Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, NE/VR numero 47 | 28 novembre 2012 | € 2,00 settimanale diretto da luigi amicone EDITORIALI Transnazionale montiana “Tornare a casa”? Come si fa se Frau Merkel ci chiama a “finire il lavoro”? D ice il nostro presidente del Consiglio alla vigilia dell’annuncio da 2 miliardi di dollari puntati dal Qatar sul made in Italy: «L’Italia è sulla strada giusta ed è un’ottima opportunità per gli investitori stranieri». Se Monti si fosse fermato qui non ci sarebbe stato niente da dire. Ma è la precisazione seguente, quel «non posso garantire» cosa accadrà dopo il voto che ha fatto trasecolare. Tant’è, 24 ore dopo Monti si è corretto. Certo che non voleva dire “italiani, votate quello che volete, sappiate però che se non ci sarò ancora io a Palazzo Chigi, sarà il diluvio”. Certo che, come ben messo in evidenza dai grandi propugnatori del Monti bis, Monti voleva significare che «Chi verrà dopo di me farà meglio di me». Ma insomma, sicuro che il vero non stia nel detto e cucinato per 24 ore? Intanto notiamo che da un po’ di tempo in qua il Professore appare molto meno convincente nel suo famoso proposito di “finire il lavoro e tornare a casa” (espresso a questo giornale non più di tre mesi fa). In secondo luogo osserviamo che il suo understatement appare sempre più vincolato a due ordini di fattori. Uno esterno, tutto improntato a non scoraggiare l’attenzione sugli inviti “a proseguire il lavoro” ricevuti dall’estero (segnatamente da Merkel e Obama). L’altro interno, lo conosciamo tutti, è il “Listino Monti” approntato da Montezemolo&C. Naturalmente non c’è nulla di male nel partito “montiano” nazionale e transnazionale. Nulla di sbagliato nel sogno di un bis a Palazzo Chigi (o male che vada sul Non c’è nulla di sbagliato nel sogno Colle). Però stupisce, tra tanti indizi di sobriedi un “Monti bis”. Però stupisce che tà e sprezzatura delle umane ambizioni, scorgere nel retropensiero di un Professore, un’in- la sobrietà e sprezzatura del potere vestitura al sapore un po’ di grandi eventi, un si trasformi in sapiente indifferenza po’ di agenzia di rating, un po’ di Britannia. alle passioni e al voto degli italiani CATALOGNA AVVELENATA La prossima dissoluzione della Spagna è l’ultimo frutto della semina di Zapatero D Noi maggiordomi. Dal Medio Oriente alla Cina, il mondo che conta si riordina. Ma l’Italia non è pervenuta N aturalmente tanti fatti avvengono per caso ed è solo una certa paranoia razionalista che mi spinge a mettere in fila alcuni avvenimenti più o meno coincidenti nei tempi: così il licenziamento del ministro della Difesa russa, l’imboscata al direttore della Cia, la nomina di Xi Jinping a segretario del Partito comunista e contemporaneamente (cosa che non avveniva più dalla morte di Mao) a presidente della commissione militare del Comitato centrale. Ed è certamente un caso che subito dopo questi fatti Hamas provochi Israele e arrivi poi a tirare razzi iraniani sulla stessa Gerusalemme. Se mi lasciassi andare alla mia ben predisposta paranoia, direi che il mondo ha almeno due nodi di cui non ha trovato una soluzione: l’assetto dell’Afghanistan con la tentazione cinese di divenirne il protettore consolidando un asse con gli amichetti pakistani e terrorizzando così gli indiani, e la bomba atomica iraniana che scuote tutta l’area dallo Stato ebraico a Riyadh. Secondo i miei schemi paranoici questi scenari accelererebbero i riordini delle cose militari nei posti del pianeta che contano. Cioè dappertutto fuori che da un’Italia che, per esempio, con i tanto deprecati Silvio Berlusconi e Massimo D’Alema ha avuto un Xi Jin qualche ruolo nelle vicende post pin ’92. E che ora invece è consultata solo come quando si può contare sulla complicità di un maggiordomo per sapere come vanno le cose dei padroni di casa. Con telefonate del tipo: “Caro Mario Jeeves, che cosa stanno pensando lady Angela e sir Barack?”. Lodovico Festa g omenica 25 novembre le elezioni anticipate della Catalogna si terranno in un clima avvelenato. Alla crisi che investe anche la regione più industrializzata della Spagna, alla quasi bancarotta che l’ha costretta a chiedere 5 miliardi di euro di aiuti a Madrid e alle tensioni causate dal progetto del governatore uscente Artur Màs di indire un referendum per l’indipendenza, si è aggiunta una violenta polemica sui fondi detenuti in Svizzera dallo stesso Màs e dalla famiglia Pujol (quella dell’ex governatore Jordi, per 23 anni a capo della regione e del partito CiU) che per il quotidiano madrileno El Mundo sarebbero il risultato di tangenti pagate da imprese catalane. Oltre alle immaginabili querele, l’inchiesta ha spinto i catalanisti ad accusare il governo di «gioco sporco» attraverso «le cloache dello Stato», e il primo ministro Rajoy a rispondere che «se qualcuno ha un problema, non deve cercare di scaricarlo su altri». In mezzo, il Partito socialista che per otto anni ha governato la Spagna si presenta nelle vesti di paciere, proponendo la soluzione del federalismo. Ma il Psoe è l’apprendista stregone che ha portato la Spagna sull’orlo della dissoluzione: sono stati i socialisti catalani a creare a suo tempo una maggioranza di governo con la sinistra indipendentista, a votare uno statuto che definiva la Catalogna “nazione”, a provocare la radicalizzazione indipendentista di CiU. Zapatero ha lasciato fare: a denunciare lo statuto alla Corte costituzionale, che poi lo bocciò, fu il Partito popolare. Oggi i soSono stati i socialisti catalani a votare con gli indipendentisti cialisti raccolgono quello che hanno seminato: mentre quelli di Madrid invocano il federauno statuto che definiva la lismo, quelli di Barcellona si dichiarano regione “nazione” e a spingere favorevoli al referendum di autodeCiU verso posizioni estreme terminazione. E la Spagna scricchiola. FOGLIETTO | | 28 novembre 2012 | 3 SOMMARIO LA SETTIMANA NOVITÀ IN CAMPO Foglietto Lodovico Festa...................................3 16 Non sono d’accordo Oscar Giannino.............................. 15 Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr numero 47 | 28 noVembre 2012 | € 2,00 settimanale diretto da luigi amicone Boris Godunov Renato Farina................................. 25 Foto: Infophoto Cerco un centro Le nuove lettere di Berlicche...................................................... 31 Mamma Oca Annalena Valenti..................... 55 Il terzismo di Montezemolo tenta di prendere corpo e si prepara a fare politica. Calamitando, annunciano i giornali, l’interesse dei cattolici. Già, ma quali cattolici? E se (quasi) tutti sono d’accordo sull’obiettivo del Monti bis, chi lo porta Monti? E soprattutto chi li porta i voti? | Trova l’intruso e dagliele. Le regole delle primarie Pd sembrano studiate per fare fuori il “corpo estraneo” | 28 novembre 2012 | teo Renzi. Una gara dove il secondo, ai blocchi di partenza, si è ritrovato di fronte una pista più lunga e una manciata di asticelle da saltare. Certo, il segretario democratico ha avuto un grande merito, quello di concedere la celebrazione delle primarie di coalizione nonostante lo statuto le prevedesse, a livello nazionale, solamente per la guida del partito, per di più indicando automaticamente nel segretario generale il candidato per la premiership. La deroga alle norme interne chiesta da Bersani ha permesso ai democratici di avviare un vivace dibattito interno che, al netto delle asperità, è il collante che sta consentendo al partito di resistere meglio degli altri alla violenta ondata antipolitica che attraversa il paese. Un confronto aperto, fresco, innovativo per i (poco) sacri palazzi, che verrà sicuramente stemperato dalle alchimie delle alleanze in vista delle elezioni politiche che partiranno a gazebo chiusi. Ma se non verrà dispersa, sarà un’ottima rendita da capitalizzare nei prossimi mesi. Al netto di tutto questo, rimane il fatto che ai due principali candidati non è stata data la possibilità di concorrere ad armi pari. Bersani fa parte di un gruppo dirigente coeso, rappresenta la temporanea testa dell’ariete composta da quel- lo che su queste pagine Antonio Funiciello definisce come un vero e proprio “patto di sindacato”. Un gruppo d’interesse che negli anni si è reso protagonista di accese diatribe interne e scontri al vertice. Ma che si è mosso compatto allorché la contendibilità della leadership è stata messa in gioco da un attore esterno. Per quanto si voglia scavare nel passato del sindaco di Firenze, portandone alla luce gli anni di militanza nei movimenti giovanili cattolici prima, e nella dirigenza locale della Margherita poi, Renzi non ha mai condiviso la responsabilità di scegliere le linee guida del Partito democratico. La sua è dunque una candidatura aliena ai delicati equilibri della squadra che lo governa da sempre. La quale ha reagito d’istinto, cercando di complicare la faccenda per un competitor attualmente sprovvisto delle chiavi del partito. Da qui la decisione di rendere l’adesione al manifesto d’intenti del centrosinistra pregressa e non concomitante con le operazioni di voto. Solo dopo le proteste sollevate dai simpatizzanti renziani e da parte della stampa, il comitato dei garanti ha stabilito che ci si possa registrare anche al momento del voto. Ma le file (e in alcuni casi pure la sede di registrazione e quella di voto) rimarranno diversificate. Un modo per favorire il voto struttu- ARRIVANO STRANI SMS Tutti quei contatti misteriosamente a disposizione di “BERSANI 2013” Foto: AP/LaPresse di essere alle Olimpiadi. Due atleti, solo loro due, si sono classificati per la finale dei cento metri. Sono ai blocchi di partenza. L’atleta nella prima corsia gioca in casa, ha tutto lo stadio dalla sua. L’atleta nella seconda corsia è straniero, con sé solo uno spicchio della tifoseria, quello abbarbicato in alto, vicino alla curva. Gaie e battagliere, le loro voci soffocate dalle migliaia che tifano per l’avversario. Davanti al primo atleta una corsia sgombra, il traguardo cento metri più in là. Di fronte al secondo una serie di ostacoli da saltare uno dopo l’altro, con l’arrivo spostato una decina di metri dopo quello dell’avversario. Se siete riusciti a figurarvi la scena surreale, vi basterà traslarla alle primarie del centrosinistra che si terranno domenica 25 novembre, e avrete un quadro abbastanza realistico della situazione. Edulcorato quel tanto che basta a una metafora per descrivere efficacemente la realtà. Tolti Bruno Tabacci e Laura Puppato – due candidature destinate a rimanere ben al di sotto della doppia cifra percentuale – e tolto anche Nichi Vendola, la cui presenza ai gazebo è frutto della partita che il segretario di Sel sta giocando in vista delle future alleanze, la corsa per la vittoria è tra Pier Luigi Bersani e Matmmaginate per un istante INTERNI Lostessoballottaggio serviràaBersanisiaperfar pesareilvotodeimilitanti, siapercontaresuivoti deiprobabiliesclusi: difficilecheivendoliani preferiscanoRenzi Con le primarie del 25 novembre l’eterna leadership del Pd accetta la sfida rottamatrice di Matteo Renzi. Ma solo a metà. Le regole delle primarie infatti paiono studiate apposta per far trionfare l’apparato sul “corpo estraneo” 16 La denuncia è partita da Riccardo Puglisi. Ricercatore di Economia politica all’università di Pavia, il blogger de Linkiesta racconta di uno strano messaggio ricevuto sul suo smartphone dopo essersi registrato online alle primarie del Pd. «Partecipa alle primarie del centrosinistra e scegli il candidato premier. Ti puoi registrare al sito www.primarieitaliabenecomune.it». Fin qui nulla di strano. Se non fosse appunto che Puglisi quella registrazione l’aveva già effettuata. Ma a insospettire il blogger è stato soprattutto il mittente: non il Partito democratico, come sarebbe stato ovvio attendersi, ma “BERSANI 2013”. «Ho subito escluso che il messaggio fosse da collegarsi direttamente alla mia iscrizione, perché non ho fornito nessun numero telefonico», spiega Puglisi. Che però non capisce come lo staff di Bersani sia in possesso del suo recapito. Già, perché come spiega un indispettito Stefano Di Traglia, responsabile della comunicazione dei democratici, «quella dei messaggi sul cellulare è un’iniziativa autonoma del comitato per Bersani. Non saprei darle maggiori informazioni, se non che non un euro dei soldi del partito è stato speso per quegli sms». Ma anche Alessandra Moretti, portavoce del segretario nella sua corsa alle primarie, fa il pesce in barile: «Non saprei proprio, bisognerebbe chiedere a chi cura i dettagli organizzativi», replica alla domanda circa l’origine degli indirizzari telefonici utilizzati per gli invii. Per i quali i bersaniani affermano di aver speso di tasca propria solo 300 euro. Puglisi prova a fare mente locale: «L’unica volta che potrei aver dato il mio numero è quando votai alle primarie dell’Unione nel 2005». Una circostanza che troverebbe riscontro in un’e-mail arrivata a Claudio Cerasa del Foglio: «L’unica volta che ho lasciato i miei dati con e-mail e numero di telefono a un comitato del centrosinistra è stato nel 2005 ai tempi delle primarie di Romano Prodi», scrive al cronista il consigliere comunale di Vicenza Luca Balzi. Mistero svelato? Forse. Rimane da capire come e perché quell’indirizzario sia oggi nella disponibilità di Bersani e non in quella degli altri candidati. [ps] rato degli iscritti, penalizzando gli “elettori occasionali” tra i quali Renzi sperava e spera ancora di attingere a piene mani. E solo all’ultimo si è scongiurato un ballottaggio chiuso, riservato esclusivamente a chi si fosse iscritto entro il 25 novembre, un meccanismo escogitato sempre per limitare il voto dei non iscritti. Ma la logica stessa del secondo turno in assenza di un vincitore al primo è un unicum in tutta la storia delle primarie piddine. Servirà al segretario sia, ancora una volta, per rendere preponderante il voto dei militanti, sia per contare sui voti di chi dal ballottaggio sarà escluso. È assai difficile infatti che all’eventuale ballottaggio i voti dei fan del terzo incomodo Vendola si orientino sulle posizioni troppo liberal di Renzi, con ogni probabilità finiranno per favorire Bersani. Senza contare che il prevedibile calo di votanti al secondo turno dovrebbe già di per sé favorire il leader. Per arrivare davanti al primo turno, secondo gli esperti, il sindaco di Firenze avrebbe bisogno che alle urne si recassero circa 4 milioni di votanti. Per vincere al ballottaggio, poco più di due milioni e mezzo. Cifre che appaiono molto lontane dai pronostici attuali, che parlano rispettivamente di 3 e 2 milioni di elettori. Anche per questo il 19 novembre, ospite a Otto e mezzo di La7, lo sfidante svantaggiato di Bersani si è obbligato a moderare le rimostranze: «Ho fatto passare il messaggio che votare è complicato. E allora lancio l’appello ad andare ai gazebo». Che a conti fatti la chiamata al voto dei “non organici” sia decisiva o meno, non è detto che Renzi non riesca comunque a capitalizzare a proprio favore il percorso a ostacoli. Nell’eventualità di un testa a testa finale, infatti, anche in caso di sconfitta del rottamatore gli equilibri interni al Pd potrebbero mutare. E non di poco. PietroSalvatori Segui “Le belle statuine”, il blog di Pietro Salvatori su tempi.it | | | 28 novembre 2012 | 17 Copertina. La sinistra al dunque L’eterna leadership del Partito democratico accetta la sfida rottamatrice di Matteo Renzi. Ma solo a metà Pietro Salvatori......................................................................................................................................................................................................16 Paola Bonzi. Trent’anni a difendere la vita Chiara Sirianni......................................................................................................................................................................................................... 20 26 ESTERI ESTERI Qui accanto, la relazione su “Religione, Pluralità e Bene comune” tenuta dal cardinale Angelo Scola il 15 novembre alla House of Lords, Londra (qui sopra, Westminster). Invitato in qualità di presidente della Fondazione Oasis, Scola è intervenuto anche a una conferenza pubblica all’Heytrop College di Kensington n cardinale della chiesa cattolica romana, italiano per di più, invitato a tenere una lezione e una discussione pubblica presso la Camera dei Lord a Londra: come può succedere una cosa del genere? Le principali esportazioni italiane in Inghilterra sono cibo, moda, studenti. Ma c’è chi si è accorto che dall’Italia è possibile importare anche un sapere specializzato nel far incontrare i diversi, un’esperienza di valorizzazione delle differenze, una capacità relazionale che non fa a meno di un alto profilo scientifico e accademico. È così che a parlare di “Religione, Pluralità e Bene comune” sotto le solenni volte del parlamento di Westminster è stato chiamato l’arcivescovo di Milano monsignor Angelo Scola, nel suo ruolo di presidente della Fondazione internazionale Oasis. Anche dopo avere ricevuto l’onorevole e oneroso incarico di guidare l’arcidiocesi di Milano il cardinale non ha abbandonato la sua creatura, fondata nel 2004 quando era patriarca di Venezia per incoraggiare la comprensione e l’incontro fra cristiani e musulmani, a partire dalle comunità cristiane presenti in Medio Oriente e Nordafrica. I riconosci- menti al suo lavoro, come si vede, confermano il valore dell’esperienza, che lui non perde occasione di promuovere con convinzione. Dopo essere stata presentata già all’Unesco (Parigi, 2005) e all’Onu (New York, 2007), per la prima volta Oasis ha fatto il suo ingresso in un parlamento nazionale. E non certo uno qualunque. Del resto il Regno Unito ospita una numerosa comunità musulmana (si parla di 1,8 milioni di residenti, in grande maggioranza provenienti dal subcontinente indiano) e il tema del loro rapporto con le leggi, le istituzioni e l’identità del paese di cui sono cittadini è sempre caldo, per non dire scottante e foriero di opposte polemiche quando il discorso cade sulla presenza militare britannica in Afghanistan o sulla condizione delle donne di famiglia islamica nel paese dove regna Elisabetta II. Gli inglesi di antica ascendenza hanno molte critiche da fare ai loro concittadini musulmani, i musulmani affer- Foto: Diocesi di Milano, AP/LaPresse La straordinaria rilevanza civile dell’incontro tra un arcivescovo italiano e un coraggioso Lord inglese nel cuore dell’Occidente politicamente corretto e umanamente esausto. Un giorno con il cardinal Scola a Westminster da Londra Rodolfo Casadei U | 28 novembre 2012 | mano di essere discriminati e sottoposti ad attacchi. L’ultimo caso che ha agitato le acque è stato quello di Malala Yousafzai, la 15enne studentessa e attivista pakistana ferita a colpi di arma da fuoco dai talebani mentre tornava da scuola. Dopo che è stata trasportata in Europa e ricoverata a Birmingham per cure specialistiche (è stata ferita alla testa e al collo), l’Mcb, l’associazione dei musulmani britannici, ha condannato l’attentato. Molti commentatori hanno osservato che la condanna era tardiva e le parole della dichiarazione poco incisive, e che questo si spiega col trattamento patito da molte ragazze pakistane immigrate nel Regno Unito: vengono ritirate da scuola e fatte sposare non appena possibile. Alcune organizzazioni femminili di donne musulmane si sono associate alle critiche, confermando che una mentalità arretrata di tipo talebano è presente in molte famiglie delle loro comunità. In giro per Londra si vedono passare i tipi- ci autobus rossi a due piani con un grande pannello laterale dove si legge: “Musulmani per la lealtà, la libertà e la pace – Amore per tutti, odio per nessuno”. Responsabili di questa pubblicità sono però i musulmani Ahmadiyya, diffusi in Pakistan e India, considerati eretici dagli altri islamici perché a Maometto affiancano un altro profeta, di nome Mirza Ghulam Ahmad. La convivenza degli inconciliabili Anche i cristiani, tuttavia, non se la passano benissimo. Teoricamente rappresentano la maggioranza della popolazione (71 per cento) e gli anglicani poi addirittura sono Chiesa di Stato, ma le leggi li costringono ogni giorno di più a scegliere fra la fedeltà alla propria coscienza e la sottomissione a Cesare. Due settimane fa è stato bocciato per la quarta e probabilmente ultima volta il ricorso presentato da Catholic Care, un’agenzia per adozioni di Leeds, contro il paragrafo dell’Equality Act che la costringerebbe a fornire i suoi servizi anche a coppie di persone dello stesso sesso. L’agenzia sarà costretta a chiudere i battenti, come è successo fra il 2007 e oggi a tutte le agenzie cattoliche che si occupavano di adozioni. Lo stesso Lord Alton di Liverpool, il pari del Regno che ha invitato il cardinal Scola a parlare presso la Camera dei Lord nella quale siede, è politicamente parlando un prodotto dell’emarginazione delle posizioni riconducibili all’etica naturale riconosciuta dalla Chiesa. Deputato liberale dal 1979, il più giovane membro della Camera dei Comuni, dopo la fusione che diede vita al partito Liberaldemocratico ha dovuto andarsene dalla formazione politica, perché poco tempo dopo l’aborto legale in qualunque fase della gestazione è diventato la linea politica ufficiale del partito. Che fare davanti alla scoperta che nella società sussistono punti di vista inconciliabili? Scola ha proposto il primato del | | | 28 novembre 2012 | 27 Londra. Il cardinale Angelo Scola a Westminster La straordinaria rilevanza civile dell’incontro tra un arcivescovo italiano e un coraggioso Lord inglese nel cuore dell’Occidente politicamente corretto e umanamente esausto Rodolfo Casadei.................................................................................................................................................................................................... 26 32 cultura costruire il mondo CULTURA alcune immagini diventate triste icona del terremoto in Emilia, come il Duomo di Mirandola (qui sopra) e la torre del campanile di Finale Emilia (sopra, a destra) Il raCConto Giobbe in Emilia se anche la terra trema Autore m. Ferraresi editore Itaca Pagine 144 Prezzo 15 euro Anticipiamo un brano del libro Se anche la terra trema di Mattia Ferraresi con un racconto fotografico di Alice Caputo. Il libro è acquistabile dal 23 novembre su Itacalibri.it. di Mattia Ferraresi i saranno pietre da raccogliere dopo un terremoto? Loro alla fine ci faranno cattedrali», così si chiudeva la lettera del Resto del Carlino. Emiliani incrollabili, emiliani 32 | 28 novembre 2012 | che non tremano nonostante tutto, emiliani che vogliono rifiutare gli aiuti per rialzarsi da soli. L’orgoglio campanilistico è stata una delle più facili scorciatoie per non ammettere la totale impotenza di quell’eroe invincibile che è l’uomo davanti alle forze della natura. Sembra quasi che ci sia un sottile filo di vergogna nel mostrarsi così vulnerabili davanti all’Italia. Un giovane agricoltore intervistato dalla Gazzetta di Modena ha osservato: «Ci siamo trovati spiazzati perché siamo sempre stati noi quelli che anda- vano ad aiutare gli altri e adesso ci troviamo ad avere bisogno noi degli altri e questo ci lascia disarmati». Gli emiliani si sono forse sentiti come un Golia imbarazzato per aver perso contro il piccolo Davide. Lo slancio volontaristico è l’ultima arma che si può scagliare invano contro un evento naturale indomabile, e il simbolo di questo orgoglio è diventata la foto di una vetreria quasi interamente crollata con un cartello che si erge tra le rovine: «Ci siamo», e a seguire il numero di telefono per chiedere un preventivo, scalpo del- Foto: AP/laPresse la terra non è fatta per tremare, eppure trema. Viaggio di un modenese nella sua regione squassata dal terremoto e interrogata da una contraddizione insanabile. il sentiero tortuoso della speranza tra le macerie «C la vittoria contro la calamità. La cartellonistica post-terremoto è infinita e, a parte i commoventi ringraziamenti ai Vigili del Fuoco, evocano la medesima volontà di sconfiggere il terremoto: «Ci hai fatto tremare ma non ci hai spaventato», «Barcolliamo ma non molliamo », «Il terremoto chiama, noi rispondiamo… teniamo botta!», «Mirandola non s’inchina, risaliamo a bordo!», «Come può uno scoglio arginare il mare…». Eppure non tutti hanno reagito con questo comprensibile slancio. C’è anche chi in quelle macerie non vede affatto la miracolosa rinascita delle cattedrali emiliane, ma un segno più drammatico che costringe a interrogarsi sul senso di quello che è successo: «Trent’anni per costruire, trenta secondi per vedere tutto distrutto», è il ritornello che risuona dai giorni delle scosse nella mente di don Franco Tonini, parroco di Concordia sulla Secchia. Concordia è il secondo paese più colpito dal sisma secondo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Il centro storico è stato interamente evacuato e due persone sono rimaste sotto il mortifero abbraccio dei calcinacci. Don Franco vive in una casetta di legno più simile a un ripostiglio per gli attrezzi che a una casa. È lì che abita da quando il terremoto ha spazzato via in pochi secondi la canonica e la chiesa. Ha dedicato gli ultimi trent’anni all’edificazione della chiesa di Cristo, in tutti i sensi: ha raccolto offerte per ridare vita ai dipinti di quel tempio, per curarne le rifiniture, per rendere bella la casa del Signore. Insomma, la sua piccola cattedrale l’aveva già costrui- | ta prima del terremoto. «Per me si trattava di rendere gloria a Dio – spiega sventolando il ventaglio – lo facevo come un atto di culto, ma forse il Signore non ha gradito e ha voluto farmi capire che la Chiesa è fatta di persone e non di mattoni. Forse mi mancava quel passo di povertà e santità». A don Franco non è stata risparmiata la sofferenza e il Papa ha ricordato che nemmeno Gesù si è sottratto ai patimenti. Il tendone del Pd per la Messa Molti parrocchiani ricordano la sua omelia dopo la scossa del 29 maggio, all’ombra di un grande tendone: «Sapete di chi è questo tendone? È del Pd e lo usano per la Festa dell’Unità. E sapete chi l’ha montato? Un gruppo di musulmani. È proprio il caso di lasciar perdere tutti i pregiudizi che abbiamo». Secondo don Franco, una volta caduta la casa, la chiesa e i pregiudizi resta una sola cosa ancora in gioco: la fede. Davanti ai suoi parrocchiani, sotto quel tendone, il paragone con il Libro di Giobbe è perfettamente calzante. Dio, per mettere alla prova la fedeltà di Giobbe, gli sottrae i buoi, i cammelli e i servi (le cose), colpisce la sua abitazione con un colpo di vento (la casa) uccidendo così i suoi figli (le persone). La vicenda di Giobbe è drammaticamente attuale per tutti gli emiliani che hanno perduto la casa, le cose e a volte anche le persone care. La disperazione di chi ha perduto tutto in pochi secondi si trasforma, in questo passo della Bibbia, in una prova di fede: Giobbe si prostra a terra e dice: «Nudo sono uscito dal grembo di mia madre, e nudo tor| | 28 novembre 2012 | 33 Letture. Tre libri da non perdere Viaggio di un modenese nella sua regione squassata dal terremoto. Alla scoperta del convento di Valserena, luogo che collabora instancabilmente alla rinascita. Le ultime novità Lindau che sfidano grandi e bambini Mattia Ferraresi, Laura Borselli................................................................................................................................... 