L’ultima di Marchionne:“Sono drogato di capitalismo”. Dev’essere per questo
che somministra ai lavoratori dosi massicce di licenziamenti. Urge antidoping
Giovedì 30 aprile 2015 – Anno 7 – n° 118
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e 1,40 – Arretrati: e 2,00
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
Le parole per dirlo
di Marco Travaglio
i scrivono molti elettori Pd,
C
soprattutto renziani pentiti:
“Perché nessuno dice e fa nien-
MAURIZIO MARTINA
Ministro di Area Riformista Dlm
FRANCESCO BOCCIA
Da sempre vicino a Letta Dlm
CESARE DAMIANO
SANDRA ZAMPA
Area Riformista Dlm
Storica portavoce di Prodi Dlm
PAOLA DE MICHELI
Lettiana di ferro e di governo Dlm
LA FIDUCIA DEI TENGO FAMIGLIA
Primo via libera dell’aula della Camera
all’Italicum. 90 tra bersaniani, lettiani
e cuperliani mollano la Ditta e passano
con Renzi. Bersani, Letta e Cuperlo
non votano. Nessuno dice No. Regna
il terrore per le liste alle prossime
elezioni. Il premier pronto a far risorgere
il Patto del Nazareno con Berlusconi
Calapà, d’Esposito, Marra e Rodano » pag. 2 - 3 - 4
Matteo Renzi Ansa
Udi Daniela Ranieri
Udi Alessandro Robecchi
LA QUESTUA
DEL PD
COME TOTÒ
E PEPPINO
SE NON SALVI
IL GOVERNO
TI CADONO
I CAPELLI...
» pag. 18
E B. SE NE VA IN CINA
» pag. 18
RINO FORMICA
“Matteo motorino
di una centrale
atomica
che lo brucerà”
Truzzi » pag. 10 - 11
» TERREMOTO » Finora stanziati solamente 400 mila euro di aiuti
Dal Nepal all’emergenza Ebola:
il braccino corto dell’Italia solidale
Silvio Berlusconi Dlm
Pier Silvio promosso
a Mediaset, lo Squalo
tratta col Caimano
Conti e Di Foggia » pag. 5
Le Ong hanno raccolto 200
mila euro. L’Onu ha chiesto di
trovare 400 milioni di dollari.
Gli Usa ne hanno offerti 10,
tutta la Ue 3, quanti donati
dalla sola Cei. A Kathmandu
proteste per i soccorsi lenti.
Superate le 5 mila vittime
FOTO ESCLUSIVE
Expo: a 24 ore
dal via non ci sono
pavimenti e scala
Lillo » pag. 8
Schiesari » pag. 12
LA PROTESTA DEL SINDACO
BOOSTA DEI SUBSONICA
» MATITA BLU
Orrori di italiano,
ma la situazione
non è grammatica
» pag. 14
Palermo, niente
“1° maggio a Roma
partita nel giorno
è di élite: a Taranto
della strage di Capaci suoniamo per tutti”
Lo Bianco » pag. 6
Caselli » pag. 15
LA CATTIVERIA
Il Papa aprirà l’Expo.
Da vero esperto
di cose immaginarie
» www.forum.spinoza.it
te?”, “L’avesse fatto Berlusconi,
saremmo tutti sotto la Camera e il
Quirinale”. C’è la stanchezza che
pervade molti alla sola idea di tornare a mobilitarsi, dopo l’illusione che, uscito B. da Palazzo Chigi,
tornasse ipso facto la democrazia.
C’è l’incredibile servilismo di
stampa e tv, mai così compatte
nell’occultare le vergogne del
nuovo Capo. C’è l’impresentabilità degli avversari di Renzi, sua
unica vera assicurazione sulla vita: se a contrastare l’Italicum sono
la minoranza Pd e FI che l’avevano votato due volte, il bulletto
può campare cent’anni. C’è il silenzio indecente di Mattarella,
Grasso e Boldrini alle esequie della democrazia parlamentare. E c’è
il nanismo dei protagonisti di governo e di opposizione: ogni loro
parola, anche la più impegnativa
e altisonante, diventa subito barzelletta. Chi può allarmarsi se uno
sfigato grida al fascismo? Chi può
credere che Renzi sia come Mussolini? Sull’Italicum sta facendo la
stessa cosa del Duce sulla legge
Acerbo, ma il pericolo – pure grave – non lo prende sul serio nessuno. E in questa tragicommedia
flaianesca (“la situazione è grave
ma non seria”), conta anche il linguaggio. Che, come la storia, è
sempre appannaggio dei vincitori. Prendiamo il verbale datato 22
aprile dei deputati questori inviato alla Boldrini per processare alcuni protagonisti degli scontri alla Camera sul Jobs Act e sulla riforma del Senato. Una prosa di
rara comicità.
Il 24-11-2014 i 5Stelle beccano
un pianista forzista, Di Stefano,
che vota più volte al posto del
collega Gallo. Confessano entrambi, ma promettono di non
farlo più. I questori propongono “una lettera di forte censura”
e “auspicano che i gruppi si facciano parte attiva nel contrastare tale fenomeno”, cioè che il
cappone si lanci nella padella
per il cenone di Natale. Tarallucci e vino. L’11-1-2015 inizia
la seduta-fiume sulla riforma
costituzionale. Ore 22.35: Grimaldi e Giorgetti (Lega) danno
dello “zerbino” a Pizzolante
(Ap-Ncd), che risponde: “Speculazioni di bassa Lega”. Battutona. Leghista Molteni: “Coglione”. Rissa leghisti-centristi,
anzi “contatto” – scrivono pudichi i questori – seguìto da
“scambio di apostrofi”. Ecco, si
son tirati addosso segni di interpunzione e caratteri tipografici:
punteggiatura. Ore 23.10: si entra nell’alta strategia militare.
Un manipolo M5S “scende
nell’emiciclo in protesta verso
la Presidenza. Un cordone di
assistenti parlamentari postisi
dinanzi ai banchi del governo
impediva ai deputati di sopravanzare, ostacolando il tentativo del Vacca di raggiungere la
Presidenza aggirando lo schieramento degli assistenti”.
Segue a pagina 20
2
POLITICA
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
L’
elenco
degli anti-segretario
rimasti nel partito
ECCO I 38 dissidenti del Pd: Roberta Agostini, Tea Albini, Pier Luigi Bersani, Rosy Bindi, Luisa Bossa, Vincenza Bruno Bossio, Angelo Capodicasa, Eleonora Cimbro, Giuseppe Civati, Gianni Cuperlo, Alfredo D'Attorre, Guglielmo Epifani, Marilena Fabbri,
Gianni Farina, Stefano Fassina, Vincenzo
Folino, Paolo Fontanelli, Filippo Fossati, Car-
lo Galli, Andrea Giorgis, Marialuisa Gnecchi, Monica Gregori, Francesco Laforgia,
Enrico Letta, Danilo Leva, Patrizia Maestri,
Gianna Malisani, Marco Meloni, Anna
Miotto, Michele Mognato, Delia Murer,
Giorgio Piccolo, Barbara Pollastrini, Roberto
Speranza, Nico Stumpo, Guglielmo Vaccaro, Giuseppe Zappulla e Davide Zoggia.
il Fatto Quotidiano
38
SCELGONO
LA FUGA
DEM CHE HANNO
LASCIATO L’AULA
In due, Speranza
ed Epifani, in realtà
risultavano assenti
per missione
RENZI VUOLE ARRIVARE AL 2017
(CON I VOTI DI FORZA ITALIA)
L’ITALICUM HA LA PRIMA FIDUCIA: 352 SÌ E 207 NO. E ORA IL GOVERNO È PRONTO
A TRATTARE CON BERSANIANI E BERLUSCONIANI SULL’ELETTIVITÀ DEI SENATORI
di Wanda Marra
dificabile). Ma andando a scrivere le leggi attuative, che regolano le elezioni regionali. Ci sono due possibilità: i nuovi senatori verranno eletti con un listino affiancato alle liste per le regionali. Oppure, verranno eletti
senatori i consiglieri regionali
che ottengono il maggior numero di preferenze. Ipotesi che fino
ad ora Renzi aveva respinto. Ma
che, all’occorrenza, potrebbero
entrare nella trattativa.
M
aria Elena Boschi
quando
esce
dall’aula di Montecitorio ha un
sorriso smagliante. Quei 365 sì
alla fiducia sull’Italicum sono
un risultato più che soddisfacente. “La legge elettorale come
pistola per andare alle urne? Ma
con questi numeri come si fa a
parlare di caduta del governo?”.
Il commento tra i renziani di
ogni ordine e grado è unanime.
Preoccupazione sulle due fiducie di oggi, sul voto finale segreto alla legge di martedì prossimo o sul futuro del governo?
Nessuna. “Due ex segretari, un
ex premier, un ex capogruppo e
un ex presidente del partito non
sono stati determinanti”, dicevano i fedelissimi. E dunque,
sanzioni in vista? Nessuna.
MATTEO RENZI poco prima
che si iniziasse a votare ha mandato una eNews in cui parlava
della riforma della scuola (promettendo modifiche) e della
“visione strategica” per i prossimi 20 anni dell’Italia. Il suo modo per dimostrare che è già oltre.
Però, c’è un però, che ostacola le
magnifiche sorti progressive del
renzismo: in Senato i numeri sono risicatissimi. E come si fa a
governare con la minoranza di
un partito che in realtà aspetta
solo il momento giusto per far
fuori il suo segretario-premier?
La risposta è lì, dietro l’angolo.
Mentre all’ultima riunione del
gruppo Pd, Speranza si dimetteva, Luca Lotti ostentava sicurezza. “Non c’è problema”,
commentava, parlando con i
deputati. Sicurezza derivante
In pochi al fronte
PERCHÉ il segretario-premier a
Il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, ieri alla Camera Ansa
I RENZIANI
“La legge elettorale
come pistola
per tornare alle urne?
Ma con questi numeri
come si fa a parlare
di caduta del governo?”
ALLE POLITICHE
Palazzo Chigi
punta a superare
gli scogli delle riforme
e poi a far sciogliere
le Camere prima
del Congresso Pd
dal Pd? No, da Forza Italia, nella
persona di Denis Verdini e i
suoi. “Su 15 senatori di Forza
Italia possiamo già contare”,
spiegava ieri un deputato renzianissimo. “E poi, dopo le regionali, si spaccano e votano con
noi”. Insomma, per andare
avanti Renzi conta su un nuovo
Patto del Nazareno. Se esce
qualche voto della minoranza
dem, ne entra qualcuno degli
azzurri. Perché lui del Pd non si
fida da inizio legislatura.
LO SCOGLIO più forte sono le ri-
forme costituzionali. Il Senato
deve votare la sua abolizione. I
tecnici del ministero delle Riforme, insieme ai costituzionalisti
più vicini a Renzi, stanno lavorando a modifiche. Per andare
incontro alla minoranza più
dialogante. Ma anche per cedere
a una richiesta di Forza Italia.
Renzi sarebbe pronto a fare
qualche concessione sull’elettività dei senatori. Non cambiando l’articolo 2 (la Camera l’ha
approvato, e dopo la seconda
copia conforme non è più mo-
Redivivi
È ritornato l’Ulivo
ma è affetto da grave
Xylella fastidiosa
di Giampiero Calapà
on riferimento a quanto
C
pubblicato sul Fatto Quotidiano, l’Ufficio stampa del pre-
sidente Romano Prodi ribadisce che il presidente, non partecipando alla vita politica attiva del Paese, non ritiene di dare
o meno la propria ‘benedizione’
a nessuna delle scelte politiche
che restano legittimamente in
capo alla responsabilità dei singoli esponenti del Partito democratico”. Così lo staff del
Professore replica al titolo a pagina 3 del Fatto di ieri: “L’Ulivo
si ribella al Pd 2.0. Prodi e Letta
portare a casa le riforme ci tiene
davvero: è un tassello da offrire
alla pubblica opinione. Entrato
in vigore l’Italicum, abolito il Senato così come lo conosciamo,
allora sì che potrebbe andare alle
urne. Alla fine del 2016 o all’inizio del 2017. Prima del congresso Pd. Un modo per battere sul
tempo le minoranze, che forse
guardano a una scissione, ma
non nell’immediato. E cercano
di costruire un’alternativa proprio in vista del congresso.
In uno scenario così complesso,
l’incidente o l’accelerazione voluta sono sempre possibili: e allora, se il governo cade, come si
vota? Tecnicamente, una legge
elettorale non c’è ancora. L’Italicum, una volta approvato, non
è valido fino al primo luglio
2016, e comunque non si può
usare per il Senato. Il Consultellum, così com’è non è applicabile. E a Camere sciolte, una legge elettorale per decreto non si
può fare. E allora? Stando anche
alle valutazioni preventive del
Colle, la strada più semplice sarebbe cancellare la clausola di
salvaguardia dell’Italicum e andare a votare alla Camera con la
nuova legge e al Senato con un
benedicono”. Effettivamente la
benedizione di Prodi ed Enrico
Letta, qualora ci fosse stata, ha
prodotto ben poca cosa, altro
che Ulivo capace di battere Silvio Berlusconi due volte su due
(sotto la guida di Prodi) alle urne. Su cinquanta deputati della
famigerata minoranza democratica, soltanto in 38 alla fine
hanno votato no... pardòn sono
usciti dall’Aula, non hanno
avuto neppure la forza di pigiare un deciso “no” a questo odiato Italicum. Nonostante queste
macerie di un passato mai compiuto che crollano Rosy Bindi,
attuale presidente della com-
missione antimafia e in passato
una dei principali esponenti del
Pd, sembra esultare: “Questo è il
caso in cui i voti sono da contare
e da pesare. Tentazione ulivista?
Virtù mai sopita, dentro il Pd è
rinato l’Ulivo”. E, in caso, è rinato proprio male, già affetto da
una grave forma di xylella davvero molto fastidiosa. Il capo
storico della fronda, il solitario
della birra al pub e di una vittoria monca, Pier Luigi Bersani,
scalcia senza far male a nessuno
prima di uscire dall’Aula: “Ne
ho votate ben 17, più di una al
mese. Sono pronto a votarne 18,
ma lo faccio sugli atti del gover-
LO SCONTRO
Tempi andati, Bersani e Renzi insieme LaPresse
Consultellum rivisto. Comunque si aprirebbe un rebus su come modificare il Consultellum.
Ma questa soluzione a Renzi
non dispiace: con l’8% di sbarramento per i piccoli, i grandi
partiti si spartirebbero anche i
voti di quelli che non entrano in
Parlamento. Secondo i calcoli
del premier e dei suoi, un Pd stimato al 40% potrebbe ottenere
addirittura un 10% in più. Tutto
da vedere, anche perché le maggioranze Regione per Regione
in genere non regalano una
maggioranza chiara. Tra i pasdaran del renzismo, in molti so-
STRAFALCIONI
no, non posso accettare come
cittadino, parlamentare, membro del Partito democratico,
che si zittisca il Parlamento su
un tema come la legge elettorale”. C’è il solito Pippo Civati, che
nonostante mille minacce, non
è ancora riuscito a compiere il
suo sogno e ora pensa alla violenza: “Ho rinunciato non a una
poltrona, ma a un intero centro
commerciale di poltrone.
Un’intera Ikea di poltrone. Se
insistono a dire che faccio le cose per le poltrone meno. Ho detto mesi fa che non mi ricandiderò col Pd se le cose rimarranno così e le cose stanno peggiorando. Deciderò presto se lasciare il partito e, in caso, con
me ci saranno altri”. Enza Bruno
Bossio spiega il travaglio dell’ex
capogruppo Roberto Speranza:
“Lui non è uno incline al conflitto, è saggio e accorto. Se si è
sentito esasperato al punto di
non votare, la maggioranza dovrebbe chiedersi il perché”.
no convinti che all’occorrenza si
troverebbe il modo di fare un
decreto per estendere l’Italicum
al Senato. Peccato che la Costituzione lo nega. Ma c’è sempre
un piano di riserva: quello di un
governo ad hoc solo per scrivere
una legge elettorale. L’Italicum è
una pistola che va caricata. I verdiniani invece sono una certezza, e Forza Italia una buona garanzia. “Stiamo solo facendo il
nostro dovere”, scriveva ieri il
premier nella eNews. “Siamo qui
per cambiare l’Italia. Non possiamo fermarci alla prima difficoltà”.
di
fd’e
Matteo non è Moro
neanche in citazioni
Q
uando il renzismo imita, per cinismo e
spregiudicatezza, House of Cards nulla da
obiettare. Appare però goffo quando scimmiotta
e strumentalizza i grandi del passato, in una sorta di gioco delle tre carte, anzi three cards game per
rimanere in tema. Nascondersi dietro le motivazioni di De Gasperi e di Moro sulla legge truffa
del ’53 per giustificare la fiducia sull’Italicum è
un po’ penoso e superficiale. Perché se si va a
leggere l’intervento di Moro (in risposta, peraltro, a Togliatti) si legge: “Si tratta innanzitutto
non già di un partito solo, ma di una coalizione
di partiti che si presenta al popolo italiano”. E
l’Italicum, con il premio di lista, è l’esatto contrario. Poi Moro specifica che il premio non deve
andare a “una maggioranza relativa che si trasforma in maggioranza assoluta”. E sono due.
POLITICA
il Fatto Quotidiano
EPIFANI NON SI PRESENTA
LA FIOM: “MA AL JOBS ACT HA DETTO SÌ”
Ufficialmente era in missione. Però il segretario
dell’Emilia della Fiom, Bruno Papignani, lo ha incontrato sulla porta mentre andava a farsi
ascoltare dalla Commissione Lavoro della Camera sul caso Fincantieri. Guglielmo Epifani, deputato Pd, bersaniano ma, soprattutto, ex se-
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
gretario della Cgil, lo ha salutato un po’ impacciato. “Io d’istinto, avrei voluto riempirlo di nomi. Non mi capacito come un ex segretario generale della Cgil, abbia potuto votare a favore
del Jobs Act. Poi ha prevalso il senso di responsabilità (o la sindrome del Coniglio) e gli ho detto: sono qui per Fincantieri, ho chiesto un incontro anche alla commissione Industria che tu
3
presiedi ma non so ancora nulla”. Certo, hai ragione, scusa ma sono giorni difficili, comunque
la convocherò, la risposta dell’ex segretario Guglielmo Epifani. Cortese ma frettoloso. In effetti
sono giorni difficili che certificano una spaccatura interna al Pd. Quando si votava il Jobs Act,
il Partito democratico si spaccava con il sindacato ma al suo interno non succedeva nulla.
“TENGO FAMIGLIA”
I 90 Responsabili del premier
che hanno ucciso il padre
C’È CHI PENSA AL FUTURO E ABBANDONA PIER LUIGI, DALLA CORRENTE SINDACALE DI DAMIANO
A BOCCIA CHE SI TRINCERA DIETRO LA “SUA” BASE: GLI ISCRITTI DI BARLETTA HANNO VOLUTO COSÌ
di Fabrizio d’Esposito
M
a Lattuca che fa? Ha votato?”. “Ah, eccolo che sta andando, sarebbe stato un
peccato, è un bravo ragazzo”. Cortile di Montecitorio mentre si
vota la fiducia. Un drappello di renziani è
radunato sotto a un gazebo. Si fuma e si
scruta il monitor che riprende l’aula. Lat-
tuca si chiama Enzo ed era il più giovane
dei deputati bersaniani. Il drappello è in
ansia per lui e alla fine il mistero si scioglie positivamente per loro.
È una delle tante scene di ieri. Una conta
continua. Per ammazzare i tanti padri
della minoranza, in primis Pier Luigi Bersani, ultimo segretario in quota “Ditta”.
È il vero parricidio che si consuma con
tanto di documento con 50 presunte fir-
me (nessuno le ha viste) del gruppone di
minoranza, Area Riformista. In compagnia di altri 40 di varia estrazione, lettiana, cuperliana e così via. Adesso i 90
vanno ad aggiungersi, dentro il recinto
del renzismo, ai giovani turchi di matrice
bersanian-dalemiana. Sono i Responsabili di Renzi, che stanno al governo o in
segreteria e pensano al seggio del futuro.
Qui sotto i più “rappresentativi”.
MAURIZIO MARTINA
CESARE DAMIANO
FRANCESCO BOCCIA
MICAELA CAMPANA
Ministro dell’Agricoltura e della sinistra Expo. Lombardo, allievo di Filippo Penati. Non è parlamentare,
ma è un simbolo della transumanza
bersaniana verso Renzi.
Ex ministro e capo della sinistra
Cgil. Sulla sponda renziana ha
portato con sé quasi tutta la sua
corrente sindacale a Montecitorio, una decina di deputati.
Già lettiano e antirenziano d’acciaio,
ha partecipato alle riunioni carbonare della minoranza. Dice sì all’ultimo minuto trincerandosi dietro “la
base” del suo collegio pugliese.
Bersaniana della segreteria. Era
sparita dalla circolazione dopo i
suoi sms di baci a Buzzi nell’inchiesta di Mafia Capitale. È tornata per votare la fiducia a Renzi.
PAOLA DE MICHELI
ENZO AMENDOLA
SANDRA ZAMPA
MATTEO MAURI
U. DEL BASSO DE CARO
MARIA C. CARROZZA
Molti, se non tutti, cambiano canale quando sentono la sua voce
in tv. È stata un volto del lettismo
incrociato col bersanismo. Adesso
ha anche una poltrona di governo.
Dalemiano più dalemiano di
D’Alema, per lungo tempo. Ha retto il partito in Campania e adesso
è in segreteria. Già lunedì sera non
si è fatto trovare dai suoi ex amici.
Rappresenta il prodismo che resta
nel Pd. In un libro ha scritto chiaramente che tra i famosi 101 c’erano tutti i renziani, all’epoca minoranza. Ma anche lei ha votato sì.
Altro allievo lombardo e bersaniano della sinistra di Filippo Penati,
inguaiato da varie inchieste. È la
sinistra delle grandi opere che non
va mai all’opposizione.
Craxiano, dalemiano, adesso renziano con nonno massone. Umberto Del Basso de Caro ha una
poltrona di sottogoverno e se la
tiene stretta, strettissima.
Ex ministro del governo Letta fa
parte dei fedelissimi di “Enrico”
che hanno scelto di dare la fiducia
a Renzi, lasciando da soli i big del
vecchio Ulivo.
La lettera
Sul cargo del vincitore
Migliore e l’odore (non di rose) della poltrona
di Luisella
Costamagna
aro on. Gennaro Migliore,
C
ogni governo ha i suoi
simboli, chi l’avrebbe detto
che pure lei lo sarebbe diventato? Sia pure del (vecchio)
trasformismo del (nuovo)
renzismo. Per la verità, il salto
sul carro del vincitore ha assunto con Renzi dimensioni
tali da meritarsi di diventare
specialità olimpica, ma – suvvia, non faccia il modesto – lei
è da podio: il Migliore, appunto.
Devono essere stati durissimi i
5 anni in cui, insieme a Rifondazione comunista, è rimasto
fuori dal Parlamento. Neanche una fatica letteraria – dal
titolo profetico È facile smettere
di perdere se sai come farlo, sottotitolo Idee di sinistra per la no-
stra sinistra. Subito – è riuscita
ad alleviare il malessere.
MA ALMENO dimostra che lei
sapeva davvero come “smettere di perdere”: semplicemente
passando con chi vince. Facile.
Con buona pace della sinistra.
Di fronte all’annuncio della fiducia sull’Italicum, i suoi ex
compagni di Sel hanno lanciato crisantemi dagli scranni
della Camera in nome del “funerale della democrazia”. Lei
invece aveva preferito le rose
quando, ancora con loro, si era
scagliato contro la legge elettorale: “Quella che noi chiamiamo rosa, anche chiamata
con un altro nome, avrebbe
sempre lo stesso dolce profumo” – aveva detto citando Romeo e Giulietta – “ma quello che
voi chiamate Italicum, anche
con un altro nome, ha sempre
il, non dolce, ma pesante olezzo di quello che chiamammo
Porcellum. Le leggi si giudicano dall’odore”. Poi però, nella
più classica delle tradizioni italiane, si è tappato
il naso: passato
col Pd, è divenCOERENZE
tato relatore di
quella stessa meDa “funerale
fitica legge. “Siamo di fronte a
della democrazia”
un’occasione
a “occasione storica”: storica” – ha dichiarato inebriala capriola sul nuovo
to dal nuovo profumo della polsistema come
trona – “quella di
specialità olimpionica approvare una
buona legge elettorale”. Un
entusiasmo degno, come minimo, di una visita otorinolaringoiatrica.
ORA NON ME NE voglia, ma
sebbene la sua inversione a U
riguardi non solo la forma, ma
anche i contenuti, e per questo
– lo ripeto – valga il podio, non
merita tuttavia un’intera lettera. Dopo le sue 15 righe di gloria, il finale deve essere per il
vero vincitore: Renzi. Penso al
sottile, cinico, sprezzante piacere del suo premier nel vederla smentire se stesso e la sua
storia. E chissà se il boyscout
Dc penserà anche, godendo:
“L’antagonista barricadero ora
mi porta l’acqua con le orecchie”, “Altro che Marx, io ho
capitalizzato la sinistra”. Soprattutto: chissà se dopo averle
dato la sòla alle regionali in
Campania e averle fatto aspirare a pieni polmoni, da relatore, l’Italicum (un po’ come se
avesse nominato Berlusconi
agente di scorta della Boccassini), poi la metterà nella rosa
delle candidature nel Pd alle
prossime elezioni. Oppure se,
per noia del gioco, in un rigurgito di senso di dignità della politica (ma questo è più difficile, conoscendo il tipo), o
per banale mancanza di fiducia, le offrirà solo un crisantemo per il suo trapasso politico. Caro Migliore, credo
che a questo punto nel suo
bouquet non restino che le
margherite: il profumo è quello che è, ma tanto ormai il suo
olfatto è compromesso. Può
però sfogliarle, e chiedersi:
m’ama o non m’ama?
