CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE COMMIATO Aprile 1945: sorse, sia pure dal sangue, l’avvento di una rivoluzione proletaria in Italia? Fummo almeno liberati dal gioco straniero? Prima di rispondere ai quesiti posti dal titolo, portiamo lo sguardo su quattro personaggi passati alle glorie della Resistenza e tutti poi morti in età avanzata, dopo essersi trovati a loro agio nelle comode poltrone e nelle Istituzioni della nuova Italia nata dalla Resistenza (o meglio imposta dagli anglo americani): Emilio Sereni, Leo Valiani, Sandro Pertini e Luigi Longo Sono i tre componenti, più Longo presidente simbolico, del famigerato Comitato Insurrezionale antifascista che nel proclamare l’insurrezione il 25 aprile 1945 (si fa per dire, visto che nella stessa Milano ancora all’alba del 26 questi insorti, tranne le zone dai fascisti già sgomberate, attesero prima la completa evacuazione di Pavolini e degli altri armati della RSI per entrare finalmente in città), impose e manovrò per ottenere la morte immediata di Mussolini e dei rappresentanti della RSI detenuti a Dongo, con l’inevitabile strascico della mattanza dei giorni successivi (“le radiose giornate” dell’aprile – maggio ’45). A questo Comitato è stata storicamente attribuita, vero o falso che sia, la decisione di passare subito per le armi il Duce, i ministri e gli altri detenuti a Dongo. La proclamazione dell’insurrezione quindi doveva essere l’atto finale per la liberazione dal nazifascismo e l’alba di una nuova era dove il popolo italiano avrebbe trovato pace, giustizia sociale e indipendenza. E’ andata cosi? Vediamo. Sicuramente Mussolini sarebbe stato ucciso ugualmente, era interesse di un pò tutte le componenti della resistenza, e di alcune nazioni straniere e, d’altronde, la mattina del 28 aprile alle 8, Leo Valiani si dice che si presentò da Cadorna con un pseudo ordine forse firmato dai componenti del CLNAI. Del resto, lo stesso CLNAI, a cose fatte, se ne assunse la responsabilità quando il giorno 29 aprile 1945 fu emanato il seguente comunicato: “Il CNLAI dichiara che la fucilazione di Mussolini e complici, da esso ordinata, è la conclusione necessaria di una fase storica che lascia il nostro paese ancora coperto di macerie materiali e morali....”. La storiografia resistenziale affermò che il CLNAI, nelle persone di Arpesani (PLI), Marazza (DC), Pertini (PSI), Sereni (PCI) e Valiani (Partito d’Azione) e ci aggiunsero anche il non presente Parri, aveva decretato in prima mattinata del 25 aprile, nella sede di via Copernico al Collegio dei Salesiani quanto segue: 398 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE "I membri del governo fascista e i gerarchi del fascismo colpevoli di aver contribuito alla soppressione delle garanzie costituzionali, di aver distrutto le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesso e tradito le sorti del paese, e di averlo condotto all'attuale catastrofe, sono puniti con la pena di morte e, nei casi meno gravi, con l'ergastolo" Quindi, quanto meno, doveva attuarsi un processo, sia pure straordinario, per stabilire la qualifica, ed il tipo di pena (condanna a morte o meno) del condannato. Ma per la storia, queste sono discussioni oppure giustificazioni a posteriori mentre, di fatto, quell’atto di giustizia ciellenista fu attribuito al Comitato Insurrezionale nelle persone dei suoi esponenti Sereni, Valiani, Pertini e Longo, che la sera del 27 aprile si pronunciarono e manovrarono per l’uccisione sbrigativa del Duce. Ed ecco che, tra l’altro, come conseguenza di quelle decisioni ci ritroviamo ancora oggi: un incredibile e inattendibile resoconto su come sarebbero morti Mussolini e Claretta Petacci, con tutto il corollario dei ridicoli turpiloqui di Audisio & Co. intenti, a descriverci un Duce, in punto di morte, pavido, meditabondo e tremante. Tutte fole, a cui oramai non crede quasi più nessuno e del resto ridimensionate da una critica che ha reso ancor più ridicoli chi le aveva escogitate. Siamo in presenza quindi di una Vulgata a suo tempo posta a sugello dell’altra favoletta che raccontava di un Mussolini desideroso di rifugiarsi in Svizzera, o fuggire all’estero. Chi ha taciuto, chi ha mistificato, chi ha depistato, su questi eventi per oltre 60 anni, rimarrà a perenne vergogna della Storia. Queste sono le perle lasciateci dalla tradizione resistenziale, che concluse la sua vicenda storica, nelle radiose giornate di aprile/maggio 1945, macchiandosi anche di tanto sangue, spesso innocente. Ebbene il massacro di tutti questi fascisti (compresi anche i presunti tali) e quanti c’entravano poco o niente con la RSI; la stessa ignobile montatura che fu messa in atto per nascondere le vere modalità e dinamiche dell’uccisione di Mussolini e la criminale uccisione della Petacci; l’infame spettacolo di vendetta in piazzale Loreto, correlato all’ordine emanato per queste fucilazioni, hanno forse finalmente portato: - all’avvento di una rivoluzione in Italia, magari di stampo marxista leninista o almeno socialista, visto che era stato il Partito Comunista ad arrogarsi il merito principale della Resistenza e della sanguinosa guerra civile ? - portarono forse alla necessaria indipendenza nazionale per la quale si disse che si era fatta la Resistenza ? Tutt’altro! 399 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE La fine del regime fascista e della guerra civile portò: 1. alla abolizione di tutte le leggi e decreti legge sulla socializzazione delle imprese e sul sistema corporativo, restaurando in toto l’economia libera di mercato e riconsegnando le aziende, già in via di socializzazione, ai grandi magnati dell’economia. I lavoratori dovettero aspettare la fine degli anni ’60 per guadagnare una legislatura a loro più favorevole, ma sempre all’interno di un sistema capitalista e senza poter mai più raggiungere i risultati che stavano conseguendo con la socializzazione della RSI. Oggi poi, con la mobilità e la nuova economia globalizzata, anche la legislatura del maggio 1970 è stata notevolmente ridimensionata; 2. alla restaurazione del sistema democratico parlamentare elettivo, già in vigore più di vent’anni prima e che aveva evidenziato tutte quelle tare e tutto quel malcostume che poi si riprodusse, a dismisura ed in peggio, nei decenni successivi. Non vogliamo, con questo affermare, che coloro che avevano fatto la resistenza, dovevano tenere in piedi il regime fascista, ma comunque avrebbero dovuto apportare qualche vera innovazione oppure tentare (almeno tentare) coerentemente l’instaurazione della rivoluzione socialista. Era questa impossibile per via della presenza americana (e per gli impegni presi in tal senso dalla Russia) ? Certamente, ma la storia non registra i perchè non si è potuto fare la rivoluzione, la storia registra i fatti! Non solo questa rivoluzione non è stata, neppure tentata, ma si sono in qualche modo emarginati, boicottati e perfino soppressi tutti coloro che, in quelle fila, volevano avere una linea consequenziale al loro agire nella resistenza; 3. alla irreversibile occupazione anglo americana, con conseguente vassallaggio dell’Italia nei ruoli della Nato. E questo in faccia a chi, qualche decennio dopo, scese nelle piazze per manifestare proprio contro l’imperialismo americano (sic!). 