FONDAZIONE ISTITUTO PIEMONTESE DI SCIENZE ECONOMICHE E SOCIALI "A. GRAMSCI" CGIL PIEMONTE CAMERA DEL LAVORO TERRITORIALE DI TORINO GESTIONE DEGLI ARCHIVI CORRENTI CGIL DI TORINO dispensa per la formazione degli archivisti sindacali a cura di Renata Yedid Levi e Claudio Toffolo Ottobre 1993 Indice Presentazione di: g. Neppi Modona g. Carpo pag. pag. Introduzione pag. PARTE PRIMA 1 - L'archivio corrente: che cos'è e perché pag. 2 - La struttura e le competenze del sindacato pag. 3 - Il sistema archivistico Cgil pag. 4 - Il titolario pag. 5 - Il repertorio dei fascicoli e gli indici pag. 6 - Il protocollo pag. 7 - L'informatizzazione in archivio pag. PARTE SECONDA 8 - Il lavoro in archivio pag. APPENDICE – – Il titolario della Cgil di Torino Analisi dei titoli, delle classi e delle sottoclassi del titolario pag. pag. INTRODUZIONE L'utilità di un servizio di archivio corrente in Cgil è dimostrata dal fatto che molti funzionari, sentendone l'esigenza, hanno costituito propri archivi personali, il più delle volte secondo criteri rudimentali, allo scopo di raccogliere e conservare la documentazione sulle attività in corso di svolgimento. Di recente, il sindacato ha deciso di affrontare la questione, razionalizzando e generalizzando la pratica archivistica al fine di predisporre uno strumento di lavoro e di informazione collettivo e rispondente alle necessità. La dispensa qui presentata è una prima risposta alla richiesta pervenutaci di studiare un sistema di archiviazione corrente per le strutture Cgil torinesi, eventualmente da estendersi a tutto il territorio regionale. Ovviamente non è da considerarsi un lavoro definitivo, ma soltanto una prima elaborazione, sperimentata presso alcune strutture, soprattutto orizzontali, che richiede ancora ulteriori verifiche e affinamenti. Nonostante questi limiti abbiamo ritenuto utile stampare la dispensa per consentire la diffusione di prime informazioni ad uso di coloro che inizieranno a costruire l'archivio corrente. Con questo studio abbiamo svolto un ruolo di "Record management", diverso dal nostro essere archivisti storici, poichè abbiamo ritenuto importante estendere il nostro intervento anche alla formazione dell'archivio corrente, che, se ben organizzato sin dall'origine, consentirà nel futuro la presenza di archivi storici esaurienti (cioè che conservano davvero, a differenza di oggi, tutta la documentazione cartacea atta a documentare le varie attività del sindacato). Inoltre una buona organizzazione corrente delle carte permetterà di mantenere la struttura originaria dell'archivio anche nella sua fase storica, aspetto quanto mai utile per consentire agli studiosi una piena analisi critica della fonte e conseguentemente la possibilità di sfruttare tutte le potenzialità di ricerca. E' certamente rilevante conservare la memoria storica del sindacato, e non soltanto per sentimentalismi di parte, ma soprattutto per il ruolo che esso svolge nella società. L'importanza degli archivi storici sindacali oggi è dimostrata anche dalla più recente storiografia del movimento operaio, nella quale si sono andate affermando delle nuove tendenze, che sempre più si avvalgono di un intreccio con altre discipline, soprattutto con le scienze sociali ed economiche. In particolare, si registra un allargamento dei temi e degli orizzonti della ricerca (organizzazione del lavoro, norme contrattuali e qualità del processo produttivo, rapporto fra congiuntura economica e sindacato, composizione di classe, ecc.) che sempre più richiedono l'uso di fonti archivistiche primarie e dettagliate. Da qui nas ce una responsabilità culturale del sindacato riguardo alla salvaguardia e alla conservazione delle sue fonti storiche, che, per quanto detto poco sopra, si deve estendere anche alla loro formazione, all'archivio corrente, da organizzarsi in modo sistematico e razionale. La dispensa è suddivisa in due parti. La prima presenta quel minimo di informazioni teoriche su cosa è l'archivio e le sue varie fasi di vita, sul sistema archivistico che si intende adottare e sui suoi criteri, sugli strumenti necessari per lavorare (protocollo, repertorio dei fascicoli, eventuale computer); l'esposizione tende ad ancorare il discorso su questioni concrete strettamente legate agli archivi Cgil. Certamente le parti più teoriche (ad esempio, "Il titolario") non sono di facile lettura, ma si tratta di uno scoglio inevitabile da affrontare per poter lavorare con cognizione di causa, che comunque si forma in modo pieno con l'esperienza. La seconda parte, molto pratica, descrive passo a passo le operazioni che si devono svolgere per protocollare, classificare e archiviare. L'appendice riporta il titolario (o anche schema di classificazione) per le strutture orizzontali ed esempi per quello di un sindacato di categoria. In particolare abbiamo specificato il significato di ogni singola voce del titolario per permettere a chi lo dovrà usare un'approfondita conoscenza. Prima di entrare nel merito dell'archivio corrente, è necessario spiegare un concetto: c'è una notevole differenza tra un archivio e un centro di documentazione. Entrambi sono un'esigenza per l'espletamento delle attività, ma non sono la stessa cosa, come invece tendono a ritenere molti operatori sindacali, ragion per cui consideriamo opportuno, in questa introduzione, spiegarne la differenza. L'archivio è la raccolta organizzata dei documenti su ciò che l'ente sta facendo per espletare le sue funzioni, mentre un centro di documentazione è la raccolta organizzata di informazioni su varie tematiche (ad esempio, le leggi e i decreti dello Stato, le sentenze di tribunale in materia di lavoro, i dati riguardo al mercato del lavoro, l'economia, la società, le relazioni industriali, ecc.). In altre parole, l'archivio rappresenta in qualche modo le attività in corso di svolgimento, mentre il centro di documentazione è l'espressione delle conoscenze, utili al funzionario per poter operare. Eventuali ringraziamenti a Archivio di Stato e Soprintendenza. R.Y.L C.T. PARTE PRIMA 1 - L'ARCHIVIO CORRENTE: CHE COS' E' E PERCHE' L'archivio corrente è la raccolta delle carte prodotte o ricevute da un soggetto (un'impresa, un ente, una singola persona) nello svolgimento della sua attività. L'archivio corrente del sindacato documenta come e che cosa esso sta facendo per espletare le sue funzioni statutarie; vi troveremo rappresentate le attività di elaborazione e decisione delle linee politiche da perseguire (attività degli organismi direttivi), i singoli interventi sulla realtà (contrattazione, rapporti con i lavoratori, politiche economiche e sociali, ecc.) e tutto quanto concerne la gestione organizzativa interna della struttura. Perché si rende necessario costituire un archivio corrente, ben organizzato e funzionale? La conservazione della memoria di ciò che si fa, serve per il presente e, al contempo, per il futuro prossimo e remoto. Memoria per il presente. Svolgendo una qualsiasi attività sindacale si producono e si ricevono delle carte, ad esempio si possono elaborare dei piani di lavoro, avere delle relazioni con altri che possono esplicitarsi in lettere, documenti e accordi con le controparti, si possono produrre dei materiali di studio, oppure dei documenti amministrativi (relativi al tesseramento, alla contabilità, ecc.) e quant'altro. Sorge quindi la necessità di poter disporre di tutti questi documenti, in modo organizzato e funzionale, nel momento in cui si sta trattando un determinato affare (per avere sotto mano tutta la documentazione su ciò che si sta facendo, senza doversi affidare alla memoria personale o a ricerche affannose e spesso inconcludenti di documenti; chi lavora nel sindacato conosce bene questa situazione ricorrente!). Ugualmente è necessario poter disporre della documentazione in modo agevole anche quando, esaurito temporaneamente