2/ 3DI CE MBRE2 0 1 0 NOVE MBRE2 0 1 1 In allegato: Curriculum Spazio Giovani Leggi Nazionali e Regionali di riferimento Linee di indirizzo per il percorso di interruzione volontaria di gravidanza nelle adolescenti 14-21 anni LA PREVENZIONE E LA SALUTE SALUTI STEFANO VITALI – Presidente Provincia Di Rimini Vi chiedo scusa in anticipo; vi garantisco che preferirei rimanere qua, chi mi conosce lo sa, ma mi attende un importante impegno istituzionale. Ho voluto essere presente perché il rapporto con lo Spazio Giovani, con quello che è stato, con quello che è, per me è stato importante, anche se a distanza, perché mi ha dato molto, mi riconcilia ogni tanto col mondo. Vedere delle persone che, nonostante il tempo che passa e quindi il lavoro che appesantisce, continuano ad accettare sfide e soprattutto le accettano con l'intelligenza di modificarsi insieme alla realtà che cambia, perché questa è intelligenza secondo me, dà anche lo stimolo, a chi magari è stanco, di andare avanti: credo che il Convegno di oggi e anche come me l'hanno presentato, col solito entusiasmo, abbia questo tipo di caratteristiche. Intanto non dare per scontato nulla di quello che sta accadendo e soprattutto avere la volontà di rimettersi in discussione per parlare “con”, per parlare “a”, per “stare insieme ai” giovani di oggi, anche perché uno dei rischi che vediamo spesso in questo tempo è quello che noi parliamo dei giovani, sui giovani, facciamo trattati di psicologia su di loro e poi, alla fine, aspettiamo un fatto di cronaca e chiudiamo i giovani in quel fatto di cronaca. Io credo, al di là dei risultati, che comunque sono stati più che eccellenti in questi anni, sia il metodo di lavoro da voi utilizzato a dover essere trasportato a tutti i livelli del nostro agire quotidiano: l’ entusiasmo e la voglia di mettersi in discussione tutti i giorni a partire dai giovani di oggi. Il dramma della società attuale è quello di continuare a lavorare sulla base di un modello di società che esisteva trent’anni fa e ciò non è solo una perdita di tempo, ma reca anche un danno alle persone che incontriamo, perché i giovani, così come gli anziani o gli adulti di oggi, non sono più quelli che erano trent'anni fa e se l'approccio continua ad essere lo stesso è disastroso, sia culturalmente che ideologicamente. Il passaggio che noi dobbiamo fare è questo e siccome le parole a volte non servono a nulla, ma servono i fatti, io che credo che se dovessi portare in questo territorio l'esempio di come si fa, al di là dei risultati finali, io porterei il vostro. E quindi vi auguro davvero un grande in bocca al lupo per il futuro. Spero che continuiate a trasmetterci l'entusiasmo e la voglia di rimettersi in discussione come avete fatto fino ad oggi, perché siccome sono”brutte malattie contagiose”, con questo contagio riusciremo, forse, a fare qualcosa in più. Non date per scontato che questo non serva, serve molto di più di tanti trattati e di tante parole e soprattutto servono i risultati che si ottengono, perché poi alla fine è il risultato finale quello che ci interessa. Vi auguro buon lavoro, grazie per quello che fate e spero che riusciate a trasmetterci un po' più dell'entusiasmo che ogni tanto ci manca. Grazie. 1 INTRODUZIONE AI LAVORI PAOLO ASSIRELLI – Responsabile S.S. Assistenza Consultoriale Ausl Rimini “La vita sarebbe infinitamente più felice se noi nascessimo a ottant’anni e gradualmente ci avvicinassimo ai diciotto” Mark Twain Questa frase che stiamo proiettando è per continuare un po' sulla linea di serietà, ma anche di gioco, che noi in questi anni abbiamo cercato di fare nostra. E' una frase molto bella, molto vera, perché dolcemente falsa, non so come dire. E vorrei prima di tutto ringraziare Stefano Vitali, perché ci ha detto delle belle parole, non ovvie e non scontate, anche se poi sono quelle stesse cose che volevo dire io, e dunque mi ha un po’ rubato la parte…. Io sarò brevissimo perché queste saranno giornate dense, piene, cariche di cose a cui è giusto dare lo spazio che meritano. Grazie a voi tutti che siete venuti a questa festa che oggi facciamo, che è una festa di compleanno, anche se siamo senza torta, senza candeline..però