ASSOCIAZIONE NAZIONALE INFERMIERI DI AREA CRITICA ° &RQJUHVVR1D]LRQDOH$QLDUWL 1RYHPEUH–5LPLQL–3DODFRQJUHVVL $VVLVWHUHOD3HUVRQDLQFULWLFLWDYLWDOHIUD UD]LRQDOLWDWHFQRORJLDHFRPXQLFD]LRQH &RPXQLFD]LRQH Foto by Stefano Elli 7HFQRORJLD Razionalita’ Abstract Congresso 3 2014; 31 (suppl.) 33° Congresso nazionale Aniarti 5-7 novembre 2014 – Rimini Palacongressi Assistere la Persona in criticità vitale fra razionalità, tecnologia e comunicazione Motivazioni e presentazione Il momento è opportuno per mettere in fila alcuni punti fermi per costruire quel modo nuovo di fare salute che supera la dimensione di “attività” per diventare espressione di relazione, che è il senso dell’essere sociale e dell’essere stesso. Dobbiamo imboccare con urgenza la via del cambiamento rispetto alle consuetudini che si sono instaurate ed hanno portato il nostro paese in una situazione pericolosa sotto molti aspetti. Serve un modo nuovo di fare salute, particolarmente in area critica, in cui spesso si “soccorre-a-prescindere” dall’altro, un modo nuovo che contribuisca direttamente a costruire una società che intende ritrovare la propria… ragione sociale rispetto alla ragione del-più-dotato, che nei fatti, ha finora condizionato la storia. E fare salute significa certo applicare il massimo di razionalità possibile, sia in termini di conoscenza scientifica che di competenze e di organizzazione/amministrazione. Le tecnologie sono da intendere campo di stimolo all’innovazione, al superamento del limite e come ambito operativo delle intelligenze e delle possibilità. Tecnologie come strumento di liberazione, non nascondendone anche il possibile condizionamento. Ma, in particolare la funzione di protezione della salute, non può prescindere dalla componente di relazione e dunque della comunicazione, che è motivazione e legame dell’intero sistema. Comunicare non può prescindere dalla multi/bi-direzionali- tà, dalla parità, dal rispetto, dall’ascolto, dall’aspirazione all’arricchimento reciproco, pena lo scadimento nella dominanza e nella repressione: la contraddizione del prendersi cura. Recuperare sistematicamente la comunicazione nei processi e nelle organizzazioni richiede una profonda revisione della medicina/sanità e dell’assistenza finora praticate. Il modo di essere infermieri (di area critica), rappresenta l’aggancio ideale per questa revisione ed un patrimonio sociale e culturale da non disperdere. Avere il coraggio di riaffermare i punti di riferimento significa saper indicare strade nuove oltre che per la massima qualità dell’assistere, anche per la convivenza dell’intera comunità e questo rappresenta la dimensione etica in espansione dei professionisti. Il 33° Congresso Aniarti intende, enfatizzando l’operatività, accogliere ed attribuire valore e senso anche alla dimensione del recupero dalla criticità, alla sofferenza ed al processo della fine. Una cultura che deve plasmare con consapevolezza ed equilibrio, senza lasciarsi travolgere dal semplice possibile, lo storico momento dell’evoluzione, in cui l’uomo sembra per la prima volta riuscire a controllare molti limiti e, in parte, la morte stessa. Coniugando al meglio tecnologie, organizzazione, competenze, comportamenti, lavoreremo ad un manifesto per una nuova cultura del bene-vivere. In tutte le situazioni. Vinciamo lo scoraggiamento generale ed esplicitiamo il molto di positivo che abbiamo, già costruito! Sarà la nostra certezza su cui fondare l’indispensabile nuova cultura. Per tutti. 4 2014; 31 (suppl.) 33° Congresso nazionale Aniarti 5-7 novembre 2014 – Rimini Palacongressi Assistere la Persona in criticità vitale fra razionalità, tecnologia e comunicazione Programma 5 Novembre 2014 10.00-13.00 Evento con le scuole/cittadinanza. Campagna per l’uso corretto dei servizi di emergenza urgenza Corso ecografia per infermieri/ Sessioni a disposizione delle Aziende (su prenotazione) 14.00 - 18.30 Apertura della sessione poster a concorso (Premio “Miglior poster Aniarti 2014”) Apertura della sessione video a concorso (“Miglior Video Aniarti/Nurse24.it 2014”) Corsi Tecnico-pratici Aniarti (Sale parallele) Sala della Piazza Monitoraggi e assistenza Giandomenico Giusti, Maria Benetton 14.30 – 15.00 Maria Benetton Perché una monografia sul monitoraggio, il progetto Aniarti “Quaderni dell’assistenza” 15.00 – 15.30 Gian Domenico Giusti L’importanza del monitoraggio. L’infermiere tra la persona e la tecnologia 15.30 – 16.00 Irene Comisso Il monitoraggio cardiologico ed emodinamico 16.30 - 17.00 Stefano Bambi Il monitoraggio respiratorio 17.00 - 17.30 Chiara Peduto Il monitoraggio cerebrale 17.30 - 18.00 Alberto Lucchini Presentazione delle schede di consultazione rapida 18.00 – 18.30 Maria Benetton Take Home message. Cosa ci portiamo a casa Sala del Tempio 1 Dolore evitabile nell’assistenza intensiva: quale consensus tra gli infermieri Stefano Sebastiani 14.30 - 15.00 Claudio Tacconi Il percorso del Trauma UP date 2014: il consenso sul Dolore extra ospedaliero 15.00 – 15.30 Roberta Ridolfi Presentazione della modalità di lavoro e presentazione delle evidenze 5 2014; 31 (suppl.) 15.30 – 16.00 Guglielmo Imbriaco Presentazione delle evidenze e dei risultati su consensus TI Update delle evidenze 16.30 - 17.00 Consensus: paziente adulto postchirurgico o traumatico senza problemi neurologici. Sedazione durante l’attività routinaria assistenziale 17.00 - 17.30 Chiusura Sala del Tempio 2 Integrazione fra coordinamento clinico ed organizzativo. Workshop Gaetano Romigi, Nicola Ramacciati 14.30 – 15.10 Gaetano Romigi, Coordinatore Master Università di Roma Tor Vergata Dall’AFD al Master. Inquadramento storico della formazione e sviluppo in relazione all’esercizio professionale e agli assetti organizzativi 15.10 – 15.50 Gennaro Rocco - Vice- Presidente Federazione Nazionale Ipasvi Le competenze infermieristiche del Coordinatore: lo sviluppo di nuovi modelli, la carriera e i Master online. 15.50 – 16.30 Nicola Donti, UO Sviluppo, Qualità e Comunicazione AUSL Umbria 1 Perugia Il recupero della motivazione lavorativa e le funzioni di coordinamento della risorsa infermieristica in area critica: comunicazione efficace strumento 16.30 – 17.10 Nicola Ram acciati, Pronto Soccorso Ospedale Perugia Il Coordinamento in Pronto Soccorso: tra problematiche organizzative, stress e aggressioni al personale 17.10 – 17.50 Silvia Scelsi, Resp. UOC SAI e Formazione Continua e di Base ARES 118 Lazio Il Coordinamento clinico e quello gestionale: l’esperienza del Policlinico Tor Vergata. 17.50 - 18.30 Rachele Degli Esposti, Coordinatrice clinica Terapia Intensiva Cardiochirurgica, London Chest Hospital Il confronto con l’esperienza inglese del Coordinamento in area critica 6 Novembre 2014 9.00 - 10.00 - Sala della Piazza Apertura ufficiale del congresso Fabrizio Moggia, Presidente Aniarti Un manifesto per una nuova cultura del bene-vivere. In tutte le situazioni. Sergio Livigni, Torino Il punto su razionalità, tecnologia e tecnologie per l’assistenza. È tempo di scelte nuove. Lucia Fontanella, Torino La relazione/comunicazione: dimensione non-misurabile, ma reale. Dibattito 10.00 - 12.50 (sale parallele) Razionalità, tecnologia e assistenza alla persona in area critica: innovazioni, benefici e possibili devianze Sala della Piazza Sala del Tempio 1 Sala del Tempio 2 Assistere in area critica: studi e ricerche 1 La tecnica fra supporto e condizionamento La sicurezza innanzitutto Discrepanza tra linee guida e pratica quotidiana nella gestione dell’aspirazione tracheale: risultati di una survey multicentrica. Alberto Lucchini, Monza Sinergie tra tecnologie e “caring”. Martina Bertacco, Verona L’impiego della checklist per la sicurezza del paziente in Sala Operatoria nel Presidio Ospedaliero San Giovanni Bosco di Torino: analisi delle criticità e pianificazione delle azioni di miglioramento”. Salvatore Lanzarone, Torino 6 2014; 31 (suppl.) Sala della Piazza Sala del Tempio 1 Sala del Tempio 2 Assistere in area critica: studi e ricerche 1 La tecnica fra supporto e condizionamento La sicurezza innanzitutto PTCA primaria nello STEMI e fattori predittivi di mortalità: risultati di un’indagine osservazionale retrospettiva nell’UCIC di Conegliano e ruolo dell’infermiere nella prevenzione terziaria. Valentina Tomasella, Treviso L’efficacia di un bundle per la prevenzione delle polmoniti associate a ventilazione meccanica, nella terapia intensiva polivalente del CTO di Torino. Salvatore Lanzarone, Torino La stitichezza nei pazienti in terapia intensiva. Studio prospettico osservazionale di coorte per l’analisi dell’incidenza e dei fattori di rischio. Dati preliminari. Alessandra Zorzenon, Udine Chiusura dei cateteri ad utilizzo discontinuo con sistemi needleless: test in vitro dei dispositivi presenti in commercio. Stefano Elli, Monza Il telemonitoraggio nel paziente con dispositivo impiantabile (ICD e PM): la tecnologia per la sicurezza e la qualità di vita. Giulia Carlesso, Treviso Il metodo ECG intracavitario nel posizionamento di cateteri venosi centrali PICC in un reparto di Terapia Intensiva Coronarica. Alessandro Mitidieri, Roma L’impostazione degli allarmi per la sicurezza del malato. Stefano Bernardelli, Verona Ipotermia terapeutica post arresto cardiaco: un protocollo ben applicato può sostituire la tecnologia. Salvatore Camboni, Sassari Somministrazione di medicamenti attraverso sonde gastro-enterali: rischio clinico e best practices, indicazioni dalla letteratura. Marta Velia Antonini, Parma 11.30 – 12.50 Sala della Piazza Sala del Tempio 1 Sala del Tempio 2 Percorsi, procedure, protocolli Nuove dimensioni della comunicazione Qualità di vita in area critica Applicabilità ed effetti della postura prona nei pazienti ipossici sottoposti ad ECMO veno-venoso. Alberto Lucchini, Monza Confronto tra la sostituzione delle linee infusionali e di monitoraggio ogni 96 ore versus ogni 7 giorni. Simone Angelini, Milano Il metodo SBAR per prevenire gli errori di comunicazione. Marco Zucconi, Perugia Self management e adherence nella persona con asma. Enrico Semprini, Rimini La resilienza negli infermieri delle terapie intensive: uno studio osservazionale. Stefano Bernardelli, Verona. Gestione infermieristica del dolore in terapia intensiva oncologica. Andrea Mulas, Milano 7 2014; 31 (suppl.) Sala della Piazza Sala del Tempio 1 Sala del Tempio 2 Percorsi, procedure, protocolli Nuove dimensioni della comunicazione Qualità di vita in area critica Efficacia del materiale www.intensiva. it sui sintomi di stress post-traumatico nei familiari dei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva. Giovanni Brenna, Milano Studio preliminare sulla correlazione tra rumore e presenza di delirium nei pazienti ricoverati in TI. Andrea Finelli, Bologna La gestione del paziente grande ustionato attraverso il monitoraggio emodinamico avanzato a bassa invasività PICCO 2. Fioravante Mike Dreosti, Torino Ottimizzazione del percorso del paziente post-operato: il progetto Recovery Room dell’ospedale Maggiore di Bologna. Mauro Tiacci, Bologna Pronto Soccorso e cittadini: un’alleanza possibile. Marta Chiara, Milano La promozione del sonno nei pazienti in Terapia Intensiva: revisione della letteratura Martina Bertacco, Verona La gestione del paziente con sepsi severa e shock settico in ambito intensivo: analisi delle raccomandazioni delle linee guida Sepsis Surviving Campaign 2012” Guglielmo Imbriaco, Bologna 12.30 – 14.00 - Lunchtime Visita alla mostra espositiva - Presentazione poster - Eventi aziendali 13.30 – 14.30 Sala del Tempio 1 Sala del Tempio 2 Evento speciale 1: Workshop ATCN Evento speciale 2 L’infermiere ed il trattamento del Trauma in ambito extraospedaliero. Acquisire competenze avanzate Le competenze avanzate nella gestione del Trauma Le metodologie didattiche Simulazione di gestione del paziente Gian Luca Vergano, Fabrizio Pignatta, Fabrizio Fiorentino, Barbara Suria, Tiziana Di Donato, Maurizio Murgia, Andrea Mastroeni, Luca Golinelli, Lavinia Testa Vecchi e nuovi nemici dei cateteri vascolari: prevenzione delle occlusioni e riduzione delle infezioni Alberto Lucchini, Stefano Elli, TI. Osp. San Gerardo – Monza 8 2014; 31 (suppl.) 14.00 – 16.00 - Sala della Piazza Sessione speciale: Update sulle linee guida Le nuove sfide per l’assistenza in terapia intensiva: Matteo Manici, Parma ABDCE (Awakening and Breathing Coordination, Delirium Monitoring/ Management, and Early Exercise/ Mobility) Bundle Giandomenico Giusti, Perugia Svegli e senza delirio Stefano Bambi, Firenze Liberi dal ventilatore Alberto Lucchini, Monza Di corsa... fuori dalla Terapia intensiva Stefano Sebastiani, Bologna Il dolore in terapia intensiva: risultati della Consensus Rossella Marchetti, Roma Slow medicine: niente più pratiche inutili 16.00 – 16.15 - Coffee break 16.15 – 19.00 (sale parallele) Assistere in area critica valorizzando la relazione come metodo e come terapia Sala della Piazza Sala del Tempio 1 Sala del Tempio 2 Assistere in area critica: studi e ricerche 2 Infermieri e organizzazione in area critica 1 Emergenza e primo soccorso 1 Studio osservazionale prospettico sulla pressione della cuffia del tubo endotracheale attraverso un device per il monitoraggio continuo. Matteo Danielis, Udine Le estubazioni non pianificate in terapia intensiva: revisione di letteratura. Samuele Baldassini Rodriguez, Firenze Covidien Nellcore Respiratory Rate: affidabilita’ della misurazione non invasiva della frequenza respiratoria. Riccardo Re, Monza Infermieri e visitatori minorenni nelle terapie intensive per adulti: opinioni di infermieri e genitori/tutori nell’era del “family centered care”. Giulia De Riso, Monza Studio osservazionale di coorte prospettica per determinare il fabbisogno infermieristico attraverso il sistema di rilevazione NEMS (Nine Equivalent of Manpower Score) Valentina Maggiora, Alessandria La classificazione clinica High-Low Level dei pazienti critici corrisponde al fabbisogno assistenziale in terapia intensiva? Alberto Lucchini, Monza Intensità di cure e misurazione delle attività infermieristiche in medicina d’urgenza. Annamaria Carlini, Rimini Elaborazione di un software per la pianificazione dell’assistenza infermieristica del paziente critico orientato alla valutazione degli esiti. Ileana Adamini, Milano Analisi statistico-epidemiologica nella gestione dell’arresto cardiaco extraospedaliero in provincia di Firenze Francesco Polli, Firenze Applicazione del Piano di Risposta alle Emergenze Mediche Intraospedaliere: risultati del coinvolgimento infermieristico nella gestione dell’arresto cardiaco intraospedaliero. Luigi Barca, Torino La scheda integrata NIV per l’assistenza al paziente ventilato in emergenza/urgenza: l’esperienza del Pronto Soccorso e Medicina d’urgenza di Rimini. Irene Camporesi, Rimini L’infermiere come leader sanitario in un equipaggio del programma HEMSSAR della Valle d’Aosta. Ruggero Cresta, Aosta 9 2014; 31 (suppl.) 17.40 – 19.00 Sala della Piazza Sala del Tempio 1 Sala del Tempio 2 Formazione e valorizzazione delle competenze Infermieri e organizzazione in area critica 2 Emergenza e primo soccorso 2 La comunicazione dell’evento critico: esperienza di un laboratorio didattico con gli studenti di Infermieristica dell’Università di Perugia – Sede di Perugia Sabrina Adami, Perugia Misure di isolamento nei pazienti e carico di lavoro infermieristico in una terapia intensiva generale Stefano Elli, Monza L’assistenza di emergenza alla persona con Infarto Miocardico Acuto: il protocollo operativo dell’Umbria. Gianpaolo Doricchi, Perugia Criteri di appropriatezza dell’accesso vascolare per la somministrazione di terapia infusiva in ambito intraospedaliero. Gaetano Tammaro, Bologna La violenza contro le donne. Conoscenze, attitudini e convinzioni di infermieri e ostetriche. Patrizia Di Giacomo, Rimini PBLSD: valutazione del mantenimento nel tempo delle competenze acquisite: due esperienze di formazione a confronto. Maria Cristina Rossi, Torino L’integrazione delle competenze dell’infermiere specialista in wound care in un reparto intensivo. Francesco Morelli, Bologna Impatto degli strumenti di reminder per l’adesione degli infermieri alle raccomandazioni sull’ETCO2 Alessandro Monesi, Bologna La deprivazione del sonno in Medicina d’Urgenza, cause e conseguenze. Daniela Osella, Torino Workplace violence in pronto soccorso: dagli strumenti di ricerca alle strategia d’intervento. Nicola Ramacciati, Perugia La gestione del paziente critico: la formazione residenziale quale elemento imprescindibile per garantire la competenza. Patrizia Boccolacci, Rimini Gestione Infermieristica del trauma: attinenza agli Indicatori Internazionali. Giulia Bisuschi, Prato Fabrizio Moggia, Maria Benetton, Comitato Direttivo Aniarti 11.30 – 12.30 - Presentazione del poster vincitore del Premio “Miglior poster Aniarti 2014” - Presentazione del lavoro vincitore del Premio “AniartiYouth2014” - Presentazione del video vincitore del Premio “Miglior Video Aniarti/Nurse24.it 2014” Chiusura della giornata 7 Novembre 2014 9.00 – 10.00 Sala del Tempio 1 Assemblea annuale riservata ai soci 10.00 - 11.30 Sala della Piazza Le conclusioni: Cosa abbiamo appreso e cosa vogliamo fare ancora. Indicazioni alla professione, alla società, alla politica. Assistere in area critica: tecnica, integrazioni e relazione in situazioni estreme. Bruno Cavaliere, Genova Infermieri per una comunicazione nuova fra area critica e società Dibattito 12.30 Fabrizio Moggia, Presidente Aniarti Chiusura del 33° Congresso Aniarti Annuncio dei prossimi progetti ed appuntamenti 10 2014; 31 (suppl.) Abstract Presentazioni orali 5 Novembre 2014 Corsi “tecnico-pratici” Aniarti - Sala della Piazza 14.00 - 18.30 Monitoraggi e assistenza Moderatori: Giandomenico Giusti, Maria Benetton L’importanza del monitoraggio. L’infermiere tra la persona e la tecnologia Giandomenico Giusti, Perugia, Maria Benetton, Treviso [email protected] - [email protected] Il monitoraggio dei parametri vitali è sempre più presente nelle attività assistenziali e le persone ricoverate negli ospedali per acuti richiedono una grande quantità di distinte attività specialistiche di cui gli infermieri sono tra gli attori principali. Soprattutto se il paziente ha un’alta intensità assistenziale e si trova ricoverato in setting di Area Critica queste attività diventano molto complesse; quotidianamente l’infermiere utilizza autonomamente o in collaborazione con altre professioni, una serie di dispositivi che offrono il monitoraggio dei parametri vitali (monitor), il sostegno delle funzioni vitali (ventilatori automatici, sistemi di emodialisi, sistemi di assistenza circolatoria esterna), management di farmaci e nutrienti (pompe infusionali) e devices per specifiche funzioni (sistemi di raffreddamento/riscaldamento dei pazienti, defibrillatori, pace-makers…). Il risultato della continua ricerca e sviluppo di tecnologie, fanno si che ci sia una rapida evoluzione nella cura dei pazienti, ed un aumento degli stessi con un elevata complessità; l’effetto di un ambiente ospedaliero in rapida evoluzione con veloci modifiche e complesse valutazioni può portare incertezza nel personale per lo svolgimento di pratiche non routinarie (non-routinesess), svolte in modo non sicuro per mancanza di adeguata formazione e training (well-established). L’incertezza delle con- dizioni dei pazienti critici fanno sì che i loro bisogni non possano essere facilmente previsti, ed i dispositivi non possano essere facilmente adattati a queste esigenze; l’aumento del numero e della complessità della tecnologia, e quindi del monitoraggio, sono in grado di generare errori che a volte nascono dall’agire con troppa sicurezza la quale abbassa la soglia di attenzione verso il rischio. Tuttavia la tecnologia può fornire una serie di risposte che aiutano l’incertezza dei professionisti , offrendo soluzioni a molti problemi e facilitando la pratica infermieristica. Il monitoraggio emodinamico Irene Comisso, Anest. e Rian., Az. Osp.Univ.“S. M. Misericordia”, Udine [email protected] Il monitoraggio emodinamico riveste una funzione fondamentale nella gestione dei pazienti degenti in terapia Intensiva (TI), in particolare per la valutazione degli indici volemici e di perfusione, e per la ottimizzazione della gestione terapeutica; negli ultimi decenni si è assistito a sviluppi importanti inerenti le tecnologie, che hanno consentito di passare ad una valutazione dinamica, ad esempio attraverso la rilevazione continua di parametri di flusso e di volume, e di ridurre notevolmente il livello di invasività e il training richiesto per ottenere tali dati. La scelta della tipologia di monitoraggi da utilizzare dipende dalla condizione clinica del paziente, dalla disponibilità di risorse, dall’expertise degli operatori nell’applicare i device e nell’interpretare i dati ottenuti. Recentemente sono state anche proposte delle flow chart per l’implementazione di step di monitoraggio a complessità crescente, in relazione al variare della condi- 2014; 31 (suppl.) zione clinica del malato. L’affidabilità dei dati ottenuti dipende dal corretto settaggio della apparecchiature utilizzate (calibrazione e azzeramento), ma anche dalla affidabilità del monitoraggio in relazione alla instabilità del paziente o a particolari condizioni cliniche. Il monitoraggio respiratorio in area critica Alberto Lucchini, Monza, Stefano Bambi, Firenze a.lucchini@ hsgerardo.org [email protected] La terapia intensiva nasce storicamente con il supporto d’organo respiratorio e cardiaco. Ad oggi le tecnologie di sostegno e monitoraggio della funzione ventilatoria sono caratterizzate da una crescente complessità in termini di opzioni terapeutiche (ventilazione meccanica non convenzionale, ECMO) e di interpretazione dei dati provenienti da sistemi multimodali (curve del ventilatore, CO2 di fine espirazione, misurazione della pressione esofagea). Parallelamente l’imperativo del mantenimento di standard di sicurezza adeguati al nursing di pazienti sempre più instabili comporta la necessità di fondare le competenze infermieristiche su solide basi relative ai principi di fisiopatologia respiratoria, di funzionamento dei ventilatori automatici, dell’interazione uomo-macchina e delle tecnologie di monitoraggio. A questo scopo è stato elaborato un compendio dedicato al monitoraggio respiratorio, sotto forma di vademecum, con lo scopo di orientare il professionista alla rapida interpretazione dei rilievi clinici e strumentali ed alla risoluzione di problemi con approccio sistematico. La guida comprende le basi dell’esame obiettivo respiratorio, il monitoraggio della saturimetria periferica dell’ossigeno e della CO2 di fine espirazione, l’interpretazione rapida dell’emogasanalisi arteriosa, l’approccio sistematico alla valutazione del paziente sottoposto a ventilazione invasiva e non invasiva, insieme a focus su ossigenoterapia, circolazione extracorporea, weaning, e umidificazione dei gas medicali. Questi contenuti sono stati organizzati prevalentemente sotto forma di diagrammi di flusso e tabelle, per favorire un approccio sintetico e volto alla risoluzione di problemi. A chiusura di ogni paragrafo è stato posto una sezione dedicata alle “considerazioni particolari”, contenente alcuni 11 spunti di riflessione critica e tips & tricks, ed elementi di approfondimento. Il monitoraggio cerebrale Chiara Peduto, Perugia [email protected] I pazienti critici sono spesso a rischio di disfunzione neurologica come conseguenza di condizioni neurologiche primarie o danni secondari. Determinare quali aspetti della funzione cerebrale siano influenzati può essere complicato dalle limitate informazioni ottenibili dall’esame clinico in tali pazienti e dagli effetti di alcune terapie sulla funzione neurologica stessa. I metodi per misurare e monitorare la funzione cerebrale si sono evoluti notevolmente negli ultimi anni e ora giocano un ruolo importante nella valutazione e gestione di pazienti con compromissioni neurologiche. È importante sottolineare che nessuna singola tecnica è ideale per tutti i pazienti: in molti pazienti, sarà necessaria una combinazione di tecniche di monitoraggio. Gli obiettivi generali del neuromonitoraggio sono: 1. individuare il deterioramento della funzione neurologica e l’insorgenza di insulti cerebrali secondari che possono beneficiare di un trattamento specifico; 2. migliorare la comprensione fisiopatologica delle affezioni cerebrali in malattie gravi; 3. fornire informazioni per guidare e individualizzare la terapia e gli interventi assistenziali; 4. fornire informazioni prognostiche. In questa presentazione, verranno illustrate le tecniche di neuromonitoraggio attualmente in uso nei pazienti critici unitamente alle indicazioni principali e alle considerazioni utili ad un’assistenza infermieristica sicura ed efficace. La presentazione è divisa in due parti: nella prima verrà trattato il monitoraggio della funzione neurologica comune alla maggioranza dei pazienti intensivi mentre nella seconda il monitoraggio specifico di pazienti con patologie o lesioni cerebrali. Monitoraggio di base: 1. valutazione clinica dello stato mentale: stato coscienza (GCS), delirium, valutazione del livello di sedazione; 2. valutazione neuromotoria: nervi cranici, risposta pupillare, corneale e respiro, funzione motoria e sensitiva con particolare attenzione alla valutazione del dolore (BPS, CCPOT) 3. monitoraggio avanzato: 12 2014; 31 (suppl.) 4. Pressione intracranica e perfusione cerebrale: PIC, PPC, Doppler transcranico, flusso ematico cerebrale, valutazione capacità di autoregolazione; 5. ossigenazione e metabolismo del tessuto cerebrale: SjO2, NIRS-near infrared spectroscopy brain oximetry, microdialisi; Monitoraggio elettrofisiologico: EEG, potenziali evocati e Indice Bispettrale. Cenni su biomarkers e neuroimaging del paziente critico con danno cerebrale. Bibliografia • Stocchetti, N., Roux, P. L., Vespa, P., Oddo, M., Citerio, G., Andrews, P. J, & Vincent, J. L. (2013). Clinical review: Neuromonitoring-an update. Critical Care, 17(1), 201. • Bratton SL, Chestnut RM, Ghajar J, McConnell Hammond FF, Harris OA, Hartl R, Manley GT, Nemecek A, Newell DW, Rosenthal G, Schouten J, Shutter L, Timmons SD, Ullman JS, Videtta W, Wilberger JE, Wright DW (2007). Guidelines for the management of severe traumatic brain injury. VI. Indications for intracranial pressure monitoring. J Neurotrauma, 24 Suppl 1:S37-S44. • Morgenstern LB, Hemphill JC, III, Anderson C, Becker K, Broderick JP, Connolly ES Jr, Greenberg SM, Huang JN, MacDonald RL, Messe SR, Mitchell PH, Selim M, Tamargo RJ (2010): Guidelines for the management of spontaneous intracerebral hemorrhage: a guideline for healthcare professionals from the American Heart Association/American Stroke Association. Stroke, 41:2108-2129. • Fink, M. P., Abraham, E., Vincent, J. L., & Kochanek, P. M. (2007).Terapia intensiva. Elsevier srl. • Carlson, K. K., & American Association of Critical-Care Nurses. (2008). AACN Advanced critical care nursing. Saunders. Sala del Tempio 1 14.00 - 18.30 Moderatore: Stefano Sebastiani Dolore evitabile nell’assistenza intensiva: quale consensus tra gli infermieri Relatori: Guglielmo Imbriaco, Alessandro Monesi, Claudio Tac- coni, Bologna [email protected] sandromonesi73@ gmail.com [email protected] Roberta Ridolfi, Udine [email protected] Esperti: Sara Salvigni, Cesena [email protected] Benedetta Tassani, Cesena [email protected] Stefano Musolesi, Bologna [email protected] Gianfranco Sanson, Trieste [email protected] Matteo Manici, Parma [email protected] Roberto Vacchi, Bologna [email protected] Stefano Sebastiani, Bologna [email protected] Stefano Elli, Monza [email protected] Nicola Cilloni, Bologna La gestione del dolore nei pazienti ricoverati in strutture afferenti all’area critica rappresenta a tutt’oggi un aspetto controverso e spesso disatteso, nonostante vi sia stato il provvedimento 24 maggio 2001, sancito dall’Accordo sul documento di linee guida inerenti il progetto “Ospedale senza dolore” e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in data 29 giugno 2001, inoltre vi sia stato la carta dei diritti sul dolore inutile redatta dall’Istituto Italiano di Bioetica nell’anno 2005 e non ultimo le disposizioni per garantire l’accesso alle Cure Palliative e alla terapia del dolore (legge 15 marzo 2010, n°38) nel cui ART.7 veniva stressato l’obbligo di riportare la rilevazione del dolore all’interno della cartella clinica nella sezione medica ed infermieristica con indicato: 1. Le caratteristiche del dolore rilevato 2. La sua evoluzione nel corso del ricovero 3. La tecnica antalgica e i farmaci utilizzati 4. I relativi dosaggi 5. Il risultato antalgico conseguito. A tutto questo dobbiamo aggiungere che esiste un obbligo deontologico da parte dell’infermiere infatti nel codice deontologico all’art. 34 capo IV viene detto che: “L’infermiere si attiva per prevenire e contrastare il dolore e alleviare la sofferenza. Si adopera affinché l’assistito riceva tutti i trattamenti necessari”. Nonostante quanto ricordato l’adeguata analgesia viene spesso disattesa Nel febbraio 2014 , nel corso del convegno Trauma Update si è messo in piedi una consensus conference che aveva co- 2014; 31 (suppl.) me obiettivo principale la definizione di un approccio strutturato e condiviso sul trattamento del dolore nei pazienti assistiti dai servizi di emergenza sanitaria preospedaliera e Intensivi. Verrà presentata la metodologia e l’algoritmo ottenuto per la parte preospedaliera, infatti durante quell’incontro non si è arrivato ad una reale consensus sul trattamento in ambito di degenza intensiva. Il nostro obiettivo sarà, anche attraverso l’analisi delle linee guida Clinical practice guidelines for the management of pain, agitation, and delirium in adult patients in the intensive care unit del 2013, di cercare un confronto tra infermieri e medici di area critica per la definizione di un consenso per la definizione di percorsi terapeutici e assistenziali che consentano di ottimizzare il trattamento analgesico nei pazienti critici. Sala del Tempio 2 14.00 - 18.30 Moderatori: Gaetano Romigi, Nicola Ramacciati Integrazione fra coordinamento clinico ed organizzativo. Workshop Dall’AFD al Master. Inquadramento storico della formazione e sviluppo in relazione all’esercizio professionale e agli assetti organizzativi Gaetano Romigi, Coord. Master Univ. Tor Vergata, Roma [email protected] Le competenze infermieristiche del Coordinatore: lo sviluppo di nuovi modelli, la carriera e i Master online Gennaro Rocco, Vice Presidente Federazione Nazionale IPASVI Le funzioni di coordinamento della risorsa infermieristica in area critica: la comunicazione come efficace strumento di recupero della motivazione lavorativa. Nicola Donti, UO Sviluppo, Qualità e Comunicazione AUSL Umbria 1 Perugia [email protected] 13 È ormai dimostrato che la comunicazione efficacie in ambito sanitario sia uno dei principali fattori di successo delle performance. Eppure ancor’oggi continua ad essere “la Cenerentola” soprattutto della formazione universitaria. Relegata al ruolo di semplice comparsa nel percorso di studi del personale sanitario anche nei corsi post laurea, finiamo per considerarla un optional della professione. Eppure, alla saggezza degli antichi greci non era sfuggita l’importanza di questo straordinario strumento, per questo definivano la parola come “Pharmakon”. Il senso di questo termine è duplice, esso può indicare tanto “veleno” che “vaccino”. due significati antitetici che ci permette di comprendere immediatamente come si tratti di qualcosa di molto potente che, a seconda di come viene utilizzato, può uccidere o salvare. Inoltre, ci dice che la parola non è mai neutra e quindi bisogna imparare ad usarla nel modo più corretto, intanto per non fare danno e poi per scoprirne tutte le potenzialità. Una parola giusta detta al momento giusto salva una vita, restituendo senso a una storia, ad una carriera, al proprio lavoro, ecc.. Altrimenti si smarrisce il significato di ciò che faccio e non c’è premio o incentivazione che tenga, perché l’assenza di senso mi costringe all’apatia, al disinteresse che sono guide e guardiane dell’abitudine e della routine. Proprio l’atteggiamento cinico ormai sembra essersi diffuso sempre più capillarmente negli ambienti di lavoro coinvolgendo tanto il comparto quanto la dirigenza, tanto i medici che gli infermieri, tanto il personale sanitario che amministrativo, uniti nel medesimo comportamento disfattista e rinunciatario. Un simile comportamento è il segno più evidente di una profonda insoddisfazione e mancanza di motivazione che si alimenta di una profonda mancanza di dialogo e confronto tra professionisti ridotti ad avere rapporti molto più con le macchine e i loro monitor che tra persone. Il confronto si è spostato su temi astratti come procedure, protocolli e linee guida costringendo i problemi reali sullo sfondo con un conseguente calo vertiginoso della motivazione. Si tratta, allora, di riportare al centro la comunicazione prima di tutto tra professionisti e poi con il paziente, privilegiando il dialogo tra uomini e non con le macchine o con le procedure anche se questo ci impone un profondo ripensamento dei tempi e degli spazi lavorativi. Quindi al centro della comunicazione deve tornare ad esserci il professionista e il 14 paziente con le loro emozioni, esigenze, ambizioni, speranze e delusioni, solo così ci potrà essere un confronto sull’essere oltre che sul fare. Perché il problema è “essere in comunicazione” e solo una riflessione sull’essere ci consente di cogliere quale sia la comunicazione più efficace, ovvero: “essere d’esempio”. Nessuna tecnica e nessun metodo potrà garantire la stessa efficacia dell’esempio e questo sia nel motivare un professionista a fare bene il suo lavoro, sia un paziente nel suo processo di guarigione, questo è il “vaccino” che dobbiamo iniettare nelle nostre organizzazioni. Perché, come diceva Sant’Agostino:“Le parole insegnano, gli esempi trascinano. Solo i fatti danno credibilità alle parole”. Il Coordinamento in Pronto Soccorso: tra problematiche organizzative, stress e aggressioni al personale Nicola Ramacciati, Pronto Soccorso Ospedale Perugia nicola. [email protected] In questo lavoro verranno presentati brevemente alcune strategie adottate nel coordinamento di un Pronto Soccorso di un ospedale universitario regionale con bacino di utenza di 400.000 abitanti e circa 65-70 mila accessi anno. L’analisi degli interventi di tipo gestionale organizzativo e clinico/assistenziali è sviluppata su un arco temporale di medio- lungo periodo. L’applicazione del ciclo di Miglioramento Continuo della Qualità, l’Empowerment del personale, approcci secondo i dettami della LeanOorganization e della Balance Scorecard sono presentati per delineare il lavoro di un coordinamento attento tanto agli aspetti gestionali che professional. Bibliografia • Ramacciati N (2009). Empowerment in Pronto Soccorso, Emergency Oggi, 11(4):18-22. • Ramacciati N, Torroni D.( 2012). Lean Organization: the 2014; 31 (suppl.) experience of the Accident and Emergency department (A&E) of Perugia. Scenario, 29(2):S21. • Ramacciati, N. Ceccagnoli, A., Addey, B. Giusti, G.D. (2014) Comment on: “Nurses’ perceptions of the factors which cause violence and aggression in the emergency department: A qualitative study”. Int. Emerg. Nurs. (2013), by Angland, S., et al. International Emergency Nursing. Il Coordinamento clinico e quello gestionale: l’esperienza di un’azienda Silvia Scelsi, Resp. UOC SAI e Formazione Continua e di Base ARES 118 Lazio [email protected] Ormai da più di un decennio, i cambiamenti legati alla professione infermieristica si sono consolidati in leggi dello Stato che hanno riconosciuto alla professione stessa un ambito chiaro di competenza disciplinare. Sulla base di questo passaggio culturale, gli infermieri possono ad oggi scegliere di maturare un percorso di carriera organizzativo ed uno assistenziale. La legge 43/2006 riconosce la possibilità di assegnare il cosiddetto livello di “coordinamento” anche all’esperto assistenziale. Ma abbiamo ancora difficoltà ad identificare questi colleghi e a gestire i rapporti tra coordinatore gestionale e assistenziale. In questo lavoro si porta l’esperienza di un’azienda che nella reingegnerizzazione dei propri processi assistenziali prova a far dialogare le due anime infermieristiche. Il confronto con l’esperienza inglese del Coordinamento in area critica Rachele Degli Esposti, Coordinatrice clinica Terapia Intensiva Cardiochirurgica, London Chest Hospital 15 2014; 31 (suppl.) 