SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 19/04/14 INDICE Carlo Soricelli [email protected] CONTINUANO INESORABILI LE "MORTI VERDI" Cobas Taranto [email protected] DOPO ROMA PER FARE DI PIU’ E MEGLIO Assemblea Lavoratori [email protected] TRA RIFORMA DELLE PENSIONI E PRECARIETA’ LAVORATIVA GIOVANILE Cobas Pisa [email protected] FAMILIARI DELLE VITTIME DELLA STRAGE DI VIAREGGIO CONTRO LA CGIL: “NON DIFENDETE CHI VUOLE SICUREZZA” MD Alessandria [email protected] LA BOMBA ECOLOGICA DELLA SOLVAY DI SPINETTA MARENGO IN DIRITTURA D'ARRIVO DOPO 60 UDIENZE Voci della Memoria [email protected] RIFIATANDO, VERSO UNO SPLENDIDO MAGGIO Clash City Workers [email protected] SULLA GIORNATA DI IERI, PER LE GIORNATE DI DOMANI: UN COMMENTO SUL 12 APRILE Clash City Workers [email protected] SCIOPERO ALL'IPERCOOP DI LIVORNO CONTRO ESUBERI E CARICO DI LAVORO Enrico Cardinali [email protected] LICENZIAMENTI A TAPPETO IN CARREFOUR Enrico Cardinali [email protected] SCIOPERO ALLA FRIGOSCANDIA Cobas Pisa [email protected] LETTERA APERTA ALL'ATO TOSCANA Assemblea 29 Giugno [email protected] SULLA NUOVA NOMINA DI MORETTI: CHI NON PIANGE NON PUPPA... 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Non ci risultano interventi mirati da parte di nessuna istituzione contro le "morti verdi". Aspettiamo dal Primo Ministro Renzi, dai Ministri del Lavoro Poletti e delle Politiche Agricole Martina, d'intervenire immediatamente per far cessare questa carneficina dovuta all'indifferenza. Non abbiamo ottenuto nessuna risposta. Da quell'appello del 9 marzo, sono morti 30 agricoltori schiacciati dal trattore e 40 dall'inizio dell'anno. Segnaliamo ai visitatori che in questo momento gli agricoltori schiacciati dal trattore sono il 27% di tutte le morti sui luoghi di lavoro. Carlo Soricelli Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro http://cadutisullavoro.blogspot.com --------------------Riporto, per dovere di pluralità di informazione, quanto ricevo da Cobas Taranto. Mi preme dissentire in parte da questa mail, perché non credo che il conflitto di classe si possa risolvere soltanto con “l'assedio, attacco, resistenza al Ministero”. Ogni lotta di classe si deve confrontare prima di tutto con una attenta valutazione dei rapporti di forza in campo e deve definire tattiche e strategie in funzione di questa valutazione. Attualmente non è pensabile nessuna “presa della Bastiglia”. La classe degli sfruttati non ha la forza, né la consapevolezza rivoluzionaria per farlo. Occorre prima di tutto creare di nuovo coscienza di classe e di appartenenza alla categoria degli sfruttati e fare cultura sui temi della difesa dei propri diritti. Occorre creare nuovamente la cultura della “rivoluzione” e non semplicemente della “rivolta”. Altrimenti si fa populismo (come hanno fatto e stanno facendo Lega e Cinque Stelle) e non lotta di classe. Marco Spezia ***** From: Cobas Taranto [email protected] To: Sent: Monday, April 14, 2014 11:58 AM Subject: DOPO ROMA PER FARE DI PIU’ E MEGLIO COMUNICATO STAMPA Lo Slai Cobas per il sindacato di classe esprime il massimo appoggio alla manifestazione di Roma del 12 aprile. E' stata la prima risposta di massa al governo Renzi e la prima chiara visibile opposizione al “Jobs Act”, insieme al proseguimento della lotta per casa, reddito, No TAV, No MUOS, ecc. La gravità dell'attacco ai diritti e alle condizioni di vita e di lavoro di lavoratori, precari e disoccupati giustifica pienamente l'assedio di massa al Ministero del lavoro, così come l'attacco e la resistenza alle violente cariche poliziesche che il governo Renzi ha scatenato contro la massa dei manifestanti. Lo Slai Cobas per il sindacato di classe esprime la sua solidarietà agli arrestati e ai feriti tra i manifestanti. Il sindacalismo di base e di massa non ha fatto la sua parte, vede solo manifestazioni pacifiche e il richiamo al 18-19 ottobre non può essere utilizzato per dissociarsi di fatto dalla manifestazioni e alla parte più importante di essa l'assedio, attacco, resistenza al Ministero del lavoro. Tutti vogliamo più masse in piazza e uno sciopero generale e sappiamo che ci vuole tempo, ma bisognava cominciare e indicare la strada. Che sono più lotta sui posti di lavoro e sul territorio, più occupazioni di strade ed edifici pubblici, più assedi ai Ministeri e ai palazzi del potere e più attacchi in tutte le forme alle sedi governative, alle sedi dei padroni, delle banche e della grande finanza, alle sedi dei partiti parlamentari e sindacati confederali, che lo stesso sindacalismo di classe, di base e di massa deve promuovere e organizzare, se si vuole porre all'altezza dello scontro di classe contro padroni, stato e governo e difendere realmente gli interessi degli operai, lavoratori, precari, disoccupati, senza casa, immigrati ecc. Da Roma bisogna ripartire per fare meglio, non per tornare indietro. Serve unità per il sindacato di classe, il fronte unito dei movimenti di lotta, ma anche la forza e le forme di lotta necessarie per imporre le esigenze popolari. 14 aprile 2014 Slai Cobas per il sindacato di classe Coordinamento Nazionale [email protected] --------------------From: Assemblea Lavoratori [email protected] To: Sent: Monday, April 14, 2014 12:32 AM Subject: TRA RIFORMA DELLE PENSIONI E PRECARIETA’ LAVORATIVA GIOVANILE LE FACCE DELLA “CRISI” DEL WELFARE LA RELAZIONE PERVERSA FRA RIFORMA DELLE PENSIONI E PRECARIETÀ LAVORATIVA GIOVANILE La situazione in cui ci troviamo è caratterizzata da un duplice stato di crisi che corre, potremmo dire, in parallelo: da una parte assistiamo (è proprio il caso di dirlo) alla crisi (o per meglio dire allo smantellamento) del cosiddetto “Stato sociale” (o Welfare State), dall’altra a quella della “democrazia rappresentativa” (almeno come l’abbiamo conosciuta dal dopoguerra in avanti in Italia e nei Paesi a capitalismo avanzato), con i suoi strascichi negativi anche sul terreno sindacale. In una serie di articoli che pubblicheremo settimanalmente analizzeremo gli aspetti principali di questa crisi, ne delineeremo i contorni, cercheremo di coglierne le origini e di individuare delle possibili vie d’uscita, sia dal punto di vista delle proposte di merito che dei possibili strumenti di lotta e di organizzazione per lavoratori e lavoratrici. In questo primo articolo affronteremo brevemente uno degli elementi centrali della crisi del Welfare, cioè la sostanziale distruzione del sistema previdenziale così come era stato costruito a partire dal dopoguerra e poi negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Dal punto di vista delle pratiche di protezione sociale pubblica, negli ultimi 20 anni si sono susseguite una serie di “riforme” del sistema pensionistico che hanno: gradualmente aumentato per lavoratori e lavoratrici sia l’età pensionabile, sia