ED. ITALIANA ISSN 2283-3013 NOV.-DIC. 2013 ANNO 64 nn. 762-763 TRIBUNA LIBERA FONDATA NEL 1950 DA J. CONSTANTIN DRAGAN Diritti umani “universali”, valori occidentali e meccanismi di garanzia A 65 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: a che punto siamo? Prof. Umberto Leanza Già Ordinario di Diritto internazionale e Capo del Contenzioso Diplomatico, Trattati e Affari legislativi presso il Ministero degli Affari esteri Interroghiamoci sugli strumenti di concreta attuazione Il tema che affronto in questo articolo costituisce l’occasione per condividere alcune riflessioni sul tema della protezione internazionale dei diritti umani. Un tema a tal punto centrale da avermi indotto ad intitolare un mio libro: Il diritto internazionale: diritto per gli Stati e diritto per gli individui, al fine di sottolineare il rilevante movimento di emersione – in contrapposizione e come limite all’assoluta discrezionalità della sovranità statale – di interessi degni di tutela giuridica facenti capo agli individui, singolarmente e collettivamente intesi, spesso portatori di valori conflittuali con quelli statali. L’intento del “Bulletin européen” che ha sollecitato questo tema non è però esclusivamente celebrativo. Il titolo del tema assegnatomi, infatti, ci induce a riflettere non soltanto sull’importanza e sull’attualità della Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata 65 anni fa (il 10 dicembre 1948) nel seno dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ma, soprattutto, ad interrogarci sugli strumenti di cui si sono dotati gli Stati della Comunità internazionale, a partire dal dicembre 1948, per dare concreta attuazione alle previsioni contenute in quella Dichiarazione. Affrontare questo tema, in altri termini, ci spinge ad indagare “cosa è stato fatto fino ad oggi” e, specialmente, “cosa ancora resta da fare” nell’ambito della tutela internazionale dei diritti umani. L’indagine deve essere condotta su due piani strettamente correlati tra loro: in una prima parte del mio intervento, mi concentrerò sul tema della protezione dei diritti umani in ambito universale, con specifico riferimento ai trattati internazionali adottati nel seno delle Nazioni Unite; nella seconda parte del mio intervento, invece, l’indagine sarà ristretta al piano europeo, con specifico riferimento all’attività delle due massime organizzazioni presenti in Europa: il Consiglio d’Europa e l’Unione europea. determinata convenzione, che pure si sono obbligati a rispettare sul piano internazionale. Di talché, può già dirsi che la maggior parte dei trattati adottati a livello internazionale sulla tutela dei diritti umani sono delle convenzioni ricche nei “contenuti” ma “disarmate” di strumenti sanzionatori efficaci. In Europa, come si vedrà, lo scenario muta sensibilmente. Gli Stati parte delle due organizzazioni sopramenzionate – il Consiglio d’Europa e l’Unione europea – hanno predisposto un sistema di protezione a carattere giurisdizionale destinato ad entrare in funzione allorché uno Stato violi i diritti e le libertà fondamentali degli individui. Ecco perché diventa particolarmente interessante raccogliere l’invito del “Bulletin européen” e concentrarci sul ruolo dell’Europa nella tutela dei diritti umani e, più in particolare, sull’azione svolta dall’Europa per dare corpo e concretezza alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Il problema centrale nella tutela dei diritti umani Muovo l’esame dal contesto universale, citando anzitutto una frase del Digesto: Hominum causa omne ius constitutum est (“tutto il diritto è prodotto per l’uomo”). Ciò equivale a dire che il diritto è tale se e nella misura in cui pone a suo fondamento l’individuo. L’espressione, che può oggi sembrare scontata per quanti vivono all’interno di ordinamenti statali democratici, si è affermata soltanto a fatica nel diritto internazionale. Può dirsi, anzi, che fino alla seconda guerra mondiale tale espressione sia stata sostanzialmente ignorata a livello inter-statuale. La catastrofe bellica e le immani violazioni dei diritti umani, che di quella guerra restano il segno più oscuro e indelebile, hanno determinato una ferma reazione da parte degli Stati; reazione impressa dapprima nello statuto delle Nazioni Uni- È indubbio che, in 65 anni, gli Stati abbiano compiuto progressi significativi in materia, specie ove si raffronti la situazione attuale con quella della Comunità internazionale precedente e appena successiva alla seconda guerra mondiale. È altrettanto vero, però, che il problema centrale nella tutela dei diritti umani è, e resta, quello dell’effettività (o efficacia) della loro tutela. In altri termini, e come si dirà più approfonditamente, gli strumenti convenzionali adottati in ambito internazionale e sotto l’egida delle Nazioni Unite presentano notevoli carenze sotto il profilo sanzionatorio, nel senso che essi non prevedono un sistema di protezione efficace nel caso in cui gli Stati violino una 2 Il diritto è prodotto per l’uomo. Ma è veramente così? te del 25 ottobre 1945, nel quale la tutela dei diritti umani e dei popoli è posta tra i fini dell’Organizzazione, e più tardi nella Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata dall’Assemblea generale dell’Onu il 10 dicembre 1948. La Dichiarazione rappresenta il primo documento universale in cui un sistema di valori relativi alla tutela dei diritti umani è accettato dalla Comunità internazionale nel suo complesso. Quella Dichiarazione riflette in misura preponderante la matrice delle democrazie liberali dell’Occidente (è sufficiente ricordare, in questo ambito, che l’allora Unione Sovietica non firmò la Dichiarazione, assieme al Sud Africa e all’Arabia Saudita). Gli Stati occidentali hanno impresso in quel documento i solenni princìpi e le concezioni giusnaturalistiche che avevano ispirato i testi delle tre grandi democrazie in cui i diritti umani erano nati e fioriti: Gran Bretagna, Stati Uniti d’America e Francia. Uniti da una comune matrice religiosa, da uno stesso retroterra ideologico, dalla struttura capitalistica dei loro sistemi economici e da apparati di potere caratterizzati da sistemi di democrazia parlamentare, gli Stati occidentali si sono fatti promotori di una nuova visione dell’uomo e della società; una visione che combina il rispetto della personalità dell’individuo con il pieno dispiegarsi delle potenzialità della società nel suo insieme. La Dichiarazione universale: un testo di grandissimo valore ma non vincolante La Dichiarazione universale, testo cardine nella protezione dei diritti umani, è – come noto – priva di valore giuridico vincolante, in quanto frutto dell’iniziativa dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, organo che non dispone di poteri vincolanti. Ciò nondimeno, essa resta un documento dal grande valore etico e mora- le, che è servito da guida, oltreché da monito, all’agire degli Stati. A partire dalla Dichiarazione del 1948 gli Stati hanno negoziato, a livello sia universale che regionale, una serie di trattati internazionali relativi alla protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; trattati che, ovviamente hanno un valore obbligatorio per gli Stati che li hanno ratificati. La circostanza poi