Poste Italiane S.p.A - Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 2, CNS/AC Roma
Segno nel mondo € 1,70
Aprile/Maggio 2011
g
nel mondo
n.
4/5
Assemblea nazionale Ac
Guardando
avanti
5X1000
L’Ac
si fa in 4
Ci
fACciamo
in 4
La Fondazione Apostolicam Actuositatem – Ave al fianco
dell’Azione Cattolica Italiana
■ ne supporta con libri e riviste il progetto formativo
■ la sostiene concretamente nella realizzazione di alcuni
progetti solidali
1 sui temi del lavoro e del volontariato, degli studenti
fuorisede, delle famiglie in difficoltà
2 a Spello, per rendere Casa San Girolamo luogo vivo
e attivo di formazione e spiritualità
3 nella Federazione Russa, per sostenere il centro per
ragazzi di strada a San Pietroburgo
4 in Burundi, per contribuire alla realizzazione delle
adozioni scolastiche
Firma il 5x1 000 nella dichiarazione dei redditi (CUD, 730, UNICO)
a favore della FAA-AVE
N on t i co st a nu l l a m a va l e un t e so r o:
n el r i q u a d r o r i s er v a t o a l s o s t e g n o d e l
vo l on t ar i a to
i n s e r i sc i i l c o d ic e 9 6 3 0 6 2 2 0 5 8 1
Se non sei obbligato a presentare la dichiarazione dei redditi, puoi comunque esprimere la tua scelta firmando il CUD
e consegnandolo gratuitamente ad un CAF o all’Ufficio postale più vicino.
&
Fatti
parole
di Vito Piccinonna
Giovani e fede:
nessuno può
stare in panchina
[
Suffragati da mille dati statistici, siamo ormai
assuefatti a considerare i giovani come un “problema” sociale e anche ecclesiale. Non ci sono, se ci
sono non si vedono, se si fanno vedere sono immaturi, se sono immaturi è perché non hanno modelli,
se non ci sono modelli è perché abbiamo fallito
tutti. Requiem!
Nelle razionalissime e impeccabili analisi, però, manca
spesso una domanda che probabilmente i giovani
stessi ci invitano a porci: di cosa davvero hanno bisogno questi giovani per accogliere al meglio il dono della
vita e della fede? E come smetterla di trattarli da eterni
bamboccioni ridando loro il diritto-dovere di essere
protagonisti nella vita della Chiesa e della società?
La domanda è elusa molte volte e in diversi modi
non già per cattiveria, ma perché combinando le
risposte dei questionari sociologici non viene fuori
una risposta nitida. Occorrerebbe allora passare a
indagini “di qualità”, stare in strada, incontrarli per
davvero, perdere tempo con loro, parlarci seriamente, ascoltarli ore e ore, non cedere alla tentazione del sermone due minuti dopo averli incrociati.
E quando vivi la stessa strada ti imbatti in grandi
sorprese. Sia chiaro: i problemi ci sono, e anche
grossi e qui sarà compito della comunità (cristiana
e civile, insieme) porre in essere segni, valori, significati, persone e strumenti per fare anche della crisi
un tempo di crescita, per tutti. Certo, la precarietà,
la difficoltà a trovare un senso, i disagi familiari e
affettivi, la svendita della corporeità, la disaffezione
civica, alcuni contesti poco edificanti. Ma ascoltando, camminando insieme, scopri più luce di quanto
osavi immaginare.
Giovani e adolescenti coraggiosi. Alcuni fragili ma
tenaci, che non mollano mai. Altri che hanno come
una scintilla naturale, altri ancora che per spiccare
il volo hanno dovuto faticare senza tregua, altri che
hanno provato a ri-costruire la loro storia dopo fallimenti, altri che nella generosità hanno fatto della
propria vita un dono d’amore alla Chiesa e al
mondo. Molti in primissime file, altri capaci di stare
utilmente nelle ultime file, lontano dai reporter.
Nelle città, nella realtà, ti accorgi, semplicemente,
che nessuno di loro è vuoto, nessuno di loro è irrimediabilmente perso, tutti hanno qualcosa di amabile su cui scommettere. Il soffio di Dio è in ciascuno, senza eccezioni, e continua a “fare l’uomo”
come agli inizi della creazione.
Il dramma non è come sono ma quanto sono soli. È
la solitudine il tronco che sta sbarrando il sentiero a
troppi.
Nella Chiesa, nelle parrocchie, attraverso la sempre
attuale proposta dell’Azione cattolica, tantissimi
giovani e giovanissimi “normali” affrontano senza
veli sugli occhi la loro vita e si lanciano gradualmente verso vette più alte, scegliendo anche la
santità. Non sono eroi, non sono l’eccezione. Forse
sono, incredibile a dirsi, la norma.
Un’ordinarietà sconosciuta e talvolta calpestata
dagli stereotipi. La loro presenza, è chiaro, non può
appagare, ma piuttosto stimolare un’azione evangelizzatrice e missionaria sempre più appassionata
e fondata sulla vita spirituale.
Gli elementi immancabili saranno sempre dei bravi
educatori, laici e sacerdoti generosi, comunità
semplici ma capaci anche di destrutturare le classiche forme e tradizioni che le accompagnano, gruppi di coetanei in cui condividere assieme la fedeltà
e la passione per Dio e per gli uomini. E, al centro,
significative relazioni, fondate sulla roccia, che
hanno il coraggio di mostrare il volto cordiale e
solare di Dio e una proposta cristiana capace di
essere motivo di pienezza.
g
A chi tocca? A nessuno è lecito stare in panchina. ■
]
1
la copertina
sommario
Dal 6 all’8 maggio l’Azione cattolica italiana celebra
la sua XIV Assemblea nazionale. Un momento
di verifica democratica interna, ma anche un momento
di confronto con la vita della Chiesa e del paese.
Il presidente nazionale, Franco Miano, traccia le linee
dei futuri impegni dell’associazione
38
le altre notizie
fatti e parole
sotto i riflettori
17
1
26
Dall’Italia e dal mondo
economia e lavoro
tempi moderni
36
Sara: vi racconto la mia Ac
Giovani e fede: nessuno
può stare in panchina
di G. B.
18
28
Difendiamo
il Primo maggio
Una fede che ama la terra
Quella scuola ricca di vita
intervista con
di Mariangela Parisi
intervista con
Bruno Manghi
4
19
Agostino Burberi
di Francesco Rossi
di Silvio Mengotto
Vivace, solidale e vigile
intervista con
Il cuore del mondo batte
qui da noi
31
Franco Miano
di giadis
Stop a tutte le mafie
di Gianni Borsa
20
di F. R.
di Vito Piccinonna
sotto i riflettori
e Gianni Di Santo
38
Un compleanno che
guarda al futuro
10
Sempre con le mani alzate
32
di Simone Esposito
Sempre su, verso l’alto
Angelo Bagnasco
Benedetto, siamo con te!
22
intervista con
di Fabio Zavattaro
Tita Piasentini
12
Visti dagli altri
di Barbara Garavaglia
Dove siamo arrivati,
dove vorremmo andare
Maria Voce
34
e Franco Mosconi
Finalmente aria pulita
di Gianni Borsa
di Gianni Di Santo
di Marco Ratti
16
25
Quei lavoratori nella vigna
Al centro l’educazione
di Domenico Sigalini
intervista con
nel mondo
Hanno collaborato a questo numero:
n.4/5 aprile/maggio2011 Paolo Acanfora, Mirella Arcamone, Valerio De
Mensile
dell’Azione Cattolica Italiana
Direttore Franco Miano
Direttore Responsabile Giovanni Borsa
[email protected]
In Redazione Gianni Di Santo
[email protected]
e-mail Redazione
[email protected]
Tel. 06.661321 (centr.)
Fax 06.6620207
Luca, Simone Esposito, Antonella Gaetani,
Barbara Garavaglia, Fabiana Martini, Armando
Matteo, Silvio Mengotto, Paolo Mira, Alessandro
Nizegorodcew, Mariangela Parisi, Vito
Piccinonna, Dino Pirri, Marco Ratti, Francesco
Rossi, Domenico Sigalini, Paola Springhetti,
Dario E. Viganò, Fabio Zavattaro
Editrice Fondazione Apostolicam Actuositatem
Via della Conciliazione, 1 - 00193 Roma
Direzione e Amministrazione
Via Aurelia, 481 - 00165 Roma
intervista con
42
di Fabiana Martini
2
cittadini e palazzo
Grafica e impaginazione:
Giuliano D’Orsi, Veronica Fusco
Stampa Mediagraf S.p.a.
Viale della Navigazione Interna, 89 - 35027
Noventa Padovana - PD
Reg. al Trib. di Roma n. 13146/1970
del 02/01/1970
Per le immagini si è fatto ricorso alle agenzie
Olycom, SIR e Romano Siciliani
Chiuso in redazione il 22 marzo 2011
Pubblicazione associata all’USPI
(Unione Stampa Periodica Italiana)
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cod. Bic Swift Arti itM2 intestato a:
Fondazione Apostolicam Actuositatem
Via Aurelia, 481 - 00165 Roma
Tiratura 152.300 copie
famiglia oggi
40
Nati per leggere
intervista con
Bruno Tognolini
di Barbara Garavaglia
quale Chiesa
42
4
La Cracovia di Wojtyla
di Alessandro Nizegorodcew
44
Pasqua: la rivoluzione
del possibile
i titoloni
54
spazio aperto
Un film che sgomita
56
di Armando Matteo
di Dario E. Viganò
Le lettere
46
55
giorno per giorno
In compagnia
di ogni educatore
Recensioni
di Mirella Arcamone
47
di Antonella Gaetani
sulle strade
della fede
58
57
Il grande convento
di Bosco Marengo
di Paolo Mira
In memoria
dei luoghi comuni
di Paola Springhetti
5X1000:
l’Ac si fa in quattro
chiesa e carità
60
Giovani e 8X1000:
osiamo di più
senza confini
di Maria Grazia Bambino
48
perché credere
Un impegno
in più contro le mine
62
intervista con
Accettare la sfida
Giuseppe Schiavello
di Dino Pirri
di Valerio De Luca
la foto
faccia a faccia
64
50
Popoli in bilico
Olimpiadi a Roma nel
2020? Si può fare
intervista con
Mario Pescante
di Simone Esposito
50
3
sotto i riflettori
Vivace,
solidale
e vigile
È l’Azione cattolica che ha negli
occhi e nel cuore il presidente
nazionale, che incontra Segno alla
vigilia della XIV assemblea. Un
momento di verifica per pensare
insieme e rilanciare l’impegno
associativo nella Chiesa e nella
costruzione della città. «In questi
tre anni – racconta – ho visto
un’Ac generosa e attiva. Pronta ad
affrontare le sfide del futuro».
Una chiacchierata a tutto campo
su emergenza educativa,
formazione sociale e politica,
etica pubblica. «La famiglia?
Dev’essere seguita, custodita e
accompagnata». Una
sottolineatura particolare alla
dimensione internazionale dell’Ac
4
I 04/052011
sotto i riflettori
intervista con
Franco Miano
di Gianni Borsa
e Gianni Di Santo
Sopra: il presidente
nazionale di Ac,
Franco Miano.
A sinistra: l’Azione cattolica
incontra il Papa
a Roma in piazza San Pietro
il 30 ottobre 2010
l centro nazionale dell’Azione cattolica a
Roma ormai non c’è più nessuno. È una
piovosa serata di marzo e anche la portineria ha chiuso bottega. Il presidente
nazionale arriva in tutta fretta con la borsa piena di
giornali e libri: «Tornerò a casa, a Pomigliano, tra
qualche giorno – ci dice –. È così da un bel po’ di
tempo: giro le diocesi, partecipo a convegni, ho le
mie lezioni universitarie. Credo che fino all’assemblea sarà sempre così. Sono davvero stanco… ma
proprio contento».
Il professor Franco Miano prende posto dietro la
scrivania, sfoglia attentamente la posta, poi chiede
ai due giornalisti di Segno:
«Come vanno le cose?».
Quindi si comincia. L’Ac, la
Chiesa, il paese, l’associazione, il mondo...
A
Vi v e re l a f e de , a m a re l a
vi ta: è i l titolo dell ’assemblea del 6-8 maggio. L’Ac
si confronta costantemente
c on l a C h i es a e l a c o m u nità civile. Ma l’assemblea
tri en nale r ap pr esen ta u na
opportunità particolare per
fare il punto. Quali sono le
p a r o l e - c h i a ve p e r l ’ o r m a i
prossimo appuntamento?
Le parole “importanti” dell’assemblea sono almeno
di due tipi. Le prime riguardano il percorso che dal
Concilio vaticano II in poi l’associazione ha vissuto:
sono tutti quei termini che hanno a che vedere con
la responsabilità personale, la corresponsabilità
gerarchia-laici, il senso vivo della democrazia. Sono
le parole, e gli impegni concreti, di un’associazione
che vorrebbe ogni socio impegnato direttamente,
da protagonista; ciascuno portando il proprio originale contributo. In fondo è un modo per tradurre la
responsabilità dei laici nella Chiesa e nel mondo
così come ci chiede il Concilio stesso. Mi chiedo:
cos’è la vita democratica dell’associazione se non
I 04/052011
un modo per rispondere all’insegnamento conciliare, alla spinta che esso ha dato al ruolo laicale nella
Chiesa? Poi ci sono alcune parole che oggi hanno
bisogno di un’accentuazione, sono elementi-cardine dell’Ac, parole di sempre ma da rilanciare: ad
esempio il binomio fede-vita, perché qui si racchiude la ricerca più profonda del cristiano, il suo senso
di coerenza, la sua capacità di vivere una fede che
sappia amare la vita e amarla in tutte le sue dimensioni. Il tempo di oggi domanda a tutti noi una testimonianza più incisiva, coerente, più capace di
andare all’essenziale, ai contenuti della fede. E
ovviamente non posso dimenticare la parola “educazione”.
A p roposito di ed ucazione:
s o no s t a t i da po c o p ubb licati gli Orientamenti pastor a li de l l a Ch i e s a it al i a na
dove al centro è proprio l’ed uc a z i o ne , c o n qu a l c he
sottolineatura fondamentale dedicata all’Ac…
La Chiesa italiana ha appena affidato alle comunità
cristiane gli Orientamenti
pastorali per il decennio
fino al 2020. Un compito e
una missione – quella dell’educazione – che l’associazione ha nel proprio dna.
C’è un passaggio al numero 43 degli Orientamenti che interessa proprio l’Ac.
La Chiesa italiana ci chiede, forti della nostra esperienza nel campo educativo, di continuare a sviluppare un legame con la Chiesa locale. Un legame
importante non solo dal punto di vista ecclesiale
ma, proprio perché fatto di storie e volti, ancora
valido nella capacità di tessere relazioni tra società
e persone in un dato territorio. Un secondo riferimento ribadisce che l’Ac è scuola di formazione cristiana. Vorrei sottolineare che l’Ac, nello spirito
conciliare, è scuola di formazione di tutto l’uomo. Il
terzo riferimento, infine, è alla santità laicale. Nel
5
sotto i riflettori
triennio passato abbiamo approfondito nei nostri
cammini formativi il concetto della chiamata a
essere santi insieme; ed essere santi con lo stile e
negli ambienti in cui vive e opera il laico: la famiglia,
il lavoro, la società, la cultura. Il fatto che poi vengano richiamate figure di santità vicine all’Ac significa
che la Chiesa riconosce un valore particolare al
nostro stile e al nostro impegno. Ciò non può che
farci piacere. Se penso a quanti educatori, animatori, soci di ogni età sono impegnati nelle pastorali
parrocchiali e diocesane e in opere di carità posso
dire a voce alta che siamo pieni di bei volti e belle
storie in cui l’elemento teologico si è integrato con
l’elemento del vissuto. Un patrimonio da far cogliere in tutto il suo valore.
Edu c azi on e, f ed e e am or e: i t e rmi ni s o no s t at i
accostati e intrecciati tra loro dall’Ac, sia nel camm i n o d i p r e p a r a z i on e c h e i n q u es t a f as e as s em bleare.
Esatto. L’educazione in Ac significa, come dicevo,
coniugare fede e vita. Ovvero impegno educativo a
tutto campo. Vorrei rimarcare il compito e la vocazione dell’educare nella linea del bene comune. La
scelta educativa non è una scelta di retroguardia,
non è un confinarsi all’interno, bensì una scelta per
servire la vita delle donne e degli uomini del nostro
tempo, la vita della comunità locale e della città. E
poi c’è l’amore. Voglio richiamare all’attenzione
quanto il Santo Padre ci ha detto durante l’incontro
a piazza San Pietro del 30 ottobre scorso quando,
rispondendo alle domande dei ragazzi, ha invitato a
pensare l’amore non come una dimensione edulcorata della vita ma una forte passione che ci coinvolge tutti, che impegna in una relazione positiva,
generosa, serena verso l’altro, gli altri. E che ci permette, seguendo l’insegnamento di Gesù, di guardare il prossimo a viso aperto. L’amore ha un carattere rivoluzionario e c’è uno stretto collegamento
tra responsabilità, educazione e amore.
In questi tre anni di servizio come presidente nazionale, come ha trovato l’Ac? Le realtà territoriali, dalle
parrocchie alle diocesi, danno segnali di vivacità?
Sono stati tre anni molto belli. Ho trovato una famiglia associativa vivace, attiva, impegnata, certa-
6
I 04/052011
La scelta educativa
non è una scelta di
retroguardia, non è
un confinarsi
all’interno, bensì una
scelta per servire la
vita delle donne e
degli uomini del
nostro tempo, la vita
della comunità locale
e della città
mente con caratteristiche differenti a seconda
delle diversità
territoriali: perché è chiaro che
la configurazione
culturale, tradizionale, economica e sociale ha la sua incidenza sulla realtà dell’Ac. Ad esempio l’Ac delle grandi città si trova ad
affrontare realtà e sfide diverse rispetto a quelle dei
piccoli centri. E lo stesso si può dire delle situazioni
regionali, dal nord al sud del paese. Penso che
sempre di più l’Ac si stia caratterizzando come
famiglia che, in senso unitario e con caratteristiche
nuove, si mette al servizio della propria Chiesa e del
proprio territorio. L’Ac sa cambiare, tenendo ben
salde le radici nella propria storia, sa adeguarsi alle
necessità dei luoghi e dei tempi in cui è chiamata a
portare il messaggio del vangelo. Talvolta con risultati positivi, incoraggianti, qualche altra volta con
maggiori fatiche. Ma sempre con un grande e
generoso slancio da parte dei soci e di un’area
vasta di amici e simpatizzanti che scopriamo vicina
e attenta all’associazione.
Quali temi e impegni prioritari intravede per il prossimo cammino dell’Ac?
Il prossimo cammino che abbiamo di fronte chiede
un’Ac popolare, capace di incontrare la vita della
gente nel territorio e di sostenere il cammino di
ricerca di Dio e di vita buona. Una scelta semplice
ed essenziale: è una strada che già percorriamo, va
rafforzata e resa più significativa. Accanto a ciò,
credo debba essere rafforzato il senso della cura
dell’interiorità, che non è un guardare a se stessi
ma il tentativo di vivere in profondità la propria vita
per poi porsi al servizio del bene comune. La cura
della spiritualità, dell’interiorità e del silenzio, acquista maggior rilievo e carattere di urgenza oggi,
soprattutto se pensiamo al nostro tempo, troppo
esteriore, basato sull’immagine, sull’avere e sull’apparire prima che sull’essere. L’altro grande
impegno è la formazione sociale e politica per tutti,
per tutte le età e per tutte le condizioni.
sotto i riflettori
G i à, l a f or m a z i o n e p ol i t i c a . S i r i l ev a d a t e m p o u n
“vuoto etico” in Italia, sia nel campo delle relazioni tra
le persone sia nel progettare un futuro possibile per il
paese. Lei pen sa ch e dai l aici cristiani impeg nati
n e l l a c u l t u r a, n e l s o c i al e , n el l a p o l i t i c a, p o s s an o
emergere risposte nuove ed efficaci al problema?
È la formazione del cittadino che sempre di più ci
deve stare a cuore. Le provocazioni che la realtà ci
propone sono sempre più chiare: noi dobbiamo
rispondere con uno sforzo di formazione che sappia
guardare lontano e che sia alla portata di tutti. E
solo da una formazione diffusa potranno nascere
nuove vocazioni all’impegno sociale e politico da
accompagnare alle tante vocazioni culturali e civili
già esistenti, che vanno valorizzate e sostenute.
Questo mondo è splendido ma complesso allo stesso tempo; la vita moderna, la scienza e la tecnologia, le grandi trasformazioni demografiche (dalle
migrazioni all’invecchiamento della popolazione nei
paesi ricchi), gli avvenimenti internazionali, richiedono sensibilità, capacità di lettura e discernimento, apertura al dialogo, spinta alla responsabilità.
Fare formazione vuol dire intercettare queste
novità, mettere dei punti fermi sul piano dei valori e
dell’etica, indicare la strada dell’assunzione diretta
di impegni. I credenti non possono restare nelle
retrovie. Il vangelo va portato per le strade del
mondo. L’Azione cattolica ci ha sempre creduto e
continua a farlo: i laici cristiani devono contribuire a
costruire la città degli uomini. È questa la loro specifica chiamata.
A chi chiede, anche tra i soci, che l’Ac levi la voce di
fr o n te a l l e s ce l te p o l i t i c h e c h e i l Pa r l a m e n t o c i
mette davanti, lei cosa risponde?
Rispondo che dalla formazione si possono costruire
Nella foto: gli ultimi sette
presidenti nazionali di Ac. Da
sinistra: Giuseppe Gervasio,
Raffaele Cananzi,
Mario Agnes,
Franco Miano,
Paola Bignardi,
Alberto Monticone
e Luigi Alici
Un migliaio di delegati per discutere e votare
UN’OCCASIONE DI DEMOCRAZIA DA SEMPRE NEL CUORE DELL’AC
ppuntamento al 6 maggio, dunque. Un programma intenso per una tre giorni di lavoro che vedrà i delegati di Ac confrontarsi su idee e programmi per il futuro. Al saluto di Franco Miano, si alterneranno quelli del card. Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio consiglio per i laici e di mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, per poi passare direttamente alla relazione del presidente di Ac. Il giorno dopo, celebrazione eucaristica di mattina presto presieduta da mons.
Domenico Sigalini, assistente ecclesiastico generale di Ac, e poi tutta la giornata dedicata ai lavori di gruppo e al dibattito
sulla relazione del presidente. La sera votazioni per il rinnovo del Consiglio nazionale e... un po’ di pausa.
Domenica 8 maggio celebrazione eucaristica presieduta dal card. Bagnasco, presidente della Cei, e replica del presidente
nazionale. Infine, votazione del Documento assembleare e proclamazione degli eletti.
A
I 04/052011
7
sotto i riflettori
esperienze. Formazione non è tutto, però se vissuta
bene è la strada maestra su cui poi una pluralità di
esperienze acquista significato. L’Ac può disseminarle sull’intero territorio nazionale: seminari di formazione politica, laboratori della partecipazione,
confronto con persone impegnate in politica, scuole
di formazione sociale e politica. Qui dobbiamo
essere protagonisti. Tanto più queste esperienze
saranno vissute, quanto più il nostro paese crescerà. E poi vorrei aggiungere una parola.
La ascoltiamo...
Periodicamente l’Ac, attraverso la Presidenza
nazionale, interviene pubblicamente, nel tentativo
di contribuire a una lettura della realtà nazionale e
prende posizione su alcuni fatti politici. Lo abbiamo
fatto varie volte negli ultimi mesi, con un messaggio
reso noto a settembre, al termine del convegno presidenti diocesani di Ancona, e poi ancora prima di
Natale e infine a febbraio, con un documento intitolato Misura, decoro, rispetto. Modelli per le nuove
generazioni (si veda il riquadro in queste pagine –
ndr). Interventi di questo tipo provengono non di
rado anche dalle Ac parrocchiali e diocesane su
temi più direttamente locali, a riprova di un radicamento sul territorio che è tipico della nostra associazione. Certo, l’Azione cattolica non insegue le
polemiche o la battaglia gridata, ma cerca, con uno
stile costruttivo e propositivo, di rendersi presente
nel dibattito su tutti i temi della vita italiana. Ricordo, in particolare, il bell’incontro del novembre
scorso con gli amministratori nazionali e locali soci
di Ac: è stata, a detta di molti, un’esperienza da
consolidare e continuare.
Del resto l’impegno verso il bene comune è stato
a n co r a u n a v o l t a i n c o r a g g i a to d a l l a Se t t i m a n a
soci ale di Reggio Cal abri a, che l’Ac ha preparato
con estrema cura, coi nvolgendo il l ivel lo locale e
regionale dell’associazione.
Sì, è vero, Reggio Calabria ci ha lasciato tanta voglia
di fare. La riforma elettorale, la moralità pubblica, la
valorizzazione della scuola, dell’università e della
ricerca, la cittadinanza agli immigrati, i giovani. Ci
sono infiniti ambiti di impegno che vogliamo e dobbiamo percorrere. Ad esempio, si parla tanto di giovani: da noi, in Ac, i giovani sono al centro della cura
formativa ma al contempo hanno responsabilità
proprie. Sono abituati a prendere decisioni e ad
assumersi responsabilità. Il contributo del cattolicesimo impegnato in politica è da guardare, prima
che ai numeri e ai voti, alla qualità del suo essere
propositivo e migliorativo rispetto ai profondi disagi
del vivere d’oggi.
Sp esso i n Itali a si parl a, e tal volta si str aparla, d i
famiglia. Essa si può ancora considerare il nucleo
fondamentale della società? Quali sono le maggiori
Un documento della Presidenza Ac
VITA PUBBLICA, ETICA, MODELLI PER LE NUOVE GENERAZIONI
isura, decoro, rispetto. Modelli per le nuove generazioni, è il titolo del documento reso noto dalla Presidenza nazionale
di Ac in occasione dell’ultimo Convegno Bachelet (11-12 febbraio 2011) sullo scadere della vita pubblica e dell’immagine delle istituzioni in relazione a comportamenti di alcuni politici, per niente consoni al grado di responsabilità e alla visibilità assunta. Il testo richiama anzitutto un recente intervento del cardinale Angelo Bagnasco, presidente Cei, che ha evidenziato il disastro antropologico che si compie a danno dei giovani e di quanti sono nell’età in cui si fanno le scelte definitive per il futuro della propria esistenza. C’è una rappresentazione fasulla dell’esistenza – afferma la Presidenza Ac –, c’è un
tentativo di mettere in primo piano il successo basato, come dice Bagnasco, sul «guadagno facile, l’ostentazione e il mercimonio di sé. Il rischio, prosegue il testo di Ac, è che tali vicende, «che trovano ampio spazio nei media, facciano emergere la
desiderabilità di stili di vita per i quali “il potere può tutto”». Secondo la Presidenza nazionale dell’associazione, «non è
educativa l’immagine della donna emersa in numerosi racconti giudiziari e mediatici. Ne è stata ripetutamente e insistentemente violata l’intangibile dignità, libertà, uguaglianza. Non è educativa, allo stesso tempo e con la stessa intensità, l’immagine dell’uomo incapace di riconoscere nel corpo della donna, e nel proprio, un dono straordinario, certamente non finalizzato ad appagare un desiderio egoistico di possesso. È, invece, educativo, a nostro avviso, ridire con forza […] la bellezza
vera di ogni età e di ogni soggettività, il senso profondo dell’essere uomo e dell’essere donna». Ancora: «Non è educativa l’idea che i giovani e gli adolescenti, per realizzarsi, debbano mettere da parte i propri talenti, seguendo tristi scorciatoie. […]
È educativo e importante, valorizzare e dare sempre più spazio ai giovani talenti dello studio, della ricerca, dei mestieri e
delle professioni, ai giovani del volontariato e del servizio gratuito agli altri» (il documento integrale è disponibile nel sito
www.azionecattolica.it).