è una festa dei nostri primi vent'anni, e vent’anni hanno sempre un significato: sono tanti, e sono importanti. Io credo che siano pochi i centri, i servizi socio-sanitari che in un'epoca in cui tutto si logora, si brucia in modo così rapido, abbiano avuto una vita così lunga. Vent'anni, se ci pensiamo, è lo spazio giusto, esatto di una generazione. I giovani che venivano allora da noi, oggi hanno quasi quarant'anni, sono, immagino, madri, padri, hanno tutti i giorni le beghe della quotidianità; forse hanno dei figli che magari cominciano a venire da noi, o sono ancora, com'è probabile, precari, in questo che è ormai un drammatico destino che comincia ad accomunare padri e figli. E quello che mi chiedo è se questi giovani che abbiamo visto allora, sono in qualche modo simili, somigliano a quelli che vediamo oggi. Vent'anni, abbiamo detto, sono tanti e sono stati certamente anni non neutri o scontati. Ad esempio, vent'anni fa non c'era internet, e tutti sappiamo quanto voglia dire crescere con la rete accanto, con il mondo sulla tua scrivania. Non c'erano i cellulari e se c'erano erano quelle “robone grosse” che solamente pochi esaltati avevano, la sigla SMS era quella di un misterioso codice alieno, e se volevi parlare con la morosa o con un amico andavi in una delle classiche cabine, sempre che questa funzionasse, col vecchio, caro gettone o con le 200 lire. L’universo della comunicazione si è veramente capovolto. Poi, vent'anni fa c'erano pochissimi giovani immigrati, e quelli che c'erano, erano forse calciatori brasiliani, stile Paulo Roberto Cotechinho dei film con Lino Banfi. Oggi questi giovani che arrivano da ogni parte del mondo sono una larga parte di quello che è il nostro pubblico, il nostro target per dirla con un termine aziendale. Forse vent’anni fa il mondo era più “piccolo”, forse era più semplice, oppure no, forse il mondo è sempre stato questa realtà complessa e difficile da decifrare. Essere giovane è sempre stato complicato, e parlare sui giovani è cosa perennemente ardua, difficile. C'è il rischio di dire cose scontate, banali che due giorni dopo non sono più vere e quello che ha detto prima Stefano è vero, quando si parla dei giovani se ne parla come di una bega, di un problema: gli studenti che contestano, le ragazze che non mangiano, le baby-gang, il tifo violento, gli stupri di branco… e via di questo passo, in un campionario di crisi e di infelicità . 2 Non si parla mai di giovani come di una risorsa. Non c'è mai questa idea nel nostro paese e se questo paese non è un paese per vecchi, non lo è certamente neanche per giovani. Io, e qui lo dico, avevo qualche dubbio su questo nostro convegno, su questo nostro incontro, perché sento questo vento che soffia contrario, grosso, difficile, pesante. Non voglio raccontare storie, non voglio far vedere cieli limpidi e azzurri quando sappiamo che la quotidianit{ è sempre più difficile, che “non c'è trippa per gatti” e che non si hanno risorse sufficienti per la prevenzione e tanto meno per la ricerca. Avevo dubbi sul rischio di dare un'immagine che non fosse vera, realistica. Poi tutte loro, tutte queste giovani ragazze, beh ragazze è un termine un po’ forte , ma va bene così, tutte queste ragazze che sono con me alla fine mi hanno convinto e mi hanno convinto proprio perché sono donne, cape toste, come si dice, e non si arrendono mai. E hanno forse ragione loro, anzi, hanno certamente ragione loro, perché come dice il titolo del convegno è giunto il momento di fare il punto su questi strani animali che sono i giovani e di rilanciare il lavoro con loro. Se non lo facciamo, vuol dire che non solo noi ma l'intero paese non ha proprio futuro, no? E la nostra partita allora è già persa. Noi non abbiamo voglia di perdere questa partita, quindi siamo qui oggi a chiedervi, a dirvi e in qualche modo a sentire altre voci su tutti i temi che affrontiamo nel nostro lavoro: vita sessuale, relazioni, disagio, gravidanze, prevenzione e tutti i modi, tutti gli stili di essere giovani. Cosa vuol dire oggi essere giovani nell'anno domini duemila e dieci e come si può provare a leggere il futuro senza quella sfera che decisamente non possediamo? Saranno due giornate piene, dense, quindi non rubo più tempo , e vi ringrazio. 