4
POLITICA
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
G
li strani dissensi
di De Girolamo
e De Mita junior
SE IL MARITO Francesco Boccia all’ultimo momento ha deciso di dire addio alla minoranza del Pd
è votare la fiducia, sua moglie Nunzia De Girolamo,
esponente del partito alleato e di governo Ncd (seppur nostalgica del berlusconismo), invece in dissenso dal suo gruppo non vota la fiducia: “Non partecipo al voto sulla fiducia perché non condivido il
metodo Renzi. È una forzatura, chiedere la fiducia
il Fatto Quotidiano
alla maggioranza equivale a non fidarsi della propria
maggioranza”. C’è un dissenso, sembra incredibile,
nella linea filo-governativa anche nell’Udc: quello di
Giuseppe De Mita, niente poco di meno che figlio di
Ciriaco: “Non parteciperò al voto di fiducia sull’Italicum. Per mie valutazioni quale parlamentare, ma
anche come vice segretario dell’Udc, per il profondo malessere registrato nel partito”.
“La ditta s’è squagliata
molto prima dell’Italicum”
fatto
a mano
PARLANO I MILITANTI DEL PD: GLI ISCRITTI DIMINUISCONO E SONO SEMPRE PIÙ DIVISI,
MA LA LEGGE ELETTORALE È L’ENNESIMO PRETESTO, LA FRATTURA VIENE DA LONTANO
di Tommaso Rodano
L
a ditta s’è sfasciata, e
da un bel po’. A
Montecitorio ne ha
dato l’annuncio Pier
Luigi Bersani, che si era inventato il nome e aveva incarnato
quell’idea di partito, fino alle
primarie che hanno messo il
Pd nelle mani di Matteo Renzi.
Nei territori, invece, ne danno
l’annuncio tantissimi militanti. Dal 2009 al 2014 gli iscritti
sono più che dimezzati, passando da 831.042 a 366.641.
Anche chi è rimasto, nei giorni
dell’Italicum, non si sente tanto bene.
Bologna
Festa dell’Unità addio
Il caso più clamoroso è quello
del capoluogo emiliano. A Bologna i militanti di diversi circoli minacciano il boicottaggio
della Festa dell’Unità domenica, quando sul palco salirà il
presidente del Consiglio. Mirella Signoris è una militante
“rossa” di lunga data della sezione Pratello. “Le condizioni
sono tali – dice – che per la prima volta in vita mia potrei disertare la festa. Ma quel che
conta è che non riconosco più il
mio partito, e con me tantissimi iscritti bolognesi. Non condivido la linea politica e il modo con cui il segretario impone
le sue decisioni, dal Jobs Act
all’Italicum. Siamo stati trasformati in comitati elettorali.
MIRELLA SIGNORIS
“Per la prima volta forse non andrò alla festa
dell’Unità di Bologna: questo partito non lo
riconosco più, il segretario decide da solo”
SAVERIO PICCIONE
“In questo momento purtroppo Renzi è alla guida
della regressione democratica del Paese, ma io
combatto e non me ne vado: mi devono cacciare”
MELISSA MONGIARDO
“Fanno passare la fiducia come un atto di forza,
invece è un segno di estrema debolezza.
Matteo sta distruggendo la nostra comunità”
DANIELE PIVA
“La depressione e l’incazzatura non iniziano
di certo con la legge elettorale. Ci sono state
scelte più gravi, come la cacciata di Letta”
Il programma non esiste più: è
il segretario del partito. Noi
cresciuti a sinistra soffriamo
profondamente”.
Alberto Aitini è un altro militante, ex coordinatore dei Giovani democratici. Per combattere il drastico calo degli iscritti
nei circoli della città, si è inventato una campagna di tesseramento porta a porta. “Da Roma
BENVENUTI
TRA NOI
Buongiorno Ezio Mauro,
Repubblica scopre Matteo
SI È SVEGLIATO anche Ezio Mauro. Il direttore di Repubblica
nel suo editoriale di ieri ha accusato il premier di aver dato
“una prova di debolezza” mettendo la fiducia sulla legge
elettorale: “Travestita da prova di forza, è andata in scena alla Camera la prima, pubblica e plateale prova di debolezza di
Matteo Renzi. Mettere la fiducia sulla legge elettorale è sbagliato sul piano del metodo, perché dimostra l’incapacità di
costruire un ampio e sicuro consenso politico su una regola
fondamentale, ed è sbagliato soprattutto nel merito”.
Il direttore attacca Matteo Renzi mettendolo di fronte alle
sue stesse dichiarazioni: “perché come diceva lo stesso premier a gennaio – per far accettare l’alleanza con Berlusconi –
non si cambia il sistema di voto a colpi di maggioranza, tanto
più se quella maggioranza riottosa è tenuta insieme dalla
minaccia del voto anticipato”. E sullo scontro con la minoranza dem il premier è presto avvertito: “Così non si va lontano, prigioniero di due mentalità minoritarie. Ma come leader e premier, Renzi ha oggi una responsabilità in più. Può
avere i numeri: ma dovrà capire che senza il Pd nel suo insieme, il governo è nudo di fronte a se stesso, perché i partiti
sono cultura, valori, storia e tradizione: quel che fa muovere
le bandiere. A patto di non usarli come un tram”. Perché – fa
notare Mauro al premier dopo un anno e mezzo di governo –
“in politica non conta solo il ‘quanto’, cioè il saldo del voto
finale, ma anche il ‘come’, vale a dire il percorso, le alleanze,
il consenso che si sa costruire”.
non ci danno una mano – sorride –, questo clima non contribuisce ad avvicinare al Pd”.
Ha saputo della fiducia sull’Italicum proprio mentre lavorava
da volontario in uno dei ristoranti della Festa dell’Unità felsinea. È molto meno critico di
altri nei confronti di Renzi (“Il
governo ha portato a casa tanti
risultati”), ma riconosce che la
fiducia sull’Italicum è stata un
errore: “Renzi ha sbagliato. E
sbaglia ancora di più Bersani: la
fiducia non andava messa, ma
arrivati a questo punto non ci si
poteva rifiutare di votarla”.
Roma
Fiducia, prova di debolezza
Daniele Piva, 26 anni, si è iscritto al Pd quando ne aveva 21.
Non ha fatto in tempo a frequentare Ds e Margherita: non
può essere accusato di avere
nostalgia di quello che c’era
prima. Oggi è il segretario del
circolo Pd di San Paolo. “La fiducia è stata una forzatura che
si poteva evitare – dice – ma la
sofferenza non inizia certo oggi. Renzi gode dell’appoggio di
una buona parte della base, ma
quelli che sono depressi o incazzati sono sempre di più.
Tanti se ne sono già andati, altri
lo faranno. Non solo e non tanto per l’Italicum. Ci sono state
scelte più gravi, come la cacciata di Letta o le scelte sul lavoro”.
Melissa Mongiardo è una giovane consigliera del Comune
di Viterbo, delegata dell’Assemblea nazionale del Pd: “La
fiducia? La fanno passare come
prova di forza. Invece per me
quando non ti fidi dei compagni di partito è una prova di
estrema debolezza. Renzi ha
distrutto il Pd: il calo degli
iscritti è mostruoso. Qui sono
più o meno un terzo di quelli
che c’erano ai tempi di Bersani.
Ma anche la minoranza del
partito ha dato il suo contributo. Invece di ‘rompere’ sull’Italicum avrebbero dovuto fare
battaglia sui temi che definiscono l’identità di sinistra, come immigrazione e lavoro”.
Milano
”I rapporti sono difficili”
“La composizione degli iscritti
a Milano è cambiata tantissimo
nell’ultimo anno e mezzo: oggi
c’è una forte predominanza
renziana. E i rapporti interni
sono sempre più difficili, da diverso tempo”. Parla Alessandro Giungi, quarantenne della
truppa dei civatiani, consigliere comunale del Partito democratico, iscritto al circolo Caponnetto: “Il malessere c’è, sì,
ma da un bel po’. L’Italicum è
l’ultimo dei problemi, ci sono
questioni politiche che ci dividono molto più della legge elettorale”.
Trapani
L’esodo di massa
In Sicilia la situazione è precipitata pochi mesi fa, quando il
Pd – per opera del renziano
Davide Faraone – ha accolto i
cosiddetti “Articolo 4”, un
quintetto di deputati ex cuffariani e lombardiani. Tanti hanno stracciato la tessera allora,
come la trapanese Sabrina Rocca: “Gran parte di noi aveva votato un Pd diverso da questo –
spiega – e la vittoria di Renzi si
è trasformata nella nostra
sconfitta. L’Italicum è l’ultimo
atto. Alcuni si sono arresi e se
ne sono andati, altri provano a
resistere”. Tra questi ultimi c’è
il sindacalista Saverio Piccione:
“Io resto dentro e faccio le mie
battaglie. Il Pd di Renzi è un
partito che in questo momento
guida la regressione democratica del Paese. Io voglio cambiarlo e per farmi andare via mi
devono cacciare”.
Corriere, oggi Orfeo o Fontana
IMMINENTE LA FUMATA BIANCA DEL CDA PER LA DIREZIONE DEL QUOTIDIANO DI VIA SOLFERINO
di Davide Vecchi
Milano
umata bianca in via Solferino. Dopo
F
nove mesi di scontri tra gli azionisti di
Rcs, oggi il cda indicherà il successore di
Ferruccio de Bortoli al timone del Corriere
della Sera. La comunicazione sarà data al comitato di redazione alle 17 e verrà resa nota
dopo la chiusura di Piazza Affari dove il titolo Rcs Mediagroup anche ieri ha chiuso in
lieve flessione dell’1,85%. La scelta del consiglio di amministrazione cadrà su Luciano
Fontana – attuale condirettore, considerato
l’uomo della continuità, fortemente sostenuto da De Bortoli e dalla redazione – o su
Mario Orfeo, oggi alla guida del Tg1, “scoperto” nel 1998 da Ezio Mauro, direttore di
Repubblica, che dallo sport lo portò al servizio politico.
la Valle e il rivale John Elkann. Tra i due soci
negli ultimi mesi sono volate accuse e insulti. Terreno di scontro: la conferma o meno dell’ad di Rcs, Pietro Jovane. Il presidente
di Fiat Chrysler Automobiles (Fca) si è sempre detto favorevole, a differenza del patron
di Tod’s. Il 23 aprile l’ad è stato confermato e
oggi il nuovo cda, alla sua prima riunione, è
chiamato alla delicata decisione sul futuro
capitano. L’investitura arriva nell’ultimo
giorno di De Bortoli, come deciso lo scorso
luglio, dopo gli ultimi sei anni trascorsi alla
guida di via Solferino e una precedente direzione tra il 1997 e il 2003. Ieri De Bortoli,
accomiatandosi dalla redazione riunita per
l’occasione nella storica sala Albertini, ha
INIZIALMENTE sostenuto dai soci Diego
della Valle e Marco Tronchetti Provera, Orfeo nei giorni scorsi sarebbe stato oggetto di
una mediazione da parte di Alberto Nagel,
amministratore delegato di Mediabanca.
Secondo alcune indiscrezioni i due si sarebbero anche visti. All’ombra della Madonnina lo scorso fine settimana ci sarebbe stato
anche un altro incontro importante tra Del-
Mario Orfeo, attuale direttore del Tg1 LaPresse
voluto sottolineare l’addio “definitivo” a via
Solferino. Il direttore ha ripercorso la sua
esperienza giornalistica, quasi interamente
spesa al Corriere, “il mio grande sogno giovanile”. Ha poi ricordato ai cronisti che
“quello che siamo diventati tutti – anche chi
è maledettamente sicuro del valore universale della propria firma – lo dobbiamo al Corriere, alla sua storia, al suo prestigio”. Per
questo “ognuno di noi è in debito verso l’istituzione che ci accoglie, di cui portiamo le
insegne e ricordatevelo quando siete, a volte
allegramente, sui social network”. Infine la rivendicazione di aver fatto sempre un giornale libero. “Le notizie, anche quelle più scomode e contrarie anche agli interessi degli
azionisti, sono state pubblicate. Tutte. Credo siano pochi, in Italia e all’estero, i giornali
liberi e autorevoli come il Corriere”.
Oggi il cda deciderà tra Orfeo – che da direttore del Tg1 ha il merito di aver risollevato
gli ascolti del notiziario Rai – e Fontana, cresciuto all’Unità e poi arrivato in via Solferino.
Il passaggio avverrà nel giro di una decina di
giorni, i necessari tempi tecnici. Ma per i
corridoi della redazione molti prevedono
che sarà molto rapido: si tratterà di un semplice cambio di scrivania. Lasciando intendere che il successore sarà Fontana. Una
speranza, non ancora un fatto.
POLITICA
il Fatto Quotidiano
M
edici di base
e pediatri, sciopero
il 19 maggio
I MEDICI DI FAMIGLIA e i pediatri scioperano il 19 maggio per protestare contro il
mancato rinnovo della convenzione per la
categoria ma anche contro “le Regioni che
vogliono distruggere il Servizio sanitario
nazionale”. Lo afferma il segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale, Giacomo Milillo (nella fo-
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
to) secondo il quale “saranno garantite solo le visite domiciliari urgenti, l’assistenza
programmata a pazienti terminali, le prestazioni di assistenza domiciliare integrata”. Aderisce allo sciopero anche la Confederazione Italiana pediatri (Cipe), che
chiede di riavviare le trattative per il rinnovo dell’Accordo Collettivo Nazionale per
5
la Pediatria di Famiglia. Quattro ore di sciopero sono state proclamate anche dai medici di continuità assistenziale (guardia
medica), emergenza sanitaria, servizi territoriali e medicina penitenziaria. I medici
di base e di guardia medica sono 60 mila e
6mila i pediatri; ci attendiamo una riposta
ampia”, afferma Milillo.
I GIOCATORI Silvio
IL CAV TRATTA CON MURDOCH
E DÀ LO SCETTRO A PIER SILVIO
Berlusconi.
Sotto Mr Bee
(a sinistra)
e Rupert
Murdoch
Ansa/Reuters
LO SQUALO IN VISITA AD ARCORE: VUOLE UNA QUOTA DEL GRUPPO E LA PAY-TV
di Camilla Conti
e Carlo Di Foggia
U
n incontro c’è stato
e ha affrontato vari
temi”. Davanti ai
soci di Mediaset
riuniti in assemblea il vicepresidente Pier Silvio Berlusconi
ha confermato che lunedì scorso c’è stato un faccia a faccia ad
Arcore tra il padre Silvio e lo
“squalo” di Sky, Rupert Murdoch. Sul tavolo, la possibile
vendita a Sky della pay tv Premium e, pare, anche una quota
della stessa Mediaset. La visita a
sorpresa è stata decisa dal
tycoon australiano dopo le voci
di un interessamento per Mediaset da parte del gruppo francese Vivendi, controllato dal finanziere bretone Vincent Bollorè, già primo azionista in pectore di Telecom Italia. All’incontro di lunedì oltre ai fondatori di Mediaset e Sky, avrebbero partecipato anche lo stesso Pier Silvio e Lachlan Murdoch, figlio di Rupert nonché
co-chairman di News Corp e di
21St Century Fox. Il vertice sarebbe servito soprattutto per
dare mandato ai due eredi di
trovare le giuste soluzioni di
convivenza tra i due gruppi. Il
compito di fare in modo che i
due broadcaster trovino strade
di collaborazione, in particolare sul mercato italiano della
pay-tv, è stato dunque affidato
alle “seconde generazioni”. In
questo senso – sostengono fonti interpellate dal Fatto Quotidiano - va interpretata la proposta
che dovrà essere ratificata oggi
dal nuovo cda appena insediato di attribuire maggiori deleghe operative a Pier Silvio che
diventerà così l’unico amministratore delegato del gruppo
mentre l’attuale ad, Giuliano
Adreani, resterà consigliere e
membro del comitato esecutivo.
INTANTO
nella conferenza
stampa tenutasi al termine
dell’assemblea, il vicepresidente di Mediaset ha sottolineato
che Premium non è in vendita
ma resta aperta a nuovi soci di
minoranza. “Non facciamoci
film che non ci sono. È chiaro
che una unione Sky-Premium
avrebbe senso dal punto di vista
degli abbonati ma noi siamo
aperti a partnership ma non
siamo venditori e con Sky è difficile tenere questa posizione”.
Quanto al controllo di Mediaset, “non è in discussione”. Con
Vivendi, “ci sono buone possibilità di lavorare insieme” ma
“non cose concrete a brevissimo al via”, ha detto Berlusconi
junior. Anche "con Telecom sono in corso dialoghi, non trattative, e in ogni caso gli accordi
commerciali sono interesse soprattutto delle compagnie telefoniche e noi preferiamo rimanere indipendenti, neutrali" ri-
spetto ai diversi soggetti tlc, potendo offrire "contenuti" a tutti.
Quanto basta per raffreddare la
corsa del titolo Mediaset che ieri a Piazza Affari è scivolato del
3,1 per cento. Il mercato, dunque, tifa per il risiko.
DI CERTO, se davvero il Cava-
liere ha intenzione di mettere
l’“argenteria” sul mercato, il
momento è quello giusto considerato l’interesse di investitori stranieri dalle tasche particolarmente gonfie, sia per il Biscione sia per il Milan. Sul primo fronte, fonti vicine all’ex
premier sottolineano che per
Silvio il vero “squalo” è il francese Bollorè, il quale dovrebbe
arrivare in Italia nei prossimi
GRANDI MANOVRE
Oggi Berlusconi junior
sarà incoronato ad:
“Il controllo non è in
discussione”. Sempre
più vicina la cessione del
Milan. Mr Bee a Milano
Pier Silvio Berlusconi Ansa
giorni per discutere del dossier
Mediaset. Sembra invece praticamente cosa fatta la vendita
del Milan. Ieri sera Silvio Berlusconi ha ricevuto a villa San
Martino il thailandese Mr Bee
per guardare assieme la partita
Milan-Genoa e ovviamente discutere di affari. Bee sarebbe
pronto, anche in caso di acquisto del controllo, a confermare
l’influenza della famiglia Berlusconi. Alla figlia Barbara, attuale amministratore delegato verrebbe infatti proposto di mantenere la carica di ad per i prossimi tre anni (più incerto il futuro dell’altro ad, Adriano Galliani, che in questi giorni, dice
chi lo ha incontrato, pare sia infatti molto giù di morale) mentre al Cavaliere verrebbe offerta
la carica di presidente onorario
a vita. Più un assegno da 500
milioni e la possibilità di liberarsi di un “giocattolo” costato
quasi 600 milioni di perdite in
trent’anni. In alternativa, Berlusconi potrebbe cedere alle
avances di Zong Qinghou, presidente di Wahaha, gigante cinese delle bevande: nei prossimi giorni Silvio sarà in Cina, segno che la porta resta aperta.
DIVERSO il discorso per Me-
diaset che oggi vale 5,5 miliardi
di euro il 300% in più del 2011
quando Silvio lasciò Palazzo
Chigi. Ma l’azienda fa i conti
con il calo della pubblicità e con
l'arrivo di colossi come Google
e Facebook che sta obbligando i
re delle tv ad andare a nozze con
i colossi delle tlc. Fininvest intanto continua a fare cassa: il
Cavaliere ha già intascato quasi
400 milioni vendendo il 7,79%
sul mercato a inizio anno e fra
Milan, collocamenti di Mediaset e l’eventuale cessione di un
-TITOLO
3,14DEL
%
BISCIONE
altro 20% di Mediolanum (imposto da Banca d'Italia dopo la
condanna per evasione fiscale
dell'ex premier), la cifra in cassa
potrebbe sfiorare i due miliardi.
Cosa ne farà, se i soldi verranno
divisi tra i figli o se invece saranno reinvestiti in altre attività
rinviando ancora il momento
della pensione, lo si saprà solo
nei prossimi mesi.
L’editorialista
erlusconi vende, è veB
ro, ma solo un po’. E
scordatevi che abbandoni la
scena politica, quello non lo
farà mai: in pensione si
rompe i coglioni, come tutti”. Vittorio Feltri è diretto
come al solito. Editorialista
del Giornale - il quotidiano
della famiglia di Arcore di
cui è stato a lungo direttore
- è provetto esegeta degli
umori e delle tensioni che
agitano il mondo del fu Cavaliere. Osserva curioso la
cessione del Milan alla cordata raccolta dal broker
thailandese Bee Taechaubol
e le trattative su Mediaset
con Ruper Murdoch (Sky) e
la Vivendi di Vincent Bollorè, ma resta convinto:
SAIPEM citata, azionisti
chiedono 174 milioni
aipem citata in tribunale: 64 investitori chiedono
S
174 milioni di euro per i danni subiti dopo l’acquisto di azioni tra febbraio 2012 e giugno 2013. In
quel periodo la Saipem è stata infatti protagonista di
due profit warning, due revisioni al ribasso degli
obiettivi previsti dal piano industriale, che hanno generato una conseguente e grave caduta in borsa. A
giugno del 2013, il titolo aveva perso anche oltre il 25
per cento e la Consob ne aveva vietato le vendite allo
scoperto. La revisione, causata dal deterioramento
della situazione in Algeria (la società sotto inchiesta
per presunta corruzione in alcuni contratti )era stata
accompagnata dal downgrading delle principali banche d’affari. A gennaio 2013, invece, dopo la revisione
lanciata a mercati chiusi, la Consob aveva avviato accertamenti per una maxi vendita di azioni, il 2,3 per
cento del capitale, realizzata in fretta e furia da Bofa
Merrill Lynch. Poco dopo, l’annuncio del taglio degli
obiettivi e la revisione dell’utile operativo e dell’utile
netto 2012, in calo rispettivamente del 6 per cento a
1,5 miliardi e del 10 per cento a 900 milioni, del gruppo di ingegneria petrolifera.
Vittorio Feltri
“FI allo sbando,
ma B. non lascerà
mai la politica”
ta, e in alcuni casi - come
Mediolanum - è Bankitalia
che gli impone di vendere
parte delle quote.
Ma ci sono i figli che premono per avere ruoli di gestione. Soprattutto quelli di secondo letto. Luigi è approdato in Mediolanum, ma
Eleonora - raccontano i rumors - vorrebbe entrare in
Mondadori. Esiste un problema legato alla successione?
Sappiamo tutti molto bene
che è più facile spartire 100
mila euro che un vecchio
mobile usato. Non ha bisogno dei consigli dei figli per
decidere cosa fare, ha fiuto
per gli affari come pochi.
Esce di scena quindi?
No, cederà solo alcune quote per fare cassa. E non credo proprio lo farà dalla politica.
Vittorio Feltri Ansa
“Tornerà operativo in politica”.
È indubbio però che l'ex Cavaliere stia ridimensionando non poco il perimetro
delle partecipazioni che detiene con Fininvest, la cassaforte di famiglia.
Sì, e questo dimostra saggezza: l’uomo non è un ragazzino, va verso i 79 anni,
ma è concreto, ha capito la
situazione. Ha bisogno di liquidità e il peso di troppe
aziende può diventare insostenibile. Il Milan non ha
più la freschezza di una vol-
Non si espone più da settimane...
Perché non vuole essere accostato alla batosta in arrivo
alle Regionali. Forza Italia è
ormai ridotta ai minimi termini, veleggia intorno al
10-12 per cento.
Riuscirà a rianimare un partito in queste condizioni?
No, è impossibile. Adesso
ha tirato i remi in barca e
assisterà con dolore allo sfarinamento, ma cova da un
po’ l’idea di dare vita a una
nuova formazione che raccolga tutti quelli che in Italia non si riconoscono nella
sinistra: cattolici, liberali o
pseudo tali, socialdemocratici etc.
Può davvero sfidare il “partito della nazione” di Renzi
con queste premesse?
In Italia esiste ancora un
elettorato di centrodestra
molto consistente. Quello
che manca è un partito credibile. Nei rimasugli di Forza Italia regna sovrana la disperazione, tentano tutti di
non affogare, sembrano i
migranti che annegano nel
Mediterraneo. I Brunetta di
turno cercano di darsi un
po’ di dignità, ma c’è poco
da fare. Tentano tutti di aggrapparsi alla vecchia idea
del partitone mamma.
Non lo sta dando per archiviato troppo presto?
Berlusconi è ormai diventato insofferente ai questuanti, quelli che chiedono
una poltrona, un ruolo... è
esasperato, non vuole saperne più. È come un direttore di giornale a cui tutti
chiedono promozioni. Alla
fine manda tutti a quel paese.
Nel breve termine dovrà
cercare di riallacciare i rapporti con il premier?
Credo che, seppur in maniera sotterranea, i contatti
saranno ripresi. Berlusconi,
però, ha timore: il legame
con Renzi gli ha fatto male.
È così sicuro che alla fine
non si ritirerà dalla scena
politica e andrà in pensione?
Quello prima di andare in
pensione andrà al cimitero.
Cdf
6
POLITICA
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
Cprendeva
atania, la mafia
il pizzo
LA MAFIA imponeva il pizzo ad alcune importanti aziende vinicole
del catanese, tra Randazzo e Castiglione di Sicilia. Lucrando, in pratica, sul vino doc dell’Etna. È quanto
emerge dall’indagine dei carabinieri del comando provinciale di Catania, culminata con l’esecuzione di
sui vini pregiati
15 ordini di custodia cautelare in
carcere nei confronti di esponenti
del clan dei Brunetto, un’articolazione della famiglia Santapaola che
operava nella fascia ionica della
provincia.