l'affare, occorra riprenderlo in mano qualche tempo dopo, o per proseguirlo o, in caso di nuovo affare, per documentarsi su un precedente. Da qui l'esigenza di avere un archivio ordinato, che venga conservato in un luogo di facile accesso agli uffici. A parte tutto ciò, bisogna sottolineare la funzione democratica dell'archivio corrente, che consente la trasparenza delle attività, tramite la loro documentabilità. Memoria per il futuro. La funzione dell'archivio non si esaurisce nella sua utilità più o meno corrente; nel momento in cui diminuisce la sua importanza per l'attività in corso di svolgimento, emerge con maggior evidenza il suo valore ai fini della ricerca storica. Si presentano, così, altre fasi di vita di un archivio, oltre a quello corrente, riconducibili sostanzialmente a due momenti: archivio di deposito e infine archivio storico. L'archivio di deposito rappresenta la fase in cui il materiale non è più di uso corrente, ma non ha ancora perso completamente di importanza per lo svolgimento delle attività, nel senso che può essere ancora consultato sia pure non frequentemente; ragione per cui l'archivio, ovvero le annate di archiviazione non più correnti, non vengono più conservate presso gli uffici, ma trasferite in un luogo limitrofo. L'archivio diventa storico quando la sua rilevanza per le attività correnti è quasi nulla. Il passaggio dell'archivio di deposito a quello storico si compie, in pratica, con il suo trasferimento presso la sede definitiva di conservazione, previo le operazioni di scarto dei materiali insignificanti; in questa fase l'archivio viene riordinato e corredato da nuovi strumenti che ne consentano la consultazione. Il passaggio da una fase a un'altra è scandito da un certo lasso di tempo, che può variare a secondo dell'ente. Nel caso del sindacato, l'esperienza fin qui condotta suggerisce di far permanere l'archivio corrente presso gli uffici per uno e fino a un massimo di tre anni, dopo questo periodo i materiali verranno collocati nell'archivio di deposito per cinque anni, da dove poi, a tale scadenza, saranno trasferiti all'archivio storico. Il rapido passaggio dei documenti dalla loro utilità pratica e corrente a quella storica (otto anni) è spiegabile con la forte obsolescenza della maggior parte dei materiali sindacali. 2 - LA STRUTTURA E LE COMPETENZE DEL SINDACATO Per archiviare le carte di un qualunque ente bisogna conoscerlo, cioè possedere quel minimo di notizie sulle sue funzioni istituzionali e sulla struttura attivata per attuarle. Funzioni e attività. La Cgil è un soggetto che agisce nel campo delle relazioni industriali e, più in generale, delle politiche economiche e sociali con la finalità, così si legge nello Statuto, della "difesa degli interessi economici, professionali e morali di tutti i lavoratori", occupati e non occupati. L'attività che ne deriva, estremamente vasta e complessa, riguarda la contrattazione del rapporto di lavoro nei singoli settori merceologici, lo sviluppo economico e produttivo, l'occupazione, il territorio, le politiche sociali (sanità, casa, ecc.), in sintesi quasi tutto ciò che concerne la vita dei lavoratori e, più in generale, dei cittadini. Le strutture. L'organizzazione che svolge l'attività è in primo luogo articolata in strutture orizzontali e verticali, le prime (Cgil nazionale, Cgil regionale, Camera del lavoro territoriale, zona) hanno una funzione di direzione e coordinamento di tutte le organizzazioni Cgil collocate nel proprio territorio di competenza, tendente a garantire il perseguimento di una politica generale (strategia unificante), le seconde si riferiscono alle federazioni e ai sindacati delle varie categorie di lavoratori (metalmeccanici, chimici, tessili, edili, ecc...) ed hanno un ambito di intervento legato ai singoli settori merceologici e contrattuali. Pur essendo collegate tra di loro da rapporti politici e organizzativi, ogni struttura sia essa orizzontale o verticale, si presenta distinta e gode di autonomia nel proprio ambito di competenza. [inserire schema] Nonostante queste differenze tra strutture, che ovviamente si rispecchiano negli archivi, si possono individuare dei caratteri unificanti, derivanti dal medesimo modello organizzativo e dal modo molto simile di condurre le attività. Caratteri unificanti le strutture. Ogni struttura ha degli organismi direttivi che, oltre alle medesime denominazioni, hanno anche le stesse funzioni (congresso, comitato direttivo, segreteria, ecc...). Una parte delle attività è rivolta alla gestione e funzionalità dell'intera macchina organizzativa (amministrazione, gestione della sede, dei suoi servizi, dei dipendenti e tutto ciò che serve da sostegno alle attività). Talvolta alcuni di questi servizi possono essere unificati, nel qual caso la loro gestione compete alla struttura orizzontale. Il terzo elemento è costituito dalle attività istituzionali di intervento del sindacato nei singoli settori, che possono essere raggruppati in tre ripartizioni fondamentali: relazioni industriali, politica economica, politiche sociali. Se in questo caso le differenze tra strutture sono marcate, riferendosi ai rispettivi ambiti di competenze, tuttavia si può cogliere un elemento unificante nel carattere politico delle attività, che comporta uno stesso modo di impostazione e di lavoro. L'attività sindacale in tutte le strutture, infatti - che si può anche definire di rappresentanza degli interessi dei lavoratori e dei cittadini in genere - richiede dibattito, analisi e studi, decisioni, relazioni con le istituzioni pubbliche, con le controparti imprenditoriali e con i lavoratori, e quindi anche la firma di contratti con validità "erga omnes", riconosciuta dalla legislazione vigente. A monte di tutto ciò stanno le scelte politiche che improntano il lavoro sindacale, le quali possono subire frequenti variazioni dovute all'adeguamento dell'azione sindacale alle necessità imposte dalla contingenza. In altre parole, se le competenze del sindacato nelle loro linee generali sono sempre le stesse, le scelte politiche di breve e medio termine possono privilegiare taluni ambiti di attività in un certo periodo, per poi ridurre gli interventi riguardo a questi settori in altro periodo. Ciò comporta il frequente adeguamento della struttura organizzativa alle nuove scelte, ragion per cui le singole competenze possono essere accorpate o disaccorpate e attribuite a dipartimenti o organismi appositamente creati e quindi variabili nel tempo. 3 - IL SISTEMA ARCHIVISTICO CGIL Un archivio per ogni struttura. Da quanto detto nel capitolo precedente, deriva il primo elemento qualificante per la formazione del sistema archivistico da impiantare in Cgil: dovrà articolarsi secondo le singole strutture, così come si presentano nella loro autonomia di competenze e funzioni. Ovvero, ogni struttura, orizzontale (Cgil regionale, Camera del lavoro territoriale, Camera del lavoro zonale) e verticale (ciascun sindacato di categoria regionale e comprensoriale), costituirà un proprio archivio corrente, espressione dell'attività nel proprio settore di competenza. Se si considera il complesso degli archivi che così verranno costituiti, si potrà constatare che negli archivi delle strutture orizzontali vedremo rappresentati soprattutto gli interventi nei campi di interesse generale (contrattazione interconfederale, mercato del lavoro, economia, politiche sociali, servizi assistenziali e ricreativi forniti dal sindacato agli iscritti e ai cittadini), mentre in quelli delle strutture verticali prevarrà la documentazione sulle attività nei rispettivi settori contrattuali e merceologici. L'elemento che plasma e struttura ciascun archivio è rappresentato dal titolario, di cui si tratta nel capitolo successivo. 