6 Novembre 2014 9.00 - 10.00 Apertura ufficiale del congresso Un manifesto per una nuova cultura del bene-vivere. In tutte le situazioni. Fabrizio Moggia, Presidente Aniarti [email protected] Una onesta lettura del contesto e della situazione non solo del paese, ma del mondo, indica la necessità di percorrere strade nuove. E ciò, non tanto per una stanchezza del passato né per una pruriginosa voglia di novità: ma per una esigenza profonda di cambiamento di pensiero ed un recupero della sostanza dell’essere società e soggetti in relazione. Un congresso di infermieri di area critica, proprio perché abituati a confrontarsi con la sostanza della vita e della morte, vuole essere un momento per coniugare operatività, tecnica, tecnologia, metodologia e organizzazione, con la comunicazione: fattore costitutivo dell’essere insieme che caratterizza l’umanità. Comunicazione in tutte le sue applicazioni, interpersonali ma anche fra strutture, fra attività specifiche e spesso specialistiche. Solo l’integrazione vera, infatti, consentirà il salto di qualità dalla parcellizzazione all’approccio globale, che viene ormai esigìto – e non più solo desiderato – dalle persone, ma anche dalle istituzioni, se intendono essere sostenibili. Si deve tutti, specialmente gli operatori della salute, avere il coraggio di fare il salto della multi/bi-direzionalità, dalla parità, dal rispetto, dall’ascolto, dall’aspirazione all’arricchimento reciproco, pena lo scadimento nella dominanza e nella repressione di qualcuno: sarebbe la contraddizione del prendersi cura. È indispensabile una profonda revisione della medicina/sanità e dell’assistenza finora praticate. In area critica, il modo di essere infermieri rappresenta l’aggancio ideale per questa revisione ed abbiamo consapevolezza che rappresenta un patrimonio sociale e culturale che non dobbiamo lasciar disperdere. Vogliamo, qui ed oggi, avere il coraggio di riaffermare i nostri punti di riferimento storici, che ci consentono di intravvedere ed indicare strade nuove oltre che per la massima quali- tà dell’assistere, anche per la convivenza dell’intera comunità. Strade di cui tutti sono alla ricerca, ma che faticano ad essere accettate, più che viste. Questo, ne siamo convinti, rappresenta l’espansione positiva e vivace della dimensione etica dei professionisti. Con l’applicazione della dimensione etica si avrà la garanzia anche di un’evoluzione delle competenze corretta perché aderente alle esigenze delle persone dell’oggi. Vogliamo, in questa occasione di incontro e confronto, vincere il facile scoraggiamento e cercare di percorrere il futuro da subito. Il punto su razionalità, tecnologia e tecnologie per l’assistenza. è tempo di scelte nuove. Sergio Livigni, Torino [email protected] Il progresso tecnologico ha generato nel cittadino l’illusione che fosse possibile una vittoria della medicina sulla malattia e sulla morte, favorendo l’accettazione di una vita artificiale, caratterizzata dalla dipendenza da strumenti altamente sofisticati, atti al supporto delle diverse insufficienze d’organo. Ma l’illusione cede il passo alla consapevolezza che la morte è ineluttabile e che talvolta i supporti vitali si dimostrano sproporzionati e inadeguati, invece di esaudire le speranze altrimenti suscitate. Il medico ripara o guarisce guasti biologici, ma ha perso la capacità di vedere il malato come una persona, e di stabilire con lui quel particolare rapporto umano che Spiro definisce “empatia”. L’etica che ispira l’operato medico è un’ etica principialista che rispetta i principi fondamentali di autonomia, beneficenza, non maleficenza e giustizia distributiva, ma esaminando i dati delle Terapie Intensive non si può fare a meno di chiedersi se questi principi siano realmente rispettati e perché questo non avvenga. Il libero accesso dei parenti ai reparti di Terapia Intensiva migliora la qualità del ricovero dei pazienti, e facilita l’instaurarsi di un rapporto di fiducia tra la famiglia e i curanti. Aprire il reparto però implica un cambiamento radicale non solo nell’organizzazione dell’attività clinica, ma anche e soprattutto un cambiamento di mentalità e approccio al paziente, considerato il centro di 16 2014; 31 (suppl.) una medicina, che di fatto non ne riesce a cogliere il “fuoco”. Aprire la rianimazione non vuol semplicemente dire “aumentare l’orario di visita” ma vuol dire innanzi tutto ridare centralità al paziente nella sua dimensione umana. Vuol dire entrare in relazione con la famiglia, e quindi incontrare la componente affettiva ed emotiva della malattia: il dolore, la speranza, il disorientamento, l’incredulità. Il famigliare porta dentro la rianimazione il suo vissuto di sofferente richiedendo agli operatori uno sforzo ulteriore di comprensione. Comunicare meglio permette la comprensione adeguata delle informazioni nell’ambito di una relazione professionale, migliora la soddisfazione delle parti coinvolte, rende il processo comunicativo efficace ed incisivo. Riconoscere le emozioni e sentimenti propri e degli interlocutori, sta alla base dell’empatia nella relazione d’aiuto. Migliorare la capacità di ascolto è indispensabile nel rapporto con i famigliari. Affinare le capacità relazionali permette di creare un ambiente di lavoro più sereno e collaborativo. Il ricovero in terapia intensiva è solo un momento (anche breve) di un percorso di malattia lungo che cambia la vita ai pazienti ma anche ai suoi famigliari, spesso in maniera definitiva. Il dovere di noi operatori è quella di rendere questo “momento” drammatico, il più possibile umano. Intendendo per “umanità” non una opinabile integrazione alla normale terapia erogata, ma un metodo di lavoro dove gli aspetti etici della medicina abbiano un’alta priorità. Essi rappresentano, infatti il presupposto morale sul quale va edificato qualsiasi atto terapeutico e sono di per sé stimolo per gli operatori all’instancabile ricerca della migliore cura possibile. La relazione/comunicazione: dimensione non-misurabile, ma reale. Lucia Fontanella, Torino [email protected] La qualità della relazione e della comunicazione si “misu- rano” con uno degli strumenti più sofisticati di cui possiamo disporre: noi stessi. Non siamo strumenti scientifici, ma siamo altrettanto attendibili, e impariamo ad esserlo da subito, da appena nati (se non prima ancora). La vita affina poi questa nostra competenza. Occorre dunque saper osservare come funziona questo strumento di valutazione costantemente attivo. Parallelamente non dobbiamo pensare che relazione e comunicazione siano aspetti da giustapporre alla professionalità tecnico-scientifica. Tutto, comunque e sempre, comunica. Ciò che dobbiamo incrementare, e spesso, far nascere perché inesistente, è la capacità di osservarci come fonte e ricezione di atti comunicativi, di valutare i dati che emergono, di intervenire infine per garantirne la qualità. Il fatto che ancora si parli di questi argomenti senza che si proceda significativamente dimostra che l’ambiente sociale e culturale in cui cresce e opera chi lavora con il pubblico ha ancora oggi caratteristiche in grado di incidere negativamente su intere categorie. In altre parole la scarsa qualità relazionale e comunicativa che riscontriamo all’interno dell’ospedale (ma anche in altri ambienti pubblici) non dipende primariamente dal sommarsi di cattivi caratteri e cattive abitudini individuali (anche se questa componente può essere presente), ma da atteggiamenti, convenzioni, aspettative consolidate di categorie professionali che operano in un particolare ambiente sociale di una particolare società. Come spesso accade, il confronto con altri tipi di società ci aiuta a capire e a modificare il nostro atteggiamento. Dibattito Chiusura della sessione 17 2014; 31 (suppl.) Razionalità, tecnologia e assistenza alla persona in area critica: innovazioni, benefici e possibili devianze Sala della Piazza 10.00 – 11.20 Assistere in area critica: studi e ricerche 1 Discrepanza tra linee guida e pratica quotidiana nella gestione dell’aspirazione tracheale : risultati di una survey multicentrica. Alberto Lucchini, TI Az.Osp. S.Gerardo di Monza, C. Pontiero, L. Luraghi, P.Varani, TI II°Osp. S. Anna, Como [email protected] Introduzione. L’aspirazione endotracheale è una procedura indispensabile per i pazienti con via aerea artificiale e sottoposti a ventilazione meccanica. È inoltre una manovra invasiva, dolorosa, non esente da complicanze, eseguita abitualmente in terapia intensiva. Le recenti linee guida pubblicate dalla American Association for Respiratory Care nel 2010 indicano una serie di raccomandazioni al fine di rendere tale procedura efficace e sicura per il paziente. Obiettivo. Valutare il grado di adesione alle raccomandazioni suggerite dalle attuali linee guida formulate dalla AARC da parte del personale infermieristico di quattro terapie intensive in due ospedali lombardi. Materiali e metodi. È stato effettuato uno studio multicentrico di tipo osservazionale. La survey è stata condotta da tre infermieri che hanno osservato le procedure di infermieri operanti in due terapie intensive polivalenti, una terapia intensiva cardiochirurgica ed una terapia intensiva neurochirurgica. Gli infermieri osservati non erano a conoscenza delle procedure di osservazione durante le rilevazioni (sono stati informati a Survey conclusa). Risultati. I grafici riportano la percentuale di osservanza / applicazione degli 8 punti chiave raccomandati dalla Linea Guida analizzata. I dati raccolti evidenziano una discrepanza tra la pratica osservata e le raccomandazioni pubblicate dalla AARC, in generale, tra le diverse strutture coinvolte e i differenti tipi di formazione degli operatori osservati. È stata rilevata una aderenza maggiore alle raccomandazioni delle linee guida, negli infermieri in possesso del titolo di Master. Conclusioni. Lo studio effettuato relativo ad una procedura invasiva e non esente da rischi suggerisce una continua diffusione delle raccomandazioni tra gli operatori sanitari ed una verifica costante della loro applicazione. Bibliografia • AARC Clinical Practice Guidelines (2010). Endotracheal suctioning of mechanically ventilated patients with artificial airways. Respiratory care, june 2010 vol 55 n.5. • AARC Clinical Practice Guideline (1993). Endotracheal suctioning of mechanically ventilated adults and children with artificial airways. American Association for Respiratory Care. Respire Care 1993;38(5):500-504. PTCA primaria nello STEMI e fattori predittivi di mortalità: risultati di un’indagine osservazionale retrospettiva nell’UCIC di Conegliano e ruolo dell’infermiere nella prevenzione terziaria. Valentina Tomasella, ISP Coop. Soc. Onlus Treviso, Marilisa Corso, ULSS7 Pieve di Soligo (TV) [email protected] Premessa. Le malattie cardiovascolari costituiscono, in Italia e nel mondo, uno dei più importanti problemi di salute pub- 18 blica: esse sono tra le principali cause di morbosità, invalidità e mortalità tra la popolazione adulta. I pazienti che sopravvivono ad uno STEMI (Infarto Miocardico con Elevazione del tratto ST) sottoposti a PTCA primaria (PPCI) continuano ad avere un elevato rischio cardiovascolare e maggiori probabilità di recidive. Scopo. Lo scopo di questo lavoro è valutare la mortalità intraospedaliera dopo PPCI (Intervento Coronarico Percutaneo Primario) ed individuare i più importanti fattori di rischio del campione, per prevedere un’educazione terapeutica personalizzata che limiti le ricadute a breve e a lungo termine. Materiali e metodi. Lo studio osservazionale retrospettivo ha indagato 127 pazienti consecutivi, sottoposti a PPCI in regime di emergenza per il trattamento dello STEMI dal 1 gennaio al 31 dicembre 2012. Risultati. Durante il ricovero ospedaliero, un totale di 9 soggetti (7,1%) è deceduto.Tali pazienti presentano fattori di rischio non modificabili statisticamente significativi: storia di pregresso IMA (p=0,03) e PPCI (p=0,02), classe Killip III-IV (p=0,03) ed insuccesso angiografico (p=0,006); i deceduti risultano essere maggiormente anziani e di sesso femminile rispetto ai sopravvissuti; nessuno ha familiarità per evento ischemico. I soggetti andati incontro a decesso possiedono la totalità dei fattori di rischio analizzati: sovrappeso, tabagismo, diabete mellito, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia. Le caratteristiche dei pazienti risultano essere sovrapponibili a quelle della casistica dell’anno precedente (2011), ma con mortalità ridotta di due punti percentuali (da 9,1% a 7,1%), percentuale più elevata di quella internazionale. Conclusioni. Il raggiungimento di valori favorevoli di pressione arteriosa, colesterolemia, glicemia e indice di massa corporea, non è un obiettivo irrealistico: la malattia coronarica è per gran parte prevenibile attraverso l’adozione di stili di vita sani, che includano una sana alimentazione, un’attività fisica regolare e la cessazione del fumo di sigaretta. L’infermiere ha l’opportunità di fare la differenza nel raggiungimento del miglior risultato di salute, gestendo la fase acuta dell’infarto e prevedendo un’assistenza strutturata nel lungo termine, focalizzando il counseling sull’aderenza alla terapia e sull’attuazione delle modificazioni comportamentali necessarie alla gestione della patologia cronica e alla prevenzione della recidiva infartuale. Maggiori energie dovrebbero essere spese nella programmazione di un percorso educativo-assistenziale strutturato a supporto del 2014; 31 (suppl.) paziente e dei suoi familiari, che integri follow-up, educazione terapeutica e programmi di riabilitazione cardiologica. Bibliografia • Addala S, Grines CL, Dixon SR, Stone GW, Boura JA, Ochoa AB, et. al. Predicting mortality in patients with ST-elevation myocardial infarction treated with primary percutaneous coronary intervention (PAMI risk score). Am J Cardiol. 2004;93(5):629-32. • Scruth EA, Page K, Cheng E, Campbell M, Worrall-Carter L. Risk determination after an acute myocardial infarction: review of 3 clinical risk prediction tools. Clin Nurse Spec. 2012;26(1):35-41. 039 - L’efficacia di un bundle per la prevenzione delle polmoniti associate a ventilazione meccanica, nella terapia intensiva polivalente del CTO di Torino. Salvatore Lanzarone, Sonia Irelli, Simona Frigerio, DEA Grandi traumi, Az. Osp. Città della Salute e della Scienza, CTO, Torino [email protected] Introduzione. La VAP è una polmonite nosocomiale che insorge nei pazienti ricoverati in TI e sottoposti a VAM. L’utilizzo di bundle può avere un ruolo importante nella prevenzione delle infezioni. Obiettivo. Valutare l’efficacia di un bundle nella prevenzione dell’insorgenza di VAP, in termini d’incidenza della malattia, giornate di degenza in TI, durata della VAM, mortalità e livello di conoscenze possedute dagli operatori. Materiali e metodi. Lo studio è stato realizzato attraverso un disegno quasi sperimentale pre – post da gennaio 2012 a febbraio 2013, includendo pazienti adulti sottoposti a VAM per più di 48 ore in una TI polivalente di Torino. È stato definito il bundle di riferimento. Per l’estrazione dei dati relativi agli esiti clinici è stato utilizzato il database PROSAFE. Per la misurazione degli esiti secondari è stato elaborato un questionario, somministrato nelle fasi pre e post. Le analisi sono state condotte utilizzando SAS versione 9.3. I dati sono stati analizzati attraverso i test X2, Fisher, Wilcoxon, log rang. Il livello di significatività è stato fissato ad un p value < 0,05. Risultati. La densità d’incidenza di VAP della fase post è di- 19 2014; 31 (suppl.) minuita rispetto a quella della fase pre in maniera statisticamente significativa (HR O,21 p=0,03; 95% IC 23,7- 6,9). La mortalità (p=0,95) e la durata della degenza (p=0,33) in TI non sono associate all’intervento d’implementazione e adozione del bundle. Le conoscenze possedute dagli operatori sono percentualmente migliorate nella fase post. Conclusioni. L’adozione di un bundle di prevenzione, riduce in maniera statisticamente significativa l’ incidenza di VAP. L’implementazione e l’adozione di un bundle di cura, possono migliorare gli esiti sui pazienti e le conoscenze degli operatori. Ulteriori studi dovranno misurare il livello di adesione degli operatori alle singole strategie preventive contenute nel bundle per la VAP. Parole chiave. Ventilator associated pneumonia, Prevention, Intensive care, VAP bundle Bibliografia • Recommendations for treatment of hospital-acquired and ventilator-associated pneumonia: review of recent international guidelines. Clinical Infection Disease 2010; 51(9): 42-47 • Morris AC, Hay AW, Swann DG et al. Reducing ventilator-associated pneumonia in intensive care: Impact of implementing a care bundle. Crit Care Med 2011; 39(10): 2218-24 • D Bird, A Zambuto, C O’Donnell, et al. Adherence to Ventilator-Associated Pneumonia Bundle and Incidence of Ventilator-Associated Pneumonia in the Surgical Intensive Care Unit.Arch Surg 2010; 145(5): 465-470 La stitichezza nei pazienti in terapia intensiva. Studio prospettico osservazionale di coorte per l’analisi dell’incidenza e dei fattori di rischio. Dati preliminari. Alessandra Zorzenon, Elisa Mattiussi, Petam Mandjami, Claudia Molaro, Dina Molaro, Valentina Vida, TI 2, Az. Osp. Univ., Udine [email protected] Introduzione. I pazienti ricoverati in terapia intensiva possono andare incontro a numerose complicanze gastroenteriche. Una complicanza frequente è l’insorgenza di stitichezza determinata da numerosi fattori quali l’immobilità, l’utilizzo di farmaci oppiacei, la ventilazione meccanica e l’alterato apporto metabolico nutrizionale. Diversi studi hanno riportato un’elevata in- cidenza del fenomeno su campioni di pazienti ricoverati in terapia intensiva (Gacouin 2010, Mostafa 2003) e hanno cercato di individuare i possibili fattori determinanti questo fenomeno. L’incidenza della stitichezza riportata in letteratura varia dal 15% al 83% a seconda della definizione riportata (Van der Spoel 2006, Mostafa 2003). Alcune delle conseguenze della stitichezza descritte in letteratura sono: ritardo nello svezzamento dalla ventilazione meccanica e ritardo nella alimentazione enterale (Mostafa, 2003), maggiore durata di ventilazione meccanica (Gacouin 2010, van der Spoel 2006) maggiore durata del ricovero in terapia intensiva (Gacouin 2010, van der Spoel 2006, van der Spoel 2007). È stata inoltre rilevata una maggiore incidenza di infezioni nei pazienti con stitichezza (Gacouin 2010). Tra i fattori correlati alla stitichezza vengono descritti: ipossiemia (PaO2/ FiO2<150 mmHg) e ipotensione (PAS<90 mmHg) (Gacouin, 2010), farmaci inotropi, gravità della patologia e utilizzo di farmaci oppiacei (Patanwala 2006, van der Spoel 2006). Scopo. Valutare l’incidenza di stitichezza in terapia intensiva intesa come la mancata produzione di feci entro sei giorni dal ricovero in terapia intensiva; identificare le variabili associate a un passaggio precoce di feci o con ritardo. Disegno. Studio prospettico osservazionale di coorte. Campionamento: criteri di inclusione pazienti 1. ricovero in Terapia Intensiva; 2. ricovero per un tempo pari o superiore a sei giorni; 3. età superiore o uguale a 18 anni. Criteri di esclusione pazienti: 4. ricovero per trattamenti o patologia al tratto gastrointestinale 5. gravidanza in atto 6. ricovero da altra rianimazione Risultati. Verranno presentati dati preliminari. Sala del Tempio 1 10.00 – 11.20 La tecnica fra supporto e condizionamento Sinergie tra tecnologie e “caring”. Martina Bertacco, Dip. Mateerno Infantile, Univ. Di Verona; Stefano Bernardelli, DEA e TI, Az. Osp-Univ. Integrata, Verona [email protected] 20 2014; 31 (suppl.) Problema. Lo sviluppo della tecnologia migliora il processo di caring dell’infermiere in Terapia Intensiva? Materiali e metodi. È stata effettuata una revisione della letteratura utilizzando la banca dati Pub Med e le seguenti parole chiave: Technology- Adult Intensive Care- Critical care nursing- Professional caring Risultati. Il progresso scientifico nella pratica infermieristica permette una maggiore efficacia nella cura e nella sicurezza del paziente, il completamento più facile e veloce di compiti di assistenza e una diminuzione del carico di lavoro. Inoltre di pari passo si assiste ad un miglioramento delle conoscenze e competenze specifiche dell’infermiere di terapia intensiva. Lo sviluppo di nuove tecnologie sempre più sofisticate rende gli infermieri consapevoli dei rischi associati ad un uso improprio delle attrezzature. L’aumento della complessità rende i disositivi difficili da gestire, aumentando i rischi di errori umani Una delle principali fonti di incidenti è dovuta a: attrezzatura difettosa, scarsa familiarità dell’utilizzo e movimentazione delle di attrezzature, pari al 30% degli incidenti. Le pompe da infusione sono state identificate come le più comunemente coinvolte in incidenti critici. Gli infermieri con un’anzianità di servizio inferiore ai 5 anni sono più positivi circa i vantaggi dell’utilizzo di apparecchiature tecnologiche, ma allo stesso tempo essi sono più preoccupati del rischio di errore con conseguente aumento dello stress durante l’utilizzo di apparecchiature. Conclusioni. Lo sviluppo tecnologico non sostituisce il caring dell’infermiere: è semplicemente al servizio di quest’ultimo. (Bernard e Sandelowski, 2001). La tecnologia è indubbiamente un concetto chiave per il progresso, tuttavia ha il suo costo; è opportuno ricordare che essi sono fatti per servire nel miglioramento della qualità di cure erogate, mantenendo però sempre l’attenzione alla cura del paziente. Bibliografia • Alliex S1, Irurita VF. Caring in a technological environment: how is this possible? Contemp Nurse. 2004 JulAug;17(1-2):32-43. • Barnard A1, Sandelowski M Technology and humane nursing care: (ir)reconcilable or invented difference? J Adv Nurs 2001 May;34(3):367-75. • Bull R1, FitzGerald M. Nursing in a technological environment: nursing care in the operating room. Int J Nurs Pract. 2006 Feb;12(1):3-7. Chiusura dei cateteri ad utilizzo discontinuo con sistemi needleless: test in vitro dei dispositivi presenti in commercio. Stefano Elli, Alberto Lucchini, Roberto Gariboldi, Luigi Cannizzo, Stefania Vanini, Chiara Abbruzzese; DEA TI Gen. Az. Osp. S. Gerardo, Monza [email protected] Introduzione. Nella gestione dei cateteri vascolari, i needle free connectors hanno assunto progressivamente sempre maggior importanza sia come sistemi di prevenzione delle infezioni catetere correlate (CRSB), sia come sistemi di chiusura del catetere temporaneamente non perfuso. Nella pratica comune vengono spesso usati dispositivi di vario genere dando per scontata la loro efficacia nel contribuire al mantenimento della pervietà del catetere. Obiettivi. Obiettivo di questo lavoro è stato quello di valutare l’efficacia di alcuni dispositivi needleless nell’impedire il reflusso di sangue all’interno del catetere al momento della deconnessione della siringa. Materiali e metodi. Sono stati testatii 6 cateteri vascolari periferici di calibro 14, 16, 18, 20, 22 G. I cateteri sono stati collegati a una rampa infusionale multivia e quindi connessi ai vari needleless oggetto di studio. Per ogni catetere, 12 diversi operatori (9 infermieri, 3 medici) hanno eseguito un lavaggio con siringa da 10 ml. riempita di soluzione fisiologica colorata con blu di metilene e quindi deconnesso la stessa con la medesima tecnica utilizzata abitualmente nell’attività clinica. Dopo la deconnessione è stato misurato lo spazio all’interno del catetere interessato dal backflow. Per ogni catetere e per ogni misurazione effettuata è stato ricavato il volume di backflow con la formula seguente:, dove d rappresenta il diametro catetere dichiarato dal produttore e m rappresenta la misura in mm. dello spazio di backflow misurato all’interno dei vari dispositivi. Risultati. Sono state effettuate 360 misurazioni in vitro (60 per ogni dispositivo testato).I volumi di backflow misurati so- 21 2014; 31 (suppl.) no stati estremamente variabili da un minimo di 0,09(±0,126) mm3 a un massimo di 23,39(±3,586) mm3. Conclusioni. Non tutti i dispositivi, tra quelli in commercio, sono adatti a prevenire il reflusso di sangue durante la chiusura dei cateteri vascolari ad uso discontinuo. È importante conoscere dispositivi e loro caratteristiche per limitare il rischio di formazione di trombi endoluminali. Il metodo ECG intracavitario nel posizionamento di cateteri venosi centrali PICC in un reparto di Terapia Intensiva Coronarica. Alessandro Mitidieri, Mauro Pittiruti, Sandra Isabel Silva Santos, Cinzia Sechi, Luciana Mattu, Carmen Nuzzo; U.T.I.C. Policl. Univ.“A. Gemelli”, Roma [email protected] Introduzione. Si è studiato la fattibilità e la accuratezza del metodo dell’ECG intracavitario per il posizionamento della punta degli accessi venosi centrali tipo PICC (Percutaneous intravavenous central catheter) in 46 pazienti adulti ricoverati in una Terapia Intensiva Coronarica. Materiali e metodi. Sono stati selezionati soltanto pazienti in cui il metodo fosse applicabile, cioè pazienti con un’onda P ben identificabile nel tracciato ECG di superficie. La fattibilità è stata definita come la possibilità di identificare un picco dell’onda P nel tracciato intracavitario. L’accuratezza è stata definita usando come termine di confronto il controllo radiografico del torace dopo la procedura. Risultati. Tutti i PICC sono stati inseriti con successo, senza complicanze degne di nota e in particolare senza complicanze potenzialmente correlate con il metodo dell’ECG intracavitario. Il metodo è risultato fattibile in 44 casi su 46. La posizione finale alla giunzione atrio-cavale stimata, secondo il metodo dell’ECG, è stata confermata dal controllo postoperatorio della radiografia del torace in tutti i 44 pazienti. Nei 2 casi in cui non è stato possibile rilevare il tipico picco dell’onda P, la causa è imputabile ad artefatti che rendevano difficile la interpretazione del tracciato dell’ECG intracavitario. Conclusioni. In questo nostro studio condotto su cateteri a inserzione periferica tipo PICC nei pazienti in Terapia Intensiva Coronarica, il metodo dell’ECG intracavitario è risultato essere ottimo in termini di fattibilità (96%), accuratezza (100%) e sicurezza (100%). Bibliografia • Capozzoli G, Accinelli G, Fabbro L et al. Intra-cavitary ECG is an effective method for correct positioning of the tip of tunneled Groshong catheters. J Vasc Access 2012; 13 (3): 393-96. • Gebhard RE. Can electrocardiogram-controlled central line placement decrease the need for routine chest radiographs after central venous cannulation? Anesth Analg 2007; 104: 1614. • Pittiruti M, Hamilton H, Biffi R et al. ESPEN Guidelines on parenteral nutrition: central venous catheters (access, care, diagnosis and therapy of complications). Clin Nutr 2009; 28: 365-77. Ipotermia terapeutica post arresto cardiaco: un protocollo ben applicato può sostituire la tecnologia. Salvatore Camboni, Mannu E., Bellodi L., Solinas B., Meloni M. Diana L., Profili G. Solinas L. et all, Rianimazione ASL Sassari [email protected] Premessa. Recenti linee guida raccomandano l’applicazione di ipotermia terapeutica (TH, 32-34°C), a pazienti in ROSC come strategia per ridurre il danno cerebrale. L’ipotermia può essere raggiunta e mantenuta anche senza l’impiego delle tecnologie dedicate attualmente commercializzate. Scopo. Dimostrare se il raffreddamento “deviceless” con monitoraggio continuo della temperatura (catetere vescicale) sia equivalente all’uso di tecnologie più avanzate e costose. Materiali e metodi. Sono stati analizzati retrospettivamente i dati dei pazienti in ROSC (intra ed extra-ospedaliero, defibrillabili e non) ammessi in UTI e sottoposti a TH (GCS <8). Sono stati valutati la percentuale di dimessi vivi e l’ outcome neurologico valutato con la scala Cerebral Performance Category (CPC). L’ipotermia terapeutica è stata indotta con bolo freddo a 4°C e icepack posizionati a vari livelli. Raggiunta la temperatura target, la fase di mantenimento è stata regolata tramite somministrazione o interruzione di infusioni fredde a seconda del- 22 2014; 31 (suppl.) lo scostamento dai 33°C. L’infusione di liquidi è stata limitata da indici ecografici di fluid responsiveness. Risultati e Conclusioni. In un periodo di 30 mesi sono stati sottoposti a TH 27 pazienti. La percentuale di dimessi vivi dalla terapia intensiva è stata del 55%, con CPC 1-2 in tutti i casi. I tempi necessari per raggiungere la temperatura Target sono in linea con il consenso internazionale. (Tempo ACC-ROSC (mediana 20 min [range interquartile 10-33]); Tempo ROSC-inizio raffreddamento (105 [30-200]); Tempo ROSC- T Target (240 [95-370]); Tempo inizio raffreddamento - T target (135 [60-237]). Buona parte del tempo tuttavia, viene spesa nel prendere la decisione; il tempo necessario, dall’induzione, a raggiungere la temperatura target è invece estremamente rapido nonostante l’approccio deviceless. Un protocollo di ipotermia prestabilito, ben noto al personale infermieristico può essere implementato con successo in ogni terapia intensiva, garantendo elevati standard di cura e con dati sovrapponibili alla letteratura. Bibliografia • J.P. Nolan et al. Resuscitation 2010. • The hypothermia after cardiac arrest study group. Mild terapeutic hypotermia to improve the neurologic outcome after cardiac arrest. NEJM 2002. • Bernard. Treatment of comatose survivors of out-of-hospital cardiac arrest with induced hypothermia. Sala del Tempio 2 10.00 – 11.20 La sicurezza innanzitutto L’impiego della checklist per la sicurezza del paziente in Sala Operatoria nel Presidio Ospedaliero San Giovanni Bosco di Torino: analisi delle criticità e pianificazione delle azioni di miglioramento”. Salvatore Lanzarone, Leonardo Fuggetta, Ivana Finiguerra DEA Grandi traumi, Az. Osp. Città della Salute e della Scienza, CTO, [email protected] Introduzione. Il problema dell’incidenza di eventi avversi correlati all’assistenza chirurgica è considerato una delle priorità della sanità pubblica nel mondo. L’utilizzo di una SSCL (surgical safety check list) per la sicurezza in sala operatoria è associata ad una concomitante riduzione del tasso di mortalità e di complicanze post-operatorie. Obiettivo. Individuare le criticità connesse all’utilizzo della SSCL e pianificare le corrispondenti azioni di miglioramento. Metodi. È stata effettuata un’analisi retrospettiva su 264 cartelle. I dati riguardanti le modalità di utilizzo della SSCL sono stati raccolti in una matrice costruita su foglio elettronico con l’impiego del programma microsoft excell 2007. È stato condotto un focus group con gli esperti per esplorare le criticità connesse all’utilizzo della SSCL e mediante tecnica FMECA, si sono individuate quelle ritenute predominanti. Sulla base di queste, si sono pianificate le azioni di miglioramento. Risultati. Le percentuali di compilazione delle fasi peri-operatorie si attestano su valori molto al di sotto dello standard atteso. La fase più largamente compilata è quella relativa all’accoglienza del paziente nel blocco operatorio. La compilazione delle fasi 4 e 5 risulta per lo più disattesa. Dalle risultanze del focus group emerge la necessità di orientare le azioni di miglioramento a due criticità principali che limitano l’utilizzo della SSCL:“mancanza di un coordinatore della SSCL” e “scarsa consapevolezza dell’importanza legata all’utilizzo della SSCL”. Discussione. L’infermiere sembrerebbe la figura professionale, con maggiore livello di adesione alla compilazione della SSCL. La fase dell’accoglienza nel blocco operatorio è infatti quella con percentuali di compilazione di gran lunga maggiore delle altre. Le criticità nell’utilizzo della SSCL, individuate dal gruppo di focus, sono in linea con quanto la letteratura afferma. La pianificazione delle azioni di miglioramento si è orientata a partire da quanto emerso dai partecipanti. Parole chiave: surgical safety checklist, use by medical care teams, usage Bibliografia • Ministero Del Lavoro Della Salute e Delle Politiche Sociali. Manuale per la sicurezza in sala operatoria: Raccomandazioni e Checklist. Ottobre 2009. Consultabile integral- 23 2014; 31 (suppl.) mente all’indirizzo: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_ pubblicazioni_1119_allegato.pdf • World Health Organization. World alliance for patient safety. October 2004. Consultabile integralmente all’indirizzo: http://www.who.int/patientsafety/en/brochure_final.pdf • Gawande AA. Weiser TG. World Health Organization Guidelines for Safe Surgery. Geneva: World Health Organization, 2008. Il telemonitoraggio nel paziente con dispositivo impiantabile (ICD e PM): la tecnologia per la sicurezza e la qualità di vita. Giulia Carlesso, Laboratorio BIOS Treviso, Marilisa Corso, ULSS7 Pieve di Soligo (TV) [email protected] Premessa. I dispositivi impiantabili (ICD e PM) sono usati per prevenire la morte improvvisa da arresto cardiaco e per trattare gravi aritmie. I ricoveri e le visite di follow-up, sono in costante aumento e stanno comportando un pesante onere economico. La telemedicina offre un supporto importante perché permette all’utente di essere costantemente monitorato senza recarsi in Struttura, grazie alla valutazione a distanza. Risulta interessante capire quali siano le ricadute a lungo termine del telenursing sul follow-up e sul miglioramento della qualità di vita. Materiali, metodi. È stata effettuata un’indagine retrospettiva con lo scopo di: 1. descrivere le caratteristiche del campione (384 utenti) in termini di fattori di rischio e barriere/distanze fisiche e come il telemonitoraggio si collochi in questo contesto; 2. rilevare l’influenza del telemonitoraggio sulla riduzione dei fattori di rischio modificabili e sul miglioramento della qualità di vita; 3. valutare come l’infermiere possa agire sul miglioramento dell’adesione alla terapia. Risultati. Il campione è prevalentemente portatore di PM (65,1%) e di sesso maschile (64,6%). La media dell’età è di anni 78 (DS±11,3), molto superiore a quella della letteratura. Il campione è risultato pluripatologico con un livello di autonomia a volte compromesso (BPCO 16,7%, tumore 12,5%, pregresso ictus 10,1% e demenza 7%). Il 60,7% necessita di un accompagnatore per le visite e il 28,7% di assistenza al domicilio. La distanza media dall’Ospedale per le visite è di 13 km (DS±11,4) ma sono presenti pazienti che arrivano anche da fuori provincia (distanza min 2,3 e max 112 km). Conclusioni. Dall’indagine emerge la necessità di incrementare l’educazione continua per gestire al meglio la patologia a domicilio, sebbene seguito dal telemonitoraggio. È di particolare importanza educare il paziente sia nell’immediato post-intervento che a distanza di tempo nei follow-up telefonici al fine di: migliorare l’adesione alla terapia, migliorare lo stile di vita e permettere all’utente di ottimizzare l’efficacia del servizio. La telemedicina offre un’importante alternativa alle visite ambulatoriali ed è bene accettata dai pazienti, i quali riescono ad avere rassicurazioni e informazioni anche da casa e traggono vantaggio per quanto riguarda costi e tempi. Bibliografia • Fauchier L, Sadoul