quella contributiva (Riforma Amato del 1992, Prodi del 1997, Maroni del 2004, Fornero del 2011); eliminazione del criterio retributivo a favore di quello contributivo (Riforma Dini del 1995 e Maroni del 2004); avviamento della previdenza complementare attraverso i fondi pensioni, gestiti anche dei sindacati insieme alle associazioni datoriali (sempre Riforma Dini del 1995). Gli obiettivi dichiarati dai vari governi (da Amato a Monti) che si sono succeduti in questo ventennio erano fondamentalmente due: stabilizzare il rapporto tra la spesa previdenziale e il prodotto interno lordo; una maggiore equità intergenerazionale, fare pagare più alle vecchie generazioni per far star meglio le future. Con buona pace del Professor Ichino, grande sostenitore del nuovo modello previdenziale, al di là delle motivazioni ideologiche, le cose sono andate e stanno andando diversamente. Non entriamo nel merito della situazione nel pubblico impiego (situazione complessa che affronteremo in un articolo a parte), per la quale ci limitiamo per ora a registrare che, a fronte di continue ondate di pre-pensionamenti, non corrisponde un turn-over in ingresso per i giovani, anzi aumentano precarietà ed esternalizzazioni. Stando allo studio ISTAT del novembre 2013, basati su dati INPS aggiornati a fine 2011, la spesa pensionistica aumenta: nel 2011 è stata pari a 265,9 miliardi di euro, con un incremento sul 2010 pari al 2,9%. Il PIL, invece, nello stesso periodo è diminuito dal 1,7 al 0,4%. Poco o nulla incidono le nuove 280.000 contribuzioni medie annue rappresentate da forza-lavoro immigrata. Quindi, chi ha un lavoro salariato lavora di più, va in pensione più tardi (se ci va, ma adesso ci arriviamo), oppure si ritrova in braghe di tela come dimostra la scandalosa vicenda degli esodati. Eppure il PIL non aumenta, anzi diminuisce rasentando lo 0% di crescita. Peraltro, la spesa per prestazioni sociali in Italia si attesta poco sopra il 26% del PIL, cioè di oltre un punto percentuale inferiore alla media dell’UE a 15 e di ben 3-5 punti percentuali inferiore a quella di Danimarca, Francia, Germania, Olanda e Svezia. Ora veniamo alle “fantastiche” opportunità che le varie controriforme delle pensioni avrebbero dovuto aprire ai giovani ed alle loro condizioni. La fase 1993-2003, e poi quella 2006-2008, è stata contrassegnata dalla presenza di governi di centro-sinistra e dall’affermarsi della politica della “concertazione” e dei redditi, simboleggiata dai famosi accordi del 1992 (governo Amato) e 1993 (governo Ciampi). Gli obiettivi che vengono perseguiti in questo periodo, in materia di lavoro e Welfare giovanili, sono quelli di adeguarsi agli standard europei in materia di flessibilità e di abbassare il costo del lavoro attraverso sussidi alle imprese che assumano determinate categorie di lavoratori. E’ il periodo del “Pacchetto Treu”, che riforma l’apprendistato (innalzando l’età pensionabile a 24 anni, 26 nel Sud) ed istituisce le “agenzie interinali”. Nel 2001 il cambio di governo (Berlusconi II) incide minimamente sulle politiche avviate dall’Ulivo ed il Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia (ottobre 2001) si pone sostanzialmente in continuità con gli orientamenti dei governi precedenti. La prima riforma del contratto a tempo determinato (D.Lgs.368/01) e la cosiddetta “Legge Biagi” (Legge 30/03) continuano sulla strada dell’aumento della flessibilità, sia restringendo le tutele dei lavoratori (nel primo caso), sia ampliandone le forme (lavoro intermittente, ripartito, contratto di inserimento, ecc., nel secondo caso). I risultati sono sì maggiore occupazione in senso lato, ma un allungamento a dismisura (per chi ci riesce) dei tempi nei quali conseguire un lavoro stabile. Affronteremo in altra occasione la questione delle indennità di disoccupazione, ci limiteremo per ora a sottolineare che nel periodo che prendiamo in esame i suoi potenziamenti sono insufficienti, così come sparse e temporanee le misure per incentivare le stabilizzazioni. La crisi economica del 2008-2009 ha dato poi il colpo di grazia all’occupazione giovanile, con l’ulteriore diminuzione della probabilità di reimpiego (anche precario) per quei giovani che perdono il lavoro. La disoccupazione viaggia oggi (gennaio 2014, fonte ISTAT) al 12,9%, con circa 3.300.000 persone senza lavoro. Di questi, 690.000 (il 42%) sono giovani. La riforma delle pensioni, nella propaganda dei governi e dei partiti che li hanno sostenuti, avrebbero dovuto garantire non solo una maggiore e più stabile occupazione, ma anche l’affermazione di politiche. Invece, è aumentato il ventaglio delle tipologie contrattuali flessibili e precarie, è cresciuta la dispersione salariale ed è sempre più diminuito il livello dei salari per i giovani che sono entrati nel mondo del lavoro; infine è aumentata la mobilità, anche territoriale, delle occupazioni, ma sempre confinata con occupazioni a termine. Per questo, il “Jobs Act” di Renzi che ipocritamente viene sbandierato come la soluzione allo stesso tempo d’emergenza e di prospettiva per combattere la disoccupazione giovanile, non è altro che la riproposizione, in termini peggiorativi, delle politiche dei suoi predecessori Treu, Sacconi, Fornero, ma in un contesto economico notevolmente peggiorato. Ecco, riforma delle pensioni e politiche giovanili del lavoro rappresentano la stessa faccia (potremmo dire “intergenerazionale”) del “cubo” rappresentato dallo smantellamento dello Stato Sociale. Sì, perché una medaglia non basta per rappresentare il massacro sociale che stiamo subendo. Per le altre facce rimandiamo ai prossimi articoli. Lavoratori autoconvocati contro la crisi --------------------From: Cobas Pisa [email protected] To: Sent: Monday, April 14, 2014 4:17 PM Subject: FAMILIARI DELLE VITTIME DELLA STRAGE DI VIAREGGIO CONTRO LA CGIL: “NON DIFENDETE CHI VUOLE SICUREZZA” “Noi siamo delle tensioni? Guardateci negli occhi. Siamo delle tensioni, noi? Siamo dei papà, delle mamme, che hanno visto i loro figli bruciare vivi, neri, arsi, abbrustoliti. Non dovete, non potete. Noi rigettiamo questa vostra definizione”. E’ stato un duro atto d’accusa l’intervento di Daniela Rombi, presidente del “Mondo che vorrei“, l’Associazione dei familiari delle vittime della strage della stazione di Viareggio (2009), al congresso nazionale della FILT-CGIL. La sigla sindacale del settore trasporti aveva invitato all’appuntamento anche Mauro Moretti, AD di Ferrovie e imputato per il disastro che ha provocato 32 morti. Le associazioni avevano protestato e allora Moretti aveva dovuto rinunciare al suo intervento. Ma una nota del FILT-CGIL aveva spiegato questa assenza per le “possibili tensioni locali”. Da qui la rabbia doppia dei familiari. “Sono stati licenziati ferrovieri, perché hanno osato parlare di