4. alla totale sudditanza italiana nei confronti degli Stati Uniti d’America, soprattutto dal punto di vista esistenziale e culturale, provocando nel nostro paese la distruzione e la fine di tutte le sue tradizioni nazionali e locali, di tutte le sue peculiarità culturali e di tutto il suo patrimonio storico, a vantaggio dell’avvento di una civiltà dei consumi, della corruzione e del crimine ad ogni livello mai vista nella storia del genere umano (la way of life americana). Questo è quello che, volenti o nolenti, ci è stato regalato dalle radiose giornate! Oggi i cosiddetti democratici se ne compiacciono e ne vanno fieri percbè affermano di aver liberato l’Italia, un Italia oggi multietnica, dalla tirannide nazi-fascista! Contenti loro... 400 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE LE BELVE AL LAVORO da Dongo a Piazzale Loreto Alle 17,48 circa, sul parapetto del lungo lago di Dongo, la scarica mortale ha appena colpito i 15 giustiziati ai quali poco dopo si aggiungerà Marcello Petacci massacrato sul posto sotto gli occhi dei figli alla finestra del loro albergo. Alcune testimonianze ed in particolare quella del giornalista G. Pellegrini e del partigiano donghese Osvaldo Gobetti, ci hanno lasciato il ricordo della fucilazione: <<Fanno tutti insieme il saluto romano e per tre volte gridano: “Viva l’Italia!, viva il Duce “ . Valerio, irosamente, dalla piazza risponde: “Quale Italia?” – “La nostra, Italia”, ribattono i morituri che aggiungono, “non la vostra di traditori””. Alcuni dicono che Bombacci abbia gridato: “Viva Mussolini, viva il socialismo”; fermo e dignitoso l’atteggiamento di Pavolini, benchè ferito, che griderà: “Viva l’Italia! Viva il Fascismo!”>>. 1 Altri sommari ricordi attestano frasi più o meno simili. Uno spezzone di film, di questa esecuzione, già sequestrato sul posto, fu poi reso pubblico, ma mostrava gli evidenti tagli al fine di evitare ogni possibile indagine su quei momenti. Da Dongo si telefonerà al direttore de “L’Ordine” di Como, don Peppino Brusadelli e gli si riferisce: “Sono morti tutti in maniera superba ed in particolare Pavolini e Mezzasoma”. Per la storia non tutti i fucilati avevano i requisiti, previsti dal decreto del CLNAI all’art. 5. per essere giustiziati. Questo articolo, con valore di legge, emanato 1 Come ci ricorda A. Bertotto (Rinascita 8 marzo 2008), “...il giorno prima Pavolini, mentre con altri prigionieri all’interno del Municipio di Dongo si apprestava a trascorre l’ultima notte della sua vita, con voce nitida e pura che sovrastava il vociare del becerume esterno allupato di carneficina aveva ordinato, assieme a Ferdinando Mezzasoma,” il saluto al Duce”>>. 401 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE il 25 aprile 1945 nella famosa riunione a Milano in via Copernico a cui prese parte l’agente britannico Max Salvadori, così recitava: "I membri del Governo fascista e i gerarchi del fascismo, colpevoli di aver contribuito alla soppressione delle garanzie costituzionali, di aver distrutto le libertà popolari, creato il regime fascista, compromessa e tradita la sorte del paese, e d'averlo condotto all'attuale catastrofe, sono puniti con la pena di morte!". Forse, questa condanna, ma comunque dopo almeno un sommario processo,, poteva essere applicata a sei prigionieri, ovvero: - Alessandro Pavolini, ministro, segretario del PFR - Francesco Barracu, colonnello, sottosegretario presidenza del Consiglio - Fernando Mezzasoma, Ministro della Cultura Popolare - Augusto Liverani, ministro Poste e Comunicazioni - Ruggero Romano, ministro dei Lavoro Pubblici - Paolo Zerbino, Ministro dell'Interno (anche se su Romano e Liverani poteva valere solo il fatto di essere ministri); Forzando l'articolo 5, forse dal punto di vista partigiano, si sarebbero potuto aggiungere altri tre condannati, ma in questo caso dopo averli sicuramente processati e appurato le loro responsabilità: - Luigi Gatti, ex prefetto di Milano, segretario di Mussolini - Paolo Porta, federale di Como e ispettore del PFR per la Lombardia - Idreno Utimpergher, comandante di brigata nera di Lucca. Ma nessuna condanna a morte poteva mai essere emessa e tanto meno senza processo, a carico di: - Nicola Bombacci, pubblicista, ex fondatore del Partito Comunista nel 1921 - Pietro Calistri, capitano pilota dell'Aeronautica Militare (capitato per caso) - Goffredo Coppola, rettore Università di Bologna presidente Istituto Nazionale fascista della cultura - Ernesto Daquanno, giornalista, direttore della Agenzia Stefani - Mario Nudi, distaccato da capo della scorta presidenziale a Gargnano - Vito Casalinuovo, colonnello della GNR, ufficiale d'ordinanza di Mussolini A questi si può aggiungere Marcello Petacci, fratello di Claretta, ucciso poco dopo e che non ricopriva ruoli nella RSI e, a parte i suoi traffici semi privati, oltretutto sconosciuti ai partigiani, non era certo passibile di pena di morte. QUINDI FU UN VERO ARBITRIO ED UN ABOMINIO ! Colpisce, in tutto questo, anche il fatto che nei mesi successivi nè il CLNAI, nè il CVL prende l'iniziativa di chiarire i fatti con un documento ufficiale al governo che pur rappresentavano al Nord. 402 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE Nessuna relazione venne fatta, oltretutto, da Valerio agli organi dello Stato, mentre i tanti effetti personali dei fucilati e degli altri fatti prigionieri, gioielli, banconote, libretti di assegni o titoli, orologi, passaporti, ecc., mai furono restituiti ai legittimi eredi. Infine, come tutti sanno, queste tragiche vicende, finirono in bellezza con la ributtante messa in scena del macabro spettacolo di Piazzale Loreto. Questo ignobile spettacolo fu preordinato e predisposto da varie componenti della resistenza; Audisio stesso scrisse che aveva avuto ordine di portare i cadaveri in piazzale Loreto, mentre Lampredi, come abbiamo visto nella sua pseudo Relazione del 1972 cercò goffamente di sollevare Luigi Longo dall’aver ordinato quella iniziativa, asserendo assurdamente che gli sembrava di ricordare che fu lui stesso a decidere strada facendo di scaricare i cadaveri in piazza (quindi, secondo lui, si partì da Milano, e poi da Dongo con i cadaveri, senza sapere dove scaricarli?!!). In seguito, infatti, di fronte alle estreme barbarie a cui la folla si lasciò andare, tutti intesero prendere le distanze, ma intanto in quei giorni scriveva l’Unità: “l’importanza storica del fatto che i maggiori criminali di guerra siano stati giustiziati alla giacobina con un atto di giustizia popolare che è l’inevitabile corollario dell’insurrezione.” E per finire aggiunse: “La carogna del duce dei malfattori, attorniato da un buon numero dei suoi accoliti, giace in piazzale Loreto, esposta alla gogna.” Fu quindi un monito per riaffermare la vittoria conseguita sul fascismo e fu una rappresaglia per il precedente eccidio di partigiani che poi furono esposti su quella piazza nel 1944. L’eccidio del 1944 e l’”ordine” dato a Valerio di vendicarlo. In una precedente nota 2 abbiamo riportato quanto accadde quell’agosto del 1944 quando esplose una bomba che uccise alcuni soldati germanici ed alcuni cittadini. 