N, Kouakam C, Briand F, Chauvin M, Babuty D, et al. Potential cost savings by telemedicine-assisted long-term care of implantable cardioverter defibrillator recipients. Pacing Clin Electrophysiol 2005 Jan;1:255-9 • Raatikainen MJ, Uusimaa P, Van Ginneken MM, Janssen JP, Linnaluoto M. Remote monitoring of implantable cardioverter defibrillator patients: a safa, time-saving, and cost-effective means for follow-up. Europace 2008 Aug 14;10(10):1145-51. • Birati E, Roth A. Telecardiology. Isr Med Assoc J 2011 Aug;13(8):498-503. L’impostazione degli allarmi per la sicurezza del malato. Stefano Bernardelli, Alfio Patanè, Elena Rizzi, DEA e TI; Elisabetta Allegrini, Servizio Prof. Sanit; Martina Bertacco, Dip. Materno-Infantile; Az. Osp. Integrata Verona [email protected] Introduzione. L’impostazione e la gestione degli allarmi riguardo il monitoraggio del paziente ricoverato in terapia intensiva è una delle principali responsabilità dell’infermiere. Tuttavia, dai dati della letteratura sembra emergere che una stragrande maggioranza, fino al 99% di allarmi, possano essere falsi positivi. Il lavoro in questi contesti di cura porta una pro- 24 2014; 31 (suppl.) gressiva disattenzione o sottostima dei continui allarmi presenti al letto del paziente (anche 400 al giorno). Obiettivo. Lo scopo di questo studio era di valutare la percezione degli infermieri riguardo l’importanza e l’attenzione degli allarmi impostati per la sicurezza del paziente. Materiale e metodi. È in via di conclusione un’indagine esplorativa su un campione di 80 infermieri operanti su tre Rianimazioni di Aziende Ospedaliere/Sanitarie della Regione Veneto. L’indagine comprendeva l’utilizzo di un questionario composto da 10 domande a risposta chiusa e delle variabili socio-demografiche dei soggetti raccolti mediante questionario anonimo. L’analisi dei dati si sta conducendo mediante l’utilizzo del Software Stata 12 Risultati. Sono emersi due elementi significativi, ovvero, la non corretta impostazione degli allarmi e il tempo di risposta all’allarme stesso. Un numero significativo di infermieri ritiene che il fattore stanchezza possa contribuire con effetto di minor attenzione e disattivazione anche impropria degli allarmi. Conclusioni. Questo studio contribuisce a confermare la letteratura presente, in quanto afferma che spesso si sottopone a monitoraggio intensivo anche pazienti che non ne necessitano per stabilità clinica. Un modello concettuale di “alarm fatigue” spiega come diversi fattori umani e tecnologici possano essere determinanti per contrastare tale fenomeno per la sicurezza del paziente. Bibliografia • Christensen M1, Dodds A2, Sauer J2, Watts N2. Alarm setting for the critically ill patient: A descriptive pilot survey of nurses’ perceptions of current practice in an Australian Regional Critical Care Unit. Intensive Crit Care Nurs. 2014 Aug;30(4):204-10. doi: 10.1016/j.iccn.2014.02.003. Epub 2014 Apr 3. • K.C. Graham, M. Cvach. Monitoring alarm fatigue: standardising use of physiological monitors and decreasing nuisance alarms Am J Crit Care, 19 (1) (2010), pp. 28-37 • Jo M. Solet, Paul R. Barach. Corrigendum to “Managing alarm fatigue in cardiac care” [Progress in Pediatric Cardiology 33 (2012) 85-90]. Progress in Pediatric Cardiology, Volume 33, Issue 2, May 2012, Page 183 Somministrazione di medicamenti attraverso sonde gastro-enterali: rischio clinico e best practices, indicazioni dalla letteratura. Marta Velia Antonini, TI e Rian. Az. Osp-Univ. di Parma [email protected] Premessa. La somministrazione di farmaci attraverso sonde gastriche, duodenali e digiunali, in contesti in cui i pazienti non siano in condizione di assumere la formulazione orale attraverso la via naturale, ricade in genere al di fuori delle indicazioni, con implicazioni importanti, in termini di responsabilità, per gli operatori. La manipolazione impropria dei medicamenti impatta sull’efficacia terapeutica: è infatti potenzialmente associata ad alterato assorbimento e ridotta biodisponibilità, rischio di tossicità, compromissione della stabilità e contaminazione delle preparazioni. Questa pratica è inoltre fonte di esposizione occupazionale ad agenti chimici, con fenomeni di sensibilizzazione e tossicità. L’interazione delle formulazioni alterate, tra loro o con le soluzioni per nutrizione enterale, è gravata da fenomeni di incompatibilità fisico-chimica, con sviluppo di prodotti di reazione nocivi o inattivi, formazione di precipitati ed occlusione dei presidi. La sospensione inopportuna della nutrizione in corrispondenza della somministrazione di farmaci può determinare il mancato raggiungimento dei goal calorici. L’infusione di farmaci attraverso sonde gastro-enterali è infine associata alla somministrazione accidentale in via venosa. Scopo. In un’ottica di prevenzione e contenimento del rischio clinico, si rende necessaria la definizione di linee comportamentali standardizzate circa la somministrazione dei medicamenti per via gastrica o enterale al fine di massimizzare l’efficacia terapeutica e implementare la sicurezza. Materiali e metodi. Una revisione sistematica della letteratura ha consentito di valutare problematiche peculiari connesse alle diverse forme farmaceutiche orali e di precisare metodiche di somministrazione appropriate, fornendo indicazioni specifiche per la gestione di farmaci di utilizzo comune in terapia intensiva, identificando medicamenti ad alto rischio e interazioni farmaceutiche e farmacocinetiche significative ed evidenziando fonti di errori life-threatening attivi e latenti. Conclusioni. L’elaborazione di linee guida e procedure tese a ottimizzare efficienza, efficacia e sicurezza terapeutiche, in 25 2014; 31 (suppl.) particolare in situazioni che configurino una somministrazione off-label, può contribuire a minimizzare gli eventi avversi e migliorare l’outcome del paziente. Bibliografia • Williams NT, Medication administration through enteral feeding tubes, Am J Health-Syst Pharm 2008;65:2347-57 • Boullata JI, Drug Administration Through an Enteral Feeding Tube The rationale behind the guidelines, Am J Nurs. 2009;109(10):34-42 • Guenter P, Boullata J. Nursing2013 survey results: Drug administration by enteral feeding tube. Nursing. 2013 Dec;43(12):26-33. Sala della Piazza 11.30 – 12.50 Percorsi, procedure, protocolli Applicabilità ed effetti della postura prona nei pazienti ipossici sottoposti ad ECMO veno-venoso. Alberto Lucchini, D.La Leggia, G.Pelucchi; DEA TIGen. Az. Osp. S.Gerardo, Monza; A.Viganò, TI Cardiochir. Osp.S. Raffaele, Milano; R.Fumagalli, TI Gen., Az. Osp. Cà Granda-Niguarda, Milano [email protected] parametro Introduzione. Nei pazienti con ARDS sottoposti ad ECMO veno-venoso (ECMO-VV) può persistere una condizione di grave ipossiemia. Obiettivi. Valutare l’applicabilità e gli effetti della Postura Prona (PP) in pazienti gravemente ipossie mici nonostante il supporto ECMO-VV. Materiale e metodi. Studio osservazionale retrospettivo. Il campione analizzato riguarda i pazienti sottoposti ad ECMO-VV posizionati in PP presso la terapia intensiva generale dell’A.O.S.Gerardo di Monza nel periodo 2008-1013. Risultati. Sono state registrate 33 manovre di pronazione in 11 pazienti sottoposti ad ECMO-VV. Il blood flow medio nei pazienti investigati è stato pari a 3.60±0.82 lt/min, con un gas flow medio pari a 5.73±1.80lt/min. I cicli di pronazione hanno avuto una durata media di 8.58±4.28 ore. La tabella 1 riporta i dati relativi all’andamento dell’ossigenazione e della ventilazione negli step: immediatamente prima della pronazione, ad un’ora dalla pronazione, immediatamente prima della supinazione e un’ora dopo la supinazione. La prima pronazione è stata effettuata dopo 9.55±10.68 giorni dalla connessione in ECMO. Non si sono registrate complicanze maggiori (instabilità emodinamica, riduzione del Blood Flow), dislocazione di device. I pazienti non hanno sviluppato lesioni da pressione a causa della PP. In tabella 2 è stato vengono evidenziati i dati relativi al rapporto pO2/FiO2 negli step investigati, in due sottocampioni : pazienti sopravvissuti versus pazienti deceduti. pre pronazione prono pre supinazione supino Media (DS) Media (DS) Media (DS) Media (DS) p.value FiO2 0.7±0.2 0.7±0.2 0.7±0.2 0.7±0.2 873 pO2 67.89±12.00 71.37±17.56 73.85±17.55 75.11±21.41 564 103±42 111±47 108±44 125±80 512 PO2/FiO2 FR 15.31±11.52 13.40±9.13 863 TV 226±107 226±116 921 14.24±3.75 14.25±4.26 999 PEEP Morti (n=6) Vivi (n=5) pO2/FiO2 pO2/FiO2 pre 84±28 126±48 prono 94±40 132±50 pre-supinazione 102±38 132±50 post 86±23 171±103 p.value 00.16.00 306 26 2014; 31 (suppl.) Conclusioni. La PP può essere considerata ed applicata come trattamento limite in pazienti selezionati che rimangono gravemente ipossici nonostante il supporto ECMO-VV. Bibliografia • Sud S, Friedrich JO, Taccone P, Polli F, Adhikari NK, et al. Prone ventilation reduces mortality in patients with acute respiratory failure and severe hypoxemia: systematic review and meta-analysis.Intensive Care Med. 2010;36(4):585-99. • Lucchini A, Pelucchi G, Gariboldi R, Vimercati S, Brambilla D et al.La postura prona nei pazienti con grave insufficienza respiratoria. Scenario 2010;27(3)23-28. Confronto tra la sostituzione delle linee infusionali e di monitoraggio ogni 96 ore versus ogni 7 giorni. Simone Angelini, L. Losurdo, Studenti Master in Infermieristica di Anestesia e TI, Univ. Milano-Bicocca; A.Lucchini, A. Giuffrida, DEA TI Gen. Az. Osp. S.Gerardo, Monza; R.Fumagalli TI Gen. Az. Osp. Cà Granda-Niguarda, Milano [email protected] Giorni cateteri totali Numero di CRBSI casi/1000 gg-catetere Giorni CVC CVC CRBSI casi/1000 gg-catetere Giorni Arteria Arteria CRBSI casi/1000 gg-catetere Giorni Swan Ganz SG CRBSI casi/1000 gg-catetere totale 26.515 26 0,98 12.325 16 1,29 11.242 4 0,36 2.948 6 2,04 Il costo paziente della linea infusionale con sostituzione ogni 4 giorni è stato pari a 182,71€, mentre con la sostituzione ogni 7 giorni è stato pari a 120,81€. Conclusioni. La sostituzione ogni 7 giorni dei componenti della linea infusionale, come suggerito dalle linee guida del CDC pubblicate nel 2011, permette una riduzione del 33% della spesa per i componenti. L’applicazione di questa raccomandazione non ha determinato un aumento delle CRBSI. Introduzione. Il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) ha pubblicato nel 2011 le nuove linee guida (LG) per la gestione dei cateteri vascolari e delle linee infusionali. La frequenza di sostituzione suggerita per le linee infusionali è così definita:“non prima di 96 ore e non oltre i 7 giorni”. Obiettivi. Valutare l’incidenza delle infezioni da catetere vascolare espresse (CRBSI) con l’indicatore casi/1000 giorni catetere in una terapia intensiva polivalente in un periodo di 60 mesi. Nei primi 30 mesi la sostituzione delle linee infusionali è avvenuta ogni 96 ore, nei secondi 30 mesi ogni 7 giorni. Materiale e metodi. Studio osservazionale retrospettivo. Sono stati inclusi pazienti ricoverati per almeno 96 ore. I giorni catetere registrati hanno riguardato i seguenti devices intravascolari: Catetere Venoso Centrale, Catetere arterioso, Catetere di Swan Ganz. Risultati. Sono stati arruolati 2071 pazienti, 1055 nel gruppo con sostituzione ogni 4 giorni e 1016 nel gruppo con sostituzione ogni 7 giorni. La tabella 1 riepiloga i dati rilevati nel campione investigato. 4 gg 13.395 15 1,12 6.227 7 1,12 5.730 2 0,35 1.438 6 4,17 7 gg 13.120 11 0,83 6.098 9 1,45 5.512 2 0,36 1.510 0 0,00 p.Value (4gg vs.7gg) 0,15 0,374 0,61 0,002 Bibliografia • CDC - 2011 Guidelines for the Prevention of Intravascular Catheter-Related Infections. • Loveday HP1, Wilson JA2, Pratt RJ2, Golsorkhi M2, Tingle A2 et al.Epic3: national evidence-based guidelines for preventing healthcare-associated infections in NHS hospitals in England. J Hosp Infect. 2014;86 Suppl 1:S1-70. 27 2014; 31 (suppl.) La gestione del paziente grande ustionato attraverso il monitoraggio emodinamico avanzato a bassa invasività PICCO 2. Fioravante Mike Dreosti, Chir. Plast-Grandi Ustionati; Az. Osp. Città della Salute e della Scienza, CTO, Torino [email protected] Premessa. Le ustioni che coinvolgono una superficie cutanea totale superiore ad 1/3 portano facilmente ad uno stato di shock in cui la perfusione dei tessuti risulta insufficiente e quindi la disponibilità di ossigeno e/o nutrienti per le cellule non viene garantita così come la rimozione dei detriti cellulari. Una modalità terapeutica essenziale e prioritaria nel paziente grande ustionato è rappresentata dalla fluido terapia utilizzata per mantenere un adeguato flusso ematico. Una valutazione non corretta della volemia del paziente può determinare gravi complicanze come l’edema polmonare o ritardi nello svezzamento dalla ventilazione meccanica con aumento delle giornate di degenza nell’Unità di Terapia Intensiva e possibile aumento della mortalità. Negli ultimi anni il monitoraggio emodinamico in continuo a bassa invasività (PICCO 2) del paziente grande ustionato – finalizzato alla valutazione della perfusione d’organo - ha acquisito una importanza sempre maggiore per l’osservazione dell’evoluzione clinica del paziente ma anche per l’orientamento terapeutico. Scopi. Ottimizzare e migliorare in tutti i pazienti grandi ustionati ed intubati il monitoraggio di volemia/performance cardiocircolatoria mediante gli indici volumetrici indicizzati del Volume di sangue intratoracico (ITBI), Volume di acqua polmonare extravascolare (ELWI) rispetto ai tradizionali indici di Pressione venosa centrale (PVC) e Pressione di incuneamento dell’arteria polmonare (PAWP). Fornire un metodo di risposta oggettivo rispetto ai dati rilevati. Materiali e metodi. È stato formato un gruppo di studio multidisciplinare (anestesisti, chirurghi plastici ed infermieri) che ha condotto uno studio retrospettivo per l’anno 20122013 dei pazienti trattati prima e dopo l’inserimento del monitoraggio emodinamico in continuo a bassa invasività. È stato elaborato un protocollo per la gestione del paziente con monitoraggio continuo emodinamico a bassa invasività ed interpretazione dei dati e per la gestione delle apparecchia- ture elettromedicali e gestione degli accessi venosi/arteriosi rispetto alle linee guida internazionali. Risultati. Lo studio ha dimostrato una riduzione dei tempi di svezzamento dal ventilatore meccanico e dall’utilizzo delle amine. Il protocollo elaborato ha permesso di uniformare le scelte terapeutiche per la gestione del paziente grande ustionato e l’assistenza infermieristica. Ottimizzazione del percorso del paziente post-operato: il progetto Recovery Room dell’ospedale Maggiore di Bologna. Mauro Tiacci, Roccelli Anna, Manzini Cesare, Ferrari Fabiana, Govoni Omar, Minelli Milena, Zamboni Davide, Zironi Marzia, Piastra Blocchi Operatori, Bologna; Guglielmo Imbriaco, Claudio Tacconi, Alessandro Monesi, Patrizia Ferrari, Erga Laura Cerchiari, TI Osp. Maggiore Az. USL Bologna [email protected] Le comorbilità dei pazienti, la complessità e la centralizzazione degli interventi di chirurgia elettiva maggiore pongono crescente indicazione a un risveglio post operatorio in ambiente protetto che solitamente corrisponde a un ricovero in ambiente intensivo. La ridotta disponibilità di posti letto di Terapia Intensiva (che oltre ai post-operati accoglie anche pazienti acuti provenienti da altre aree di degenza) può influenzare negativamente la programmazione degli interventi chirurgici elettivi. Al fine di ridurre lo scostamento tra l’attività chirurgica pianificata e quella effettivamente realizzata, è stato attivato un percorso che consente di ottimizzare la fase di risveglio e in particolare lo svezzamento e il recupero delle funzioni vitali necessarie al rientro del paziente nel reparto di degenza chirurgica ordinaria. Il progetto di attivazione della Recovery Room nel blocco operatorio dell’Ospedale Maggiore è stato svolto attraverso una fase di pianificazione, per definire una corretta categorizzazione dei pazienti (risveglio Fast, Check e Slow), e una fase formativa suddivisa in livello Base e Avanzato, dedicata al personale infermieristico di sala operatoria e gestita dal personale infermieristico e medico della Terapia Intensiva. Gli argomenti del corso di formazione sono stati incentra- 28 ti su conoscenze e competenze cliniche e assistenziali tipiche del contesto intensivo, con particolare riferimento alla gestione dei problemi del paziente post operato (recupero della coscienza, svezzamento ventilatorio, controllo del dolore, ottimizzazione dei parametri emogasanalitici e altro). In seguito all’intervento formativo si è svolto un periodo di sperimentazione di tre settimane, con la supervisione in Recovery Room di un infermiere di Terapia Intensiva, oltre al personale neo formato. Nel periodo di tre settimane sono stati accolti in Recovery Room 141 pazienti (23,81% del totale dell’attività chirurgica del periodo) e di questi solamente il 23,8% rientrava nella categoria Slow (risveglio ed estubazione protetta) e solo 1 paziente ha richiesto ricovero in Terapia Intensiva. Dall’analisi delle disponibilità di posti letti intensivi del periodo di sperimentazione si evince che la possibilità di svolgere il risveglio e lo svezzamento ventilatorio in Recovery Room ha consentito di effettuare 33 interventi di chirurgia maggiore elettiva che altrimenti avrebbero dovuto essere riprogrammati. Il tempo medio di permanenza in Recovery Room è stato di 106±78 minuti e i principali problemi trattati sono stati il dolore (56%), nausea e vomito -PONV- (13%) e l’ipertensione (10%), La formazione del personale e la sperimentazione della Recovery Room si sono dimostrate efficaci per garantire un risveglio protetto, la stabilizzazione dei parametri e la completa autonomizzazione dal ventilatore dei pazienti post-operati e dal punto di vista organizzativo è stato possibile garantire il 100% degli interventi programmati, anche a fronte della mancata disponibilità di posti letti intensivi. L’accurata progettazione dei percorsi e la collaborazione sinergica tra il personale di Terapia Intensiva e quello di Sala Operatoria hanno portato a definire un percorso assistenziale sicuro ed efficiente del paziente post-operato, ottimizzando le risorse disponibili e riducendo i ricoveri inappropriati in reparti intensivi. La gestione del paziente con sepsi severa e shock settico in ambito intensivo: analisi delle raccomandazioni delle linee guida Sepsis Surviving Campaign 2012” Guglielmo Imbriaco, Alessandro Monesi, T. Int. – Rianimazione Osp. Maggiore, Bologna [email protected] 2014; 31 (suppl.) Introduzione. I quadri settici sono una condizione patologica in crescente aumento (da 415000 casi riportati negli USA nel 2003 a oltre 710000 nel 2007, +71%) e rappresentano il 10% dei ricoveri in ambito intensivo, con esiti mortali nel 25% dei pazienti; il trattamento di queste patologie comporta un notevole impegno sia in termini economici che clinico-assistenziali. Obiettivi, materiali e metodi. L’obiettivo di questo lavoro è descrivere cause, segni, sintomi e principali trattamenti dei quadri settici in ambito intensivo attraverso le raccomandazioni delle linee guida Sepsis Surviving Campaign 2012 (SSC2012). Risultati. Le manifestazioni cliniche dei quadri settici sono altamente variabili in funzione del sito iniziale del processo infettivo e delle disfunzioni d’organo ad esso collegate. L’approccio rianimatorio precoce dei pazienti settici è una tra lei principali raccomandazioni e si articola attraverso il trattamento dell’ipoperfusione tissutale sepsi-correlata, l’esecuzione degli esami colturali prima di iniziare terapie antibiotiche, eseguire esami diagnostici mirati a individuare il sito di infezione primaria e iniziare la terapia antibiotica ad ampio spettro entro un’ora. I bundles raccomandati dalle linee guida SSC2012 includono la misurazione dei lattati ematici, la somministrazione di cristalloidi (30ml/kg) per il trattamento iniziale dell’ipotensione e l’infusione di farmaci vasoattivi per il mantenimento di una MAP ≥65mmHg con l’obiettivo di mantenere una pressione venosa centrale ≥8 mmHg e una ScvO2 del 70%. Alcuni aspetti assistenziali nella gestione dei pazienti con sepsi severa e shock settico includono la corretta gestione dei device intravascolari, la prevenzione di ulteriori potenziali fonti infettive attraverso la cura del cavo orale e la decontaminazione selettiva del tratto digestivo, il monitoraggio e il mantenimento di un range glicemico non superiore a 180 mg/dl, la somministrazione iniziale di nutrizione enterale a basso dosaggio. Conclusioni. Il precoce riconoscimento dei quadri settici, in particolare all’esordio dei sintomi e prima della necessità di ricovero in ambito intensivo e l’adesione alle buone pratiche cliniche descritte in queste linee guida comportano un netto incremento dell’outcome dei pazienti e una drastica riduzione dei costi connessi ai trattamenti e all’ospedalizzazione. 29 2014; 31 (suppl.) Bibliografia • Lagu T et al, Hospitalizations, costs, and outcomes of severe sepsis in the United States 2003 to 2007, Crit Care Med. 2012 Mar;40(3):754-61. • Angus D, Van Der Pol T, Severe sepsis and septic shock, N Engl J Med 2013;369:840-51. • Dellinger RP et al, Surviving sepsis campaign: international guidelines for management of severe sepsis and septic shock: 2012, Crit Care Med. 2013 Feb;41(2):580-637. Sala del Tempio 1 11.30 – 12.50 Nuove dimensioni della comunicazione Il metodo SBAR per prevenire gli errori di comunicazione. Marco Zucconi, Uff. Med. Legale e Doc. Clinica, Az. Osp. Perugia [email protected] Premessa. Il metodo S.B.A.R. è una tecnica di comunicazione messa a punto da parte delle forze armate statunitensi. Successivamente la metodica è stata introdotta negli ospedali americani accreditati Jont Commission già dagli anni ’90 del secolo scorso, con indubbi vantaggi organizzati nella comunicazione tra professionisti, rendendola rapida ed efficace. SBAR è l’acronimo inglese che sta per: S situation (situazione); B background (contesto); A assessment (valutazione); R raccomendation/request (raccomandazione/richiesta). Scopo. Nelle situazioni lavorative sia ordinarie che di emergenza medici, infermieri ed altri professionisti sanitari di solito comunicano in stili diversi, per cui una modalità univoca è fondamentale per ridurre gli errori e limitare la perdita di informazioni, determinanti nei processi decisionali. Il metodo permette di uniformare il corretto passaggio di informazioni tra professionisti. Materiali e metodi. Viene presentata la tecnica S.B.A.R. attraverso esempi di situazioni tipo d’ambito sanitario (esempio: comunicazione telefonica in situazione di emergenza/urgenza, passaggio delle consegne tra diverso turno di servizio, trasferimento tra Pronto Soccorso e struttura di degenza). Risultati. Applicando correttamente il metodo, anche attraverso l’impiego di schede ad hoc, si avranno i seguenti risultati: 1. La comunicazione diviene breve, circostanziata e focalizzata sul problema da risolvere. 2. Gli errori individuali si riducono, in quanto il sistema crea delle protezioni successive. 3. Il lavoro di gruppo viene facilitato perché ogni rilevanza clinica tende ad essere tempestivamente ed esaurientemente condivisa tra tutti i soggetti interessati. 4. La tecnica facilita il “debriefing”, utile allo scopo di apporre migliorie in continuazione. Conclusioni. L’OMS ha dato ampio risalto alla metodica, inserendola dal 2009 a pieno titolo tra i “Communication Tools” che permettono di garantire la sicurezza dei pazienti, pertanto la conoscenza e la successiva implementazione di tale tecnica comunicativa permette all’infermiere di elevare il livello di sicurezza con cui presta l’attività assistenziale, soprattutto in situazioni di criticità vitale. Bibliografia • Compton J, Copeland K, Flanders S, Cassity C, Spetman M, Xiao Y, Kennerly D, Implementing SBAR across a large multihospital health system, Jt Comm J Qual Patient Saf., Jun 2012. • De Meester K, Verspuy M, Monsieurs KG, Van Bogaert P, SBAR improves nurse-physician communication and reduces unexpected death: a pre and post intervention study, Resuscitation, March 2013. La resilienza negli infermieri delle terapie intensive: uno studio osservazionale. Stefano Bernardelli, Alfio Patanè, Elisabetta Allegrini, Martina Bertacco, DEA e TI Az. Osp-Univ. Integr., Verona. [email protected] Introduzione. La resilienza nei contesti lavorativi viene de- 30 scritta in letteratura come una teoria a medio raggio per facilitare l’adattamento in ambienti ad alto contenuto stressogeno, quali i nostri contesti di cura ospedalieri. Tuttavia, permane come ambito da esplorare come le caratteristiche personali quali l’età, anzianità di servizio e il grado di istruzione degli infermieri possano essere preddittori di successo. Obiettivi. Primario: Misurare il grado di resilienza negli operatori sanitari mediante l’utilizzo della Connor- Davidson Resilience Scale. Secondario: Quali caratteristiche intrinseche sono preddittori di resilienza. Materiali e metodi. È in via di conclusione un disegno di indagine predditiva su un campione di 80 infermieri operanti su tre Rianimazioni di Aziende Ospedaliere/ Sanitarie della Regione Veneto. L’indagine comprendeva l’utilizzo della scala sopra citata e delle variabili socio- demografiche dei soggetti raccolti mediante questionario anonimo. L’analisi dei dati si sta conducendo mediante l’utilizzo del Software Stata 12. Risultati. Sono tornati utili per l’analisi 73 questionari (91% di adesione). Da una prima lettura dei dati emergono dati statisticamente significativi riguardo l’età, gli anni di esperienza e la resilienza. Conclusione. Gli infermieri in Terapia Intensiva risultano esplicare al fine di superare le quotidiane difficoltà questa teoria a medio raggio che, già applicata in altri contesti, ha prodotto ottimi risultati. I risultati emersi fin’ora sembrano essere concordanti con i dati presenti in letteratura. Bibliografia • Mealer M1, Jones J Newman J, McFann KK, Rothbaum B, Moss M The presence of resilience is associated with a healthier psychological profile in intensive care unit (ICU) nurses: results of a national survey. Int J Nurs Stud. 2012 Mar;49(3):292-9. doi: 10.1016/j.ijnurstu.2011.09.015. Epub 2011 Oct 5. • Southwick S, Ozbay F, Charney D, McEwen B. Adaptation to stress and Psychological mechanisms of resilience. In: Lukey B, Tepe V, editors. Biobehavioral Resilience to Stress. New York: CRC Press; 2008. pp. 91-115. • McHugh M, Kutney-Lee A, Cimiotti J, Sloane D, Aiken L. Nurses’ widespread job dissatisfaction, burnout, and frustra- 2014; 31 (suppl.) tion with health benefits signal problems for patient care. Health Affairs. 2011;30(2):202–210. Efficacia del materiale www.intensiva.it sui sintomi di stress post-traumatico nei familiari dei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva. Giovanni Brenna, G. Mistraletti, E. Andrighi, A. Di Carlo, B. Sabatelli, P. Ventura, G. Cappello, M. Astori, G.Iapichino, Az. Osp. Polo San Paolo Univ. degli Studi di Milano giovanni.brenna@ ao-sanpaolo.it Premessa. Il ricovero in Terapia Intensiva (TI) costituisce spesso, per i familiari dei pazienti ricoverati, un intenso stress emotivo che si evidenzia attraverso il manifestarsi di sintomi psicopatologici come il Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD) o sintomi ad esso associati (Sintomi da Stress Post Traumatico, PTSS). Una buona comunicazione tra il personale sanitario ed i congiunti può farli sentire meno soli e impotenti. Il progetto www.intensiva.it ha portato alla creazione di un libretto informativo e di un sito internet, che presentano con termini semplici l’ambiente della TI e le procedure che vengono effettuate, cercando di coniugare la comprensione razionale con la legittimazione delle emozioni, e potendo condividere la propria storia e leggere gli scritti di altre persone. Scopo. Valutare l’impatto emotivo dell’introduzione di una brochure informativa e di un sito web specificamente dedicati ai congiunti delle persone ricoverate in TI (materiale www.intensiva.it). Materiale e metodi. Studio prospettico multicentrico (9 centri italiani), con disegno before-and-after. Questionario autosomministrato con HADS (hospital anxiety and depression scale) per ansia e depressione; Short Screening Scale for DSMIV PTSD per i sintomi post-traumatici. Risultati. 332 questionari raccolti. L’aumentata disponibilità di informazioni rispetto a quanto avviene in terapia intensiva non ha determinato una modificazione significativa dell’ansia (10 [6-3] vs 10 [7-14], p=0.54) e della depressione (9 [5-12] vs 8 [6-12], p=0.99) nei congiunti. Riguardo allo sviluppo di PTSS, l’intervento non ha dimostrato una ridu- 2014; 31 (suppl.) 31 zione assoluta di questi sintomi (2 [1-4] vs 2 [1-3], p=0.22). Nella regressione multipla, insieme a fattori non modificabili correlati alla diminuzione dei sintomi di PTSS (sesso maschile, p=0.009; guarigione del proprio caro, p<0.001; età del paziente, p=0.095), anche l’utilizzo del materiale www.intensi- va.it è risultato significativamente correlato (p=0.014) alla diminuzione di PTSS (Fig.1). Conclusioni. L’introduzione del materiale www.intensiva.it può contribuire a migliorare il vissuto emotivo dei congiunti, specialmente prevenendo la comparsa di PTSS. Pronto Soccorso e cittadini: un’alleanza possibile. Chiara Marta, Bosco P., Passeri O., Miccichè M., Scanu A., Nastri A. - Fondazione IRCCS Cà Granda Osp. Maggiore Policlinico, Milano [email protected] rante la settimana dei PS (giugno 2014), patrocinata Ministero della Salute e da Associazioni Scientifiche. Risultati. Sono state effettuate due iniziative dalla durata di due ore/cadauna: 1. Una giornata in PS, casi clinici in scena con rappresentazione della vita concitata del PS, dove si sussegue e si intreccia il vissuto quotidiano di pazienti/parenti/operatori. Il fattore tempo, la tempestività della presa in carico e della risoluzione del problema, la comunicazione/relazione rappresentano il filo conduttore dell’evento; 2. Open Day del PS con visita guidata virtuale e descrizione di attività/funzioni e ruoli, simulazione di lavoro `multitasking`, coinvolgimento attivo dei cittadini con risposte da parte dell’equipe assistenziale ai quesiti posti. Conclusioni. Il percorso effettuato, ha rappresentato un momento di incontro/confronto da cui cittadini e operatori sono usciti soddisfatti e consapevoli delle reciproche esigenze, delle criticità del sistema e dei punti da migliorare per favorire efficacia, efficienza e soddisfazione di utenti e operatori. Estremamente positivo il feed-bak da parte dei partecipanti che Premessa. Ogni anno circa 24 milioni di italiani vengono curati nei Pronto Soccorso (PS), dove la forbice tra domanda di salute/aspettative dell’utenza e tipologia/tempestività della prestazione erogata è sempre più ampia e spesso fonte di dissapori, incomprensioni e insoddisfazione tra operatori e utenti con significative ripercussioni sulla qualità percepita. Scopo. Promuovere un patto di alleanza fra professionisti del PS e popolazione per aprire/mantenere un canale di dialogo fra chi cura e chi viene curato, comprendere le esigenze dei cittadini e far conoscere agli stessi finalità, peculiarità e dinamiche dell’emergenza-urgenza. Materiali e metodi. Analisi del problema con un gruppo di lavoro multidisciplinare composto da Operatori del PS e Esperti di Comunicazione, definizione di un planning di eventi da attuare c/o il PS dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano du- 32 2014; 31 (suppl.) hanno richiesto ulteriori edizioni dove dovranno essere perfezionate scelta del periodo e diffusione dell’evento. Sala del Tempio 2 11.30 – 12.50 Qualità di vita in area critica Self management e adherence nella persona con asma. Enrico Semprini, Giancarlo Gardini, Katiuscia Falcone, Luigi Lazzari Agli, Pneumologia; Patrizia Di Giacomo, Corso di Laurea in Infermieristica, AUSL Romagna, Rimini [email protected] Premessa. La mancata aderenza della persona ai trattamenti è una delle cause principali di un controllo dell’asma non adeguato, che aumenta gli accessi al Pronto Soccorso e i ricoveri. L’educazione al self-management è fondamentale per il controllo della malattia; l’autogestione della terapia deve basarsi sui sintomi e/o sulla valutazione del picco di flusso espiratorio (PEF). Scopo. Identificare il livello di controllo dell’asma, da parte della persona, descriverne le conoscenze sull’autogestione e il livello di adherence. Materiali e metodi. Studio cross sectional su 40 pazienti età > 13 anni, che acconsentivano all’indagine. Sono stati utilizzati: FEV1 per il volume espiratorio, The Asthma Self-Management Questionnaire, The Medication Adherence Report Scale (MARS) e L’Asthma Control Test (ACT). Risultati. L’85% degli intervistati assumeva terapia farmacologica, con una durata media della malattia di 6 anni +/- 8; FEV media 96,2000+/- 13,99. Il 62,5% sostiene di non aver ricevuto informazioni sulla malattia. Il 32,5% mostra un non adeguato controllo (ACT < 20), con una media di 20,17, ma tutti i pazienti ritengono di avere un buon controllo. Aderenza ai farmaci media 34,29 +/- 4,0926. Conoscenze livello di conoscenza medio-alto sulla fisiopatologia, meno sui farmaci. Un inadeguato controllo si associa a valori bassi della FEV1 (rho = 0,32; p = 0,000149), e a un basso livello di adherence. Al controllo dell’asma sembrerebbero associate le conoscenze sui farmaci (rho = -0,20; p = 0,018109) e sul controllo ambientale (r^2 = -0,74; p = 0,030749). I soggetti intervistati hanno manifestato grande disponibilità e interesse verso l’indagine. Conclusioni. Gli strumenti utilizzati dovrebbero essere adottati come assessment di routine per adattare gli interventi educativi e il livello di informazione ai risultati raggiunti e l’assistito dovrebbe essere educato a controllare la malattia con l’ ACT, così da evitare le crisi asmatiche e gli accessi al Pronto Soccorso. Bibliografia • De Marco, R., Bugiani, M., Cazzoletti, L., et al; (2003). The control of asthma in Italy. A multicentre descriptive study on young adults with doctor diagnosed current asthma; Allergy. 