sicurezza” – ha detto la Rombi che nella strage ha perso una figlia di 21 anni, Emanuela – “Pensavo che il sindacato difendesse queste persone, ma sinceramente io non ho visto cosa avete fatto voi per queste persone”. “Vorrei che per un attimo pensaste ai vostri figli” – ha scandito di nuovo la presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime – “Se andaste a casa e non li trovaste più. Di che cosa avreste paura, dopo? Che cosa avete da perdere dopo? Noi non abbiamo più niente da perdere. Noi purtroppo non abbiamo più i nostri figli: la sera non tornano a casa. Ma noi pretendiamo in ogni luogo e in ogni organizzazione verità, giustizia e sicurezza”. E ha auspicato che la CGIL “il cui avvocato non si è mai presentato a processo” ritiri la costituzione di parte civile: “Non ne abbiamo bisogno”. Il video dell’intervento di Daniela Rombi al link: http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/04/12/strage-di-viareggio/273713/ --------------------From: MD Alessandria [email protected] To: Sent: Monday, April 14, 2014 7:57 PM Subject: LA BOMBA ECOLOGICA DELLA SOLVAY DI SPINETTA MARENGO IN DIRITTURA D'ARRIVO DOPO 60 UDIENZE Dal blog http://medicinademocraticaalessandria.blogspot.it Inquinamenti acqua aria suolo, malattie, morti, tumori, tumori rari, leucemie, ictus, mutazioni genetiche, aborti, certificati medici e di morte, analisi del sangue avvelenato, paura tanta paura ancora oggi a bere l’acqua dell’acquedotto: nelle drammatiche deposizioni in udienza degli ammalati (tanti meridionali) e dei parenti dei defunti (tante vedove) nonché dei bambini ammalati, che hanno lavorato bevuto respirato in fabbrica o hanno vissuto bevuto respirato attorno alla fabbrica. Tra i lavoratori c’è chi ha condotto mini indagini epidemiologiche presentando alla Corte di Assise di Alessandria il lungo elenco dei compagni di reparto morti di cancro: “sono rimasto solo io, ammalato”. Le vittime accusano gli imputati: "Siete stati rapinatori a mano armata dell’ambiente e della salute, sul terreno avete lasciato distruzione e morti! Dunque dovete pagare. Dunque Solvay devi pagare di tasca tua i risarcimenti alle vittime e la bonifica del territorio (che salvaguarda l’occupazione), anche perché ti eri comprata per una manciata di mangime la gallina dalle uova d’oro e ora non puoi andartene (come stai tentando) lasciandoci lo sterco del pollaio. Non avrete il coraggio di farvi interrogare in Corte di Assise." Gli imputati che non si sono mai presentati in nessuna delle 60 udienze sono: Jaques Pierre Joris, Bernard de Laguiche, Carlo Cogliati, Salvatore Boncoraglio, Giorgio Canti, Luigi Guarracino, Giorgio Carimati, Giulio Tommasi. Per l’articolo completo: http://www.scribd.com/doc/218121673/Capo-Grosso-Guar-Raci-No Per l’articolo su “Piemonte e Abruzzo, Bussi e Spinetta, due disastri ambientali gemelli”: http://medicinademocraticaalessandria.blogspot.it/2014/04/il-processo-solvay-di-spinettamarengo.html Pr ricevere il Dossier di 90 pagine sulla bomba ecologica di Spinetta Marengo http://www.scribd.com/doc/205655466/Spot-Vendita-Opuscolo Messaggio di pace e salute inviato da Lino Balza via Dante, 86 15121 Alessandria telefono: 0131 43 650 cellulare: 347 01 82 679 mail: [email protected] --------------------From: Voci della Memoria [email protected] To: Sent: Tuesday, April 15, 2014 11:47 AM Subject: RIFIATANDO, VERSO UNO SPLENDIDO MAGGIO Car* Tutt*, Dopo una settimana che ci ha visti fisicamente presenti ad Arquata Scrivia e a Livorno, è ora di rifiatare un attimo per ciò che concerne le uscite pubbliche e mettersi a testa bassa a lavorare per le prossime iniziative alle quali teniamo particolarmente. La prima è quella di venerdì 9 maggio alla libreria il Labirinto di Casale Monferrato, non prendete impegni perché la serata con Tatiana ed i bellissimi racconti di Casa Primavera è una di quelle storie potenti ma troppo poco conosciute che amiamo portare a più persone possibile, quindi segnate sul calendario, eh? La seconda è lo sbarco a Roma di Extraordinary People, il libro che fra le sue storie racconta quella di Voci della Memoria e di Casale. Sbarca a Roma in una bellissima libreria nel cuore del centro storico, il 16 maggio alle 18.30. L'autore Luca Martini sarà affiancato dal "nostro" Michele di Voci, al secolo Michele Citoni, autore di "Indistruttibile", autentica pietra miliare nei docufilm che narrano di Casale Monferrato e la sua lotta contro l'amianto, ora in uscita insieme a Giusy Buccheri con "Il futuro è troppo grande", un documentario che nasce da una riflessione sulle seconde generazioni dell'immigrazione in Italia, attraverso un percorso durato più di due anni. Insomma tanta roba, questo sempre grazie alla passione e al sostegno di chi come voi sta dalla nostra parte che, ca va sans dire, è sempre quella del torto... Associazione Voci della Memoria Sito: http://vocidellamemoria.org Su Facebook: http://it-it.facebook.com/group.php?gid=112085158810040 --------------------- From: Clash City Workers [email protected] To: Sent: Tuesday, April 15, 2014 3:14 PM Subject: SULLA GIORNATA DI IERI, PER LE GIORNATE DI DOMANI: UN COMMENTO SUL 12 APRILE UNITI E INFLESSIBILI CONTRO IL “JOBS ACT” Vale la pena ricordarlo perché con la solita cattiva informazione dei media (che quando proprio non riescono a far “sparire” i momenti di piazza come quello di ieri, li relegano a una posizione assolutamente marginale nel dibattito pubblico, isolati e criminalizzati fino a neutralizzarne i contenuti e l’efficacia politica) c'è il rischio di perdersi la notizia. Sabato a Roma circa 20.000 persone sono scese in piazza, nella prima giornata di mobilitazione contro il governo Renzi. Una piazza riempita con generosità e determinazione da immigrati, occupanti di casa, lavoratori, studenti, ma anche da collettivi e realtà politiche diverse, dai tanti compagni che ogni giorno portano avanti lotte in tutta Italia. Un pezzo importante di proletariato metropolitano che subisce in prima persona gli attacchi che vengono sferrati da governi e padroni di turno (e il Piano Casa e il “Jobs Act” sono solo gli ultimi in ordine di tempo...) e che da sempre prova a opporsi e a costruire un’alternativa radicale alla miseria in cui ci costringono a vivere. Una piazza, insomma, che ha provato a mettere al centro le esigenze e le necessità di chi non vuole morire di sfruttamento, di precarietà o di disoccupazione, e rivendica il sacrosanto diritto a una casa, a un salario decente, una sanità pubblica, a servizi sociali accessibili a tutti. Era un corteo difficile, lo sapevamo da prima, dai giorni precedenti in cui ci siamo messi a lavoro per provare a costruire e allargare la partecipazione a questa giornata, per far crescere l'attenzione su quello che avrebbe potuto esprimere questa piazza. Un corteo