4 - IL TITOLARIO Nel lavoro quotidiano ogni funzionario, dipartimento o ufficio tende spontaneamente a formare dei fascicoli tematici che raggruppano i documenti su un determinato interesse o intervento; ciò risponde a un'esigenza di funzionalità. Meno funzionale, invece, è l'abitudine a formare e ordinare i fascicoli secondo criteri personali (quando ciò avviene), a conservarli nell'armadio del proprio ufficio, e a considerarli un patrimonio privato che, nel migliore dei casi, segue le sorti del proprietario. L'insieme di questi fascicoli costituisce un tutto unico, espressione delle attività delle varie parti in cui è suddivisa la struttura, che deve poter essere rappresentata in archivio nella sua articolata globalità. Esigenza di classificare i fascicoli. Poichè ogni struttura è formata da più funzionari e, se complessa, da più dipartimenti, si vengono a formare miriadi di fascicoli. E' necessario, quindi, dare loro un ordine secondo uno schema logico e razionale che unifichi i criteri della loro classificazione sia per poterli ritrovare in modo non laborioso quando necessita, e sia per certificare l'azione del sindacato in un determinato settore. Se poi si considera la frequente mobilità dei funzionari e la variabilità di uffici e dipartimenti, a maggior ragione si impone la necessità di ritrovare agevolmente i fascicoli, perché chi deve proseguire un affare o documentarsi su un precedente possa trovare la documentazione inerente. Tipologia del titolario. Il titolario, elenco articolato di termini, secondo i quali si classificano i documenti, intende rappresentare appunto quello schema logico e razionale. I criteri su cui si basano i titolari qui presentati, studiati appositamente per l'uso presso le strutture Cgil comprensoriali e regionali aventi sede in Torino, sono il risultato di un'analisi delle competenze del sindacato, dedotte dagli Statuti, e da come effettivamente si presentano nella realtà torinese. Con una attenzione particolare si è analizzata la distribuzione, o l'attribuzione, delle competenze all'interno delle strutture e il loro funzionamento. Infatti, quando si ha a che fare con una struttura abbastanza complessa come quella del sindacato, il modo più semplice (ma non l'unico) per costruire un titolario consiste nel far corrispondere i suoi vari termini (o voci) alle competenze dell' ente, così come sono suddivise tra le varie ripartizioni da cui è composta la struttura. Ovvero il titolario più funzionale dovrebbe essere strutturato in modo tale che raggruppamenti di competenze, costituenti sezioni del titolario stesso, siano l'effettiva espressione dell'attività di quelle parti della struttura a cui sono attribuite (1). Nel caso del sindacato, ciò non è stato possibile, non potendo far coincidere gruppi di competenze con dipartimenti o organismi similari a cui sono attribuite, se non in qualche caso, poichè l'attribuzione delle competenze è troppo variabile nel tempo (e non è pensabile modificare continuamente il titolario per adeguarlo alle modificazioni organizzative); si è così deciso di prendere le competenze come elemento conduttore nella formulazione dei titolari, indipendentemente dagli organismi che le svolgono. Di fatto, come si può osservare nei titolari riportati in appendice al presente opuscolo, la coincidenza tra competenze e organismi si verifica nei titoli riguardanti le attività degli organismi direttivi e di quelli uffici su cui ricadono competenze gestionali (ad esempio, l'amministrazione) o costanti (ad esempio, l'ufficio vertenze), meno sottoposti a quelle modificazioni causate dalla necessità di adeguamento dell'organizzazione alle scelte politiche di breve e medio periodo. Il titolario si presenta come un albero sui cui rami si sedimentano i fascicoli; ovvero l'albero con i suoi rami costituisce l'ossatura, che è la rappresentazione astratta dal generale al particolare delle competenze, espresse in forma di concetti sintetici, mentre le reali e specifiche attività, rappresentate dai singoli fascicoli (raffrontabili a foglie), trovano collocazione sulle ramificazioni del titolario, e alla loro chiusura cadono (vengono trasferiti nell'archivio di deposito dopo un certo periodo di tempo) per lasciare il posto ai nuovi fascicoli. Fuor di metafora, il titolario si presenta come una tabella ad albero, articolata in titoli, classi e sottoclassi, contrassegnate ciascuna da un simbolo numerico, espressione delle competenze di organismi direttivi e operativi; le suddivisioni in titoli, classi e sottoclassi rappresentano le ramificazioni delle competenze dal generale al particolare, secondo la logica posta dall'attività del sindacato. Ne risulta che è il titolario a creare e dare forma all'archivio, a costituire quel tutto unico per cui un fascicolo, che raggruppa i documenti riguardanti un medesimo affare o interesse, è collegato ad altri simili dalla classificazione che gli è stata attribuita, espressione di un medesimo tipo di attività, rappresentata ad esempio da una sottoclasse, la cui posizione nel titolario segnala in quale ambito di competenza più vasta essa rientra (risalendo alla classe e quindi al titolo nel quale la sottoclasse è contenuta). Da qui l'importanza e la delicatezza dell'opera di classificazione, che si esegue attribuendo ad ogni documento uno dei simboli del titolario, quello entro il quale ricade la competenza espressa dal documento stesso, e quindi il numero del fascicolo intestato all'affare in corso, in cui dovrà essere collocato fisicamente (ovvero archiviato). I titolari delle strutture Cgil di Torino. Si è già detto in precedenza che ogni struttura Cgil, sia essa orizzontale o verticale, avrà il proprio archivio, il che comporta l'esistenza di tanti titolari quante sono le strutture. I criteri a cui si rifanno i titolari sono identici, ovvero l'individuazione delle competenze. gli elementi unificanti, di cui si è detto nel secondo capitolo, hanno consentito di far coincidere in tutti i titolari buona parte dei titoli. Così che i titolari, che sono formati da quattro titoli per le strutture orizzontali e da cinque per quelle verticali, hanno i primi quattro titoli identici, diverso si presenta il quinto a seconda del sindacato di categoria a cui si riferisce. La sostanziale uniformità dei titolari faciliterà il lavoro di classificazione, aspetto importante se si considera la frequente mobilità interna degli operatori (che quindi non avranno difficoltà a comprendere il titolario del nuovo posto di lavoro e la relativa classificazione). Ciò faciliterà anche la consultazione incrociata dei vari archivi, soprattutto in previsione del collegamento di questi tramite una rete informatica, che consentirà la ricerca delle informazioni ovunque esse siano collocate (ad esempio, informazioni su un accordo sottoscritto da un sindacato di categoria, o una presa di posizione del regionale su una questione di politica sociale, ecc.). I titoli, prima articolazione del titolario da cui si dipartono le ramificazioni in classi e sottoclassi, si riferiscono, il primo ("Norme e direzione politica generale") a un'attività di direzione generale della struttura, svolta dagli organismi direttivi; il secondo e il terzo ("Amministrazione" e "Organizzazione e servizi") a un'attività di sostegno dell'intera attività, quali l'amministrazione, l'organizzazione della sede e degli operatori, la parte organizzativa delle iniziative, gli strumenti informativi e formativi; il quarto e quinto ("Politica sindacale e contrattuale", "Politica settoriale e contrattuale della categoria") riguardano le attività di intervento politico sulla realtà, attuazione di competenze specifiche, quali relazioni industriali e contrattazione, mercato del lavoro, ecc. Il titolo 1, "Norme e direzione politica generale", è articolato in classi secondo gli organismi direttivi così come sono contemplati dagli Statuti. L'unica classe articolata in sottoclassi è la "Segreteria", organismo sul quale ricade la