Tra i produttori vinicoli vittime
dell’estorsione, alcuni dei marchi
il Fatto Quotidiano
più prestigiosi dell’Isola: Planeta,
Mannino, Valenti, Vagliasindi e Tornatore. Ogni azienda, secondo gli
investigatori, pagava una tangente
annuale variabile tra i mille e i 12mila euro, ai quali si aggiungevano
500 euro al mese come “guardiania”. In caso di mancato pagamen-
“Abbiate rispetto di Falcone”
E la Serie A sposta la partita
GIURECONSULTI
Tribunale di Eataly,
ti assolve Cazzullo
O
PALERMO-FIORENTINA ERA IN PROGRAMMA IL 23 MAGGIO ALLE 18, GIORNO E ORA DELLA STRAGE
DI CAPACI. LA FURIA DEL SINDACO ORLANDO CONVINCE LA LEGA CALCIO A CAMBIARE LA DATA
di Giuseppe
Lo Bianco
D
Palermo
a ventitre anni a
Palermo le lancette che il 23
maggio di ogni
anno segnano le 17.58 hanno
il timbro della sacralità: ma
quest’anno a ricordare il sacrificio di Giovanni Falcone,
della moglie Francesca Morvillo e dei tre agenti di scorta
non sarebbe stato solo il “Silenzio'” suonato da un militare in via Notarbartolo,
davanti l’albero Falcone accolto da un lungo applauso,
ma il fischio d’inizio di Palermo-Fiorentina.
estrema: negare lo stadio
Renzo Barbera alla Nazionale italiana per la partita di
qualificazione a Euro 2016
contro la Bulgaria, in programma il prossimo 6 settembre proprio a Palermo.
“Sarebbe grave che la Lega
calcio di serie A confermasse
la volontà di far giocare la
partita nel giorno e nell’ora
in cui la nostra città onora la
memoria di Giovanni Falcone e degli agenti di scorta che
hanno dato la vita per servire
lo Stato – aveva comunicato
TRITOLO
La strage del ’92,
in cui morirono
Falcone, la moglie
e gli uomini della
scorta. A sinistra,
Orlando Ansa
Orlando –. Infatti, laddove
venisse confermata la
coincidenza fra l’orario
della partita e l’orario
dell’anniversario
dell’eccidio di Capaci, il sindaco non
presterà il consenso a tenere la partita della Nazionale con la Bulgaria a Palermo”.
LA POLEMICA
L’attacco del primo
cittadino: “Se le cose
restano così,
non concedo
il Renzo Barbera
per la Nazionale”
IL PRIMO a ten-
tare di metterci
una pezza era
stato il presidente dei rosanero,
Maurizio Zamparini:
“Se la data dovesse rimanere questa – aveva detto
il patron del Palermo Calcio – dedicheremo la partita
Fino all’intervento furibondo del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, infatti, la partita era stata fissata
dalla Lega di Serie A allo stadio della Favorita alle ore 18.
Orlando, nel chiedere il
cambiamento della data, era
arrivato a una minaccia
to, gli esattori della cosca minacciavano di tagliare i filari delle viti.
La Procura di Catania ha sottolineato che da parte delle imprese nel
mirino del racket, ad eccezione della Tornatore, c’è stato un atteggiamento “scarsamente collaborativo”
con gli inquirenti.
ggi Aldo Cazzullo avrà la certezza di non essere diventato direttore del Corsera, ma potrà
annunciare la propria candidatura a presidente della Cassazione. Proprio ieri infatti, sul
Corriere, Cazzullo ha offerto prova delle
sue doti di giureconsulto scrivendo che
Paolo Farinetti, comandante partigiano e padre di quell’Oscar fondatore di
Eataly, fu “assolto” dall’accusa di aver
partecipato a una rapina nel 1946. In
realtà, nel suo libro sul padre (Mangia
con il pane, recensito appunto da Cazzullo) persino Oscar Farinetti è meno ossequioso nei
confronti del “comandante Paolo”. Ci spiega infatti
che il genitore, dopo l’arresto per rapina, fu infine
condannato a 2 anni e 6 mesi per ricettazione. Salvato dal condono previsto dall’amnistia Togliatti,
Farinetti senior ottenne poi la “riabilitazione” (che
non significa cancellazione della condanna, ma solo
dei suoi effetti). Qualcosa che Oscar dovrebbe spiegare al suo servitor cortese del Corsera.
calendario. Ha prevalso la seconda ipotesi. Si giocherà di
venerdì o di domenica, in
ogni caso non sabato 23
maggio. Questa la precipitosa precisazione di fonti interne a via Rosellini.
MARCIA INDIETRO
La gara sarà giocata
venerdì 22
o domenica 24,
a seconda
del risultato dei viola
in Europa League
del 23 maggio alla memoria
di Giovanni Falcone con una
serie di iniziative volte a
riempire lo stadio. I rosanero
giocheranno con il lutto al
braccio, sperando di onorare
la memoria del giudice ucciso con una vittoria”.
Non ce ne sarà bisogno. In
LA DATA del 23, fanno sa-
serata è intervenuta di nuovo
la Lega di Serie A. Le possibilità erano due: confermare data e ora dell’incontro, rilanciando l’entrata a gamba
tesa nelle commemorazioni
del giudice ucciso a Capaci, o
ammettere di avere avuto
poco tatto nel consultare il
pere, era stata indicata nel
calendario degli anticipi,
ma era già stato programmato di spostarla in relazione alla disputa o meno della
finale di Europa League del
27 maggio da parte della
Fiorentina. Si giocherà venerdì 22 se la Fiorentina dovesse qualificarsi, domenica
24 se i viola non dovessero
farcela. In ogni caso la memoria di Falcone sarà rispettata.
Il “porco” Cosentino e l’amicizia coi secondini
L’EX BRACCIO DESTRO DI B. IN CAMPANIA AVREBBE CORROTTO UN AGENTE IN CAMBIO DI TRATTAMENTI DI RIGUARDO IN CARCERE
di Vincenzo Iurillo
Napoli
bbiamo il porco per le mani”. È il 7 aprile
A
2014 e il “porco”, per le due guardie penitenziarie intercettate, è Nicola Cosentino. Torna-
L’“ONOREVOLE”
scosto tra il cognato di Cosentino, Giuseppe
Esposito, e Umberto Vitale, un secondino in difficoltà economiche che al telefono si lamenta perché gli arrivano “le sfogliatelle” (a Napoli sono
sinonimo di cartelle esattoriali), e alla ricerca di
un lavoro per la moglie.
to da quattro giorni in carcere per un’ulteriore
accusa di estorsione. Tornato nel “loro” carcere. I DUE SONO FINITI in carcere per corruzione in
A Secondigliano (Napoli). È un’occasione unica concorso con Cosentino, la moglie dell’ex politico
per i due agenti “per trarre il massimo”. Lo sot- (sorella di Esposito), anche lei indagata, ha l’obtolinea il Gip di Napoli Isabella Iaselli motivando bligo di dimora a Caserta. La cimice piazzata
una nuova ordinanza di custodia cautelare ese- nell’auto durante gli incontri tra il cognato di Coguita ieri per l’ex sottosegretario Pdl, imputato sentino e Vitale ha registrato il fruscìo di passaggi
per vicende di camorra in tre processi.
di buste. La moglie di Vitale effettivamente iniCosentino stavolta è accusato di aver corrotto un zierà a lavorare per una cooperativa sociale preagente di polizia penitenziaria in cambio di un sieduta da un sodale di Cosentino. Ma l’inchiesta
trattamento di favore in galera,
condotta dai pm Fabrizio Vanorio e Alessandro D’Alessio, della
dove pare gli fosse consentito di
tutto: ricevere mozzarelle e caDda coordinata da Giuseppe
SECONDIGLIANO
micie senza passare per il conBorrelli, ha dipinto un quadro
trollo, camminare di notte fuori
poco limpido anche nei conA Nick ‘o mericano
dalla cella, ascoltare musica da
fronti di diversi agenti di polizia
penitenziaria e del loro atteggiaun iPod rinvenuto durante una
era consentito di tutto:
perquisizione del 21 marzo
mento verso l’illustre detenuto.
mozzarelle e camicie
scorso, in seguito alla quale l’ex
Il gip si rammarica che siano staplenipotenziario di Berlusconi
ti interrogati come testi e non
senza controlli,
in Campania è stato trasferito
come indagati. Cosentino era
nel carcere di Terni. Le telecadiventato loro amico durante il
passeggiate fuori dalla
mere di una stazione di servizio
primo periodo di detenzione a
cella, un iPod personale
hanno filmato 36 incontri di naSecondigliano, nel 2013. Trop-
Nicola Cosentino, ex deputato
del Pdl, è tornato in carcere
per un’accusa di estorsione
Ansa
po amico. C’era una processione di guardie nei
luoghi dove Cosentino viveva ed era tornato a fare
politica. Messaggino di Vitale a Cosentino del 16
febbraio 2014: “Dottore buongiorno scusate il fastidio quando siete disponibile vi devo dare una
bella notizia”. I due poi si vedranno. Altro sms di
agente non indagato, A. S., del 5 marzo 2014:
“Dottore ricordatevi di mio figlio”. Il 3 aprile 2014,
quando i tg lanciano la notizia dell’arresto di Cosentino, tra le guardie c’è dispiacere. Temono che
non possa più accontentarli. Dispiacere che si trasforma in euforia quando scoprono che invece
viene tradotto a Secondigliano. Scrive la Iaselli: “È
chiaro dalla lettura delle
conversazioni nel loro complesso che Cosentino Nicola aveva promesso al Vitale
ed agli altri agenti compiacenti posti di lavoro per i familiari; dopo la scarcerazione, non avendo più bisogno
degli stessi, aveva per così dire allentato i rapporti;
con il secondo arresto per ottenere di nuovo il trattamento preferenziale Vitale dice chiaramente
che ora pretende il rispetto delle promesse”. Vitale, “per il tramite” della consigliera regionale Luciana Scalzi, riceverà pure un biglietto per assistere
a Napoli-Fiorentina. L’ordinanza infine si sofferma su una strana circostanza: un presunto tentativo da parte delle guardie penitenziarie, documentato da vari sms, di far incontrare Cosentino
con Giuseppe Lo Bue, un uomo di Provenzano.
I due erano stati in carcere insieme.
ECONOMIA
il Fatto Quotidiano
Ilastat:
torna a calare
fiducia di imprese
e consumatori
SCENDE AD APRILE la fiducia dei consumatori
italiani: l’indice calcolato da Istat diminuisce a
108,2 dal 110,7 di marzo. Sono in diminuzione,
sottolinea l’istituto statistico, tutti gli indici delle
componenti del clima di fiducia dei consumatori:
quello economico, quello personale, quello corrente e quello futuro. Ad aprile cala pure l’indice
di fiducia delle imprese: 103 a 102,1 in un mese (in
controtendenza, però, ci sono settori importanti
come il manifatturiero e il commercio al dettaglio.
Per il capo economista di Nomisma, Sergio De
Nardis, i dati diffusi da Istat “segnalano nel complesso che la ripresa procede ma a ritmi contenuti” e, in particolare per le imprese, “a macchia
di leopardo”, con persistenti difficoltà per quelle
di minore dimensione.
Il Papa femminista:
“Uno scandalo le paghe
più basse per le donne”
E
va perdonaci, da Adamo
in poi la colpa è stata sempre delle donne. Farebbe
effetto anche solo per
l’istituzione rappresentata - non
proprio un santuario di pari opportunità - ma la selezione accurata delle
parole fa un certo effetto: “Perché si
da per scontato che le donne devono
guadagnare meno dell’uomo? Questa disparità è un puro scandalo”.
Jorge Mario Bergoglio stravolge la
giornata poco dopo le nove di mattina, parlando durante il consueto
incontro del mercoledì in Piazza San
Pietro.
LE AGENZIE impazziscono quasi su-
bito, rilanciando adesioni improbabili. Perfino Bankitalia, per bocca del
suo direttore generale Salvatore Rossi, si accoda al coro qualche ora dopo:
“Dovrebbero esserci più donne nei
ruoli decisionali, soprattutto nelle
istituzioni pubbliche, perché sono
tendenzialmente meno corruttibili
rispetto agli uomini”. Circostanza
evidenziata da “indagini empiriche”,
secondo Rossi. Il tema del discorso
davanti a 20 mila fedeli sarebbe il matrimonio ma Papa Francesco decide
di regalare immagini forti: “Le difficoltà di carattere economico”, sono
una delle “cause serie”, anche se non
le uniche, che impediscono di difendere la dignità del matrimonio.
“Quella che - ha riflettuto durante
l’udienza generale - nei primi tempi
del cristianesimo sconfisse un abuso
ritenuto allora del tutto normale: il
diritto del marito di ripudiare le mogli anche con i motivi più pretestuosi,
e il Vangelo che annuncia il sacramento ha sconfitto questa cultura
abituale del ripudio”. Come anche,
ovvio, il progresso dei diritti civili.
Bergoglio però ne ha ancora. A tutti
quelli che pensano che “alla base della
rinuncia di tanti giovani a sposarsi ci
sia la crescente emancipazione delle
1
1
,1
%
GAP SALARI
IN ITALIA
15,4%
LA MEDIA
DELL’UE
IL PARADOSSO
NEI DATI OCSE
Da noi poche donne
occupate, quelle più
istruite e più pagate
donne” ricorda che anche il solo pensarlo “è un’ingiuria”. E qui si arriva a
vette mai raggiunte in un pontificato:
“Questo argomento non è valido, è
una ingiustizia, una forma di maschilismo che sempre vuole dominare la
donna, e facciamo la brutta figura che
ha fatto Adamo” che a Dio che gli
chiede perché abbia mangiato la mela
dice “è lei che me l’ha data, la colpa è
sua”. L’Adamo maschilista.
In pochi minuti fiocca tutta la gamma delle dichiarazioni. C’è Giulia
Buongiorno (“è vero, anche perché
spesso fanno di più, meglio e con più
sacrifici”), c’è anche il segretario generale della Cisl Annamaria Furlan
(“parole che dovrebbero diventare il
programma del governo”). Interviene pure l’ex ministro montiano Elsa
Fornero: “L’equilibrio tra uomo e
donna nel mercato del lavoro e nei
diritti è un tema importante. E il Papa, forse in questo distinguendosi in
modo netto dai suoi predecessori, ha
salary
LACRIME DI COCCODRILLO
La Ue si pente:
errore chiudere
Mare Nostrum
stato un grave errore mettere fine aMaÈ
re Nostrum. Questo è costato delle vite
umane”. Il presidente della Commissione
detto quello che andava
detto”.
L’uscita di Bergoglio è il
timbro su una fotografia già nota da tempo.
Quella che emerge da
dati apparentemente
contraddittori.
Può
stupire infatti sapere
che secondo l’Ocse – il
think thank dei Paesi ricchi – nel 2013 il divario
retributivo di genere, il
gender
7
JUNCKER CRITICA I GOVERNI: “ORA
QUOTE DI RIFUGIATI PER OGNI PAESE”
LA DENUNCIA DI BERGOGLIO: “DA ADAMO (MASCHILISTA)
IN POI, OGNI COLPA È SEMPRE STATA SCARICATA SU DI LORO”
di Carlo Di Foggia
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
gap
dell’Italia era ben al di
sotto della media euro- Papa Francesco ieri s’è scoperto “femminista” LaPresse
pea: l’11,1 per cento
contro il 15,4. Fanno molto peggio cautamente, anche da pezzi sparsi
Germania (16,5 per cento), Francia della maggioranza, quasi che potesse
(14) e perfino la Finlandia (18,7), in attenuare la gravità della notizia. Couna classifica che vede in testa la Co- me se fosse meno grave. Una distanza
rea del Sud (36,6 per cento). Dati si- abissale dalle parole usate ieri da Pamili ha anche la Commissione euro- pa Francesco.
pea. Ma c’è il trucco. “In Italia più che
altrove, le donne con salari più bassi DIFFICILE è anche la situazione delle
hanno una maggiore probabilità di donne che occupano posizione di polasciare il mercato del lavoro”, spiega tere nelle imprese. Erano il 7 per cenl’organizzazione parigina. Tradotto: to nel 2012, e sono salite a circa il 22
semplicemente le donne sono poco nel giugno 2014. Questo perché nel
presenti sul mercato del lavoro, e 2011 l’Italia ha imposto per legge una
quelle che rimangono hanno media- quota minima di donne nei board
mente un livello di istruzione più ele- delle aziende quotate in Borsa: al 20
vato e quindi sono impiegate in lavori per cento per il primo rinnovo e al 33
meglio pagati. Questo annulla le dif- per il secondo e terzo. La distanza con
ferenze ma maschera una situazione i Paesi con più manager rosa, però - in
desolante. Sempre secondo l’Ocse, il testa ci sono Paesi dell’est come Rustasso di occupazione delle donne è al sia (39 per cento) e Polonia (34 per
di sotto del 50 per cento, mentre cento), ma anche Germania e Francia
quello degli uomini, seppur non sba- - non è ancora stata colmata. Le diflorditivo, viaggia attorno al 65 per ferenze nei salari hanno ovviamente
cento. Il gap è quindi superiore a 15 un effetto pesante a lungo termine,
punti ed è rimasto tale dagli anni cioè sulle pensioni. Nel 2012, secon2000, quando la notevole rincorsa do la Commissione Ue, la percentuadelle donne italiane sul mercato del le delle donne oltre i 65 anni a rischio
povertà sfiorava il 21,7 per cento,
lavoro si è praticamente arenata.
E va sempre peggio. A marzo l’Istat contro il 16,3 degli uomini. Un dato
ha spiegato che il brusco calo dell’oc- che sta migliorando, anche se non
cupazione registrato a febbraio (-44 molto velocemente. Chissà se l’uscita
mila unità) era praticamente tutto del Papa - che ha anche annunciato
dovuto al crollo della componente un’imminente visita alla sinagoga di
femminile (42 mila persone). Un ele- Roma (5 anni dopo Benedetto XVI) mento sottolineato dall’Istituto e, in- gli imprimerà un’accelerata.
Ue, Jean-Claude Juncker, in audizione
all’Europarlamento, si pente e si duole per gli
errori del passato. È vero che lui non era in
carica quando l’Europa si voltò dall’altra parte rispetto al programma italiano di ricerca e
salvataggio dei barconi, ma almeno in una
sede ufficiale continentale si è messo nero su
bianco l’errore: “L’Italia da sola ha finanziato
l’operazione Mare Nostrum e ora saranno il
budget europeo e i contributi di tutti a finanziare la missione Triton. Si tratta di un
ritorno alla normalità, perché non è stato
normale lasciare alla sola responsabilità
dell’Italia il finanziamento di Mare Nostrum”. Juncker poi s’è detto “soddisfatto che
la proposta avanzata a nome della Commissione di triplicare il budget di Triton, nonostante qualche resistenza, sia
stata accolta dai membri
del Consiglio europeo”.
Cioè i governi nazionali.
Ci sarebbe il problema
che Triton – nonostante
abbia ormai un budget
simile a quello di Mare
Nostrum (120 milioni
l’anno) – ha un campo
d’intervento assai più ridotto. Per Juncker, però, non è un problema:
“Triton può operare in acque internazionali”
e prendere parte a operazioni di ricerca e salvataggio di migranti in difficoltà (insomma,
resta che l’operatività della missione di Frontex non raggiunge quella italiana).
AL NETTO DEL MEA CULPA sul passato e dei
problemi operativi futuri, il grande punto di
scontro tra i Paesi europei riguarda oggi l’accoglienza dei profughi e i fondi per la cooperazione nei paesi di provenienza dei migranti: “Dal Consiglio Ue sono arrivate risposte immediate ma insufficienti”, ha detto
Juncker. Intanto, dice il capo della commissione, “non basta combattere i sintomi della
crisi, bisogna fare di tutto per impedire che
degli infelici prendano quei barconi e quindi
vanno aumentati gli aiuti allo sviluppo e per
salvare vite sul posto”. Poi, bisogna agire
sull’immigrazione regolare: “Se si chiudono
le porte, è chiaro che la gente entra per la
finestra”.
Infine il programma dell’esecutivo comunitario prevede “un meccanismo di quote per
l’accoglienza dei rifugiati che vada al di là della volontarietà: l’Europa deve fare la sua parte
con azioni di solidarietà condivisa”. L’Europarlamento ha chiuso la sessione di ieri proprio votando (449 sì, 130 no e 93 astenuti)
una risoluzione che prevede quote nazionali
per l’accoglienza dei profughi e più mezzi per
Frontex. Molti governi nazionali, però, hanno già bocciato questa possibilità: difficile che
cedano ora.
Ai generali non toccare l’indennità
SCATTI BLOCCATI DA 3 ANNI, MA NON PER GLI ALTI GRADI MILITARI, CHE ORA SI SONO PAGATI PURE GLI ARRETRATI
di Paola Zanca
a busta paga è arrivata l’altroieri. Gli uffici
L
del Centro unico stipendiale dell’Esercito
hanno messo in pratica senza sgarrare nemmeno
di un giorno la direttiva del generale Paolo Gerometta. L’adeguamento retributivo – scriveva
perentorio il 5 marzo scorso – deve “effettuarsi
possibilmente nella mensilità di marzo 2015” (liquidata il 27 aprile, ndr) e se “differimento”
dev’esserci, che sia “contenuto”.
PUNTUALISSIMO, invece, per i generali di divisione e di corpo d’armata, per i colonnelli e per i
generali di brigata è arrivato un bonus non da poco: tre anni di indennità di posizione e di indennità perequativa arretrate. Perché (anche) per le
Forze Armate il blocco stipendiale voluto dal go-
verno Monti non vale. Così, appellandosi a una
sentenza della Corte costituzionale che si era pronunciata sulle carriere di alcuni diplomatici, alla
Direzione generale per il personale militare (il
Persomil) hanno pensato bene di non perdere altro tempo. Dal 1° gennaio 2011, per tre anni, le
indennità aggiuntive di cui sopra non sono state
riconosciute. Ma ora finalmente la Ragioneria generale dello Stato ha rimesso le cose al loro posto:
“detti emolumenti”, scrive il generale Gerometta,
direttore del Persomil, sono legati “per loro precipua natura a un evento straordinario della dinamica retributiva”. E come tali, vanno innanzitutto “esclusi dal cosiddetto tetto retributivo”, la
soglia di 240 mila euro stabilita dal governo Renzi
come massimo stipendio per il pubblico impiego.
Per le stesse ragioni, vanno tenuti lontano dalla
“cristalizzazione del trattamento stipendiale” im-
posta da Monti. L’eccezionale gratifica, insomma,
non si può imbrigliare nelle rigide griglie dei ragionieri di Stato.
BISOGNAVA riparare il guaio. Perciò è stato dato
ordine di “procedere al conferimento delle provvidenze in questione in favore degli interessati”.
Che non sono solo gli ufficiali privati del bonus,
ma anche quelli che il bonus nel 2011 non lo prendevano ma nel frattempo sono stati promossi.
In commissione Difesa, il deputato del M5S Gianluca Rizzo proverà a chiederne conto alla ministra Roberta Pinotti: “È d’accordo con questa
interpretazione della normativa - domanda
nell’interrogazione - che attribuisce considerevoli
benefici economici ad alcune centinaia di dirigenti?”. Stiamo parlando di somme variabili: l’indennità perequativa può andare dai 13 mila euro an-
Busta paga di un colonnello con le indennità arretrate
nui ai 29 mila circa. Nella busta paga di un colonnello che vedete qui sopra, la somma riconosciuta è di 29.990 euro, a cui sono stati sottratti
3.434,94 euro perché, in attesa della sentenza, era
stata corrisposta una parte di indennità una tantum. Lo stesso aveva fatto il ministero dell’Interno
con i prefetti rimasti “congelati” dal blocco di
Monti. E anche dal Viminale, il 6 marzo scorso, è
partita la circolare con scritto: ridateci tutto.
8
CRONACA
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
Sla hpolizia
alabayeva,
rischia
È STATA CHIESTA l’archiviazione per tre
diplomatici del Kazakhstan indagati per
sequestro di persona nell’ambito dell’inchiesta che ha avuto per protagonista Alma Shalabayeva, che il 31 maggio del 2013
fu espulsa dall’Italia insieme con la figlia di
6 anni. La donna è moglie di Ablyazov leader dell’opposizione kazaka, detenuto in
il processo
di Davide Milosa
L
a decisione è stata
presa due giorni fa ai
tavolini di un noto
circolo
milanese.
Scopo: fissare i movimenti dei
gruppi antagonisti che domani
pomeriggio affiancheranno il
grande corteo della May Day Parade, organizzato dalla rete No
Expo. Il summit anarchico così
ha prodotto una cartina inedita
e inquietante. Con due obiettivi
ben precisi e che non stanno sul
percorso ufficiale della manifestazione: il primo è il Teatro la
Scala dove sarà in scena la Turandot (inizio ore 20) con diversi capi di Stato in platea. Come
per la prima del 7 dicembre, anche domani la questura ha previsto un’ampia zona rossa che,
nei piani degli anarchici, sarà
presa d’assalto. Contemporaneamente, mentre gli anarchici
si porteranno verso il centro, altri gruppi si sposteranno in corso Magenta 61 dove ha sede la
Fondazione Stelline, storica
istituzione milanese costituita
nel 1986 dalla Regione e dal Comune.
QUI NEI GIORNI successivi
il Fatto Quotidiano
Francia. Mentre per i diplomatici la vicenda sembra andare verso la chiusura, c'è il
rischio invece che possano finire sotto processo l’ex dirigente della Polizia Maurizio
Improta, il suo vice all’epoca dei fatti e tre
ispettori. Hanno ricevuto l’avviso di conclusione dell’inchiesta per il reato di falso
ideologico e omissione di atti di ufficio.
di Marco
Lillo
Meno uno al via, la scala
per Renzi ancora non c’è
A
48 ore esatte dall’apertura al pubblico
quello che vedete a fianco era lo stato
del Palazzo Italia di Expo 2015. Ieri Il Fatto è
tornato nel cantiere vietato ai giornalisti.