difficile in parte per limiti oggettivi, che vanno al di là di noi stessi, delle nostre capacità o debolezze, limiti posti dalla stessa fase politica che attraversiamo: tanto malessere e rabbia che covano sotterranei, incapaci di esprimersi fuori dalla rassegnazione, dall'egoismo o al di là della speranza nell'attesa di un salvatore qualsiasi. E, soprattutto, incapaci di essere trasformati in elementi di coscienza condivisa su cui costruire una progettualità organizzata, conflittuale e radicalmente opposta all'attuale stato di cose. Così (non dobbiamo nascondercelo) non esiste ancora una sensibilità comune contro il Governo Renzi e purtroppo neppure contro l'Unione Europea come costruzione politica antiproletaria e orizzonte dentro cui l'azione del governo si inserisce e si sviluppa. Questo perché (nonostante le lotte quotidiane, le battaglie che si portano avanti e le piccole vittorie che pure si riescono a strappare) i nostri continuano a subire un'offensiva padronale tout court, materiale e ideologica, a cui la borghesia ha impresso un'accelerazione senza precedenti negli ultimi tempi, dotandosi del volto giovane e accattivante di Renzi per uscire dall'impasse della crisi, per rendersi “competitivi” e “moderni” il più velocemente possibile, costi quello che costi. Parlando, come abbiamo fatto in questi giorni con studenti, disoccupati, lavoratori più o meno precari, la sensazione è che siano ancora tutti in una fase di attesa per capire che farà questo Governo, attendendosi magari nel giro di qualche mese di vedere qualche risultato... A questo scenario, già di per sé non idilliaco, si sono sommate le nostre debolezze come movimento, limiti di carattere soggettivo e su cui non ci vogliamo dilungare troppo. Di certo, è evidente che ha pesato l'incapacità di allargare e includere nella costruzione della piazza di ieri tutto ciò che di oppositivo si muove, adagiandosi forse sulla “rendita” lasciata dalle giornate del 18 e del 19 ottobre scorsi e impedendo alla mobilitazione di crescere quanto, pur in questo contesto difficile, avrebbe potuto. Ne è uscito così un corteo nazionale ridotto nei numeri, essenzialmente “romano”, con tante (probabilmente troppe e a tratti confuse) parole d'ordine, di fatto incentrato solo sulla questione della casa. Eppure abbiamo provato a starci, non per semplice “testimonianza” ma perché abbiamo ritenuto quella piazza un'opportunità da cogliere per dire la nostra su quello che il Governo Renzi ha già fatto e su quello che farà, sugli effetti che questo avrà sulla vita della maggior parte delle persone che vedranno peggiorare da subito le loro condizioni di vita e lavoro con l'ulteriore precarizzazione dei contratti, la spinta e il livellamento dei salari al ribasso, l'attacco ad ogni tipo di tutela pur di aumentare la “flessibilità” in entrata e, a breve, quella in uscita... Per questo eravamo davvero in tanti dietro lo striscione “Uniti e inflessibili” contro il “Jobs Act": centinaia di studenti, precari, disoccupati e lavoratori (fra tutti quelli di Aci Informatica, ma anche molti insoddisfatti e scontenti dei sindacati confederali). Vicini, materialmente e idealmente, ai braccianti e ai facchini della logistica del Si Cobas che hanno portato in piazza la loro energia, la loro esperienza di lotta. Uno spezzone rumoroso e determinato, che insieme a tante altre compagne e compagni ha saputo tenere di fronte alla brutalità delle forze dell'ordine a piazza Barberini, quando la polizia si è lanciata in una folle carica scendendo da Via Veneto, e i carabinieri hanno picchiato pesantemente il fondo del corteo. Nonostante questo, la violenza della risposta delle forze dell'ordine ha prodotto decine e decine di manifestanti feriti, fermi e denunce. La situazione confusa creata dalle cariche della polizia ha fatto anche sì che un ambulante peruviano di 47 anni abbia perso una mano. Un episodio per noi sconvolgente, rarissimo per fortuna, ma che merita tutti i nostri pensieri, la nostra vicinanza umana, anche perché quest’uomo con le mani ci lavora, e dobbiamo immedesimarci nella sua situazione ancora di più di come lo avremmo fatto per qualsiasi ragazzo ferito gravemente in una situazione di piazza... Anche perché, come concordano numerose testimonianze, i soccorsi sono arrivati in ritardo, rallentati dalle operazioni della polizia, e il suo stesso nipote non è stato minimamente sostenuto mentre cercava di aiutare lo zio. I compagni arrestati invece sono cinque, già immediatamente bollati come gli “irreversibili antagonisti”, i “soliti violenti”, e potremmo andare avanti all'infinito... Si tratta invece di ragazzi come Ugo, studente universitario di Napoli da sempre presente nelle lotte di questa città, da quelle per l’istruzione pubblica a quelle per il diritto all'abitare. A Ugo e agli altri compagni va tutto il nostro supporto e la nostra solidarietà, l'impegno a tirarli fuori da lì il prima possibile e a dimostrare in maniera decisa e forte alla controparte che ci vorrebbe affossati e incapaci di reagire ai suoi attacchi che non esistono manganelli, non esistono lacrimogeni e fermi che tengano davanti alle nostre ragioni e alla voglia di cambiare l'esistente. In ogni caso, se ci siamo presi un attimo per riflettere su ieri è per meglio costruire le giornate di domani. E non ci riferiamo solo alle prossime date o scadenze di movimento, ma proprio ai prossimi giorni, per costruire un percorso collettivo che si allarghi e migliori sempre di più di qui ai prossimi mesi. Domani, come ieri, saremo di nuovo nelle facoltà e nelle scuole, sui territori, sui posti di lavoro a raccontare questa giornata e a guardare oltre, mettendo su dal basso delle nostre esperienze una risposta concreta e organizzata in cui possano riconoscersi gli sfruttati e gli oppressi di questo paese, un'opposizione al Governo Renzi, all’Unione Europea quantomeno all'altezza dell'attacco che ci viene sferrato. Continuando il lavoro quotidiano e di massa, ovunque si manifesti la contraddizione tra capitale e lavoro. 