responsabilità della gestione operativa di tutta quanta la struttura, al pari di una direzione generale aziendale, la cui attività, molto varia, produce una certa quantità di materiale, ragion per cui si è posta la necessità di introdurre le sottoclassi, corrispondenti alle funzioni della Segreteria (coordinamento e direzione delle strutture e degli organismi territoriali, rapporti con le strutture sovraordinate, rappresentanza politica, ecc.). In pratica questa classe è l'espressione dell'attività collegiale della Segreteria e di quella del Segretario generale in quanto rappresentante politico e legale della struttura. Le responsabilità settoriali dei vari componenti la Segreteria, che si svolgono a capo di dipartimenti o uffici, sono da inquadrarsi in quelle singole competenze contemplate negli altri titoli. Il titolo 2, "Amministrazione", costituisce un titolo a sé perché rappresenta l'attività dell'Ufficio amministrazione che, seppure in stretto rapporto con la struttura, si svolge separatamente (attualmente tramite l'Ufficio amministrazione centralizzato, servizio unificato per quasi tutte le strutture aventi sede in Torino). L'articolazione in classi è stata elaborata, ma non ancora discussa e sperimentata con gli interessati, ragion per cui potrà subire variazioni. Le classi e sottoclassi del titolo 3, "Organizzazione e servizi", rappresentano l'articolazione della competenza più generale espressa dal titolo, così come lo studio del funzionamento delle strutture ha suggerito. Non sempre le competenze espresse nelle classi e sottoclassi sono oggi attribuite a uffici e dipartimenti appositi; ad esempio, la formazione e l'informazione non sono svolte, attualmente, da organismi appositamente costituiti. Quanto detto per il titolo 3 vale soprattutto per i titoli 4 e 5, poichè l'attribuzione di queste competenze è molto variabile nel tempo, potendo, a seconda delle contingenze politiche, essere accorpate o disaccorpate e assegnate a uno o più uffici o a singoli funzionari. Il titolo 4, "Politica sindacale e contrattuale", è stato elaborato appositamente perché potesse contenere le competenze piuttosto vaste e articolate di una struttura orizzontale. Tuttavia, tale titolo è presente anche nei titolari delle strutture verticali, allo scopo di consentire l'ordinamento dei materiali frutto degli interessi e delle attività non riferite in modo specifico alla propria categoria, ma in generale alla realtà sindacale, politica, economica e sociale. L'articolazione del titolo 4 è certamente eccessiva per una struttura verticale, ma per quell'esigenza di omogeneità tra i titolari, non si è ritenuto di doverla semplificare. Il titolo 5, "Politica settoriale e contrattuale della categoria X", compare esclusivamente nei titolari dei sindacati di categoria, ognuno dei quali al posto della "X" vedrà segnata la propria denominazione. L'articolazione delle classi e sottoclassi rappresenta, in genere, i settori merceologici o contrattuali di competenza del sindacato segnalato nel titolo. Come si potrà notare dalla lettura dei titolari, si è evitato di andare oltre alla terza suddivisione (titolo, classe, sottoclasse) e questo per semplificare l'uso del titolario. La prima articolazione di ogni classe, rappresentata dal numero "0" e dal termine "miscellanea", contrazione della più esatta definizione "in genere e miscellanea", è stata introdotta per dare sistemazione a quei documenti che trattano questioni non rientranti in una delle sottoclassi successive, o che si riferiscono alla competenza/tema con una sua accezione generale e generica, o che si riferiscono a più questioni specificate nelle successive sottoclassi (comunque, buona norma, derivata dalla pratica, consiglia di classificare il documento secondo la competenza prevalente, inserendo eventualmente fotocopia nelle altre). La presenza di 4 o 5 titoli e di decine di classi e sottoclassi non deve essere considerata eccessiva, tale da rendere difficile l'applicazione del titolario, poiché non tutti useranno tutto il titolario, ma soltanto quelle parti che occorrono; ad esempio, i sindacati di categoria utilizzeranno soprattutto il titolo 5, una struttura orizzontale si servirà prevalentemente di quelle classi, espressione delle competenze attivate. Nella pratica quotidiana si potrà verificare che diverranno di uso consueto (e solo quelle saranno evidenziate nel titolario) soltanto parte delle voci del titolario, che idealmente nel suo insieme tenta di rappresentare tutte le competenze del sindacato. Ciò si verificherà in modo ancora più evidente nelle strutture complesse, costituite da più dipartimenti, nelle quali potranno essere introdotti più punti di archiviazione. In tale caso si potrà constatare che soltanto la segreteria utilizzerà il titolo 1 (e prevalentemente solo quello), l'ufficio amministrazione il titolo 2, il dipartimento organizzazione la classe 3.1, l'ufficio vertenze la classe 3.5, il dipartimento delle politiche sociali le classi 4.4 e 4.5. Ovvero l'organismo a cui è attribuita una o più competenze, potrà avere, in qualche caso, l'uso esclusivo (o quasi) delle parti del titolario che lo riguardano, ovviamente per il tempo della sua esistenza. Come si classifica un documento. La classificazione di un documento richiede un'analisi, sostanzialmente imperniata su un elemento: quale competenza della propria struttura viene attivata o espressa dal documento. Si portano alcuni esempi. Gli atti del congresso della Camera comprensoriale del lavoro di Torino verranno analizzati dall'archivista della Cdl nel seguente modo: si tratta dell'attività di un organismo direttivo della mia struttura e in particolare del congresso. Traducendo poi il documento nel lessico del titolario, gli verrà attribuita la classificazione 1.2 "Congresso"; il ragionamento che l'archivista ha fatto per giungere a tale conclusione è iniziato da una considerazione generale (si tratta di un organismo direttivo), che è espressa nel titolo 1 "Norme e direzione politica generale", per poi approdare alla competenza più specifica, "Congresso", espressa dalla classe 1.2. gli stessi atti congresuali, ricevuti dalle Segreterie generali di altre strutture, saranno classificati in modo diverso a seconda del rapporto che istituzionalmente ogni singola struttura ha con la Cdl; ad esempio nell'archivio corrente di un sindacato di categoria comprensoriale il documento sarà classificato con 1.5.4 "Rapporti con le strutture sovraordinate", mentre nell'archivio della Cgil Piemonte con 1.5.4 "Rapporti con le strutture territoriali". Un altro esempio: l'Ufficio formazione sindacale della Cgil nazionale invia una circolare al responsabile del medesimo settore della Fiom comprensoriale di Torino. L'archivista della Fiom attribuirà al documento la classificazione 3.2.1, perché riguarda una competenza rientrante nel titolo 3 "Organizzazione e servizi", specificatamente la formazione sindacale, espressa dalla classe 3.2, e ancora più particolarmente dalla sottoclasse 3.2.1 "Attività politica e organizzazione generale". Un ultimo esempio. Il dipartimento mercato del lavoro ha prodotto un documento di analisi e di proposte sulla situazione occupazionale dei lavoratori extracomunitari, da presentare a un incontro con la Regione Piemonte. L'archivista attribuirà al documento la classificazione 4.2.1 "Occupazione", perché riguarda un intervento di politica sindacale e contrattuale (titolo 4), in particolare il mercato del lavoro (classe 4.2) e nello specifico l'occupazione. In appendice al presente opuscolo, si potrà trovare la spiegazione concettuale di ogni voce (o termine) del titolario, i tipi di documenti da classificare con ciascuna di esse, ed esempi di fascicoli. 