Oggi pubblichiamo in esclusiva (anche per
abbandono della concorrenza un po’ impigrita dai 55 milioni di euro sganciati da Expo
2015) la foto scattata ieri nell’atrio del Palazzo Italia. Dal confronto con il rendering
del progetto iniziale del 2014 si vedono due
cose: grazie alle varianti apportate da Expo,
le finiture di pregio nel rivestimento sono diminuite. Al Fatto risulta che ci sono ben 2
mila metri quadrati in meno di copertura
bianca rispetto al progetto iniziale. La bella
pelle ideata dal progettista Nemesi è diminuita con le varianti, in tal modo si risparmia
ma si denudano un po’ le strutture. Grazie ai
ritardi e alle varianti invece il costo del palazzo
è salito da 40 a 90 milioni di euro. La seconda notizia è che ieri mattina
non c’erano ancora i rivestimenti dell’atrio e
dei gradini dello scalone principale, né i corrimano né i pannelli in vetro dell’ascensore.
Così migliaia di visitatori, compreso Matteo
Renzi, saliranno alle 10 di domani mattina
quelle scale, oggi non terminate come si vede
nella foto. Delle due l’una: o gli operai monteranno i gradini 24 ore prima che le scarpe
di Renzi li calpestino. Oppure Expo medita
una sorpresa: ai primi visitatori potrebbe essere consegnato all’ingresso il rivestimento
di un gradino per montarlo da soli. Renzi
avrà pronto certamente lo spot per i tg. Sembra di vederlo con il casco giallo e la cazzuola
in mano che monta il suo gradino sorridendo
alla telecamera: “Costruisci la scala di Palazzo Italia e sali con noi. Con Renzi la prima
Expo fatta dagli italiani davvero”.
COME È CAMBIATO IL PADIGLIONE
Sopra, il rendering del progetto iniziale di Palazzo Italia. In basso, lo stato
dei lavori ieri. Si notano le varianti alle coperture e la scala non finita
Verso Expo 2015,
ecco i veri obiettivi
degli antagonisti
all’inaugurazione la Commissione europea organizzerà una
serie di eventi internazionali. Se
questi, nella realtà, sono gli
obiettivi la grande manifestazione della May Day Parade potrebbe svilupparsi in maniera
pressoché pacifica. Tanto più
che il percorso pensato dalla rete No Expo (ancora da ufficializzare) prevede la classica partenza alle due del pomeriggio da
piazza XXIV maggio e un arrivo
quartiere del Giambellino. Ri- Rennes “per raccontare quello
soft in via Pagano con un tra- LA SCALA DI MILANO E LA FONDAZIONE “STELLINE”: UN SUMMIT
sultato: 26 persone denunciate. che sta succedendo nei quartieri
gitto ben distante da obiettivi
Tra queste 16 francesi e 4 tede- milanesi”. Sempre sullo stesso
sensibili. Da Pagano, dove sarà DEGLI ANARCHICI PREPARA LA MAPPA DELLE PROTESTE.
schi. Sequestrate, secondo la profilo Facebook gli anarchici
chiusa la stazione della metro, i ALLERTA PER IL CORTEO NEL GIORNO DELL’INAUGURAZIONE
polizia, bottiglie incendiare e francesi elencano le ragioni per
gruppi più duri ripartiranno
materiale per costruire molo- andare a manifestare domani.
verso il centro della città. Que“Perché l’Expo è uno strumento
sto il piano ricostruito dal Fatto I loro attivisti, ancora ieri, han- Bologna, Napoli e Padova. Altri assieme la paura del blocco nero tov.
in più del capitalismo, perché il
attraverso diverse fonti. Un pia- no rispedito “al mittente il ten- anche da Taranto, Pisa e Lucca. in arrivo da tutta Europa e non
no che punta dritto al cuore di tativo di criminalizzare la rete e i Qualcuno (non molti), riferi- solo. A quanto risulta al Fatto il I FRANCESI denunciati molto tema è nutrire il pianeta, ma i
scono le forze di polizia, ha tro- primo maggio in piazza ci sa- probabilmente sono legati al suoi partner sono Coca cola e
Milano. Da un lato piazza della soggetti che ne fanno parte”.
vato alloggio nel campeggio so- ranno anche gli antagonisti ar- circolo anarchico Maison de La McDonald’s e perché l’opposiScala con la Galleria di corso
Vittorio Emanuele e il palazzo LA LENTE, dunque, si sposta sui ciale al parco di Trenno nella gentini. Un primo segnale della Grave di Rennes nato nel 2006. zione a Expo è un’occasione per
del Comune. Dall’altro la zona gruppi antagonisti più radicali. zona dello stadio Meazza. La presenza straniera lo si è avuto L’8 aprile scorso (come si legge incontrare altre persone in lotdi corso Magenta e i suoi mo- Secondo diverse fonti, gli anar- maggior parte, invece, si appog- lunedì, quando la Digos ha fatto sul loro profilo Facebook) un ta”. Quindi la chiusa: “Ieri a
numenti (la chiesa di Santa Ma- chici italiani da ieri sono in città. gia in appartamenti e capanno- irruzione in alcuni apparta- gruppo di antagonisti del Giam- Francoforte, oggi a Milano, ci
ria delle Grazie e il Cenacolo Molti sono arrivati da Torino, ni occupati. E poi c’è l’enigma e menti occupati di via Apuli nel bellino è andato in trasferta a vediamo sulle barricate”.
Vinciano sono a pochi metri
dalle Stelline), la stazione di
piazza Cadorna, il castello Sforzesco e l’Expogate a poco più di
cinquecento metri.
In altre parole il piano della protesta anarchica punta dritto al
PRIME CONDANNE IN ABBREVIATO PER L’OMICIDIO DELL’UOMO RITENUTO IL CASSIERE DELL’IMPRENDITORE MOKBEL
cuore di Milano. E lo fa con movolontario e tentativo di sequestro di te d’Assise: ha scelto infatti il rito or- in casa di Fanella. Quella mattina
di Valeria Pacelli
dalità atipiche rispetto alle mapersona a scopo di estorsione Giu- dinario. Secondo gli investigatori nell’appartamento c’era anche la cunifestazioni violente viste fino
ent’anni di reclusione con rito seppe La Rosa e Egidio Giuliani, l’uo- l’obiettivo del sequestro però era met- gina del broker, che ha fornito ai maad ora in Italia e molto simili,
abbreviato: è questa la condanna mo con un passato vicino ai Nar e tere le mani su un presunto tesoretto gistrati molti indizi sulla ricostruzione
invece, alle contestazioni che
hanno devastato diverse città
inflitta a due del commando del ten- fondatore di una cooperativa di ex de- provento del maxi riciclaggio da 2 mi- della vicenda. Adesso, con le condaneuropee. Come quella andata in
tato sequestro, finito con un omicidio tenuti a Novara. Ed è proprio da qui liardi di euro messo a segno anche da ne in abbreviato – anche se i legali
scena a Francoforte il 18 marzo
di Silvio Fanella – l’uomo ritenuto il che – secondo gli investigatori – sa- Gennaro Mokbel, l’imprenditore ro- hanno già annunciato ricorso in apscorso durante l’inaugurazione
cassiere di Gennaro Mokbel – fred- rebbe partito il piano per sequestrare mano che per questo è stato condan- pello - si chiude una parte dell’indadella nuova sede della Bce. In
dato con un colpo di pistola il 3 luglio Fanella: Giuliani e Larosa nella coo- nato a 15 anni di reclusione (nella gine, anche se restano ancora sotto
quella giornata si sono vissute
del 2014. Condannati per omicidio perativa avrebbero conosciuto Gio- stessa inchiesta era stato condannato inchiesta un gruppo di persone. Tutte
scene da guerriglia urvanni Battista Ceniti, il a 9 anni anche Fanella).
di area neofascista, arrestate nel dibana. Ed è proprio in
terzo del commando
cembre scorso e ritenute mandanti e
quel frangente che,
dell’omicidio, rimasto UNA PARTE di quel tesoretto alla fine fiancheggiatori del commando autore
L’INCHIESTA
stando alle relazioni
ferito e lasciato sangui- era stato anche trovato dagli uomini del blitz. Tra questi, Manlio Denaro,
dell’intelligence, è stato
nante davanti all’ap- del Ros, quando il giorno dopo l’omi- romano detto “Il Canuto”, coinvolto e
Il broker fu ucciso nel
fissato la seconda tappa
partamento di via della cidio di Fanella, hanno perquisito una assolto nel procedimento sulla maxi
della protesta: l’inauguCamilluccia
quella casa a Pofi (FR) intestata alla madre truffa Fastweb-Telecom Italia Sparkle,
luglio scorso. Lo scopo
razione di Expo. Se gli
mattina di luglio, dove del broker. Qui sono state trovate 34 ed Emanuele Macchi di Cellere, ex
del blitz era trovare
obiettivi ci sono, resta
in una Roma soleggia- bustine di diamanti, 284 mila dollari terrorista legato ai Nar, già in carcere a
ancora da definire chi
ta, il quartiere bene in contanti e 118mila euro, 5 orologi Genova. E non è finita, perché gli inil tesoretto, provento
terrà in mano la regia
della città si riempiva preziosi tra cui un Rolex con diamanti quirenti sono ancora alla ricerca del
degli scontri. Una regia
di volanti. Adesso Gio- incastonati. A questo avrebbero pun- presunto tesoretto, convinti che queldella truffa Telecom,
che, va detto, non rivanni Ceniti è in giu- tato gli uomini del commando quan- lo trovato a Pofi sia solo una parte di
che i pm stanno cercando dizio davanti alla Cor- do sono entrati, fingendosi finanzieri, un bottino molto più grande.
guarda la rete No Expo.
L’ex Nar, Egidio Giuliani Ansa
Fanella, 40 anni di carcere al commando
V
ECONOMIA
il Fatto Quotidiano
Soccupano
cuola: i Cobas
l’Invalsi,
Renzi abbassa i toni
LA PROTESTA nel mondo della
scuola cresce e il premier Matteo
Renzi decide di dedicare all’argomento una parte della sua Enews.
Ieri circa 200 docenti dei Cobas
hanno occupato la sede nazionale
dell’Invalsi per protestare contro lo
slittamento dal 5 al 6 maggio delle
prove nazionali. Lo sciopero del 5
maggio continua a raccogliere adesioni anche fuori dal mondo della
scuola. Dopo l’adesione della Fiom,
in difesa del diritto all’istruzione, ieri
anche la Filcams-Cgil, il sindacato
del commercio, ha dichiarato che
aderirà.
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
Da parte sua, Matteo Renzi scrive
che “chi contesta ha tutto il diritto di
farlo. Ma il giorno dopo, per favore,
entriamo nel merito”. Nella sua
Enews ribadisce la volontà di puntare al cuore della riforma, l’autonomia, ma utilizza toni più concilianti. Assicura che ”non faremo un
Fincantieri a gonfie vele,
ma agli operai meno salario
9
decreto legge” per garantire l’assunzione dei precari e, per quanto
riguarda il potere dei presidi, spiega
ch la riforma “vuole responsabilizzare il preside, che non sarà certo
uno sceriffo, ma non può neanche
essere un passacarte di circolari ministeriali”.
NON SOLO UE Anarchici
attaccano Varoufakis
“LA CRISI È FINITA” DICE LA FIOM CHE RECLAMA IL CONTRATTO: L’AD TIRA DRITTO
di Salvatore
Cannavò
a crisi è finita, ma l’azienL
da non investe sugli operai. Nonostante il Jobs Act,
nonostante l’enfasi che a parole viene posta sul tema del
lavoro, la vicenda Fincantieri
è una di quelle contraddizioni
che chiamano in causa direttamente il governo. Perché,
per quanto sia quotata in Borsa, il gruppo navale è di proprietà al 72,5% di Fintecna,
quindi dello Stato. E se disdetta, come avvenuto ieri, il contratto integrativo arrivato a
scadenza, gli operai non la
prendono bene.
La vertenza dura da mesi, ieri
ci sono state nuove manifestazioni a Napoli e a Genova.
Nelle settimane scorse hanno
manifestato, spesso massicciamente, Ancona, Monfalcone, Bari e Trieste. L’altroieri,
invece, si è tenuta l’assemblea
degli azionisti che ha approvato un bilancio in utile di
37,5 milioni, registrando una
crescita impetuosa degli ordinativi (8 nuove navi da crociera) e incassando un rialzo
borsistico che sembra non
fermarsi da ottobre 2014.
QUANTO BASTA per far dire
alla Fiom-Cgil che “la crisi è
finita” visto che “le commesse
in tutti i comparti o aree strategiche di prodotto sono garantite fino e oltre il 2020”.
Queste cose, il responsabile
per la trattativa, Bruno Papi-
gnani, le ha dette ieri durante
l’audizione alla Camera: “Noi
crediamo sia possibile incrementare l’occupazione nei siti
italiani – ha spiegato – in una
misura che possiamo stimare
in 1700 unità distribuendo
equamente i carichi di lavoro e
investendo sulle infrastrutture”. L’azienda, invece, continua Papignani, “minaccia trasferimenti utilizzati come
l’olio di ricino”.
Confronto duro, come non si
era verificato prima con
l’azienda che ha deciso di tenere un atteggiamento intransigente nei confronti dei lavoratori. L’integrativo è scaduto
e, per decisione unilaterale, ha
perso la sua efficacia, riducendo di circa 70 euro al mese la
paga degli operai e abolendo il
premio di produzione. A inizio della trattativa, del resto,
Fincantieri aveva prodotto un
documento in cui chiedeva
agli operai di mettere a disposizione mezzora di lavoro gratis e ancora oggi insiste molto
sulla crescita della produttività interna per reggere una
competizione internazionale
che costituisce il vero banco di
prova del gruppo dirigente.
Non a caso, l’altro punto di
attrito con il sindacato sono
gli appalti esterni: troppi, poco controllati secondo i lavoratori, necessari anche se in
prospettivi
riconducibili
all’interno del gruppo, per
Fincantieri.
Bono, da parte sua, ha fatto
MR TRILATERAL
L’amministratore
delegato è uno dei pochi
membri italiani della
commissione fondata da
Rockefeller. E guadagna
1,4 milioni all’anno
PROTESTE OPERAIE
Ieri cortei
dei lavoratori Fincantieri a Napoli e Genova. Sopra, Varoufakis con moglie Ansa
approvare all’assemblea la remunerazione degli amministratori che nel 2014 è stata
più che soddisfacente. L’amministratore delegato ha incassato 915.714 euro di compensi fissi più 450 mila euro di
incentivi per un totale di 1,4
milioni. Rilevante anche la retribuzione corrisposta ai principali dirigenti, 6,7 milioni di
euro tra compensi fissi e incentivi.
“Non vogliamo essere intrap-
gni giorno ha la sua pena per il povero Yanis
O
Varoufakis. Non solo il premier Alexis Tsipras
lo ha commissariato nelle trattative con i creditori
della Grecia (“non è vero - dice lui - sono sempre io a
condurle”), ma martedì sera s’è pure trovato al centro
delle attenzioni non gentilissime di un gruppo di giovani anarchici a volto coperto, che hanno tentato di
rappresentargli la loro insoddisfazione a bottigliate: il
ministro delle Finanze era a cena con la moglie e un
amico nel quartiere ateniese di Exachia quando è cominciato il fattaccio. È stata la signora Varoufakis Danae Stratou, artista e figlia di un magnate dell’industria tessile - a impedire guai peggiori del semplice
spavento mettendosi tra i giovani e il marito.
Le giornate di passione per il ministro e i suoi colleghi
di governo sono però solo all’inizio. Entro oggi la ex
Troika (Ue, Bce, Fmi) attende la lista dettagliata delle
“riforme” che Atene intende approvare per garantire
ai creditori i loro soldi. I rumors - registrati ieri dai
media greci - sostenevano che non ci sarebbero state
novità clamorose. Diverso il clima a Bruxelles: Tsipras e soci avrebbero ceduto sulla parificazione immediata dell’aliquota Iva al 18% (un aumento di imposte, insomma), mentre per i tagli al pubblico impiego e alle pensioni se ne riparlerà a giugno.
polati in una vertenza da anni
70”, ha ribadito l’ad di Fincantieri ponendo l’accento sui
4,4 miliardi di ricavi, i 21.700
dipendenti spalmati su quattro continenti che non possono farsi dettare l’agenda da
“questioni locali” come le proteste dei vari siti.
RICONDUCIBILE agli anni 70 è
certamente quella Trilateral
Commission fondata da Rockefeller nel 1973 di cui Giu-
seppe Bono è uno dei pochi
membri italiani, insieme a figure come Mario Monti, Enrico Letta e John Elkann. Una
sorta di “consiglio dei saggi”
del capitalismo occidentale
che riunisce Nord-America,
Europa e Giappone. Nelle riunioni privilegiati del gruppo si
discutono i destini dell’economia e delle società mondiali.
Da quella postazione, i siti navali italiani in effetti possono
sembrare solo locali.
LA VISIONE DI SERGIO
Marchionne: “Io, drogato di capitalismo”
proprio da certi particolari che si giudica
È
uno come Marchionne. Magari non l’altruismo, né il coraggio, sicuramente la fantasia. Nes-
sun altro manager di un grande gruppo automobilistico avrebbe accompagnato la pubblicazione dei risultati trimestrali con un documento-manifesto dal titolo Confessioni di un drogato di
Capitale, “Confessions of a Capital Junkie” in inglese. Il Capitale ha la “c” maiuscola, come quello
di Marx e l’occhio cade soprattutto sul secondo
termine, “junkie”, drogato, fanatico, fissato.
Il documento è una sfida lanciata agli altri gruppi
automobilistici mondiali e contiene un messaggio diretto e semplice: divisi “consumiamo”
troppo capitale fisso e bruciamo troppo valore
per gli azionisti. Unendoci, anzi unendo le nostre
piattaforme di base (non per forza il brand o le
reti di vendita) avremo “benefici impossibili da
ignorare”. Per la Fca, il manager stima in 4,5 miliardi di euro l’anno i risparmi possibili dall’integrazione dello sviluppo produttivo e dal costo
di Ricerca e Sviluppo. Un boccone allettante.
L’ad della Fca smentisce, quindi, di appassionarsi solo di ingegneria finanziaria e ribadisce l’at-
taccamento alla struttura, alla produzione e al
ruolo che il capitale fisso gioca nell’economia capitalistica. Il piccolo documento, 25 pagine di
grafici e slides facilmente consultabili (lo si trova
sul sito di Fca group), sembra redatto da chi si è
appena iniettato pagine e pagine di Ricardo e
Marx, inalando la teoria della sovrapproduzione
che falcidia il plusvalore netto e lordo. Il papier
che il “nostro” consegna ai lettori sembra pensato per spacciare una visione futurista agli altri
manager dell’automotive mondiale. Marchionne
come un buon dealer, smercia una passione per la
vecchia missione del perfetto manager, rilanciando con uno strumento accattivante, una sua
vecchia battaglia.
PRIMA DI PRENDERE GRATIS la Chrysler da Ba-
rack Obama, infatti, aveva già parlato della necessità di asciugare il numero dei produttori
mondiali e quantificava nel 20 per cento la sovraccapacità produttiva europea. “Tutti dovrebbero tagliare”, diceva nel 2012.
Oggi la prende da un altro lato, propone di lavorare sull’abbattimento del costo in conto ca-
pitale per investimenti, ricerca e capitale fisso pa- costanze “che potrebbero anche non verificarsi in
ri a 122 miliardi nel 2014 per le prime 11 marche futuro”.
mondiali. E la visione è così ampia, l’effetto della
“droga” così potente da prefigurare, senza scher- QUALSIASI PREVISIONE , quindi, va compresa
zare, alleanze anche con colossi come Apple e all’interno del “presente documento” e non imGoogle se le altre case automobilistiche non lo pegna in alcun modo l’azienda. Insomma, io parseguiranno. Del resto, il suo report si conclude lo di futuro e confesso le mie visioni. Però, non
esaltando il ruolo individuale: “È questione di sti- credeteci davvero.
le di leadership e di capacità”.
sa.can.
Il Belli avrebbe aggiunto “io so io e voi...”, ma
Marchionne parla inglese.
Da segnalare, però, la
premessa del documento, scritta, evidentemente, fuori dall’effetto “droga da capitale”: “Questo documento contiene termini come ‘forse’, ‘potrebbe’,
‘stima’, ‘crede’, ‘prevede’ e similari”. Si riferiscono a eventi e cir- L’ad di Fca, Sergio Marchionne Ansa
10
MINISTRO (E NON SOLO)
Dall’adolescenza durante la Seconda guerra mondiale a Tangentopoli e alla politica “sangue e merda”. Storia di un socialista sui generis
L’intervista
Rino Formica
di Silvia Truzzi
N
e Il tempo ritrovato, Proust
sostiene che “Le vecchie canaglie della politica, una
volta ripescate, vengono
sempre rielette”. E siamo
qui, in un grande studio a
due passi da Piazza Venezia, per parlare (anche)
di un Paese che ha sempre fatto poco i conti col
passato. Rino Formica, classe 1927, è lontano
dalla politica dal 1994. Ma non per questo ha
smesso di osservarla: e come si capirà dalla conversazione che segue, lo sguardo è tutt’altro che
miope. Forse perché appartiene “a quella generazione in via di esaurimento che saltò la giovinezza. Passò dall’adolescenza alla maturità.
Improvvisamente”.
non l’io’. Queste parole aprirono tra noi giovani una
lunga riflessione al limite del ‘religioso’ sulla funzione della politica nella nostra vita. Una scelta di
vita coerente poteva essere vissuta solo con il massimo della spersonalizzazione: allora ci convincemmo che la personalizzazione nella politica è una forma degenerativa che distrugge gli ideali. A questa
convinzione, che nacque sul filo del ragionamento
di Morandi, la mia generazione è rimasta fedele.
Profetico! E questo come influenzò i suoi studi?
Morandi terminò così il ragionamento: ‘Per una
buona politica non è sufficiente la spersonalizzazione, bisogna studiare in funzione della missione
politica, se ci credete. Se non ci credete lasciate la
politica’. Fu così che cambiai facoltà e mi iscrissi a
Federazione giovanile. Ogni lunedì ci convocava.
Un giorno discutemmo a lungo dei rapporti tra socialisti e comunisti e io gli chiesi: ‘Perché non ci parli
della tua esperienza nel Comintern con Togliatti e
Stalin?’. Lui rispose non rispondendo. Con una breve frase enigmatica soddisfò la mia curiosità. Disse:
‘Di queste cose non parlo, perché vengo da un Paese
in cui il lutto si porta a lungo. Però attenti, voi siete
giovani: il momento tragico sarà quando gli ex comunisti saranno più dei comunisti’.
Torniamo a lei.
Nel '72, dopo il congresso di Genova, assumo la
responsabilità dell'organizzazione del Partito e
nel '76 quella della segreteria amministrativa, che
allora in tutti i partiti politici era considerato il
Cosa intende per modello di partito tradizionale?
L'organizzazione di partito era nel dopoguerra una
formazione che viveva nella separatezza: centralismo democratico, disciplina di partito anche nelle
istituzioni, giustizia domestica (il lecito e l'illecito
era sanzionato in casa) selezione del personale politico per fedeltà al partito, riservatezza assoluta nella raccolta delle risorse. Questo era il modello di tutti
i partiti grandi e piccoli di sinistra, destra e centro.
Dove ha sbagliato la sua generazione?
Siamo stati cattivi maestri dei nostri figli. Abbiamo
voluto metterli al riparo delle nostre amarezze, dalle
dure esperienze di una maturità senza giovinezza, li
volevamo giovani e liberi per un periodo lungo e
senza fine. Era un modo per poter vivere la nostra
Lei è stato ragazzo, a Bari, durante il Fascismo.
Anticipai la licenza liceale: bisognava accelerare.
S’intravedeva già nel ‘42 la fine del Fascismo, la
preoccupazione era capire che cosa sarebbe successo dopo. Ebbi la fortuna, nel liceo scientifico
che frequentavo, di avere professori molto bravi,
tra cui l’antifascista Ernesto de Martino. E un
professore di religione che fu poi l'ispiratore spirituale di Aldo Moro, monsignor Mincuzzi. Ricordo che nel 1942 portai a scuola un opuscolo
delle edizioni Avanti (il programma dei comunisti di Bakunin). Lo avevo trovato nella libreria
di mio padre. Il professore di tedesco, un fascista
critico, trovò il libro, e con fare paterno mi disse:
‘Guarda che te lo devo sequestrare’. Ma dopo
avermi dato uno scappellotto mi disse: ‘Ti segnalerò al professore di religione’.
Che c’entrava il professore di religione?
Mincuzzi aveva il compito di tutelare i dissidenti. E fu così che dopo l'ora di religione mi chiamò
e mi disse: ‘Ma che fai il comunista?’ e io: ‘Veramente mio padre è socialista e repubblicano’.
Mincuzzi mi invitò in Arcivescovado dove incontrai un giovane professore, Aldo Moro: mi
fece una lezioncina spiegandomi che era giunto
sì il momento per una scelta politica, ma non
doveva essere di partito. Dovevamo orientarci
per una svolta istituzionale. Ma non avrei seguito questo consiglio: successivamente aderii al
Partito socialista. Non fu facile, perché quando il
18 novembre 1943 mi presentai alla sezione del
Partito in via Andrea da Bari, non trovai disponibilità all'accoglimento. Ebbi un primo scontro
con il Collegio dei probiviri.
Renzi non ha capito:
si brucerà da solo,
ancora un po’
e sarà tolto di mezzo
Perché, non la volevano?
I compagni della Commissione mi sottoposero
a un lungo interrogatorio: ‘Perché ti iscrivi al
Partito socialista? Perché ti iscrivi a un partito di
sinistra? Perché non continui a studiare?’. Perfino: ‘Ma la ragazza non ce l'hai?’. Io risposi irritato: ‘Ma che c'entra la ragazza, è incompatibile
con il socialismo?’. Dissi che mio padre era ferroviere, le obiezioni caddero: due dei tre probiviri erano ferrovieri!