58: 221-228 • Wensley, D. & Silverman, M.; (2004). Peak flow monitoring for guided self-management in childhood asthma: a randomized controlled trial. American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine. 170, 6: 606-612. • Wensley & Silverman, 2004 • Schaffer, Susan D. & Yarandi, Hossein N.; (2007). Measuring asthma self-management knowledge in adults; Journal of the American Academy of Nurse Practitioners 19: 530-535. Gestione infermieristica del dolore in terapia intensiva oncologica. Andrea Mulas, M. Melis, K. Masala, J. Colombo; Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Milano [email protected] Introduzione. L’analgesia è un diritto fondamentale del malato ed è quindi dovere dei professionisti che prestano assistenza garantirlo. Uno scarso controllo del dolore infatti, peggiora morbilità e mortalità1. La figura dell’infermiere è cruciale per garantire una buona analgesia. Obiettivo. Creare un metodo di rilevazione e trattamento del dolore nel paziente degente in Terapia Intensiva in modo da raggiungere l’analgesia nel più breve tempo possibile e ottimizzare la terapia antalgica del paziente critico. Materiali e metodi. Abbiamo creato 3 flowchart, applicabili alle tipologie di pazienti che giungono nella nostra unità: uno 33 2014; 31 (suppl.) per pazienti medici/chirurgici privi di analgesia o trattati con elastomero, uno per pazienti post-operati trattati con PCA, uno per pazienti trattati con analgesia peridurale. È stata prevista la valutazione del dolore ogni 4 ore mediante scala VNS (Visual Numeric Score) o BPS (Behavioral Pain Score), la possibilità di somministrazione di diverse tipologie di farmaci secondo: intensità del dolore, dispositivo antalgico e rivalutazione dell’efficacia dei provvedimenti1. In questo modo, l’infermiere può operare in autonomia mantenendo un confronto con il medico quando ritenuto necessario. È stata creata anche una flowchart per garantire al paziente in dimissione dalla Terapia Intensiva di mantenere un target antalgico adeguato, impostando anche la terapia antalgi- ca che il malato seguirà in reparto, in accordo con l’acute pain service del nostro Istituto. Risultati e conclusioni. Durante la sperimentazione (14 gennaio 2014 – 28 febbraio 2014) il protocollo è stato applicato correttamente nel 41,2% degli eventi dolorosi rilevati per paziente. Il tempo medio per ottenere analgesia è stato significativamente inferiore nel gruppo che ha seguito il protocollo, tranne che per il gruppo PERI, dove il numero di violazioni però inficia il campione. Visti i risultati preliminari positivi di questo studio, si continuerà l’osservazione per poter valutare meglio l’efficacia dello studio, e ampliare il campione per ridurre i fattori confondenti. flowchart SI flowchart NO n° pz 21 (41,2%) 30 (58,8%) n° eventi 64 (49,3%) 66 (50,7%) n°ev/paz 3 2,2 Elast/nulla 61,30 ± 12,76 N=23 178,2 ± 36,20 N=34 p 0,0127 PCA 64,72 ± 9,751 N=36 193,0 ± 53,56 N=10 p 0,0004 PERI 110,0 ± 30,66 N=5 93,41 ± 17,86 N=22 p 0,6848 min. analgesia 060 - Studio preliminare sulla correlazione tra rumore e presenza di delirium nei pazienti ricoverati in TI. Andrea Finelli, TI, ASL Bologna [email protected] Questo studio preliminare ha lo scopo di indagare la quantità di rumore che è presente in terapia intensiva. La domanda che ci siamo posti è se esiste una correlazione significativa tra il rumore e lo sviluppo del delirium nei pazienti ricoverati in T.I. Per la misuarazione ambientale abbiamo utilizzato un’applicazioni per smartphone “fonometro”. Sono state effettuate da una a tre misurazioni per turno al letto del paziente. Inoltre ai pazienti svegli si è chiesto di indicare attraverso una tabella (tab ISPESL 2005) qual’era il rumore da loro percepito. Per la valutazione dello stato di delirium si è utilizzata la CAM-ICU. I dati hanno dimostrato che il turno più rumoroso è quello della mattina con una media di 60db, mentre quello del pomeriggio abbiamo avuto oscilla- zioni tra i 50 db e i 60db e la notte la media è di circa 48 db. In alcuni momenti abbiamo ottenuto picchi di circa 70 db. Durante l’osservazione strumentale abbiamo somministrato la tabella ISPESL ai pazienti svegli. In totale il risultato è stato che il paziente percepisce attorno ai 77db di media ossia un valore circa il 40% superiore. Le indicazioni dell’OMS indicano come db ideali da mantenere in una stanza di ospedale pari 30db. Nei 27 pazienti che sono stati analizzati in tutti almeno una volta durante la degenza ha presentato una CAM-ICU positiva. In conclusione i dati indicano una possibile correlazione tra delirium e rumore, pertanto si sta predispondendo uno studio multicentrico che rafforzi i dati che questo studio preliminare ci ha evidenziato. Bibliografia • Brummel NE, Girard TD Preventing delirium in the intensive care unit. Crit Care Clin. 2013 Jan;29(1):51-65. 34 • Durmer JS, Dinges DF. Neurocognitive consequences of sleep deprivation. Semin Neurol. 2005 Mar;25(1):117-29. • Van Rompaey B, Elseviers MM, Van Drom W, Fromont V, Jorens PG. The effect of earplugs during the night on the onset of delirium and sleep perception: a randomized controlled trial in intensive care patients. Crit Care. 2012 May 4;16(3):R73. La promozione del sonno nei pazienti in Terapia Intensiva: revisione della letteratura Martina Bertacco, Dip. Materno-Infantile, Stefano Bernardelli, DEA e TI, Az. Osp-Univ. Integrata, Verona [email protected] Premessa. La privazione del sonno risulta essere comune nei pazienti ricoverati in terapia intensiva e può portare a disfunzioni fisiologiche e psicologiche che influenzano il processo di guarigione e aumentare la morbilità e la mortalità. Obiettivo. Questa revisione critica della letteratura si propone di esplorare le conoscenze e le priorità del rispetto per quanto possibile del ritmo sonno- veglia nei pazienti e l’utilizzo di competenze e strumenti di valutazione della qualità del riposo dei pazienti ricoverati. Ci si propone di esplorare la promozione di interventi non farmacologici e non invasivi per un rispetto del ritmo circadiano. Materiale e metodi. La revisione della letteratura è stata condotta mediante l’utilizzo dei database Pubmed, CINAHL e Cochrane, utilizzando le seguenti parole: ICU nurse, sleep, sleep deprivation, sleep assessment, sleep promotion, sleep facilitation, non pharmacological interventions and clinical developement. I criteri di inclusione sono stati: lingua inglese e disponibilità in full text e pubblicati negli ultimi 10 anni. Sono stati selezionati 356 articoli. Conclusioni. Dalla revisione emerge che gli infermieri abbiano una ridotta comprensione dell’importanza del sonno del paziente critico, e non sviluppano interventi necessari per promuoverlo. La privazione del sonno ha molteplici effetti sull’organismo del paziente ricoverato: neurologici (agitazione, delirio, disturbo post traumatico da stress, depressione, disfunzioni neurocognitive, ridotta tolleranza al dolore), cardiovascolari (aritmie, aumento PA, morte), immunologiche (alterazione riparazione tissutale, ridotta risposta agli organismi patogeni) e respiratori (ridotta compliance con il ventilatore, apnee prolungate, ipercapnie). 2014; 31 (suppl.) La carenza di sensibilità per il fenomeno necessita di interventi formativi affinchè venga colmato il gap culturale sul rispetto del sonno del paziente ricoverato in terapia intensiva. Grande importanza ha la figura dell’infermiere nel porsi come garante per ridurre i fattori disturbanti il sonno. Bibliografia • Eliassen KM1, Hopstock LA. Sleep promotion in the intensive care unit-a survey of nurses’ interventions. Intensive Crit Care Nurs. 2011 Jun;27(3):138-42. doi: 10.1016/j.iccn.2011.03.001. Epub 2011 Apr 15. • Tembo AC1, Parker V. Factors that impact on sleep in intensive care patients. Intensive Crit Care Nurs. 2009 Dec;25(6):314-22. doi: 10.1016/j.iccn.2009.07.002. Epub 2009 Oct 31. • Hardin KA. Sleep in the ICU: potential mechanisms and clinical implications. Chest. 2009 Jul;136(1):284-94. doi: 10.1378/chest.08-1546. Sala del Tempio 1 13.30 – 14.30 Evento speciale 1: Workshop ATCN L’infermiere ed il trattamento del Trauma in ambito extraospedaliero. Acquisire competenze avanzate. Le competenze avanzate nella gestione del Trauma. Le metodologie didattiche. Simulazione di gestione del paziente. Gian Luca Vergano, Fabrizio Pignatta, Fabrizio Fiorentino, Barbara Suria, Tiziana Di Donato, Maurizio Murgia, Andrea Mastroeni, Luca Golinelli, Lavinia Testa Quando si parla dell’infermiere nel Trauma Team nel panorama nazionale italiano non esiste un consensus sulle competenze specifiche che il professionista dovrebbe possedere prima di entrarne a far parte, né della formazione continua per mantenere quelle già acquisite. Sia la formazione universitaria di base che i percorsi for- 35 2014; 31 (suppl.) mativi post base non contemplano un programma di formazione specifico e, molto spesso, non certificano l’acquisizione delle competenze. Da una analisi della letteratura nazionale ed internazionale è emerso che nessuna società scientifica italiana ha mai dichiarato quali siano le competenze “core” di questo professionista e come questo ruolo vada ad inserirsi ed interfacciarsi con l’organizzazione ospedaliera italiana. Confrontandosi inoltre, con il vissuto di tanti infermieri che hanno partecipato negli anni ai corsi A.T.C.N.® abbiamo avuto la percezione che l’infermiere nel Trauma Team non abbia sempre acquisito o mantenuto competenze specifiche e formazione adeguata per accedere o rimanere all’interno del Team stesso. Per questi motivi, il Comitato Scientifico di A.T.C.N.® Italia ha iniziato uno studio pilota per validare uno strumento di raccolta e analisi dei dati, da utilizzare in seguito su scala nazionale, per verificare se questa percezione fosse corretta, considerando inoltre quali competenze siano ritenute “core” dai professionisti coinvolti. Bibliografia • Van Olden GDJ, Meeuwis JD, Bolhuis HW, Boxma H, Goris RJA. Clinical impact of advanced trauma life support. Am J Emerg Med. 2004 Nov;22(7):522-5. • Chakravarthy AA. Core Competencies for a Trauma Subspecialty Nurse Practitioner: Journal of Trauma Nursing. 2008 Jul;15(3):145-8. • Briggs A, Raja AS, Joyce MF, Yule SJ, Jiang W, Lipsitz SR, et al. The Impact of Trauma Team Training on Team Leaders’ Non-Technical Skills during Simulated Trauma Scenarios. Journal of Surgical Research. 2014 Feb;186(2):671-2. Sala del Tempio 2 13.30 – 14.30 Evento speciale 2: Vecchi e nuovi nemici dei cateteri vascolari: prevenzione delle occlusioni e riduzione delle infezioni Alberto Lucchini, Stefano Elli, TI. Osp. San Gerardo, Monza [email protected] [email protected] La prevenzione delle infezioni nella circolazione sistemica è un aspetto fondamentale per evitare complicazioni con esiti anche esiziali per i malati, in particolare in terapia intensiva. Le linee infusionali sono sempre più numerose ed invasive e rappresentano un transito semplice ed efficace per i contaminanti. L’utilizzo di sistemi needleless può rappresentare una riduzione del rischio di introduzione degli agenti patogeni in circolo ed un risparmio anche solo sull’utilizzo immediato di risorse, senza considerare le conseguenze per i malati, l’incremento di attività assistenziale e sull’utilizzo delle strutture. Il corretto utilizzo di tali dispositivi prevede, secondo le linee guida Epic 2014, la disinfezione con azione meccanica sulla membrana di connessione con una soluzione di clorexidina 2% ed alcool isopropilico. L’applicazione di tale raccomandazione è oggi di difficile applicazione a causa della mancanza di dispositivi che rendano possibile l’azione disinfettante abbinata all’azione di rimozione meccanica. La sessione presenta il quadro complessivo del problema, le metodologie per il corretto uso e i dati microbiologici di uno studio infermieristico, relativi all’utilizzo di un nuovo device che permette il rispetto delle raccomandazioni suggerite dalla letteratura. Sala della Piazza 14.00 – 16.00 SESSIONE SPECIALE: update sulle linee guida ABCDE Bundle: una nuova sfida per l’assistenza in area critica. Stefano Bambi, T.I. DAI, DEA, Az. Osp.Univ. Careggi, Firenze, [email protected] Gian Domenico Giusti, T.I. Az. Osp. Perugia, [email protected] Alberto Lucchini,T.I. Gen. Az. Osp. S. Gerardo, Monza [email protected] Matteo Manici, T.I., Azienda Ospedaliera-Universitaria Parma [email protected] La letteratura internazionale evidenzia come la maggior parte delle persone ricoverate in terapia intensiva sia a rischio 36 2014; 31 (suppl.) di sviluppo di due condizioni pericolose e potenzialmente iatrogene: il delirio e la “debolezza acquisita in terapia intensiva”. Delirio e la debolezza influenzano la probabilità di sopravvivenza del paziente e sono anche associati con scarsa-lungo termine fisico, funzionale e cognitivo outcomes. Strategie per prevenire e / o curare delirio la debolezza sono necessarie per migliorare gli esiti dei pazienti in terapia intensiva. Recentemente è stato proposto un nuovo “bundle” denominato ABCDE per la gestione di queste problematiche. L’ ABCDE bundle prevede : A: Awakening trials for ventilated patients (Gestione della sedazione – pazienti svegli. B: Spontaneous breathing trials (test quotidiano per la verifica del respiro spontaneo). C: Coordinated effort between the registered nurse and respiratory therapist (Standardizzazione gestione coordinate tra infermieri e fisioterapisti per la gestione ei pazienti ricoverati in terapia intensiva. D: A standardized delirium assessment program (rilevazione, prevenzione e Gestione del delirio). E: Early mobilization and ambulation of critical care patients (Programma di mobilizzazione precoce). I punti prevedono l’adozione di quanto suggerito dalle linee guida internazionali in merito alla gestione della sedazione, alle procedure di svezzamento respiratorio, di prevenzione e gestione del delirio. L’utilizzo di questi protocolli permette l’istituzione precoce di un programma di mobilizzazione che può essere così riassunto: 1. Mobilizzazione passiva, elettrostimolazione ed utilizzo del cicloergometro con funzione passiva nei pazienti sedati senza utilizzo dei curari. 2. Mobilizzazione attiva con i seguenti steps: seduto nel letto, cicloergometro attivo, seduto in poltrona, elevazione in stazione eretta, capacità di camminare per i pazienti svegli, indipendentemente dalla presenza della protesi respiratoria (tubo oro/naso tracheale – cannula tracheostomica). • Ely, EW, et al. Effect on the duration of mechanical ventilation of identifying patients capable of breathing spontaneously. 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Stefano Bambi, Cure Intensive per il Trauma e Supporti Extracorporei, Az. Osp.Univ. Careggi, Firenze [email protected] 37 2014; 31 (suppl.) La definizione di svezzamento in letteratura non è univoca: si passa dal semplice definire l’obiettivo di arrivo, all’individuazione di un processo che dovrebbe riportare il paziente in condizioni di normalità dopo la risoluzione della causa che ha portato all’insufficienza respiratoria, fino all’utilizzo di termini come liberazione, con chiare connotazioni negative legate all’allungamento dei tempi di permanenza in ventilazione meccanica (VM) e alle complicanze correlate, senza trascurare il weaning cosiddetto terminale, legato alle pratiche di cessazione di interventi futili. Il weaning da VM tende ad essere ritardato determinando discomfort, rischio di complicanze per il pz, e aumento dei costi. Il tempo speso in VM dedicato al weaning è circa il 40%-50% della durata totale, e la mortalità aumenta con l’aumento della durata della VM, in parte a causa di complicanze della ventilazione prolungata (PMV), particolarmente VAP e traumatismo delle vie aeree. I pazienti in PMV sono circa il 6% di tutti quelli in VM, ma consumano il 37% delle risorse delle ICU. I 4 problemi del weaning sono: 1. individuare e trattare le ragioni per cui il pz continua a necessitare di VM; 2. tecniche/criteri di valutazione per identificare se il paziente è in grado di tollerare la cessazione della VM; 3. applicare appropriate strategie ventilatorie nel paziente che continua a necessitare di VM; 4. pianificazione estesa per la gestione dei pazienti che presumibilmente rimarranno dipendenti dal ventilatore in modo permanente. Svegli e senza delirio Gian Domenico Giusti, T.I Az. Osp. Perugia, Comitato Direttivo Aniarti [email protected] L’ICU delirium è caratterizzato da un disturbo della coscienza con modifiche della cognizione di sé, si manifesta tipicamente con una serie di sintomi, con esordio acuto ed un decorso fluttante nel tempo. È un fenomeno molto presente nelle Unità di Terapia Intensiva (ICU), soprattutto tra i pazienti ventilati meccanicamente. Si può manifestare sotto varie forme e tre sono i sottotipi riconosciuti: iperattivo, ipoattivo, misto. Esistono numerosi scale di valutazione per la rilevazione e la diagnosi senza la consulenza psichiatrica, le due principali riconosciute dalla comunità scientifica sono la CAM-ICU e la ICDSC; inoltre è possibile effettuare una “diagnosi precoce” utilizzando score validati (“PRE-DELIRIC model”). La presenza del ICU delirium ha importanti implicazioni prognostiche; nei pazienti ventilati meccanicamente è associato un aumento della mortalità, per questo oltre ad approcci complessivi che riguardano la giusta diagnosi e la corretta terapia farmacologica occorre incentrare l’attenzione su aspetti assistenziali non farmacologici comprendenti la precoce terapia fisioterapica, la presenza di familiari, la riduzione della sedazione, un precoce svezzamento da respiratore automatico. Il dolore in terapia intensiva: risultati della Consensus Stefano Sebastiani, Comitato Direttivo Aniarti [email protected] Vengono presentati i risultati della Consensus conference tenutasi in sede di 33° Congresso Aniarti, nel pomeriggio del 5.11.2014. Slow Medicine. Niente più pratiche inutili Rossella Marchetti, Consiglio Nazionale Aniarti [email protected] Con lo slogan “Fare di più non significa fare meglio”, Slow Medicine (www.slowmedicine.it) ha lanciato un progetto teso a portare alla luce quelle pratiche sanitarie che, pur impegnando tempo e risorse, non assicurano ai destinatari un dimostrabile beneficio o risultano addirittura dannose. Quella di Slow Medicine non è la prima esperienza concepita al fine di implementare l’appropriatezza delle prescrizioni in ambito sanitario; nel nostro Paese Slow Medicine ha pertanto introdotto l’idea della top five list, chiedendo a più soggetti di condurre lavori scientifici di revisione di alcune procedure in atto. Punto nodale di tutta l’iniziativa è l’implementazione delle conoscenze all’interno dei gruppi professionali e la divulgazione di quanto emerge di nuovo, nel tessuto più ampio della popolazione intera. La peculiarità del progetto italiano, è quel- 38 2014; 31 (suppl.) la di avere incluso nel progetto, non solo i medici, ma molti altri professionisti sanitari in una visione di multidisciplinarietà e di multi professionalità del sistema salute. A febbraio 2014 numerose società scientifiche, ordini professionali ed associazioni hanno prodotto liste già validate da Slow Medicine,anche Aniarti ha deciso di aderire al progetto convinta che non si possa sottovalutare l’impatto pratico di una iniziativa così corretta sotto il profilo etico; ottenere il massimo risparmio in termini di costi, senza privare nessun paziente dei benefici del sistema sanitario. Per la realizzazione della lista è stato intrapreso e, successivamente, compiuto nella sua interezza, un percorso predefinito, composto da passaggi ineludibili, dettati in maniera uniforme da Slow Medicine per tutte le società scientifiche aderenti. Aniarti ha individuato queste prime 5 procedure come non corrette: 1. non sostituire routinariamente i circuiti del ventilatore meccanico per ridurre il rischio VAP (ventilator associated pneumonia); 2. non utilizzare routinariamente presidi di protezione individuale (camici, mascherine, copricapo, guanti,….) per l’accesso dei familiari nei reparti di terapia intensiva; 3. non eseguire aspirazioni endotracheali ad intervalli regolari; 4. non sostituire routinariamente (o ad intervalli regolari) i cateteri venosi periferici; 5. non mantenere il digiuno pre-operatorio dalla mezzanotte antecedente l’intervento chirurgico nell’adulto per evitare complicanze perioperatorie. Sala della Piazza 16.15 – 17.40 Assistere in area critica: studi e ricerche 2 Studio osservazionale prospettico sulla pressione della cuffia del tubo endotracheale attraverso un device per il monitoraggio continuo. Matteo Danielis, Sonia Benatti, Paolo Celotti, Omar Trombini, Anestesia e Rianimazine 1, Az. Osp. Univ., Udine [email protected] Premessa. La pressione della cuffia del tubo tracheale deve essere mantenuta entro un range ottimale di 2030 cmH2O, che assicura la ventilazione, impedisce l’aspirazione di secrezioni e garantisce una corretta perfusione tracheale. Scopo. Descrivere le variazioni di pressione della cuffia del tubo endotracheale nel corso del tempo (12 ore) attraverso uno strumento di rilevazione continua, e valutarne l’impatto sull’assistenza infermieristica al paziente critico. Materiale e metodi. Studio osservazionale longitudinale su 72 pazienti critici ricoverati in una Terapia Intensiva polivalente. La registrazione a cadenza oraria della pressione della cuffia endotracheale è stata eseguita durante 12 ore diurne, per un totale di 864 rilevazioni, rilevando eventuali scostamenti dal range di normalità (20-30 cmH2O) e le azioni infermieristiche di correzione della pressione. Sono state applicate statistiche descrittive. Risultati. Dalla prima alla quarta ora si sono verificati 4 casi (5.5%) di perdita di pressione, e 5 (6.9%) di superamento di 30 cmH2O. Dalla quinta all’ottava ora 7 (9.7%) sono risultati inferiori al range, e 3 (4.2%) oltre il range. Nell’ultima fascia oraria, dalla nona alla dodicesima ora, ci sono stati 22 casi (30.6%) di perdita di pressione, e 4 (5.5%) oltre range. Una volta posizionato il presidio, oltre la metà dei pazienti non ha richiesto alcun intervento (n=38, 52.8%), su 25 (34.7%) si è agito una sola volta e su 7 (9.7%) due. Soltanto in due casi l’intervento dell’infermiere è stato richiesto tre volte (2.8%). La maggior parte delle azioni infermieristiche erano volte al gonfiaggio della cuffia. Conclusioni. Questo studio depone a favore dell’utilità di un sistema di monitoraggio continuo della pressione della cuffia del tubo endotracheale nell’evidenziare tempestivamente gli scostamenti dal range pressorio impostato, permettendo all’infermiere di correggerli e prevenire le complicanze. Bibliografia • Jordan P, Rooyen D, Venter D. Endotracheal tube cuff pressure management in adult critical care units. SAJCC August 2012; vol. 28, No. 1. • Sole ML, Su X, Talbert S, Penoyer DA, Kalita S, Bennet M, et al. Evaluation of an intervention to maintain endotracheal tu- 39 2014; 31 (suppl.) be cuff pressure within therapeutic range. Am J Crit Care March 2011; vol. 20, No. 2. duazione dei criteri di weaning e estubazione, la corretta valutazione del livello di sedazione, la formazione continua, e i programmi di miglioramento della qualità. Le estubazioni non pianificate in terapia intensiva: revisione di letteratura. Samuele Baldassini Rodriguez, Stefano Bambi, Enrico Lumini , Az. Osp. Univ. Careggi, Firenze [email protected] Bibliografia • Bambi S. Le estubazioni non pianificate nelle terapie intensive: quali implicazioni per l’assistenza infermieristica? Assistenza infermieristica e ricerca, 2004; 23(1):36-47. • Welters DI, Gibson J, Mogk M, Wenstone R. Major sources of critical incidents in intensive care. Critical Care; 2011;15:R232. • Kiekkas P, Aretha D, Panteli E, Baltopoulos GI, Filos KS. Unplanned extubation in critically ill adults: clinical review. Nurs Crit Care. 2013;18(3):123-34. Premessa. La rimozione del tubo endotracheale non pianificata (UE), sia intenzionale (SE) che accidentale (AE), può comportare notevoli rischi per la sicurezza dei pazienti in Terapia Intensiva (TI). Questo evento è tra le situazioni più critiche studiate in TI, e rappresenta un indicatore di qualità dell’assistenza infermieristica. Scopo. Indagare il fenomeno delle UE in TI sotto il profilo epidemiologico, ed individuarne cause, fattori di rischio e gli esiti sui pazienti. Materiali e metodi. Revisione della letteratura internazionale. La ricerca degli articoli è stata condotta nell’ottobre 2013 su tre database di riviste scientifiche indicizzate: MEDLINE/PUBMED, EMBASE, CINAHL. Risultati. Su 566 record emersi dalla ricerca, sono stati inclusi nella review 44 studi originali, dopo aver eliminato i duplicati, gli articoli relativi all’area intensiva pediatrica o neonatale, e quelli che inerenti setting assistenziali al di fuori della TI. Sono stati inoltre scartati commentari, lettere, tesi, abstract privi di dati, revisioni, articoli narrativi, e studi qualitativi puri. Il range delle percentuali di UE per i pazienti intubati varia tra lo 0.1% e il 33.3%. La maggioranza dei casi di UE corrisponde ad autoestubazione (tra il 58,6% e il 93%), mentre le AE variano tra il 5% e il 29%. L’agitazione psicomotoria è il fattore predittivo più importante per le SE, insieme ad una sedazione inadeguata e ad un uso non corretto delle contenzioni fisiche. Mentre gli errori nelle prestazioni mediche e infermieristiche e l’inadeguato fissaggio del tubo tracheale rappresentano le cause principali di AE. Conclusioni. La maggior parte delle UE negli adulti in condizioni critiche può essere prevenibile, a condizione che i fattori di rischio siano identificati, e siano sviluppate adeguate strategie di prevenzione dell’agitazione e delirium, a precoce indivi- Covidien Nellcore Respiratory Rate: affidabilità della misurazione non invasiva della frequenza respiratoria. Riccardo Re, A. Lucchini, DEU T.I.Gen., Az. Osp. S.Gerardo, Monza; B. Belegni, V. Villa, Neurochir. Osp. S Raffaele, Milano; R. Fumagalli, T.I.Gen. Az. Osp. Ca’ Granda Niguarda, Milano [email protected] Introduzione. La corretta osservazione della frequenza respiratoria, sia in valore assoluto che come meccanica respiratoria, unita all’ossimetria, sono segni importanti per valutare il quadro respiratorio di un paziente. La loro osservazione e registrazione è fondamentale per riconoscere precocemente disfunzioni respiratorie. Il Covidien Nellcor Respiration RateTM, saturimetro di nuova generazione, permette la misurazione in continuo della frequenza respiratoria tramite un sensore applicato al dito. Questo software misura il parametro captando le variazioni di flusso pulsatile capillare che fisiologicamente sono presenti e correlate all’espanzione toracica. Obiettivo. Valutare l’efficacia e l’affidabilità dello strumento Covidien Nellcor Respiration RateTM. Materiali e metodi. Sono stati arruolati 14 pazienti, tutti in respiro spontaneo, senza andare a considerare età, sesso e patologie specifiche. La popolazione studiata è stata monitorizzata con il sistema Covidien Nellcor Respiration RateTM , saturi- 40 2014; 31 (suppl.) metro che permette il monitoraggio in continuo della frequenza respiratoria tramite un sensore applicato al dito. I dati raccolti sono stati confrontati con i valori di frequenza respiratoria esaminati tramite la rilevazione manuale del parametro e il monitoraggio standard tramite elettrodi cutanei. Questi ultimi due metodi di rilevazione sono stati considerati nello studio come sistema di riferimento (POC: point of care). I dati raccolti sono stati poi analizzati tramite due metodi statistici: Bland-Altman e con il coefficiente di correlazione Spearman. Discussione. Tramite il grafico di Bland-Altman è stata ri- levata l’affidabilità dello strumento e attraverso il coefficiente di correlazione di Spearman sono stati confrontati i dati rilevati dal software e da entrambi i POC. Attraverso queste rappresentazioni si nota che i dati sono dentro l’intervallo di confidenza, elemento indispensabile per definire lo strumento preso in considerazione affidabile. Nonostante l’alta precisione, ci sono delle condizioni per cui il Covidien Nellcor Respiration RateTM non è in grado di rilevare un valore di frequenza respiratoria: pazienti intubati in ventilazione meccanica controllata e pazienti in fibrillazione atriale. Figure 1. NellcorTM Respiration Rate vs. Manual Respiration Rate Differece between NellcorTM Rate and Manual Rate (breaths) 7 5 3 1 s 10 15 20 25 30 35 -1 -3 -5 -7 Respiration Rate (Breaths per Minute) Conclusioni. Il presente studio ha dimostrato che nel paziente critico in respiro spontaneo, quindi automaticamente anche in quello in degenze semi-intensive e non, il software Covidien Nellcor Respiration RateTM è in grado di fornire valori di frequenza respiratoria sicuri e affidabili. Inoltre è emerso che il device non permette una corretta rilevazione della frequenza respiratoria nei soggetti in ventilazione controllata. Infermieri e visitatori minorenni nelle terapie intensive per adulti: opinioni di infermieri e genitori/tutori nell’era del “family centered care”. Giulia De Riso, C. Riboldi, T.I.Cardiochir. Az Osp. S. Gerardo, Monza [email protected] Introduzione. La visione olistica della persona assistita e l’attenzione alla sua sfera sociale e relazionale comporta per l’infermiere la presa in carico del complesso entourage familiare. I minorenni coinvolti con i malati ricoverati in terapia intensiva hanno il diritto di ricevere risposte adeguate e di avere la possibilità di vedere genitori, nonni, fratelli o amici ricoverati. Obiettivo. Lo studio, realizzato nell’ A.O San Gerardo di Monza presso la terapia intensiva generale, cardiochirurgica e neurochirurgica, ha cercato di comprendere le opinioni di infermieri e genitori/tutori riguardo all’ingresso del minorenne in terapia intensiva, al ruolo dell’ infermiere e alle caratteristiche della visita. Materiali e metodi. I questionari, rivisti dopo uno studio pilota sono stati creati per infermieri e genitori/tutori e i risul- 41 2014; 31 (suppl.) tati sono stati collezionati in SPSS ed analizzati con i test di Chi-Square e Fisher. Risultati. Del 74,6 % di infermieri che hanno risposto (n= 53/71) e dei 45 genitori/tutori intervistati, più dell’85% crede che i minori vogliano visitare il malato in terapia intensiva. Tra gli infermieri, l’ 81,1% concorda con l’ipotesi di ammettere i visitatori minorenni, l’ 84,6% desidererebbe un protocollo specifico, l’ 80,4% ritiene di aver bisogno di informazione ed educazione a riguardo e l’84,6% è disposto ad assumersi il ruolo di assistente del minore e del suo accompagnatore prima, durante e dopo la visita allo scopo di spiegare, rispondere alle domande e prendersi cura del visitatore. Gli infermieri con esperienza pregressa di visite di minorenni hanno inoltre descritto la visita con aggettivi positivi (“interessante”,“confortante”) rispetto ai colleghi senza esperienze simili (“spaventosa”,“traumatica”). Conclusioni. Questi risultati aprono orizzonti a progetti futuri: potrebbe essere interessante sviluppare protocolli per la visita dei minorenni, informare e formare i professionisti sanitari e le famiglie per combattere i pregiudizi sulla terapia intensiva che ancora sussistono. Bibliografia • Knutsson S., Bergbom I., (2007), Nurses’ and physicians’ viewpoints regarding children visiting/not visiting adult ICUs Nurs Crit Care.,lZ(2): 64-73 Sala del Tempio 1 16.15 – 17.40 Infermieri e organizzazione in area critica 1 Studio osservazionale di coorte prospettica per determinare il fabbisogno infermieristico attraverso il sistema di rilevazione NEMS (Nine Equivalent of Manpower Score) Valentina Maggiora et al, Rianimazione, Alessandria [email protected] Introduzione. La complessità dei malati, l’assistenza che necessitano, l’esigenza di adeguare e ottimizzare le risorse infermieristiche, hanno determinato la necessità di ricercare uno strumento con maggiore rilevanza scientifica per valutare l’effettivo carico di lavoro infermieristico. Obiettivo. Misurare il carico di lavoro infermieristico per valutare il numero di infermieri necessari correlato ai bisogni - assistenza dei pazienti ricoverati presso la Rianimazione. Materiali e metodi. Creazione di uno Studio Osservazionale di coorte prospettica di 12 mesi (1 maggio 2013 - 30 aprile 2014) con analisi attraverso la scala “NEMS” dei pazienti ammessi presso U.O. oggetto dello studio. Risultati. I pazienti ammessi nel periodo oggetto dello studio sono risultati 431 con un età compresa tra 15 e 94 anni, media 63.6, tasso di occupazione 87.79%, indice di rotazione 48.78%, degenza media 6,57 giornate, tasso di mortalità 14.61%. Sono stati analizzati con il NEMS 396/431 pazienti, aderenza allo studio 91,87 %, 49/396 politraumi 12,37%, 118/396 neurochirurgici 29,82%, 92/396 patologie mediche 22,97%, 138 pazienti chirurgici 34,84%. Il NEMS complessivo medio dei 12 mesi è risultato essere 29.47 (deviazione Standard ± 0,167), con risultati pressochè sovrapponibili per il turno del mattino 29.58 (D.S. ± 1,114), per il turno del pomeriggio 29.56 (D.S. ± 1,116) , notte 29.28 (D.S. ± 0.948) . Conclusioni. Il Nems è risultato essere uno strumento flessibile, rapida compilazione, facile impiego interpretazione, queste sue caratteristiche lo hanno reso ideale per la valutazione delle necessità assistenziali dei malati della Rianimazione. L’utilizzo ha permesso di determinare il fabbisogno infermieristico, di oggettivare il carico di lavoro, identificare il rapporto infermiere paziente ottimale secondo le diverse tipologie di malati e fase di degenza in cui si trovano. La classificazione clinica High-Low Level dei pazienti critici corrisponde al fabbisogno assistenziale in terapia intensiva? Alberto Lucchini, DEU T.I.Gen., Az. Osp. S.Gerardo, Monza; R. Fumagalli, T.I.Gen. Az. Osp. Ca’ Granda Niguarda, Milano [email protected] 42 2014; 31 (suppl.) Introduzione. La grande varietà clinica dei pazienti ricoverati in terapia intensiva polivalente rende difficoltosa la classificazione di quest’ultimi in gruppi che possano descrivere efficacemente la loro gravità clinica ed il relativo fabbisogno infermieristico. Iapichino e collaboratori nel 2006 hanno proposto l’utilizzo di uno score (High/low level ) per la suddivisione dei pazienti critici in due gruppi: High Level care (HLC) e Low Level (LLC) in base alla presenza di più di una insufficienza d’organo. Obiettivo. Verificare se la classificazione in HLC e LLC corrisponde al reale fabbisogno infermieristico rilevato attraverso il Nursing Activities Score (NAS). Materiali e metodi. Studio osservazionale retrospettivo su pazienti ricoverati in una terapia intensiva polivalente per almeno 5 giorni. Risultati. Sono stati arruolati 181 pazienti con una degenza media di 17,20 (±20,36) giorni ed un’età media di 58(±19) anni. Il NAS medio della popolazione investigata è stato pari a 73±11. Nel gruppo LLC il NAS medio è stato pari a 69±16 mentre nel gruppo HLC è stato pari a 82±21 (p<0.001). La correlazione tra NAS e High/low level score è stata di 0,213 (p<0.001). Le rilevazioni sono state effettuate per 5 giorni consecutivi (Grafico 1). I pazienti del gruppo HLC sono stati poi stratificati in base al numero di insufficienze d’organo presenti. Il gruppo low è stato suddiviso in base alla presenza/assenza di ventilazione non invasiva (Grafico 2). Conclusioni. Nei pazienti classificati Low Level il fabbisogno infermieristico, pur essendo molto variabile è relativamente più basso rispetto ai pazienti High level è non è influenzato dalla presenza della ventilazione non invasiva. Nei pazienti High level, il numero crescente di insufficienze d’organo determina un aumento correlato del fabbisogno infermieristico. I pazienti con più di 3 insufficienze d’organo, dai dati rilevati, richiederebbero un rapporto infermiere/paziente pari a 1 (NAS > 100%). L’utilizzo combinato delle due classificazioni può rappresentare uno strumento importante per la gestione delle risorse infermieristiche e mediche in area intensiva. Bibliografia • Iapichino G, Mistraletti G, Corbella D, Bassi G, Borotto E, Miranda DR, Morabito A. Scoring system for the selection of high-risk patients in the intensive care unit. Crit Care Med. 2006 A;34(4):1039-43. • Lucchini A, De Felippis C, Elli S, Schifano L, Rolla F, Pegoraro F, Fumagalli R. Nursing Activities Score (NAS): 5 Years of experience in the intensive care units of an Italian University hospital. Intensive Crit Care Nurs. 2014;30(3): 152-8. Intensità di cure e misurazione delle attività infermieristiche in medicina d’urgenza. Annamaria Carlini, Medicina d’Urgenza; Patrizia Di Giacomo, Corso di Laurea in Infermieristica; Lara Marchetti, Marco Galletti, Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza, Rimini [email protected] Premessa. Il modello organizzativo per intensità di cure si basa sulla valutazione della complessità del quadro clinico e dei bisogni di assistenza (1). Il modello richiede l’utilizzo di 43 2014; 31 (suppl.) scale di valutazione (2). Presso l’UO di Medicina d’urgenza Rimini, sono utilizzate la Modified Early Warning Score (MEWS) per la valutazione del rischio clinico (3) e la Ray score per la complessità assistenziale. Scopi. Sviluppare una scheda per misurare le attività infermieristiche in relazione alla complessità assistenziale, verificare l’ eventuale relazione fra il peso rilevato in base alla MEWS e alla RAY e le attività realmente svolte. Materiali e metodi. È stato condotto un studio pilota. Si sono definite le attività e i livelli da rilevare in termini di quantità sulle 24 ore in una scheda ad hoc. I dati, rilevati dalla documentazione, sono stati elaborati per le frequenze e le medie; per le differenze fra le medie è stata utilizzata ANOVA, con p < 0,05. Campione: 23 pazienti ricoverati in tre giorni consecutivi per più di 24 ore con BPCO e con scompenso cardiaco. Risultati. Al ricovero il 30,1 % degli assistiti presenta una MEWS > 3 e in 2° giornata solo il 17,7 %,con p = 0,0402, mentre la media della RAY è rispettivamente di 22,52 e 20,13 con un p = 0,0193. La Braden all’ingresso è < di 18 nel 50% (11 ) dei pazienti, e sembrerebbe influenzare il peso assistenziale( p = 0,0273). Il Ray score non sembrerebbe influenzare la MEWS (p = 0,2276) e non sembra associato all’età (p = 0,2431). Conclusioni. All’aumentare del peso della Ray score aumentano le attività assistenziali, mentre all’aumento della MEWS non sempre corrisponde un aumento delle attività. I risultati di MEWS e RAY score, rispecchiano l’instabilità clinica e le necessità assistenziali degli assistiti e la scheda permette di registrare in modo adeguato i dati. Bibliografia • Lega F., Polimeri J., De Lucis S., Fraccaro S., Ghepardi F., Sosio F. Nuove prospettive nell’organizzazione dell’ospedale generale di comunità: il caso dell’Ospedale di Pontedera. Organizzazione Sanitaria, 2003, 27(3-4): 28-35. • Rauhala L Fagerstrom A, L. Determining optimal nursing intensity: the RAFAELA method. J Adv Nurs. 2004 45(4):3519. • Subbe C P, Slater A, Menon D, Gemmell L Validation of physiological scoring systems in the accident and emergency department. Emerg Med J 2006;23:841–845. doi: 10.1136/emj.2006.035816. Elaborazione di un software per la pianificazione dell’assistenza infermieristica del paziente critico orientato alla valutazione degli esiti. Ileana Adamini, Mario Madeo, Paola Roselli, Monica Tolentini, Daniela Rancati, Area Terapie Intensive, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Osp. Maggiore Policlinico, Milano [email protected] Premessa. Le attività svolte dagli infermieri nell’ambito di un’area critica, sono notevolmente influenzate dalle prescrizioni mediche e questo induce gli infermieri a prediligere l’esecuzione dell’intervento a sfavore della fase progettuale. Da ciò ne consegue che la documentazione infermieristica altro non è che una raccolta di numeri. Scopo. Elaborare un sistema di valutazione dei risultati raggiunti dai pazienti, mediante l’integrazione del Modello delle Prestazioni Infermieristiche e la classificazione NOC (Nursing Outcomes Classification). Materiale e metodi. Il progetto durato dal 2012 al 2014, è stato realizzato presso l’Area Terapie Intensive (Rianimazione Generale, Neurorianimazione, Terapia Intensiva Post-operatoria, Terapia Intensiva Pediatrica) mediante la somministrazione di due questionari in cui è stato chiesto agli infermieri (60) di identificare i problemi di salute dei pazienti, gli interventi infermieristici ritenuti più frequenti nel contesto e gli esiti applicabili, tra quelli proposti dalla classificazione NOC. Per ciascuna scala Likert associata ai risultati scelti, sono stati selezionati gli indicatori, elaborate le definizioni dei livelli di compromissione e ne è stata testata l’affidabilità mediante la statistica K di Cohen, cui è seguita la riconfigurazione della cartella informatizzata già in uso. Risultati. Il software contiene: • 57 problemi di salute del paziente • 334 azioni distinte per finalità • 71 risultati attesi • 77 scale di valutazione di cui 58 integrate dalle definizioni dei livelli di compromissione e19 tratte dalla letteratura. Le scale Likert, testate per affidabilità su 61 pazienti, hanno ottenuto un K di Cohen compreso tra 0,80 e 1 (I.C.95%). Conclusioni. Lo strumento sviluppato permette di valutare oggettivamente il problema di salute del paziente mediante 44 2014; 31 (suppl.) l’uso di scale, stabilire il raggiungimento del risultato atteso e inserire e terminare azioni registrandone i tempi. La valutazione dei risultati attesi consente di oggettivare l’assistenza infermieristica erogata aiutando gli infermieri a descrivere il ruolo che essi rivestono nel processo di cura del paziente. Bibliografia • Moorhead S, Johnson M, Maas M. Iowa Outcomes Project Classificazione NOC dei risultati infermieristici. (3 edizione). Ambrosiana 2007. • Germini F, Vellone E, Venturini,G, Alvaro R. Nursing outcomes: instruments for visualizing the effectiveness of nursing care. Professioni Infermieristiche 2010 ; 63: 205-10. • Muller-Staub M, Needham I, Odenbreit M, Lavin MA, Van Achterberg T (2007). Improved quality of nursing documentation: results of a nursing diagnoses, interventions, and outcomes implementation study. International Journal of Nursing Terminologies and Classification 2007; 18: 5-17. 