' interesse storico per i Recalcati, per villa Recalcati, per la Varese del Settecento eÁ attestato dalla pubblicazione, nei numeri 38 e 39 dello scorso anno nella rivista ``Tracce'', di due densi articoli di Paolo Cottini intitolati Dai Recalcati alla Provincia e, ora, da questo bel volume che, attraverso nuove ricerche archivistiche, si sofferma sulla famiglia Recalcati e sulla genesi della villa, attuale sede della Provincia di Varese promotrice della pubblicazione. I Recalcati sono una grande famiglia di Milano i cui componenti, fin dal XIV secolo, occupano posizioni di rilievo nella vita della cittaÁ e che, dopo il trattato di Cateau-Cambresis del 1559 e l'avvento della dominazione spagnola in Lombardia, entrano a far parte della nobiltaÁ. Paolo, indicato come nobilis dominus, ottiene dalla Camera ducale di Milano la cessione dei dazi sull'imbottato; la riscossione delle imposte rappresenta la fonte delle ricchezze dei Recalcati che impiegano il denaro nell'acquisto di terreni e mettono insieme una assai vasta proprietaÁ fondiaria. Alla fine del XVII secolo, i Recalcati saranno segnalati tra le pochissime famiglie che posseggono oltre ventimila pertiche di terreni agricoli. Nel 1678 i Recalcati sono investiti, con il titolo di marchesi (che otterranno nel 1681), del feudo di Basiano a est di Milano verso il confine, costituito dal fiume Adda, tra il Ducato di Mi- lano e la Repubblica di Venezia. Il figlio di un fratello di Paolo, Ambrogio, a conferma del rilievo che la famiglia ha in tutti i campi, emerge nella carriera ecclesiastica: da prevosto di Santa Maria di Bruzzano diventa canonico di Sant'Ambrogio, protonotario apostolico e primo segretario del papa Paolo III, Alessandro Farnese, noto per i suoi interventi nella vita politica del suo tempo. Il 15 giugno 1538 il papa lo invia, come suo legato, alle trattative per la tregua tra Francesco I e Carlo V. I Recalcati appartengono alla nuova aristocrazia che nasce durante la dominazione spagnola in Lombardia, un'aristocrazia che non trova origine nei servizi resi al sovrano in pace o in guerra ma nella ricchezza posseduta. Essi mantengono il loro prestigio e la loro posizione di primo piano anche quando, a partire dal 1713, alla dominazione spagnola subentreraÁ quella austriaca e proprio nella prima metaÁ del XVIII secolo essi si affermeranno in modo piuÁ consistente. EÁ il momento in cui emergono i tre fratelli Francesco (morto nel 1724), Gabrio (morto nel 1731), Antonio (morto nel 1743), il quale, nel 1741, ottiene il feudo di Binasco, verso Pavia, dove avraÁ dimora nel Castello visconteo. Gabrio eÁ al centro della formazione del complesso di Casbeno, localitaÁ in cui, sulla scorta di un documento rinvenuto dalla Bassani, i Recalcati hanno, fin dal 1665, delle proprietaÁ nelle quali, nel 1682, LOMBARDIA NORD-OVEST 87 3/2001 Villa Recalcati a Varese a cura di Paola Bassani presentazione di Massimo Ferrario scritti di Paola Bassani, Andrea Frigo, Giuseppe Armocida Varese, Ask Edizioni, 2001, pagine 128 ospitano il governatore di Milano conte di Melgar. Gabrio muore scapolo, ed eÁ il figlio di Antonio, Carlo Maria, che eredita beni e titoli e si afferma come l'esponente di maggior rilievo della famiglia. Egli fu, infatti, membro del Consiglio dei giureconsulti di Milano, uno dei sessanta decurioni, capitano di giustizia nel 1741, senatore nel 1755. Nel 1734, nel corso della guerra di successione polacca, fece parte della delegazione che incontroÁ Carlo Emanuele III di Savoia, re di Sardegna, in procinto di attaccare Milano alla testa di un esercito francosardo, per fargli atto di sottomissione chiedendo, in compenso, che fossero garantiti gli antichi privilegi della popolazione e la cittaÁ fosse risparmiata dalle violenze della guerra. Ma il primo tentativo dei Savoia di penetrare in Lombardia fallõÁ perche la pace