3 Fu un attentato vile e per il particolare evento anche odioso e prevedibile (se non voluto) nel suo scatenare la volontà tedesca di attuare una rappresaglia. Abbiamo anche raccontato della veemente reazione di Mussolini, messo di fronte al fatto compiuto, reazione che almeno evitò a Milano una ulteriore rappreseglia per un'altra uccisione di una crocerossina delle forze armate tedesche. 2 Capitolo 8, pag. 259, nota N. 50. 3 Sembra che ad eseguire quell’attentato fu Giovanni Pesce detto Visone, nato a Visone d’Acqui (Alessandria) nel 1918. Medaglia d’oro della Resistenza. Emigrante in Francia con la famiglia fin da bambino, fu poi volontario nella guerra civile spagnola nelle Brigate Internazionali (battaglione Garibaldi). Ferito tornò in Italia dove fu arrestato e confinato a Ventotene. Liberato nell’agosto del 1943 fu tra i primi organizzatori dei GAP torinesi di cui diverrà comandante e poi dall’agosto del 1944, di quelli di Milano. L’8 agosto, giorno dell’attentato era arrivato a Milano dove aveva appuntamento in un negozio di riparazioni radio vicino a viale Abruzzi, base dei gappisti. Il Pesce fu uno spietato organizzatore ed esecutore di attentati proditori, bombe, revolverate alla schiena, ecc. di tutte quelle tecniche terroristiche messe in atto dalle SAP (Squadre d’Azione Partigiana) e dai GAP (Gruppi d’Azione Patriottica), che inaugurarono in modo scientifico nel nostro paese le tecniche della guerriglia urbana. 403 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE Con queste premesse, e con l’ordine verbale in tasca di scegliere, comunque sia, 15 prigionieri fascisti per bilanciare i 15 partigiani del 1944, 4 Valerio arriva a Dongo con il suo sinistro plotone di partigiani e riunisce i comandi della 52a Brigata Garibaldi. Presentate le dovute credenziali, superati gli equivoci derivanti dalla sua strana apparizione ed affermata la sua autorità si fa consegnare o sequestra a Bill Urbano Lazzaro la lista con i 31 prigionieri già selezionati e precedentemente compilata (qualcuno dirà invece quella con tutti i 52 catturati e registrati). Dalla lista, comunque, erano stati esclusi familiari e personaggi minori e non vi compare neppure, particolare significativo, Claretta Petacci. Quindi con una onnipotenza di autorità e con un vero e proprio arbitrio nelle scelte dei condannabili a morte, Valerio come un cane rabbioso si mette a declamare le sue decisioni. Non è facile capire, come scrisse il giornalista storico Luciano Garibaldi, con quali sinistri criteri di giustizia egli abbia incluso o escluso le persone da uccidere, fatto sta che iniziando con Mussolini che poteva pur essere logico, proseguì con la Petacci, la quale oltre a non essere presente nella lista che aveva in mano, 5 non rientrava neppure in particolari colpe per essere fucilata e scatenò una veemente reazione da parte dei partigiani di Dongo (e forse una sceneggiata per coloro che, parimenti, sapevano che la poveretta era già stata uccisa al mattino). Tra proteste e resistenze varie proseguì quindi ad apporre le sue sinistre crocette di morte accanto agli altri 30 nominativi seguendo, come detto, un suo personale e criminale criterio per arrivare a 15 di loro. L’imprevisto della presenza di Marcello Petacci, sotto le mentite spoglie di un console spagnolo e scambiato da Valerio per Vittorio Mussolini, il figlio del Duce, lo costrinse poi a riportarsi a casa il cadavere, che neppure voleva raccogliere, di Marcello. Come andò a finire tutta questa immonda faccenda lo sappiamo: tutti i diciotto fucilati, vennero poi raccolti e ammucchiati sul camion con modi indecenti e barbari e con ignobile premeditazione, furono portati a Milano e gettati sull’asfalto di Piazzale Loreto determinando quello scempio che macchierà per secoli la nostra storia nazionale. *** 4 Ovviamente il PCI non ha mai ammesso di aver dato questo ordine in base alla rappresaglia per l’eccidio di partigiani del 1944, e nè tanto meno le altre componenti del CLNAI e CVL, ma la storia non regge anche per gli inconsistenti criteri con cui vennero scelti i 15 condannati e così rabbiosamente imposti alle autorità di Dongo. Che questa iniziativa sia stata di partito è comunque abbastanza scontato, ma crediamo che anche altre componenti ne fossero a conoscenza o quanto meno non l’hanno ostacolata. 5 Evidentemente, sapendola già morta, Valerio doveva pur includerla in una pseudo sentenza di giustizia. 404 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE Se Mussolini avesse voluto salvarsi Il problema delle intenzioni del Duce, il che fare, in quelle drammatiche giornate di fine aprile è, storicamente parlando, alquanto complesso perchè, sulla base di quel poco che oggettivamente conosciamo non è possibile stabilire con certezza assoluta le intenzioni e il perchè dei movimenti di Mussolini tra Milano, Como e Menaggio. Qualcosa in più l’avremmo potuta sapere, per esempio, da Mezzasoma, Pavolini o Bombacci, ecc., ma sono tutti morti. Gli unici superstiti dell’autoblinda di Musso, per esempio Benedictis, Carradori e la Curti, hanno solo dato testimonianze di cronaca, ma non potevano certo essere al corrente di complesse situazioni politico militari. Senza parlare poi di tutte le invenzioni che sono state prodotte circa l’intento di Mussolini di fuggire in Svizzera. Invenzioni, queste, determinate dalla volontà politica di distruggerne in ogni modo il mito, agevolate dalla vicinanza della Svizzera dai luoghi di quegli ultimi avvenimenti e propiziate dalle fandonie, profuse a piene mani dai quotidiani di quei giorni di fine aprile. A parte le notizie di un Mussolini dato presente nei posti più impensabili, infatti, vale per tutti quanto ebbe il coraggio di scrivere l’Avanti, di sabato 28 aprile, in una sua edizione romana, laddove si informava dell’arresto dei gerarchi, ovviamente asseriti in procinto di fuggire in Svizzera e per Mussolini si diceva: “mentre il Duce stava maciullando con la sua quadrata mascella una bistecca arrosto, un gruppo di guardie di finanza riconosceva l’uomo più fotografato del mondo…, ecc.”