118 di Firenze nel suo insieme sulla situazione patologica maggiormente tempo-dipendente utilizzando indicatori internazionali per analizzare tutti i fattori che entrano in gioco in un ACR, oltre a misurare possibile elaborare strategie migliorative dell’intero servizio, favorendo il benessere collettivo. Materiali e metodi. Registro ACR secondo lo stile Utstein, un tipo di organizzazione dei registri per l’arresto cardiaco riconosciuto a livello internazionale. Conclusioni. Lo studio ha rilevato che il 118 di Firenze rientra negli standard per tempi di intervento e percentuali di sopravvivenza, ma c’è molto margine di miglioramento per quanto la formazione della popolazione laica, data la scarsa conoscenza nell’uso del defibrillatore. Applicazione del Piano di Risposta alle Emergenze Mediche Intraospedaliere: risultati del coinvolgimento infermieristico nella gestione dell’arresto cardiaco intraospedaliero. Luigi Barca, Az. Osp. Città d. Salute e della Scienza, Torino [email protected] Sala del Tempio 2 16.15 – 17.40 Emergenza e primo soccorso 1 Analisi statistico-epidemiologica nella gestione dell’arresto cardiaco extra-ospedaliero in provincia di Firenze. Francesco Polli, Paolo Pratesi, Az. Sanitaria, Firenze [email protected] Introduzione. Il sistema 118 di Firenze ha studiato, per un periodo di quasi 5 mesi, ben 425 casi di ACR, fornendo un’analisi di numerosi fattori, generali e specifici, che incidono sulla sopravvivenza all’ ACR tra cui: la percentuale di sopravvivenza a un arresto rilevati (con l’asistolia al 71% e la FV al 10%); i fattori di rischio registrati nei soggetti assistiti (tra cui spicca l’ipertensione). Scopo. Lo studio ha misurato le performance del sistema Premessa. Il DGR n. 5 - 9887 “linee guida per l’organizzazione dei sistemi di risposta alle emergenze intraospedaliere” della Regione Piemonte veniva richiesta l’elaborazione di un piano aziendale entro il 31/12/2009. L’Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino realizzò il Piano di Risposta alle Emergenze Mediche Intraospedaliere “PREMI 6450” affiancato a un corso residenziale dedicato agli infermieri. Il PREMI 6450 aderisce al modello organizzativo Rapid Response Sistem e individua nell’infermiere un elemento essenziale del braccio afferente (chi rileva l’evento) e del braccio efferente (Team di intervento). Scopo. Descrivere il miglioramento degli esiti dell’arresto cardiaco intraospedaliero dell’Azienda Ospedaliera in relazione all’implementazione del corso formativo “PREMI 6450” e al coinvolgimento degli infermieri nella gestione dell’ arresto cardio-circolatorio (ACC) intraospedaliero. Materiali e Metodi. Il disegno applicativo è di tipo osservazionale retrospettivo. L’indagine è stata condotta negli anni 2010–2012, con 166 casi cumulativi su 110620 ricoveri totali. 45 2014; 31 (suppl.) Risultati. Gli interventi PREMI per arresti cardiaci sono stati 45 nel 2010 (1,15 ACC 1000 ricoveri), 66 nel 2011 (1,71 ACC 1000 ricoveri) e 53 nel 2012 (1,61 ACC 1000 ricoveri). In letteratura si stimano da 1 a 5 ACC ogni 1000 ricoveri. Le riprese di circolazione spontanea dopo arresto cardiaco (ROSC) sono state 5 su 45 nel 2010 (11,11%), 15 su 66 nel 2011 (22,7%) e 23 su 53 nel 2012 (43,4%). Si evidenzia la progressione favorevole dell’ outcome post arresto (43,4% di ROSC), che –a parità di altre condizioni intraospedaliere- sembra correlare con l’incremento della capacità del Braccio Afferente di valutare i segnali di aggravamento dei pazienti e allertare il PREMI nell’immediato periarresto. Conclusioni. Il corso PREMI 6450 ha avuto il merito di rendere operative le competenze acquisite dal personale infermieristico durante la partecipazione ai programmi didattici di gestione dell’arresto cardiaco offerti dalla Aziendali appartenenza. Bibligrafia • Findings of the First Consensus Conference on Medical Emergency Teams- Critical Care Med 2006 Vol. 34, No. 9 • Hodgetts, Resuscitation 2002;54:115-23; (Peberdy - NRCPR Study - Resuscitation 2003) La scheda integrata NIV per l’assistenza al paziente ventilato in emergenza/urgenza: l’esperienza del Pronto Soccorso e Medicina d’urgenza di Rimini. Irene Camporesi, Laura Severini, Simonetta Fancelli, Gianfilippo Gangitano, Annamaria Carlini, Marco Galletti, AUSL della Romagna, Osp.“Infermi”, Rimini [email protected] Nell’ultimo decennio si è registrato un progressivo aumento dell’incidenza della patologia polmonare in Pronto Soccorso, con la necessità da parte del personale medico-infermieristico di una riorganizzazione dell’approccio al paziente respiratorio. Il principale cambiamento riguarda soprattutto l’utilizzo della Ventilazione Non Invasiva in regime di emergenza, determinando notevoli miglioramenti non solo da un punto di vista qualitativo di outcome del paziente (spesso si evita l’intubazione), ma anche quantitativo in termini di tempi di degenza. La Ventilazione Non Invasiva necessita tuttavia di specifiche competenze tecniche associate a competenze relazionali; la compliance del paziente è infatti elemento fondamentale ed imprescindibile del trattamento terapeutico. La dotazione da parte dell’U.O. di apparecchiature dedicate ha determinato la necessità di realizzare una scheda integrata NIV che rispondesse alle esigenze di autonomia del personale a qualunque livello di competenza (dal neo-assunto all’infermiere-medico esperto). Tale scheda è strutturata in quattro sezioni in cui vengono riportati i passaggi necessari per realizzare un’assistenza completa del paziente ventilato, tra cui: prescrizione, monitoraggio, criticità, legenda allarmi, assemblaggio del ventilatore e adattamento del paziente, dando rilievo sull’effettiva compliance di quest’ultimo. Presso il Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza dell’Ospedale Infermi di Rimini il numero di pazienti ventilati è progressivamente aumentato da 73 nel 2009 a 181 nel 2013. Dal 2011, primo anno di utilizzo della scheda NIV, a tutto il 2013 abbiamo registrato un incremento dei pazienti trattati e dimessi direttamente dalla nostra U.O. (dal 35% del 2009 al 55% del 2013), senza che si registrasse un incremento dei ricoveri in Terapia Intensiva. La standardizzazione degli interventi e la tracciabilità dell’efficacia dell’assistenza sono le caratteristiche che hanno reso la scheda (sottoposta a revisione nel 2014) uno strumento di monitoraggio applicabile e adattabile a tutti i contesti assistenziali. Bibliografia • Cosentini R. et al. L’ABC della ventilazione meccanica non invasiva in urgenza. McGraw Hill, 2010 L’infermiere come leader sanitario in un equipaggio del programma HEMS-SAR della Valle d’Aosta. Ruggero Cresta, Elisa Oberto, Enrico Visetti, DEA , 118, Anest. e Rian., Az. USL Valle d’Aosta [email protected] Il servizio di Elisoccorso in Valle D’Aosta, come in tutto il territorio alpino, assume un ruolo di estrema rilevanza a causa delle caratteristiche morfologiche e ambientali che spesso impediscono ai tradizionali mezzi si soccorso di raggiungere le vittime, anche se non in immediato o oggettivo pericolo di vita. 46 2014; 31 (suppl.) Da luglio 2013 è iniziata la sperimentazione di un progetto che vede protagonista l’infermiere come unico componente sanitario all’interno dell’equipaggio del secondo elicottero di soccorso.La scelta dell’invio del primo elicottero (Sierra Alpha 1, con medico) o del secondo (Sierra Alpha 2, con infermiere) è subordinata alla decisione della Centrale Unica del Soccorso di Aosta che utilizza i protocolli di valutazione già in uso per gli altri mezzi di soccorso. Tutti gli infermieri coinvolti in questo progetto operano quotidianamente in ambito critico ed hanno seguito un programma formativo specifico sia in ambito clinico sia in ambio tecnico-alpinistico. Al termine del primo anno di sperimentazione è stata eseguita un’analisi descrittiva dell’attività svolta, scorporando tutte le schede di soccorso. Sono stati analizzati e confrontati i dati riguardanti il numero di interventi per ciascun tipo di equipaggio (con medico o con infermiere), il tipo di intervento effettuato (patologia traumatica, medica o interventi di protezione civile), le procedure intraprese (presidi, farmaci, etc.), i codici di invio e quelli di rientro. I dati ottenuti dimostrano come l’inserimento di un infermiere di area critica in un equipaggio HEMS-SAR, come unico componente sanitario, si è dimostrato sicuro ed efficace. La possibilità di diversificare la risposta all’emergenza ha infatti garantito il miglior trattamento possibile per ciascun paziente, senza rilevare eventi avversi. Sala della Piazza 17.40 – 19.00 Formazione e valorizzazione delle competenze La comunicazione dell’evento critico: esperienza di un laboratorio didattico con gli studenti di Infermieristica dell’Università di Perugia – Sede di Perugia Sabrina Adami, Mirella Giontella, Az. Ospedaliera Perugia [email protected] Come ricorda uno studioso americano, Alan Christensen, il ruolo di paziente implica, anzi richiede la perdita di molte libertà comportamentali e la cessione di esse al medico o all’ospedale. Ai pazienti viene chiesto di abbandonare il controllo su molti aspetti centrali della vita quotidiana per lunghi periodi. Le caratteristiche della comunicazione che possiamo definire quindi “diseguale” sono legate alla sproporzione di potere che si determina tra i comunicanti in un determinato contesto. Si è posta quindi la necessità all’interno del Corso di Laurea in Infermieristica dell’Università di Perugia di riflettere sulla comunicazione che oltrepassa il contesto sanitario riportando in primo piano termini come “ascolto” o “rispetto”: elementi relazionali tanto spesso citati quanto scarsamente praticati e dimenticati. Viene definito evento critico un qualsiasi incidente che provoca improvvisamente nelle persone coinvolte, direttamente o indirettamente, un sentimento di paura per la propria incolumità, un senso di impotenza, di perdita di controllo. Questo vissuto di incontrollabile rischio e di impotenza è totalmente soggettivo: per una persona un evento può essere vissuto come un trauma, mentre un’altra non ha vissuto le stesse emozioni, e quindi può non essere traumatizzata. Il concetto di crisi, è strettamente legato alla percezione di uno stato di disagio: il sistema uomo sente che le modalità di risposta classiche, ossia già sperimentate, non sono adeguate alla situazione specifica, e per questo motivo entra in crisi. In questa prospettiva, già la stessa percezione del disagio equivale ad una presa di coscienza legata all’assunzione di responsabilità, al fine di mettere in moto una serie di comportamenti, atteggiamenti o meccanismi difficilmente controllabili da un punto di vista relazionale e strutturale, osservare situazioni che tendono alla negazione e ad evitare le condizioni critiche; tutto per mantenere una stabilità del sistema. Compito dell’infermiere dai primi contatti, sarà quindi diretto all’interpretazione del sintomo, dove per sintomo si intende la manifestazione diretta verso l’esterno, del disagio. In altre parole, nel momento in cui l’utente formula una richiesta di aiuto, ha ben chiara l’articolazione del problema e delle conseguenze ad esso legate: ciò che l’utente “porta” all’operatore, è la sua personale interpretazione di chi vive quella specifica situazione, con quei sentimenti. L’utente ha avuto modo di selezionare, interpretare e definire lo stato di disagio, trasformandolo in una richiesta di aiuto che tenga conto delle sue strutture cognitive ed emotive, di ciò che è disposto ad affrontare, 47 2014; 31 (suppl.) delle influenze culturali ed ambientali, l’individuo e la famiglia tutta saranno portatori di quel sintomo di cui il membro è solamente l’espressione manifesta. Il laboratorio dopo una iniziale sessione plenaria si è strutturato in gruppi di lavoro composti da circa dieci partecipanti, in cui veniva proposta una situazione simulata, filmata (role play), nel quale gli studenti erano chiamati come sanitari a fornire risposte assistenziali e non, per circa dieci minuti al quale sono seguiti poi momenti di analisi e riflessioni comunitaria notevolmente interattivi e proficui. Agli studenti è stato chiesto di affrontare concettualmente e operativamente ogni richiesta di aiuto nella convinzione dell’utilità e della correttezza di dare ad ogni comportamento una collocazione ed un preciso significato nell’ambito del contesto naturale in cui si situa, inserendolo, in altre parole, fra altri comportamenti comunicativi che lo precedono o lo seguono, non etichettati come sintomatici. Sono emerse criticità importanti, key-words: spesso le persone si sentono sopraffatte e private della libertà di esprimersi, ma soprattutto di essere ascoltate e comprese; sembra che manchi un canale di ascolto e comprensione ruolo che è da sempre dell’Infermiere; discontinuità comunicativa, alcuni meccanismi di difesa; auto difensività. La relazione propone una sintesi dell’esperienza alla luce delle criticità emerse; l’adeguatezza dell’azione è proporzionale all’evoluzione, e l’evoluzione all’elaborazione della risposta ad ogni evento critico. Si chiamava esame di coscienza, si chiama debriefing, il confrontarsi con se stessi o con se stessi e gli altri, non sui risultati oggettivi, ma sui modi e sul contenuto della nuova esperienza critica così da renderla utile per il futuro. A volte non si riesce ad andare al prossimo evento critico e si torna sul precedente come se vi fosse uno stacco nell’evoluzione dell’esperienza. Prima che questo ritorno diventi automatico, continuo e sofferente vi sono modi per condividere la propria percezione di quell’evento critico, riportarlo alla “normalità” esistenziale attraverso la percezione espressa dagli altri e riprendere a crescere, sia personalmente che professionalmente . Bibliografia • Lucia Fontanella “La comunicazione diseguale” ed. Il pensiero scientifico, 2011. • Buckman Robert (1992), La comunicazione della diagnosi in caso di malattie gravi, 2003 Raffaello Cortina Editore. • Spinanti Sandro, Chi decide in medicina? Manuali di Janus, 2004 Zadigroma Editore. • Beauchamp T L, Childress J F, Principles of Biomedical Ethics, Oxford University Press, 1994. • Fallowfield L et al., Teaching Senior Oncologists Comunication Skills, in Journal of Clinical Oncology, 16, 5, 1961-1968. PBLSD: valutazione del mantenimento nel tempo delle competenze acquisite: due esperienze di formazione a confronto. Maria Cristina Rossi, Torino [email protected] Introduzione. Nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS) in cui è compresa la Somalia, uno degli obiettivi incluso nel Fourth Millenium Development Goal (MDG4), promosso da parte del WHO e UNICEF nell’ Integrated Management of Childhood Illness (IMCI) è la riduzione della mortalità nei bambini al di sotto dei 5 anni 1. Numerosi studi condotti nei PVS (Asia, Africa) presso ospedali gestiti da personale locale, hanno evidenziato che almeno la metà degli accessi pediatrici viene sottotrattata o riceve cure in modo inappropriato 2 . Un inadeguato triage e la valutazione che ne consegue, la scarsa capacità di trattamento di paziente ad alta intensità, la bassa tecnologia usata eventualmente in modo inappropriato incidono pesantemente sugli outcomes dei bambini che afferiscono in ospedale. A questa situazione si aggiunge che il personale sanitario locale riceve un percorso formativo nell’area dell’emergenza non adeguato o il più delle volte completamente assente; inoltre nelle strutture locali, le attrezzature per gestire una situazione ad alta complessità non sono idonee 3. In questo contesto laddove la formazione per la gestione delle situazioni di emergenza è estremamente carente il corso PBLS-D assume rilevante importanza. Obiettivo. Misurare le conoscenze/competenze acquisite e mantenute nel tempo da un gruppo di medici e infermieri locali ed un gruppo di sanitari italiani. Materiali e metodi. Corso PBLSD (metodo SIMEUP), test valutazione al termine del corso e ri-somministrazione a distan- 48 za 6 mesi in due gruppi (personale somalo e personale dell’OIRM), valutazione del mantenimento delle competenze gestuali a 6 mesi ed a un anno del gruppo italiano. Risultati. Vengono presentati i risultati di uno studio effettuato all’ospedale MAS–CTH di Hargheysa Somaliland e all’ospedale infantile Regina Margherita di Torino rispetto al mantenimento nel tempo delle competenze acquisite a fine corso PBLS-D, a sei mesi e a un anno. In sede congressuale verranno presentate i dati osservati sui due gruppi. Parole chiave: Children, Emergency, Developing Countries, Maintenance Skills, Knowledge, Child health. Paediatric Basic Life support Bibliografia • Integrated Management of Childhood Illness (IMCI) World Health Organization. • Molyneux E, Ahmad S, Robertson A. Improved triage and emergency care for children reduces inpatient mortality in a resource-constrained setting. Bulletin of the World Health Organization , 2006; 84 (4): 314-9. • Duke T,Tamburlini G,The Paediatric Quality Group. Improving the quality of paediatric care in peripheral hospitals in developing countries. Arch Dis Child 2003;88:563-565. L’integrazione delle competenze dell’infermiere specialista in wound care in un reparto intensivo. Francesco Morelli, T.I. Osp. Maggiore, AUSL Bologna [email protected] L’infermiere specialista in Wound Care è un professionista con conoscenze e competenze avanzate mirate alla prevenzione e al trattamento delle lesioni cutanee. Nel contesto specifico delle aree intensive, l’infermiere specialista in Wound Care si configura come una importante risorsa per migliorare il processo assistenziale dei pazienti a elevata criticità attraverso l’impiego di prodotti specifici per le medicazioni complesse e di trattamenti avanzati come le Terapie a Pressione Negativa (TPN). Inoltre l’infermiere specialista in Wound Care promuove interventi formativi e svolge attività di consulenza infermieristica nei re- 2014; 31 (suppl.) parti di degenza ordinaria per i pazienti dimessi dalle aree intensive. L’attività dell’infermiere specialista in Wound Care all’interno dei nostri reparti intensivi si articola su diverse tipologie di pazienti con una prevalenza di politraumatizzati, caratterizzati da lesioni multiple, complesse e contaminate, che necessitano di un approccio tempestivo e mirato. Verranno presentati alcuni casi clinici con lesioni cutanee complesse con differenti approcci di trattamento. La razionalizzazione dell’utilizzo dei prodotti e dei device, insieme alla continuità assistenziale garantita dalla presenza dell’infermiere specialista, contribuiscono a garantire un miglioramento complessivo del percorso clinico e assistenziale dei pazienti ricoverati in ambito intensivo e anche nella fase sub acuta. Impatto degli strumenti di reminder per l’adesione degli infermieri alle raccomandazioni sull’ETCO2. Alessandro Monesi, Sonia Santolini, Guglielmo Imbriaco, Patrizia Ferrari, Fiorella Cordenons, AUSL Bologna; Nicola Seganti, AUSL Ravenna [email protected] Premessa. In area critica la rilevazione dell’ETCO2 è considerata un Gold Standard, in relazione alle raccomandazioni internazionali AARC - Clinical Practice Guideline del 2011. Vi sono almeno tre momenti principali in cui è raccomandata la capnometria nel paziente ventilato meccanicamente: 1. Verifica del corretto posizionamento di presidi per la pervietà delle vie aeree. 2. Analisi della condizione di circolazione polmonare e ventilatoria. 3. Ottimizzazione della ventilazione meccanica. Disegno di ricerca. Lo studio rivolto al personale infermieristico dell’Unità Operativa Rianimazione del Maggiore di Bologna, ha avuto come obiettivo la valutazione dell’adesione alle raccomandazioni internazionali rispetto la gestione del monitoraggio EtCO2 ed è stato caratterizzato dai seguenti momenti: ñ Pre-audit: caratterizzato da un periodo di due mesi per fotografare il comportamento senza attività di reminder; ñ Questionario anonimo rivolto agli infermieri in servizio, con attività prevalentemente clinica e non più in affiancamento, per verificare le conoscenze sull’argomento. 49 2014; 31 (suppl.) ñ Attività di reminder, attraverso: 1 divulgazione di un video sulla corretta applicazione dell’ETCO2, 2 presentazione dei dati emersi dal pre-audit, 3 predisposizione di un poster sull’argomento, 4 invio per posta elettronica delle principali raccomandazioni in merito all’uso della capnografia e dei links alla documentazione multimedia predisposta, 5 discussione in merito all’argomento durante analisi di casi clinici o incontri. ñ IN-ternal-audit (IN-audit), per valutare l’efficacia dei sistemi di reminder: verifica dell’adesione successiva alla attività di “sensibilizzazione” all’argomento, attraverso l’analisi degli indicatori di processo stabiliti durante la fase di pre-audit Risultati. Dai dati analizzati, l’attività di reminder ha agito in modo sensibilmente positivo sul miglioramento di tutti gli indicatori monitorati Limiti dello studio. Il periodo dedicato alla raccolta dati ed il numero di rilevazioni effettuate è sicuramente un limite importante, ma lo studio descritto è stato oggetto di argomento per una tesi di master, pertanto in meno di un anno è stato progettato l’audit e la raccolta dati. Il reparto di rianimazione ha comunque deciso di continuare l’audit per eliminare il bias e migliorare la performance. Non è stato valutato quale reminder, tra l’aggiornamento tramite posta elettronica, il video prodotto, il poster o il confronto diretto durante gli incontri, sia considerato migliore dal personale infermieristico; riteniamo, però, importante l’associazione di tutti i metodi sopra descritti. Volutamente non sono state stratificate, per anni di servizio, le risposte del questionario rivolto agli infermieri. Conclusioni. Seppur con i limiti dichiarati, lo studio proposto ha dimostrato che è possibile applicare il modello dell’audit clinico al contesto assistenziale o in sue piccole parti. L’audit è stato ben accettato dal personale nonostante un “pre-audit non dichiarato” e questo è segno di maturità del gruppo di lavoro. I reminders adottati sono stati efficaci nello stimolare il cambiamento. Proposta per il futuro potrebbe essere la creazione di un canale multimediale per “ricordare” le principali attività presenti in reparto o per descrivere nuove raccomandazioni. Con tali presupposti auspichiamo che un progetto nato come argomento di tesi divenga un elemento della normale attività di raccolta dati per la “qualità delle cure”. Bibliografia • AARC Clinical Practice Guideline, 2011; • Annals of Medicine, Volume 56, Issue 6, Dicembre 2010, pag. 702-703; • Annals of Emergency Medicine 2011; 58: S212-3 Sala del Tempio 1 17.40 – 19.00 Infermieri e organizzazione in area critica 2 Misure di isolamento nei pazienti e carico di lavoro infermieristico in una terapia intensiva generale. Stefano Elli, A. Lucchini, DEU T.I.Gen. Az. Osp .S.Gerardo, Monza; M. Talpos, Fondazione Don Gnocchi, Milano; F. Menon, L. Ronchi, T.I.Cardiochir. Az. Osp. Ca’ Granda Niguarda, Milano [email protected] Introduzione. L’insorgenza di una complicanza infettiva nei pazienti ricoverati in T.I. è un evento frequente e potenzialmente grave. Il fenomeno più preoccupante dell’epidemiologia delle infezioni ospedaliere oggi è rappresentato dalla rapida disseminazione dei microrganismi multiresistenti agli antibiotici. Obiettivo. Mettere in relazione il punteggio NAS e l’adozione di specifiche misure profilattiche, in funzione del patogeno interessato, con lo scopo di valutare se le misure di isolamento influiscono sul carico di lavoro infermieristico. Materiali e metodi. Lo studio, osservazionale retrospettivo, è stato condotto presso la Terapia Intensiva Generale dell’ospedale S. Gerardo di Monza analizzando pazienti risultati positivi a uno o più patogeni multiresistenti (MRSA, KPC, Acinetobacter b., Clostridium D., Escherichia C., Pseudomonas A.) durante l’anno solare 2012. Per la definizione del carico di lavoro infermieristico è stato estrapolato il valore NAS (Nursing Activities Score) valutato dal personale infermieristico. Successivamente è stato preso in considerazione il codice colore iso- 50 lamento (verde, giallo, rosso) assegnato giornalmente al paziente e registrato dal personale infermieristico all’interno della cartella clinica integrata Risultati. Il punteggio NAS calcolato su tutto il campione è risultato 81,54 ± 10 (rosso: 79,06 ± 29; giallo: 82,57 ± 11; verde: 81,25 ± 22). Il punteggio NAS stratificato per agente patogeno coinvolto non ha fornito risultati statisticamente significativi, tranne nel caso dell’Acinetobacter b. Conclusioni. Lo studio ha evidenziato come la presenza di positività per un microrganismo multiresistente non implichi necessariamente un maggiore carico di lavoro infermieristico, ad eccezione del micorganismo Acinetobacter b., unico caso in cui la media NAS sul paziente isolato è risultata superiore rispetto al paziente non isolato. Solo in questo caso è stata evidenziata una correlazione tra misure di isolamento e aumento del carico di lavoro infermieristico, ragionevolmente imputabile alla maggior gravità clinica dei pazienti coinvolti. Bibliografia • Lucchini A, De Felippis C, Elli S, Schifano L, Rolla F, Pegoraro F, Fumagalli R. Nursing Activities Score (NAS): 5 Years of experience in the intensive care units of an Italian University hospital. Intensive Crit Care Nurs. 2014;30(3): 152-8. Criteri di appropriatezza dell’accesso vascolare per la somministrazione di terapia infusiva in ambito intraospedaliero. Gaetano Tammaro, Maria Grazia Savina, T.I.Rianimazione, Osp. Maggiore AUSL Bologna [email protected] La scelta ed il posizionamento dell’appropriato accesso vascolare per la somministrazione della terapia infusiva è fondamentale, poiché in grado di ottimizzare i tempi terapeutici, riducendo al minimo le possibili complicanze. Il frequente ricorso ai cateteri venosi periferici è legato alla possibilità di avviare le infusioni in qualsiasi momento del giorno, poiché posizionati e interamente gestiti dall’equipe infermieristica di unità operativa. Questi dispositivi sono più sicuri in termini di incidenza di complicanze settiche, rispetto ai cateteri venosi centrali. Tuttavia il loro utilizzo trova indicazione so- 2014; 31 (suppl.) lo per quelle soluzioni che non sono irritanti o vescicanti e che hanno pH ed osmolarità compatibili con le infusioni in via periferica (pH compreso tra 5 e 9, osmolarità inferiore a 600 mOsm/L o in caso di NPT inferiore a 850 mOsm/L). Il loro utilizzo a prescindere dalla valutazione del tipo di soluzione somministrata, determina una elevata incidenza di flebiti chimiche, di discomfort e stress per il paziente, che viene sottoposto a ripetute veni punture e l’estrema difficoltà nella somministrazione secondo tempi e modi prescritti. In particolare, qualora vengano somministrati in via periferica farmaci irritanti o vescicanti, esiste un rischio tangibile legato all’insorgenza di stravasi che possono determinare danni tessutali invalidanti (l’incidenza di stravasi da vene periferiche è stimata fra lo 1 – 7 %; Dougherty 2008; INS, 2009; Perucca, 2009; Polovich et al, 2009; RCN, 2010) Spesso solo nel momento in cui non è più possibile reperire un accesso venoso periferico, necessario per il proseguimento del trattamento terapeutico, si opta per la richiesta di un accesso venoso centrale. Questa richiesta che assume il carattere di urgenza, può essere evasa solo in presenza della disponibilità della sala operatoria o dello specifico ambulatorio e degli anestesisti dedicati, necessitando talvolta di diversi giorni di attesa. Durante il corso dell’anno 2013 nella nostra Azienda sono stati impiantati 953 CVC, 565 Midline, 533 PICC. Esistono numerose esperienze a livello nazionale ed internazionale che hanno dimostrato che è possibile ottenere l’ottimizzazione degli esiti terapeutici, la riduzione significativa dei costi (per il trasporto, la sala operatoria, il tempo degli anestesisti), nonché dello stress del paziente e delle complicanze associate, mediante la costituzione di team multi professionali per il posizionamento bedside dei dispositivi venosi centrali ad accesso periferico: i PICC team. La deprivazione del sonno in Medicina d’Urgenza, cause e conseguenze. Daniela Osella, Alessia D’Orazio, Antonella Dragonetti, Fabrizio Elia, Franco Aprà, Medicina d’Urgenza e Terapia Sub-Intensiva, Osp. S. Giovanni Bosco, Torino [email protected] Obiettivi. Indagare e valutare la qualità del sonno dei pazienti ricoverati sia dal punto di vista del paziente che degli 51 2014; 31 (suppl.) operatori. Attuare modifiche comportamentali del personale per garantire la qualità del sonno dei pazienti. Materiale e metodi. Un gruppo di operatori, medici e infermieri, ha effettuato una revisione della letteratura. È stato somministrato un questionario a tutto il personale del reparto per comprendere il loro percepito in merito alla qualità del sonno dei pazienti, sono stati inoltre intervistati alcuni pazienti. Successivamente è stato organizzato un corso di formazione per tutto il personale. È attualmente in corso uno studio osservazionale per poter raccogliere dati in merito alla qualità del sonno dei pazienti ricoverati presso il nostro reparto. Risultati. La revisione della letteratura ha permesso di mettere in evidenza gli aspetti salienti delle problematiche legate al sonno e alla sua deprivazione, ponendo così le basi per la formazione di tutto il personale. Sono state messe in atto modifiche organizzative e comportamentali con il fine di migliorare il sonno delle persone ricoverate: spostamento orari di alcune attività assistenziali, apertura e chiusura serrande ad orari stabiliti con spegnimento e accensione luci notturne ad orari fissi, prova defibrillatore nel pomeriggio e non più in piena notte, identificazione precoce dei pazienti a rischio, utilizzo tappi auricolari monouso, orologi alle pareti per ri-orientare nel tempo, coinvolgimento dei parenti nel ri-orientamento del paziente, attenzione al tono di voce durante la notte e abolizione attività di riordino materiale notturno. Conclusioni. Questo percorso formativo e organizzativo ha permesso di incrementare la consapevolezza circa le cause e le conseguenze della deprivazione del sonno, permettendo così di modificare alcuni comportamenti assistenziali volti alla tutela della qualità del sonno dei pazienti. Bibliografia • Bihari S. et al. Factors Affecting Quality of Patients in Intensive Care Unit. Journal of Clinical Sleep Medicine.2012,8. • Pilikington S. Causes and consequences of sleep deprivation in hospital patients. Art e scienze. 2013,27:49. • Cheryl Ann Cmiel, Dana Marie Karr, Dawn Marie Gasser, Loretta Marie Oliphantand, Amy Jo Neveau: Source Noise Control: A Nursing Team’s Approach to Sleep Promotion. The American Journal of Nursing. 