13 Aprile 2014 Uniti e inflessibili contro il “Jobs Act” --------------------From: Clash City Workers [email protected] To: Sent: Tuesday, April 15, 2014 3:14 PM Subject: SCIOPERO ALL'IPERCOOP DI LIVORNO CONTRO ESUBERI E CARICO DI LAVORO Nella Grande Distribuzione Organizzata, come ci hanno spiegato ultimamente i lavoratori di Panorama di Firenze, si vive la contraddizione di dover lavorare sempre di più (con le aperture obbligatorie domenicali e festive e la riduzione delle pause) e doversi contemporaneamente difendere dagli esuberi annunciati dalla controparte che ha tutto l'interesse di comprimere il più possibile il costo del lavoro. Contro questa contraddizione i lavoratori dell'Ipercoop di Livorno hanno scioperato per l'intera giornata di Sabato 12 aprile. Riportiamo a seguire il volantino distribuito dalla RSU USB Livorno nell’occasione. ***** Dando seguito al mandato dei lavoratori ricevuto al termine delle assemblee di lunedì, proclamiamo lo SCIOPERO per tutta la giornata lavorativa di sabato 12 aprile 2014. Dopo anni nel corso dei quali ci hanno chiesto (e da noi hanno sempre ottenuto) continui aumenti di produttività, un sempre crescente lavoro domenicale e festivo, una disponibilità ad avere fiducia e pazienza per ottenere un miglioramento delle nostre condizioni di lavoro, Unicoop Tirreno apre un nuovo negozio a Livorno (territorio dal quale da sempre ottiene già milioni di euro di utili) ma nega, dopo tante promesse legate proprio a questa nuova apertura, le risposte che da tempo i lavoratori Ipercoop attendono, inventando una manovra di dichiarazione di esuberi totalmente ingiustificati e quindi per noi irricevibili. Inoltre, decide di imporre il trasferimento a lavoratori non consenzienti, mandandoli a fare formazione professionale anche a decine di chilometri di distanza da Livorno. Di fronte a una alta dirigenza aziendale che chiede ulteriori sacrifici a lavoratori con stipendi bassissimi (nel mentre che i loro lauti compensi invece rimangono tali e quali), e che davanti ad una richiesta minima della nostra componente RSU Ipercoop di incontrarci nuovamente per rivalutare la questione esuberi e organico nuovo negozio, risponde che i numeri sono quelli e non si discutono e che intende procedere velocemente (e senza ascoltare la voce dei lavoratori) alla composizione dei nuovi organici, non resta altro che scioperare per dare un segnale forte del nostro disagio e del nostro disaccordo sulle scelte aziendali, nonché per chiedere ad Unicoop Tirreno di tornare a sedersi al tavolo di confronto con intenzioni più sostenibili per i dipendenti. Scioperiamo quindi per chiedere: il ritiro della dichiarazione di esuberi sul territorio livornese, dato che abbiamo dimostrato essere inesistenti (basta vedere le ore di straordinario in diversi reparti e negozi) e frutto solo di obiettivi di produttività palesemente fuori portata e studiati al centesimo per sfruttare di più i lavoratori e per aprire il nuovo negozio a saldo-zero di ore e diritti per i lavoratori; il riconoscimento di condizioni orarie migliori per i tantissimi part-time (compresi quelli che adesso lavorano negli altri negozi) che vivono un’emergenza salariale non più rimandabile; la parificazione dei diritti dei lavoratori Ipercoop con quelli dei colleghi dei supermercati in materia di maggiorazioni, pause, eccetera, visto che non si capisce più veramente quale senso abbia mantenere condizioni diverse tra dipendenti che sono sempre più mescolati tra loro all’interno dei vari negozi (il nostro contratto integrativo è scaduto dal 2009 e abbiamo segnalato più volte come sarebbe tranquillamente possibile mettere mano intanto a un accordo-ponte su alcune questioni, valevole ovviamente per tutti i lavoratori Unicoop Tirreno, anche delle altre regioni); la possibilità di rifiuto al trasferimento per chi lo considerasse un (inaccettabile, visto che con un miglioramento della presenza di Coop a Livorno, anche le condizioni dei lavoratori dovrebbero migliorare) peggioramento delle proprie condizioni di lavoro. Invitiamo tutte le colleghe e i colleghi a presenziare sabato insieme a noi al presidio che inizierà fin dal primo turno del mattino (per informare anche chi non era presente alle assemblee di lunedì) nel piazzale antistante l’ingresso dipendenti e che si protrarrà per tutto il resto della giornata anche con volantinaggi informativi a soci e clienti. RSU USB Ipercoop Livorno --------------------From: Enrico Cardinali [email protected] To: Sent: Tuesday, April 15, 2014 10:08 PM Subject: LICENZIAMENTI A TAPPETO IN CARREFOUR Da: Circolo di Iniziativa Proletaria Giancarlo Landonio [email protected] A seguire volantino, con preghiera di pubblicazione e massima diffusione; meglio ancora se si aderisce alla campagna diffondendo presso i punti vendita CARREFOUR. Nel qual caso avvisateci dell'iniziativa in corso, per tenere mappatura della copertura (si spera nazionale). A disposizione per info ed approfondimenti: questa mail, S.I. COBAS o Sindacato di Base Pavia (anche da Facebook). Saluti Operai Carrefour sta procedendo ad una serie di licenziamenti a tappeto a livello internazionale, pari al 30% della forza lavoro attualmente impiegata, scatenando agitazioni e scioperi. Piange la crisi e macina profitti (1,23 miliardi di euro di utile netto nel 2012, 1,26 nel 2013), a fronte di un calo generalizzato dei consumi Carrefour appalta il lavoro a cooperative che sfruttano i lavoratori!!! Ciò succede nei magazzini, dove le procedure di cacciata degli operai avvengono in maniera più silente, nei cambi di appalto, grazie al caporalato legalizzato delle cooperative di facchinaggio e al totale disinteresse del committente Carrefour. A Pieve Emanuele (MI), dove gia` quattro anni fa la micidiale accoppiata Carrefour – Cooperative aveva tentato il licenziamento di 62 operai (poi riassunti dopo sei mesi di lotta), 25 operai del consorzio Geco (fatturato del triennio 2010-12 quasi triplicato) sono stati estromessi illecitamente dai magazzini con un accordo capestro al cambio d’appalto e conferiti ad un’altra cooperativa (New Services, sempre consorziata Geco) per essere impiegati in parttime notturni nei punti vendita e con il proprio salario dimezzato. I 101 colleghi rimasti nel magazzino di Pieve Emanuele lavorano attualmente per 12- 13 ore al giorno con un vertiginoso aumento dei carichi di lavoro e senza neanche potere più godere dei primi tre giorni di malattia retribuiti, grazie agli accordi della triade CGIL-CISL-UIL. L'arroganza padronale non si arresta neanche di fronte alle istituzioni: lo scorso 1 aprile Carrefour e Geco hanno disertato la convocazione fatta pervenire dal prefetto di Milano, ottenuta dal SI COBAS dopo 36 ore consecutive di presidio degli operai e dei sostenitori davanti ai cancelli dei magazzini di Pieve Emanuele. NON ESSERE COMPLICE DI CHI SFRUTTA I LAVORATORI! SOSTIENI LA LOTTA DEI FACCHINI DI PIEVE EMANUELE! NON COMPRARE MERCI NEI PUNTI VENDITA CARREFOUR! COMITATO DI LOTTA CARREFOUR PIEVE EMANUELE (MI) -----------From: Enrico Cardinali [email protected] To: Sent: Tuesday, April 15, 2014 10:08 PM Subject: SCIOPERO ALLA FRIGOSCANDIA Si è svolto dalla mezzanotte del 10 aprile 2014 fino alle 11,30 del giorno 11 lo sciopero dei lavoratori licenziati da Frigoscandia (surgelati per le grandi e piccole catene di distribuzione). Avevamo promesso al padrone di Frigoscandia che saremmo tornati e lo abbiamo fatto. Lo sciopero di stanotte, organizzato dal SI COBAS e sostenuto dal Collettivo La Sciloria, ha visto anche la partecipazione , per qualche ora, di