5 - IL REPERTORIO DEI FASCICOLI E GLI INDICI Il titolario è lo schema secondo il quale prende forma l'archivio, ovvero è l'elemento che consente la creazione del vincolo tra tutti i documenti e i fascicoli in modo da costituire un'unità organica; tuttavia non dà informazioni sui documenti e sui fascicoli effettivamente costituiti e presenti nell'archivio (segnala cioè la struttura dell'albero, ma nulla ci dice sulla quantità e qualità delle foglie). In archivi complessi e voluminosi è opportuno predisporre degli strumenti, detti "strumenti di corredo", che permettano un'agile conoscenza di quanto contenuto (o anche una comoda "navigazione" tra i vari fascicoli) per favorire la ricerca dei materiali esistenti e lo stesso lavoro di classificazione e archiviazione. Lo strumento principale, che si consiglia di predisporre per gli archivi sindacali, è rappresentato dal repertorio dei fascicoli, una sorta di inventario, cioè un elenco dei fascicoli, suddivisi secondo le classi e le sottoclassi del titolario. repertorio dei fascicoli Nome della struttura: Class.: Anno: Numero Intestazione Esempio di pagina di repertorio dei fascicoli Data Note Si tratta di un registro (funzionale è quello a fogli mobili), suddiviso secondo ogni classe o sottoclasse estrema del titolario (ad esempio, 1.1, oppure 4.3.1, ecc.); all'interno di ogni suddivisione (per la quale si predispone una pagina prestampata, come da esempio), viene indicato il nome della struttura intestataria dell'archivio, l'anno corrente, e nell'apposito spazio, l'elenco dei fascicoli, distinti ciascuno da un numero progressivo, dall'intestazione e dalla data di apertura. Converrebbe non numerare i fascicoli che devono permanere a lungo nell'archivio corrente, ad esempio quelli riguardanti il personale in forza e gli immobili in proprietà, per evitare di rinumerarli ogni anno. E' sufficiente conservarli in un certo ordine (ad esempio, alfabetico), da riportare tale e quale sul repertorio annuale dei fascicoli. Nel momento in cui si trasferisce un'annata di archivio corrente nell'archivio di deposito, occorrerà allegare le relative pagine mobili del repertorio dei fascicoli, avendo cura di segnalare, nella casella riservata alle note, quei fascicoli che continueranno a permanere presso l'archivio corrente perché riguardanti questioni non concluse. La consultazione del repertorio agevola il lavoro archivistico, poiché sveltisce l'opera di attribuzione di un numero di fascicolo a un documento, e permette l'assegnazione di un numero progressivo a un nuovo fascicolo che si decide di costituire. Il repertorio dei fascicoli facilita soprattutto la ricerca dei documenti tramite la logica del titolario, tuttavia può sorgere l'esigenza di ricercare materiali utilizzando altri criteri. Si è constatato, ad esempio, che nelle strutture sindacali sorge talvolta la necessità di conoscere tutto quello che riguarda un'azienda (in particolare i suoi accordi sindacali), oppure una tematica ben definita (ambiente di lavoro, organizzazione del lavoro, salario, orario, ecc.), che può anche essere ricercata tramite il repertorio dei fascicoli (l'uso del supporto informatico, tra l'altro, permette di evidenziare anche i singoli documenti protocollati contenuti in un fascicolo), ma in modo non immediato. Per rispondere a questo tipo di esigenza, previa un'analisi della stessa, si possono approntare degli indici a soggetto (per temi o per nomi di aziende o enti o organizzazioni o altro ancora), che raggruppino tutti i materiali inerenti presenti in archivio, segnalandone il titolo, la data, la tipologia del documento, la collocazione ed eventualmente anche una descrizione del contenuto. Nel caso in cui si approntino degli indici, si consiglia di utilizzare le schede mobili. 6 - IL PROTOCOLLO Il protocollo ha in primo luogo la funzione di certificare l'arrivo o la spedizione di lettere e documenti da parte della struttura. Secondariamente, può costituire uno strumento di ricerca dei documenti per data o per numero di protocollo, per la verità non molto funzionale, soprattutto se si deve scorrere un lungo elenco (più utili sono a questo scopo il repertorio dei fascicoli e gli eventuali indici o rubriche alfabetiche di enti, persone, aziende, luoghi, ecc.). Il protocollo si presenta come un registro, se cartaceo, o come una serie di schede, se informatizzato; ce ne sono di vario tipo, ma qui faremo riferimento a quello più diffuso. [inserire fac simile di pagina di protocollo] La certificazione avviene attri buendo a ogni documento, in arrivo o in partenza, l'ultimo numero progressivo disponibile sul registro protocollo (prima casella della pagina a sinistra) o il numero che automaticamente il computer assegna alla scheda; si registrano poi i dati che qui di seguito elenchiamo: per la posta in arrivo: -numero di protocollo -data della lettera, così come si presenta sulla missiva; se non c'è, si lascia vuota la casella -numero di protocollo e classifica, attribuita al documento dall'ente che lo invia, ovviamente solo se presente -data di arrivo, ovvero data del giorno di consegna del documento da parte del postino o di altro mezzo di invio (detta anche data archivistica) -mittente: nome e indirizzo. In caso di ente, oltre alla sua denominazione, sarà opportuno segnalare anche l'ufficio dell'ente che invia e la persona fisica, autrice del documento -oggetto, ovvero il contenuto del documento. Sovente sulla missiva è segnato l'oggetto, sarà però cura del protocollista non trascriverlo meccanicamente, e, dopo una lettura del contenuto per accertarsi se esauriente, riportarlo, modificato o tale e quale, nell'apposita casella del protocollo. Ovviamente se l'oggetto non è segnato sulla lettera, dovrà essere compilato dal protocollista, sempre nell'apposita casella. Il senso di questa segnatura accurata sta nell'esigenza di conservare una traccia comprensibile del documento, nel caso di una sua perdita. -mezzo di invio, ovvero posta ordinaria, raccomandata, recapito a mano, fax, posta elettronica, ecc. -allegati: numero di eventuali allegati -servizio destinatario: funzionario o ufficio o dipartimento della struttura che ha competenza e a cui è stato trasmesso il documento -classificazione: attribuzione del documento a una voce del titolario e a un fascicolo, quindi, il riporto dei relativi simboli numerici nell'opportuna casella del libro protocollo (il numero di fascicolo deve essere separato da quelli della classificazione tramite una barra "/") Posta in partenza: -numero di protocollo -data di spedizione -destinatario: nome e indirizzo del destinatario. Anche qui, nel caso di ente, sarà opportuno specificare, oltre all'ente, l'eventuale ufficio e persona a cui si spedisce la lettera -oggetto: si veda il medesimo punto della posta in arrivo -mezzo di invio: posta normale, raccomandata, consegna a mano, fax, posta elettronica, ecc. -allegati: numero degli eventuali allegati -classificazione: si veda il medesimo punto della posta in arrivo -funzionario o dipartimento o ufficio che spedisce il documento A ogni lettera o documento, ricevuto o inviato, corrisponde un numero distinto di protocollo; nel caso di libro protocollo cartaceo, si compilerà o la pagina di sinistra, in caso di corrispondenza ricevuta, o la pagina di destra, in caso di corrispondenza spedita, e si lascerà quindi in bianco i riquadri della pagina che non interessa. Come si può notare, comuni alle due pagine sono la prima e l'ultima casella, quella del n^ di protocollo e quella della classificazione che vanno sempre compilate. Cioè non si ritiene di dover dare lo stesso numero di protocollo a una lettera o atto ricevuto e alla sua risposta, anche se il registro standard qui riportato (e generalmente in uso) prevede questa procedura. Che cosa non si protocolla. Non tutto deve essere protocollato, ad esempio non si protocollano i quotidiani, le cartoline di saluto, i depliant commerciali, le fatture, gli estratti conto bancari, ecc. Non vanno protocollati anche