Poi finisce la guerra.
Nel ‘43-‘44 assumo la segreteria provinciale della
Federazione giovanile socialista e alla liberazione di Roma, nel '44 sono chiamato a Roma da
Matteo Matteotti. Nel luglio del ‘45 con il Congresso costitutivo della Federazione giovanile
socialista, entro nel ristrettissimo esecutivo nazionale. Avevo 18 anni.
E gli studi?
Mi iscrivo a Ingegneria. Ma nell'ottobre 1945,
Rodolfo Morandi, vicesegretario nazionale del
partito, convocò la segreteria della Federazione
Giovanile che aveva una linea ostile, da sinistra, a
quella del partito e di Nenni. Prendendola alla
larga ci disse: ‘Voi personalizzate troppo; non
riuscirete mai a fare vera e giusta politica. La politica è una missione dove si deve usare il noi e
Economia e Commercio: si trattava di materie più
aderenti alla missione politica.
Prima di diventare senatore, nel ‘68, cosa fa?
Ho una tormentata esperienza dei movimenti
politici socialisti. Partecipo a tutte le scissioni: Palazzo Barberini nel '47, la lacerazione del Psli nel
'48, la costituzione del Psu nel ‘49, la formazione
di Cucchi e Magnani nel ‘50, il ritorno nei socialdemocratici nel '52, la scissione del Mup nel
‘59, e dal ‘60 partecipo a tutte le battaglie autonomiste riformiste del Psi sino al 1994.
Ignazio Silone l’ha conosciuto?
Nel Psu, Silone era il segretario del partito e io della
Una volta chiesi a Silone di parlarci
della sua esperienza nel Comintern
con Togliatti e Stalin. Ci disse: ‘Non voglio
parlarne: vengo da un paese in cui il lutto si
porta a lungo. Però attenti, voi siete giovani:
il momento tragico sarà quando
gli ex comunisti saranno più dei comunisti’
posto più delicato della gestione interna. Nell'assumere l'incarico chiesi al compagno Craxi e ai
compagni che avevano guidato la svolta del Midas, di impegnarsi perché il posto di Segretario
amministrativo fosse sempre ricoperto da chi
non godeva della immunità parlamentare. Allora
non ero parlamentare e pensavo che per rimettere ordine nelle finanze dei partiti era necessario
giocare senza rete.
Craxi cosa rispose?
mancata giovinezza.
Questo politicamente che effetti ha avuto?
Nel 1926, quando tutti s’interrogavano sul perché
era crollata improvvisamente una grande forza, come quella del Partito socialista, la Luxemburg disse
in un’intervista a Giovanni Ansaldo: “Non cercate
ragioni speciali. In quel momento fummo guidati
da chi non aveva sofferto. Non si poteva vivere ancora, dopo vent’anni, sulle sofferenze del Movimento socialista e democratico alla repressione crispina, quando andavano in galera lavoratori socialisti, repubblicani e cattolici”.
Fu d'accordo. Nel '75, un anno prima del Midas,
avevamo convocato la conferenza nazionale dell'organizzazione del partito a Firenze. Si aprì una Anche Craxi fa parte di quella generazione che
riflessione tra tutti i partiti perché
si notava una lenta ma continua
degenerazione nel rapporto parCraxi non scappò : andò via
titi-istituzioni: una tre giorni in
cui si parlò il linguaggio della vecon un passaporto. Sulla scelta dell’esilio
rità. Leggendo la rassegna stampa
di quell'evento è impressionante
vedere come tutti i problemi di
ebbi con lui una discussione. Gli dissi: siamo
ieri sono oggi declinati in peggio.
Furono i socialisti a lanciare l'alin presenza di una ribellione. La prima cosa che
larme sull'esaurimento del modello di partito tradizionale chiubisogna fare è stare sul posto e affrontare tutto.
so, verticistico e disciplinato senza canali di comunicazione con
una società che avanzava al di
Ma in lui giocò un elemento squisitamente
fuori delle caserme dei partiti. Da
quella discussione non nacquero
personale, la paura di essere ucciso
soluzioni coerenti.
il Fatto Quotidiano
SALVATORE FORMICA detto Rino è nato a Bari il
1° marzo 1927. Dirigente dei Giovani socialisti, è
stato consigliere comunale e vicesindaco della sua
città tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Laureato in
Economia e commercio, è entrato in Senato nel
1968. Successivamente deputato in molte legisla-
ture, sempre con il Psi, ha ricoperto diversi incarichi nelle Commissioni parlamentari. Capogruppo del Psi in Senato nel 1982 e alla Camera nell’83.
È stato ministro delle Finanze nei governi Spadolini
e poi, dall’89 al '92, con Andreotti presidente del
Consiglio; è stato anche ministro del Lavoro sotto
non ha sofferto?
Un modo molto elegante per dire che si rubava.
No. Craxi non è stato soltanto lottato dai suoi nemici, ma è stato abbandonato dai craxiani degli anni
80, quelli che non avevano sofferto.
Il verbo rubare è improprio. Nel vocabolario è spiegato così: ‘Sottrarre oggetti di proprietà altrui con
astuzia, sotterfugio e inganno’. Tra il 1945 e il 1992 i
partiti raccolsero senza astuzia, senza inganno e
senza sotterfugio, fondi per una istituzione costituzionalmente garantita (art.49 Costituzione) e per
una alta finalità (costruire l'ordine democratico repubblicano).
Capitolo Tangentopoli.
Mani Pulite nasce con gli eventi internazionali dell'89. È la fine del socialismo senza democrazia (il
comunismo). In occidente, patria del compromesso socialdemocratico (capitalismo democratico+distribuzione delle risorse pubbliche ai lavoratori e alle imprese), si ritiene sia giunto il momento
di sostituire la giustizia sociale con la giustizia di
mercato. Viene imboccata una strada ad alto rischio: a) esportare nei paesi dell'est il capitalismo; b)
trascurare la riconversione democratica del socia-
Tutti colpevoli, nessun colpevole. Non avete mai
ammesso di essere tutti colpevoli.
La raccolta dei fondi avvenne anche con l'utilizzo
proporzionale delle forze elettorali e del potere di
governo nazionale e locale. Ciò andò oltre i limiti
consentiti dal rispetto della legge e avvenne con la
compiacenza del mondo imprenditoriale, e dell'informazione e della magistratura. Intorno a
ANIMA CRITICA
questo nucleo di verità deve eserRino Formica è entrato giovacitarsi una seria e profonda ricernissimo nel movimento sociaca critica su la vita di tutti i partiti
lista italiano. È stato uno depolitici nella fase di costruzione
gli esponenti più importanti
dello Stato repubblicano. Vi era
del partito, di cui è stato anche
inoltre il finanziamento esterno:
tesoriere. Per il Psi è stato degli americani pensavano alla Dc,
putato, senatore e ministro
l'Urss pensava al Pci e solo in parte al Psi sino al 1959. L'Eni di Mattei rafforza questo schema che vede la liceità del finanziamento dei
partiti con risorse pubbliche.
E oggi?
Dopo Mani Pulite, i partiti storici
sono scomparsi: l'attività politica è
passata nelle mani dei partiti personali e dei singoli operatori elettorali che hanno drenato risorse in
ogni campo con ‘astuzia, inganno
e sotterfugio’. Questa è la differenza tra ricerca illegale di risorse praticate dai partiti tra il ‘45 e il ‘92 e il
rubare delle caste politiche di oggi.
Se si chiarisce questa differenza,
sarà facile affrontare il tema della
separazione in corso tra politica e
democrazia e tra utopia dei fini e
cinismo dei mezzi.
Torniamo a noi. C’è la crisi economica, e anche questo manda
in cortocircuito il sistema.
Negli anni 90 esce un libro di Silvestro Montanaro e Sandro Ruotolo, La vera storia d’Italia, sulla storia italiana vista con la lente del
rapporto mafia-politica. Si parte
sempre da un dato vero, reale. Ma
questa non è la storia d’Italia: è un
pezzo di storia d'Italia.
Inciso: Andreotti era mafioso o
no?
lismo reale; c) liquidare lo stato del benessere in
nome della crisi dello stato fiscale; d) trasformare la
democrazia partecipata in decisionismo autoritario.
Va bene: cambia il mondo. Ma non c'è solo questo.
La sinistra, il movimento democratico italiano, non
è pronto. Deve affrontare un doppio fallimento, il
fallimento del comunismo come socialismo senza
democrazia, e la fine del compromesso socialdemocratico. La crisi dello stato fiscale e l'alto costo del
compromesso sociale, porta il capitalismo a ritenere di non avere più bisogno del compromesso
socialdemocratico. Il capitalismo ritiene che divorziando dalla democrazia
possa liberarsi dal vincolo
politico. È un’illusione,
perché dovrebbe togliere
alla politica il governo e
dovrebbe avere la forza di
chiudere il Parlamento.
Scusi, e la corruzione?
La corruzione dei singoli
per fini propri è materia
diversa dalla ricerca di risorse da parte dei partiti.
Nel compromesso sociale
tra governi, imprese e
mondo del lavoro, vi era
un'area grigia che riconduceva all'utilizzo delle risorse.
Andreotti pensava che il male
minore si sopporta per evitare il
male maggiore. Condivise una
visione che fu di larga parte della
Democrazia cristiana, degli apparati dello Stato e del mondo economico e finanziario. La loro ricetta era contenere la mafia. Questa
era una linea sbagliata, se non altro perché non
guardava alle cause generatrici del fenomeno mafioso: assenza dello Stato storico italiano nel regolare le profonde e radicate ingiustizie sociali nel sud
d'Italia. La teoria del contenimento agevolava la
mafia perché ignorava l'obiettivo del suo sradicamento. Andreotti, come la maggioranza della Dc
sino all'inizio degli anni '80 ha tollerato la mafia.
Torniamo a Mani Pulite. Quand’è che vi accorgete
che di lì a poco il sistema, compreso il vostro partito, sarebbe stato completamente spazzato via?
i governi Goria e De Mita. Ministro dei Trasporti
con Cossiga e Forlani e ministro del Commercio
estero nel secondo governo Craxi. Celebre per le
fulminanti freddure, sua è la famosa definizione
della politica “sangue e merda”. Altrettanto nota
la sua battuta sull'ultima Assemblea nazionale del
Uno dei protagonisti della
Prima Repubblica si racconta.
E del presente dice: “C’è
qualcosa che va oltre l’ostilità
a queste riforme. Può diventare
un moto indomabile di
liberazione che travolgerà il Pd.
Uomini di Chiesa, borghesia
impoverita, lavoratori stremati
e giovani senza futuro
sono in allerta”
Nel ‘75 abbiamo detto: qui siamo a un punto di non
ritorno. Punto. Che cosa è avvenuto nel ‘92-‘94? Tra
il ‘92 e il ‘94 i mutamenti internazionali cambiano
gli equilibri politici anche nel nostro Paese. Il 20
gennaio ‘92 Cossiga scrive al Popolo una lettera in cui
annuncia le sue dimissioni dalla Dc e indica una
nuova prospettiva politica. Craxi mi chiede di scrivere il fondo dell'Avanti! sulla lettera di Cossiga. Uscì
con questo titolo: ‘Preannuncio di Nuova Democrazia’. È brutto citarsi, ma in quella nota c’è la risposta alla sua domanda.
Parlando di cose più spicce, nel ‘93 Craxi in Parlamento fa il famoso discorso del cestino...
...e il sistema non risponde. Alla domanda di Craxi: ‘Abbiamo fatto così, siamo pronti a smettere?’,
nessuno fiata. Ma non poteva farlo un partito solo, lo dovevano fare tutti. Oggi possiamo dire che
chi buttava monetine lanciava qualcosa che aveva
rubato. Chi alzava il cappio in Parlamento e indossava i guanti bianchi, oggi deve rispondere alla giustizia per le malefatte compiute in questo
ultimo ventennio. Si vestivano da epuratori mentre erano già epurabili. Non si tratta di voler tutti
colpevoli. Quando una trasgressione individuale
e sporadica diventa generalizzata e radicata, è una
grande questione nazionale di costume civile, di
cultura o subcultura politica e sociale.
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
11
Psi del 1984, vista come una “corte di nani e ballerine”. Dal 1994 non è più in Parlamento. Nel 2010
è stato assolto con formula piena nel processo per
il porto di Manfredonia; coinvolto in un processo
sulla malasanità barese, è stato assolto alla fine
degli anni Novanta. Vive a Roma e ha due figlie.
Craxi non scappò: andò via con un passaporto. Sulla scelta dell'esilio ebbi con Craxi una discussione.
Gli dissi: siamo in presenza di una ribellione. La
prima cosa che bisogna fare è stare sul posto e affrontare tutto. Ma in lui giocò un elemento squisitamente personale, la paura di essere ucciso.
Ma da chi?
Da chiunque. Ovunque. Non è questione di senso
di colpa o cose del genere. Era una suggestione che
lo ha reso debole. Il suo errore è stato avere, nella
gestione dell'esercito che lo seguiva, una visione ottocentesca e non moderna. La cassa di Garibaldi,
per capirci. La cassa era comune: si provvedeva al
matrimonio di un capitano, alle armi, al compleanno di un tenente. La tecnica comunista era la compartimentazione, molto più moderna. Allora è stato
facilissimo. Se lei prende dal volume su Mani Pulite
scritto dai colleghi del suo giornale Travaglio, Gomez e Barbacetto troverà l'elenco degli imputati eccellenti. E noterà che l'unico che riceve una condanna per ogni singolo fatto, non in continuità, è
Craxi. Quell'elenco grida vendetta al cielo.
Che pensa della fiction di Sky sul 1992?
Mi pare sia stata un’operazione commerciale, sull'onda di una nuova spinta giustizialista. Soprattutto, mi pare, nasca per fare una cortesia a Berlusconi.
Veramente nel mondo Mediaset l'hanno presa
tutt'altro che bene.
Una cortesia malriuscita. La possibilità di accordo
Murdoch-Berlusconi è ancora viva. Lo scopo era far
vedere che Berlusconi da Craxi si era staccato per
tempo.
Com'è che Mani Pulite ha prodotto Berlusconi?
Berlusconi fu svelto. Mise al servizio di Mani Pulite le tv e diede a intendere che non era figlio del
sistema. Ma in seguito non gli andò bene perché
l'intreccio con il sistema era molto profondo.
Era agganciato prevalentemente al carro vostro.
Non è giusto. Gli unici che furono ostili alle televisioni di Berlusconi, furono i demitiani, in ragione
della guerra interna con i forlaniani. Che fece il Pci
per fermare il potere di Berlusconi?
Ma al governo c'eravate voi.
Si dice che uno dei problemi del paese è stata la
mancanza di epurazioni: dopo il Fascismo e dopo
Mani Pulite.
Il decreto fu predisposto da Amato e approvato da
tutto il governo pentapartito.
Epurazione è una parola da usare con cautela. Spesso è stata usata per vendetta e non per giustizia. Nel
dopoguerra abbiamo visto epurabili che hanno
epurato gli epuratori. Anche la rivoluzione dopo gli
attimi di gloria e di esaltazione della purezza deve
ricorrere al personale antirivoluzionario. La rivoluzione è una rottura dell'ordine politico, civile e
sociale che deve aprire il passo al ‘riformismo di
pace’. La rivoluzione continua, è la follia dei fanatici.
L'amnistia è l'unica forma di pacificazione realizzata con la forza della legge. De Gasperi, Togliatti e
Nenni furono lungimiranti. Chi parlò di rivoluzione tradita (e anch'io con i giovani socialisti ero tra
questi) mise veleno nelle pieghe della Storia. Nella
stagione del terrorismo riapparve la funesta bandiera della rivoluzione tradita.
Purtroppo non è lo più per come lo intendevo.
Sangue è passione, merda è contaminazione. Una
contaminazione in cui il fine era molto più importante dello strumento. Lo strumento era funzionale. Più grande era il fine, più tollerabile era la
contaminazione. Siamo senza il fine. La contaminazione ha prodotto più sterco. La passione manca
del tutto. Inoltre oggi vi è un contesto fortemente
mutato. L'avanzare di un capitalismo senza democrazia sta producendo una nuova forma di democrazia: la democrazia affidataria: l'affidato è il popolo desovranizzato, un soggetto inabile, l'affidante è chi ha il potere del vincolo estero, oggi è la Bce.
Ma anche Draghi si illude di essere il vero sovrano.
Ed è l'affidante provvisorio che ha scelto l'affidatario, anche egli provvisorio, che per ora si chiama
Renzi.
L'Italia non è un Paese di rivoluzioni.
Dopo l'ultimo ventennio, la lezione che dovremmo imparare è che saremo, per forza, costretti a
introdurre cambiamenti copernicani senza fare
rivoluzioni. Nel ‘92 si capì bene che la miseria
della lotta politica aveva vinto. D'Alema, Occhetto e Veltroni, che avevano la guida della sinistra
sopravvissuta, avevano un unico problema: eliminare i socialisti e Craxi. Allora andava bene
tutto, anche in sede locale accordarsi con i dorotei
o con Tatarella, come D'Alema fece in Puglia.
Una mossa che non stava nella grandiosità del
duello a sinistra tra vecchi socialisti e comunisti.
Craxi si è autoeliminato scappando.
La politica è ancora sangue e merda?
L'errore è stato l'euro?
L'errore è stato entrare a quelle condizioni senza un
rafforzamento immediato delle istituzioni politiche. L'unificazione solo della moneta è precaria e
insufficiente.
Lei è sempre ricordato per le sue fulminanti definizioni come l'assemblea del Psi ridotta a ”nani e
ballerine”.
È un apprezzamento di cui mi pento se devo paragonare gli eccellenti professori universitari e gli
straordinari personaggi del teatro e del cinema di
ieri con i grigi amministratori delle unità sanitarie
delle municipalizzate e le veline-cubiste di oggi.
Matteo Renzi?
Servirà ancora qualche mese, poi
la Chiesa lo farà fuori. La sua politica
che persegue la giustizia del mercato contraddice il pensiero della dottrina sociale cattolica.
E non è nemmeno in condizioni di servire
al capitalismo a sganciarsi dalla democrazia:
non ha abbastanza forza
È il motorino d’avviamento di una centrale atomica
che lo brucerà a breve. Non ha un pensiero politico, è
una carica di energia. Servirà ancora qualche mese,
poi la Chiesa lo farà fuori. La sua politica, che persegue la giustizia del mercato, contraddice il pensiero
della dottrina sociale cattolica. E non è nemmeno in
condizioni di servire al capitalismo a sganciarsi dalla
democrazia: non ha abbastanza forza. Renzi non si è
accorto che a ogni forzatura autoritaria, corrisponde
un’espansione del fronte largo di difesa della democrazia parlamentare, qualcosa che va oltre l'ostilità
alla legge elettorale e alla riforma del Senato. Può
diventare un moto indomabile di liberazione che travolgerà il suo partito e i suoi alleati. Uomini di Chiesa,
borghesia impoverita, lavoratori stremati e giovani
senza futuro sono in allerta.
@silviatruzzi1
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MONDO
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
Pianeta terra
il Fatto Quotidiano
TURCHIA GEZI PARK, ASSOLTI 26 ATTIVISTI
Assolti a Istanbul 26 esponenti del movimento di
Gezi Park del 2013, che rischiavano pesanti condanne per appartenenza a una “organizzazione
criminale”. I 26 facevano parte della Piattaforma
Taksim, il movimento di protesta contro il potere
islamico dell’allora premier Tayyip Erdogan. Ansa
FRANCIA CASCHI BLU ACCUSATI DI ABUSI SU MINORI
La procura sta conducendo una indagine preliminare su presunti
abusi sessuali commessi da soldati durante una missione Onu nella
Repubblica Centrafricana. Secondo il Guardian, un funzionario Onu a
Ginevra è stato sospeso dopo aver consegnato un rapporto. LaPresse
GLI AIUTI AI NEPALESI
TRA ANNUNCI E REALTÀ
L’ONU HA CHIESTO OLTRE 400 MILIONI DI DOLLARI, PER ORA STANZIATI
SOLO 70 MILIONI. EUROPA POCO GENEROSA, DALL’ITALIA APPENA 400 MILA
di Alessio Schiesari
L
a nuvola di polvere e
calcinacci si è posata,
i soccorsi cominciano a raggiungere le
aree più remote (come la valle
di Gorkha, epicentro del sisma)
e ormai ogni persona estratta
viva dalle macerie merita un titolo, un servizio tv, la dicitura
miracolo. A cinque giorni dalla
prima scossa, il Nepal continua
ad aggiornare la conta dei morti
– ieri hanno superato quota
5.400 -, quella dei danni e prova
a governare e un’emergenza
umanitaria sempre più dram-
matica. La tensione tra la popolazione sta crescendo: ieri c’è
chi ha manifestato fuori dal
Parlamento per la mancanza di
pullman (e il rincaro dei biglietti delle compagnie di trasporto
che stanno provando a lucrare
sull’emergenza) e la lenta distribuzione degli aiuti.
Tende, impianti per la depurazione dell’acqua, medicine e cibo: è questo l’ordine di priorità
dell’Onu. In cima alla lista ci sono gli alloggi temporanei perché 400 mila edifici sono crollati o risultano inagibili e a Kathmandu l’80% degli abitanti
vive all’aperto. Proprio l’assen-
Charlie Hebdo, il vignettista è stufo
LUZ: “BASTA CON I DISEGNI SU MAOMETTO”
Luz, il vignettista che dopo gli attentati disegnò la
copertina con la caricatura di Maometto, è stufo:
“Non mi interessa più”, ha detto in un’intervista Ansa
za di ricoveri e la paura delle
epidemie hanno provocato un
vero esodo: oltre 100mila persone si sono messe in marcia
per lasciare la capitale. Il governo, dopo avere aperto 16 campi
per sfollati, chiede ora alla comunità internazionale mezzo
milioni di tende (finora ne sono
arrivate meno di 5mila) e stima
in 10 miliardi di dollari
il costo della ricostruzione.
Per questo proprio ieri
l’Onu ha lanciato un
appello per raccogliere
415 milioni di dollari.
In realtà la corsa agli
aiuti è già partita – sono stati stanziati o promessi 70 milioni di dollari - ma in tanti sono
rimasti ai blocchi.
Stando ai dati delle Nazioni Unite, i più generosi sono Stati Uniti
(10 milioni), Giappone
(8,6) e Regno Unito
(7,4), paese legato al
Nepal dagli antichi vincoli coloniali. Più indietro la Cina
(3,4) che però è per prima ha
inviato una squadra di medici
specializzati e unità cinofile.
Nel gioco delle grandi potenze,
l’Unione europea finora fa la
parte del nano: gli stanziamenti
PRIME PROTESTE
Per le strade contro
i ritardi dei soccorsi,
mentre i morti accertati
sono 5000. Mancano
ancora all’appello
tre connazionali
DOLORE E
RABBIA
Team britannico di soccorso tra le rovine
di Kathmandu.
Sotto, protesta
per la mancanza di aiuti
Ansa/Reuters
10DAGmln
LI
STATI UNITI
della Commissione ammontano a 3,25 milioni, la stessa cifra
donata dalla Conferenza Episcopale Italiana che, all’emergenza, ha destinato una parte
importante dell’8 per mille degli italiani, anche se il numero
di cristiani nel paese è inferiore
al 2 per cento.
L’ITALIA SI DIVIDE tra l’impe-
gno di Renzi (“Ad Expo personalmente visiterò come primo
padiglione quello del Nepal per
dare un segnale di solidarietà.
Sono curioso di leggere le vostre
impressioni a [email protected]”) e i 325 mila dollari stanziati dalla Farnesina, a cui ne seguiranno altri 100 mila in generi
di soccorso, tra cui un ospedale
da campo partito ieri). Pochini.
3,
2
DALLA
CEI
FRANCIA
E RUSSIA
A quota zero. Le ong
italiane raccolgono
200 mila euro
La nota positiva è che i fondi italiani sono già disponibili, mentre altre potenze come Francia,
Russia e Israele ancora non hanno preso impegni finanziari.
Gli italiani, che in questo genere
di emergenze spesso fanno preferiscono mettersi la mano sul
cuore che sul portafoglio, stanno reagendo più prontamente
che in altri casi, come il tifone
nelle Filippine o l’emergenza a
Gaza. I primi, parzialissimi dati
sono quelli sugli sms solidali di
Agire, il consorzio di ong che sta
prestando i primi soccorsi in
Nepal. Rispetto al terremoto di
Haiti - una tragedia ancor più
sconvolgente ma forse meno
mediatica per la minor presenza
di connazionali - le donazioni
sono state 36mila in più: 186
mila contro le 150 mila del 2010.
I fondi raccolti però sono molti
di meno perché le compagnie
telefoniche, quelle che decidono quando “vale” ogni sms,
hanno scelto di dimezzare l’importo di ogni donazione, da 2 a 1
euro. E così all’appello mancano 114 mila euro.
Buone notizie intanto dalla
missione dell’Unità di crisi: i
connazionali ancora dispersi
sono scesi a 3. Per oggi sono attesi i primi rimpatri.
“Indonesia, carceri e corruzione: l’inferno”
JURI ANGIONE HA TRASCORSO SETTE ANNI DA DETENUTO: “CON LA DROGA FANNO AFFARI IN MOLTI, LA PENA CAPITALE NON FA GIUSTIZIA”
di Rosaria Talarico
e conosceva 6. Degli 8 fucilati in Indonesia
N
Juri Angione, 35 anni da Orbetello, sei li conosceva bene. Di alcuni di loro era proprio amico,
come può esserlo chi per sette anni è stato detenuto nello stesso carcere. Di prigioni indonesiane Juri ne ha cambiate tre da quando fu arrestato nel 2004 all’aeroporto di Bali. Durante un
controllo doganale, cuciti all’interno della borsa
contenente le sue tavole da surf, trovarono circa
cinque chili di cocaina purissima. Secondo le severe leggi indonesiane in materia di traffico di stupefacenti, rischiava anche lui la pena di morte.