che l’obbligo di rispettare i diritti umani incomba sugli Stati e che, pertanto, gli individui non sono titolari di alcun diritto ma i destinatari materiali delle disposizioni internazionali esistenti in materia, porta ad interrogarci sugli “strumenti” ed i “meccanismi” di cui dispone l’ordinamento internazionale per assicurare il rispetto dei diritti umani da parte degli Stati. Sotto questo profilo, deve osservarsi che, sebbene si affermi spesso, e non senza una certa enfasi, che i diritti umani sono “universali” e devono quindi essere rispettati da tutti gli Stati che compongono la Comunità internazionale, occorre riconoscere che, sul piano concreto, i trattati internazionali appaiono estremamente deludenti, allorché dall’affermazione di principio della tutela dei diritti umani si passi alla loro messa in atto effettiva. In via di primo commento, si può affermare che lo “scotto” che il sistema convenzionale sulla protezione dei diritti umani promosso dalle Nazioni Unite ha dovuto pagare al fine del raggiungimento di una portata universale è stato quello di un ridimensionamento del contenuto dei testi convenzionali. In altri termini, al fine di ottenere l’adesione alle convenzioni sulla protezione dei diritti umani di Stati profondamente diversi quanto a livello di sviluppo politico, civile, sociale, economico e culturale, si è dovuto limitare il contenuto di quelle convenzioni alla definizione di mere enunciazioni di principio sull’obbligo del rispetto dei diritti umani, senza così poter dare vita 3 “Trattiamo bene la terra su cui viviamo: essa non ci è stata donata dai nostri padri, ma ci è stata prestata dai nostri figli” è un proverbio che esprime bene la filosofia della Veroniki Holding, la quale si inserisce, innovandolo, nel lascito imprenditoriale, culturale ed etico di Giuseppe Costantino Dragan. È un lascito per il soddisfacimento del fabbisogno di energia, nel rispetto dell’ambiente, per una economia al servizio dell’uomo e per la promozione della sua cultura e dignità. Questo perché per noi la “cultura dell’energia” e “l’energia della cultura” non sono soltanto uno slogan, ma un principio e un criterio, al contempo, imprenditoriale ed etico: in pratica una filosofia di vita. 4 a delle vere e proprie forme di controllo, principalmente di carattere giurisdizionale, in grado di imporre coattivamente tale osservanza. I limiti del sistema convenzionale universale di tutela dei diritti umani I limiti del sistema convenzionale universale di tutela dei diritti umani sono infatti essenzialmente riconducibili alla scarsa incisività ed effettività degli strumenti di controllo previsti a garanzia del rispetto dei diritti umani da esso sanciti, dal momento che gli organi competenti nel settore del controllo della tutela dei diritti umani non sono dotati di alcun potere ai fini di una soluzione obbligatoria delle controversie relative alla violazione di questi diritti. Il diritto di azione individuale è solitamente subordinato al previo consenso degli Stati parte di quei trattati; in secondo luogo, il diritto di azione individuale non si traduce in veri e propri ricorsi giurisdizionali dinanzi ad organi internazionali di garanzia, competenti a pronunciarsi sull’eventuale violazione delle disposizioni convenzionali, ma più semplicemente nel diritto a presentare petizioni o comunicazioni contenenti denunce di violazione di quelle convenzioni, le quali non sfociano in rimedi sanzionatori efficaci, limitandosi detti comitati a pronunce di condanna politiche. Benché quindi universali, i diritti umani sono spesso soltanto proclamati e non già effettivamente protetti. Non si dovrebbe, dunque, parlare di diritti se questi diritti non sono effettivi; e il diritto è effettivo soltanto se è garantito, ossia soltanto se c’è un meccanismo di garanzia, preferibilmente di natura giurisdizionale, che garantisca i diritti sostanziali. In mancanza di un sistema di garanzia, i diritti sostanziali si riducono a un mero flatus vocis. Recenti tentativi di migliorare i meccanismi di controllo relativi al rispetto dei diritti umani Né sostanziali miglioramenti ha apportato ai meccanismi di controllo per il rispetto dei diritti umani il vertice dell’Onu (tenutosi a New York dal 14 al 16 settembre 2005), che pure aveva l’ambizioso compito di procedere a una riforma globale dello statuto delle Nazioni Unite e, per quanto qui interessa, a una riforma del sistema di protezione internazionale dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Quel vertice, oltre a essere circondato da molte aspettative, era stato preceduto dai lavori svolti sia da un gruppo di eminenti personalità, istituito dal segretario generale nel novembre 2003, sia dallo stesso segretario generale, che nel marzo del 2005 aveva pubblicato il rapporto In Larger Freedom, redatto quale base del negoziato per la messa a punto del documento finale del vertice del 14-16 settembre 2005. Ciò nonostante, il documento del vertice – elaborato da un gruppo ristretto formato da 33 Stati, sotto la guida del presidente dell’Assemblea generale dell’Onu – colpisce, sin dalla prima lettura, per la vaghezza e la genericità dei princìpi e per la povertà dei contenuti in esso enunciati. Genericità e povertà dei contenuti che non risparmiano la parte III del documento, dedicata alla tutela dei diritti umani, alla promozione della democrazia e dello stato di diritto. La novità più rilevante in tale contesto è rappresentata dall’istituzione, nel marzo 2006, di un Consiglio permanente per i diritti umani, che ha sostituito la Commissione per i diritti umani, oggetto da lunghi anni di numerose e legittime polemiche riconducibili, essenzialmente, alla cronica politicizzazione che caratterizzava il suo metodo di lavoro, propedeutica alla mancanza di credibilità esterna del suo operato. 5 In particolare, oggetto di critica era soprattutto la composizione della Commissione, che riproduceva, sia pure in dimensione ridotta, il modello dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite per la ripartizione dei seggi tra le diverse aree geografiche e, quindi, il rapporto di forze esistente all’interno dell’organo assembleare dell’Onu. Il meccanismo di nomina della Commissione si fondava infatti esclusivamente sul rispetto degli equilibri geografici esistenti, non entrando invece nel merito delle proposte di nomina avanzate dai diversi gruppi regionali; ciò che conduceva alla paradossale conseguenza che venivano chiamati a sedere in Commissione rappresentanti di Stati che, unanimemente riconosciuti come non rispettosi dei diritti umani, non apparivano come i soggetti più idonei a svolgere funzioni di controllo in tale ambito. Si è così più volte verificato che l’interesse dei singoli Stati o gruppi di Stati presenti in Commissione abbia bloccato l’operato della stessa, al fine di evitare l’emanazione di risoluzioni di condanna o di denuncia nei confronti di un dato Stato. Difficile dire però se il Consiglio per i diritti umani superi davvero tutti i limiti che, in passato, hanno contrassegnato l’operato della Commissione per i diritti umani. A parte, infatti, la composizione maggiormente ristretta del nuovo organo, che contribuisce a rendere meno impattante negativamente l’aspetto della ripartizione geografica dei seggi, va riconosciuto che il Consiglio è, per lo più, ricalcato sul modello della precedente Commissione. Se poi si pensa che alla prima elezione del Consiglio sono entrati a farne parte Cina, Arabia Saudita, Indonesia e Cuba, che certamente non costituiscono esempi virtuosi in tema di tutela dei diritti umani, allora è possibile nutrire più di un dubbio sull’efficacia della sua azione. 