L’ultima di Marchionne:“Sono drogato di capitalismo”. Dev’essere per questo che somministra ai lavoratori dosi massicce di licenziamenti. Urge antidoping Giovedì 30 aprile 2015 – Anno 7 – n° 118 y(7HC0D7*KSTKKQ( +,!z![!%!" e 1,40 – Arretrati: e 2,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 Le parole per dirlo di Marco Travaglio i scrivono molti elettori Pd, C soprattutto renziani pentiti: “Perché nessuno dice e fa nien- MAURIZIO MARTINA Ministro di Area Riformista Dlm FRANCESCO BOCCIA Da sempre vicino a Letta Dlm CESARE DAMIANO SANDRA ZAMPA Area Riformista Dlm Storica portavoce di Prodi Dlm PAOLA DE MICHELI Lettiana di ferro e di governo Dlm LA FIDUCIA DEI TENGO FAMIGLIA Primo via libera dell’aula della Camera all’Italicum. 90 tra bersaniani, lettiani e cuperliani mollano la Ditta e passano con Renzi. Bersani, Letta e Cuperlo non votano. Nessuno dice No. Regna il terrore per le liste alle prossime elezioni. Il premier pronto a far risorgere il Patto del Nazareno con Berlusconi Calapà, d’Esposito, Marra e Rodano » pag. 2 - 3 - 4 Matteo Renzi Ansa Udi Daniela Ranieri Udi Alessandro Robecchi LA QUESTUA DEL PD COME TOTÒ E PEPPINO SE NON SALVI IL GOVERNO TI CADONO I CAPELLI... » pag. 18 E B. SE NE VA IN CINA » pag. 18 RINO FORMICA “Matteo motorino di una centrale atomica che lo brucerà” Truzzi » pag. 10 - 11 » TERREMOTO » Finora stanziati solamente 400 mila euro di aiuti Dal Nepal all’emergenza Ebola: il braccino corto dell’Italia solidale Silvio Berlusconi Dlm Pier Silvio promosso a Mediaset, lo Squalo tratta col Caimano Conti e Di Foggia » pag. 5 Le Ong hanno raccolto 200 mila euro. L’Onu ha chiesto di trovare 400 milioni di dollari. Gli Usa ne hanno offerti 10, tutta la Ue 3, quanti donati dalla sola Cei. A Kathmandu proteste per i soccorsi lenti. Superate le 5 mila vittime FOTO ESCLUSIVE Expo: a 24 ore dal via non ci sono pavimenti e scala Lillo » pag. 8 Schiesari » pag. 12 LA PROTESTA DEL SINDACO BOOSTA DEI SUBSONICA » MATITA BLU Orrori di italiano, ma la situazione non è grammatica » pag. 14 Palermo, niente “1° maggio a Roma partita nel giorno è di élite: a Taranto della strage di Capaci suoniamo per tutti” Lo Bianco » pag. 6 Caselli » pag. 15 LA CATTIVERIA Il Papa aprirà l’Expo. Da vero esperto di cose immaginarie » www.forum.spinoza.it te?”, “L’avesse fatto Berlusconi, saremmo tutti sotto la Camera e il Quirinale”. C’è la stanchezza che pervade molti alla sola idea di tornare a mobilitarsi, dopo l’illusione che, uscito B. da Palazzo Chigi, tornasse ipso facto la democrazia. C’è l’incredibile servilismo di stampa e tv, mai così compatte nell’occultare le vergogne del nuovo Capo. C’è l’impresentabilità degli avversari di Renzi, sua unica vera assicurazione sulla vita: se a contrastare l’Italicum sono la minoranza Pd e FI che l’avevano votato due volte, il bulletto può campare cent’anni. C’è il silenzio indecente di Mattarella, Grasso e Boldrini alle esequie della democrazia parlamentare. E c’è il nanismo dei protagonisti di governo e di opposizione: ogni loro parola, anche la più impegnativa e altisonante, diventa subito barzelletta. Chi può allarmarsi se uno sfigato grida al fascismo? Chi può credere che Renzi sia come Mussolini? Sull’Italicum sta facendo la stessa cosa del Duce sulla legge Acerbo, ma il pericolo – pure grave – non lo prende sul serio nessuno. E in questa tragicommedia flaianesca (“la situazione è grave ma non seria”), conta anche il linguaggio. Che, come la storia, è sempre appannaggio dei vincitori. Prendiamo il verbale datato 22 aprile dei deputati questori inviato alla Boldrini per processare alcuni protagonisti degli scontri alla Camera sul Jobs Act e sulla riforma del Senato. Una prosa di rara comicità. Il 24-11-2014 i 5Stelle beccano un pianista forzista, Di Stefano, che vota più volte al posto del collega Gallo. Confessano entrambi, ma promettono di non farlo più. I questori propongono “una lettera di forte censura” e “auspicano che i gruppi si facciano parte attiva nel contrastare tale fenomeno”, cioè che il cappone si lanci nella padella per il cenone di Natale. Tarallucci e vino. L’11-1-2015 inizia la seduta-fiume sulla riforma costituzionale. Ore 22.35: Grimaldi e Giorgetti (Lega) danno dello “zerbino” a Pizzolante (Ap-Ncd), che risponde: “Speculazioni di bassa Lega”. Battutona. Leghista Molteni: “Coglione”. Rissa leghisti-centristi, anzi “contatto” – scrivono pudichi i questori – seguìto da “scambio di apostrofi”. Ecco, si son tirati addosso segni di interpunzione e caratteri tipografici: punteggiatura. Ore 23.10: si entra nell’alta strategia militare. Un manipolo M5S “scende nell’emiciclo in protesta verso la Presidenza. Un cordone di assistenti parlamentari postisi dinanzi ai banchi del governo impediva ai deputati di sopravanzare, ostacolando il tentativo del Vacca di raggiungere la Presidenza aggirando lo schieramento degli assistenti”. Segue a pagina 20 2 POLITICA GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 L’ elenco degli anti-segretario rimasti nel partito ECCO I 38 dissidenti del Pd: Roberta Agostini, Tea Albini, Pier Luigi Bersani, Rosy Bindi, Luisa Bossa, Vincenza Bruno Bossio, Angelo Capodicasa, Eleonora Cimbro, Giuseppe Civati, Gianni Cuperlo, Alfredo D'Attorre, Guglielmo Epifani, Marilena Fabbri, Gianni Farina, Stefano Fassina, Vincenzo Folino, Paolo Fontanelli, Filippo Fossati, Car- lo Galli, Andrea Giorgis, Marialuisa Gnecchi, Monica Gregori, Francesco Laforgia, Enrico Letta, Danilo Leva, Patrizia Maestri, Gianna Malisani, Marco Meloni, Anna Miotto, Michele Mognato, Delia Murer, Giorgio Piccolo, Barbara Pollastrini, Roberto Speranza, Nico Stumpo, Guglielmo Vaccaro, Giuseppe Zappulla e Davide Zoggia. il Fatto Quotidiano 38 SCELGONO LA FUGA DEM CHE HANNO LASCIATO L’AULA In due, Speranza ed Epifani, in realtà risultavano assenti per missione RENZI VUOLE ARRIVARE AL 2017 (CON I VOTI DI FORZA ITALIA) L’ITALICUM HA LA PRIMA FIDUCIA: 352 SÌ E 207 NO. E ORA IL GOVERNO È PRONTO A TRATTARE CON BERSANIANI E BERLUSCONIANI SULL’ELETTIVITÀ DEI SENATORI di Wanda Marra dificabile). Ma andando a scrivere le leggi attuative, che regolano le elezioni regionali. Ci sono due possibilità: i nuovi senatori verranno eletti con un listino affiancato alle liste per le regionali. Oppure, verranno eletti senatori i consiglieri regionali che ottengono il maggior numero di preferenze. Ipotesi che fino ad ora Renzi aveva respinto. Ma che, all’occorrenza, potrebbero entrare nella trattativa. M aria Elena Boschi quando esce dall’aula di Montecitorio ha un sorriso smagliante. Quei 365 sì alla fiducia sull’Italicum sono un risultato più che soddisfacente. “La legge elettorale come pistola per andare alle urne? Ma con questi numeri come si fa a parlare di caduta del governo?”. Il commento tra i renziani di ogni ordine e grado è unanime. Preoccupazione sulle due fiducie di oggi, sul voto finale segreto alla legge di martedì prossimo o sul futuro del governo? Nessuna. “Due ex segretari, un ex premier, un ex capogruppo e un ex presidente del partito non sono stati determinanti”, dicevano i fedelissimi. E dunque, sanzioni in vista? Nessuna. MATTEO RENZI poco prima che si iniziasse a votare ha mandato una eNews in cui parlava della riforma della scuola (promettendo modifiche) e della “visione strategica” per i prossimi 20 anni dell’Italia. Il suo modo per dimostrare che è già oltre. Però, c’è un però, che ostacola le magnifiche sorti progressive del renzismo: in Senato i numeri sono risicatissimi. E come si fa a governare con la minoranza di un partito che in realtà aspetta solo il momento giusto per far fuori il suo segretario-premier? La risposta è lì, dietro l’angolo. Mentre all’ultima riunione del gruppo Pd, Speranza si dimetteva, Luca Lotti ostentava sicurezza. “Non c’è problema”, commentava, parlando con i deputati. Sicurezza derivante In pochi al fronte PERCHÉ il segretario-premier a Il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, ieri alla Camera Ansa I RENZIANI “La legge elettorale come pistola per tornare alle urne? Ma con questi numeri come si fa a parlare di caduta del governo?” ALLE POLITICHE Palazzo Chigi punta a superare gli scogli delle riforme e poi a far sciogliere le Camere prima del Congresso Pd dal Pd? No, da Forza Italia, nella persona di Denis Verdini e i suoi. “Su 15 senatori di Forza Italia possiamo già contare”, spiegava ieri un deputato renzianissimo. “E poi, dopo le regionali, si spaccano e votano con noi”. Insomma, per andare avanti Renzi conta su un nuovo Patto del Nazareno. Se esce qualche voto della minoranza dem, ne entra qualcuno degli azzurri. Perché lui del Pd non si fida da inizio legislatura. LO SCOGLIO più forte sono le ri- forme costituzionali. Il Senato deve votare la sua abolizione. I tecnici del ministero delle Riforme, insieme ai costituzionalisti più vicini a Renzi, stanno lavorando a modifiche. Per andare incontro alla minoranza più dialogante. Ma anche per cedere a una richiesta di Forza Italia. Renzi sarebbe pronto a fare qualche concessione sull’elettività dei senatori. Non cambiando l’articolo 2 (la Camera l’ha approvato, e dopo la seconda copia conforme non è più mo- Redivivi È ritornato l’Ulivo ma è affetto da grave Xylella fastidiosa di Giampiero Calapà on riferimento a quanto C pubblicato sul Fatto Quotidiano, l’Ufficio stampa del pre- sidente Romano Prodi ribadisce che il presidente, non partecipando alla vita politica attiva del Paese, non ritiene di dare o meno la propria ‘benedizione’ a nessuna delle scelte politiche che restano legittimamente in capo alla responsabilità dei singoli esponenti del Partito democratico”. Così lo staff del Professore replica al titolo a pagina 3 del Fatto di ieri: “L’Ulivo si ribella al Pd 2.0. Prodi e Letta portare a casa le riforme ci tiene davvero: è un tassello da offrire alla pubblica opinione. Entrato in vigore l’Italicum, abolito il Senato così come lo conosciamo, allora sì che potrebbe andare alle urne. Alla fine del 2016 o all’inizio del 2017. Prima del congresso Pd. Un modo per battere sul tempo le minoranze, che forse guardano a una scissione, ma non nell’immediato. E cercano di costruire un’alternativa proprio in vista del congresso. In uno scenario così complesso, l’incidente o l’accelerazione voluta sono sempre possibili: e allora, se il governo cade, come si vota? Tecnicamente, una legge elettorale non c’è ancora. L’Italicum, una volta approvato, non è valido fino al primo luglio 2016, e comunque non si può usare per il Senato. Il Consultellum, così com’è non è applicabile. E a Camere sciolte, una legge elettorale per decreto non si può fare. E allora? Stando anche alle valutazioni preventive del Colle, la strada più semplice sarebbe cancellare la clausola di salvaguardia dell’Italicum e andare a votare alla Camera con la nuova legge e al Senato con un benedicono”. Effettivamente la benedizione di Prodi ed Enrico Letta, qualora ci fosse stata, ha prodotto ben poca cosa, altro che Ulivo capace di battere Silvio Berlusconi due volte su due (sotto la guida di Prodi) alle urne. Su cinquanta deputati della famigerata minoranza democratica, soltanto in 38 alla fine hanno votato no... pardòn sono usciti dall’Aula, non hanno avuto neppure la forza di pigiare un deciso “no” a questo odiato Italicum. Nonostante queste macerie di un passato mai compiuto che crollano Rosy Bindi, attuale presidente della com- missione antimafia e in passato una dei principali esponenti del Pd, sembra esultare: “Questo è il caso in cui i voti sono da contare e da pesare. Tentazione ulivista? Virtù mai sopita, dentro il Pd è rinato l’Ulivo”. E, in caso, è rinato proprio male, già affetto da una grave forma di xylella davvero molto fastidiosa. Il capo storico della fronda, il solitario della birra al pub e di una vittoria monca, Pier Luigi Bersani, scalcia senza far male a nessuno prima di uscire dall’Aula: “Ne ho votate ben 17, più di una al mese. Sono pronto a votarne 18, ma lo faccio sugli atti del gover- LO SCONTRO Tempi andati, Bersani e Renzi insieme LaPresse Consultellum rivisto. Comunque si aprirebbe un rebus su come modificare il Consultellum. Ma questa soluzione a Renzi non dispiace: con l’8% di sbarramento per i piccoli, i grandi partiti si spartirebbero anche i voti di quelli che non entrano in Parlamento. Secondo i calcoli del premier e dei suoi, un Pd stimato al 40% potrebbe ottenere addirittura un 10% in più. Tutto da vedere, anche perché le maggioranze Regione per Regione in genere non regalano una maggioranza chiara. Tra i pasdaran del renzismo, in molti so- STRAFALCIONI no, non posso accettare come cittadino, parlamentare, membro del Partito democratico, che si zittisca il Parlamento su un tema come la legge elettorale”. C’è il solito Pippo Civati, che nonostante mille minacce, non è ancora riuscito a compiere il suo sogno e ora pensa alla violenza: “Ho rinunciato non a una poltrona, ma a un intero centro commerciale di poltrone. Un’intera Ikea di poltrone. Se insistono a dire che faccio le cose per le poltrone meno. Ho detto mesi fa che non mi ricandiderò col Pd se le cose rimarranno così e le cose stanno peggiorando. Deciderò presto se lasciare il partito e, in caso, con me ci saranno altri”. Enza Bruno Bossio spiega il travaglio dell’ex capogruppo Roberto Speranza: “Lui non è uno incline al conflitto, è saggio e accorto. Se si è sentito esasperato al punto di non votare, la maggioranza dovrebbe chiedersi il perché”. no convinti che all’occorrenza si troverebbe il modo di fare un decreto per estendere l’Italicum al Senato. Peccato che la Costituzione lo nega. Ma c’è sempre un piano di riserva: quello di un governo ad hoc solo per scrivere una legge elettorale. L’Italicum è una pistola che va caricata. I verdiniani invece sono una certezza, e Forza Italia una buona garanzia. “Stiamo solo facendo il nostro dovere”, scriveva ieri il premier nella eNews. “Siamo qui per cambiare l’Italia. Non possiamo fermarci alla prima difficoltà”. di fd’e Matteo non è Moro neanche in citazioni Q uando il renzismo imita, per cinismo e spregiudicatezza, House of Cards nulla da obiettare. Appare però goffo quando scimmiotta e strumentalizza i grandi del passato, in una sorta di gioco delle tre carte, anzi three cards game per rimanere in tema. Nascondersi dietro le motivazioni di De Gasperi e di Moro sulla legge truffa del ’53 per giustificare la fiducia sull’Italicum è un po’ penoso e superficiale. Perché se si va a leggere l’intervento di Moro (in risposta, peraltro, a Togliatti) si legge: “Si tratta innanzitutto non già di un partito solo, ma di una coalizione di partiti che si presenta al popolo italiano”. E l’Italicum, con il premio di lista, è l’esatto contrario. Poi Moro specifica che il premio non deve andare a “una maggioranza relativa che si trasforma in maggioranza assoluta”. E sono due. POLITICA il Fatto Quotidiano EPIFANI NON SI PRESENTA LA FIOM: “MA AL JOBS ACT HA DETTO SÌ” Ufficialmente era in missione. Però il segretario dell’Emilia della Fiom, Bruno Papignani, lo ha incontrato sulla porta mentre andava a farsi ascoltare dalla Commissione Lavoro della Camera sul caso Fincantieri. Guglielmo Epifani, deputato Pd, bersaniano ma, soprattutto, ex se- GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 gretario della Cgil, lo ha salutato un po’ impacciato. “Io d’istinto, avrei voluto riempirlo di nomi. Non mi capacito come un ex segretario generale della Cgil, abbia potuto votare a favore del Jobs Act. Poi ha prevalso il senso di responsabilità (o la sindrome del Coniglio) e gli ho detto: sono qui per Fincantieri, ho chiesto un incontro anche alla commissione Industria che tu 3 presiedi ma non so ancora nulla”. Certo, hai ragione, scusa ma sono giorni difficili, comunque la convocherò, la risposta dell’ex segretario Guglielmo Epifani. Cortese ma frettoloso. In effetti sono giorni difficili che certificano una spaccatura interna al Pd. Quando si votava il Jobs Act, il Partito democratico si spaccava con il sindacato ma al suo interno non succedeva nulla. “TENGO FAMIGLIA” I 90 Responsabili del premier che hanno ucciso il padre C’È CHI PENSA AL FUTURO E ABBANDONA PIER LUIGI, DALLA CORRENTE SINDACALE DI DAMIANO A BOCCIA CHE SI TRINCERA DIETRO LA “SUA” BASE: GLI ISCRITTI DI BARLETTA HANNO VOLUTO COSÌ di Fabrizio d’Esposito M a Lattuca che fa? Ha votato?”. “Ah, eccolo che sta andando, sarebbe stato un peccato, è un bravo ragazzo”. Cortile di Montecitorio mentre si vota la fiducia. Un drappello di renziani è radunato sotto a un gazebo. Si fuma e si scruta il monitor che riprende l’aula. Lat- tuca si chiama Enzo ed era il più giovane dei deputati bersaniani. Il drappello è in ansia per lui e alla fine il mistero si scioglie positivamente per loro. È una delle tante scene di ieri. Una conta continua. Per ammazzare i tanti padri della minoranza, in primis Pier Luigi Bersani, ultimo segretario in quota “Ditta”. È il vero parricidio che si consuma con tanto di documento con 50 presunte fir- me (nessuno le ha viste) del gruppone di minoranza, Area Riformista. In compagnia di altri 40 di varia estrazione, lettiana, cuperliana e così via. Adesso i 90 vanno ad aggiungersi, dentro il recinto del renzismo, ai giovani turchi di matrice bersanian-dalemiana. Sono i Responsabili di Renzi, che stanno al governo o in segreteria e pensano al seggio del futuro. Qui sotto i più “rappresentativi”. MAURIZIO MARTINA CESARE DAMIANO FRANCESCO BOCCIA MICAELA CAMPANA Ministro dell’Agricoltura e della sinistra Expo. Lombardo, allievo di Filippo Penati. Non è parlamentare, ma è un simbolo della transumanza bersaniana verso Renzi. Ex ministro e capo della sinistra Cgil. Sulla sponda renziana ha portato con sé quasi tutta la sua corrente sindacale a Montecitorio, una decina di deputati. Già lettiano e antirenziano d’acciaio, ha partecipato alle riunioni carbonare della minoranza. Dice sì all’ultimo minuto trincerandosi dietro “la base” del suo collegio pugliese. Bersaniana della segreteria. Era sparita dalla circolazione dopo i suoi sms di baci a Buzzi nell’inchiesta di Mafia Capitale. È tornata per votare la fiducia a Renzi. PAOLA DE MICHELI ENZO AMENDOLA SANDRA ZAMPA MATTEO MAURI U. DEL BASSO DE CARO MARIA C. CARROZZA Molti, se non tutti, cambiano canale quando sentono la sua voce in tv. È stata un volto del lettismo incrociato col bersanismo. Adesso ha anche una poltrona di governo. Dalemiano più dalemiano di D’Alema, per lungo tempo. Ha retto il partito in Campania e adesso è in segreteria. Già lunedì sera non si è fatto trovare dai suoi ex amici. Rappresenta il prodismo che resta nel Pd. In un libro ha scritto chiaramente che tra i famosi 101 c’erano tutti i renziani, all’epoca minoranza. Ma anche lei ha votato sì. Altro allievo lombardo e bersaniano della sinistra di Filippo Penati, inguaiato da varie inchieste. È la sinistra delle grandi opere che non va mai all’opposizione. Craxiano, dalemiano, adesso renziano con nonno massone. Umberto Del Basso de Caro ha una poltrona di sottogoverno e se la tiene stretta, strettissima. Ex ministro del governo Letta fa parte dei fedelissimi di “Enrico” che hanno scelto di dare la fiducia a Renzi, lasciando da soli i big del vecchio Ulivo. La lettera Sul cargo del vincitore Migliore e l’odore (non di rose) della poltrona di Luisella Costamagna aro on. Gennaro Migliore, C ogni governo ha i suoi simboli, chi l’avrebbe detto che pure lei lo sarebbe diventato? Sia pure del (vecchio) trasformismo del (nuovo) renzismo. Per la verità, il salto sul carro del vincitore ha assunto con Renzi dimensioni tali da meritarsi di diventare specialità olimpica, ma – suvvia, non faccia il modesto – lei è da podio: il Migliore, appunto. Devono essere stati durissimi i 5 anni in cui, insieme a Rifondazione comunista, è rimasto fuori dal Parlamento. Neanche una fatica letteraria – dal titolo profetico È facile smettere di perdere se sai come farlo, sottotitolo Idee di sinistra per la no- stra sinistra. Subito – è riuscita ad alleviare il malessere. MA ALMENO dimostra che lei sapeva davvero come “smettere di perdere”: semplicemente passando con chi vince. Facile. Con buona pace della sinistra. Di fronte all’annuncio della fiducia sull’Italicum, i suoi ex compagni di Sel hanno lanciato crisantemi dagli scranni della Camera in nome del “funerale della democrazia”. Lei invece aveva preferito le rose quando, ancora con loro, si era scagliato contro la legge elettorale: “Quella che noi chiamiamo rosa, anche chiamata con un altro nome, avrebbe sempre lo stesso dolce profumo” – aveva detto citando Romeo e Giulietta – “ma quello che voi chiamate Italicum, anche con un altro nome, ha sempre il, non dolce, ma pesante olezzo di quello che chiamammo Porcellum. Le leggi si giudicano dall’odore”. Poi però, nella più classica delle tradizioni italiane, si è tappato il naso: passato col Pd, è divenCOERENZE tato relatore di quella stessa meDa “funerale fitica legge. “Siamo di fronte a della democrazia” un’occasione a “occasione storica”: storica” – ha dichiarato inebriala capriola sul nuovo to dal nuovo profumo della polsistema come trona – “quella di specialità olimpionica approvare una buona legge elettorale”. Un entusiasmo degno, come minimo, di una visita otorinolaringoiatrica. ORA NON ME NE voglia, ma sebbene la sua inversione a U riguardi non solo la forma, ma anche i contenuti, e per questo – lo ripeto – valga il podio, non merita tuttavia un’intera lettera. Dopo le sue 15 righe di gloria, il finale deve essere per il vero vincitore: Renzi. Penso al sottile, cinico, sprezzante piacere del suo premier nel vederla smentire se stesso e la sua storia. E chissà se il boyscout Dc penserà anche, godendo: “L’antagonista barricadero ora mi porta l’acqua con le orecchie”, “Altro che Marx, io ho capitalizzato la sinistra”. Soprattutto: chissà se dopo averle dato la sòla alle regionali in Campania e averle fatto aspirare a pieni polmoni, da relatore, l’Italicum (un po’ come se avesse nominato Berlusconi agente di scorta della Boccassini), poi la metterà nella rosa delle candidature nel Pd alle prossime elezioni. Oppure se, per noia del gioco, in un rigurgito di senso di dignità della politica (ma questo è più difficile, conoscendo il tipo), o per banale mancanza di fiducia, le offrirà solo un crisantemo per il suo trapasso politico. Caro Migliore, credo che a questo punto nel suo bouquet non restino che le margherite: il profumo è quello che è, ma tanto ormai il suo olfatto è compromesso. Può però sfogliarle, e chiedersi: m’ama o non m’ama? 4 POLITICA GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 G li strani dissensi di De Girolamo e De Mita junior SE IL MARITO Francesco Boccia all’ultimo momento ha deciso di dire addio alla minoranza del Pd è votare la fiducia, sua moglie Nunzia De Girolamo, esponente del partito alleato e di governo Ncd (seppur nostalgica del berlusconismo), invece in dissenso dal suo gruppo non vota la fiducia: “Non partecipo al voto sulla fiducia perché non condivido il metodo Renzi. È una forzatura, chiedere la fiducia il Fatto Quotidiano alla maggioranza equivale a non fidarsi della propria maggioranza”. C’è un dissenso, sembra incredibile, nella linea filo-governativa anche nell’Udc: quello di Giuseppe De Mita, niente poco di meno che figlio di Ciriaco: “Non parteciperò al voto di fiducia sull’Italicum. Per mie valutazioni quale parlamentare, ma anche come vice segretario dell’Udc, per il profondo malessere registrato nel partito”. “La ditta s’è squagliata molto prima dell’Italicum” fatto a mano PARLANO I MILITANTI DEL PD: GLI ISCRITTI DIMINUISCONO E SONO SEMPRE