3 SPAZIO GIOVANI 360°: PER VENT'ANNI “UN GIOCO DA RAGAZZI” M.TERESA TRAPPOLI – Responsabile Spazio Giovani 360° Riccione Ausl Rimini Ripercorrere la storia dello Spazio Giovani per farne il punto è stato per il gruppo di operatori che ci lavorano come ripercorrere un viaggio che li ha visti coinvolti professionalmente e personalmente. E’ stato questo un viaggio dove ci siamo lasciati attraversare dalle narrazioni dei ragazzi e scompaginare dalle emozioni che circolavano nel sevizio. Da un punto di vista politico-sociale lo Spazio Giovani ha interpretato e messo al centro della propria attivit{ un’istanza fondamentale della società contemporanea, cioè la centralità delle nuove generazioni considerate come il fulcro attorno al quale ruota l’intera vita umana e la societ{ nel suo complesso, quando guarda non solo al passato ma anche soprattutto al futuro. Partendo dal concetto che questa particolare fase della vita, che è l’adolescenza, è determinante ai fini della formazione dell’uomo ma che indipendentemente da questa prospettiva va considerata per quello che è nel momento in cui c’è, non è senza significato che la societ{ attraverso le norme socio-sanitarie abbia sostenuto la nascita e la diffusione di servizi appositi per l’adolescenza. È altresì importante che questo servizio sia nato all’interno di una istituzione come il Consultorio Familiare che è il frutto un grande fremito di rinnovamento della società maturato negli anni della spinta al cambiamento. Lo Spazio Giovani non poteva che nascere come una specializzazione del Consultorio Familiare che per sua missione si occupa della famiglia e delle persone. Le politiche a favore dei giovani sono state sollecitate e stimolate dall’interesse delle scienze umane per il mondo adolescenziale e dalla grande fioritura di studi, ricerche e teorie sulle caratteristiche di questa fase della vita, sui possibili problemi specifici di questa età e sui rischi ai quali era esposta più dell’et{ infantile e di quella adulta, sia per una fisiologica tendenza ad affrontare situazioni nuove, sia anche per il particolare tipo di società (la cosiddetta società del rischio di cui fior di sociologi hanno scritto) in cui i nuovi adolescenti si trovano, per la prima volta, al di fuori del protettivo contesto familiare. LO SPAZIO GIOVANI DI RICCIONE E RIMINI L'istituzione dello Spazio Giovani di Rimini risale alla Legge Regionale n. 27 del 1998 che prevedeva appositi spazi all'interno del Consultorio Familiare per l'attività di consulenza e informazione per la fascia d'età 14/19 anni. Con questa normativa la Regione anticipa di quasi 10 anni i contenuti espressi nella Legge Nazionale 285 del 1997 che prevede, oltre agli interventi già consolidati per le situazioni di disagio conclamato o patologie, interventi volti all'area della normalità con finalità preventive per intervenire nei contesti sociali laddove sia possibile riconoscere elementi di disagio e rischio nell'iter evolutivo. Nella normativa quindi l'adolescente viene finalmente riconosciuto come soggetto al quale destinare interventi mirati che corrispondano ai suoi bisogni in relazione alla normalità del disagio e del malessere connessi al suo processo di crescita. 4 I Consultori Familiari di Riccione e Rimini hanno partecipato fin dalla fase di progettazione regionale alla creazione dello Spazio Giovani e si sono attivati fin da subito per mettere a punto uno specifico modello di servizio che corrispondesse alle linee generali disegnate dalla Legge Regionale e nel contempo tenesse conto delle caratteristiche locali che facevano prevedere specifici problemi e bisogni collegati anche con la vocazione prevalentemente turistica del territorio, con tutto ciò che questo può comportare in termini di abitudini e di stili di vita. Un modello di accesso che tenesse conto delle esigenze dei giovani e capace di rispondere ai bisogni anche quando questi si manifestavano in modo confuso e non necessariamente legato ad un problema specifico. Uno spazio che si propone l'obiettivo di aumentare l'accesso dei giovani attraverso interventi ampi in