. Del resto che Mussolini fosse stato fermato mentre faceva colazione (particolare di un certo impatto emotivo in quei giorni di fame nera) venne in quelle ore ripreso da diversi giornali. Sul corollario di invenzioni, circa presunte intenzioni di Mussolini di fuggire all’estero, invenzioni alle quali già da tempo ben pochi credevano più, ha fatto giustizia la documentatissima ricerca storica di Marinò Viganò che risulta tanto più importante ed assume una certa valenza, in quanto trattasi del lavoro di un bravo ricercatore storico che certamente non può definirsi di parte neofascista, anzi è sicuramente uno storico molto più vicino alla letteratura resistenziale. 6 Per sciogliere però l’enigma su quanto accade in quei giorni, dobbiamo congetturare alquanto, basandoci solo sulle poche certezze acquisite e sulla nostra conoscenza e comunanza, per così dire, politico-ideologica, rispetto a quegli avvenimenti storici. Dunque: Prima certezza: Mussolini era un rivoluzionario di ordine prevalentemente politico, dove la politica è l’arte del possibile. Era entrato in guerra per estrema esigenza nazionale, ma quella guerra l’aborriva, non per principio, ma perchè era conscio che l’Italia non era in grado di sostenerla ed inoltre il paese abbisognava di alcuni anni per consolidare le imprese africane. 6 Vedi: M. Viganò Mussolini, i gerarchi e la "fuga" in svizzera (1944-‘45), "Nuova Storia Contemporanea" n. 3-2001, e l’altro suo articolo in appendice Quell’aereo per la Spagna Visibili anche nel sito: http://www.italia-rsi.org/miscellanea/nuovastoriacontemporaneafugacosiddetta.htm 405 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE La sua visione geopolitica, alla quale tra alti e bassi si era sempre attenuto, nonostante i freni e il peso di una nazione con un substrato franco-anglofilo (retaggio di un certo risorgimento massonico), lo portava a prospettare una dimensione ideologica, politica e sociale dell’Italia, sostanzialmente in un contesto strategico contrario agli interessi occidentali, ed in particolare anti inglese. Questa geopolitica mussoliniana partiva dal presupposto che in Europa potesse permanere un certo equilibrio delle forze. Data, infatti, la nostra cronica debolezza militare ed economica era per lui sperabile che nè tedeschi, nè inglesi potessero prevalere in modo definitivo (da qui le sue proposte e i suoi interventi a Locarno, Stresa, e i tentativi di pace del 1938/’39 e le sue esternazioni durante la guerra contro gli occidentali, ma anche contro i tedeschi). Egli che, da buon pragmatico, aveva sempre considerato il Fascismo come una forza ideologica e politica al servizio della nazione, non aveva di quella guerra la visione ideologica e apocalittica del Fűhrer (vittoria o distruzione totale). Era inoltre in possesso di alcune lettere di Churchill che, accluse a tutto un precedente carteggio, dimostravano che il britannico aveva, negli ultimissimi giorni della nostra neutralità, espressamente chiesto l’intervento italiano in guerra. Ritenendo, infatti, il nostro intervento bellico comunque inevitabile, il Churchill pensò di accelerarlo, mediandolo attraverso un intesa a non farsi troppo male nella fase iniziale. La sua menzogna e la sua esca era che si fosse alle porte di una pace imminente e offriva, per di più, un ricco bottino territoriale a spese della Francia. Invece il vero scopo strategico di Churchill e delle lobby che lo manovravano era quello di allargare il teatro bellico, mossa propedeutica al non ancora prossimo intervento americano e con l’intento, anche per problemi interni, di rendere irreversibile la guerra. Questa bomba di documentazione il Duce la tenne sempre con se in una piccola borsa di pelle di 25 cm. x 18 non fidandosi di cederla ad alcuno. Di tutto il carteggio complessivo aveva poi fatto fare almeno tre copie fotografiche, nascoste in giro (anche all’estero) e con la speranza che, in tempi futuri, si salvassero e fossero utili alla nazione (invece....). Era questo, come dimostrano anche varie intercettazioni telefoniche ed epistolari fatte dai tedeschi, un atteggiamento finalizzato non ad uno sfruttamento privato del carteggio, ma ad un suo uso per gli interessi nazionali e per giustificare il suo operato di governo nel 1940. Quando fu catturato a Dongo si disse poi che erano state sequestrate almeno tre borse di documenti: una trovata con Mussolini sul camion, una affidata a Casalinuovo ed una trovata a Marcello Petacci. Del loro contenuto si hanno solo vaghe indicazioni soprattutto perchè ebbe ad essere saccheggiato e fatto sparire nei giorni successivi. C’era sicuramente parte del carteggio con Churchill. Ma della piccola borsa con le lettere più compromettenti di questo carteggio, sicuramente sequestrata addosso a Mussolini, non se ne è mai saputo nulla (o quasi). Seconda certezza: Mussolini nel 1945 riteneva inevitabilmente persa la guerra ed era conscio che il fascismo sarebbe finito con essa. Cosciente di questo, e coerente con la sua visione della guerra, aveva ferma intenzione, a prescindere della sua persona, di conseguire un minimo di risultati: 406 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE 1. evitare danni e distruzioni al paese, firmando oltretutto ogni domanda di grazia che gli venisse sottoposta. In quest’ottica sperava di mediare un trapasso dei poteri con il CLNAI che evitasse i lutti, ma non fu possibile per l’evidente volontà nemica, soprattutto comunista e massonica, di spazzare via il fascismo anche attraverso un bagno di sangue; 2. con la fine del fascismo, esperire almeno un tentativo politico, finalizzato a lasciare in eredità alle forze moderate di sinistra le riforme rivoluzionarie della Socializzazione e della Repubblica, ma anche questo non fu possibile perchè i vincitori della guerra avevano distrutto il fascismo proprio perchè, e soprattutto, portatore di una pericolosa visione dello Stato che vedeva preminenti l’etica e la politica sui fattori economici e finanziari. Le forze di sinistra moderate, azionisti e socialisti, poco contavano e in quei giorni erano impegnate a difendere le case e i beni dei grossi magnati, figuriamoci se potevano difendere la socializzazione!; 3. sfruttare l’importanza del Carteggio e ottenere, per la nazione, un alleggerimento delle conseguenza della sconfitta militare e, di conseguenza, la salvezza per chi aveva partecipato alla RSI, ma non fu possibile per il precipitare degli eventi e per l’ignobile comportamento di coloro che lo razziarono e lo svendettero agli inglesi. 