PIÙ DIVISI, MA LA LEGGE ELETTORALE È L’ENNESIMO PRETESTO, LA FRATTURA VIENE DA LONTANO di Tommaso Rodano L a ditta s’è sfasciata, e da un bel po’. A Montecitorio ne ha dato l’annuncio Pier Luigi Bersani, che si era inventato il nome e aveva incarnato quell’idea di partito, fino alle primarie che hanno messo il Pd nelle mani di Matteo Renzi. Nei territori, invece, ne danno l’annuncio tantissimi militanti. Dal 2009 al 2014 gli iscritti sono più che dimezzati, passando da 831.042 a 366.641. Anche chi è rimasto, nei giorni dell’Italicum, non si sente tanto bene. Bologna Festa dell’Unità addio Il caso più clamoroso è quello del capoluogo emiliano. A Bologna i militanti di diversi circoli minacciano il boicottaggio della Festa dell’Unità domenica, quando sul palco salirà il presidente del Consiglio. Mirella Signoris è una militante “rossa” di lunga data della sezione Pratello. “Le condizioni sono tali – dice – che per la prima volta in vita mia potrei disertare la festa. Ma quel che conta è che non riconosco più il mio partito, e con me tantissimi iscritti bolognesi. Non condivido la linea politica e il modo con cui il segretario impone le sue decisioni, dal Jobs Act all’Italicum. Siamo stati trasformati in comitati elettorali. MIRELLA SIGNORIS “Per la prima volta forse non andrò alla festa dell’Unità di Bologna: questo partito non lo riconosco più, il segretario decide da solo” SAVERIO PICCIONE “In questo momento purtroppo Renzi è alla guida della regressione democratica del Paese, ma io combatto e non me ne vado: mi devono cacciare” MELISSA MONGIARDO “Fanno passare la fiducia come un atto di forza, invece è un segno di estrema debolezza. Matteo sta distruggendo la nostra comunità” DANIELE PIVA “La depressione e l’incazzatura non iniziano di certo con la legge elettorale. Ci sono state scelte più gravi, come la cacciata di Letta” Il programma non esiste più: è il segretario del partito. Noi cresciuti a sinistra soffriamo profondamente”. Alberto Aitini è un altro militante, ex coordinatore dei Giovani democratici. Per combattere il drastico calo degli iscritti nei circoli della città, si è inventato una campagna di tesseramento porta a porta. “Da Roma BENVENUTI TRA NOI Buongiorno Ezio Mauro, Repubblica scopre Matteo SI È SVEGLIATO anche Ezio Mauro. Il direttore di Repubblica nel suo editoriale di ieri ha accusato il premier di aver dato “una prova di debolezza” mettendo la fiducia sulla legge elettorale: “Travestita da prova di forza, è andata in scena alla Camera la prima, pubblica e plateale prova di debolezza di Matteo Renzi. Mettere la fiducia sulla legge elettorale è sbagliato sul piano del metodo, perché dimostra l’incapacità di costruire un ampio e sicuro consenso politico su una regola fondamentale, ed è sbagliato soprattutto nel merito”. Il direttore attacca Matteo Renzi mettendolo di fronte alle sue stesse dichiarazioni: “perché come diceva lo stesso premier a gennaio – per far accettare l’alleanza con Berlusconi – non si cambia il sistema di voto a colpi di maggioranza, tanto più se quella maggioranza riottosa è tenuta insieme dalla minaccia del voto anticipato”. E sullo scontro con la minoranza dem il premier è presto avvertito: “Così non si va lontano, prigioniero di due mentalità minoritarie. Ma come leader e premier, Renzi ha oggi una responsabilità in più. Può avere i numeri: ma dovrà capire che senza il Pd nel suo insieme, il governo è nudo di fronte a se stesso, perché i partiti sono cultura, valori, storia e tradizione: quel che fa muovere le bandiere. A patto di non usarli come un tram”. Perché – fa notare Mauro al premier dopo un anno e mezzo di governo – “in politica non conta solo il ‘quanto’, cioè il saldo del voto finale, ma anche il ‘come’, vale a dire il percorso, le alleanze, il consenso che si sa costruire”. non ci danno una mano – sorride –, questo clima non contribuisce ad avvicinare al Pd”. Ha saputo della fiducia sull’Italicum proprio mentre lavorava da volontario in uno dei ristoranti della Festa dell’Unità felsinea. È molto meno critico di altri nei confronti di Renzi (“Il governo ha portato a casa tanti risultati”), ma riconosce che la fiducia sull’Italicum è stata un errore: “Renzi ha sbagliato. E sbaglia ancora di più Bersani: la fiducia non andava messa, ma arrivati a questo punto non ci si poteva rifiutare di votarla”. Roma Fiducia, prova di debolezza Daniele Piva, 26 anni, si è iscritto al Pd quando ne aveva 21. Non ha fatto in tempo a frequentare Ds e Margherita: non può essere accusato di avere nostalgia di quello che c’era prima. Oggi è il segretario del circolo Pd di San Paolo. “La fiducia è stata una forzatura che si poteva evitare – dice – ma la sofferenza non inizia certo oggi. Renzi gode dell’appoggio di una buona parte della base, ma quelli che sono depressi o incazzati sono sempre di più. Tanti se ne sono già andati, altri lo faranno. Non solo e non tanto per l’Italicum. Ci sono state scelte più gravi, come la cacciata di Letta o le scelte sul lavoro”. Melissa Mongiardo è una giovane consigliera del Comune di Viterbo, delegata dell’Assemblea nazionale del Pd: “La fiducia? La fanno passare come prova di forza. Invece per me quando non ti fidi dei compagni di partito è una prova di estrema debolezza. Renzi ha distrutto il Pd: il calo degli iscritti è mostruoso. Qui sono più o meno un terzo di quelli che c’erano ai tempi di Bersani. Ma anche la minoranza del partito ha dato il suo contributo. Invece di ‘rompere’ sull’Italicum avrebbero dovuto fare battaglia sui temi che definiscono l’identità di sinistra, come immigrazione e lavoro”. Milano ”I rapporti sono difficili” “La composizione degli iscritti a Milano è cambiata tantissimo nell’ultimo anno e mezzo: oggi c’è una forte predominanza renziana. E i rapporti interni sono sempre più difficili, da diverso tempo”. Parla Alessandro Giungi, quarantenne della truppa dei civatiani, consigliere comunale del Partito democratico, iscritto al circolo Caponnetto: “Il malessere c’è, sì, ma da un bel po’. L’Italicum è l’ultimo dei problemi, ci sono questioni politiche che ci dividono molto più della legge elettorale”. Trapani L’esodo di massa In Sicilia la situazione è precipitata pochi mesi fa, quando il Pd – per opera del renziano Davide Faraone – ha accolto i cosiddetti “Articolo 4”, un quintetto di deputati ex cuffariani e lombardiani. Tanti hanno stracciato la tessera allora, come la trapanese Sabrina Rocca: “Gran parte di noi aveva votato un Pd diverso da questo – spiega – e la vittoria di Renzi si è trasformata nella nostra sconfitta. L’Italicum è l’ultimo atto. Alcuni si sono arresi e se ne sono andati, altri provano a resistere”. Tra questi ultimi c’è il sindacalista Saverio Piccione: “Io resto dentro e faccio le mie battaglie. Il Pd di Renzi è un partito che in questo momento guida la regressione democratica del Paese. Io voglio cambiarlo e per farmi andare via mi devono cacciare”. Corriere, oggi Orfeo o Fontana IMMINENTE LA FUMATA BIANCA DEL CDA PER LA DIREZIONE DEL QUOTIDIANO DI VIA SOLFERINO di Davide Vecchi Milano umata bianca in via Solferino. Dopo F nove mesi di scontri tra gli azionisti di Rcs, oggi il cda indicherà il successore di Ferruccio de Bortoli al timone del Corriere della Sera. La comunicazione sarà data al comitato di redazione alle 17 e verrà resa nota dopo la chiusura di Piazza Affari dove il titolo Rcs Mediagroup anche ieri ha chiuso in lieve flessione dell’1,85%. La scelta del consiglio di amministrazione cadrà su Luciano Fontana – attuale condirettore, considerato l’uomo della continuità, fortemente sostenuto da De Bortoli e dalla redazione – o su Mario Orfeo, oggi alla guida del Tg1, “scoperto” nel 1998 da Ezio Mauro, direttore di Repubblica, che dallo sport lo portò al servizio politico. la Valle e il rivale John Elkann. Tra i due soci negli ultimi mesi sono volate accuse e insulti. Terreno di scontro: la conferma o meno dell’ad di Rcs, Pietro Jovane. Il presidente di Fiat Chrysler Automobiles (Fca) si è sempre detto favorevole, a differenza del patron di Tod’s. Il 23 aprile l’ad è stato confermato e oggi il nuovo cda, alla sua prima riunione, è chiamato alla delicata decisione sul futuro capitano. L’investitura arriva nell’ultimo giorno di De Bortoli, come deciso lo scorso luglio, dopo gli ultimi sei anni trascorsi alla guida di via Solferino e una precedente direzione tra il 1997 e il 2003. Ieri De Bortoli, accomiatandosi dalla redazione riunita per l’occasione nella storica sala Albertini, ha INIZIALMENTE sostenuto dai soci Diego della Valle e Marco Tronchetti Provera, Orfeo nei giorni scorsi sarebbe stato oggetto di una mediazione da parte di Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediabanca. Secondo alcune indiscrezioni i due si sarebbero anche visti. All’ombra della Madonnina lo scorso fine settimana ci sarebbe stato anche un altro incontro importante tra Del- Mario Orfeo, attuale direttore del Tg1 LaPresse voluto sottolineare l’addio “definitivo” a via Solferino. Il direttore ha ripercorso la sua esperienza giornalistica, quasi interamente spesa al Corriere, “il mio grande sogno giovanile”. Ha poi ricordato ai cronisti che “quello che siamo diventati tutti – anche chi è maledettamente sicuro del valore universale della propria firma – lo dobbiamo al Corriere, alla sua storia, al suo prestigio”. Per questo “ognuno di noi è in debito verso l’istituzione che ci accoglie, di cui portiamo le insegne e ricordatevelo quando siete, a volte allegramente, sui social network”. Infine la rivendicazione di aver fatto sempre un giornale libero. “Le notizie, anche quelle più scomode e contrarie anche agli interessi degli azionisti, sono state pubblicate. Tutte. Credo siano pochi, in Italia e all’estero, i giornali liberi e autorevoli come il Corriere”. Oggi il cda deciderà tra Orfeo – che da direttore del Tg1 ha il merito di aver risollevato gli ascolti del notiziario Rai – e Fontana, cresciuto all’Unità e poi arrivato in via Solferino. Il passaggio avverrà nel giro di una decina di giorni, i necessari tempi tecnici. Ma per i corridoi della redazione molti prevedono che sarà molto rapido: si tratterà di un semplice cambio di scrivania. Lasciando intendere che il successore sarà Fontana. Una speranza, non ancora un fatto. POLITICA il Fatto Quotidiano M edici di base e pediatri, sciopero il 19 maggio I MEDICI DI FAMIGLIA e i pediatri scioperano il 19 maggio per protestare contro il mancato rinnovo della convenzione per la categoria ma anche contro “le Regioni che vogliono distruggere il Servizio sanitario nazionale”. Lo afferma il segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale, Giacomo Milillo (nella fo- GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 to) secondo il quale “saranno garantite solo le visite domiciliari urgenti, l’assistenza programmata a pazienti terminali, le prestazioni di assistenza domiciliare integrata”. Aderisce allo sciopero anche la Confederazione Italiana pediatri (Cipe), che chiede di riavviare le trattative per il rinnovo dell’Accordo Collettivo Nazionale per 5 la Pediatria di Famiglia. Quattro ore di sciopero sono state proclamate anche dai medici di continuità assistenziale (guardia medica), emergenza sanitaria, servizi territoriali e medicina penitenziaria. I medici di base e di guardia medica sono 60 mila e 6mila i pediatri; ci attendiamo una riposta ampia”, afferma Milillo. I GIOCATORI Silvio IL CAV TRATTA CON MURDOCH E DÀ LO SCETTRO A PIER SILVIO Berlusconi. Sotto Mr Bee (a sinistra) e Rupert Murdoch Ansa/Reuters LO SQUALO IN VISITA AD ARCORE: VUOLE UNA QUOTA DEL GRUPPO E LA PAY-TV di Camilla Conti e Carlo Di Foggia U n incontro c’è stato e ha affrontato vari temi”. Davanti ai soci di Mediaset riuniti in assemblea il vicepresidente Pier Silvio Berlusconi ha confermato che lunedì scorso c’è stato un faccia a faccia ad Arcore tra il padre Silvio e lo “squalo” di Sky, Rupert Murdoch. Sul tavolo, la possibile vendita a Sky della pay tv Premium e, pare, anche una quota della stessa Mediaset. La visita a sorpresa è stata decisa dal tycoon australiano dopo le voci di un interessamento per Mediaset da parte del gruppo francese Vivendi, controllato dal finanziere bretone Vincent Bollorè, già primo azionista in pectore di Telecom Italia. All’incontro di lunedì oltre ai fondatori di Mediaset e Sky, avrebbero partecipato anche lo stesso Pier Silvio e Lachlan Murdoch, figlio di Rupert nonché co-chairman di News Corp e di 21St Century Fox. Il vertice sarebbe servito soprattutto per dare mandato ai due eredi di trovare le giuste soluzioni di convivenza tra i due gruppi. Il compito di fare in modo che i due broadcaster trovino strade di collaborazione, in particolare sul mercato italiano della pay-tv, è stato dunque affidato alle “seconde generazioni”. In questo senso – sostengono fonti interpellate dal Fatto Quotidiano - va interpretata la proposta che dovrà essere ratificata oggi dal nuovo cda appena insediato di attribuire maggiori deleghe operative a Pier Silvio che diventerà così l’unico amministratore delegato del gruppo mentre l’attuale ad, Giuliano Adreani, resterà consigliere e membro del comitato esecutivo. INTANTO nella conferenza stampa tenutasi al termine dell’assemblea, il vicepresidente di Mediaset ha sottolineato che Premium non è in vendita ma resta aperta a nuovi soci di minoranza. “Non facciamoci film che non ci sono. È chiaro che una unione Sky-Premium avrebbe senso dal punto di vista degli abbonati ma noi siamo aperti a partnership ma non siamo venditori e con Sky è difficile tenere questa posizione”. Quanto al controllo di Mediaset, “non è in discussione”. Con Vivendi, “ci sono buone possibilità di lavorare insieme” ma “non cose concrete a brevissimo al via”, ha detto Berlusconi junior. Anche "con Telecom sono in corso dialoghi, non trattative, e in ogni caso gli accordi commerciali sono interesse soprattutto delle compagnie telefoniche e noi preferiamo rimanere indipendenti, neutrali" ri- spetto ai diversi soggetti tlc, potendo offrire "contenuti" a tutti. Quanto basta per raffreddare la corsa del titolo Mediaset che ieri a Piazza Affari è scivolato del 3,1 per cento. Il mercato, dunque, tifa per il risiko. DI CERTO, se davvero il Cava- liere ha intenzione di mettere l’“argenteria” sul mercato, il momento è quello giusto considerato l’interesse di investitori stranieri dalle tasche particolarmente gonfie, sia per il Biscione sia per il Milan. Sul primo fronte, fonti vicine all’ex premier sottolineano che per Silvio il vero “squalo” è il francese Bollorè, il quale dovrebbe arrivare in Italia nei prossimi GRANDI MANOVRE Oggi Berlusconi junior sarà incoronato ad: “Il controllo non è in discussione”. Sempre più vicina la cessione del Milan. Mr Bee a Milano Pier Silvio Berlusconi Ansa giorni per discutere del dossier Mediaset. Sembra invece praticamente cosa fatta la vendita del Milan. Ieri sera Silvio Berlusconi ha ricevuto a villa San Martino il thailandese Mr Bee per guardare assieme la partita Milan-Genoa e ovviamente discutere di affari. Bee sarebbe pronto, anche in caso di acquisto del controllo, a confermare l’influenza della famiglia Berlusconi. Alla figlia Barbara, attuale amministratore delegato verrebbe infatti proposto di mantenere la carica di ad per i prossimi tre anni (più incerto il futuro dell’altro ad, Adriano Galliani, che in questi giorni, dice chi lo ha incontrato, pare sia infatti molto giù di morale) mentre al Cavaliere verrebbe offerta la carica di presidente onorario a vita. Più un assegno da 500 milioni e la possibilità di liberarsi di un “giocattolo” costato quasi 600 milioni di perdite in trent’anni. In alternativa, Berlusconi potrebbe cedere alle avances di Zong Qinghou, presidente di Wahaha, gigante cinese delle bevande: nei prossimi giorni Silvio sarà in Cina, segno che la porta resta aperta. DIVERSO il discorso per Me- diaset che oggi vale 5,5 miliardi di euro il 300% in più del 2011 quando Silvio lasciò Palazzo Chigi. Ma l’azienda fa i conti con il calo della pubblicità e con l'arrivo di colossi come Google e Facebook che sta obbligando i re delle tv ad andare a nozze con i colossi delle tlc. Fininvest intanto continua a fare cassa: il Cavaliere ha già intascato quasi 400 milioni vendendo il 7,79% sul mercato a inizio anno e fra Milan, collocamenti di Mediaset e l’eventuale cessione di un -TITOLO 3,14DEL % BISCIONE altro 20% di Mediolanum (imposto da Banca d'Italia dopo la condanna per evasione fiscale dell'ex premier), la cifra in cassa potrebbe sfiorare i due miliardi. Cosa ne farà, se i soldi verranno divisi tra i figli o se invece saranno reinvestiti in altre attività rinviando ancora il momento della pensione, lo si saprà solo nei prossimi mesi. L’editorialista erlusconi vende, è veB ro, ma solo un po’. E scordatevi che abbandoni la scena politica, quello non lo farà mai: in pensione si rompe i coglioni, come tutti”. Vittorio Feltri è diretto come al solito. Editorialista del Giornale - il quotidiano della famiglia di Arcore di cui è stato a lungo direttore - è provetto esegeta degli umori e delle tensioni che agitano il mondo del fu Cavaliere. Osserva curioso la cessione del Milan alla cordata raccolta dal broker thailandese Bee Taechaubol e le trattative su Mediaset con Ruper Murdoch (Sky) e la Vivendi di Vincent Bollorè, ma resta convinto: SAIPEM citata, azionisti chiedono 174 milioni aipem citata in tribunale: 64 investitori chiedono S 174 milioni di euro per i danni subiti dopo l’acquisto di azioni tra febbraio 2012 e giugno 2013. In quel periodo la Saipem è stata infatti protagonista di due profit warning, due revisioni al ribasso degli obiettivi previsti dal piano industriale, che hanno generato una conseguente e grave caduta in borsa. A giugno del 2013, il titolo aveva perso anche oltre il 25 per cento e la Consob ne aveva vietato le vendite allo scoperto. La revisione, causata dal deterioramento della situazione in Algeria (la società sotto inchiesta per presunta corruzione in alcuni contratti )era stata accompagnata dal downgrading delle principali banche d’affari. A gennaio 2013, invece, dopo la revisione lanciata a mercati chiusi, la Consob aveva avviato accertamenti per una maxi vendita di azioni, il 2,3 per cento del capitale, realizzata in fretta e furia da Bofa Merrill Lynch. Poco dopo, l’annuncio del taglio degli obiettivi e la revisione dell’utile operativo e dell’utile netto 2012, in calo rispettivamente del 6 per cento a 1,5 miliardi e del 10 per cento a 900 milioni, del gruppo di ingegneria petrolifera. Vittorio Feltri “FI allo sbando, ma B. non lascerà mai la politica” ta, e in alcuni casi - come Mediolanum - è Bankitalia che gli impone di vendere parte delle quote. Ma ci sono i figli che premono per avere ruoli di gestione. Soprattutto quelli di secondo letto. Luigi è approdato in Mediolanum, ma Eleonora - raccontano i rumors - vorrebbe entrare in Mondadori. Esiste un problema legato alla successione? Sappiamo tutti molto bene che è più facile spartire 100 mila euro che un vecchio mobile usato. Non ha bisogno dei consigli dei figli per decidere cosa fare, ha fiuto per gli affari come pochi. Esce di scena quindi? No, cederà solo alcune quote per fare cassa. E non credo proprio lo farà dalla politica. Vittorio Feltri Ansa “Tornerà operativo in politica”. È indubbio però che l'ex Cavaliere stia ridimensionando non poco il perimetro delle partecipazioni che detiene con Fininvest, la cassaforte di famiglia. Sì, e questo dimostra saggezza: l’uomo non è un ragazzino, va verso i 79 anni, ma è concreto, ha capito la situazione. Ha bisogno di liquidità e il peso di troppe aziende può diventare insostenibile. Il Milan non ha più la freschezza di una vol- Non si espone più da settimane... Perché non vuole essere accostato alla batosta in arrivo alle Regionali. Forza Italia è ormai ridotta ai minimi termini, veleggia intorno al 10-12 per cento. Riuscirà a rianimare un partito in queste condizioni? No, è impossibile. Adesso ha tirato i remi in barca e assisterà con dolore allo sfarinamento, ma cova da un po’ l’idea di dare vita a una nuova formazione che raccolga tutti quelli che in Italia non si riconoscono nella sinistra: cattolici, liberali o pseudo tali, socialdemocratici etc. Può davvero sfidare il “partito della nazione” di Renzi con queste premesse? In Italia esiste ancora un elettorato di centrodestra molto consistente. Quello che manca è un partito credibile. Nei rimasugli di Forza Italia regna sovrana la disperazione, tentano tutti di non affogare, sembrano i migranti che annegano nel Mediterraneo. I Brunetta di turno cercano di darsi un po’ di dignità, ma c’è poco da fare. Tentano tutti di aggrapparsi alla vecchia idea del partitone mamma. Non lo sta dando per archiviato troppo presto? Berlusconi è ormai diventato insofferente ai questuanti, quelli che chiedono una poltrona, un ruolo... è esasperato, non vuole saperne più. È come un direttore di giornale a cui tutti chiedono promozioni. Alla fine manda tutti a quel paese. Nel breve termine dovrà cercare di riallacciare i rapporti con il premier? Credo che, seppur in maniera sotterranea, i contatti saranno ripresi. Berlusconi, però, ha timore: il legame con Renzi gli ha fatto male. È così sicuro che alla fine non si ritirerà dalla scena politica e andrà in pensione? Quello prima di andare in pensione andrà al cimitero. Cdf 6 POLITICA GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 Cprendeva atania, la mafia il pizzo LA MAFIA imponeva il pizzo ad alcune importanti aziende vinicole del catanese, tra Randazzo e Castiglione di Sicilia. Lucrando, in pratica, sul vino doc dell’Etna. È quanto emerge dall’indagine dei carabinieri del comando provinciale di Catania, culminata con l’esecuzione di sui vini pregiati 15 ordini di custodia cautelare in carcere nei confronti di esponenti del clan dei Brunetto, un’articolazione della famiglia Santapaola che operava nella fascia ionica della provincia. Tra i produttori vinicoli vittime dell’estorsione, alcuni dei marchi il Fatto Quotidiano più prestigiosi dell’Isola: Planeta, Mannino, Valenti, Vagliasindi e Tornatore. Ogni azienda, secondo gli investigatori, pagava una tangente annuale variabile tra i mille e i 12mila euro, ai quali si aggiungevano 500 euro al mese come “guardiania”. In caso di mancato pagamen- “Abbiate rispetto di Falcone” E la Serie A sposta la partita GIURECONSULTI Tribunale di Eataly, ti assolve Cazzullo O PALERMO-FIORENTINA ERA IN PROGRAMMA IL 23 MAGGIO ALLE 18, GIORNO E ORA DELLA STRAGE DI CAPACI. LA FURIA DEL SINDACO ORLANDO CONVINCE LA LEGA CALCIO A CAMBIARE LA DATA di Giuseppe Lo Bianco D Palermo a ventitre anni a Palermo le lancette che il 23 maggio di ogni anno segnano le 17.58 hanno il timbro della sacralità: ma quest’anno a ricordare il sacrificio di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e dei tre agenti di scorta non sarebbe stato solo il “Silenzio'” suonato da un militare in via Notarbartolo, davanti l’albero Falcone accolto da un lungo applauso, ma il fischio d’inizio di Palermo-Fiorentina. estrema: negare lo stadio Renzo Barbera alla Nazionale italiana per la partita di qualificazione a Euro 2016 contro la Bulgaria, in programma il prossimo 6 settembre proprio a Palermo. “Sarebbe grave che la Lega calcio di serie A confermasse la volontà di far giocare la partita nel giorno e nell’ora in cui la nostra città onora la memoria di Giovanni Falcone e degli agenti di scorta che hanno dato la vita per servire lo Stato – aveva comunicato TRITOLO La strage del ’92, in cui morirono Falcone, la moglie e gli uomini della