2004, 104. La gestione del paziente critico: la formazione residenziale quale elemento imprescindibile per garantire la competenza. Patrizia Boccolacci, Annamaria Carlini, Robert Chierighini, Alice Amadori, Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza, Rimini [email protected] Premessa. La formazione continua post base rappresenta l’elemento imprescindibile per il mantenimento e lo sviluppo delle competenze. Ogni realtà operativa deve quindi definire un percorso formativo allineato alle esigenze organizzative e ai fabbisogni formativi del personale. L’U.O. di Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza dell’Ospedale “Infermi” di Rimini, inserita in un contesto demografico che determina l’aumento stagionale delle attività, prevede il potenziamento periodico del personale. Scopo. Lo scopo dell’analsi compiuta all’interno dell’U.O. è stata la definizione del percorso di formazione residenziale che permetta al personale neo inserito di acquisire quanto prima le competenze necessarie e al personale esperto di rafforzare i propri skills. Materiali e metodi. Nel 2013 sono stati valutati il turn-over del personale infermieristico e il livello di competenza rispetto alle posizioni di lavoro (tramite la scheda PEO) e, successivamente, tramite un questionario formulato conformemente ai requisiti della clinical competence definiti dalla Regione Emilia Romagna per il Pronto Soccorso e la Medicina d’Urgenza, è stato determinato il fabbisogno formativo. L’elaborazione dei dati raccolti ha condotto all’organizzazione del primo evento residenziale accreditato di quattro ore “IL PAZIENTE CRITICO” e nel 2014 è stato organizzato l’evento “gestione del paziente critico in Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza” di dodici ore. Tale corso prevede la compresenza di tre docenti infermieri esperti interni all’U.O., la partecipazione di un medico Psichiatra e di un medico legale. Le ore di corso sono state organizzate secondo il modello formativo attivo. Risultati e Conclusioni. L’attività formativa e di sensibilizzazione sopra descritta ha condotto ad una netta diminuzione del tempo di affiancamento del personale neoinserito (-50%) e ad un evidente incremento e consolidamento delle competenze rispetto alle differenti posizioni di lavoro del personale esperto. 52 2014; 31 (suppl.) Questo modello di formazione e sensibilizzazione può essere effettuato ad isorisorse, può rappresentare un metodo formativo efficiente ed efficace applicabile in qualunque contesto organizzativo. Bibliografia • Requisiti specifici per l’accreditamento delle Strutture di Emergenza e Urgenza • Estratto da delibera giunta regionale n. 23 del 17 gennaio 2005 • Definizione di requisiti specifici ai sensi dell’art. 8 c.1 della L.r. 34/98, per l’accreditamento delle strutture sanitarie e dei professionisti dell’Emilia-Romagna (Emergenza-urgenza e Ortopedia) Sala del Tempio 2 17.40 – 19.00 Emergenza e primo soccorso 2 L’assistenza di emergenza alla persona con Infarto Miocardico Acuto: il protocollo operativo dell’Umbria. Gianpaolo Doricchi, Centrale 118 Umbria Soccorso; Nicola Ramacciati, Pronto Soccorso, Perugia [email protected] Premessa. Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte in Italia e uno tra i principali problemi di sanità pubblica per mortalità, morbosità ed impatto sui ricoveri ospedalieri. Tra queste l’infarto miocardico acuto (IMA) che si manifesta oltre che con una sintomatologia ischemica, anche con alterazioni elettrocardiografiche e con alterazioni del profilo ematobiochimico (markers marcatori biochimici di necrosi miocardica) è la più rilevante sia per gravità che frequenza. Scopo. Poiché per le persone colpite da attacco cardiaco i vantaggi più significativi in termini di sopravvivenza e di riduzione del danno miocardico si ottengono quando il trattamento riperfusivo viene praticato nel più breve tempo possibile le Aziende sanitarie territoriali e ospedaliere dell’Umbria, in sinergia con la Centrale Operativa Unica regionale 118, hanno adottato uno specifico e vincolante protocollo operativo. Materiale e metodi. Il Protocollo operativo per la gestione dei pazienti con Infarto Miocardio Acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) elaborato ed approvato dalla Regione Umbria (Delibera Giunta regionale n. 978 del 9/9/2013) consente di: Diagnosticare STEMI nel più breve tempo possibile; Ottenere il numero più elevato possibile di pazienti riperfusi; Rendere disponibili trattamenti adeguati per tutti i pazienti con STEMI; Ottimizzare i percorsi diagnostico terapeutici dei pazienti con IMA attraverso diagnosi precoce ed utilizzo trasmissione ECG; Garantire percorsi diagnostico terapeutici tempestivi preordinati e condivisi. Risultati. Il Servizio Programmazione socio-sanitaria dell’assistenza di base ed ospedaliera della Regione dell’Umbria sta monitorando l’applicazione del protocollo. Conclusioni. La creazione di un sistema in rete per l’emergenza tra territorio e ospedali a diversa complessità assistenziale (network), connessi da un adeguato sistema di trasporto in un’ottica Hub-Spoke, può assicurare una risposta rapida ed efficace (per garantire la riperfusione ottimale) a tutte le persone con infarto miocardico acuto STEMI. Strategie diagnostico-terapeutiche condivise e modulate su profili di rischio del paziente e sulle risorse strutturali e logistiche disponibili sono alla base di una gestione ottimale della persona con infarto miocardico acuto. Bibliografia • Regione dell’Umbria. Protocollo operativo per la gestione dei pazienti con Infarto Miocardio Acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) DGR 978 del 9/9/2013. La violenza contro le donne. Conoscenze, attitudini e convinzioni di infermieri ed ostetriche. Patrizia Di Giacomo, Corso di Laurea in Infermieristica; Alessandra Cavallo, Az. Usl Rimini [email protected] Introduzione. La vittima di una violenza di genere presenta traumi fisici e psichici, legati non solo all’aggressione ma anche agli eventi successivi, fra i quali gli accertamenti sanitari. La percezione del fenomeno rimane sottostimata anche in Italia anche fra gli operatori. Gli studi evidenziano invece la ne- 2014; 31 (suppl.) cessità di una valutazione accurata ed una presa in carico immediata ed integrata. Obiettivi. Lo studio vuole identificare le conoscenze rispetto al fenomeno e descrivere conoscenze, atteggiamenti e opinioni degli operatori e identificare eventuali cambiamenti negli ultimi 5 anni. Materiali e metodi. È stato condotto uno studio cross sectional descrittivo, attraverso la somministrazione di un questionario, su un campione di convenienza di 80 infermieri e ostetriche, che lavorano in servizi che accolgono donne che hanno subito violenza. Risultati. L’80,4 % dichiara di aver assistito donne che hanno subito violenza sessuale e/o abuso familiare. L’approccio relazionale/comunicativo è la maggiore difficoltà 64,1 % dichiarata e tutti gli intervistati ritengono di aver necessità di approfondire le proprie conoscenze, mentre il 49 % ritiene di essere in grado di sospettare la violenza. Il 19,6 % tende ancora a colpevolizzare la donna, con una frequenza più elevata (25,8 %) fra gli infermieri e il genere maschile (54,0 %), vs il 25% rilevato precedentemente. Diminuisce rispetto al 2008 chi dichiara di avere difficoltà e chi consiglia di farsi visitare in Pronto Soccorso e denunciare 59,1 % vs 51 % ed emerge un’aumentata consapevolezza della necessità di formazione. Discussione. Nonostante la formazione e l’emergere del fenomeno a livello dei media, la conoscenza del fenomeno non è del tutto acquisita fra gli operatori, sono presenti difficoltà nell’accoglienza e nelle modalità relazionali verso la donna ed ancora è presente una colpevolizzazione della vittima. Sono da sviluppare percorsi di sensibilizzazione e di cambiamento culturale rispetto al fenomeno violenza, e formazione mirata agli aspetti relazionali e di valutazione globale della donna. Workplace violence in pronto soccorso: dagli strumenti di ricerca alle strategia d’intervento. Nicola Ramacciati, Andrea Ceccagnoli, Beniamino Addey, Pronto Soccorso, Accettazione OBI, Perugia [email protected] Premessa. La Workplace Violence è considerata, a livello internazionale, uno dei più gravi problemi di salute planetari. 53 Contrastare questo fenomeno rappresenta una delle sfide più importanti per la sanità, che deve trovare, prima di tutto al suo interno, le risposte per interrompere quella spirale di violenza definita oggi “endemica” in sanità e nell’ambiente infermieristico “part of job”. Scopo. Scopo del presente lavoro è quello di presentare l’esperienza del nostro gruppo di studio e gli interventi di contrasto adottati. Materiali e metodi. Il problema delle aggressioni verso gli operatori di emergenza, è stato oggetto di numerosi studi internazionali e oggi a livello mondiale esistono numerose linee guida e ricerche inerenti gli strumenti di analisi del fenomeno, sia di tipo quantitativo che qualitativo, nonché proposte risolutive. Risultati. Per analizzare il problema della WPV in Pronto Soccorso e in triage il nostro gruppo di ricerca ha adottato diverse strategie di studio: revisione della letteratura, identificazione e segnalazione degli eventi sentinella, istituzione del registro delle aggressioni con contestuale monitoraggio del fenomeno, focus group sul vissuto emozionale degli infermieri, survey di reparto, confronti diretti con esperti e istituzioni che si occupano della tematica. Conclusioni. Il fenomeno della WPV è estremamente complesso e necessita di una lettura attenta dei molti fattori che entrano in gioco. Conoscere i risultati dei lavori di ricerca e le indicazioni dei gruppi di studio internazionali può aiutare i responsabili infermieristici ai diversi livelli operativi (infermieri specialisti, coordinatori, dirigenti infermieristici) ad adottare interventi di contrasto del fenomeno. Le strategie di intervento devono essere articolate e diversificate, perché i fattori favorenti sono complessi e molteplici. L’esperienza maturata dal gruppo infermieristico del Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliera di Perugia è stata condensata nella buona pratica “Approccio Globale alla violenza in Pronto Soccorso” sottoposta ad Agenas nell’ambito dell’iniziativa Call for Good Practice e da questa valutata, nella Classificazione OBP, come Buona Pratica. Bibliografia • Ramacciati, N., Ceccagnoli, A. (2012). Violenza e aggressioni in Pronto Soccorso: un approccio operativo. Scenario, 29(2), 32-38. 54 • Ramacciati, N., Ceccagnoli, A., Addey, B. (2013). Violence toward nurses in the triage area. Scenario. 30(4), 4-10. • Ramacciati, N. Ceccagnoli, A., Addey, B. Giusti, G.D. (2014) Comment on: “Nurses’ perceptions of the factors which cause violence and aggression in the emergency department: A qualitative study”. Int. Emerg. Nurs. (2013) Gestione Infermieristica del trauma: attinenza agli Indicatori Internazionali. Giulia Bisuschi, Centr. Sterilizzazione, Ospedale di Prato [email protected] Scopo. Nei paesi sviluppati il trauma rappresenta il più pericoloso killer per la popolazione compresa tra 0 e 40 anni e la sua incidenza è in continuo aumento. Nel 118 di Firenze, l’infermiere delle ambulanze INDIA interviene in questi eventi avvalendosi di protocolli condivisi e basati sulle migliori evidenze scientifiche. Lo studio analizza la gestione infermieristica dei pazienti adulti e pediatrici traumatizzati e verifica l’attinenza dei risultati agli Indicatori Internazionali, identificati tramite ampia ricerca bibliografica. Materiali e metodi. Lo studio si è basato sull’analisi di tutte le schede infermieristiche relative a 1543 casi traumatici nel periodo 01/01/2012 - 31/12/2012, resa possibile dalla creazione di database specifici. 2014; 31 (suppl.) Risultati e Discussione. Dai dati generali risulta una divisione netta tra pazienti adulti e pediatrici (89% e 8%) e tra causa traumatica (71% adulti incidente stradale, 31% pediatrici caduta accidentale). I dati di processo mostrano un incremento delle performance all’aumentare della gravità dei casi: Accertamento adulti VS2 94% e VS3 95%, pediatrici VS2 89% e VS3 92%; Osservazione adulti VS2 88% e VS3 93%, pediatrici VS2 84% e VS3 87%; Parametri Vitali adulti VS2 94% e VS3 98%, pediatrici VS2 82% e VS3 84%; Dolore adulti VS2 21% VS3 28%. Da indagare perché negativo il monitoraggio del dolore. Conclusioni. L’analisi dei dati si sintetizza in 3 quesiti: 1) L’infermiere è in linea con gli indicatori previsti dalla letteratura? Sì, soprattutto nel paziente adulto con gravità maggiore, da migliorare nel paziente pediatrico: Pressione Arteriosa adulti 84%, pediatrici 38%; Frequenza Respiratoria adulti 58%, pediatrici 56%; Saturazione adulti 90%, pediatrici 69%; Pupille adulti 78%, pediatrici 70%. 2) L’intervento dell’infermiere su emergenza traumatica extra-ospedaliera, consente la centralizzazione della maggior parte dei pazienti ad alta criticità? Sì, in modo eccellente: 69% paziente adulto, 93% pediatrico. 3) L’infermiere è in grado di gestire autonomamente il paziente traumatizzato? Sì, nel 97% dei casi. 55 2014; 31 (suppl.) 7 Novembre 2014 Sala della Piazza 9.00 - 10.00 LE CONCLUSIONI Cosa abbiamo appreso e cosa vogliamo fare ancora. Indicazioni alla professione, alla società, alla politica. Assistere in area critica: tecnica, integrazioni e relazione in situazioni estreme. Fabrizio Moggia, Presidente Aniarti; Maria Benetton, Comitato Direttivo Aniarti [email protected] Area critica significa situazioni di rischio per la vita sempre presenti e spesso estreme.“A mali estremi, estremi rimedi”, pertanto, il limite, in tutti i sensi ed a tutti i livelli, è una dimensione con cui tutti – malati, operatori, istituzioni, società civile – si confrontano. In area critica si adottano tecnica e tecniche le più avanzate disponibili, le risorse di tutti; si “fà rete” e sistema (si dovrebbe…), per raggiungere l’obiettivo. Fare rete e fare sistema è l’espressione istituzionale delle relazioni umane, che rappresentano l’unica possibilità di sopravvivenza. Assistere in area critica significa coniugare al massimo livello conoscenza, tecnica e tecniche, integrazioni organizzative, con la relazione con la persona assistita (e le persone per essa significative): sappiamo, abbiamo evidenza, che la relazione positiva – oltre ad essere diventata un’esigenza di grado elevato delle persone dell’oggi – è fattore motivante e di supporto significativo alla vita. È dunque un intervento caratterizzato da complessità costante. L’instabilità e l’incertezza è infatti fattore costitutivo dello stato critico, dunque da monitorare di continuo. Le situazioni estreme richiedono competenze, strumenti e attitudini in grado di fronteggiare i limiti, o almeno provare a farlo. Oggettivamente, nella realtà storica, le competenze, gli strumenti e le attitudini in grado di fronteggiare i limiti devono essere affinati. Si rileva una specie di ritardo culturale rispetto alle esigenze espresse dalle persone, anche se i problemi ven- gono identificati ed emergono e possono quindi essere analizzati ed affrontati. I contributi effettivi e quelli potenziali che gli infermieri portano nel sistema e direttamente ai cittadini: 1. il contributo della competenza clinica e operativa acquisita all’oggi (citazione di esempi…). Le nuove visioni di condivisione di competenze e di integrazione devono superare le impostazioni che legavano competenze a gerarchie, connesse a una fase storica caratterizzata dalla scarsa diffusione della conoscenza; 2. l’orientamento alla persona prima che alle procedure o all’istituzione; 3. la sensibilità nell’empatia concepita come “strumento terapeutico infermieristico” dell’assistenza; 4. la funzione di “coscienza sociale” nella riscrittura di una nuova scala di valori/priorità: l’assistere deve diventare un impegno, non un limite, per una società evoluta; 5. l’impegno nella riflessione sull’intervento umano sulla vita. Per un’etica che riesca a superare l’applicazione di principi astratti per coniugarli alle persone vere nella loro concretezza ed a fronte di situazioni assolutamente nuove che le conoscenze e le tecniche rendono possibili per la prima volta nella storia dell’umanità. Gli infermieri (di area critica) sono i più vicini testimoni della concretezza e della sofferenza; 6. gli infermieri di area critica devono avere e sviluppare consapevolezza del ruolo (condiviso e non esclusivo) di “sperimentatori” di forme sempre avanzate di assistenza in un mondo in rapida e continua trasformazione. Infermieri per una comunicazione nuova fra area critica e società. Bruno Cavaliere, Genova [email protected] Quale infermiere per una comunicazione nuova, all’altezza delle esigenze delle persone e della società attuale? Questa è la domanda da porsi. Una domanda in cui, “comunicazione” è da intendere in senso lato: 56 a) l’azione diretta per la relazione operatore/cittadini; b) il “contenuto” di conoscenza-esperienza appreso attraverso la specificità professionale da trasmettere e condividere con la comunità per l’evoluzione collettiva). Qual è e quale deve e può essere il livello e come si caratterizza una comunicazione diretta infermiere/cittadini, che sia rispondente a quello che le persone si aspettano oggi, in questa società, in questa cultura? E qual’è il contenuto “culturale” specifico che l’infermiere di area critica ha elaborato nella sua esperienza di vita, imprescindibilmente personale ed assieme professionale, confrontandosi tutti i giorni con situazioni estreme? Dovendo coniugare letture dei bisogni con competenze, mezzi e risorse effettivamente a disposizione, norme esistenti, dilemmi nuovi o irrisolti e valori etici da rispettare e valorizzare? Qual è il “messaggio” complessivo terminale, che ricava la funzione dell’”assistere” le situazioni estreme delle persone (esercitata per la società dall’infermiere) che può e deve contribuire a impostare una vita collettiva sempre meglio orientata al bene-vivere per tutti, nessuno escluso? 2014; 31 (suppl.) Quali sono le azioni concrete in cui gli infermieri, singoli o come comunità professionale, esprimono il loro contributo specifico? Dibattito 11.30 – 12.30 Fabrizio Moggia – Presidente Aniarti 1 Presentazione del poster vincitore del Premio Miglior poster Aniarti 2014 2 Presentazione del lavoro vincitore del Premio AniartiYouth 2014 3 Presentazione del video vincitore del Premio Miglior Video Aniarti/Nurse24.it 2014 Chiusura del 33° Congresso Aniarti Annuncio dei prossimi progetti ed appuntamenti 57 2014; 31 (suppl.) Abstract poster A che ora è la consulenza? Juri Gorelli, Antonella Gallorini, Cardiologia, Az. Ospedaliera Universitaria Siena [email protected] A novembre 2013, nella U.O. di Cardiologia/UTIC sono stati creati dei pannelli come strumenti di Visual Management per impattare la mancata effettuazione di consulenze che emerge alla dimissione con allungamento della degenza media di 2-3 giorni. Nella maggior parte dei casi le visite saltate erano quelle dove l’appuntamento non veniva riportato quotidianamente nella diaria clinica, causando la perdita della tracciabilità della consulenza. Ecco i dati relativi al quadro di partenza: N° Letti 35 Degenza Media 7,78 giorni N° Consulenze mensili: 30-40 N° Consulenze Saltate mensilmente:3-4 (eccezionalmente a luglio 2013, 10-15 consulenze saltate) Per migliorare la qualità dell’assistenza nel percorso del paziente ricoverato è stata utilizzata la tecnica del Visual management, ovvero l’utilizzo di sistemi di amministrazione visiva, installando due pannelli in formato A0 nelle medicherie. Nei pannelli il personale medico e infermieristico annota la data della consulenza; una volta effettuata, l’appuntamento viene cancellato dall’operatore socio sanitario. Nei pannelli sono evidenziati i giorni della settimana, le consulenze prenotate, informazioni generali relative ai pazienti. È stato creato un Team di progetto composto da un’infermiera di Cardiologia e dal Coordinatore Infermieristico che hanno analizzato il problema e le cause radice e individuato come contromisura il Visual management; ciò è stato condiviso e supportato da tutte le figure professionali. In collaborazione con l’ufficio tecnico sono stati creati ed installati i pannelli e il sistema è partito a Novembre 2013. I difetti da mancata effettuazione delle consulenze si sono ridotti del 75% e la degenza media relativa al problema impattato si è ridotta del 28%, migliorando anche la tempestività nell’individuare il difetto. Questa esperienza ha portato alla proposta di riportare nel pannello anche la data programmata per la dimissione, per ottimizzare i tempi di attivazione delle strutture e dei presidi domiciliari, nell’ottica di un servizio di assistenza più vicino ai bisogni del paziente. Studio osservazionale di coorte prospettica per determinare il fabbisogno infermieristico nella Terapia Intensiva Rianimazione polivalente dell’Aziende Ospedaliera S.S. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo attraverso il sistema di rilevazione NEMS (Nine Equivalent of Manpower Score) Valentina Maggiora e gruppo infermieri Rianimazione T.I. Az. Osp. Alessandria [email protected] Introduzione. La complessità dei malati, l’assistenza che necessitano, l’esigenza di adeguare e ottimizzare le risorse infermieristiche, hanno determinato la necessità di ricercare uno strumento con maggiore rilevanza scientifica per valutare l’effettivo carico di lavoro infermieristico presso l’ U.O. Terapia Intensiva Rianimazione dell’Azienda Sanitaria Ospedaliera S.S. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo. Obiettivo. Misurare il carico di lavoro infermieristico con strumenti validi in letteratura per valutare il numero di infermieri necessari correlato ai bisogni - assistenza dei pazienti ricoverati presso U.O. Rianimazione attraverso evidenze, scale scientifiche e dati oggettivi di lavoro. Materiali e metodi. Prima di iniziare il monitoraggio si è provveduto ad una accurata revisione Bibliografica, il limite della ricerca è stato il periodo 1990-2014. Successivamente è iniziato il periodo di Studio Osservazionale di coorte prospettica di 12 mesi.1 maggio 2013 - 30 aprile 2014) sulla rilevazione dei carichi d lavoro attraverso la scala “NEMS”. Risultati. Nell’arco temporale di un anno sono stati analizzati 396 pazienti su 431 con età compresa tra 15 e 94 anni, il 58 punteggio NEMS medio totale è risultato essere di 29.51, per il turno del mattino 29.55 per il turno del pomeriggio 29.56, notte 29.19. Conclusioni. L’utilizzo della scala NEMS ha permesso di identificare l‘effettivo carico di lavoro infermieristico, stabilire il numero di infermieri necessario all’organico, e indicare il rapporto infermiere : paziente nelle varie fasi di degenza dei malati che accedono all’U.O. di Rianimazione dell’Azienda Sanitaria Ospedaliera S.S. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo e effettuare proposte. Bibliografia • Bernat Adell A, Abizanda Campos R, Yvars Bou M, Quintana Bellmunt J, Gascó García C, Soriano Canuto M, et al. Care work load in critical patients. Comparative study NEMS versus NAS. Enferm Intensiva 2006; • B. Ferrari Rilevazione die carichi di lavoro in Rianimazione e Terapia intensiva Coordinamento nazionale dei Caposala Regione Emilia Romagna 2009, • Wiskow C. I metodi per la determinazione dei carichi di lavoro infermieristico finalizzati alla definizione del fabbisogno di personale infermieristico. Professioni infermieristiche, 2007. Il DEU e le verifiche di esito, dalla ricerca di indicatori di appropriatezza alle percezioni degli assistiti in codice rosso: uno studio descrittivo Righi Lorenzo, Furesi Persio, Becattini Giovanni, USL 7 di Siena [email protected] Introduzione. L’indagine ha lo scopo di quantificare gli esiti dei pazienti dimessi dai reparti di alta intensità di cura con codice rosso codificati dalla centrale operativa del Siena 118 nel corso di tutto il 2013 e di descrivere l’intero percorso intrapreso dal territorio all’ospedale. Materiali e metodi. Analisi retrospettiva tramite il software Beta 80 dei dati relativi al totale dei codici rossi codificati per i seguenti motivi: C01 (traumatico), C02 (cardiocircolatorio), C03 (respiratorio) e C04 (neurologico) quanti sono stati inviati nei Pronti Soccorsi dell’Azienda Usl 7 di Siena e in quali re- 2014; 31 (suppl.) parti sono ricoverati. Analisi prospettica andando a intervistare telefonicamenti i pazienti dimessi dai reparti di alta intensità di cura sottoponendoli la scala IADL con un follow-up di tre mesi. Risultati: Partendo da un campione totale iniziale costituito da 2555 eleggibili codificato dalla centrale operativa del 118, arriviamo a 858 pazienti che giungono ai presidi ospedalieri di Nottola, Campostaggia e Abbadia San Salvatore di questi 207 vengono ricoverati. Analizzando ogni singolo motivo il prevalente risulta essere quello neurologico, seguito dal cardiocircolatorio, il respiratorio e infine dal traumatico. Sono stati poi analizzati nel dettaglio questi ricoveri suddividendoli per bassa intensità di cura che sono la maggioranza circa l’89,85% rispetto a quelli in alta intensità. Di quest’ultima siamo andati ad indagare gli indicatori di outocomes oggettivi, dopo di che l’analisi si è concentrata sui pazienti dimessi dai reparti di alta intensità a cui è stata sottoposta un intervista telefonica tramite la scala IADL che ha rilevato un range che va da un minimo di 1,36 ad un massimo di 5,53. Conclusioni. La visione di insieme del percorso intrapreso dal paziente dal territorio all’ospedale è complessa e ancora poco studiata in Italia, questa indagine costituisce una “fotografia” di una piccola realtà che potrebbe servire come spunto per future ricerche con un campione più ampio. Parole chiave: esiti sensibili alle cure infermieristiche, dipartimento di Emergenza Urgenza, esiti clinici, assistenza infermieristica, codice rosso. Le lesioni? Un problema che ci sta a cuore Juri Gorelli; Valentina Quercioli - Cardiologia, Az. Ospedaliera Universitaria Siena [email protected] Introduzione. Con l’aumento dell’aspettativa di vita e conseguente innalzamento dell’età media, è andata ad aumentare anche l’età del paziente ricoverato, spesso con una o più comorbilità, questo a causato quindi un aumento dei giorni di degenza ospedaliera e un elevato rischio di ulcere da pressione. Per questo motivo è stato creato un protocollo con allegata 2014; 31 (suppl.) una scheda di raccolta dati, realizzata in base alle linee guida regionali/EBN, per uniformare il lavoro degli operatori. Obiettivo. Monitorare il trattamento delle lesioni da decubito uniformemente. Materiale e metodi. Per poter effettuare il monitoraggio sono state utilizzate le fotografie delle lesioni e una scheda raccolta dati composta da 2 parti che prende in esame: 1. dati del soggetto; 2. parametri della lesione: sede, stadiazione 3. data di inizio della medicazione, griglia di monitoraggio e tipo di medicazione effettuata, annotazioni infermieristiche. Il monitoraggio è stato effettuato su pazienti ricoverati presso l’Unità Operativa Cardiologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. Risultati. Nel 2012 i casi trattati sono stati verosimilmente 19 andando a ricontrollare tutte le cartelle che sono in reparto, ma sicuramente ci sono mancati casi trasferiti in altri reparti (in quanto avevamo sottovalutato il problema, non rilevando i dati). Nel 2013 i casi trattati sono stati 21, di cui 7 presi in considerazione per particolarità e criticità; i soggetti al momento del trasferiemento/dimissione avevano la lesione da compressione in netto miglioramento e/o completamente risolta. Conclusioni. Il trattamento delle lesioni da decubito se effettuato in modo regolare ed uniforme, permette il miglioramento e, anche se pur lentamente, la completa guarigione avvalendosi delle varie medicazioni avanzate (compresa vac terapy) a disposizione, dei dispositivi,della corretta alimentazione e delle mobilizzazione precoce sia passiva che attiva. La percezione della qualità delle cure da parte degli utenti di un Pronto Soccorso di 1° livello Tamara Campanelli, Ilaria Pigna, Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza, Azienda Ospedali Riuniti Marche Nord, Presidio S. Croce, Fano [email protected] Premessa. La qualità è una caratteristica indispensabile nel campo dell’assistenza sanitaria ed è l’obiettivo che ogni infermiere deve tenere in primo piano nello svolgimento delle proprie funzioni. 59 È necessario che l’infermiere partecipi attivamente e in prima persona alla progettazione e alla realizzazione di una modalità assistenziale operativa che sia in grado di rinnovarsi, di valorizzare le competenze e le professionalità, garantendo risposte adeguate e in linea con i bisogni che il paziente presenta e con le più recenti innovazioni. Scopi. L’obiettivo di questo lavoro è misurare il livello di soddisfazione degli utenti che accedono al Pronto Soccorso del Presidio S. Croce di Fano. Le strutture deputate all’emergenza garantiscono prestazione efficaci ed efficienti, che non sempre vengono percepite tali dall’utenza1. L’infermiere deve garantire prestazioni assistenziali adeguate, ma anche una valida relazione terapeutica, dove la centralità del paziente assume un innegabile valore etico”. Materiali e Metodi. Il livello di soddisfazione degli utenti è stato misurato con la somministrazione di un questionario a risposte chiuse, nei mesi di giugno e luglio 2013; i campi indagati sono stati cortesia, affidabilità, qualità delle informazioni ricevute. Per le risposte è stata utilizzata una scala bilanciata a 4 valori, con 2 giudizi positivi e 2 negativi: del tutto inadeguato, inadeguato, adeguato, molto adeguato; oppure sempre, il più delle volte, raramente, mai. Risultati. Il campione è costituito prevalentemente da maschi (56%). Tra i campi indagati quelli della gentilezza e della cortesia degli infermieri, appagano l’utenza nel 82% dei casi, mentre nell’ 81% dei casi è soddisfatta della disponibilità all’ascolto degli stessi. Relativamente alla qualità delle informazioni ricevute solo il 17% degli utenti non si ritiene esaudito. Conclusioni Al termine del lavoro si può affermare che l’assistenza infermieristica prestata soddisfa pienamente l’utenza. Gli infermieri riescono a garantire prestazioni efficaci ed efficienti, senza dimenticare l’aspetto relazionale. Bibliografia • Donabedian A., La qualità dell’assistenza sanitaria, principi e metodologie di valutazione, la Nuova Italia Scientifica, Roma, 1990. • Bonaldi A., Focarile F., Torreggiani A., Curare la qualità. Manuale per valutare e migliorare l’assistenza sanitaria, Guerini e Associati, 1994. 60 La cartella informatizzata: strumento per l’assistenza infermieristica Claudio Bergese, Barbara Mandrile, Terapia intensiva Cardiovascolare, Az.San. Osp. Santa Croce e Carle, Cuneo [email protected] Premessa. La cartella clinica è un documento, con valore legale, dove si raccolgono dati anamnestici, obiettivi e giornalieri, terapie, esami e diagnosi. Scopo. Testimoniare l’efficienza dello strumento informatico nella registrazione, archiviazione e rintracciabilità dei dati clinici, sostituendolo allo strumento cartaceo. Materiali e metodi. Il personale di terapia intensiva, scelto come reparto pilota, è stato formato per 6 mesi, dalla ditta fornitrice del software e dal referente informatico del Dipartimento. Son stati creati gruppi di lavoro per integrare in Digistat®, le varie parti della cartella clinica cartacea. Nel primo mese di sperimentazione, sono stati utilizzati entrambi i sistemi (cartaceo ed elettronico) e dopo circa due mesi, i forms di Digistat® hanno sostituito la carta . A distanza di 1 anno, per quantificare il tempo-infermiere dedicato all’assistenza, è stato monitorizzato il tempo impiegato sia per la compilazione della cartella in forma digitalizzata che della medesima in forma cartacea e attraverso un questionario, si sono rilevate le sensazioni percepite dei singoli operatori. Risultati. L’analisi dei dati emersi consente di affermare che la cartella informatizzata rappresenta uno strumento di lavoro in grado di far risparmiare tempo nelle operatività amministrative e nella rilevazione/registrazione/archiviazione dei dati strumentali, consentendo agli infermieri di dedicare più tempo all’assistenza diretta al paziente. Conclusioni. A 3 anni dall’ inizio dell’utilizzo della cartella clinica su supporto informatico, il personale applica con efficacia lo strumento e ne riconosce i vantaggi in termini di facilità di consultazione e di risparmio di tempo. Bibliografia • F.Lemut. L’informatizzazione della Terapia Intensiva Cardiovascolare con PC CARE: problemi e prospettive. Torino, 22 Novembre 2003. 2014; 31 (suppl.) • F. Lemut. Evoluzione dell’informatizzazione nella gestione integrata dei processi di sala operatoria. Udine, 11 Giugno 2011. L’esperienza di una terapia sub intensiva “aperta” Antonella Dragonetti, Maria Giuseppina Garripoli, Valentina Macaluso, Franco Aprà, Medicina d’Urgenza e Terapia Sub-Intensiva, Ospedale San Giovanni Bosco, Torino [email protected] Obiettivo. Applicare un nuovo modello di organizzazione dell’equipe, che prevede l’integrazione dei familiari all’interno del processo di cura della persona ricoverata in medicina d’urgenza, secondo i principi del “reparto aperto” . Materiali e metodi. È stato in primo luogo eseguito un studio osservazionale descrittivo per sondare la propensione del personale verso questo modello. L’indagine è stata effettuata attraverso la somministrazione di un questionario validato (Beliefs and Attitudes toward Visitation in ICU Questionnaire, BAVIQ) a tutto il personale. Attraverso una riunione multidisciplinare sono stati condivisi i risultati della ricerca e il progetto di “reparto aperto”. È stato organizzato e attuato un progetto di formazione sul campo rivolto a tutto il personale del reparto. Dopo sei mesi di applicazione è stato condotto uno studio qualitativo sul percepito dei familiari. Risultati. Dall’indagine è emerso che il 71% ha espresso parere positivo verso le visite senza restrizioni, Il 39% degli infermieri pensa che il riposo della persona sia disturbato dalle visite, Il 50% degli infermieri pensa che si sentirebbero maggiormente sorvegliati. È stato elaborato un opuscolo informativo dedicato ai familiari. La visita è sta aperta ai familiari tutti i giorni dalle ore 12.00 fino alle 8.00 del mattino successivo. I familiari vengono coinvolti nel piano di cure anche attraverso i colloqui, che tutti i giorni alle ore 15 festivi compresi, il medico e l’infermiere di riferimento effettuano congiuntamente. Dall’analisi dei risultati della ricerca qualitativa, relativa al percepito dei familiari, sono emersi vari ambiti tematici quali: tranquillità, informazione, collaborazione, azione del familiare con il paziente e risultato, per ognuno dei quali ci sono dei concetti correlati di fiducia, vicinanza, disponibilità, chiarezza, supporto, cura, miglior gestione del tempo. 61 2014; 31 (suppl.) Conclusioni. L’ottica di accesso “aperto”, favorisce una comunicazione più adeguata con e tra i curanti, accresce la fiducia e l’apprezzamento per l’équipe medico-infermieristica. Bibliografia • Giannini A. Open intensive care unit: the case in favour. Minerva Anestesiologica. 