di Vienna assegnoÁ al re di Sardegna soltanto le province di Novara e Tortona. Nel 1756, secondo la cronaca del Marliani, ebbero inizio i lavori della grande villa di Casbeno. Carlo Maria morõÁ nel 1762 e suo successore fu Antonio Luigi, sotto il quale la dimora di Casbeno raggiunse il massimo splendore nel quadro della civiltaÁ delle ville che ebbe tanto rilievo nel Varesotto. Nel 1763, l'anno dopo la morte di Carlo Maria, a Francesco III d'Este, duca di Modena, era stata assegnata dall'imperatrice Maria Teresa, insieme al governatorato generale della Lombardia, la signoria di Varese. Francesco III promosse grandi feste nel borgo per il matrimonio di sua nipote Beatrice con l'arciduca Ferdinando d'Austria; nel salone di palazzo Estense, che fu costruito in quegli anni, fu rappresentato l'Ascanio in Alba di Giuseppe Parini che qualche mese prima era stato dato a Milano. Ma tre anni dopo lo stesso Parini fu ospite di Antonio Luigi Recalcati che lo accompagnoÁ al Sacro Monte offrendo all'abate poeta l'occasione per dettare il sonetto Per Santa Caterina Moriggia di Pallanza. Ospite del Recalcati fu anche il poeta dialettale milanese Domenico Balestrieri, il cui Brindisi fatto a Casbeno nell'ecc.[ellentissi]ma casa Recalcati eÁ proposto integralmente dalla Bassani nel libro. I Recalcati non avevano man- cato di partecipare alle iniziative culturali milanesi. Nel 172021 erano stati tra i promotori della SocietaÁ Palatina per la pubblicazione dei Rerum italicarum scriptores di Lodovico Antonio Muratori, prima raccolta di cronache sulla storia d'Italia. Nel 1776 furono tra i fondatori della SocietaÁ patriottica che aveva la finalitaÁ di favorire lo sviluppo dell'agricoltura, delle manifatture, delle belle arti in Lombardia e che promosse la fondazione della rivista ``Il CaffeÁ'' nella quale vennero proposti e discussi i temi dell'illuminismo lombardo. Antonio Luigi morõÁ nel 1787; l'unico figlio, Carlo, morõÁ a soli ventuno anni nel 1797, mentre le sorelle Francesca ed Eleonora avevano sposato, rispettivamente, il conte Alberto Scotti di Vigoleno e Francesco Maria Melzi. Nella divisione successiva alla morte della madre, Giustina Lambertenghi, la villa di Casbeno toccoÁ a Eleonora che se ne sbarazzoÁ rapidamente, cedendola a Giovan Battista Morosini di Vezia, nel Canton Ticino. Questo Morosini non era certo al livello dei Recalcati, ma il figlio Emilio, educato a Varese insieme ai fratelli Dandolo, morõÁ combattendo eroicamente per la difesa di Roma. Fu la moglie del Morosini, Emilia Zeltner, figlia dell'ambasciatore svizzero a Parigi, che gli era diventato amico, a essere designata dall'eroe dell'indipendenza polacca Tadeusz Kosciuzko quale erede del suo cuore. Emilia lo conservoÁ per alcuni anni a Casbeno per 3/2001 88 LOMBARDIA NORD-OVEST portarlo poi a Vezia; ora, come racconta Giuseppe Armocida che ricostruisce l'episodio, eÁ conservato nel museo polacco di Rapperwill. La villa finõÁ per essere rilevata da tre autentici varesini, Gerolamo Garoni, Giacomo Limido, Eugenio Maroni Biroldi, che la trasformarono nell'albergo Excelsior, aperto nel 1874, destinato a rinomanza internazionale negli anni della belle eÂpoque. La societaÁ proprietaria dell'immobile fallõÁ negli anni del primo dopoguerra che segnarono la decadenza dell'albergo e il disfacimento del mondo i cui esponenti vi avevano soggiornato. Infine, dagli inizi degli anni Trenta, palazzo Recalcati eÁ divenuto sede della Provincia di Varese che non ha mancato di provvedere a restauri, ripristini, riordini sia del fabbricato che del bellissimo parco che lo circonda. Il libro curato da Paola Bassani eÁ graficamente pregevole ed eÁ accompagnato da numerose illustrazioni. Contemporaneamente eÁ stato stampato un opuscolo di un sedicesimo che rievoca, sinteticamente, la lunga e appassionante storia della villa di Casbeno. L.A.