tutti quei documenti che rimangono all'interno di un singolo ufficio, quali verbali di riunioni di, o non di, organismi direttivi, note e documenti interni, ma andranno comunque classificati e archiviati nell'opportuno fascicolo, il quale comparirà quindi nel repertorio dei fascicoli. Durata del protocollo. Preferibilmente il libro protocollo, o il protocollo informatizzato, deve avere durata annuale, con inizio il 1 gennaio e con il termine del 31 dicembre di ogni anno. 7 - L'INFORMATIZZAZIONE IN ARCHIVIO Scegliere di informatizzare il protocollo parte certamente da considerazioni pratiche; ogni ufficio dispone di un computer e il suo utilizzo è divenuto pratica costante per quasi tutte le operazioni d'ufficio ed è a maggior ragione utile per una operazione sempre uguale come è la protocollazione. L'introduzione dell'informatica in archivio corrente sta procedendo da alcuni anni, ma non è ancora sedimentata come pratica normale; da poco le esperienze acquisite su questa attività hanno superato lo spirito pionieristico e artigianale, e solo ultimamente sul mercato sono stati proposti programmi con questa specifica funzione (protocollo e archivio). Nella loro realizzazione pratica i programmi di protocollazione consistono nella trasformazione delle finché del registro di protocollo in 'campi' di un record di data-base; abbiamo così i seguenti campi: numero di protocollo, data di registrazione, data del documento, mittente, destinatario, ufficio o persona della struttura a cui compete il documento, oggetto, mezzo d'invio, allegati, classificazione. Questi campi sono visibili nel video come parti di una scheda di registrazione. Alla scheda di registrazione (per la documentazione in partenza o in arrivo) si accede attraverso un menù principale che prevede i sottomenu del protocollo, delle tabelle, delle stampe, delle utilità e di uscita dal programma (si vedano gli esempi di schede allegate). La parte innovativa dei programmi di protocollazione informatizzata sta tutta nelle funzioni collegate alla protocollazione vera e propria: a) il numero di protocollo è di norma assegnato automaticamente (dei programmi prevedono anche la possibilità di effettuare la prenotazione dei numeri); b) alcuni campi della scheda sono protetti in modo da impedire manomissioni, cioè una volta che viene introdotto un testo non può più essere modificato; c) il titolario può essere richiamato sul video in ogni fase di lavoro e in alcuni programmi la scelta della classe da assegnare avviene direttamente dal titolario evidenziando semplicemente la classe; d) in alcuni programmi dopo aver scelto la classe bisogna indicare anche un fascicolo, o specificandone uno nuovo (di cui si indicherà il titolo) oppure uno già esistente (a video compariranno i titoli e se si vuole è possibile vedere le schede dei documenti in essi contenuti); e) collegata a quest'ultima funzione vi è quella del repertorio dei fascicoli (simile a quello cartaceo); f) in quasi tutti i programmi sono poi disponibili vari indici quali l'indirizzario per la posta in partenza, la lista dei destinatari/mittenti (strutture, organizzazioni, enti, società con le quali si intrattengono rapporti), la lista delle tipologie dei documenti e dei mezzi di invio (manoscritti, fax, lettera, lettera raccomandata, etc.); g) le opzioni di stampa si riferiscono di solito alla stampa del protocollo, del titolario, del repertorio dei fascicoli e degli indici, cioè le liste di cui si è detto nel punto precedente. gli indici sono molti utili in fase di ricerca, ma soprattutto nella procedura di registrazione, perché permettono di ridurre il margine di errore nella indicazione di persone, enti, etc., si ha cioè una dizione controllata. Tutti i programmi di protocollo prevedono la possibilità di effettuare ricerche su alcuni o tutti i campi della scheda di registrazione, avremo quindi ricerche libere introducendo un termine da cercare in uno o più campi (di solito la ricerca libera viene effettuata sul campo oggetto o sul campo titolo) oppure ricerche legate ad un solo campo (numero di protocollo, data, classificazione, destinatario/mittente, etc.). Sebbene il nostro protocollo sia ora costituito da un data-base e sia quindi consultabile dal video del computer, tutti i programmi prevedono varie opzioni di stampa, la più importante è comunque quella del protocollo che può essere una stampa giornaliera, cioè delle registrazioni effettuate quel giorno, oppure generale, cioè di tutte le registrazioni fino a quel momento; questa scelta se viene fatta la si farà di solito a fine anno, a chiusura dell'anno solare, per consentire al computer di ripartire dal numero di protocollo 1 (avremo quindi ad inizio anno un numero di protocollo così formato: 1/90, 1/91, etc.). Il registro di protocollo stampato col computer anche graficamente richiama il vecchio protocollo cartaceo che veniva compilato a mano con le sue colonne e le medesime intestazioni. Le altre opzioni di stampa sono solitamente quella del repertorio dei fascicoli e quelle dei vari indici. PARTE SECONDA 8 - IL LAVORO IN ARCHIVIO Preferibilmente l'archivio corrente di ogni singola struttura dovrebbe essere conservato in un unico luogo, avere un archivista-protocollista responsabile della sua gestione, con il compito di protocollare, classificare, registrare e archiviare i documenti in entrata e in uscita (ovvero in arrivo o in partenza), e, quando occorre, di reperire in archivio i documenti o i fascicoli che gli vengono richiesti per lo svolgimento delle attività sindacali. Tuttavia, nei casi in cui la struttura sia articolata in dipartimenti (es. Cgil/Piemonte e Cdl Torino) è proponibile la creazione di più punti di archiviazione, corrispondenti grosso modo ai dipartimenti o a gruppi di funzionari. Questa soluzione viene proposta per venire incontro alla mentalità di chi vorrebbe le carte a portata di scrivania, e quindi, per evitare la formazione di tanti piccoli archivi individuali, gestiti secondo criteri personali, che alla fin fine costituirebbero i veri archivi delle attività, ma che non sarebbero un pezzo di archivio espressione della struttura nel suo complesso. In altre parole, la creazione dei punti di archiviazione dovrebbe mediare tra l'esigenza di un archivio unico dell'organizzazione e l'esigenza di un archivio individuale (anche se decentrati dovrebbero fare riferimento al medesimo titolario, a un unico registro di protocollo e allo stesso repertorio dei fascicoli; ne deriva che l'unità dell'archivio è soltanto virtuale e verrà eventualmente ricomposta in fase di archivio storico). Rapporto fra l'archivista-protocollista e i funzionari. Un aspetto molto importante ai fini della corretta gestione dell'archivio e della sua completezza (cioè che rappresenti davvero tutte le attività documentabili in forma cartacea) è il rapporto che si deve instaurare tra chi gestisce l'archivio e chi svolge il lavoro sindacale. La varietà delle iniziative, la loro modificabilità nel tempo a seconda delle linee politiche aggiornabili secondo le contingenze, richiede che l'archivista-protocollista sia informato sulle nuove o vecchie attività (o anche interessi e ambiti di intervento) per poter predisporre i relativi fascicoli e classificarli sotto l'opportuna competenza. E' importante a questo scopo che si instauri un nuovo modello di comportamento, per cui regolarmente il funzionario comunica all'archivista-protocollista i settori e gli affari che sta seguendo e, in particolare, gli indichi i nuovi fascicoli da costituire (in modo che non li formi più il funzionario autonomamente; ciò non toglie che egli possa conservare nel proprio ufficio delle fotocopie di quanto conservato nell'archivio corrente). Quindi tra i compiti dell'archivistaprotocollista, che comportano la responsabilità e la gestione dell'archivio, va anche aggiunto quello di educare