Dallo scorso giugno è libero: ora racconta al Fatto
gli anni trascorsi in tre diverse carceri indonesiane; il primo è Kerobokan sull’isola di Bali a pochi
chilometri di distanza dalle spiaggia di Kuta beach, gettonatissima dai surfisti di tutto il mondo. In
quella stessa prigione si trovavano i due australiani Andrew Chan e Myuran, Rodrigo. Angione
ha una sua interpretazione delle pene capitali per
le accuse di traffico di stupefacenti in Indonesia:
“Lo fanno per soldi, non perché odiano la droga.
Si rivendono i carichi che sequestrano, so anche
dove: e se c’è la pena di morte il prezzo sale perché
il rischio è più alto”.
JURI PARLA dalla Spagna, adesso lavora in un bar
mediario può decidere della tua vita o della morte,
o degli anni che sconterai in galera. Lui stesso è
riuscito a scontarne dieci, invece dell’ergastolo,
grazie a questo sistema, ovvero la ricerca di un tramite con il tribunale: “Tutti hanno provato la strada che ho preso io, purtroppo alcuni non ce l’hanno fatta. C’è chi si è intascato i soldi andandosene
in India con la moglie invece di darli al giudice: un
detenuto invece di due anni è stato condannato a
a Barcellona dove si è trasferito dopo il rilascio. “La
polizia speciale antidroga, la Bnn, va direttamente
dal presidente, non gli serve mandato di
perquisizione, vanno dritti dove voglioSENZA
no”. Ripensando ai suoi amici Juri dice
che prova rabbia “più che altro mi dispiaAPPELLO
La bara
ce tanto per loro: erano tutti giovani, sono
del detenuto
proprio incazzato con gli indonesiani.
brasiliano fucilato
Non è come Singapore dove seguono la
assieme ad altri
strada della pena di morte ma sono puliti,
sette carcerati.
non hanno alcuna corruzione. In IndoL’esecuzione ha
nesia invece ti usano come un burattino
aperto una crisi
per i loro giochi politici”. Juri racconta andiplomatica anche
che della corruzione dilagante in carcere e
nei tribunali, in cui l’onestà di un inter- con l’Australia Ansa
dodici, un altro si è fatto sette anni perché la notte
prima della consegna del denaro il suo amico è
morto per un’overdose di cocaina e viagra e i soldi
sono rimasti in banca senza che si potessero prendere. Adesso è libero come me”.
Il carcere superaffollato di Giacarta è ormai un ricordo, così come quello della jungla in un’isola
adibita a galera dove non arrivava niente: unica
consolazione, si riusciva a fare il bagno in mare.
Fino al massimo della beffa: Juri ha pagato viaggio
e albergo alla polizia dell’immigrazione che lo ha
scortato dalla prigione all’aeroporto: “Se alla mia
liberazione fosse venuto qualcuno dell’ambasciata
italiana non si sarebbero permessi di chiederlo”.
Le reazioni internazionali alla fucilazione avvenuta due giorni fa dei detenuti condannati per traffico di droga sono state molto forti: a parte la condanna di Amnesty International, il primo ministro australiano Tony Abbott - due suoi connazionali sono stati giustiziati - ha annunciato che
l’ambasciatore in Indonesia sarà ritirato “per consultazioni”.
il Fatto Quotidiano
MONDO
GAZA HAMAS, IL COMANDANTE DEIF È VIVO
Mohammed Deif, comandante dell’ala militare di
Hamas – che Israele provò a uccidere l'ultima volta durante il conflitto della scorsa estate – è vivo e
continua a guidare la fazione islamica nella Striscia. Attivo da oltre 20 anni, Deif è rimasto menomato nei diversi tentativi di assassinarlo. Ansa
USA IL GIAPPONESE ABE CHIEDE PERDONO
Intervento storico di Shinzo Abe davanti al Congresso americano. È il primo premier giapponese a
esser ricevuto con tutti gli onori a Capitol Hill, e lui
non delude, offrendo le condoglianze del suo popolo per le vittime americane della Seconda guerra
mondiale, esprimendo “profondo rimorso”. Reuters
Riad e il trono di spade:
Salman rimuove l’erede
L’ARABIA SAUDITA SI AVVICINA DI PIÙ ALL’ALLEATO USA, IL FRATELLASTRO DEL RE
SOSTITUITO CON NAYEF, MINISTRO DELL’INTERNO CHE HA SEGUITO CORSI ALLA CIA
di Giampiero Gramaglia
V
atti a fidare di quelli
che arrivano al potere con l’etichetta di
acque chete: appena
tre mesi dopo essere salito sul
trono saudita, re Salman bin
Abdelaziz ha indicato un nuovo
principe ereditario, suo nipote,
il ministro dell’Interno, e ha
scelto uno dei suoi figli come secondo nella linea di successione
al trono. Salman salta così una
generazione in questa dinastia
dove gli ottuagenari come lui
sono giovanotti, rinforza il proprio potere e conferma quella
capacità di scelte rapide e nette,
che aveva già mostrato in diplomazia prima non esitando a scatenare una vera e propria guerra
intestina sunnita, poi creando
una coalizione anti-sciita e anti-integralista.
Nonostante avesse promesso di
rimanere nel solco tracciato dal
suo predecessore, il defunto re
Abdullah, il nuovo monarca ha
apportato numerosi cambiamenti al governo e ha dato un
volto più bellicista al Paese. Di
cui ora cerca di consolidare il
rapporto con gli Stati Uniti, secondo un’interpretazione non
da tutti condivisa.
Re Salman ha agito a colpi di decreti reali, 34 in una volta sola,
ridisegnando la linea di successione al trono, rimpastando il
governo e defenestrando il fratellastro, principe Muqrin bin
Abdelaziz, finora erede. Secondo i media sauditi, che citano un
comunicato di Corte, l'avvicendamento è stato chiesto da Muqrin: non ci sono elementi per
confermarlo o per smentirlo.
Ma di certo Salman ha così rafforzato il suo potere e il controllo dinastico. Il nuovo principe
BALTIMORA
La piccola Obama
sulle barricate
dell’anti-razzismo
LA SINDACA NERA DEMOCRATICA SOTTO IL FUOCO
INCROCIATO DI MANIFESTANTI E GIORNALISTI
New York
on solo come madre e nonna, ma come una cittadina, come
N
essere umano, il mio cuore è spezzato per questi giovani e
per le loro famiglie. Dobbiamo prendere atto di alcune amare
MOHAMMED manterrà la cari-
ca di ministro dell’Interno, ma
sarà pure premier: nell’agosto
del 2009, sfuggì a un attentato e
da allora è nemico acerrimo del
terrorismo integralista. Il figlio
del re, principe Mohammed bin
Salman, trent'anni appena, ma
già ministro della Difesa, diviene secondo nella linea di successione: attualmente, il suo è il vol-
to della campagna militare saudita nello Yemen. Finora, il regno è stato guidato da vari figli
di Abdulaziz, il fondatore della
dinastia degli al-Saud, Mohammed sarebbe il primo nipote del
monarca fondatore a salire al
trono, segnando così un salto di
generazione e regolando per decenni, anche per mezzo secolo,
la questione dinastica. Il colpo
di scena avviene mentre l’Arabia saudita, primo esportatore
13
di Angela Vitaliano
ereditario è suo nipote,
Mohammed bin Nayef, 55, che
era secondo a Muqrin. Mohammed, zar dell'anti-terrorismo
saudita, è molto conosciuto negli ambienti internazionali: è ritenuto vicino agli Usa – ha seguito corsi di intelligence alla
Cia – e inflessibile nella lotta all'estremismo islamico.
PUGNO DI FERRO
Il monarca dopo aver
scatenato l’offensiva
anti-sciita rafforza il suo
potere e il controllo
dinastico defenestrando
il legittimo successore
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
SAGGEZZA ARABA
di petrolio al mondo, è attiva su
vari fronti internazionali, economici, politici, militari: Riad
ha deliberatamente innescato il
calo del prezzo del petrolio sui
mercati mondiali, non riducendo la produzione a fronte di una
domanda debole; e guida la
campagna nello Yemen contro
le milizie Houthi, sciite e filo-iraniane, per ridare il potere
al legittimo governo a guida
sunnita; proprio il fatto di avere
una madre yemenita avrebbe
indebolito la posizione del principe Muqrin, 69 anni, a lungo a
capo dell’intelligence.
Il rimpasto, il secondo del suo
regno, segna una cesura con il
lascito di re Abdullah: Salman
ha pure sostituito il ministro degli Esteri, principe Saud al-Faisal, che ricopriva l'incarico
dall’ottobre 1975, cioè da quasi
40 anni, con l'ambasciatore a
Washington, Adel al-Juber, il
primo non “di famiglia” ad as-
A sinistra, re Salman bin
Abdelaziz assieme al
successore designato
Mohammed bin Nayef, il
“falco” della casa reale Ansa
sumere il ruolo, un uomo che
conosce bene la diplomazia statunitense. Alla Salute va il capo
d’Aramco Khalid al-Falih, mentre il ministro del petrolio Ali
al-Naimi resta al suo posto.
Si ignora se vi sia un nesso tra le
decisioni del re e l’annuncio
coincidente delle autorità saudite d’avere sventato un attentato kamikaze con un’autobomba contro l'ambasciata Usa a
Riad da parte di una cellula
dell’Isis. La polizia ha arrestato
93 persone, fra cui 77 sauditi, accusate di far parte del gruppo
jihadista. Il piano anti-Usa sarebbe stato in “fase di preparazione avanzata” a opera di due
siriani e di un saudita e sarebbe
stato scoperto a marzo.
verità riguardo alla razza e alla giustizia in America”. Ha parlato
con una passione quasi insolita per lei, Hillary Clinton, intervenuta mercoledì sera alla Columbia University e chiamata a
commentare i fatti di Baltimora. Un discorso forte e determinato
che conferma, se ve ne fosse bisogno, che la campagna elettorale
è già iniziata e sarà molto lunga, soprattutto con l'arrivo sulla
scena del “socialista” Bernie Sanders, e che portare gli afro americani alle urne non sarà impresa facile. E, comunque, le vicende
di Baltimora, che hanno avuto una eco anche a Ferguson, sono
davvero l'ultima défaillance di un sistema ancora intriso di razzismo. Persino Barack Obama, ieri, tornando sull'argomento,
aveva, forse per la prima volta durante la sua presidenza, usato
toni severi e senza nessuna forma di condiscendenza. “Se pensiamo di mandare i poliziotti a contenere i problemi che derivano dalla povertà in queste comunità, senza dire come nazione cosa possiamo fare per cambiare le cose, allora non risolveremo la questione”.
RESTANO PRESSANTI le pole-
miche che hanno, da lunedì, investito il sindaco democratico,
Stephanie Rawlings-Blake accusata di non aver saputo gestire
adeguatamente la situazione,
sottovalutando la serietà della rivolta, e anche sotto tiro per una
dichiarazione rilasciata sabato
scorso a proposito dell'intervento delle forze dell'ordine. “È un
equilibrio delicatissimo - aveva
detto il sindaco - perché mentre
proviamo ad assicurare che tutti
siano in salvo dalle auto e dal resto, cerchiamo anche di dare
spazio per distruggere le cose a chi ne ha bisogno”. Ovviamente,
quel “dare spazio a chi ha voglia di distruggere” aveva fatto immediatamente scattare critiche feroci nei suoi confronti anche se
poi aveva provato a difendersi chiarendo che il suo pensiero era
stato usato fuori contesto e, dunque, in qualche modo “manipolato”. Secondo il sindaco il suo messaggio era relativo al fatto
che, provando ad assicurare a tutti la libertà di espressione era
inevitabile che qualcuno “sfuggisse” alle norme di civiltà per mettere in atto azioni violente. “È molto triste - ha detto la 45enne
democratica in conferenza stampa, rivolgendosi ai giornalisti che vostri colleghi abbiano deciso di manipolare le mie parole e
provare a usarle come un monito per incitare alla violenza”.
14
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
SECONDO
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RT. IIDE
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Calma, la situazione
non è così grammatica
UN LIBRO DEL LINGUISTA DE BENEDETTI SFATA IL MITO DELL’ITALIANO VIOLENTATO
U
di Silvia
Truzzi
na vicenda “all’armante”.
Così qualche anno fa scriveva (davvero) in un articolo il collaboratore (dottorando in Storia moderna, sic) di un giornale. Alle rimostranze della giornalista che passava il pezzo,
rispose: “Ma perché allora
non si scrive ‘all’ora’?”. Più
che allarmante, tragico. Invece un delizioso pamphlet
di Andrea De Benedetti –
giornalista, linguista, professore e scrittore torinese
– sfata il mito della nostra
bellissima lingua svilita, aggredita e deturpata da strafalcioni di varia natura perfino da giornali e tv. La situazione è grammatica, non è
grave e nemmeno acuta. La
nostra reputazione linguistica è meno compromessa
di quanto non si pensi.
ASPETTATEVI una
noiosa sequenza di regole
ed eccezioni (a questa parola è dedicato un esilarante capitolo, Lascia o raddoppia). Ci sono anche aneddoti
da foglio a protocollo, ottusi
lapis rossi e blu (ma rossoblù,
con l’accento): un mondo
piccolo di insegnanti barricati nella rassicurante trincea
della grammatica normativa,
capaci di togliere un punto a
un compito in classe per un
“lui usato con funzione di
soggetto”. C’è il sadismo del-
la ricerca dell’errore e il compiacimento del trovarlo: asino! Ma – spiega l’autore –
peggio di una lingua sciatta e
scorretta c’è solo la lingua
inodore e geneticamente
modificata proposta da certi
insegnanti schizzinosi, ossessionati dalla grammatica
come lo sono certe mamme
dalla pulizia, che quando entri in casa con le
scarpe danno una
passata con lo straccio anche se non hai
lasciato la minima impronta sul pavi-
al mio funerale. E perché se
sapessi che sulla mia lapide
c'è scritto un perchè passerei
l'eternità a cercare di
correggerlo”.
Ne La situazione è
grammatica vi può
mento. Le pattine non sono
un antidoto, perché la lingua
non si preserva come un reperto archeologico: non per
niente distinguiamo tra
quelle vive e quelle morte. E
comunque, nel capitolo sugli
accenti, l’autore approfitta
dell'occasione per chiedere a
tutti i suoi cari, quando morirà, di controllare bene lapide e necrologi: “Perché ci
terrei a non fare brutte figure
capitare d’incontrare eroi
dell’infanzia e, insieme a loro, equivoci lessicali mai
del tutto abbandonati.
LA SITUAZIONE
È GRAMMATICA
Andrea De Benedetti
Einaudi; pagg. 136, 12
stato a Topolinia
che l’autore, per la
prima volta, ha capito uno dei motivi
per cui scriviamo
male
alcune
parole: “Perché
troppe
volte non le
leggiamo, ma
ci limitiamo a
guardarle”. Errare
è umano, perseverare diabolico? Purtrop-
NON
“QUAND’ERO piccolo, ero
convinto che il commissario
Basettoni, il poliziotto amico
di Topolino, si chiamasse
con due esse. Non avevo capito che il nome gli derivava
dall’avere due grosse basette,
che peraltro all’epoca nem-
meno sapevo cosa fossero.
Fatto sta che per anni, tra me
e me, l’ho chiamato Bassettoni fino a quando una volta
un amico dei miei genitori
mi lesse una storia di Topolino pronunciandomi per la
prima volta il suo vero nome. “Non si chiama Basettoni, si chiama Bassettoni”,
osservai indignato. “No, si
chiama Basettoni – replicò –
perché ha le basette”. Ed è
t sono confinanti e che può
capitare, nella fretta, di digitarli all’unisono. Se invece scrivi eccezzione invece di
eccezione stai contravvenendo alla regola in maniera prevedibile e codificata:
stai commettendo un errore”. O più poeticamente,
con Cesare Pavese, “fra gli
errori ci sono quelli che
puzzano di fogna e quelli
che odorano di bucato”.
Comunque sbagliare è facilissimo: non poche
regole ortografiche
sono macchinose e
BUONE NOTIZIE
controintuitive. Ma
soprattutto il percorL’errore rappresenta
so tra il pensiero, la
lingua e il foglio di
un anticorpo
carta è tutt’altro che
alle incoerenze
un rettilineo, è una
strada in salita piena
della lingua, una
di tornanti. In curva
ribellione all’arbitrarietà bisogna accelerare o
no? Certamente non
di certe regole
accellerare: il verbo
deriva dal latino celere, che si scrive con
po sapere non sempre salva: una sola l. Ma a un certo
chi scrive continua a pensare punto abbiamo cominciato
- nel segreto del fumetto - a pronunciare la l come se
Bassettoni.
fosse lunga. A furia di alBisogna anche dire che i lin- lungarla è capitato che
guisti distinguono tra erro- qualcuno abbia cominciato
re e sbaglio: “Se ad esempio a scrivere accellerare. E
scrivi or togr tafia anziché or- l’epidemia si è così tanto
tografia si tratterà di una estesa che facendo una risvista, di un lapsus calami, cerca su Internet si trovano
una disattenzione occasio- quasi 400mila occorrenze
nale imputabile al fatto che di accelleratore a fronte del
il tasto della r e quello della milione risicato di accele-
Il Match del Secolo se lo prende Deejay
SABATO NOTTE L’ATTESO INCONTRO MAYWEATHER-PACQUIAO A LAS VEGAS: ESCLUSIVA ITALIANA PER IL CANALE TV DI DISCOVERY
di Luca Pisapia
le prime ore dell’alba di domenica in Italia. La sfida capace di generare oltre 400 milioni di dollari,
attesa era messianica. Una gigantografia l’incontro che avrebbe dovuto tenersi già sei anni
sulla parete luminosa della MGM Arena, vi- fa, quando entrambi erano al massimo della loro
sibile a chilometri di distanza. L’epifania martedì forma e avrebbe avuto anche un valore tecnico.
sera, le prime ore dell’alba di mercoledì in Italia. Oggi no. Certo s’incontrano i due pugili più faFloyd Mayweather Jr. è apparso a Las Vegas. Lo mosi sulla scena, certo hanno due stili di comsguardo truce sotto il cappellino, lo sportivo più battimento opposti e quindi complementari, cerfamoso e pagato al mondo, seto c’è in palio la cintura riunicondo la rivista Forbes nel 2014 si
ficata. Ma questo del secolo è lo
è portato a casa oltre 100 milioni
show, non la battaglia. Tutto è
DA NOI IN CHIARO
di dollari, ha detto poche parole:
calcolato alla perfezione per es“So cosa fare”. Poco più in là, in
sere tale, dall’incontro ‘casuale’
Negli Usa si aspettano
quel lembo di terra strappato al
avvenuto a inizio anno a bordodeserto e riempito di casinò e
campo
di una partita dei Miami
oltre tre milioni
mitologie mafiose, lo sfidante
Heat, alle mille storie e polemidi spettatori: pagheranno che che generano hype e attesa.
Manny Pacquiao incontrava i
suoi tifosi in un altro albergo.
Quella falsità che Roland Bar99,99 dollari ciascuno
Anche questo fa parte dello
thes mezzo secolo fa attribuiva
show, della costruzione dei peral wrestling, opposto alla genuiper vedere la sfida
sonaggi. Tutto è pronto per la Finità della boxe, oggi è tutta nel
in pay-per-view
ght of The Century di sabato sera,
pugilato. Ci sarebbero un paio
L’
di cose serie, qualcuno ha provato a sottolineare
che nei sette arresti subiti da Mayweather cinque
avevano a che fare con violenza sulle donne, che il
pugile americano nel 2010 fu condannato a 90
giorni per aver pestato la compagna davanti ai loro due bambini piccoli. Ma queste cose disturbano, the show must go on. E allora tutti a tuffarsi
sulla storia raccontata da Freddie Roach, allenatore di Pacquiao, che il filippino sarebbe scappato
di casa a 12 anni perché suo padre gli avrebbe
mangiato il cane, per farlo crescere da “uomo vero” (sic).
UNA STORIA già smentita nel 2009 dallo stesso
pugile, ma fa niente. Tutto fa brodo. L’attesa cresce
e i biglietti, dai mille ai 10 mila dollari lontano dal
ring (oltre 50 mila il valore di quelli esclusivi e non
in vendita a bordo ring), sono stati polverizzati
online in meno di un minuto. E due minuti dopo
erano su eBay a prezzo decuplicato. Ma il botteghino è una minima parte dell’incasso. Il grosso
arriva dai diritti tv. Negli Stati Uniti si aspettano
GUANTONI A destra,
Floyd Mayweather Jr. (Usa),
a sinistra Manny Pacquiao
(Filippine)
Ansa
oltre 3 milioni di spettatori, che pagheranno 99.99
dollari l’uno per vederla in pay-per-view. In Scandinavia costa 59 dollari, in Australia 47. In Inghilterra 19 sterline. In Germania e Spagna una decina
di euro. In Italia alla fine l’ha spuntata Deejay Tv
(canale 9 del digitale terrestre), da poco entrata nel
gruppo Discovery, che la trasmette in chiaro alle
21 di sabato sera ora di Las Vegas, le prime ore
dell’alba di domenica in Italia. Non si prevedono
grandi levatacce, qui da noi l’attesa è un po’ meno
messianica. Lontano dal deserto del Nevada, il pugilato ha ancora un significato diverso.
il Fatto Quotidiano
GENNY A’CAROGNA, 2 ANNI E 2 MESI
AL CAPO ULTRAS DEL NAPOLI
Gennaro De Tommaso è stato condannato
per aver capeggiato le violenze e scavalcato
la recinzione per discutere con i giocatori e le
forze dell’ordine circa l’inizio della partita
EMMA RECLUTATA DAI FASCISTI
LA CANTANTE: “SONO SCHIFATA”
Il Movimento Sociale Fiamma Tricolore
ha pubblicato una foto della cantante
nell’atto di eseguire il saluto fascista.
Lei si è dissociata “da tanto orrore”
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
15
BIEBER IN GUAI INTERNAZIONALI
LA POLIZIA LO INTERROGA IN HOTEL
Visita della polizia in hotel a Roma per
Justin Bieber, impegnato in un film. Nei
suoi confronti un mandato d’arresto in
Argentina per un’aggressione a un fotografo
Primo maggio
“Boosta” dei Subsonica
ratore.
Ma in queste pagine di errori - che ci parlano perché
li facciamo tutti, tutti i
giorni - ne incontriamo
moltissimi: dall’eccessiva
generosità con cui raddoppiamo
le
consonanti,
all’entusiasmo con cui
abusiamo della d eufonica.
La d eufonica ci euforizza,
praticamente è un antidepressivo: scriviamo “ed ancora”, al posto di “e ancora”. La d serve solo per evitare lo scontro con la vocale iniziale della parola seguente, “ed ecco”.
AL NETTO di tutto questo la
buona notizia è: “L’errore
rappresenta soprattutto un
anticorpo naturale alle incoerenze della lingua, una
sacrosanta ribellione all’arbitrarietà di certe regole, e
da questo punto di vista,
lungi dall’essere una malat-
IN AGGUATO
Sbagliare è facilissimo,
per tutti: dalla generosità
con cui raddoppiamo le
consonanti, all’entusiasmo
con cui abusiamo
della “D”eufonica
tia da curare e di cui vergognarsi, può essere segno
di un’intelligenza perfettamente in salute”. Ignorantia
legis non excusat, però “commettere errori non è una
colpa”. Lo diventa “se non
fai nulla per evitarli, se l'errore non è un atto in qualche modo creativo ma è il
frutto guasto di pigrizia e
conformismo”.
@silviatruzzi1
“Noi a Taranto
contro la politica
delle tre carte”
di Stefano Caselli
S
i avvicina il Primo
maggio, si avvicina il
giorno di festa dei due
concerti. Sul palco di
Taranto, tra i top, ci saranno i
Subsonica. Parlando con Davide Dileo alias “Boosta”, la prima
domanda è d’obbligo.
Davide, perché i Subsonica a Taranto e non a Roma?
Perché si sta spostando tutto. Il
vero Primo maggio, probabilmente, sta diventando quello. È
più concreto, più aderente alla
realtà, più vicino ai principi di
una festa che è ancora viva, anzi,
più viva che mai, una manifestazione dove alzare la voce e dire delle cose è più facile. Il Primo
maggio non deve essere un concerto d’élite e quello di San Giovanni, nel corso degli anni, lo è
diventato. Era “il concerto” solo
perché si faceva a Roma. Ma
l’Italia si è fratturata, così essere
a Taranto venerdì significa calarsi di più nel tempo attuale.
Responsabilità del sindacato?
Credo di sì. Senza usare termini
eccessivi e senza fare polemica,
c’è un forte invecchiamento nel
concetto di sindacato. Va molto
di moda parlare di “2.0” a proposito di qualsiasi cosa. Ecco, temo che qui siamo al livello 0.1,
ancora un modello MsDos. Mi
rendo conto che sia difficile
adattarsi a una crisi che ha atomizzato il mondo del lavoro, ma
il mondo sindacale ha scelto, per
ora, di rimanere ancorato a una
parte di mondo del lavoro che
non è più il solo mondo del lavoro. È una scelta legittima, forse
non c’è nemmeno alternativa,
ma è un dato di fatto che la rappresentanza sia un po’ in crisi.
A Taranto si parlerà molto anche di ambiente, di Ilva, petrolchimici in Sicilia, trivellazioni in
Basilicata... Vi diranno che siete
quelli del “no” a tutto...
Io spero esista anche un
GLI ALTRI
SUONI
Il vero concerto è qui.
È più concreto, più
aderente alla realtà, più
vicino ai principi di una
festa che è ancora viva.