M
8
I 04/052011
sotto i riflettori
Nella foto: la VII Assemblea
(1989); il terzo da destra è
l’allora vicepresidente dei
giovani Franco Miano
difficoltà che incontra al giorno d’oggi? Come intraprendere azioni educative e politiche sociali ed economiche favorevoli alla famiglia?
La famiglia, le famiglie, stanno da sempre a cuore
all’Ac, perché in famiglia si incontrano le persone,
si vivono e alimentano relazioni profonde, perché si
sperimenta l’amore, perché ci si spende con generosità e vi si costruisce il futuro dei singoli e della
collettività. Penso che la famiglia vada non solo
seguita, ma anche custodita e accompagnata.
Accompagnare i giovani sposi, i fidanzati, accompagnarli sia dal punto di vista affettivo e psicologico
che dal punto di vista socio-economico. Penso al
rapporto genitori-figli e quanto l’associazione sia di
aiuto in questo con l’Acr e i nostri gruppi giovanissimi. E poi ho in mente la vita delle persone anziane e
quanto l’incontro tra generazioni sia oggi la chiave
di volta per immaginare un futuro diverso e migliore. Una famiglia piccola comunità che si apre alla
famiglia dell’intera umanità. In questo senso penso
a quanto sono importanti i sacerdoti assistenti, i
nostri “accompagnatori”, che ci aiutano costantemente a indirizzare la nostra attenzione ai grandi
temi dell’educazione, della vita e della famiglia. Infine vorrei anche ricordare che ci sono tante persone
che non hanno famiglia, oppure che vivono una
condizione di disagio familiare, che sono sole. Vale
per gli adulti e anche per tantissimi bambini, adolescenti e giovani. L’Ac può essere la “loro” famiglia.
È una vera urgenza e noi non possiamo rimanere
con le mani in mano. L’impegno dell’Area famiglia e
vita dell’Ac è notevole, ma ogni socio si deve sentire
I 04/052011
chiamato a un’attenzione straordinaria, delicata e
generosa verso queste situazioni.
L’assemblea di maggio porrà al centro dell’attenzione anche la di mensione internazional e dell’Ac.
Dalla parrocchia al mondo, potremmo dire?
È vero. Insisto molto sulla dimensione internazionale
dell’associazione. Sappiamo quanto il Fiac faccia in
questa direzione. E non è un caso che a presiedere la
nostra XIV assemblea sarà Emilio Inzaurraga, argentino, coordinatore del Forum internazionale di Azione
cattolica. Dalla parrocchia al mondo: solo così la
nostra storia di fede diventa esperienza planetaria a
servizio di tutti, dell’Altro che è “oltre” noi, degli altri
cui ci sentiamo legati fraternamente. Del resto gli
avvenimenti mondiali bussano ogni giorno, grazie ai
mass media, alle nostre porte, alla nostra coscienza.
La fede e l’impegno a evangelizzare non possono
che essere vissuti in una dimensione di massima
apertura al mondo, di condivisione con i poveri del
pianeta, con chi ha perso il lavoro per colpa della crisi
oppure vive in situazioni di guerra, con chi lotta per la
libertà e la democrazia, con chi testimonia il vangelo
in paesi in cui non è rispettata la libertà religiosa.
Vorremmo farle tante altre domande, ma le lasciamo qualcosa da dire anche in assemblea! Scherzi a
parte: ci regal i tre agg etti vi p er l’Ac che si vuole
costruire nel prossimo triennio...
È una bella responsabilità. Diciamo che ci vorremmo
impegnare per un’associazione vivace, solidale e
g
vigile. Che guarda al futuro con un sorriso in più. ■
9
sotto i riflettori
Benedetto, siamo con te!
di Domenico Sigalini
giusto ogni tanto fare qualche piccola
fotografia che ti permette di leggere che
cosa sta capitando in associazione. La vita
si svolge sempre nella sua continuità, mai
uguale perché la fantasia del Signore, la nostra
decisione di impegno, e talvolta anche i guai sono
sempre all’ordine del giorno.
Così si è sviluppato questo grande triennio che
vogliamo collocare tra due date belle che lo hanno
caratterizzato: 4 maggio 2008 – 30 ottobre 2010.
Sembrano due anni, ma in realtà sono tre, perché al
4 maggio non si è arrivati il giorno prima, ma con
tutta una preparazione precedente che è datata
almeno dall’autunno dell’anno 2007 quando si
cominciarono a fare le assemblee elettive parrocchiali del triennio precedente e il 30 ottobre 2010
non è finito il giorno dopo alla basilica di San Paolo,
ma è continuato almeno fino a Natale se non oltre.
Sono due date che possono racchiudere il volto dell’Ac di questi anni: dalla proposta esplicita solenne
della santità vissuta nella quotidianità
degli anni successivi alla offerta gioiosa
L’assistente
e travolgente della forza educativa che
ecclesiastico generale
da sempre ravviva le associazioni con i
di Ac fa il punto
ragazzi e gli adolescenti.
del cammino
Un cammino di fedeltà alla Chiesa unidell’associazione in
questi ultimi tre anni, versale e al Papa, e di corresponsabilità
racchiudendolo in due con le Chiese diocesane, con i vescovi e
con i presbiteri. L’incontro del 4 maggio
date fondamentali:
2008 è stato il punto di arrivo di una
4 maggio 2008 e 30
ottobre 2010. Momenti celebrazione ricca e capillare dei 140
anni di vita dell’Azione cattolica e il
indimenticabili per
punto di partenza di un triennio dedicaun futuro che già
to, come suggerito dal Papa, alla sanoggi è tra noi
tità, fatta di formazione alla vita interiore
e di risposta generosa alla missione evangelizzatrice. Entro questa tensione si è sviluppata una ricerca diocesi per diocesi di figure di laici e di assistenti
santi, iniziata nel triennio precedente con l’approvazione della fondazione “Azione cattolica, scuola di
santità - Pio XI ”. Abbiamo avuto la gioia di venerare
10
È
I 04/052011
come beato un assistente, don Francesco Bonifacio
di Trieste, e siamo pronti a celebrare la beatificazione già annunciata ufficialmente dal papa del Toniolo. Avremmo desiderato tanto poter annoverare tra i
beati anche Armida Barelli e la Nennolina, ma forse
non ce lo meritiamo ancora pur prevedendo oggi un
cammino forse più spedito. Questo è quanto vorremmo avere davanti alla nostra vita di fede, che
nel quotidiano è fatta di scavo nelle vite delle nostre
associazioni e soprattutto di quotidiana formazione
alla santità a tutti i livelli associativi.
Il Santo Padre non ha mai mancato di farci avere
la sua Parola di incoraggiamento e la sua cura in
tutti gli incontri fatti personalmente con il presidente e l’assistente, con i ragazzi dell’Acr a ogni
Natale, con gli assistenti nel convegno nazionale
del 2008. Ci troviamo tutti gli anni in piazza all’Immacolata e il Papa non manca mai di dirci la sua
gioia nell’accompagnarci. Siamo stati contenti di
dimostrargli il nostro attaccamento, la nostra
stima e la assoluta solidarietà assieme a tutte le
associazioni della Consulta dell’apostolato dei
laici nel maggio 2010 in momenti di bufera
mediatica pretestuosa nei suoi confronti. Volevamo solo dire che noi eravamo e siamo con lui, che
lo ringraziamo della sua forte e sicura guida e che
l’Azione cattolica, con tutte le altre associazioni, lo
segue senza tentennamenti.
Questa gioia di stare col Papa si è tradotta in una
cordiale corresponsabilità con tutti i pastori delle
nostre Chiese diocesane. Il fulcro del lavoro straordinario, perché le nostre associazioni hanno contatti ordinari e quotidiani con i propri vescovi, è stata la
Settimana sociale dei cattolici italiani tenuta lo
scorso ottobre a Reggio Calabria. L’abbiamo preparata con 16 incontri pubblici, uno per ogni regione
ecclesiastica, su temi di impatto sociale alla luce
della dottrina sociale della Chiesa, seguendo l’agenda della settimana sociale. Ne è nata una risposta ancora più concreta alle sollecitazione sia del
papa che dei vescovi per una generazione nuova di
sotto i riflettori
La pagina più interessante
che ora l’Azione cattolica,
nella sua diffusione capillare,
sta scrivendo è quella della
corresponsabilità con i vescovi
nel diffondere e attuare
gli Orientamenti pastorali per gli
anni 2010-2020, Educare alla vita
buona del vangelo
Nella foto: mons. Sigalini,
con il presidente nazionale,
ricevuti da Benedetto XVI
persone impegnate
in politica a tutti i
livelli. A detta di tutti
gli amministratori di
Azione cattolica,
che sono impegnati
nelle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, presenti all’incontro
che li ha visti per la prima volta riuniti a Roma, è
cambiato il vento dell’interesse per l’impegno politico. È uscito allo scoperto il sommerso e si è iniziata una attenzione nuova formativa nei confronti di
chi per vocazione e per elezione ha assunto questi
incarichi: scelta religiosa matura, non di nicchia, né
di fuga, partecipazione alla vita associativa per
sostenere il percorso personale di fede, collaborazione ecclesiale nella ricerca e nel discernimento,
I 04/052011
decisione per il bene comune, ispirazione costante
alla dottrina della Chiesa, senza collateralismi e
senza preclusioni.
La pagina più interessante che ora l’Azione cattolica nella sua diffusione capillare sta scrivendo è
quella della corresponsabilità con i vescovi nel
diffondere e attuare gli Orientamenti pastorali per
gli anni 2010-2020 Educare alla vita buona del
vangelo. La prima grande risposta è stata all’indomani della pubblicazione del testo la grande giornata dei ragazzi e degli adolescenti accompagnati da
tanti educatori e genitori con il papa a Roma, in
piazza San Pietro e nelle piazze della città. È un
segno inequivocabile. L’Ac si impegna a educare da
sempre e oggi lo fa ancora con più decisione e qualificazione, una educazione per la crescita integrale
della persona, «secondo la grandezza della vocazione dell’uomo e la presenza in lui di un germe
g
divino». ■
11
sotto i riflettori
Dove siamo arrivati,
dove vorremmo andare
di Gianni Borsa
possibile stilare un bilancio di un intenso
triennio di lavoro associativo? In quali direzioni si sono mossi i settori e le articolazioni dell’Ac? Quale l’impegno della Presidenza nazionale? Quali le possibili strade per il triennio che inizierà con l’assemblea del 6-8 maggio?
Segno lo ha chiesto ai responsabili di Acr, Giovani,
Adulti, Movimento studenti e Movimento lavoratori.
È
Acr: lo slancio per potenziare
la proposta formativa
«L’Azione cattolica dei ragazzi, apprezzata per l’efficacia e l’organicità dei
suoi itinerari formativi, in questo triennio ha investito le proprie energie e
competenze per arricchire la propria
proposta formativa». Il responsabile
nazionale Acr, Mirko Campoli, ci guida
in questo percorso: «Oltre agli strumenti già in uso (le tre “guide di arco” per l’itinerario di
gruppo dei ragazzi; “l’agenda dell’educatore” per la
formazione e il servizio di chi è chiamato ad accompagnarli; il “formato famiglia” rivolto ai genitori degli
acierrini; i due itinerari spirituali di avvento-natale e
quaresima-pasqua per il cammino personale dei
bambini e dei ragazzi) sono nati nuovi strumenti che
hanno ulteriormente qualificato la proposta dell’Acr: la guida di arco e gli itinerari di spiritualità per la
fascia dei piccolissimi; la lectio
Acr, Giovani, Adulti, Msac divina, il ritiro spirituale e gli esercizi quaresimali legati all’iniziativa
e Mlac: a colloquio
annuale; la proposta di campo
con i vice presidenti
estivo; le schede di approfondie i responsabili nazionali
mento per i genitori e l’ultimissiper verificare il cammino
ma definizione della “regola spiricompiuto nel triennio
tuale” per i bambini ed i ragazzi,
che si conclude e per
in uscita proprio nei giorni della
individuare le sfide che
prossima assemblea nazionale».
attendono l’associazione
12
I 04/052011
Inoltre, sempre in ordine alla proposta formativa, «si
è riusciti a riordinare e rinnovare la stampa associativa dei più piccoli».
Mirko prosegue: «Un altro filone di impegno ci ha
portati a intensificare le occasioni di approfondimento tematico su alcuni aspetti del mondo dei
ragazzi e dell’educazione umana e cristiana. Oltre
al convegno nazionale degli educatori Acr, centrato
sul tema della figura dell’educatore, si sono attivati
sul territorio nazionale alcuni seminari di studio che
hanno visto una notevole partecipazione di responsabili, assistenti ed educatori su tematiche quali la
sfida educativa tra libertà e ricerca di autonomia, il
rapporto tra la liturgia e i ragazzi, il mondo dei preadolescenti. Inoltre va rimarcata il lavoro di riflessione di alcune commissioni nazionali sul tema del
protagonismo dei ragazzi e sulla cura dell’animazione in Ac».
E per il triennio che si apre? «In Ac, lo sappiamo
bene, le sfide che ogni triennio l’associazione decide di darsi vengono determinate e si definiscono
sulla base della discussione del Documento finale
approvato durante l’Assemblea nazionale – chiarisce Campoli –. E provando a leggere la bozza di
documento, già predisposta dall’attuale consiglio, le
sfide indicate sono molte e significative. Tuttavia
quella che mi pare debba occupare un posto di rilievo credo sia quella che spinge l’associazione a
impegnare tutte le proprie energie nella cura e nella
qualificazione della formazione specifica dei nostri
educatori. È necessario declinare l’intuizione associativa secondo cui il servizio dell’educatore è e
resta anzitutto un atto di amore, superando il rischio
di ridurre l’opera educativa solo all’attuazione di
strategie pedagogiche o alle sole tecniche di animazione. Il cammino che si apre davanti a noi, anche
alla luce degli Orientamenti pastorali della Cei, ci
richiede dunque di affrontare alcuni nodi relativi alla
sotto i riflettori
In alto: alcuni componenti
della Presidenza
di Ac al lavoro.
Da sinistra: Maria Graziano,
Paolo Trionfini,
mons. Ugo Ughi,
mons. Domenico Sigalini,
Franco Miano,
Gigi Borgiani,
Mirko Campoli
e Chiara Finocchietti
formazione degli educatori: come coniugare la formazione personale e quella specifica al servizio
educativo? Quali contenuti e quali caratteristiche
individuare perché la formazione degli educatori non
sia lasciata “al caso”? Come approdare all’individuazione di scelte e buone prassi formative che, pur
garantendo le giuste mediazioni locali, giungano alla
definizione di una formazione degli educatori condivisa e spendibile su tutto il livello nazionale?». C’è
poi una seconda direzione di impegno che è rivolta
alla fascia dei preadolescenti. «Credo sia compito
dell’Acr continuare a qualificare il proprio impegno
verso questa età così particolare, in cui si “gioca” il
momento decisivo della scelta di fede».
“Compromettersi” nella storia
Le valutazioni del settore Adulti
«Il settore Adulti, nel corso del triennio,
ha decisamente puntato l’attenzione
sulla proposta formativa ordinaria, nella
convinzione che l’educazione del
mondo adulto rappresenti una delle
questioni più serie, per dirla in una battuta, che investe il tessuto della Chiesa
italiana». Maria Graziano e Paolo Trionfini sono i due vice presidenti nazionali
per il settore. «In questa prospettiva, si
è curato particolarmente il sussidio del
cammino annuale, per renderlo pienamente disponibile agli adulti di ogni età
e condizione di vita. L’ampiezza generazionale e la ricchezza diversificata dei
percorsi personali hanno indotto a
I 04/052011
riservare un supplemento di cura alle fasce più
esposte del settore – gli adulti-giovani e gli adultissimi – attraverso la preparazione di due sussidi
metodologici, che possano sostenere il cammino di
formazione. In questa linea, si è incentrata anche la
cura degli animatori dei gruppi, elemento irrinunciabile della “catena” virtuosa attraverso la quale si
dipana la vita associativa». Si è, inoltre, cercato –
attraverso specifici moduli per responsabili – di «far
maturare ulteriormente la consapevolezza dell’esigenza di ritrovare un “ambiente caldo” come il
gruppo, nel quale il percorso formativo restituisca
l’intreccio fecondo tra fede e vita, integrando le
diverse dimensioni (sociali, culturali, antropologiche) che toccano il vissuto del mondo adulto. Per
renderlo sempre più aperto alla tensione evangelizzatrice, si sono spinti gli adulti di Azione cattolica a
compromettersi nella storia, maturando un’ancora
più dedita disponibilità al servizio ecclesiale e civile,
come educatori delle nuove generazioni, collaboratori della pastorale ordinaria, animatori della carità,
amministratori pubblici».
Quali indicazioni o spunti avete in mente per il cammino del prossimo trionnio? «Per il futuro occorre
adoperarsi ancora perché agli adulti si lascino gli
spazi e i tempi per curare le proprie persone con
un’intensa vita di fede, attraverso l’esperienza dell’autoformazione e dei gruppi di appartenenza, che
poi si declina in un’amabile e significativa presenza
nella vita quotidiana, in un apporto al territorio con
spirito di servizio, di reale competenza e di sana
indignazione; l’obiettivo è vivere da “laici nella Chiesa e cristiani nel mondo” invece che da “cristiani
13
sotto i riflettori
nella Chiesa e laici nel mondo”». Maria e Paolo proseguono: «Per liberarci dall’essere “chierici” in parrocchia e dal giudicare i fatti del nostro tempo
lasciandoci “rimorchiare”, la sfida è dedicare meno
tempo alle grandi organizzazioni, più tempo a confrontarsi con la Parola e a fare discernimento nei
consigli di Ac, negli organismi di partecipazione
della comunità cristiana. Il nostro settore – aggiungono – oggi si sente chiamato a investire energie
nel formare persone libere, sempre più capaci di
capire l’oggi e di scegliere nell’oggi, senza rimpianti
di mitiche età dell’oro. Davanti a noi ci sono adulti
capaci di favorire un’appartenenza gioiosa alla
Chiesa, nell’accompagnare altri adulti, ragazzi e
giovani, che non sono sequestrati con l’attivismo,
né sono fregiati di titoli per guardare il mondo dall’alto in basso. La sfida è che l’Ac li formi a non
avere la testa tra le nuvole, ma a guardare le cose
della terra con lo sguardo d’amore di lassù».
Per i Giovani spiritualità,
cura degli affetti e bene comune
Vita spirituale e cura degli affetti sono
invece i due punti caratterizzanti del
triennio che si chiude secondo Chiara
Finocchietti e Marco Iasevoli, vice presidente per il settore Giovani. Dicono a
Segno: «Riproponendo la Regola di vita
dei giovani e giovanissimi di Ac, si è
voluto indicare con chiarezza che la vita
spirituale non coincide, come spesso si
ritiene, con una vita di preghiere. Vita
spirituale, per un giovane e un giovanissimo di Ac, è lo sforzo di lasciar illuminare dallo Spirito ogni frammento
della propria esistenza: vita interiore,
vita sociale, dubbi, gioie, affetti, relazioni, servizio... Tutte queste dimensioni
non sono separate l’una dall’altra: in
ciascuna di esse, e nella loro unità, si
testimonia la vita buona del Vangelo». E a proposito
della cura degli affetti e del bene comune puntualizzano. «Tra le tante domande dei giovani e dei giovanissimi, si è scelto di approfondirne due in particolare, quelle relative alla vita affettiva e al bene
14
I 04/052011
comune. Quanto alla prima, l’Ac intende fare ai giovani e ai giovanissimi una proposta chiara, fondata
sulla bellezza e centralità delle relazioni, sulla
meraviglia del proprio corpo, sulla necessità di pensare a un proprio compiuto progetto di vita. Con un
linguaggio nuovo e diverso, con uno stile meno
bigotto e ipocrita rispetto alle difficoltà che i giovani
incontrano nel vivere la propria corporeità e sessualità». Quanto alla seconda, l’Ac «intende caratterizzare ancora con più decisione la propria proposta formativa: la formazione sociale, culturale e
politica non è un di più, ma è il cuore della formazione in un’associazione che si dice laica e aperta al
mondo. Nello specifico, si tratta di favorire, insieme
al nascere di vocazioni educative, anche la nascita
di vocazioni al servizio del bene di tutti».
Quali gli spunti per il futuro? «Recuperare – sostengono Chiara e Marco – nella vita dell’associazione,
con tempi e modalità diverse, l’ampia fascia d’età
tra i 25 e i 40 anni, in una forte collaborazione con il
settore Adulti, per offrire loro un accompagnamento
delicato in una fase complessa della vita, e per
recuperare un grande bagaglio di esperienze associative ed educative.
La qualità della formazione, e in particolare la qualità della formazione degli educatori di giovani e giovanissimi. Educatori testimoni di vita e di fede, ben
inseriti nella vita associativa ed ecclesiale, con un
intenso tratto umano coniugato a un’intensa vita
interiore».
Movimento studenti: imparare
dalla storia e dai testimoni
Questo triennio per il Msac «è stato innanzitutto un
appuntamento con la storia: la sua e quella del
paese, intrecciate nelle storie personali degli studenti che fra tante generazioni lo hanno attraversato, passandosi il testimone della partecipazione
studentesca di mano in mano». Saretta Marotta sta
concludendo la guida del Msac per il triennio 20082011. Chiarisce a Segno. «Questi tre anni sono stati
l’occasione innanzitutto per riallacciare i legami con
ciascuno di loro, specie gli ex responsabili nazionali, con i quali abbiamo condiviso idee e progetti e
dell’analisi dei quali ci siamo giovati per ripensare
sotto i riflettori
le prospettive d’impegno del Msac del
futuro». Dall’incontro con questi “testimoni”, dei quali sono raccolti i messaggi sul sito
del movimento
www.movi100.azionecattolica.it, «è
nata l’idea della Scuola nazionale di
giornalismo studentesco, uno dei frutti
più belli di questo triennio, sicuramente
l’idea più innovativa. Non si è trattato solo di tre
giorni di approfondimento con esperti e professionisti del settore per imparare un mestiere, ma della
scommessa di rilanciare la tradizione dei giornalini
studenteschi, che è stata l’anima del movimento
per molti anni in passato. Su questo campo il movimento nazionale dovrà ancora lavorare molto, per
accompagnare ogni circolo in quest’avventura».
La fotografia più viva di questo triennio è stata, per
Saretta, la Scuola di formazione per studenti che ha
riunito 1.600 ragazzi a Rimini. «Non è stato solo un
evento, una festa, uno strumento pubblicitario di
massa o una grande emozione. È stato un esperimento concreto e reale, curato in ogni dettaglio, di
primo annuncio. Ragazzi che non hanno mai conosciuto l’Azione cattolica, che si sono allontanati
dalla parrocchia o che magari semplicemente non
avevano mai considerato la possibilità di vivere la
scuola come un tempo attivo che interpella la loro
responsabilità e il loro protagonismo, hanno potuto
fare esperienza di una proposta diversa, che parla
alla quotidianità della loro vita. Soprattutto, hanno
ricevuto uno “stile”: dai relatori, come Giovanni
Maria Flick, Beatrice Draghetti, Giorgia Meloni, e
anche dai coetanei che hanno visto intorno a loro e
con loro agitarsi, intervenire e testimoniare una
passione. È questo stile, questa testimonianza di
giovanissimi impegnati, appassionati,
che lavorano con impegno e gioia per le
loro scuole, il vero cuore della vita del
nostro movimento».
Guardare oltre l’Ac: l’impegno
del Movimento lavoratori
Per il Mlac risponde il segretario
nazionale uscente, C r i s ti a n o N er v e g n a. «Mi sembra che il Movimento
I 04/052011
lavoratori in questo triennio abbia colto la sfida di
aprire ancora di più la propria attività a contributi
esterni, provenienti da singoli o da gruppi e associazioni non necessariamente legati all’Azione
cattolica, traendo da queste sinergie grande
beneficio e arricchimento. Si pensi ai tavoli interassociativi per la festa di San Giuseppe o il progetto dei “pacchi per l’Abruzzo” per il terremoto
che ha colpito l’Aquila, così come l’iniziativa “Svista”, sugli stili di vita, aperta alle piazze delle città
e ai gruppi ecclesiali presenti nel territorio». Questa visione «ha fatto crescere molto gli iscritti e la
simpatia verso il movimento, così come il numero
delle diocesi che hanno costituito o stanno
costruendo il Mlac».
Altro passaggio rilevante è stato, secondo Cristiano, quello dei progetti attivati con la “progettazione
sociale” del Movimento, «che ha visto più di 80 iniziative innovative, di pastorale del lavoro, pervenire
alla segreteria nazionale, che le ha seguite e, ove
possibile, finanziate e osservate con un entusiasmo indescrivibile e la convinzione che oggi più
che mai si debba parlare di lavoro con e per i giovani. In questo senso la collaborazione con il progetto Policoro della Cei ha segnato nel triennio un
punto di svolta non soltanto per il movimento, ma
per tutta l’Ac».
E se volessimo indicare gli orizzonti per il futuro? «Io
credo che le sfide dell’Azione cattolica sono più che
mai interne – risponde Nervegna –. Riguardano la
capacità di dotarsi di strutture e di un’organizzazione veramente missionaria. Credo sia una questione
di mentalità (capita ancora troppo spesso di sentir
usare il termine “associativo” per distinguere più
che per includere) e, appunto, d’organizzazione
interna. Per essere vicini alle persone e offrire loro
una formazione che raggiunga i gangli della vita è
necessario crescere in queste due dimensioni. È,
per altro, uno sforzo urgente per tutta la Chiesa;
l’Ac ritengo sia l’associazione che, per caratteristiche e sensibilità, dovrebbe interpretare prima e
meglio di altri questa sfida. Alla luce di quest’esigenza, il Mlac deve, a mio parere, spostare ancora
di più l’attenzione sugli ambienti di vita, facendone
g
il centro di qualsiasi attività». ■
15
sotto i riflettori
L’esperienza/1
Quei lavoratori
nella vigna
l regno dei cieli è simile a un padrone di
casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. È così che
si comincia in Ac: siamo lì, nella piazza
della vita e abbiamo desiderio di lavorare con i più
piccoli, per la parrocchia; abbiamo desiderio di
stare con gli altri e fare qualcosa di bello e buono
insieme; qualcuno ci chiede una mano e noi diciamo sì». Ci sono infinite modalità per spiegare le
motivazioni e la gioia che spingono a stare nell’Ac,
a mettersi in gioco, a occuparsi, anche tramite
essa, dei fratelli, della parrocchia e della Chiesa
universale. Chi ar a Ben ci oli n i (ritratta nella foto),
presidente diocesana per sei anni a Padova, ne ha
scelto uno originale. In chiusura del suo mandato,
durante l’assemblea della diocesi del 27 febbraio, si è spiegata così...
