SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 19/04/14
INDICE
Carlo Soricelli [email protected]
CONTINUANO INESORABILI LE "MORTI VERDI"
Cobas Taranto [email protected]
DOPO ROMA PER FARE DI PIU’ E MEGLIO
Assemblea Lavoratori [email protected]
TRA RIFORMA DELLE PENSIONI E PRECARIETA’ LAVORATIVA GIOVANILE
Cobas Pisa [email protected]
FAMILIARI DELLE VITTIME DELLA STRAGE DI VIAREGGIO CONTRO LA CGIL: “NON DIFENDETE
CHI VUOLE SICUREZZA”
MD Alessandria [email protected]
LA BOMBA ECOLOGICA DELLA SOLVAY DI SPINETTA MARENGO IN DIRITTURA D'ARRIVO DOPO
60 UDIENZE
Voci della Memoria [email protected]
RIFIATANDO, VERSO UNO SPLENDIDO MAGGIO
Clash City Workers [email protected]
SULLA GIORNATA DI IERI, PER LE GIORNATE DI DOMANI: UN COMMENTO SUL 12 APRILE
Clash City Workers [email protected]
SCIOPERO ALL'IPERCOOP DI LIVORNO CONTRO ESUBERI E CARICO DI LAVORO
Enrico Cardinali [email protected]
LICENZIAMENTI A TAPPETO IN CARREFOUR
Enrico Cardinali [email protected]
SCIOPERO ALLA FRIGOSCANDIA
Cobas Pisa [email protected]
LETTERA APERTA ALL'ATO TOSCANA
Assemblea 29 Giugno [email protected]
SULLA NUOVA NOMINA DI MORETTI: CHI NON PIANGE NON PUPPA...
MicroMega [email protected]
“PROGETTO VECCHIO E PERICOLOSO”. GALLINO BOCCIA IL “JOBS ACT”
MicroMega [email protected]
TARANTO, DANNO COLLATERALE
Valerio Gennaro [email protected]
IN ITALIA CONTINUANO A DIMINUIRE GLI ANNI DI VITA IN SALUTE
Katia Lumachi [email protected]
PETIZIONE SULLA STRAGE DEL DEPURATORE DI MINEO
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From: Carlo Soricelli [email protected]
To:
Sent: Monday, April 14, 2014 9:13 AM
Subject: CONTINUANO INESORABILI LE "MORTI VERDI"
CONTINUANO INESORABILI LE "MORTI VERDI": IL 27% DI TUTTE LE MORTI SUL LAVORO
SONO PROVOCATE DAL TRATTORE CHE TRAVOLGE IL CONDUCENTE
Dal 9 marzo aspettiamo gli interventi del Primo Ministro Renzi e dei Ministri Poletti e Martina
per occuparsi almeno dei morti in agricoltura provocati dal trattore.
L'Osservatorio aveva segnalato con una mail alle loro segreterie l'imminente strage.
Come tutti gli anni con l’arrivo del bel tempo ricomincia la strage di agricoltori schiacciati dal
trattore.
Non ci risultano interventi mirati da parte di nessuna istituzione contro le "morti verdi".
Aspettiamo dal Primo Ministro Renzi, dai Ministri del Lavoro Poletti e delle Politiche Agricole
Martina, d'intervenire immediatamente per far cessare questa carneficina dovuta
all'indifferenza.
Non abbiamo ottenuto nessuna risposta.
Da quell'appello del 9 marzo, sono morti 30 agricoltori schiacciati dal trattore e 40 dall'inizio
dell'anno.
Segnaliamo ai visitatori che in questo momento gli agricoltori schiacciati dal trattore sono il
27% di tutte le morti sui luoghi di lavoro.
Carlo Soricelli
Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro
http://cadutisullavoro.blogspot.com
--------------------Riporto, per dovere di pluralità di informazione, quanto ricevo da Cobas Taranto.
Mi preme dissentire in parte da questa mail, perché non credo che il conflitto di classe si possa
risolvere soltanto con “l'assedio, attacco, resistenza al Ministero”.
Ogni lotta di classe si deve confrontare prima di tutto con una attenta valutazione dei rapporti
di forza in campo e deve definire tattiche e strategie in funzione di questa valutazione.
Attualmente non è pensabile nessuna “presa della Bastiglia”. La classe degli sfruttati non ha la
forza, né la consapevolezza rivoluzionaria per farlo.
Occorre prima di tutto creare di nuovo coscienza di classe e di appartenenza alla categoria
degli sfruttati e fare cultura sui temi della difesa dei propri diritti.
Occorre creare nuovamente la cultura della “rivoluzione” e non semplicemente della “rivolta”.
Altrimenti si fa populismo (come hanno fatto e stanno facendo Lega e Cinque Stelle) e non
lotta di classe.
Marco Spezia
*****
From: Cobas Taranto [email protected]
To:
Sent: Monday, April 14, 2014 11:58 AM
Subject: DOPO ROMA PER FARE DI PIU’ E MEGLIO
COMUNICATO STAMPA
Lo Slai Cobas per il sindacato di classe esprime il massimo appoggio alla manifestazione di
Roma del 12 aprile.
E' stata la prima risposta di massa al governo Renzi e la prima chiara visibile opposizione al
“Jobs Act”, insieme al proseguimento della lotta per casa, reddito, No TAV, No MUOS, ecc.
La gravità dell'attacco ai diritti e alle condizioni di vita e di lavoro di lavoratori, precari e
disoccupati giustifica pienamente l'assedio di massa al Ministero del lavoro, così come l'attacco
e la resistenza alle violente cariche poliziesche che il governo Renzi ha scatenato contro la
massa dei manifestanti.
Lo Slai Cobas per il sindacato di classe esprime la sua solidarietà agli arrestati e ai feriti tra i
manifestanti.
Il sindacalismo di base e di massa non ha fatto la sua parte, vede solo manifestazioni pacifiche
e il richiamo al 18-19 ottobre non può essere utilizzato per dissociarsi di fatto dalla
manifestazioni e alla parte più importante di essa l'assedio, attacco, resistenza al Ministero del
lavoro.
Tutti vogliamo più masse in piazza e uno sciopero generale e sappiamo che ci vuole tempo, ma
bisognava cominciare e indicare la strada.
Che sono più lotta sui posti di lavoro e sul territorio, più occupazioni di strade ed edifici
pubblici, più assedi ai Ministeri e ai palazzi del potere e più attacchi in tutte le forme alle sedi
governative, alle sedi dei padroni, delle banche e della grande finanza, alle sedi dei partiti
parlamentari e sindacati confederali, che lo stesso sindacalismo di classe, di base e di massa
deve promuovere e organizzare, se si vuole porre all'altezza dello scontro di classe contro
padroni, stato e governo e difendere realmente gli interessi degli operai, lavoratori, precari,
disoccupati, senza casa, immigrati ecc.
Da Roma bisogna ripartire per fare meglio, non per tornare indietro.
Serve unità per il sindacato di classe, il fronte unito dei movimenti di lotta, ma anche la forza
e le forme di lotta necessarie per imporre le esigenze popolari.
14 aprile 2014
Slai Cobas per il sindacato di classe
Coordinamento Nazionale
[email protected]
--------------------From: Assemblea Lavoratori [email protected]
To:
Sent: Monday, April 14, 2014 12:32 AM
Subject: TRA RIFORMA DELLE PENSIONI E PRECARIETA’ LAVORATIVA GIOVANILE
LE FACCE DELLA “CRISI” DEL WELFARE
LA RELAZIONE PERVERSA FRA RIFORMA DELLE PENSIONI E PRECARIETÀ LAVORATIVA
GIOVANILE
La situazione in cui ci troviamo è caratterizzata da un duplice stato di crisi che corre,
potremmo dire, in parallelo: da una parte assistiamo (è proprio il caso di dirlo) alla crisi (o per
meglio dire allo smantellamento) del cosiddetto “Stato sociale” (o Welfare State), dall’altra a
quella della “democrazia rappresentativa” (almeno come l’abbiamo conosciuta dal dopoguerra
in avanti in Italia e nei Paesi a capitalismo avanzato), con i suoi strascichi negativi anche sul
terreno sindacale.
