Tre giorni di studio sul Concilio
4-8-15 febbraio 2013
SECONDA SERATA
Parola e liturgia
La duplice mensa
a cura di Paolo SIMONETTI
Il problema della partecipazione.
Parlare di liturgia a volte sembra superfluo perche tutti ci riteniamo gia esperti
delle varie azioni sacre—addirittura conosciamo a memoria numerose formule
del messale—tanto da trascurare un particolare essenziale: la liturgia mi mette
di fronte a Dio, anzi, mi mette nella condizione di godere della grazia di Dio,
comunicando in modo profondo e personale al Mistero di Cristo, morto e risorto.
Anche il linguaggio a cui siamo abituati tradisce una certa superficialita, o senso
di consumata abitudine. Parliamo sempre di messa, trascurando il termine
Eucaristia; e completamento assente il riferimento al “mistero”; l’Anno liturgico
lo comprendiamo in riferimento solo alle feste mariane o ai momenti di grande
festa.
Non ci lasciamo stupire ne, tantomeno, rinnovare dalla partecipazione ai divini
Misteri. Siamo inseriti in una mentalita legalista abituata a contare il numero dei
mesi, legando i frutti della grazia non al cuore rinnovato ma alla piu o mena
assidua pratica di devozioni. E quell’atteggiamento che gia i profeti
rimproveravano a Israele: questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore
e lontano (cfr. Isaia).
L’insegnamento del Concilio invece ci parla di una realta diversa:
È ardente desiderio della madre Chiesa che tutti i fedeli vengano formati a quella
piena, consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche, che è
richiesta dalla natura stessa della liturgia e alla quale il popolo cristiano, «stirpe
eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo acquistato» (1 Pt 2,9; cfr 2,4-5), ha
diritto e dovere in forza del battesimo. A tale piena e attiva partecipazione di tutto
il popolo va dedicata una specialissima cura nel quadro della riforma e della
promozione della liturgia. Essa infatti è la prima e indispensabile fonte dalla quale
i fedeli possono attingere il genuino spirito cristiano (SC 14).
La partecipazione non va intesa secondo categorie sociologiche o, peggio, con
sfumature democratiche. Partecipare vuol dire prendere parte secondo la
modalita del proprio stato, non va intesa come una spartizione di compiti. Tutti i
ministeri utili allo svolgimento delle celebrazioni vanno vissuti come dono e
compito, in vista di una perfetta lode a Dio.
A volte appare veramente arduo educare ad uno spirito liturgico così come il
Concilio insegna, di fronte a una mentalita che guarda il fare e non il celebrare.
In tal modo la liturgia, mentre ogni giorno edifica quelli che sono nella Chiesa per
farne un tempio santo nel Signore, un'abitazione di Dio nello Spirito, fino a
raggiungere la misura della pienezza di Cristo, nello stesso tempo e in modo
mirabile fortifica le loro energie perché possano predicare il Cristo (SC 2).
Un momento essenziale del Concilio e stata la riforma liturgica. Un segno, che ha
avuto grande risonanza e che oggi non trova ancora una attuazione completa. A
mio parere, da riformare sarebbe anche il nostro modo di essere cristiani: per
celebrare occorre fede. Se manca la fede, i vari cambiamenti restano sterili.
Prima del Concilio il problema piu grande sembrava quello della lingua, si diceva
che le persone erano lontane dal rito perche non comprendevano e neanche
ascoltavano. Dopo la riforma si puo affermare che pur potendo ascoltare e
capire, il livello di coinvolgimento resti abbastanza risicato.
Nel frattempo si rischia di trascinare sul piano meramente orizzontale una
realta, la liturgia, che e divina e umana allo stesso tempo.
Il primato della Parola
Un discorso simile al precedente potrebbe farsi per la Parola di Dio. La
Costituzione Dei verbum infatti concentra l’attenzione sulla Divina rivelazione,
lasciando intendere, gia in partenza, che la Parola di Dio entra in una dinamica
molto piu ampia, dove la Parola e un elemento della Storia della Salvezza.
Molto spesso gli atteggiamenti piu semplici tradiscono le nostre convinzioni piu
nascoste. Una realta sottovalutata nel rapporto con la Parola di Dio e la
dimensione dell’ascolto. Sia ai fedeli che ai sacerdoti puo capitare di snaturare il
valore della Parola quando si tralascia con facilita di mettersi in ascolto della
Parola di Dio.
E come?
Abbiamo tanti libretti per seguire la Liturgia della Parola, ma quanti di noi sanno
chiuderli al momento opportuno per mettersi ad ascoltare la Parola proclamata?
In alcuni luoghi, capita che, terminata la proclamazione del vangelo, l’omelia poi
sia concentrata su tutt’altro.
Abbiamo tanti opuscoli per le nostre meditazioni e poi non sappiamo sfogliare le
pagine della Bibbia.
La nostra preghiera raramente si nutre e si costruisce intorno alla Parola di Dio.
Diciamolo con serena schiettezza, molte volte i cristiani fanno un uso
strumentale della Parola di Dio! Come pure esiste il pericolo, tipico delle chiese
riformate, di assolutizzare il valore della Parola, sganciandolo dalla viva
tradizione della Chiesa, a scapito della dimensione liturgico-sacramentale. Cio si
verifica quando ci preoccupiamo delle letture e delle omelie e ci disinteressiamo
dell’Eucaristia.
Impariamo dal concilio la via giusta:
In religioso ascolto della parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia, il santo
Concilio fa sue queste parole di san Giovanni: «Annunziamo a voi la vita eterna, che
era presso il Padre e si manifestò a noi: vi annunziamo ciò che abbiamo veduto e
udito, affinché anche voi siate in comunione con noi, e la nostra comunione sia col
Padre e col Figlio suo Gesù Cristo» (1 Gv 1,2-3) DV 1.
Il concilio si mette in ascolto! In religioso ascolto! Il primato e di Dio. L’ascolto ci
rende discepoli e ci fa annunciatori del Mistero.
Stiamo vivendo l’Anno della fede. Un regalo che ogni credente puo farsi e il libro
della Sacra Scrittura. Nel 2008 la CEI ha curato una nuova traduzione che ora e
obbligatoria sia per l’uso liturgico che personale. Son sicuro che qualcuno tra noi
e così aggiornato da usare ancora una copia della Bibbia scritta a mano da uno
dei profeti! Verifichiamo, controlliamo e provvediamo.
Voglio concludere con un numero giustamente ritenuto fondamentale di questa
costituzione conciliare:
La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso
di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane
di vita dalla mensa sia della parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai
fedeli. Insieme con la sacra Tradizione, ha sempre considerato e considera le divine
Scritture come la regola suprema della propria fede; esse infatti, ispirate come
sono da Dio e redatte una volta per sempre, comunicano immutabilmente la parola
di Dio stesso e fanno risuonare nelle parole dei profeti e degli apostoli la voce dello
Spirito Santo. È necessario dunque che la predicazione ecclesiastica, come la stessa
religione cristiana, sia nutrita e regolata dalla sacra Scrittura. Nei libri sacri,
infatti, il Padre che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli ed
entra in conversazione con essi; nella parola di Dio poi è insita tanta efficacia e
potenza, da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa la forza
della loro fede, il nutrimento dell'anima, la sorgente pura e perenne della vita
spirituale. Perciò si deve riferire per eccellenza alla sacra Scrittura ciò che è stato
detto: «viva ed efficace è la parola di Dio » (Eb 4,12), « che ha il potere di edificare
e dare l'eredità con tutti i santificati» (At 20,32; cfr. 1 Ts 2,13) DV 21.
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