4. consentire a tutti i fascisti che lo volessero, di mettersi in salvo in qualche modo. Personalmente pensò di mettere in salvo la moglie e i figli in Svizzera e la Petacci in Spagna. Anche questo non fu possibile: per i fascisti, data la scarsezza umana di coloro che ne avevano i comandi e per i familiari a causa del rifiuto svizzero di accogliere donna Rachele e per il colpo di testa di Claretta che volle rimanere in Italia, coinvolgendo anche il fratello. 5. per se stesso, infine, intese restare fermamente irremovibile nella decisione di rimanere comunque in Italia, sia per un dignitoso attestato morale della sua vita, ma anche per poter esperire fino all’ultimo minuto qualsiasi possibilità si presentasse. Fermo rimase anche nell’impegno di non trattare alcuna resa militare con gli Alleati, se non - con o dopo - che lo avessero fatto i tedeschi, e questo per non ripetere l’onta dell’8 settembre. 6. in virtù di una attuazione di quanto sopra, Mussolini fin dalla sua venuta a Milano da Gargnano del 18 aprile ha già previsto e forse anche dato alcune disposizioni per uno spostamento progressivo, in base agli sviluppi della situazione militare, da Milano a Como. Situazione che però precipiterà in modo repentino e imprevedibile. Dopo il 20 aprile ‘45, infatti, occupata Bologna dagli Alleati, era oramai evidente che i tedeschi praticamente non combattevano più e iniziavano a ritirarsi nei loro acquartieramenti, mettendo in crisi la RSI. A questo punto Mussolini, volendo, avrebbe potuto mettersi in salvo e questo tanto più quando, Il pomeriggio del 25 aprile all’Arcivescovado venne ufficialmente a conoscenza che i tedeschi avevano praticamente raggiunto una intesa, all’insaputa degli italiani, per una resa con gli Alleati. Era a quel punto evidente che l’unica possibilità di salvezza consisteva nell’arroccarsi in Milano per condividere, attendendo gli Alleati, la resa con i tedeschi, oppure prendere personalmente il volo verso l’estero lanciando il si salvi chi può. 407 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE Il Duce invece preferì procedere nella sua condotta già decisa da tempo e che gli consentiva ancora un minimo di autonomia e decisione evitando una sua diretta consegna al nemico. I ricercatori storici conoscono bene tutti gli svariati piani di salvataggio del Duce, ideati da autorità della RSI, da settori del partito fascista e da personaggi vari del suo entourage e sanno altrettanto bene del totale rifiuto di Mussolini di aderire ad uno qualsiasi di questi progetti che, mano a mano gli veniva proposto, tanto che c’era persino chi pensava di condurlo all’ultimo momento in salvo, con la forza o narcotizzandolo, contro la sua volontà. In sintesi e pur con qualche variante di dettaglio tra una versione pervenutaci e l’altra: Al figlio Vittorio, che proprio negli ultimissimi giorni gli propose di nascondersi in una garçoniere, Mussolini rispose ironicamente: “Non ti pare che le garçoniere servono ad altri scopi ?!” Noto è poi l’avanzato progetto del generale Ruggero Bonomi, sottosegretario dell’aviazione RSI, che aveva predisposto sul campo di Ghedi (Brescia), dei trimotori “Savoia Marchetti 79” (rimasti a disposizione fino agli ultimi giorni di Milano) adatti a raggiungere località come la Spagna dove risiedeva la moglie di Luigi Gatti disposta ad accoglierlo. Al ché, saputolo, Mussolini, più o meno, osservò con ironia: “E’ questa di Bonomi la soluzione migliore per risolvere la nostra situazione? E tutti gli altri fascisti, poi, dove li metteremmo?” Altri, per esempio Tullio Tamburini, avevano avuto in mente un sommergibile atlantico. Renato Ricci, della GNR, pensava invece ad un piccolo aereo o un MAS, non si capisce se per consegnarlo agli Alleati o per svignarsela nascondendosi in Sicilia o in Spagna. E tanti altri piani di salvataggio ancora di cui ci darà ampia informazione Marino Viganò con un altro articolo in appendice alla sua ricerca principale già citata. In ogni caso non facile, ma certamente praticabile, sarebbe stata la possibilità di porre in salvo il Duce sia in Spagna che in Sud America o forse in Svizzera o anche nasconderlo in una località segreta in Italia, anche se poi alquanto problematico sarebbe stato il “dopo” ovvero il “come” affrontare il dopoguerra, ma oltre 20 anni di segreti di Stato ed un compromettente carteggio con Churchill, gli avrebbero forse concesso la possibilità di salvare la pelle. Ed invece, sul piano personale, si preoccupò unicamente di porre in salvo i suoi familiari (moglie e figli in Svizzera) e Claretta in Spagna, ecc., cosa che poi, per motivi vari neppure andò in porto mentre egli, con tutte le autorità del governo repubblicano al seguito (alcuni familiari compresi), andò incontro al suo destino. Come vedesi, con questi presupposti, il Duce andò incontro alla sua fine, anche perchè, seppur da politico di razza, su tutto era capace di trattare e di mediare e su ogni situazione riusciva sempre a barcamenarsi, mai però avrebbe leso gli interessi nazionali. Egli quindi non ha scampo. Come già accennammo nell’Introduzione, ma è importante ripeterlo, non tanto e non solo perché in possesso di un prezioso e dirompente Carteggio, quanto perché è schiacciato dagli interessi anglo americani che hanno progetti post bellici di colonizzazione di tutta l’Europa e su questi progetti 408 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE hanno coinvolto anche i sovietici (Yalta); quindi è spiazzato dal tradimento dell’ala filo occidentale della Germania, incarnata da Himmler e rappresentata in Italia da Wolff e Rahn, che contrattano una resa segreta con gli Alleati e nelle cui trattative non poteva non essere “considerata” anche la persona del Duce (magari senza una consegna diretta, per non apparire Wolff & Co. dei traditori). Ed infine è travolto anche dall’interesse sovietico a tacitarlo per sempre affinché non possa attestare le intese o le proposte che dagli anni ’20 e fino al 1943 (prospettive di armistizio tra l’Asse e la Russia, intercorsero tra Roma e Mosca. E tutto questo dramma si svolge sul suolo italiano, dove un Re fellone, è nell’incubo che, vivo Mussolini, possa esser chiamato a dar conto delle sue responsabilità nella guerra. Ma è il tener fermo di Mussolini nel voler a tutti i costi rimanere sul suolo italiano, perdendo mano a mano i pezzi di coloro che gli stavano attorno desiderosi di mettersi in salvo senza che, al contempo, arrivino consistenti contingenti armati da Como, che lo porta diritto a Piazzale Loreto. Il Duce resterà irremovibile nelle sue decisioni, ma con le ore che passano non può prospettare alternative, programmi concreti, evidenti vie di uscita ai suoi uomini; il disorientamento e lo sconcerto, in quelle ore sarà destinato ad aumentare. E si può immaginare lo strazio che dovette subire il Duce (ben documentato da Marino Viganò