particolare sul tema della sessualità; della vita affettiva e relazionale della prevenzione delle gravidanze indesiderate e delle MTS. La prima tappa è stata quella di costituire un’équipe multidisciplinare che potesse contare sulla motivazione degli operatori a lavorare con gli adolescenti. Il gruppo di lavoro era composto da un ginecologo, un’ostetrica, un’assistente sociale, da uno psicologo, da una sociologa e da un’assistente sanitaria. Il primo compito che l’équipe si è dato è stato quello di pubblicizzare il nuovo servizio fra i giovani e gli adulti di riferimento; il materiale informativo di cui ci si è avvalsi utilizzava il linguaggio e il messaggio visivo più adatti a colpire l’attenzione degli adolescenti. Il servizio il cui logo è “360°” è stato ed è ancora chiamato “Centro di consulenza psicologica e sanitaria per le giovani generazioni”. In quella occasione è stato preparato anche un libretto informativo dettagliato che si rivolgeva in prima persona ai ragazzi su argomenti riguardanti la crescita in tutti i suoi aspetti. Il messaggio veicolato da questa pubblicazione era quello che nello Spazio Giovani ci si sarebbe occupati della “problematicit{ normale” di quell’et{. L’iniziativa è stata poi illustrata alla cittadinanza attraverso un convegno e una tavola rotonda ai quali hanno partecipato esperti dell’et{ adolescenziale. In questa fase in cui la maggior parte delle risorse umane ed economiche erano state destinate a far conoscere il nuovo servizio alla fascia giovanile si era adoperato uno slogan che, a parere dell’équipe e degli esperti, nella sua forma ironica, sembrava il più adatto a catturare l’attenzione e a suscitare la curiosità dei giovani: “Diventare adulti è un gioco da ragazzi”. Proprio su questo slogan si sono scatenate le reazioni di un certo ambiente di tipo conservatore che vedeva nell’offerta di un servizio, al quale i giovani potevano accedere anche senza la supervisione dei genitori, soprattutto nell’ambito della sessualit{, un fattore di disgregazione della famiglia. Anche entrare nelle istituzioni scolastiche per attuare corsi di educazione sessuale diretti ai ragazzi non è stato semplice: si è trattato di una conquista graduale, guadagnata passo a passo, attraverso numerosi incontri con genitori e insegnanti per far capire il tipo di lavoro che si sarebbe andati a fare e 5 gli scopi che ci si prefiggeva; incontri che diventavano l’occasione per parlare dell’adolescenza e dei problemi che gli adulti avevano coi “loro” adolescenti. Accanto a tutto questo lavoro preparatorio esterno, c’era anche da provvedere a creare uno spazio fisico di accoglienza adatto all’utenza giovanile. Si era deciso di tenere aperto lo Spazio Giovani in due pomeriggi alla settimana (uno a Riccione e uno a Rimini) in orario precluso all’utenza adulta in modo che fosse garantita la loro privacy. L’arredamento dei luoghi destinati all’accoglienza dei giovani è stato studiato con cura per non suscitare l’idea di una struttura sanitaria classica: colori, musica, poltroncine, materiale informativo a portata di mano, un’atmosfera informale e adatta a favorire le interazioni nella sala d’attesa. L’intera équipe era presente nell’orario riservato ai giovani e grande importanza era data al momento della prima accoglienza che era ritenuto fondamentale per creare un clima di fiducia e per approfondire col singolo o col gruppo tutte le possibilità offerte dal servizio. Lo Spazio Giovani interviene a due livelli: un livello interno di accoglienza dei ragazzi che si presentano spontaneamente, da soli o in gruppo, o con il partner, ed un livello esterno attraverso i progetti di promozione alla salute di cui alcuni di questi progetti verranno descritti durante la mattinata. Per quanto riguarda l’accoglienza, questa è un modello alternativo a quello ambulatoriale, modello di cui parlerà più approfonditamente la collega Bastianini nella seconda giornata, ma di cui voglio anticipare qualche concetto. Accogliere significa presentarsi agli adolescenti come adulti interessati, disponibili a leggere le esperienze del mondo in cui l’adolescente è immerso. Anche la modalit{ di accesso libero è fondamentale nel