In una serie di articoli che pubblicheremo settimanalmente analizzeremo gli aspetti principali di
questa crisi, ne delineeremo i contorni, cercheremo di coglierne le origini e di individuare delle
possibili vie d’uscita, sia dal punto di vista delle proposte di merito che dei possibili strumenti
di lotta e di organizzazione per lavoratori e lavoratrici.
In questo primo articolo affronteremo brevemente uno degli elementi centrali della crisi del
Welfare, cioè la sostanziale distruzione del sistema previdenziale così come era stato costruito
a partire dal dopoguerra e poi negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso.
Dal punto di vista delle pratiche di protezione sociale pubblica, negli ultimi 20 anni si sono
susseguite una serie di “riforme” del sistema pensionistico che hanno:
 gradualmente aumentato per lavoratori e lavoratrici sia l’età pensionabile, sia quella
contributiva (Riforma Amato del 1992, Prodi del 1997, Maroni del 2004, Fornero del 2011);
 eliminazione del criterio retributivo a favore di quello contributivo (Riforma Dini del 1995 e
Maroni del 2004);
 avviamento della previdenza complementare attraverso i fondi pensioni, gestiti anche dei
sindacati insieme alle associazioni datoriali (sempre Riforma Dini del 1995).
 Gli obiettivi dichiarati dai vari governi (da Amato a Monti) che si sono succeduti in questo
ventennio erano fondamentalmente due:
 stabilizzare il rapporto tra la spesa previdenziale e il prodotto interno lordo;
 una maggiore equità intergenerazionale, fare pagare più alle vecchie generazioni per far
star meglio le future.
Con buona pace del Professor Ichino, grande sostenitore del nuovo modello previdenziale, al di
là delle motivazioni ideologiche, le cose sono andate e stanno andando diversamente.
Non entriamo nel merito della situazione nel pubblico impiego (situazione complessa che
affronteremo in un articolo a parte), per la quale ci limitiamo per ora a registrare che, a fronte
di continue ondate di pre-pensionamenti, non corrisponde un turn-over in ingresso per i
giovani, anzi aumentano precarietà ed esternalizzazioni.
Stando allo studio ISTAT del novembre 2013, basati su dati INPS aggiornati a fine 2011, la
spesa pensionistica aumenta: nel 2011 è stata pari a 265,9 miliardi di euro, con un incremento
sul 2010 pari al 2,9%. Il PIL, invece, nello stesso periodo è diminuito dal 1,7 al 0,4%. Poco o
nulla incidono le nuove 280.000 contribuzioni medie annue rappresentate da forza-lavoro
immigrata.
Quindi, chi ha un lavoro salariato lavora di più, va in pensione più tardi (se ci va, ma adesso ci
arriviamo), oppure si ritrova in braghe di tela come dimostra la scandalosa vicenda degli
esodati.
Eppure il PIL non aumenta, anzi diminuisce rasentando lo 0% di crescita. Peraltro, la spesa per
prestazioni sociali in Italia si attesta poco sopra il 26% del PIL, cioè di oltre un punto
percentuale inferiore alla media dell’UE a 15 e di ben 3-5 punti percentuali inferiore a quella di
Danimarca, Francia, Germania, Olanda e Svezia.
Ora veniamo alle “fantastiche” opportunità che le varie controriforme delle pensioni avrebbero
dovuto aprire ai giovani ed alle loro condizioni.
La fase 1993-2003, e poi quella 2006-2008, è stata contrassegnata dalla presenza di governi
di centro-sinistra e dall’affermarsi della politica della “concertazione” e dei redditi,
simboleggiata dai famosi accordi del 1992 (governo Amato) e 1993 (governo Ciampi).
Gli obiettivi che vengono perseguiti in questo periodo, in materia di lavoro e Welfare giovanili,
sono quelli di adeguarsi agli standard europei in materia di flessibilità e di abbassare il costo
del lavoro attraverso sussidi alle imprese che assumano determinate categorie di lavoratori.
E’ il periodo del “Pacchetto Treu”, che riforma l’apprendistato (innalzando l’età pensionabile a
24 anni, 26 nel Sud) ed istituisce le “agenzie interinali”.
Nel 2001 il cambio di governo (Berlusconi II) incide minimamente sulle politiche avviate
dall’Ulivo ed il Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia (ottobre 2001) si pone
sostanzialmente in continuità con gli orientamenti dei governi precedenti.
La prima riforma del contratto a tempo determinato (D.Lgs.368/01) e la cosiddetta “Legge
Biagi” (Legge 30/03) continuano sulla strada dell’aumento della flessibilità, sia restringendo le
tutele dei lavoratori (nel primo caso), sia ampliandone le forme (lavoro intermittente, ripartito,
contratto di inserimento, ecc., nel secondo caso).
I risultati sono sì maggiore occupazione in senso lato, ma un allungamento a dismisura (per chi
ci riesce) dei tempi nei quali conseguire un lavoro stabile.
Affronteremo in altra occasione la questione delle indennità di disoccupazione, ci limiteremo
per ora a sottolineare che nel periodo che prendiamo in esame i suoi potenziamenti sono
insufficienti, così come sparse e temporanee le misure per incentivare le stabilizzazioni.
La crisi economica del 2008-2009 ha dato poi il colpo di grazia all’occupazione giovanile, con
l’ulteriore diminuzione della probabilità di reimpiego (anche precario) per quei giovani che
perdono il lavoro.
La disoccupazione viaggia oggi (gennaio 2014, fonte ISTAT) al 12,9%, con circa 3.300.000
persone senza lavoro. Di questi, 690.000 (il 42%) sono giovani.
La riforma delle pensioni, nella propaganda dei governi e dei partiti che li hanno sostenuti,
avrebbero dovuto garantire non solo una maggiore e più stabile occupazione, ma anche
l’affermazione di politiche. Invece, è aumentato il ventaglio delle tipologie contrattuali flessibili
e precarie, è cresciuta la dispersione salariale ed è sempre più diminuito il livello dei salari per i
giovani che sono entrati nel mondo del lavoro; infine è aumentata la mobilità, anche
territoriale, delle occupazioni, ma sempre confinata con occupazioni a termine.
Per questo, il “Jobs Act” di Renzi che ipocritamente viene sbandierato come la soluzione allo
stesso tempo d’emergenza e di prospettiva per combattere la disoccupazione giovanile, non è
altro che la riproposizione, in termini peggiorativi, delle politiche dei suoi predecessori Treu,
Sacconi, Fornero, ma in un contesto economico notevolmente peggiorato.
Ecco, riforma delle pensioni e politiche giovanili del lavoro rappresentano la stessa faccia
(potremmo dire “intergenerazionale”) del “cubo” rappresentato dallo smantellamento dello
Stato Sociale.
Sì, perché una medaglia non basta per rappresentare il massacro sociale che stiamo subendo.
Per le altre facce rimandiamo ai prossimi articoli.
Lavoratori autoconvocati contro la crisi
--------------------From: Cobas Pisa [email protected]
To:
Sent: Monday, April 14, 2014 4:17 PM
Subject: FAMILIARI DELLE VITTIME DELLA STRAGE DI VIAREGGIO CONTRO LA CGIL: “NON
DIFENDETE CHI VUOLE SICUREZZA”
“Noi siamo delle tensioni? Guardateci negli occhi. Siamo delle tensioni, noi? Siamo dei papà,
delle mamme, che hanno visto i loro figli bruciare vivi, neri, arsi, abbrustoliti. Non dovete, non
potete. Noi rigettiamo questa vostra definizione”.