6 Casi di violazioni massicce e sistematiche dei diritti umani (gross violations) Questi dunque i limiti del sistema convenzionale relativo alla tutela dei diritti umani in ambito universale. Soltanto in caso di violazioni di norme di diritto internazionale consuetudinario e/o cogente – ossia nell’ipotesi della commissione di violazioni massicce e sistematiche dei diritti umani (gross violations) – la Comunità internazionale sembra reagire con maggiore forza e determinazione. Come è noto, infatti, a partire dalla fine del bipolarismo, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha mostrato la tendenza ad ampliare la sfera delle situazioni suscettibili di venire in rilievo ai sensi dell’articolo 39 della Carta, manifestando una sempre maggiore propensione a stabilire una diretta connessione tra minaccia alla pace e tutela dei diritti fondamentali della persona umana. Infine, le gross violations possono concretizzarsi nella commissione di crimini internazionali dell’individuo, e come tali ricevere concreta sanzione dal diritto internazionale sia generale (principio dell’universalità della giurisdizione penale) sia particolare (statuto di Roma della Corte penale internazionale). Lo sviluppo del “regionalismo” Gli evidenziati limiti al funzionamento dei meccanismi di garanzia a tutela dei diritti umani previsti dalle convenzioni internazionali sui diritti umani sono alla base dello sviluppo del regionalismo nella tutela dei diritti umani. Può dirsi, anzi, che ad uno sviluppo lento e graduale della produzione di strumenti generali e particolari sui diritti dell’uomo nell’ambito dell’Onu, è corrisposta una maggiore incisività e solerzia nei contesti regionali, quali in particolare l’Europa ed il continente americano. Le garanzie poste a tutela dei diritti umani appaiono infatti dotate di un ben maggiore grado di effettività nei sistemi regionali istituiti a tutela di tali diritti. Come è ovvio, poi, ciascun sistema regionale riflette il livello di sviluppo delle società che ne sono espressione. Così a fronte dell’inefficace tenuta dei sistemi arabo, africano ed asiatico e ai buoni risultati raggiunti dal sistema interamericano, il sistema regionale più avanzato è certamente rappresentato dal modello europeo. Gli Stati europei, condividendo sistemi politico-giuridici ed economici, sociali e culturali simili e uniti da una comune matrice religiosa, hanno da tempo sviluppato modelli avanzati ed efficaci di protezione internazionale dei diritti umani, sia nel contesto del Consiglio d’Europa, con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) del 1950, sia nell’ambito dell’Unione europea, ove i princìpi della libertà, della democrazia e del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali sono posti a fondamento stesso dell’Unione. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) La Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), corredata da 14 protocolli, rappresenta a tutt’oggi il modello più avanzato ed efficace di protezione internazionale dei diritti dell’uomo. La Convenzione, infatti, oltre a garantire una serie di diritti di natura essenzialmente civile e politica, istituisce un sistema di controllo di natura giudiziaria che fa capo alla Corte europea dei diritti umani. Si noti poi che la Cedu non fornisce una definizione troppo precisa dei diritti e delle libertà garantiti nella Convenzione stessa. Ciò perché gli Stati hanno preferito demandare all’interpretazione della Corte europea il compito di circoscrivere l’ogget- to dei diritti e delle libertà alla luce della fattispecie concreta. Muovendo dalle disposizioni contenute nella Cedu, la Corte europea ha pertanto elaborato un diritto “interpretato” in materia di diritti fondamentali, ponendosi quale centro di produzione di norme. Sotto questo profilo, può dirsi che la Cedu è una Convenzione vivente ed in continua evoluzione, ossia una Convenzione i cui contenuti mutano per il tramite della giurisprudenza della Corte europea che adegua le norme contenute nella Cedu alla luce delle condizioni e delle mutate esigenze delle società moderne. La Corte europea opera come un vero e proprio organo di natura giurisdizionale, potendo occuparsi, oltre che di ricorsi interstatali, di ricorsi individuali. Infatti, con l’entrata in vigore del protocollo n. 11, il 1° novembre 1998, la Convenzione riconosce all’individuo un vero e proprio diritto di azione giurisdizionale a livello sopranazionale al fine di una più efficace tutela dei diritti degli individui, siano essi cittadini o meno dello Stato in cui risiedono. Nella Cedu, dunque, a differenza che negli altri trattati internazionali, al diritto sostanziale corrisponde un vero e proprio diritto processuale o di azione. Il giudizio dinanzi alla Corte europea termina con una sentenza vincolante. Il Comitato dei ministri vigila sull’esecuzione delle sentenze, valutando, in particolare, se le misure adottate dallo Stato sono adeguate o meno. I diritti umani nella normativa europea Nel sistema giuridico dell’Unione europea, l’acquisizione a livello normativo del rispetto dei diritti umani, di democrazia e dello stato di diritto è fenomeno recente, ove si ponga mente al fatto che il trattato istitutivo della Comunità economica europea del 1957 non conteneva alcuna norma 7 che imponesse alle istituzioni comunitarie e agli Stati contraenti l’obbligo di rispettare i diritti umani fondamentali, limitandosi a richiedere il rispetto di quei princìpi e di quelle libertà strumentali alla creazione di un mercato unico; di talché l’individuo rilevava non tanto in quanto “persona”, ma in quanto “entità economica” (lavoratore subordinato, lavoratore autonomo, prestatore di servizi). Durante una prima fase, che possiamo definire astensionista – coincidente sostanzialmente con il periodo transitorio di applicazione dei trattati – la tutela dei diritti fondamentali degli individui trova quindi esclusiva garanzia negli ordinamenti nazionali, mentre nessun rimedio giurisdizionale viene offerto all’individuo nell’ordinamento comunitario nel caso in cui gli atti delle istituzioni comunitarie violino i diritti umani. In una seconda fase, con il manifestarsi del dinamismo dell’ordinamento comunitario – attraverso l’ampliamento progressivo delle competenze, che ha comportato e comporta un impatto diretto delle norme comunitarie sulle situazioni soggettive dei singoli – la soluzione astensionista è divenuta del tutto inadeguata. In questa seconda fase, il riconoscimento dei diritti fondamentali a livello comunitario si è affermato grazie all’azione della Corte di giustizia, coinvolgendo solo successivamente le altre istituzioni comunitarie. In particolare, la Corte ha ricondotto la tutela dei diritti umani ai princìpi generali del diritto che le istituzioni comunitarie devono rispettare e la cui osservanza è sottoposta al controllo della Corte. La soluzione elaborata in materia dalla giurisprudenza comunitaria è stata recepita e consacrata nel trattato di Maastricht. Più in particolare, il trattato sull’Unione europea, nella revisione apportata con il trattato di Amsterdam, ha posto a fondamento dell’Unione i “princìpi di libertà, 8 democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto, princìpi che sono comuni agli Stati membri”. Nonostante le rilevanti modifiche apportate dai trattati di Maastricht, prima, e di Amsterdam, poi, il trattato sull’Unione europea si limitava a menzionare tra i valori fondamentali il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, senza tuttavia definirne i contenuti e senza dettare una specifica disciplina per la loro tutela. Il processo di codificazione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali nell’ambito dell’ordinamento comunitario ha ricevuto un rilancio con la decisione adottata a conclusione del vertice di Colonia del 3-4 giugno 1999 di elaborare una Carta sui diritti fondamentali dell’Unione, solennemente proclamata nel corso del vertice di Nizza del 7-9 dicembre 2000. Con la ratifica del trattato di Lisbona, la Carta europea dei diritti fondamentali è diventata un documento vincolante per tutti gli Stati membri. Si tratta di un risultato importantissimo. L’azione esterna dell’Ue nella tutela dei diritti umani Ma ancora più importante – e da internazionalista sottolineo questa maggior rilevanza – è una seconda azione che sta svolgendo l’Unione europea, rappresentata dall’azione esterna nella tutela dei diritti umani. Infatti, i princìpi fondamentali relativi alla democrazia, al rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto caratterizzano l’attività non solo interna ma anche esterna dell’Unione e della Comunità europea e, anzi, si pongono quale elemento fondante la sua politica esterna. Nei trattati, la promozione ed il consolidamento dei princìpi di democrazia, dello Stato di diritto e della tutela dei diritti umani sono indicati in modo esplicito tra gli obiettivi di talune politiche che concernono le relazioni con Stati terzi (“relazioni economiche esterne” e “politica estera e di sicurezza comune”). Anzitutto, in materia di adesione all’Unione europea da parte di nuovi Stati, va detto che il rispetto dei diritti umani è posto quale requisito indispensabile ai fini della presentazione di una domanda di adesione da parte di uno Stato terzo. In secondo luogo, gli obiettivi del rispetto dei diritti umani fondamentali negli Stati terzi sono stati perseguiti dalla Comunità nell’ambito delle relazioni economiche esterne. Punto di svolta nell’azione delle relazioni economiche esterne della Comunità europea è rappresentato dalla Risoluzione sui diritti umani del Consiglio europeo di Lussemburgo del 28 novembre 1991, che indica i parametri che avrebbero guidato l’azione della Comunità con gli Stati terzi. A tale scopo, la risoluzione formula due concrete linee di azione: da un lato, essa promette un sostegno attivo e un’assistenza accresciuta ai Paesi terzi che rispettino i diritti umani e lo stato di diritto; dall’altro, nel caso di violazioni dei diritti umani gravi e persistenti o di un’interruzione seria del processo democratico, la risoluzione esprime l’esigenza per la Comunità “di reagire”. In particolare, per quanto riguarda gli strumenti convenzionali, la risoluzione annuncia che “clausole sui diritti umani saranno inserite nei futuri accordi di cooperazione”. Nasce dunque la cosiddetta “politica comunitaria di condizionabilità democratica”, che si propone di subordinare l’aiuto nei confronti di Paesi terzi alla promozione della democratizzazione e del rispetto dei diritti umani. Il principio della condizionabilità democratica giustifica l’interruzione temporanea di aiuti, di investimenti o di agevolazioni economiche e commerciali nei confronti di quei Paesi che violano sistematicamente i diritti umani. Infine, la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea ha tra i suoi obiettivi principali lo sviluppo ed il consolidamento della democrazia e dello stato di diritto, nonché il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. In tale ambito, gli strumenti per perseguire tali obiettivi consistono, oltre che nei tradizionali mezzi diplomatici, nella realizzazione di operazioni di mantenimento della pace realizzate sotto l’egida del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Conclusione In conclusione, non può né deve stupire che i diritti umani non siano tutti protetti allo stesso modo nell’ordinamento internazionale. Né deve stupire che la tutela dei diritti umani risulti maggiormente garantita in ambito regionale europeo. La tutela internazionale dei diritti umani è come quei fenomeni naturali che si producono impercettibilmente in spazi di tempo che sfuggono alla vita dei singoli individui, e si misurano attraverso generazioni intere. I mutamenti storici, d’altra parte, non si manifestano in una improvvisa, quanto improbabile, sostituzione du jour au lendemain degli assetti preesistenti, ove si consideri che all’erosione, alla frantumazione di assetti anteriori corrispondono forze che a quegli assetti rimontano, le quali resistono, recalcitrano, non intendendo cedere il passo al nuovo che avanza. 9 comitato promotore per le onoranze di firenze al professor senatore giuseppe vedovato ORE ta c o n v e g n o della Toscana i Firenze GIUSEPPE VEDOVATO Cittadino di Firenze, dell’Europa e del mondo e di Firenze zi Georgofili di Firenze h Scienze irenze hi mio di Firenze o storico, artistico ella città di Firenze tiani ntrale di Firenze ni icordia di Firenze “Renato Branzi” li IFICO 25 novembre 2013 Auditorium dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze via Folco Portinari, 5 e lo i 10 APERTURA DEI LAVORI - ore 9.00 Lapo Mazzei, Accademico dei Georgofili Saluti delle Autorità I Sessione: GIUSEPPE VEDOVATO E LA FIRENZE COSMOPOLITA Presiede: Sandro Rogari, Università di Firenze Alberto Tonini, Università di Firenze Le relazioni internazionali tra analisi e impegno politico Antonio Zanfarino, Università di Firenze Un profilo etico tra l’accademia e la società Antonio Giardullo, per la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze Idee, proposte e fatti intorno ai beni culturali Ivo Butini, Istituto Renato Branzi di Firenze Un pensiero politico forte tra Firenze e l’Europa Andrea Giaconi, Università di Firenze L’esperienza del movimento cattolico fiorentino II Sessione - ore 14.30 L’EREDITÀ SPIRITUALE E INTELLETTUALE Presiede: Cosimo Cerruti, Università di Firenze Giulio Cipollone, Pontificia Università Gregoriana “Con chiarezza esemplare e con ammirevole lungimiranza” Nemo Nathan, Isis. Una visione moderna della comunicazione e della cultura europea Franco Imoda, Pontificia Università Gregoriana Il “Seminario permanente sull’etica nelle relazioni Internazionali” Fabio Bertini, Università di Firenze Idee e propositi sulla dimensione sociale dell’Europa II Sessione - ore 17.30 PRESENTAZIONE DEL LIBRO: GIUSEPPE VEDOVATO, UNA BIOGRAFIA di Maurizio Naldini, Edizioni Polistampa, Firenze ne parlano con l’Autore Antonio Giardullo e Pierandrea Vanni 11 A d un certo punto iniziai a dividere il mio tempo tra Roma e Milano, dove a poco a poco mi trattenevo sempre più a lungo. Non potevo scegliere città più adatta per svolgere la mia attività vulcanica. Milano diventava così per me una “Via Larga”, un’ampia strada maestra aperta verso il futuro e il nome della strada principale dove mi sarei installato avrebbe trasformato tutto ciò da metafora in viva realtà. Da qui la mia attività si è estesa in dieci paesi, come in una cavalcata entusiasmante e senza posa. À un moment donné, j’ai commencé à partager mon temps entre Rome et Milan où, graduellement, je restais de plus en plus. Et je n’aurais pas pu choisir une ville plus propice pour y mener mon activité volcanique. Milan devenait ainsi pour moi une “Via Larga”, une large rue principale ouverte vers le futur, tandis que le nom de la rue centrale où je me serais installé par la suite, aurait transformé la métaphore en réalité. De là mon activité s’est extendue en dix pays, comme dans une cavalcade, enthousiasmante et irréfrénable. A t some point in time I started to spend half my time in Rome and half in Milan where I tended to spend an increasing amount of time. I could not choose a more suitable city for my “volcanic” activities. Thus Milan was representing for me a “Via Larga” (wide road), a large main road opening onto the future and the name of the main road were I was going to settle would change the metaphor into reality. My activities have spread from here to ten countries as in an exciting and ongoing cavalcade. La un moment dat, am inceput să-mi impart timpul intre Roma şi Milano, unde, treptat, rămaneam din ce in ce mai mult. Şi n-aş fi putut alege un oraş mai potrivit pentru a-mi desfăşura activitatea mea vulcanică. Milano devenea astfel pentru mine o “Via Larga”, o amplă stradă principală deschisă spre viitor, iar numele străzii centrale unde urma să mă instalez ar fi transformat toate acestea din metaforă in realitate. De aici activitatea mea s-a extins in zece ţări, ca intr-o cavalcadă, entuziasmantă şi de nestăvilit. Tratto dal volume: Iosif Constantin Dragan, Călătorie În timp, Viaggio nel tempo, Journey through time, Milano, 2008. 12 Giuseppe Costantino Dragan in una foto giovanile 13 Il ruolo dei diritti umani nel pensiero e nell’azione di G. Costantino Dragan Una breve nota in occasione del 65° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo Ministro Plen. Giorgio Bosco Ministero degli Affari Esteri Se consideriamo la personalità del dott. Giuseppe Costantino Dragan, se guardiano non soltanto ai suoi scritti ma ciò che ha svolto nella sua esistenza, non possiamo che constatare tutta l’importanza in cui egli tenne i diritti umani. La Giornata nazionale dei diritti dell’uomo, che la Lidu – Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo – svolge ogni anno a dicembre, è stata spesso ospitata proprio della Fondazione Europea Dragan. Il Fondatore volle istituire questa struttura, fin dal 1968, proprio perché attraverso di essa si estrinsecasse il suo impegno civile e la sua fede nei principi e valori fondamentali della persona umana. Principi e valori di cui egli vedeva il fiorire e l’espandersi soprattutto in Europa (di qui l’aggettivo “Europea” riferito alla Fondazione): nella sua visione il Vecchio Continente e l’Occidente in genere, si distinguevano dai regimi totalitari proprio per il rispetto, l’osservanza, la tutela e la salvaguardia dei diritti umani. La consapevolezza della inalienabilità dei diritti umani resto il presupposto di fondo delle opere pubblicate da Costantino 14 Dragan: potrei menzionare molti suoi studi, ma mi limiterò a citarne uno, edito nel 1995, e dedicato al Maresciallo Antonescu, dove a pagina 540 stigmatizza il mancato rispetto della dignità umana nei confronti del Maresciallo e la negazione del suo diritto ad una degna sepoltura1. Vorrei pure ricordare l’immagine del fondatore in una materia affine a quella dei diritti umani: il diritto internazionale umanitario. Egli volle che una collana edita dalla Fondazione Europea Dragan raccogliesse saggi e studi sull’argomento. Anche qui cito un solo titolo: Human Dignity Protection in Armed Conflict, pubblicato nel 2006, due anni prima che egli ci lasciasse. Infine, se mi è consentito, una nota personale: Costantino Dragan ed io avevamo in comune di essere stati entrambi, anche se in tempi diversi, allievi di Giorgio Del Vecchio, il grande filosofo del diritto ed insigne maestro di generazioni di studiosi. Giorgio Del Vecchio fu relatore della mia tesi di laurea in giurisprudenza. Completati i suoi studi giuridici, il giovane Costantino Dragan tradusse in rome- no le celebri Lezioni di filosofia del diritto del professor Del Vecchio per assicurarne la maggiore diffusione in Romania. Egli aveva fatto sue le memorabili parole di questo grande Maestro: “Le verità morali e giuridiche richiedono una continua difesa e una continua riaffermazione. Resta viva nella comune coscienza l’idea di una legge di giustizia fondata nella natura e superiore all’umano arbitrio. E occorre ritrovare nella stessa coscienza, in ciò che essa ha di essenziale e immutabile, quell’esigenza di libertà che costituisce la base ed il fulcro di ogni diritto, anzi il diritto stesso nella sua prima ed elementare espressione. Non bisogna disperare del trionfo finale della libertà e della giustizia nel mondo; ma non basta proclamare i diritti umani per assicurarne il rispetto.”2 Sono certo che questi sentimenti ci serviranno di viatico nella strada che intraprendiamo ogni anno a dicembre per ricordare la Giornata Nazionale di Diritti umani in occasione dell’anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, così come sono convinto che questi insegnamenti del professor Giorgio Del Vecchio, ripresi e fatti propri dal suo allievo Costantino Dragan, nonché l’impegno profuso da quest’ultimo nello sviluppo di una cultura di tutela dei diritti dell’uomo costituiscano un’eredità preziosa che, nonostante i tempi bui che corriamo, non può certamente andare persa. Joseph Constantine Dragan, Antonescu. Marshal and Ruler of Romania (1940-1944), Bucarest, Europa Nova, 1995, p. 540. Si tratta dell’edizione “compendio”, in volume unico, della più vasta opera in 4 tomi in lingua romena dello stesso Autore. Cfr. Centrul European de Cercetări Istorice din Venetia (a cura di Iosif Constantin Drăgan) Antonescu. Mareşalul României şi răsboaile de reîntregire, Milano, Nagard, I (1986), II (1988), III (1989), IV (1990). 2 Giorgio Del Vecchio, Sui diritti dell’uomo. Discorso pronunciato in Roma l’11 dicembre 1954 in una riunione promossa dal Comitato per l’unità e l’universalità della cultura, Roma, Società Italiana di Filosofia del Diritto, 1956, p 10. 1 15 La botte della Danaidi (Roma, Aracne ed., 2013) è l’ultimo volume del Ministro Plenipotenziario Giorgio Bosco, ove narra 43 anni di carriera diplomatica svolta in varie sedi di cinque continenti 16 Il movimento femminista Excursus storico e prospettive future Giuseppe Dal Ferro Fino ad un passato non molto lontano, dal punto di vista giuridico, la donna tradizionalmente non aveva personalità giuridica e l’educazione della donna in Europa era sistematicamente diversa da quella maschile in tutti i ceti: alle giovani erano riservate le conoscenze pratiche e l’istruzione era monopolio del clero e dei maschi delle classi più elevate1. Cerchiamo di vedere le tappe nella storia dell’emancipazione femminile. Di interesse sono i salotti letterari in Francia del secolo XVII, come quello di Madame de Rambouillet, piccola corte nella quale la padrona di casa intratteneva ingegni eccellenti e spiriti arguti in discussioni stimolanti, senza escludere temi di politica2. Successivamente i salotti si organizzarono con l’azione del Mazzarino e le donne ebbero modo di imporre un gusto nuovo, spiritualizzando il linguaggio. Furono bandite le parole oscene e si incominciò a dare spazio agli affetti e ai sentimenti. Tale movimento, chiamato “preziosismo”, ebbe grande importanza in letteratura e Alessandro Manzoni3 ne è espressione. Con Madame de Stael il movimento segna i limiti anche dell’emancipazione femminile. L’affermazione “La gloria per le donne non è che lo splendido lutto della felicità” indica come il desiderio femminile mirasse non al potere, che era considerato luttuoso, ma alla gioia dell’amato senza narcisismi4. Nel secolo successivo (XVIII) emergono correnti diverse sul tema donna. Un ma- schilismo irriducibile appare nella Enciclopedia britannica (1771) con l’affermazione “La femmina dell’uomo, vedi homo”. Si sostiene che la donna ha un cervello più piccolo e meno intelligenza; è più emotiva e più instabile; è priva di discernimento5. Una seconda corrente di maschilismo moderato è rappresentata dall’abate Mallet, autore di alcuni articoli dell’Enciclopedia di D. Diderot e J.B. D’Alambert (1751- 1772). In essi si affermava che l’uguaglianza creerebbe situazioni di stallo micidiali per la divergenza di vedute nel quotidiano. Non resta quindi che assegnare a priori a uno la responsabilità del giudizio finale. Non si teorizza così la superiorità intrinseca dell’uomo, ma si accetta la subordinazione storica della donna. Si aggiunge, da parte di F.S. Desmarais, il pericolo del fascino femminile. J.J. Rousseau parla del pudore come strategia della natura per arginare lo straripamento femminile; Ch. Montesquieu nota che se le donne possono rovinare i costumi, ben creano il gusto6. Una terza corrente invece propugna l’uguaglianza fra uomo e donna. François Poullain de la Barre (1674) aveva già sostenuto tale uguaglianza, fatta propria, pur con ambiguità, da J.J. Rousseau. L’autore, nell’Emilio, teorizza l’idea che la scienza della donna è la conoscenza degli uomini e dei loro sentimenti; conclude sull’opportunità di orientare la donna all’osservazione dove eccelle, lasciando all’uomo sviluppare le opportune teorie7. Nell’Emilio si trova 17 anche l’espressione enigmatica che è bene, per legge di natura che l’uomo si faccia guidare dalla donna saggia: in amore non vi sono mai diritti, perché il diritto uccide prima l’amore e poi la libertà8. Nel 1790 Jean Antoine Caritat de Condorcet pubblica un importante articolo sui diritti civili della donna, difendendone l’uguaglianza. Nei secoli XVI-XVIII non ci sono le conquiste successive, come il diritto al voto e la presenza della donna nella sfera pubblica; tuttavia c’è una graduale conquista della dignità femminile e un riequilibrio dei rapporti di genere. Momenti significativi, relativi alla emancipazione della donna, si registrano con la Rivoluzione francese (1793), con l’inizio dell’industrializzazione, che cominciò ad occupare anche donne, pur con discriminazioni salariali, ed infine all’inizio del Novecento con le “suffragette” in Inghilterra, protese a rivendicare i diritti civili, l’eguaglianza al voto e l’accesso a tutte le professioni9. Ma il femminismo più “visibile” è nato solo negli anni 1960-1970, in seguito alla rivoluzione sessuale degli Stati Uniti e studentesca in tutto il mondo occidentale. È un femminismo radicale, antimaschio (l’uomo visto come nemico), antimatrimonio (considerato luogo di schiavitù per la donna), antimaternità (condanna e svilimento del corpo femminile). È un movimento che persegue la totale parità sociale ed economica dei sessi, mettendo in discussione valori e comportamenti consolidati nel passato patriarcale10. Il corpo e la sessualità divengono la pietra miliare della nuova soggettività cioè della coscienza della consistenza femminile, dell’esistenza e della libertà individuale. Si parla di “corpo politico”11, non in riferimento a leggi o questioni etiche ma alla dimensione politica delle relazioni di uguaglianza. Con la riappropriazione del corpo si mette in discussione il determinismo della 18 maternità e si aprono le rivendicazioni nei confronti della contraccezione e dell’aborto libero. In tutto ciò è implicita la dimensione politica: “L’emancipazione della donna, nel suo duplice aspetto di processo sociale concreto e di presa di coscienza, va di pari passo e si intreccia con il generale processo di mutamento politico ed economico di tutta la società”12. Ideologhe del movimento femminista sono Simone de Beauvoir (1908-1986) e Betty Friedan (1921-2006). De Beauvoir, ne Il secondo sesso, scrive che non è la fisiologia che può stabilire dei valori; piuttosto sono i dati biologici che assumono quei valori che l’esistenza dà ad essi. Il corpo della donna è uno degli elementi essenziali della situazione che ella ha nel mondo. Ma neanche esso basta a definirla; non è realtà vissuta se non in quanto vi è una accettazione libera mediante gli atti che si compiono in seno ad una società13. La donna non è vittima di una fatalità, ma si adegua alle spinte sociali e culturali da cui è toccata. “Liberare la donna significa rifiutare di chiuderla nei rapporti che ha con l’uomo, riconoscendosi soggetto libero. Ognuno resterà per gli altri un altro; quando invece sarà abolita la schiavitù di una metà dell’umanità e tutto il sistema di ipocrisie implicate, allora la ‘divisione’ dell’umanità rivelerà la sua vera forma”14. Il femminismo veicola così una libera sessualità per tutti, anche per le donne, grazie al contraccettivo chimico. Da allora la vita sessuale, dapprima condizionata dalla riproduzione, si sgancia da essa e diventa comportamento libero. Negli anni Ottanta di sviluppa il cosiddetto “femminismo della differenza”. Con il “riflusso” conseguente agli anni della contestazione, nei quali aveva trionfato il “femminismo della uguaglianza”, subentra una nuova ideologia, quella del “femminismo della differenza”15. La vantata uguaglianza uomo-donna aveva portato la donna ad assumere in- volontariamente i caratteri maschili, perdendo la ricchezza di cui era espressione. Si afferma allora la ricerca della “identità” e con essa il femminismo della differenza, ovviamente non subìta ma progettata e voluta liberamente. Si sostituisce sesso con “genere” (gender), termine non legato ad una differenza corporea precostituita, ma costruita nella libertà, essendo la sessualità “poliforme”, dove la scelta di genere (non più di sesso) dipende dall’opinione o dal capriccio individuale16. Ognuno può scegliere se fare l’uomo o la donna, o farli tutti e due. Promotrice delle teorie di “genere” Hudith Butler, che ritiene storicamente costruita l’identità della donna è quindi di origine politica e culturale17. Espressione del femminismo della differenza in Italia è la comunità filosofica Diotima espressa da Luisa Muraro e Adriana Cavarero, le quali si rifanno alla filosofa Luce Irigaray18. Il gruppo si sviluppa attorno alla potenza simbolica della differenza sessuale ed affida alle donne una trasmissione di un legame simbolico fra generazioni. Un contributo significativo all’argomento è offerto dai racconti di Lidia Ravera, che ha partecipato al movimento femminista del ’68 e successivamente al momento femminista della differenza. In Porci con le ali (1976) parla delle donne gruppo di viventi affini, svantaggiate, impegnate in una rivolta generazionale. Conclude l’opuscolo con: “la rivoluzione la fa chi fa la produzione, non chi strascica da uno stupido banco di scuola a una festa pop”19. Nel libro Per funghi vede gli ex giovani divenuti “vedovi della vita attiva”. Il racconto si colloca a dieci anni di distanza dal femminismo attivo, considerato fallito, e indica alle donne la possibilità di rifiutare20. Infine nel libro Né giovani né vecchi giudica con pessimismo le rivendicazioni passate. Raggiunta la libertà e la parità sessuale, le donne non sono riuscite a far cessare le disparità biologiche. La donna, sia quella fresca sia quella matura, ha uguale paura del tempo. L’età la segue. “Il tempo logora le donne le quali vivono costantemente nella paura di diventare meno donne. Gli uomini restano uomini anche da vecchi”21. Il femminismo arriva così all’ultima fase, quella della post-differenza, che fa dileguare le divisioni tra i generi, con l’indesiderata deriva sostanzialista che esse comportano. L’unica appartenenza pare la non appartenenza. L’unico loro progetto è di star bene nel presente. Alle donne, scrive Lidia Ravera, “non è riconosciuta dignità di spirito indipendente dallo stato dei loro corpi”22. La donna è ancora sempre il suo corpo. Un corpo sintomatico, ricoperto da una rete di significati che vi attribuiscono la cultura, la società, ma che figura sempre nella sua tangibile fisicità di corpo umano, o meglio corpo femminile. Possiamo parlare anche di una terza fase del femminismo, quella attuale della riflessione critica, che problematizza e critica la scissione del mondo del pensiero e della vita e si incentra sulla questione del genere. Si è intrapresa “un’analisi critica dei meccanismi di potere che stanno alla base della scissione della gerarchizzazione e della sessualizzazione dei mondi della vita e del pensiero, e che riguardano entrambi i sessi”23. I problemi aperti riguardano la stessa categoria di genere e la sua natura e il passaggio dalla contrapposizione di potere alla collaborazione dell’“insieme”. Si può notare, nello sviluppo della storia del femminismo, una parabola verso una “nuova” femminilità, più “abitabile” di quella “antica”, capace di restituire una vera uguaglianza alla donna. Il “femminismo dell’uguaglianza” aveva fatto perdere alla donna la propria identità e il “femminismo della differenza” aveva chiuso la donna in sé nell’individualismo senza risolvere il problema. Entrambe le fasi del femminismo sono state importanti e necessarie per supera19 re una realtà scissa, nella quale spirito e corpo, cultura e natura, intelletto e sentimenti sono stati contrapposti e arbitrariamente gerarchizzati. Il “genere” non è qualche cosa che riguarda le donne, ma non gli uomini – come se le donne soltanto avessero un sesso e gli uomini fossero neutri”24. Quali sono ora le prospettive? Il passo successivo è scoprire una diversità come ricchezza e complementare. È condivisibile la speranza di Victoria Sendón che riconosce ai due femminismi stimolanti ed irrinunciabili apporti: non sono in competizione, né coincidono; sono complementari25. Ci si chiede se questa complementarietà non sia una legge più universale e implichi anche la categoria dell’“insieme” nei rapporti paritetici fra uomo e donna: “Sembra proprio venuto il momento – scrive Maria Teresa Bellanzier – della collaborazione fra i due sessi, fuori da ogni schema preordinato di comportamenti e di ruoli, in una eguaglianza che si costruisce continuamente attraverso il confronto di diversità che dicono arricchimento comune, mai subordinazione o sfruttamento l’uno dell’altro”26. 1 Cfr. Bertacchini R.A.M., All’origine del femminismo: i secoli XVI-XVII, http://www.laici. Va/content/dam/laici/documenti/donna/culturasocieta/italiano/all’origine-del-femminismo. pdf, p. l. 2 Cfr. ivi. 3 Cfr. ivi, p. 2. 4 Cfr. ivi. 5 Cfr. ivi, p. 3. 6 Cfr. ivi, p. 4. 7 Cfr. ivi. 8 Cfr. ivi. 9 Cfr. Cocever E. - Gresleri M. G., Donna: destino o costruzione sociale, in “Regno – Attualità” anno XIX, 1974, n. 281 (n. 4) , p. 106. 10 Cfr. Restaiono F., Il pensiero femminista. Una storia possibile, in Cavarero A. - Restaiono F. (eds.), Le filosofie femministe, Milano, Bruno Mondadori-Paravia, 2002, pp. 31 -34. 11 Cfr. Cocever E. - Gresleri M. G., Donna: destino o costruzione sociale, cit. , p. l06. 12 Cfr. ivi. 13 Cfr. ivi, p. 112. I testi di riferimento delle due autrici sono: De Beauvoir S., Il secondo sesso, Saggiatore, Milano, 1984; Friedan B., La mistica della femminilità, Milano, Comunità, 1964. 14 Cfr. Cocever E. - Gresleri M.G., Donna: destino o costruzione sociale, cit., p. 113. Essere persona, scrive Rosanna Levi, significa essere libera (cfr. Levi R., “Natura” e “cultura” nella personalità femminile, in AA.VV., Donna e società, Vicenza, Rezzara, 1976, p. 93. 15 I testi che iniziano il femminismo della differenza sono Irigaray L., Speculum. L’altra donna, Feltrinelli, Milano, 1975, ed in Italia: Lonzi C. et al., Sputiamo su Hegel, Bologna, Libreria delle Donne, 2010. 16 Cfr. Pibia S., Itinerari del femminismo filosofico, cit., pp. 9 sg. 17 Cfr. Correa Lima L., Linguaggio della creazione e genere, in “Concilium”, a. XLVIII (2012), n. 4, p. 623. 18 Cfr. Serkowska H., Dall’uguaglianza alla differenza e oltre. Romanzi-testimonianza di Lidia Ravera, in “Cahiers d’études italiennes”, éditions litteraires et linguistiques de l’Université de Grenoble, 7/2008, pp. 149-158. 19 Ravera L., Porci con le ali, Milano, Mondadori, 1996, pp. 154-155. 20 Ravera L., Per funghi (1986), ora Un lungo inverno fiorito e altre storie, Baldini e Castoldi, 2001. 21 Ravera L., Né giovani né vecchi, Milano, Mondadori, 2000, p. 17. 22 Ivi, p. 49. 23 Ammicht-Quinn R., Un pensiero rischioso: genere e teologia, in “Concilium”, a. XLVIII (2012), n. 4, p. 581. 24 Ivi, p. 583; cfr. ivi, pp. 579-580. 25 Cito in Pibia S., Itinerari del femminismo filosofico, cit., pp. 115 sg. 26 Bellanzier M. T., (v.) Donna, in Demarchi F. - Ellena A. (eds.), Dizionario di sociologia, Cinisello Balsamo, Paoline, 1976, p. 447. 20 Bulletin européen 2013 UN ANNO D’EUROPA Indice generale degli articoli pubblicati (nn. 740-751) Gennaio 2013 – n. 752 Alessandro Politi: L’Europa e la partita africana.......................................................... 1 Guido Ravasi: Per una intelligence policy di dimensione europea................................ 5 Giuseppe Dal Ferro: Associazioni e mondi vitali, con alcune riflessioni sul principio di sussidiarietà ............................................................................................ 9 Guido Ravasi: L’impegno per la cultura di Giuseppe Costantino Dragan e la Dragan University.................................................................................................... 16 Edizioni Mediterranee: Perché un nuovo libro su Mircea Eliade?............................ 21 Febbraio 2013 – n. 753 Alessandro Politi: Il rapporto tra economia e politica: è il momento di cambiare..... 1 Istituto Toniolo: L’uso del web e l’impatto delle nuove tecnologie sulle nuove generazioni......................................................................................................................... 3 Giuseppe Dal Ferro: Una nuova dimensione del concetto di cittadinanza.................. 8 Marco Scarpati: Lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia.......... 14 Marzo 2013 – n. 754 Alessandro Politi: L’Europa e l’informazione............................................................... 1 International Conference. Communicating Europe. Journals and European Integration (1919-1979)..................................................................................................... 5 Giuseppe Dal Ferro: La crisi attuale della convivenza civile....................................... 9 Marco Scarpati: Non possiamo più fare finta di niente. Conoscere per contrastare il turismo e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pedopornografia............... 16 21 Aprile 2013 – n. 755 Giuseppe Dal Ferro: La città e la socializzazione. Per una educazione alla convivenza................................................................................................................... 1 Viviana Meschesi: Le linee di un umanesimo autentico in Leonardo Casini.............. 7 Marco Scarpati: I nostri figli e i rischi con Internet e il telefono cellulare................ 14 Alessandro Politi: Vecchi rischi e nuove possibilità nel mondo dell’intelligence....... 21 Maggio 2013 – n. 756 Fausto Capelli: Governo dei tecnici, sistema costituzionale nell’Unione europea e gestione del potere politico in Italia............................................................................... 1 Leonardo Casini: La riscoperta del corpo e la rivalutazione dello spirito................. 14 Marco Scarpati: Ecpat e i risultati della lotta contro la pedofilia.............................. 17 Antonio Teti: Cosa c’è dietro al caso WikiLeaks?.......................................................... 21 Giugno 2013 – n. 757 Umberto Gori: Nuove minacce globali............................................................................ 1 Guido Ravasi: L’eco di Asachi nell’Italia dei Poeti......................................................... 6 Georghe Asachi: Nel giardino d’Europa......................................................................... 7 Giuseppe Dal Ferro: Le religioni e la donna (I): Ebraismo, Islam, Cristianesimo...... 9 Fausto Capelli: Governo dei tecnici, sistema costituzionale nell’Ue e gestione del potere politico in Italia. Valutazioni finali e conclusive.......................... 15 Luglio - Agosto 2013 – nn. 758-759 Umberto Gori: L’intelligence nel sistema internazionale post-bipolare........................ 1 Guido Ravasi: L’approccio sistemico nelle analisi di intelligence. Breve nota metodologica.................................................................................................... 8 Giuseppe Dal Ferro: Le religioni e la donna (II): Induismo, Buddhismo, Confucianesimo e Taoismo................................................................................................. 9 Stefano Silvestri: Cyberwarfare, cybersecurity e vulnerabilità della sicurezza......... 14 Guido Ravasi: Il fascino della Tracia “misteriosa”....................................................... 17 Settembre 2013 – n. 760 Fausto Capelli: Il rilancio dell’economia attraverso la valorizzazione dei beni culturali................................................................................................................ 1 Stefano Silvestri: La cooperazione internazionale dei servizi di intelligence americani.................................................................................................. 14 Guido Ravasi: Nuove frontiere della tracologia. L’impulso alla disciplina conferito da G. Costantino Dragan (II).................................. 17 22 Ottobre 2013 – n. 761 Antonio Teti: Opportunità e pericoli della rete. Dagli effetti di psicologia di massa alle rilevanze geopolitiche e di sicurezza nazionale......................................... 1 Laura Baldassare: Il caso emblematico di Iqbal Masih............................................... 9 Stefano Silvestri: Difficoltà di jointness e lacune nella riforma del sistema di intelligence degli Stati Uniti.................................................................... 14 Giuseppe Dal Ferro: Il rapporto uomo-donna: a che punto siamo oggi...................... 16 Guido Ravasi: Per una migliore qualità della vita ..................................................... 21 Novembre - Dicembre 2013 – nn. 762-763 Umberto Leanza: Diritti umani “universali”,valori occidentali e meccanismi di garanzia. A 65 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: a che punto siamo?............................................................................................................ 1 Giorgio Bosco: Il ruolo dei diritti umani nel pensiero e nell’azione di G. Costantino Dragan.................................................................................................. 14 Giuseppe Dal Ferro: Il movimento femminista. Excursus storico e prospettive future.......................................................................................................... 17 Bulletin européen: Un anno d’Europa......................................................................... 21 Il Bulletin européen è una tribuna libera fondata nel 1950 da J. Constantin Dragan per lo sviluppo del dibattito sull’Europa. Le opinioni, liberamente espresse dagli autori, non necessariamente corrispondono a quelle del giornale. Bulletin européen Tribuna libera per l’Europa fondata nel marzo del 1950 da Giuseppe Costantino Dragan ISSN 2283-3013 già 0407-8438 (cartaceo) Direttore Responsabile: Guido Ravasi Direzione e Redazione: Via Larga 9/11 - 20122 Milano Tel. 02 58371405 - Fax 02 58304790 e-mail: [email protected] Registrazione Tribunale Milano n. 390 del 3-6-1998 Chiuso in redazione: 18 novembre 2013 . ... si la Communauté économique européenne est la base de l’unification de l’Europe, la Communauté culturelle en permettra sa réalisation durable. SOMMARIO Umberto Leanza: Diritti umani “universali”,valori occidentali e meccanismi di garanzia. A 65 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: a che punto siamo?................................................................................................ 1 Giorgio Bosco: Il ruolo dei diritti umani nel pensiero e nell’azione di G. Costantino Dragan...................................................................................... 14 Giuseppe Dal Ferro: Il movimento femminista. Excursus storico e prospettive future.............................................................................................. 17 Bulletin européen: Un anno d’Europa............................................................. 21