«Tra noi c’è chi è arrivato all’alba, sono i
nostri adultissimi, i più esperti, quelli che
hanno faticato di più, che ne hanno viste di
tutti i colori: la guerra, la fame, la ricostruzione del nostro paese. La loro fede è forte e
radicata, la loro passione per la Chiesa e l’Ac
dura da tanti anni e continuano a mostrarcelo. Poi, a metà mattina, sono arrivati gli adulti
impegnati a costruire una famiglia, a manteNel suo intervento nere un lavoro in questi tempi difficili, a
essere cristiani coerenti in ogni luogo della
all’assemblea
vita come ci ha insegnato il Concilio. Se sono
diocesana di
ancora qui è perché grazie alla formazione di
Padova, la
presidente uscente tanti anni sono radicati nell’impegno nonostante le occupazioni quotidiane, il tempo
Chiara Benciolini
che vola, le fatiche della vita familiare e di
ha trovato una
modalità originale coppia».
«A mezzogiorno ecco arrivare i giovani, pieni
per indicare il
di desideri, di pensieri e preoccupazioni per il
perché della
futuro. Ci stanno a lavorare, ma non a perdere
vocazione
tempo e nella corsa della loro vita chiedono
associativa
«I
16
I 04/052011
proposte leggere e forti di formazione e spiritualità e
chiedono di essere riconosciuti e valorizzati come
giovani. Alle tre in piazza ci sono i giovanissimi: chi
darebbe lavoro agli adolescenti? Sembrano sfaticati,
incostanti, inaffidabili. Eppure in Ac c’è chi dà credito
anche a loro, perché sono freschi e hanno energie da
vendere, sanno appassionarsi per le cose belle,
hanno sogni grandi. E finalmente alle cinque arrivano
i ragazzi e, incredibile, anche per loro c’è spazio nella
vigna: pochi sembrano credere che i bambini e i
ragazzi possano essere protagonisti della loro vita e
offrire un contributo alla vita comune, possano comprendere le questioni importanti, ma l’Acr c’è per
questo, per dare loro la parola».
Chiara Benciolini riflette a voce alta: «Eccoci tutti qui
nella vigna del Signore: stando insieme abbiamo
imparato a conoscerci, a valorizzare le ricchezze degli
altri, a fare spazio a chi viene dopo, ad ascoltare chi è
qui da tanto. Nessuno dice agli altri cosa fare, ma tutti
insieme si riflette, si progetta e si lavora, occupandosi
tutti di tutti. Noi la chiamiamo unitarietà ed è uno dei
doni più belli che l’Ac ci fa e che io personalmente ho
sperimentato nella quotidianità di questi sei anni. [...]
Il bello è che, stando nella vigna, scopriamo che non
siamo stati noi a decidere di andare a lavorare, ma c’è
Qualcuno che ci ha cercati e chiamati, non per un piccolo servizio, ma per dare significato a tutta la nostra
vita. Così, a un certo punto, smettiamo di fare l’Ac e
diventiamo gente di Ac: quando comprendiamo, grazie ai percorsi di formazione, ai momenti di spiritualità, alle esperienze vicariali e diocesane, all’amicizia
con qualche responsabile o assistente, che l’Ac è una
vocazione, sì, proprio una chiamata».
Chiara lancia un messaggio riassuntivo. «Conosciamo l’Ac, costruiamo l’Ac, amiamo l’Ac perché è il
nostro modo di amare fedelmente il Signore, di
stare con gioia e responsabilità nella Chiesa e di
g
abitare il mondo con passione». ■
sotto i riflettori
L’esperienza/2
Sara: vi racconto
la mia Ac
n’esperienza forte, iniziata ai tempi dell’Acr, che prosegue oggi, da giovanissima,
nell’associazione diocesana di Campobasso-Bojano. S a r a T u l l o racconta a
Segno la “sua” Azione cattolica. «La mia esperienza
in Ac è iniziata all’età di 6 anni e posso dire che per
me significa innanzitutto fare una scelta, la scelta di
mettersi in gioco, di essere protagonisti della propria vita, di assumersi responsabilità e impegni. Ma
soprattutto vuol dire aver voglia di comprendere e
amare Cristo, per comprendere e amare la vita, dialogando con lui».
«Naturalmente tutto questo non lo pensavo già
all’età di 6 anni, ma ricordo con quale gioia e vitalità
non vedessi l’ora di partecipare all’incontro settimanale di Acr, del quale più di ogni altra cosa
amavo il momento iniziale: quando ci disponevamo
in cerchio e, prendendoci per mano, recitavamo il Padre nostro. Ricordo che mi sentivo
Una giovanissima
sempre molto emozionata, forse perché
di Campobassoavvertivo la forte presenza dello Spirito. Era in
Bojano, cresciuta
quel momento che formavamo una famiglia,
nell’Acr, ha
grande e unita. È stato anche questo che mi
partecipato
ha spinta a continuare questa fantastica
all’assemblea
diocesana dedicata esperienza, nonostante le difficoltà, nonostante gli impegni... non potevo mancare alla
al tema
riunione di Ac. Ormai dal divertimento si era
dell’educazione
passati al confronto, all’affrontare temi tipici
di un adolescente: grazie ai miei educatori ho
scoperto Cristo, la sua vera essenza, il suo amore
per me, la mia necessità di comunione con i fratelli,
il bisogno di una guida di Ac, il bisogno di un padre
spirituale».
Il 30 gennaio Sara ha partecipato all’assemblea
diocesana e spiega: «Tema dell’incontro era l’urgenza educativa; una sfida per le famiglie, gli educatori, i consacrati. Durante il dibattito è emerso
come, oggi, questa urgenza non abbia forse come
U
I 04/052011
soggetto principale le nuove generazioni, quanto
invece gli adulti, manchevoli di convinzioni, di valori
etici e morali, di verità su cui basare la propria vita e
ogni propria azione. Proprio a causa di questa mancanza, mancanza di senso di responsabilità, i giovani sono oggi fragili e poco interessati (o poco
coinvolti) a coltivare esperienze forti e di senso di
cui si sentano partecipi e delle quali avvertono sempre più forte la necessità, scoprendo giorno dopo
giorno un vuoto nelle proprie vite. Ciò che poi ancor
più li disorienta è lo scollamento che si verifica tra le
diverse agenzie educative (famiglia, scuola,
società, mass media, politica); tra esse non sempre
si trova unità d’intenti, ma soprattutto non sempre
si trova coerenza».
Ciascuno deve dunque sentire la “responsabilità
educativa”, aggiunge Sara Tullo, convinta che tutti
si debbano sentire educatori responsabili di fronte
ai più piccoli, alle persone che si hanno accanto. «A
questo proposito – osserva – è bello osservare
come gli adulti di Ac continuino il loro cammino,
mettendosi in discussione e avendo come riferimento Cristo, il vangelo, il magistero della Chiesa.
Quindi è nell’associazione che si cresce, ci si forma
con amore, libertà e disciplina, motivando continuamente il sentirsi attivi e al servizio dell’educag
[g.b.]
zione e del bene comune». ■
17
sotto i riflettori
L’esperienza/3
Una fede
che ama la terra
di Mariangela Parisi
uomo abita l’ambiente, lo amministra
rendendolo territorio, ne determina la
storia, visibile nel paesaggio. Tutela dell’ambiente, lavoro per il bene comune e
tutela del patrimonio storico artistico ovvero del
paesaggio sono dunque di vitale importanza, priorità il cui perseguimento il nostro paese non può non
ribadire, soprattutto in occasione dei 150 anni dell’Unità. Il paesaggio, in particolare, è il fattore evidente dell’indivisibilità dell’Italia, innegabile al
punto che la sua tutela – e quella del patrimonio
storico-artistico – è inserita tra i principi fondamentali della nostra Costituzione, precisamente nell’art.
9.: proposto dal democristiano Aldo Moro e del
comunista Concetto Marchesi, l’articolo venne
ritenuto importante baluardo contro ogni forma di
“scellerata e scriteriata” ipotesi federalista. Oggi
l’articolo 9 ancora resiste, ma nella martoriata
Campania sembra dimenticato da tempo: l’uso
della logica della discarica come soluzione per lo
“smaltimento” dei rifiuti sta infatti incidendo
sul paesaggio della regione, mettendo a risLa tutela del
chio parte della storia d’Italia.
territorio in
Richiamando all’unità e alla responsabilità,
Campania fra
l’Azione cattolica della diocesi di Nola, ha
disperazione e
speranza. L’Azione organizzato, in collaborazione con l’Ufficio
diocesano per la salvaguardia del creato, alla
cattolica di Nola
Caritas diocesana, a Comunione e liberapre al confronto
azione, alla Comunità missionaria di Villareper un modello
gia, alla Fuci, al Meic, al Mieiac, al Movimento
di sviluppo più
etico e sostenibile dei focolari, all’Ordine francescano secolare
italiano, all’Ordine secolare dei servi di Maria
e a Rinnovamento nello Spirito Santo, il convegno Una fede che ama la Terra: la tutela del territorio fra disperazione e speranza, svoltosi a Scafati
(Salerno) lo scorso 3 febbraio.
Un momento per riflettere – attraverso la visione di
filmati relativi ad alcune zone degradate del territo-
18
L’
I 04/052011
rio diocesano, ma la cui bellezza ancora sembra
resistere al degrado, e il contributo del prof. Luigi
Fusco Girard, ordinario di Economia ed estimo
ambientale all’Università Federico II, relativo alla
possibilità e la necessità di coniugare sviluppo economico e utilizzo sostenibile delle risorse naturali –
ma anche per essere educati da “buone pratiche”
già in atto sul territorio e portate avanti da quanti
hanno scelto di restare in Campania e difenderla: la
spesa a km 0 e i gruppi di acquisto solidale, per
coniugare minor spesa e minor impatto ambientale;
la “Rete fagotto”, per recuperare oggetti regalandoli; il compostaggio domestico, per trasformare in
concime il rifiuto organico; il Banco alimentare, per
distribuire cibo altrimenti destinato alla discarica; la
diffusione di sacchetti per la spesa, riutilizzabili.
Esperienze di pochi ma di grande speranza, importanti per contribuire a un cambiamento culturale
forte che spinga all’assunzione di uno stile di vita
fondato sull’essenziale: esperienze che nascono
dall’amore per il proprio territorio, dall’amore per
g
l’Italia intera. ■
sotto i riflettori
L’esperienza/4
Il cuore del mondo
batte qui da noi
a XIV assemblea nazionale dell’Ac avrà
una forte connotazione internazionale. La
stessa assemblea, infatti, sarà presieduta
da Emilio Inzaurraga, presidente dell’Ac
argentina e coordinatore del segretariato del Fiac.
Non è un caso che ciò avvenga. Semmai è la constatazione di un intenso lavoro che l’Ac italiana,
attraverso il Fiac, ha fatto negli ultimi anni nel promuovere l’Azione cattolica nel mondo. Lo stesso
presidente nazionale, Franco Miano, è convinto che
solo da un approccio globale all’impegno dei laici
che tenga conto di geografie e terre, di provenienze
e diversità, potremmo arrivare a una “buona notizia” davvero per tutti i popoli della terra.
Il segretariato del Fiac sarà presente con delegati
provenienti da Italia, Argentina, Burundi,
Myanmar, Polonia e, all’interno dei lavori
La XIV assemblea
associativi, è previsto anche un momento per
nazionale di Ac
sarà presieduta da le attività del segretariato stesso. Ci saranno
Emilio Inzaurraga, anche i rappresentanti della Romania, visto
che nel 2012 il segretariato svolgerà la sua
argentino e
assemblea proprio in quel paese. Tanti amici
coordinatore del
dell’Ac sparsi nel mondo, dunque, sbarcheFiac. Si punta lo
ranno in quei giorni a Roma per condividere
sguardo anche
un’idea di Ac che non ha paura delle distanverso un “altro”
ze. Ci sarà sicuramente mons. Marcuzzo,
mondo che vuole
vescovo ausiliare di Nazareth, che rapprecondividere la
senterà in maniera “ufficiale” la vicinanza
“buona notizia”
storica tra Terra Santa e Ac. A tal proposito si
con noi
esporrà di nuovo la mostra Sguardi sui cristiani in Medioriente, realizzata dalle edizioni
Terra Santa e dall’Ac in occasione del recente Sinodo sul Medioriente dello scorso ottobre, ed esposta
in una due settimane di incontri con un notevole
successo. E oltre gli amici della Terra Santa i delegati italiani di Ac impareranno a conoscere i “colleghi” della Bosnia Erzegovina, Albania, Spagna,
Malta, Svizzera e anche Slovacchia e Bulgaria.
L
I 04/052011
Una novità è rappresentata proprio da Bulgaria e
Albania. Qui sta nascendo la nuova Ac e questo
lavoro di formazione e attenzione al processo di
crescita è seguito non solo dal Consiglio nazionale
di Ac, ma anche e soprattutto da alcune diocesi. In
Albania le diocesi di Trani, Adria- Rovigo e Mondovì
seguono con corsi di formazione “in loco” presbiteri, religiose e laici, mentre la diocesi di Fermo da
tempo cura i rapporti con la nascente Ac della Bulgaria.
Insomma, non solo pubbliche relazioni e foto ufficiali a ricordo dell’evento. In questa XIV assemblea
il ruolo internazionale dell’Ac farà da collante all’intero dibattito. Un’associazione che si arrocca troppo sulle proprie parrocchie e diocesi non fa tanta
strada. Mentre oggi, dai sud del mondo, c’è un’energia nuova e una passione di radicalità evangelica che sta risvegliando le nostre coscienze occidentali un po’ troppe addormentate.
Benvenuti allora, cari amici del Fiac. Fateci capire
come annunciate la “lieta notizia” nell’altra parte
g
del mondo. ■
giadis
19
sotto i riflettori
Sempre con
le mani alzate
di Simone Esposito
na selva di mani alzate. Callose di lavoro,
lisce di gioventù, rugose di esperienza, con
le unghia dipinte oppure no, oppure mangiucchiate di stanchezza, qualche volta. A
riguardarsele, le foto delle quattordici precedenti
assemblee nazionali dell’Azione cattolica (tredici ordinarie e una straordinaria), c’è dentro un mondo intero.
Ci sono generazioni ormai lontane fra loro. Qualche
faccia di giovani ormai non più giovani. Anche quella
di qualcuno che non c’è più. Ci sono camice e giacche
improbabili. Barbe e tagli di capelli ancora più improbabili. Eppure, in quel bianco e nero che diventa colore sbiadito e poi ancora ad alta definizione, ci sono
sempre quelle mani alzate. Sempre alzate: per discutere, proporre, e alla fine per votare, in nome di una
responsabilità personale e comunitaria.
Forse sono proprio quelle benedette mani il simbolo
delle assemblee dell’Ac: una vicenda ormai lunga più
di quarant’anni, cominciata con l’approvazione del
nuovo Statuto post-conciliare e con la scelta religiosa, e di cui oggi ci apprestiamo a vivere un’altra
tappa. È nello scorrere di questo incontrarsi a Roma
ogni tre anni, un migliaio di persone a rappresentarne centinaia di migliaia, che si legge anche lo scorrere della storia della nostra associazione, le sue scelte
fondamentali, il suo costante trasformarsi e
crescere per servire meglio la Chiesa e il
Quattordici scatti
paese.
per una storia
«Se ricominciassi da capo, incomincerei
che continua.
con l’Azione cattolica. Sì, è così. Se ricoTredici assemblee
minciassi, incomincerei come allora. L’eordinarie, più una
sperienza che ne è venuta, che ognuno di
straordinaria,
noi sente dentro, mi ha fatto convinto di
che raccontano
questo». È il 25 settembre 1970: a parlare è
la vivacità di
Carlo Carretto, “tornato a casa” diciotto
un’associazione
che ha lasciato segni anni dopo le sue burrascose e forzate
dimissioni dalla presidenza della Giac. Cardi speranza nella
retto, nei primi anni Cinquanta, aveva pagaChiesa e nel paese
20
U
I 04/052011
to le sue intuizioni arrivate troppo in anticipo sui
tempi, ma che poi sarebbero state legittimate dal
Concilio e nella nuova Ac: nel corso della I assemblea (dal titolo Forza e via di speranza nella società
di oggi) fratel Carlo viene a benedire idealmente il
rinnovamento guidato da Vittorio Bachelet. Quel
Bachelet che, congedandosi dalla presidenza, alla II
assemblea del 1973 (Un rinnovato impegno verso
tutti i fratelli), citerà il poeta indiano Tagore: «Tutti
dovremmo poter dire alla fine della nostra vita: “Io
dormivo e sognavo che la vita non era che gioia; mi
svegliai e ho visto che la vita non era che servizio. Io
ho servito e ho visto che il servizio era la gioia”. Che
tutti noi sappiamo davvero riscoprire che il servizio
è la gioia. Questo è l’augurio del vostro fedele servitore, il “campanaro della Domus Pacis”».
Il “campanaro” passa la mano a Mario Agnes, che
condurrà l’associazione alle assemblee del 1977 e
del 1980. Storiche entrambe, nel bene e nel male:
durante la III (In missione in Italia per la civiltà dell’amore) Paolo VI fisserà in maniera straordinaria il
ruolo dell’Ac nella vita della Chiesa («ha un posto
non storicamente contingente, ma teologicamente
motivato nella struttura ecclesiale»); nel corso della
IV (Costruire la comunità ecclesiale da laici per animare da cristiani la società italiana) l’associazione
si ritroverà insieme per la prima volta a sette mesi
dal martirio laico di Bachelet, nell’anno più sanguinoso della storia repubblicana, quello della stazione
di Bologna e di Ustica.
Gli anni Ottanta saranno caratterizzati dalla presidenza di Alberto Monticone e da una forte dialettica tra
l’Ac e l’episcopato italiano: sono gli anni della V
assemblea (Laici chiamati a condividere con la Chiesa le ansie e le speranze degli uomini di oggi, 1983) e
soprattutto della VI (Ac: Associazione di Laici per la
missione della Chiesa in Italia, 1986). In mezzo c’è
stato il Convegno ecclesiale di Loreto, con il fonda-
sotto i riflettori
mentale intervento di Giovanni Paolo II che segna
l’indirizzo pastorale della Chiesa italiana per gli anni a
venire: la VI assemblea, di conseguenza, è segnata
da un dibattito intenso e franco che coinvolge tutti i
responsabili e al quale prende parte anche il presidente della Conferenza episcopale, il cardinale Poletti, arrivato ai vertici della Cei proprio in seguito al
Convegno di Loreto. Nell’asprezza del confronto
qualcuno ci vuole leggere solo la polemica: in realtà è
quella normale tensione radicata nella scelta democratica interna dell’Azione cattolica, dove nessun
leader si può prendere il lusso di decidere per tutti.
L’Ac si rafforza ancora di più nel proprio legame a
filo doppio con la gerarchia ecclesiale e prosegue il
proprio cammino: alla presidenza arrivano prima
Raffaele Cananzi (VII assemblea, Per la vita del
mondo. Nella Chiesa e nella società italiana, il servizio dell’Azione cattolica per gli anni ‘90, e VIII, Azione cattolica: laici in missione con il Vangelo della
Carità), poi Giuseppe Gervasio (IX assemblea, Perché il mondo si salvi per mezzo di Lui, e X, Testimoni
di speranza nella città dell’uomo). Nel frattempo
sono trascorsi oltre dieci anni e l’Italia e il mondo
sono cambiati: la caduta del Muro, il crollo cruento
della Prima Repubblica e la nascita (zoppa) della
Seconda.
Anche l’associazione, costantemente, riflette e si
ripensa per adeguarsi ai nuovi bisogni pastorali della
società. La novità arriva con la prima presidenza
nazionale dell’Ac guidata da una donna, Paola
Bignardi. Si apre un’intensa stagione di rinnovamento che parte con l’XI assemblea del 2002 (Con
lo sguardo fisso su Gesù. Volto da contemplare. Volti
da incontrare), memorabile perché per la prima volta
si prova a mandare in pensione l’alzata di mano e si
I 04/052011
sperimenta per l’approvazione del documento
assembleare un sistema di voto elettronico. Ma i
telecomandi fanno cilecca, le mani si prendono la
loro rivincita sulla tecnologia e si torna in fretta e
furia al vecchio sistema: i delegati faranno le tre del
mattino per approvare tutti gli emendamenti, stremati ma soddisfatti. È nel corso di quell’assemblea
che l’associazione deciderà di aver bisogno di rinnovare radicalmente il proprio Statuto, fatti salvi i principi fondamentali: ci si dà appuntamento all’anno
seguente. L’assemblea straordinaria del 2003 è
caratterizzata ancora una volta da un dibattito serratissimo: un confronto intenso in aula, preceduto da
una discussione altrettanto intensa nelle diocesi,
che comunque non impedirà ai delegati di approvare lo Statuto rinnovato con oltre l’80% dei voti. L’Ac
si ritroverà l’anno seguente all’incontro nazionale di
Loreto, tappa che di fatto segna anche la conclusione del lunghissimo pontificato di Giovanni Paolo II.
Sarà il suo successore, Benedetto XVI, a segnare le
ultime due assemblee. Una coincidenza provvidenziale fa sì che la XII assise nazionale del 2005 (Dare
ragioni di vita e di speranza. La missione dell’Azione
cattolica, in parrocchia e oltre) si chiuda proprio
nella domenica dell’inizio del ministero pastorale del
Papa neoeletto: tutti i delegati saranno presenti a
messa in piazza San Pietro. E sempre a San Pietro, il
4 maggio 2008, si concluderà l’ultima assemblea, la
XIII (Cittadini degni del Vangelo. Ministri della
sapienza cristiana per un mondo più umano), guidata dal presidente nazionale Luigi Alici. Una piazza
stracolma di 150mila soci venuti a festeggiare i 140
anni dell’Ac. E anche la scelta democratica di un’associazione che continua a ritrovarsi e a discutere
g
senza risparmiarsi. Sempre con le mani alzate. ■
21
sotto i riflettori
intervista con
Maria Voce
e Franco Mosconi
di Gianni Di Santo
Visti dagli altri
hiesa e Ac, impegno dei laici e costruzione del bene comune. Abbiamo chiesto a
Maria Voce, presidente del movimento
dei Focolari, e a Franco Mosconi, priore
dell’Eremo camaldolese di San Giorgio a Bardolino
sul Garda, alcune riflessioni sul prossimo dibattito
assembleare.
C
L’Azione cattolica italiana si appresta a celebrare la
sua XIV assemblea nazionale. Un momento di verifica democratica interna ma anche un momento di
confronto con la Chiesa e la comunità civile.
Voce. Sarà di certo un appuntamento importante
non solo per l’Azione cattolica, ma anche per la
Chiesa italiana e il nostro paese. L’Ac ha un patrimonio di vita e di cultura più che mai prezioso per il
momento cruciale che stiamo vivendo. Assicuriamo
perciò sin d’ora le nostre preghiere affinché lo Spirito Santo illumini il cammino da percorrere. In quel
momento vorremmo dare un segno
concreto di amicizia e condivisione
Compassione, dialogo,
attraverso la partecipazione all’asattenzione alla Parola,
semblea della nostra delegata nella
laici che collaborano
Consulta nazionale delle aggregainsieme: sono alcune
zioni laicali.
delle parole che la
M os c o n i . Essere portatori della
presidente di un
movimento ecclesiale
Parola significa essere testimoni di
e un monaco – da sempre un annuncio di liberazione per l’uoattenti all’Ac – offrono
mo che vive oggi il suo travaglio epoalla riflessione dei lettori cale. La Parola è una luce per oriendi Segno in vista
tare il nostro cammino e per illumidell’appuntamento
nare le nostre domande sulla vita:
assembleare. Maria Voce: essa spiega, dà senso, svela aspetti
impensati della realtà; offre un altro
«Intensificare la
punto di vista sulla storia umana. La
comunione e operare
Parola è la persona stessa del
insieme per il bene
Signore che si fa compagna di viagcomune». Franco
gio, ci parla, ci indica la strada. Il
Mosconi: «Impegno
trascinante e coraggioso Vaticano II ha fatto irruzione nella
vita della Chiesa con una novità
per l’attuazione
incredibile, ma quelle intuizioni e
del Consiglio»
22
I 04/052011
quella profezia sono ancora da suscitare. Il Vaticano
II attende ancora una sua attuazione concreta.
Come vedrei volentieri un’Ac che si fa promotrice,
trascina e stimola con coraggio profetico il cammino della Chiesa verso l’attuazione del Concilio.
C r i s i d e l l a po l i t i c a e b e n e c o m u ne : i m o v i m e n t i
ec c l e s i a l i e l ’ a s s o c i a z i o n i s m o p o s s on o d a r e u n a
s pi n t a di na m ic a a l pr o gr e s s o c i vi le d e l n o s t ro
paese?
Voce. Senza dubbio. È vero siamo in tempo di crisi,
ma proprio per questo aperto a nuove opportunità.
Penso che dovremo sempre più intensificare la
nostra comunione e operare insieme, dove possibile,
nei diversi ambienti, nelle città, a livello nazionale.
Abbiamo la responsabilità di rendere visibili le esperienze innovatrici nate dalla linfa sempre nuova del
vangelo in atto nei diversi ambiti della società. Per la
consapevolezza che – come è stato sottolineato
anche alle Settimane sociali – per incidere nella
società e imprimere quella spinta in avanti tanto attesa, oggi occorre una testimonianza di popolo.
Moscon i. Per quanto riguarda il rapporto Chiesamondo dovremmo tornare a leggere e a studiare il
cap. 4 della Gaudium et Spes dove si danno indicazioni
preziose e indispensabili per costruire e rinnovare il
rapporto tra la Chiesa e il mondo contemporaneo. «La
Chiesa, procedendo dall’Amore dell’eterno Padre…
radunata dallo Spirito Santo, ha una finalità salvifica ed
escatologica che non può essere raggiunta pienamente se non nel futuro. Ma essa è già presente qui
sulla terra, ed è composta da uomini, i quali appunto
sono membri della città terrena, chiamati a formare
già nella storia dell’umanità la famiglia dei figli di Dio...
E tale compenetrazione di città terrena e città celeste è
il mistero della storia umana (cfr. G.S.40). Quanto ai
movimenti credo sia giunta l’ora di intraprendere con
tenacia e umiltà la strada del dialogo intra-ecclesiale e
offrire a esso contenuti nuovi. Se di una cosa oggi i
movimenti hanno bisogno, dopo la legittimazione
ecclesiale del 1998, è avvicinarsi il più possibile al
sotto i riflettori
In alto: la XII Assemblea
nazionale (Roma, 2005)
vasto mondo del laicato, rinunciando a separatezze
che non gioverebbero né a loro, né alla Chiesa.
C’è u n legame da sempre tra Ac, Movimento dei
F oc o l a r i e s p i r i t u a l i t à c a m a l d ol es e . C o n f e r m at e ?
Voce. Non solo confermo. Siamo legati da qualcosa
di più che l’amicizia: la gratitudine. Chiara Lubich
stessa l’ha espressa pubblicamente nel 2003
all’assemblea straordinaria dell’Ac, per aver trascorso buona parte della sua giovinezza fra le sue
fila e aver ricevuto «una solida formazione cristiana
di base». È un grazie di cuore che esprimo anch’io,
impegnata nell’Azione cattolica sin da bambina.
Come tanti altri del movimento. Ancora, gratitudine
perché – come è noto – è stato proprio in occasione
di uno dei convegni di Azione cattolica, a Loreto nel
‘39, che Chiara – aveva allora 19 anni – avvertì «un
primo accenno d’una chiamata tutta particolare da
parte di Dio». Chiamata che segnerà la futura
nascita del Focolare. Tutt’oggi, poi, sperimentiamo
una particolare sintonia e un’intesa immediata
quando ci troviamo a collaborare a diversi livelli sul
territorio soprattutto nelle Consulte diocesane,
regionali e in quella nazionale.