rapporto con l’adolescente che “deve dire subito” per sentire che il suo messaggio viene accolto e personalizzato. Con questo tipo di relazione l’adolescente può permettersi quel movimento di avvicinamento/allontanamento che lo fa sentire protagonista del proprio cammino di autonomia. Il servizio viene vissuto dai ragazzi come una specie di zona franca a cui si arriva tramite il passa parola, il tam tam. La fiducia viene costruita dalle persone che vi lavorano ma anche dallo spazio fisico che viene percepito come sicuro perché lì si vanno a mettere le proprie cose. I ragazzi ci dicono che per loro è importante sapere che ci siamo. E’ il poter pensare che qualcuno ti pensa. Vogliono essere guidati con uno sguardo che tollera la loro provvisorietà, la loro oscillazione e essere accettati per quello che sono. Sicuramente il settore trainante (come vedrete dai dati) è l’area ginecologica, è attraverso questa che veniamo in contatto con molte adolescenti, ne conosciamo il modo di vivere la sessualità e a partire dalla sessualità stabiliamo alleanze che vanno su fronti più ampi. L’incremento degli accessi ci dice anche che l’adolescente ha chiaro che la salute sessuale non si ottiene una volta per tutte, ma che è qualche cosa che si costruisce nel tempo ascoltando e riconoscendo le proprie difficoltà e dando loro una risposta adeguata. 6 PROGETTO ADOLESCENZA (detto anche PROGETTO7) Lo Spazio Giovani, attivato nel 1989/90, nel corso degli anni ha visto aumentare il numero di adolescenti che spontaneamente si rivolgevano a tale servizio chiedendo aiuto per vari tipi di problemi o difficoltà Nel frattempo si osservava che i vari servizi che si occupavano di specifiche problematiche giovanili stavano procedendo in modo disaggregato, promuovendo, ciascuno per conto proprio, varie iniziative di sensibilizzazione e di promozione alla salute che spesso si sovrapponevano le une alle altre. Per ovviare a questa frammentazione disarticolata di progetti la regione ha stabilito delle linee di indirizzo per favorire l’integrazione e superare la frammentazione dei servizi che a vario titolo si occupano di adolescenza, attraverso la Legge Regionale n. 21 del 1996 che oltre a sottolineare l'importanza di un servizio per adolescenti, stimola la collaborazione con Enti pubblici e con il privato sociale. Lo Spazio Giovani di Rimini ha partecipato alla stesura delle linee guida ed ha avviato varie iniziative di integrazione a livello territoriale. Dagli anni 2000 come potete osservare dal curriculum (che trovate in cartella) le iniziative di integrazione si fanno sempre più intense fino a diventare oggi una modalità imprescindibile di lavoro. Piuttosto che annoiare con un lungo elenco di cose fatte e con i vari passaggi con i quali lo Spazio Giovani si è fatto promotore di iniziative e collaborazioni vorrei proporvi alcune riflessioni fatte insieme ai colleghi quando abbiamo pensato a questi 20 anni di lavoro con i ragazzi. Pensiamo di aver aperto un servizio con l’atteggiamento e la motivazione di un gruppo di volontari convinti che fosse necessario creare uno spazio per tutti gli adolescenti, non solo per quelli che presentavano un problema, ritenendo che l’adolescenza, per il periodo che attraversa di vulnerabilit{ psichica, una vulnerabilità che è fortemente intrecciata alla potenzialità, avesse bisogno di una cura particolare non essendo più sufficiente quella offerta dalla famiglia. Un servizio che ha voluto prendersi cura della normalità per prevenire il disagio e per far sì che l’adolescenza sia un gioco giocabile con un certo successo. Prendersi cura della normalità può essere apparso come un utilizzo improprio delle risorse a chi gli sfugge quanto dentro la normalità adolescenziale sia insito il rischio, così come è insita la potenzialità. Nell’adolescenza la normalit{ e il disagio convivono; è una fase questa in cui farsi male è possibile e mentre per il bambino la protezione arriva dai genitori, per l’adolescente il genitore può non bastare più. Lo Spazio Giovani vuole collaborare con la famiglia, senza sostituirla, così come collabora con altre istanze per accompagnare questa fase della crescita a 360° occupandosi