E’ stato un duro atto d’accusa l’intervento di Daniela Rombi, presidente del “Mondo che vorrei“,
l’Associazione dei familiari delle vittime della strage della stazione di Viareggio (2009), al
congresso nazionale della FILT-CGIL.
La sigla sindacale del settore trasporti aveva invitato all’appuntamento anche Mauro Moretti,
AD di Ferrovie e imputato per il disastro che ha provocato 32 morti. Le associazioni avevano
protestato e allora Moretti aveva dovuto rinunciare al suo intervento.
Ma una nota del FILT-CGIL aveva spiegato questa assenza per le “possibili tensioni locali”.
Da qui la rabbia doppia dei familiari.
“Sono stati licenziati ferrovieri, perché hanno osato parlare di sicurezza” – ha detto la Rombi
che nella strage ha perso una figlia di 21 anni, Emanuela – “Pensavo che il sindacato
difendesse queste persone, ma sinceramente io non ho visto cosa avete fatto voi per queste
persone”.
“Vorrei che per un attimo pensaste ai vostri figli” – ha scandito di nuovo la presidente
dell’Associazione dei familiari delle vittime – “Se andaste a casa e non li trovaste più. Di che
cosa avreste paura, dopo? Che cosa avete da perdere dopo? Noi non abbiamo più niente da
perdere. Noi purtroppo non abbiamo più i nostri figli: la sera non tornano a casa. Ma noi
pretendiamo in ogni luogo e in ogni organizzazione verità, giustizia e sicurezza”.
E ha auspicato che la CGIL “il cui avvocato non si è mai presentato a processo” ritiri la
costituzione di parte civile: “Non ne abbiamo bisogno”.
Il video dell’intervento di Daniela Rombi al link:
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/04/12/strage-di-viareggio/273713/
--------------------From: MD Alessandria [email protected]
To:
Sent: Monday, April 14, 2014 7:57 PM
Subject: LA BOMBA ECOLOGICA DELLA SOLVAY DI SPINETTA MARENGO IN DIRITTURA
D'ARRIVO DOPO 60 UDIENZE
Dal blog http://medicinademocraticaalessandria.blogspot.it
Inquinamenti acqua aria suolo, malattie, morti, tumori, tumori rari, leucemie, ictus, mutazioni
genetiche, aborti, certificati medici e di morte, analisi del sangue avvelenato, paura tanta
paura ancora oggi a bere l’acqua dell’acquedotto: nelle drammatiche deposizioni in udienza
degli ammalati (tanti meridionali) e dei parenti dei defunti (tante vedove) nonché dei bambini
ammalati, che hanno lavorato bevuto respirato in fabbrica o hanno vissuto bevuto respirato
attorno alla fabbrica.
Tra i lavoratori c’è chi ha condotto mini indagini epidemiologiche presentando alla Corte di
Assise di Alessandria il lungo elenco dei compagni di reparto morti di cancro: “sono rimasto
solo io, ammalato”.
Le vittime accusano gli imputati: "Siete stati rapinatori a mano armata dell’ambiente e della
salute, sul terreno avete lasciato distruzione e morti! Dunque dovete pagare. Dunque Solvay
devi pagare di tasca tua i risarcimenti alle vittime e la bonifica del territorio (che salvaguarda
l’occupazione), anche perché ti eri comprata per una manciata di mangime la gallina dalle
uova d’oro e ora non puoi andartene (come stai tentando) lasciandoci lo sterco del pollaio. Non
avrete il coraggio di farvi interrogare in Corte di Assise."
Gli imputati che non si sono mai presentati in nessuna delle 60 udienze sono: Jaques Pierre
Joris, Bernard de Laguiche, Carlo Cogliati, Salvatore Boncoraglio, Giorgio Canti, Luigi
Guarracino, Giorgio Carimati, Giulio Tommasi.
Per l’articolo completo:
http://www.scribd.com/doc/218121673/Capo-Grosso-Guar-Raci-No
Per l’articolo su “Piemonte e Abruzzo, Bussi e Spinetta, due disastri ambientali gemelli”:
http://medicinademocraticaalessandria.blogspot.it/2014/04/il-processo-solvay-di-spinettamarengo.html
Pr ricevere il Dossier di 90 pagine sulla bomba ecologica di Spinetta Marengo
http://www.scribd.com/doc/205655466/Spot-Vendita-Opuscolo
Messaggio di pace e salute inviato da Lino Balza
via Dante, 86
15121 Alessandria
telefono: 0131 43 650
cellulare: 347 01 82 679
mail: [email protected]
--------------------From: Voci della Memoria [email protected]
To:
Sent: Tuesday, April 15, 2014 11:47 AM
Subject: RIFIATANDO, VERSO UNO SPLENDIDO MAGGIO
Car* Tutt*,
Dopo una settimana che ci ha visti fisicamente presenti ad Arquata Scrivia e a Livorno, è ora
di rifiatare un attimo per ciò che concerne le uscite pubbliche e mettersi a testa bassa a
lavorare per le prossime iniziative alle quali teniamo particolarmente.
La prima è quella di venerdì 9 maggio alla libreria il Labirinto di Casale Monferrato, non
prendete impegni perché la serata con Tatiana ed i bellissimi racconti di Casa Primavera è una
di quelle storie potenti ma troppo poco conosciute che amiamo portare a più persone
possibile, quindi segnate sul calendario, eh?
La seconda è lo sbarco a Roma di Extraordinary People, il libro che fra le sue storie racconta
quella di Voci della Memoria e di Casale. Sbarca a Roma in una bellissima libreria nel cuore del
centro storico, il 16 maggio alle 18.30. L'autore Luca Martini sarà affiancato dal "nostro"
Michele di Voci, al secolo Michele Citoni, autore di "Indistruttibile", autentica pietra miliare nei
docufilm che narrano di Casale Monferrato e la sua lotta contro l'amianto, ora in uscita
insieme a Giusy Buccheri con "Il futuro è troppo grande", un documentario che nasce da una
riflessione sulle seconde generazioni dell'immigrazione in Italia, attraverso un percorso durato
più di due anni.
Insomma tanta roba, questo sempre grazie alla passione e al sostegno di chi come voi sta
dalla nostra parte che, ca va sans dire, è sempre quella del torto...
Associazione Voci della Memoria
Sito:
http://vocidellamemoria.org
Su Facebook:
http://it-it.facebook.com/group.php?gid=112085158810040
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From: Clash City Workers [email protected]
To:
Sent: Tuesday, April 15, 2014 3:14 PM
Subject: SULLA GIORNATA DI IERI, PER LE GIORNATE DI DOMANI: UN COMMENTO SUL 12
APRILE
UNITI E INFLESSIBILI CONTRO IL “JOBS ACT”
Vale la pena ricordarlo perché con la solita cattiva informazione dei media (che quando proprio
non riescono a far “sparire” i momenti di piazza come quello di ieri, li relegano a una posizione
assolutamente marginale nel dibattito pubblico, isolati e criminalizzati fino a neutralizzarne i
contenuti e l’efficacia politica) c'è il rischio di perdersi la notizia.
Sabato a Roma circa 20.000 persone sono scese in piazza, nella prima giornata di
mobilitazione contro il governo Renzi.
Una piazza riempita con generosità e determinazione da immigrati, occupanti di casa,
lavoratori, studenti, ma anche da collettivi e realtà politiche diverse, dai tanti compagni che
ogni giorno portano avanti lotte in tutta Italia. Un pezzo importante di proletariato
metropolitano che subisce in prima persona gli attacchi che vengono sferrati da governi e
padroni di turno (e il Piano Casa e il “Jobs Act” sono solo gli ultimi in ordine di tempo...) e che
da sempre prova a opporsi e a costruire un’alternativa radicale alla miseria in cui ci costringono
a vivere.