scorta. A sinistra, Orlando Ansa Orlando –. Infatti, laddove venisse confermata la coincidenza fra l’orario della partita e l’orario dell’anniversario dell’eccidio di Capaci, il sindaco non presterà il consenso a tenere la partita della Nazionale con la Bulgaria a Palermo”. LA POLEMICA L’attacco del primo cittadino: “Se le cose restano così, non concedo il Renzo Barbera per la Nazionale” IL PRIMO a ten- tare di metterci una pezza era stato il presidente dei rosanero, Maurizio Zamparini: “Se la data dovesse rimanere questa – aveva detto il patron del Palermo Calcio – dedicheremo la partita Fino all’intervento furibondo del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, infatti, la partita era stata fissata dalla Lega di Serie A allo stadio della Favorita alle ore 18. Orlando, nel chiedere il cambiamento della data, era arrivato a una minaccia to, gli esattori della cosca minacciavano di tagliare i filari delle viti. La Procura di Catania ha sottolineato che da parte delle imprese nel mirino del racket, ad eccezione della Tornatore, c’è stato un atteggiamento “scarsamente collaborativo” con gli inquirenti. ggi Aldo Cazzullo avrà la certezza di non essere diventato direttore del Corsera, ma potrà annunciare la propria candidatura a presidente della Cassazione. Proprio ieri infatti, sul Corriere, Cazzullo ha offerto prova delle sue doti di giureconsulto scrivendo che Paolo Farinetti, comandante partigiano e padre di quell’Oscar fondatore di Eataly, fu “assolto” dall’accusa di aver partecipato a una rapina nel 1946. In realtà, nel suo libro sul padre (Mangia con il pane, recensito appunto da Cazzullo) persino Oscar Farinetti è meno ossequioso nei confronti del “comandante Paolo”. Ci spiega infatti che il genitore, dopo l’arresto per rapina, fu infine condannato a 2 anni e 6 mesi per ricettazione. Salvato dal condono previsto dall’amnistia Togliatti, Farinetti senior ottenne poi la “riabilitazione” (che non significa cancellazione della condanna, ma solo dei suoi effetti). Qualcosa che Oscar dovrebbe spiegare al suo servitor cortese del Corsera. calendario. Ha prevalso la seconda ipotesi. Si giocherà di venerdì o di domenica, in ogni caso non sabato 23 maggio. Questa la precipitosa precisazione di fonti interne a via Rosellini. MARCIA INDIETRO La gara sarà giocata venerdì 22 o domenica 24, a seconda del risultato dei viola in Europa League del 23 maggio alla memoria di Giovanni Falcone con una serie di iniziative volte a riempire lo stadio. I rosanero giocheranno con il lutto al braccio, sperando di onorare la memoria del giudice ucciso con una vittoria”. Non ce ne sarà bisogno. In LA DATA del 23, fanno sa- serata è intervenuta di nuovo la Lega di Serie A. Le possibilità erano due: confermare data e ora dell’incontro, rilanciando l’entrata a gamba tesa nelle commemorazioni del giudice ucciso a Capaci, o ammettere di avere avuto poco tatto nel consultare il pere, era stata indicata nel calendario degli anticipi, ma era già stato programmato di spostarla in relazione alla disputa o meno della finale di Europa League del 27 maggio da parte della Fiorentina. Si giocherà venerdì 22 se la Fiorentina dovesse qualificarsi, domenica 24 se i viola non dovessero farcela. In ogni caso la memoria di Falcone sarà rispettata. Il “porco” Cosentino e l’amicizia coi secondini L’EX BRACCIO DESTRO DI B. IN CAMPANIA AVREBBE CORROTTO UN AGENTE IN CAMBIO DI TRATTAMENTI DI RIGUARDO IN CARCERE di Vincenzo Iurillo Napoli bbiamo il porco per le mani”. È il 7 aprile A 2014 e il “porco”, per le due guardie penitenziarie intercettate, è Nicola Cosentino. Torna- L’“ONOREVOLE” scosto tra il cognato di Cosentino, Giuseppe Esposito, e Umberto Vitale, un secondino in difficoltà economiche che al telefono si lamenta perché gli arrivano “le sfogliatelle” (a Napoli sono sinonimo di cartelle esattoriali), e alla ricerca di un lavoro per la moglie. to da quattro giorni in carcere per un’ulteriore accusa di estorsione. Tornato nel “loro” carcere. I DUE SONO FINITI in carcere per corruzione in A Secondigliano (Napoli). È un’occasione unica concorso con Cosentino, la moglie dell’ex politico per i due agenti “per trarre il massimo”. Lo sot- (sorella di Esposito), anche lei indagata, ha l’obtolinea il Gip di Napoli Isabella Iaselli motivando bligo di dimora a Caserta. La cimice piazzata una nuova ordinanza di custodia cautelare ese- nell’auto durante gli incontri tra il cognato di Coguita ieri per l’ex sottosegretario Pdl, imputato sentino e Vitale ha registrato il fruscìo di passaggi per vicende di camorra in tre processi. di buste. La moglie di Vitale effettivamente iniCosentino stavolta è accusato di aver corrotto un zierà a lavorare per una cooperativa sociale preagente di polizia penitenziaria in cambio di un sieduta da un sodale di Cosentino. Ma l’inchiesta trattamento di favore in galera, condotta dai pm Fabrizio Vanorio e Alessandro D’Alessio, della dove pare gli fosse consentito di tutto: ricevere mozzarelle e caDda coordinata da Giuseppe SECONDIGLIANO micie senza passare per il conBorrelli, ha dipinto un quadro trollo, camminare di notte fuori poco limpido anche nei conA Nick ‘o mericano dalla cella, ascoltare musica da fronti di diversi agenti di polizia penitenziaria e del loro atteggiaun iPod rinvenuto durante una era consentito di tutto: perquisizione del 21 marzo mento verso l’illustre detenuto. mozzarelle e camicie scorso, in seguito alla quale l’ex Il gip si rammarica che siano staplenipotenziario di Berlusconi ti interrogati come testi e non senza controlli, in Campania è stato trasferito come indagati. Cosentino era nel carcere di Terni. Le telecadiventato loro amico durante il passeggiate fuori dalla mere di una stazione di servizio primo periodo di detenzione a cella, un iPod personale hanno filmato 36 incontri di naSecondigliano, nel 2013. Trop- Nicola Cosentino, ex deputato del Pdl, è tornato in carcere per un’accusa di estorsione Ansa po amico. C’era una processione di guardie nei luoghi dove Cosentino viveva ed era tornato a fare politica. Messaggino di Vitale a Cosentino del 16 febbraio 2014: “Dottore buongiorno scusate il fastidio quando siete disponibile vi devo dare una bella notizia”. I due poi si vedranno. Altro sms di agente non indagato, A. S., del 5 marzo 2014: “Dottore ricordatevi di mio figlio”. Il 3 aprile 2014, quando i tg lanciano la notizia dell’arresto di Cosentino, tra le guardie c’è dispiacere. Temono che non possa più accontentarli. Dispiacere che si trasforma in euforia quando scoprono che invece viene tradotto a Secondigliano. Scrive la Iaselli: “È chiaro dalla lettura delle conversazioni nel loro complesso che Cosentino Nicola aveva promesso al Vitale ed agli altri agenti compiacenti posti di lavoro per i familiari; dopo la scarcerazione, non avendo più bisogno degli stessi, aveva per così dire allentato i rapporti; con il secondo arresto per ottenere di nuovo il trattamento preferenziale Vitale dice chiaramente che ora pretende il rispetto delle promesse”. Vitale, “per il tramite” della consigliera regionale Luciana Scalzi, riceverà pure un biglietto per assistere a Napoli-Fiorentina. L’ordinanza infine si sofferma su una strana circostanza: un presunto tentativo da parte delle guardie penitenziarie, documentato da vari sms, di far incontrare Cosentino con Giuseppe Lo Bue, un uomo di Provenzano. I due erano stati in carcere insieme. ECONOMIA il Fatto Quotidiano Ilastat: torna a calare fiducia di imprese e consumatori SCENDE AD APRILE la fiducia dei consumatori italiani: l’indice calcolato da Istat diminuisce a 108,2 dal 110,7 di marzo. Sono in diminuzione, sottolinea l’istituto statistico, tutti gli indici delle componenti del clima di fiducia dei consumatori: quello economico, quello personale, quello corrente e quello futuro. Ad aprile cala pure l’indice di fiducia delle imprese: 103 a 102,1 in un mese (in controtendenza, però, ci sono settori importanti come il manifatturiero e il commercio al dettaglio. Per il capo economista di Nomisma, Sergio De Nardis, i dati diffusi da Istat “segnalano nel complesso che la ripresa procede ma a ritmi contenuti” e, in particolare per le imprese, “a macchia di leopardo”, con persistenti difficoltà per quelle di minore dimensione. Il Papa femminista: “Uno scandalo le paghe più basse per le donne” E va perdonaci, da Adamo in poi la colpa è stata sempre delle donne. Farebbe effetto anche solo per l’istituzione rappresentata - non proprio un santuario di pari opportunità - ma la selezione accurata delle parole fa un certo effetto: “Perché si da per scontato che le donne devono guadagnare meno dell’uomo? Questa disparità è un puro scandalo”. Jorge Mario Bergoglio stravolge la giornata poco dopo le nove di mattina, parlando durante il consueto incontro del mercoledì in Piazza San Pietro. LE AGENZIE impazziscono quasi su- bito, rilanciando adesioni improbabili. Perfino Bankitalia, per bocca del suo direttore generale Salvatore Rossi, si accoda al coro qualche ora dopo: “Dovrebbero esserci più donne nei ruoli decisionali, soprattutto nelle istituzioni pubbliche, perché sono tendenzialmente meno corruttibili rispetto agli uomini”. Circostanza evidenziata da “indagini empiriche”, secondo Rossi. Il tema del discorso davanti a 20 mila fedeli sarebbe il matrimonio ma Papa Francesco decide di regalare immagini forti: “Le difficoltà di carattere economico”, sono una delle “cause serie”, anche se non le uniche, che impediscono di difendere la dignità del matrimonio. “Quella che - ha riflettuto durante l’udienza generale - nei primi tempi del cristianesimo sconfisse un abuso ritenuto allora del tutto normale: il diritto del marito di ripudiare le mogli anche con i motivi più pretestuosi, e il Vangelo che annuncia il sacramento ha sconfitto questa cultura abituale del ripudio”. Come anche, ovvio, il progresso dei diritti civili. Bergoglio però ne ha ancora. A tutti quelli che pensano che “alla base della rinuncia di tanti giovani a sposarsi ci sia la crescente emancipazione delle 1 1 ,1 % GAP SALARI IN ITALIA 15,4% LA MEDIA DELL’UE IL PARADOSSO NEI DATI OCSE Da noi poche donne occupate, quelle più istruite e più pagate donne” ricorda che anche il solo pensarlo “è un’ingiuria”. E qui si arriva a vette mai raggiunte in un pontificato: “Questo argomento non è valido, è una ingiustizia, una forma di maschilismo che sempre vuole dominare la donna, e facciamo la brutta figura che ha fatto Adamo” che a Dio che gli chiede perché abbia mangiato la mela dice “è lei che me l’ha data, la colpa è sua”. L’Adamo maschilista. In pochi minuti fiocca tutta la gamma delle dichiarazioni. C’è Giulia Buongiorno (“è vero, anche perché spesso fanno di più, meglio e con più sacrifici”), c’è anche il segretario generale della Cisl Annamaria Furlan (“parole che dovrebbero diventare il programma del governo”). Interviene pure l’ex ministro montiano Elsa Fornero: “L’equilibrio tra uomo e donna nel mercato del lavoro e nei diritti è un tema importante. E il Papa, forse in questo distinguendosi in modo netto dai suoi predecessori, ha salary LACRIME DI COCCODRILLO La Ue si pente: errore chiudere Mare Nostrum stato un grave errore mettere fine aMaÈ re Nostrum. Questo è costato delle vite umane”. Il presidente della Commissione detto quello che andava detto”. L’uscita di Bergoglio è il timbro su una fotografia già nota da tempo. Quella che emerge da dati apparentemente contraddittori. Può stupire infatti sapere che secondo l’Ocse – il think thank dei Paesi ricchi – nel 2013 il divario retributivo di genere, il gender 7 JUNCKER CRITICA I GOVERNI: “ORA QUOTE DI RIFUGIATI PER OGNI PAESE” LA DENUNCIA DI BERGOGLIO: “DA ADAMO (MASCHILISTA) IN POI, OGNI COLPA È SEMPRE STATA SCARICATA SU DI LORO” di Carlo Di Foggia GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 gap dell’Italia era ben al di sotto della media euro- Papa Francesco ieri s’è scoperto “femminista” LaPresse pea: l’11,1 per cento contro il 15,4. Fanno molto peggio cautamente, anche da pezzi sparsi Germania (16,5 per cento), Francia della maggioranza, quasi che potesse (14) e perfino la Finlandia (18,7), in attenuare la gravità della notizia. Couna classifica che vede in testa la Co- me se fosse meno grave. Una distanza rea del Sud (36,6 per cento). Dati si- abissale dalle parole usate ieri da Pamili ha anche la Commissione euro- pa Francesco. pea. Ma c’è il trucco. “In Italia più che altrove, le donne con salari più bassi DIFFICILE è anche la situazione delle hanno una maggiore probabilità di donne che occupano posizione di polasciare il mercato del lavoro”, spiega tere nelle imprese. Erano il 7 per cenl’organizzazione parigina. Tradotto: to nel 2012, e sono salite a circa il 22 semplicemente le donne sono poco nel giugno 2014. Questo perché nel presenti sul mercato del lavoro, e 2011 l’Italia ha imposto per legge una quelle che rimangono hanno media- quota minima di donne nei board mente un livello di istruzione più ele- delle aziende quotate in Borsa: al 20 vato e quindi sono impiegate in lavori per cento per il primo rinnovo e al 33 meglio pagati. Questo annulla le dif- per il secondo e terzo. La distanza con ferenze ma maschera una situazione i Paesi con più manager rosa, però - in desolante. Sempre secondo l’Ocse, il testa ci sono Paesi dell’est come Rustasso di occupazione delle donne è al sia (39 per cento) e Polonia (34 per di sotto del 50 per cento, mentre cento), ma anche Germania e Francia quello degli uomini, seppur non sba- - non è ancora stata colmata. Le diflorditivo, viaggia attorno al 65 per ferenze nei salari hanno ovviamente cento. Il gap è quindi superiore a 15 un effetto pesante a lungo termine, punti ed è rimasto tale dagli anni cioè sulle pensioni. Nel 2012, secon2000, quando la notevole rincorsa do la Commissione Ue, la percentuadelle donne italiane sul mercato del le delle donne oltre i 65 anni a rischio povertà sfiorava il 21,7 per cento, lavoro si è praticamente arenata. E va sempre peggio. A marzo l’Istat contro il 16,3 degli uomini. Un dato ha spiegato che il brusco calo dell’oc- che sta migliorando, anche se non cupazione registrato a febbraio (-44 molto velocemente. Chissà se l’uscita mila unità) era praticamente tutto del Papa - che ha anche annunciato dovuto al crollo della componente un’imminente visita alla sinagoga di femminile (42 mila persone). Un ele- Roma (5 anni dopo Benedetto XVI) mento sottolineato dall’Istituto e, in- gli imprimerà un’accelerata. Ue, Jean-Claude Juncker, in audizione all’Europarlamento, si pente e si duole per gli errori del passato. È vero che lui non era in carica quando l’Europa si voltò dall’altra parte rispetto al programma italiano di ricerca e salvataggio dei barconi, ma almeno in una sede ufficiale continentale si è messo nero su bianco l’errore: “L’Italia da sola ha finanziato l’operazione Mare Nostrum e ora saranno il budget europeo e i contributi di tutti a finanziare la missione Triton. Si tratta di un ritorno alla normalità, perché non è stato normale lasciare alla sola responsabilità dell’Italia il finanziamento di Mare Nostrum”. Juncker poi s’è detto “soddisfatto che la proposta avanzata a nome della Commissione di triplicare il budget di Triton, nonostante qualche resistenza, sia stata accolta dai membri del Consiglio europeo”. Cioè i governi nazionali. Ci sarebbe il problema che Triton – nonostante abbia ormai un budget simile a quello di Mare Nostrum (120 milioni l’anno) – ha un campo d’intervento assai più ridotto. Per Juncker, però, non è un problema: “Triton può operare in acque internazionali” e prendere parte a operazioni di ricerca e salvataggio di migranti in difficoltà (insomma, resta che l’operatività della missione di Frontex non raggiunge quella italiana). AL NETTO DEL MEA CULPA sul passato e dei problemi operativi futuri, il grande punto di scontro tra i Paesi europei riguarda oggi l’accoglienza dei profughi e i fondi per la cooperazione nei paesi di provenienza dei migranti: “Dal Consiglio Ue sono arrivate risposte immediate ma insufficienti”, ha detto Juncker. Intanto, dice il capo della commissione, “non basta combattere i sintomi della crisi, bisogna fare di tutto per impedire che degli infelici prendano quei barconi e quindi vanno aumentati gli aiuti allo sviluppo e per salvare vite sul posto”. Poi, bisogna agire sull’immigrazione regolare: “Se si chiudono le porte, è chiaro che la gente entra per la finestra”. Infine il programma dell’esecutivo comunitario prevede “un meccanismo di quote per l’accoglienza dei rifugiati che vada al di là della volontarietà: l’Europa deve fare la sua parte con azioni di solidarietà condivisa”. L’Europarlamento ha chiuso la sessione di ieri proprio votando (449 sì, 130 no e 93 astenuti) una risoluzione che prevede quote nazionali per l’accoglienza dei profughi e più mezzi per Frontex. Molti governi nazionali, però, hanno già bocciato questa possibilità: difficile che cedano ora. Ai generali non toccare l’indennità SCATTI BLOCCATI DA 3 ANNI, MA NON PER GLI ALTI GRADI MILITARI, CHE ORA SI SONO PAGATI PURE GLI ARRETRATI di Paola Zanca a busta paga è arrivata l’altroieri. Gli uffici L del Centro unico stipendiale dell’Esercito hanno messo in pratica senza sgarrare nemmeno di un giorno la direttiva del generale Paolo Gerometta. L’adeguamento retributivo – scriveva perentorio il 5 marzo scorso – deve “effettuarsi possibilmente nella mensilità di marzo 2015” (liquidata il 27 aprile, ndr) e se “differimento” dev’esserci, che sia “contenuto”. PUNTUALISSIMO, invece, per i generali di divisione e di corpo d’armata, per i colonnelli e per i generali di brigata è arrivato un bonus non da poco: tre anni di indennità di posizione e di indennità perequativa arretrate. Perché (anche) per le Forze Armate il blocco stipendiale voluto dal go- verno Monti non vale. Così, appellandosi a una sentenza della Corte costituzionale che si era pronunciata sulle carriere di alcuni diplomatici, alla Direzione generale per il personale militare (il Persomil) hanno pensato bene di non perdere altro tempo. Dal 1° gennaio 2011, per tre anni, le indennità aggiuntive di cui sopra non sono state riconosciute. Ma ora finalmente la Ragioneria generale dello Stato ha rimesso le cose al loro posto: “detti emolumenti”, scrive il generale Gerometta, direttore del Persomil, sono legati “per loro precipua natura a un evento straordinario della dinamica retributiva”. E come tali, vanno innanzitutto “esclusi dal cosiddetto tetto retributivo”, la soglia di 240 mila euro stabilita dal governo Renzi come massimo stipendio per il pubblico impiego. Per le stesse ragioni, vanno tenuti lontano dalla “cristalizzazione del trattamento stipendiale” im- posta da Monti. L’eccezionale gratifica, insomma, non si può imbrigliare nelle rigide griglie dei ragionieri di Stato. BISOGNAVA riparare il guaio. Perciò è stato dato ordine di “procedere al conferimento delle provvidenze in questione in favore degli interessati”. Che non sono solo gli ufficiali privati del bonus, ma anche quelli che il bonus nel 2011 non lo prendevano ma nel frattempo sono stati promossi. In commissione Difesa, il deputato del M5S Gianluca Rizzo proverà a chiederne conto alla ministra Roberta Pinotti: “È d’accordo con questa interpretazione della normativa - domanda nell’interrogazione - che attribuisce considerevoli benefici economici ad alcune centinaia di dirigenti?”. Stiamo parlando di somme variabili: l’indennità perequativa può andare dai 13 mila euro an- Busta paga di un colonnello con le indennità arretrate nui ai 29 mila circa. Nella busta paga di un colonnello che vedete qui sopra, la somma riconosciuta è di 29.990 euro, a cui sono stati sottratti 3.434,94 euro perché, in attesa della sentenza, era stata corrisposta una parte di indennità una tantum. Lo stesso aveva fatto il ministero dell’Interno con i prefetti rimasti “congelati” dal blocco di Monti. E anche dal Viminale, il 6 marzo scorso, è partita la circolare con scritto: ridateci tutto. 8 CRONACA GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 Sla hpolizia alabayeva, rischia È STATA CHIESTA l’archiviazione per tre diplomatici del Kazakhstan indagati per sequestro di persona nell’ambito dell’inchiesta che ha avuto per protagonista Alma Shalabayeva, che il 31 maggio del 2013 fu espulsa dall’Italia insieme con la figlia di 6 anni. La donna è moglie di Ablyazov leader dell’opposizione kazaka, detenuto in il processo di Davide Milosa L a decisione è stata presa due giorni fa ai tavolini di un noto circolo milanese. Scopo: fissare i movimenti dei gruppi antagonisti che domani pomeriggio affiancheranno il grande corteo della May Day Parade, organizzato dalla rete No Expo. Il summit anarchico così ha prodotto una cartina inedita e inquietante. Con due obiettivi ben precisi e che non stanno sul percorso ufficiale della manifestazione: il primo è il Teatro la Scala dove sarà in scena la Turandot (inizio ore 20) con diversi capi di Stato in platea. Come per la prima del 7 dicembre, anche domani la questura ha previsto un’ampia zona rossa che, nei piani degli anarchici, sarà presa d’assalto. Contemporaneamente, mentre gli anarchici si porteranno verso il centro, altri gruppi si sposteranno in corso Magenta 61 dove ha sede la Fondazione Stelline, storica istituzione milanese costituita nel 1986 dalla Regione e dal Comune. QUI NEI GIORNI successivi il Fatto Quotidiano Francia. Mentre per i diplomatici la vicenda sembra andare verso la chiusura, c'è il rischio invece che possano finire sotto processo l’ex dirigente della Polizia Maurizio Improta, il suo vice all’epoca dei fatti e tre ispettori. Hanno ricevuto l’avviso di conclusione dell’inchiesta per il reato di falso ideologico e omissione di atti di ufficio. di Marco Lillo Meno uno al via, la scala per Renzi ancora non c’è A 48 ore esatte dall’apertura al pubblico quello che vedete a fianco era lo stato del Palazzo Italia di Expo 2015. Ieri Il Fatto è tornato nel cantiere vietato ai giornalisti. Oggi pubblichiamo in esclusiva (anche per abbandono della concorrenza un po’ impigrita dai 55 milioni di euro sganciati da Expo 2015) la foto scattata ieri nell’atrio del Palazzo Italia. Dal confronto con il rendering del progetto iniziale del 2014 si vedono due cose: grazie alle varianti apportate da Expo, le finiture di pregio nel rivestimento sono diminuite. Al Fatto risulta che ci sono ben 2 mila metri quadrati in meno di copertura bianca rispetto al progetto iniziale. La bella pelle ideata dal progettista Nemesi è diminuita con le varianti, in tal modo si risparmia ma si denudano un po’ le strutture. Grazie ai ritardi e alle varianti invece il costo del palazzo è salito da 40 a 90 milioni di euro. La seconda notizia è che ieri mattina non c’erano ancora i rivestimenti dell’atrio e dei gradini dello scalone principale, né i corrimano né i pannelli in vetro dell’ascensore. Così migliaia di visitatori, compreso Matteo Renzi, saliranno alle 10 di domani mattina quelle scale, oggi non terminate come si vede nella foto. Delle due l’una: o gli operai monteranno i gradini 24 ore prima che le scarpe di Renzi li calpestino. Oppure Expo medita una sorpresa: ai primi visitatori potrebbe essere consegnato all’ingresso il rivestimento di un gradino per montarlo da soli. Renzi avrà pronto certamente lo spot per i tg. Sembra di vederlo con il casco giallo e la cazzuola in mano che monta il suo gradino sorridendo alla telecamera: “Costruisci la scala di Palazzo Italia e sali con noi. Con Renzi la prima Expo fatta dagli italiani davvero”. COME È CAMBIATO IL PADIGLIONE Sopra, il rendering del