solidali militanti di Rifondazione Comunista. I lavoratori iscritti al SI COBAS sono stati minacciati dai responsabili della Coop IBS e della stessa Frigoscandia, di perdere il lavoro e di spostarli ad altra mansione, se non daranno le dimissioni dallo stesso sindacato. Dopo aver inviato una diffida, sia alla Coop, che alla direzione di Frigoscandia, dal proseguire su tali atteggiamenti minacciosi delle libertà dei lavoratori, abbiamo informato anche la prefettura e chiesto di attivare un tavolo che porti alla soluzione dei licenziamenti. Tutti i lavoratori iscritti al SI COBAS hanno resistito a tali minacce, anzi, hanno ribadito che non daranno la disdetta, e che il SI COBAS è il loro sindacato. Il messaggio da parte dei lavoratori è chiaro ed è solidale con i compagni licenziati, mentre l’azienda e la Coop cercano l’appoggio dei confederali ben disposti a svendere i diritti e le condizioni di lavoro di tutti i dipendenti. I lavoratori hanno voluto lanciare un altro messaggio al dottor Delle Molle, padrone di Frigoscandia, che non molleranno la lotta fino a quando i licenziati non rientreranno al loro posto di lavoro. Il fermo del carico e scarico dei camion, soprattutto quelli di Esselunga, è stato totale. Gli ottanta lavoratori rimasti sono costretti a lavorare all’interno delle celle frigorifere per 1214 ore al giorno per sopperire alla mancanza dei 15 licenziati. I lavoratori e il SI COBAS, chiedono, ancora una volta al responsabile di Frigoscandia di sedersi ad un tavolo e riconoscere il sindacato che i lavoratori si sono scelti, visto che siamo in un cosiddetto paese “democratico”. La repressione contro i lavoratori creerà solo ulteriore scontro. UNITI SI VINCE! LA SOLIDARIETA’ E’ UN ARMA: LA USEREMO! SI COBAS Rho --------------------From: Cobas Pisa [email protected] To: Sent: Tuesday, April 15, 2014 10:46 PM Subject: LETTERA APERTA ALL'ATO TOSCANA Conferenza stampa dei Cobas in occasione della assemblea dell' ATO Toscana (Ambito Territoriale Ottimale, Servizio di gestione dei rifiuti urbani) Lettera aperta all'ATO toscana Cari sindaci, siamo i lavoratori dell'igiene ambientale aderenti ai Cobas. Vogliamo sottoporre alla vostra attenzione, senza preamboli e giri di parole, alcune problematiche inerenti la futura gestione del ciclo dei rifiuti. Andiamo con ordine e, con il rischio di sembrare schematici, elenchiamo alcuni argomenti sui quali aprire il confronto. Sono decine i lavoratori precari che attendono la stabilizzazione. Oggi le municipalizzate sono sottoposte a molti vincoli in materia di assunzione imposti agli enti locali, ma nel corso degli anni senza questi precari i servizi non sarebbero stati erogati, precari confermati spesso con livelli inferiori e perdita di ore e di salario. Non credete sia giunto il momento di stabilizzare questi lavoratori? Quando le aziende comunicheranno gli organici all'ATO toscana, vi impegnerete a includere tutti i lavoratori precari che abbiano almeno una anzianità di servizio superiore a 4 mesi? Molti servizi sono in appalto a cooperative, ci chiediamo cosa ne sarà di questi colleghi. La nostra richiesta è di includere negli organici anche questi lavoratori dando loro certezze occupazionali per il futuro Ad uguale lavoro uguale salario: è una rivendicazione non solo uno slogan. Troppi sono i contratti applicati nell'igiene ambientale, non pensate di ridurre a due i contratti nazionali applicati nell'igiene ambientale, ossia Fise e Federambiente ? Come pensate di costruire una autentica filiera del riciclo perché possa svilupparsi una filiera industriale a impatto ambientale zero? Come pensate che andrà a impattare la nuova gestione del ciclo rifiuti sui rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori? Avete già provveduto ad aggiornare il Documento di Valutazione dei Rischi (richiesto dal Testo Unico D.Lgs.81/08) delle aziende partecipate dai comuni in relazione alle significative variazioni del ciclo lavorativo? Siamo certi che vogliate fornire risposte ai nostri quesiti. Pisa, 16 aprile 2014 Cobas igiene ambientale Cobas lavoro privato Pisa e Versilia www.cobaspisa.it --------------------- From: Assemblea 29 Giugno [email protected] To: Sent: Wednesday, April 16, 2014 12:03 PM Subject: SULLA NUOVA NOMINA DI MORETTI: CHI NON PIANGE NON PUPPA... Il governo Renzi ha definitivamente promosso l'AD delle Ferrovie Moretti ad Amministratore Delegato di Finmeccanica. Dopo le rinomine di AD delle Ferrovie dei governi Berlusconi e Letta, ora è Renzi a nominarlo in altro incarico. Moretti, dopo aver vandalizzato il trasporto locale e regionale, oltre ad aver attuato una politica di abbandono della sicurezza in ferrovia, andrà ad occuparsi di difesa e di armamenti. Un personaggio, questo Moretti, molto protetto e coccolato dal potere e dai palazzi di potere. Oramai è dato per certo che Moretti sia uno degli "uomini" di Napolitano, tanto che nel 1° anniversario della strage lo fregiò del titolo di cavaliere (?). Un mese fa Moretti si era lamentato per un possibile ritocco in basso al suo stipendio delle ferrovie di 873.666 euro. Renzi lo aveva immediatamente rassicurato. Infatti il suo stipendio di AD di Finmeccanica finalmente potrà essere ritoccato in alto. Le indiscrezioni dicono che percepirà 900.000 euro, quindi 27.000 euro in più del precedente. Moretti, rinviato a giudizio per le 32 Vittime della strage ferroviaria di Viareggio del 29 giugno 2009, accresce così il suo potere politico, industriale, economico. --------------------From: MicroMega [email protected] To: Sent: Thursday, April 17, 2014 4:19 PM Subject: “PROGETTO VECCHIO E PERICOLOSO”. GALLINO BOCCIA IL “JOBS ACT” INTERVISTA A LUCIANO GALLINO DI GIACOMO RUSSO SPENA Voce bassa, idee chiare. Come al solito. Gli 80 euro? “Uno spot, era meglio investire quei soldi in nuova occupazione”. La Cgil? “Sta appannando la bandiera di vero sindacato”. E sul “Jobs Act”, “è un progetto vecchio vent’anni che porterà all’estremo la precarietà”. Il sociologo Luciano Gallino riflette sulle misure del governo Renzi, dal Def al provvedimento del ministro Poletti, arrivando ad una netta bocciatura: “Sul lavoro non c’è quel cambiamento auspicato”. PROFESSORE, PARTIAMO PROPRIO DAL DEF. DOPO SETTIMANE DI ANNUNCI E PROCLAMI, SEMBRA CHE LA MONTAGNA ABBIA PARTORITO UN TOPOLINO. IL PREMIER MATTEO RENZI HA DECISO DI RISPETTARE I VINCOLI IMPOSTI DALL’EUROPA RINUNCIANDO AD UTILIZZARE IL MARGINE FINO AL 3% DEL DEFICIT ANNUO. NON DOVEVA AVERE PIU’ CORAGGIO NEI CONFRONTI DELLA TROJKA? Sicuramente, ma Renzi esprime un governo e una classe politica interamente supina nei confronti dei dettati dell’Europa, i quali invece vanno messi in discussione. Per farlo ci vorrebbero due prerogative, avulse all’attuale governo: una vera forza politica nazionale e le competenze per poter