2007;73:299-306. • Davidson J. Clinical practice guidelines for support of the family in the patient-centered intensive care unit: American College of Critical Care Medicine Task Force 2004-2005. Crit Care Med 2007; 35: 2333-48. • Mc Adam J, Puntillo K. Symptoms experienced by family members of patients in intensive care units. American Journal of Critical Care. 2009; 18:200-9. La soddisfazione dell’utente riguardo al trattamento del dolore in Pronto Soccorso. Paola Bosco, Passeri O., Marta C., Rizzo S., Porro F., Radici G., Pronto Soccorso, Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano [email protected] Premessa. Il dolore rappresenta uno dei sintomi più frequenti che spinge le persone a recarsi in Pronto Soccorso. La consapevolezza che “L’omissione del dolore è moralmente ed eticamente inaccettabile” (Royal College of Surgery and of Anaesthetics) ha reso necessaria l’identificazione delle criticità nella procedura di gestione del dolore e la pianificazione di correttivi mirati. Obiettivo. Indagare la percezione dell’assistito e il livello di applicazione delle procedure riguardo al trattamento del dolore ricevuto nel Pronto Soccorso della Fondazione IRCCS Policlinico di Milano. Materiali e metodi. Somministrazione alla dimissione ad un campione di 100 utenti giunti in Pronto Soccorso per dolore acuto secondario a dolore addominale, toracico, lombare, problemi urologici, cefalea, trauma minore, di un’intervista strutturata per valutare il grado di soddisfazione sul trattamento ricevuto. Analisi della documentazione clinica. Risultati. La rilevazione dell’intensità del dolore mediante NRS è stata effettuata in ingresso e in uscita. Il 69% degli utenti è stato trattato con terapia farmacologica (FANS/paracetamolo) e non farmacologica (crioterapia, posizione antalgica, medicazione/immobilizzazione) nel 49% dei casi (17% come unico trattamento, 32% associato). Il 73% degli intervistati ritiene nel complesso tempestivo il trattamento del dolore anche se il 59% degli stessi segnala un ritardo nel trattamento del dolore, effettuato solo dopo visita medica. Emerge inoltre che dislocazione degli spazi, sovraffollamento/promiscuità, luce, rumore, influiscono sulla sintomatologia dolorosa. Infine, il 31% ritiene necessario modificare le procedure in uso con somministrazione di antidolorifici prima della visita medica (54%), riduzione dei tempi di attesa (23%) e maggior considerazione e comunicazione (23%). Conclusioni. Le procedure relative alla valutazione del dolore risultano complessivamente ben applicate e il livello di soddisfazione buono. Gli elevati tempi di attesa e l’assenza di un protocollo che consenta il trattamento farmacologico del dolore prima della visita medica, influiscono negativamente sull’efficacia del trattamento del dolore e sulla soddisfazione dell’utente. Progetto “Prioritè”- Proposta di uno strumento di valutazione del paziente in pronto soccorso in Senegal Sabrina Campanelli – Pronto Soccorso, Città della salute e della Scienza, Molinette, Torino [email protected] Premessa. Questo progetto nasce nell’ambito della Cooperazione Internazionale e in Specifico si è sviluppato durante una Missione in Senegal dell’Associazione Rainbow for Africa Onlus tenutasi nell’ottobre 2010. Scopo. Il progetto è stato avviato con l’obiettivo di identificare e introdurre nel Pronto Soccorso del Centre Hospitalier National di Pikine uno strumento (da ora Scheda di Triage) in grado, attraverso un percorso di valutazione, di identificare e riconoscere il paziente critico. Materiali e metodi. La prima parte del progetto si è focalizzata sulla costruzione dello strumento di valutazione del paziente, a partire dalle indicazioni del WHO (2005) e adattate al contesto locale. La seconda era finalizzata alla pianificazione di un intervento formativo rivolto agli operatori (medici e infermieri) operanti del Pronto Soccorso. Risultati. La scheda di Triage costruita adotta lo schema 62 ABCD utilizzato per i paesi in via di sviluppo e differisce, in alcune sue parti, rispetto a ciò che viene insegnato nei corsi europei in quanto è stato necessario privilegiare segni e sintomi dalle patologie locali. Al fine di introdurre il concetto di Triage e l’utilizzo della scheda è stato organizzato un corso di formazione che ha previsto lezioni frontali, la presentazione di casi clinici e simulazioni vere e proprie. Il corso è stato tenuto da medici e Infermieri partecipanti alla Missione. Il test di valutazione finale ha dimostrato l’efficacia dell’intervento formativo. Fondamentale è stato adattare la formazione tenendo in considerazione la resistenza al cambiamento, i tempi diversi di apprendimento, la diversità della lingua. Conclusioni. Un valore aggiunto dell’intero progetto è stato il “training on the job” condotto, dagli stessi docenti del corso, nelle settimane successiva all’evento formativo direttamente nel Pronto Soccorso dell’Ospedale dove si è sperimentato e introdotto l’utilizzo dello strumento. Integrazione di competenze multidisciplinari per implementare monitoraggio e nursing in corso di assistenza extracorporea all’insufficienza d’organo Marta Velia Antonini, Laura Bertani, Helen Formaggioni, Donatella Orlandini, Patrizia Ceccarelli, Maria Luisa Caspani, Terapia Intensiva I°Servizio Anestesia e Rianimazione, Az. Osp. Univ. Parma [email protected] Premessa. Il sostegno extracorporeo alle funzioni vitali (Extracorporeal Life Support - ECLS) è un approccio all’insufficienza cardiaca, respiratoria, cardio-respiratoria non responsiva a terapie convenzionali massimali. Questa assistenza può protrarsi a breve, medio, lungo termine, sino ad un recupero di funzionalità tale da consentire lo svezzamento o sino al trapianto d’organo. La costante evoluzione dei circuiti ECMO (ExtraCorporeal Membrane Oxygenation) ha portato allo sviluppo di sistemi semplificati, sicuri, di ridotte dimensioni che si conciliano con utilizzo prolungato in Terapia Intensiva. Scopo. Per implementare la sicurezza dei pazienti, riducendo il rischio clinico associato, e migliorarne l’outcome, è mandatorio che tutti i membri dell’equipe assistenziale siano in 2014; 31 (suppl.) possesso di competenze specialistiche adeguate ed aggiornate e che lavorino di concerto, integrando aree di attività peculiare e di sovrapposizione, nel rispetto dei ruoli specifici. Materiali e metodi. Abbiamo riunito in un gruppo di lavoro interdipartimentale infermieri e clinici delle terapie intensive generale e cardiochirurgica e perfusionisti impegnati in sala operatoria e angiografica, per condividere conoscenze e competenze, allo scopo di elaborare e fornire ai singoli operatori algoritmi decisionali e strumenti teorico/pratici che permettano di identificare e risolvere problematiche tecnico-assistenziali comuni in corso di ECLS, nonché di rilevare ed affrontare prontamente situazioni di emergenza. Conclusioni. Molte problematiche che devono essere affrontate nella gestione del paziente in ECMO coincidono con quelle proprie di ogni paziente critico, ma esistono peculiarità, legate al supporto extracorporeo ed alle terapie farmacologiche associate, che devono essere conosciute e cui deve correlare una intensificazione del monitoraggio, in parallelo ad un approccio assistenziale mirato a prevenire, limitare, gestire le possibili complicanze. Un gruppo congiunto, assistenziale, tecnico, clinico, che integri professionalità diverse e di diversa provenienza, può guidare efficacemente le equipe chiamate a gestire pazienti in circolazione extracorporea, concretizzando ed uniformando la formazione continua ed indirizzando comportamenti e decisioni tramite la condivisione della esperienza e delle più recenti evidenze. Bibliografia • Guerguerian AM, Ogino MT, Dalton HJ, Shekerdemian LS. Setup and maintenance of extracorporeal life support programs. Pediatr Crit Care Med. 2013 Jun;14(5 Suppl 1):S84-93. • ELSO Guidelines for the training and continuing education of ECMO Specialists, Version 1.5, (2010) and Guidelines for ECMO Centers, Version 1.8, (2014), Available at: http:// www.elsonet.org, Accessed July 4, 2014. • Ogino MT, Chuo J, Short BL. ECMO administrative and training issues, and sustaining quality. In: ECMO Extracorporeal Cardiopulmonary Support in Critical Care 4th ed. Extracorporeal Life Support Organization Ann Arbor, MI, ELSO, 2012, pp 479-497. 63 2014; 31 (suppl.) Monitoraggio glicemico in terapia intensiva: uso della prima o della seconda goccia di sangue capillare Elisabetta Palma, Sabrina Pongetti, Monica Catozzi, Rianimazione, SUR Marche Area Vasta 2, Senigallia sabrina.pongetti@ sanit.marche.it Premessa. Le raccomandazioni di uno stretto controllo glicemico sono state recentemente superate, e al momento le indicazioni suggeriscono di ridurre le oscillazioni dei valori glicemici in modo di mantenerli intorno a 140-180 mg/dL. Studi in ambito generale suggeriscono che la rilevazione della glicemia capillare (autocontrollo a domicilio) possa essere fatta utilizzando indifferentemente la prima o la seconda goccia di sangue, a patto che la cute da pungere sia pulita e asciutta. Non abbiamo trovato indicazioni relative all’uso della prima o seconda goccia in terapia intensiva. Scopo. Verificare se le concentrazioni di glucosio nel sangue capillare – prima e seconda goccia - differiscono significativamente nel paziente critico. Materiale e metodi. Studio monocentrico, campionamento di convenienza, analisi statistica MANOVA test. Nel periodo gennaio – maggio 2014 sono stati reclutati 18 soggetti adulti diabetici nella UO Rianimazione dell’ospedale di Senigallia (AN). Le glicemie capillari sono state rilevate ogni 4 ore secondo il protocollo di reparto. Ad ogni rilevazione è stata fatta una doppia misurazione – prima e seconda goccia - con lo stesso reflettometro (stat strip Xpress-i) Risultati. Data la diversa durata del ricovero, il numero di test effettuati per paziente è stato variabile (range 2-19) per un totale di 292 rilevazioni. Assumendo una distribuzione normale dei valori glicemici, è stata effettuata analisi ANOVA per misure ripetute. Il test suggerisce che le differenze dei valori della glicemia capillare (prima e seconda goccia) non sono statisticamente rilevanti.(p > 0.05) . Conclusioni. I risultati suggeriscono che anche in terapia intensiva può essere utilizzata la prima goccia di sangue capillare per il monitoraggio glicemico. Sono necessari ulteriori studi per confermare questo dato. Bibliografia • NICE-SUGAR study investigators. Intensive versus conventio- nal glucose control in critically ill patients. N. Engl. J. Med. 2003; 360: 1283-1297. • Hortensius J, Singerland RJ, Kleefstra N, Logtenberg SJ, Groenier KH, Houweling ST, Bilo HJ. Self-monitoring of blood glucose: the use of the first or the second drop of blood. Diabetes Care. 2011 Mar;34(3):556-60. doi: 10.2337/ dc10-1694. Epub 2011 Feb 2. Impatto di una scheda di monitoraggio nell’efficacia di un Rapid Response System (RRS) R. Vacchelli, R. Penso, P. Arnaud, M. Maniero, G.Radeschi, Anestesia e Rianimazione, Az. Osp. Univ. San Luigi Gonzaga di Orbassano (TO) [email protected] Introduzione. Lo scopo principale del RRS è migliorare la risposta al deterioramento acuto dei pazienti. Le schede di monitoraggio permettono la registrazione dei parametri, la visualizzazione dei trends, il riconoscimento delle alterazioni cliniche, la gestione del paziente e l’attivazione del MET. Obiettivo. Valutare l’impatto di una scheda di monitoraggio nell’efficacia di un RRS. Materiali e metodi. Nell’Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano (376 posti letto, circa 10.000 ricoveri/anno) è presente una commissione per l’Emergenza Intraospedaliera e la figura dell’infermiere RTO. Tale commissione nel 2012 si è posta l’obiettivo di elaborare una scheda di monitoraggio per la registrazione dei parametri nei reparti ordinari. È stato istituito un gruppo di lavoro medico infermieristico coordinato dal RTO, che ha elaborato lo strumento, discusso la scheda con i Direttori e Coordinatori delle strutture e redatto una procedura Aziendale. La scheda è stata realizzata a colori per evidenziare immediatamente lo “sbandamento” dei parametri rispetto ai valori normali. Risultati. Nel periodo intervento (12 mesi 2013) rispetto al periodo controllo (12 mesi 2012) abbiamo verificato un incremento delle chiamate totali (22 vs 18 per 1000 ricoveri/anno) effettuate prevalentemente dagli infermieri e soprattutto dai reparti medici. I motivi di chiamata hanno riguardato maggiormente problemi di pervietà vie aeree e insufficienza respiratoria. Sono aumentati il numero di pazienti stabilizzati e lascia- 64 ti in reparto (28,2% vs 33,7%), le decisioni DNAR (15,2% vs 13,3%) e diminuiti i ricoveri in ICU (11,5% vs 16%). (Tabella 1) Conclusioni. Questo progetto ha permesso: il riconoscimento dei pazienti a rischio; una maggior precocità nell’allertamen- 2014; 31 (suppl.) to MET; la stabilizzazione dei pazienti in reparto; il miglioramento della valutazione di alcuni parametri (es: frequenza respiratoria); di progettare una formazione blended, per migliorare la competenza del personale nell’uso dei piani di monitoraggio. Tabella 1. Caratteristiche dei pazienti e degli interventi Infermiere Nurse to Help dal coordinamento clinico al coordinamento logistico Federico Bacci - Dea Pronto Soccrso - ASL 10 Firenze [email protected] Introduzione. Il ruolo cruciale dell’Infermiere dopo le ventiquattro ore da un evento calamitoso è di notevole importanza. L’Infermiere è chiamato a gestire i bisogni delle persone e dei loro familiari. Come possiamo riscontrare nelle passate calamità in Italia l’età degli sfollati è stata soprattutto di persone con età anagrafica >60 anni. Le multi patologie di queste persone sono tante. L’Intervento dell’Infermiere è stato cruciale per eseguire un’educazione sanitaria corretta e un intervento precoce nell’assistenza, diminuendo notevolmente le ospedalizzazioni. Abbiamo riscontrato la pericolosità e l’aumento dello stress dei familiari durante un evento calamitoso con il rischio elevato di incolumità degli stessi. Materiali e metodi. Lo studio è preceduto da una revisione della letteratura per quanto riguarda le figure sanitarie e tecniche durante una maxiemergenza. La revisione di letteratura ha riscontrato che non esiste nella prima fase delle evento un gruppo di figure che si occupino del collegamento dei campi di accoglienza, PMA, Centro di Controllo e Familiari. Durante le esercitazioni multidisciplinari fra il settore logistico e sanita- rio è nata l’ipotesi di creare un gruppo misto per la gestione di questi collegamenti. La nascita di Help to Care, in stretta collaborazione con Psicologi, soccorritori Volontari, ha dato inizio a una sperimentazione di studio tuttora in corso d’opera. Risultati e conclusioni. Lo studio condotto è stato di notevole importanza ed ha prodotto una quantità considerevole di informazioni e all’instaurazione di una figura sanitaria Infermieristica (Help to Care). Emerge tuttavia l’auspicio che l’Infermiere si avvalga di un team multi professionale (Psicologo, soccorritori) che possano gestire tutte le richieste d’intervento, coordinandone le informazione. La nostra conclusione, visionata su eventi reali e simulati, porta all’attenzione del lettore questo bisogno presente nella nostra comunità durante un evento di maxi-emergenza. L’infermiere Help To Care assieme al gruppo Multidisciplinare è la figura idonea che garantisce competenze scientifiche rinnovate annualmente, tecniche gestionali, comunicative, relazionali per un processo assistenziale nel prendersi cura dei familiari per un caunseling efficace ed innovativo Patient safety in pronto soccorso: dall’analisi proattiva dei rischi agli interventi di miglioramento Federica Francesconi, Stefania Valgimigli, Raffaella Francesconi, Patrizio Di Denia, Pronto Soccorso, Osp. di Faenza AUSL del- 2014; 31 (suppl.) la Romagna, Ufficio Risk Management, IRCCS Ist. Ortopedico Rizzoli di Bologna [email protected] Premessa. n Pronto Soccorso, il sovraffollamento, le condizioni del paziente e il fattore tempo sono alcuni degli elementi che possono aumentare il rischio di errore da parte degli operatori, con ripercussioni negative su pazienti, professionisti e organizzazione. Dall’analisi della letteratura emergono numerosi studi riguardanti la gestione del rischio clinico nei Dipartimenti di Emergenza e Accettazione (DEA) e in Pronto soccorso. Scopo. In questo lavoro si presenta l’applicazione della tecnica di analisi proattiva Fmea/Fmeca nel Pronto Soccorso di Faenza per l’individuazione delle criticità nei processi assistenziali e l’individuazione delle priorità di intervento. Materiali e metodi. La tecnica di analisi proattiva Fmea/ Fmeca è stata applicata da un gruppo di lavoro multidisciplinare all’intero processo di “Gestione del paziente in Pronto Soccorso”, dal momento della sua accettazione alla sua dimissione. Risultati. La Fmea/Fmeca ha permesso di individuare la presenza di errori attivi e latenti all’interno dell’organizzazione e di pianificare misure di miglioramento per evitare errori potenziali con un miglioramento di qualità e sicurezza. Sono stati attivati 4 gruppi di lavoro multidisciplinari ognuno dei quali sta sviluppando un progetto di miglioramento relativi a: gestione degli eventi critici tramite gli strumenti del Crisis Resource Management e lo sviluppo di competenze non tecniche (Non Technical Skills); applicazione del sistema di Incident Reporting; registrazione informatizzata dei dati assistenziali; gestione dell’attesa protetta del paziente. Conclusioni. I risultati ottenuti dimostrano come è possibile, pur tenendo conto delle scarse risorse disponibili, migliorare la qualità e la sicurezza dell’assistenza mediante la collaborazione tra le diverse figure professionali. Per avere risultati duraturi e stabili nel tempo, la tecnica Fmea/Fmeca deve essere necessariamente affiancata da altri strumenti di segnalazione e analisi di risk management (incident reporting, significant event audit, ecc.) e a una diffusione capillare della “cultura del rischio” e “della sicurezza” tra tutti gli operatori. Bibliografia • Spath PL. Using failure mode and effects analysis to improve patient safety. AORN J 2003;78: 15-37. 65 • Thomas M, Mackway-Jones K. Incidence and causes of critical incidents in emergency department: a comparison and root cause analysis. Emerg Med J 2008;25:346-50. • Paparella SF. Accurate patient identification in the emergency department: meeting the safety challenges. J Emerg Nurs 2012;38(4):364-67. Comunicazione efficace in contesti difficili: la percezione degli operatori Onorina Passeri, Anna Scanu, Paola Bosco, Longobardi A., Perrotti A., Signani L., Cazzaniga A., Fondazione IRCCS Cà Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Milano [email protected] Premessa. Il Pronto Soccorso è un ambiente complesso e caotico dove ansia e stress si concentrano ad un grado elevatissimo per utenti e operatori (Ak et al, 2011). È ampiamente documentato che una comunicazione non efficace in contesti difficili può compromettere sicurezza e soddisfazione del paziente (Pytel et al, 2009). Scopo. Individuare i fattori intrinseci ed estrinseci in grado di influenzare il processo di comunicazione in Pronto Soccorso della Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico di Milano Materiali e metodi. È stato realizzato nel 2013 uno studio misto, quanti-qualitativo trasversale. Il campione è composto da medici, infermieri e OSS in organico in Pronto Soccorso. L’indagine per macroaree (struttura, formazione specifica, communications skills) è stata sviluppata in due step: a) qualitativa con analisi mediante colloqui e focus group della percezione degli operatori circa il processo di comunicazione b) osservazionale mediante somministrazione a 78 operatori di un questionario validato composto da 23 item con domande articolate su scala Likert. Le dimensioni indagate sono: struttura/logistica e grado influenza sulla qualità del processo, rilevanza della formazione di base/avanzata/specifica (comunicazione difficile), importanza delle componenti comunicative e tecniche di comunicazione efficace messe in atto dal personale sanitario. Risultati. Non sono emerse rilevanti differenze di opinione tra le diverse figure sanitarie. Struttura, logistica, boarding influiscono negativamente sul processo di comunicazione. Le aree 66 dove sono state riscontrate maggiori difficoltà sono astanteria (91%) e triage (86%). La formazione specifica, fondamentale per il 97% degli intervistati è stata effettuata dal 35% operatori che di fatto dimostra una consapevolezza delle difficoltà comunicative maggiore rispetto agli altri. È emersa una buona conoscenza dei meccanismi/tecniche di comunicazione che, anche se non sempre correlata ad un risultato di comunicazione efficace, rappresenta un ottimo punto di partenza. Conclusioni. Risulta fondamentale implementare la formazione e contenere l’impatto negativo che la struttura esercita sui processi comunicativi. Sperimentazione di un modello per l’analisi delle competenze infermieristiche in rianimazione Sabrina Pongetti, Elisabetta Palma, Rianimazione, ASUR Marche Area Vasta 2, Senigallia [email protected]. it Premessa. Il concetto di competenza è legato a quello performance. Un professionista competente è in grado di gestire in maniera efficace le situazioni, anche impreviste e complesse. Dagli anni ’90 la figura e le competenze dell’Infermiere si sono profondamente aggiornate, attraverso la formazione universitaria (D.Lgs. 502/92), il profilo professionale (D.M. 739/94), la definizione di non ausiliarietà e del campo di attività (L. 42/99), la definizione dell’autonomia professionale (L. 251/2000) e delle competenze post-base (L.43/06). Tale percorso ha portato recentemente alla stesura di un nuovo documento firmato il 20 novembre 2013 dal Ministro Lorenzin a seguito del tavolo di lavoro Ministero della Salute e Regioni avente lo scopo di individuare e definire le nuove competenze e responsabilità degli infermieri. Scopi. Definire le attività e le competenze attese da un infermiere operante in una UO di Rianimazione. Materiali e metodi. Nel periodo marzo-luglio 2014 sono stati realizzati 5 incontri con infermieri esperti della Rianimazione di Senigallia (AN), per un totale di 13 ore di lavoro, prendendo spunto da precedenti lavori in letteratura tipo il “profilo di posto”. Risultati. Questa è la prima sperimentazione nelle Marche. 2014; 31 (suppl.) Se necessario, sono state integrate istruzioni operative e procedure e sono stati inseriti rimandi alla documentazione clinico assistenziale in uso. Come tutti i documenti che trattano l’organizzazione del lavoro, anche il profilo di posto ha validità limitata nel tempo e andrà rivisto al variare delle condizioni di lavoro degli infermieri (ammodernamento tecnologico, inserimento di nuove figure professionali, …). Conclusioni. L’adozione del profilo di posto permette agli infermieri, neoassunti o neo-inseriti in UO Rianimazione, di identificare e colmare eventuali lacune tra le competenze possedute e quelle necessarie. Si prevede in futuro di allargare la sperimentazione anche alle altre UU.OO. Rianimazione della provincia di Ancona afferenti all’Area Vasta 2 dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale. Bibliografia • Drago R. La nuova maturità: manuale pratico-pratico per la gestione del nuovo esame di Stato: aggiornamento 2000. Erickson: Gardolo, Trento, 2000. • Le Boterf G. Costruire le competenze individuali e collettive. Agire e riuscire con competenza. Le risposte a 100 domande. Guida Editore: Napoli, 2008. • Marmo G, Gavetti D, Russo R. Profilo di posto. Dalla concettualità, al metodo e all’operatività. C.G. Edizioni Medico Scientifiche: Torino, 2011. L’utilizzo della CPAP nella realtà extra ospedaliera Mauro Tissi, Rocco Chiara, Pronto Soccorso/ADE, Az. 3 Alto Friuli, Ospedale di Tolmezzo (Ud) [email protected] L’impiego extra ospedaliero della CPAP diventa una terapia utile per l’insufficienza respiratoria da edema polmonare acuto. Il servizio 118 del ASS 3 di Tolmezzo ha un territorio vasto da coprire con tempi di percorrenza lunghi. Utilizza due mezzi di soccorso con personale solo infermieristico con in supporto di un operatore socio sanitario. Ogni mezzo è dotato della CPAP, (questo importantissimo per il nostro territorio e per ridurre l’utilizzo del tubo endotracheale). La CPAP consiste nell’applicazione di una pressione positiva 67 2014; 31 (suppl.) alle vie aeree per tutta la durata del ciclo respiratorio, non fornisce nessun supporto ventilatorio quindi il paziente deve respirare spontaneamente. La CPAP dunque riduce il lavoro respiratorio e la fatica muscolare, riduce il ritorno venoso al cuore dx, favorisce il reclutamento alveolare con miglioramento degli scambi gassosi, ma soprattutto riduce il ricorso all’intubazione OT. Caso. Viene allertato il 118 di Tolmezzo da parte della centrale operativa di Udine per una insufficienza respiratoria In paziente con probabile edema, codice giallo. Il mezzo in uscita è formato da un infermiere e un Operatore Socio-Sanitario. Il tempo di percorrenza è di 12 minuti sul target. Alla valutazione del paziente: tachipnoica, dispnoica, cianotica, SO2 66% ipertesa, tutto questo da più di 4 ore. Si inizia ABC, A >cosciente ma sonnolenta, B> tachipnoica 66%, rantoli diffusi e gorgoglii, C >ipertensione e tachicardia,; si reperisce accesso venoso con la somministrazione di 1 fl di lasix, si posiziona la CPAP con una PEEP massima di 10 cm H2O; dopo circa dieci minuti miglioramento della saturazione e della PA con una riduzione del lavoro muscolare. PA 150/85 SO2 98%, scomparsa di gorgoglii e rantoli, all’arrivo in PS, paziente nettamente migliorata negli scambi gassosi, questo verificato tramite EGA. Viene ricoverata in medicina per proseguimento della terapia. Conclusioni. Visto il tempo di percorrenza e lo stato della paziente si è notato come l’utilizzo della CPAP abbia migliorato nettamente il quadro di insufficienza respiratoria portando la paziente in PS con SO2 migliorate e riduzione della PA e miglioramento del livello di coscienza. Bibliografia • ADE protocollo assistenza alla persona sottoposta a ventilazione assistita revisione 2009 • Della Pietra Sandra.Tesi di laurea in infermieristica anno accademico 2007/2008 • Bellone A, Vettorello M, Monari A et al. Noninvasive pressure support ventilation vs. continuous positive airway pressure in acute hypercapnic pulmonary edema. Intensive Care Med 2005; 31: 807-81 Lesioni da pressione: prevenire meglio che curare Montaldi Gloria, T.I. Azienda Ospedaliera di Perugia [email protected] Le lesioni da pressione sono uno degli indicatori di qualità dell’assistenza erogata, un fattore importante da tenere in considerazione. Ci siamo quindi chiesti quale era la situazione del nostro reparto di terapia intensiva a riguardo, ponendoci come obiettivo l’analisi dei fattori di rischio, della prevalenza e dell’incidenza delle lesioni da decubito nella nostra realtà. Per iniziare abbiamo preso in considerazione dati aziendali e il relativo confronto con quelli della realtà italiana in modo tale da prefissare il nostro punto di partenza in relazione a questo scenario. Successivamente abbiamo analizzato le cartelle cliniche estrapolando tutti i dati utili che potessero descriverci la patogenesi di insorgenza delle lesioni da decubito e i dati effettivi di sviluppo/progressione delle stesse durante la degenza presso il nostro reparto. Per ogni paziente si è segnalato ogni fattore di rischio significativo, l’insorgenza o meno di lesioni durante la degenza e l’eventuale dimissione con piaghe. Dai risultati ottenuti è emerso che il dato sulla prevalenza delle lesioni da pressione sta diminuendo nel corso degli anni mentre per quanto riguarda i fattori di rischio ritenuti importanti, ci siamo resi conto che, nella maggior parte dei casi, intervengono più cause contemporaneamente nello sviluppo di lesini nello stesso paziente durante il ricovero in terapia intensiva. È quindi importante valorizzare e fare leva su interventi che possano ritardare e difendere dallo sviluppo delle lesioni da pressione in modo tale che l’equilibrio tra fattori lesivi e fattori di protezione venga spostato verso questi ultimi. Prendersi cura del neonato asfittico sottoposto a trattamento con ipotermia WBTH (whole body therapeutic hypothermia) Catia Cruciani, Fabrizio Faina, Neonatologia e Terapia Intensiva, Azienda ospedaliera di Perugia [email protected] Introduzione. L’ipossia cerebrale è una condizione di emergenza che richiede un trattamento immediato. Prima la fornitura di ossigeno viene ripristinata al cervello, minore è il rischio di gravi danni cerebrali e morte. L’ipossiemia danneggia il sistema nervoso centrale principalmente causando disfunzione miocardica e perdita di autoregolazione del flusso ematico cerebrale, con conseguente 68 ischemia. Il timing e la gravità dell’ipossia e dell’ischemia, nonché l’età gestazionale del neonato sono i principali determinanti della neuropatologia della lesione. Nonostante il miglioramento dell’assistenza perinatale, il 15-28% delle paralisi cerebrali infantili è attribuibile all’Encefalopatia Ipossico Ischemica che è una delle maggiori cause di morte neonatale e disabilità neurologica nel bambino. L’incidenza stimata è di circa 1-2/1000 nati a termine e fino al 60% nei neonati prematuri di peso inferiore a 1500 grammi. Il 20-50% dei neonati asfittici che sviluppano un’encefalopatia ipossico-ischemica muoiono nel periodo neonatale, dei sopravvissuti circa il 25% presenta handicap neurologici maggiori (paralisi cerebrale, ritardo mentale, disturbi dell’apprendimento, epilessia). L’approccio più efficace, secondo le ultime ricerche scientifiche, è il Trattamento Ipotermico ovvero mantenere il neonato a 33.5 gradi centigradi circa di temperatura cutanea ed esofagea per 72 ore consecutive e successivo riscaldamento graduale. L’ipotermia sembra avere un potente effetto neuroprotettivo dose-dipendente, infatti, oltre a provocare l’inibizione del rilascio di glutammato, il miglioramento della funzione della barriera emato-encefalica, la prevenzione della proteolisi, la riduzione del metabolismo cerebrale, dell’accumulo di acido lattico e della produzione di NO, previene l’edema cerebrale e la morte neuronale per apoptosi. Studi clinici condotti a livello internazionale, di recente pubblicazione, confermano l’efficacia del trattamento nel neonato asfittico quando attuato precocemente (finestra terapeutica) ovvero nelle prime 6 ore dall’evento asfittico. Materiali e metodi. Protocollo dell’unità operativa, scheda infermieristica specifica e documentazione specifica sul tema del danno ipossico-ischemico cerebrale nel neonato che ha subito asfissia perinatale. Scopo e conclusioni. Il presente lavoro ha come obiettivo quello di sottolineare l’importanza del ruolo dell’infermiere nella gestione del neonato critico sottoposto al trattamento ipotermico. Nel poster si evidenziano i punti critici che l’infermiere deve conoscere e saper gestire, e si focalizza l’attenzione sui punti cardine dell’assistenza infermieristica in ambito neonatologico. Viene riportata la scheda infermieristica utilizzata dalla S.C. di neonatologia e terapia intensiva neonatale di Perugia basata sul protocollo specifico del trattamento WBTH. 2014; 31 (suppl.) Bibliografia • Lacoius-Petruccelli A. Perinatal Asphyxia. Rev ed. New York, NY: Vantage Press Inc; 2007:11-42. • Jacobs S, Hunt R, Tarnow-Mordi W, nder T, Davis P Cooling for newborns with hypoxic ischaemic encephalopathy. Cochrane Database Syst Rev. 2007. • Nevart Chirinian, Nancy Mann. Therapeutic Hypothermia for Management of Neonatal Asphyxia: What Nurses Need to Know . American Association of Critical-Care Nurses© 2011, 31:e1-e12. doi: 10.4037/ccn2011873. Il percorso chirurgico informatizzato: l’esperienza dell’AUSL di Forlì. Savino Sally, Savorani Patrizia, Anestesia-Rianimazione, AUSL della Romagna, Osp.”G.B. Morgagni-L. Pierantoni” Forlì [email protected] La letteratura e la legislazione hanno posto l’attenzione sull’attività chirurgica facendo emergere la necessità di ridurre il rischio clinico e razionalizzare le risorse; per questo sono stati monitorati i processi assistenziali e le procedure erogate dai professionisti. Scopo. Migliorare la sicurezza, l’efficacia e l’efficienza del percorso chirurgico riducendo il rischio clinico. Materiali e metodi. L‘Azienda USL di Forlì nel 2009 ha sviluppato un progetto di lavoro sull’analisi del percorso chirurgico realizzato da un gruppo multiprofessionale. Il progetto si compone di due fasi: a) raccolta dati. I tempi inerenti al percorso del paziente chirurgico sono stati rilevati dal personale infermieristico e/o di supporto tramite la lettura seriata del codice a barre presente sul braccialetto identificativo del paziente, utilizzando un sistema palmare con funzione di lettore ottico. Le 16 azioni rilevate sono: anestesia, chirurgia e risveglio, oltre che controlli relativi all’identificazione corretta del paziente, procedura chirurgica/ sala operatoria e somministrazione antibiotica. b) Analisi e restituzione dei dati tramite l’applicazione di un algoritmo che interpreta in tempo reale ciò che accade all’interno del blocco operatorio e i rischi legati al percorso chirurgico. 69 2014; 31 (suppl.) Risultati e conclusioni. Attraverso l’analisi dei dati dal 2009 al 2011 otteniamo: il tasso di utilizzo di sala operatoria dal 69,8% al 81,3% aumentando di 836 il numero di interventi eseguiti , il numero di pazienti per i quali viene modificata la pianificazione rispetto alla lista operatoria, numero di pazienti che utilizzano il percorso urgenza dal 24% al 14,9%, il tasso di utilizzo della sala risveglio dal 31,9% al 35,7% e della terapia intensiva dal 2,2% al 2,8% ,il tempo medio chirurgico, il tempo medio anestesiologico, la corretta somministrazione dell’antibiotico. Il progetto realizzato ha portato ad una conoscenza completa del percorso chirurgico, al fine di migliorare le criticità emerse con una riduzione di interventi in regime d’urgenza del 12% e di ore di lavoro over-time del 21%; quindi una diminuzione del rischio legato ai processi di lavoro senza cambiamenti strutturali, organizzativi ad isorisorse. Bibliografia • Buccioli M, Grementieri P, Signani R, et al. Qualità e sicurezza del paziente chirurgico: information technology per la governance di un percorso integrato. Evidence 2012;4(1):e1000004. • Buccioli M, Agnoletti V, Gambale G, et al. Tecnologia per un sistema più sicuro e meno complesso in chirurgia. Pratica medica & aspetti legali 2012;6(2):65-71. 113 - Igiene del cavo orale: risultati a due mesi dall’adozione di una nuova procedura in terapia intensiva Adriano G., Melnyk L., Schiappacasse S., Cenderello N., Fabbri P., Santini M,.Capasso R., Rianimazione, Ospedali Galliera, Genova [email protected] Pemessa. L’igiene del cavo orale, elemento del bundle per la prevenzione delle VAP, riveste un aspetto importante nell’assistenza infermieristica in Terapia Intensiva (TI). Scopo. Mantenere integro il cavo orale e migliorarne l’igiene applicando pratiche di EBN. Materiali e metodi. Revisione della letteratura, introduzione di collutorio alla clorexidina 0,12%, spazzolino con sistema di aspirazione e personalizzazione del manometro. Aggiornamento della procedura aziendale, elaborazione scheda di valutazione, individuazione indicatori di verifica. Agosto 2014 inizio raccolta dati con compilazione di scheda (score 0 - 5 nessuna disfunzione, 6 - 10 moderata disfunzione, 11 - 15 severa disfunzione). Il monitoraggio viene effettuato al mattino e alla notte (durante l’esecuzione dell’igiene del cavo orale) e al pomeriggio, per l’intera durata della degenza del paziente. Durante la validazione della scheda è emersa la necessità di registrare lo score parziale per ogni singolo item per individuare con maggior precisione le criticità. La scheda è stata quindi modificata. Risultati e conclusioni. 