del mondo esterno e mondo interno, degli aspetti sanitari e psico-sociali dell’adolescente, ossia tenere insieme il corpo, soprattutto quando manda forti stimoli, e la mente. Per questo gli operatori si sono formati attraverso due filoni di specializzazione: l’accoglienza dell’adolescente e/o gruppi di adolescenti che si presentano al servizio e la prevenzione come attivit{ esterna al servizio. Infatti è questo uno spazio che ha bisogno meno di altri servizi di avere un setting tradizionale, che può declinarsi anche in spazi diversi (nella scuola, presso un gruppo scout). E’ un trampolino nel sociale dove la salute si coniuga meno (o contemporaneamente) con la cura ambulatoriale. Tenendo presente gli scenari dove l’adolescente vive abbiamo cercato gli strumenti per raggiungerli dove loro sono, o direttamente, o attraverso gli adulti di riferimento (genitori, insegnanti, educatori). In questo senso è un servizio vitale che cerca di uscire dal chiuso per stabilire continue alleanze. 7 In questi 20 anni abbiamo assistito al modificarsi continuo degli adolescenti e della società. Si assiste ad una adolescentizzazione della società; si vive una solitudine sociale e spesso i social network possono diventare surrogati di presenze reali. E’ cambiato il rapporto con i genitori; con gli insegnanti; è cambiato il modo di parlare della sessualità; per questo abbiamo ritenuto di aprirci ai nuovi contenuti attraverso la formazione per non correre il rischio di dover affermare, come ci dicono spesso i genitori, di “non riconoscerlo più”. Per poterli riconoscere occorre rimanere attivi e in contatto continuo con i cambiamenti. Non mi addentro su questo tema perché dei “nuovi adolescenti” parleranno la dott.ssa Brunori e dott.ssa Anichini nella seconda giornata. QUALI RIFLESSIONI DA QUESTI 20 ANNI? Lo Spazio Giovani si è collocato nell’area della prevenzione e ha contattato le turbolenze della problematicit{ normale dell’adolescente, questo non significa che non contatta anche realt{ difficili, dolorose, contatta ferite e rotture del percorso evolutivo. Gli adolescenti si presentano con il bisogno di portare domande e trovare risposte; cercano un adulto che contenga e sostenga la loro capacità di pensare e a volte anche decidere. Il nostro compito è quello di creare un contenitore emotivo che permetta loro una domanda vera attivando quella funzione creativa della mente che produce idee nuove e più adeguate a trovare delle soluzioni. Il contenitore è molto importante perché nell’adolescente l’espulsione e l’evacuazione delle informazioni è molto forte, occorre un contenitore che medi le informazione attraverso l’affettivit{. Gli operatori nell’incontrare l’angoscia dei ragazzi e la complessit{ del loro rapporto con i genitori e con le istituzioni, hanno cercato di non perdersi, di non scivolare nella tecnica, nella frammentazione, è questo un lavoro possibile solo attraverso una continua riattivazione della creatività e flessibilità di pensiero che avviene attraverso la discussione in èquipe e grazie alla formazione continua; nella consapevolezza che non esiste l’adulto perfetto, anzi spesso è un adulto che fatica, che ha bisogno lui stesso di pensare che vive un travaglio che ha bisogno di essere condiviso. In questi anni siamo rimasti vitali grazie alla capacità/possibilità di metterci costantemente in discussione come operatori attraverso la libera circolazione delle idee mettendo al bando le posizioni rigide sia come persone che come operatori; questo ci ha permesso di montare e rismontare il servizio tutte le volte affinché questo non diventasse autoreferenziale; perché sia uno spazio libero da giudizio; perché le idee possano circolare liberamente per permettere che il pensiero sia plurale e non monolitico. Vorremmo oggi approfondire con l’esperto invitato sul tema della prevenzione su quanto questa possa essere vista come l’intervento clinico per eccellenza per un servizio che vuole sostenere la crescita dell’adolescente a 360°. Attualmente l’intervento sanitario e psico-sociale non è più distinguibile. Lo Spazio Giovani non è un ambulatorio, è anche un ambulatorio, ma si prende cura attraverso strumenti che non sono quelli ambulatoriali classici. Lo stesso atto sanitario ha bisogno di essere incardinato con l’intervento psicosociale, altrimenti si perde il contatto con la persona adolescente a favore della prestazione. 