Una piazza, insomma, che ha provato a mettere al centro le esigenze e le necessità di chi non
vuole morire di sfruttamento, di precarietà o di disoccupazione, e rivendica il sacrosanto diritto
a una casa, a un salario decente, una sanità pubblica, a servizi sociali accessibili a tutti.
Era un corteo difficile, lo sapevamo da prima, dai giorni precedenti in cui ci siamo messi a
lavoro per provare a costruire e allargare la partecipazione a questa giornata, per far crescere
l'attenzione su quello che avrebbe potuto esprimere questa piazza.
Un corteo difficile in parte per limiti oggettivi, che vanno al di là di noi stessi, delle nostre
capacità o debolezze, limiti posti dalla stessa fase politica che attraversiamo: tanto malessere
e rabbia che covano sotterranei, incapaci di esprimersi fuori dalla rassegnazione, dall'egoismo
o al di là della speranza nell'attesa di un salvatore qualsiasi. E, soprattutto, incapaci di essere
trasformati in elementi di coscienza condivisa su cui costruire una progettualità organizzata,
conflittuale e radicalmente opposta all'attuale stato di cose.
Così (non dobbiamo nascondercelo) non esiste ancora una sensibilità comune contro il Governo
Renzi e purtroppo neppure contro l'Unione Europea come costruzione politica antiproletaria e
orizzonte dentro cui l'azione del governo si inserisce e si sviluppa.
Questo perché (nonostante le lotte quotidiane, le battaglie che si portano avanti e le piccole
vittorie che pure si riescono a strappare) i nostri continuano a subire un'offensiva padronale
tout court, materiale e ideologica, a cui la borghesia ha impresso un'accelerazione senza
precedenti negli ultimi tempi, dotandosi del volto giovane e accattivante di Renzi per uscire
dall'impasse della crisi, per rendersi “competitivi” e “moderni” il più velocemente possibile,
costi quello che costi.
Parlando, come abbiamo fatto in questi giorni con studenti, disoccupati, lavoratori più o meno
precari, la sensazione è che siano ancora tutti in una fase di attesa per capire che farà questo
Governo, attendendosi magari nel giro di qualche mese di vedere qualche risultato...
A questo scenario, già di per sé non idilliaco, si sono sommate le nostre debolezze come
movimento, limiti di carattere soggettivo e su cui non ci vogliamo dilungare troppo.
Di certo, è evidente che ha pesato l'incapacità di allargare e includere nella costruzione della
piazza di ieri tutto ciò che di oppositivo si muove, adagiandosi forse sulla “rendita” lasciata
dalle giornate del 18 e del 19 ottobre scorsi e impedendo alla mobilitazione di crescere quanto,
pur in questo contesto difficile, avrebbe potuto.
Ne è uscito così un corteo nazionale ridotto nei numeri, essenzialmente “romano”, con tante
(probabilmente troppe e a tratti confuse) parole d'ordine, di fatto incentrato solo sulla
questione della casa.
Eppure abbiamo provato a starci, non per semplice “testimonianza” ma perché abbiamo
ritenuto quella piazza un'opportunità da cogliere per dire la nostra su quello che il Governo
Renzi ha già fatto e su quello che farà, sugli effetti che questo avrà sulla vita della maggior
parte delle persone che vedranno peggiorare da subito le loro condizioni di vita e lavoro con
l'ulteriore precarizzazione dei contratti, la spinta e il livellamento dei salari al ribasso, l'attacco
ad ogni tipo di tutela pur di aumentare la “flessibilità” in entrata e, a breve, quella in uscita...
Per questo eravamo davvero in tanti dietro lo striscione “Uniti e inflessibili” contro il “Jobs Act":
centinaia di studenti, precari, disoccupati e lavoratori (fra tutti quelli di Aci Informatica, ma
anche molti insoddisfatti e scontenti dei sindacati confederali). Vicini, materialmente e
idealmente, ai braccianti e ai facchini della logistica del Si Cobas che hanno portato in piazza la
loro energia, la loro esperienza di lotta. Uno spezzone rumoroso e determinato, che insieme a
tante altre compagne e compagni ha saputo tenere di fronte alla brutalità delle forze
dell'ordine a piazza Barberini, quando la polizia si è lanciata in una folle carica scendendo da
Via Veneto, e i carabinieri hanno picchiato pesantemente il fondo del corteo.
Nonostante questo, la violenza della risposta delle forze dell'ordine ha prodotto decine e decine
di manifestanti feriti, fermi e denunce. La situazione confusa creata dalle cariche della polizia
ha fatto anche sì che un ambulante peruviano di 47 anni abbia perso una mano. Un episodio
per noi sconvolgente, rarissimo per fortuna, ma che merita tutti i nostri pensieri, la nostra
vicinanza umana, anche perché quest’uomo con le mani ci lavora, e dobbiamo immedesimarci
nella sua situazione ancora di più di come lo avremmo fatto per qualsiasi ragazzo ferito
gravemente in una situazione di piazza... Anche perché, come concordano numerose
testimonianze, i soccorsi sono arrivati in ritardo, rallentati dalle operazioni della polizia, e il suo
stesso nipote non è stato minimamente sostenuto mentre cercava di aiutare lo zio.
I compagni arrestati invece sono cinque, già immediatamente bollati come gli “irreversibili
antagonisti”, i “soliti violenti”, e potremmo andare avanti all'infinito... Si tratta invece di
ragazzi come Ugo, studente universitario di Napoli da sempre presente nelle lotte di questa
città, da quelle per l’istruzione pubblica a quelle per il diritto all'abitare. A Ugo e agli altri
compagni va tutto il nostro supporto e la nostra solidarietà, l'impegno a tirarli fuori da lì il
prima possibile e a dimostrare in maniera decisa e forte alla controparte che ci vorrebbe
affossati e incapaci di reagire ai suoi attacchi che non esistono manganelli, non esistono
lacrimogeni e fermi che tengano davanti alle nostre ragioni e alla voglia di cambiare l'esistente.
In ogni caso, se ci siamo presi un attimo per riflettere su ieri è per meglio costruire le giornate
di domani. E non ci riferiamo solo alle prossime date o scadenze di movimento, ma proprio ai
prossimi giorni, per costruire un percorso collettivo che si allarghi e migliori sempre di più di
qui ai prossimi mesi. Domani, come ieri, saremo di nuovo nelle facoltà e nelle scuole, sui
territori, sui posti di lavoro a raccontare questa giornata e a guardare oltre, mettendo su dal
basso delle nostre esperienze una risposta concreta e organizzata in cui possano riconoscersi
gli sfruttati e gli oppressi di questo paese, un'opposizione al Governo Renzi, all’Unione Europea
quantomeno all'altezza dell'attacco che ci viene sferrato. Continuando il lavoro quotidiano e di
massa, ovunque si manifesti la contraddizione tra capitale e lavoro.
13 Aprile 2014
Uniti e inflessibili contro il “Jobs Act”
--------------------From: Clash City Workers [email protected]
To:
Sent: Tuesday, April 15, 2014 3:14 PM
Subject: SCIOPERO ALL'IPERCOOP DI LIVORNO CONTRO ESUBERI E CARICO DI LAVORO
Nella Grande Distribuzione Organizzata, come ci hanno spiegato ultimamente i lavoratori di
Panorama di Firenze, si vive la contraddizione di dover lavorare sempre di più (con le aperture
obbligatorie domenicali e festive e la riduzione delle pause) e doversi contemporaneamente
difendere dagli esuberi annunciati dalla controparte che ha tutto l'interesse di comprimere il
più possibile il costo del lavoro.