Mosconi. I legami tra Ac e Camaldoli risalgono agli
anni Quaranta del secolo scorso. La tradizione
monastica millenaria di Camaldoli ha sempre creato un certo fascino per tutte le persone che venivano ospitate soprattutto nel cenobio camaldolese. La
vita liturgica, il colloquio con alcuni monaci illuminati (padre Calati e padre Giabbani) e soprattutto i
momenti di lectio divina, preghiera, silenzio, l’ospitalità e lo stesso fascino della foresta casentinese
diventavano realtà ispiratrici per una proposta
evangelica radicale e sempre rinnovata. Oltre
all’Ac, usufruivano degli ambiti camaldolesi in
I 04/052011
modo particolare la Fuci e il Meic, i laureati cattolici
di un tempo. L’iniziazione di padre Benedetto Calati
alla comprensione della Parola, della tradizione dei
Padri e la sapiente lettura dei documenti del Vaticano II portavano necessariamente il mondo ecclesiale a leggersi nel suo aspetto più vivo e profetico.
Una certa ascesi consigliata da padre Calati era
tutta incentrata nella costante “ricerca di Dio”.
Essere cristiani non è un privilegio, ma una missione ricevuta con la consapevolezza propria di chi è
stato ammaestrato dallo Spirito santo, per essere
costruttore di pace e di unità nella storia. Un cenobio in cui la comunione di vita, che non si riduceva
soltanto alla condivisione della preghiera, ma anche
dai pasti in comune tra fratelli e che si apriva alla
convivialità tra amici, creava una specie di osmosi a
livello spirituale e culturale impagabili. Inoltre il
silenzio e la solitudine legati agli ambienti monastici
aiutavano a interiorizzare i contenuti della varie lectio bibliche e i momenti liturgici.
Come è possib ile p er il laicato cattoli co attuare i
consigli sul tema dell’educare contenuti nei recenti
Orientamenti pastorali Cei per il prossimo decennio
pur nella diversità dei carismi e ministeri?
Voce. Vorrei dire innanzitutto che avvertiamo una
profonda consonanza con la parola dei vescovi,
consapevoli di quanto grave sia l’emergenza educativa. In questi ultimi anni ci siamo impegnati in un
confronto su finalità, metodi e risultati educativi che
mai mancano quando, con sempre nuova fantasia,
si aprono non solo nell’ambito del Movimento, ma
anche nelle famiglie e nelle scuole, spazi di comunione dove si rende Dio presente e si sperimenta la
forza trasformante del suo amore. Siamo perciò
23
sotto i riflettori
Nelle foto: sopra, Maria Voce
e, sotto, Franco Mosconi
grati dell’opportunità di vivere questo impegno in
comunione con tutta la Chiesa. In modo speciale
con le varie espressioni del laicato dove vivo è l’impegno di lavorare insieme, di fare rete, di essere un
coro a più voci. È il cammino in atto nella Consulta
dei Laici.
Mosconi. Viviamo in un’ora contrassegnata da molti
ostacoli e da diverse contraddizioni riguardo alla
fede. La fede, infatti, sembra non interessare gli
uomini e le donne di oggi che vivono nell’indifferenza riguardo a essa. Non solo, ma anche in coloro
che si dicono credenti, la fede appare debole e di
corto respiro, incapace di manifestare quella forza
che cambia la vita. La sua trasmissione è diventata
difficile. La fede diceva Paolo, nasce dall’ascolto
della Parola; occorre che la Parola di Dio giunga al
cuore dell’uomo. Gesù ci ha mostrato innanzitutto
una necessità: chi inizia alla fede, o a essa vuole
generare, deve essere credibile, affidabile. Gesù
usava un dialogo ravvicinato e una condiscendenza
unica, legata alla sua kenosis, cioè al suo svuotamento che lo portava a un dialogo umanissimo (la
Samaritana, Zaccheo, La Maddalena...). Gesù,
dunque, percorre un cammino di abbassamento, si
mette in dialogo, il che significa innanzitutto ascolto
dell’altro in quanto altro. Gesù era accogliente con
tutti e si prendeva cura di tutto l’uomo fino ad assumerne le debolezze e addossarsi le malattie. Era un
uomo di compassione. Solo avvicinandoci all’altro
nel modo insegnatoci da Gesù, anche noi possiamo
vivere un incontro ospitale all’insegna della gratuità
e teso alla comunione. Sono solo alcune suggestio-
ni che spero la prossima assemblea Ac possa teneg
re in conto. ■
Editrice Ave
EDUCAZIONE, CHIESA, FUMETTI E ALTRE... SORPRESE (IL “BEATO KAROL” E “IL VITTORIOSO”)
ducazione, cultura, vita ecclesiale, dibattito socio-politico. Ma anche fumetti, racconti e... altre sorprese. La casa editrice
Ave, storico marchio dell’Azione cattolica, arriva all’assemblea del 6-8 maggio con un ricco carnet di titoli e proposte. Alle
consuete e ricche pubblicazioni associative, alle riviste e ai cammini formativi, si aggiungono numerosi libri e opuscoli firmati dalla Presidenza nazionale.
Un occhio di riguardo va, ovviamente, al tema dell’educazione, al centro dei lavori assembleari. Nella nuova collana Educare
oggi figurano già quattro titoli (Chi ama educa del presidente nazionale Franco Miano, Educare, impegno di tutti curato da
Pierpaolo Triani, Il senso dell’educazione di Paola Bignardi e L’arte dell’incontro di Luca Diliberto) e altri se ne aggiungeranno. Un volume speciale, pensato in occasione della beatificazione di Giovanni Paolo II, è la pubblicazione, con introduzione
critica, dei discorsi del Papa polacco all’Ac. Un’altra pubblicazione attesa è Dialogando, raccolta dei più importanti articoli
apparsi sul trimestrale culturale dell’Azione cattolica Dialoghi. Il libro è curato da Luigi Alici.
All’assemblea arriveranno anche tre sorprese speciali. La prima è Beato Karol! Dalla A alla Z, un viaggio divertente e commovente, firmato dal fumettista Roberto Battestini, tra le parole-chiave della vita di Giovanni Paolo II. La seconda è L’Italia del
«Vittorioso», un omaggio alla storia della gloriosa testata per ragazzi pubblicata proprio dall’Ave: nel volume, dallo storico
Giorgio Vecchio, ci sarà spazio per la riproduzione integrale di molte storie a fumetti, comprese alcune opere di Jacovitti.
Terza sorpresa: Francesco, l’amico di Dio, storia a fumetti del patrono dell’Ac.
Tutte le novità e il catalogo sono nel sito www.editriceave.it.
E
24
I 04/052011
sotto i riflettori
Al centro l’educazione
di Fabiana Martini
sempre l’educazione il tema dominante
del prossimo numero di SegnoPer, la rivista che l’associazione dedica ai suoi formatori e responsabili, da quest’anno on
line per raggiungere un numero sempre maggiore
di persone. Con l’aiuto di autorevoli voci, tutte
impegnate nella quotidianità della vita associativa,
si continua ad approfondire Educare alla vita buona
del Vangelo, gli Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per il decennio 2010-2020, aiutando i
lettori a tradurre concretamente le sollecitazioni e le
urgenze proposte dai nostri vescovi all’attenzione di
chi ha la responsabilità della crescita delle nuove
generazioni.
Don Alessandro Valentino, della diocesi di Nola,
assistente diocesano unitario e regionale dell’Acr, e
Paola Bignardi, già presidente nazionale e autrice di
varie pubblicazioni su queste tematiche, ci
invitano a un vero e proprio esame di coscienNelle pagine
za con lo scopo di concentrarci non tanto e
di SegnoPer,
non solo sugli atteggiamenti dei ragazzi e dei
la rivista online
per i responsabili giovani che ci sono stati affidati, ma in primo
luogo su quelli di noi educatori, a tutti gli effetti
e i formatori,
ancora una volta si figli del nostro tempo, per compiere una sorta
presta attenzione di revisione di vita a partire da alcune domande che ci interrogano nel profondo in relazione
agli Orientamenti
alla separazione tra le dimensioni costitutive
pastorali della
della persona e agli stereotipi culturali domiChiesa italiana.
nanti, ai quali spesso finiamo con conformarci
Con un occhio
senza neanche rendercene conto. Partendo
particolare a ciò
dalla consapevolezza che non si educa senza
che essi dicono
essere a propria volta impegnati in un cammiall’Ac. Spazio
no serio ed esigente di formazione, don Valenanche alla
tino ci esorta a guardare a quelle resistenze
Assemblea
che non ci permettono di entrare a pieno ritmo
nazionale
nella trasformazione, meglio nella “trasfigurazione” della nostra esistenza, mentre la Bignardi
suggerisce di vivere il proprio tempo coltivando
quella differenza evangelica che non rende estranei
a ciò che accade ma ci fa interpreti in maniera
creativa. E di atteggiamenti dell’educatore parla
anche mons. Sigalini nella sua rubrica Filodiretto
È
I 04/052011
con l’assistente. Altri due assistenti che ci offrono
spunti di riflessione sono don Antonio Mastantuono, che si sofferma sulla fatica di trasmettere valori
e senso da una generazione all’altra, e don Ugo
Ughi, che ci ricorda che non si può crescere spiritualmente da soli. Continua la presentazione degli
istituti della nostra associazione e più approfondimenti sulla comunicazione digitale, e naturalmente
non manca uno sguardo al cammino che stanno
compiendo i settori e le articolazioni in preparazione all’assemblea, al centro della rubrica del presidente nazionale. Infine, ma in realtà è posto all’inizio, SegnoPer ha voluto ricordare Davide Fiammengo, morto lo scorso 28 gennaio, e lo ha fatto attraverso le sue stesse parole, parole che spesso ci ha
donato e ci hanno aiutato a riflettere e a esprimere
riconoscenza per quell’esperienza di grazia che è
l’Azione cattolica. Caro Davide, al tuo ricordo «i
g
venti del cuore soffiano»: grazie! ■
25
le altre notizie
ALLA CAMERA LA LEGGE SUL FINE VITA
Mondo cattolico: una proposta condivisibile
efinire e dare dei punti fermi alle dichiarazioni
anticipate di trattamento (Dat). Questo il senso
di un disegno di legge su «Disposizioni in materia di
alleanza terapeutica, di consenso informato e di
dichiarazioni anticipate di trattamento» in discussione alla Camera, comunemente definito “legge sul fine
vita”. Tra i “paletti” posti la difesa della vita, tutelata
come «diritto inviolabile e indisponibile, garantito
anche nella fase terminale dell’esistenza», il divieto
di ogni forma di eutanasia e di aiuto al suicidio, il
rifiuto dell’accanimento terapeutico, il mantenimento di idratazione e alimentazione fino alla fine (per
evitare il ripetersi di situazioni come quella che portò
alla morte di Eluana Englaro) e la loro esclusione
dalle Dat, l’impegno del medico curante a prendere in
considerazione le volontà espresse nella Dat, ma pure
agire «in scienza e coscienza» impedendogli di consi-
D
derare «indicazioni orientate a cagionare la morte del
paziente o comunque in contrasto con le norme giuridiche o la deontologia medica».
La normativa raccoglie consensi ampi e trasversali
all’interno del mondo cattolico: da segnalare quello
di 12 esponenti impegnati in ambito comunicativo,
sociale e accademico (tra cui il rettore della Cattolica
Lorenzo Ornaghi, i direttori di Avvenire, Marco Tarquinio, dell’Agenzia Sir, Paolo Bustaffa, di Tv2000, Stefano De Martis, il presidente della Federazione dei
settimanali cattolici Francesco Zanotti, il direttore
editoriale di Tv2000 Dino Boffo, i giuristi Francesco
D’Agostino e Giuseppe Dalla Torre e la bioeticista
Assuntina Morresi), che parlano di «proposta ragionevole, condivisibile, realmente liberale e oggi non
più rinviabile, a fronte degli avvenimenti degli ultimi
g
anni su fine vita e libertà di cura». ■
IL TERREMOTO IN GIAPPONE
Solidarietà e vicinanza con la preghiera e aiuti concreti
igliaia di morti e di dispersi, un paese in ginocchio e
il rischio di una catastrofe nucleare. Così si è presentato il Giappone dopo il terremoto e lo tsunami di venerdì
11 marzo. Immagini che ci
riportano con la memoria ad
altri recenti disastri, tra cui il
sisma che proprio due anni fa
colpì l’Abruzzo. Ma alla paura e
alla tragedia per la terra che ha
tremato si sono ben presto
aggiunte paura e tragedia per
la contaminazione radioattiva.
Milioni i giapponesi in fuga
dalle aree a rischio a seguito
delle perdite nell’impianto
nucleare di Fukushima, danneggiato dal terremoto, e
anche Tokyo si è parzialmente svuotata. Mentre passeranno alla storia i 50 tecnici e gli altri volontari, che hanno
accettato di restare dentro la centrale per limitare i danni
ed evitare l’irreparabile, ben consapevoli che pagheranno
M
26
I 04/052011
caro – molto probabilmente con la vita – questo loro
impegno, così come avvenne a Chernobyl.
«Prego per le vittime e per i loro familiari, e per tutti
coloro che soffrono a causa di
questi tremendi eventi», ha
detto Benedetto XVI dopo
l’Angelus domenicale del 13
marzo, incoraggiando «quanti, con encomiabile prontezza, si stanno impegnando per
portare aiuto». «Solidarietà e
vicinanza nella preghiera»
sono state espresse anche
dalla Presidenza nazionale
dell’Azione cattolica. Tanti i
volontari che stanno portando
aiuto, tra cui quelli di Caritas
Giappone. Dall’Italia è possibile sostenere gli interventi
in programma versando un contributo sul c/c postale
347013 intestato a Caritas italiana, specificando nella
g
causale “Emergenza Giappone 2011”. ■
F.R.
Il Msac: «Noi nella pubblica istruzione ci crediamo»
a Chiesa ha molta stima e
fiducia nella scuola perché è
un luogo privilegiato dell’educazione», e «ci sta a cuore l’educazione
integrale anche attraverso la scuola
e in qualunque sede, statale o non
statale». Sono parole del presidente
dei vescovi italiani, card. Angelo
Bagnasco, pronunciate all’indomani
di una polemica innescata da alcune
dichiarazioni rilasciate, a fine febbraio, dal presidente del Consiglio,
che aveva attaccato la scuola pubblica, i cui insegnanti – secondo
quanto detto dal premier – «inculcano idee diverse da quelle che vengono trasmesse nelle famiglie». Un
attacco che non è piaciuto a quanti con la scuola hanno
a che fare, al di là di ogni schieramento politico: l’Associazione italiana maestri cattolici ha chiesto di non
coinvolgere la scuola e i suoi professionisti «nelle polemiche e nella conflittualità partitica o ideologica», l’As-
«L
sociazione italiana genitori ha invitato a sostenere e legittimare «tutti
i buoni insegnanti ed educatori,
ovunque essi svolgano la loro professione», mentre l’Associazione genitori scuole cattoliche ha parlato di
«inutile polemica che nasconde la
realtà della scuola». Deciso anche
l’intervento del Movimento studenti
di Azione cattolica (Msac), per il
quale le parole di Berlusconi sono
«gravi» perché «sminuiscono una
delle istituzioni fondamentali di
questa Repubblica». «Noi nella pubblica istruzione ci crediamo», ha
affermato la segretaria nazionale del
Msac, Saretta Marotta, ricordando
che «se è pur vero che la libertà di scelta educativa da
parte delle famiglie è un tema caro tra le istanze dei cattolici, non è affatto vero che questi odino o non siano
pronti a difendere con convinzione il diritto costituziog
nale alla scuola pubblica». ■
le altre notizie
A PROPOSITO DI ALCUNE POLEMICHE SULLA SCUOLA
IL MONDO DEL NO PROFIT È QUELLO CHE NE RISENTE DI PIÙ
Tariffe postali: dopo lo “scippo” solo promesse
ra proprio l’indomani delle elezioni regionali quando il
governo, con un decreto interministeriale pubblicato
nella Gazzetta ufficiale il 31 marzo 2010, ed entrato in
vigore il giorno seguente, soppresse le tariffe postali agevolate per l’editoria. Un provvedimento che, senza alcun
preavviso, portava aumenti nelle spese di spedizione delle
riviste e dei libri variabili tra il 120 e il 500%, dove ad essere maggiormente colpito era il terzo settore, il no profit. Un
duro colpo, che solo alla stampa associativa nazionale dell’Azione cattolica ha comportato un aggravio nel 2010 di
500mila euro. In pratica, un modo per rendere difficile, e
spesso impossibile, la vita a tanti strumenti d’informazione
associativi solo perché non hanno alle spalle grandi gruppi
editoriali o interessi economicamente forti. Il colpo è stato
duro anche per i settimanali diocesani, stampa preziosa per
dar voce al territorio e che spesso racconta ciò che magari i
E
I 04/052011
grandi media tacciono. Dopo mesi di trattative per la maggior parte dei settimanali si è giunti a un accordo che non
riporta certo alla situazione precedente, ma almeno ha
ridotto l’aggravio economico. E per tutti gli altri, per l’associazionismo, per il no profit? Promesse, solo promesse... Di
fatto l’Ac si deve sobbarcare il pesante aumento dei costi
per il 2010 e, stando così le cose, anche quello per il 2011.
E non si vede la fine del tunnel... Occorre ricordare che per
evitare ulteriori aggravi, l’Ac nazionale è stata costretta a
ridurre le uscite di Segno e delle altre riviste dedicate ai
ragazzi e ai giovani e a portare on line il bimestrale SegnoPer. E non si possono trascurare i problemi e i costi aggiuntivi creati a tante associazioni diocesane di Ac. Per essere
sinceri, non ci pare questa la politica che si pone al servizio
g
del cittadino. ■
Segno
27
tempi moderni
intervista con
Agostino Burberi
di Silvio Mengotto
Nella foto:
Agostino Burberi. Accanto,
Burberi è il bambino
con l’ombrello appoggiato
sulle spalle
Quella scuola
ricca di vita
gostino Burberi aveva otto anni quando a
Barbiana conobbe don Lorenzo Milani.
Insieme ad altri sei bambini frequentò la
scuola di Barbiana vivendo direttamente
tutta la vicenda umana e pastorale del sacerdote
toscano fino alla sua morte. Oggi è animatore della
Fondazione Don Lorenzo Milani
(www.donlorenzomilani.it). Sono
numerosi i suoi viaggi in giro per l’Italia dove scolaresche e centri culturali chiedono, sempre più spesso, una testimonianza su una figura
“chiave” nel campo dell’educare
come è stata quella del prete di
Barbiana.
A
È passato mezzo secolo dall’esperienza di don Lorenzo Milani. Oggi
s o no i v es c o v i it a li an i c he pe r il
prossimo decennio hanno messo a
tema dell’attività pastorale proprio il tema educativo.
L’altro giorno ho parlato con degli studenti. Sorprende come siano stati attenti ad ascoltare il mio racconto su don Milani a tanti anni di distanza. Sorprende anche noi – la generazione di Barbiana –: dopo
tanti anni abbiamo bisogno di rifarci a figure così
lontane. Pensavamo che il mondo fosse andato
avanti in tutti i sensi: scuola, Chiesa, mondo civile.
Probabilmente se dobbiamo riflettere
Un ex allievo di Barbiana su alcune di queste figure significa
che abbiamo bisogno di ritrovare dei
racconta a Segno la sua
valori. Molte delle cose che don Milani
esperienza con don
sosteneva allora, sia rispetto alla ChieLorenzo Milani. Per
sa che alla vita sociale, erano in forte
continuare a riflettere
sul tema dell’educazione, anticipo. La proposta dei vescovi ben
venga, sono contento, anche perché
a pochi mesi dalla
oggi viviamo in una società difficile.
pubblicazione degli
Finite le ideologia vedo che c’è più
Orientamenti pastorali
confusione. La Chiesa ha un ruolo
dei vescovi italiani
28
I 04/052011
importante proprio sulle coscienze delle persone per
ricreare un clima di vita e per educare i giovani.
Barbiana viveva una povertà materiale e culturale.
Eppure don Milani riuscì a educare. Non crede che la
scuola di Barbiana sia stata anche una scuola per la
vita?
Barbiana aveva non più
di 100 abitanti. Collocata al lato Nord del monte
Giovi a un’altezza di
500 metri. La vita era
dura: non c’era la strada, né energia elettrica,
nelle case non c’era
l’acqua. La realtà era
davvero pesante. Don
Milani sperimentò quello che aveva in testa
perché aveva davanti a
sé dei ragazzi che non avevano distrazioni. Pur
essendo bambini la nostra scelta era tra il badare le
pecore, pulire la stalla, fare lavori pesanti, o andare a
scuola. L’orario scolastico di Barbiana era di 12 ore
al giorno, se lo dite ai ragazzi di oggi la prendono
male, in realtà non era così per noi. La nostra scelta
la si viveva come una fortuna rispetto all’alternativa
del lavoro pesante che ci aspettava. Il giorno dopo il
suo arrivo a Barbiana propose ai nostri genitori di
fare il doposcuola. Così ebbe inizio il tutto. Al mattino
andavamo alla scuola elementare, io frequentavo la
terza, e il pomeriggio ci si recava al doposcuola di
don Milani. Terminata la quinta elementare don
Milani ha proposto ai nostri genitori di fare la scuola
superiore. A Barbiana chi voleva studiare doveva
fare 25 chilometri a piedi per trovare la prima scuola
superiore. A quei tempi non c’era la scuola media
obbligatoria e unificata. Anche se gestita da un prete
la nostra era una scuola laica e privata.
tempi moderni
Nell’educare don Milani aveva particolari regole?
Sì. Non si andava avanti se tutti non avevano capito.
Noi ragazzi eravamo tutti insieme seduti attorno a un
tavolo con un unico libro. Insieme si studiava, si leggeva. Si rimaneva con don Milani per 12 ore proprio
perché era una scuola diversa. Mi piace dirlo: era
una scuola ricca di vita. Aveva alcune regole importanti: si frequentava per sapere, non per i voti o per
ingannare la maestra. Il copiare non esisteva. Non
avevamo i libri ma facevamo dei libri murali. Lo studio e l’applicazione diventavano il nostro libro con il
metodo della scrittura collettiva. In realtà questa
scuola aveva l’obiettivo di formare dei cittadini. Noi
sentivamo l’umiliazione di essere contadini montanari, sapevamo bene che cosa significava essere
ultimi. Eravamo timidi, si aveva paura di qualunque
altra cosa perché ci sentivamo umiliati. Il primo
obiettivo di don Milani è stato quello di darci orgoglio
e di metterci in condizione di essere cittadini, di
esercitare i nostri diritti.
C’erano del le special i “i nven zioni” che don Mi lan i
adottava per aiutarvi a crescere?
^^
I 04/052011
29
tempi moderni
Nella pagina precedente:
Erano due. Quando si
tornava al pomeriggio
dopo il pranzo si leggevano insieme diversi quotidiani. L’intento
di don Milani era quello di darci degli strumenti perché ognuno
di noi fosse in grado di
cercare la sua verità.
Quella che ci viene
confezionata non è la
verità. Tu devi capire
quella che è la verità! Capire cosa vuol dire l’articolo
di fondo del quotidiano, capire il fatto, etc. Questo
lavoro, un esercizio quotidiano e collettivo, aveva
questo significato. L’altro momento era legato all’arrivo di un ospite con il quale si dialogava formulando
alla fine le nostre domande per cercare, in un certo
senso, di competere. In noi c’era sempre questa
voglia di ingaggiare una palestra di confronto.
Barbiana sotto
la neve e i ragazzi che
ascoltano musica.
La scuola di Barbiana attraversò qualche fase difficile?
La fase più complicata coincise col fatto che nella
scuola dell’obbligo nei comuni vicini cominciavano a
bocciare i ragazzi della prima media. Masse di
ragazzi bocciati. I poveri genitori accompagnavano
questi ragazzi da don Milani perché la nostra scuola
riusciva a far andare avanti anche gli ultimi. Questi
ragazzi odiavano la scuola e, quindi, erano da riconquistare. Questo periodo ha coinciso con la fase più
difficile della scuola, ma ci ha permesso di riflettere
e di fare quell’analisi che portò al libro Lettera ad
una professoressa, una cruda descrizione del fung
zionamento della scuola italiana. ■
Nelle altre foto don Lorenzo
Milani insieme ai suoi allievi
Don Lorenzo Milani
IL PRETE CHE FECE STUDIARE I CONTADINI
orenzo Milani Comparetti nasce a Firenze il
27 maggio 1923 in una famiglia ebrea benestante. Secondo dei tre figli di Albano Milani e
Alice Weiss, all’età di 7 anni si trasferisce con i
genitori a Milano dove completa le elementari e
l’intero ciclo di studi fino alla maturità classica al
liceo Berchet. All’inizio del ’43 la famiglia ritorna
a Firenze. L’8 novembre del ’43 entra in seminario. Il 13 luglio del 1947 è ordinato sacerdote.
Nella parrocchia di San Donato di Calenzano decide di creare in canonica una scuola serale aperta
a tutti i giovani di estrazione popolare e operaia.
Nel 1954 viene mandato a Sant’Andrea di Barbiana nel Mugello: un centinaio d’anime sulle pendici del monte Giovi, senza strada, senza acqua
nelle case, senza luce. Nasce così la scuola di Barbiana. Al mattino i bambini andavano alla scuola elementare, al pomeriggio al doposcuola di don
Milani. Allora non c’era la scuola media obbligatoria e unificata. La scuola di Barbiana cercava di
formare dei cittadini, aiutando i ceti più deboli a studiare. Il libro Lettera ad una professoressa è
una cruda descrizione del funzionamento della scuola italiana e, da quell’esperienza, nacquero
altre riflessioni che in qualche modo anticiparono l’anelito di novità pastorale ed educativa accolto
poi dal Concilio Vaticano II. In difesa dell’obiezione di coscienza alla leva militare scrisse ai cappellani militari una lettera dal titolo L’obbedienza non è più una virtù. Malato per 7 anni del morbo di
Hodgkin il 26 giugno 1967 muore a Firenze in casa della madre. [s . m.]
L
30
I 04/052011
tempi moderni
Stop a tutte le mafie
no storico anniversario per chi combatte
le mafie e lotta per la legalità. Ha compiuto 15 anni la legge 109/96 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie.
Un provvedimento nato da una sottoscrizione
popolare che aveva raccolto un milione di firme e
che ha visto in prima fila, in tutti questi anni, Libera,
l’associazione “contro le mafie” fondata e guidata
U
A 15 anni dalla legge sul riutilizzo sociale dei beni
confiscati alla criminalità organizzata, don Luigi
Ciotti, fondatore di Libera, traccia un bilancio
degli obiettivi raggiunti, «dagli edifici trasformati
in scuole, caserme, centri per anziani, alle
cooperative su terreni confiscati che danno lavoro
a tanti giovani». Senza trascurare la nascita
dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati
Nella foto:
don Luigi Ciotti, fondatore
dell’associazione “Libera”
da don Luigi Ciotti. Ed è proprio Libera a tracciare
oggi un bilancio, ricordando che in questi 15 anni
«centinaia di ettari di terreni, ville, appartamenti e
altri beni immobili si sono trasformati in cooperative sociali, sedi di associazioni, comunità d’accoglienza, centri culturali, grazie all’impegno di istitu-
I 04/052011
zioni, enti locali e della società responsabile».