intervenire su punti specifici. TRA LA VARIE MISURE IPOTIZZATE, I MILLE EURO ALL'ANNO PER I DIPENDENTI CHE NE GUADAGNANO MENO DI 25MILA LORDI. E’ UN REALE ANTIDOTO PER CONTRASTARE LA CRISI O LE APPARE UNA MOSSA PIU’ CHE ALTRO PROPAGANDISTICA? E, PER LEI, HA UNA REALE COPERTURA ECONOMICA? Non si è ancora ben capito da dove arriveranno i fondi. Pur ipotizzando che abbiano trovate le risorse sufficienti, siamo a una “partita di giro” per i cittadini: si toglie da un lato per spostarlo all’altro, si mette un’esigua cifra in tasca alla gente e si preleva altrove. L’operazione ha un grande impatto mediatico, 10 miliardi per 10 milioni di persone è uno spot che rimane impresso nelle menti. Ma siamo nel campo di interventi a pioggia a fronte di una recessione gravissima nel Paese e in Europa. Quei fondi si sarebbero dovuti concentrare su qualche singolo aspetto con effetti a breve e sicuri. PER ESEMPIO? Con 10 miliardi di euro si creano quasi un milione di posti di lavoro, a 1.200 euro netti al mese più i benefici del caso. L’impatto sull’economia sarebbe stato più forte: questi 80 euro non cambiano infatti le sorti delle persone, mentre concentrati su un tot di cittadini questa cifra avrebbe inciso nelle loro vite. Renzi ha preferito lo spot ad effetto al reale cambiamento. PASSIAMO AL “JOBS ACT”, QUAL E’ IL SUO GIUDIZIO? Siamo di fronte ad un conducente che affronta una strada tortuosa di montagna guardando soprattutto nello specchietto retrovisore. Una cosa pericolosa. Da non fare. CI SPIEGHI MEGLIO... Il progetto del “Jobs Act” nasce vecchio. Di vent’anni. Nel 1994 l’OCSE (uno dei tanti organismi internazionali che entra negli affari dei singoli Stati raccomandando sempre flessibilità, taglio dello stato sociale, concertazione ecc.) produsse uno studio sull’indice di LPL (Legislazione a Protezione dei Lavoratori), un indicatore di rigidità del mercato: riteneva che tanto più alto fosse l’indicatore quanto più alta era la disoccupazione. Da allora molti giuristi, economisti, sociologi hanno dimostrato come lo studio fosse stato scritto scegliendo prima le conclusioni, ovvero dall’idea che bisognava smantellare e ridurre la protezione giuridica del lavoro per creare nuovi posti di lavoro, e solo successivamente analizzati i dati che, ovviamente, suffragavano quest’impostazione. In realtà non c’è alcuna conferma che il taglio dell’indice LPL possa portare ad aumento dell’occupazione. Nel 2006 la stessa OCSE, dopo una serie di risultati, ha ammesso la contraddittorietà del fondamento. L’indice LPL per l’Italia nel 1994 era superiore al 3,5, dopo 12 anni con le riforme delle leggi Treu 1997 e Maroni-Sacconi 2003 era sceso ad 1,5. Più che dimezzato. I precari sono diventati 4 milioni. La riforma Fornero ha seguito la stessa scia e ora il “Jobs Act” a favorire ancora la mobilità in uscita. Nel 2014 siamo con progetti lanciati su scala nazionale nel 1994 e l’idea di continuare a perseverare con la medesima tecnica, che ha prodotto l’attuale disastro sociale, è preoccupante. QUINDI BOCCIA IL CONCETTO DI PRECARIZZAZIONE ESPANSIVA, OVVERO L’IDEA E’ CHE ATTRAVERSO ULTERIORI DOSI DI PRECARIZZAZIONE DEL LAVORO SI DOVREBBE GENERARE UNA CRESCITA DEI REDDITI E DELL’OCCUPAZIONE? La precarietà mina la vita di milioni di persone, com’è evidente dagli ultimi 15-20 anni. Distrugge professionalità, costringendo una persona nell’arco di 10 anni a passare da un mestiere all’altro penalizzando esperienze magari indispensabili. E inoltre riduce la produttività del lavoro come si palesa nelle statistiche. In Italia, culla della precarietà, le imprese ottengono un minimo di profitto e fanno quadrare il bilancio tagliando sul costo del lavoro e puntando sulla compressione salariale dei dipendenti o sulla loro estrema flessibilizzazione. Invece di investire su tecnologia qualificata, innovazione, ricerca e nuovi settori produttivi. Così la precarietà non rappresenta una pessima strada solo per le condizioni di vita dei lavoratori, ma anche per l’economia perché incentiva una strada sbagliata. L’ASSOCIAZIONE DI GIURISTI DEMOCRATICI RITIENE INCOMPATIBILE IL “JOBS ACT” CON IL DIRITTO COMUNITARIO, PER QUESTO HA DENUNCIATO L’ITALIA E IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO RENZI ALLA COMMISSIONE EUROPEA. CHE NE PENSA? Azione meritoria che sottoscrivo, senz’altro. DURANTE IL CONGRESSO DELLA FIOM. IL SEGRETARIO MAURIZIO LANDINI HA ATTACCATO DURAMENTE LA CGIL DI SUSANNA CAMUSSO. SIAMO ALLE PORTE DI UN QUARTO SINDACATO CONFEDERALE? Mi dispiaccio del conflitto interno alla prima grande confederazione italiana che porta ancora la bandiera di vero sindacato, ovvero quell’organizzazione capace di aprire discussioni, avanzare vertenze e produrre conflitti a vantaggio del lavoratore. La Cgil è l’ultima a rappresentare quest’idea di sindacato. Ultimamente, però, con Camusso questa bandiera si è appannata. L’unico soggetto che riesce a tenerla alta è la Fiom. 14 aprile 2014 --------------------- From: MicroMega [email protected] To: Sent: Thursday, April 17, 2014 4:19 PM Subject: TARANTO, DANNO COLLATERALE di Antonia Battaglia Ci sono due opere del filosofo Zygmunt Baumann, “Il mondo liquido” e “Danni Collaterali”, che sono, a mio avviso, fondamentali per capire le sfide portentose che la politica italiana ed europea sta affrontando in questo momento storico, che vede contrapporsi drammi sociali molto ampi e risposte governative molto deboli. Taranto, ancora una volta, ne è il banco di prova. Quando si parla di società, se ne misura la qualità complessiva in base al livello medio delle parti che la compongono: si studiano reddito, standard di vita, longevità, condizioni sociali. Ma queste misurazioni prendono in considerazione molto difficilmente la differenza che intercorre tra le sue parti opposte, tra le parti più distanti tra di loro: la diseguaglianza, infatti, viene percepita in termini prettamente economici, senza considerare le conseguenze e i rischi che le differenze sociali comportano su tutti gli aspetti della esistenza umana. Il premio nobel per l’economia Amartya Sen scriveva, già nel 1998, che non è possibile basare sulla felicità (intesa in senso utilitaristico) una teoria etica (pensiamo a Bentham) che consacri come assoluta una visione ristretta del benessere umano, costruita su considerazioni e valutazioni esclusivamente individuali. Perché le valutazioni in merito alla felicità sono soggette a effetti di adattamento, aspettativa, a circostanze molto diverse che possono portare a trarre conclusioni politico-economiche e sociali distanti dalla realtà alla quale tali conclusioni devono applicarsi. Il tema che affronta Sen è noto come “la questione dello schiavo felice”: una persona molto svantaggiata dal punto di vista sociale potrà dirsi ad un certo momento della propria vita