San Giovanni è diventata
una piazza d’élite
‘No-Mink’, nel senso di no alle
minchiate. Se le cose andassero
bene, sarei il primo a dire sì. Ma
così non è. Troppo spesso ci troviamo nella condizione di cercare la giustizia e di trovare la
legge. E le due cose non vanno
d’accordo. Ecco perché è importante essere a Taranto: per
chi viene da fuori come noi, per
manifestare solidarietà e interesse concreto per un problema
ambientale, quello dell’Ilva, che
la politica sta scegliendo di affrontare mettendo in secondo
piano il benessere delle persone.
Ma in questo momento Taranto è come se fosse la casa di tutti:
esserci significa parlare di equità e di giustizia. È questo il tema
del nostro Primo maggio.
È difficile sentirsi “contro” un
governo – almeno in teoria – di
centrosinistra, guardandolo da
sinistra?
Davide “Boosta” Di Leo è nato a Torino il 27 settembre 1974 LaPresse
Fondamentalmente,
come
molti temo, ho un rapporto con
la politica molto disilluso. Osservo e mi sento come di fronte
al tavolo del gioco delle tre carte: sembra impossibile riuscire a
separare le cose buone dall’opportunismo. Capisco che le dinamiche della politica abbiano
le loro regole, ma il segnale continuo è quello di una clamorosa
e diffusa ignoranza civica e di
una colossale mancanza di rispetto verso la realtà. Ed è anche
un problema di informazione.
TUTTA
L’ITALIA
Oggi la città dell’Ilva
è un po’ la casa
di tutti. Ecco perché
è importante esserci:
perché significa
parlare di equità
e di giustizia
I media sono sommari. Cerco di
capire cosa diavolo sia questo
Italicum e faccio fatica. Il paradosso evidente è che siamo in
un’epoca in cui dovremmo essere più informati e invece facciamo fatica a individuare le notizie certe. Io non ho capito quali cavolo di fantomatiche riforme siano state fatte, tranne poi
scoprirlo dal commercialista. E
poi vale tutto, tutti parlano, tutti
commentano, tutti twittano...
Poi accendi la tv, vedi le immagini del Parlamento e sulla sedia
non stai tanto comodo. Tutti
spariamo cazzate, io per primo,
ma il senso di tristezza per il livello oggettivamente basso del-
In che senso?
la politica e della classe dirigente è avvilente. Non c’è più nessuno che ti illumini a parole…
Essere rock star e voler essere
“impegnati” è ancora un bel privilegio?
Il mio mestiere è fare pop, non
gridare slogan. Ma anche il pop
si può fare con onestà intellettuale. Ed è quello che cerco di fare. È una questione di responsabilità, ed è proprio il senso di responsabilità che oggi manca. Bisogna averlo ben presente quando si sta su un palco davanti a
migliaia di persone. La gente ti
guarda, ti ascolta e magari capita
pure che prenda sul serio quello
che dici. Poi osservo il pubblico
ai nostri concerti. Davanti vedo i
più giovani, dietro, vicino al mixer, quelli che magari erano con
noi già vent’anni fa. Ai lati, sugli
spalti, quelli che hanno figli. Ecco, mi sembra che nessuno si sia
perso per strada. Forse questo significa essere stati onesti.
16
SECONDO TEMPO
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
il Fatto Quotidiano
STEREOTIPI
Danza femminista
in salsa di streghe
IL NUOVO FILM DI ALEX DE LA IGLESIA RIPORTA
IN AUGE LO SCONTRO TRA I SESSI (MA CON IRONIA)
di Federico Pontiggia
S
pagna, oggi. C’è crisi,
e non c’è Compro
Oro che tenga. A Madrid, nella centralissima Puerta del Sol, è all’opera
una banda di disadattati, mascherati per l’occasione. Il capo è Jose (Hugo Silva): fresco
divorziato, vorrebbe la custodia congiunta del piccolo Sergio, che si porta appresso durante la rapina. Con lui, Tony
(Mario Casas), già pr alla discoteca Sperma, ora disoccupato a tempo pieno e vessato
dalla compagna avvocatessa in
carriera: un altro uomo distrutto dalle donne.
IL COLPO riesce a metà, e i no-
stri antieroi devono darsi alla
fuga: fanno poker con Manuel
(Jaime Ordonez), il malcapitato taxista che sequestrano, e
cercano di raggiungere la
Francia, destinazione EuroDisney per compiacere Sergio.
Non sarà facile: il bottino di fedi nuziali mena sfiga, due poliziotti sono alle calcagna, l’ex
moglie di Jose sulle loro tracce,
e nel bagagliaio dell’auto qualcuno si dimena… Ma il peggio
è da venire: la meta assegnata
dal caso o, se volete, dalla maledizione è Zugarramurdi, un
borgo incastonato nella Navarra pirenaica, poco distante
dal confine francese. Non è località qualsiasi: nel 1610 l’In-
DALLA RAPINA ALLA BRACE
Quattro malviventi si rifugiano nel paese famoso
per le sue “presenze” e si ritrovano sottomessi al potere
femminile. L’unica speranza è diventare oggetto d’amore
quisizione vi mandò al rogo
undici anime e le ceneri sono
ancora calde, tanto da passare
alla storia quale paese delle
streghe. Le stesse che incontrano Jose e compagni: fattucchiere sanguinarie, antropofaghe e, soprattutto, femministe.
Dalla padella alla brace, dunque, e la guerra dei sessi è senza
quartiere: mutilazioni e sacrifici rituali, gigantesse tettute à
la Venere di Willendorf e conati da Esorcista, con la variabile amorosa che sballa appartenenze, steccati e destini. Può
esserci davvero del tenero tra
la strega supersexy (Carolina
Bang) e il brav’uomo Jose? La
LE STREGHE
SON TORNATE ©
Spagna, 2013
regia: Álex De la Iglesia;
con: Carmen Maura, Hugo Silva,
Mario Casas, Carolina Bang,
Terele Pavez
risposta la serve Alex de la Iglesia, l’ondivago regista basco
che qui ritorna ai suoi massimi, raggiunti 15 anni orsono
con La comunidad: Le streghe son
tornate (Las brujas de Zugarra-
murdi, vincitore di 8 premi Go-
ya, gli Oscar spagnoli) è folle e
lucido, rabelaisiano e fantastorico, sociologico e stregato,
iperbolico e b-movie, tarantolato e tarantiniano insieme.
Nel panorama normodotato
del cinema contemporaneo,
non è qualcosa, è tutto: de la
Iglesia ritrova il furore fantastico degli esordi Azione mutante e Il giorno della bestia, perfeziona il proverbiale humour
nero e, soprattutto, riesce laddove falliva la Balada triste de
trompeta
(2010),
ovvero
nell’apologo storico-politico.
Se il circo triste del franchismo
finiva lì malamente strombaz-
zato, qui la critica di costume
rinviene a Zugarramurdi che
cos’è oggi l’uomo e che cos’è la
donna, quali ruoli, status, condizioni, stereotipi e contro-stereotipi incarnano nella società
spagnola e occidentale.
SÌ, LE STREGHE son tornate, e
l’unica speranza per il nostro
sesso debole – già sesso forte –
è che qualcuna si innamori di
noi. Perché le streghe sono
dappertutto e hanno potere,
potere reale: nei titoli di testa il
girl power ha i volti iconici di
Margaret Thatcher e Angela
Merkel, sangue dello stesso
sangue, sortilegio dello stesso
sortilegio della famiglia stregata interpretata da Terele Pavez,
Carmen Maura e Carolina
Bang. Donne che comandano
a bacchetta, che irretiscono e
piegano al proprio volere maschie nazioni: la forza di de la
Iglesia, anche co-sceneggiatore, è non solo di prestarsi a
RECENSIONI
questo samba femminista, ma
immedesimarsi ideologicamente in quel che racconta,
una sorta di rape and revenge
movie da secoli di sessismo,
sciovinismo e machismo. Lo fa
talmente bene da trascolorare i
Sin City di Rodriguez e i Grindhouse tarantiniani, centrando un valore aggiunto: Witching & Bitching, recita il titolo
internazionale. Lo dite voi alle
Femen che non hanno inventato nulla? Da vedere.
BOX-OFFICE
I PIÙ VISTI
1. AVENGERS
7.125.979 euro
tot 8.193.289 euro in 5 gg
2. ADALINE
878.966 euro
tot id in 4 gg
3. MIA MADRE
726.602 euro
tot 2.129.933 euro in 2 sett
4. FAST & FURIOUS
616.141 euro
tot 17.916.326 euro in 4 sett
VITTORIA USA
Scoppiano le cine-casse tra
Avengers 2 e Fast & Furious
7: il primo esordisce a 8 milioni, il secondo sfiora i 18 milioni in un mese. Il resto, si fa
per dire, son briciole, a parte
due eccellenze: il Nanni “nazionale” che supera i 2 milioni
in due settimane posizionandosi al terzo posto, e l’esordio
Se Dio vuole (con Gassmann
& Giallini) sorprendentemente arrivato a 3 milioni in
tre settimane, situandosi al
quinto posto nella classifica
Cinetel.
AM Pas
Al Marigold Hotel torna la stagione estiva, e pure le vecchie glorie
© Ritorno a Marigold Hotel
regia: John Madden;
con: Judi Dench, Maggie Smith,
Richard Gere
“MA QUANTO tempo pensate
di avere ancora davanti a voi?”. Il
problema proprio non se lo pongono gli ospiti del Marigold Hotel, ormai solida certezza del tu-
rismo esotico over 70. Già, perché franchise che vince non si
cambia, e l’obitorio può aspettare. Anzi, volendo ancora potenziare gli ingredienti, la produzione non ha lesinato nell’aggiungervi il prototipo della star che invecchiando migliora, ovvero l’inimitabile Richard Gere. È lui l’ospite inatteso della blasonata strut-
tura sita a Jaipur, governata dal
chiacchierone Sonny (Dev Patel)
e dalla fulgida Muriel (Maggie
Smith), mentre fervono i preparativi per le nozze del ragazzo con
Sunaina. Nel frattempo Evelyn
(Judi Dench) viene assunta per
un lavoro: della serie, migriamo
tutti in India. Piacevole nel suo
essere prevedibile, Ritorno a Ma-
rigold Hotel non si distanzia dal
filone turist-romantic movie (Love Boat fece scuola... ma qui siamo a terra e in menopausa) e certamente poggia sulle antiche ma
evergreen spalle di due attrici inglesi superlative: Maggie Smith e
Judi Dench, che insieme non hanno rivali.
Anna Maria Pasetti
CIAK SI GIRA
Il “monaco” Servillo
nel nuovo film di Andò
DOPO il grande successo di
“Viva la libertà” Toni Servillo torna ad essere diretto da
Roberto Andò, questa volta
nel ruolo di un monaco, in
“Le confessioni”, una coproduzione italo francese Bibi
Film - Barbary Film con Rai
Cinema ambientata in Germania, Francia e Italia le cui
riprese inizieranno il 26
maggio nel Paese d’Oltralpe.
Nel prestigioso cast internazionale spiccano tra gli
altri i nomi di Daniel Auteuil, Roman Polansky, Connie Nielsen, Pierfrancesco
Favino, Moritz Bleibtreu e
Marie-Josée Croze.
PUPI Avati girerà presto il tv
movie “Le nozze di Laura”
prodotto per Raiuno da suo
fratello Antonio per la DueA
Film e Rai Fiction nell’ambito
di un progetto incentrato sulla storia dei Vangeli in chiave
moderna: questo primo capitolo, interpretato tra gli altri da Lina Sastri e Alessandro Sperduti, sarà ispirato alle “Nozze di Cana” e racconterà la storia di un principe
nero del Ciad che si ritroverà
in Calabria a raccogliere
arance in un agrumeto e finirà con lo sposare la figlia
del suo datore di lavoro. Le
riprese dovrebbero partire a
giugno.
T. Servillo LaPresse
FABRICE Luchini ha terminato
le riprese di “Un début prometteur”, il secondo lungometraggio di sua figlia Emma interpretato anche da Manu Payet, Zacharie Chasseriaud e Veerle
Baetens. In scena le vicende di
Martin, disilluso per avere
troppo amato e troppo vissuto,
che ritorna a casa di suo padre,
un romantico orticultore alle
soglie della pensione, dove ritrova Gabriel, il suo fratello sedicenne, esaltato e idealista
che cerca senza successo di
fargli detestare l’amore, senza
fare i conti con Mathilde, una
giovane spumeggiante e gioiosa che andrà a scombussolare i
loro punti di riferimento.
situazione precipita quando suo figlio Michael rimane coinvolto in
un omicidio e finisce nel mirino di
Shawn: Jimmy dovrà premere il
grilletto per un’ultima volta… Regia tamarra ma non troppo del catalano-hollywoodiano Jaume Collet-Serra, Run All Night è un action-thriller senza infamia né lode:
gli attori sono bravi, ovvero visibilmente sprecati (il passo a due di
Neeson e Harris meriterebbe ben
altra residenza), la sceneggiatura
è da lab di scrittura per principianti, il montaggio che collega con
carrellate digitali i quartieri di NY
fastidioso assai. Ma non tutto è da
buttare: anche gli assassini tengono famiglia, e pure un cuore, ci dice
Mr. Neeson.
Fed. Pont.
© I 7 nani
regia: Harald Siepermann, Boris
Aljinovic;
Animazione
© Run All Night – Una notte per
sopravvivere
regia: Jaume Collet-Serra;
con: Liam Neeson, Ed Harris
OGGI vive d’alcol, ma Jimmy Conlon (Liam Neeson) era un sicario
temibilissimo: per conto dell’amico boss Shawn Maguire (Ed Harris), ha mandato al creatore 16, 17
anime, e sono omicidi su cui il detective Harding ancora indaga. La
IL PIÙ giovane dei sette nani Bobo
e la principessa Rose, una puntura
e un regno intero, Fantabulosa, che
cade addormentato: ogni riferimento ad altre fiabe è puramente
intenzionale, perché I 7 nani, animazione fatta in Germania (sigh),
fa del “mischione” dei classici pletorica virtù. Dunque, Biancaneve,
Cenerentola, Cappuccetto Rosso
e chi più ne ha più ne metta. Evviva
il citazionismo, il gioco di rimandi e
assonanze, che solletica gli adulti e
si confà alla visione ipertestuale
dei bambini, ma c’è un problema:
la fantasia dov’è, dove si smette di
fare copia & incolla per imboccare
la via dell’originalità? Difficile individuarlo: se Bobo ha simpatia da
vendere, il drago un segreto e lo
sguattero il bacio della salvezza,
manca però la più fiabesca delle
creature, l’invenzione poetica. Rimangono questi nani, sulle spalle
dei giganti…
Fed. Pont.
© Basta poco
regia: Andrea Muzzi e Riccardo
Paoletti;
con: Andrea Muzzi, Massimiliano
Galligani
PAGARE per essere felici. Non è
certo una novità nell’era del Consumismo. Diverso è se la “felicità”
diventa acquistabile in un negozio
esclusivamente grazie ad una
chiacchierata con due tizi. L’idea
viene a Sergio, 40enne scapestrato ma dotato d’inventiva, che
comprende quanto depressione e
insoddisfazione della vita siano
penetrate nell’uomo qualunque.
Perché non attrezzare il vecchio
negozio della madre nell’agenzia
“Felici & Contenti”? Il successo è
immediato quanto emblematico:
code di infelici si accalcano alle
porte. Opera seconda del comico
toscano Muzzi, la commedia segue il filone del social movie di volenterosi sgangherati in cui certamente eccelle la mano di Giulio
Manfredonia (da Si può fare a La
nostra terra).
AM Pas
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
17
IL FACCENDIERE
Luigi Bisignani,
“l’uomo che sussurra ai potenti” Dlm
GIALLO
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
Il don Matteo anglicano
che beve, fuma e ama
di Patrizia Simonetti
n altro prete investigatore? Sì,
U
ma Sidney Chambers è un’altra storia, altro che Don Matteo. Anche lui va in bicicletta e gioca al detective, però beve, fuma, ama le donne e se lo può permettere, intanto
perché c’ha almeno quarant'anni di
meno e è pure fico, e poi perché è un
vicario anglicano.
Vive negli Anni 50 a Grantchester,
un piccolo villaggio verde vicino a
Cambridge ed è il protagonista della
nuova serie britannica omonima
tratta dalla saga letteraria I misteri di
Grantchester di James Runcie, che in
patria ha conquistato 6 milioni di
spettatori e che domani alle 21 arriva su Giallo con un’anteprima per
poi partire ufficialmente lunedì.
IN EFFETTI Sidney (James Norton)
tutto sembra tranne che un religioso
mentre gioca a Tarzan e Jane con
Amanda (Morven Christie) di cui è
innamorato perso e ancora non sa
che sarà costretto a celebrarne il matrimonio con un altro mentre alla
stazione la saluta sorridendo e lei dal
treno gli dà appuntamento “a venerdì”. Ed è così preso che fa quasi tardi
per celebrare il funerale di un avvocato suicida, che però non lo è, e
mette su un disco di Sidney Bechet
mentre si infila la tonaca perché va
matto per il jazz, per questo la co-
lonna sonora è per lo più firmata da
Louis Armstrong, Miles Davis, Duke Ellington e Benny Goodman. Ma
c’è un'altra cosa che ancora non sa:
che quel funerale diventerà il suo
primo caso. Quando infatti Pamela
Morton, amante del morto, gli racconta che lui era pronto a fuggire con
lei quindi non può essersi ammazzato, lui va dall’ispettore Geordie
Keating (Robson Green) che all’inizio non se lo fila più di tanto, anche
perché ha un bel da fare con un macellaio che vende carne avariata da
mandare in diarrea mezzo paese, e
poi il morto beveva, aveva un sacco
di debiti e si era pure rubato i soldi
dalla cassa, per cui “sta entrando in
acque torbide, Mr Chambers – dice a
Sidney – ne starei alla larga al posto
suo”. “Staremo a vedere” risponde
lui, e dopo aver ficcato il naso un po’
di qua e un po’ di là, torna alla carica
da Keating che prima lo chiama “il
Cristo in bicicletta” ma poi lo sta a
sentire. E quello non sarà l’unico caso che risolveranno insieme diventando pure amici.
Indagini un po’ alla Agatha Christie
un po’ alla Maigret di Simenon,
niente scientifica né nuove tecnologie, solo spirito di osservazione. E
gliene servirà parecchio a Sidney e
all'ispettore Keating perché Grantchester avrà pure un'aria bucolica,
ma i suoi abitanti cadono come mosche.
Da Biagi a Bisignani. Anche
la censura è caduta in basso
di Nanni Delbecchi
e il grado di una civiltà si misura dai
servizi igienici, è probabile che lo
S
stato di salute di un sistema televisivo si
misuri dalle censure; ma se le cose stanno così, è proprio vero che siamo in piena decadenza. Dove sono finiti quei begli editti bulgari emanati in diretta da B.,
che colpivano in un colpo solo Biagi,
Santoro e Luttazzi, terno secco sulla
ruota di Sofia, dichiarati indegni del servizio pubblico pubblicamente (sennò
che servizio pubblico sarebbe?) dal proprietario dell'unico altro polo televisivo? Anche quanto a diktat siamo proprio caduti in basso: da Enzo Biagi siamo passati a Luigi Bisignani, autore insieme a Paolo Madron del libro I potenti
ai tempi di Renzi. Dopo un primo, trionfale passaggio a Virus, il noto faccendiere
si è visto tagliare un’intervista rilasciata
a Ballarò, poi congelare e far slittare a
notte fonda un faccia a faccia con Gigi
Marzullo. Chi ha paura di Gigi Marzullo? Ecco una domanda che mai avremmo immaginato di doverci porre. La
prima ipotesi degli inquirenti è che
Marzullo tema la concorrenza di “Bisi”,
ovvero “l’uomo che sussurra ai potenti”:
anche Gigi da sempre sussurra ai potenti, lui però sussurra anche ai portaborse,
agli opinionisti, alle squinzie, a chiunque vanti uno straccio di raccomandazione per mostrare le proprie foto d’infanzia nelle ore piccole del palinsesto.
NO, IL MOTIVO della censura deve per
forza essere un altro. Infatti, come ha dichiarato lo stesso Bisignani, a farsi valere
presso la commissione di vigilanza sono
state due politiche del Pd, la senatrice
Laura Cantini e l’onorevole Lorenza Bonaccorsi (del cui fratello Filippo, e della
cui fulminante carriera, si narra nel libro
di Bisignani e Madron). Le due piddine,
renziane di ferro, hanno protestato perché il sottopancia di “Bisi” recitava
“giornalista e scrittore” (binomio ormai
inscindibile, come Ric e Gian), sebbene
sia stato radiato dall’Ordine dei giornalisti in seguito al processo Enimont; e soprattutto si sono chieste come sia possibile dare tanto spazio a un personaggio
condannato a un anno e sette mesi in
seguito all'inchiesta P4. Tutto vero, e pure condivisibile; i condannati non dovrebbero andare in Tv a promuovere i
Gli ascolti
di martedì
UNA GRANDE FAMIGLIA 3
Spettatori 5,07 mln Share 9,27%
DIMARTEDÌ
Spettatori 1,13 mln Share 5,42%
loro libri, e se proprio ci vanno nel sottopancia dovrebbe essere scritto “scrittore e pregiudicato”. Però, ci permettiamo di aggiungere, con i pregiudicati non
ci si dovrebbe nemmeno incontrare al
Largo del Nazareno per stabilire come
governare l'Italia. Se Bisignani non avesse scritto un libro contro il sistema di
potere renziano, Cantini e Bonaccorsi
avrebbero protestato lo stesso? A pensar
male...
Ma in questi stessi giorni non abbiamo
assistito solo alla censura del faccendiere
più incallito d’Italia, ma anche a quella di
Fabio e Mingo, inviati storici di Striscia la
notizia improvvisamente sospesi dal video. Stavolta l’editto lo ha emanato addirittura il Gabibbo, senza peraltro una
chiara motivazione. Fabio ha taciuto
qualcosa di importante? Mingo ha parlato troppo? Per far luce sul giallo ci vorrebbero i telemastini specializzati nelle
inchieste che scottano; ma purtroppo
sono tutti impegnati a indagare su padre
Gratien Alabi e Massimo Bossetti. Al
momento la sola cosa certa è che per i
due vicegabibbi è scattata l'epurazione. E
fu così che da Biagi, Santoro e Luttazzi
passammo a Bisignani, Fabio e Mingo.
MADE IN SUD
Spettatori 2,36 mln Share 10%
BALLARÒ
Spettatori 1,21 mln Share 5,03%
18
SECONDO TEMPO
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
il Fatto Quotidiano
GIUSTAMENTE
LIBERE DONAZIONI
La questua del Pd
tra Totò e Buzzi
di Daniela
Ranieri
N
elle stesse ore in
cui Matteo ricattava i riottosi del
suo partito su
Twitter e il suo governo di debuttanti incartava la pizza con
la Costituzione per l’esclusivo
ghiribizzo del signore, i più
fortunati tra noi hanno potuto ricevere una email intestata
“Pd” con tanto di gracile ramoscello d’ulivo stilizzato che
inizia così: “Cara democratica, caro democratico”; il che
fa pensare che il mittente, dismesso per ragioni storiche il
vecchio “cari compagne e
compagni”, parli sulla fiducia,
oppure che per qualche astruso sillogismo è convinto che
ricevere la newsletter del Pd
renda automaticamente democratici. Ma proseguiamo.
“IN QUESTO anno di gover-
no”, continua la missiva,
“l’Italia si è rimessa in moto”, e
te che non te ne eri accorto.
Ma mentre ti chiedi come mai
il sistema non l’abbia spedita
in spam insieme a quelle che
annunciano che hai ereditato
un milione o promettono di
allungarti il pene, l’occhio è attirato dal mittente: [email protected], cioè
l’ufficio centrale del Partito
Nazionale Renzista, perbacco.
Mentre in calce rifulge la firma: “Il Tesoriere Francesco
Bonifazi”, l’avvocato tributarista amico di Matteo e mentore di Maria Elena che maneggia gli spicci del partito.
“Stiamo cambiando il Paese”,
FRATELLI CAPONI
Il tesoriere Bonifazi
manda una email
ai “democratici”
chiedendo di devolvere
al partito il 2x1000. “Senza
nulla a pretendere”
dice, “l’economia mostra i primi segnali di ripresa”; però “la
strada da fare è ancora lunga”
e qui veniamo noi con questa mia
a dirvi. “Il Pd è anche tuo”, oh,
piano con le parole. “E oggi
puoi scegliere di devolvere al
Partito democratico il 2x1000
della dichiarazione dei redditi”, che scusate se sono poche.
“Non ti costa nulla e resta invariata la possibilità di devolvere il 5x1000 e l’8x1000” e qui
non ci siamo: il 2x1000 è sì
volontario, ma viene sottratto
alle tasse che hai già pagato, ad
esempio con le trattenute in
busta paga, e perciò è già di
fatto proprietà dello Stato cioè
tua. In altre parole, il partito
che se ne avvale si prende soldi
tuoi che potrebbero servire
per migliorare le condizioni di
vita tue e di chi sta peggio di te.
E in effetti non si vede perché
non prendere i soldi che lo
Stato userebbe per ospedali,
scuole e pensioni e darli al Pd.
La lettera alla “Signorina” in “Totò, Peppino e la malafemmina”
È che “nel 2013”, dice Bonifazi, “abbiamo abolito il finanziamento pubblico per ridare
credibilità e trasparenza alla
politica”, le quali credibilità e
trasparenza si dissociano però
dalla dichiarazione, visto che
il decreto del governo Letta,
che Matteo s’è guardato bene
dal toccare, stabilisce che il finanziamento pubblico resterà
in vigore fino al 2017, e anche
da allora i meccanismi di sovvenzione pubblica ai partiti
sono tanti e tali che non periranno certo di inedia.
INSOMMA, questa moneta servono che “c’è bisogno di un Pd
partecipato, plurale e unito”,
tipo quello che in queste ore si
sta piegando ma non spezzando alla Camera su una legge
elettorale
antidemocratica.