Dal centro che ospiterà colonie estive a Isola di Capo
Rizzuto (Calabria) alla Cooperativa Agropoli onlus a
San Cipriano d’Aversa (Campania), che ha un centro
sociale per ragazzi e una comunità alloggio per
pazienti psichiatrici; dalla Casa del jazz, a Roma, a
Spazio Cangiari, a Milano, gestito dal consorzio
sociale Goel: innumerevoli sono le realtà nate utilizzando immobili e terreni confiscati a mafia, camorra,
‘ndrangheta, sacra corona unita e altre organizzazioni criminali.
«Quindici anni dopo – commenta Don Luigi Ciotti – il
bilancio è certo positivo, anche se rimangono delle
criticità. Non sempre è stato facile dare applicazione
alla legge, che sul piano operativo ha scontato una
serie di debolezze, ostacoli burocratici e ritardi. Ma
tanto è stato comunque fatto. Numerosi e concreti i
percorsi di giustizia, i diritti costruiti grazie alla 109:
dagli edifici trasformati in scuole, caserme, centri
per anziani, alle cooperative che sui terreni confiscati danno lavoro a tanti giovani e mobilitano tutte le
forze sane dei territori. I prodotti a marchio “Libera
Terra”, con il loro gusto di legalità e responsabilità,
arrivano nelle case e sulle tavole di moltissimi italiani». «Nell’ultimo periodo – sottolinea il presidente di
Libera – abbiamo avuto anche la soddisfazione di
veder nascere l’Agenzia nazionale per i beni confiscati, come auspicavamo da anni. Uno strumento
che speriamo contribuisca a potenziare l’efficacia e
il valore economico, culturale e sociale, ma soprattutto etico di questi percorsi».
Tra ciò che ancora resta da fare don Ciotti segnala
«l’estensione dell’uso sociale» dei beni confiscati e
la battaglia contro i reati di corruzione, che oggi vede
l’associazione impegnata in una campagna «affinché il governo e il Parlamento ratifichino quanto
prima e diano concreta attuazione ai trattati, alle
convenzioni internazionali e alle direttive comunitarie in materia di lotta alla corruzione, nonché alle
norme, introdotte con la legge Finanziaria del 2007,
per la confisca e l’uso sociale dei beni sottratti ai
g
corrotti». [f.r.] ■
31
tempi moderni
Sempre su,
verso l’alto
intervista con
Tita Piasentini
a linfa ritorna a scorrere nei tronchi, e
l’inverno cede il
di Barbara Garavaglia
passo alla primavera. Un miracolo che ritorna
annualmente e che, costantemente, stupisce. Le temperature più miti, la stagione più
favorevole inducono molti a
percorrere sentieri, ad andare
in montagna. Dopo aver frequentato le piste innevate,
sono numerose le famiglie
che compiono escursioni più
o meno impegnative.
Ma che cosa significa andar
per monti? È solamente un
modo per trascorrere qualche
ora all’aria aperta, per tonificare i muscoli, oppure può
diventare un’occasione educativa? Tita Piasentini, presidente di Giovane montagna,
associazione nata a Torino nel
1914 dall’iniziativa di un
A lato: il presidente di
gruppo di giovani legati al
Giovane montagna,
santo educatore Leonardo Murialdo, che fa del binoTita Piasentini
mio alpinismo e spiritualità cristiana il proprio biglietto da visi«Senza fatica non si arriva
ta, è certa che la frequentazione
in vetta». Ecco perché,
delle vette sia una importante
secondo il presidente di
Giovane montagna, le vette opportunità. «L’alpinismo di ieri
non è quello di oggi – afferma
educano alla solidarietà e
ai valori dello stare insieme. Piasentini –: la tecnologia ha
permesso di raggiungere risul«Il salire non sia un altro
atto di egoismo, ma un segno tati impensati, ma si è separato
dall’etica, considerando la vita
di condivisione, di lode
non più un valore primario. Pur
e di ringraziamento»
32
L
I 04/052011
di raggiungere il successo non si tiene conto dei
doveri del proprio stato, quali la famiglia, i figli e le
responsabilità civili, laiche e religiose. Attraverso
segni tangibili dobbiamo opporci a questa concezione di alpinismo. L’alpinismo voluto dai fondatori è a
dimensione della persona. Il nostro salire esalti la
centralità della persona e il suo fine ultimo. Promuovere la pratica e la conoscenza della montagna è un
fatto educativo, l’alpinismo è una scuola di vita che
va promossa non impersonalmente, ma in rapporto
ai soggetti interessati, sia adulti, sia, in modo particolare, le giovani generazioni». Seguendo in questo
tempi moderni
L’ A c in c am min o
Anche quest’anno l’Azione cattolica rinnova l’invito per le parrocchie, i
gruppi, le diocesi, a vivere insieme una giornata a piedi sui sentieri
Frassati. Stanno anche per essere inaugurati i sentieri delle tre regioni dove ancora non c’erano. Ecco le date: domenica 8 maggio: inaugurazione del sentiero Frassati della Sardegna Punta Lamarmora (Og);
domenica 10 luglio: inaugurazione del sentiero Frassati del Trentino
Santuario della Madonna di Deggia (Tn); domenica 4 settembre: inaugurazione del sentiero Frassati della Puglia Roseto Valfortore (Fg).
modo le orme di uno dei soci di Giovane montagna, il
beato Piergiorgio Frassati, tanto caro all’Azione cattolica italiana.
È ancora attu al e pensare che la mon tagn a possa
essere uno strumento di elevazione spirituale?
È ancora attuale che la montagna, più che uno strumento, abbia un valore educativo, specialmente per i
più giovani; un valore nel quale la componente fisica
e quella spirituale camminino in sintonia per interiorizzarla come bellezza e
come dono, ma soprattutto come
dimensione umana nella quale la tecnica non escluda lo spirito.
Accostarsi alla natura, aver consapev ol ez z a d ei p r op r i l i m i t i , co m p i e r e
una fatica per giungere a una meta,
c on d i v i d e r e co n al tr i g i oi e e s t an chezze, sono elementi importanti per
l ’e s cu r s i on i s t a e l ’al p i n i s ta. C o m e
condividerli?
Nasce la sottosezione Frassati
UNA BUONA NOTIZIA PER CHI AMA LE CIME
Chi si accosta alla montagna, come alpinista o semplice escursionista, risponde a una chiamata che
nasce da qualche opportunità – una proposta di un
amico, una gita parrocchiale, per esempio – oppure
da una particolare inclinazione naturale. Per conoscere e praticare la montagna è necessaria quindi
una preparazione adeguata, per capire i propri limiti,
per non incorrere a pericoli, ma soprattutto per essere consapevoli che la vita è un valore inalienabile. È
necessario far comprendere che la gioia è frutto della
fatica. La montagna è la metafora della vita, senza
sacrificio non si raggiunge la propria vocazione,
senza fatica non si arriva in vetta! La montagna
educa alla solidarietà, il cammino va condiviso, le
necessità degli altri devono essere le tue. Il salire non
sia un altro atto di egoismo, ma un segno di condivisione, di lode e di ringraziamento.
Qu ali suggerimenti offre alle famigl ie per gustare,
con l’escursionismo, lo stare insieme, la sobrietà, il
contatto con il creato?
Educare i figli al tempo libero deve essere una prerogativa della famiglia: il tempo libero identifica la continuità del suo stile di vita. Scegliere la montagna
significa dare opportunità al papà e alla mamma di
vivere la vacanza in sintonia con i figli, cogliendo in
maniera attiva i segni del Creato, educando alla
sobrietà, ai valori e alla bellezza della vita, ma
soprattutto far esperienza insieme di ciò che Dio ci ha donato.
ara Amica, caro Amico, con l’inizio del nuovo anno è decollata l’avventura della sottosezione “Pier Giorgio Frassati” dell’associazione Alpinistica “Giovane montagna”». Comincia
così la lettera che i responsabili della sottosezione hanno mandato ai soci. «Dopo questo primo
anno di abbrivio – continua la lettera – che sarà interamente dedicato alle inaugurazioni dei
“Sentieri Frassati” in Sardegna (maggio) Trentino (luglio) e Puglia (settembre) intendiamo proseguire nel 2012 con un calendario “sezionale” di iniziative, certi che per valli e per monti esistono un universo di conoscenze, un patrimonio di cultura e di arte, una tessitura di sentieri e strade, degni di essere riscoperti e percorsi. Oltre ai Sentieri Frassati pensiamo alla tradizione dei
Santuari montani e dei Sacri Monti, alle vie di pellegrinaggio storiche quali la via Francigena, la
Romea, il cammino Micaelico, il cammino di S. Agostino, alle grandi strade di collegamento alpine ed appenniniche (Sempione, Spluga, Moncenisio, Gran S. Bernardo, Passo S. Marco, Via
Vandelli, le antiche vie della transumanza....) oltre che al fascino europeo dei Cammini di Santiago
o a quello perenne delle polverose strade della Palestina».
Per info: www.giovanemontagna.org. Per aderire basta provvedere al versamento della quota sociale di € 40,00 per i soci ordinari e € 20,00 per i soci familiari aggregati. Ai primi 50 nuovi soci
ordinari verrà inviato il volume + dvd di Roberto Falciola, Pier Giorgio Frassati. Non vivacchiare ma
vivere, edito nel 2010 dall’Editrice Ave. Inoltre è appena stata inserita sul sito della Rai una puntata de La Storia siamo noi dedicata alla vita di Pier Giorgio Frassati. Si può rivederla in web cliccando sul seguente link: http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/pop/schedaVideo.aspx?id=2230
«C
I 04/052011
C o m e e du c a r e i gi o v a ni a d
amare la montagna?
Educare i giovani alla montagna
significa far capir loro che ciò che
ci è stato donato da Dio non è
nostro; la stessa passione per la
montagna non va vissuta per se
stessi, ma va condivisa. Ai giovani
va insegnato che la montagna è
sempre un mezzo, mai un fine. Il
vero fine è condividere il nostro
salire con chi ci sta accanto. Perciò non è atto di egoismo, ma di
g
vero altruismo. ■
33
Finalmente
aria pulita
di Marco Ratti
era una volta un paesino di montagna in cui le auto erano così
piccole e silenziose che capitava
spesso di non accorgersi di averne una alle spalle. Si muovevano lentamente, senza
sporcare l’aria con i gas di scarico, ed erano gli unici
mezzi a motore autorizzati a spostarsi da un estremo
all’altro del comune. Era così nel 1951, quando gli
abitanti decisero di bandire le macchine inquinanti
dalla loro città. Ed è così ancora oggi». Potrebbe
essere l’inizio di una favola, ma questo paese esiste
Nella pagina accanto:
davvero, ha un nome e una collocazione geografica.
un veicolo elettrico
Si chiama Saas-Fee, un villaggio a 1.800 metri sul
che porta
livello del mare nella Svizzera tedesca, a 250 chilol’acqua a casa;
metri da Milano, nell’Alto Vallese, in cima alla Valle di
un trenino elettrico che
Saas, che comprende anche Saas-Grund, Saasgira per la città;
Almagell e Saas-Balen. È circondato dalla catena del
un veicolo elettrico in
Mischabel, che conta tredici vette che superano i
primo piano con Saas Fee
4.000 metri, tra cui il Dom, che con i suoi 4.545
e i turisti sullo sfondo
metri detiene il record di montagna più alta del paese. Un paeSi chiama Saas-Fee,
saggio mozzafiato, che ha fatto
un villaggio a 1800 metri
guadagnare alla valle il sopransul livello del mare nella
nome di “perla delle Alpi”. Da 60
Svizzera tedesca. Con gli
anni a questa parte, chi vuole
anni ha creato un sistema
eco-ambientale compatibile entrare in paese deve lasciare la
macchina nel grande parcheggio
con una qualità altissima
appena fuori. All’interno si può
di vita. E gli automobilisti
circolare solo a bordo di piccoli
vanno a piedi
34
«C’
I 04/052011
veicoli elettrici a tre o quattro ruote, usati anche
come taxi o per il trasporto di merci. Non vanno oltre
i 30 chilometri all’ora di velocità, sono larghi appena
1,2-1,3 metri, lunghi al massimo 3,8 metri e alti non
più di 2 metri. Dei nanerottoli rispetto alle normali
macchine, costruiti su ordinazione e quindi molto
costosi (l’ufficio turistico parla di una media di
100.000 franchi per esemplare, pari a 78 mila euro
circa). Inoltre, per acquistare un veicolo del genere i
1.700 abitanti devono dimostrare di averne davvero
bisogno (ne hanno potuto avere uno alberghi, ristoranti, negozi e altri esercizi commerciali). La sola
eccezione è l’Allalino, un trenino elettrico rosso che
porta gli ospiti fino agli impianti di risalita d’inverno e
in giro per il villaggio d’estate.
La voglia di “emissioni zero”, del resto, pare aver
contagiato nel tempo altri comuni. Nel 1988, infatti,
è nata l’Associazione dei centri turistici svizzeri liberi
da automobili (Gast), di cui oggi fanno parte, oltre a
Saas-Fee, Braunwald, Bettmeralp, Mürren, Riederalp, Rigi, Stoos,, Wengen e Zermatt. Obiettivo dell’ente è offrire agli ospiti «un alto livello di relax e, al
contempo, l’aumento della consapevolezza dell’importanza della conservazione dell’ambiente e dell’utilizzo delle risorse in modo sostenibile». Nel dettaglio, i membri del Gast si sono dati nove priorità: raccomandare ai turisti l’uso dei mezzi pubblici; offrire
parcheggi a pagamento ben attrezzati; garantire il
trasferimento dei bagagli con veicoli elettrici; man-
tempi moderni
Il miracolo di Saas-Fee
QUANDO L’AMBIENTE È UN PATRIMONIO DI TUTTI
aas-Fee è tra i promotori dell’Alleanza nelle Alpi, un’associazione di
oltre 300 comuni distribuiti tra Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Slovenia, Svizzera. Fondato nel 1997, l’ente sostiene uno sviluppo sostenibile dell’area alpina. «L’adesione – si legge tra le regole –
implica l’approvazione dei principi della Convenzione delle Alpi e i membri devono dichiararsi disponibili a elaborare obiettivi ambientali, a realizzare programmi che prevedano misure di decongestionamento e a perseguire un costante miglioramento nella tutela dell’ambiente». I principi
guida sono dieci: essere “comuni modello” per uno sviluppo sostenibile;
cooperazione e scambio di esperienze; realizzazione di progetti innovativi a livello ecologico, socioeconomico e politico; ampia partecipazione ai
processi decisionali, di pianificazione e di attuazione della politica comunale; conservazione della biodiversità, del paesaggio e della cultura; sviluppo economico sostenibile e promozione di prodotti e servizi basati su
risorse del territorio; ricerca di nuovi criteri per i servizi di pubblico interesse e rispetto dell’equità fra i sessi; riduzione del traffico motorizzato;
lotta al cambiamento climatico; controllo del raggiungimento degli obiettivi. Altre informazioni agli indirizzi www.alpenallianz.org (Alleanza
nelle Alpi) e www.alpconv.org (Convenzione delle Alpi).
S
I 04/052011
tenere i villaggi liberi dal traffico; limitare i permessi
di circolazione a veicoli a combustione a un numero
estremamente limitato di casi di provata necessità;
verificare ogni due anni la possibilità di spostarsi
senza problemi in città anche nelle ore di punta; promuovere un network ben organizzato di trasporti
pubblici; dare un’informazione puntuale e chiara dei
sistemi di spostamento alternativi alla macchina;
cercare di raggiungere un alto grado di soddisfazione tra gli ospiti regolari (altre informazioni in tedesco, francese e inglese all’indirizzo internet
www.gast.org).
Ma non è tutto, visto che il comune di Saas-Fee
sembra intenzionato a tingersi ancora più di verde.
Oltre ad aver contribuito alla nascita dell’Alleanza
nelle Alpi 15 anni fa (vedi il box), infatti, mira a diventare «il primo posto al mondo senza polveri sottili».
Dei 250 impianti di riscaldamento del paese che
bruciano legna per funzionare, una settantina è stata
dotata di un filtro apposito nel 2010 e il resto lo sarà
entro quest’anno, riducendo così le emissioni di
oltre il 95 per cento. Il tutto per un investimento
complessivo di un milione di franchi (più di 777 mila
euro) tra amministrazione locale, ufficio turistico e
l’Oeko-Solve, la società che produce i filtri.
Oltre all’aria che respira chi passa di lì, il piccolo
villaggio cerca di badare alle apparenze. E così ha
messo in piedi un piano regolatore e un regolamento edilizio tra i più restrittivi della Svizzera. Gli
edifici, per esempio, devono avere un tetto a due
spioventi e almeno un terzo della facciata deve
sempre essere fatta in legno, così da preservare il
tipico stile dello chalet vallesano. Inoltre è stata
limitata la vendita di appartamenti, così da evitare
la diffusione di costruzioni a scopo speculativo, un
fenomeno che ha già rovinato il paesaggio di tanti
luoghi di villeggiatura. Tutti accorgimenti che
hanno contribuito, con tutta probabilità, al buon
andamento del turismo (nel 2010 i pernottamenti
hanno toccato quota 782.431). Negli ultimi anni,
raccontano i residenti, sono aumentati soprattutto i
membri della comunità ebraica di Londra, che trascorrono le ferie nella cittadina. La maggior parte
dei visitatori, comunque, arriva ancora dalla Svizzera (il 40 per cento), mentre gli italiani non sono
g
neppure l’1 per cento del totale. ■
35
economia e lavoro
intervista con
Bruno Manghi
di Francesco Rossi
Difendiamo
il Primo maggio
lavoratori e il Primo maggio, la crisi e il ruolo del
sindacato, la precarietà e il futuro del mercato
occupazionale. Temi cruciali che chiamano in
causa i giovani, ma non solo. Ne parliamo con
Bruno Manghi, sociologo e già direttore del Centro
studi nazionale della Cisl.
I
Il Primo maggio nacque in un contesto totalmente
differente dall’attuale. A distanza di oltre un secolo,
cos’è oggi la “festa dei lavor ator i”? Ha an cora un
significato?
Il primo maggio ha acquisito, nel tempo, diversi
significati. Ricordiamo quello degli esordi, in un’epoca drammatica per i lavoratori, quando era ostacolato e proibito. Nei tempi “ordinari”, della democrazia,
diventa altro. Possiamo dire che è una finestra: per
alcuni anni è una festa scontata, diciamo pure ritualizzata, poi quando viene a contatto con avvenimenti
sociali si riscalda. È un’occasione, che può essere di
festa e ricordo, oppure di protesta e manifestazione.
Negli anni della crisi, della precarietà, che connotato
assume?
Precarietà del lavoro,
Guardando indietro nel
flessibilità, posto fisso,
tempo, quelli vissuti più
economia sommersa. Per l’ex
intensamente non sono i
“primi maggio” delle epoche
direttore del Centro studi
di crisi, ma di rivendicazione.
nazionale della Cisl, «la base
I periodi di crisi portano più
di partenza è sempre
malinconia che voglia di prol’associazionismo, lo stare
testare, a meno che non
insieme: il nostro paese ne
abbiano un significato politiè ricco. Sullo sfondo ci sono
problematiche di significato, co più profondo: ricordo il
non “banali” rivendicazioni. primo maggio a Santiago del
Il mio consiglio è che i giovani Cile, sotto la dittatura di Pinochet, o quelli in Paraguay o
si facciano avanti, che
costruiscano reti di solidarietà Brasile, quando in gioco era
la democrazia. Ciò premestra di loro, acquisiscano una
so, e tornando all’ordinarietà
capacità di confronto»
36
I 04/052011
di epoche e contesti democratici, le occasioni per
manifestare sono ormai talmente tante che questo
giorno non si erge più solitario, ma è calato in mezzo
a una miriade di modi d’esprimersi.
Oggi si lamenta la precarietà del lavoro, contrapposta al “posto fisso” di un tempo”...
Quello del posto fisso è uno dei tanti miti coltivati
perché fanno effetto. Se c’è stato un mercato del
lavoro mobile e incerto, è quello italiano dagli anni
cinquanta in poi. Sì, nella grande impresa e nell’apparato statale esisteva una certa stabilità, ma non
coinvolgeva la maggioranza dei lavoratori. Piuttosto
si pensava che crescendo e dando una migliore
istruzione ai nostri figli, questi avrebbero raggiunto
la tanto agognata stabilità. Un’aspettativa che, però,
è rimasta frustrata.
Ma non si può negare che quest’aspettativa di stabilità – o quantomeno di una flessibilità che non sconfini nella precari età – oggi, per tanti giovani e non
solo, è poco più di un miraggio...
La questione è legata al tipo di economia nella quale
veniamo immersi, e non al singolo contratto. Un’assunzione a tempo indeterminato non dà più garanzie
di un lavoro a termine se siamo in un contesto nel
quale è facile che l’azienda chiuda i battenti. Il problema è la sostanza dell’economia: se sono un
imprenditore che può fare una certa previsione del
lavoro nel medio periodo avrò cura della mia gente –
che sia collaboratore esterno o dipendente non
importa – perché di essa mi fido e ne ho bisogno per
mantenere un trend lavorativo che mi consenta di
rispettare gli impegni assunti; se invece regna l’incertezza e la battaglia per aggiudicarsi un appalto
attanaglia una parte consistente dell’economia, a
volte premiando pure comportamenti non lodevoli, è
chiaro che questa situazione si riverbera violentemente sul lavoro, avvallando situazioni occupaziona-
economia e lavoro
assolutamente incomparabile: pensiamo all’istruzione, alla sanità, alle stesse possibilità lavorative.
Le v i c en d e d e g l i s t a b i l i m e n t i F i a t d i P om i g l i an o e
Mirafiori hanno messo sotto i riflettori una competizione sindacale esasperata, e più di un osservatore
ha denunciato come sia giunto il momento di ripensare le relazioni sindacali. È così?
Faccio una premessa: siamo di fronte a due stabilimenti “decotti”, dove per anni è mancato un piano
industriale e ora vi lavorano poche migliaia di persone, contro le 65 mila di un tempo, con costi industriali spropositati. Sono impianti difficilmente difendibili dal punto di vista industriale, e non per colpa
dei lavoratori, quanto piuttosto perché sono stati
abbandonati nel corso di un declino complessivo
dell’azienda. Per quanto riguarda la competizione
sindacale, essa è normale in una condizione di pluralismo ed è presente in paesi come la Francia, la
Spagna, il Belgio, l’Olanda. Ma un conto è la competizione, altro è disconoscersi. Qui si è passato il
segno, con un livello di polemica quotidiana intrasindacale che ha visto venir meno la fase riflessiva e
dialogica. È un momento critico, ma lo si può superare, a patto non di abbassare i toni, ma di cambiarli.
li che vanno dal sommerso – l’economia informale –
ad abusi nell’utilizzo di contratti di formazione o di
collaborazione.
Nella foto a sinistra:
Bruno Manghi
In tempi recenti vi è chi ha contestato come lo stip e n d i o d e b b a e s s e r e r a p p o r t a t o al l u o g o i n c u i s i
vive: mille euro al mese, ad esempio, in una grande
c i t t à c o m e R om a o M i l a n o d i s i c u r o n o n b as t a n o ,
m e n t r e i n u n p i c c o l o p a es e , ad es e m p i o n e l S u d ,
può bastare. Che ne pensa?
È vero che il costo della vita è diverso, ma a Roma e
Milano – giusto per fare due esempi – ci sono
opportunità di vita e di servizi enormemente maggiori rispetto ad altre zone d’Italia, dove vivere costa
di meno. Ecco dunque che il maggior costo della vita
è compensato da un’offerta per i singoli e le famiglie
I 04/052011
I giovani, anello debole della catena ma anche parte
fondamentale di u n mercato d el l avoro ch e voglia
guardare av anti , cosa p ossono fare per cambi are
questo stato di cose? Quale futuro li attende?
Tutto questo “lacrimare” su di loro, con atteggiamenti paternalistici, non porta da nessuna parte; si
può invece fare molto purché con loro, a partire da
loro. Devono essere protagonisti, il paternalismo li
uccide.
Da cosa possono partire per essere protagonisti?
La base di partenza è sempre l’associazionismo, lo
stare insieme: il nostro paese ne è ricco, e le espressioni aggregative aumenteranno ancor di più. Sullo
sfondo ci sono problematiche di significato, non
“banali” rivendicazioni. Il mio consiglio è che i giovani si facciano avanti, che costruiscano reti di solidarietà tra di loro, acquisiscano una capacità di cong
fronto, e anche di conflitto costruttivo. ■
37
cittadini e palazzo
Un compleanno che
guarda al futuro
intervista con
Angelo Bagnasco
E
minenza: l’unità d’Italia è l’occasione per
ripensare al ruolo dei cattolici nella vicenda
nazionale. Lei ha parlato di “soci fondator i ” , d e l l a c ap a c i t à d i o f f r i r e u n “ n o i ” c h e
superi interessi particolaristici. Come?
Basta pensare a San Francesco d’Assisi e Santa
Caterina da Siena, per citare solo due nomi da tutti
conosciuti, per ricordare come veramente l’essere
soci fondatori non sia un’espressione inopportuna o
inadeguata ma abbia una sua ragionevolezza. Quel
tessuto di fondo fatto di valori, di ideali che nasce dal
vangelo ha avuto, nella predicazione della Chiesa e
in particolare attraverso questi grandi testimoni, una
sorgente e una voce significativa e costante. Possiamo ricordare, più vicino a noi, anche Rosmini, che ha
partecipato, a suo modo, a quel processo del Risorgimento che ha portato alle note vicende. E poi Alcide De Gasperi, che da tutti è considerato uno dei
grandi padri dell’Europa, e per essere padri dell’Europa bisogna innanzitutto essere padri e comunque
protagonisti dei singoli paesi e lui sicuramente lo è
stato per l’Italia. Nel più vasto raggio dell’Europa
possiamo ricordare anche Adenauer e
Schuman che avevano dell’Europa un’iRipercorrendo
dea molto precisa, come una comunità di
la memoria del
famiglie riunita nel segno di un umanesicentocinquantesimo
mo integrale di cui riconoscevano le radidell’unità d’Italia,
ci nel vangelo.
il card. Bagnasco,
di Fabio Zavattaro
presidente della Cei,
è convinto che «la
celebrazione sia stata
una bella occasione
per rinverdire le
nostre radici. E per
rinvigorire una voglia
di superare una certa
mentalità conflittuale
che oggi sembra
dominante»
38
Vogliamo parlare di radici cristiane dell’Europa?
Il concetto di radici comuni che non è
stato messo nella Carta europea è però
sotto gli occhi di tutti. Se si ha la volontà
di fare una lettura serena della storia e
della cultura dei vari paesi e dell’Europa,
nel suo insieme, non si può certamente
escludere, dimenticare, non riconoscere
questo alveo grande che è il vangelo e
I 04/052011
che ha saputo raccogliere ogni altro contributo non
strettamente cristiano ma comunque prezioso.
Sapendo dare unità a una cultura umanistica plenaria: basti pensare, ad esempio, a tutto il patrimonio
di arte, di letteratura, di musica, e di tradizioni.
N e l l e s u e p r o l u s i o n i al l ’ A s s e m b l e a e a l C o n s i g l i o
permanente della Cei, lei ha sottol ineato il disagio
morale in cui si trova il nostro paese, ha chiesto che
si superasse la fibrillazione politica e istituzionale. Le
cittadini e palazzo
A lato: il presidente della Cei,
card. Angelo Bagnasco
celebrazion i per i 150 anni dell ’un ità d’Itali a sono
state l’occasion e per ritrovare una nuova spin ta a
collaborare per il bene comune?