8 LE CRITICITA' Il grande investimento sul lavoro di rete richiede energie e competenze che non possono essere lasciate alla sensibilità individuale. Occorre una intelligenza pre-posta che permetta di pensare insieme e decidere insieme. Occorre saper comunicare bene non solo con l’utenza ma anche con i mondi dell’utenza e per questo occorrono risorse e competenze Il limite della realtà è molto doloroso; gli operatori che vengono sollecitati alla razionalizzazione delle risorse devono fare continui sforzi per mantenere i due livelli in equilibrio: - la mancanza delle risorse economiche - l’entusiasmo e il desiderio di continuare a fare. Il rischio infatti è che quando la realtà è molto dura il gruppo di lavoro non tenga più e si rompa perché l’istituzione porta fatica, il gruppo porta ricchezza attraverso le sue relazioni. Allora l’obiettivo di questo convegno “facciamo il punto e rilanciamo” attraverso il desiderio di riappropriazione degli spazi e dei pensieri con cui lo Spazio Giovani è nato e attraverso l’allargarsi ad altri orizzonti, collaborazioni e integrazioni. Insomma 360° ha una storia breve (20 anni) ma come tutti i giovani ha una grande fame di esistenza. Per questo lo Spazio Giovani allega il suo curriculum alla domanda di assunzione per un posto a tempo indeterminato all’interno di una organizzazione sanitaria che sta razionalizzando i suoi interventi. Lo Spazio Giovani reclama la propria protezione anche se non utilizza strumenti sanitari classici. Lo Spazio Giovani si chiede, così come si chiedono i giovani: come sar{ il mio futuro? C’è posto per me in questa istituzione? 9 LA PROMOZIONE DELLA SALUTE IN ADOLESCENZA ATTRAVERSO SFIDE E CREATIVITÀ MAURO CROCE – Psicologo, Psicoterapeuta, Direttore S.S. Educazione Sanitaria Asl Vico, Docente SUPSI (Scuola Universitaria Professionale Della Svizzera Italiana- Lugano) PREMESSA Buongiorno a tutti e grazie dell'invito! Le mie condizioni fisiche oggi mi avrebbero sconsigliato di essere qua, però, e lo dico senza piaggeria, non potevo mancare, per l'affetto col quale mi avete invitato e per dimostrare che i maschi con 37,3 di febbre non sempre fanno testamento, ma qualche volta si impegnano! Siccome ieri era la giornata mondiale dell'Aids vi farò vedere un video preparato dai peer educator qualche anno fa, dedicato alla prevenzione dell’ HIV e uno, molto più recente, realizzato sempre dai ragazzi nell’ambito di un progetto europeo. E’ interessante notare come in soli quattro anni di distanza fra un video e l’altro, i linguaggi giovanili siano cambiati notevolmente: quello precedente è più lento, più discorsivo, prevalentemente basato sull’immagine, mentre in quello più recente, tutto è centrato sulla velocità e questo, io credo, sia un elemento molto interessante da sottolineare. ADOLESCENTI … UN PROBLEMA? Sul tema della prevenzione, il titolo più corretto sarebbe “La promozione della salute tra sfide, sfighe e creativit{”. Mai come nel mondo della prevenzione infatti, i disastri sono il risultato di buone intenzioni! In ambito preventivo siamo animati spesso da grandi, buone, intenzioni, ma molte volte i risultati non coincidono con le nostre aspettative. Portiamo avanti progetti, magari calati dall'alto, senza che vi sia una corrispondenza con i risultati. Vorrei citare a questo proposito un libro di Robert Epstein in cui viene svolta un'analisi di fondo sulla condizione giovanile. Secondo l’autore, i problemi che i giovani presentano, i comportamenti che a noi adulti tanto preoccupano, non sarebbero riconducibili alle caratteristiche psicologiche degli adolescenti, ma al risultato della esclusione che di fatto realizziamo nei loro confronti: esclusione dalle responsabilità, dagli impegni decisionali. Epstein rappresenta i giovani come trattenuti dentro una riserva indiana, impedendo loro, e non dando loro, la possibilit{ o l’obbligo di assumersi responsabilit{, lavorare, ricoprire ruoli significativi. Epstein confronta la