progetto iniziale di Palazzo Italia. In basso, lo stato dei lavori ieri. Si notano le varianti alle coperture e la scala non finita Verso Expo 2015, ecco i veri obiettivi degli antagonisti all’inaugurazione la Commissione europea organizzerà una serie di eventi internazionali. Se questi, nella realtà, sono gli obiettivi la grande manifestazione della May Day Parade potrebbe svilupparsi in maniera pressoché pacifica. Tanto più che il percorso pensato dalla rete No Expo (ancora da ufficializzare) prevede la classica partenza alle due del pomeriggio da piazza XXIV maggio e un arrivo quartiere del Giambellino. Ri- Rennes “per raccontare quello soft in via Pagano con un tra- LA SCALA DI MILANO E LA FONDAZIONE “STELLINE”: UN SUMMIT sultato: 26 persone denunciate. che sta succedendo nei quartieri gitto ben distante da obiettivi Tra queste 16 francesi e 4 tede- milanesi”. Sempre sullo stesso sensibili. Da Pagano, dove sarà DEGLI ANARCHICI PREPARA LA MAPPA DELLE PROTESTE. schi. Sequestrate, secondo la profilo Facebook gli anarchici chiusa la stazione della metro, i ALLERTA PER IL CORTEO NEL GIORNO DELL’INAUGURAZIONE polizia, bottiglie incendiare e francesi elencano le ragioni per gruppi più duri ripartiranno materiale per costruire molo- andare a manifestare domani. verso il centro della città. Que“Perché l’Expo è uno strumento sto il piano ricostruito dal Fatto I loro attivisti, ancora ieri, han- Bologna, Napoli e Padova. Altri assieme la paura del blocco nero tov. in più del capitalismo, perché il attraverso diverse fonti. Un pia- no rispedito “al mittente il ten- anche da Taranto, Pisa e Lucca. in arrivo da tutta Europa e non no che punta dritto al cuore di tativo di criminalizzare la rete e i Qualcuno (non molti), riferi- solo. A quanto risulta al Fatto il I FRANCESI denunciati molto tema è nutrire il pianeta, ma i scono le forze di polizia, ha tro- primo maggio in piazza ci sa- probabilmente sono legati al suoi partner sono Coca cola e Milano. Da un lato piazza della soggetti che ne fanno parte”. vato alloggio nel campeggio so- ranno anche gli antagonisti ar- circolo anarchico Maison de La McDonald’s e perché l’opposiScala con la Galleria di corso Vittorio Emanuele e il palazzo LA LENTE, dunque, si sposta sui ciale al parco di Trenno nella gentini. Un primo segnale della Grave di Rennes nato nel 2006. zione a Expo è un’occasione per del Comune. Dall’altro la zona gruppi antagonisti più radicali. zona dello stadio Meazza. La presenza straniera lo si è avuto L’8 aprile scorso (come si legge incontrare altre persone in lotdi corso Magenta e i suoi mo- Secondo diverse fonti, gli anar- maggior parte, invece, si appog- lunedì, quando la Digos ha fatto sul loro profilo Facebook) un ta”. Quindi la chiusa: “Ieri a numenti (la chiesa di Santa Ma- chici italiani da ieri sono in città. gia in appartamenti e capanno- irruzione in alcuni apparta- gruppo di antagonisti del Giam- Francoforte, oggi a Milano, ci ria delle Grazie e il Cenacolo Molti sono arrivati da Torino, ni occupati. E poi c’è l’enigma e menti occupati di via Apuli nel bellino è andato in trasferta a vediamo sulle barricate”. Vinciano sono a pochi metri dalle Stelline), la stazione di piazza Cadorna, il castello Sforzesco e l’Expogate a poco più di cinquecento metri. In altre parole il piano della protesta anarchica punta dritto al PRIME CONDANNE IN ABBREVIATO PER L’OMICIDIO DELL’UOMO RITENUTO IL CASSIERE DELL’IMPRENDITORE MOKBEL cuore di Milano. E lo fa con movolontario e tentativo di sequestro di te d’Assise: ha scelto infatti il rito or- in casa di Fanella. Quella mattina di Valeria Pacelli dalità atipiche rispetto alle mapersona a scopo di estorsione Giu- dinario. Secondo gli investigatori nell’appartamento c’era anche la cunifestazioni violente viste fino ent’anni di reclusione con rito seppe La Rosa e Egidio Giuliani, l’uo- l’obiettivo del sequestro però era met- gina del broker, che ha fornito ai maad ora in Italia e molto simili, abbreviato: è questa la condanna mo con un passato vicino ai Nar e tere le mani su un presunto tesoretto gistrati molti indizi sulla ricostruzione invece, alle contestazioni che hanno devastato diverse città inflitta a due del commando del ten- fondatore di una cooperativa di ex de- provento del maxi riciclaggio da 2 mi- della vicenda. Adesso, con le condaneuropee. Come quella andata in tato sequestro, finito con un omicidio tenuti a Novara. Ed è proprio da qui liardi di euro messo a segno anche da ne in abbreviato – anche se i legali scena a Francoforte il 18 marzo di Silvio Fanella – l’uomo ritenuto il che – secondo gli investigatori – sa- Gennaro Mokbel, l’imprenditore ro- hanno già annunciato ricorso in apscorso durante l’inaugurazione cassiere di Gennaro Mokbel – fred- rebbe partito il piano per sequestrare mano che per questo è stato condan- pello - si chiude una parte dell’indadella nuova sede della Bce. In dato con un colpo di pistola il 3 luglio Fanella: Giuliani e Larosa nella coo- nato a 15 anni di reclusione (nella gine, anche se restano ancora sotto quella giornata si sono vissute del 2014. Condannati per omicidio perativa avrebbero conosciuto Gio- stessa inchiesta era stato condannato inchiesta un gruppo di persone. Tutte scene da guerriglia urvanni Battista Ceniti, il a 9 anni anche Fanella). di area neofascista, arrestate nel dibana. Ed è proprio in terzo del commando cembre scorso e ritenute mandanti e quel frangente che, dell’omicidio, rimasto UNA PARTE di quel tesoretto alla fine fiancheggiatori del commando autore L’INCHIESTA stando alle relazioni ferito e lasciato sangui- era stato anche trovato dagli uomini del blitz. Tra questi, Manlio Denaro, dell’intelligence, è stato nante davanti all’ap- del Ros, quando il giorno dopo l’omi- romano detto “Il Canuto”, coinvolto e Il broker fu ucciso nel fissato la seconda tappa partamento di via della cidio di Fanella, hanno perquisito una assolto nel procedimento sulla maxi della protesta: l’inauguCamilluccia quella casa a Pofi (FR) intestata alla madre truffa Fastweb-Telecom Italia Sparkle, luglio scorso. Lo scopo razione di Expo. Se gli mattina di luglio, dove del broker. Qui sono state trovate 34 ed Emanuele Macchi di Cellere, ex del blitz era trovare obiettivi ci sono, resta in una Roma soleggia- bustine di diamanti, 284 mila dollari terrorista legato ai Nar, già in carcere a ancora da definire chi ta, il quartiere bene in contanti e 118mila euro, 5 orologi Genova. E non è finita, perché gli inil tesoretto, provento terrà in mano la regia della città si riempiva preziosi tra cui un Rolex con diamanti quirenti sono ancora alla ricerca del degli scontri. Una regia di volanti. Adesso Gio- incastonati. A questo avrebbero pun- presunto tesoretto, convinti che queldella truffa Telecom, che, va detto, non rivanni Ceniti è in giu- tato gli uomini del commando quan- lo trovato a Pofi sia solo una parte di che i pm stanno cercando dizio davanti alla Cor- do sono entrati, fingendosi finanzieri, un bottino molto più grande. guarda la rete No Expo. L’ex Nar, Egidio Giuliani Ansa Fanella, 40 anni di carcere al commando V ECONOMIA il Fatto Quotidiano Soccupano cuola: i Cobas l’Invalsi, Renzi abbassa i toni LA PROTESTA nel mondo della scuola cresce e il premier Matteo Renzi decide di dedicare all’argomento una parte della sua Enews. Ieri circa 200 docenti dei Cobas hanno occupato la sede nazionale dell’Invalsi per protestare contro lo slittamento dal 5 al 6 maggio delle prove nazionali. Lo sciopero del 5 maggio continua a raccogliere adesioni anche fuori dal mondo della scuola. Dopo l’adesione della Fiom, in difesa del diritto all’istruzione, ieri anche la Filcams-Cgil, il sindacato del commercio, ha dichiarato che aderirà. GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 Da parte sua, Matteo Renzi scrive che “chi contesta ha tutto il diritto di farlo. Ma il giorno dopo, per favore, entriamo nel merito”. Nella sua Enews ribadisce la volontà di puntare al cuore della riforma, l’autonomia, ma utilizza toni più concilianti. Assicura che ”non faremo un Fincantieri a gonfie vele, ma agli operai meno salario 9 decreto legge” per garantire l’assunzione dei precari e, per quanto riguarda il potere dei presidi, spiega ch la riforma “vuole responsabilizzare il preside, che non sarà certo uno sceriffo, ma non può neanche essere un passacarte di circolari ministeriali”. NON SOLO UE Anarchici attaccano Varoufakis “LA CRISI È FINITA” DICE LA FIOM CHE RECLAMA IL CONTRATTO: L’AD TIRA DRITTO di Salvatore Cannavò a crisi è finita, ma l’azienL da non investe sugli operai. Nonostante il Jobs Act, nonostante l’enfasi che a parole viene posta sul tema del lavoro, la vicenda Fincantieri è una di quelle contraddizioni che chiamano in causa direttamente il governo. Perché, per quanto sia quotata in Borsa, il gruppo navale è di proprietà al 72,5% di Fintecna, quindi dello Stato. E se disdetta, come avvenuto ieri, il contratto integrativo arrivato a scadenza, gli operai non la prendono bene. La vertenza dura da mesi, ieri ci sono state nuove manifestazioni a Napoli e a Genova. Nelle settimane scorse hanno manifestato, spesso massicciamente, Ancona, Monfalcone, Bari e Trieste. L’altroieri, invece, si è tenuta l’assemblea degli azionisti che ha approvato un bilancio in utile di 37,5 milioni, registrando una crescita impetuosa degli ordinativi (8 nuove navi da crociera) e incassando un rialzo borsistico che sembra non fermarsi da ottobre 2014. QUANTO BASTA per far dire alla Fiom-Cgil che “la crisi è finita” visto che “le commesse in tutti i comparti o aree strategiche di prodotto sono garantite fino e oltre il 2020”. Queste cose, il responsabile per la trattativa, Bruno Papi- gnani, le ha dette ieri durante l’audizione alla Camera: “Noi crediamo sia possibile incrementare l’occupazione nei siti italiani – ha spiegato – in una misura che possiamo stimare in 1700 unità distribuendo equamente i carichi di lavoro e investendo sulle infrastrutture”. L’azienda, invece, continua Papignani, “minaccia trasferimenti utilizzati come l’olio di ricino”. Confronto duro, come non si era verificato prima con l’azienda che ha deciso di tenere un atteggiamento intransigente nei confronti dei lavoratori. L’integrativo è scaduto e, per decisione unilaterale, ha perso la sua efficacia, riducendo di circa 70 euro al mese la paga degli operai e abolendo il premio di produzione. A inizio della trattativa, del resto, Fincantieri aveva prodotto un documento in cui chiedeva agli operai di mettere a disposizione mezzora di lavoro gratis e ancora oggi insiste molto sulla crescita della produttività interna per reggere una competizione internazionale che costituisce il vero banco di prova del gruppo dirigente. Non a caso, l’altro punto di attrito con il sindacato sono gli appalti esterni: troppi, poco controllati secondo i lavoratori, necessari anche se in prospettivi riconducibili all’interno del gruppo, per Fincantieri. Bono, da parte sua, ha fatto MR TRILATERAL L’amministratore delegato è uno dei pochi membri italiani della commissione fondata da Rockefeller. E guadagna 1,4 milioni all’anno PROTESTE OPERAIE Ieri cortei dei lavoratori Fincantieri a Napoli e Genova. Sopra, Varoufakis con moglie Ansa approvare all’assemblea la remunerazione degli amministratori che nel 2014 è stata più che soddisfacente. L’amministratore delegato ha incassato 915.714 euro di compensi fissi più 450 mila euro di incentivi per un totale di 1,4 milioni. Rilevante anche la retribuzione corrisposta ai principali dirigenti, 6,7 milioni di euro tra compensi fissi e incentivi. “Non vogliamo essere intrap- gni giorno ha la sua pena per il povero Yanis O Varoufakis. Non solo il premier Alexis Tsipras lo ha commissariato nelle trattative con i creditori della Grecia (“non è vero - dice lui - sono sempre io a condurle”), ma martedì sera s’è pure trovato al centro delle attenzioni non gentilissime di un gruppo di giovani anarchici a volto coperto, che hanno tentato di rappresentargli la loro insoddisfazione a bottigliate: il ministro delle Finanze era a cena con la moglie e un amico nel quartiere ateniese di Exachia quando è cominciato il fattaccio. È stata la signora Varoufakis Danae Stratou, artista e figlia di un magnate dell’industria tessile - a impedire guai peggiori del semplice spavento mettendosi tra i giovani e il marito. Le giornate di passione per il ministro e i suoi colleghi di governo sono però solo all’inizio. Entro oggi la ex Troika (Ue, Bce, Fmi) attende la lista dettagliata delle “riforme” che Atene intende approvare per garantire ai creditori i loro soldi. I rumors - registrati ieri dai media greci - sostenevano che non ci sarebbero state novità clamorose. Diverso il clima a Bruxelles: Tsipras e soci avrebbero ceduto sulla parificazione immediata dell’aliquota Iva al 18% (un aumento di imposte, insomma), mentre per i tagli al pubblico impiego e alle pensioni se ne riparlerà a giugno. polati in una vertenza da anni 70”, ha ribadito l’ad di Fincantieri ponendo l’accento sui 4,4 miliardi di ricavi, i 21.700 dipendenti spalmati su quattro continenti che non possono farsi dettare l’agenda da “questioni locali” come le proteste dei vari siti. RICONDUCIBILE agli anni 70 è certamente quella Trilateral Commission fondata da Rockefeller nel 1973 di cui Giu- seppe Bono è uno dei pochi membri italiani, insieme a figure come Mario Monti, Enrico Letta e John Elkann. Una sorta di “consiglio dei saggi” del capitalismo occidentale che riunisce Nord-America, Europa e Giappone. Nelle riunioni privilegiati del gruppo si discutono i destini dell’economia e delle società mondiali. Da quella postazione, i siti navali italiani in effetti possono sembrare solo locali. LA VISIONE DI SERGIO Marchionne: “Io, drogato di capitalismo” proprio da certi particolari che si giudica È uno come Marchionne. Magari non l’altruismo, né il coraggio, sicuramente la fantasia. Nes- sun altro manager di un grande gruppo automobilistico avrebbe accompagnato la pubblicazione dei risultati trimestrali con un documento-manifesto dal titolo Confessioni di un drogato di Capitale, “Confessions of a Capital Junkie” in inglese. Il Capitale ha la “c” maiuscola, come quello di Marx e l’occhio cade soprattutto sul secondo termine, “junkie”, drogato, fanatico, fissato. Il documento è una sfida lanciata agli altri gruppi automobilistici mondiali e contiene un messaggio diretto e semplice: divisi “consumiamo” troppo capitale fisso e bruciamo troppo valore per gli azionisti. Unendoci, anzi unendo le nostre piattaforme di base (non per forza il brand o le reti di vendita) avremo “benefici impossibili da ignorare”. Per la Fca, il manager stima in 4,5 miliardi di euro l’anno i risparmi possibili dall’integrazione dello sviluppo produttivo e dal costo di Ricerca e Sviluppo. Un boccone allettante. L’ad della Fca smentisce, quindi, di appassionarsi solo di ingegneria finanziaria e ribadisce l’at- taccamento alla struttura, alla produzione e al ruolo che il capitale fisso gioca nell’economia capitalistica. Il piccolo documento, 25 pagine di grafici e slides facilmente consultabili (lo si trova sul sito di Fca group), sembra redatto da chi si è appena iniettato pagine e pagine di Ricardo e Marx, inalando la teoria della sovrapproduzione che falcidia il plusvalore netto e lordo. Il papier che il “nostro” consegna ai lettori sembra pensato per spacciare una visione futurista agli altri manager dell’automotive mondiale. Marchionne come un buon dealer, smercia una passione per la vecchia missione del perfetto manager, rilanciando con uno strumento accattivante, una sua vecchia battaglia. PRIMA DI PRENDERE GRATIS la Chrysler da Ba- rack Obama, infatti, aveva già parlato della necessità di asciugare il numero dei produttori mondiali e quantificava nel 20 per cento la sovraccapacità produttiva europea. “Tutti dovrebbero tagliare”, diceva nel 2012. Oggi la prende da un altro lato, propone di lavorare sull’abbattimento del costo in conto ca- pitale per investimenti, ricerca e capitale fisso pa- costanze “che potrebbero anche non verificarsi in ri a 122 miliardi nel 2014 per le prime 11 marche futuro”. mondiali. E la visione è così ampia, l’effetto della “droga” così potente da prefigurare, senza scher- QUALSIASI PREVISIONE , quindi, va compresa zare, alleanze anche con colossi come Apple e all’interno del “presente documento” e non imGoogle se le altre case automobilistiche non lo pegna in alcun modo l’azienda. Insomma, io parseguiranno. Del resto, il suo report si conclude lo di futuro e confesso le mie visioni. Però, non esaltando il ruolo individuale: “È questione di sti- credeteci davvero. le di leadership e di capacità”. sa.can. Il Belli avrebbe aggiunto “io so io e voi...”, ma Marchionne parla inglese. Da segnalare, però, la premessa del documento, scritta, evidentemente, fuori dall’effetto “droga da capitale”: “Questo documento contiene termini come ‘forse’, ‘potrebbe’, ‘stima’, ‘crede’, ‘prevede’ e similari”. Si riferiscono a eventi e cir- L’ad di Fca, Sergio Marchionne Ansa 10 MINISTRO (E NON SOLO) Dall’adolescenza durante la Seconda guerra mondiale a Tangentopoli e alla politica “sangue e merda”. Storia di un socialista sui generis L’intervista Rino Formica di Silvia Truzzi N e Il tempo ritrovato, Proust sostiene che “Le vecchie canaglie della politica, una volta ripescate, vengono sempre rielette”. E siamo qui, in un grande studio a due passi da Piazza Venezia, per parlare (anche) di un Paese che ha sempre fatto poco i conti col passato. Rino Formica, classe 1927, è lontano dalla politica dal 1994. Ma non per questo ha smesso di osservarla: e come si capirà dalla conversazione che segue, lo sguardo è tutt’altro che miope. Forse perché appartiene “a quella generazione in via di esaurimento che saltò la giovinezza. Passò dall’adolescenza alla maturità. Improvvisamente”. non l’io’. Queste parole aprirono tra noi giovani una lunga riflessione al limite del ‘religioso’ sulla funzione della politica nella nostra vita. Una scelta di vita coerente poteva essere vissuta solo con il massimo della spersonalizzazione: allora ci convincemmo che la personalizzazione nella politica è una forma degenerativa che distrugge gli ideali. A questa convinzione, che nacque sul filo del ragionamento di Morandi, la mia generazione è rimasta fedele. Profetico! E questo come influenzò i suoi studi? Morandi terminò così il ragionamento: ‘Per una buona politica non è sufficiente la spersonalizzazione, bisogna studiare in funzione della missione politica, se ci credete. Se non ci credete lasciate la politica’. Fu così che cambiai facoltà e mi iscrissi a Federazione giovanile. Ogni lunedì ci convocava. Un giorno discutemmo a lungo dei rapporti tra socialisti e comunisti e io gli chiesi: ‘Perché non ci parli della tua esperienza nel Comintern con Togliatti e Stalin?’. Lui rispose non rispondendo. Con una breve frase enigmatica soddisfò la mia curiosità. Disse: ‘Di queste cose non parlo, perché vengo da un Paese in cui il lutto si porta a lungo. Però attenti, voi siete giovani: il momento tragico sarà quando gli ex comunisti saranno più dei comunisti’. Torniamo a lei. Nel '72, dopo il congresso di Genova, assumo la responsabilità dell'organizzazione del Partito e nel '76 quella della segreteria amministrativa, che allora in tutti i partiti politici era considerato il Cosa intende per modello di partito tradizionale? L'organizzazione di partito era nel dopoguerra una formazione che viveva nella separatezza: centralismo democratico, disciplina di partito anche nelle istituzioni, giustizia domestica (il lecito e l'illecito era sanzionato in casa) selezione del personale politico per fedeltà al partito, riservatezza assoluta nella raccolta delle risorse. Questo era il modello di tutti i partiti grandi e piccoli di sinistra, destra e centro. Dove ha sbagliato la sua generazione? Siamo stati cattivi maestri dei nostri figli. Abbiamo voluto metterli al riparo delle nostre amarezze, dalle dure esperienze di una maturità senza giovinezza, li volevamo giovani e liberi per un periodo lungo e senza fine. Era un modo per poter vivere la nostra Lei è stato ragazzo, a Bari, durante il Fascismo. Anticipai la licenza liceale: bisognava accelerare. S’intravedeva già nel ‘42 la fine del Fascismo, la preoccupazione era capire che cosa sarebbe successo dopo. Ebbi la fortuna, nel liceo scientifico che frequentavo, di avere professori molto bravi, tra cui l’antifascista Ernesto de Martino. E un professore di religione che fu poi l'ispiratore spirituale di Aldo Moro, monsignor Mincuzzi. Ricordo che nel 1942 portai a scuola un opuscolo delle edizioni Avanti (il programma dei comunisti di Bakunin). Lo avevo trovato nella libreria di mio padre. Il professore di tedesco, un fascista critico, trovò il libro, e con fare paterno mi disse: ‘Guarda che te lo devo sequestrare’. Ma dopo avermi dato uno scappellotto mi disse: ‘Ti segnalerò al professore di religione’. Che c’entrava il professore di religione? Mincuzzi aveva il compito di tutelare i dissidenti. E fu così che dopo l'ora di religione mi chiamò e mi disse: ‘Ma che fai il comunista?’ e io: ‘Veramente mio padre è socialista e repubblicano’. Mincuzzi mi invitò in Arcivescovado dove incontrai un giovane professore, Aldo Moro: mi fece una lezioncina spiegandomi che era giunto sì il momento per una scelta politica, ma non doveva essere di partito. Dovevamo orientarci per una svolta istituzionale. Ma non avrei seguito questo consiglio: successivamente aderii al Partito socialista. Non fu facile, perché quando il 18 novembre 1943 mi presentai alla sezione del Partito in via Andrea da Bari, non trovai disponibilità all'accoglimento. Ebbi un primo scontro con il Collegio dei probiviri. Renzi non ha capito: si brucerà da solo, ancora un po’ e sarà tolto di mezzo Perché, non la volevano? I compagni della Commissione mi sottoposero a un lungo interrogatorio: ‘Perché ti iscrivi al Partito socialista? Perché ti iscrivi a un partito di sinistra? Perché non continui a studiare?’. Perfino: ‘Ma la ragazza non ce l'hai?’. Io risposi irritato: ‘Ma che c'entra la ragazza, è incompatibile con il socialismo?’