Lo speriamo tutti; la Chiesa in primo luogo, ma tutte
le istituzioni, le persone di buona volontà. Lo spera il
nostro popolo, proprio perché è stato un evento che
la nostra gente avverte: c’è gioia, gratitudine e consapevolezza, più di quanto a volte non sembri o non
si voglia far credere. Il senso della Nazione, dell’unità del paese, di una appartenenza a un destino e a
una storia penso che sia più diffuso di quanto non
appaia. Credo che la celebrazione dei 150 anni dell’Unità sia stata una bella occasione per rinverdire le
nostre radici e rinvigorire una voglia di superare una
mentalità conflittuale che oggi sembra dominante.
cura. Una società fatta di persone insicure, che si
ripiegano su se stesse, non è un popolo, è una moltitudine di individui che vivono di paure, alla ricerca
magari di soddisfare i propri egoismi o comunque il
proprio benessere anche legittimo. È una società
fragile, non una società consapevole, coesa, forte
interiormente, emotivamente, interiormente. Quindi
aggredire una persona nei suoi punti fondamentali,
significa aggredirla nella sua sicurezza, ma significa
anche aggredire la società e lo Stato: un insieme di
persone smarrite non forma una società forte, uno
Stato forte nel senso migliore, ma uno Stato, una
Nazione, una comunità estremamente debole: una
situazione del genere diventa più appetibile per
qualcuno che è già forte.
N e l 18 6 1 v e n i v a a co m p i e r s i p o l i t i ca m e n t e u n a
N a z i o n e , g e n e r a t a d a l su o p o p o l o . L e i h a d e t t o :
q u a n d o s i os c u r a l a c o s c i en z a d e i v a l o r i c o m u n i ,
de lla propr ia i dent it à, div ent a f ra gile l’ unit à de l
popolo e lo stato si indebolisce e si sfigura.
Intaccare l’identità di un popolo o di una Nazione – e
il popolo costituisce la Nazione, e questa costituisce
lo Stato – rendendo più debole la persona, privandola cioè di punti di riferimento, di valori universali
oggettivi nell’ordine morale, di ideali alti, intaccare
questo patrimonio, significa rendere la persona insi-
Eminenza, una parola per questo anniversario dell’unità d’Italia?
Gioia e speranza. Gioia perché riconoscerci in un
popolo unito con una storia, un patrimonio che deve
essere inverdito e accresciuto è certamente motivo
di gioia e di gratitudine per tutti. È meglio essere un
popolo, che una moltitudine. E speranza perché
dobbiamo guardare al futuro, nonostante le difficoltà
note di ieri e di oggi. Però dobbiamo credere al
nostro futuro: l’Italia è un grande paese e un grande
g
popolo. ■
Le celebrazioni e i messaggi ufficiali
DAL PRESIDENTE NAPOLITANO ELOGIO DI UNITÀ E FEDERALISMO. E BENEDETTO XVI SEGNALA IL RUOLO DELL’AC
l 17 marzo si è festeggiato il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia. Un’unità complessa,
problematica, che ha vissuto fasi tormentate ma ha conosciuto anche momenti di profonda convergenza,
di sviluppo e di crescita economica, sociale e culturale. Le celebrazioni hanno visto momenti ufficiali,
soprattutto nella capitale, e occasioni più “popolari”, tenutesi in quasi tutte le città e paesi della penisola.
Di assoluto rilievo il messaggio rivolto al paese dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il quale
ha perfettamente interpretato il proprio ruolo di rappresentante dell’unità della nazione. Il richiamo a interpretare il federalismo come strumento per il rafforzamento dell’unità; l’elogio della Carta costituzionale; l’evocazione di un’Italia preunitaria che, rimasta divisa, sarebbe stata «spazzata via dalla storia», hanno costituito passaggi di fierezza e lucidità che hanno
marginalizzato le assenze e l’intollerabile superficialità di una parte della classe politica.
Di grande rilievo anche il messaggio di Benedetto XVI rivolto al Presidente della Repubblica e, ancora, i precedenti convegni
proposti dall’Azione cattolica. L’Istituto Vittorio Bachelet, a febbraio, e l’Istituto per la storia dell’Azione cattolica Paolo VI,
all’inizio di marzo, hanno infatti contribuito a fare di questo anniversario un’occasione di riflessione, di ricostruzione di
vicende storiche, di ricerca per l’elaborazione di una “memoria condivisa”. Nel messaggio che Benedetto XVI ha indirizzato a
Giorgio Napolitano, si legge fra l’altro: «Se il testo costituzionale fu il positivo frutto di un incontro e di una collaborazione
tra diverse tradizioni di pensiero, non c’è alcun dubbio che solo i costituenti cattolici si presentarono allo storico appuntamento con un preciso progetto sulla legge fondamentale del nuovo Stato italiano; un progetto maturato all’interno dell’Azione cattolica, in particolare della Fuci e del Movimento laureati, e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore». Lo stesso papa
Benedetto XVI ha ricorda come «negli anni dolorosi e oscuri del terrorismo, i cattolici hanno dato la loro testimonianza di
sangue: come non ricordare, tra le varie figure, quelle dell’onorevole Aldo Moro e del professor Vittorio Bachelet?». [p. a.]
I
I 04/052011
39
famiglia oggi
intervista con
Bruno Tognolini
Nati per leggere
a seconda cosa che diamo ai nostri
figli, quando nascono, è la voce. La
prima è la faccia, perché il neonato
guarda in faccia chi lo tiene in braccio. Ci fissa negli occhi. Io, adulto, ci metto la faccia,
mi assumo la responsabilità di quello che ti sto
offrendo. La seconda cosa è la voce, la lallazione,
quell’insieme di sillabe senza un significato, ma che
è importante. Sono il suono, la voce che chiama.
“Voce di uno che grida nel deserto”. Deve essere un
deserto il mondo in cui il bambino è stato spinto fuori
dal suo Eden. E c’è una voce che chiama in questo
deserto; una voce che dà umanità». Una voce che dà
umanità, un fiume che riempie il proprio greto: il parlare, il raccontare, il leggere ai bambini, appartiene
al patrimonio importante di trasmissione di vita, di
umanità. E non è un esercizio da imporsi, oppure da
inserire forzatamente nel ruolino di marcia di giornate e settimane sempre convulse. È parte del rapporto con i bambini.
Bruno Tognolini, scrittore per l’infanzia, autore di trasmissioni “mitiche” come L’albero azzurro e La
Melevisione, conosce, sperimenta, diffonde, l’importanza della lettura ad alta voce ai bambini. Un
A destra:
gesto d’amore, carico di passione, che, come accalo scrittore Bruno Tognolini
de in agricoltura, non è detto che abbia l’esito certo
(foto Daniela Zedda)
di “produrre” accaniti lettori. Ma ha l’esito certo di aver consentito ad adulti e
bambini di godere della reciproca preCi sono libri stupendi.
senza e della ricchezza di fiabe,
E storie stupende.
romanzi, racconti e filastrocche che,
«Se si trovano libri
“giusti”, nasce il piacere come un fecondo sedimento, rimangono nel terreno della vita.
di esserci, e leggere
di Barbara Garavaglia
«L
ad alta voce ai bambini
non è un “dovere”: si è
presenti con passione ed
entusiasmo». Uno
scrittore per l’infanzia
racconta a Segno come
possiamo rendere curiosi
i più piccoli con la lettura
di un buon volume
40
Perché leggere ad alta voce ai bambini? È una pratica diffusa?
Purtroppo non è molto diffusa. Per il
graduale esproprio o cessione dei territori importanti della creatività, che è
in atto da anni, così come siamo stati
educati a essere oggetto e non soggetto di eventi culturali. I tempi sono
I 04/052011
cambiati: siamo propensi a delegare a terzi il racconto della vita ai figli, con la tv, i mass media, i computer, i videogiochi, che non sono da demonizzare,
ma la comunicazione personale, con la voce viva,
paterna o materna, aggiunge una forza in più, una
forza segreta, che questi mezzi non possiedono. È
una relazione più profonda dal punto di vista umano,
che lega a corda doppia la forza della voce alla forza
del libro. Siamo stati espropriati della tradizione
orale – il racconto di fiabe che si erano raccolte e
che a propria volta si narravano –, ma siamo stati
“risarciti” con un repertorio di libri bellissimi. C’è una
forza segreta che la voce umana ha, che si associa
alla bellezza dei libri: ciò è un elemento potente per
la formazione della personalità.
Nella lettura ad alta voce, ci sono dei riti da consolidare?
Nel rapporto tra genitori e figli, sono importanti delle
ritualizzazioni, magari nella zona crepuscolare,
quando si sprofonda in una coscienza più antica. La
voce di un adulto è rinforzata da queste potenze
“antiche”. Non so quanto la voce possa essere rimpiazzata da riproduzioni, soprattutto nella fase aurorale del rapporto con i bambini. C’è un potere contagioso del piacere e della bellezza. Ci sono libri stupendi, spesso mescolati a una congerie di scorie. Ci
sono storie stupende che incontrano un adulto che
legge, e il bambino è sensibilissimo al rapporto tra
adulto e libro. Gli adulti devono dimostrare di incontrarsi con qualche cosa di importante: con la comunicazione di una storia, la sua forte connotazione e
con il piacere dell’adulto che sta leggendo quel libro.
Se si trovano libri “giusti”, nasce il piacere di esserci,
e leggere ad alta voce non è un “dovere”: si è presenti con passione ed entusiasmo.
Come orientarsi nelle scelte?
Esistono libri stupendi, spesso nascosti tra prodotti
di consumo che sopraffanno il povero acquirente in
un frastuono pubblicitario, come accade per altri
prodotti. C’è una sovraproduzione di titoli. Una volta
avvertiti di questo, dobbiamo superare il rischio di
cadere nella tentazione che tutti i libri siano uguali.
famiglia oggi
Leggimi subito, leggimi forte
Dimmi ogni nome che apre le porte
Chiama ogni cosa, così il mondo viene
Leggimi tutto, leggimi bene
Dimmi la rosa, dammi la rima
Leggimi in prosa, leggimi prima
I 04/052011
Bisogna sfogliare, sfogliare, finché non si trova quello che incanta. Esistono poi le proposte degli
esperti, cioè dei librai, dei bibliotecari, che setacciano la produzione e indicano delle bibliografie. Esiste anche il progetto
nazionale Nati per leggere. Queste bibliografie sfrondano il
campo, ma non devono desensibilizzare l’adulto nella scelta,
sono una facilitazione. Importante è scegliere quello che incanta
l’adulto, in relazione intima con il
figlio.
C ol t i v a r e b u o n i as c ol t a t or i , p u ò
e s s er e u n m o d o p e r c r es c e re
buoni lettori?
Può essere, ma non di necessità
lo sarà… bisogna tener conto che la “fabbrica” del
lettore, è una fabbrica incerta. Se quello che offriamo ai bambini è “zuccherato” dalla convinzione dell’adulto, dalla gioia di trasmettere bellezza, i bambini
accolgono con più forza. I bambini accolgono con
entusiasmo le proposte entusiastiche degli adulti e
g
la buona qualità del libro. ■
41
quale Chiesa
di Alessandro
Nizegorodcew
racovia ha mille volti. Questo è il suo
splendore, che la rende unica di fronte a
tutte le altre città europee. Dall’antichissimo centro, ricco di costruzioni romaniche,
sino ai palazzi di chiaro stampo comunista. Ovunque
ricada il tuo sguardo, Cracovia può riuscire a sorprenderti, regalandoti un sorriso inatteso.
A pochi giorni dalla beatificazione di Giovanni Paolo
II, abbiamo pensato di recarci nella città polacca,
dove Karol Wojtyla ha vissuto, lavorato e studiato,
fino a divenirne, nel 1963, arcivescovo. Wojtyla era
nato a Wadowice, ma dai 18 anni in poi Cracovia
divenne la sua casa. Nel 1938 il giovane Karol si
iscrisse all’università Jagellonica, nella facoltà di
Lettere e filosofia, ed è da qui che inizia
il nostro percorso attraverso i luoghi di
Giovanni Paolo II.
L’università Jagellonica è la seconda
più antica del centro Europa, fondata
nel 1364 dal re Casimiro il Grande, ma
per Wojtyla l’esperienza fu piuttosto
breve, perché i nazisti occuparono Cracovia l’anno successivo, chiudendo l’università e arrestando ben 184 accademici. Dopo aver visitato il Collegium
Maius, il palazzo più antico dell’università Jagellonica, la nostra passeggiata
prosegue con un palazzo in via
Podzamcze 8, che all’apparenza non
sembrerebbe di grande interesse storico; ma qui, durante l’occupazione tedesca, si svolse
il seminario maggiore clandestino di Cracovia, al
quale prese parte Karol Wojtyla.
Ogni luogo, in città, ha qualche collegamento con
Giovanni Paolo II, come ci spiega il tassista Jacek,
appena giunti in via Franciszkanska. «Questo è il
palazzo vescovile, dove Wojtyla ha abitato per anni
una volta ordinato arcivescovo di Cracovia – spiega
Jacek – e quella è la famosa finestra
papale, dalla quale si affacciava per
Passeggiata nella
salutare i tantissimi fedeli che vi si fermacittà dove è nato il
vano innanzi. Nulla a che vedere ovviaPapa polacco. Ogni
mente con San Pietro, anche perché questa
strada, ogni luogo
è una strada, dove passa per giunta anche
portano il segno
il tram, ma per noi polacchi ha avuto e ha
di Giovanni Paolo II
42
C
I 04/052011
La Cracovia
tuttora un significato molto importante». È fortissimo
il legame dei cittadini di Cracovia con Karol Wojtyla,
che emerge e affiora da ogni sillaba pronunciata
dalle persone che incontriamo lungo il nostro tragitto. Al nome di Giovanni Paolo II i loro occhi si illuminano, e inizia il più delle volte un racconto emozionato ed emozionante.
Torneremo in centro per visitare le tante chiese dove
Wojtyla ha celebrato messa nel corso degli anni, ma
è il momento di recarci nel quartiere di Nowa Huta,
letteralmente “Nuova Acciaieria”, costruito durante
l’occupazione comunista. Nel 1965 Karol Wojtyla
mise la prima pietra per la costruzione dell’immensa
chiesa Santa madre regina di Polonia, detta, a causa
della sua forma, Arca del Signore; ma fu solamente
quale Chiesa
di Wojtyla
Nelle foto: a sinistra la piazza
centrale di Rynek con la
chiesa di Santa Maria; sopra,
il giardino che sta intorno al
centro (Planty) e la statua di
Giovanni Paolo II a Wawel
nel 1975 che il sogno degli operai presenti a Nowa
Huta, e di Wojtyla, divenne realtà. Un altro tassello,
per Cracovia, regalato alla città da quello che diverrà
dopo 3 anni Papa Giovanni Paolo II. «In ogna zona
della città – ci spiega Kaja, cameriera di un bel caffè
in centro – c’è in qualche modo il segno di Karol
Wojtyla. È incredibile quanto abbia dato a Cracovia
nel corso degli anni».
Ed eccoci finalmente in pieno centro, a Rynek, una
delle piazze più grande d’Europa. Visitiamo la basilica di Santa Maria Vergine e la piccola e antichissima
chiesa di Sant’Adalberto, tutti luoghi dove Karol
Wojtyla ha pregato e celebrato messa più e più volte.
Ma il nostro viaggio non è ancora terminato. Attraverso i giardini di Planty, enorme parco che circonda
il centro di Cracovia, bellissimo in pieno inverno,
giungiamo al Castello di Wawel. Ed è lì che notiamo
una grande statua di Giovanni Paolo II, accanto alla
quale i tanti fedeli scattano fotografie. La statua è
piuttosto grande e davvero precisa a livello di dettagli.
Questi i luoghi più importanti e significativi della Cracovia di Giovanni Paolo II. Una città dalle più svariate
sfaccettature, tutte accomunate da un rapporto
indelebile e indissolubile con Wojtyla; una città che
è, ancora oggi, Wojtyla. Il nostro percorso è praticamente terminato. Non resta che recarsi dinnanzi a
un qualunque distributore di monete commemorative di Giovanni Paolo II (ce ne sono sparsi in tutto il
g
centro) e acquistarne una. ■
Primo maggio in piazza San Pietro
DOPO 6 ANNI, ARRIVA IN PORTO IL PROCESSO DI BEATIFICAZIONE
iazza San Pietro nel giorno delle esequie di Giovanni Paolo II. “Santo subito” – questo il coro con il quale i fedeli
chiedevano a gran voce la beatificazione del Papa appena deceduto. Benedetto XVI non ha avuto un attimo di esitazione e
la causa venne aperta immediatamente. Era il 28 giugno 2005. Da quel giorno è iniziato l’iter giuridico-procedurale
consistente in una serie di processi canonici volti a raccogliere documenti e testimonianze, necessari per studiare e
analizzare la vita, le virtù e i miracoli di Giovanni Paolo II. Il 14 dicembre del 2010 i consultori teologi riconobbero
«l’unicità, l’antecedenza e la coralità dell’invocazione rivolta al Servo di Dio Giovanni Paolo II, la cui intercessione era stata
efficace ai fini di una prodigiosa guarigione». La data scelta per la beatificazione è il 1° maggio, un giorno assolutamente
non casuale. Si tratta infatti della domenica in Albis (la prima domenica dopo Pasqua), che celebra la festa delle Divina
Misericordia, istituita nel 2000 dallo stesso Wojtyla. [a. n. ]
P
I 04/052011
43
quale Chiesa
Pasqua: la rivoluzione
del possibile
e davvero Cristo è risorto, allora
tutto è possibile». Con tali incisive
parole Maurizio Ferraris, filosofo
torinese, dava avvio, nel 1997, alla
sua poderosa opera intitolata Estetica razionale. «Se
davvero Cristo è risorto, allora tutto è possibile»: Ferraris è un non credente, «implacabile con il cristianesimo», ma la sua affermazione circa il rapporto tra
la risurrezione di Cristo e l’ampliamento delle possibilità del possibile coglie davvero nel segno il significato profondo della Pasqua, il suo valore rivelativo e
performativo, la sua ricaduta antropologico-esistenziale nella vita di ogni credente.
Se infatti, da una parte, è la Pasqua che permette ai
discepoli di riconoscere la verità di quel Gesù di
Nazareth finito piuttosto miseramente in croce, dopo
un sommario processo, è lo stesso evento che permette loro di accedere a quella vita guidata dallo
Spirito del Risorto, che normalmente intendiamo
come esperienza credente cristiana.
Ora, credere nel Risorto e grazie al Risorto significa
propriamente vivere alla luce della verità secondo la
quale davvero «tutto è possibile».
Se al contrario il cristiano non
Con la forza della
esperisce e non conduce la sua
Resurrezione «non
esistenza secondo questo sconfidobbiamo arrenderci
namento delle possibilità del possiall’impossibilità di un
bile, allora la sua fede è vana e il
modo diverso di gestire
suo è un credere a parole.
i rapporti tra i popoli
Per questo, per credere, è necessadel mondo». Dobbiamo,
al contrario, immaginare rio abbandonare quella diffusa antiteologia dell’impossibile, del riteneun mondo «capace
re cioè che vi siano soglie di bene e
di tessere trame di
solidarietà e di giustizia». di giustizia, di rettitudine e di onestà, alle quali è semplicemente
Così, per l’assistente
impedito accedere e nello stesso
nazionale della Fuci,
tempo quell’anti-teologia del giudiè possibile vivere sino
care come improbabile la possibiin fondo la più grande
lità di abbattere situazioni di ingiufesta cristiana
di Armando Matteo
44
«S
I 04/052011
stizia e di male, regimi di morte e di paura, condizioni
di oggettivo malessere personale e sociale.
Questa è quella anti-teologia che si manifesta a
livello linguistico nell’uso dell’avverbio «ormai» e a
livello psicologico nelle forme della depressione.
Pertanto ogni volta che un credente giudica della
sua esistenza e della vita del mondo secondo l’antifona dell’ormai – ormai non c’è più nulla da fare,
ormai non posso cambiare il mio carattere, ormai
non posso togliere via da me questo vizio, ormai non
posso realizzare nulla di buono e nulla di bene, ormai
il mondo è destinato all’autodistruzione violenta,
ormai non vale nulla aiutare gli affamati, gli ammalati, i sofferenti – ebbene ogni volta cioè che un tale
tipo di ragionamento si annida nel suo cuore e nella
sua mente, allora il suo è un essere cristiano a parole e non nella verità. Se Cristo è risorto – dice a
ragione Ferraris – davvero per chi crede in lui tutto è
possibile. Credere in questa possibilità è l’autentica
possibilità del credere.
Proprio ciò attestano e trasmettono i primi discepoli:
hanno sperimentato la forza della Pasqua, alla sua
luce hanno finalmente potuto incontrare il Signore
Gesù nella sua verità definitiva e da quel momento
hanno impostato la loro esistenza secondo le parole
del Signore, parole che invitano e consentono di trasgredire quelli che normalmente consideriamo i
confini dell’umanamente possibile in termini di realizzazione del bene e di testimonianza dell’amore. La
loro è diventata una vita nuova, caratterizzata da un
profondo sentimento di gioia, di pienezza, una vita
veramente vita (Benedetto XVI).
È (stata) l’esperienza di quel «rinascere dall’alto» di
cui Gesù parla a Nicodemo (Gv 3). Per questo la
Pasqua è rivoluzione del possibile.
Ed ecco allora, attualissimo, il messaggio della
Pasqua: il desiderio di un’esistenza felice e di una
giustizia globale non è una menzogna, un’illusione,
una terribile perversione, frutto di chi creandoci ha
quale Chiesa
immesso dentro di noi un impossibile anelito a cose
davvero belle, davvero armoniose, davvero arricchenti. No, il desiderio di una esistenza felice, cioè
contenta di sé, capace di reggere ai rovesci della
sorte e del destino, in grado di compiacersi del bene
e di tenersi lontano dal male, e il sogno di un mondo
non sedotto e corrotto dalle forze del male e dell’egoismo è possibile all’uomo. E la strada è quella
I 04/052011
della fede, ovvero quell’atteggiamento di vita che nasce dall’incontro con Gesù Risorto e trova la
sua cifra, la sua visibilizzazione, in
quell’allargamento delle possibilità dell’umano, di cui in genere
non siamo neppure coscienti.
Al credente non è perciò permesso un atteggiamento di scetticismo o di sfiducia preventiva.
Anche situazioni date per irremovibili possono iniziare a cambiare.
Con questa consapevolezza, che
nasce dalla contemplazione del
mistero pasquale, vorremmo
guardare a quanto sta accadendo
al di là del Mediterraneo, nella
terra d’Africa: una rivoluzione a
meccanismi e regimi di violenza e
di terrore non solo è possibile, ma
va sostenuta, incoraggiata, vissuta
con partecipazione.
Con simile consapevolezza, vorremmo pure gettare uno sguardo
a quella parte del mondo che ha in
mano le sorti del pianeta: agli
europei, agli americani, ai cinesi...
Con la forza della Pasqua, non
dobbiamo arrenderci all’impossibilità di un modo altro di gestire i
rapporti tra i popoli del mondo.
Dobbiamo e possiamo, al contrario, immaginare la
possibilità di un mondo capace di tessere trame di
solidarietà e di giustizia, di un mondo sottratto al
dominio delle passioni e alle passioni del dominio, al
potere dei soldi e ai soldi del potere, alla forza dello
scambio e allo scambio della forza.
Immaginare tutto ciò come possibile è vivere sino in
g
fondo la Pasqua. ■
45
quale Chiesa
In compagnia di
ogni educatore
di Mirella Arcamone
a una lucida lettura dei segni dei tempi
venti anni fa nasceva il Movimento di
impegno educativo: un modo nuovo di
tutta l’Ac di farsi compagna di ogni
educatore, dentro e fuori la comunità ecclesiale, uno
strumento agile per fare ricerca, costruire percorsi
laboratoriali, occasioni di incontro, dialogo,
confronto; abilitarsi come adulti, aumentando la
competenza e la consapevolezza nel proprio tipico
compito educativo. Si ritenne di incrociare uno dei
bisogni più profondi del tempo. Gli adulti erano
spaesati, le agenzie educative in crisi,
le comunità sfilacciate, i giovani, più
Il vangelo della carità
che in altre epoche, inaccessibili. E
e della speranza esige
l’Ac aveva la sua prassi di educazione
amore per il futuro.
integrale della persona, di impegno
Per la presidente
gratuito e attendibile a servizio dei
nazionale del Mieac
ragazzi e dei giovani.
«l’educazione genera
Il Mieac nasce, e ha senso, perchè
capacità di scelta,
spirito critico, senso di l’Ac si spinge fuori dai propri confini e
fa della sua passione educativa un
responsabilità, ricerca
dono per la città, un contesto
del bene comune, alta
umanamente autentico per mettersi
tensione morale,
insieme, per vincere la rassegnazione,
passione per l’uomo
e i suoi destini, volontà per dialogare e fare rete con quanti
credono nell’uomo.
di competenza
Queste stesse ragioni ne dicono
e di servizio»
l’attualità in questo decennio dedicato
dalla Chiesa italiana all’educazione. Il Vangelo della
carità e della speranza esige amore per il futuro,
passione per i ragazzi. Chi ama educa e si mette in
gioco; e l’educazione genera capacità di scelta,
spirito critico, senso di responsabilità, coerenza tra
fini e mezzi, ricerca del bene comune, alta tensione
morale, passione per l’uomo e i suoi destini, volontà
di competenza e di servizio.
I proclami non bastano: i nostri ragazzi possono
riscontrare nei comportamenti, negli atteggiamenti,
negli stili di vita di noi adulti i valori che annunciamo?
46
D
I 04/052011
La domanda di un senso per la propria vita, il
bisogno di punti di riferimento, di relazioni intense,
autentiche, il bisogno di ideali per cui vivere, di valori
incarnati, condivisibili, chiedono un altro stile:
pazienza, perseveranza, rigore, gratuità, libertà da
ogni tornaconto, disponibilità disinteressata e
discreta, senso di giustizia, il primato della persona
realmente rispettato nelle scelte politiche,
economiche, il rigore etico contro ogni moda o
scorciatoia. Insomma, la vita buona del vangelo,
davvero vissuta e proposta.
Da qui l’urgenza oggi di concentrare gli sforzi perché
gli adulti sviluppino intenzionalità responsabilità
educative e la capacità di vivere relazioni educative
autentiche. Di un improrogabile e reale investimento
sull’educazione come via dell’annuncio. Essa non
può essere considerata nell’ottica dell’emergenza. È
progetto globale, investimento, capacità di futuro
dell’intera collettività. Esige impegno per nuove,
limpide relazioni di comunità, per costruire il tessuto
sociale in termini di accoglienza, di solidarietà, di
giustizia. Chiede adeguate scelte politiche per
arginare egoismi, paure, chiusure a forti tinte
razziste, squilibri sociali ed economici drammatici.
A ogni educatore e alle nostre fragili comunità il
compito di una vera rivoluzione culturale: seminare
ragioni di vita e di speranza, di senso, di impegno
responsabile e progettuale. Senza cedimenti e
scoraggiamenti, sapendo andare contro corrente
per smascherare tutto ciò che crea omologazione e
conformismo agli stili di vita imposti dai media.