Contro questa contraddizione i lavoratori dell'Ipercoop di Livorno hanno scioperato per l'intera
giornata di Sabato 12 aprile.
Riportiamo a seguire il volantino distribuito dalla RSU USB Livorno nell’occasione.
*****
Dando seguito al mandato dei lavoratori ricevuto al termine delle assemblee di lunedì,
proclamiamo lo SCIOPERO per tutta la giornata lavorativa di sabato 12 aprile 2014.
Dopo anni nel corso dei quali ci hanno chiesto (e da noi hanno sempre ottenuto) continui
aumenti di produttività, un sempre crescente lavoro domenicale e festivo, una disponibilità ad
avere fiducia e pazienza per ottenere un miglioramento delle nostre condizioni di lavoro,
Unicoop Tirreno apre un nuovo negozio a Livorno (territorio dal quale da sempre ottiene già
milioni di euro di utili) ma nega, dopo tante promesse legate proprio a questa nuova apertura,
le risposte che da tempo i lavoratori Ipercoop attendono, inventando una manovra di
dichiarazione di esuberi totalmente ingiustificati e quindi per noi irricevibili. Inoltre, decide di
imporre il trasferimento a lavoratori non consenzienti, mandandoli a fare formazione
professionale anche a decine di chilometri di distanza da Livorno.
Di fronte a una alta dirigenza aziendale che chiede ulteriori sacrifici a lavoratori con stipendi
bassissimi (nel mentre che i loro lauti compensi invece rimangono tali e quali), e che davanti
ad una richiesta minima della nostra componente RSU Ipercoop di incontrarci nuovamente per
rivalutare la questione esuberi e organico nuovo negozio, risponde che i numeri sono quelli e
non si discutono e che intende procedere velocemente (e senza ascoltare la voce dei
lavoratori) alla composizione dei nuovi organici, non resta altro che scioperare per dare un
segnale forte del nostro disagio e del nostro disaccordo sulle scelte aziendali, nonché per
chiedere ad Unicoop Tirreno di tornare a sedersi al tavolo di confronto con intenzioni più
sostenibili per i dipendenti.
Scioperiamo quindi per chiedere:
 il ritiro della dichiarazione di esuberi sul territorio livornese, dato che abbiamo dimostrato
essere inesistenti (basta vedere le ore di straordinario in diversi reparti e negozi) e frutto
solo di obiettivi di produttività palesemente fuori portata e studiati al centesimo per
sfruttare di più i lavoratori e per aprire il nuovo negozio a saldo-zero di ore e diritti per i
lavoratori;
 il riconoscimento di condizioni orarie migliori per i tantissimi part-time (compresi quelli che
adesso lavorano negli altri negozi) che vivono un’emergenza salariale non più rimandabile;
 la parificazione dei diritti dei lavoratori Ipercoop con quelli dei colleghi dei supermercati in
materia di maggiorazioni, pause, eccetera, visto che non si capisce più veramente quale
senso abbia mantenere condizioni diverse tra dipendenti che sono sempre più mescolati tra
loro all’interno dei vari negozi (il nostro contratto integrativo è scaduto dal 2009 e abbiamo
segnalato più volte come sarebbe tranquillamente possibile mettere mano intanto a un
accordo-ponte su alcune questioni, valevole ovviamente per tutti i lavoratori Unicoop
Tirreno, anche delle altre regioni);
 la possibilità di rifiuto al trasferimento per chi lo considerasse un (inaccettabile, visto che
con un miglioramento della presenza di Coop a Livorno, anche le condizioni dei lavoratori
dovrebbero migliorare) peggioramento delle proprie condizioni di lavoro.
Invitiamo tutte le colleghe e i colleghi a presenziare sabato insieme a noi al presidio che
inizierà fin dal primo turno del mattino (per informare anche chi non era presente alle
assemblee di lunedì) nel piazzale antistante l’ingresso dipendenti e che si protrarrà per tutto il
resto della giornata anche con volantinaggi informativi a soci e clienti.
RSU USB Ipercoop Livorno
--------------------From: Enrico Cardinali [email protected]
To:
Sent: Tuesday, April 15, 2014 10:08 PM
Subject: LICENZIAMENTI A TAPPETO IN CARREFOUR
Da: Circolo di Iniziativa Proletaria Giancarlo Landonio [email protected]
A seguire volantino, con preghiera di pubblicazione e massima diffusione; meglio ancora se si
aderisce alla campagna diffondendo presso i punti vendita CARREFOUR.
Nel qual caso avvisateci dell'iniziativa in corso, per tenere mappatura della copertura (si spera
nazionale).
A disposizione per info ed approfondimenti:
questa mail, S.I. COBAS o Sindacato di Base Pavia (anche da Facebook).
Saluti Operai
Carrefour sta procedendo ad una serie di licenziamenti a tappeto a livello internazionale, pari al
30% della forza lavoro attualmente impiegata, scatenando agitazioni e scioperi. Piange la crisi
e macina profitti (1,23 miliardi di euro di utile netto nel 2012, 1,26 nel 2013), a fronte di un
calo generalizzato dei consumi
Carrefour appalta il lavoro a cooperative che sfruttano i lavoratori!!!
Ciò succede nei magazzini, dove le procedure di cacciata degli operai avvengono in maniera
più silente, nei cambi di appalto, grazie al caporalato legalizzato delle cooperative di
facchinaggio e al totale disinteresse del committente Carrefour.
A Pieve Emanuele (MI), dove gia` quattro anni fa la micidiale accoppiata Carrefour –
Cooperative aveva tentato il licenziamento di 62 operai (poi riassunti dopo sei mesi di lotta),
25 operai del consorzio Geco (fatturato del triennio 2010-12 quasi triplicato) sono stati
estromessi illecitamente dai magazzini con un accordo capestro al cambio d’appalto e conferiti
ad un’altra cooperativa (New Services, sempre consorziata Geco) per essere impiegati in parttime notturni nei punti vendita e con il proprio salario dimezzato. I 101 colleghi rimasti nel
magazzino di Pieve Emanuele lavorano attualmente per 12- 13 ore al giorno con un vertiginoso
aumento dei carichi di lavoro e senza neanche potere più godere dei primi tre giorni di malattia
retribuiti, grazie agli accordi della triade CGIL-CISL-UIL.
L'arroganza padronale non si arresta neanche di fronte alle istituzioni: lo scorso 1 aprile
Carrefour e Geco hanno disertato la convocazione fatta pervenire dal prefetto di Milano,
ottenuta dal SI COBAS dopo 36 ore consecutive di presidio degli operai e dei sostenitori
davanti ai cancelli dei magazzini di Pieve Emanuele.
NON ESSERE COMPLICE DI CHI SFRUTTA I LAVORATORI!
SOSTIENI LA LOTTA DEI FACCHINI DI PIEVE EMANUELE!
NON COMPRARE MERCI NEI PUNTI VENDITA CARREFOUR!
COMITATO DI LOTTA CARREFOUR
PIEVE EMANUELE (MI)
-----------From: Enrico Cardinali [email protected]
To:
Sent: Tuesday, April 15, 2014 10:08 PM
Subject: SCIOPERO ALLA FRIGOSCANDIA
Si è svolto dalla mezzanotte del 10 aprile 2014 fino alle 11,30 del giorno 11 lo sciopero dei
lavoratori licenziati da Frigoscandia (surgelati per le grandi e piccole catene di distribuzione).
Avevamo promesso al padrone di Frigoscandia che saremmo tornati e lo abbiamo fatto.
Lo sciopero di stanotte, organizzato dal SI COBAS e sostenuto dal Collettivo La Sciloria, ha
visto anche la partecipazione , per qualche ora, di solidali militanti di Rifondazione Comunista.