45 pazienti ricoverati, (Maschi = 30, Femmine = 15); 32 schede compilate, 13 non compilate per ricovero tra 24/48 ore; 585 rilevazioni effettuate (M= 201, P=198, N =186); 92 mancate rilevazioni (M=23, P=17, N= 52); 677 rilevazioni totali. Analisi score dimissione: 2 migliorati, 22 stazionari, 8 peggiorati. Score ingresso: nessuna o lieve disfunzione 13, moderata disfunzione 15, severa disfunzione 4. Score alla dimissione nessuna o lieve disfunzione 7, moderata disfunzione 22, severa disfunzione 3. Analisi dati di peggioramento per ogni item: Labbra 3; Mucose e Lingua 9; Gengive 2; Denti 0; Saliva 9. Sorveglianza microbiologica, stesso periodo 68,7% BA positivi versus 80,6% nel 2013. Peggioramento cavo orale nel 25% dei casi, item sensibilmente peggiorati: mucose e lingua, saliva. L’adesione alla procedura è del 59%, si rende necessaria una maggiore sensibilizzazione degli operatori e l’introduzione di umettante. Bibliografia • Susan E, Coffin et al. Strategies to Prevent Ventilator‐Associated Pneumonia in Acute Care Hospitals SHEA 2008. • Ministero della Salute Manuale di formazione per il governo clinico: la sicurezza dei pazienti e degli operatori 2012. • Pelucchi G, Ciucur M., et. al. L’igiene del cavo orale Scenario ANIARTI 2013. La decontaminazione cutanea nel paziente critico. due metodi a confronto: bagno tradizionale versus panni SAGE CHG 2%. Elena Giorgi, Grazia Tura, Nicole Marcatelli, Francesca Facondini, Enrico Properzi, Federica Pedna, Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna, Rimini [email protected] 70 2014; 31 (suppl.) Premessa. L’argomento inerente la decontaminazione cutanea nei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva, è da tempo al centro di discussioni in quanto i dati emersi dagli studi dimostrano che la percentuale di infezioni correlate all’assistenza è ancora alta. Sono stati condotti numerosi studi nei quali è stata messa a confronto l’efficacia dell’utilizzo di panni CHG 2% rispetto al semplice uso di acqua e sapone per la decontaminazione della cute dei pazienti. Dall’analisi dei dati raccolti si è osservato che l’utilizzo dei panni CHG 2% incide significativamente sulla diminuzione delle acquisizioni di VRE. L’utilizzo dei panni CHG 2% rappresenta quindi una strategia semplice ed efficace per ridurre la contaminazione da VRE. Scopo. Riduzione delle acquisizioni MDROs e delle batteriemie in Terapia Intensiva attraverso la decolonizzazione della cute dei pazienti. Materiali e metodi. Da novembre 2012, presso la Terapia Intensiva polivalente dell’ospedale di Rimini, è stata introdotta una procedura che prevede l’utilizzo dei panni CHG2% per la decontaminazione quotidiana della cute dei pazienti. Dapprima nel periodo da maggio a settembre 2013 l’utilizzo dei pannetti era previsto solo per i pazienti colonizzati e successivamente, da ottobre 2013 ad oggi è stato esteso a tutti i pazienti; precedentemente a questi periodi venivano semplicemente utilizzati acqua e sapone. Risultati. I risultati mettono a confronto i due periodi nei quali sono stati raccolti i dati: A (sei mesi precedenti all’utizzo dei pannetti) e B (sei mesi con utilizzo dei panni sage CHG 2%). Pazienti colonizzati/infetti: 41 su 303 nel periodo A, 24 su 290 nel periodo B; aderenza al protocollo: 67% Ritorno sull’investimento (ROI): abbattimento di circa il 50% dei costi complessivi sostenuti nel periodo pre-intervento. I dati riguardanti il periodo tra aprile e luglio 2014 sono in fase di elaborazione. Conclusioni. L‘igiene dei pazienti con i panni chg 2% riduce significativamente il numero di pazienti colonizzati /infetti ed inoltre il prospetto ROI incide fortemente sull’implementazione di un protocollo di decolonizzazione universale. Bibliografia • Vernon, et al. Chlorexidine Gluconate to Cleanse Patients in a Medical Intensive Care Unit. Archives of Internal Medicine, Feb 2006. • Huang, et al.Targeted versus Universal Decolonization to Prevent ICU Infection.The New England Journal of Medicine, 2013. • Tura G. La decontaminazione cutanea nel paziente critico per la prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza; Congresso Nazionale SIMPIOS Maggio 2014. “Head and neck Cancer Unit”: nuova sfida del GOIP dell’ospedale S.Anna di Como. Gestione infermieristica post-operatoria in Rianimazione Eleonora Tricarico, Cristina Santin Gutierrez, Adriana Capalbo,, Rianimazione Ospedale “S. Anna” Como eleonora.tricarico@ hsacomo.org L’Az.Osp. Sant’Anna di Como, organizzata secondo i principi di complessità assistenziale ed intensità di cure, è strutturata in aree di degenza multidisciplinari in cui le diverse specialità condividono la logistica e soprattutto il personale infermieristico. Questa organizzazione ha favorito lo sviluppo di sinergie tra le differenti equipe chirurgiche, in particolare nell’ambito dei tumori testa-collo ha consentito la realizzazione di un gruppo multidisciplinare con l’obiettivo di migliorare i risultati terapeutici e di garantire una ripresa funzionale rapida e fisiologica del paziente1. Nel Maggio 2013 viene istituito il Gruppo Operativo Interdipartimentale Permanente (GOIP) “Head and Neck Cancer Unit”. In particolare in questo lavoro gli autori presentano un protocollo per la gestione infermieristica in Rianimazione dei pazienti sottoposti a intervento per tumore testa-collo con l’obiettivo di uniformare la gestione infermieristica post-operatoria in Terapia Intensiva. Nel periodo Ottobre 2010-Ottobre 2014 n.68 pazienti, affetti da carcinoma del cavo orale sono stati presi in cura e trattati secondo un approccio multidisciplinare. Elemento fondamentale per l’accoglienza del paziente in Rianimazione è il passaggio di informazioni dall’equipe chirurgica all’infermiere di rianimazione che prevedono una esaustiva descrizione del percorso anestesiologico e chirurgico. In particolare in questo lavoro sono definite e descritte le principali attività infermieristiche, divise secondo lo schema dei bisogni assistenziali2,necessarie durante la degenza in ambiente intensivo. Cardini per il trasferimento del paziente sono il passaggio di consegna al personale infermieristico del reparto e la comunicazione con i parenti, in mo- 71 2014; 31 (suppl.) do da garantire il supporto/conforto del familiare che può essere maggiormente presente nel reparto di Degenza. Il miglioramento globale della qualità dell’assistenza al paziente ed il feed-back dei pazienti fornisce lo stimolo a sviluppare un approccio di tipo multidisciplinare per il trattamento di questo tipo di tumori. Il confronto periodico del GOIP rappresenta il punto di partenza per lo sviluppo di nuove sinergie collaborazioni. Bibliografia • Licitra L., Olmi P. Tumori della testa e del collo. Integrazione terapeutica nella conservazione delle funzioni d’organo. Springer, 2011. • Cantarelli M. Il modello delle prestazioni infermieristiche. Elsevier (2rd edition), 2003. Emorragia severa come complicanza di un sistema di contenimento fecale in paziente in ECMO: un case report Marta Velia Antonini, Annalisa Volpi, Maria Luisa Caspani, T.I. I° Servizio Anestesia e Rianimazione, Az. Osp. Univ. di Parma [email protected] Riportiamo un episodio di sanguinamento rettale massivo come complicanza dell’utilizzo di un sistema di contenimento fecale (Faecal Management System - FMS) in una paziente obesa in insufficienza respiratoria acuta secondaria ad H1N1 trattata con supporto extracorporeo veno-venoso (extracorporeal membrane oxygenation - ECMO), ventilazione meccanica e pronazione quotidiana prolungata. La paziente, sedata profondamente, anticoagulata con eparina non frazionata (ACT 200-220’’) ed in nutrizione enterale, in quarta giornata ha sviluppato incontinenza fecale e diarrea; è stato posizionata una ConvaTec Flexi-Seal® CONTROL™FMS per prevenire lesioni cutanee, infezioni crociate e limitare le manovre di nursing, ad alto rischio di dislocamento delle cannule femorali, compromissione del blood flow, disadattamento ventilatorio. Dopo cinque giorni sono comparse feci ematiche nel catetere e nella sacca di raccolta; in dodicesima giornata è stato rilevato un significativo sanguinamento rettale. Gli scambi respiratori in miglioramento e la fase di weaning dall’ECMO, hanno consentito la sospensione del supporto extracorporeo, quindi dell’epa- rina. Sono state effettuate esofagogastroduodenoscopia, negativa per sanguinamento e colonscopia, che confermava emorragia nel tratto GI inferiore, evidenziando come unica fonte una lesione compatibile con ulcera correlata al palloncino di ancoraggio, gestita in modo conservativo. Dopo la rimozione del presidio non sono stati osservati ulteriori sanguinamenti. Conclusioni. L’utilizzo di questo efficace sistema di diversione fecale è stato associato al rischio di lesioni rettali ed emorragie severe, e deve essere valutato attentamente nel paziente anticoagulato in supporto extracorporeo. La consapevolezza circa indicazioni, controindicazioni e complicanze è mandatoria per implementare un utilizzo cauto, specie prolungato, del dispositivo. È necessario selezionare i pazienti, valutare l’opportunità di inserzione e mantenimento in sede e formare l’equipe assistenziale circa la corretta gestione del presidio, che deve essere posizionato e fissato in modo atto ad evitare traumatismi. Una titrazione accurata dell’anticoagulazione nei pazienti in ECMO limita il rischio generale di sanguinamento ed il rischio specifico quando posizionato un FMS. Bibliografia • Sparks D, Chase D, Heaton B, Coughlin L, Metha J. Rectal trauma and associated hemorrhage with the use of the ConvaTec Flexi-Seal fecal management system: report of 3 cases. Dis Colon Rectum. 2010 Mar;53(3):346-9. • Mulhall AM, Jindal SK. Massive gastrointestinal hemorrhage as a complication of the Flexi-Seal fecal management system. Am J Crit Care. 2013 Nov;22(6):537-43. • Shaker H, Maile EJ, Telford KJ. Complete circumferential rectal ulceration and haemorrhage secondary to the use of a faecal management system. Therap Adv Gastroenterol. 2014 Jan;7(1):51-5. La comunicazione con i pazienti sottoposti a ventilazione meccanica: revisione della letteratura di tecniche di comunicazione alternativa aumentativa Giulia Anselmi, Stefano Bernardelli, Anestesia e Rianimazione Az. Osp. Univ. Integrata di Verona; Marcella Gasperini, Az. ULSS 20 di Verona, Presidio Ospedaliero di Marzana [email protected] 72 2014; 31 (suppl.) Premessa. I pazienti sottoposti a ventilazione meccanica non hanno la possibilità di esprimersi verbalmente. Ciò che vogliono comunicare non riguarda solo i loro bisogni fisici, ma comprende la sfera delle emozioni e delle relazioni. I pazienti trovano come principali interlocutori gli infermieri, ma spesso le loro conversazioni sono centrate solo sui bisogni fisici o sui compiti che l’operatore deve svolgere a letto del paziente; sono iniziate e guidate dall’infermiere e non dal paziente (Finke, Light & Kitko, 2008). L’incapacità di esprimersi e di farsi capire dagli infermieri è causa di forte stress, rabbia e paura per il paziente, e di frustrazione per gli infermieri; l’interpretazione errata nell’ambito della comunicazione del dolore e di altri sintomi può portare a sottovalutare o sopravvalutare tali problemi (Happ et al, 2014). Obiettivo. Indagare la percezione degli infermieri sulla qualità della comunicazione con i pazienti sottoposti a ventilazione meccanica, con particolare riferimento verso gli strumenti di comunicazione alternativa aumentativa. Materiali e metodi. Revisione della letteratura mediante banca dati Pubmed e CINAHL in data 8 ottobre 2014. Risultati. Dalla letteratura si evince che una formazione mirata possa determinare un cambiamento significativo negli stili comunicativi, generando così riduzione dei livelli di stress negli operatori. I vissuti esplorati non sono limitati a bisogni fisiologici ma indagano pensieri, sentimenti e partecipazione alle decisioni che vedono il paziente come protagonista. Il limite principale individuato dagli operatori è l’aumento del tempo da spendere a letto del paziente per mettere in atto queste nuove strategie comunicative. Anche la mancanza di uno specifico addestramento porta ad un loro mancato utilizzo da parte degli infermieri. Conclusioni. Una comunicazione efficace tra paziente ed infermiere è determinante per riuscire a fornire un’assistenza di qualità (Finke, Light & Kitko, 2008). Nonostante le limitazioni fisiche imposte dalla presenza del tubo endotracheale o della tracheostomia, i pazienti sottoposti a ventilazione meccanica possono comunicare efficacemente utilizzando altri metodiche quali la comunicazione alternativa aumentativa (Grossbach, Stranberg & Chlan, 2011). Una formazione mirata agli operatori riguardo le tecniche comunicative, permette che essi interagiscano più frequentemente con il paziente, con minori difficoltà e maggior successo (Happ et al, 2014). Bibliografia • Finke, E. H., Light, J., Kitko, L. (2008). A systematic review of the effectiveness of nurse communication with patients with complex communication needs with a focus on the use of augmentative and alternative communication. Journal of Clinical Nursing, 17, 2102-2115. • Grossbach, I., Stranberg, S., Chlan, L. (2011). Promoting effective communication for patients receiving mechanical ventilation. Critical Care Nurse, 31 (3), 45-61. • Happ, M.B. et al (2014). Effect of a multi-level intervention on nurse-patient communication in the intensive care unit: results of the SPEACS trial. Heart & Lung, 43, 89-98. • Radtke, J. V., Tate, J. A., Happ, M. B. (2012). Nurse’s perception of communication training in the ICU. Intensive Critical Care Nursing, 28 (1), 16-25. Ipotermia terapeutica dopo arresto cardiaco: disomogeneità di applicazione nella regione Sardegna e risultati dell’implementazione di un protocollo nell’area vasta nord-ovest. S. Camboni, L. Solinas, E. Mannu, G. Profili, Rianimazione e Terapia Intensiva, Asl 1 Sassari [email protected] Scopo. Verificare l’implementazione regionale dell’ultimo anello della catena della sopravvivenza ed analizzare i risultati dell’implementazione di un protocollo ipotermia in un singolo centro senza precedente esperienza. Materiali e metodi. È stata eseguita una survey telefonica verso tutti i Centri di Rianimazione e Terapia Intensiva della Regione Sardegna per verificare l’impiego dell’ipotermia terapeutica (TH) dopo arresto cardiaco rianimato, il numero di casi trattato ed i metodi utilizzati. Sono stati quindi analizzati i dati dei pazienti sottoposti a TH nel nostro Centro. Risultati. Hanno aderito alla survey 14 reparti Rianimazione su 15. Sono stati inclusi nell’analisi gli arresti cardiaci sia intraospedalieri che extra, indipendentemente dal ritmo di insorgenza. TH è impiegata solo in 5 reparti e risultano trattati finora 44 pazienti di cui 27 in un unico centro (61%). La principale motivazione di non impiego è l’assenza di tecnologia dedicata; dei 5 centri che effettuano TH 3 sono dotati di sistemi 73 2014; 31 (suppl.) “ad hoc”. Il centro con la casistica più rilevante esegue TH “deviceless” (infusione di liquidi freddi ed ice-pack): in un periodo di 30 mesi ho sottoposto a TH 27 pazienti, i tempi registrati sono i seguenti: Tempo ACC-ROSC mediana 20 min [range interquartile 10-33]; Tempo ROSC-inizio raffreddamento 105 [30200]; Tempo ROSC- T Target 240 [95-370]; Tempo inizio raffreddamento - T target 135 [60-237]; la percentuale di dimessi vivi dalla terapia intensiva è stata del 55% (CPC 1-2). Discussione e conclusioni. Mentre in Sardegna l’ipotermia è impiegata solo marginalmente come strategia terapeutica, questo studio dimostra come un centro con recente implementazione di un protocollo ipotermia riesca ad ottenere rapidamente risultati in linea con gli standard internazionali. Bibliografia • Bernard S.A. et al. Treatment of comatose survivors of out-of-hospital cardiac arrest with induced hypothermia. N Engl J Med 2002; 8:557-63. • Hypothermia after Cardiac Arrest Study Group. Mild therapeutic hypothermia to improve the neurologic outcome after cardiac arrest. N Engl J Med 2002; 8: 549. L’efficacia di un bundle per la prevenzione delle polmoniti associate a ventilazione meccanica, nella terapia intensiva polivalente del CTO di Torino. Lanzarone Salvatore, Irelli Sonia, Frigerio Simona, DEA grandi traumi, Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino, CTO [email protected] Introduzione. La VAP è una polmonite nosocomiale che insorge nei pazienti ricoverati in TI e sottoposti a VAM. L’utilizzo di bundle può avere un ruolo importante nella prevenzione delle infezioni. Obiettivo. Valutare l’efficacia di un bundle nella prevenzione dell’insorgenza di VAP, in termini d’incidenza della malattia, giornate di degenza in TI, durata della VAM, mortalità e livello di conoscenze possedute dagli operatori. Materiali e metodi. Lo studio è stato realizzato attraverso un disegno quasi sperimentale pre – post da gennaio 2012 a febbraio 2013, includendo pazienti adulti sottoposti a VAM per più di 48 ore in una TI polivalente di Torino. È stato definito il bundle di riferimento. Per l’estrazione dei dati relativi agli esiti clinici è stato utilizzato il database PROSAFE. Per la misurazione degli esiti secondari è stato elaborato un questionario, somministrato nelle fasi pre e post. Le analisi sono state condotte utilizzando SAS versione 9.3. I dati sono stati analizzati attraverso i test X2, Fisher, Wilcoxon, log rang. Il livello di significatività è stato fissato ad un p value < 0,05. Risultati. La densità d’incidenza di VAP della fase post è diminuita rispetto a quella della fase pre in maniera statisticamente significativa (HR O,21 p=0,03; 95% IC 23,7- 6,9). La mortalità (p=0,95) e la durata della degenza (p=0,33) in TI non sono associate all’intervento d’implementazione e adozione del bundle. Le conoscenze possedute dagli operatori sono percentualmente migliorate nella fase post. Conclusioni. L’adozione di un bundle di prevenzione, riduce in maniera statisticamente significativa l’ incidenza di VAP. Implicazioni per la pratica: L’implementazione e l’adozione di un bundle di cura, possono migliorare gli esiti sui pazienti e le conoscenze degli operatori. Ulteriori studi dovranno misurare il livello di adesione degli operatori alle singole strategie preventive contenute nel bundle per la VAP. Parole chiave: Ventilator associated pneumonia, Prevention, Intensive care, VAP bundle Bibliografia • File TM. Recommendations for treatment of hospital-acquired and ventilator-associated pneumonia: review of recent international guidelines. Clinical Infection Disease 2010; 51(9): 42-47. • Morris AC, Hay AW, Swann DG et al. Reducing ventilator-associated pneumonia in intensive care: Impact of implementing a care bundle. Crit Care Med 2011; 39(10): 2218-24. • D Bird, A Zambuto, C O’Donnell, et al. Adherence to Ventilator-Associated Pneumonia Bundle and Incidence of Ventilator-Associated Pneumonia in the Surgical Intensive Care Unit.Arch Surg 2010; 145(5): 465-470. Viaggiamo sicuri in ambulanza? Roberto Del Giudice, A. Graziani, D. Nucci, G. Lotti, A. Ripardi, DEU Centrale Op.va 118 ASL 3 Pistoia [email protected] 74 Introduzione. Scarsi sono i dati scientifici o le evidenze relative all’argomento. Numerosi, purtroppo, gli incidenti occorsi a pazienti e soccorritori. Scopo. Lo scopo dello studio è sensibilizzare gli operatori, medici, infermieri e volontari, che operano il trasporto sanitario ordinario e/o di emergenza ad adottare tutte le misure e i presidi di sicurezza, secondo indicazioni del costruttore, al fine di abbattere i tassi di morbilità e mortalità conseguenti ad incidenti durante il trasporto sanitario. (Raccomandazione 11 del gennaio 2010 Ministero della Sanità). Lo studio è di tipo osservazionale/descrittivo della durata di 60gg con lo scopo di fare una fotografia del trasporto sanitario nella provincia di Pistoia. Sono stati somministrati 650 questionari anonimi e ne sono ritornati 580 con una perdita del 10%, di questi ne sono stati esclusi 20 per incompletezza nelle risposte. I 560 questionari sono stati elaborati con Epi Info. Risultati. Dai risultati dello studio è emerso che viaggiare in ambulanza è pericoloso sia per il paziente che per i soccorritori. 1. Circa la metà degli autisti e dei soccorritori non indossa le cinture di sicurezza sia nel vano guida che nel vano sanitario. 2. Due terzi circa dei pazienti viene trasportato con presidi di immobilizzazione non assicurati alla barella. 3. Gli infortuni occorsi ai soccorritori ed ai pazienti risultano invalidanti in circa il 10% dei casi. 4. Circa la metà degli intervistati ammette di non conoscere le indicazione del costruttore riguardo al corretto uso del presidio di trasporto. 5. Quasi la totalità degli intervistati ammette di trasportare il neonato/bambino in braccio alla mamma o immobilizzato con presidi da adulto, con conseguenze immaginabili in caso di sinistro stradale o brusca frenata. In conclusione alla luce dei dati estrapolati dallo studio, terminato il 31/8,è emerso la volontà degli attori del soccorso di redigere una procedura /protocollo flessibile, condivisibile, in contatto diretto con i costruttori dei presidi atta a prevenire situazioni di rischio. Conclusioni. Obiettivi futuri: idonei corsi di guida e trasporto sanitario sicuro per ridurre sensibilmente i rischi e le complicanze derivanti da tali attività, aumentando la quali- 2014; 31 (suppl.) tà del servizio offerto; la formazione continua e le check list dei mezzi di soccorso rappresenteranno un’attività primaria per garantire sicurezza a pazienti ed operatori. Questo studio preliminare necessita di una verifica a tre anni della ricaduta operativa. Progetto: indagine sperimentale sulla qualità percepita nei Pronto Soccorso-OBI presidio ospedaliero di Città di Castello Massimo Giovannoni, Capecci Chiara, Francesco Borgognoni, Daniela Ranocchia, Nicola Donti, Daniela Bovo, Massimo Boccucci, DEA ULS Umbria 1 [email protected] Obiettivo. L’impulso all’attivazione del progetto è nato dalla volontà della direzione del DEA in accordo con la Direzione generale di conoscere l’opinione degli utenti sui servizi erogati nelle principali sedi dei Pronto Soccorso Aziendali, con l’obiettivo di migliorarli ed omogeneizzare le modalita’ di valutazione della soddisfazione realizzate dai servizi talora spontaneamente ed occasionalmente, con obiettivi, contenuti e metodi variabili e troppo eterogenei. Materiali e metodi. L’indagine di valutazione della soddisfazione dell’utenza effettuata tra il 16 giugno e il 16 luglio 2014, è stata realizzata sullo schema del questionario già da tempo utilizzato nella nostra Azienda in occasione di quasi tutte le ricerche di Qualità Percepita che prevedeva l’opinione in merito a diversi item quali ad esempio soddisfazione, cortesia e disponibilità per quanto riguarda, l’assistenza medica, infermieristica, coerenza tra codice colore assegnato e tempo d’attesa. Risultati. Complessivamente tutti gli item hanno raggiunto più del 50% di valutazioni positive o sufficienti; meno positive, invece, le valutazioni sul tempo trascorso in attesa, l’organizzazione interna, il comfort e la pulizia dei locali. Rilevante e di grande interesse ai fini del miglioramento anche il notevole numero di osservazioni (162 su un totale di 323 schede raccolte), suggerimenti, commenti,riportati nelle schede degli utenti. Conclusioni. I dati raccolti saranno oggetto di studio e discussione per la pianificazione di interventi volti a migliorare le criticità evidenziate. 75 2014; 31 (suppl.) Video Punti di vista Stefano Elli, TI Gen. - Az. Osp. S. Gerardo, Monza [email protected] professionisti dell’assistenza non sono sufficienti, se non integrate dalla dimensione etica e dalla capacità di empatia, peculiare della professione. Questo lavoro, attraverso una seria di immagini montate a video con commento musicale, non ha carattere scientifico ma vuole rendere un omaggio sia alla dignitosa sofferenza delle persone ricoverate in una terapia intensiva, sia all’impegno e alla forza di chi costantemente cura e assiste i propri pazienti miscelando tecnica e umanità. Le immagini, in cui le persone ricoverate non sono mai riconoscibili grazie all’uso dello “sfocato”, tenteranno di: evocare le sensazioni che una struttura ad alta intensività tecnica ed emotiva può suscitare in pazienti e personale, e raccontare l’orgoglio di essere infermieri di area critica. Bibliografia • Venturino M., Cosa sognano i pesci rossi, Mondadori, 2006. • Gawande A., Con Cura, Einaudi, 2008. La soggettiva del pesce rosso Federico Moggia, Serena Schiappacasse, Rianimazione Osp. Galliera, Genova [email protected] Noi infermieri, spesso, nell’esercizio professionale quotidiano, crediamo di essere i protagonisti del vissuto ospedaliero dell’utente, non rendendoci conto che gli attori principali non siamo noi. Lo scopo di questo video è cercare di trasportare l’infermiere nel punto di vista del paziente mediante delle riprese in soggettiva. Il video mostra la prospettiva di un paziente di terapia intensiva politraumatizzato, durante il suo ricovero, nel tentativo di rappresentare le sue emozioni e sensazioni in risposta alle procedure alle quali viene sottoposto e al variare delle condizioni cliniche, il tutto mediato dalla sua alterata percezione della realtà che lo circonda. Abbiamo, insomma, provato ad osservarci con gli occhi dei nostri assistiti. La preparazione teorica e le competenze tecniche di noi Progetto per la realizzazione di una applicazione web per l’ambulatorio dello scompenso cardiaco Martina Bernabucci, Mancinelli Stefania, Gabrielli Patrizia, Cardiologia, Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Marche Nord, Fano [email protected] Premessa. Da febbraio 2014 è stato avviato presso l’Azienda Ospedaliera Marche Nord un ambulatorio a gestione infermieristica per lo scompenso cardiaco con un’infermiera case manager referente. Fin dalla fase di progettazione è emersa la necessità di avere un supporto informativo valido e specifica sostegno dell’attività quotidiana che però non è stato possibile ottenere per mancanza di fondi. L’ambulatorio è comunque stato avviato ma durante lo svolgimento di ogni singola attività , compresa la fondamentale attività di comunicazione con il paziente, emerge costantemente la necessità di un sistema informatico centralizzato e specifico per una gestione specifica. Scopo. Da questa forte esigenza è scaturito prima il progetto di ricerca per valutare se esistono in letteratura sistemi informatici validi e articolati a supporto della gestione ambulatoriale del paziente con scompenso cardiaco e poi il successivo progetto di realizzazione di un’applicazione web che rappresentasse la soluzione concreta alle problematiche scaturite con l’attuale gestione. Materiali e metodi. Per la realizzazione del progetto è stata effettuata una ricerca per definire la migliore soluzione at- 76 2014; 31 (suppl.) tuabile al minor costo di realizzazione e di successiva gestione. Si sono innanzitutto passate in rassegna tutte le caratteristiche che dovevano essere presenti nell’applicazione. Lo studio si è subito orientato sulle tecnologie Open Source, unica alternativa percorribile data l’assenza di fondi da destinare al progetto. Tra le varie alternative quali Wordpress, Joomla, Drupal, ci si è orientati verso quest’ultimo data la semplicità di utilizzo, la stabilità e l’elevata flessibilità. Il framework Drupal permette di realizzare facilmente la personalizzazione richiesta dalle specifiche progettuali della nostra applicazione per la gestione del laboratorio per lo scompenso. Risultati. L’applicazione web è stata progettata e realizzata su una piattaforma di sviluppo e si trova tutt’ora in fase di test su un server non accessibile dal web che verrà presentata in un video realizzato appositamente. Questo, ovviamente, prima di entrare in attività ed essere raggiungibile on-line, dovrà essere sottoposto all’analisi ed all’approvazione dell’azienda sanitaria. Una volta ottenuto il via libera, si dovrà effettuare il trasferimento di tutta l’architettura, dei dati già inseriti nella fase di test, di tutti i moduli installati e attivati in Drupal e della grafica che compone le pagine del portale. Conclusioni. Da tempo la nostra collettività professionale ha contenuti e progettualità che possono costituire un rilevante valore aggiunto per l’innovazione e la razionalizzazione della rete dei servizi sanitari e per l’ottimizzazione dei percorsi e dei processi di cura ed assistenza. È il momento di proporre e di cercare spazi di progettualità e di operatività che rendano fruibili al sistema ed alla collettività le nostre proposte, le nostre evolute capacità e competenze professionali. Proprio in quest’ ottica di professionisti orientati a risposte di progettualità e di innovazione a ridotto impatto economico è stato sviluppato il progetto dell’applicazione web dell’ambulatorio per lo Scompenso Cardiaco. Il dirigente infermieristico in area critica Margherita Ascione, Asl Napoli 3 Sud; Felicia Liberata Di Bacco, Ospedale di Sulmona; Maria Cristina Magnocavallo ASREM Termoli [email protected] Premessa. Perché questo progetto: per dare un’immagine tangibile del Dirigente Infermieristico (DI) in area critica, per rendere visibile le potenzialità di tale professionista nello scenario sanitario italiano. Scopo. Realizzare un cortometraggio sulla figura del DI in area critica. Materiali e metodi. Partendo dal presupposto che questa società vive il quotidiano della sanità in modalità “mordi e fuggi” (notizie flash delle emittenti televisive e/o quotidiani) sarà importante concentrare nel video tutti gli aspetti rappresentativi della figura del DI in area critica. Verranno mostrate la: 1. competenza Gestionale/Manageriale con le riprese del DI che progetta e coordina interventi organizzativi e gestionali diversificati, finalizzati allo sviluppo di una efficace ed efficiente azione professionale (riprese di un DI di una RSA); 2. competenza Educativo/Formativa con il DI che progetta i percorsi formativi di base, specializzanti e di formazione continua pertinenti ai bisogni del personale sanitario e correlati ai problemi di salute e dei servizi dei pazienti di area critica (riprese di DI in polo formativo); 3. competenza Clinica con la costruzione, da parte del DI in area critica e sulla base dell’analisi dei problemi di salute e dell’offerta dei servizi, di un sistema di standard assistenziali e di competenza professionale (riprese di DI in ambiente ospedaliero); 4. competenza nei Processi di Ricerca con un DI che sviluppa la ricerca e l’insegnamento riguardo agli specifici ambiti dell’area critica e dell’assistenza (riprese di DI in un project work). Documenti correlati: Diario e-mail; Regole gruppo progetto; Scheda contributi; Eventuale liberatoria per pubblicazioni immagini e dichiarazioni. Risultati. La figura del DI in area critica nel panorama lavorativo italiano non è visibile, meno che mai lo sono i suoi compiti. Con questo video mostreremo che molti di questi professionisti si sono distinti, con le loro competenze, in tutti i settori del governo clinico apportando, nello scenario sanitario italiano, processi e metodi innovativi per il raggiungimento e mantenimento di elevati standard assistenziali sulla popolazione. Conclusioni. Le competenze agite di questi professionisti non devono rimanere confinate nelle realtà locali. 77 2014; 31 (suppl.) ECG pratico Aristidis Kapelis, Emodinamica ULSS 9 Treviso [email protected] Il mio lavoro riguarda l’apprendimento dell’elettrocardiografia. È rivolto a tutti i colleghi infermieri (e non solo) che vogliono approfondire le loro conoscenze sull’argomento. Ho creato una applicazione su piattaforma Android che in modo semplice spiega le basi dell’elettrocardiografia, partendo dalle informazioni riguardanti l’anatomia -fisiologia del sistema elettrico del nostro cuore, aggiungendo quali sono i punti da osservare per l’interpretazione corretta dell’ecg, ho inserito in una tabella i valori corretti in modo da poter facilmente intuire una situazione patologica con valori al di fuori della normalità, e ho elencato diverse patologie aritmiche/ischemiche con i loro criteri ecg. Quindi questa app oltre ad essere una specie di “ebook” per l’apprendimento della materia, diventa anche un utilissimo strumento di lavoro per i colleghi professionisti in quanto corredato di: 1. un modulo per trovare in un istante la relazione fra frequenza cardiaca, millisecondi, millimetri e numero quadrati dell’ECG, 2. un modulo per trovare l’asse elettrico del cuore con estrema facilità, 3. un modulo “caliper” con il quale si possono fare con precisione tutte le misurazioni di onde, intervalli, e frequenza cardiaca dell’ecg, 4. un modulo che permette di fare “diagnosi” semplicemente rispondendo ad alcune domande, 5. un calcolatore del QT corretto, 6. diversi esempi di tracciati ecg e altro ancora. La mia intenzione non era quella di sostituire il cardiologo o di far diagnosi da sé su una materia così importante, ci mancherebbe altro; volevo solo dare uno strumento utile/educativo ai colleghi, che li potesse aiutare a capire l’ecg e magari poter individuare una situazione critica in modo da allertare il cardiologo in tempo e salvare così una vita umana. www.intensiva.it – una strada da condividere Giovanni Mistraletti, S. Anania, E. Andrighi, A. Di Carlo, E.S. Mantovani, F. Martinetti, M. Umbrello, I. Vecchi, G. Iapichino, Riani- mazione Polo Universitario Az. Osp. San Paolo, Milano [email protected] La Rianimazione è una realtà dura, difficile da accettare. Ma in certi casi è l’unica possibilità per continuare a vivere. Quando una persona ha un incidente, una malattia acuta, una grossa operazione chirurgica… quando c’è un organo vitale che non funziona, si viene ricoverati qui… ci sono macchinari e medicine molto potenti, che hanno bisogno di un controllo continuo. Lo scopo è quello di dare tempo ad una persona gravemente malata, perché possa guarire e tornare a vivere. Mi chiamo Giovanni, sono un medico rianimatore e ricercatore universitario. Insieme ad alcuni colleghi, ho progettato e realizzato questo sito internet per i parenti di chi è ricoverato in Terapia Intensiva. Avere un proprio caro in rianimazione – un’esperienza che nessuno vorrebbe vivere – può avere un esito drammatico; molto spesso cambia il modo di vivere, di considerare la vita. Noi medici ed infermieri di terapia intensiva abbiamo scelto una professione difficile ed importante: nell’offrire ad ogni paziente le cure più appropriate, ci avviciniamo a uomini e donne che sperimentano grande sofferenza, sgomento ed incertezza. Se un paziente viene ricoverato qui, vuol dire che sta rischiando di morire. Il nostro desiderio è di essere vicino ai pazienti ed ai congiunti, di essere professionali e presenti perché sapere di non essere soli davanti alla malattia può lenire la sofferenza e diminuire le paure, che è normale avere quando si entra in Terapia Intensiva. Questo è lo scopo anche del nostro sito internet. Spiegare ciò che succede in un ambiente non conosciuto, difficile da comprendere, che ha delle regole tutte rivolte a salvare la vita quando è possibile, o almeno ad alleviare la sofferenza. Nel sito www.intensiva.it, potrai trovare alcune spiegazioni, varie fotografie, delle indicazioni pratiche perché il tuo contatto con la terapia intensiva sia il meno traumatico possibile. Non troverai, invece, delle spiegazioni sulle malattie o sulle probabilità di sopravvivere: internet non è il posto dove cercare queste cose. Vorremmo incontrare le paure e le aspettative, che sono normali in ogni congiunto di chi è ricoverato qui. Si può sperare ed allo stesso tempo comprendere ed accettare la realtà dei fatti. Questo non è il momento 78 di perdere le speranze. È necessario guardare in faccia onestamente la realtà, e i rischi che si stanno correndo, senza illusioni… e soprattutto senza sentirsi soli. Sappiamo che le emozioni negative sono molto forti e rischiano di lasciare un segno anche a distanza: “la guarigione inizia con la presenza”. Presenza vicino al proprio caro; presenza degli operato- 2014; 31 (suppl.) ri che condividono un percorso difficile. Sfoglia le pagine di questo sito per conoscere razionalmente cos’è la Rianimazione, e ancora di più per comprendere meglio ed accettare le tue emozioni. E soprattutto, per non sentirti solo. Il Video è visualizzabile su internet, all’indirizzo: http://www. intensiva.it/it/per-conoscere/la-voce-degli-operatori