“Un partito che sappia interpretare le speranze degli italiani” e magari consolarli dai dispiacere che avreta. “Il nostro
bilancio è pubblico, trasparente, certificato e da quest’anno in pareggio”, troppa roba: che sia pubblico, è vero, ma
lo è anche il sito di Scientology; che sia trasparente e certificato sarà vero, ma se è così
dovremmo ringraziare tutti i
partecipanti alle cene di finanziamento di Renzi (tra cui l’indagato per Mafia Capitale,
Salvatore Buzzi) nel caso decidessero di rendere pubblico
il loro contributo, visto che il
partito non vuole costringerli
né è costretto a farlo. Che il Pd
sia in pareggio, infine, ce ne
rallegriamo, se non altro perché l’agiatezza impegna i cervelli dei suoi dirigenti a cercare vie creative di sovvenzionamento meno che non l’indigenza.
Il cassiere va al sodo: “Anche
coloro che da quest’anno, come modalità della presentazione della dichiarazione,
hanno il modello cd. ‘precompilato’ possono devolvere al
Pd il loro 2x1000”, senza nulla a
pretendere. Del resto, visto il
successo dell’anno scorso
(16.518 contribuenti su quasi
30 milioni hanno versato il
2x1000 a un partito, e solo
10.157 al Pd, che ha incassato
199mila euro, quanto Renzi
riuscirebbe a guadagnare invitando 199 persone a cena)
all’ipotesi di ripetere la performance siamo tutti un friccico.
Comunque, “il Pd è la forza
determinante”, e se lo dicono
loro; infatti la questua si chiude con un appello strappalacrime: “Sosteniamoci. Insieme saremo ancora più forti”.
E siccome siamo democratiche e democratici noi al Partito Nazionale Renzista gli
diamo il 2, il 5 e l’8x1000, che
non dicano che noi siamo provinciali, che siamo tirati.
Ma per me l’Italicum
non è il male assoluto
di Bruno
Tinti
CREDO che protestare
contro l’Italicum sia sbagliato. E che sia sbagliato anche
protestare contro lo sbrigativo metodo messo in piedi
per approvarlo.
Con il vecchio sistema abbiamo avuto i governi di Prodi e Berlusconi. Il primo è
stato paralizzato dai contrasti interni, non è riuscito a
fare niente di buono ed è caduto per la defezione di Mastella e del suo Udeur. Questa esperienza è molto utile
a far capire come un sistema
che non è in grado di garantire una governabilità non ricattabile da entità politiche
di bassissima rappresentatività (l’Udeur appunto) non è
certo da rimpiangere.
Il secondo ha goduto di una
maggioranza molto stabile e
però è stato ugualmente
inefficiente a causa delle caratteristiche di illegalità e
immoralità che lo hanno caratterizzato. La necessità di
garantire l’impunità al suo
leader ha monopolizzato
l’attività di governo, proprio
nel momento di insorgenza
della crisi economica. Anche
questa esperienza è molto
utile per far capire come la
governabilità di per sé non
sia garanzia di buon governo.
Il vecchio sistema era caratterizzato dalla nomina dei
parlamentari da parte dei
vertici di partito. La critica
comune ha evidenziato il
connesso rapporto di sudditanza; il che, in una certa misura, è vero. Non è stato però
messo in luce il fatto che la
nomina non dipende esclusivamente da un presunto
rapporto di fedeltà del nomin
nato verso il premier.
Molto spesso costui si è guadagnato la nomina offrendo
il suo personale pacchetto di
voti. In altri termini un’ottima ragione per cooptare un
candidato parlamentare è
stata spesso l’opportunità di
sfruttare, per il successo
elettorale, gli elettori a lui
vincolati da rapporti più o
meno presentabili. Sotto
questo profilo il sistema della nomina e quello delle preferenze sostanzialmente si
equivalgono. Il candidato
che garantisce un gran numero di voti diverrà parlamentare sia con un sistema
che prevede la sua nomina in
una lista bloccata, sia con
l’inserimento in lista in un
collegio sicuro, quello dove
può contare sulle “sue” preferenze.
E siccome il livello etico e legale della classe politica italiana è quello che è; e anche
le aspettative degli elettori
sono orientate più verso il
promesso soddisfacimento
di interessi personali che su
programmi di interesse generale; ne consegue che
contrapporre sistema a sistema è privo di senso. E anzi, poiché in competizione
elettorale i candidati si procurano consenso costruendosi una “clientela”, in una
certa misura la “nomina” potrebbe rendere più probabile
l’elezione di persone preparate e oneste. Almeno dove
le circostanze e il clima politico lo esigono.
UNA VOLTA stabilito che
l’alternativa “nomina” - “preferenze” è apparente, resta il
requisito della governabilità.
Che, come si è visto, non garantisce un buon governo
con persone disoneste; ma la
cui mancanza certamente
impedisce alle persone oneste di governare. Insomma,
almeno consente una speranza. E, sotto questo profilo,
l’Italicum mi pare meglio dei
precedenti sistemi: sostituire la “coalizione” con la “lista” dovrebbe rendere più
difficili i successivi ricatti.
È stato osservato che la politica italiana pare poco interessata ai principi e molto
alle conseguenze della loro
applicazione sui partiti e sui
politici. Tutto ciò considerato; e valutato il disastro che il
sistema attuale ha comunque provocato; mi sembra
che tentare il tutto per tutto
per cambiare le regole del
gioco sia da condividere.
n
L’EQUIVOCO
Nomina o preferenze,
di fatto poco cambia:
in Parlamento ci va chi
garantisce pacchetti
di voti. I problemi sono
onestà e governabilità
Laura Boldrini Ansa
PIOVONO PIETRE
In sala il genere catastrofista:
se non salvi il governo muori
di Alessandro Robecchi
a filmografia italiana si arricchisce ogni
Lni stilistiche,
giorno di nuovi generi, filoni, deviazio. Archiinnovazioni,
remake
viato per sempre il filone cochon e porno
soft dell’era “cene eleganti”, si era imposta
la corrente grigista-noiosista dei tecnici.
Accolta con entusiasmo spropositato solo
perché il caposcuola portava il loden, fu
abbandonata dal pubblico assai rapidamente. La rapida ascesa del filone giovanil-ottimista fece poi sperare in un rinnovamento del cinema italiano. Camicie
bianche, un po’ di paccottiglia finto moderna, retorica della rottamazione, citazioni pop con il famoso metodo “a cazzo”.
Insomma, sembrava una scossa, anche se i
critici più avvertiti dicevano che, pur con
attori nuovi, restavano vecchi film. Ora,
primavera 2015, si assiste a un moltiplicarsi dell’offerta nelle sale. Se da un lato
continuano ad avere qualche seguito le
sceneggiature con il lieto fine – non ci sono
più i precari, il paese cresce, il paese ha
grande credibilità all’estero, come dimostrato da Obama che dà del tu a Matteo – si
avanza poderosamente un nuovo filone,
quello catastrofista. Ecco dunque alcuni titoli prossimamente nelle sale.
Dignity – Un drammone dai contorni torbidi. Il capo del governo è anche il capo del
partito. Dunque dice che se una cosa non
riesce al governo (tipo
terra nel caso la riforma
APOCALYPSE NOW
l’Italicum) si abbattenon venga approvata,
ranno piaghe terribili
con pioggia di meteoriti,
I pericoli per gli attori
epidemie, scene di massa
anche sul partito: perdita di dignità, dei capelli,
del Pd: perdita di dignità, tra precari (forse) assunti
invasione di zanzare tie precari (di certo) non
dei capelli, invasione
assunti.
gre, crampi ai polpacci,
The job after – Propaganlanci di ortaggi alle feste
di zanzare tigre, crampi
dell’Unità e rapimento
data dalla casa di produdelle playstation a tutti i
zione come il più grande
ai polpacci, ortaggi
primogeniti
maschi.
successo degli ultimi analle feste dell’Unità
ni, questa pellicola da poCommovente il finale: la
co nelle sale divide la criminoranza del Pd che sta
tica e il pubblico. Qui siaper essere lapidata decide, nel corso di una drammatica riunione, mo nel dopo-catastrofe: l’umanità rischiadi lapidarsi da sola. Bello il lungo piano va l’estinzione, ma grazie al provvidenziale
sequenza in cui i vincitori rendono le pla- Jobs act si è salvata ancora una volta, specie
ystation ai ragazzini e consegnano 80 euro quella iscritta a Confindustria. Nel film si
ai padri.
narra dunque la lenta e faticosa ricostruScuola o morte – Una lunga, picaresca ca- zione del genere umano, le migrazioni forvalcata nell’iter della riforma della scuola, zate dai vecchi contratti ai nuovi, la nascita
per la prima volta con una protagonista di un nuovo lavoratore, più conveniente,
che non sa che sta girando un film, la mi- ricattabile e flessibile. Bella e coinvolgente
nistra Giannini. Struggente la scena in cui la scena dell’ipnosi, quando si convincono
il capo del governo le cambia la riforma masse infinite di giovani comparse che sosotto il naso senza che lei ne sappia niente. no i loro padri, con i loro odiosi diritti, a
Toni forti, invece, nella scena delle con- impedire un corretto sfruttamento dei fitestazioni alla riforma, dove per descrivere gli. Successo enorme al botteghino, tanto
i professori ostili alla sua legge la prota- che alcune grandi multinazionali (come
gonista li chiama “squadristi”, sgridata il Whirlpool, o Auchan) hanno addirittura
giorno dopo dai suoi stessi capi. Anche qui deciso di licenziare lavoratori in massa per
il filone catastrofista dice la sua: si intrav- permettere loro di correre al cinema.
vede un’oscura minaccia che grava sulla
@AlRobecchi
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
19
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
In arrivo la scheda
elettorale precompilata
Adesso che l’indicibile è
avvenuto, cosa faremo?
Cosa può accadere ancora? Abbiamo la scheda
elettorale precompilata,
un Parlamento a cui non
si permette di parlare,
una opposizione (vera) a
cui non si permette di opporsi, e una opposizione
(finta e tremebonda) che
viene rimessa in riga con
il solo accenno di levargli
la poltrona; abbiamo una
pletora di pseudo giornalisti pronti a difendere
l’indifendibile pur di
compiacere il potente di
turno. Cosa ci serve ancora per avere un soprassalto di dignità? Ribelliamoci, dobbiamo difendere
insieme, la libertà e la democrazia e solo uniti
avremo qualche possibilità di farcela.
medie imprese (quindi
radicate sul territorio) legate all’edilizia, settore
gonfiato negli anni passati e ora stretto da una crisi
drammatica. La seconda
sarebbe un’investimento
nel futuro dell’educazione pubblica, non solo dal
punto di vista della sicurezza delle strutture. La
domanda che mi sorge,
malignamente, è se esiste
l’interesse ad investire
per aiutare questi due settori, quello della scuola
pubblica e quello delle
piccole e medie imprese,
non legate ai grandi “palazzinari” nazionali.
Arnaldo Troiani
re sia ancora più populista del nostro Salvini, che
almeno è coerente: Renzi,
da sindaco accontentava i
suoi elettori, ora difende i
rom dal populismo di
Matteo Salvini per non
perdere il consenso dei
suoi elettori.
Ezio Aimasso
Il presidente Mattarella
tace sull’Italicum
Nel suo editoriale di ieri
Marco Travaglio si chiede cosa aspetti il presidente della Repubblica ad
intervenire su quanto accade intorno alla “discussione” sulla legge elettorale. Io credo che Matta-
la vignetta
Francesca Cardoni
Mafie e corruzione,
il lato oscuro del Paese
Sono abbonato al “Fatto
Quotidiano” e continuerò a esserlo fino a quando
il giornale manterrà questa linea di denuncia di
tutte le cose che rovinano
il nostro Paese, cioè la
corruzione, la mafia, il
nepotismo e le truffe.
L’Italia merita politici seri e onesti e in questo momento io vedo il M5S.
Hanno restituito i rimborsi elettorali e ogni
giorno si tagliano gli stipendi per aiutare imprese
in difficoltà o emergenti.
Ringrazio Travaglio, Gomez, Padellaro e tutti i
giornalisti del “Fatto”.
Franco Rossi
Dalla “buona scuola”
sono usciti i cattivi tagli
È spuntato un taglio di
poco meno di mezzo miliardi di euro all’edilizia
scolastica. Contemporaneamente il governo annuncia il ritrovamento di
un tesoretto da circa un
miliardo e mezzo, che
non ha ancora deciso come investirlo. Usarlo per
l’edilizia scolastica rimasta scoperta? Si avrebbero due conseguenze: la
prima economica, con
appalti affidati a piccole e
Salvini non è il solo
populista contro i rom
Mi colpisce che tutti i media (Tv, giornali etc.) si
accaniscano contro la Lega e Salvini per gli scriteriati, assurdi e razzisti attacchi contro i rom che
questo partito ed il suo
leader porta avanti. Ma
mi stupisce altrettanto
che non venga mai attaccato un altro ancor più
pericoloso populista, il
nostro presidente del
Consiglio, che quando
era sindaco di Firenze
non esitò a spazzare via
con le ruspe le famiglie
Rom di piazza SS. Annunziata, arrogandosene
poi il merito con parole a
dir poco agghiaccianti.
Mi pare che questo signo-
rella stia rispettando alla
lettera il suo ruolo costituzionale: aspetta che gli
arrivi la legge e poi agirà
secondo la sua valutazione. Ritengo che, se approvata così come disegnata
ad oggi, la rispedirà al
mittente per sospetta incostituzionalità. Diversamente vorrà dire che
questo Paese è finito.
Fabio Campominosi
La destra mascherata
nei panni della sinistra
Dopo 91 anni ci risiamo.
Torna la dittatura anche
se mascherata male. Con
una classe politica così
non c’era molto da scegliere e ora si tratta di capire che dittatura sarà. E
la classe politica non
L’Onu a Renzi:
addio
alle armi
CARO FURIO COLOMBO, non so se
vorrai ritornare sull’argomento, ma
sembra proprio che Ban Ki-moon abbia
detto no a ogni azione militare. Tg e
giornali fanno però una gran confusione
fra totale identità di vedute dell’Onu
con Renzi-Mogherini e totale (sia pure
educata)
divergenza
dell’uomo
dell’Onu verso i due. La verità?
Mario
LA VERITÀ (che poi è la verità su un piccolo fatto di diplomazia italiana, che appare sempre più secondaria) è facile da
trovare nelle dichiarazioni del Segretario
generale dell’Onu, ma stranamente giocata in modi diversi da diversi giornali,
come se il testo non fosse disponibile a tutti. Esempio: “Il Segretario generale ha impartito la sua benedizione all’operazione
di polizia internazionale contro gli scafisti, decisa dal Consiglio europeo giovedì
scorso su richiesta italiana” (“Il Messaggero”, 28 aprile, che ha aggiunto “Esattamente le parole attese da Renzi e Mogherini”). Eppure tutti sappiamo e abbiamo
già letto e ascoltato, che l’Europa non ha
mai approvato l’affondamento dei barconi, ovvero la guerra. Esempio: “Il premier
non parla più di affondamenti dei barconi, contestati dalle Nazioni Unite” (“La
Stampa”, 28 aprile. Il quotidiano aggiunge, in un occhiello, questa dichiarazione
di Ban Ki-moon: “Preoccupato della situazione degli immigrati. Le autorità de-
sembra cambiata. Forse
dipenderà dalla personalità del dittatore. Ce ne fu
uno toscano: Bettino Ricasoli solo per qualche
mese in attesa del regno.
Quanto durerà questo,
così giovane? In attesa di
quali eventi? C’è già chi
dice che durerà quanto
vorrà la Chiesa che nonostante tutto sembra esprimere un vigore e un potere inaspettati. Forse
molto continuerà come
prima, con i media ancor
piu condizionati, più attenzione per tutti a come
si commenta e diversi misteri in più. E nessuno sa
come finirà. Vorrei nascere tra un po’ per vedere come andrà a finire. Mi
pare che la grande astuzia
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vono focalizzarsi sul salvataggio delle vite
dei migranti”. Ma la strana storia continua. Sentite: “Renzi porta Ban Ki-moon
in mare. ‘Fermiamo il traffico di uomini’”. Ma il Segretario delle Nazioni Unite:
“la priorità è il salvataggio delle vite” (“Il
Corriere della Sera”, 28 aprile). Inizio
dell’articolo del “Corriere”: “Le autorità
italiane devono concentrarsi soprattutto
sul salvataggio delle vite degli immigrati
nel Mediterraneo”, è l’invito rivolto ieri a
Matteo Renzi da Ban Ki-moon nel corso
della visita italiana del segretario generale dell’Onu”. Ma c’è altro (e solo il limite
di spazio interrompe la strana vicenda di
Renzi, che riceve consenso e dissenso, lo
stesso giorno, dalla stessa persona. “Il Segretario generale dell’Onu insieme a Renzi e Mogherini nel Canale di Sicilia: “Priorità deve essere data a salvare le vite umane”. (“Repubblica”, 28 aprile). Giustamente Renzi può solo dire che (almeno a
parole) “non siamo più soli”. Ma niente
altro. Non lui e non Mogherini, che volevano bombardare. Purtroppo i migranti
continueranno a morire secondo la terribile escalation che si sta già verificando rispetto ai tempi di Mare Nostrum. Su suggerimento di Salvini, abbiamo scelto di
pagare una parte del nostro debito in vite
umane.
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
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della destra assolutista sia
stata usurpare il nome di
“sinistra” usando uomini
insospettabili, di origini
vicine al popolo ma non
di aspirazioni e ambizioni consone.
Gianni Oneto
La nostra democrazia
è ancora in pericolo
In una democrazia come
la nostra, porre la fiducia
sulla legge elettorale è un
atto di codardia che rende evidente la brama di
potere anche se a scapito
della democrazia.
Ma cosa si deve fare per
rendere innocua questa
verminosa spazzatura
umana prodotta da Matteo Renzi?
Roberto Maria Bacci
Le prove di forza
dei nuovi rottamatori
Se resterà com’è, quella
che sarà varata dal Parlamento sarà una legge
elettorale a metà, zoppa e
contraddittoria innanzitutto per un problema di
metodo.
Le leggi elettorali sono le
regole del gioco politico e
dovrebbero essere considerate imparziali dal
maggior numero possibile di partiti, altrimenti
hanno vita breve come
accadde prima con il
Mattarellum e poi con il
Porcellum. Se il risultato
fosse una legge elettorale
di stampo europeo, si potrebbe tollerare il modo
presuntuoso di come sta
nascendo l’Italicum, ma
purtroppo non è così perché il premio di maggioranza non esiste in nessuna delle grandi democrazie europee.
Sebbene riempia il vuoto
legislativo aperto dalla
sentenza della Consulta,
l’Italicum così com’è è
una legge piena di difetti e
non rappresenta esattamente quello che si definisce una democrazia
rappresentativa: dopo
tanto clamore, ci si aspettava qualcosa di meglio. Il
tempo per porvi rimedio
con qualche ritocco oculato c’è ancora, ma imponendo la fiducia, il governo Renzi ha evidenziato
la volontà politica di non
accettare alcun minimo
cambiamento all’attuale
impianto
strutturale
dell’Italicum. È una prova di forza dei Renzi e i
suoi, o un segno di debolezza?
Silvano Lorenzon
DIRITTO DI REPLICA
In riferimento all’articolo
dal titolo “Da Scajola a De
Luca, ma tifo Pannella”, il
Centro democratico precisa che la notizia che Rosa Criscuolo sarà la capolista della lista di “Centro
democratico-Scelta civica” alle prossime elezioni
per il rinnovo del Consiglio regionale e del Presidente della Campania
non corrisponde al vero.
La selezione e l’accettazione delle candidature,
infatti, è ancora in corso
ed i nomi dei candidati e
del capolista saranno resi
noti soltanto nei prossimi
giorni, al momento della
presentazione della lista
stessa secondo quanto
previsto dalla legge.
Uff. Stampa Centro
democratico
Fonti di Centro Democratico in Campania mi hanno riferito che Rosa Criscuolo ha firmato l’accettazione di candidatura
per la loro lista ieri pomeriggio. All’incirca alle
18.00.
V.I.
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20
ULTIMA PAGINA
GIOVEDÌ 30 APRILE 2015
DALLA PRIMA
di Marco Travaglio
a Presidente (Boldrini)
“L
esclamava: ‘Ritornate
ai vostri posti!’... Fischi e ‘Ser-
va! Serva! Serva!’”. Tre volte,
non una di meno, non una di
più. I 51 reprobi, individuati
dalla prova tv come scanditori
del triplice sanguinoso epiteto,
saranno processati. Incluso il
M5S Sibilia che “si poneva alle
spalle della Presidente di turno
Sereni e mimava gesti gravemente irriguardosi (incapacità
di intendere, ripetutamente, e
gesto delle manette)”. E che dire del “lancio di fogli di carta
all’indirizzo della Presidenza”?
Non c’è più religione, signora
mia.
Il 13-2-2015, ore 0.05, si rischia
il golpe alla Tejero. “Dai banchi
del gruppo M5S si scandiva
‘Onestà! Onestà!’”, due volte. Il
presidente di turno Giachetti
prontamente “espelleva Ruocco, Bonafede e Di Battista
(M5S)”. La Ruocco, uscendo,
“sarebbe stata oggetto di gravi
offese da parte del deputato
Sanna (Pd) che le avrebbe ‘dato
più e più volte della donna di
strada’ – per non dire altre parole”. Ma Sanna, interrogato, ha
“contestualizzato l’episodio: ha
utilizzato una locuzione mutuata da un’espressione gergale sarda (‘Zacc’a strada’) che può essere resa in lingua italiana come
un invito ad allontanarsi (‘Ti invito ad allontanarti in gran fretta’). Tale locuzione non assume
una connotazione offensiva o
sessista”. Ignara delle locuzioni,
la Ruocco ha sentito “zoccola”,
mentre il Lord Brummel di Iglesias stava solo suggerendole di
uscire, cosa che lei peraltro già
stava facendo. Assolto per insufficienza di locuzione.
Intanto però i 5Stelle “continuavano a battere (senza offesa, ndr)
ritmicamente sui banchi e a
scandire: ‘Onestà! Onestà!’” e un
povero forzista “dichiarava di
non riuscire a parlare”. Avessero
gridato “Disonestà! Mazzette!
Nipote di Mubarak!” si sarebbe
sentito a casa sua, ma la locuzione “Onestà!” suonava davvero
offensiva e sessista. Gran finale,
ore 0.30: rissa, pardon “contatto
tra i deputati Sel e Pd”. Botte da
orbi fra Minnucci (Pd) e Farina
(Sel), “caduta della deputata Simoni”, “Airaudo scavalcava alcune file di banchi ponendosi in
piedi e inveiva”, espulsione di
Mannucci e Airaudo. E intanto i
5Stelle sempre lì a “scandire ritmicamente ‘Onestà! Onestà!’”.
“Ore 2.50, la Presidente Boldrini, dopo averli invitati a desistere dal predetto comportamento,
provvedeva all’espulsione” per
onestà reiterata, recidiva e anche
molesta. Ora sono convocati in
67 (quasi tutti M5S, più qualche
Sel e un paio di Pd) per discolparsi: “turbativa della libertà di
discussione”, “comportamenti
ingiuriosi”, soprattutto “contatti”. Nessun profilo disciplinare
invece per l’“aggressione fisica e
verbale che avrebbe subìto Marisa Nicchi (Sel) in sala fumatori
da Lavagno (Pd)”. Lei sostiene
che lui l’ha menata. Ma lui si dice
“frainteso” e “mal interpretato”:
voleva solo “richiamarla verbalmente per essersi rivolta in modo poco gentile a una collega”.
Così “l’ha toccata su un braccio”,
ma solo verbalmente. I questori
se la bevono d’un fiato: “l’episodio si colloca nel contesto di
scambi fra deputati connotati da
una certa tensione in considerazione del clima generale” attizzato da quei cori criminogeni
“Onestà! Onestà!”. Caso archiviato per sufficienza del contesto. Se Pd e Sel si prendono a cazzotti, è colpa dei 5Stelle.
STOCCATA E FUGA
Se la Boschi
non fosse
la Boschi
e bla bla bla
di Antonio Padellaro
e la Boschi non fosse la BoS
schi, avrebbe già detto a Matteo Renzi: mio caro sono stanca,
anzi arcistufa di chiedere voti di
fiducia, di metterci la faccia sempre io, perché sono io e non sei tu
a sentirti urlare di tutto in
Parlamento, anche perché,
in confidenza, 41 fiducie in
14 mesi sono oltreché un record di cui non essere certo
orgogliosi, la prova provata,
diciamocelo, che senza ‘sti con-
tinui strappi al regolamento, minacce, ricatti e ricattini, siamo
incapaci di governare. Se la Boschi non fosse la Boschi, rifletterebbe amaramente sul contenuto mortificante del suo duplice
incarico: ministro dei pessimi
Rapporti con il Parlamento e ministro delle
Riforme scritte da altri
in qualche conventicola di professoroni prêt-à-porter.
Per una giovane donna che magari si sognava protagonista della politica con la P maiuscola, essere ricordata come un disco rotto, buona soltanto a ripetere
sempre la stessa solfa: a nome del
governo pongo la questione di fiducia bla bla bla, tra boati e ululati, non è il massimo della vita.
Se la Boschi non fosse la Boschi,
avrebbe già detto al caro premier: ciccio, la prossima volta a
fare queste figure di merda fai la
il Fatto Quotidiano
santa cortesia di venirci tu,
perché è facile mostrare i muscoli del gradasso e poi mandare avanti le donne. Ma poiché la Boschi resta la Boschi,
temiamo che si senta oltremodo soddisfatta e orgogliosa del
compito svolto con tanta diligenza. E infatti, di lei resterà a
imperitura memoria un’unica, marmorea frase: “Bisogna
avere pazienza e fare un passettino alla volta...”. Amen.
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