I lavoratori iscritti al SI COBAS sono stati minacciati dai responsabili della Coop IBS e della
stessa Frigoscandia, di perdere il lavoro e di spostarli ad altra mansione, se non daranno le
dimissioni dallo stesso sindacato.
Dopo aver inviato una diffida, sia alla Coop, che alla direzione di Frigoscandia, dal proseguire
su tali atteggiamenti minacciosi delle libertà dei lavoratori, abbiamo informato anche la
prefettura e chiesto di attivare un tavolo che porti alla soluzione dei licenziamenti.
Tutti i lavoratori iscritti al SI COBAS hanno resistito a tali minacce, anzi, hanno ribadito che
non daranno la disdetta, e che il SI COBAS è il loro sindacato.
Il messaggio da parte dei lavoratori è chiaro ed è solidale con i compagni licenziati, mentre
l’azienda e la Coop cercano l’appoggio dei confederali ben disposti a svendere i diritti e le
condizioni di lavoro di tutti i dipendenti.
I lavoratori hanno voluto lanciare un altro messaggio al dottor Delle Molle, padrone di
Frigoscandia, che non molleranno la lotta fino a quando i licenziati non rientreranno al loro
posto di lavoro.
Il fermo del carico e scarico dei camion, soprattutto quelli di Esselunga, è stato totale.
Gli ottanta lavoratori rimasti sono costretti a lavorare all’interno delle celle frigorifere per 1214 ore al giorno per sopperire alla mancanza dei 15 licenziati.
I lavoratori e il SI COBAS, chiedono, ancora una volta al responsabile di Frigoscandia di sedersi
ad un tavolo e riconoscere il sindacato che i lavoratori si sono scelti, visto che siamo in un
cosiddetto paese “democratico”.
La repressione contro i lavoratori creerà solo ulteriore scontro.
UNITI SI VINCE!
LA SOLIDARIETA’ E’ UN ARMA: LA USEREMO!
SI COBAS Rho
--------------------From: Cobas Pisa [email protected]
To:
Sent: Tuesday, April 15, 2014 10:46 PM
Subject: LETTERA APERTA ALL'ATO TOSCANA
Conferenza stampa dei Cobas in occasione della assemblea dell' ATO Toscana (Ambito
Territoriale Ottimale, Servizio di gestione dei rifiuti urbani)
Lettera aperta all'ATO toscana
Cari sindaci, siamo i lavoratori dell'igiene ambientale aderenti ai Cobas.
Vogliamo sottoporre alla vostra attenzione, senza preamboli e giri di parole, alcune
problematiche inerenti la futura gestione del ciclo dei rifiuti.
Andiamo con ordine e, con il rischio di sembrare schematici, elenchiamo alcuni argomenti sui
quali aprire il confronto.
 Sono decine i lavoratori precari che attendono la stabilizzazione. Oggi le municipalizzate
sono sottoposte a molti vincoli in materia di assunzione imposti agli enti locali, ma nel
corso degli anni senza questi precari i servizi non sarebbero stati erogati, precari
confermati spesso con livelli inferiori e perdita di ore e di salario. Non credete sia giunto il
momento di stabilizzare questi lavoratori? Quando le aziende comunicheranno gli organici
all'ATO toscana, vi impegnerete a includere tutti i lavoratori precari che abbiano almeno
una anzianità di servizio superiore a 4 mesi?
 Molti servizi sono in appalto a cooperative, ci chiediamo cosa ne sarà di questi colleghi. La
nostra richiesta è di includere negli organici anche questi lavoratori dando loro certezze
occupazionali per il futuro
 Ad uguale lavoro uguale salario: è una rivendicazione non solo uno slogan. Troppi sono i
contratti applicati nell'igiene ambientale, non pensate di ridurre a due i contratti nazionali
applicati nell'igiene ambientale, ossia Fise e Federambiente ?
 Come pensate di costruire una autentica filiera del riciclo perché possa svilupparsi una
filiera industriale a impatto ambientale zero?
 Come pensate che andrà a impattare la nuova gestione del ciclo rifiuti sui rischi per la
salute e la sicurezza dei lavoratori? Avete già provveduto ad aggiornare il Documento di
Valutazione dei Rischi (richiesto dal Testo Unico D.Lgs.81/08) delle aziende partecipate dai
comuni in relazione alle significative variazioni del ciclo lavorativo?
Siamo certi che vogliate fornire risposte ai nostri quesiti.
Pisa, 16 aprile 2014
Cobas igiene ambientale
Cobas lavoro privato
Pisa e Versilia
www.cobaspisa.it
---------------------
From: Assemblea 29 Giugno [email protected]
To:
Sent: Wednesday, April 16, 2014 12:03 PM
Subject: SULLA NUOVA NOMINA DI MORETTI: CHI NON PIANGE NON PUPPA...
Il governo Renzi ha definitivamente promosso l'AD delle Ferrovie Moretti ad Amministratore
Delegato di Finmeccanica.
Dopo le rinomine di AD delle Ferrovie dei governi Berlusconi e Letta, ora è Renzi a nominarlo in
altro incarico.
Moretti, dopo aver vandalizzato il trasporto locale e regionale, oltre ad aver attuato una politica
di abbandono della sicurezza in ferrovia, andrà ad occuparsi di difesa e di armamenti.
Un personaggio, questo Moretti, molto protetto e coccolato dal potere e dai palazzi di potere.
Oramai è dato per certo che Moretti sia uno degli "uomini" di Napolitano, tanto che nel 1°
anniversario della strage lo fregiò del titolo di cavaliere (?).
Un mese fa Moretti si era lamentato per un possibile ritocco in basso al suo stipendio delle
ferrovie di 873.666 euro. Renzi lo aveva immediatamente rassicurato.
Infatti il suo stipendio di AD di Finmeccanica finalmente potrà essere ritoccato in alto. Le
indiscrezioni dicono che percepirà 900.000 euro, quindi 27.000 euro in più del precedente.
Moretti, rinviato a giudizio per le 32 Vittime della strage ferroviaria di Viareggio del 29 giugno
2009, accresce così il suo potere politico, industriale, economico.
--------------------From: MicroMega [email protected]
To:
Sent: Thursday, April 17, 2014 4:19 PM
Subject: “PROGETTO VECCHIO E PERICOLOSO”. GALLINO BOCCIA IL “JOBS ACT”
INTERVISTA A LUCIANO GALLINO DI GIACOMO RUSSO SPENA
Voce bassa, idee chiare. Come al solito.
Gli 80 euro? “Uno spot, era meglio investire quei soldi in nuova occupazione”.
La Cgil? “Sta appannando la bandiera di vero sindacato”.
E sul “Jobs Act”, “è un progetto vecchio vent’anni che porterà all’estremo la precarietà”.
Il sociologo Luciano Gallino riflette sulle misure del governo Renzi, dal Def al provvedimento
del ministro Poletti, arrivando ad una netta bocciatura: “Sul lavoro non c’è quel cambiamento
auspicato”.
PROFESSORE, PARTIAMO PROPRIO DAL DEF. DOPO SETTIMANE DI ANNUNCI E PROCLAMI,
SEMBRA CHE LA MONTAGNA ABBIA PARTORITO UN TOPOLINO. IL PREMIER MATTEO RENZI HA
DECISO DI RISPETTARE I VINCOLI IMPOSTI DALL’EUROPA RINUNCIANDO AD UTILIZZARE IL
MARGINE FINO AL 3% DEL DEFICIT ANNUO. NON DOVEVA AVERE PIU’ CORAGGIO NEI
CONFRONTI DELLA TROJKA?
Sicuramente, ma Renzi esprime un governo e una classe politica interamente supina nei
confronti dei dettati dell’Europa, i quali invece vanno messi in discussione. Per farlo ci
vorrebbero due prerogative, avulse all’attuale governo: una vera forza politica nazionale e le
competenze per poter intervenire su punti specifici.