il funzionario alla collaborazione, al rispetto e all'uso dell'archivio. Seguiamo ora, passo a passo, le operazioni pratiche che dovrà svolgere l'archivistaprotocollista per espletare le sue mansioni. Posta in arrivo. La posta in arrivo, pervenuta tramite il postino o in altro modo (fax, posta elettronica, ecc.), viene consegnata, generalmente, a un funzionario che ha il compito di aprire le buste e di apporre sulle missive il nome delle persone o degli uffici interessati per competenza. Non apre la corrispondenza in busta chiusa indirizzata alle singole persone, per rispetto della loro "privacy". La posta così trattata viene poi consegnata direttamente all'archivista-protocollista - o, nel caso ci siano più punti di archiviazione, all'addetto cui fa riferimento la persona o l'ufficio interessato - compresa quella in busta chiusa, che sarà inoltrata chiusa agli interessati, i quali, se di pertinenza della struttura, la riconsegneranno all'addetto al protocollo per la sua registrazione e archiviazione. Prima di consegnare la posta agli interessati (ad eccezione di quella in busta chiusa), l'archivista-protocollista imprimerà un timbro sui materiali da protocollare (quindi non su giornali, riviste, libri, cartoline di saluto, fatture, resoconti bancari, ecc.), così costituito: nome struttura data n. prot. class. fasc. Il nome della struttura è già prestampato sul timbro (ad esempio, Cgil/Piemonte, Cdlt/Torino, Fnle/Torino, ecc.). Preferibilmente, il timbro va compilato subito in tutte le sue parti. La data è quella del giorno di consegna della lettera da parte del postino o di altro mezzo (che nel nostro caso coincide con la data di registrazione). Segue poi la segnatura, nella seconda casella, del n^ di protocollo che si desume dalla numerazione progressiva data dall'omonimo registro (si veda il capitolo "Il protocollo") o dalla scheda "prenotata" sul computer; l'uso di più punti di archiviazione che fanno capo allo stesso libro di protocollo può comportare delle difficoltà organizzative, ben aggirabili in presenza di un protocollo informatizzato, collegato in rete, il che permette l'immediata assegnazione del primo numero di protocollo libero a chi lo richiede1. Si passa poi alla terza casella, dove si annotano i simboli numerici della classificazione attribuita al documento (si veda il capitolo "Il titolario"). Nella quarta casella va indicato il numero del fascicolo in cui dovrà essere inserito il documento. Per procedere a questa assegnazione, occorre consultare il repertorio dei fascicoli (si veda l'omonimo capitolo), e nel caso esista già un fascicolo nel quale sono contenuti i precedenti di quell'"affare" specifico di cui tratta il documento, è il numero di quel fascicolo che andrà assegnato. Invece, nel caso che il documento non possa essere contemplato in alcun fascicolo già costituito, si è posti di fronte a due scelte: se il documento tratta in modo generale e generico la materia indicata nella classe o sottoclasse, esso andrà assegnato al fascicolo n^ 1 dal titolo "In genere e miscellanea", da formarsi per ogni suddivisione estrema del titolario; al contrario se si ritiene che quel documento possa costituire l'inizio di un nuovo "affare" o interesse particolare della struttura (ovviamente è importante il dialogo con il funzionario di cui si detto), gli si assegnerà il numero di un nuovo fascicolo da desumersi dalla numerazione progressiva dei fascicoli della classe o sottoclasse a cui è stato attribuito. Sarà poi cura dell'addetto riportare sul repertorio i dati relativi al nuovo fascicolo costituito. Poiché possono verificarsi errori nella attribuzione di un documento a un fascicolo, nulla vieta che esso venga successivamente spostato, avendo l'accortezza di correggere anche sul protocollo la nuova collocazione. A questo punto si registrano i dati sul registro di protocollo (cartaceo o informatizzato). La compilazione del timbro e del registro possono anche procedere in contemporanea. Casi particolari: le circolari a tutte le strutture provenienti da Cgil/Piemonte e dalla Cdlt di Torino, si protocollano ma non si classificano e archiviano; eventualmente, se lo si ritiene opportuno, possono essere conservate in dossier, a lato dell'archivio, per poi essere scartate quando non più utili; esse andranno protocollate, classificate e archiviate soltanto a cura della struttura che invia. Analogo procedimento si consiglia per le circolari provenienti dalla Cgil nazionale, che saranno classificate e conservate a cura della Cgil/Piemonte. Compiute queste operazioni, si fotocopia il documento e lo si consegna agli interessati, affinchè ne prendano conoscenza e eventualmente preparino una risposta. Si consiglia di consegnare la fotocopia e non l'originale per non rischiare lo smarrimento del documento, che potrà quindi venire archiviato nell'opportuno fascicolo. Se per mancanza di tempo non è possibile procedere, nel medesimo momento, a tutte le segnature e registrazioni fin qui descritte, nulla osta a che, dopo aver timbrato il documento, aver segnato il numero di protocollo e la data di arrivo (per certificarne la presenza con i dati essenziali), si rinvii a un secondo tempo la completa compilazione del timbro e del registro, e si dia invece luogo immediatamente alla fotocopiatura e alla consegna del documento agli interessati. Ovviamente, gli originali potranno essere archiviati solo dopo aver completato le operazioni di classificazione e registrazione. Posta in partenza. Il percorso di una lettera o di un qualsiasi documento in partenza inizia con la sua stesura da parte di chi ne ha competenza (ad esempio un funzionario che risponde a una lettera ricevuta o che la invia di propria iniziativa, o su delega di qualcuno, o in ottemperanza a precise direttive), il testo viene quindi trasmesso all'operatore che ha il compito di dattiloscriverlo (nell'apposito spazio del documento apporrà la propria sigla); il dattilografo, dopo aver fatto firmare il documento, lo consegnerà all'archivista-protocollista (questo quando le due figure non coincidono) che nell'apposito spazio, in alto a sinistra, segnerà il numero di protocollo (desunto come per la posta in arrivo) ed eventualmente anche la classificazione, comprensiva di numero di fascicolo, e procederà quindi alla registrazione dei dati sul registro protocollo. Segue poi la spedizione dell'originale e l'archiviazione della copia, completa di tutte le segnature occorrenti. Casi particolari: la lettera inviata a più destinatari avrà un unico numero di protocollo (e una sola copia sarà archiviata), ma nella casella dei destinatari nel registro di protocollo essi andranno elencati in forma sintetica, data l'esiguità dello spazio, ad esempio "a tutti i membri del Cd", oppure, se ciò non fosse possibile, rimandando a un elenco da allegarsi alla copia del documento conservato in archivio. Per facilitare il compito di classificazione e archiviazione, sarà opportuno che chi invia, faccia pervenire all'archivista-protocollista anche i dati di protocollo della lettera a cui si risponde (se non sono desumibili dal documento stesso, potrebbe essere unita la fotocopia), ciò consente una più spedita riunione delle due lettere nel medesimo fascicolo. Sono da trattarsi analogamente alle lettere in partenza (ovvero compilando la scheda o il registro protocollo nella parte della posta in partenza) anche i documenti prodotti dalla struttura per la diffusione esterna (volantini, bollettini, stampati e ciclostilati vari, ecc.), o per quella interna che richieda protocollazione. Come si è già detto (si veda il capitolo "Il protocollo"), i documenti interni, tipo verbali di riunioni, appunti e note (anche ritagli di giornale), non sono da protocollare, ma solo da archiviare nell'opportuno fascicolo; possono essere schedati, nel caso che la procedura informatica lo preveda. Carte