. Dissi che mio padre era ferroviere, le obiezioni caddero: due dei tre probiviri erano ferrovieri! Poi finisce la guerra. Nel ‘43-‘44 assumo la segreteria provinciale della Federazione giovanile socialista e alla liberazione di Roma, nel '44 sono chiamato a Roma da Matteo Matteotti. Nel luglio del ‘45 con il Congresso costitutivo della Federazione giovanile socialista, entro nel ristrettissimo esecutivo nazionale. Avevo 18 anni. E gli studi? Mi iscrivo a Ingegneria. Ma nell'ottobre 1945, Rodolfo Morandi, vicesegretario nazionale del partito, convocò la segreteria della Federazione Giovanile che aveva una linea ostile, da sinistra, a quella del partito e di Nenni. Prendendola alla larga ci disse: ‘Voi personalizzate troppo; non riuscirete mai a fare vera e giusta politica. La politica è una missione dove si deve usare il noi e Economia e Commercio: si trattava di materie più aderenti alla missione politica. Prima di diventare senatore, nel ‘68, cosa fa? Ho una tormentata esperienza dei movimenti politici socialisti. Partecipo a tutte le scissioni: Palazzo Barberini nel '47, la lacerazione del Psli nel '48, la costituzione del Psu nel ‘49, la formazione di Cucchi e Magnani nel ‘50, il ritorno nei socialdemocratici nel '52, la scissione del Mup nel ‘59, e dal ‘60 partecipo a tutte le battaglie autonomiste riformiste del Psi sino al 1994. Ignazio Silone l’ha conosciuto? Nel Psu, Silone era il segretario del partito e io della Una volta chiesi a Silone di parlarci della sua esperienza nel Comintern con Togliatti e Stalin. Ci disse: ‘Non voglio parlarne: vengo da un paese in cui il lutto si porta a lungo. Però attenti, voi siete giovani: il momento tragico sarà quando gli ex comunisti saranno più dei comunisti’ posto più delicato della gestione interna. Nell'assumere l'incarico chiesi al compagno Craxi e ai compagni che avevano guidato la svolta del Midas, di impegnarsi perché il posto di Segretario amministrativo fosse sempre ricoperto da chi non godeva della immunità parlamentare. Allora non ero parlamentare e pensavo che per rimettere ordine nelle finanze dei partiti era necessario giocare senza rete. Craxi cosa rispose? mancata giovinezza. Questo politicamente che effetti ha avuto? Nel 1926, quando tutti s’interrogavano sul perché era crollata improvvisamente una grande forza, come quella del Partito socialista, la Luxemburg disse in un’intervista a Giovanni Ansaldo: “Non cercate ragioni speciali. In quel momento fummo guidati da chi non aveva sofferto. Non si poteva vivere ancora, dopo vent’anni, sulle sofferenze del Movimento socialista e democratico alla repressione crispina, quando andavano in galera lavoratori socialisti, repubblicani e cattolici”. Fu d'accordo. Nel '75, un anno prima del Midas, avevamo convocato la conferenza nazionale dell'organizzazione del partito a Firenze. Si aprì una Anche Craxi fa parte di quella generazione che riflessione tra tutti i partiti perché si notava una lenta ma continua degenerazione nel rapporto parCraxi non scappò : andò via titi-istituzioni: una tre giorni in cui si parlò il linguaggio della vecon un passaporto. Sulla scelta dell’esilio rità. Leggendo la rassegna stampa di quell'evento è impressionante vedere come tutti i problemi di ebbi con lui una discussione. Gli dissi: siamo ieri sono oggi declinati in peggio. Furono i socialisti a lanciare l'alin presenza di una ribellione. La prima cosa che larme sull'esaurimento del modello di partito tradizionale chiubisogna fare è stare sul posto e affrontare tutto. so, verticistico e disciplinato senza canali di comunicazione con una società che avanzava al di Ma in lui giocò un elemento squisitamente fuori delle caserme dei partiti. Da quella discussione non nacquero personale, la paura di essere ucciso soluzioni coerenti. il Fatto Quotidiano SALVATORE FORMICA detto Rino è nato a Bari il 1° marzo 1927. Dirigente dei Giovani socialisti, è stato consigliere comunale e vicesindaco della sua città tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Laureato in Economia e commercio, è entrato in Senato nel 1968. Successivamente deputato in molte legisla- ture, sempre con il Psi, ha ricoperto diversi incarichi nelle Commissioni parlamentari. Capogruppo del Psi in Senato nel 1982 e alla Camera nell’83. È stato ministro delle Finanze nei governi Spadolini e poi, dall’89 al '92, con Andreotti presidente del Consiglio; è stato anche ministro del Lavoro sotto non ha sofferto? Un modo molto elegante per dire che si rubava. No. Craxi non è stato soltanto lottato dai suoi nemici, ma è stato abbandonato dai craxiani degli anni 80, quelli che non avevano sofferto. Il verbo rubare è improprio. Nel vocabolario è spiegato così: ‘Sottrarre oggetti di proprietà altrui con astuzia, sotterfugio e inganno’. Tra il 1945 e il 1992 i partiti raccolsero senza astuzia, senza inganno e senza sotterfugio, fondi per una istituzione costituzionalmente garantita (art.49 Costituzione) e per una alta finalità (costruire l'ordine democratico repubblicano). Capitolo Tangentopoli. Mani Pulite nasce con gli eventi internazionali dell'89. È la fine del socialismo senza democrazia (il comunismo). In occidente, patria del compromesso socialdemocratico (capitalismo democratico+distribuzione delle risorse pubbliche ai lavoratori e alle imprese), si ritiene sia giunto il momento di sostituire la giustizia sociale con la giustizia di mercato. Viene imboccata una strada ad alto rischio: a) esportare nei paesi dell'est il capitalismo; b) trascurare la riconversione democratica del socia- Tutti colpevoli, nessun colpevole. Non avete mai ammesso di essere tutti colpevoli. La raccolta dei fondi avvenne anche con l'utilizzo proporzionale delle forze elettorali e del potere di governo nazionale e locale. Ciò andò oltre i limiti consentiti dal rispetto della legge e avvenne con la compiacenza del mondo imprenditoriale, e dell'informazione e della magistratura. Intorno a ANIMA CRITICA questo nucleo di verità deve eserRino Formica è entrato giovacitarsi una seria e profonda ricernissimo nel movimento sociaca critica su la vita di tutti i partiti lista italiano. È stato uno depolitici nella fase di costruzione gli esponenti più importanti dello Stato repubblicano. Vi era del partito, di cui è stato anche inoltre il finanziamento esterno: tesoriere. Per il Psi è stato degli americani pensavano alla Dc, putato, senatore e ministro l'Urss pensava al Pci e solo in parte al Psi sino al 1959. L'Eni di Mattei rafforza questo schema che vede la liceità del finanziamento dei partiti con risorse pubbliche. E oggi? Dopo Mani Pulite, i partiti storici sono scomparsi: l'attività politica è passata nelle mani dei partiti personali e dei singoli operatori elettorali che hanno drenato risorse in ogni campo con ‘astuzia, inganno e sotterfugio’. Questa è la differenza tra ricerca illegale di risorse praticate dai partiti tra il ‘45 e il ‘92 e il rubare delle caste politiche di oggi. Se si chiarisce questa differenza, sarà facile affrontare il tema della separazione in corso tra politica e democrazia e tra utopia dei fini e cinismo dei mezzi. Torniamo a noi. C’è la crisi economica, e anche questo manda in cortocircuito il sistema. Negli anni 90 esce un libro di Silvestro Montanaro e Sandro Ruotolo, La vera storia d’Italia, sulla storia italiana vista con la lente del rapporto mafia-politica. Si parte sempre da un dato vero, reale. Ma questa non è la storia d’Italia: è un pezzo di storia d'Italia. Inciso: Andreotti era mafioso o no? lismo reale; c) liquidare lo stato del benessere in nome della crisi dello stato fiscale; d) trasformare la democrazia partecipata in decisionismo autoritario. Va bene: cambia il mondo. Ma non c'è solo questo. La sinistra, il movimento democratico italiano, non è pronto. Deve affrontare un doppio fallimento, il fallimento del comunismo come socialismo senza democrazia, e la fine del compromesso socialdemocratico. La crisi dello stato fiscale e l'alto costo del compromesso sociale, porta il capitalismo a ritenere di non avere più bisogno del compromesso socialdemocratico. Il capitalismo ritiene che divorziando dalla democrazia possa liberarsi dal vincolo politico. È un’illusione, perché dovrebbe togliere alla politica il governo e dovrebbe avere la forza di chiudere il Parlamento. Scusi, e la corruzione? La corruzione dei singoli per fini propri è materia diversa dalla ricerca di risorse da parte dei partiti. Nel compromesso sociale tra governi, imprese e mondo del lavoro, vi era un'area grigia che riconduceva all'utilizzo delle risorse. Andreotti pensava che il male minore si sopporta per evitare il male maggiore. Condivise una visione che fu di larga parte della Democrazia cristiana, degli apparati dello Stato e del mondo economico e finanziario. La loro ricetta era contenere la mafia. Questa era una linea sbagliata, se non altro perché non guardava alle cause generatrici del fenomeno mafioso: assenza dello Stato storico italiano nel regolare le profonde e radicate ingiustizie sociali nel sud d'Italia. La teoria del contenimento agevolava la mafia perché ignorava l'obiettivo del suo sradicamento. Andreotti, come la maggioranza della Dc sino all'inizio degli anni '80 ha tollerato la mafia. Torniamo a Mani Pulite. Quand’è che vi accorgete che di lì a poco il sistema, compreso il vostro partito, sarebbe stato completamente spazzato via? i governi Goria e De Mita. Ministro dei Trasporti con Cossiga e Forlani e ministro del Commercio estero nel secondo governo Craxi. Celebre per le fulminanti freddure, sua è la famosa definizione della politica “sangue e merda”. Altrettanto nota la sua battuta sull'ultima Assemblea nazionale del Uno dei protagonisti della Prima Repubblica si racconta. E del presente dice: “C’è qualcosa che va oltre l’ostilità a queste riforme. Può diventare un moto indomabile di liberazione che travolgerà il Pd. Uomini di Chiesa, borghesia impoverita, lavoratori stremati e giovani senza futuro sono in allerta” Nel ‘75 abbiamo detto: qui siamo a un punto di non ritorno. Punto. Che cosa è avvenuto nel ‘92-‘94? Tra il ‘92 e il ‘94 i mutamenti internazionali cambiano gli equilibri politici anche nel nostro Paese. Il 20 gennaio ‘92 Cossiga scrive al Popolo una lettera in cui annuncia le sue dimissioni dalla Dc e indica una nuova prospettiva politica. Craxi mi chiede di scrivere il fondo dell'Avanti! sulla lettera di Cossiga. Uscì con questo titolo: ‘Preannuncio di Nuova Democrazia’. È brutto citarsi, ma in quella nota c’è la risposta alla sua domanda. Parlando di cose più spicce, nel ‘93 Craxi in Parlamento fa il famoso discorso del cestino... ...e il sistema non risponde. Alla domanda di Craxi: ‘Abbiamo fatto così, siamo pronti a smettere?’, nessuno fiata. Ma non poteva farlo un partito solo, lo dovevano fare tutti. Oggi possiamo dire che chi buttava monetine lanciava qualcosa che aveva rubato. Chi alzava il cappio in Parlamento e indossava i guanti bianchi, oggi deve rispondere alla giustizia per le malefatte compiute in questo ultimo ventennio. Si vestivano da epuratori mentre erano già epurabili. Non si tratta di voler tutti colpevoli. Quando una trasgressione individuale e sporadica diventa generalizzata e radicata, è una grande questione nazionale di costume civile, di cultura o subcultura politica e sociale. GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 11 Psi del 1984, vista come una “corte di nani e ballerine”. Dal 1994 non è più in Parlamento. Nel 2010 è stato assolto con formula piena nel processo per il porto di Manfredonia; coinvolto in un processo sulla malasanità barese, è stato assolto alla fine degli anni Novanta. Vive a Roma e ha due figlie. Craxi non scappò: andò via con un passaporto. Sulla scelta dell'esilio ebbi con Craxi una discussione. Gli dissi: siamo in presenza di una ribellione. La prima cosa che bisogna fare è stare sul posto e affrontare tutto. Ma in lui giocò un elemento squisitamente personale, la paura di essere ucciso. Ma da chi? Da chiunque. Ovunque. Non è questione di senso di colpa o cose del genere. Era una suggestione che lo ha reso debole. Il suo errore è stato avere, nella gestione dell'esercito che lo seguiva, una visione ottocentesca e non moderna. La cassa di Garibaldi, per capirci. La cassa era comune: si provvedeva al matrimonio di un capitano, alle armi, al compleanno di un tenente. La tecnica comunista era la compartimentazione, molto più moderna. Allora è stato facilissimo. Se lei prende dal volume su Mani Pulite scritto dai colleghi del suo giornale Travaglio, Gomez e Barbacetto troverà l'elenco degli imputati eccellenti. E noterà che l'unico che riceve una condanna per ogni singolo fatto, non in continuità, è Craxi. Quell'elenco grida vendetta al cielo. Che pensa della fiction di Sky sul 1992? Mi pare sia stata un’operazione commerciale, sull'onda di una nuova spinta giustizialista. Soprattutto, mi pare, nasca per fare una cortesia a Berlusconi. Veramente nel mondo Mediaset l'hanno presa tutt'altro che bene. Una cortesia malriuscita. La possibilità di accordo Murdoch-Berlusconi è ancora viva. Lo scopo era far vedere che Berlusconi da Craxi si era staccato per tempo. Com'è che Mani Pulite ha prodotto Berlusconi? Berlusconi fu svelto. Mise al servizio di Mani Pulite le tv e diede a intendere che non era figlio del sistema. Ma in seguito non gli andò bene perché l'intreccio con il sistema era molto profondo. Era agganciato prevalentemente al carro vostro. Non è giusto. Gli unici che furono ostili alle televisioni di Berlusconi, furono i demitiani, in ragione della guerra interna con i forlaniani. Che fece il Pci per fermare il potere di Berlusconi? Ma al governo c'eravate voi. Si dice che uno dei problemi del paese è stata la mancanza di epurazioni: dopo il Fascismo e dopo Mani Pulite. Il decreto fu predisposto da Amato e approvato da tutto il governo pentapartito. Epurazione è una parola da usare con cautela. Spesso è stata usata per vendetta e non per giustizia. Nel dopoguerra abbiamo visto epurabili che hanno epurato gli epuratori. Anche la rivoluzione dopo gli attimi di gloria e di esaltazione della purezza deve ricorrere al personale antirivoluzionario. La rivoluzione è una rottura dell'ordine politico, civile e sociale che deve aprire il passo al ‘riformismo di pace’. La rivoluzione continua, è la follia dei fanatici. L'amnistia è l'unica forma di pacificazione realizzata con la forza della legge. De Gasperi, Togliatti e Nenni furono lungimiranti. Chi parlò di rivoluzione tradita (e anch'io con i giovani socialisti ero tra questi) mise veleno nelle pieghe della Storia. Nella stagione del terrorismo riapparve la funesta bandiera della rivoluzione tradita. Purtroppo non è lo più per come lo intendevo. Sangue è passione, merda è contaminazione. Una contaminazione in cui il fine era molto più importante dello strumento. Lo strumento era funzionale. Più grande era il fine, più tollerabile era la contaminazione. Siamo senza il fine. La contaminazione ha prodotto più sterco. La passione manca del tutto. Inoltre oggi vi è un contesto fortemente mutato. L'avanzare di un capitalismo senza democrazia sta producendo una nuova forma di democrazia: la democrazia affidataria: l'affidato è il popolo desovranizzato, un soggetto inabile, l'affidante è chi ha il potere del vincolo estero, oggi è la Bce. Ma anche Draghi si illude di essere il vero sovrano. Ed è l'affidante provvisorio che ha scelto l'affidatario, anche egli provvisorio, che per ora si chiama Renzi. L'Italia non è un Paese di rivoluzioni. Dopo l'ultimo ventennio, la lezione che dovremmo imparare è che saremo, per forza, costretti a introdurre cambiamenti copernicani senza fare rivoluzioni. Nel ‘92 si capì bene che la miseria della lotta politica aveva vinto. D'Alema, Occhetto e Veltroni, che avevano la guida della sinistra sopravvissuta, avevano un unico problema: eliminare i socialisti e Craxi. Allora andava bene tutto, anche in sede locale accordarsi con i dorotei o con Tatarella, come D'Alema fece in Puglia. Una mossa che non stava nella grandiosità del duello a sinistra tra vecchi socialisti e comunisti. Craxi si è autoeliminato scappando. La politica è ancora sangue e merda? L'errore è stato l'euro? L'errore è stato entrare a quelle condizioni senza un rafforzamento immediato delle istituzioni politiche. L'unificazione solo della moneta è precaria e insufficiente. Lei è sempre ricordato per le sue fulminanti definizioni come l'assemblea del Psi ridotta a ”nani e ballerine”. È un apprezzamento di cui mi pento se devo paragonare gli eccellenti professori universitari e gli straordinari personaggi del teatro e del cinema di ieri con i grigi amministratori delle unità sanitarie delle municipalizzate e le veline-cubiste di oggi. Matteo Renzi? Servirà ancora qualche mese, poi la Chiesa lo farà fuori. La sua politica che persegue la giustizia del mercato contraddice il pensiero della dottrina sociale cattolica. E non è nemmeno in condizioni di servire al capitalismo a sganciarsi dalla democrazia: non ha abbastanza forza È il motorino d’avviamento di una centrale atomica che lo brucerà a breve. Non ha un pensiero politico, è una carica di energia. Servirà ancora qualche mese, poi la Chiesa lo farà fuori. La sua politica, che persegue la giustizia del mercato, contraddice il pensiero della dottrina sociale cattolica. E non è nemmeno in condizioni di servire al capitalismo a sganciarsi dalla democrazia: non ha abbastanza forza. Renzi non si è accorto che a ogni forzatura autoritaria, corrisponde un’espansione del fronte largo di difesa della democrazia parlamentare, qualcosa che va oltre l'ostilità alla legge elettorale e alla riforma del Senato. Può diventare un moto indomabile di liberazione che travolgerà il suo partito e i suoi alleati. Uomini di Chiesa, borghesia impoverita, lavoratori stremati e giovani senza futuro sono in allerta. @silviatruzzi1 12 MONDO GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 Pianeta terra il Fatto Quotidiano TURCHIA GEZI PARK, ASSOLTI 26 ATTIVISTI Assolti a Istanbul 26 esponenti del movimento di Gezi Park del 2013, che rischiavano pesanti condanne per appartenenza a una “organizzazione criminale”. I 26 facevano parte della Piattaforma Taksim, il movimento di protesta contro il potere islamico dell’allora premier Tayyip Erdogan. Ansa FRANCIA CASCHI BLU ACCUSATI DI ABUSI SU MINORI La procura sta conducendo una indagine preliminare su presunti abusi sessuali commessi da soldati durante una missione Onu nella Repubblica Centrafricana. Secondo il Guardian, un funzionario Onu a Ginevra è stato sospeso dopo aver consegnato un rapporto. LaPresse GLI AIUTI AI NEPALESI TRA ANNUNCI E REALTÀ L’ONU HA CHIESTO OLTRE 400 MILIONI DI DOLLARI, PER ORA STANZIATI SOLO 70 MILIONI. EUROPA POCO GENEROSA, DALL’ITALIA APPENA 400 MILA di Alessio Schiesari L a nuvola di polvere e calcinacci si è posata, i soccorsi cominciano a raggiungere le aree più remote (come la valle di Gorkha, epicentro del sisma) e ormai ogni persona estratta viva dalle macerie merita un titolo, un servizio tv, la dicitura miracolo. A cinque giorni dalla prima scossa, il Nepal continua ad aggiornare la conta dei morti – ieri hanno superato quota 5.400 -, quella dei danni e prova a governare e un’emergenza umanitaria sempre più dram- matica. La tensione tra la popolazione sta crescendo: ieri c’è chi ha manifestato fuori dal Parlamento per la mancanza di pullman (e il rincaro dei biglietti delle compagnie di trasporto che stanno provando a lucrare sull’emergenza) e la lenta distribuzione degli aiuti. Tende, impianti per la depurazione dell’acqua, medicine e cibo: è questo l’ordine di priorità dell’Onu. In cima alla lista ci sono gli alloggi temporanei perché 400 mila edifici sono crollati o risultano inagibili e a Kathmandu l’80% degli abitanti vive all’aperto. Proprio l’assen- Charlie Hebdo, il vignettista è stufo LUZ: “BASTA CON I DISEGNI SU MAOMETTO” Luz, il vignettista che dopo gli attentati disegnò la copertina con la caricatura di Maometto, è stufo: “Non mi interessa più”, ha detto in un’intervista Ansa za di ricoveri e la paura delle epidemie hanno provocato un vero esodo: oltre 100mila persone si sono messe in marcia per lasciare la capitale. Il governo, dopo avere aperto 16 campi per sfollati, chiede ora alla comunità internazionale mezzo milioni di tende (finora ne sono arrivate meno di 5mila) e stima in 10 miliardi di dollari il costo della ricostruzione. Per questo proprio ieri l’Onu ha lanciato un appello per raccogliere 415 milioni di dollari. In realtà la corsa agli aiuti è già partita – sono stati stanziati o promessi 70 milioni di dollari - ma in tanti sono rimasti ai blocchi. Stando ai dati delle Nazioni Unite, i più generosi sono Stati Uniti (10 milioni), Giappone (8,6) e Regno Unito (7,4), paese legato al Nepal dagli antichi vincoli coloniali. Più indietro la Cina (3,4) che però è per prima ha inviato una squadra di medici specializzati e unità cinofile. Nel gioco delle grandi potenze, l’Unione europea finora fa la parte del nano: gli stanziamenti PRIME PROTESTE Per le strade contro i ritardi dei soccorsi, mentre i morti accertati sono 5000. Mancano ancora all’appello tre connazionali DOLORE E RABBIA Team britannico di soccorso tra le rovine di Kathmandu. Sotto, protesta per la mancanza di aiuti Ansa/Reuters 10DAGmln LI STATI UNITI della Commissione ammontano a 3,25 milioni, la stessa cifra donata dalla Conferenza Episcopale Italiana che, all’emergenza, ha destinato una parte importante dell’8 per mille degli italiani, anche se il numero di cristiani nel paese è inferiore al 2 per cento. L’ITALIA SI DIVIDE tra l’impe- gno di Renzi (“Ad Expo personalmente visiterò come primo padiglione quello del Nepal per dare un segnale di solidarietà. Sono curioso di leggere le vostre impressioni a [email protected]”) e i 325 mila dollari stanziati dalla Farnesina, a cui ne seguiranno altri 100 mila in generi di soccorso, tra cui un ospedale da campo partito ieri). Pochini. 