TRA LA VARIE MISURE IPOTIZZATE, I MILLE EURO ALL'ANNO PER I DIPENDENTI CHE NE
GUADAGNANO MENO DI 25MILA LORDI. E’ UN REALE ANTIDOTO PER CONTRASTARE LA CRISI
O LE APPARE UNA MOSSA PIU’ CHE ALTRO PROPAGANDISTICA? E, PER LEI, HA UNA REALE
COPERTURA ECONOMICA?
Non si è ancora ben capito da dove arriveranno i fondi. Pur ipotizzando che abbiano trovate le
risorse sufficienti, siamo a una “partita di giro” per i cittadini: si toglie da un lato per spostarlo
all’altro, si mette un’esigua cifra in tasca alla gente e si preleva altrove. L’operazione ha un
grande impatto mediatico, 10 miliardi per 10 milioni di persone è uno spot che rimane
impresso nelle menti. Ma siamo nel campo di interventi a pioggia a fronte di una recessione
gravissima nel Paese e in Europa. Quei fondi si sarebbero dovuti concentrare su qualche
singolo aspetto con effetti a breve e sicuri.
PER ESEMPIO?
Con 10 miliardi di euro si creano quasi un milione di posti di lavoro, a 1.200 euro netti al mese
più i benefici del caso. L’impatto sull’economia sarebbe stato più forte: questi 80 euro non
cambiano infatti le sorti delle persone, mentre concentrati su un tot di cittadini questa cifra
avrebbe inciso nelle loro vite. Renzi ha preferito lo spot ad effetto al reale cambiamento.
PASSIAMO AL “JOBS ACT”, QUAL E’ IL SUO GIUDIZIO?
Siamo di fronte ad un conducente che affronta una strada tortuosa di montagna guardando
soprattutto nello specchietto retrovisore. Una cosa pericolosa. Da non fare.
CI SPIEGHI MEGLIO...
Il progetto del “Jobs Act” nasce vecchio. Di vent’anni. Nel 1994 l’OCSE (uno dei tanti organismi
internazionali che entra negli affari dei singoli Stati raccomandando sempre flessibilità, taglio
dello stato sociale, concertazione ecc.) produsse uno studio sull’indice di LPL (Legislazione a
Protezione dei Lavoratori), un indicatore di rigidità del mercato: riteneva che tanto più alto
fosse l’indicatore quanto più alta era la disoccupazione. Da allora molti giuristi, economisti,
sociologi hanno dimostrato come lo studio fosse stato scritto scegliendo prima le conclusioni,
ovvero dall’idea che bisognava smantellare e ridurre la protezione giuridica del lavoro per
creare nuovi posti di lavoro, e solo successivamente analizzati i dati che, ovviamente,
suffragavano quest’impostazione. In realtà non c’è alcuna conferma che il taglio dell’indice LPL
possa portare ad aumento dell’occupazione. Nel 2006 la stessa OCSE, dopo una serie di
risultati, ha ammesso la contraddittorietà del fondamento. L’indice LPL per l’Italia nel 1994 era
superiore al 3,5, dopo 12 anni con le riforme delle leggi Treu 1997 e Maroni-Sacconi 2003 era
sceso ad 1,5. Più che dimezzato. I precari sono diventati 4 milioni. La riforma Fornero ha
seguito la stessa scia e ora il “Jobs Act” a favorire ancora la mobilità in uscita. Nel 2014 siamo
con progetti lanciati su scala nazionale nel 1994 e l’idea di continuare a perseverare con la
medesima tecnica, che ha prodotto l’attuale disastro sociale, è preoccupante.
QUINDI BOCCIA IL CONCETTO DI PRECARIZZAZIONE ESPANSIVA, OVVERO L’IDEA E’ CHE
ATTRAVERSO ULTERIORI DOSI DI PRECARIZZAZIONE DEL LAVORO SI DOVREBBE GENERARE
UNA CRESCITA DEI REDDITI E DELL’OCCUPAZIONE?
La precarietà mina la vita di milioni di persone, com’è evidente dagli ultimi 15-20 anni.
Distrugge professionalità, costringendo una persona nell’arco di 10 anni a passare da un
mestiere all’altro penalizzando esperienze magari indispensabili. E inoltre riduce la produttività
del lavoro come si palesa nelle statistiche. In Italia, culla della precarietà, le imprese ottengono
un minimo di profitto e fanno quadrare il bilancio tagliando sul costo del lavoro e puntando
sulla compressione salariale dei dipendenti o sulla loro estrema flessibilizzazione. Invece di
investire su tecnologia qualificata, innovazione, ricerca e nuovi settori produttivi. Così la
precarietà non rappresenta una pessima strada solo per le condizioni di vita dei lavoratori, ma
anche per l’economia perché incentiva una strada sbagliata.
L’ASSOCIAZIONE DI GIURISTI DEMOCRATICI RITIENE INCOMPATIBILE IL “JOBS ACT” CON IL
DIRITTO COMUNITARIO, PER QUESTO HA DENUNCIATO L’ITALIA E IL PRESIDENTE DEL
CONSIGLIO RENZI ALLA COMMISSIONE EUROPEA. CHE NE PENSA?
Azione meritoria che sottoscrivo, senz’altro.
DURANTE IL CONGRESSO DELLA FIOM. IL SEGRETARIO MAURIZIO LANDINI HA ATTACCATO
DURAMENTE LA CGIL DI SUSANNA CAMUSSO. SIAMO ALLE PORTE DI UN QUARTO SINDACATO
CONFEDERALE?
Mi dispiaccio del conflitto interno alla prima grande confederazione italiana che porta ancora la
bandiera di vero sindacato, ovvero quell’organizzazione capace di aprire discussioni, avanzare
vertenze e produrre conflitti a vantaggio del lavoratore. La Cgil è l’ultima a rappresentare
quest’idea di sindacato. Ultimamente, però, con Camusso questa bandiera si è appannata.
L’unico soggetto che riesce a tenerla alta è la Fiom.
14 aprile 2014
---------------------
From: MicroMega [email protected]
To:
Sent: Thursday, April 17, 2014 4:19 PM
Subject: TARANTO, DANNO COLLATERALE
di Antonia Battaglia
Ci sono due opere del filosofo Zygmunt Baumann, “Il mondo liquido” e “Danni Collaterali”, che
sono, a mio avviso, fondamentali per capire le sfide portentose che la politica italiana ed
europea sta affrontando in questo momento storico, che vede contrapporsi drammi sociali
molto ampi e risposte governative molto deboli.
Taranto, ancora una volta, ne è il banco di prova.
Quando si parla di società, se ne misura la qualità complessiva in base al livello medio delle
parti che la compongono: si studiano reddito, standard di vita, longevità, condizioni sociali. Ma
queste misurazioni prendono in considerazione molto difficilmente la differenza che intercorre
tra le sue parti opposte, tra le parti più distanti tra di loro: la diseguaglianza, infatti, viene
percepita in termini prettamente economici, senza considerare le conseguenze e i rischi che le
differenze sociali comportano su tutti gli aspetti della esistenza umana.
Il premio nobel per l’economia Amartya Sen scriveva, già nel 1998, che non è possibile basare
sulla felicità (intesa in senso utilitaristico) una teoria etica (pensiamo a Bentham) che consacri
come assoluta una visione ristretta del benessere umano, costruita su considerazioni e
valutazioni esclusivamente individuali. Perché le valutazioni in merito alla felicità sono soggette
a effetti di adattamento, aspettativa, a circostanze molto diverse che possono portare a trarre
conclusioni politico-economiche e sociali distanti dalla realtà alla quale tali conclusioni devono
applicarsi. Il tema che affronta Sen è noto come “la questione dello schiavo felice”: una
persona molto svantaggiata dal punto di vista sociale potrà dirsi ad un certo momento della
propria vita felice della propria sorte, meno drammatica di quella di altri, ma certamente non
tanto positiva da essere presa a modello politico.