nella sua ricerca, già citata), di fronte all’angoscia di vedere tanti fedelissimi che vorrebbero espatriare in qualunque modo e lui che vuol rimanere sul suolo italiano per non diventare, come dirà in quei drammatici momenti, lo zimbello del mondo. Queste premesse determinarono, in buona parte, le cronache degli avvenimenti di quei giorni, molti dei quali sottilmente indirizzati da un occulta influenza massonica attestata dalla presenza di vari esponenti sia da una parte della barricata che dall’altra. Riassumiamo gli eventi: - Invitato il 25 aprile pomeriggio in Arcivescovado per trattare quello che gli hanno fatto credere un possibile ed incruento passaggio dei poteri, Mussolini si trova invece di fronte ad una richiesta di resa con tanto di sua consegna al nemico. Ne esce infuriato, spiazzato dalla informativa sulla resa tedesca che rende problematico lo sganciamento finale dei fascisti. E’ anche sconvolto perchè si rende conto che tutte le strutture della RSI, con la G.d.F. in testa, la polizia, l’esercito, le Istituzioni localil, ecc. stanno oramai per varcare il fosso preannunciando un secondo 25 luglio. - Decide di lasciare Milano in coerenza con la sua intenzione di decruentizzare la fase finale della guerra e per avere ancora mano libera nel da farsi visto che ora, i tedeschi con la loro resa unilaterale lo hanno moralmente liberato. Giustamente osserva il Viganò, a Mussolini l’unica cosa che restasse da fare era quella di togliere alla Resistenza il “nemico”, uscendo da Milano. E questo in contrasto con coloro, Graziani e Borghese in testa, che preferirebbero arroccarsi nel castello Sforzesco per attendere gli Alleati e salvare pelle e magari, almeno in parte, possibili posizioni personali. 409 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE - Arriva a Como (destinazione, in quest’ottica, già da tempo decisa) la sera del 25 aprile e vi trova un ambiente che (con il prefetto Celio in prima fila) sta sottobanco trattando con il CLN l’uscita indolore dalle cariche pubbliche. Si spargono notizie false e apocalittiche circa (inesistenti) formazioni partigiane alle porte della città. In poche ore si ripete a Como, ma in peggio, la stessa situazione di Milano e Mussolini, ritenendosi non protetto e per evitare drammi alla città, preferisce lasciare Como all’alba per gli stessi precedenti motivi che lo indussero a farlo a Milano. I fascisti che intanto, mano a mano, arriveranno a Como, non trovandolo e dietro voci ed illazioni che corrono circa una possibile fuga in Svizzera del governo, si squagliano come neve al sole. Ma la responsabilità massima di questo sbandamento è dei quadri dirigenti fascisti, alcuni forse anche già collusi con l’OSS americano e comunque smaniosi di conseguire una qualunque tregua, con la scusa di comprendervi anche la salvezza di Mussolini. Ne conseguì invece una futura carneficina di moltissimi prigionieri. - Arrivato a Menaggio continua a perdere i pezzi del seguito per il desiderio di coloro (sempre di più) che, seppur indesiderati, vorrebbero varcare la frontiera. Buffarini e Tarchi ci provano e vengono catturati, Amicucci, Zanon, e tanti altri si defilano quatti quatti o si sganciano con scuse varie e così via. Graziani invece, affermando che, per la sua carica di ministro delle forze armate, deve andare a condividere la resa tedesca, si congeda e torna a Cernobbio. Mussolini congeda tutti coloro che lo vogliono, spera, ma non si illude, in un sopraggiungere di sufficienti formazioni armate di fascisti da Como che gli consentano un minimo di sicurezza magari per spostarsi in una Valtellina che, seppur tramontata come roccaforte militare, consentirebbe almeno qualche giorno di agibilità in più. Attende forse degli intermediari (inglesi?) per trattare un resa almeno con un minimo di libertà? Non si sa, non ci sono riscontri. Certo è che: non volendo espatriare, non volendo arroccarsi in un grande centro e non potendo, senza armati, procedere per la Valtellina, l’unica alternativa era quella di una sosta transitoria, in attesa dei fascisti da Como, in un paesino defilato e per il momento tranquillo come Menaggio. Ma i fascisti non arriveranno mai per i motivi che sappiamo. Arriveranno solo, per un gesto d’amore, Pavolini e Vezzalini che, privi di armati, troveranno poi la morte in circostanze diverse. Il Duce resta così pressoché solo con un seguito di ministri, personalità e militi vari, molti con familiari appresso, inadatti al combattimento, la maggior parte umanamente desiderosa di salvarsi in qualche modo, ma che comunque poi, a Dongo, alcuni di loro fucilati, seppero morire in modo superbo. Al sopraggiungere della famosa colonna di autocarri tedesca in ritirata, si aggregano tutti per passare i punti resi pericolosi dalla presenza dei partigiani dell’ultim’ora (Dongo, Chiavenna, ecc.) e spostarsi verso la Valtellina o verso Merano. La colonna tedesca è invece una vera e propria trappola ed il Duce fu sicuramente venduto dai tedeschi ai partigiani, forse anche in base a precedenti impegni presi nella loro resa. 410 CAPITOLO 13 - COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE Ma l’accurata e documentata, ora per ora, ricerca di Marino Viganò ci da anche il modo di intuire perchè Mussolini, alla fine, scelse di salire sul camion tedesco per passare, camuffato con un cappotto tedesco, il blocco partigiano. Le testimonianze in proposito dei sopravvissuti, allora presenti nell’autoblinda con il Duce: P. Carradori, E. Curti e E. De Benedictis, hanno ricordi discordanti su alcuni importanti particolari. Incongruenze dovute probabilmente ai diversi stati d’animo di costoro e che li portarono a recepire diversamente, in quei momenti concitati del passaggio del Duce sul camion tedesco, le frasi e gli atti di Mussolini e degli altri. Del resto c’era chi era contrario (forse Pavolini), a che Mussolini proseguisse con i tedeschi, mentre altri invece (tra cui forse Casalinuovo e Bombacci) erano favorevoli. C’è unanimità solo nel ricordare che Claretta Petacci era tra i più favorevoli e insistenti. Lo stesso tenente tedesco Fritz Birzer, ivi presente, seppur autore di versioni inattendibili, ci racconta la riluttanza del Duce ad accettare. Mettiamoci quindi nello stato d’animo di Mussolini: egli ha toccato con mano che i promessi 3.000, 1.000, 500 fascisti armati non ci sono; sa perfettamente che neppure ci sono, in alcun senso, più vie di uscita; ha lasciato tutti liberi di mettersi in salvo, e così via. Egli deve però preservarsi una sola possibilità: salvare la documentazione storica che ha con sé, l’unica carta che potrà, e solo da lui, essere giocata in favore della Nazione. Questa documentazione non deve assolutamente essergli sequestrata. E’ per questo che si separa dal seguito ed accondiscende, sia