3, 2 DALLA CEI FRANCIA E RUSSIA A quota zero. Le ong italiane raccolgono 200 mila euro La nota positiva è che i fondi italiani sono già disponibili, mentre altre potenze come Francia, Russia e Israele ancora non hanno preso impegni finanziari. Gli italiani, che in questo genere di emergenze spesso fanno preferiscono mettersi la mano sul cuore che sul portafoglio, stanno reagendo più prontamente che in altri casi, come il tifone nelle Filippine o l’emergenza a Gaza. I primi, parzialissimi dati sono quelli sugli sms solidali di Agire, il consorzio di ong che sta prestando i primi soccorsi in Nepal. Rispetto al terremoto di Haiti - una tragedia ancor più sconvolgente ma forse meno mediatica per la minor presenza di connazionali - le donazioni sono state 36mila in più: 186 mila contro le 150 mila del 2010. I fondi raccolti però sono molti di meno perché le compagnie telefoniche, quelle che decidono quando “vale” ogni sms, hanno scelto di dimezzare l’importo di ogni donazione, da 2 a 1 euro. E così all’appello mancano 114 mila euro. Buone notizie intanto dalla missione dell’Unità di crisi: i connazionali ancora dispersi sono scesi a 3. Per oggi sono attesi i primi rimpatri. “Indonesia, carceri e corruzione: l’inferno” JURI ANGIONE HA TRASCORSO SETTE ANNI DA DETENUTO: “CON LA DROGA FANNO AFFARI IN MOLTI, LA PENA CAPITALE NON FA GIUSTIZIA” di Rosaria Talarico e conosceva 6. Degli 8 fucilati in Indonesia N Juri Angione, 35 anni da Orbetello, sei li conosceva bene. Di alcuni di loro era proprio amico, come può esserlo chi per sette anni è stato detenuto nello stesso carcere. Di prigioni indonesiane Juri ne ha cambiate tre da quando fu arrestato nel 2004 all’aeroporto di Bali. Durante un controllo doganale, cuciti all’interno della borsa contenente le sue tavole da surf, trovarono circa cinque chili di cocaina purissima. Secondo le severe leggi indonesiane in materia di traffico di stupefacenti, rischiava anche lui la pena di morte. Dallo scorso giugno è libero: ora racconta al Fatto gli anni trascorsi in tre diverse carceri indonesiane; il primo è Kerobokan sull’isola di Bali a pochi chilometri di distanza dalle spiaggia di Kuta beach, gettonatissima dai surfisti di tutto il mondo. In quella stessa prigione si trovavano i due australiani Andrew Chan e Myuran, Rodrigo. Angione ha una sua interpretazione delle pene capitali per le accuse di traffico di stupefacenti in Indonesia: “Lo fanno per soldi, non perché odiano la droga. Si rivendono i carichi che sequestrano, so anche dove: e se c’è la pena di morte il prezzo sale perché il rischio è più alto”. JURI PARLA dalla Spagna, adesso lavora in un bar mediario può decidere della tua vita o della morte, o degli anni che sconterai in galera. Lui stesso è riuscito a scontarne dieci, invece dell’ergastolo, grazie a questo sistema, ovvero la ricerca di un tramite con il tribunale: “Tutti hanno provato la strada che ho preso io, purtroppo alcuni non ce l’hanno fatta. C’è chi si è intascato i soldi andandosene in India con la moglie invece di darli al giudice: un detenuto invece di due anni è stato condannato a a Barcellona dove si è trasferito dopo il rilascio. “La polizia speciale antidroga, la Bnn, va direttamente dal presidente, non gli serve mandato di perquisizione, vanno dritti dove voglioSENZA no”. Ripensando ai suoi amici Juri dice che prova rabbia “più che altro mi dispiaAPPELLO La bara ce tanto per loro: erano tutti giovani, sono del detenuto proprio incazzato con gli indonesiani. brasiliano fucilato Non è come Singapore dove seguono la assieme ad altri strada della pena di morte ma sono puliti, sette carcerati. non hanno alcuna corruzione. In IndoL’esecuzione ha nesia invece ti usano come un burattino aperto una crisi per i loro giochi politici”. Juri racconta andiplomatica anche che della corruzione dilagante in carcere e nei tribunali, in cui l’onestà di un inter- con l’Australia Ansa dodici, un altro si è fatto sette anni perché la notte prima della consegna del denaro il suo amico è morto per un’overdose di cocaina e viagra e i soldi sono rimasti in banca senza che si potessero prendere. Adesso è libero come me”. Il carcere superaffollato di Giacarta è ormai un ricordo, così come quello della jungla in un’isola adibita a galera dove non arrivava niente: unica consolazione, si riusciva a fare il bagno in mare. Fino al massimo della beffa: Juri ha pagato viaggio e albergo alla polizia dell’immigrazione che lo ha scortato dalla prigione all’aeroporto: “Se alla mia liberazione fosse venuto qualcuno dell’ambasciata italiana non si sarebbero permessi di chiederlo”. Le reazioni internazionali alla fucilazione avvenuta due giorni fa dei detenuti condannati per traffico di droga sono state molto forti: a parte la condanna di Amnesty International, il primo ministro australiano Tony Abbott - due suoi connazionali sono stati giustiziati - ha annunciato che l’ambasciatore in Indonesia sarà ritirato “per consultazioni”. il Fatto Quotidiano MONDO GAZA HAMAS, IL COMANDANTE DEIF È VIVO Mohammed Deif, comandante dell’ala militare di Hamas – che Israele provò a uccidere l'ultima volta durante il conflitto della scorsa estate – è vivo e continua a guidare la fazione islamica nella Striscia. Attivo da oltre 20 anni, Deif è rimasto menomato nei diversi tentativi di assassinarlo. Ansa USA IL GIAPPONESE ABE CHIEDE PERDONO Intervento storico di Shinzo Abe davanti al Congresso americano. È il primo premier giapponese a esser ricevuto con tutti gli onori a Capitol Hill, e lui non delude, offrendo le condoglianze del suo popolo per le vittime americane della Seconda guerra mondiale, esprimendo “profondo rimorso”. Reuters Riad e il trono di spade: Salman rimuove l’erede L’ARABIA SAUDITA SI AVVICINA DI PIÙ ALL’ALLEATO USA, IL FRATELLASTRO DEL RE SOSTITUITO CON NAYEF, MINISTRO DELL’INTERNO CHE HA SEGUITO CORSI ALLA CIA di Giampiero Gramaglia V atti a fidare di quelli che arrivano al potere con l’etichetta di acque chete: appena tre mesi dopo essere salito sul trono saudita, re Salman bin Abdelaziz ha indicato un nuovo principe ereditario, suo nipote, il ministro dell’Interno, e ha scelto uno dei suoi figli come secondo nella linea di successione al trono. Salman salta così una generazione in questa dinastia dove gli ottuagenari come lui sono giovanotti, rinforza il proprio potere e conferma quella capacità di scelte rapide e nette, che aveva già mostrato in diplomazia prima non esitando a scatenare una vera e propria guerra intestina sunnita, poi creando una coalizione anti-sciita e anti-integralista. Nonostante avesse promesso di rimanere nel solco tracciato dal suo predecessore, il defunto re Abdullah, il nuovo monarca ha apportato numerosi cambiamenti al governo e ha dato un volto più bellicista al Paese. Di cui ora cerca di consolidare il rapporto con gli Stati Uniti, secondo un’interpretazione non da tutti condivisa. Re Salman ha agito a colpi di decreti reali, 34 in una volta sola, ridisegnando la linea di successione al trono, rimpastando il governo e defenestrando il fratellastro, principe Muqrin bin Abdelaziz, finora erede. Secondo i media sauditi, che citano un comunicato di Corte, l'avvicendamento è stato chiesto da Muqrin: non ci sono elementi per confermarlo o per smentirlo. Ma di certo Salman ha così rafforzato il suo potere e il controllo dinastico. Il nuovo principe BALTIMORA La piccola Obama sulle barricate dell’anti-razzismo LA SINDACA NERA DEMOCRATICA SOTTO IL FUOCO INCROCIATO DI MANIFESTANTI E GIORNALISTI New York on solo come madre e nonna, ma come una cittadina, come N essere umano, il mio cuore è spezzato per questi giovani e per le loro famiglie. Dobbiamo prendere atto di alcune amare MOHAMMED manterrà la cari- ca di ministro dell’Interno, ma sarà pure premier: nell’agosto del 2009, sfuggì a un attentato e da allora è nemico acerrimo del terrorismo integralista. Il figlio del re, principe Mohammed bin Salman, trent'anni appena, ma già ministro della Difesa, diviene secondo nella linea di successione: attualmente, il suo è il vol- to della campagna militare saudita nello Yemen. Finora, il regno è stato guidato da vari figli di Abdulaziz, il fondatore della dinastia degli al-Saud, Mohammed sarebbe il primo nipote del monarca fondatore a salire al trono, segnando così un salto di generazione e regolando per decenni, anche per mezzo secolo, la questione dinastica. Il colpo di scena avviene mentre l’Arabia saudita, primo esportatore 13 di Angela Vitaliano ereditario è suo nipote, Mohammed bin Nayef, 55, che era secondo a Muqrin. Mohammed, zar dell'anti-terrorismo saudita, è molto conosciuto negli ambienti internazionali: è ritenuto vicino agli Usa – ha seguito corsi di intelligence alla Cia – e inflessibile nella lotta all'estremismo islamico. PUGNO DI FERRO Il monarca dopo aver scatenato l’offensiva anti-sciita rafforza il suo potere e il controllo dinastico defenestrando il legittimo successore GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 SAGGEZZA ARABA di petrolio al mondo, è attiva su vari fronti internazionali, economici, politici, militari: Riad ha deliberatamente innescato il calo del prezzo del petrolio sui mercati mondiali, non riducendo la produzione a fronte di una domanda debole; e guida la campagna nello Yemen contro le milizie Houthi, sciite e filo-iraniane, per ridare il potere al legittimo governo a guida sunnita; proprio il fatto di avere una madre yemenita avrebbe indebolito la posizione del principe Muqrin, 69 anni, a lungo a capo dell’intelligence. Il rimpasto, il secondo del suo regno, segna una cesura con il lascito di re Abdullah: Salman ha pure sostituito il ministro degli Esteri, principe Saud al-Faisal, che ricopriva l'incarico dall’ottobre 1975, cioè da quasi 40 anni, con l'ambasciatore a Washington, Adel al-Juber, il primo non “di famiglia” ad as- A sinistra, re Salman bin Abdelaziz assieme al successore designato Mohammed bin Nayef, il “falco” della casa reale Ansa sumere il ruolo, un uomo che conosce bene la diplomazia statunitense. Alla Salute va il capo d’Aramco Khalid al-Falih, mentre il ministro del petrolio Ali al-Naimi resta al suo posto. Si ignora se vi sia un nesso tra le decisioni del re e l’annuncio coincidente delle autorità saudite d’avere sventato un attentato kamikaze con un’autobomba contro l'ambasciata Usa a Riad da parte di una cellula dell’Isis. La polizia ha arrestato 93 persone, fra cui 77 sauditi, accusate di far parte del gruppo jihadista. Il piano anti-Usa sarebbe stato in “fase di preparazione avanzata” a opera di due siriani e di un saudita e sarebbe stato scoperto a marzo. verità riguardo alla razza e alla giustizia in America”. Ha parlato con una passione quasi insolita per lei, Hillary Clinton, intervenuta mercoledì sera alla Columbia University e chiamata a commentare i fatti di Baltimora. Un discorso forte e determinato che conferma, se ve ne fosse bisogno, che la campagna elettorale è già iniziata e sarà molto lunga, soprattutto con l'arrivo sulla scena del “socialista” Bernie Sanders, e che portare gli afro americani alle urne non sarà impresa facile. E, comunque, le vicende di Baltimora, che hanno avuto una eco anche a Ferguson, sono davvero l'ultima défaillance di un sistema ancora intriso di razzismo. Persino Barack Obama, ieri, tornando sull'argomento, aveva, forse per la prima volta durante la sua presidenza, usato toni severi e senza nessuna forma di condiscendenza. “Se pensiamo di mandare i poliziotti a contenere i problemi che derivano dalla povertà in queste comunità, senza dire come nazione cosa possiamo fare per cambiare le cose, allora non risolveremo la questione”. RESTANO PRESSANTI le pole- miche che hanno, da lunedì, investito il sindaco democratico, Stephanie Rawlings-Blake accusata di non aver saputo gestire adeguatamente la situazione, sottovalutando la serietà della rivolta, e anche sotto tiro per una dichiarazione rilasciata sabato scorso a proposito dell'intervento delle forze dell'ordine. “È un equilibrio delicatissimo - aveva detto il sindaco - perché mentre proviamo ad assicurare che tutti siano in salvo dalle auto e dal resto, cerchiamo anche di dare spazio per distruggere le cose a chi ne ha bisogno”. Ovviamente, quel “dare spazio a chi ha voglia di distruggere” aveva fatto immediatamente scattare critiche feroci nei suoi confronti anche se poi aveva provato a difendersi chiarendo che il suo pensiero era stato usato fuori contesto e, dunque, in qualche modo “manipolato”. Secondo il sindaco il suo messaggio era relativo al fatto che, provando ad assicurare a tutti la libertà di espressione era inevitabile che qualcuno “sfuggisse” alle norme di civiltà per mettere in atto azioni violente. “È molto triste - ha detto la 45enne democratica in conferenza stampa, rivolgendosi ai giornalisti che vostri colleghi abbiano deciso di manipolare le mie parole e provare a usarle come un monito per incitare alla violenza”. 14 GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 SECONDO TEMPO SP TTTAC PO ORT. DE SE PE TACO OL LI.SP RT. IIDE EE Calma, la situazione non è così grammatica UN LIBRO DEL LINGUISTA DE BENEDETTI SFATA IL MITO DELL’ITALIANO VIOLENTATO U di Silvia Truzzi na vicenda “all’armante”. Così qualche anno fa scriveva (davvero) in un articolo il collaboratore (dottorando in Storia moderna, sic) di un giornale. Alle rimostranze della giornalista che passava il pezzo, rispose: “Ma perché allora non si scrive ‘all’ora’?”. Più che allarmante, tragico. Invece un delizioso pamphlet di Andrea De Benedetti – giornalista, linguista, professore e scrittore torinese – sfata il mito della nostra bellissima lingua svilita, aggredita e deturpata da strafalcioni di varia natura perfino da giornali e tv. La situazione è grammatica, non è grave e nemmeno acuta. La nostra reputazione linguistica è meno compromessa di quanto non si pensi. ASPETTATEVI una noiosa sequenza di regole ed eccezioni (a questa parola è dedicato un esilarante capitolo, Lascia o raddoppia). Ci sono anche aneddoti da foglio a protocollo, ottusi lapis rossi e blu (ma rossoblù, con l’accento): un mondo piccolo di insegnanti barricati nella rassicurante trincea della grammatica normativa, capaci di togliere un punto a un compito in classe per un “lui usato con funzione di soggetto”. C’è il sadismo del- la ricerca dell’errore e il compiacimento del trovarlo: asino! Ma – spiega l’autore – peggio di una lingua sciatta e scorretta c’è solo la lingua inodore e geneticamente modificata proposta da certi insegnanti schizzinosi, ossessionati dalla grammatica come lo sono certe mamme dalla pulizia, che quando entri in casa con le scarpe danno una passata con lo straccio anche se non hai lasciato la minima impronta sul pavi- al mio funerale. E perché se sapessi che sulla mia lapide c'è scritto un perchè passerei l'eternità a cercare di correggerlo”. Ne La situazione è grammatica vi può mento. Le pattine non sono un antidoto, perché la lingua non si preserva come un reperto archeologico: non per niente distinguiamo tra quelle vive e quelle morte. E comunque, nel capitolo sugli accenti, l’autore approfitta dell'occasione per chiedere a tutti i suoi cari, quando morirà, di controllare bene lapide e necrologi: “Perché ci terrei a non fare brutte figure capitare d’incontrare eroi dell’infanzia e, insieme a loro, equivoci lessicali mai del tutto abbandonati. LA SITUAZIONE È GRAMMATICA Andrea De Benedetti Einaudi; pagg. 136, 12 stato a Topolinia che l’autore, per la prima volta, ha capito uno dei motivi per cui scriviamo male alcune parole: “Perché troppe volte non le leggiamo, ma ci limitiamo a guardarle”. Errare è umano, perseverare diabolico? Purtrop- NON “QUAND’ERO piccolo, ero convinto che il commissario Basettoni, il poliziotto amico di Topolino, si chiamasse con due esse. Non avevo capito che il nome gli derivava dall’avere due grosse basette, che peraltro all’epoca nem- meno sapevo cosa fossero. Fatto sta che per anni, tra me e me, l’ho chiamato Bassettoni fino a quando una volta un amico dei miei genitori mi lesse una storia di Topolino pronunciandomi per la prima volta il suo vero nome. “Non si chiama Basettoni, si chiama Bassettoni”, osservai indignato. “No, si chiama Basettoni – replicò – perché ha le basette”. Ed è t sono confinanti e che può capitare, nella fretta, di digitarli all’unisono. Se invece scrivi eccezzione invece di eccezione stai contravvenendo alla regola in maniera prevedibile e codificata: stai commettendo un errore”. O più poeticamente, con Cesare Pavese, “fra gli errori ci sono quelli che puzzano di fogna e quelli che odorano di bucato”. Comunque sbagliare è facilissimo: non poche regole ortografiche sono macchinose e BUONE NOTIZIE controintuitive. Ma soprattutto il percorL’errore rappresenta so tra il pensiero, la lingua e il foglio di un anticorpo carta è tutt’altro che alle incoerenze un rettilineo, è una strada in salita piena della lingua, una di tornanti. In curva ribellione all’arbitrarietà bisogna accelerare o no? Certamente non di certe regole accellerare: il verbo deriva dal latino celere, che si scrive con po sapere non sempre salva: una sola l. Ma a un certo chi scrive continua a pensare punto abbiamo cominciato - nel segreto del fumetto - a pronunciare la l come se Bassettoni. fosse lunga. A furia di alBisogna anche dire che i lin- lungarla è capitato che guisti distinguono tra erro- qualcuno abbia cominciato re e sbaglio: “Se ad esempio a scrivere accellerare. E scrivi or togr tafia anziché or- l’epidemia si è così tanto tografia si tratterà di una estesa che facendo una risvista, di un lapsus calami, cerca su Internet si trovano una disattenzione occasio- quasi 400mila occorrenze nale imputabile al fatto che di accelleratore a fronte del il tasto della r e quello della milione risicato di accele- Il Match del Secolo se lo prende Deejay SABATO NOTTE L’ATTESO INCONTRO MAYWEATHER-PACQUIAO A LAS VEGAS: ESCLUSIVA ITALIANA PER IL CANALE TV DI DISCOVERY di Luca Pisapia le prime ore dell’alba di domenica in Italia. La sfida capace di generare oltre 400 milioni di dollari, attesa era messianica. Una gigantografia l’incontro che avrebbe dovuto tenersi già sei anni sulla parete luminosa della MGM Arena, vi- fa, quando entrambi erano al massimo della loro sibile a chilometri di distanza. L’epifania martedì forma e avrebbe avuto anche un valore tecnico. sera, le prime ore dell’alba di mercoledì in Italia. Oggi no. Certo s’incontrano i due pugili più faFloyd Mayweather Jr. è apparso a Las Vegas. Lo mosi sulla scena, certo hanno due stili di comsguardo truce sotto il cappellino, lo sportivo più battimento opposti e quindi complementari, cerfamoso e pagato al mondo, seto c’è in palio la cintura riunicondo la rivista Forbes nel 2014 si ficata. Ma questo del secolo è lo è portato a casa oltre 100 milioni show, non la battaglia. Tutto è DA NOI IN CHIARO di dollari, ha detto poche parole: calcolato alla perfezione per es“So cosa fare”. Poco più in là, in sere tale, dall’incontro ‘casuale’ Negli Usa si aspettano quel lembo di terra strappato al avvenuto a inizio anno a bordodeserto e riempito di casinò e campo di una partita dei Miami oltre tre milioni mitologie mafiose, lo sfidante Heat, alle mille storie e polemidi spettatori: pagheranno che che generano hype e attesa. Manny Pacquiao incontrava i suoi tifosi in un altro albergo. Quella falsità che Roland Bar99,99 dollari ciascuno Anche questo fa parte dello thes mezzo secolo fa attribuiva show, della costruzione dei peral wrestling, opposto alla genuiper vedere la sfida sonaggi. Tutto è pronto per la Finità della boxe, oggi è tutta nel in pay-per-view ght of The Century di sabato sera, pugilato. Ci sarebbero un paio L’ di cose serie, qualcuno ha provato a sottolineare che nei sette arresti subiti da Mayweather cinque avevano a che fare con violenza sulle donne, che il pugile americano nel 2010 fu condannato a 90 giorni per aver pestato la compagna davanti ai loro due bambini piccoli. Ma queste cose disturbano, the show must go on. E allora tutti a tuffarsi sulla storia raccontata da Freddie Roach, allenatore di Pacquiao, che il filippino sarebbe scappato di casa a 12 anni perché suo padre gli avrebbe mangiato il cane, per farlo crescere da “uomo vero” (sic). UNA STORIA già smentita nel 2009 dallo stesso pugile, ma fa niente. Tutto fa brodo. L’attesa cresce e i biglietti, dai mille ai 10 mila dollari lontano dal ring (oltre 50 mila il valore di quelli esclusivi e non in vendita a bordo ring), sono stati polverizzati online in meno di un minuto. E due minuti dopo erano su eBay a prezzo decuplicato. Ma il botteghino è una minima parte dell’incasso. Il grosso arriva dai diritti tv. Negli Stati Uniti si aspettano GUANTONI A destra, Floyd Mayweather Jr. (Usa), a sinistra Manny Pacquiao (Filippine) Ansa oltre 3 milioni di spettatori, che pagheranno 99.99 dollari l’uno per vederla in pay-per-view. In Scandinavia costa 59 dollari, in Australia 47. In Inghilterra 19 sterline. In Germania e Spagna una decina di euro. In Italia alla fine l’ha spuntata Deejay Tv (canale 9 del digitale terrestre), da poco entrata nel gruppo Discovery, che la trasmette in chiaro alle 21 di sabato sera ora di Las Vegas, le prime ore dell’alba di domenica in Italia. Non si prevedono grandi levatacce, qui da noi l’attesa è un po’ meno messianica. Lontano dal deserto del Nevada, il pugilato ha ancora un significato diverso. il Fatto Quotidiano GENNY A’CAROGNA, 2 ANNI E 2 MESI AL CAPO ULTRAS DEL NAPOLI Gennaro De Tommaso è stato condannato per aver capeggiato le violenze e scavalcato la recinzione per discutere con i giocatori e le forze dell’ordine circa l’inizio della partita EMMA RECLUTATA DAI FASCISTI LA CANTANTE: “SONO SCHIFATA” Il Movimento Sociale Fiamma Tricolore ha pubblicato una foto della cantante nell’atto di eseguire il saluto fascista. Lei si è dissociata “da tanto orrore” GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 15 BIEBER IN GUAI INTERNAZIONALI LA POLIZIA LO INTERROGA IN HOTEL Visita della polizia in hotel a Roma per Justin Bieber, impegnato in un film. Nei suoi confronti un mandato d’arresto in Argentina per un’aggressione a un fotografo Primo maggio “Boosta” dei Subsonica ratore. Ma in queste pagine di errori - che ci parlano perché li facciamo tutti, tutti i giorni - ne incontriamo moltissimi: dall’eccessiva generosità con cui raddoppiamo le consonanti, all’entusiasmo con cui abusiamo della d eufonica. La d eufonica ci euforizza, praticamente è un antidepressivo: scriviamo “ed ancora”, al posto di “e ancora”. La d serve solo per evitare lo scontro con la vocale iniziale della parola seguente, “ed ecco”. AL NETTO di tutto questo la buona notizia è: “L’errore rappresenta soprattutto un anticorpo naturale alle incoerenze della lingua, una sacrosanta ribellione all’arbitrarietà di certe regole, e da questo punto di vista, lungi dall’essere una malat- IN AGGUATO Sbagliare è facilissimo, per tutti: dalla generosità con cui raddoppiamo le consonanti, all’entusiasmo con cui abusiamo della “D”eufonica tia da curare e di cui vergognarsi, può essere segno di un’intelligenza perfettamente in salute”. Ignorantia legis non excusat, però “commettere errori non è una colpa”. Lo diventa “se non fai nulla per evitarli, se l'errore non è un atto in qualche modo creativo ma è il frutto guasto di pigrizia e conformismo”. @silviatruzzi1 “Noi a Taranto contro la politica delle tre carte” di Stefano Caselli S i avvicina il Primo maggio, si avvicina il giorno di festa dei due concerti. Sul palco di Taranto, tra i top, ci saranno i Subsonica. Parlando con Davide Dileo alias “Boosta”, la prima domanda è d’obbligo. Davide, perché i Subsonica a Taranto e non a Roma? Perché si sta spostando tutto. Il vero Primo maggio, probabilmente, sta diventando quello. È più concreto, più aderente alla realtà, più vicino ai principi di una festa che è ancora viva, anzi, più viva che mai, una manifestazione dove alzare la voce e dire delle cose è più facile. Il Primo maggio non deve essere un concerto d’élite e quello di San Giovanni, nel corso degli anni, lo è diventato. Era “il concerto” solo perché si faceva a Roma. Ma l’Italia si è fratturata, così essere a Taranto venerdì significa calarsi di più nel tempo attuale. Responsabilità del sindacato? Credo di sì. Senza usare termini eccessivi e senza fare polemica, c’è un forte invecchiamento nel concetto di sindacato. Va molto di moda parlare di “2.0” a proposito di qualsiasi cosa. Ecco, temo che qui siamo al livello 0.1, ancora un modello MsDos. Mi rendo conto che sia difficile adattarsi a una crisi che ha atomizzato il mondo del lavoro, ma il mondo sindacale ha scelto, per ora, di rimanere ancorato a una parte di mondo del lavoro che non è più il solo mondo del lavoro. È una scelta legittima, forse non c’è nemmeno alternativa, ma è un dato di fatto che la rappresentanza sia un po’ in crisi. A Taranto si parlerà molto anche di ambiente, di Ilva, petrolchimici in Sicilia, trivellazioni in Basilicata... Vi diranno che siete quelli del “no” a tutto... Io spero esista anche un GLI ALTRI SUONI Il vero concerto è qui. È più concreto, più aderente alla realtà, più vicino ai principi di una festa che è ancora viva. San Giovanni è diventata una piazza d’élite ‘No-Mink’, nel senso di no alle minchiate. Se le cose andassero bene, sarei il primo a dire sì. Ma così non è. Troppo spesso ci troviamo nella condizione di cercare la giustizia e di trovare la legge. E le due cose non vanno d’accordo. Ecco perché è importante essere a Taranto: per chi viene da fuori come noi, per manifestare solidarietà e interesse concreto per un problema ambientale, quello dell’Ilva, che la politica sta scegliendo di affrontare mettendo in secondo piano il benessere delle persone. Ma in questo momento Taranto è come se fosse la casa di tutti: esserci significa parlare di equità e di giustizia. È questo il tema del nostro Primo maggio. È difficile sentirsi “contro” un governo – almeno in teoria – di centrosinistra, guardandolo da sinistra? Davide “Boosta” Di Leo è nato a Torino il 27 settembre 1974 LaPresse Fondamentalmente, come molti temo, ho un rapporto con la politica molto disilluso. Osservo e mi sento come di fronte al tavolo del gioco delle tre carte: sembra impossibile riuscire a separare le cose buone dall’opportunismo. Capisco che le dinamiche della politica abbiano le loro regole, ma il segnale continuo è quello di una clamorosa e diffusa ignoranza civica e di una colossale mancanza di rispetto verso la realtà. Ed è anche un problema di informazione. TUTTA L’ITALIA Oggi la città dell’Ilva è un po’ la casa di tutti. Ecco perché è importante esserci: perché significa parlare di equità e di giustizia I media sono sommari. Cerco di capire cosa diavolo sia questo Italicum e faccio fatica. Il paradosso evidente è che siamo in un’epoca in cui dovremmo essere più informati e invece facciamo fatica a individuare le notizie certe. Io non ho capito quali cavolo di fantomatiche riforme siano state fatte, tranne poi scoprirlo dal commercialista. E poi vale tutto, tutti parlano, tutti commentano, tutti twittano... Poi accendi la tv, vedi le immagini del Parlamento e sulla sedia non stai tanto comodo. Tutti spariamo cazzate, io per primo, ma il senso di tristezza per il livello oggettivamente basso del- In che senso? la politica e della classe dirigente è avvilente. Non c’è più nessuno che ti illumini a parole… Essere rock star e voler essere “impegnati” è ancora un bel privilegio? Il mio mestiere è fare pop, non gridare slogan. Ma anche il pop si può fare con onestà intellettuale. Ed è quello che cerco di fare. È una questione di responsabilità, ed è proprio il senso di responsabilità che oggi manca. Bisogna averlo ben presente quando si sta su un palco davanti a migliaia di persone. La gente ti guarda, ti ascolta e magari capita pure che prenda sul serio quello che dici. Poi osservo il pubblico ai nostri concerti. Davanti vedo i più giovani, dietro, vicino al mixer, quelli che magari erano con noi già vent’anni fa. Ai lati, sugli spalti, quelli che hanno figli. Ecco, mi sembra che nessuno si sia perso per strada. Forse questo significa essere stati onesti. 