riservate. Può accadere che la struttura riceva o spedisca materiali riguardanti questioni riservate o delicate da porsi all'attenzione di pochi. Non si ritiene necessaria la creazione di un protocollo e rispettivo archivio riservato, da conservarsi separatamente; è sufficiente apporre sui fascicoli e sulle carte in questione la sigla "R" con un pennarello rosso, che sta ad indicare la non consultabilità del documento o del fascicolo, salvo autorizzazione del Segretario generale. Nel caso di protocollo informatizzato collegato in rete, la scheda del documento riservato dovrà essere "nascosta" alla pubblica visione. L'archiviazione. Il fascicolo, quell'insieme di carte relative al medesimo affare o problema, va inserito in una cartellina di carta forte, sulla prima facciata della quale (ad esempio in alto a destra) si appone un timbro così costituito: nome struttura class. fasc. competenza anno: Il nome della struttura è già prestampato sul timbro (ad esempio, Cgil/Piemonte, Cdlt/Torino, Filcams/Torino, ecc.). Si compilano quindi le quattro caselle del timbro, nella prima si annotano i simboli della classificazione, nella seconda il numero di fascicolo (ad eccezione di quei fascicoli che non si numerano quali quelli del personale in forza, ecc.), nel terzo l'ufficio, il dipartimento o la singola persona (ad esempio, Segreteria, dipartimento mercato del lavoro, dipartimento organizzazione, o, in mancanza di settore, il nome del singolo funzionario) che si occupa di quella determinata questione per la quale è stato costituito il fascicolo, segue poi, nella quarta casella, l'annotazione dell'anno corrente (cioè di apertura del fascicolo). Al centro della copertina si scriverà il titolo del fascicolo (manoscritto in forma leggibile). Nel caso in cui un fascicolo riguardi le attività o gli interessi di più uffici, dipartimenti o persone, si può lasciare vuota la casella della responsabilità, tanto più che l'informazione sulla competenza è recuperabile dal registro di protocollo e segnata sul singolo documento. I fascicoli così costituiti possono essere conservati in vari modi, ma sempre secondo l'ordine dato dalla classificazione e, all'interno di questo, secondo la numerazione progressiva dei fascicoli. Tra i vari modi per la conservazione dei fascicoli, se ne citano alcuni. Si possono usare le cartelline sospese, da collocarsi in verticale nelle apposite cassettiere o armadi; su ognuna di queste, nello spazio predisposto, si apporrà un'etichetta che, oltre alla sigla della struttura, segnalerà i simboli della classificazione e, separato da una barra, il numero del fascicolo contenuto (ad esempio, Cdlt/To, A.1.1/25 oppure nel caso di più fascicoli Cdlt/To, A.1.1/25-26). Un altro sistema è costituito da dossier, collocati su scaffali aperti o chiusi, nei quali si collocano uno o più fascicoli; anche in questo caso, è necessario apporre sul dorso in vista del contenitore un'etichetta contenente le stesse indicazioni di cui sopra. Si possono anche conservare i fascicoli, così come sono, in orizzontale, avendo l'accortezza di riportare sul dorso dei singoli fascicoli le segnature archivistiche che si presentano sul timbro della prima facciata. La conservazione dei materiali non protocollati (fatture, estratti conto bancari, ecc.) o protocollati ma non collocati in archivio (le circolari delle strutture orizzontali di cui si è detto), avviene con il loro inserimento in contenitori (dossier, pacchi, ecc.) su cui si segnala la qualità del materiale e l'anno; vengono poi direttamente scartati secondo la periodicità stabilita (ad esempio, le fatture ogni dieci anni, come previsto dalla legislazione vigente). Operazioni sul protocollo cartaceo o informatizzato. Delle registrazioni dei documenti, si è già detto; si tratta ora di specificare altre operazioni periodiche da farsi sul registro di protocollo. In caso di protocollo informatizzato, converrà produrne una copia stampata periodicamente (mensile o secondo la cadenza che si reputa opportuna), allo scopo sia di predisporre una possibilità di ricerca e interrogazione alternativa al Pc (si pensi al disagio provocato da un guasto al Pc), e sia di fornire una sorta di copia di sicurezza su supporto cartaceo (la carta dà maggiori garanzie di conservazione ed è piu difficilmente manomettibile di un supporto informatico). Nel sindacato è abbastanza diffusa la prassi di fotocopiare in più copie documenti di interesse generale, e di distribuirli indistintamente a tutti gli operatori; tale abitudine, costosa in termini di tempo e denaro, potrebbe essere razionalizzata attraverso la circolazione di un protocollo (ad esempio, giornaliero, e tramite la sua affissione in bacheca o similare), che consenta la conoscenza di quanto pervenuto nell'archivio corrente e quindi la richiesta mirata di fotocopie all'addetto. Generalmente il protocollo ha una durata annuale, inizia con la registrazione n^ 1 del 1 gennaio e si chiude con l'ultima del 31 dicembre; alla chiusura, nella pagina dove sono contenute le ultime registrazioni (in caso di protocollo informatizzato, sull'ultima pagina della copia stampata), è opportuno specificare il numero totale delle registrazioni e farlo sottoscrivere dal responsabile organizzativo della struttura (questo perchè non possano essere fatte aggiunte successive e quindi a garanzia del carattere certificativo del protocollo, e anche dell'autenticità dei documenti contenuti in archivio). Effettuata tale operazione, il libro protocollo andrà conservato presso l'ufficio fino al momento in cui l'annata di archiviazione ivi registrata dovrà essere trasferita all'archivio di deposito. Il passaggio dei materiali all'archivio di deposito. Secondo la cadenza stabilita (annuale, biennale, triennale) i fascicoli non più utili alle attività correnti, perché contenenti documenti su questioni concluse (ad esempio, l'organizzazione di un convegno, il tesseramento, le riunioni di organismi direttivi, ecc.) dovranno essere trasferiti nell'archivio di deposito. Si allegherà il libro protocollo dell'annata corrispondente e le relative pagine mobili del repertorio dei fascicoli (si veda il capitolo "Il repertorio dei fascicoli e gli indici"). Verranno evidenziati sulle pagine del repertorio allegato i fascicoli che continueranno a permanere nell'archivio corrente, perchè riguardanti questioni non concluse (ad esempio, vertenze ancora in corso, fascicoli del personale ancora in forza, immobili in proprietà, l'ultimo Ccnl, ecc.), e, in particolare, nella casella delle note, andranno annotati i dati della nuova collocazione (nuovo anno corrente e , con l'eccezione dei fascicoli del personale e degli immobili in proprietà che non sono numerati, il relativo numero di fascicolo). La consultazione dell'archivio corrente e di deposito. Le regole per la consultazione dei due archivi sono le medesime. La consultazione da parte di uffici e singoli funzionari della struttura è consentita, ad esclusione di eventuali carte riservate per le quali occorre l'autorizzazione del Segretario generale. E' buona norma dare in consultazione soltanto fotocopie e non originali, ma se ciò non fosse praticabile (ad esempio nel caso di un voluminoso fascicolo la cui fotocopiatura richiederebbe tempo), l'addetto all'archivio consegnerà l'originale di quanto gli è stato richiesto, e su apposite schede (una per ogni fascicolo), annoterà oltre alle segnature archivistiche relative, il nome della persona a cui è stato dato in visione il materiale e la data. Copia della scheda andrà inserita nel contenitore dal quale è stato prelevato il fascicolo o il documento. Sarà cura dell'addetto farsi restituire quanto consegnato e, quindi, rimettere il tutto al suo posto originario. La consultazione ad esterni alla Cgil potrà avvenire solo su autorizzazione del Segretario generale della struttura interessata.