pur riluttante, a salire sul camion tedesco. Certamente non per voler salvare la pelle, che altrimenti avrebbe accettato i tanti e pressanti inviti ad entrare in Svizzera in qualche modo sempre rivoltigli dal seguito. Egli deve assolutamente passare il blocco partigiano, deve rimanere libero con la sua documentazione. Chiede infatti che il solo suo attendente Carradori vada con lui, ma i tedeschi che si sono riservati di venderlo ai partigiani, all’ultimo momento impediranno a Carradori di salire sul camion. Il resto è purtroppo noto. E che le cose stanno in questi termini lo sapevano anche i fascisti dell’autoblinda che infatti, la sera, ritrovandolo prigioniero nel salone del Municipio di Dongo, pur feriti, depressi ed in condizioni pietose, lo salutarono con affetto. E come abbiamo visto, “Pavolini poi, mentre con altri prigionieri all’interno del Municipio di Dongo si apprestava a trascorre l’ultima notte della sua vita, con voce nitida e pura che sovrastava il vociare del becerume esterno allupato di carneficina aveva ordinato, assieme a Ferdinando Mezzasoma,” il saluto al Duce” E’ ovvio che se, invece, il Duce avesse dato l’impressione di averli deliberatamente abbandonati per salvarsi in qualche modo, l’accoglienza dei camerati sarebbe stata diversa. Esclusa definitivamente l’intenzione di fuggire in qualche modo in Svizzera, come da tempo era stato oramai appurato e la raccolta di documentazioni e soprattutto quella di tante testimonianze fatta da Marino Viganò attestano definitivamente senza ombra di dubbio, restano comunque anche alcune ipotesi, che hanno una certa logica. Per esempio quella, ancorché non dimostrabile o comunque non comprovata, che egli attendesse degli inviati, forse inglesi, per intavolare trattative di resa avendo ancora con sè i resti di un governo nominalmente libero. 411 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE Sicuro è che il Duce, conscio che oramai era tutto perso, sperava fino all’ultimo in un fatto nuovo, dell’ultim’ora, che gli consentisse un minimo di agibilità. Poter arrivare in qualche modo in una Valtellina, sia pur oramai tramontata quale ultimo baluardo militare era, in questo senso, certamente un obiettivo, sia pure transitorio. *** Chiudiamo qui questa nostra triste controinformazione, resa ancor più penosa nei momenti in cui abbiamo dovuto considerare, con asettica obiettività, squallidi particolari o gli stessi referti autoptici sul cadavere di una povera donna o su quello di Mussolini che. a nostro avviso, resta, il più grande italiano di tutti i tempi. E lo diciamo lontani da qualsiasi pathos nostalgico e consci oltretutto che, oggi come oggi, la vicenda della rivoluzione fascista ha chiuso, con la sconfitta militare del 1945 e l’avvento del modernismo, globalizzato e multietnico, il suo ciclo storico. 7 Rimandiamo ai testi che abbiamo, in corso d’opera, citato per l’osservazione di varie foto, cartine e disegni che qui non abbiamo potuto riportare. Del resto, questo nostro lavoro, non era destinato, nè finalizzato ad alcuna pubblicazione editoriale. Marzio Di Belmonte - Marzo 2008 7 A nostro avviso, infatti, non si vede proprio come nelle moderne società a consumismo avanzato, multirazziali, prive di ogni vero valore umano e spirituale e per giunta inserite in un complesso di condizionamenti politicofinanziari globalizzati, possa affermarsi una politica ed una ideologia fascista, fatta eccezione per qualche programma dal semplice contenuto sociale. Oseremmo quasi dire che, fatte le dovute eccezioni, ci si trova oggi alle prese, e peggio ancora sarà in futuro, con un genere umano psicologicamente e spiritualmente affatto difforme dalle epoche trascorse, alieno al vero senso della vita, quasi una razza bastarda e degenerata, impermeabile ad ogni idea e concezione superiore. E’ il trionfo dell’american way of life con buona pace di quegli imbecilli di destra che sostenevano che tra il comunismo sovietico ed il cosiddetto mondo libero, quest’ultimo fosse il male minore! 412 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE Bibliografia essenziale Per una conoscenza almeno consigliano le seguenti pubblicazioni: sufficiente dell’argomento, 1. F. Bandini: Le ultime 95 ore di Mussolini - Sugar 1959 e Oscar Mondadori 1968 2. C. Falaschi: Gli ultimi giorni del fascismo - Editori Riuniti 1973 (opuscolo) 3. F. Bandini – Storia Illustrata: Fu fucilato due volte - Mondadori Febbraio 1973 4. W. Audisio: In nome del popolo italiano - Teti 1975 5. F. Bandini: Vita e morte segreta di Mussolini - Mondadori 1978 6. G. Cavalleri e A.Giamminola: Un giorno nella storia 28 Aprile 1945 - Edizioni Nodo 1990 7. F. Andriola: Appuntamento sul lago - SugarCo 1990 8. U. Lazzaro: Dongo, mezzo secolo di menzogne - Mondadori 1993 9. A. Zanella: L’ora di Dongo - Rusconi 1993 si 10. G. Lonati: Quel 28 aprile. Mussolini e Claretta la verità - Mursia 1994 11. G. Cavalleri: Ombre sul lago - Edizioni Piemme 1995 12. G. Pisanò: Gli ultimi cinque secondi di Mussolini - Il Saggiatore 1996 413 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE 13. G. Perretta: La verità. Dongo, 28 aprile 1945 - Edizioni Actac 1997 14. F. Bernini: Così uccidemmo il Duce - Edizioni C.D.L. 1998 15. L. Garibaldi: Vita col Duce - Pietro Carradori racconta - Effedieffe edizioni 2001 16. L. Garibaldi: La pista inglese - Edizioni Ares 2002 17. E. Curti: Il chiodo a tre punte - Iuculano editore 2003 18. F. Bernini: Il giustiziere del Duce Walter Audisio il colonnello Valerio - Iuculano editore 2004 19. M. Viganò: Documenti Testimonianze: L. Carissimi Priori - Nuova Storia Contemporanea N. 5 – 2004 20. P. L. Baima Bollone: Le ultime ore di Mussolini - Mondatori 2005 21. F. Andriola: Mussolini: una morte da riscrivere - Storia in Rete maggio 2006 (rivista) *** 414 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE INDICE GENERALE Nota dell’autore...................................................................2 Introduzione .............................................. .......................3 Una morte appositamente resa misteriosa .............. 18 Avvertenza alla lettura..........................................20 Capitolo 1: La “versione ufficiale”..................................21 Otto resoconti per una non “versione ufficiale”..............23 Un “revisionismo” ipocrita ............. ......................... 25 L’antefatto............................................... ......................... 27 La sedicente “versione ufficiale” ............ ......................... 29 Descrizione dei luoghi e percorsi .... ......................... 31 Genesi e protagonisti della “versione”..................... 35 Walter Audisio, alias colonnello Valerio................... 