16 SECONDO TEMPO GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 il Fatto Quotidiano STEREOTIPI Danza femminista in salsa di streghe IL NUOVO FILM DI ALEX DE LA IGLESIA RIPORTA IN AUGE LO SCONTRO TRA I SESSI (MA CON IRONIA) di Federico Pontiggia S pagna, oggi. C’è crisi, e non c’è Compro Oro che tenga. A Madrid, nella centralissima Puerta del Sol, è all’opera una banda di disadattati, mascherati per l’occasione. Il capo è Jose (Hugo Silva): fresco divorziato, vorrebbe la custodia congiunta del piccolo Sergio, che si porta appresso durante la rapina. Con lui, Tony (Mario Casas), già pr alla discoteca Sperma, ora disoccupato a tempo pieno e vessato dalla compagna avvocatessa in carriera: un altro uomo distrutto dalle donne. IL COLPO riesce a metà, e i no- stri antieroi devono darsi alla fuga: fanno poker con Manuel (Jaime Ordonez), il malcapitato taxista che sequestrano, e cercano di raggiungere la Francia, destinazione EuroDisney per compiacere Sergio. Non sarà facile: il bottino di fedi nuziali mena sfiga, due poliziotti sono alle calcagna, l’ex moglie di Jose sulle loro tracce, e nel bagagliaio dell’auto qualcuno si dimena… Ma il peggio è da venire: la meta assegnata dal caso o, se volete, dalla maledizione è Zugarramurdi, un borgo incastonato nella Navarra pirenaica, poco distante dal confine francese. Non è località qualsiasi: nel 1610 l’In- DALLA RAPINA ALLA BRACE Quattro malviventi si rifugiano nel paese famoso per le sue “presenze” e si ritrovano sottomessi al potere femminile. L’unica speranza è diventare oggetto d’amore quisizione vi mandò al rogo undici anime e le ceneri sono ancora calde, tanto da passare alla storia quale paese delle streghe. Le stesse che incontrano Jose e compagni: fattucchiere sanguinarie, antropofaghe e, soprattutto, femministe. Dalla padella alla brace, dunque, e la guerra dei sessi è senza quartiere: mutilazioni e sacrifici rituali, gigantesse tettute à la Venere di Willendorf e conati da Esorcista, con la variabile amorosa che sballa appartenenze, steccati e destini. Può esserci davvero del tenero tra la strega supersexy (Carolina Bang) e il brav’uomo Jose? La LE STREGHE SON TORNATE © Spagna, 2013 regia: Álex De la Iglesia; con: Carmen Maura, Hugo Silva, Mario Casas, Carolina Bang, Terele Pavez risposta la serve Alex de la Iglesia, l’ondivago regista basco che qui ritorna ai suoi massimi, raggiunti 15 anni orsono con La comunidad: Le streghe son tornate (Las brujas de Zugarra- murdi, vincitore di 8 premi Go- ya, gli Oscar spagnoli) è folle e lucido, rabelaisiano e fantastorico, sociologico e stregato, iperbolico e b-movie, tarantolato e tarantiniano insieme. Nel panorama normodotato del cinema contemporaneo, non è qualcosa, è tutto: de la Iglesia ritrova il furore fantastico degli esordi Azione mutante e Il giorno della bestia, perfeziona il proverbiale humour nero e, soprattutto, riesce laddove falliva la Balada triste de trompeta (2010), ovvero nell’apologo storico-politico. Se il circo triste del franchismo finiva lì malamente strombaz- zato, qui la critica di costume rinviene a Zugarramurdi che cos’è oggi l’uomo e che cos’è la donna, quali ruoli, status, condizioni, stereotipi e contro-stereotipi incarnano nella società spagnola e occidentale. SÌ, LE STREGHE son tornate, e l’unica speranza per il nostro sesso debole – già sesso forte – è che qualcuna si innamori di noi. Perché le streghe sono dappertutto e hanno potere, potere reale: nei titoli di testa il girl power ha i volti iconici di Margaret Thatcher e Angela Merkel, sangue dello stesso sangue, sortilegio dello stesso sortilegio della famiglia stregata interpretata da Terele Pavez, Carmen Maura e Carolina Bang. Donne che comandano a bacchetta, che irretiscono e piegano al proprio volere maschie nazioni: la forza di de la Iglesia, anche co-sceneggiatore, è non solo di prestarsi a RECENSIONI questo samba femminista, ma immedesimarsi ideologicamente in quel che racconta, una sorta di rape and revenge movie da secoli di sessismo, sciovinismo e machismo. Lo fa talmente bene da trascolorare i Sin City di Rodriguez e i Grindhouse tarantiniani, centrando un valore aggiunto: Witching & Bitching, recita il titolo internazionale. Lo dite voi alle Femen che non hanno inventato nulla? Da vedere. BOX-OFFICE I PIÙ VISTI 1. AVENGERS 7.125.979 euro tot 8.193.289 euro in 5 gg 2. ADALINE 878.966 euro tot id in 4 gg 3. MIA MADRE 726.602 euro tot 2.129.933 euro in 2 sett 4. FAST & FURIOUS 616.141 euro tot 17.916.326 euro in 4 sett VITTORIA USA Scoppiano le cine-casse tra Avengers 2 e Fast & Furious 7: il primo esordisce a 8 milioni, il secondo sfiora i 18 milioni in un mese. Il resto, si fa per dire, son briciole, a parte due eccellenze: il Nanni “nazionale” che supera i 2 milioni in due settimane posizionandosi al terzo posto, e l’esordio Se Dio vuole (con Gassmann & Giallini) sorprendentemente arrivato a 3 milioni in tre settimane, situandosi al quinto posto nella classifica Cinetel. AM Pas Al Marigold Hotel torna la stagione estiva, e pure le vecchie glorie © Ritorno a Marigold Hotel regia: John Madden; con: Judi Dench, Maggie Smith, Richard Gere “MA QUANTO tempo pensate di avere ancora davanti a voi?”. Il problema proprio non se lo pongono gli ospiti del Marigold Hotel, ormai solida certezza del tu- rismo esotico over 70. Già, perché franchise che vince non si cambia, e l’obitorio può aspettare. Anzi, volendo ancora potenziare gli ingredienti, la produzione non ha lesinato nell’aggiungervi il prototipo della star che invecchiando migliora, ovvero l’inimitabile Richard Gere. È lui l’ospite inatteso della blasonata strut- tura sita a Jaipur, governata dal chiacchierone Sonny (Dev Patel) e dalla fulgida Muriel (Maggie Smith), mentre fervono i preparativi per le nozze del ragazzo con Sunaina. Nel frattempo Evelyn (Judi Dench) viene assunta per un lavoro: della serie, migriamo tutti in India. Piacevole nel suo essere prevedibile, Ritorno a Ma- rigold Hotel non si distanzia dal filone turist-romantic movie (Love Boat fece scuola... ma qui siamo a terra e in menopausa) e certamente poggia sulle antiche ma evergreen spalle di due attrici inglesi superlative: Maggie Smith e Judi Dench, che insieme non hanno rivali. Anna Maria Pasetti CIAK SI GIRA Il “monaco” Servillo nel nuovo film di Andò DOPO il grande successo di “Viva la libertà” Toni Servillo torna ad essere diretto da Roberto Andò, questa volta nel ruolo di un monaco, in “Le confessioni”, una coproduzione italo francese Bibi Film - Barbary Film con Rai Cinema ambientata in Germania, Francia e Italia le cui riprese inizieranno il 26 maggio nel Paese d’Oltralpe. Nel prestigioso cast internazionale spiccano tra gli altri i nomi di Daniel Auteuil, Roman Polansky, Connie Nielsen, Pierfrancesco Favino, Moritz Bleibtreu e Marie-Josée Croze. PUPI Avati girerà presto il tv movie “Le nozze di Laura” prodotto per Raiuno da suo fratello Antonio per la DueA Film e Rai Fiction nell’ambito di un progetto incentrato sulla storia dei Vangeli in chiave moderna: questo primo capitolo, interpretato tra gli altri da Lina Sastri e Alessandro Sperduti, sarà ispirato alle “Nozze di Cana” e racconterà la storia di un principe nero del Ciad che si ritroverà in Calabria a raccogliere arance in un agrumeto e finirà con lo sposare la figlia del suo datore di lavoro. Le riprese dovrebbero partire a giugno. T. Servillo LaPresse FABRICE Luchini ha terminato le riprese di “Un début prometteur”, il secondo lungometraggio di sua figlia Emma interpretato anche da Manu Payet, Zacharie Chasseriaud e Veerle Baetens. In scena le vicende di Martin, disilluso per avere troppo amato e troppo vissuto, che ritorna a casa di suo padre, un romantico orticultore alle soglie della pensione, dove ritrova Gabriel, il suo fratello sedicenne, esaltato e idealista che cerca senza successo di fargli detestare l’amore, senza fare i conti con Mathilde, una giovane spumeggiante e gioiosa che andrà a scombussolare i loro punti di riferimento. situazione precipita quando suo figlio Michael rimane coinvolto in un omicidio e finisce nel mirino di Shawn: Jimmy dovrà premere il grilletto per un’ultima volta… Regia tamarra ma non troppo del catalano-hollywoodiano Jaume Collet-Serra, Run All Night è un action-thriller senza infamia né lode: gli attori sono bravi, ovvero visibilmente sprecati (il passo a due di Neeson e Harris meriterebbe ben altra residenza), la sceneggiatura è da lab di scrittura per principianti, il montaggio che collega con carrellate digitali i quartieri di NY fastidioso assai. Ma non tutto è da buttare: anche gli assassini tengono famiglia, e pure un cuore, ci dice Mr. Neeson. Fed. Pont. © I 7 nani regia: Harald Siepermann, Boris Aljinovic; Animazione © Run All Night – Una notte per sopravvivere regia: Jaume Collet-Serra; con: Liam Neeson, Ed Harris OGGI vive d’alcol, ma Jimmy Conlon (Liam Neeson) era un sicario temibilissimo: per conto dell’amico boss Shawn Maguire (Ed Harris), ha mandato al creatore 16, 17 anime, e sono omicidi su cui il detective Harding ancora indaga. La IL PIÙ giovane dei sette nani Bobo e la principessa Rose, una puntura e un regno intero, Fantabulosa, che cade addormentato: ogni riferimento ad altre fiabe è puramente intenzionale, perché I 7 nani, animazione fatta in Germania (sigh), fa del “mischione” dei classici pletorica virtù. Dunque, Biancaneve, Cenerentola, Cappuccetto Rosso e chi più ne ha più ne metta. Evviva il citazionismo, il gioco di rimandi e assonanze, che solletica gli adulti e si confà alla visione ipertestuale dei bambini, ma c’è un problema: la fantasia dov’è, dove si smette di fare copia & incolla per imboccare la via dell’originalità? Difficile individuarlo: se Bobo ha simpatia da vendere, il drago un segreto e lo sguattero il bacio della salvezza, manca però la più fiabesca delle creature, l’invenzione poetica. Rimangono questi nani, sulle spalle dei giganti… Fed. Pont. © Basta poco regia: Andrea Muzzi e Riccardo Paoletti; con: Andrea Muzzi, Massimiliano Galligani PAGARE per essere felici. Non è certo una novità nell’era del Consumismo. Diverso è se la “felicità” diventa acquistabile in un negozio esclusivamente grazie ad una chiacchierata con due tizi. L’idea viene a Sergio, 40enne scapestrato ma dotato d’inventiva, che comprende quanto depressione e insoddisfazione della vita siano penetrate nell’uomo qualunque. Perché non attrezzare il vecchio negozio della madre nell’agenzia “Felici & Contenti”? Il successo è immediato quanto emblematico: code di infelici si accalcano alle porte. Opera seconda del comico toscano Muzzi, la commedia segue il filone del social movie di volenterosi sgangherati in cui certamente eccelle la mano di Giulio Manfredonia (da Si può fare a La nostra terra). AM Pas SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 17 IL FACCENDIERE Luigi Bisignani, “l’uomo che sussurra ai potenti” Dlm GIALLO IL PEGGIO DELLA DIRETTA Il don Matteo anglicano che beve, fuma e ama di Patrizia Simonetti n altro prete investigatore? Sì, U ma Sidney Chambers è un’altra storia, altro che Don Matteo. Anche lui va in bicicletta e gioca al detective, però beve, fuma, ama le donne e se lo può permettere, intanto perché c’ha almeno quarant'anni di meno e è pure fico, e poi perché è un vicario anglicano. Vive negli Anni 50 a Grantchester, un piccolo villaggio verde vicino a Cambridge ed è il protagonista della nuova serie britannica omonima tratta dalla saga letteraria I misteri di Grantchester di James Runcie, che in patria ha conquistato 6 milioni di spettatori e che domani alle 21 arriva su Giallo con un’anteprima per poi partire ufficialmente lunedì. IN EFFETTI Sidney (James Norton) tutto sembra tranne che un religioso mentre gioca a Tarzan e Jane con Amanda (Morven Christie) di cui è innamorato perso e ancora non sa che sarà costretto a celebrarne il matrimonio con un altro mentre alla stazione la saluta sorridendo e lei dal treno gli dà appuntamento “a venerdì”. Ed è così preso che fa quasi tardi per celebrare il funerale di un avvocato suicida, che però non lo è, e mette su un disco di Sidney Bechet mentre si infila la tonaca perché va matto per il jazz, per questo la co- lonna sonora è per lo più firmata da Louis Armstrong, Miles Davis, Duke Ellington e Benny Goodman. Ma c’è un'altra cosa che ancora non sa: che quel funerale diventerà il suo primo caso. Quando infatti Pamela Morton, amante del morto, gli racconta che lui era pronto a fuggire con lei quindi non può essersi ammazzato, lui va dall’ispettore Geordie Keating (Robson Green) che all’inizio non se lo fila più di tanto, anche perché ha un bel da fare con un macellaio che vende carne avariata da mandare in diarrea mezzo paese, e poi il morto beveva, aveva un sacco di debiti e si era pure rubato i soldi dalla cassa, per cui “sta entrando in acque torbide, Mr Chambers – dice a Sidney – ne starei alla larga al posto suo”. “Staremo a vedere” risponde lui, e dopo aver ficcato il naso un po’ di qua e un po’ di là, torna alla carica da Keating che prima lo chiama “il Cristo in bicicletta” ma poi lo sta a sentire. E quello non sarà l’unico caso che risolveranno insieme diventando pure amici. Indagini un po’ alla Agatha Christie un po’ alla Maigret di Simenon, niente scientifica né nuove tecnologie, solo spirito di osservazione. E gliene servirà parecchio a Sidney e all'ispettore Keating perché Grantchester avrà pure un'aria bucolica, ma i suoi abitanti cadono come mosche. Da Biagi a Bisignani. Anche la censura è caduta in basso di Nanni Delbecchi e il grado di una civiltà si misura dai servizi igienici, è probabile che lo S stato di salute di un sistema televisivo si misuri dalle censure; ma se le cose stanno così, è proprio vero che siamo in piena decadenza. Dove sono finiti quei begli editti bulgari emanati in diretta da B., che colpivano in un colpo solo Biagi, Santoro e Luttazzi, terno secco sulla ruota di Sofia, dichiarati indegni del servizio pubblico pubblicamente (sennò che servizio pubblico sarebbe?) dal proprietario dell'unico altro polo televisivo? Anche quanto a diktat siamo proprio caduti in basso: da Enzo Biagi siamo passati a Luigi Bisignani, autore insieme a Paolo Madron del libro I potenti ai tempi di Renzi. Dopo un primo, trionfale passaggio a Virus, il noto faccendiere si è visto tagliare un’intervista rilasciata a Ballarò, poi congelare e far slittare a notte fonda un faccia a faccia con Gigi Marzullo. Chi ha paura di Gigi Marzullo? Ecco una domanda che mai avremmo immaginato di doverci porre. La prima ipotesi degli inquirenti è che Marzullo tema la concorrenza di “Bisi”, ovvero “l’uomo che sussurra ai potenti”: anche Gigi da sempre sussurra ai potenti, lui però sussurra anche ai portaborse, agli opinionisti, alle squinzie, a chiunque vanti uno straccio di raccomandazione per mostrare le proprie foto d’infanzia nelle ore piccole del palinsesto. NO, IL MOTIVO della censura deve per forza essere un altro. Infatti, come ha dichiarato lo stesso Bisignani, a farsi valere presso la commissione di vigilanza sono state due politiche del Pd, la senatrice Laura Cantini e l’onorevole Lorenza Bonaccorsi (del cui fratello Filippo, e della cui fulminante carriera, si narra nel libro di Bisignani e Madron). Le due piddine, renziane di ferro, hanno protestato perché il sottopancia di “Bisi” recitava “giornalista e scrittore” (binomio ormai inscindibile, come Ric e Gian), sebbene sia stato radiato dall’Ordine dei giornalisti in seguito al processo Enimont; e soprattutto si sono chieste come sia possibile dare tanto spazio a un personaggio condannato a un anno e sette mesi in seguito all'inchiesta P4. Tutto vero, e pure condivisibile; i condannati non dovrebbero andare in Tv a promuovere i Gli ascolti di martedì UNA GRANDE FAMIGLIA 3 Spettatori 5,07 mln Share 9,27% DIMARTEDÌ Spettatori 1,13 mln Share 5,42% loro libri, e se proprio ci vanno nel sottopancia dovrebbe essere scritto “scrittore e pregiudicato”. Però, ci permettiamo di aggiungere, con i pregiudicati non ci si dovrebbe nemmeno incontrare al Largo del Nazareno per stabilire come governare l'Italia. Se Bisignani non avesse scritto un libro contro il sistema di potere renziano, Cantini e Bonaccorsi avrebbero protestato lo stesso? A pensar male... Ma in questi stessi giorni non abbiamo assistito solo alla censura del faccendiere più incallito d’Italia, ma anche a quella di Fabio e Mingo, inviati storici di Striscia la notizia improvvisamente sospesi dal video. Stavolta l’editto lo ha emanato addirittura il Gabibbo, senza peraltro una chiara motivazione. Fabio ha taciuto qualcosa di importante? Mingo ha parlato troppo? Per far luce sul giallo ci vorrebbero i telemastini specializzati nelle inchieste che scottano; ma purtroppo sono tutti impegnati a indagare su padre Gratien Alabi e Massimo Bossetti. Al momento la sola cosa certa è che per i due vicegabibbi è scattata l'epurazione. E fu così che da Biagi, Santoro e Luttazzi passammo a Bisignani, Fabio e Mingo. MADE IN SUD Spettatori 2,36 mln Share 10% BALLARÒ Spettatori 1,21 mln Share 5,03% 18 SECONDO TEMPO GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 il Fatto Quotidiano GIUSTAMENTE LIBERE DONAZIONI La questua del Pd tra Totò e Buzzi di Daniela Ranieri N elle stesse ore in cui Matteo ricattava i riottosi del suo partito su Twitter e il suo governo di debuttanti incartava la pizza con la Costituzione per l’esclusivo ghiribizzo del signore, i più fortunati tra noi hanno potuto ricevere una email intestata “Pd” con tanto di gracile ramoscello d’ulivo stilizzato che inizia così: “Cara democratica, caro democratico”; il che fa pensare che il mittente, dismesso per ragioni storiche il vecchio “cari compagne e compagni”, parli sulla fiducia, oppure che per qualche astruso sillogismo è convinto che ricevere la newsletter del Pd renda automaticamente democratici. Ma proseguiamo. “IN QUESTO anno di gover- no”, continua la missiva, “l’Italia si è rimessa in moto”, e te che non te ne eri accorto. Ma mentre ti chiedi come mai il sistema non l’abbia spedita in spam insieme a quelle che annunciano che hai ereditato un milione o promettono di allungarti il pene, l’occhio è attirato dal mittente: [email protected], cioè l’ufficio centrale del Partito Nazionale Renzista, perbacco. Mentre in calce rifulge la firma: “Il Tesoriere Francesco Bonifazi”, l’avvocato tributarista amico di Matteo e mentore di Maria Elena che maneggia gli spicci del partito. “Stiamo cambiando il Paese”, FRATELLI CAPONI Il tesoriere Bonifazi manda una email ai “democratici” chiedendo di devolvere al partito il 2x1000. “Senza nulla a pretendere” dice, “l’economia mostra i primi segnali di ripresa”; però “la strada da fare è ancora lunga” e qui veniamo noi con questa mia a dirvi. “Il Pd è anche tuo”, oh, piano con le parole. “E oggi puoi scegliere di devolvere al Partito democratico il 2x1000 della dichiarazione dei redditi”, che scusate se sono poche. “Non ti costa nulla e resta invariata la possibilità di devolvere il 5x1000 e l’8x1000” e qui non ci siamo: il 2x1000 è sì volontario, ma viene sottratto alle tasse che hai già pagato, ad esempio con le trattenute in busta paga, e perciò è già di fatto proprietà dello Stato cioè tua. In altre parole, il partito che se ne avvale si prende soldi tuoi che potrebbero servire per migliorare le condizioni di vita tue e di chi sta peggio di te. E in effetti non si vede perché non prendere i soldi che lo Stato userebbe per ospedali, scuole e pensioni e darli al Pd. La lettera alla “Signorina” in “Totò, Peppino e la malafemmina” È che “nel 2013”, dice Bonifazi, “abbiamo abolito il finanziamento pubblico per ridare credibilità e trasparenza alla politica”, le quali credibilità e trasparenza si dissociano però dalla dichiarazione, visto che il decreto del governo Letta, che Matteo s’è guardato bene dal toccare, stabilisce che il finanziamento pubblico resterà in vigore fino al 2017, e anche da allora i meccanismi di sovvenzione pubblica ai partiti sono tanti e tali che non periranno certo di inedia. INSOMMA, questa moneta servono che “c’è bisogno di un Pd partecipato, plurale e unito”, tipo quello che in queste ore si sta piegando ma non spezzando alla Camera su una legge elettorale antidemocratica. “Un partito che sappia interpretare le speranze degli italiani” e magari consolarli dai dispiacere che avreta. “Il nostro bilancio è pubblico, trasparente, certificato e da quest’anno in pareggio”, troppa roba: che sia pubblico, è vero, ma lo è anche il sito di Scientology; che sia trasparente e certificato sarà vero, ma se è così dovremmo ringraziare tutti i partecipanti alle cene di finanziamento di Renzi (tra cui l’indagato per Mafia Capitale, Salvatore Buzzi) nel caso decidessero di rendere pubblico il loro contributo, visto che il partito non vuole costringerli né è costretto a farlo. Che il Pd sia in pareggio, infine, ce ne rallegriamo, se non altro perché l’agiatezza impegna i cervelli dei suoi dirigenti a cercare vie creative di sovvenzionamento meno che non l’indigenza. Il cassiere va al sodo: “Anche coloro che da quest’anno, come modalità della presentazione della dichiarazione, hanno il modello cd. ‘precompilato’ possono devolvere al Pd il loro 2x1000”, senza nulla a pretendere. Del resto, visto il successo dell’anno scorso (16.518 contribuenti su quasi 30 milioni hanno versato il 2x1000 a un partito, e solo 10.157 al Pd, che ha incassato 199mila euro, quanto Renzi riuscirebbe a guadagnare invitando 199 persone a cena) all’ipotesi di ripetere la performance siamo tutti un friccico. Comunque, “il Pd è la forza determinante”, e se lo dicono loro; infatti la questua si chiude con un appello strappalacrime: “Sosteniamoci. Insieme saremo ancora più forti”. E siccome siamo democratiche e democratici noi al Partito Nazionale Renzista gli diamo il 2, il 5 e l’8x1000, che non dicano che noi siamo provinciali, che siamo tirati. Ma per me l’Italicum non è il male assoluto di Bruno Tinti CREDO che protestare contro l’Italicum sia