32 44 SPORT FACCE DA LEGGENDA SPORT Non sparatele troppo grosse Paragoni. Il calcio non esiste senza eroi Negli accostamenti pallonari c’è sempre un punto (di ironia) e mes (di serietà). Ed è facile fare cilecca A Osvaldo basta una mitragliata per diventare “il nuovo Batistuta”. Livaja fa due gol ed è già “il nuovo Rooney”. Il calcio non esiste senza eroi. Ma nei paragoni c’è sempre un punto (di ironia) e mes (di serietà). Ed è facile fare cilecca 44 l calcio ha bisogno da sempre | 28 novembre 2012 | | A sinistra, Daniel Pablo Osvaldo, italo-argentino, attaccante della Roma. Secondo i tifosi è “il nuovo Batistuta” (sopra): stesso ruolo, capigliatura e stesso modo di esultare. Ma deve ancora dimostrare tutto per diventare come il Re Leone che alla Roma, nel 2001, vinse lo Scudetto (Napoli) a Gunnar Nordahl. In quei tempi qualcuno affibbiò a Giuseppe Galluzzo di Siderno, attaccante di scorta del Milan degli anni bui (quelli delle retrocessioni in B) il titolo di “nuovo Garrincha”. Foto: AP/LaPresse miglia a chi? A volte è anche un modo di ironizzare (o auto-ironizzare) su noi di nuovi stessi e il nostro modo di vivere il palloeroi, di facce da leggenda, di miti for- ne così sopra le righe. Forse i più giovamato esportazione. In generale, di ni non ricordano Ugo Tosetto da Cittaun popolo, si dice “beato quello che non della che Nils Liedholm definì “il Keegan ha bisogno di eroi”, ma il calcio è un cul- della Brianza” perché, anche se era veneto particolare, senza eroi non va avanti. to, il Milan lo prese dal Monza. La faccenSenza paragoni si intristisce. Perfino io, da gli costò la carriera, anche perché Keequando calcavo i campetti spelacchiati gan era un’ala mentre il povero Tosetto di periferia nei turbolenti Seventies, ave- una seconda punta, così si vide la strada vo un soprannome: Josè. Perché gioca- sbarrata da Buriani e non venne mai utivo con la sua intelligenza di fine carrie- lizzato nel suo ruolo. Il vecchio inimitabira. Un attaccante che bivaccava ai mar- le Barone svedese era una specie di Avvocagini del gioco per poi, improvvisamen- to Agnelli, gli piaceva la prima freddura, il te, come Altafini nei suoi ultimi anni di primo accostamento, la prima boutade, il carriera alla Juventus, emergere dal nul- primo nome che gli veniva in mente. Cerla per segnare gol importanti e decisivi. to, l’Avvocato stupiva di più con quei paraE dopo questa citazione autoreferenziale goni trasversali, calcio-storia dell’arte: Bagda vecchio trombone ma anche per farvi gio-Raffaello, Del Piero-Pinturicchio, ma capire l’andazzo, ecco un fior da fiore di siamo su quella linea lì. Liedholm, su cui quello che negli ultimi trenta-quarant’an- un giorno dovremo tornare per raccontarni, è diventato classico nel modo di fare ne le gesta, era un mito in fatto di ipergiornalismo, ma che ai tifosi di calcio pia- boli: dopo Tosetto si esibì con Mandressi, ce tanto: l’arte del paragone. Non che pri- “il nuovo Rensenbrink”, e riuscì ad accoma non esistesse naturalmente, il calcio è stare Luciano Gaudino da Poggiomarino bello perché non s’inventa niente, tutto è già stato fatChi si ricorda Ugo Tosetto da Cittadella? Nils to anche se con altri nomi Liedholm lo definì “il Keegan della Brianza”. e con altre forme. La faccenda gli costò cara perché Keegan Poi, a noi italiani, questo gioco piace. Chi assoera un’ala, Tosetto una seconda punta di Fred Perri I Sport über alles Fred Perri................................................. 62 Cartolina dal Paradiso Pippo Corigliano........................ 63 Diario Marina Corradi............................66 RUBRICHE L’Italia che lavora..................... 52 Per piacere............................................... 57 Mobilità 2000.................................. 59 Lettere al direttore................. 62 Taz&Bao..................................................... 64 L’EVENTO Esportare il bene comune 26 Post Apocalypto Aldo Trento........................................ 60 LA SINISTRA AL DUNQUE/1 Trova l’intruso e dagliele I 7 In vista delle elezioni. Novità in campo Mentre il terzismo di Montezemolo tenta di prendere corpo calamitando l’interesse dei cattolici, Albertini ribadisce il no alla Lega e agli oltranzisti antiformigoniani Ubaldo Casotto, Emanuele Boffi.....................................................................................................................................................6 16 INTERNI | 28 novembre 2012 | I Maradona locali e nazionali Per cui, tutto quello che sentite oggi, c’è sempre stato. Ovviamente non tutti i paragoni sono uguali, ce ne sono alcuni più uguali degli altri. Diego Armando Maradona, il Pibe, il più grande di tutti, ad esempio, vanta innumerevoli tentativi di imitazione. Il primo è stato suo fratello Hugo, ma non per colpa sua. Anzi Hughetto forse voleva fare la sua vita, percorrere la sua strada, ma quando hai il sangue del più grande calciatore di tutti i tempi, l’unico capace di vincere un Mondiale da solo, tutti si aspettano che diventi come lui o per lo meno che ti avvicini al Mito. Non è andata così. Poi ci sono diversi Maradona nazionali o locali. Gheorghe Hagi, romeno, numero 10 estroso e latino, è diventato “il Maradona dei Carpazi”. Nel Mondiale del 1994, negli Stati Uniti, i due si sarebbero dovuti incrociare negli ottavi di fina| | 28 novembre 2012 | Fred Perri.............................................................................................................................................................................................................................44 45 Minimoto. Un pilotino nella scia dei grandi...............................48 Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994 settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee Anno 18 – N. 47 dal 22 al 28 novembre 2012 IN COPERTINA Foto: Ap/LaPresse, fotomontaggio Tempi DIRETTORE RESPONSABILE: LUIGI AMICONE REDAZIONE: Emanuele Boffi, Laura Borselli, Mariapia Bruno, Rodolfo Casadei (inviato speciale), Benedetta Frigerio, Massimo Giardina, Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Elisabetta Longo, Pietro Piccinini, Chiara Rizzo, Chiara Sirianni SEGRETERIA DI REDAZIONE: Elisabetta Iuliano DIRETTORE EDITORIALE: Samuele Sanvito PROGETTO GRAFICO: Enrico Bagnoli, Francesco Camagna UFFICIO GRAFICO: Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò FOTOLITO E STAMPA: Roto2000 S.p.A., Via L. da Vinci, 18/20, Casarile (MI) DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl GESTIONE ABBONAMENTI: Tempi, Corso Sempione 4 • 20154 Milano, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 tel. 02/31923730, fax 02/34538074 [email protected] EDITORE: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione 4, Milano La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 SEDE REDAZIONE: Corso Sempione 4, Milano, tel. 02/31923727, fax 02/34538074, [email protected], www.tempi.it CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà: Editoriale Tempi Duri Srl tel. 02/3192371, fax 02/31923799 GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI: L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione, 4 20154 Milano. 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Il primo è il problema di sempre: io porto l’immagine, tu porti i candidati, lui porta gli imprenditori, un altro l’appoggio ufficioso della Chiesa… chi porta i voti? Il secondo problema è: ci mettiamo insieme (ma non fondiamo un partito, il promotore anzi assicura che scende in 8 opo la manifestazione di sabato | 28 novembre 2012 | | campo ma non ha nessuna intenzione di candidarsi) per prolungare l’esperienza del governo di Mario Monti, chi porta Monti? Il terzo problema ha a che fare, come il primo, con i numeri: al netto della legge elettorale (senza cambiamento del Porcellum il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non sembra orientato a concedere scioglimenti anticipati del Parlamento) nessuno sembra in grado di vincere da solo, le levatrici della Terza Repub- blica verso chi orienteranno i voti conquistati per un Monti bis? A destra o a sinistra? E lo diranno prima o dopo la campagna elettorale? Il quarto problema non è una caratteristica peculiare della nuova aggregazione, che anzi lo condivide con quasi tutte le altre attive nel panorama politico italiano che si presentano (lo ha fatto il Pd, lo ha fatto il Pdl) come incontro fra cattolici e laici. E il problema è questo: i cattolici anche autorevoli che siedono sul palco del nuovo movimento hanno, più o meno espliciC’è un problema che la nuova aggregazione to, il mandato della Chiecondivide con quasi tutte le altre: i cattolici sa? La risposta a quest’ultianche autorevoli che siedono sul palco hanno, ma domanda ha a che fare più o meno esplicito, il mandato della Chiesa? anche (pur se con percen- NOVITÀ IN CAMPO PRIMALINEA Foto: AP/LaPresse Sabato 17 novembre si è svolta a Roma l’assemblea nazionale dei promotori del manifesto “Verso la Terza Repubblica”. Presenti, oltre al presidente di Italia Futura Luca Cordero di Montezemolo, il ministro per la Cooperazione Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, il presidente delle Acli Andrea Olivero e il segretario della Cisl Raffaele Bonanni tuali elettorali non eclatanti) con la risposta alla prima. E in questo senso l’assenza dei rappresentanti della Coldiretti all’incontro di Todi 2 (dove mancava anche il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, presente invece nel 2011) ha preoccupato i promotori degli appuntamenti todini. L’organizzazione degli agricoltori ha “ricucito” il presunto strappo, ma non si può non notare come non fosse presente, insieme alla maggioranza delle associazioni e dei movimenti del Forum di Todi, all’evento montezemolian-riccardiano di sabato scorso. C’era invece, anche se seduto in prima fila e non come oratore sul palco come si era in un primo tempo prospettato, il segretario della Cisl Raffaele Bonan- ni. Il quale un po’ ha dato il suo endorsement al nuovo rassemblement e un po’ l’ha minimizzato. «Ho ascoltato cose buone che possono stare insieme, un popolarismo e una posizione liberale non ottusa ma aperta al sociale», ha detto alla Stampa, aggiungendo, a fronte del ventilato pericolo del disinteresse dei laici di Italia Futura per i “valori non negoziabili”: «Non vedo contenitori politici che sappiano custodirli al punto da preoccuparsi che altri nuovi possano non farlo». Fra- se che si può leggere in due modi: noi cristiani in politica siamo senza patria; oppure: dei valori non negoziabili frega niente a nessuno, tanto vale non insistere. Sempre meglio dei ciarlatani Al fogliante Paolo Rodari il segretario della Cisl ha invece detto: «Non darei troppa enfasi alla presenza cattolica alla convention di Montezemolo. Io, almeno, ci vado principalmente perché sono interessato a tutte quelle nuove offerte politiche che, contro l’astensioniBonanni un po’ ha dato il suo endorsement, un smo, mirano a riannodare il rapporto coi cittadini. Il po’ l’ha minimizzato. «Ho ascoltato cose buone resto viene in secondo piache possono stare insieme, un popolarismo no». Bonanni intende cane una posizione liberale aperta al sociale» didarsi per convincere i | | 28 novembre 2012 | 9 NOVITÀ IN CAMPO PRIMALINEA IL PRESIDENTE DI MCL E COORDINATORE DI TODI Costalli congela la sua firma ma tiene aperto il dialogo Carlo Costalli è il presidente del Movimento cristiano lavoratori (Mcl) e coordinatore degli incontri di Todi. Sabato scorso non era presente alla convention romana “Verso la Terza Repubblica”, ma è persona abituata a unire più che a escludere e dividere e, pur sottolineando ciò che non lo convince sino in fondo, tiene aperta una linea di credito verso il tentativo di Montezemolo, Riccardi e Olivero, nonostante qualche cruccio per quella firma apposta «un po’ in fretta» al loro manifesto, «che peraltro diceva cose condivisibili, forse solo un po’ generiche, parlava solo di problemi economici e non ho sottoscritto certo un programma ultraliberista. Solo in un secondo tempo mi sono accorto che più di metà dei partecipanti a Todi non aveva firmato e che il manifesto era propedeutico alla convention». Nonostante questo, dopo un chiarimento con Andrea Romano, il direttore di Italia Futura, Costalli ha mandato una delegazione di Mcl alla convention romana «perché è sempre più costruttivo tenere aperto il dialogo. Ma il mio obiettivo – cittadini a non astenersi? No, neanche lui. «Non intendo candidarmi», ha spiegato a Canale 5, «intendo restare nel sindacato. Ho un compito molto pesante e lo voglio reggere, come ho promesso ai miei iscritti». Aggiornando il suo slogan lanciato a Todi, «vino nuovo in otri nuovi», con l’attuale «Meglio tenersi Monti che tanti ciarlatani, meglio un medico rigoroso che ciarlatani che raccontano una storia che non corrisponde alla realtà». Il vino è un Novello dell’anno scorso, con l’etichetta Monti, l’otre non sembra quello costruito con la legna di tutti i partecipanti di Todi, dove l’assise dei cattolici impegnati nel sociale si era conclusa con un documento unitario con punti programmatici per il rinnovamento della politica, unità che prima il manifesto e poi la convention di Montezemolo hanno incrinato. Attenzione agli sbandamenti Il manifesto Verso la Terza Repubblica, sottoscritto da Riccardi e dal coordinatore del Forum, Carlo Costalli del Movimento cristiano lavoratori («Un’adesione richiesta con urgenza al telefono sulla quale ho avuto dei ripensamenti», come spiega nell’intervista qui sopra), è uscito quattro giorni dopo Todi, segno che bolliva in pentola da giorni e che accordi pregressi erano stati presi da Sant’Egidio e Acli all’insaputa degli altri todini (che infatti non hanno firmato), i quali avevano previsto di rivedersi i primi di dicembre per dare un’applicazione unitaria del documento. Tra le due date c’è stata la fuga in avanti di Montezemolo con l’adesione di un precisa – è l’unità del gruppo di Todi». Costalli non ha obiezioni sull’utilità di proseguire l’esperienza del governo Monti («Non vedo in giro altri leader con la stessa credibilità internazionale in questo momento»), ma nello stesso tempo non è pronto a sposare acriticamente la filosofia del nuovismo: «Bisogna rispettare i tentativi di rinnovamento che sono in atto nei partiti ed evitare nuove ghettizzazioni, nuove esclusioni “dall’arco democratico” come ai tempi del Msi». Ricreare un punto di coagulo dei moderati sfiduciati è l’altra preoccupazione di Costalli: «In ogni mia dichiarazione faccio costante riferimento al popolarismo europeo e all’economia sociale di mercato, non sono un conservatore assistenzialista, ma nemmeno un iperliberista». Secondo Costalli è urgente creare un’area, un polo che funga da trait d’union tra le diverse anime del moderatismo italiano, «Todi si concepisce come un collante, non come un partito. Per questo, pur con le riserve che ho manifestato, dico che bisogna guardare con attenzione al tentativo di Montezemolo, magari lui dovrebbe prestare più attenzione alle problematiche valoriali che per noi sono imprescindibili nell’impegno politico. Pregiudizi e schemi in questo momento sono cattivi consiglieri». [uc] po’ di cattolici benedetta anche da alcuni ambienti ecclesiastici. Quella di Riccardi è stata ben preparata dal successo mediatico della visita del Papa alle case per anziani della Comunità di Sant’Egidio: la foto di Benedetto XVI a tavola con il ministro per la Cooperazione e una coppia di anziani dice (e lascia intendere o immaginare) più di qualunque dichiarazione in difesa dei famosi valori non negoziabili. Le coperture vaticane dell’operazione, presunte o reali che siano, hanno nella risaputa benevolenza dei sacri palazzi per il governo Monti il loro presupposto. Anche la Conferenza episcopale italiana non disdegna l’operato dell’esecutivo del professore bocconiano e non vedrebbe male una sua prosecuzione, ma non sembra convinta che la strada per raggiungere questo obiettivo passi per l’incrocio Montezemolo-Riccardi. Non che manchino tra i presuli italiani i sostenitori di questo tentativo, ma sembra che la vera differenza tra i convincimenti dei vertici della Cei e quella della maggior parte dei todini sia sulla modalità per evitare di consegnare il governo del paese alla sinistra con le conseguenze di una deriva zapateriana di cui le prime iniziative dell’arancione Pisapia a Milano hanno dato un assaggio. Il solo sospetto di una possibile confluenza dei terzorepubblicani con il Pd tiene i vescovi italiani in stand by. Molti di loro guardano con interesse al tentativo di rinnovamento in atto nel Pdl, ma non capiscono, ribattono da Todi, che non si può sperare solo in un Pdl deberlusconizzato, bisogna convincere i moderati che hanno disertato le urne a tornare a votare, e il Popolo della libertà non sembra l’argomento più convincente. Il silenzio di Lorenzo Ornaghi Che la situazione nel mondo cattolico e nei vertici ecclesiali rispetto alla politica sia delicatissima lo si può dedurre anche dal silenzio del ministro per i Beni culturali Lorenzo Ornaghi. L’ex rettore dell’Università Cattolica è persona notoriamente riservata, ma a Todi 1 si era speso in modo eloquente per evitare improprie derive partitiche al Forum. Oggi, pur avendo la statura accademica di studioso della scienza politica, il curriculum professionale e personale che l’ha portato a rapporti stretti con tutti i vertici ecclesiali romani e vaticani, l’autorevolezza che gli deriva dalla positiva esperienza nella guida dell’ateneo di Largo Gemelli, pur avendo argomenti che sicuramente peserebbero, tace. Il sospetto di alcuni è che non voglia creare dualismi con il più spigliato collega di governo Riccardi, quello di altri che la situazione è talmente intricata che il tentatiLe coperture vaticane all’operazione preparata vo di tenere unito il cattolicesimo italiano che già da Andrea Riccardi, presunte o reali che siano, non si sia schierato a sinihanno nella risaputa benevolenza dei sacri stra val la pena del sacrifipalazzi per il governo Monti il loro presupposto cio della parola. n | | 28 novembre 2012 | 11 PRIMALINEA NOVITÀ IN CAMPO LOMBARDIA, PDL IN CERCA DI CANDIDATO Offro un progetto i numeri seguiranno Albertini ribadisce il no all’alleanza con la Lega e agli oltranzisti antiformigoniani. «Non sarò io a demolire tre lustri di buona amministrazione» non la cornice». Gabriele Albertini cita la frase di un editoriale di Mario Sechi sul Tempo per spiegare la sua attuale posizione che ha riflessi non solo sul futuro della Regione Lombardia, ma anche su quello dell’Italia. «Sechi – dice Albertini a Tempi – mi ha letto nel pensiero. Voglio o, per lo meno, cerco di costruire un rassemblement moderato alternativo alla sinistra». Sul quotidiano che dirige, Sechi ha scritto dell’esistenza oggi di tre aree politiche: la sinistra-sinistra di Bersani e Vendola; il grillismo anti-tutto e, appunto, un raggruppamento dalle posizioni moderate che si «ispiri a Monti». Ma perché tale agglomerato trovi la sua sintesi, scrive Sechi e sottoscrive Albertini, è necessario che, uno, «Berlusconi lasci che il Pdl si “alfanizzi” e non si allei con la Lega in Lombardia» e, due, «che Casini e Montezemolo viaggino divisi ma con un’unica meta (Monti a Palazzo Chigi)». Scusi Albertini, Sechi scrive anche che «allearsi con la Lega vuol dire tenere la Lombardia, ma anche chiudere la porta a una riunione dei partiti moderati e consegnare l’Italia alla sinistra». Il passaggio, per lei che vuole correre per la Regione governata finora da Roberto Formigoni, non è insignificante. Non allearsi con la Lega significa perdere? L’aritmetica è una cosa, la politica un’altra. Dipende se vogliamo fare i calcoli o se vogliamo proporre un progetto. Se calcoliamo in base ai voti ottenuti dai partiti tradizionali, con una divisione dei consensi tra Pdl e Lega, c’è il rischio di perdere e potrebbe crearsi una situazione di vantaggio per la sinistra. Ma io non credo che i numeri siano così ostili. Cito un recentissimo sondaggio commissionato da Berlusconi secondo cui c’è una possibilità concreta di una vittoria in Lombardia di un fronte moderato che faccia 12 | 28 novembre 2012 | | ancora giunti a una decisione definitiva, anche se si va verso l’idea di coinvolgerla in primarie di coalizione che la contrappongano a Maroni. Si è deciso di rinviare. Ci si indirizza verso primarie di coalizione, ma io non sono disponibile a questa ipotesi. Rimango coerente con la posizione che ho sempre espresso: sono aperto al sostegno di tutti coloro che condividono il mio programma. Anche a Oscar Giannino? Anche con il leader di Fermare il declino si è consumata una rottura. Ho molta stima di Giannino, ma penso sia sbagliato rinnegare la mia esperienza, e con me quella di molti altri amministratori (sono ormai più di duecento quelli che appoggiano la nostra lista), che si sono impegnati sul territorio per cercare di fare della “buona politica”. Se non avere tessere in tasca o non avere avuto responsabilità istituzionali è la condizione per “fermare il declino”, sono – non da «Senza l’accordo con il Carroccio la partita è – la persona sbagliadifficile, ma non impossibile. La mia lista civica oggi ta. Ma oggi una posiziorecupererebbe i consensi che il Pdl ha perso a ne oltranzista è sbagliata. favore dell’astensione e del voto di protesta» Non inseguiamo il mito della purezza grillino, è il a meno di un’alleanza con il partito di momento della coscienziosa maturità dei Maroni (un partito, me lo lasci dire, che padri di famiglia. fatico a inserire in un contesto moderato, Oltre che sul Pdl, Giannino ha posto anviste le sue note posizioni anti-europee e che un problema su Formigoni. anti-Euro). Penso che senza l’accordo con Ho sempre detto e ribadisco che bisola Lega la partita sia difficile, ma non gna distinguere il bambino dall’acqua impossibile per una lista come quella che sporca. Tre lustri di buona amministraabbiamo messo in campo. Una lista civica zione non si cancellano in base agli ultiche sarebbe anche in grado di recuperare mi scandali. Cambiato ciò che va cambiaquei consensi che, ad oggi, il Pdl ha per- to e curati i tumori, non possiamo fingere so a vantaggio dell’astensione – la mag- di non essere di fronte a un corpo sano. Si gioranza – e del voto di protesta, incana- tratta semplicemente di non essere prevelato verso il M5S. nuti. Di certo, non sarò io a buttare via il miglior esempio amministrativo d’Italia. Ieri (lunedì 19 novembre) si è tenuto un incontro tra i responsabili politici del Emanuele Boffi Pdl in Lombardia. Ma per ora non si è (tratto da tempi.it) Foto: AP/LaPresse «B erlusconi guardi il quadro, L’OBIETTORE I DUE POLI, LA SOCIETÀ CIVILE E NOI Sarà dura fermare il declino armati solo di vecchie e nuove primedonne di Oscar Giannino È fantastico come i media siano convinti che il più delle prossime evoluzioni della politica NON SONO italiana sia segnato. Io ho le idee anD’ACCORDO cora molto confuse. O meglio, le mie idee sono chiare ma le incertezze fattuali sono ancora numerosissime. Primo, abbiamo capito che i partiti vogliono e otterranno con ogni probabilità l’election day. Così la sinistra allinea in tutte le regionali le sue alleanze a quella nazionale, mentre ciò che resta dello scombiccherato Pdl evita di andare alle politiche in ulteriore depressione, effetto della vigorosa mazzata che incasserebbe alle regionali. Ok, ma come si vota? Non si sa, ed è fondamentale. Perché è la legge elettorale a stabilire la convenienza di alleanze e apparentamenti. I soloni del parlamento raccontano a voce bassa che il Pd può scordarsi il Porcellum che renderebbe vieppiù improbabile il Monti bis, visto che il sovrappremio di maggioranza renderebbe poi pressoché impossibile a Bersani (nel caso in cui vinca le sue primarie, ovviamente) la rinuncia a guidare il governo. Ma per quanto paradossale, è del tutto possibile che la disperazione berlusconiana induca il Pdl a preferire comunque il Porcellum: i bastoni tra le ruote ai vecchi e nuovi centristi servirebbero a trattenere qualche voterello moderato sulla lista Berlusconi, a costo di accrescere enormemente il vantaggio democratico. Secondo. Che fa Monti? Non siamo più all’atarassia verso l’ipotesi di succedere a se stesso. Ormai si sprecano gli ammiccamenti alla prosecuzione del mandato, se le circostanze dovessero consentirlo. Il premier si è lasciato sfuggire la disponibilità a una patrimoniale aggiuntiva al fisco da rapina attuale, tanto per non complicarsi la vita domani, con un Pd che giunga sino a Vendola e diventi perno di maggioranza politica. In un viaggio estero è arrivato a dire che tanto vale comprare asset italiani finché al governo c’è lui, perché un domani chissà. Dichiarazione sgradevole, “non” da Monti. O meglio, di un Monti che prova a cimentarsi col teatrino della politica, incespicando. Ha dovuto correggersi, ovviamente, come sulla patrimoniale. Ma il segnale di disponibilità a restare c’è eccome. Obama e Merkel già gliel’han detto, che deve restare. Il problema è spiegarlo agli italiani. Lo scoglio del Monti bis è un falso problema: se si facessero le cose di cui ha parlato Montezemolo e di cui parliamo noi, è ovvio che l’agenda del Monti bis sarebbe ben diversa da quella del Monti attuale Terzo. Cosa farà il Pd ormai è chiaro. Con le primarie catalizza l’attenzione, con Renzi sul versante più moderato rispetto al ceppo storico, che resta tutelato appieno dal segretario (è lui ad aver stretto l’alleanza con Vendola e Sel). In Lombardia con Ambrosoli si aggiunge un bell’innesto di società civile, più l’alleanza con l’Udc modello Crocetta, in via di replica a livello nazionale. Ma cosa avviene a destra, a un anno di distanza dalla caduta di Berlusconi, è un’incognita. Non c’è un gruppo dirigente che sia stato capace di atti di autonomia credibili, rivolti verso il futuro e dunque basati su una sana autocritica e discontinuità. Berlusconi continua a picconare un giorno Monti e l’altro Alfano, per smentire l’indomani lasciando a tutti l’impressione che gli serva solo per tirar fuori all’ultimo secondo una sua nuova lista di guerrieri fidelizzati personalmente e votati alla difesa di una periclitante azienda, i paladini della parabola rotonda. Vedremo quanto pesante sarà il bastone degli elettori. Quarto: e la società civile? Montezemolo, Cisl, Acli e Sant’Egidio hanno tenuto la loro convention. Montezemolo nei contenuti ha fatto un buon discorso: dismissioni pubbliche, la patrimoniale la paghi lo Stato come da anni ripeto anch’io, concorrenza, merito. Ora si tratta di capire tre cose: se crederanno di essere autosufficienti; se si estenderanno con una logica “proprietaria” (e in entrambi i casi non è un match che possa agevolmente riaprirsi per Fermareildeclino di cui sono fondatore); oppure se si riapre un processo di confronto, basato su alcuni punti chiari di programma. Lo scoglio del Monti bis, da loro indicato come pregiudiziale, semplicemente non esiste: se si facessero le cose di cui ha parlato Montezemolo e di cui parliamo noi, è ovvio che l’agenda del Monti bis sarebbe ben diversa da quella del Monti attuale. Non siamo nati per fare un micropartito Considerazione amara e finale. La società civile vede oggi crescere due tentazioni. Innanzitutto la giusta invocazione del tutti a casa, con sempre più evidenti toni settari e da mozzorecchi. La politica se l’è voluta. Secondo, anche nella società civile abbondano i primadonnismi, al cui confronto i politici appaiono consumati miscelatori di composizione psicologica (nel Pd sono riusciti a correre alle primarie contenendosi fin troppo per non compromettere il risultato congiunto). Anche in Fermareildeclino c’è chi chiede il micropartitino come vera urgenza, e se sono contrario è perché non siamo nati per creare una microformazione identitaria ma per contaminare idee. I due rischi non mi piacciono. Se constatassi che per le mie idee non c’è declinazione diversa dal mozzorecchismo, in quello eccelle Grillo. E se poi si viene considerati anche dai grandi registi della società civile come incontrollabili perché senza padrone, allora per me è identica la conclusione. Io resto a casa, e non muore nessuno perché nessuno è indispensabile, figuriamoci poi chi qui scrive. | | 28 novembre 2012 | 15 INTERNI LA SINISTRA AL DUNQUE/1 Trova l’intruso e dagliele Con le primarie del 25 novembre l’eterna leadership del Pd accetta la sfida rottamatrice di Matteo Renzi. Ma solo a metà. Le regole delle primarie infatti paiono studiate apposta per far trionfare l’apparato sul “corpo estraneo” I mmaginate per un istante di essere alle Olimpiadi. Due atleti, solo loro due, si sono classificati per la finale dei cento metri. Sono ai blocchi di partenza. L’atleta nella prima corsia gioca in casa, ha tutto lo stadio dalla sua. L’atleta nella seconda corsia è straniero, con sé solo uno spicchio della tifoseria, quello abbarbicato in alto, vicino alla curva. Gaie e battagliere, le loro voci soffocate dalle migliaia che tifano per l’avversario. Davanti al primo atleta una corsia sgombra, il traguardo cento metri più in là. Di fronte al secondo una serie di ostacoli da saltare uno dopo l’altro, con l’arrivo spostato una decina di metri dopo quello dell’avversario. Se siete riusciti a figurarvi la scena surreale, vi basterà traslarla alle primarie del centrosinistra che si terranno domenica 25 novembre, e avrete un quadro abbastanza realistico della situazione. Edulcorato quel tanto che basta a una metafora per descrivere efficacemente la realtà. Tolti Bruno Tabacci e Laura Puppato – due candidature destinate a rimanere ben al di sotto della doppia cifra percentuale – e tolto anche Nichi Vendola, la cui presenza ai gazebo è frutto della partita che il segretario di Sel sta giocando in vista delle future alleanze, la corsa per la vittoria è tra Pier Luigi Bersani e Mat- 16 | 28 novembre 2012 | | teo Renzi. Una gara dove il secondo, ai blocchi di partenza, si è ritrovato di fronte una pista più lunga e una manciata di asticelle da saltare. Certo, il segretario democratico ha avuto un grande merito, quello di concedere la celebrazione delle primarie di coalizione nonostante lo statuto le prevedesse, a livello nazionale, solamente per la guida del partito, per di più indicando automaticamente nel segretario generale il candidato per la premiership. La deroga alle norme interne chiesta da Bersani ha permesso ai democratici di avviare un vivace dibattito interno che, al netto delle asperità, è il collante che sta consentendo al partito di resistere meglio degli altri alla violenta ondata antipolitica che attraversa il paese. Un confronto aperto, fresco, innovativo per i (poco) sacri palazzi, che verrà sicuramente stemperato dalle alchimie delle alleanze in vista delle elezioni politiche che partiranno a gazebo chiusi. Ma se non verrà dispersa, sarà un’ottima rendita da capitalizzare nei prossimi mesi. Al netto di tutto questo, rimane il fatto che ai due principali candidati non è stata data la possibilità di concorrere ad armi pari. Bersani fa parte di un gruppo dirigente coeso, rappresenta la temporanea testa dell’ariete composta da quel- lo che su queste pagine Antonio Funiciello definisce come un vero e proprio “patto di sindacato”. Un gruppo d’interesse che negli anni si è reso protagonista di accese diatribe interne e scontri al vertice. Ma che si è mosso compatto allorché la contendibilità della leadership è stata messa in gioco da un attore esterno. Per quanto si voglia scavare nel passato del sindaco di Firenze, portandone alla luce gli anni di militanza nei movimenti giovanili cattolici prima, e nella dirigenza locale della Margherita poi, Renzi non ha mai condiviso la responsabilità di scegliere le linee guida del Partito democratico. La sua è dunque una candidatura aliena ai delicati equilibri della squadra che lo governa da sempre. La quale ha reagito d’istinto, cercando di complicare la faccenda per un competitor attualmente sprovvisto delle chiavi del partito. Da qui la decisione di rendere l’adesione al manifesto d’intenti del centrosinistra pregressa e non concomitante con le operazioni di voto. Solo dopo le proteste sollevate dai simpatizzanti renziani e da parte della stampa, il comitato dei garanti ha stabilito che ci si possa registrare anche al momento del voto. Ma le file (e in alcuni casi pure la sede di registrazione e quella di voto) rimarranno diversificate. Un modo per favorire il voto struttu- Lo stesso ballottaggio servirà a Bersani sia per far pesare il voto dei militanti, sia per contare sui voti dei probabili esclusi: difficile che i vendoliani preferiscano Renzi ARRIVANO STRANI SMS Foto: AP/LaPresse Tutti quei contatti misteriosamente a disposizione di “BERSANI 2013” La denuncia è partita da Riccardo Puglisi. Ricercatore di Economia politica all’università di Pavia, il blogger de Linkiesta racconta di uno strano messaggio ricevuto sul suo smartphone dopo essersi registrato online alle primarie del Pd. «Partecipa alle primarie del centrosinistra e scegli il candidato premier. Ti puoi registrare al sito www.primarieitaliabenecomune.it». Fin qui nulla di strano. Se non fosse appunto che Puglisi quella registrazione l’aveva già effettuata. Ma a insospettire il blogger è stato soprattutto il mittente: non il Partito democratico, come sarebbe stato ovvio attendersi, ma “BERSANI 2013”. «Ho subito escluso che il messaggio fosse da collegarsi direttamente alla mia iscrizione, perché non ho fornito nessun numero telefonico», spiega Puglisi. Che però non capisce come lo staff di Bersani sia in possesso del suo recapito. Già, perché come spiega un indispettito Stefano Di Traglia, responsabile della comunicazione dei democratici, «quella dei messaggi sul cellulare è un’iniziativa autonoma del comitato per Bersani. Non saprei darle maggiori informazioni, se non che non un euro dei soldi del partito è stato speso per quegli sms». Ma anche Alessandra Moretti, portavoce del segretario nella sua corsa alle primarie, fa il pesce in barile: «Non saprei proprio, bisognerebbe chiedere a chi cura i dettagli organizzativi», replica alla domanda circa l’origine degli indirizzari telefonici utilizzati per gli invii. Per i quali i bersaniani affermano di aver speso di tasca propria solo 300 euro. Puglisi prova a fare mente locale: «L’unica volta che potrei aver dato il mio numero è quando votai alle primarie dell’Unione nel 2005». Una circostanza che troverebbe riscontro in un’e-mail arrivata a Claudio Cerasa del Foglio: «L’unica volta che ho lasciato i miei dati con e-mail e numero di telefono a un comitato del centrosinistra è stato nel 2005 ai tempi delle primarie di Romano Prodi», scrive al cronista il consigliere comunale di Vicenza Luca Balzi. Mistero svelato? Forse. Rimane da capire come e perché quell’indirizzario sia oggi nella disponibilità di Bersani e non in quella degli altri candidati. [ps] rato degli iscritti, penalizzando gli “elettori occasionali” tra i quali Renzi sperava e spera ancora di attingere a piene mani. E solo all’ultimo si è scongiurato un ballottaggio chiuso, riservato esclusivamente a chi si fosse iscritto entro il 25 novembre, un meccanismo escogitato sempre per limitare il voto dei non iscritti. Ma la logica stessa del secondo turno in assenza di un vincitore al primo è un unicum in tutta la storia delle primarie piddine. Servirà al segretario sia, ancora una volta, per rendere preponderante il voto dei militanti, sia per contare sui voti di chi dal ballottaggio sarà escluso. È assai difficile infatti che all’eventuale ballottaggio i voti dei fan del terzo incomodo Vendola si orientino sulle posizioni troppo liberal di Renzi, con ogni probabilità finiranno per favorire Bersani. Senza contare che il prevedibile calo di votanti al secondo turno dovrebbe già di per sé favorire il leader. Per arrivare davanti al primo turno, secondo gli esperti, il sindaco di Firenze avrebbe bisogno che alle urne si recassero circa 4 milioni di votanti. Per vincere al ballottaggio, poco più di due milioni e mezzo. Cifre che appaiono molto lontane dai pronostici attuali, che parlano rispettivamente di 3 e 2 milioni di elettori. Anche per questo il 19 novembre, ospite a Otto e mezzo di La7, lo sfidante svantaggiato di Bersani si è obbligato a moderare le rimostranze: «Ho fatto passare il messaggio che votare è complicato. E allora lancio l’appello ad andare ai gazebo». Che a conti fatti la chiamata al voto dei “non organici” sia decisiva o meno, non è detto che Renzi non riesca comunque a capitalizzare a proprio favore il percorso a ostacoli. Nell’eventualità di un testa a testa finale, infatti, anche in caso di sconfitta del rottamatore gli equilibri interni al Pd potrebbero mutare. E non di poco. Pietro Salvatori Segui “Le belle statuine”, il blog di Pietro Salvatori su tempi.it | | 28 novembre 2012 | 17 INTERNI LA SINISTRA AL DUNQUE/2 Chi tira la solita carretta L’azienda democratica non è contendibile. «Il patto di sindacato è tutto berlingueriano e il compromesso è sempre quello: un capo ex Ds, un vice ex Dc». Riuscirà il bischero di Firenze a rompere gli schemi? Almeno un dirigente ci spera «C 18 | 28 novembre 2012 | | A VITA A. Funiciello Donzelli 18,00 euro C’è chi la accusa di utilizzare il vecchio ritornello: tutta colpa dei comunisti. ome ogni patto di sindacato che si rispetti, il Pd risulta così al suo interno non scalabile: la sua leadership e la sua linea politica non sono effettivamente contendibili». L’esergo non è di un osservatore esterno alle vicende democratiche, ma di chi per il partito di largo del Nazareno ha speso anni di lavoro e passione politica. Al punto da dedicargli lo sforzo di un’opera letteraria. A vita. Come e perché nel Partito democratico i figli non riescono a uccidere i padri (Donzelli) è l’ultima fatica di Antonio Funiciello, scrittore, giornalista, ma soprattutto dirigente del partito di Bersani presso il gruppo del Senato. Nel volume Funiciello tenta di spiegare perché storicamente l’arrivo di uno come Matteo Renzi provochi tali e tanti mal di pancia nell’establishment democratico. «Il libro affronta il problema della stagnazione dell’élite politica del centrosinistra», spiega a Tempi nel suo ufficio di Palazzo Madama, sulle pareti del quale campeggiano i giganti della sinistra mondiale, da Bill Clinton a Tony Blair. Proprio il Labour Party britannico costituisce un termine di paragone imprescindibile per il Pd, secondo Funiciello: «Negli ultimi vent’anni, a ogni sconfitta, i laburisti hanno cambiato i propri leader. Anche quelli rivoluzionari come Blair. In Italia invece i postcomunisti si sono limitati a cambiare il nome». A vita è anche un libro empirico: «Parte da alcune comparazioni. Il caso italiano è un unicum. Io ho provato a comprenderne le cause storicopolitiche. Per suggerire, a partire da queste, come riorganizzare il partito». SENZA RIVALI Non si tratta di colpe, ma di dati di fatto. La generazione di D’Alema, Veltroni, Fassino e Bersani fu selezionata interamente dall’allora segretario Enrico Berlinguer su basi assolutamente meritocratiche. Eravamo negli anni del compromesso storico, una linea sulla quale Berlinguer faticava a trovare il consenso dei dirigenti. Si trovò così di fronte alla necessità di far crescere una serie di consiglieri politici giovani e ambiziosi, che potessero incarnare le nuove esigenze che si ponevano davanti al partito. Non a caso, guardando all’Udc come possibile interlocutore, quella generazione di politici tende a replicare lo schema berlingueriano. Come si spiega il fatto che in tanti anni non siano emerse possibili alternative? Pier Luigi Bersani, spiega Antonio Funiciello, fa parte della generazione dei capi scelti da Berlinguer per sostenere la linea del compromesso storico con la Dc. «E guardando all’Udc come possibile interlocutore, quella generazione di politici tende a replicare lo schema berlingueriano» Lei parla di ragioni storiche della stagnazione della classe dirigente del Pd. Quali sono? Bisogna ricondurle ai motivi che generarono il reclutamento politico dell’attuale vertice del partito. Un vertice che è composto per la sua maggioranza da esponenti che furono del Pci. La loro persistenza al comando è un carattere dominante del centrosinistra italiano. La generazione della quale faccio parte, quella dei quarantenni, ha un evidente problema di timidezza e sovente scarsa intraprendenza. Ma detto questo, il nostro partito non favorisce il ricambio. Citavo i laburisti. Ecco, quel modello funziona esattamente al contrario: a seguito di una dura sconfitta alle elezioni, due anni fa si è tenuto un Congresso che ha di fatto decapitato una delle migliori classi politiche europee, portando alla ribalta un manipolo di giovani. Perché il Pd non riesce ad adottare tali meccanismi virtuosi? Perché è gestito alla stregua di una grande azienda familiare italiana, governata da un patto di sindacato che ha come obiettivo principale il mantenimento del potere conquistato. E, al pari di A lato, il segretario del Pd Bersani durante un incontro con i “giovani democratici” non sono sufficienti per far emergere una nuova classe dirigente. Cos’altro occorre? Bisognerebbe partire dalle scelte di linea politica. Anche in questo il Pd è un unicum nel panorama europeo. Ovunque nel Vecchio Continente i grandi partiti della sinistra guardano agli elettori incerti o ai delusi dal centrodestra per allargare il proprio mercato elettorale. L’unico che oggi si rivolge alla propria sinistra è largo del Nazareno. Ma così il partito si rintana in una ridotta nella quale si riconosce solo un terzo degli italiani, precludendosi possibilità di allargare il proprio bacino elettorale. È giunto il momento di rottamare i grandi vecchi, come ha chiesto il sindaco di Firenze? Nel libro la parola “rottamazione” non compare mai. Non può costituire da sola il cambio di passo reale che serve al partito. Occorre portare il termine nella società, applicarlo a tutte le incrostazioni che rendono il paese poco competitivo. Penso agli eccessi di burocrazia, o al capitalismo relazionale all’italiana. Bisogna prendere un termine che fino a oggi è stato applicato solo ai partiti e renderlo un paradigma anche per quello che succede al di fuori del Palazzo. Solo così si può intercettare la fortissima domanda di politica che circola tra la gente. Renzi ha reali possibilità di vittoria? un’azienda di quel tipo, il Pd preferisce rimanere un piccolo leader di settore, chiudendo a possibili quotazioni borsistiche che lo renderebbero un gigante, ma con il rischio di poter essere scalato dall’esterno. Foto: AP/LaPresse Eppure tra i democratici si è sempre mossa una battagliera minoranza composta dagli ex Margherita. Il problema è da individuarsi proprio nell’utilizzo del termine “minoranza”. Gli ex Dc sono entrati nel Partito democratico senza mai cercare di contenderne la leadership sul piano delle idee, accontentandosi invece di svolgere la funzione di minoranza interna nel patto di sindacato che lo governa. È la sindrome del vicesindaco. Una citazione di Amici miei? Magari. In realtà è molto peggio. Prenda in esame le grandi città metropolitane, si accorgerà che il Pd ha sempre adottato lo schema secondo il quale il sindaco era appannaggio di un ex Ds e il suo vice, o il presidente della Provincia, un ex Margherita. Quando decise di candidarsi al Comune nel 2009, Renzi ruppe questo schema e mise il primo mattoncino per innovare la dialettica interna del partito. La sua candidatura alle primarie può veramente interrompere quella stagnazione di cui lei parla nel volume? La sola presenza di Renzi scardina alcuni meccanismi consolidati. Una sua vittoria aprirebbe senz’altro al cambiamento del partito, ma le primarie da sole Il potenziale è altissimo. Ma a una grande domanda di partecipazione bisogna dare una risposta altrettanto valida; con le regole che sono state scritte, al contrario, è matematico che si recheranno ai gazebo meno persone. Ed è evidente che in questo modo la possibilità che Renzi vinca è più esigua. In caso di sconfitta dovremo aspettarci una “lista Renzi”? Quando si costruisce un percorso comune si deve essere della partita fino in fondo. Certo è che la sfida delle primarie sarà durissima. Bersani incarna la massima espressione di un gruppo dirigente assai compatto. Che succede in caso di sconfitta? Se l’istanza riformatrice di cui si fa portatore il sindaco di Firenze si afferma anche con una buona sconfitta, le posizioni di Matteo Renzi possono diventare il futuro della sinistra italiana. Si può perdere una battaglia, ma alla lunga la guerra la vincerà lui. [ps] | | 28 novembre 2012 | 19 L’INTERVISTA VOGLIAMO ESSERCI Paola Bonzi Trent’anni spesi a convincere le donne a non abortire. La fondatrice del primo Cav italiano racconta la sua epopea. Dalle prime battaglie per il diritto di aiutare le madri in crisi a quella, attuale, contro la riduzione dei fondi P Bonzi è fondatrice e direttrice del Centro di aiuto alla vita (Cav) della clinica Mangiagalli di Milano, che dal 1984 opera all’interno della struttura. Da allora sono decine di migliaia le donne – tutte in quel limbo drammatico che va dal momento in cui si ha in mano un test di gravidanza positivo all’appuntamento in ospedale per interromperla – che indirizzate dai consultori si sono sedute davanti a lei, e sono state ascoltate. I nuclei familiari ospitati e accompagnati fino all’autonomia abitativa sono centinaia, ed è stato costante il sostegno psicologico fornito dal centro per prendere in considerazione un’alternativa. È il famoso (ma spesso ignorato) colloquio di riflessione, previsto dalla legge 194/78. L’istituto ostetrico ginecologico in via della Commenda è un luogo emblematico per quello che riguarda la maternità in Italia, vissuta o negata che sia. Nata nel 1906 per offrire un parto sereno e sicuro alle donne meno abbienti, la Mangiagalli nel Dopoguerra diventa la clinica della Milano borghese. È qui, nel 1969, che partono le occupazioni sindacali degli infermieri. E dopo l’esplosione del reattore che nel 20 aola | 28 novembre 2012 | | 1976 provocò la fuoriuscita di una nube di diossina a Seveso, nella bassa Brianza, quando il presidente del Consiglio autorizzò gli aborti terapeutici alle donne della zona, a causa del rischio di malformazione, le operazioni vennero effettuate qui, avviando di fatto il dibattito politico sulla legalizzazione dell’aborto. Quando due anni dopo fu approvata la legge 194, la clinica venne letteralmente tappezzata di volantini sull’autogestione dell’utero. Nella stessa clinica dove fu attivato il primo ambulatorio per l’attuazione della legge sull’aborto, nel 1984 è stato fondato anche il primo Cav italiano, con lo scopo di poter aiutare le donne in difficoltà. Per un’intuizione: «Erano gli anni di Solidarnosc, e al telegiornale vidi un gruppo di donne che in Polonia, a Varsavia, stavano fuori dagli ospedali dove si praticavano aborti. Senza cartelli o cose del genere: offrivano la loro solidarietà in modo molto sereno e affettuoso, promettevano un po’ di vicinanza emotiva e qualche aiuto materiale. Erano semplici, e non giudicavano nessuno». Nonostante la Paola Bonzi con i primi volontari del Cav della Mangiagalli nel 1986 Foto: Alessandro Tosatto La vita è la vita e non ha bisogno di aggettivi. Né tanto meno di tagli Foto: Alessandro Tosatto perdita della vista durante la sua seconda gravidanza, Paola Bonzi oggi anima il Cav con lo stesso approccio e la stessa dedizione. Anche se sono passati 28 anni da quando lei, giovane consulente familiare, assieme a un gruppo di amici («quattro gatti pieni di entusiasmo») iniziò il suo personale presidio di resistenza umana all’interno dell’ospedale. «Stavamo nella sacrestia della cappella, dove siamo rimasti per quasi quattro anni in mezzo a polverosi raccoglitori di certificati di battesimo». Oggi, al terzo piano, scala B, spicca un cartello bianco: “C.A.V, girare a sinistra”. Ed è strano pensare a quei polverosi racco- glitori osservando il via vai di infermieri, operatori, passeggini, disegni appesi alle pareti. Facce tese e mani che si stringono. Ci sono giovani coppie, coppie meno giovani, ragazze incinte accompagnate da un’amica. In fondo al corridoio Paola accoglie una media di dodici persone al giorno, in un ufficio arredato con cura. Fra un lettino da psicologo, un computer, lampade in ferro e piante verdissime ci sono un divano e tre poltrone. Tanto basta. «La maternità, in certe condizioni, è una scelta difficile. Non rendersene conto significa banalizzare il problema. Volevo una struttura che non fosse un tribunale sui com- portamenti umani. Non voglio nemmeno voltarmi dall’altra parte davanti a un certificato di gravidanza. Voglio esserci, insomma, e ascoltare. E se posso, fare». La solitudine come nemico In questi anni Paola Bonzi ha contribuito a far nascere più di 13 mila neonati. «Ma non mi piacciono i complimenti di chi dice che ho salvato le vite di tanti bambini. Preferisco pensare di aver aiutato molte madri a far nascere i loro figli. Tutte con gravidanze non volute, un gran sentimento di inadeguatezza, un gran bisogno di essere capite. Lo scopo è sempre sta| | 28 novembre 2012 | 21 L’INTERVISTA PAOLA BONZI 22 | 28 novembre 2012 | | primo anno di vita del bambino. Con una serie di progetti che vanno dalla consulenza dell’educatrice e dell’ostetrica alla fornitura di tutto ciò che occorre al neonato: pannolini, giochi, alimenti. E quando possibile, sussidi in denaro. Il duello con la Regione È il punto fondamentale, e anche quello più critico. La Regione Lombardia nel 2010 ha istituito un fondo ad hoc (Nasko): prevedeva per le donne che si rivolgevano ai Cav lombardi 250 euro mensili per un massimo di diciotto mesi, prelevabili direttamente in banca (vedi box). Poi è stato sospeso. Qualche giorno fa ripristinato. Grazie a Nasko nell’ultimo biennio in Lombardia sono state aiutate 3.386 mamme. E le cifre? «Di fatto il sostegno economico alla donna in difficoltà che rinuncia ad abortire è più che dimezzato. Passa da 250 euro a 100 euro mensili per 18 mesi», spiega la direttrice del Cav. «Un vero disastro». Carolina Pellegrini, assessore regionale alla Famiglia, sostiene che i nuovi parametri stabiliti per il 2013 sono necessari per «aumentare il numero delle donne aiutate» e per rendere definitiva l’iniziativa. «È evidente che alle madri verranno assegnate risorse minori, 3.000 euro invece degli attuali 4.500, ma questo ci permetterà di garantire il diritto alla vita di un numero maggiore di bambini. Con questa nuova moda- Dal 1984 a oggi il Cav della Mangiagalli ha contribuito a far nascere più di 13 mila bambini, sostenendo le donne psicologicamente e aiutandole materialmente fino al primo anno di vita del neonato Foto: Alessandro Tosatto, Isabella De Maddalena to quello di essere disponibili all’ascolto attivo delle donne, quello professionale che apre a soluzioni. Perché la soluzione del problema viene quasi sempre delegata alla donna, che la vive in profonda solitudine». E spesso prende la decisione di interrompere la gravidanza per lo sgomento di ritrovarsi, in una situazione difficile e non programmata, completamente sola. Nella relazione, invece, «non ci si incontra con il problema, ma con la persona. Stare vicino a una donna che fatica a prendere una decisione sul suo destino e su quello di suo figlio ha segnato la mia vita. Entrano con l’aria di chi sta disturbando tutto il mondo. Una volta una signora mi ha detto: il bambino che non ho voluto sentire piangere nella culla me lo sento piangere dentro, tutte le notti». Il Cav, quasi nascosto durante i primi anni della sua esistenza, molto politicizzati, è stato inizialmente osteggiato. Lei ora sorride pensando al momento dell’affissione delle targhe sui muri, a indicare il percorso per raggiungerlo: «Una era all’inizio del corridoio, l’altra sulla nostra porta e l’altra, pensata a metà percorso, era andata a finire accanto alla porta del più convinto medico “abortista” dell’ospedale. Dopo un’ora erano sparite, staccate dai muri». Al Cav la donna viene accompagnata verso la sua nuova condizione di madre, sostenuta psicologicamente e materialmente fino al IL PIRELLONE E L’AUSTERITY Così il Fondo Nasko resiste tra spending review e altre “sorprese” ‘‘ Non si incontra il problema, ma la persona. Le donne entrano con l’aria di chi sta disturbando il mondo. Una volta una mi disse: il bimbo che non ho voluto sentire piangere nella culla me lo sento piangere dentro ogni notte Foto: Alessandro Tosatto, Isabella De Maddalena lità, infatti, siamo certi di poter sostenere ogni anno circa 1.600 madri invece di mille rispondendo così alle richieste di numerosi Cav e consultori distribuiti su tutto il territorio regionale». L’assessore annuncia che è già allo studio «un nuovo intervento dedicato alle madri in grave difficoltà, con un progetto che risponda alla prima emergenza: la povertà alimentare». L’amicizia con il professor Pardi Certo, è già molto, ma si potrebbe fare di più. «Qui ogni giorno arrivano dodici donne che interrompono la gravidanza», si scalda Paola Bonzi. «Sette di loro per motivi economici. Vedo tante donne piangere, sono assolutamente combattute, ma obbligate dalle circostanze. Tante, se tengono il bambino, perdono il lavoro. È un dramma profondo. Forse il più profondo che possa ’’ «I tagli del governo incidono in maniera forte», ha spiegato Roberto Formigoni definendo la situazione attuale di «grandissimo allarme» . Per il governatore della Lombardia il contesto attuale è estremamente difficile, e incerto. Difficile perché la spending review e il decreto legge sulla stabilità prevedono tagli pesanti per il 2013. Incerto perché «ci sono altri provvedimenti, su cui non c’è ancora chiarezza, che potrebbero prevedere ulteriori sacrifici». Ciò nonostante la giunta della Regione Lombardia ha deciso di rifinanziare con 6 milioni di euro il Fondo Nasko, iniziativa avviata nell’ottobre 2010 per dare un aiuto alle madri che rinunciano a una interruzione di gravidanza causata da problemi economici. Si tratta di un piano di sostegno personalizzato, formulato in collaborazione con i consultori familiari o i Centri di aiuto alla vita, che permette loro di avvalersi anche di un sussidio regionale. Dei 6 milioni di euro, 1 milione è destinato a finanziare i progetti di aiuto già attivati nel 2012. Gli altri 5 milioni rappresentano la dotazione di fondi per il 2013, che viene accompagnata anche dall’introduzione di alcuni nuovi requisiti per una più equa ripartizione degli aiuti. Dal 2013, il contributo mensile garantito attraverso il Fondo Nasko sarà destinato all’acquisto di beni e servizi, sia per la madre sia per il bambino, con particolare attenzione alla cura dell’alimentazione, sia nella fase di gestazione sia nel primo anno di vita del figlio. Per accedervi occorreranno alcuni requisiti. La certificazione che attesti l’avvenuto colloquio per richiesta di interruzione volontaria della gravidanza della donna con lo specialista di consultorio pubblico o privato accreditato e a contratto o di Servizio ospedaliero, residenza in Regione Lombardia (da almeno un anno, alla data di presentazione della richiesta) e il possesso di attestazione Isee integrata da documentazione che consenta la definizione delle condizioni di difficoltà economica della donna e del suo nucleo familiare nell’anno della richiesta. Inoltre è indispensabile la predisposizione del progetto personalizzato presso un consultorio familiare pubblico o privato accreditato e a contratto o presso un Centro di aiuto alla vita iscritto all’elenco regionale e ubicato nella Asl di residenza della donna. affrontare un essere umano, e la politica non può stare a guardare». La direttrice del Cav è cattolica. «E praticante». Avrebbe messo in piedi tutto questo comunque, senza questa appartenenza? «Certo. La vita non ha bisogno di aggettivi. La vita è la vita». Lo dimostra l’amicizia col professor Giorgio Pardi, luminare nel campo della ginecologia a livello italiano e internazionale. Scomparso nel 2007, è stato il primo medico a effettuare un’interruzione di gravidanza legale in Italia. Quando i due si incontrarono, gli steccati ideologici crollarono con la naturalezza data dal buonsenso. Lui iniziò a fare in modo che le donne venissero a conoscenza di quell’ufficio in fondo al corridoio. Una decisione che destò scalpore, con tanto di presìdi in cui si parlò di attacco frontale alla 194. Invece era tutto il contrario: «Al centro del- la comunicazione non dev’esserci quello che l’interlocutore pensa sia giusto fare», disse Pardi all’epoca. «Deve esserci la donna, col suo dramma. Dramma a cui però va offerta rispettosamente un’altra prospettiva, diversa da quella dell’aborto. E devo dire che il Cav attivo qui in Mangiagalli, con i pochi fondi e i pochi spazi che ha, ha fatto veramente miracoli. E con un atteggiamento coerente: mettendo al centro la persona. Io sono felicissimo che ci sia il Cav, vorrei che fosse potenziato». Tanto che un giorno a bussare alla porta del Centro di aiuto alla vita è proprio il direttore del più grande dipartimento ostetrico italiano. È l’8 marzo, e lui ha in mano un gran mazzo di mimose. Lei è confusa: «Ma prof, perché?». E lui, lapidario, prima di scappare in sala operatoria: «Se non a lei, a chi?». Chiara Sirianni | | 28 novembre 2012 | 23 IL NOSTRO UOMO A PALAZZO BENEDETTO XVI TRADOTTO IN POLITICA Meno ospizi, più amore. Il welfare di Ratzinger per la bella vecchiaia di Renato Farina P iccolo dizionario dei luoghi comuni contemporanei. I vecchi sono cattivi. Li conosciamo agli uffici postali, dove ci passano davanti imprecando. Hanno il potere e non lo mollano, se non crepando, ma non muoiono mai. I vecchi sono avari, BORIS GODUNOV come diceva Palazzeschi nelle Sorelle Materassi: «I soldi li hanno i vecchi». Logico che ci sia in giro un brutto clima per loro. La rottamazione di Renzi sfrutta idee nervose che sono nell’aria, e con esse riempie il suo palloncino colorato. Soprattutto i vecchi sono tanti, e tendono ad ammalarsi senza morire, riempiendoci di spese croniche e scatarranti. Viva l’eutanasia in politica come metafora di quella biologica… C’è un’altra categoria di gente che conta niente: i giovani. I quali a sorpresa amano i nonni e detestano i padri e specialmente le coetanee delle madri. I ragazzi sono trattati come nullità non dai vecchi, ma dalla generazione di mezzo: che odia ragazzi e vecchi. Sale in groppa ai giovanotti e alle neolaureate per spazzare via i più anziani. Poi arriva Ratzinger. Boris è uno zar ortodosso. Ov- Con il suo elogio della terza età vio che si sia commosso quando il Papa cattolico ha detto: «È bello es- il Papa ha piazzato una bomba sere anziani!». Alla malora. È stato il primo vecchio a parlar bene di culturale e perciò politica nel questa età, a elogiare persino gli acciacchi e la vicinanza della morte come porta della vita vera. Propone una memoria autentica e per- cuore dell’Europa. «Chi fa spazio duta. Quando non c’era bisogno di patti tra generazioni, ma bastava agli anziani fa spazio alla vita!» la tavola della legge, per cui si onora il padre e la madre. E onorare è diverso, è qualcosa d’altro e persino di più rispetto all’amore. Il Papa ha piazzato, lunedì 12 novembre, una bomba culturale e perciò politica nel cuore dell’Europa. Per lui è errore grave emarginare l’anziano: «Eppure spesso la società lo respinge, considerando gli anziani come non produttivi, inutili. Tante volte si sente la sofferenza di chi è emarginato, vive lontano dalla propria casa o è nella solitudine. Penso che si dovrebbe operare con maggiore impegno per fare in modo che gli anziani possano rimanere nelle proprie case. La sapienza di vita di cui siamo portatori è una grande ricchezza. La qualità di una società, vorrei dire di una civiltà, si giudica anche da come gli anziani sono trattati e dal posto loro riservato nel vivere comune. Chi fa spazio agli anziani fa spazio alla vita!». Ancora: «Il bisogno di aiuto è una condizione dell’anziano. Vorrei invitarvi a vedere anche in questo un dono del Signore, perché è una grazia essere sostenuti e accompagnati, sentire l’affetto degli altri! Questo è importante in ogni fase della vita: nessuno può vivere solo e senza aiuto; l’essere umano è relazionale. E in questa casa vedo, con piacere, che quanti aiutano e quanti sono aiutati formano un’unica famiglia, che ha come linfa vitale l’amore». Traduco in politica. Dalla crisi, che è morale prima che economica, si esce con la gratuità. Essa si esprime nel modo con cui trattiamo i vecchi. Ed essi vanno aiutati a stare a casa loro con noi vicino! Questo capovolge il welfare basato sul finanziamento di ospizi dalle rette salate e fuori dai coglioni. Occorre sostenere le famiglie con gli anziani, non finanziare De Benedetti e i suoi residence per vecchi. Poi le famiglie sceglieranno come usare l’aiuto; in quale casa di cura accompagnare l’anziano non autosufficiente. Difendere i vecchi «fa spazio alla vita», aiuta la demografia. Se un anziano è lieto, se si coglie la sua profonda utilità, ecco che si mettono più volentieri al mondo i figli: perché possiamo sperare anche per loro una vita buona fino alla morte, e non la disperazione di essere gettati in una fossa. Twitter: @RenatoFarina | | 28 novembre 2012 | 25 ESTERI L’EVENTO La straordinaria rilevanza civile dell’incontro tra un arcivescovo italiano e un coraggioso Lord inglese nel cuore dell’Occidente politicamente corretto e umanamente esausto. Un giorno con il cardinal Scola a Westminster da Londra Rodolfo Casadei U Chiesa cattolica romana, italiano per di più, invitato a tenere una lezione e una discussione pubblica presso la Camera dei Lord a Londra: come può succedere una cosa del genere? Le principali esportazioni italiane in Inghilterra sono cibo, moda, studenti. Ma c’è chi si è accorto che dall’Italia è possibile importare anche un sapere specializzato nel far incontrare i diversi, un’esperienza di valorizzazione delle differenze, una capacità relazionale che non fa a meno di un alto profilo scientifico e 26 n cardinale della | 28 novembre 2012 | | accademico. È così che a parlare di “Religione, Pluralità e Bene comune” sotto le solenni volte del parlamento di Westminster è stato chiamato l’arcivescovo di Milano monsignor Angelo Scola, nel suo ruolo di presidente della Fondazione internazionale Oasis. Anche dopo avere ricevuto l’onorevole e oneroso incarico di guidare l’arcidiocesi di Milano il cardinale non ha abbandonato la sua creatura, fondata nel 2004 quando era patriarca di Venezia per incoraggiare la comprensione e l’incontro fra cristiani e musulmani, a partire dalle comunità cristiane presenti in Medio Oriente e Nordafrica. I riconosci- menti al suo lavoro, come si vede, confermano il valore dell’esperienza, che lui non perde occasione di promuovere con convinzione. Dopo essere stata presentata già all’Unesco (Parigi, 2005) e all’Onu (New York, 2007), per la prima volta Oasis ha fatto il suo ingresso in un parlamento nazionale. E non certo uno qualunque. Del resto il Regno Unito ospita una numerosa comunità musulmana (si parla di 1,8 milioni di residenti, in grande maggioranza provenienti dal subcontinente indiano) e il tema del loro rapporto con le leggi, le istituzioni e l’identità del paese di cui sono cittadini è sempre caldo, per non dire scottante e foriero di opposte polemiche quando il discorso cade sulla presenza militare britannica in Afghanistan o sulla condizione delle donne di famiglia islamica nel paese dove regna Elisabetta II. Gli inglesi di antica ascendenza hanno molte critiche da fare ai loro concittadini musulmani, i musulmani affer- Foto: Diocesi di Milano, AP/LaPresse Esportare il bene comune Foto: Diocesi di Milano, AP/LaPresse Qui accanto, la relazione su “Religione, Pluralità e Bene comune” tenuta dal cardinale Angelo Scola il 15 novembre alla House of Lords, Londra (qui sopra, Westminster). Invitato in qualità di presidente della Fondazione Oasis, Scola è intervenuto anche a una conferenza pubblica all’Heytrop College di Kensington mano di essere discriminati e sottoposti ad attacchi. L’ultimo caso che ha agitato le acque è stato quello di Malala Yousafzai, la 15enne studentessa e attivista pakistana ferita a colpi di arma da fuoco dai talebani mentre tornava da scuola. Dopo che è stata trasportata in Europa e ricoverata a Birmingham per cure specialistiche (è stata ferita alla testa e al collo), l’Mcb, l’associazione dei musulmani britannici, ha condannato l’attentato. Molti commentatori hanno osservato che la condanna era tardiva e le parole della dichiarazione poco incisive, e che questo si spiega col trattamento patito da molte ragazze pakistane immigrate nel Regno Unito: vengono ritirate da scuola e fatte sposare non appena possibile. Alcune organizzazioni femminili di donne musulmane si sono associate alle critiche, confermando che una mentalità arretrata di tipo talebano è presente in molte famiglie delle loro comunità. In giro per Londra si vedono passare i tipi- ci autobus rossi a due piani con un grande pannello laterale dove si legge: “Musulmani per la lealtà, la libertà e la pace – Amore per tutti, odio per nessuno”. Responsabili di questa pubblicità sono però i musulmani Ahmadiyya, diffusi in Pakistan e India, considerati eretici dagli altri islamici perché a Maometto affiancano un altro profeta, di nome Mirza Ghulam Ahmad. La convivenza degli inconciliabili Anche i cristiani, tuttavia, non se la passano benissimo. Teoricamente rappresentano la maggioranza della popolazione (71 per cento) e gli anglicani poi addirittura sono Chiesa di Stato, ma le leggi li costringono ogni giorno di più a scegliere fra la fedeltà alla propria coscienza e la sottomissione a Cesare. Due settimane fa è stato bocciato per la quarta e probabilmente ultima volta il ricorso presentato da Catholic Care, un’agenzia per adozioni di Leeds, contro il paragrafo dell’Equality Act che la costringerebbe a fornire i suoi servizi anche a coppie di persone dello stesso sesso. L’agenzia sarà costretta a chiudere i battenti, come è successo fra il 2007 e oggi a tutte le agenzie cattoliche che si occupavano di adozioni. Lo stesso Lord Alton di Liverpool, il pari del Regno che ha invitato il cardinal Scola a parlare presso la Camera dei Lord nella quale siede, è politicamente parlando un prodotto dell’emarginazione delle posizioni riconducibili all’etica naturale riconosciuta dalla Chiesa. Deputato liberale dal 1979, il più giovane membro della Camera dei Comuni, dopo la fusione che diede vita al partito Liberaldemocratico ha dovuto andarsene dalla formazione politica, perché poco tempo dopo l’aborto legale in qualunque fase della gestazione è diventato la linea politica ufficiale del partito. Che fare davanti alla scoperta che nella società sussistono punti di vista inconciliabili? Scola ha proposto il primato del | | 28 novembre 2012 | 27 ESTERI L’EVENTO «Ci sono sorprese in serbo per noi» Nel corso della discussione, così come in occasione della conferenza pubblica che il cardinale ha tenuto nel pomeriggio all’Heytrop College di Kensington, che possiamo definire l’università gesuita affiliata all’università di Londra, si sono levate voci sia da parte cristiana che da parte musulmana per invocare un’alleanza fra religioni monoteiste contro il secolarismo rampante. Scola ha risposto con la consueta prudenza: ha riconosciuto che 28 | 28 novembre 2012 | | Sopra, Scola davanti a Westminster con Lord Alton (alla sua sinistra) e Maria Laura Conte e Martino Diez di Oasis «In un contesto di pluralità non possiamo derivare l’idea di bene comune da una visione condivisa del mondo. Cosa resta allora? Il fatto della comune esistenza o, se preferite, il bene pratico dell’essere insieme» la vita in una società secolarizzata tende ad avvicinare credenti di religioni diverse accomunati dalla sensibilità per la questione della verità, e che certamente è possibile e auspicabile un impegno comune sulle numerose questioni etiche che vedono convergere cristiani e musulmani; ma ha anche ammonito che questo potrebbe diventare «un approccio riduttivo a causa della sua natura essenzialmente difensiva», e che si devono evitare «tendenze antimoderne che mettono in questione le indubbie conquiste della modernità». Non ha tuttavia risparmiato le critiche all’Europa contemporanea «che non ha nessun desiderio di imparare da altri, che manca della capacità dell’ascolto fecondo», che appare affaticata e priva di energie, energie di cui invece sembrano ricchi i nuovi immigrati sul suolo europeo. «La crisi (economico-finanziaria, ndr) potrebbe avere sorprese in serbo per noi. Mentre la società tecnologica, debole in termini di ideali, tende a espellere il senso religioso, non è impossibile che l’attuale stallo possa aprirsi a un ritorno del trascendente». Anche perché «dall’altra parte, per quanto riguarda i paesi a maggioranza musulmana, la pratica religiosa sem- bra aver raggiunto uno dei livelli più alti dell’intera storia». L’egemonia culturale secolarista che ha imposto di neutralizzare le religioni come fattori politici potrebbe ritrovarsi sulla difensiva. Ha sottolineato il teologo anglicano John Milbank, presente ai lavori: «All’inizio della convivenza umana non c’è un contratto, c’è uno scambio, anche in termini di comunicazione. Il cuore della civitas è il continuo dibattito fra posizioni diverse per arrivare insieme alla definizione del bene comune». «Il sistema democratico ha le sue procedure per arrivare alla definizione delle leggi e delle regole che valgono per tutti», ha detto Scola, «ma sarebbe un errore e una grossa perdita se alle posizioni religiose fosse impedito di portare il loro originale contributo al dibattito su ciò che è bene per tutta la società». Urge il riconoscimento dell’altro come altro. Nella società dell’omologazione che tollera solo le differenze che non hanno l’ambizione di pronunciarsi sul bene comune, sembra pura utopia. Ma il rimescolamento delle carte dovuto alla crisi economica sistemica e all’islam in movimento potrebbe far cambiare molte cose. Rodolfo Casadei Foto: Diocesi di Milano, AP/LaPresse «principio di comunicazione», da intendersi «come una fondamentale “condivisione”». Così l’ha spiegato: «La comunicazione in senso proprio comprende uno scambio di narrative diverse in vista di un reciproco riconoscimento. Possiamo parlare di un “bene della comunicazione” . Esso rappresenta anche il fatto politico primario. Perché la vita in società ha bisogno di un’idea di bene come base comune per il riconoscimento. Ma in un contesto di pluralità non possiamo derivare una tale idea da una visione condivisa del mondo. Cosa resta allora che abbiamo in comune? Rimane il fatto stesso della comune esistenza o, se preferite, il bene pratico dell’essere insieme». Decisamente provocatorio, il cardinale. Non siamo d’accordo, dice, sulla direzione dello sviluppo della società, dunque non abbiamo un’idea condivisa di bene comune, ma un bene comune ce lo abbiamo: il fatto stesso che, diversi come siamo, siamo insieme. E ha avuto il coraggio di dirlo nella patria dell’utilitarismo, di Jeremy Bentham, dove l’unico contraltare al politicamente corretto liberal e secolarista che sta imprimendo caratteri totalitari ad aspetti della vita quotidiana dei britannici è da sempre l’idea che i valori debbano semplicemente stare fuori dalla vita sociale. Che a tenere insieme il musulmano conservatore, il cattolico papista e il protestante individualista è solo l’utilità per sé che ciascuno può trarre dai rapporti con gli altri. A questa visione l’arcivescovo di Milano ha replicato che «l’utile è di breve durata», come dimostrerebbe la crisi economico-finanziaria globale. Che «rappresenta la radicale confutazione di un certo modo di intendere l’umano». «Se dunque la crisi è il sintomo di una concentrazione sull’immediatamente utile che ignora la comunicazione e rende la vita insieme precaria, la soluzione non può venire da un semplice maquillage etico, ma richiederà un ripensamento antropologico radicale. Questo dovrà rimettere a fuoco la questione della verità nel suo nesso vitale con la libertà». NEL DETTAGLIO QUELLA RIDICOLA LETTERA DOPO I TAFFERUGLI Grillo pasolineggia a sproposito sugli scontri studenti-polizia. Che pena M io caro Malacoda, con te posso essere sincero: ogni tanto mi vergogno anch’io di quello che nasce dai nostri suggerimenti. Non per la cattiveria che manifesta, quella non è mai troppa, per la pochezza, per la banalità, per il ridicolo. La settimana scorsa abbiamo scatenato un bel pandemonio in un bel po’ di città italiane. Con gli studenti è facile. I poliziotti hanno risposto, sono volate sprangate da una parte, manganellate dall’altra. L’indignato principe, quel sessista di destra che dice che le donne del suo partito vanno in tv per provare l’orgasmo (è una frase di destra no?), nell’andirivieni del pendolo della sua spasmodica ricerca di consenso è tornato di sinistra, ma non gli riesce, neanche quando cerca di imitare Pier Paolo Pasolini. Ricordi il 1967, gli scontri di Valle Giulia tra studenti e poliziotti? Pasolini scrisse agli studenti: «Siete in ritardo, figli. (…) Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi quelli delle televisioni) vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio delle Università) il culo. Io no, amici. Avete facce di figli di papà. Buona razza non mente. Avete lo stesso occhio cattivo. Siete paurosi, incerti, disperati (benissimo) ma sapete anche come essere prepotenti, ri«Soldato blu (sic!), chi ti paga è colui che cattatori e sicuri: prerogative piccoloborprotesta, e paga anche quelli che ti ordinano ghesi, amici. Quando ieri a Valle Giulia fatto a botte coi poliziotti, io simpadi caricarlo», scrive il comico. Insomma, non avete tizzavo coi poliziotti! Perché i poliziotti devi opporti a chi ti assale con una spranga sono figli di poveri. (…) Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care. Siamo ovviamenperché ha in tasca la tua busta paga te d’accordo contro l’istituzione della polizia. Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete! (…) In questi casi, ai poliziotti si danno i fiori, amici». Hai presente quella frase abusata per cui la storia si ripete, ma diventa farsa? Abusiamone ancora una volta. Beppe Grillo, intanto, cambia interlocutore, scrive ai poliziotti: «Polizia, chi stai difendendo? Chi è colui che colpisci a terra? Un ragazzo, uno studente, un operaio? È quello il tuo compito? Ne sei certo? Non ti ho mai visto colpire un politico corrotto, un mafioso, un colluso con la stessa violenza». L’invito non è alla pace, è a menare altri, accompagnato all’accusa di non aver perseguito i mafiosi. Segue citazione cinematografica con presunzioni poetiche: «Soldato blu (sic!), tu hai il dovere di proteggere i cittadini, non il Potere. Non puoi farlo a qualunque costo, non scagliando il manganello sulla testa di un ragazzino o di un padre di famiglia». L’idea che sfasciare auto o negozi non sia attività da ragazzini o da padri di famiglia e che opporsi ad essa sia un modo per difendere i cittadini – i proprietari di auto e negozi a loro volta padri di famiglia come lo sono i mafiosi (la “famiglia”), i corrotti e forse anche qualche politico – non lo sfiora. Poi arriva il passaggio cruciale, che svela la vera preoccupazione del nostro: «Chi ti paga è colui che protesta, e paga anche coloro che ti ordinano di caricarlo». Caro poliziotto, insomma, attacca l’asino dove vuole il padrone, e il tuo padrone è chi ti paga. Girala come vuoi ma non c’è questione ideale che tenga, chi ti viene addosso con una molotov o una spranga non lo devi menare perché ha in tasca la tua busta paga. Quando si dice il valore! Caro nipote, trovagli argomenti migliori, il mondo è pieno di pedofili che pagano le tasse. Tuo affezionatissimo zio Berlicche | LE NUOVE LETTERE DI BERLICCHE | 28 novembre 2012 | 31 cultura costruire il mondo Giobbe in Emilia Anticipiamo un brano del libro Se anche la terra trema di Mattia Ferraresi con un racconto fotografico di Alice Caputo. Il libro è acquistabile dal 23 novembre su Itacalibri.it. di Mattia Ferraresi «C i saranno pietre da raccogliere dopo un terremoto? Loro alla fine ci faranno cattedrali», così si chiudeva la lettera del Resto del Carlino. Emiliani incrollabili, emiliani 32 | 28 novembre 2012 | | che non tremano nonostante tutto, emiliani che vogliono rifiutare gli aiuti per rialzarsi da soli. L’orgoglio campanilistico è stata una delle più facili scorciatoie per non ammettere la totale impotenza di quell’eroe invincibile che è l’uomo davanti alle forze della natura. Sembra quasi che ci sia un sottile filo di vergogna nel mostrarsi così vulnerabili davanti all’Italia. Un giovane agricoltore intervistato dalla Gazzetta di Modena ha osservato: «Ci siamo trovati spiazzati perché siamo sempre stati noi quelli che anda- vano ad aiutare gli altri e adesso ci troviamo ad avere bisogno noi degli altri e questo ci lascia disarmati». Gli emiliani si sono forse sentiti come un Golia imbarazzato per aver perso contro il piccolo Davide. Lo slancio volontaristico è l’ultima arma che si può scagliare invano contro un evento naturale indomabile, e il simbolo di questo orgoglio è diventata la foto di una vetreria quasi interamente crollata con un cartello che si erge tra le rovine: «Ci siamo», e a seguire il numero di telefono per chiedere un preventivo, scalpo del- Foto: AP/LaPresse La terra non è fatta per tremare, eppure trema. Viaggio di un modenese nella sua regione squassata dal terremoto e interrogata da una contraddizione insanabile. Il sentiero tortuoso della speranza tra le macerie Alcune immagini diventate triste icona del terremoto in Emilia, come il Duomo di Mirandola (qui sopra) e la torre del campanile di Finale Emilia (sopra, a destra) il racconto Foto: AP/LaPresse se anche lA terra trema Autore M. Ferraresi Editore Itaca Pagine 144 Prezzo 15 euro la vittoria contro la calamità. La cartellonistica post-terremoto è infinita e, a parte i commoventi ringraziamenti ai Vigili del Fuoco, evocano la medesima volontà di sconfiggere il terremoto: «Ci hai fatto tremare ma non ci hai spaventato», «Barcolliamo ma non molliamo », «Il terremoto chiama, noi rispondiamo… teniamo botta!», «Mirandola non s’inchina, risaliamo a bordo!», «Come può uno scoglio arginare il mare…». Eppure non tutti hanno reagito con questo comprensibile slancio. C’è anche chi in quelle macerie non vede affatto la miracolosa rinascita delle cattedrali emiliane, ma un segno più drammatico che costringe a interrogarsi sul senso di quello che è successo: «Trent’anni per costruire, trenta secondi per vedere tutto distrutto», è il ritornello che risuona dai giorni delle scosse nella mente di don Franco Tonini, parroco di Concordia sulla Secchia. Concordia è il secondo paese più colpito dal sisma secondo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Il centro storico è stato interamente evacuato e due persone sono rimaste sotto il mortifero abbraccio dei calcinacci. Don Franco vive in una casetta di legno più simile a un ripostiglio per gli attrezzi che a una casa. È lì che abita da quando il terremoto ha spazzato via in pochi secondi la canonica e la chiesa. Ha dedicato gli ultimi trent’anni all’edificazione della chiesa di Cristo, in tutti i sensi: ha raccolto offerte per ridare vita ai dipinti di quel tempio, per curarne le rifiniture, per rendere bella la casa del Signore. Insomma, la sua piccola cattedrale l’aveva già costrui- ta prima del terremoto. «Per me si trattava di rendere gloria a Dio – spiega sventolando il ventaglio – lo facevo come un atto di culto, ma forse il Signore non ha gradito e ha voluto farmi capire che la Chiesa è fatta di persone e non di mattoni. Forse mi mancava quel passo di povertà e santità». A don Franco non è stata risparmiata la sofferenza e il Papa ha ricordato che nemmeno Gesù si è sottratto ai patimenti. Il tendone del Pd per la Messa Molti parrocchiani ricordano la sua omelia dopo la scossa del 29 maggio, all’ombra di un grande tendone: «Sapete di chi è questo tendone? È del Pd e lo usano per la Festa dell’Unità. E sapete chi l’ha montato? Un gruppo di musulmani. È proprio il caso di lasciar perdere tutti i pregiudizi che abbiamo». Secondo don Franco, una volta caduta la casa, la chiesa e i pregiudizi resta una sola cosa ancora in gioco: la fede. Davanti ai suoi parrocchiani, sotto quel tendone, il paragone con il Libro di Giobbe è perfettamente calzante. Dio, per mettere alla prova la fedeltà di Giobbe, gli sottrae i buoi, i cammelli e i servi (le cose), colpisce la sua abitazione con un colpo di vento (la casa) uccidendo così i suoi figli (le persone). La vicenda di Giobbe è drammaticamente attuale per tutti gli emiliani che hanno perduto la casa, le cose e a volte anche le persone care. La disperazione di chi ha perduto tutto in pochi secondi si trasforma, in questo passo della Bibbia, in una prova di fede: Giobbe si prostra a terra e dice: «Nudo sono uscito dal grembo di mia madre, e nudo tor| | 28 novembre 2012 | 33 cultura costruire il mondo nerò in grembo alla terra; il Signore ha dato, il Signore ha tolto; sia benedetto il nome del Signore». È così che Giobbe, con estrema umiltà, ha guardato in faccia alla disgrazia della sua casa che crolla portandosi via tutto. Ecco il punto: «La sfida, per Giobbe e per tutti noi, sta nel ridire: “Sia benedetto il nome del Signore” con la stessa fede che avevamo prima del terremoto». E questo non oblitera l’afflizione, non è una candeggina che sbianca l’anima. A poche settimane di distanza don Franco non nasconde la disillusione, il senso di amarezza, soprattutto nei confronti dei suoi compaesani dai quali ha ricevuto ben pochi aiuti. Forse anche la fede, l’incrollabile roccia delle Scritture, non può più essere data per scontata. La rabbia e il risentimento verso ciò che ha distrutto il lavoro di una vita e la sensazione di solitudine non sono facilmente traducibili in un assioma religioso che risolva in un baleno ogni dubbio. La solitudine dopo la solidarietà «Che il Signore abbia dato e poi tolto è vero – dice don Franco – ma riuscire comunque a benedirlo non è più così semplice». La metabolizzazione di ciò che è accaduto passa per una strada tortuosa come quella che ha dovuto percorrere Giobbe. In questi passi la Bibbia presenta le stesse scorciatoie più o meno razionali in cui sono cadute, comprensibilmente, tante vittime del terremoto. A Giobbe, infatti, si presentano tre filosofi che illustrano sofismi per spiegare che una tale ingiustizia è stata riversata da Dio su un uomo giusto. La morale appuntata alla fine della storia è tanto edificante quanto inadeguata, e di solito è l’apripista dei buoni propositi: dopo il momento concitato della solidarietà ritorna il dominio della solitudine e del disinteresse. «Sinceramente non ho visto nessuna fratellanza. Ho avuto solidarietà da persone che venivano da fuori ma non dai miei parrocchiani. Un prete della zona ha detto durante l’omelia: “Bisognerebbe che io vi dessi da mangiare un’ostia di cuoio, così a forza di masticarla forse vi viene in mente la vostra durezza di cuore” ». Un’ostia di cuoio per ricordare che la fede non è una faccenda eterea, ma un pungolo nella carne. Lo diceva Emmanuel Mounier, santificando quella sofferenza che gli era famigliare: «È dalla terra, dalla solidità, che deriva necessariamente un parto pieno di gioia e il sentimento paziente dell’opera che cresce, delle tappe che si susseguono, aspettate quasi con calma, con sicurezza… Occorre soffrire perché la verità non si cristallizzi in dottrina, ma nasca dalla carne». n 34 | 28 novembre 2012 | | seguendo la regola Il silenzio ha qualcosa da dire Con le trappiste di Valserena non per fuggire dalla realtà ma per immergersi in un luogo che collabora instancabilmente alla rinascita «M i sono sempre chiesto: perché il silenzio? O per lo meno che cosa si intende per silenzio; se il silenzio avesse un valore oppure una certa utilità nella relazione tra le persone, a cosa servirebbe la voce. Per dirla diversamente: se non ci si capisce parlando, figuriamoci stando in silenzio; non vi pare?». Diretta e semplice al punto di risultare disarmante, la domanda di Giuseppe è una delle centinaia che sono arrivate alle suore trappiste di Valserena nel periodo in cui hanno animato il blog dalsilenzio.it. Una finestra virtuale per mettere in comunicazione due realtà. Da un lato un gruppo di donne tra i 28 e gli 88 anni che hanno dedicato la propria vita a Dio nella contemplazione, dall’altro il mondo frettoloso, addolorato e a volte superficiale come siamo abituati a conoscerlo. Alle sorelle hanno scritto persone di ogni età, credo ed estrazione Silenzio amico sociale. C’è la domanda di Giuseppe sul silenzio, il dolore di Maria Autore G. Beltotto Grazia lasciata dal marito dopo 32 anni di matrimonio e due figli, Editore Marsilio la curiosità impertinente di ragazzi lontani dalla fede. C’è anche Pagine 267 chi chiede se le suore piangono. «Certamente sì. Dipende dalle Prezzo 16,50 euro persone e dai momenti della vita. Si piange per ciò che fa soffrire, o commuovere, come ogni essere umano. Le ultime arrivate per nostalgia del mondo o fatica a entrare nella vita». Le risposte delle religiose arrivano sempre, misurate e pertinenti. Perché dentro quelle mura il mondo non è estraneo. Come spesso osserva chi ha frequentazioni con religiosi di clausura, sembrano capire il mondo più loro di chi si affretta a corrergli dietro. È il motivo per cui il giornalista Giampiero Beltotto è andato a Valserena, ha raccolto le domande emerse nell’esperienza del blog e ne ha aggiunte di altre nel libro Silenzio amico. La bellezza della clausura al tempo di internet (Marsilio, 267 pagine, 16,50 euro). Beltotto, che fino a poche settimane fa è stato portavoce del governatore del Veneto Luca Zaia, ha col mondo trappista una consuetudine radicata nel tempo. Aveva 26 anni, una moglie e un figlio piccolo quando ha incontrato le sorelle di Vitorchiano, convento nella campagna viterbese. Lì, come a Valserena in provincia di Pisa, le donne che prendono i voti vivono una vita divisa tra la preghiera e il lavoro come prescrive la regola di San Benedetto. La loro esistenza suscita curiosità perché è dura. Svegliarsi nel cuore della notte, pregare per ore e poi lavorare nei campi, vivere di quel che si produce. In chi si avvicina a questo mondo la curiosità lascia spesso lo spazio a uno sgomento venato di scettiNon solo un esempio di vita buona, ma come si fa? Di fronuna collaborazione instancabile alla salvezza cismo: te all’impossibile, a ciò che del mondo. Feconda e libera. Perché la trascende le forze e le previporta della clausura è chiusa dal di dentro sioni umane, la Bibbia rac- un dialogo Foto: Marka conta le storie di Zaccaria e della Madonna. Di fronte all’annuncio dell’arrivo di un bambino, il primo è incredulo e scettico, tanto che il Signore lo priva della voce fino a che non nasce Giovanni che diverrà il Battista. La seconda, Maria, è stupita e commossa, per questo domanda all’angelo e si affida a lui. Il bivio, eminentemente umano perché riguarda il modo in cui si può conoscere e trattare la realtà, è lo stesso di fronte all’esperienza traboccante di vitalità di queste monache. Si può fermarsi sull’orlo del chiostro, scuotere la testa di fronte alla loro fermezza o invidiare il loro spazio di tranquillità, oppure si può mettere il naso dentro quella grata a domandare perché, indagare che cos’è un silenzio che non è un generico allontanamento dal clamore del mondo contemporaneo, ma uno spazio fecondo. Il senso di una routine Nel raccontare la routine delle proprie giornate, quelle donne comunicano il senso e i frutti di una scelta che va riabbracciata ogni giorno. All’inizio, racconta suor Myriam, il primo scoglio è «lasciare personal computer e telefono portatile, scrivere a casa una lettera a mano, chiedere il permesso prima di scrivere. Le telefonate, qui, sono eccezioni motivate». La vita di “fuori” non è motivo di rimpianto ma neppure di vergogna. Queste donne non si sentono salvate perché sono riuscite a fuggire, stoicamente, le tentazioni del mondo. Racconta suor Federica: «Ero una professionista discretamente affermata nel mio piccolo ambito lavorativo e avrei potuto essere felicemente anche moglie. Madre Suor Federica: «La nostra non è una scelta controcorrente. È obbedienza. Una posizione ideologica non reggerebbe l’impatto di un solo giorno di trappa. Provare per credere» non so, perché è dono di Dio. Ma Lui è intervenuto nella mia vita con un altro dono, quello della chiamata». Questa «non è – continua suor Federica – una scelta controcorrente. È obbedienza. Un posizione ideologica non reggerebbe l’impatto di un solo giorno di trappa. Provare per credere. La grande tentazione può essere di cercare la propria santità senza riconoscere che Lui solo ci salva... ma per questo abbiamo l’aiuto di madri e maestre che ci guidano e che ci avvertono quando cadiamo in inganno. Lo Spirito Santo fa tutto il resto». Il resto è davvero tutto. Soprattutto in un momento in cui – come ha scritto il cardinale di Milano Angelo Scola nella lettera alle famiglie per Natale – «incalzati dalle dure prove a cui siamo sottoposti in questo travagliato frangente storico, forse molti sono tentati di lasciarsi cadere le braccia ed indurire il cuore». Quello di queste monache non vuole essere appena un esempio di vita buona, ma una collaborazione instancabile alla salvezza del mondo. Una collaborazione feconda e libera. Perché, come ricorda una di loro in un bel dialogo con Giampiero Beltotto, la porta della clausura è sempre chiusa dal di dentro. Laura Borselli | | 28 novembre 2012 | 35 cultura in libreria Svezzateli con la letteratura Si possono far leggere Puskin e Grazia Deledda ai bambini? Sì, se i genitori sanno cosa cercare. Le ultime novità Lindau sono una sfida al coraggio dei grandi e un detonatore per la fantasia dei piccoli 36 | 28 novembre 2012 | | M nelle fiabe dei vostri bambini. È un programma per genitori avventurosi. Quanto ai bambini, per loro l’avventura non è un proposito ma una condizione. Non si può fare altrimenti quando c’è un mondo intero da scoprire. A sei, sette mesi ogni oggetto, sia un cibo o un gioco, è un banco di prova per i denti che devono spuntare. Poi, una volta cresciuti, ci vuole pane per quei denti. Così è per i libri, perché arriva un tempo in cui i bambini smettono di tentare di mangiarli e pretendono che qualcuno glieli legga o gli insegni a farlo. Ecco, per restare nella metafora, la collana di libri da poco lanciata da Lindau e che si è appena arricchita di tre nuovi titoli, propone uno svezzamento letterario coi fiocchi. Roba per palati fini. Per chi vuole andare avanti a storie banalotte e molli come le pappette dei semilattanti, c’è un mercato pieno di storie che trasformano la realtà a misura di bambini per poter farettete della letteratura Tutto comincia con tre bimbe povere che sognano d’essere zarine. Il sogno che si avvera per una, l’invidia delle sorelle, la nascita di un bambino bello e coraggioso e poi l’inganno dalla russia In queste pagine alcune delle immagini che corredano la storia, opera del grande illustratore russo Ivan Jakovlevic. Il libro contiene anche fotografie di Sergej Michajlovic Prokudin-Gorskij gliela digerire. Ma il presupposto di questo tipo di approccio sembra essere che i primi a dover digerire una realtà fondamentalmente indigesta sono i grandi. È in fondo per questo che Annalena Valenti (la Mamma Oca che leggete tutte le settimane su Tempi), insieme alle amiche e madri Adriana Rocchi e Raffaella Carnovale, ha messo la propria esperienza e il proprio gusto al servizio di un esperimento editoriale ed educativo. Si può far leggere della letteratura ai bambini? Si può farlo senza bisogno di stravolgere e ridurre i capolavori dei grandi autori in pillole orrendamente semplificate, ovvero senza rendere poltiglia informe ciò che è ope- ra compiuta e piena? Si può, è la risposta, se si da dove cercare. Così sono nati gli ultimi libri della collana “Grandi avventure seguendo una stella”. Non capolavori di letteratura riadattati ai bimbi, ma opere che gli stessi autori hanno pensato come fiabe. Magari anche in rima. Perché niente è affascinante e facile da ricordare come una storia che si appoggi alla musicalità dei versi. È il caso della bellissima Fiaba dello Zar Saltan, del suo figlio glorioso e possente eroe principe Guidon Saltanovic e della bella principessa cigno di Aleksandr Puskin. Tutto comincia con tre bimbe povere che sognano d’essere zarine. Il sogno che si avvera per una di FIABA DELLO ZAR SALTAN… A. S. Puskin Lindau 16,50 euro loro, l’invidia delle sorelle, la nascita di un bambino bello e coraggioso, l’inganno che allontana mamma e figlio dallo Zar. E poi il principe che cresce, un’isola deserta che magicamente si ripopola, lo struggimento di quel figlio per il padre mai conosciuto. E ancora l’amore della principessa Cigno e la magia del suo esserci. La storia di Puskin è corale ed epica, c’è quell’attenzione asciutta e solida ai dettagli che caratterizza il modo russo di vedere e descrivere la realtà. È una storia in grado di catturare i genitori e rapire i bambini. Lindau propone questa fiaba in una versione davvero di alto livello. Si è scelto infatti di riproporre la tra| | 28 novembre 2012 | 37 cultura in libreria in sardegna Sotto e a sinistra, alcune illustrazioni contenute ne Il dono di Natale di Grazia Deledda il dono di natale G. Deledda Lindau 13 euro a milano Sotto e a sinistra, le illustrazioni del libro I segni del Natale realizzate da Elena Fabi i segni del natale C. Arrondini Lindau 13 euro duzione di Ettore Lo Gatto, grande slavista e promotore della cultura e della letteratura russa in Italia che amò Puskin in modo particolare e ne tradusse l’intera produzione poetica e in prosa. La sua traduzione della Fiaba dello Zar Saltan, oltre a rispettare la struttura in versi originale, è ancora oggi insuperata per ricchezza e armonia del canto. La storia è corredata dalle immagini del grande illustratore russo Ivan Jakovlevic e dalle fotografie di Sergej Michajlovic Prokudin-Gorskij. Le immagini (ne riportiamo alcune in queste pagine) sono di una finezza e di una poeticità a cui non sono abituati né i grandi né i piccoli. Le onde del mare ricordano la poetica del giapponese Hiroshige che tanto piaceva a Van Gogh. E cosa dire dell’immagine dello Zar ritratto in mezzo alla neve con il suo cane al fianco. Il cielo dorato in fondo in cui s’immerge una falce di luna, la neve che vira all’indaco 38 | 28 novembre 2012 | | nella luce che immaginiamo del tramonto. E poi il mantello regale, prezioso nei colori. E la morbidezza delle linee e un patchwork di colori finemente accostati che fanno venire in mene la casa viennese di Hundertwasser. Dalla Sardegna alle luci di Milano Estrema sintonia tra parole e immagini anche nel Dono di Natale di Grazia Deledda. Qui ogni scelta iconografica è un omaggio alla Sardegna, è la trama grossa dei teli, la raffinatezza popolare degli scialli, l’attenzione dei ricami. Il dono di Natale è una storia veracemente familiare, dove ci sono bambini svegli, giovanotti innamorati, vecchi nonni che vengono fatti sedere a tavola nel posto migliore e che ricambiano tanto onore con il vestito della festa, con l’eleganza austera dei grandi vecchi. Il terzo titolo (I segni del Natale di Cristina Arrondini e illustrazioni di Ele- na Fabi) esce dall’offerta letteraria dei grandi classici ma senza perdere di qualità. Qui c’è una bambina, Anna, otto anni che mentre il papà legge il giornale e i fratelli più grandi si fanno gli affari loro riesce a farsi portare fuori dalla mamma. Il Natale è dietro l’angolo e Milano, dove è ambientata la storia, è in fermento. Ci sono le luminarie sul Naviglio («ma perché le mettono solo per Natale?» chiede la bambina mentre la mamma è troppo indaffarata a trascinarsela dietro per finire le sue commissioni per risponderle). La mamma non ha tempo ma Anna è inflessibile e insistente come si può essere solo a otto anni: perché c’è tutto questo? Avanti così fino a che la mamma non si decide a tornare a casa, sospende i suoi mille traffici e si ferma a spiegare di cosa sono segno quei segni. Sono il segno della nascita di Gesù. Le domande dei bambini sono più rumorose del fermento metropolitano. [lb] pagine a cura di etd LA LOMBARDIA TORNA AL VOTO M ilano. «È passata la linea del Pdl che voleva l’abolizione del listino, il voto della legge elettorale e poi le dimissioni. La Lega Nord ha tentato di fare ostruzionismo, ma una volta compreso che non aveva i numeri si è accodata. Ci aspettiamo il voto il più presto possibile perché i cittadini lombardi sono gente pratica, sapranno di certo capire chi ha lavorato bene al governo della loro regione per 17 anni». Così commentava Paolo Valentini, capogruppo Pdl nel Consiglio regionale della Lombardia, l’approvazione delle nuove norme elettorali, chiudendo la cronaca di una giornata, consegnata ormai alla storia. La 75ma seduta d’aula del 26 ottobre e l’approvazione della legge elettorale ha siglato, infatti, l’ultimo atto dei lavori dell’aula. Subito dopo i consiglieri hanno protocollato le dimissioni che porteranno la Lombardia alle urne, anticipatamente, e appunto con nuove regole elettorali. Le nuove norme elettorali poggiano sostanzialmente sul contenuto del “maxi emendamento” approvato con voto quasi unanime (contrario solo Carlo Saffioti, vicepresidente del Consiglio). Quattro i capisaldi: abolizione del listino, limite massimo di doppio mandato consecutivo per il go- 40 | 28 novembre 2012 | | vernatore eletto, premio di maggioranza attribuito su base circoscrizionale, tetto massimo di 80 consiglieri eletti in rappresentanza di tutte le Province (quelle esistenti alla data dell’1 gennaio 2012). Per iniziare una discussione sulla legge elettorale, presidente Valentini, la prima domanda dovrebbe essere: a che cosa serve il sistema elettorale? A rappresentare i sentimenti della collettività. Il sistema elettorale è un meccanismo per la traduzione dei voti in seggi, possiamo dire che la legge del voto è per le democrazie ciò che la legge della successione ereditaria è per le monarchie. Parla di sentimenti della collettività… ma la crisi economica e il riacutizzarsi di tensioni sociali stanno favorendo in Italia il crescente rifiuto della politica che si declina con l’astensionismo elettorale e la protesta antipolitica, com’è possibile uscire da questo impasse? Non credo sarà semplice. Tutto quello che è accaduto in questo periodo contribuisce a convincere le persone della bontà di un governo tecnico (per natura temporaneo) e PAOLO VALENTINI Capogruppo del Pdl in Consiglio regionale della Lombardia. È stato componente della VI Commissione Ambiente e Protezione civile e vicepresidente della Giunta per le Elezioni dell’inutilità dei partiti e di una visione politica della società. Per quello che riguarda Regione Lombardia, vorrei però evidenziare ciò che è evidente e sotto gli occhi di tutti, vale a dire, la buona governabilità che si è espressa anche in questa tormentata legislatura e ha prodotto provvedimenti concreti come la riforma dei trasporti pubblici e il quoziente familiare, dando ancora una volta prova di una politica a sostegno della famiglia, attraverso una rimodulazione delle tariffe e nell’accesso alle prestazioni di servizi alla persona che terrà conto non solo del reddito ma anche del numero dei figli. La giunta, un mese prima del previsto, è riuscita anche ad approvare il bilancio. Per la prima volta in 17 anni, la Regione Lombardia rischiava di non averlo e c’erano provvedimenti che non potevano stare fermi fino alla prossima legislatura. Certo, è doveroso ammettere che era necessario prestare maggiore attenzione agli anticorpi dell’antipolitica. Che cosa intende? Il concetto di antipolitica non è solo negativo e scivoloso, come aveva osservato il cardinale Angelo Scola, ma esprime anche disagio, e bisognava trovare le risposte a questa, chiamiamola, domanda. La legge elettorale regionale della Lombardia mantiene ferme le preferenze nella scelta del candidato. Il dibattito politico elettorale è diviso sulla preferenza viste le degenerazioni di sistema come nei casi di Fiorito e Zambetti. Preferenza sì, quindi? Preferenza, sì, assolutamente. Ritengo sia la modalità con cui i cittadini possano esprimersi adeguatamente e consapevolmente. Se così non fosse si dovrebbe mettere in discussione non un sistema elettorale, non una classe politica, bensì una società, che a questo punto non è più in grado di autotutelarsi nemmeno con gli strumenti democratici che ha a disposizione. Se così fosse, allora, la situazione sarebbe davvero preoccupante, non per la classe politica, ma in generale per il paese Italia. I casi Fiorito e Zambetti sono solo degenerazioni di un sistema che non è sbagliato di per sé. E l’errore, in ogni caso, non è nel sistema o meglio non è solo nel sistema: pochi sono “sbagliati in sé”, ma è bene che – per quanto possibile – siano congegnati in modo da favorire i comportamenti virtuosi e disincentivare quelli negativi di uomini e donne. | | 28 novembre 2012 | 41 pagine a cura di etd I CAPISALDI DELLA NUOVA LEGGE ELETTORALE I capisaldi della legge regionale 17/2012 “Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Regione” approvata in aula consiliare lo scorso 26 ottobre sono contenuti nel maxi emendamento frutto di un accordo tra il Popolo della Libertà e le opposizioni. Ad oggi non tutte le regioni a statuto ordinario si sono dotate di una loro legge elettorale e di un proprio Statuto. Formula elettorale. I membri del Consiglio regionale sono eletti con criterio proporzionale sulla base di liste circoscrizionali concorrenti con applicazione di un premio di maggioranza. Abolizione del listino bloccato. Scompare (istituito dalla legge n. 43 del 1995) il premio di maggioranza del 20 per cento dei consiglieri assegnati attraverso una lista regionale bloccata il cui capolista era il candidato presidente. Il listino è stato anche soppresso nelle leggi elettorali delle regioni Campania, Calabria, Marche, Puglia e Toscana. Tutti gli eletti, quindi, ritornano nelle circoscrizioni per dare più spazio di rappresentanza ai territori. Numero di consiglieri. Invariato a 80 (rispetto alla legislatura appena conclusa) ma fissato come tetto massimo come prevede il decreto statale sui costi della politica (il calcolo del numero dei consiglieri è effettuato per scaglioni: ossia 80 per regioni con popolazione superiore a 6 milioni; 60 per regioni con popolazione superiore a 4 milioni; 50 per regioni con popolazione superiore a 3 milioni; 40 per regioni con popolazione superiore a 1 milione; 30 per le altre regioni. Questa tipologia di calcolo imposta dalla normativa statale determina che in Lombardia si ha un consigliere ogni 122 mila abitanti, in Piemonte ogni 74 mila, nelle Marche In linea generale quali meccanismi prevedere? Si dovrebbero prevedere meccanismi di autotutela, collegi elettorali più piccoli per ricondurre l’attività politica a livello umano. Non si può liquidare banalmente la scelta della preferenza con un’affermazione o una negazione. Pensi a un incrocio che prevede il semaforo: se le persone attraversano con il rosso: lei che cosa fa? Toglie il semaforo o mette un vigile? Con tutta probabilità metterà un vigile, lo stesso avviene in politica: sarà necessario riorganizzare tutta la macchina del sistema elettorale. Il problema della corruzione, invece, è una responsabilità personale, si sceglie di perseguire il crimine. Per semplificare, quando il proprietario di un normalissimo negozio di birra sceglie di non emettere scontrini fiscali si pone nell’illegalità e al di fuori di regole stabilite dalla legge. È una scelta ben precisa che sul piano del comportamento avrà determinate e specifiche conseguenze. È ovvia in questo caso la sanzione, che appartiene però alla sfera giudiziaria. Mutuando l’immagine che usa, il vigile e la politica che cosa dovrebbero fare concretamente? 42 | 28 novembre 2012 | | ogni 39 mila e nel Molise ogni 10 mila). Limiti del mandato. Non può essere ricandidato alla carica di presidente della Regione chi ha già ricoperto ininterrottamente la carica per due mandati consecutivi. Circoscrizioni. Le circoscrizioni coincidono con i territori delle province lombarde esistenti alla data dell’1 gennaio 2012. Al fine di rendere effettiva rappresentanza a tutti i territori provinciali l’ufficio centrale regionale verifica che in ogni circoscrizione elettorale sia stato attribuito almeno un seggio. Premio di maggioranza. Le liste collegate al candidato proclamato eletto alla carica di presidente della Regione ottengono: almeno il 55 per cento dei seggi se il candidato eletto ha ottenuto meno del 40 per cento di voti; almeno il 60 per cento dei seggi se il candidato eletto ha ottenuto una percentuale pari o superiore al 40 per cento dei voti. I candidati consiglieri sono eletti in base alle preferenze. Raccolta firme. Sono esonerate dalla sottoscrizione degli elettori le liste espressione di forze politiche corrispondenti ai gruppi presenti nel consiglio regionale (escluso il gruppo misto). Rappresentanza di genere. Le liste provinciali plurinominali sono composte, pena esclusione, seguendo l’ordine dell’alternanza di genere. Non è stata introdotta la possibilità di esprimere la doppia preferenza di genere, ma gli spazi forzatamente lasciati dagli uomini saranno occupati dalle donne, che comunque dovranno essere elette sulla base delle preferenze. Soglie di sbarramento. Escluse dalla ripartizione dei seggi le liste provinciali il cui gruppo ha ottenuto nell’intera regione meno del tre per cento dei voti validi se non collegato a un candidato presidente che ha ottenuto almeno il 5 per cento dei voti nella relativa elezione. Appunto, nuove regole, ma soprattutto una nuova politica. Oggi servirebbe un primum vivere della politica, che ponga la progettualità in primo piano e al centro la persona. Quindi, assumersi la responsabilità di decidere, elaborare progetti, immaginare il futuro favorendo una concreta partecipazione dei cittadini. La politica deve, poi, tornare a essere una strada per menti brillanti e ambiziose, creative e generose, deve tornare a essere attraente e stimolante, ritrovare il suo potenziale di efficacia, la vocazione a costruire cose buone. Lei auspica quindi un ruolo attivo della cittadinanza? Ho sempre pensato che la partecipazione dei cittadini alla vita civile del proprio paese, onorando i propri doveri, e conoscendo ed esigendo i diritti propri e quelli altrui, migliori la vita sociale e politica. Più persone attive e volenterose ci saranno, più sarà possibile dare un futuro migliore alla nostra società. Non sarà necessario così combattere alcuna battaglia ideologica di retroguardia per rendere questo paese normale. Gli italiani devono solo crederci. I lombardi, invece, lo fanno già da tempo. ROBERTO FORMIGONI Presidente della Regione Lombardia dal 1995. Nella tornata elettorale del 28 e 29 marzo 2010, alla testa della lista Per la Lombardia (sostenuta da Pdl e Lega Nord), è stato confermato presidente della Regione con 2.703.255 voti (56,11 per cento) | | 28 novembre 2012 | 43 SPORT FACCE DA LEGGENDA Non sparatele troppo grosse A Osvaldo basta una mitragliata per diventare “il nuovo Batistuta”. Livaja fa due gol ed è già “il nuovo Rooney”. Il calcio non esiste senza eroi. Ma nei paragoni c’è sempre un punto (di ironia) e mes (di serietà). Ed è facile fare cilecca miglia a chi? A volte è anche un modo di ironizzare (o auto-ironizzare) su noi stessi e il nostro modo di vivere il pallone così sopra le righe. Forse i più giovani non ricordano Ugo Tosetto da Cittadella che Nils Liedholm definì “il Keegan della Brianza” perché, anche se era veneto, il Milan lo prese dal Monza. La faccenda gli costò la carriera, anche perché Keegan era un’ala mentre il povero Tosetto una seconda punta, così si vide la strada sbarrata da Buriani e non venne mai utilizzato nel suo ruolo. Il vecchio inimitabile Barone svedese era una specie di Avvocato Agnelli, gli piaceva la prima freddura, il primo accostamento, la prima boutade, il primo nome che gli veniva in mente. Certo, l’Avvocato stupiva di più con quei paragoni trasversali, calcio-storia dell’arte: Baggio-Raffaello, Del Piero-Pinturicchio, ma siamo su quella linea lì. Liedholm, su cui un giorno dovremo tornare per raccontarne le gesta, era un mito in fatto di iperboli: dopo Tosetto si esibì con Mandressi, “il nuovo Rensenbrink”, e riuscì ad accostare Luciano Gaudino da Poggiomarino di Fred Perri I l calcio ha bisogno da sempre di nuovi eroi, di facce da leggenda, di miti formato esportazione. In generale, di un popolo, si dice “beato quello che non ha bisogno di eroi”, ma il calcio è un culto particolare, senza eroi non va avanti. Senza paragoni si intristisce. Perfino io, quando calcavo i campetti spelacchiati di periferia nei turbolenti Seventies, avevo un soprannome: Josè. Perché giocavo con la sua intelligenza di fine carriera. Un attaccante che bivaccava ai margini del gioco per poi, improvvisamente, come Altafini nei suoi ultimi anni di carriera alla Juventus, emergere dal nulla per segnare gol importanti e decisivi. E dopo questa citazione autoreferenziale da vecchio trombone ma anche per farvi capire l’andazzo, ecco un fior da fiore di quello che negli ultimi trenta-quarant’anni, è diventato classico nel modo di fare giornalismo, ma che ai tifosi di calcio piace tanto: l’arte del paragone. Non che prima non esistesse naturalmente, il calcio è bello perché non s’inventa niente, tutto è già stato fatChi si ricorda Ugo Tosetto da Cittadella? Nils to anche se con altri nomi Liedholm lo definì “il Keegan della Brianza”. e con altre forme. La faccenda gli costò cara perché Keegan Poi, a noi italiani, questo gioco piace. Chi assoera un’ala, Tosetto una seconda punta 44 | 28 novembre 2012 | | A sinistra, Daniel Pablo Osvaldo, italo-argentino, attaccante della Roma. Secondo i tifosi è “il nuovo Batistuta” (sopra): stesso ruolo, capigliatura e stesso modo di esultare. Ma deve ancora dimostrare tutto per diventare come il Re Leone che alla Roma, nel 2001, vinse lo Scudetto Foto: AP/LaPresse (Napoli) a Gunnar Nordahl. In quei tempi qualcuno affibbiò a Giuseppe Galluzzo di Siderno, attaccante di scorta del Milan degli anni bui (quelli delle retrocessioni in B) il titolo di “nuovo Garrincha”. I Maradona locali e nazionali Per cui, tutto quello che sentite oggi, c’è sempre stato. Ovviamente non tutti i paragoni sono uguali, ce ne sono alcuni più uguali degli altri. Diego Armando Maradona, il Pibe, il più grande di tutti, ad esempio, vanta innumerevoli tentativi di imitazione. Il primo è stato suo fratello Hugo, ma non per colpa sua. Anzi Hughetto forse voleva fare la sua vita, percorrere la sua strada, ma quando hai il sangue del più grande calciatore di tutti i tempi, l’unico capace di vincere un Mondiale da solo, tutti si aspettano che diventi come lui o per lo meno che ti avvicini al Mito. Non è andata così. Poi ci sono diversi Maradona nazionali o locali. Gheorghe Hagi, romeno, numero 10 estroso e latino, è diventato “il Maradona dei Carpazi”. Nel Mondiale del 1994, negli Stati Uniti, i due si sarebbero dovuti incrociare negli ottavi di fina| | 28 novembre 2012 | 45 SPORT FACCE DA LEGGENDA 46 | 28 novembre 2012 | | I paragoni sono interessanti, ma non ci prendono quasi mai. Sono un gioco di società, però come Monopoli o Risiko dovrebbero mantenere un certo livello di serietà. Per esempio, Claudio Marchisio è più simile a Steven Gerrard che a Marco Tardelli, ma l’ha dovuto spiegare più volte al mondo prima che venisse abbandonato il primo paragone. Però se non altro Marchisio è un dei migliori centrocampisti dell’ultima generazione e lo ha dimostrato. A volte i paragoni azzoppano. A Marko Livaja, croato, 19 anni, pupillo di Andrea Stramaccioni, campione d’Italia e di quella che è stata definita una sorta di Champions giovanile (NextGen Series: dove Stramaccioni ha sedotto Moratti) sono bastati due gol in Europa League e qualche apparizione per conquistarsi un accostamen- to a Wayne Rooney. A parte il fatto che gli auguro di tenersi i capelli, bisogna stare attenti. Da quando Mattia Perin, capelli alla George Harrison, è stato battezzato come il nuovo Buffon, ogni tanto sbanda un po’. Di sicuro è un giovane e valente portiere che è capitato nel posto sbagliato (il Pescara prende troppi gol e non si distingue quanto c’entri il numero uno o quanto sia incolpevole). Una giovane speranza azzurra A proposito di Pescara, uno dei gioielli della smantellata Zemanlandia 2011-2012, Marco Verratti, enfant du pays, cioè proprio di Pescara, talento di appena 20 anni finito alla corte dello sceicco di Parigi, inserito dalla rivista spagnola Don Balon nella lista dei migliori giovani calciatori nati dopo il 1991, è staHazard “il nuovo Zidane”? Di sicuro è costato to accostato ad Andrea Pirlo. E qui sono d’accordo. uno sproposito, 40 milioni. A Fabio Borini Visione di gioco, palleggio, è toccato “il nuovo Inzaghi”, ma per adesso posizione (primo terminaha fatto solo avanti indietro dall’Inghilterra le del passaggio davanti alla Foto: AP/LaPresse le a Pasadena (3 luglio), ma la sfida tra i Maradona svanì per la positività ai controlli antidoping dell’originale, un fatto ancora oggi oggetto di culto misterico come le piramidi Maya e l’assassinio di Kennedy. Belözoglu Emre in patria era chiamato il “Maradona del Bosforo” ma del mitico Pibe ha avuto ben poco. Tra l’altro è passato, insalutato ospite, anche in Italia, indossando la maglia dell’Inter. E poi ci si stupisce se quella squadra non vinceva. Vogliamo parlare della differenza tra lui e lo Sneijder del Triplete? Di Maradona ce ne sono un tanto al chilo. Noi abbiamo il Maradona del Salento, Fabrizio Miccoli, che, per una certa esplosività, ricorda l’originale. Per assomigliare al suo idolo ancora di più, Miccoli ha comprato all’asta un orecchino sequestrato al Pibe (notoriamente indebitato con lo Stato per questioni di tasse: deve più di 37 milioni, in aumento costante per via degli interessi) per 25 mila euro. Come gli altri Maradona anche Miccoli ha dei colpi di genio e una serie di tatuaggi (11) che raccontano la sua vita. Tra questi ha in comune con Diego il volto di Che Guevara, passione del Maradona del Salento e anche dell’originale, grande fan della rivoluzione castrista (oltre che di Minà, Paco Peña, Mimmo Locasciulli, Alberto Juantorena e Mohammad Ali) e di Cuba, dove va sempre a rimettersi in sesto dopo qualche acciacco, fisico o morale. E se Leo Messi è l’erede (si badi bene, erede, non nuovo Pibe) designato di Maradona, a sua volta la mitica “Pulce” ha già prodotto dei cloni, almeno da un punto di vista giornalistico. Gabriel Andrei Torje, 23 anni, di Timisoara, è stato scoperto da Hagi, il Maradona dei Carpazi, ed è immediatamente diventato il “Messi di Romania”. Intercettato dalla rete di intelligence dell’Udinese, dopo un anno alla corte di Guidolin è stato mandato al Granada, in prestito, per proseguire la sua crescita. In rete gira un video di Jin-Hyuk Kim presunto Messi nordcoreano. Undici anni, sarebbe la promessa del regime di Pyongyang. Il condizionale è d’obbligo perché sulla rete girano tali bufale da far accapponare la pelle e perché di quello che succede nella Corea del Nord sappiamo ben poco. Foto: AP/LaPresse A sinistra, Claudio Marchisio. È stato paragonato più volte a Marco Tardelli (a lato) che ha vinto tutto con la maglia della Juventus e un Mondiale con quella della Nazionale. Marchisio è uno dei migliori centrocampisti dell’ultima generazione. In alto, Marco Verratti, 20 anni, ha impressionato con la maglia del Pescara in serie B, oggi è un titolare fisso del Psg. Per visione di gioco, palleggio e posizione in campo è stato accostato al Sommo Regista Andrea Pirlo (in alto, a destra) difesa, amministratore di gioco) ne fanno una delle grandi speranze italiane per il Mondiale 2014. Con due anni in un grande club e un gruzzolo di partite internazionali nei piedi (e in testa), insomma con l’esperienza necessaria, può diventare uno dei protagonisti della nostra nazionale. Vedo meno simile a Pirlo, Paul Pogba, anche se Conte lo considera il sostituto ideale del Sommo Regista. Lo hanno paragonato a Vieira. Non so. Mi sembra che proceda meno con spallate, che usi di più il fioretto. Di sicuro, se non perde tempo e arriva puntuale agli allenamenti, diventerà grandissimo. Stesso discorso per M’baye Niang, 18 anni tra un mese, compagno di Pogba nell’ottima nidiata dei figli della banlieu, quelli che hanno sempre fatto grande la Francia, a cui è stato prontamente affibbiato il soprannome di “nuovo Henry”. Il Milan punta molto su questo ragazzo, ma vale lo stesso discorso: attenzione a non cadere nel lato oscuro della forza, quello che gli ha fatto guidare un’auto senza patente e, quando è stato intercettato da una pattuglia della polizia locale, lo ha spinto a spacciarsi per il compagno di squadra Traoré (che, dicono i milanisti, non è servito neanche a questo). lui, siamo tutti sull’attenti), certo che continuando a fare avanti e indietro dall’Inghilterra (adesso sta al Liverpool) più che il nuovo Inzaghi diventerà il ragazzo con la valigia sempre in mano. Attaccante di lungo corso in Italia (ora al Vaslui), il bianchisLa sfida più difficile simo brasiliano Adaílton divenne “il nuoDorlan Mauricio Pabón Ríos viene dalla vo Romario”. Per me aveva sicuramente la Colombia e a Parma non hanno perso tem- sua età, ho sempre pensato che fosse più po ad accostarlo al mitico Tino Asprilla, anziano di quello che dichiarava. Non so se Eden Hazard, belga, 21 anni, grande appassionato di donne, auto, gol spettacolari e rubinetti (un giorno spese sarà “il nuovo Zidane”. Di sicuro è costato un botto di milioni per acquistarne centi- tantissimo al Chelsea, 40 milioni di euro. naia sostenendo che a casa sua non ne ave- Di sicuro è un ottimo giocatore, ma lo va di così belli). Pabón poi è stato parago- vedo un po’ decentrato rispetto al fumannato anche a Giovinco (è piccolo) e a Cre- tino Zizou, più punta esterna, trequartispo (è, o almeno dovrebbe essere, letale sta, ma diverso dal principe di Marsiglia. come l’argentino). A Marco Possanzini è A proposito di Zidane, mi sembra adatto, pesato un cicinin il titolo di “Ronaldo del- per chiudere questo racconto su paragoni, lo stretto” quando entusiasmava la curva soprannomi, accostamenti pallonari più o della Reggina. Perché il problema è sem- meno azzeccati, dire che anche i più granpre lo stesso, quando viene affibbiato un di intenditori di calcio sbagliano. Quando soprannome, quando si spreca un parago- l’uruguaiano Fabian O’Neill venne ingagne, c’è un punt (di ironia) e mes (di serie- giato dalla Juventus (per 20 miliardi, non tà). Però qualche aggancio ci deve essere. pizza e fichi) Lucianone Moggi sentenOsvaldo è stato nominato “il nuovo Bati- ziò: «Questo diventerà più forte di Zidastuta” e qualcuno ha creduto che, a Roma, ne». Ovviamente se ne sono perse le tracavrebbe potuto fare come il Re Leone, arte- ce. La sua carriera è finita mestamente in fice dello scudetto del 2001. Chissà. Per ora Uruguay, da dove era partito con ben altre c’è qualche problema. A Fabio Borini è toc- speranze, e di lui resta solamente l’immacato invece in eredità “il nuovo Inzaghi” gine dei parastinchi bassi, restano le paro(copyright Carlo Ancelotti e se l’ha detto le al vento di promesse non mantenute. Perché la morale di tutto questo è che un calciatoDorlan Mauricio Pabón Ríos è colombiano re, prima di essere qualcun come Tino Asprilla, piccolo come Giovinco, altro, come tutti noi, deve letale come Crespo. O almeno dovrebbe essere se stesso. Ed è la sfida esserlo. Però intanto tutta Parma sogna più difficile da vincere. n | | 28 novembre 2012 | 47 SPORT SOGNANDO IL MOTOMONDIALE Un pilotino nella scia dei grandi A tre anni andava con la bicicletta senza rotelle. A quattro ha iniziato a correre. La breve (per ora) carriera di Tony Arbolino, il baby fenomeno milanese che a suon di staccate e sorpassi si è laureato campione d’Europa nella Mini Gp 50 48 | 28 novembre 2012 | | P Max Biaggi che si ritira dalle corse in nome della famiglia, c’è un campioncino italiano che si affaccia in pista e punta decisamente a un futuro in moto Gp. Si chiama Tony Arbolino ed è una delle più giovani e talentuose promesse del motociclismo italiano. Il pilotino ha dodici anni e il suo luogo d’origine non è quello che sulla carta si addirebbe di più a un centauro in erba: Garbagnate Milanese. Tony è un ragazzino vivace, ha due occhi grandi e svegli ma anche un po’ melanconici, i capelli tagliati sempre con un differente tipo di cresta. Lo scorso settembre ha iniziato a frequentare la seconda media nel suo paese, però non gli piace andare a scuola perché da quando ha quattro anni lui corre in moto. Questa è la sua vera passione. Non se la ricorda neanche la sua prima volta in moto, tanto era piccolo. Racer un Le più belle gare di Tony sono autentici gioielli, fatti di rimonte e sorpassi all’ultimo giro. Le emozioni che regala lo rendono uno dei piloti più amati Foto: Alessandro Alessandroni Tony Arbolino è iscritto al Campionato Mini Gp 50. Ha dodici anni e vive a Garbagnate Milanese, in provincia di Milano. Ha iniziato ad andare in moto all’età di quattro anni e da allora non si è più fermato. Corre per il team Rmu conta suo padre Antonio, che di mestiere fa il benzinaio a Garbagnate: «Avevo una piccola moto da cross, così un giorno, per provare, ho portato Tony in una pista che c’era qua vicino. C’erano altri bambini più grandi che si stavano allenando per i campionati della zona, e mi sono stupito tantissimo quando ho visto che Tony gli stava attaccato senza nessuna difficoltà. Mi sono accorto che mio figlio aveva un talento». In verità Antonio aveva già avuto una dimostrazione della particolare predisposizione all’equilibrio (perché di equilibrio si parla, prima di tutto, in moto) del figlio quando Tony, ad appena tre anni, aveva incominciato ad andare in bici senza rotelle, cosa che i suoi coetanei non si sognavano neanche. Quel giorno Antonio ha un’intuizione e decide di seguirla: «Ho pensato: mio figlio ha una dote, e io fin che posso lo voglio aiutare a coltivarla». Così inizia l’avventura, con l’acquisto della prima minimoto e la decisione, in barba allo scetticismo dei compaesani, di allenarsi in piste lontane da casa («se si vuole imparare bisogna andare dove c’è la gente brava»), nella terra dei motori: la Romagna. Iniziano così le trasferte fuori porta del pilotino col suo papà. Il primo titolo italiano E il bello è che l’approdo all’“estero” è meno difficile del previsto. Tony non si limita a imparare da piloti più esperti di lui; Tony dà la paga a tutti. La gente a bordo pista guarda incuriosita e si chiede chi sia questo piccolo Uomo Ragno (il ragazzino si è fatto disegnare la tuta come quella di Spiderman e anche la moto è piena di ragnatele) che sguscia con naturalezza tra piloti già iscritti a competizioni a cui lui non può partecipare perché troppo giovane. Antonio è sempre più stupito e convinto che questa sia la strada giusta e così decide di acquistare un camper, il mezzo perfetto per stare interi week-end lontani da casa senza spendere troppi soldi in hotel: «All’inizio è stato un salasso, ma nel lungo periodo si è rivelata la scelta più ragionevole». Sono anni di duri e costanti allenamenti macinando chilometri su e giù per tutto il nord Italia: «Lasciavo il lavoro il mercoledì o il giovedì – continua Antonio – prendevamo il camper e passavamo almeno tre giorni in una pista sempre diversa a provare e a regolare la moto. D’estate e d’inverno, col freddo e col caldo, il sole o la pioggia». D’altronde, il talento non basta mai, bisogna sudarsela in ogni caso. Il 2009 è l’anno della svolta: Tony ha ormai compiuto otto anni e può finalmente iscriversi al Campionato Italiano Minimoto. Lo fa con il Pasini Racing Team. Il fatto di essere un rookie della | | 28 novembre 2012 | 49 SPORT SOGNANDO IL MOTOMONDIALE In queste foto, Tony insieme a papà Antonio, festeggia la vittoria di una gara. Il 29 luglio si è aggiudicato il Campionato Europeo Mini Gp 50 categoria, un debuttante, non intimorisce minimamente il garbagnatese che, vincendo in totale undici gare su quindici disputate, si aggiudica di gran lunga il titolo italiano, il campionato regionale e gli assoluti d’Italia. Nella stessa stagione partecipa anche al Campionato Europeo piazzandosi in terza posizione: un grande trionfo che premia gli sforzi e i sacrifici della famiglia Arbolino. La stagione 2010 Tony la disputa sempre con lo stesso team e la voglia di riconfermarsi campione. Purtroppo, a causa di un infortunio alla mano, non gli riesce quella che sarebbe stata una clamorosa doppietta e a fine campionato si classifica quarto. Nel 2011 Tony e il papà Antonio decidono di fare il salto di categoria, approdando al Campionato Mini Gp 50 con il team Rmu. Anche in questa stagione Tony si rivela il miglior esordiente (ottiene infatti il riconoscimento ufficiale della Federazione), riesce a vincere qualche gara, rimanendo sempre tra i primi, e a fine stagione si classifica secondo, dietro al suo compagno di squadra. Il mago delle curve Non è facile la vita del giovane pilota. Bisogna imparare giro dopo giro, giorno dopo giorno, week-end dopo week-end. Studiare la pista e le traiettorie a tavolino, capire le gomme (quando e quali usare per ogni occasione) imparare a rapportarsi col proprio meccanico, affinare la propria sensibilità per capire i problemi della moto e cercare di risolverli. Proprio come fanno i campioni che si vedono in tivù. Un problema che Tony sembra soffri50 | 28 novembre 2012 | | Aspettando la costanza Nel 2012 Tony ha un solo obiettivo: vincere il titolo Mini Gp 50. Ormai si sente pronto, dopo il primo anno di ambientamento nella categoria. «Quando ti sta dietro lui ti studia. Ti osserva. Ma, si sa, troppa foga porta all’errore e Tony non Tony non ti attacca mai nello stesso punto, è riuscito a essere incisie per questo è imprevedibile. Mette pressione vo come avrebbe voluto. È agli avversari, che prima o poi sbagliano» anche una stagione sfortunata per alcuni episodi che re relativamente? Gestire la tensione: «Io hanno compromesso il risultato finale. Il non ho mai paura prima della gara – dice 23 settembre ha vinto l’ultima gara a LatiTony –. So di essere il più forte e voglio na, arrivando quarto in classifica generasolo andare veloce e vincere». le. Antonio dice sempre di non voler guarNel tempo Tony si è rivelato un pilo- dare Tony con gli occhi del padre, ma di tino efficace più in gara che in prova. voler essere oggettivo per mettere in luce Durante il week-end tende a dare il massi- anche gli aspetti in cui il figlio ha qualmo, soprattutto la domenica, quando rie- che mancanza: «Deve imparare a essere sce a mettere qualcosa in più: «Il momen- più costante, i campionati si vincono stanto della gara è sicuramente quello che do sempre al vertice, non bisogna avere preferisco. Gli altri giorni sento molta cali di tensione». Nonostante la delusiomeno adrenalina addosso e quindi non ne nel campionato italiano, la stagione riesco ad andare così forte come in gara». 2012 ha anche il sapore dolce di una sorDa un lato è positivo che un pilota si presa spagnola. Domenica 29 luglio, Tony migliori dal sabato alla domenica, dall’al- si aggiudica il Campionato Europeo Mini tro un vero campione sa di doversi con- Gp 50, competizione sui generis disputacentrare al massimo tutte le volte che sale ta quest’anno sul Circuito Internacional in sella a una moto: «Questa è una cosa di Zuera, a Saragozza, una prova unica in cui sicuramente Tony deve migliorare composta di tre gare (due il sabato, una la molto; se andasse forte in qualifica come domenica). Il nostro pilotino vince all’ulva in gara non ci sarebbe storia per nessu- timo respiro due gare su tre, agguantanno», assicura papà Antonio. do così il gradino più alto del podio. Fare dei bei sorpassi è una dote rara Insomma, una stagione dalle due facin piloti di così tenera età. Ma a Tony non ce che lascia tanta speranza per il futuro manca di certo. All’interno o all’esterno, del pilotino. Tony è solo all’inizio e il suo in staccata o in uscita di curva. Tony è un grande talento è una pietra grezza che pilota di grande fantasia e un osso molto va lavorata negli anni a venire con tanta duro da scrollarsi di dosso. Dice Antonio: pazienza, grandi sacrifici e tutta la tena«Quando ti sta dietro lui ti studia. In que- cia possibile; con l’appoggio della famisto sta migliorando tantissimo. Ti osserva glia e degli amici. Solo così potrà provare e non ti attacca mai nello stesso punto, a realizzare il sogno nel cassetto: appronon è prevedibile. Mette molta pressione dare un giorno nel Motomondiale. agli avversari, che prima o poi sbagliano». Simone Argelli Foto: Alessandro Alessandroni Non è un caso che le più belle gare che Tony ricorda della sua breve carriera sono degli autentici gioielli, fatti di rimonte e sorpassi all’ultimo giro. L’emozione che riesce a regalare lo rende anche uno dei piloti più amati del paddock. «Una delle cose che mi stupisce più di Tony – racconta Antonio – è il numero di persone che viene a festeggiarlo a fine gara: decine di facce mai viste prima si presentano a fargli i complimenti anche quando non vince. Questo è un segno grande». l’italia che lavora Facciamo gli sconti su misura Nel 1974 Marco Brunelli apriva il primo ipermercato italiano. Oggi “Iper, La grande i” inventa nuove soluzioni per chi chiede di più alla propria spesa. È il mondo degli iClub, spazi virtuali per condividere risparmi e interessi reali I del sabato mattina che sperimenta da alcuni anni con succon famiglia al seguito. L’incomben- cesso nuove modalità di fidelizzazione za che i più metodici compiono una del cliente. La terminologia e la metodovolta al mese in perfetta solitudine. Oppu- logia delle più recenti strategie di marre la meta di un pellegrinaggio quotidia- keting servono a mantenere al passo coi no. Con tempi e modi diversi la spesa è tempi l’intuizione di Marco Brunelli, preuna necessità per tutti. E se è vero che le sidente e fondatore di “Iper, La grande i”, abitudini cambiano a seconda delle perso- che nel 1974 apriva il primo ipermercato italiano a Montebello della ne, è altrettanto vero che su Battaglia, in quel di Pavia. quel rito incide in maniera Da allora Iper ha cercato importante anche la cone conquistato sempre nuogiuntura economica. Così vi spazi, aprendo nel 1976 accade che in un periodo il primo centro commerdi incertezza come quelciale italiano a Cremona e lo che stiamo attraversanspingendosi, all’inizio degli do le grandi scorte lascianni Novanta, nel centro no il posto a spese più conItalia. Dopo l’apertura del tenute e frequenti, come punto vendita di Savignano se le ristrettezze economisul Rubicone nel 1993, nel che accorciassero anche gli giro di pochi anni Iper ha orizzonti e parcellizzassecollezionato sei ipermercaro gli acquisti. Tutto mateti tra Romagna, Marche e riale in abbondanza per Abruzzo. Nel Nord, regiosociologi e psicologi, ma ne di nascita e di elezione, anche per imprenditori e è significativo l’esperimenuomini marketing. Perché to del centro di piazza Porse il cliente cambia bisogna tello a Milano: uno spazio cambiare con lui, andarlo enorme nel cuore della cita prendere, attirarlo non tà, nell’area che fu dell’Alfa solo con la convenienza e cinque iclub Romeo, per sperimentare la qualità (che pure rimanDai bambini agli hobby un nuovo concept di ipergono imprescindibili) ma Sono cinque gli iClub mercato. L’Iper di Milano anche con la capacità di di Iper, La grande i per Portello compie una tenfidelizzare i clienti: Baby prevenire le sue richieste Club, 4zampe, Naturale, denza che in realtà carattee aiutarlo a seguire i suoi Luogo Ideale Chef e rizza Iper sin dai tempi del interessi. È quello che accaHobby. Possono iscriversi primo ipermercato di Marde in una realtà della grangratuitamente i titolari di co Brunelli: consentire al carte vantaggi Iper. de distribuzione come Iper, 52 l rito settimanale | 28 novembre 2012 | | cliente di coniugare l’esperienza dell’acquisto dal negoziante di fiducia con il prezzo competitivo di un ipermercato. Il cambiamento nelle modalità di spesa degli italiani cui si accennava all’inizio incide eccome sulla vita degli ipermercati. «L’abitudine di fare spese minori ma più frequenti rischia di penalizzare i grandi spazi come i nostri – spiega Massimo Baggi, responsabile Marketing Cliente di Iper. Per questo abbiamo messo a punto una strategia per rispondere in modo mirato alle esigenze delle diverse tipologie di consumatori». Lo strumento in questione è, da un paio d’anni, quello degli iClub: vere e proprie community, luoghi virtuali in cui i consumatori possono confrontarsi, condividere interessi, valori ed esperienze. Possono iscriversi gratuitamente i possessori di carte vantaggi Iper, che così avranno diritto a una serie di sconti su diversi prodotti, che andranno poi a sommarsi ad altri ribassi eventualmente presenti nel punto vendita. La chiave per fidelizzare i consumatori, come spiega ancora Baggi, è individuare degli interessi precisi e dunque non proporre a tutti “indiscriminatamente” lo stesso sconto, ma identificare luoghi tematici in cui quella del risparmio è soltanto una delle molteplici esigenze del consumatore. Il primo nato, nel febbraio 2011, è stato il Baby Club, che oggi conta circa 27 mila famiglie iscritte. Negli anni successivi sono nati anche il Naturale, il 4zampe, Luogo Ideale Chef e Hobby. In contatto con blogger ed esperti Sì ma cosa si va a fare nell’iClub virtuale? «Noi – riprende Baggi – invitiamo i consumatori a far parte di veri e propri Club dove accanto a quello che sappiamo fare bene (cioè garantire convenienza), diamo la possibilità di confrontarsi su alcuni temi, spesso grazie alla presenza di blogger o esperti della tematica a cui il Club è dedicato». Accade così che nel Baby Club sia possibile stampare un buono sconto su omogeneizzati e pannolini e poi leggere i consigli del medico sullo svezzamento o sulla dermatite da pannolino. Ci sono articoli e interventi di professionisti ed esperti di prima infanzia, giochi e fiabe scaricabili. Le mamme e i papà possono interagire con gli altri genitori, scambiandosi consigli e opinioni sui temi più svariati, e formare una community speciale, attiva anche con gruppi sui principali social network, ma non solo. Analogamente, nell’iClub 4zampe (ad oggi arrivato a quasi 20 mila iscritti) ci sono buoni sconto su cibi e accessori per animali ma anche approfondimenti su temi legati alla loro salute e al loro benessere quotidiano. Segue invece le ultime tendenze in fatto di alimentazione consapevole e scelte di vita sostenibili l’iClub Naturale. Qui tutti coloro che amano prendersi cura di sé e alimentarsi in modo sano ed equilibrato troveranno i consigli dei food blog- ger e poi gli sconti esclusivi su centinaia di prodotti biologici, naturali ed ecologici, scaricabili direttamente online e subito utilizzabili nel punto vendita. Il Luogo Ideale Chef, invece, è dedicato a chi ama il buon vino e la buona cucina. Infine l’Hobby Club si rivolge a chi ama il fai da te con grande attenzione all’universo femminile. «Si tratta di una tendenza anglosassone che ovviamente interessa in primo luogo i trenta-quarantenni che utilizzano molto internet, ma non dimentichiamo anche tutti gli altri». Non per niente una delle strategie di sviluppo per il futuro è quella di consolidare i rapporti tra il mondo offline e quello online. «Per esempio, nell’ambito del Baby Club, stiamo stringendo accordi di collaborazione con l’Associazione nazionale famiglie numerose. Abbiamo calcolato che se una persona utilizza sisteMassimo Baggi: «Abbiamo calcolato che maticamente il nostro sito se una persona utilizza sistematicamente può risparmiare, nel primo il nostro sito può risparmiare, nel primo anno di vita del bambino, circa 400 euro». [lb] anno di vita del bambino, circa 400 euro» | | 28 novembre 2012 | 53 GREEN ESTATE CINEMA REFETTORIO SIMPLICITAS, MILANO Portate sensuali e commoventi di Tommaso Farina A lzi la mano chi, alla parola “refettorio”, non pensa a tristi mense scolastiche o antri bui di collegi severissimi, tipo beati anni del castigo, in cui i convittori vengoIN BOCCA no nutriti a forza di minestrine. È dunque provocatorio sceALL’ESPERTO gliere un nome come Refettorio Simplicitas per un ristorante. Anche perché, a conti fatti, questo posto in centro a Milano, inaugurato da non molto tempo, del refettorio ha solo la scelta ridotta (ma intelligente) dei piatti mangiabili. Sedetevi in un ambiente di chiara essenzialità, ma declinata “alla buona”, per così dire, ossia non in quel minimalismo da archistar a cui vorrebbero abituarci. Posate e tovaglioli stanno in un contenitore su ogni tavolo. Si può leggere il menù del giorno su una lavagna e disporre un cartellino colorato, che faccia direttamente capire agli svelti camerieri se volete il menù col primo piatto, quello col secondo, o quello con tutti e due. Altrimenti potete ordinare alla carta senza problemi, sia a pranzo sia a cena (ma a cena compaiono anche due o tre portate più impegnative). I menù cambiano spesso. Anzitutto c’è il “pane e companatico”: pane di pasta madre del panificio Longoni, acqua e due assaggi sempre diversi: può trattarsi di giardiniera sottaceto, come di salsa hummus di ceci. Si parte poi coi primi: cavatelli al ragù di verdure; buonissimi agnolotti di carne e amaretti con sugo d’arrosto; risotto ai finferli; fettuccine alla salsiccia. Poi, i secondi. Quando siamo venuti noi, c’era uno stupendo, cremoso, sensuale merluzzo mantecato con crema di patate e bagnetto verde, da applausi. Se no, tagliata di manzo; pollo alla cacciatora; pesce spatola al profumo di limone; vitello tonnato. Di dolce, un semplice, commovente gelato al fiordilatte, il tiramisù e altre cosette elementari. La domenica a pranzo invece va in scena il rito del bollito, 35 euro tutto compreso. Coi menù del giorno si spendono 15-18 euro. Alla carta, calcolatene una trentina. Dimenticavamo i vini: scelta di bottiglie molto anticonformiste, anche a calice. Per informazioni Refettorio Simplicitas www.refettoriomilano.it Via dell’Orso, 2 – Milano Tel. 0289096664 Chiuso sabato a pranzo e domenica sera nome scelto per la campagna di informazione nazionale che coinvolgerà ben 500 punti vendita della Coop. Nei centri commerciali, nei mega store e nei punti vendita della centrale cooperativa verranno esposte le tabelle contenenti i parametri sulla qualità dell’acqua di casa e verranno distribuiti milioni di opuscoli informativi descrittivi di ciascuno dei parametri chimico-fisici esaminati. I dati verranno forniti dai gestori pubblici del servizio idrico della zona aderenti a Federutility. Per Coop non si tratta di una novità: già due anni fa aveva lanciato la campagna “Acqua di HUMUS IN FABULA COOP-FEDERUTILIY Come conoscere l’acqua del sindaco Accordo tra Coop, la centrale cooperativa della grande distribuzione, e Federutility (Federazione nazionale che raggruppa le società pubbliche e private che operano nei settori gas, energia e acqua) per informare i consumatori sulla qualità dell’acqua di rubinetto. “Sull’acqua il massimo della trasparenza”: è questo il 54 | 28 novembre 2012 | | Un mostro a Parigi, di Bibo Bergeron Animazione di classe e raffinata Per un esperimento finito male una pulce dal canto melodioso mette in crisi la polizia parigina. Interessante film d’animazione francese uscito più di un anno fa. Ora esce in Italia, buon ultima, dopo che il film è disponibile in tutto il mondo in Blu-ray. Meglio tardi che mai. Il film meritava un’attenzione maggiore. Tecnicamente è ineccepibile (il regista è quello di Shark Tale), la storia è poetica, i numeri musicali sono molto belli. È vero: molto è scopiazzato da Ra- HOME VIDEO The Amazing Spiderman, di Marc Webb Tanta azione La storia delle origini dell’uomo ragno. Diciamo che non si sentiva molto la mancanza di Spiderman a 5 anni appena dal capitolo 3 di Raimi. Comunque: gli effetti speciali sono ottimi e all’altezza, la confezione di gran classe. Peccato solo che Sam Raimi venga sconfessato. Niente sfumature horror, nessuna ambiguità, solo tanta azione, ritmo e psicologie elementari. Webb, il regista del mitico 500 giorni insieme, dirige col pilota automatico. Casa Mia” per promuovere l’acqua del sindaco e l’acquisto di acqua minerale imbottigliata alle fonti più vicine al punto vendita. Questa volta l’operazione avviene in collaborazione con Federutility, che rappresenta il 95 per cento delle aziende che gestiscono il servizio idrico nazionale. Per Enrico Migliavacca, vicepresidente vicario dell’Associazione nazionale cooperative di consumatori-Coop «in assenza di informazioni complete sulla qualità dell’acqua, sappiamo bene che i cittadini possono avere una percezione sbagliata in termini di affidabilità e comun- que sono portati a deciderne il consumo in base al sapore». Per Mauro D’Ascenzi, vicepresidente di Federutility «il livello qualitativo dell’acqua italiana è tra i più alti d’Europa nonostante le tariffe più basse. Non è questione di fortuna, ma delle decine di migliaia di controlli quotidiani effettuati su tutta la rete». I parametri significativi dal punto di vista chimico-fisico pubblicati nella “Lista della trasparenza” sono nove e sono relativi alla concentrazione di ioni di idrogeno, cloruri, ammonio, nitrati, nitriti, residuo secco a 180°, durezza, fluoruri e sodio. STILI DI VITA OPEN DAY DELLE SCUOLE tatouille e l’incipit con i finti cinegiornali è farina del sacco di Up ma il film è gradevole, non volgare, cita tanti film romantici (c’è pure King Kong). Non brilla per azione e colpi di scena e forse i bimbi non usciranno contentissimi ma è un prodotto di classe e raffinato. Nella versione originale le voci sono dei vari François Clu- zet, Vanessa Paradis e Ludine Sagnier, la coppia Bob Balaban-Danny Huston brilla in quella americana. In Italia, la terra dei “doppiatori più bravi al mondo” ascolteremo Arisa, Raf ed Enrico Brignano. visti da Simone Fortunato SPORTELLO INPS In collaborazione con Tutto quello che bisogna sapere Sì, i contributi della Gestione Il regista Bibo Bergeron di Annalena Valenti T Open day per le scuole, in particolare per quelle private, che devoMAMMA OCA no dimostrare ai futuri allievi il loro valore, alle loro famiglie perché si dovranno adeguare all’ingiustizia sociale che li obbliga a pagare il doppio la scuola per i propri figli, e convincere le famiglie di quelli già iscritti che i soldi con cui pagano le rette, ormai sempre più spesso e per molti frutto di sacrifici, sono spesi bene. Ma bene come? Tempo di crisi, ma queste scuole sono piene di genitori che vengono almeno a vedere, qualcuno già sa che non potrà iscrivere i figli, ma vogliono vedere, fare un paragone: cosa c’è di diverso qui? «Io devo vedere la profondità delle cose, anche di quelle più consuete, invece di leggere etichette incollate sulle cose, con l’indicazione che esse sono straordinarie». La frase di P. Florenskij si legge in un’aula della scuola media del Collegio della Guastalla, come la mission di maestri che insegnano. Devo vedere, e lo vedo in quel ragazzo che con il teorema di Pitagora mi spiega un mondo, matematico, mai del tutto capito, mi stupisco del lavoro dei miei figli e di tutti i ragazzi che si mettono in gioco. Niente etichette incollate, sono qui a farci vedere la profondità delle cose, le loro cose consuete, lavoro e studio, e sono loro a farci scoprire che sono straordinarie. mammaoca.wordpress.com DOMANDA & RISPOSTA Requisiti per la pensione Sono iscritto alla Gestione separata dell’Inps. Vorrei sapere se i contributi si applicano ai redditi Irpef (quindi con le deduzioni previste) e se l’importo di questi viene calcolato sul reddito globale. Aldo V. La profondità delle cose invia il tuo quesito a [email protected] Separata si calcolano sul reddito lordo ai fini Irpef, sia per i collaboratori sia per i professionisti. Le deduzioni valgono solo ai fini del calcolo dell’imposta fiscale. Nel caso dei professionisti, il reddito è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo d’imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso. Sono una cittadina extracomunitaria vedova di un cittadino italiano e sono beneficiaria di una pensione di reversibilità. Nel caso intendessi trasferirmi nella mia empo di tà della pensione in caso di morte dell’impiegato se questo non ha raggiunto i requisiti pensionabili. Vito C. nazione di origine, continuerei a percepire la pensione? Olga V. Nel caso si trasferisse nel suo paese di origine, lei continuerebbe a percepire la pensione. La pensione di reversibilità deriva da una situazione contributiva di natura previdenziale. In caso di trasferimento fuori dal territorio italiano si perdono solo le prestazioni di tipo assistenziale come ad esempio l’assegno sociale. In caso di decesso del dipendente pubblico prima del raggiungimento del diritto alla pensione, può essere riconosciuta una pensione indiretta ordinaria. Questa pensione è liquidata se il dipendente alla data della morte (avvenuta in attività di servizio) era in possesso di un’anzianità di servizio pari ad almeno 15 anni, oppure di 5 anni di contribuzione di cui almeno 3 nell’ultimo quinquennio. Vorrei sapere quanta anzianità di servizio occorre, nel pubblico impiego, per avere la reversibili| | 28 novembre 2012 | 55 PER PIACERE TERESA DI LISIEUX DOTTORE DELLA CHIESA Dal “no” di papa Pio XI ai “sì” di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI AMICI MIEI MUSICA CLASSICA Francesca Dego la violinista col Guarneri del Gesù Segnate questo nome se qualcuno non lo avesse ancora sentito: Francesca Dego, classe 1989, talento cristallino del violino e fresca di registrazione dell’integrale dei 24 Capricci di Niccolò Paganini per la Deutsche Grammophon. Pur così giovane la Dego stupisce non solo per la tecnica impeccabile, la massima intonazione, e la varietà della gamma sonora, ma anche per la consolidata maturità musicale, la chiarezza delle idee e l’originalità delle scelte interpretative. Nella registrazione il talento di Francesca viene ancor più esaltato dal Giuseppe Guarneri del Gesù, prezioso strumento che le è stato offerto dalla “Florian Leonhard Fine Violins” di Londra e dall’acustica naturale, quella splendida dell’Eremo di Ronzano a Bologna, per cercare, come lei stessa dichiara, «il rapporto diretto con chi ascolta, senza intervenire sul suono in sede di editing e mastering». Un disco fresco e gioioso come il viso della Dego, un disco da ascoltare e riascoltare. Mario Leone Twitter: @maestroleone LIBRI/1 Proposta sintetica per l’Anno della fede C’è chi pensa che aver fede sia qualcosa di fortuito e irrilevante. Qualcuno è dell’avviso che il credere sia magari anche una fortuna, ma del tutto casuale. I più ritengono sia qualcosa di marginale nell’esistenza dell’uomo. Giacomo Biffi, cardinale e arcivescovo emerito di Bologna, propone L’abc di Germano Di Michele T eresa Martin, più conosciuta come santa Teresa di Lisieux: una vita (durata solo 24 anni) tutta nascosta e conclusa nel 1897. Proclamata beata da papa Pio XI nel 1923, santa nel 1925, protettrice della Francia e patrona delle missioni in tutto il mondo. È in quegli anni che qualcuno avanza la proposta di proclamarla Dottore della Chiesa. Eppure lo stesso Papa che l’amava, che l’aveva beatificata e canonizzata, che l’aveva chiamata «Stella» del suo pontificato, rifiutò la richiesta sbattendo il pugno sul tavolo: neppure parlarne, e per questo neppure a pensarci! Del resto a detta delle sue stesse sorelle «nessuno pensava che Teresa avesse una dottrina». Eppure nel 1997, Giovanni Paolo II le ha conferito il titolo di Dottore della Chiesa. Cosa è successo che spieghi il cammino dal no di Pio XI al sì di Giovanni Paolo II prima e di Benedetto XVI poi? Nel libro di Gianni Gennari Teresa di Lisieux. Il fascino della santità. I segreti di una “dottrina” ritrovata (Lindau, 609 pagine, 38 euro) si cerca di dare una risposta, di capire il perché di questo radicale cambiamento da parte di due, anzi tre, Papi. Lo scopo del libro è, infatti, quello di mostrare il cammino attraverso il quale la verità degli scritti di Teresa Martin e quindi della sua dottrina, se una ne ha avuta, si è a poco a poco imposta e ora si può pienamente offrire. In questo libro, per la prima volta con documenti inediti e originali, è descritta la vicenda che ha portato papa Giovanni Paolo II al rovesciamento del “no” di Pio XI, con il suo “sì” splendidamente confermato da Papa Ratzinger il 6 aprile dello scorso anno quando ha aggiunto che essa è «dottore «specialmente dei teologi», ed è maestra nella «scienza dell’Amore». Nel lungo volume è ricostruita la vera storia degli scritti di Teresa Martin (sono presenti le traduzioni fedeli degli originali Manoscritti): un «giallo» finora troppo nascosto che mostra la fantasia di Dio e premia la ricerca della verità. Oggi santa Teresa è Dottore dell’Amore e mostra all’uomo del terzo millennio la novità centrale della fede, la sua adozione per grazia a «figlio» di Dio, reso capace di riamare Dio e il prossimo con lo stesso «Amore» che è in Dio. della fede (Edizioni studio domenicano, 21 pagine, 1 euro). È Gesù a mettere in relazione la fede con la salvezza. Non si può dunque parlare della fede se insieme non si parla del fatto che abbiamo tutti bisogno di essere salvati dall’insignificanza nostra e dell’universo, dall’indegnità morale, e dalla prospettiva che la morte coincida con il nostro annientamento. La fede ci salva da tutti questi guai. Non è un prodotto della mente, del cuore, della sensibilità della persona, piuttosto la nostra risposta alla provocazione benefica di Dio. LIBRO perché fu per trovare un mezzo espressivo che non gli fosse reso impraticabile da quel difetto fisico che Clive Staples Lewis iniziò a scrivere racconti. Gli aneddoti raccontati con leggerezza e precisione da Edoardo Rialti servono a capire e conoscere la figura del grande scrittore che fu fraterno amico di Chesterton e Tolkien. La lunga serie di articoli scritti per Il Foglio da Rialti è stata raccolta in un libro edito da Cantagalli in collaborazione con il giornale diretto da Giuliano Ferrara. Un’infinita sorpresa. La vita e le opere di C. S. Lewis (Cantagalli-Il Foglio, 159 pagine, 13 euro) è perfetto per chi frequenta abitualmente lo scrittore e le sue opere, ma anche per chi si è fermato al mondo di Narnia amato da bambino. Il tentativo, scrive Rialti nell’introduzione al volume, è quello di comporre una biografia letteraria a puntate tutta imperniata alla messa a fuoco del “segreto” che viene fuori da solo dalla cose. «Nella consapevolezza serena che – e sono parole sue – “gli uomini non si possono studiare, si può solo arrivare a conoscerli”, e conoscere un uomo vuol dire iniziare qualcosa che si può continuare ad approfondire e apprezzare sempre di più, senza fine e senza secondi fini, giacché ogni storia umana è un invito, come l’armadio di Narnia, a sfogliare “l’unico grande libro che narra la storia eterna e che, di pagina in pagina, si fa sempre più avvincente e straordinario” e di cui tutte le fiabe e le opere d’arte più commoventi non sono che una gloriosa rifrazione». Ed è un atto che coinvolge tutto l’uomo: la sua intelligenza, la sua volontà, il suo amore, che è chiamato a superare il nativo egoismo. LIBRI/2 Lewis e un armadio chiamato mondo Nato con una sola falange al pollice, per lui le ordinarie attività pratiche, dai lavoretti in casa al disegno, erano imprese titaniche. Eppure è a questo piccolo handicap che devono dire grazie milioni di lettori: | | 28 novembre 2012 | 57 DI NESTORE MOROSINI MOBILITÀ 2000 Potenza 125 cavalli, telaio composito, sospensioni regolabili, controllo trazione elettronico a 8 livelli, ride by wire a 4 mappe NUOVA TRE CILINDRI DELLA MV AGUSTA Brutale 800, naked veloce e gustosa A di Milano (Eicma) MV Agusta ha messo in vetrina la nuova, bellissima Brutale 800, naked sportiva che sposa la facilità di guida delle medie cilindrate con le prestazioni esplosive delle maxi. Alla MV hanno pensato al motore tre cilindri come a una piattaforma che dovrebbe dare vita a diversi modelli con diverse cilindrate senza per questo dover fare salti mortali sotto il profilo dell’impegno industriale. La nuova Brutale 800 è mossa dal motore tre cilindri denominato Trepistoni, già apprezzato sulla versione 675 e ora dotato di potenza e coppia aggiuntive per via dell’aumento di cilindrata ottenuto con aumento della corsa. La scheda tecnica parla di 125 cavalli a 11.600 giri e 81 Nm a 8.600 giri, valori che uniti al peso a secco di soli 167 chili dovrebbero fare della Brutale 800 una moto veloce e gustosa. A vegliare sulla sicurezza attiva di chi guida ci sarà un controllo elettronico di trazione a otto livelli, iniel salone del motociclo I prezzi: da 9.990 euro per la versione base, a 10.990 per la Speciale Brutale 800 Italia zione e anticipo di accensione che si accompagna al ride by wire a quattro mappe. Il telaio composito della MV Brutale 800 poggia su sospensioni completamente regolabili, che fanno il paio per raffinatezza con l’impianto frenante Brembo, dotato di dischi anteriori da 320 millimetri con pinze e pompe radiali. I prezzi: 9.990 euro per la versione base, che salgono a 10.390 per quella con cambio servo assistito elettronicamente. La Speciale Brutale 800 Italia costa 10.990 euro. | | 28 novembre 2012 | 59 UN ALTRO MONDO è POSSIBILE IL MANIFESTARSI DI CRISTO Nel momento del dramma la luce del Mistero di Aldo Trento Q uesti giorni di metà novembre sono ve- ramente belli. Un regalo del buon Dio dopo tante settimane di caldo. Il vento del nord ha lasciato il posto a quello del sud, proveniente dal polo. Si respira un’aria fresca che ci permette di stare nel cortile di casa e conversare con quanti vengono a trovarci o a confessarsi. Il cielo è di un azzurro bellissimo che rifrangendosi nel verde intenso delle foglie di ficus le fa brillare; come accade osservando il pavimento delle aule di scuola quando i bambini se ne sono andati e le incaricate delle pulizie con il loro amore al lavoro mettono la cera. Così questa mattina quando ho ripreso a camminare nella palestra osservando il pavimento fatto di piccole piastrelle di terracotta, mi sono trovato a fissare una cosa un po’ strana. Si trattava di un cerchio luminoso che sembrava una macchia giallognola, con le dimensioni di una particola grande, come quella che usano i neocatecumenali per la Messa. Dopo alcuni secondi, volendo capire di cosa si trattava, ho messo il piede su questa “cosa” rotonda che attirava così tanto la mia attenzione e che “imponeva” il suo colore sul pavimento grigio. Questo gesto “da bambini” mi ha fatto scoprire che si trattava di un raggio di sole che entrava dal tetto in lamiera, attraverso una piccola fessura grande come un chiodo che si usa per appendere un quadro. Stavo recitando il Rosario ed ero arrivato al terzo mistero glorioso: la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli mentre erano con la Madonna in preghiera nel cenacolo. Mi è stato spontaneo comparare questi due fatti con la mia vita e quella di ognuno. Ogni istante della vita è sempre pieno di sole. Però se nel nostro cuore, nella nostra libertà, non c’è quella piccola fessura che gli permette di entrare, tutto rimane grigio come il pavimento della palestra in cui stavo camminando. Il Mistero non ha bisogno di cose grandi per mostrare il Suo volto all’uomo, gli basta un piccolissimo pertugio per manifestare la Sua presenza, illuminando così il nostro andare verso di Lui. Un piccolo fatto, un’ingenua curiosità che mi ha fatto venire in mente alcuni eventi accaduti in questi giorni. 60 | 28 novemre 2012 | | POST APOCALYPTO Una baraccopoli di Asunción, Paraguay Heinz è un uomo di 43 anni, originario di un paese europeo. Ricercato dalla polizia, vive in Paraguay da qualche anno. Non potrà più tornare nel suo paese, perché sarebbe arrestato appena sceso dall’aereo. Dialogando con lui mi racconta la sua storia sintetizzandola in una paginetta di quaderno: «Sono nato in un famiglia benestante e borghese. In casa avevo tutto. Dotato di una buona intelligenza capivo subito le cose al volo. Però i miei genitori erano estremamente freddi con me. Mai un bacio, nè un “ti voglio bene”. Erano queste le parole che tanto desideravo ascoltare. Dall’età di 6 anni ho incominciato a lavorare mentre a otto già venivo pagato per quello che facevo. Compiuti i 25 anni sono scappato in Paraguay per non finire più in carcere: volevo fuggire dalla mia malavita e dell’appartenenza a una banda il cui unico fine era rubare. Ero un tipo orgoglioso, aggressivo, non chiedevo niente a nessuno. Da piccolo chi mi conosceva mi elogiava per i miei talenti, e questo mi ha spinto a sentirmi autosufficiente in tutto e a considerarmi superiore agli altri. In Paraguay ho conosciuto una donna con la quale mi sono poi sposato e da questa relazione sono nati i miei tre figli. Ben presto ci siamo separati per via della droga. Sono stato accusato di essere un narcotrafficante e condannato a quattro anni di carcere, che ho dovuto scontare a Tacumbú (mi permetto di aggiungere che questo carcere non ha niente da invidiare ai lager nazisti o ai gulag sovietici). Ho resistito nel carcere grazie alla droga a cui mi ero consegnato totalmente. Ero cattolico, però quando ho incontrato un pastore evangelico, grazie al suo affetto per me e all’attenzione che mi offriva sono passato alla sua comunità. Ma nean- Ogni istante è pieno di sole. Però se nel nostro cuore, nella nostra libertà, non c’è quella piccola fessura che gli permette di entrare, tutto rimane grigio. Il Mistero non ha bisogno di cose grandi per mostrare il Suo volto, basta un pertugio per manifestare la Sua presenza, illuminando così il nostro andare verso di Lui che questo incontro è servito a farmi lasciare la tossicodipendenza. Una volta uscito dal carcere, mi sono trovato completamente solo perché mia moglie e i figli avevano abbandonato il paese, pur essendo nativi del Paraguay, trovando rifugio dai miei genitori in Europa. Questo fatto doloroso mi ha fatto perdere la voglia di vivere e così sono caduto nella disperazione. Passavo i miei giorni drogandomi e bevendo. Sono arrivato a consumare fino a due litri di rum al giorno. E questo mi permetteva di dormire e fuggire dalla realtà. Vivevo steso sul pavimento di casa per giorni e giorni, senza mai lavarmi. Avevo smesso di mangiare, arrivando a pesare 35 chilogrammi a fronte di un’altezza di un metro e 80. Poi un amico, vedendomi in queste condizioni, mi ha portato in ospedale dove mi hanno diagnosticato, fra le tante infermità, pure l’Aids. Dopo due mesi la dottoressa, che mi voPoi all’imbrunire salgo alla clinica per la proleva bene, mi ha portato qui nella clinica Cacessione con il Santissimo. La suora mi si fa susa Divina Provvidenza San Riccardo Pampuri. bito incontro avvisandomi che è stato ricoveQui mi sono pian piano ripigliato e attualmente rato un uomo malato di Aids e che è in cattive peso 50 chilogrammi. È un’altra vita. Vivendo condizioni di salute. Raggiungo subito la stanza in questo nuovo contesto e grazie all’affetto di dove giace in un letto. Non parla, però mi guartutti, mi è tornata la voglia di vivere». da riconoscendo che sono il sacerdote. SubiUna vita disordinata e drammatica. Ma proto gli domando chi è e se è cattolico, per poter prio questa drammaticità ha permesso aldargli il sacramento della confessione e quella libertà di Heinz che quel filo di lo della unzione degli infermi. Conluce entrasse nella sua vita, camtinua a tacere e allora lì per lì, mi L’INCONTRO biandola. Basta una piccola fesinvento un “metodo” di comunicasura nella nostra libertà perché zione. Gli comunico, nel caso desiGiovedì 22 novembre padre Aldo sarà ospila luce entri, ridandoci il gusto e deri i sacramenti, di alzare il polte del Comune Città la voglia di vivere. lice verso l’alto, in caso contrario di Seregno e della lo giri verso il basso. Con fatica e Onlus Dazeroauno Il ricordo della mamma con una certa lentezza mi “risponper un concerto del Gospel Choir L’altro fatto. Un giorno mentre de” alzando il pollice. Così l’ho asREJOICE. Una serastavo riposando suona il telefono. solto dai peccati. Ricordo quanto ta organizzata per Era sorella Sonia che mi cercava i suoi occhi brillassero di allegria. raccogliere fondi per perché un giovane voleva parlarAncora una volta è bastato un fila Casa della Divina Provvidenza San mi. Scendo le scale e me lo trovo lo di luce per trasformare una viRiccardo Pampuri di davanti. Lo saluto dandogli la mata fatta di soli peccati in una viAsunción (Paraguay). no. «Padre, la mia professione è ta di grazia. Il concerto si terrà al quella di rubare e rapinare le perOgni giorno vedo accadere queteatro san Rocco di Seregno (via Cavour) sone per la strada. Mi aiuti a uscisti fatti che per me sono la ceralle ore 21. Il costo re dall’inferno in cui vivo. Guardi tezza che solo quando ci si sente del biglietto varia dai cosa ho sul fianco sinistro. Questa abbracciati e amati si permette a 10 ai 15 euro. Per ferita profonda da cui esce sanquel piccolo raggio di sole di enprenotazioni telefonare al 3332755307. gue è il frutto di una lite fra “colletrare nella propria vita illuminanghi” per questioni di soldi. dola. Ancora una volta ho toccaCon un cacciavite ben appuntito mi hanno feto con mano che il senso di una clinica sta nel rito. Mi fa male, ma soffro ancor di più per la consentire all’ammalato terminale (nel mio camia vita disordinata. Quello che voglio da lei so) di lasciar entrare nella sua vita quel raggio è potermi confessare, perché il peso dei miei di sole che illuminando la sua libertà la muopeccati mi sta soffocando. Sono disperato e in ve. Solo così possiamo lasciarci abbracciare questa situazione mi è venuto in mente ciò che dall’infinita misericordia del Mistero. È proprio diceva sempre mia madre: “Non dimenticare vero ciò che mi diceva un amico: «Il novantadi confessarti, perché senza questo sacramennove per cento dipende dalla Grazia e l’un per to non potrai cambiare”. Per questo sono qui». cento dalla nostra libertà». Per questo motiGli diedi l’assoluzione pronunciando, commosvo non mi stanco di ripetere che il vincitore so, le più grandi parole che esistono al monnon è quello che ha vinto le 99 battaglie neldo: «Io ti assolvo dai tuoi peccati, nel nome del la vita ma quello che vince l’ultima. E gli amici Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Amen». ammalati arrivando nella clinica sperimentaQueste parole sono più necessarie del respiro, no questa verità. Penso ai miei figli ammalao meglio, sono il respiro della vita. Se ne è anti di Aids che raggiungono questo luogo sacro dato barcollando per la ferita ma con gli occhi sfiniti e distrutti dalla malattia. Nell’abbraccio luminosi. È stato sufficiente dire «Padre, voglio alla loro umanità ferita inizia il cammino della confessarmi» perché riaccadesse l’Avvenimenlenta consegna di sé a Gesù. [email protected] to per cui è fatto il nostro cuore. | | 28 novembre 2012 | 61 LETTERE AL DIRETTORE Cercasi pattuglia di non single per una politica con tanti figli e famiglie Siamo “idealmente” in sciopero della fame con i radicali. E anti radicali per come trattano la Chiesa, suppongo, per ragioni transnazionali. 2 Anche nelle roventi polemiche in corso su questioni essenziali per l’uomo, per la società e per le istituzioni, accade 2 ma. Cosa fare per l’Anno della fede? A Imola, città in cui vivo, nella bellissima chiesa di Sant’Agostino, ha iniziato il suo giro una mostra dal titolo “Videro e credettero. La bellezza e la gioia di essere cristiani”, prodotta da Itaca con il patrocinio della Cei. È una mostra – o meglio un percorso fra immagini, testi dal magistero di Benedetto XVI, poesie, frammenti di salmi e di preghiere… – veramente bellissima per riscoprire le ragioni e la bellezza di essere cristiano. Ho accettato di fare la guida. È un’esperienza sempre nuova e personale ogni volta che inizio il giro, a cominciare dalla spiegazione del titolo con l’immagine di Pietro e Giovanni che corrono al Sepolcro vuoto dopo la Resurrezione (è un particolare di un dipinto di Eugène Burnand), sia quando mi ascoltano dei ragazzini sia delle persone adulte. Ecco cosa significa nuotare in mare aperto (e non nella rassicurante piscina del già saputo, o delle risposte confezionate) dentro le tante domande imprevedibili e curiosità dei giovani e i dubbi e le incredulità dei grandi. La ringrazio perché più volte ho citato alcune sue osservazioni e riflessioni per essere più comprensibile nella illustrazione di alcuni pannelli. Il mio Anno della fede comincia così. Donatella Discoli Imola Gentile dottor Corigliano, sono abbonata a Tempi da anni, neopensionata da settembre, dopo una vita in classe a insegnare matematica e scienze a ragazzini della scuola media. Scrivo per ringraziarla delle sue “cartoline dal Paradiso” che ho particolarmente apprezzato in questi ultimi mesi, forse perché, ormai abbastanza libera, riesco finalmente a leggere con cal- Confesso, quando ero giovane anch’io credetti un po’ nella propaganda dei giornali che ci han sempre raccontato l’Opera come una sorta di massoneria, bianca o nera che fosse, fatta di gente dedita a chissà quali intrugli e a quali intrighi. Invece è gente così, diversa, semplice e profonda e lieta (che non Lo so anch’io che pure Flores D’Arcais una volta è stato socialista e adesso che Scalfari lo ha diseredato non si sa più cos’è, vota Grillo, spera che tutta l’Italia finisca a schifìo. Ma queste storie, sapete, sono storie molto tristanzuole e così lasciamole lì, seppellite dove sono. di Fred Perri IL RITORNO DELLE VECCHIE LAMENTELE SPORT ÜBER ALLES La (finta) rivoluzione manipulitista ha fatto danni anche nel calcio U Grifo preso a pallate dalla Sampdoria deve pur trovare qualcosa che lo faccia sentire meglio. Lo so, adesso i miei amici interisti diranno che c’ho il chiodo fisso. Ma no, lo giuro, è che fanno di tutto per alleviare la vita di un cinico e baro come me. Sono tre partite che gli arbitri li danneggiano: a Torino (anche se poi han- 62 | 28 novembre 2012 | no che ha visto il vecchio, caro | no vinto), a Bergamo (dove hanno perso) e contro il Cagliari (pareggiato). Massimo Moratti è furente e i suoi adepti concordano. Ma a denti stretti. Sono ritornati dov’erano prima della rivoluzione, a inseguire la Juventus con l’idea in testa che gli arbitri favoriscano i bianconeri. Però allora potevano accusare Moggi di andare negli stanzini, potevano sperare che saltasse- Foto: AP/LaPresse L pone in risalto l’eccessiva durata della custodia cautelare di Daccò ed il suo intento di ricorrere alla Corte europea per i diritti dell’uomo. Ancora una volta, il cronista perde una buona occasione per inquadrare la vicenda nel panorama carcerario italiano: sono 13 mila in questo momento i prigionieri della pena anticipata, che nella patrie galere si trovano da innocenti, il 50 per cento di quelli in attesa di una condanna definitiva, che sono il 43 per cento dei 67 mila che compongono la popolazione carceraria. Non sono numeri a caso, ma dati ministeriali. È il ministero della Giustizia che denuncia se stesso e, paradossalmente, nessun magistrato individua la “notitia criminis” ed agisce di conseguenza stante l’obbligatorietà dell’azione penale nel nostro paese. Il ricorso di Daccò andrà ad aggiungersi ai 1.300 che sono già pendenti presso la Corte europea. L’Italia subirà molte altre condanne per la violazione dei diritti umani, è inevitabile. Ma quante volte ne parleranno gli organi di informazione? Claudio Bottan prigioniero della pena anticipata, casa circondariale di Busto Arsizio a stampa in questi giorni che gli argomenti più forti per confutare le tesi delle varie sinistre si trovino in affermazioni fatte in passato da loro prestigiosi esponenti. Lo confermano le risposte date da Furio Colombo e da Luciano Canfora in due interviste a il Sabato, pubblicate nei numeri del 18 e del 25 luglio 1992. Nella prima Colombo – in risposta a una domanda di Renato Farina sul tema tangenti e manette – diceva: «Il fondamentalismo è la pietrificazione dei sentimenti e dei valori che li esprimono. Il sentimento di giustizia diventa astratto e perde il rapporto con l’umanità, induce il distacco dal comune senso della solidarietà». Nella seconda, così Canfora rispondeva a una domanda su Machiavelli: «La cultura progressista non ha mai fatto i conti col dato concreto della natura umana». Nicola Guiso [email protected] vuol dire dabbenaggine) come Pippo Corigliano. Gente che vive l’Imitatio Christi senza trombe né tromboni. E senza quei monasteri così distanti dai volgari interessi mondani che i loro priori si son fatti ricchi con la scelta e gli editoriali per i poveri. E poi quelli dell’Opus non sono montiani (scherzo, e chi non si terrebbe da conto un Monti?). 2 Foto: AP/LaPresse A propoisto di privilegi fiscali dei single e della contrapposta disequità fiscale per gli sposati, un amico, padre di famiglia numerosa, mi ha scritto: «Ahimé, io ci sto davvero pensando (alla finta separazione) per poter ottenere le agevolazioni sulla prima casa in metà di un appartamento in cui viviamo. La coscienza mi frena perché non voglio uscire dal mio gruppo familiare per l’anagrafe e quindi per il mondo, continuando a dare un certo esempio, ma i soldi che risparmierei sono tanti e dar da mangiare alla mia famiglia è morale pure questo». Propongo una soluzione che non fa una grinza: estendere alle coppie sposate le agevolazioni riconosciute ai single. Questa equiparazione contribuirebbe anche a ridurre la schiera delle unioni di fatto, le quali potrebbero regolarizzare la loro posizione verso la società stipulando un regolare contratto di matrimonio: religioso o civile, a propria scelta. Conoscendo e apprezzando la mission di questo periodico, di cui sono lettore affezionato, gradirei che facesse propria questa battaglia di giustizia e di civiltà, per poter poi continuare ad argomentare a viso aperto in difesa della vera famiglia, IN QUEL MOMENTO C’È TUTTO A Messa per scoprire quanta vita il Signore ha portato quaggiù di Pippo Corigliano CARTOLINA DAL PARADISO U na spinta, un propellente verso la direzione giusta. Questa è la Messa. La consacrazione del pane e del vino è il momento essenziale, l’esplosione che mi proietta in avanti. Dio che si fa uomo muore per me, siede a cena con me e si dà da mangiare, mi dà l’esempio da seguire: darsi per amore. Non si finisce mai di meditare sulla Messa perché lì c’è tutto: il Dio creatore, il Dio redentore, il Dio comunicatore. Ogni tentativo di definire e catalogare la Messa può essere utile ma dà sempre l’impressione di una cosa inadeguata. Lì c’è il fuoco. Il fuoco lo posso dipingere ma non è il fuoco. Anche le altre parti della Messa mi trasmettono esempi di vita. Le letture mi raccontano Dio e mi dicono che non posso conoscerLo se non leggo l’Antico e il Nuovo Testamento. Il confiteor, il lavabo con l’acqua che purifica e la frase struggente «Signore non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma dì una sola parola e l’anima mia sarà sanata», esprimono la mia indegnità assieme alla volontà del Signore di fare di me un uomo di Dio. Quella goccia d’acqua che il sacerdote versa nel vino ricorda la Divinità che assume la mia natura umana. Il sacerdote dice più volte “preghiamo” e ricorda la necessità della mia preghiera. La Messa mi mette nella direzione di Gesù che è opposta a quella di Adamo. Questi ha preferito se stesso a Dio e ha portato la morte; Gesù ha consegnato se stesso alla volontà di Dio e ha portato la vita. Un’altra risposta all’amica che mi chiede cosa fare per l’Anno della fede. attività che sta già svolgendo con lodevole impegno. La prima battaglia può riguardare la richiesta motivata di abolizione dell’Imu sulla prima casa, già preannunciata da esponenti politici e definita da noti economisti una tassa patrimoniale sulla famiglia, essendo noto che l’85 per cento delle famiglie italiane è proprietario della casa in cui abita. Bruno Mardegan Milano Gentile Mardegan, apprezzo il suo spirito e scopro anch’io che suggerimenti che per “ischerzo” demmo ai nostri lettori adesso divennero reato per quei poverini che si divisero davanti alla legge onde poter usufruire dei diritti dei single (oltre che dei privilegi degli animali). Che dire. Ci siamo. Anzi. Quasi quasi candidiamo una pattuglia da partito radicale alla maniera di Tempi. Grazie. ro fuori le intercettazioni italiane e le schede svizzere. Adesso no, adesso possono solo dire che gli arbitri sono scarsi. Fine. A parte che se esistesse un complotto magari, visti i trascorsi, i congiurati userebbero meno i cellulari e più la posta ordinaria, a parte che Marotta nelle vesti di Gran Tessitore d’Intrighi i primi a non vedercelo sono proprio loro, a parte tutto questo, il lato malinconico di tutta la storia è sempre lo stesso. La vicenda “mani pulite nel pallone” non è molto diversa da quella di Mani Pulite in politica. C’è gente che ha fatto carriera spacciando una finta rivoluzione. E invece è tutto come prima. Spesso peggio di prima. | | 28 novembre 2012 | 63 taz&bao NON C’È PACE SENZA GRANDEZZA Il vero dramma dell’umanità attuale… [è] il fatto che sia gli uni che l’altro non hanno un’educazione pari alla grandezza e alla profondità della lotta fra gli uomini. […] Siamo tutti un po’ a terra fino a quando la società umana va avanti seguendo gli istinti che sente, in nome di una giustizia che non può fare giustizia, perché per fare giustizia bisogna correggersi, almeno. Il problema è educare la gente a capire questo. Luigi Giussani Corriere della Sera, 25 febbraio 2003 64 | 28 novembre 2012 | | Nella foto, bombe israeliane su Gaza (AP/LaPresse) GLI ULTIMI SARANNO I PRIMI UNA PASSEGGIATA TRA NOBILI GIGANTI Come quei germogli audaci di Marina Corradi M ilano, 13 novembre. In una giornata di sole in viale Elvezia mi si para davanti come una fiammata d’incendio il rosso e l’oro degli alberi del Parco Sempione. Questi nobili giganti, che da prima che io nascessi vivono e crescono – di un infinitesimo di millimetro ogni giorno – senza che tu, che passi, ci faccia caso; e poi una mattina d’autunno alzi gli occhi e ti incantano, così ardenti, con quei primi rami spogli tesi nell’aria come povere mani. Mani di mendicanti, le diresti, magre e vuote. Eppure è così massiccio il tronco, e possenti le radici annodate e abbarbicate alla terra. E quella chioma fulva è l’abbondanza, l’estremo bruciare della linfa nelle vene. Ricchezza regale, che tuttavia all’ultimo nei rami secchi e nudi sembra svelare: non siamo nulla, siamo solo domanda. San Bernardo diceva di avere imparato molto dagli alberi. Certo lui ne conosceva tutti i nomi, nelle foreste che percorreva nei lunghi viaggi a cavallo, quando, in un’Europa inselvatichita, andava a fonSan Bernardo pregava d’essere come dare monasteri. («Ciò che io so – scrisse – della Scienza divina e delle Sacre Scritture, l’ho imgli alberi di novembre, all’apparenza nei boschi e nei campi. I miei maestri poveri e desolati. Con nelle vene, però, parato sono stati i faggi e le querce, non ne ho avuti una promessa: rinasceremo, fioriremo altri. Tu imparerai più nei boschi che nei libri. e daremo frutto, per infinite primavere Alberi e pietre ti insegneranno più di quanto tu possa acquisire dalla bocca di un maestro».) Pensa, ti dici, saper guardare questi alberi con quello sguardo. Da terra, magari, dal giaciglio steso in un bosco in una notte senza luna; e all’alba aprire gli occhi e incontrare, in alto, i giovani rami, esili e fieri, tesi oltre, e le gemme prorompenti di germogli verde chiaro. (E forse allora Bernardo guardava i suoi compagni di viaggio, i giovani cavalieri che si erano lasciati alle spalle nobiltà di sangue e ricchezza, sedotti da un altro tesoro. Quei cavalieri ventenni che nel sonno profondo avevano ancora tracce di lineamenti bambini, sotto alle barbe incolte. Bernardo guardava loro, e poi i germogli audaci, nel freddo umido dell’alba, e fra sé ringraziava). Magari poi nel vento caldo di un pomeriggio di giugno con i suoi procedeva, nell’ombra di ippocastani, e di tigli, che emanavano, mille anni fa uguale a oggi, lo stesso struggente profumo. E allora Bernardo pensava ai campi di grano maturi, e alle madri che nei casolari all’orizzonte allattavano i figli stretti al seno; quell’abbondanza di foglie e di fiori e prole come l’eco di una promessa – vera già, eppure non ancora. E forse ancora in una mattina di novembre il santo e i suoi, dopo giorni nella nebbia, si trovavano davanti un corteo glorioso di chiome di rame e di porpora, uguale a questo, stamattina, a Milano. Come l’omaggio fiero di un esercito che se ne va, ma partendo saluta, sfilando con bandiere sfavillanti, e gonfaloni d’oro. E poi, solo i rami spogli sarebbero rimasti, Bernardo lo sapeva bene. S’addormentava a sera in una ormai fredda foresta, lo sguardo su quelle mani alzate, rigide e nere; pregava, forse? D’essere alla fine come gli alberi di novembre, all’apparenza poveri e desolati. Con nelle vene, però, una promessa: rinasceremo, e fioriremo e daremo frutto, per infinite primavere ancora. 66 | 28 novembre 2012 | | DIARIO IN COLLABORAZIONE CON CONDIVIDERE I BISOGNI, PER CONDIVIDERE IL SENSO DELLA VITA www.bancoalimentare.it