felice della propria sorte, meno drammatica di quella di altri, ma certamente non tanto positiva da essere presa a modello politico. Gli indicatori dello stato di una società non possono basarsi esclusivamente sulla metrica utilitaristica, perché le grandi incertezze dei contesti sociali contemporanei rendono impossibile il successo di un modello che ponga al centro della vita collettiva un’ idea di continuo adeguamento per la sopravvivenza, attraverso il quale si possano giustificare distorsioni e politiche di deprivazione, che sacrifichino l’individuo al benessere generale. --------------------From: Valerio Gennaro [email protected] To: Sent: Friday, April 18, 2014 10:41 AM Subject: IN ITALIA CONTINUANO A DIMINUIRE GLI ANNI DI VITA IN SALUTE Valerio Gennaro, UO Epidemiologia Clinica, IRCCS - AOU San Martino, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro (IST), Genova Giovanni Ghirga, Pediatra, Ospedale San Paolo, Civitavecchia (RM) Laura Corradi, Sociologa, Università della California - Professore in Sociologia della Salute e dell'Ambiente, Università della Calabria IN ITALIA CONTINUANO A DIMINUIRE GLI ANNI DI VITA IN SALUTE La buona notizia è che in Italia la durata della vita media, dal 2004 al 2012, ha continuato a crescere, come è accaduto costantemente nei decenni precedenti. Il nostro Paese rappresenta così una delle nazioni in cui questo valore è molto alto: a fronte di una media europea che si attesta intorno ai 76,3 e 82,0 anni, per uomini e donne, in Italia si raggiungono rispettivamente 79,8 e 84,8 anni. Lo rivelano i dati Eurostat, l’ufficio statistico della Commissione Europea, sulla base di dati relativi a cittadini europei forniti direttamente dai singoli Stati membri: http://ec.europa.eu/health/indicators/echi/list/index_en.htm. Accanto a questo dato assolutamente confortante emergono contemporaneamente altre evidenze tutt’altro che rassicuranti per il nostro Paese: dal 2004 al 2012 è calata fortemente l’aspettativa di vita libera da malattia. Questo parametro proviene chiedendo, a un grosso campione rappresentativo dell’intera popolazione, se negli ultimi 6 mesi, a causa di problemi di salute, abbia subito limitazione alle attività quotidiane. Dal 2004 il continuo peggioramento è stato evidente. Nel 2012 l’aspettativa di vita sana alla nascita è scesa a 62,1 anni negli uomini (era 68,7) e 61,5 nelle donne (era 71,0). I valori si collocano ora sul valore medio europeo (maschi) o addirittura al di sotto di oltre 1 anno (femmine). Questa tendenza è condivisa anche da altri Paesi europei, come la Danimarca (la durata della vita sana nei maschi è scesa da 68,3 a 60,6 anni), l’Olanda (da 65,4 nel 2005 a 63,5) e la Bulgaria (da 66,2 nel 2006 a 62,1). La maggior parte degli altri paesi mostra andamenti stabili o in crescita; spiccano, in senso positivo, l’Irlanda (aspettativa di vita sana maschile aumentata da 62,5 a 66,1), il Lussemburgo (da 59,5 a 65,8) e la Svezia (da 62,0 a 70,9). Dopo i 65 anni in Italia l’aspettativa di vita sana è scesa a 7,8 anni (maschi) e 7,2 anni (femmine), la metà rispetto ai massimi europei e ben al di sotto della media europea, rispettivamente di 9,0 e 9,3 anni. CONSEGUENZE ANCHE PER I MEDICI DI MEDICINA GENERALE Oltre alle ovvie considerazioni sanitarie e di qualità di vita dei singoli individui, la situazione italiana ha altre immediate implicazioni: una di queste è il fatto che i Medici di medicina generale, a parità di assistiti rispetto a 10 anni fa, presentano un numero maggiore di soggetti malati, con le naturali conseguenze in termini di quantità e qualità di lavoro e qualità di vita. Un'altra conseguenza è l’aumento della spesa sanitaria, poiché, come visto, a fronte di un aumento dell’aspettativa di vita si è riscontrata una riduzione dell’aspettativa di vita “sana”, come dire che il numero degli anni con disabilità tende molto ad aumentare. A questo si aggiunge il fatto che un maggior numero di anni vissuti con patologie invalidanti significa maggior sofferenza sociale, maggiori costi e minore produttività, sia per i soggetti in età lavorativa che per i familiari dedicati alla loro assistenza. RICERCARE LE CAUSE E’ quindi fondamentale ora ricercare le cause di questo fenomeno, per porvi prima possibile un valido rimedio. Vi sono probabilmente responsabilità di vario tipo, politiche, economiche, sociali, ambientali, oltre al fatto che verosimilmente gli ultimi anni di recessione possono aver peggiorato fortemente la situazione. La relazione tra crisi economica e salute pubblica è stata già ben documentata negli anni ‘90 in Russia (Stuckler e altri Lancet 2009 374; Stuckler e altri Lancet 2009 373). Ma anche recentemente, sempre su Lancet, sono state documentate le conseguenze dei tagli alla sanità e della politica di austerità instaurata da qualche anno in Grecia (Lancet 2014 383; Lancet 2014 383). --------------------From: Katia Lumachi [email protected] To: Sent: Saturday, April 19, 2014 1:07 AM Subject: PETIZIONE SULLA STRAGE DEL DEPURATORE DI MINEO Segnalo questa petizione. Saluti Katia http://www.change.org/it/petizioni/strage-nel-depuratore-di-mineo-le-vittime-innocenti-sonovittime-dell-ecomafia? recruiter=2346654&utm_campaign=signature_receipt&utm_medium=email&utm_source=shar e_petition STRAGE NEL DEPURATORE DI MINEO: LE VITTIME INNOCENTI SIANO RICONOSCIUTE COME VITTIME DELL'ECOMAFIA A Angelino Alfano, Ministro dell'Interno Ai signori Giudici del processo d'appello per la strage del depuratore di Mineo Tribunale di Catania L'11 giugno del 2008, in una vasca del depuratore comunale di Mineo in provincia di Catania, persero la vita sei padri di famiglia. Uno di loro era mio figlio, si chiamava Salvatore Pulici, aveva 37 anni e ha lasciato due bambini, di cui una bambina che all'epoca aveva appena 5 mesi e mezzo. Sei onesti lavoratori, la cui unica colpa è stata quella di scendere ignari in un pozzetto di collegamento fra due vasche di depurazione al fine di pulirle, vasche dove nottetempo una ditta andava a sversare rifiuti tossici. Sono morti per l'inalazione di sostanze tossiche. I rifiuti sversati dalla ditta in questione, mescolati a quella che doveva essere oramai acqua depurata, si riversavano nel fiume sottostante, che veniva usata per irrigare campi e aranceti. La ditta ha causato la morte di sei persone e indirettamente di chissà quante persone ammalatesi di tumore a causa dell'inquinamento ambientale. Queste vittime sono vittime di connivenze mafiose. Facciamo in modo che finalmente sia fatta giustizia. Chiedo che sei morti vengano onorati della qualifica di vittime della mafia. Provate ad immaginare solo per un attimo cosa significa salutare un marito, un padre, un figlio, che si reca al suo lavoro e non vederlo ritornare mai più. Grazie Cordiali saluti. Maria Agrippina Amantia Bagheria