sbagliato. E che sia sbagliato anche protestare contro lo sbrigativo metodo messo in piedi per approvarlo. Con il vecchio sistema abbiamo avuto i governi di Prodi e Berlusconi. Il primo è stato paralizzato dai contrasti interni, non è riuscito a fare niente di buono ed è caduto per la defezione di Mastella e del suo Udeur. Questa esperienza è molto utile a far capire come un sistema che non è in grado di garantire una governabilità non ricattabile da entità politiche di bassissima rappresentatività (l’Udeur appunto) non è certo da rimpiangere. Il secondo ha goduto di una maggioranza molto stabile e però è stato ugualmente inefficiente a causa delle caratteristiche di illegalità e immoralità che lo hanno caratterizzato. La necessità di garantire l’impunità al suo leader ha monopolizzato l’attività di governo, proprio nel momento di insorgenza della crisi economica. Anche questa esperienza è molto utile per far capire come la governabilità di per sé non sia garanzia di buon governo. Il vecchio sistema era caratterizzato dalla nomina dei parlamentari da parte dei vertici di partito. La critica comune ha evidenziato il connesso rapporto di sudditanza; il che, in una certa misura, è vero. Non è stato però messo in luce il fatto che la nomina non dipende esclusivamente da un presunto rapporto di fedeltà del nomin nato verso il premier. Molto spesso costui si è guadagnato la nomina offrendo il suo personale pacchetto di voti. In altri termini un’ottima ragione per cooptare un candidato parlamentare è stata spesso l’opportunità di sfruttare, per il successo elettorale, gli elettori a lui vincolati da rapporti più o meno presentabili. Sotto questo profilo il sistema della nomina e quello delle preferenze sostanzialmente si equivalgono. Il candidato che garantisce un gran numero di voti diverrà parlamentare sia con un sistema che prevede la sua nomina in una lista bloccata, sia con l’inserimento in lista in un collegio sicuro, quello dove può contare sulle “sue” preferenze. E siccome il livello etico e legale della classe politica italiana è quello che è; e anche le aspettative degli elettori sono orientate più verso il promesso soddisfacimento di interessi personali che su programmi di interesse generale; ne consegue che contrapporre sistema a sistema è privo di senso. E anzi, poiché in competizione elettorale i candidati si procurano consenso costruendosi una “clientela”, in una certa misura la “nomina” potrebbe rendere più probabile l’elezione di persone preparate e oneste. Almeno dove le circostanze e il clima politico lo esigono. UNA VOLTA stabilito che l’alternativa “nomina” - “preferenze” è apparente, resta il requisito della governabilità. Che, come si è visto, non garantisce un buon governo con persone disoneste; ma la cui mancanza certamente impedisce alle persone oneste di governare. Insomma, almeno consente una speranza. E, sotto questo profilo, l’Italicum mi pare meglio dei precedenti sistemi: sostituire la “coalizione” con la “lista” dovrebbe rendere più difficili i successivi ricatti. È stato osservato che la politica italiana pare poco interessata ai principi e molto alle conseguenze della loro applicazione sui partiti e sui politici. Tutto ciò considerato; e valutato il disastro che il sistema attuale ha comunque provocato; mi sembra che tentare il tutto per tutto per cambiare le regole del gioco sia da condividere. n L’EQUIVOCO Nomina o preferenze, di fatto poco cambia: in Parlamento ci va chi garantisce pacchetti di voti. I problemi sono onestà e governabilità Laura Boldrini Ansa PIOVONO PIETRE In sala il genere catastrofista: se non salvi il governo muori di Alessandro Robecchi a filmografia italiana si arricchisce ogni Lni stilistiche, giorno di nuovi generi, filoni, deviazio. Archiinnovazioni, remake viato per sempre il filone cochon e porno soft dell’era “cene eleganti”, si era imposta la corrente grigista-noiosista dei tecnici. Accolta con entusiasmo spropositato solo perché il caposcuola portava il loden, fu abbandonata dal pubblico assai rapidamente. La rapida ascesa del filone giovanil-ottimista fece poi sperare in un rinnovamento del cinema italiano. Camicie bianche, un po’ di paccottiglia finto moderna, retorica della rottamazione, citazioni pop con il famoso metodo “a cazzo”. Insomma, sembrava una scossa, anche se i critici più avvertiti dicevano che, pur con attori nuovi, restavano vecchi film. Ora, primavera 2015, si assiste a un moltiplicarsi dell’offerta nelle sale. Se da un lato continuano ad avere qualche seguito le sceneggiature con il lieto fine – non ci sono più i precari, il paese cresce, il paese ha grande credibilità all’estero, come dimostrato da Obama che dà del tu a Matteo – si avanza poderosamente un nuovo filone, quello catastrofista. Ecco dunque alcuni titoli prossimamente nelle sale. Dignity – Un drammone dai contorni torbidi. Il capo del governo è anche il capo del partito. Dunque dice che se una cosa non riesce al governo (tipo terra nel caso la riforma APOCALYPSE NOW l’Italicum) si abbattenon venga approvata, ranno piaghe terribili con pioggia di meteoriti, I pericoli per gli attori epidemie, scene di massa anche sul partito: perdita di dignità, dei capelli, del Pd: perdita di dignità, tra precari (forse) assunti invasione di zanzare tie precari (di certo) non dei capelli, invasione assunti. gre, crampi ai polpacci, The job after – Propaganlanci di ortaggi alle feste di zanzare tigre, crampi dell’Unità e rapimento data dalla casa di produdelle playstation a tutti i zione come il più grande ai polpacci, ortaggi primogeniti maschi. successo degli ultimi analle feste dell’Unità ni, questa pellicola da poCommovente il finale: la co nelle sale divide la criminoranza del Pd che sta tica e il pubblico. Qui siaper essere lapidata decide, nel corso di una drammatica riunione, mo nel dopo-catastrofe: l’umanità rischiadi lapidarsi da sola. Bello il lungo piano va l’estinzione, ma grazie al provvidenziale sequenza in cui i vincitori rendono le pla- Jobs act si è salvata ancora una volta, specie ystation ai ragazzini e consegnano 80 euro quella iscritta a Confindustria. Nel film si ai padri. narra dunque la lenta e faticosa ricostruScuola o morte – Una lunga, picaresca ca- zione del genere umano, le migrazioni forvalcata nell’iter della riforma della scuola, zate dai vecchi contratti ai nuovi, la nascita per la prima volta con una protagonista di un nuovo lavoratore, più conveniente, che non sa che sta girando un film, la mi- ricattabile e flessibile. Bella e coinvolgente nistra Giannini. Struggente la scena in cui la scena dell’ipnosi, quando si convincono il capo del governo le cambia la riforma masse infinite di giovani comparse che sosotto il naso senza che lei ne sappia niente. no i loro padri, con i loro odiosi diritti, a Toni forti, invece, nella scena delle con- impedire un corretto sfruttamento dei fitestazioni alla riforma, dove per descrivere gli. Successo enorme al botteghino, tanto i professori ostili alla sua legge la prota- che alcune grandi multinazionali (come gonista li chiama “squadristi”, sgridata il Whirlpool, o Auchan) hanno addirittura giorno dopo dai suoi stessi capi. Anche qui deciso di licenziare lavoratori in massa per il filone catastrofista dice la sua: si intrav- permettere loro di correre al cinema. vede un’oscura minaccia che grava sulla @AlRobecchi SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano 19 GIOVEDÌ 30 APRILE 2015 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo In arrivo la scheda elettorale precompilata Adesso che l’indicibile è avvenuto, cosa faremo? Cosa può accadere ancora? Abbiamo la scheda elettorale precompilata, un Parlamento a cui non si permette di parlare, una opposizione (vera) a cui non si permette di opporsi, e una opposizione (finta e tremebonda) che viene rimessa in riga con il solo accenno di levargli la poltrona; abbiamo una pletora di pseudo giornalisti pronti a difendere l’indifendibile pur di compiacere il potente di turno. Cosa ci serve ancora per avere un soprassalto di dignità? Ribelliamoci, dobbiamo difendere insieme, la libertà e la democrazia e solo uniti avremo qualche possibilità di farcela. medie imprese (quindi radicate sul territorio) legate all’edilizia, settore gonfiato negli anni passati e ora stretto da una crisi drammatica. La seconda sarebbe un’investimento nel futuro dell’educazione pubblica, non solo dal punto di vista della sicurezza delle strutture. La domanda che mi sorge, malignamente, è se esiste l’interesse ad investire per aiutare questi due settori, quello della scuola pubblica e quello delle piccole e medie imprese, non legate ai grandi “palazzinari” nazionali. Arnaldo Troiani re sia ancora più populista del nostro Salvini, che almeno è coerente: Renzi, da sindaco accontentava i suoi elettori, ora difende i rom dal populismo di Matteo Salvini per non perdere il consenso dei suoi elettori. Ezio Aimasso Il presidente Mattarella tace sull’Italicum Nel suo editoriale di ieri Marco Travaglio si chiede cosa aspetti il presidente della Repubblica ad intervenire su quanto accade intorno alla “discussione” sulla legge elettorale. Io credo che Matta- la vignetta Francesca Cardoni Mafie e corruzione, il lato oscuro del Paese Sono abbonato al “Fatto Quotidiano” e continuerò a esserlo fino a quando il giornale manterrà questa linea di denuncia di tutte le cose che rovinano il nostro Paese, cioè la corruzione, la mafia, il nepotismo e le truffe. L’Italia merita politici seri e onesti e in questo momento io vedo il M5S. Hanno restituito i rimborsi elettorali e ogni giorno si tagliano gli stipendi per aiutare imprese in difficoltà o emergenti. Ringrazio Travaglio, Gomez, Padellaro e tutti i giornalisti del “Fatto”. Franco Rossi Dalla “buona scuola” sono usciti i cattivi tagli È spuntato un taglio di poco meno di mezzo miliardi di euro all’edilizia scolastica. Contemporaneamente il governo annuncia il ritrovamento di un tesoretto da circa un miliardo e mezzo, che non ha ancora deciso come investirlo. Usarlo per l’edilizia scolastica rimasta scoperta? Si avrebbero due conseguenze: la prima economica, con appalti affidati a piccole e Salvini non è il solo populista contro i rom Mi colpisce che tutti i media (Tv, giornali etc.) si accaniscano contro la Lega e Salvini per gli scriteriati, assurdi e razzisti attacchi contro i rom che questo partito ed il suo leader porta avanti. Ma mi stupisce altrettanto che non venga mai attaccato un altro ancor più pericoloso populista, il nostro presidente del Consiglio, che quando era sindaco di Firenze non esitò a spazzare via con le ruspe le famiglie Rom di piazza SS. Annunziata, arrogandosene poi il merito con parole a dir poco agghiaccianti. Mi pare che questo signo- rella stia rispettando alla lettera il suo ruolo costituzionale: aspetta che gli arrivi la legge e poi agirà secondo la sua valutazione. Ritengo che, se approvata così come disegnata ad oggi, la rispedirà al mittente per sospetta incostituzionalità. Diversamente vorrà dire che questo Paese è finito. Fabio Campominosi La destra mascherata nei panni della sinistra Dopo 91 anni ci risiamo. Torna la dittatura anche se mascherata male. Con una classe politica così non c’era molto da scegliere e ora si tratta di capire che dittatura sarà. E la classe politica non L’Onu a Renzi: addio alle armi CARO FURIO COLOMBO, non so se vorrai ritornare sull’argomento, ma sembra proprio che Ban Ki-moon abbia detto no a ogni azione militare. Tg e giornali fanno però una gran confusione fra totale identità di vedute dell’Onu con Renzi-Mogherini e totale (sia pure educata) divergenza dell’uomo dell’Onu verso i due. La verità? Mario LA VERITÀ (che poi è la verità su un piccolo fatto di diplomazia italiana, che appare sempre più secondaria) è facile da trovare nelle dichiarazioni del Segretario generale dell’Onu, ma stranamente giocata in modi diversi da diversi giornali, come se il testo non fosse disponibile a tutti. Esempio: “Il Segretario generale ha impartito la sua benedizione all’operazione di polizia internazionale contro gli scafisti, decisa dal Consiglio europeo giovedì scorso su richiesta italiana” (“Il Messaggero”, 28 aprile, che ha aggiunto “Esattamente le parole attese da Renzi e Mogherini”). Eppure tutti sappiamo e abbiamo già letto e ascoltato, che l’Europa non ha mai approvato l’affondamento dei barconi, ovvero la guerra. Esempio: “Il premier non parla più di affondamenti dei barconi, contestati dalle Nazioni Unite” (“La Stampa”, 28 aprile. Il quotidiano aggiunge, in un occhiello, questa dichiarazione di Ban Ki-moon: “Preoccupato della situazione degli immigrati. Le autorità de- sembra cambiata. Forse dipenderà dalla personalità del dittatore. Ce ne fu uno toscano: Bettino Ricasoli solo per qualche mese in attesa del regno. Quanto durerà questo, così giovane? In attesa di quali eventi? C’è già chi dice che durerà quanto vorrà la Chiesa che nonostante tutto sembra esprimere un vigore e un potere inaspettati. Forse molto continuerà come prima, con i media ancor piu condizionati, più attenzione per tutti a come si commenta e diversi misteri in più. E nessuno sa come finirà. Vorrei nascere tra un po’ per vedere come andrà a finire. Mi pare che la grande astuzia il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Vicedirettori Ettore Boffano, Stefano Feltri Caporedattore centrale Edoardo Novella Vicecaporedattore vicario Eduardo Di Blasi Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: [email protected] - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente: Antonio Padellaro Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Lucia Calvosa, Luca D’Aprile, Peter Gomez, Layla Pavone, Marco Tarò, Marco Travaglio vono focalizzarsi sul salvataggio delle vite dei migranti”. Ma la strana storia continua. Sentite: “Renzi porta Ban Ki-moon in mare. ‘Fermiamo il traffico di uomini’”. Ma il Segretario delle Nazioni Unite: “la priorità è il salvataggio delle vite” (“Il Corriere della Sera”, 28 aprile). Inizio dell’articolo del “Corriere”: “Le autorità italiane devono concentrarsi soprattutto sul salvataggio delle vite degli immigrati nel Mediterraneo”, è l’invito rivolto ieri a Matteo Renzi da Ban Ki-moon nel corso della visita italiana del segretario generale dell’Onu”. Ma c’è altro (e solo il limite di spazio interrompe la strana vicenda di Renzi, che riceve consenso e dissenso, lo stesso giorno, dalla stessa persona. “Il Segretario generale dell’Onu insieme a Renzi e Mogherini nel Canale di Sicilia: “Priorità deve essere data a salvare le vite umane”. (“Repubblica”, 28 aprile). Giustamente Renzi può solo dire che (almeno a parole) “non siamo più soli”. Ma niente altro. Non lui e non Mogherini, che volevano bombardare. Purtroppo i migranti continueranno a morire secondo la terribile escalation che si sta già verificando rispetto ai tempi di Mare Nostrum. Su suggerimento di Salvini, abbiamo scelto di pagare una parte del nostro debito in vite umane. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] della destra assolutista sia stata usurpare il nome di “sinistra” usando uomini insospettabili, di origini vicine al popolo ma non di aspirazioni e ambizioni consone. Gianni Oneto La nostra democrazia è ancora in pericolo In una democrazia come la nostra, porre la fiducia sulla legge elettorale è un atto di codardia che rende evidente la brama di potere anche se a scapito della democrazia. Ma cosa si deve fare per rendere innocua questa verminosa spazzatura umana prodotta da Matteo Renzi? Roberto Maria Bacci Le prove di forza dei nuovi rottamatori Se resterà com’è, quella che sarà varata dal Parlamento sarà una legge elettorale a metà, zoppa e contraddittoria innanzitutto per un problema di metodo. Le leggi elettorali sono le regole del gioco politico e dovrebbero essere considerate imparziali dal maggior numero possibile di partiti, altrimenti hanno vita breve come accadde prima con il Mattarellum e poi con il Porcellum. Se il risultato fosse una legge elettorale di stampo europeo, si potrebbe tollerare il modo presuntuoso di come sta nascendo l’Italicum, ma purtroppo non è così perché il premio di maggioranza non esiste in nessuna delle grandi democrazie europee. Sebbene riempia il vuoto legislativo aperto dalla sentenza della Consulta, l’Italicum così com’è è una legge piena di difetti e non rappresenta esattamente quello che si definisce una democrazia rappresentativa: dopo tanto clamore, ci si aspettava qualcosa di meglio. Il tempo per porvi rimedio con qualche ritocco oculato c’è ancora, ma imponendo la fiducia, il governo Renzi ha evidenziato la volontà politica di non accettare alcun minimo cambiamento all’attuale impianto strutturale dell’Italicum. È una prova di forza dei Renzi e i suoi, o un segno di debolezza? Silvano Lorenzon DIRITTO DI REPLICA In riferimento all’articolo dal titolo “Da Scajola a De Luca, ma tifo Pannella”, il Centro democratico precisa che la notizia che Rosa Criscuolo sarà la capolista della lista di “Centro democratico-Scelta civica” alle prossime elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale e del Presidente della Campania non corrisponde al vero. La selezione e l’accettazione delle candidature, infatti, è ancora in corso ed i nomi dei candidati e del capolista saranno resi noti soltanto nei prossimi giorni, al momento della presentazione della lista stessa secondo quanto previsto dalla legge. Uff. Stampa Centro democratico Fonti di Centro Democratico in Campania mi hanno riferito che Rosa Criscuolo ha firmato l’accettazione di candidatura per la loro lista ieri pomeriggio. All’incirca alle 18.00. V.I. Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] Abbonamenti FORME DI ABBONAMENTO COME ABBONARSI TUTTO COMPRESO Un abbonamento al quotidiano cartaceo a scelta + TUTTO DIGITAL • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 220,00 e • 5 giorni (dal lunedì al venerdì) • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 e • 7 giorni Prezzo 320,00 e • 6 giorni • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 135,00 e • 5 giorni (dal lunedì al venerdì) • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 e • 7 giorni Prezzo 180,00 e • 6 giorni • Abbonamento settimanale Prezzo 5,49 e • Abbonamento mensile Prezzo 17,99 e • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 290,00 e • 6 giorni (dal lunedì al sabato) • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 170,00 e • 6 giorni (dal lunedì al sabato) TUTTO DIGITAL - App Mia Il Fatto Quotidiano (su tablet e smartphone) - PDF del quotidiano su PC - Numeri precedenti - Accesso all’archivio cartaceo - Servizi “Utente sostenitore” * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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Fischi e ‘Ser- va! Serva! Serva!’”. Tre volte, non una di meno, non una di più. I 51 reprobi, individuati dalla prova tv come scanditori del triplice sanguinoso epiteto, saranno processati. Incluso il M5S Sibilia che “si poneva alle spalle della Presidente di turno Sereni e mimava gesti gravemente irriguardosi (incapacità di intendere, ripetutamente, e gesto delle manette)”. E che dire del “lancio di fogli di carta all’indirizzo della Presidenza”? Non c’è più religione, signora mia. Il 13-2-2015, ore 0.05, si rischia il golpe alla Tejero. “Dai banchi del gruppo M5S si scandiva ‘Onestà! Onestà!’”, due volte. Il presidente di turno Giachetti prontamente “espelleva Ruocco, Bonafede e Di Battista (M5S)”. La Ruocco, uscendo, “sarebbe stata oggetto di gravi offese da parte del deputato Sanna (Pd) che le avrebbe ‘dato più e più volte della donna di strada’ – per non dire altre parole”. Ma Sanna, interrogato, ha “contestualizzato l’episodio: ha utilizzato una locuzione mutuata da un’espressione gergale sarda (‘Zacc’a strada’) che può essere resa in lingua italiana come un invito ad allontanarsi (‘Ti invito ad allontanarti in gran fretta’). Tale locuzione non assume una connotazione offensiva o sessista”. Ignara delle locuzioni, la Ruocco ha sentito “zoccola”, mentre il Lord Brummel di Iglesias stava solo suggerendole di uscire, cosa che lei peraltro già stava facendo. Assolto per insufficienza di locuzione. Intanto però i 5Stelle “continuavano a battere (senza offesa, ndr) ritmicamente sui banchi e a scandire: ‘Onestà! Onestà!’” e un povero forzista “dichiarava di non riuscire a parlare”. Avessero gridato “Disonestà! Mazzette! Nipote di Mubarak!” si sarebbe sentito a casa sua, ma la locuzione “Onestà!” suonava davvero offensiva e sessista. Gran finale, ore 0.30: rissa, pardon “contatto tra i deputati Sel e Pd”. Botte da orbi fra Minnucci (Pd) e Farina (Sel), “caduta della deputata Simoni”, “Airaudo scavalcava alcune file di banchi ponendosi in piedi e inveiva”, espulsione di Mannucci e Airaudo. E intanto i 5Stelle sempre lì a “scandire ritmicamente ‘Onestà! Onestà!’”. “Ore 2.50, la Presidente Boldrini, dopo averli invitati a desistere dal predetto comportamento, provvedeva all’espulsione” per onestà reiterata, recidiva e anche molesta. Ora sono convocati in 67 (quasi tutti M5S, più qualche Sel e un paio di Pd) per discolparsi: “turbativa della libertà di discussione”, “comportamenti ingiuriosi”, soprattutto “contatti”. Nessun profilo disciplinare invece per l’“aggressione fisica e verbale che avrebbe subìto Marisa Nicchi (Sel) in sala fumatori da Lavagno (Pd)”. Lei sostiene che lui l’ha menata. Ma lui si dice “frainteso” e “mal interpretato”: voleva solo “richiamarla verbalmente per essersi rivolta in modo poco gentile a una collega”. Così “l’ha toccata su un braccio”, ma solo verbalmente. I questori se la bevono d’un fiato: “l’episodio si colloca nel contesto di scambi fra deputati connotati da una certa tensione in considerazione del clima generale” attizzato da quei cori criminogeni “Onestà! Onestà!”. Caso archiviato per sufficienza del contesto. Se Pd e Sel si prendono a cazzotti, è colpa dei 5Stelle. STOCCATA E FUGA Se la Boschi non fosse la Boschi e bla bla bla di Antonio Padellaro e la Boschi non fosse la BoS schi, avrebbe già detto a Matteo Renzi: mio caro sono stanca, anzi arcistufa di chiedere voti di fiducia, di metterci la faccia sempre io, perché sono io e non sei tu a sentirti urlare di tutto in Parlamento, anche perché, in confidenza, 41 fiducie in 14 mesi sono oltreché un record di cui non essere certo orgogliosi, la prova provata, diciamocelo, che senza ‘sti con- tinui strappi al regolamento, minacce, ricatti e ricattini, siamo incapaci di governare. Se la Boschi non fosse la Boschi, rifletterebbe amaramente sul contenuto mortificante del suo duplice incarico: ministro dei pessimi Rapporti con il Parlamento e ministro delle Riforme scritte da altri in qualche conventicola di professoroni prêt-à-porter. Per una giovane donna che magari si sognava protagonista della politica con la P maiuscola, essere ricordata come un disco rotto, buona soltanto a ripetere sempre la stessa solfa: a nome del governo pongo la questione di fiducia bla bla bla, tra boati e ululati, non è il massimo della vita. Se la Boschi non fosse la Boschi, avrebbe già detto al caro premier: ciccio, la prossima volta a fare queste figure di merda fai la il Fatto Quotidiano santa cortesia di venirci tu, perché è facile mostrare i muscoli del gradasso e poi mandare avanti le donne. Ma poiché la Boschi resta la Boschi, temiamo che si senta oltremodo soddisfatta e orgogliosa del compito svolto con tanta diligenza. E infatti, di lei resterà a imperitura memoria un’unica, marmorea frase: “Bisogna avere pazienza e fare un passettino alla volta...”. Amen.