È questa la strada che il Mieac intende continuare a
percorrere, dando un feriale contributo per
moltiplicare le occasioni e i luoghi aperti, dialogici,
con lo stile della ricerca; luoghi della
consapevolezza, della compagnia, della
competenza, perché da adulti e giovani educatori ci
si adoperi con amore, libertà e spirito di servizio
g
evangelici per il rinnovamento della società. ■
quale Chiesa
5X1000:
l’Ac si fa in quattro!
ducazione e formazione; cura della spiritualità; solidarietà internazionale. Sono alcuni dei
compiti che l’Ac condivide con la Fondazione
Apostolicam Actuositatem – Editrice AVE, che
anche quest’anno è tra i beneficiari del 5x1000.
La Fondazione, infatti, oltre a sostenere il progetto
formativo dell’Azione cattolica italiana con strumenti
E
Nella foto: il pozzo nel
chiostro di Casa
S. Girolamo a Spello,
restaurato grazie anche al
contributo dei soci di Ac
di promozione culturale, è anche un’organizzazione
no profit che persegue alcuni progetti solidali; per il
2011 ha individuato una pluralità di obiettivi nei
molti progetti che l’associazione ha in cantiere, dai
più recenti a quelli ormai consolidati.
Anzitutto la cura educativa nelle sue molte declinazioni: la formazione degli educatori, lo sviluppo
umano e cristiano dei piccoli, l’attenzione alla fami-
I 04/052011
glia, l’accoglienza degli studenti fuorisede, il sostegno dei progetti di lavoro e di volontariato… E poi i
grandi eventi che scandiscono il cammino dell’associazione, come l’incontro con Benedetto XVI a Roma
il 30 ottobre 2010.
Poi c’è Spello: la ricostruzione del Convento di San
Girolamo è ormai conclusa, anche con l’aiuto delle
migliaia di firme del 5x1000 raccolte nel 2010, e ora
la Casa di spiritualità è attiva e va valorizzata, resa
funzionante e ospitale.
Quindi la solidarietà. Nella immensa Federazione
Russa, dove i dati sull’infanzia in stato di abbandono
sono preoccupanti, i ragazzi dell’Ac sostengono
alcuni progetti nella Russia siberiana gestiti dalle
suore Ancelle dell’Immacolata concezione e il centro
per i ragazzi di strada di San Pietroburgo.
Altro progetto riguarda il Burundi, dove da anni l’Ac è
presente con l’iniziativa di adozione scolastica, perché l’istruzione sia il primo gradino a cui possano
accedere senza difficoltà tutti i bambini del paese,
con buoni insegnanti e un pasto al giorno.
Questi e altri progetti, queste e altre storie cresceranno con la tua firma: per devolvere il 5x1000 dell’Irpef basta firmare nel modello della dichiarazione
dei redditi (Cud, Unico, 730) il riquadro dedicato al
sostegno al volontariato, delle associazioni e fondazioni riconosciute e inserire il codice 96306220581.
Chi invece non è obbligato a presentare la dichiarazione perché è titolare solo di reddito da pensione o
da lavoro dipendente può ugualmente firmare
recandosi alla Posta o a un Caf dove riceverà assistenza gratuita.
Si ricorda che è attiva anche nel 2011 la convenzione con i Caf Acli, che prevede in tutta Italia per gli
aderenti all’Ac e i loro familiari uno sconto su tutti i
servizi erogati: telefona al tuo Centro diocesano Ac
per conoscere la sede a te più vicina o controlla sul
sito www.azionecattolica.it.
Firma anche tu: è un contributo unico e importante,
g
come te! ■
47
senza confini
intervista con
Giuseppe Schiavello
di Valerio De Luca
Un impegno
in più contro le mine
l 4 aprile è ricorsa la Giornata mondiale per la
promozione e l’assistenza all’azione contro le
mine. Il quadro attuale sul problema è presentato a Segno da Giuseppe Schiavello, direttore
della Campagna italiana contro le mine antipersona
(per informazioni www.campagnamine.org).
I
S o n o t r a s c o r s i q u a s i 2 0 a n ni d a g li in i z i: c o m e
nascono l’impegno contro le mine e la onlus “Campagna italiana” che se ne occupa?
La Campagna italiana nasce, alla fine del 1993,
«L’Italia ha dato, nell’affrontare il problema mine,
grande prova di capacità. Anzitutto nel dichiarare
una moratoria unilaterale, poi nel 1994 ha
distrutto il suo stock di mine antipersona,
si è dotata di una legge nazionale giudicata una
delle più restrittive in materia»: per il direttore
della Campagna italiana contro le mine
antipersona si può fare di più per la costruzione
di una vera cultura di pace
48
I 04/052011
come un articolato movimento di più di 40 organizzazioni umanitarie e associazioni interessate alla
difesa dei diritti umani e di quello che, in seguito,
verrà definito come disarmo umanitario. Sostenuta
in particolar modo dalla ong Mani tese, si trasforma
nel 2000 in onlus composta da associazioni e singoli
e dotandosi di un suo statuto e atto costitutivo. La
difficoltà era rappresentata dall’argomento “disarmo” o meglio la messa al bando di un arma ritenuta
efficiente ed efficace e a basso costo, non espresso
– ovviamente – in vite umane. La grande svolta positiva è stata la partecipazione e la capacità della
società civile, associazioni di tutte le scuole di pensiero, studenti, giovani anziani, di riunirsi insieme
intorno a un tema, senza divisioni ideologiche o di
pensiero, e affermare la loro volontà di dire di non
voler essere complici di un massacro di innocenti.
Si registrano forse nel tempo conquiste importanti e
do l o r os i p a s s i in d ie t r o ne l l a c a m p ag n a i n t e rnazionale per la messa al bando di questi tremendi
ordigni. Come si impegna l ’Italia in fatto di leggi e
operazioni di sminamento sul campo?
Per ora nessun passo indietro, direi, al massimo
qualche periodo di rallentamento e minor disponibilità
di fondi per la cooperazione internazionale. L’Italia ha
dato senza dubbio, nell’affrontare il problema mine,
grande prova di capacità. Anzitutto nel dichiarare una
moratoria unilaterale, su produzione, uso e commercio nel 1994 ha distrutto prima dei termini previsti
dalla Convenzione di Ottawa il suo stock di mine
antipersona, si è dotata di una legge nazionale giudicata una delle più restrittive in materia e nel 1999
prende il via il Comitato nazionale per l’azione umanitaria contro le mine. Inoltre, nel 2001, si è dotata di un
fondo (legge 58/01) dedicato alle azioni umanitarie
contro le mine. Unica pecca, la diminuzione costante
delle disponibilità finanziarie a esso dedicato.
Da “Campo minato” a “Prato fi orito” il nome di un
giochetto della leader mondiale produttrice di soft-
senza confini
ware... oltre a questo, qual è la sensibilità generale
al tema legata anche ai prossimi obiettivi particolari
della campagna?
Purtroppo le pene che affliggono il nostro mondo
sono molte e tutte degne di attenzione e aiuto;
credo, però, che il lavoro fatto a livello internazionale
da più di mille organizzazioni in tutto il mondo rispetto il tema del disarmo
umanitario, il quale gli è
Uno degli obiettivi emergenti
è certamente quello di sviluppare valso anche un premio
progetti per l’inclusione sociale dei Nobel per la pace nel
sopravvissuti da ordigni inesplosi 1997, abbia creato un ter-
Nelle foto:
Papa Benedetto XVI con
Giuseppe Schiavello
e Song Kosal.
Qui sopra: un’immagine
contro l’uso delle mine anti
uomo scattata da
Valerio De Luca
reno di consapevolezza sociale su alcuni temi. Uno
degli obiettivi emergenti è certamente quello di
sviluppare progetti per l’inclusione sociale dei
sopravvissuti da ordigni inesplosi. Speriamo che
anche questo venga percepito nella continuità di un
impegno serio e costante per lenire quello che
queste armi hanno generato.
M in e : og g e t t i d e l pa s s a t o e pr o m e mo r i a d eg l i
odierni conflitti. Cosa innescano nelle nuove generazioni in aree dove in più ci sono interessi a lasciare
I 04/052011
minati i terreni?
Difficile dirlo, ogni situazione è un caso specifico, le
mine sono sempre e comunque semi di odio e disprezzo verso la vita, però spesso a bonificare i terreni si possono trovare squadre composte da sminatori di diverse appartenenze che lavorano uno
accanto all’altro, magari con qualche diffidenza ma
consapevoli che la loro vita è anche nelle mani dell’altro, della sua professionalità. La bonifica umanitaria può essere uno strumento di peace building,
costruire la pace annientando l’odio nascosto sotto
la terra… è un modo per iniziare. Il problema è che
la bonifica dei terreni è
costosa, forse più che
interesse a lasciare
minati dei terreni, dobbiamo guardare all’interesse di prediligere nella
scelta aree diverse da
quelle di vero interesse
per la popolazione. Ma
questo però è abbastanza garantito da un sistema di controllo internazionale.
U n ’ e sp e ri e nz a c h e ha
avuto modo di vivere da
q ua n do si o c c u p a d e l
t e m a , a l e i p ar t i c o l a rmente caro?
Particolarmente caro è
l’incontro del 3 aprile
2009 tra papa Benedetto XVI, Song Kosal (vittima delle mine in Cambogia all’età di 6 anni e
oggi universitaria portavoce per i giovani della Campagna internazionale) e alcuni di noi. Il Santo Padre
tornava dall’Angola, dove aveva visitato centri di
riabilitazione. Lui ci ha esortato a continuare il nostro
lavoro, noi l’abbiamo ringraziato per tutte le volte
che attraverso la sua voce si è levato l’incoraggiamento ai paesi ad aderire alla Convenzione per la
messa al bando delle munizioni a grappolo, così
come per le mine risultò di grande aiuto la sensibilità
g
di Giovanni Paolo II e della Santa Sede. ■
49
faccia a faccia
Olimpiadi
a Roma
nel 2020?
Si può fare
intervista con
Mario Pescante
capo di Stato estero in visita ufficiale, un
immancabile baciamano al Papa in piazza San
Pietro. Mario Pescante non fa eccezione, ma
nella sua collezione c’è un’immagine insolita:
lui e Yasser Arafat. «Ci tengo molto: eravamo a
Gaza nel 1995, quando, dopo gli accordi di Oslo
e la nascita dell’Autorità nazionale palestinese,
fu fondato il loro Comitato olimpico nazionale».
E sul tavolino di fronte ai divani
Il valore dello sport ma anche gli inevitabili intrecci con politica su cui ci accomodiamo, un’altra particolarità: adagiate sul
e affari. La capitale si gioca in questo periodo la candidatura
cristallo spicca una collezione
alle Olimpiadi del 2020. Il presidente del comitato promotore
di fiaccole olimpiche, compreper la candidatura afferma: «Tenendo conto che i giochi del
so un modello dell’ultima, futu2012 si terranno a Londra e quelli successivi a Rio, è
ristica, che ha portato il fuoco
improbabile che si torni in America. Quindi dovrebbe toccare
simbolo dei “cinque cerchi” da
all’Asia o all’Europa. In questo senso, l’Urbe ha un grande
fascino. Ma stiamo attenti a non sottovalutare le avversarie»
Olimpia a Pechino, nel 2008.
di Simone Esposito
50
el suo studio di Montecitorio, dove è
presidente della Commissione per le
politiche dell’Unione europea, campeggiano le tante fotografie che i
politici espongono di prammatica in bella vista
(anche a uso delle telecamere quando arrivano i
tg a fare le interviste): scatti di qualche incontro
con un Presidente della Repubblica o con un
N
I 04/052011
faccia a faccia
Ma se devo essere
sincero, credo cha la
città da battere sia
Parigi: non ospita le
Olimpiadi dal 1924 e
ha perso quelle del
2012 sul filo di lana,
per quattro voti
soltanto
Nella foto: Colosseo, Roma.
Lotta greco-romana alle
Olimpiadi del 1960
Mario Pescante, avezzanese,
72 anni, deputato alla terza
legislatura (prima per Forza Italia, oggi per il Pdl), è sì un uomo
politico, ma è innanzitutto – e
ce lo sottolinea più volte – un
uomo di sport. Un mondo che
conosce a menadito anche perché lo abita da sempre, prima
come mezzofondista, da quarant’anni come dirigente. Presidente del Coni negli anni Novanta, è dal 2009 uno
dei quattro vicepresidenti del Comitato internazionale olimpico, di cui è responsabile dei rapporti internazionali. In poche parole, è il “ministro degli esteri”
dello sport mondiale. Galloni di tutto rispetto, che
hanno sicuramente pesato nella scelta del governo
di nominarlo presidente del Comitato promotore per
la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020. Una
nomina complicata, arrivata di corsa dopo la rinuncia del primo presidente designato, Luca Cordero di
Montezemolo, che ha declinato l’invito perché ha
ritenuto non ci fossero le condizioni per svolgere l’incarico in maniera ottimale (le indiscrezioni precisano: Tremonti non aveva benedetto la scelta del suo
nome). Insomma: Roma ci riprova (nel 1997 fu battuta al fotofinish da Atene, che si prese i Giochi
2004), ma non comincia affatto bene.
Vediamole una per una.
Tokyo è fortissima, si era candidata per il 2016, il suo
dossier era forse il migliore e lo ripresenterà (anche
se al momento non è possibile prevedere quanto
inciderà sul progetto il disastroso sisma dell’11
marzo, successivo al momento di questa intervista,
ndr). Mumbai sconta l’esito non troppo positivo dell’organizzazione dei Giochi del Commonwealth 2010
ma è sempre la candidata di un paese gigantesco
come l’India. Durban, poi, potrebbe essere la prima
città africana a ospitare i cinque cerchi e qui i riscontri organizzativi dopo la Coppa del mondo di calcio
sono stati più che buoni. Ma se devo essere sincero,
credo cha la città da battere sia Parigi: non ospita le
Olimpiadi dal 1924 e ha perso quelle del 2012 sul filo
di lana, per quattro voti soltanto.
In Italia ci si conforta con il ricordo, ancora molto intenso fra chi ha l’età per conservarlo, dei Giochi del 1960.
I migliori di sempre, si è ripetuto ancora una volta lo
^^
I 04/052011
Ma ce l’abbiamo qualche possibilità?
Sicuramente molti sottovalutano che la nuova geopolitica economica mondiale vale anche per lo sport:
siamo passati anche noi, se così si può dire, da G8 al
G20. Basta guardare indietro di poco: molti osservatori avevano frettolosamente dato per favorita Chicago come sede dei Giochi del 2016, e invece la
città del presidente Obama è stata eliminata al
primo turno nel voto di assegnazione e le Olimpiadi
sono andate a Rio de Janeiro. Il Brasile è un paese
emergente, ormai molto influente, ed era già riuscito
ad attirare molti investimenti ottenendo l’organizzazione dei Mondiali di calcio del 2014. Altre nazioni
come l’India, la Corea del Sud, il Messico stanno
diventando sempre più autorevoli, e bisogna aggiungere anche il Qatar, che nel 2020 sarà il primo stato
arabo a ospitare i Mondiali di calcio. In ogni caso,
tenendo conto che le Olimpiadi del 2012 si terranno
a Londra e quelle successive a Rio, è improbabile
che nel 2020 si torni in America, anche se al Nord.
Quindi dovrebbe toccare all’Asia o all’Europa. In
questo senso, la candidatura romana ha un grande
fascino. Ma stiamo attenti a non sottovalutare le
avversarie.
51
faccia a faccia
s co r s o an n o n el
corso delle celebrazioni per il loro cinq u a n t e n a r i o . Ma è
un giudizio partigian o o c ’ è un a q ua l c h e c o n d i v i si o n e
anche all’estero?
Roma
suscita
ancora a livello
internazionale sentimenti di forte evocazione
romantica. Penso, per esempio, alla fiaccolata spontanea alla quale i romani diedero vita allo Stadio
Olimpico nella notte della cerimonia di chiusura, o
ad Abebe Bikila che vince la maratona passando
scalzo sotto l’Arco di Costantino ai Fori imperiali.
L’edizione del 1960 è stata veramente a misura
d’uomo, con un legame straordinario tra la città e gli
atleti. Roma può ancora offrire questo, e forse è ciò
di cui il movimento olimpico sente il bisogno. Uno
scenario di sicura, grande suggestione.
Il logo delle prossime
Olimpiadi del 2016
a Rio de Janeiro.
A lato: lo stadio Olimpico di
Roma gremito di gente
nel 1960
52
A che ci servono le Olimpiadi? E soprattutto, con il
disastro del nostro debito pubblico, ce le possiamo
permettere?
La prima cosa da dire è che ormai tutte le analisi
indicano che l’organizzazione dei Giochi olimpici
porta automaticamente a una crescita dello 0,2%
del Pil: è un’enormità. Così come è certa l’incidenza
positiva sull’occupazione. D’altra parte l’investimen-
I 04/052011
to è gigantesco: 2 miliardi di dollari. Per Roma,
comunque, dobbiamo tenere conto che gran parte
degli impianti sono già esistenti e vanno solo adeguati. In più esiste, ed è modernissima, la vasta area
della nuova Fiera, che si trasformerebbe in un
importante polo di eventi sportivi.
Qualcuno si chiede: un buon affare per la capitale,
ma per gli altri?
Le Olimpiadi sono un investimento per il futuro, e per
il futuro di tutto il paese, non solo di Roma: innanzitutto per il fatto che ormai i Giochi sono un evento
“diffuso”, che si tiene in tutta la nazione ospitante
(pensiamo alle gare eliminatorie dei tornei a squadre
come calcio, basket e pallavolo), e poi perché i
benefici si estendono all’intera economia nazionale.
Faccia un esempio.
Le faccio l’esempio principale: il turismo. Londra
offre pacchetti turistici di quattordici giorni, sette in
città per i Giochi e sette in altre parti del Regno
Unito. Ora, senza nulla togliere a loro, credo che l’Italia possa avere un’attrattiva ancora maggiore.
Siamo un paese amato ma poco conosciuto, anche
dagli italiani stessi. La spinta turistica è fondamentale nel nostro progetto.
I l p r ob l e m a p er ò r es t a u n al t r o. O l t r e a l r i co r d o
romantico delle Olimpiadi del ’60 c’è anche quello
vergognoso dei Mondiali del ’90 e del loro gigante-
faccia a faccia
s c o g i r o d i t a n g e nt i e
malaffare. E poi c’è lo
s c a nd a l o r e c e n t is s i m o
p e r i M o nd i a l i di n u o t o
2009. L’Italia delle “cricche” e degli appalti truccati è davvero in grado di
organizzare i Giochi?
La questione degli appalti
è seria, e ammetto che i
precedenti sono gravi.
C’è solo una parola per
rispondere: trasparenza.
Trasparenza totale. Noi, a
differenza di quanto è
accaduto negli scandali più recenti, non abbiamo
bisogno di nessuna procedura speciale, di nessuna
deroga, di nessuna corsia di emergenza per lo svolgimento dei lavori. Fino all’eventuale assegnazione
ci sono due anni, e poi da lì fino allo svolgimento dei
Giochi ne trascorreranno altri sette: è un tempo più
che sufficiente per seguire le procedure ordinarie. E
poi, se mi permette, faccio notare che quando si è
finiti nel fango, come nei casi citati prima, è stato
perché nell’organizzazione c’è stata l’intromissione
di soggetti esterni al mondo dello sport: imprenditori
e politici. Quando l’organizzazione è rimasta in mano
alle federazioni e agli uomini di sport tutto è andato
bene.
Sopra: Mario Pescante
Il problema rimane: ci sono in ballo cifre stratosferiche.
Sì, il problema rimane. Ci vogliono scelte strategiche: per esempio il villaggio olimpico verrebbe edifi-
cato su demanio militare, quindi non ci sarebbe nessuno spazio per le speculazioni. In ogni caso, chiederò che il percorso organizzativo e i bilanci vengano
vagliati da una commissione di saggi esterni al
Comitato organizzatore, un gruppo in grado di
garantire autorevolmente quella trasparenza di cui
parlavo prima.
C i v or r an n o u om i n i al d i s op r a d i og n i s os p et to.
Nomi?
Per la guida ne ho in mente tre: Mario Draghi, Mario
Draghi, Mario Draghi.
L ’ a s se g n a z i o n e v e r r à d e c i s a a B u e n o s A i r e s n e l
luglio 2013. Come si vince?
Per prima cosa, cercando di capitalizzare la stima di
cui gode in seno al Cio lo sport italiano. La mia elezione ai vertici del Comitato olimpico è stata un
segno tangibile di questo consenso. Ma poi ci vuole
un forte, fortissimo sostegno politico e istituzionale
trasversale, che sia in grado di trascinare l’opinione
pubblica.
In q u e s t e p r im e b a t t u t e , p e rò , la p o l i t i c a s i è g ià
messa di traverso.
Sì, ma un progetto organizzativo come quello olimpico è di lunga durata, ha orizzonti distanti nel tempo e
certo non possono prevalere logiche di bottega,
magari col rischio che a un cambio di maggioranza
possa saltare tutto. Le scorse esperienze ce lo
hanno insegnato: si vince solo se a giocare è non
una sola istituzione, o la sola città candidata, ma l’ing
tero sistema-paese. ■
I GIOCHI SARANNO ASSEGNATI NEL 2013
TRA SPONSOR E IMPATTO AMBIENTALE, CHI CI GUADAGNA È IL PAESE CHE LI OSPITA
Giochi della XXXII Olimpiade si svolgeranno solo nell’estate del 2020, ma il nome della città ospitante sarà deciso sette
anni prima: l’appuntamento è per la sessione plenaria del Cio in programma a Buenos Aires nel luglio 2013. Le città interessate potranno presentare la loro candidatura entro il 2011: quelle ammesse (le cosiddette “applicant cities”) dovranno
preparare un dossier sul loro progetto che sarà valutato su vari parametri, dalla situazione delle infrastrutture all’impatto
ambientale, dalle precedenti esperienze in eventi sportivi alla situazione finanziaria. Su questa base, nel 2012, il Cio renderà nota la short list delle vere e proprie città candidate (di solito quattro o cinque). E al termine del percorso, saranno i
membri del Cio a decidere: vince la candidatura che riporta la maggioranza assoluta dei voti, e se il quorum non viene raggiunto si ripete la votazione escludendo di volta in volta la città ultima classificata.
Roma, già sede dei Giochi del 1960, è al secondo tentativo di ottenere il bis: nel 1997 fu superata al ballottaggio finale per il
2004 da Atene. Bisogna però ricordare che la capitale greca andava risarcita per essersi vista scippare le Olimpiadi del 1996: i
Giochi del Centenario doveva tornare nella loro patria d’origine ma, con un voto sul quale pesarono gravi sospetti di corruzione, finirono ad Atlanta, la città dello sponsor gigante Coca Cola. La storia olimpica è fatta anche di questo. (s.e.)
I
I 04/052011
53
titoloni
Io sono con te
Un film che sgomita
di Dario E. Viganò*
54
el film di Guido Chiesa – libera rilettura
della storia di Maria di Nazareth e del suo
apprendistato di donna prima e di madre
poi – si è detto di tutto. Opera laica, pedagogica, femminista, politica. Etichette con cui si può
convenire, ma che non esauriscono la portata dell’operazione, la sua provocazione. La prima qualità che
bisogna riconoscere a Io sono con te è la volontà di
offrirsi come prospettiva obliqua, fuori dagli schemi,
anticonformista. Sgomita il
film di Guido Chiesa perchè
poco propenso a lasciarsi
inquadrare da categorie
precostituite e ottiche fossilizzate. La proposta è il
disancoraggio di uno sguardo che deve imparare a
guardare di nuovo, oltre i
consueti orizzonti, senza più
paraocchi. Un “secondo
sguardo” che irrompa ex
abrupto nella rappresentazione di un mondo cesellato
secondo tradizioni, culture,
leggi inalterabili. Come
avvenne del resto nella
Palestina “guardata” da Cristo. E se nei vangeli gli occhi
del Figlio guardano con gli
occhi del Padre, nel film di Chiesa – ed è la prima
decisiva novità che il regista introduce rispetto al
vecchio corpus filmografico neotestamentario –
sono quelli della Madre a “pre-vedere” Gesù, preparandone la storia, anticipandone le vedute, come se
lo sguardo di Maria e quello del Figlio – ripresi spesso da Chiesa in campo/controcampo – si sovrapponessero fino a fondersi in un unico sguardo. Al punto
che il titolo si potrebbe benissimo immaginare con
una parentesi: Io sono (con) te. Maria di Nazareth
prende posizioni nel film – come quando si oppone
al cruento rituale della circoncisione, o quando rifiu-
D
I 04/052011
ta la somministrazione del colostro – che nel Nuovo
Testamento sarebbero state possibili solamente in
Gesù o immaginabili solo “successivamente” (la battaglia contro la circoncisione sarà una prerogativa di
Paolo). Ma ancor più della corrispondenza di prospettive colpisce la totale sintonia del cuore, l’intreccio di tonalità affettive che legano la Madre al Figlio.
Fondamentale in questa ricerca di simmetrie la scelta degli attori e l’uso del primo piano: sia le due
Maria (la “adolescente” Nadia La rilettura
Khlifi e la “adulta” cinematografica
Rabeb Srairi) che il di Maria di Nazareth
bambino-attore merita attenzione.
nei panni di Gesù Per i toni sereni,
(Mohamed Idoudi) chiari, sia nelle
hanno volti radio- immagini che nella
si, senza ombre, sceneggiatura, che
sorridenti, pacifi- ci restituiscono una
cati. Trafitti, si madre di Gesù intima
direbbe, da un e familiare, intrisa
Amore ultraterre- di un’esperienza
no, che è l’amore spirituale vissuta
del Padre e verso il nella misericordia
Padre, come ricor- e nella gioia
da a più riprese
Maria. Il Padre è la prima persona delle tre che compongono la struttura attanziale del film, e che si rivela nella luce che emana sui volti della Madre e del
Figlio. Questo è il secondo, forse il più rimarchevole,
aspetto di Io sono con te: il suo essere pieno di colori, caldo (fondamentale la scelta delle location in
Tunisia), morbido, rasserenante. Lontano dalla
cupezza di tante, troppe, opere a tematica religiosa.
Lucido nel sapere proporre al pubblico angosciato di
oggi – ed ecco perchè non bisogna perdere l’uscita
in dvd di aprile con Famiglia Cristiana – un’esperienza spirituale vissuta nella misericordia e nella
gioia. Che è in fondo il carattere primigenio di una
g
vera relazione d’Amore. ■
* presidente Fondazione Ente dello spettacolo
titoloni
titoloni
di Antonella Gaetani
musica
Noa, tra Israele e Napoli
n Noapolis (Egea Sud Music) la cantante israeliana Noa interpreta le più belle canzoni del
repertorio napoletano. Per anni Noa e il chitarrista Gil Dor hanno concluso la loro attività
concertistica in Italia con una canzone napoletana come bis, in omaggio alla cultura dell’Italia. Nel 2002 incontrano i Solis String Quartet e allargano il loro repertorio napoletano creando un programma di canzoni napoletane con arrangiamenti speciali. Da questa collaborazione è nato l’album Noapolis, in cui l’artista interpreta alcune delle più belle pagine della tradizione partenopea. In canzoni immortali come Te vurria vasà, Torna a Surriento ed Era di
maggio, Noa rivede le proprie radici da emigrante: nata da una famiglia di ebrei yemeniti
fuggiti dal loro paese a causa dell’ostilità seguente alla proclamazione dello Stato d’Israele,
a soli due anni si trasferì con la famiglia a New York, per poi fare ritorno nella sua terra. In
questo lavoro ritroviamo il mondo delle canzoni popolari, delle emozioni che resistono al
g
logorio del tempo e arrivano fino al presente assicurando loro il passaporto per il futuro. ■
I
giardinaggio
A Colorno il pollice verde
el segno del Giglio è la mostra mercato del giardinaggio di qualità che quest’anno giunge alla
diciottesima edizione. La manifestazione promossa dalla Provincia di Parma e dal Comune di
Colorno, organizzata da Artour, si svolge al Parco della Reggia di Colorno, dal 15 al 17 aprile. Nel
segno del Giglio è diventata maggiorenne e ribadisce il suo ruolo di mostra di riferimento europeo in
un settore, quello delle mostre mercato di giardinaggio, sovraffollato e non sempre da iniziative di
altissima qualità. Tra le tante altre e diversissime proposte, sono da segnalare le attività didattiche.
Sono, queste, una caratteristica della Mostra di Colorno e coinvolgono ogni anno schiere di futuri
“pollici verdi” con specialisti in educazione ambientale. Come sempre sono molte le manifestazioni
collaterali alla grande esposizione di fiori, piante e arredi e complementi di Colorno. Sono previsti,
infatti, confronti con esperti, itinerari nel parco e nella villa, ma anche negli altri numerosi parchi stog
rici del parmense e nei parchi naturalistici regionali. ■
N
percorsi
Il Liberty, il ‘900 e Trieste
rieste Liberty. Costruire e abitare l’alba del ‘900. Questo il titolo dell’esposizione che si terrà
a Trieste fino al 19 giugno al Salone degli Incanti all’ex Peschiera. In una città che all’alba
del ’900, gli anni dell’esplosione della modernità, è al crocevia culturale, artistico ed economico
tra l’Impero asburgico e l’Italia, vediamo sorgere nuovi edifici abitativi, commerciali e di rappresentanza, in parte connotati dal tradizionale stile storico, di sapore classicista, ancora imperante, in parte aggiornati sulle novità di uno stile nuovo e moderno: il Liberty. Quello che rende
assolutamente unico il caso Trieste è la coesistenza delle più diverse declinazioni del Liberty. Il
nuovo stile non si limita, come accade altrove, a diffondersi nell’area di un preciso quartiere, in
ambiti circoscritti, ma tutta la città. Di qui una mostra frutto di un’ampia ricognizione dove sono
censiti quasi 250 edifici. Al sottile confine fra arte e decorazione, tra progetto architettonico e
manufatto artigianale si colloca l’arredamento degli interni abitativi: la mostra è arricchita da
una sezione che, attraverso mobili, progetti, disegni di artigiani triestini e album di modelli e di esposizioni europei, aiuta a visualizzare gli
g
spazi in cui si muoveva la vita quotidiana di inizio ’900. ■
T
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spazio aperto
■ Pasqua e Vangelo
Mai dare per scontata la fede, mai
dare per scontato il Vangelo, mai
trascurare la vita spirituale! La
Quaresima dovrebbe metterci in
guardia, positivamente. Abbiamo
ancora una splendida occasione
per stare accanto al Cristo che
muore e risorge per noi, facendo
g
nuova tutta la storia. [...] ■
Maria S., Siena
■ Unità e tricolore
Caro direttore, le occasioni del
150° dell’Unità d’Italia, tolta un
po’ di retorica eccessiva e scusata qualche defezione “nordista”,
sono state un bel momento. [...]
All’inizio ero scettica, ma poi
abbiamo esposto anche a casa
g
nostra il tricolore. ■
Laura Sottrici
APPUNTAMENTO A SPELLO
LA QUESTIONE ANTROPOLOGICA
l Centro studi dell’Azione cattolica italiana intende
offrire un’esperienza formativa innovativa a soci,
responsabili, persone interessate a vivere un tempo di
ricerca culturale e spirituale, per approfondire alcuni
snodi della cosiddetta “questione antropologica” alla
luce della Dottrina sociale della Chiesa.
Il prossimo Seminario di Spello si terrà dal 27 al 29
maggio presso Casa San Girolamo a Spello (Perugia) e
sarà animato dal Gruppo di ricerca socio-politica del
Centro Studi.
Gli elementi caratterizzanti di questa esperienza sono
i seguenti: la formula residenziale; il metodo seminariale; la cura dei momenti liturgici.
Nel sito www.azionecattolica.it saranno suggerite
alcune letture propedeutiche al fine di attivare un
percorso di approfondimento e studio personale in
preparazione al Seminario.
I
■ Sul volontariato
Sono un socio di Milano e desidero esprimere il mio grazie per
l’articolo a cura di Paola Springhetti comparso su Segno nel
numero di febbraio 2011, nella
rubrica “Giorno per giorno”, in cui
ha trattato il tema del volontariato
nel nostro paese. In una semplice
pagina ha descritto, a mio parere, in un modo perfetto la situazione attuale. Speriamo che le
cose cambino in meglio, anche
se purtroppo segni positivi all’orizzonte faccio un po’ fatica a
scorgerli, almeno per ora. Di
g
nuovo grazie. ■
Roberto Nobile, Milano
■ Un grazie agli amici
Caro Segno, prendo l’occasione
dello spazio offerto ai lettori per
ringraziare i tanti amici del mio
gruppo parrocchiale di Ac che mi
sono stati vicini in un momento
davvero difficile della mia vita e
per tutta la mia famiglia. Grazie a
loro ci siamo sentiti sostenuti e
rafforzati. Anche a questo serve
g
un gruppo di amici. ■
Lettera firmata
56
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giorno per giorno
In memoria
dei luoghi comuni
di Paola Springhetti
enza i luoghi comuni è molto difficile vivere e comunicare. In fondo, non sono altro
che ovvietà condivise (anche se questo
non vuol dire che sono vere). E, d’altra,
parte, che vita sarebbe, la nostra, se dovessimo passare a minuzioso vaglio critico ogni affermazione
altrui, e a scientifica valutazione di originalità ogni
affermazione nostra? Diciamocelo, i luoghi comuni
ci permettono di cavarcela quando siamo in ascensore con qualcuno a cui non abbiamo niente da dire;
di rompere il ghiaccio con gli sconosciuti; di sapere
che cosa pensano di te quando vai in Francia e non
parli francese; di cambiare discorso quando non sei
d’accordo e non hai voglia di litigare; di farsi votare
alle elezioni; di
tenere i bambini
Pensate se un giorno
lontani dai peridicessimo, invece de
«gli immigrati rubano coli («non accettare caramelle
il lavoro», un più
dagli sconosciurealistico «gli
ti»).
immigrati portano
Fin qui, tutto
lavoro». Cosa
succederebbe? Un libro bene: in fondo, i
prende in giro i luoghi luoghi comuni
affratellano.
comuni. Fino a un
È vero, però, che
certo punto
di alcuni non se
ne può più: «non ci sono più le mezze stagioni», «le
bionde sono oche», «la bistecca ha visto quanto si
riduce in padella, signora mia». Non se ne può più
perché sono abusati, ma anche perché sono uno
strumento per nascondersi, per non mostrare ciò
che si è. Chi si sbilancia in un “eh… gli anni passano” o “ai bei tempi!”, fa almeno trasparire l’esistenza
di una storia, anche se non si sa quale.
Altri luoghi comuni, invece, fanno decisamente
male, anche se sono ampiamente condivisi: diciamo
che affratellano alcuni, ma contro altri. C’è qualcuno
che oserebbe contraddire chi sostiene che i rom
S
I 04/052011
rubano i bambini? Ci ha provato, pochi anni fa,
Migrantes, e per farlo ha dovuto commissionare
un’apposita ricerca: dalle indagini e dai processi non
è stato provato una sola volta che uno zingaro avesse rubato un bambino. Contro un altro luogo comune di questo genere («a loro piacere vivere nei
campi») si è battuto, a Milano, mons. Colmegna, che
da anni è impegnato per dare casa e lavoro ai cosiddetti nomadi (che nomadi non sono, tanto per chiarire un altro luogo comune). E naturalmente è apertamente osteggiato da politici e amministratori.
Molti luoghi comuni, per fortuna, possono essere
sconfitti con un po’ di ironia e creatività. Alfredo Bucciante ha aperto il sito luoghicomunialcontrario.net e
pubblicato il libro Scusa l’anticipo, ma ho trovato
tutti verdi e altri 499 luoghi comuni al contrario
(Einaudi 2010). Sono operazioni di ribaltamento sorprendenti: nel sito c’è chi posta sovversioni filosofico-psicanalitiche («a volte sarebbe meglio parlare
prima di riflettere»); chi riscopre il buon senso («a
volte le persone più pericolose sono quelle più
sospette»), chi rilancia la sincerità («ti lascio perché
ti amo troppo poco»); chi fa poesia («Ognuno sta
solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole.
Ed è subito giorno»).
Bello sarebbe che dal ribaltamento delle parole si
passasse ai fatti (da: «gli immigrati rubano il lavoro»
a «gli immigrati portano lavoro»). Altri luoghi comuni,
però, andrebbero difesi fino all’ultimo. Quand’ero
giovane, mi sembrava che mia madre e mio padre
incarnassero tutti i luoghi comuni possibili e immaginabili della coppia: lei che sacrifica il lavoro per la
famiglia, lui che si dedica al lavoro; lei che si fa carico del lavoro di cura, lui che prende le decisioni
importanti; lei che va in vacanza con i figli, lui che
passa quasi tutta l’estate a sudare in città. Per me
erano luoghi comuni, per loro erano l’equilibrio dentro il quale si sono voluti bene e sono stati fedeli, fing
ché morte li ha separati. E anche dopo. ■
57
sulle strade
della fede
Il grande
convento di
Bosco Marengo
stato l’unico papa piemontese che la storia
ricordi: stiamo parlando di San Pio V, Antonio Michele Ghislieri, nato a Bosco Marengo il 17 gennaio 1504. Ed è proprio in questo piccolo centro della pianura alessandrina di cinque secoli fa che vogliamo porre la nostra attenzione.
Salito sulla cattedra di Pietro il 7 gennaio 1566, il
primo agosto successivo il novello pontefice, il cui
nome è legato alla celebre e cruenta battaglia di
Lepanto, per dare lustro al suo paese natale, decretò,
con tanto di bolla papale, la fondazione di un grande
convento domenicano, al cui ordine apparteneva,
dedicato alla Santa Croce e Ognissanti. Per la precisione, seguendo l’esempio di tanti principi umanisti,
scelse un luogo a metà strada tra i nuclei di Bosco e
Frugarolo perché nei suoi progetti, che coltivava già
da quando era cardinale, proprio a partire dal convento si sarebbe dovuto sviluppare un nuovo borgo
che avrebbe inglobato i due centri esistenti.
A stendere il progetto fu chiamato il padre domenicano Ignazio Danti, architetto e matematico perugino, affiancato da Giacomo della Porta e da Martino
Longhi, che riuscì a ideare un grande complesso
tardo rinascimentale, perfettamente in
linea con i dettami del Concilio di Trento,
Mura che sanno di
storia e di arte, sotto concluso da pochi mesi.
Il convento delle dimensioni di 100 metri
lo sguardo benevolo
per 75 comprende la chiesa, due chiostri, il
di papa Pio V che lo
ha voluto fortemente. refettorio e la biblioteca a tre navate e
numerosi altri ambienti. La vasta chiesa, a
Il convento si
presenta ancora oggi croce latina, possiede ben dieci cappelle
laterali che si affacciano sull’unica navata
come complesso
centrale, fortunatamente ancora ricche,
architettonico che
fa onore alla cultura nonostante le numerose spogliazioni, di
importanti opere d’arte. Solo per citarne
e attira l’attenzione
alcune ricordiamo l’altare di San Domenico
dei più curiosi
di Paolo Mira
58
È
I 04/052011
nel braccio sinistro
del transetto, realizzato nel 1673
dal marmista Giulio Tencalla, come
pure dello stesso
artista è la cappella di Santa Rosa da
Lima del 1674. E
ancora il Giudizio
universale del
1568 e l’Adorazione dei Magi, opere
di Giorgio Vasari, la
pala della Madonna del rosario realizzata nel 1597 da
Grazio Cossali, che
rievoca la battaglia di Lepanto e i suoi protagonisti,
tra cui appunto papa Ghislieri, per finire con il coro
intagliato da Angelo Marini nel 1571 e il mausoleo di
Pio V, oggi privato dell’urna funeraria (posta sulla
parete di fronte), che avrebbe dovuto accogliere le
spoglie del pontefice che, invece, riposa nella basilica romana di Santa Maria Maggiore.
Passando alla parte conventuale del complesso,
forse l’ambiente più suggestivo è la biblioteca, che
richiama quella del convento di San Marco a Firenze, a tre navate separate da file di eleganti colonne,
dotata dal papa di numerosi e preziosi volumi per lo
studio dei religiosi.
Totalmente autosufficiente, grazie anche alle numerose rendite concesse da pontefice, tra cui circa
1500 ettari di terreno, nel convento di Bosco Marengo soggiornarono personalità di rilievo tra cui l’infante di Spagna Margherita, figlia di Filippo IV, in viaggio
sulle strade
della fede
Nelle foto:
immagini del convento di
Bosco Marengo
nel 1666 verso l’Austria per sposare l’imperatore
Leopoldo, Napoleone Bonaparte, che il 2 maggio
1796 occupò gli ambienti conventuali durante la
prima campagna d’Italia; di passaggio furono anche i
sovrani sabaudi Carlo Felice nel 1824 e Carlo Alberto
con il figlio Vittorio Emanuele II nel 1846.
I domenicani sarebbero rimasti a Bosco Marengo
fino alla soppressione francese del 1802, per tornare nuovamente dopo la caduta di Napoleone e allontanarsi definitivamente nel 1860. Trasformato per
breve periodo in deposito militare e ospedale, nel
1862 il convento divenne riformatorio giovanile e,
quindi, fino al 1989 carcere minorile.
Dopo anni di abbandono, nel luglio 2002, l’ex presidente dell’Unione Sovietica, Mikhail Gorbaciov, ha
scelto il complesso di Santa Croce, come sede del
World political forum da lui presieduto. Da allora
queste antiche mura hanno ospitato numerosi personaggi di spicco del panorama politico mondiale.
Altrettanto importante per la rinascita del convento è
stata la nascita, il 4 febbraio 2003, dell’associazione
“Amici di Santa Croce”, che riunisce tutti coloro che
hanno a cuore il complesso, che si impegnano per la
valorizzazione turistica del territorio, l’accoglienza
dei visitatori, la riqualificazione polifunzionale della
chiesa sotto l’aspetto culturale e religioso, la promozione e l’organizzazione – anche in collaborazione
con le amministrazioni comunale, provinciale, regionale, statale e l’associazionismo locale – di convegni, spettacoli, manifestazioni culturali, che servano
a promuovere e ad attirare i visitatori verso il complesso monumentale e il territorio circostante. Non
da ultimo importante obiettivo dell’associazione
riguarda la valorizzazione della figura e dell’opera di
San Pio V, del museo Vasariano, in cui saranno esposte opere di Giorgio Vasari, degli oggetti e del patrimonio d’arte appartenuto al convento, della casa
natale del pontefice, e più in generale del territorio di
g
Bosco Marengo e delle zone limitrofe. ■
Come arrivare a Bosco Marengo
osco Marengo è raggiungibile con l’autostrada A21
Torino-Alessandria-Piacenza; all’uscita Alessandria
est proseguire per 12 km seguendo le indicazioni per
Bosco Marengo e complesso monumentale di Santa Croce.
Analogamente con la A7 Alessandria-Milano, uscita Novi
Ligure (5 km) o con la A26 Genova-Alessandria-Santhià,
uscita Alessandria sud (km 7). La chiesa di Santa Croce è
aperta tutte le domeniche (ore 10-12 e 15-18) e su prenotazione nei giorni feriali (tranne mercoledì) rivolgendosi
all’associazione “Amici di Santa Croce” (telefono
331.4434961, mail: [email protected]). Sempre su prenotazione è possibile visitare
anche agli ambienti conventuali, come pure la casa natale
di San Pio V e la chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e
Pantaleone. Informazioni: www.boscomarengo.org e
www.amici-di-santacroce-di-boscomarengo.it.
B
I 04/052011
Bosco Marengo
59
chiesa e carità
Giovani e
8X1000:
osiamo
di più
ette d’accordo giovani e anziani. Non
ha controindicazioni e non costa nulla.
Anzi c’è di più. Partecipare al nuovo
concorso I feel Cud fa bene proprio a
tutti: aiuta poveri e bisognosi, dà risposte alle problematiche familiari, permette la realizzazione di
strutture educative e ricreative per ragazzi, sostiene i
sacerdoti, promuove i valori del vangelo, contribuisce a edificare parrocchie e locali per la pastorale,
promuove e sostiene l’attività di molte associazioni
cattoliche, tutela e conserva i beni culturali ecclesiastici e l’elenco potrebbe continuare ancora pagine
su pagine. Come è possibile tutto ciò? Basta firmare
per destinare l’8xmille alla Chiesa cattolica anche
sul modello Cud.
Per permettere a circa 14 milioni di persone questo
gesto, senza nessun esborso di denaro, il Servizio
promozione della Conferenza episcopale italiana
(Cei) organizza questo evento in collaborazione con il Servizio nazionale per la
Una proposta rivolta
pastorale giovanile e i Caf Acli. L’obiettivo
a tutti i gruppi
è quello sensibilizzare alla firma
parrocchiali e alle
dell’8xmille i possessori del modello Cud,
associazioni laicali.
Aiuteranno gli anziani per lo più pensionati e giovani al primo
impiego, che spesso ignorano di avere il
alla raccolta dei Cud
e voleranno a Madrid diritto di scegliere a chi destinarlo oppure
alla Giornata mondiale non vogliono affrontare i disagi per la
consegna solo della scheda destinata alla
della gioventù.
scelta 8xmille.
Le informazioni nel
Di che si tratta in concreto? L’invito è
sito www.ifeelcud.it
di Maria Grazia Bambino
60
M
I 04/052011
rivolto ai parroci e ai giovani delle parrocchie italiane, d’età compresa tra i 18 e i 35 anni. Per partecipare dovranno accumulare punti attraverso la raccolta delle schede allegate al Cud tra gli anziani,
consegnandole poi al Caf Acli di riferimento sul territorio, in busta chiusa, entro e non oltre il 30 aprile
2011. La parrocchia che avrà totalizzato più punti
vincerà il viaggio alla Giornata mondiale della gioventù per il parroco e un gruppo di giovani.
È un gioco che cerca di creare dialogo tra le generazioni. Un’opportunità può essere appunto il diritto di
destinare l’8xmille sulla dichiarazione dei redditi, in
periodo di scadenze fiscali. Di solito i giovani non se
ne occupano e invece potranno scoprire che cos’è la
corresponsabilità economica verso la Chiesa, e dunque il valore della scelta personale e consapevole
della firma. Importante sarà anche la partecipazione
chiesa e carità
di tutti i giovani e giovanissimi aderenti all’Azione
cattolica.
Norme del concorso alla mano (www.ifeelcud.it), con
la raccolta dei Cud i giovani partecipanti di ogni parrocchia potranno accumulare punti. Ma avranno
anche modo di incrementarli ulteriormente girando
un video di 3 minuti sulle proprie radici (il racconto
della propria comunità parrocchiale, del paese in cui
vivono o del santo patrono) oppure girando un filmato
in cui cantano insieme la canzone Si può dare di più.
Per avvicinarsi a questi contenuti, i giovani e anche
l’Acr, potranno interpellare gli anziani, facendo riferimento all’esperienza e alla memoria di chi ha più
anni di vita sulle spalle, in una sorta di reportage sul
territorio, fra tradizioni e presente.
La data ultima anche per l’invio dei video sarà il 30
aprile 2011. Una giuria premierà il video più interes-
I 04/052011
sante e il pubblico voterà il suo preferito.
Per quanto riguarda il risultato finale, vinceranno le
prime 5 parrocchie italiane che avranno totalizzato
più punti. In palio 5 viaggi alla Giornata mondiale
della gioventù (Madrid 16-21 agosto 2011) per il
parroco e un gruppo di giovani.
Oltre al viaggio nella capitale spagnola, alle 5 parrocchie vincitrici verrà assegnato anche un contributo di 1.000 euro per gli acquisti parrocchiali, preferibilmente destinati alla comunità degli anziani. Non
mancherà, infine, un premio speciale per “il video
più votato dal pubblico”.
I filmati inviati saranno inseriti sul sito internet dedicato al concorso www.ifeelcud.it, dove ogni giorno
potranno essere votati dalla platea del web. Il bando
integrale del concorso e altre informazioni sono
g
disponibili sempre sullo stesso sito. ■
61
perché credere
4/La risposta
Accettare
la sfida
ndare, vedere, rimanere. Sono azioni lontane dalla nostra routine. È più comodo
rimanere fermi dentro le proprie convinzioni e riposare negli schemi acquisiti;
è meno impegnativo “assistere”, come spettatori
anziché “contemplare” ed entrare nella profondità
degli eventi e della storia; è più consolante l’agitazione alla stabilità, la confusione all’interiorità,
lunghe liste di amici nei social-network di cui neppure si riconoscono i volti.
Eppure è lo stile di Gesù. Andare, vedere, rimanere.
Dare entusiasmo, suscitare curiosità, offrire
accoglienza. E anche il percorso che chiede ai suoi
discepoli, chiamati ad un generoso pellegrinaggio, a
un discernimento contemplativo e alla fedeltà coraggiosa.
Ma se questi tre verbi “cardinali” della teologia giovannea fossero praticati poco anche nelle comunità
cristiane? Se non costituissero lo stile dei nostri percorsi pastorali?
Scrivono i Vescovi italiani negli Orientamenti pastorali: «Accettando l’invito di Gesù, i discepoli si mettono in gioco decidendo d’investire tutto se stessi
nella sua proposta. Dall’esempio di Gesù apprendiGesù chiede ai suoi discepoli
amo che la relazione
un generoso “pellegrinaggio”,
educativa esige pazienza,
li invita a un discernimento
gradualità, reciprocità discontemplativo e alla fedeltà
tesa nel tempo. Non è fatta
e sequela coraggiose.
Ma non è così facile... Il quarto di esperienze occasionali
e di gratificazioni istantaappuntamento con il percorso
nee. Ha bisogno di stabilspirituale di quest’anno è
ità, progettualità coragaffidato all’assistente dell’Acr
di Dino Pirri
62
A
I 04/052011
giosa, impegno duraturo» (n. 25). Allora accogliere la
fede in Gesù significa innanzitutto mettersi alla sua
sequela.
Andare. Essere disposti a spostarsi continuamente.
Abbandonare decisamente la casa delle consuetudini e di ogni automatismo. Provare ad abitare luoghi
nuovi, cercando l’incontro con tutti e il confronto con
le idee altrui. Osare sperimentazioni che permettano
una rivisitazione degli orari e dei calendari, tenendo
conto dei tempi degli uomini e delle donne di oggi.
Abbandonare il ruolo delle guide per essere compagni di strada.
Vedere. Con gli occhi di Dio e secondo il suo cuore.
Vedere con amore, e in profondità. Guardare la
realtà: trovando il coraggio profetico di denunciare il
male e di diffondere il bene, promuovere la giustizia,
cercare la verità. Vivere un continuo riferimento alla
Parola e attualità, nella consapevolezza che la fede
non è slegata dalla vita quotidiana. Acquisire anche
linguaggi nuovi, capaci di comunicare e di toccare i
cuori. Smettere di parlare e ragionare sui giovani, sui
lontani, sulle famiglie... e cominciare ad ascoltare i
giovani, i lontani, le famiglie...
Rimanere. L’arte della pazienza e della fiducia. Non è
l’agitazione che rende vive le nostre comunità, ma il
rimanere con il Signore, recuperando tempi e spazio
di riposo e di gratuità. «Le nostre comunità dovrebbero essere scuole di contemplazione, di calmo raccoglimento, di libertà interiore... E solo così sfuggiranno alla malattia dell’attivismo. Quando un sacerdote o un fedele laico non trovano più il tempo di
pregare e non sanno irradiare intorno a sé uno spirito di preghiera, perché troppo presi dalle loro atti-
perché credere
vità, è il momento in cui l’essenziale è stato ormai
perduto» (Giuseppe Savagnone).
Il Maestro ci coinvolge in una relazione personale di
amicizia con lui: non ci elenca le regole e non ci
trasmette nozioni astratte, ma ci offre una esperienza da condividere. E allora, prima delle regole e delle
nozioni, è il primato dell’amicizia con lui, della
relazione nutrita dall’ascolto della Parola e dalla
preghiera, e che trova ulteriore vitalità nell’amore del
prossimo e nel servizio al mondo. Le attività, le “pastorali”, i programmi: stanno dopo!
Davanti a noi stanno Andrea, Giovanni, Pietro, Giacomo e tutti coloro che hanno accolto la sfida della
sequela coraggiosa. Continuamente spiazzati, spesso fino al turbamento, e costretti ogni giorno a rinnovare la loro fedeltà. Pronti a seguire Gesù, poi a continuare il cammino nella sua apparente assenza, a
Gerusalemme e fino ai confini della terra. Tra i fratelli
e le sorelle di fede e poi verso tutte le genti. Siamo
invitati a contemplare la loro capacità di inserirsi
nella storia, senza lasciarsene travolgere, ma sempre a percorrere strade inedite ed insolite. Ci lasci-
I 04/052011
amo consolare dalla loro fame e sete saziate, dalla
loro durezza ugualmente accolta, dal loro tradimento
perdonato.
Descrivendo l’esperienza di fede degli Israeliti che
camminano verso la terra promessa, Erri De Luca
scrive: «Imparavano ad andare, al passo che tiene
insieme il giovane e l’anziano, i piccoli e le donne
incinte. Si muovevano insieme con effetto di coro
sulla terra. Cantavano per riempire lo spazio minaccioso della libertà, che non è un elenco di comodità e
diritti, ma azzardo di inoltrasi in territorio vuoto. La
libertà chiede una disciplina adatta allo sbaraglio.
Era un deserto spalancato intorno e nessun tetto.
L’orizzonte aveva bordi roventi che non si lasciavano
accostare. Ovunque andassero rimanevano in
mezzo a una padella». Nella decisione di seguire
Gesù e le sue logiche, spesso possiamo sentirci
accerchiati, impauriti e stanchi, ma rimane la speranza di un cammino da continuare, di una bellezza
da contemplare e di un Signore buono che ci
accoglie nella sua casa e nel suo abbraccio ci fa
g
riposare. ■
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la foto
POPOLI IN BILICO
2011. IL MEDITERRANEO LOTTA PER LA LIBERTÀ
L’esperienza
del popolo
d’Israele aiuta
i ragazzi ad
essere Chiesa
e a sentirsi
parte di un
popolo
chiamato
a camminare
verso la
salvezza
e la gioia.
NEL COFANETTO:
SUSSIDIO PER L’EDUCATORE
I contenuti del Campo, le attività
della giornata, i suggerimenti per
arricchire la pro- posta formativa.
LIBRETTO PER LA LITURGIA
Per vivere bene il tempo dedicato
alla preghiera (acquistabile anche
singolarmente).
IL GRANDE GIOCO
Un momento essenziale e altamente educativo di tutta l’esperienza
del Campo.
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