Gli indicatori dello stato di una società non possono basarsi esclusivamente sulla metrica
utilitaristica, perché le grandi incertezze dei contesti sociali contemporanei rendono impossibile
il successo di un modello che ponga al centro della vita collettiva un’ idea di continuo
adeguamento per la sopravvivenza, attraverso il quale si possano giustificare distorsioni e
politiche di deprivazione, che sacrifichino l’individuo al benessere generale.
--------------------From: Valerio Gennaro [email protected]
To:
Sent: Friday, April 18, 2014 10:41 AM
Subject: IN ITALIA CONTINUANO A DIMINUIRE GLI ANNI DI VITA IN SALUTE
Valerio Gennaro, UO Epidemiologia Clinica, IRCCS - AOU San Martino, Istituto Nazionale per la
Ricerca sul Cancro (IST), Genova
Giovanni Ghirga, Pediatra, Ospedale San Paolo, Civitavecchia (RM)
Laura Corradi, Sociologa, Università della California - Professore in Sociologia della Salute e
dell'Ambiente, Università della Calabria
IN ITALIA CONTINUANO A DIMINUIRE GLI ANNI DI VITA IN SALUTE
La buona notizia è che in Italia la durata della vita media, dal 2004 al 2012, ha continuato a
crescere, come è accaduto costantemente nei decenni precedenti. Il nostro Paese rappresenta
così una delle nazioni in cui questo valore è molto alto: a fronte di una media europea che si
attesta intorno ai 76,3 e 82,0 anni, per uomini e donne, in Italia si raggiungono
rispettivamente 79,8 e 84,8 anni. Lo rivelano i dati Eurostat, l’ufficio statistico della
Commissione Europea, sulla base di dati relativi a cittadini europei forniti direttamente dai
singoli Stati membri:
http://ec.europa.eu/health/indicators/echi/list/index_en.htm.
Accanto a questo dato assolutamente confortante emergono contemporaneamente altre
evidenze tutt’altro che rassicuranti per il nostro Paese: dal 2004 al 2012 è calata fortemente
l’aspettativa di vita libera da malattia. Questo parametro proviene chiedendo, a un grosso
campione rappresentativo dell’intera popolazione, se negli ultimi 6 mesi, a causa di problemi di
salute, abbia subito limitazione alle attività quotidiane.
Dal 2004 il continuo peggioramento è stato evidente. Nel 2012 l’aspettativa di vita sana alla
nascita è scesa a 62,1 anni negli uomini (era 68,7) e 61,5 nelle donne (era 71,0). I valori si
collocano ora sul valore medio europeo (maschi) o addirittura al di sotto di oltre 1 anno
(femmine).
Questa tendenza è condivisa anche da altri Paesi europei, come la Danimarca (la durata della
vita sana nei maschi è scesa da 68,3 a 60,6 anni), l’Olanda (da 65,4 nel 2005 a 63,5) e la
Bulgaria (da 66,2 nel 2006 a 62,1). La maggior parte degli altri paesi mostra andamenti stabili
o in crescita; spiccano, in senso positivo, l’Irlanda (aspettativa di vita sana maschile
aumentata da 62,5 a 66,1), il Lussemburgo (da 59,5 a 65,8) e la Svezia (da 62,0 a 70,9).
Dopo i 65 anni in Italia l’aspettativa di vita sana è scesa a 7,8 anni (maschi) e 7,2 anni
(femmine), la metà rispetto ai massimi europei e ben al di sotto della media europea,
rispettivamente di 9,0 e 9,3 anni.
CONSEGUENZE ANCHE PER I MEDICI DI MEDICINA GENERALE
Oltre alle ovvie considerazioni sanitarie e di qualità di vita dei singoli individui, la situazione
italiana ha altre immediate implicazioni: una di queste è il fatto che i Medici di medicina
generale, a parità di assistiti rispetto a 10 anni fa, presentano un numero maggiore di soggetti
malati, con le naturali conseguenze in termini di quantità e qualità di lavoro e qualità di vita.
Un'altra conseguenza è l’aumento della spesa sanitaria, poiché, come visto, a fronte di un
aumento dell’aspettativa di vita si è riscontrata una riduzione dell’aspettativa di vita “sana”,
come dire che il numero degli anni con disabilità tende molto ad aumentare.
A questo si aggiunge il fatto che un maggior numero di anni vissuti con patologie invalidanti
significa maggior sofferenza sociale, maggiori costi e minore produttività, sia per i soggetti in
età lavorativa che per i familiari dedicati alla loro assistenza.
RICERCARE LE CAUSE
E’ quindi fondamentale ora ricercare le cause di questo fenomeno, per porvi prima possibile un
valido rimedio.
Vi sono probabilmente responsabilità di vario tipo, politiche, economiche, sociali, ambientali,
oltre al fatto che verosimilmente gli ultimi anni di recessione possono aver peggiorato
fortemente la situazione.
La relazione tra crisi economica e salute pubblica è stata già ben documentata negli anni ‘90 in
Russia (Stuckler e altri Lancet 2009 374; Stuckler e altri Lancet 2009 373).
Ma anche recentemente, sempre su Lancet, sono state documentate le conseguenze dei tagli
alla sanità e della politica di austerità instaurata da qualche anno in Grecia (Lancet 2014 383;
Lancet 2014 383).
--------------------From: Katia Lumachi [email protected]
To:
Sent: Saturday, April 19, 2014 1:07 AM
Subject: PETIZIONE SULLA STRAGE DEL DEPURATORE DI MINEO
Segnalo questa petizione.
Saluti
Katia
http://www.change.org/it/petizioni/strage-nel-depuratore-di-mineo-le-vittime-innocenti-sonovittime-dell-ecomafia?
recruiter=2346654&utm_campaign=signature_receipt&utm_medium=email&utm_source=shar
e_petition
STRAGE NEL DEPURATORE DI MINEO: LE VITTIME INNOCENTI SIANO RICONOSCIUTE COME
VITTIME DELL'ECOMAFIA
A Angelino Alfano, Ministro dell'Interno
Ai signori Giudici del processo d'appello per la strage del depuratore di Mineo Tribunale di
Catania
L'11 giugno del 2008, in una vasca del depuratore comunale di Mineo in provincia di Catania,
persero la vita sei padri di famiglia.
Uno di loro era mio figlio, si chiamava Salvatore Pulici, aveva 37 anni e ha lasciato due
bambini, di cui una bambina che all'epoca aveva appena 5 mesi e mezzo.
Sei onesti lavoratori, la cui unica colpa è stata quella di scendere ignari in un pozzetto di
collegamento fra due vasche di depurazione al fine di pulirle, vasche dove nottetempo una
ditta andava a sversare rifiuti tossici. Sono morti per l'inalazione di sostanze tossiche.
I rifiuti sversati dalla ditta in questione, mescolati a quella che doveva essere oramai acqua
depurata, si riversavano nel fiume sottostante, che veniva usata per irrigare campi e aranceti.
La ditta ha causato la morte di sei persone e indirettamente di chissà quante persone
ammalatesi di tumore a causa dell'inquinamento ambientale.
Queste vittime sono vittime di connivenze mafiose. Facciamo in modo che finalmente sia fatta
giustizia. Chiedo che sei morti vengano onorati della qualifica di vittime della mafia.
Provate ad immaginare solo per un attimo cosa significa salutare un marito, un padre, un
figlio, che si reca al suo lavoro e non vederlo ritornare mai più.
Grazie
Cordiali saluti.
Maria Agrippina Amantia Bagheria
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SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS