Bibliografia: Fonti testuali: • Parlare di storia 2, edizioni scolastiche Bruno Mondadori, Unità 6 “Lo scenario economico: la rivoluzione industriale inglese”. Link: • rivoluzionariofragile.wordpress.com • raiday.com • digilander.libero.it • general-anaesthesia.com • angelfire.com La rivoluzione industriale in Inghilterra Noi oggi viviamo in una società in cui l’industria, il mercato e lo scambio, influenzano non soltanto l’economia ma anche le culture, i valori, gli stili di vita. Ma questa realtà cominciò ad affermarsi poco più di due secoli fa, agli inizi del 1760, quando l’Inghilterra fu teatro di un mutamento che sconvolse la società europea: la rivoluzione industriale, che avviò un processo di sviluppo, accompagnato da trasformazione tecnologiche, come l’introduzione di macchinari in sostituzione dell’uomo. Perché proprio in Inghilterra? L’Inghilterra aveva un’alta disponibilità di capitali per l’investimento, e l’agricoltura capitalistica fornì non solo capitali d’investimento ma anche una forzalavoro abbondante e a basso costo. I commerci internazionali garantirono sia capitale di investimento ma anche materie prime come il cotone greggio. L’Inghilterra era poi ricca di risorse minerarie come il carbone e il ferro, che divennero disponibili solo grazie ai miglioramenti di trasporti e infrastrutture, con la costruzione di una fitta rete di strade e canali navigabili. • Canale fatto costruire dal duca di Bridgewater nel 1759 per trasportare il carbone dalle sue miniere fino alla città di Manchester In parte dell’Europa si affermò il sistema dei villaggi di campi aperti, richiedendo la separazione fra coltivazione e allevamento, poiché non erano in grado di crescere insieme, in quanto vi era la concorrenza nell’uso del suolo. Tale soluzione consisteva nell'inserire l'allevamento nelle rotazioni agricole, sostituendo quello sui prati artificiali a quello effettuato nell'openfield. L'aumento dell'allevamento, oltre al suo valore di mercato (carne, latte), consentiva una migliore concimazione del suolo, mentre la coltivazione di piante foraggere, accresceva la sua fertilità. L’insieme delle trasformazioni effettuate nei campi dell’Inghilterra, vengono denominate: “Rivoluzione Agricola”. La rivoluzione tessile L’industria laniera era il vero pilastro dell’economia inglese, ma ciò che fu rivoluzionario era la produzione di filati e tessuti in cotone, che nel giro di alcuni decenni euguagliò per importazione ma poi superò decisamente quello della lana. Il cotone permetteva di soddisfare un bisogno primario, ossia quello di vestirsi senza spendere grandi somme di denaro al contrario della lana, per questo era molto più richiesto. Inoltre, la fibra del cotone si prestava molto meglio alla meccanizzazione della filatura aumentandone la produttività. Il sistema del lavoro a domicilio La maggior parte della produzione tessile era legata al lavoro a domicilio svolto dai contadini nei periodi di minore attività agricola. Questi tessitori dipendevano dai mercanti, che erano proprietari dei telai e che provvedevano a consegnare la materia prima e a ritirare il prodotto finito. Alcuni contadini avevano la necessità di guadagnare qualcosa in più oltre alla retribuzione data dal lavoro nei campi, per questo lavoravano anche artigianalmente e i mercanti-imprenditori distribuivano loro lavori a domicilio. Il nodo ferro-carbone Vi furono altre trasformazioni registrate da un altro settore, ovvero quello siderurgico ed estrattivo, e in particolare consideriamo il rapporto ferro-carbone che costituì il centro della rivoluzione. La fusione del ferro per produrre ghisa, avvenendo in altiforni alimentati con carbone di legna, incontrava due limiti: Esaurimento legname Scarsa purezza della ghisa Una vera e propria svolta si ebbe quando Henry Cort elaborò una tecnica che permetteva di produrre buona ghisa grazie all’invenzione di altiforni alimentati a coke, dove il carbon fossile veniva sottoposto a una cottura che riduceva le sue impurità. Grazie a questa innovazione la siderurgia inglese raddoppiò la produzione di ghisa. La macchina a vapore La crescente domanda di carbon fossile spinse ad aumentare la profondità dei pozzi sino al punto in cui l’acqua impediva di proseguire. James Watt, nel 1775, inventò la macchina a vapore con pompe in grado di prosciugare i pozzi in profondità. Questa macchina non solo risolse il problema dell’estrazione del carbone, ma fornì all’industria tessile e poi all’intera industria, una forza motrice molto più potente di quella umana o idraulica: l’intero processo di meccanizzazione ne ricevette un enorme impulso. James Watt James Watt, (Greenock 1736 Heathfield, Birmingham 1819), inventore e ingegnere meccanico scozzese. Lavorò sin dalla giovinezza come costruttore di apparecchi scientifici, interessandosi ben presto al perfezionamento della macchina a vapore, inventata dagli ingegneri Thomas Savery e Thomas Newcomen. Nel 1769 progettò e brevettò un condensatore separato per la macchina a vapore, e portò alcuni miglioramenti al motore di Newcomen. Dal 1775 Watt brevettò altre invenzioni, tra cui la macchina rotativa; la macchina a doppio effetto, l'indicatore di vapore, che registra la pressione del vapore all'interno del motore. Uscito dalla società nel 1800, si dedicò interamente alla ricerca. Il watt,unità di misura della potenza, fu così chiamato in suo onore. Il ciclo vapore-ferrovie Meno costi Sviluppo trasporti ferrovie Sviluppo siderurgia Più domanda globale Meccanizzazione tessitura Telai a vapore Macchine a vapore La rivoluzione industriale dagli anni 1760-90, è caratterizzata da meccanizzazione della filatura del cotone, dall’introduzione di nuovi metodi in siderurgia e dall’invenzione della macchina a vapore.