38 Capitolo 2: La Versione ufficiale: resoconti del 1945 ...41 Primo resoconto dell’Unità del 30 aprile ‘45..................41 Secondo resoconto Unità Novembre/Dicembre ‘45 .......... 47 L’inchiesta di F. Lanfranchi ..................................47 La relazione Valerio del Novembre/Dicembre ‘45 ........... 51 Capitolo 3: Versione ufficiale: resoconti Audisio .........58 Terzo resoconto Unità 1947 (a firma W. Audisio).............58 Il libro “In nome del popolo italiano” di W. Audisio.........63 Capitolo 4: Versione ufficiale: Lampredi e Moretti........75 La relazione di A. Lampredi del 1972...... .......................75 Le testimonianze di M. Moretti .......................................85 415 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE Capitolo 5: Versione ufficiale: altre testimonianze .......99 Testimonianze dei coniugi De Maria........ .......................101 Il “suicidato” Giuseppe Frangi ............... .......................108 Testimonianze di Guglielmo Cantoni........ .......................109 Testimonianze dell’autista G. B. Geninazza........................ 113 Testimonianze (varie) del luogo............... .......................122 Azzano: il caricamento dei cadaveri sul camion..........131 Il problema degli orari .............................................136 Capitolo 6: Versione ufficiale: L’autopsia e i reperti.....138 Verbale o verbali d’autopsia ...... .......................140 L’autopsia del Prof. C. M. Cattabeni: il verbale...............142 “Rendiconto di una necroscopia d’eccezione” (Cattabeni) 146 Il “documento Cova” ............................. .......................148 Verbale seconda necroscopia Mussolini................ 153 Claretta Petacci: accertamenti peritali del ’56 .....153 Specchietto comparativo rigor mortis .................... 154 Disegni colpi e fori premortali sul Duce ................. 156 Fori d’arma da fuoco su Clara Petacci................... 158 Avvertenze sulle interpretazioni dell’autopsia...................159 Interpretazioni nell’ottica della versione ufficiale .............161 Interpretazioni “alternative” dell’autopsia......................164 I reperti: armi e i reperti di vestiario ........ .......................166 La presunta pistola......................... .......................168 Il presunto mitra ............................ .......................169 Lo stivale destro “sdrucito” di Mussolini . .......................173 I pantaloni indossati da Mussolini ........... .......................174 Il cappotto e/o la giacca di Mussolini ...... .......................175 La maglietta intima di Mussolini e i mutandoni ...............180 La pelliccia di Clara Petacci................... .......................182 Il fucilatore (i) e la “grande bufala”...... .......................184 416 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE Capitolo 7: Studi e perizie Critica a una “necroscopia d’eccezione”...187 Le tesi del dott. A. Alessiani .................... .......................187 Il teorema del verbale 7241 (di A. Alessiani) ...................191 Le ipotesi balistiche di A. Alessiani.......... .......................205 Commento agli studi di A. Alessiani.......... ......................... 205 Altri studi a Pavia ...................................... ......................... 208 Quesiti posti al Prof. G. Pierucci negli anni ‘90................210 Nuovi riscontri con tecniche moderne ....... .......................214 Stralci da “Una macabra messinscena” di F. Andriola)... 214 Capitolo 8: Intermezzi: Avvenimenti del 27/28 aprile ’45 ..................221 I° Intermezzo: Cattura del Duce: tradimenti e spie............. 222 II° Intermezzo: Quella “ mattinata” di Valerio e Guido .... 227 III° Intermezzo: 28 aprile: Pietro, Pedro, Neri e Gianna .... 247 IV° Intermezzo: La scelta dei “fucilandi” a Dongo ............. 259 V° Intermezzo: Il lungo cammino verso la verità ................263 Capitolo 9: Le versioni alternative.......... .......................269 Il “revisionismo” resistenziale ipocrita ..... .......................270 Dichiarazione dell’Istituto comasco .......................276 Ipotesi F. Bandini.................................... .......................278 Ipotesi U. Lazzaro ................................... .......................282 La leggenda di Valerio / Longo / Mr. X..................... 286 Ipotesi A. Zanella .................................... .......................296 Versione G. Landini (tramite F. Bernini) ... .......................304 A. Lampredi fucilatore ? ................. .......................312 Versione G. Lonati .................................. .......................315 L’ipotesi suicidio Mussolini con il cianuro .......................321 Prospetto generale “fucilazioni” di Mussolini ..........325 417 CAPITOLO 13 COMMIATO - BIBLIOGRAFIA - INDICE GENERALE Capitolo 10: Fine di una montatura Fine di una montatura ............................... ......................... 327 La versione ufficiale nella spazzatura (I motivi) .................331 Capitolo 11: Uno squarcio di verità ........ .......................347 Un fulmine a ciel sereno!................ .......................347 Perchè la signora Mazzola è un teste attendibile............349 Come si arrivò al teste di Bonzanigo...... .......................353 Il racconto di D. Mazzola..................... .......................357 Prime nostre osservazioni sul racconto ..................358 Ripresa del racconto di D. Mazzola ...... .......................360 Altre nostre considerazione........... .......................362 Ripresa del racconto di D. Mazzola ...... .......................363 Capitolo 12: Conclusioni ......................... .......................367 Considerazioni di G. Pisanò................ .......................367 Nostre considerazioni alla testimonianza Mazzola......... 372 Cosa pensiamo delle deduzioni di Pisanò .....................372 Nostre perplessità al racconto Mazzola........................374 Una morte desiderata sbrigativa............................. 376 Una nostra ipotesi sugli avvenimenti ............................... 378 Risolto il mistero della morte del Duce ?................ 387 Omertà di partito e di convenienza .................................. 389 Un analogia: gli attentati dell’11 settembre 2001 .... 393 Un ruolo massonico .............................................395 Commiato: “Dal sangue l’avvento della rivoluzione Comunista in Italia ? ....................................... 398 Le belve al lavoro: da Dongo a Pl. Loreto.................. 401 Se Mussolini avesse voluto salvarsi...........................405 Bibliografia essenziale.......................................413 Indice Generale...................................................415 418