quantità di tempo che gli adolescenti dedicano agli adulti con quella dedicata ai coetanei. Ora i giovani sono sempre perennemente collegati, 24 ore su 24, alla loro rete giovanile. Epstein è piuttosto radicale nell’auspicare come soluzione l’abolizione dell’adolescenza, intesa come categoria. Nonostante sia un po’ troppo lineare attribuire la causa dei problemi giovanili solo ad aspetti strutturali, politici, economici, senza tenere conto delle loro condizioni psicologiche, è interessante notare come, nella teoria di Epstein, queste ne sarebbero il risultato e non la causa. Io credo che la questione sia un po’ più circolare, però è interessante ragionare in chiave sociale ed economica. Del resto anche in Italia un paio di anni fa è uscito un libro di due economisti italiani, Boele e Calasso, che denunciano l’assenza di politiche dedicate ai giovani sul piano occupazionale, economico, lavorativo e dell’abitazione e come, per contro, i genitori italiani siano straordinariamente altruisti nei confronti dei propri figli, quasi quanto altrettanto straordinariamente egoisti rispetto ai figli degli altri. Credo sia interessante notare come entrambe le chiavi di lettura, una psicologica del mondo statunitense (Epstein è uno psicologo) e una economica del mondo italiano, riconducano la soluzione dei problemi e delle “questioni giovanili” al piano strutturale delle scelte politiche, delle decisioni ‘a monte’. Un po’ come dire che la prevenzione si fa nella stanza dei bottoni e non mentre si è al volante. Ovverosia nelle scelte collettive che condizionano e designano molte biografie individuali. 10 QUALE PREVENZIONE? Quindi i problemi individuali, psicologici, attualmente presentati dai giovani, necessitano anche di un intervento a monte, sul piano strutturale, nei luoghi e nelle scelte collettive. Faccio solo un esempio: il tema dell'alcol è molto complesso e importante, da esso scaturiscono molti progetti. Su questo tema, nel governo precedente, in cui ero consulente del Ministero della solidarietà sociale, facemmo una proposta simile a ciò che accade in Francia: inibire la pubblicità degli alcolici nelle fasce protette e non associare la pubblicità dell'alcool a stili di vita (sesso, bellezza, divertimento…), segnalare semplicemente le caratteristiche di un prodotto. Questo intervento sarebbe stato efficace, in quanto avrebbe influenzato le rappresentazioni sociali, ma non è stato possibile realizzarlo. Quindi, capirete, viene a mancare il piano dell'intervento strutturale, il primo asse fondamentale della prevenzione, perché implica la costruzione di modelli di sviluppo sostenibile anche sul piano psicologico, dove invece ci viene richiesta una quantità di performance. Un altro dei miti da abbattere è che la prevenzione appartenga, per forza, solo al mondo della sanità, al mondo dell'educazione, al mondo della famiglia, al mondo del sociale. La prevenzione, interessa, per esempio, anche i trasporti! Prendete ad es. le mamme che accompagnano i bambini a scuola e parcheggiano i SUV in quarta fila, oppure i bambini che mentre attendono l'autobus continuano a mangiare caramelle, o a fare i bulli. Faccio degli esempi anche banali per farvi capire come l'asse strutturale influenzi gli stili di vita. Io sono stato molto impressionato da uno studio franco - svizzero che ribadisce come gli approcci educativi siano: MOLTO POPOLARI MOLTO COSTOSI POCO EFFICACI …. a differenza degli approcci strutturali e politici che invece sono: POCO POPOLARI POCO COSTOSI MOLTO EFFICACI Per considerare l'apporto degli approcci strutturali, ricordate i programmi per convincere i ragazzi ad utilizzare il casco e le cinture? Oggi è un problema superato in quanto la legge ha ‘convinto’ tutti! Pensiamo al fumo di sigarette e in particolare a come la legge ha modificato il comportamento dei fumatori: oggi è impensabile fumare in casa altrui, o all’interno dell’ambiente di lavoro! Non che fossimo dei maleducati prima, più semplicemente ci adeguavamo ad un modello culturale. Ecco quindi che gli approcci strutturali possono modificare gli approcci individuali, anche sul piano privato. Tuttavia i programmi di prevenzione che, come afferma M. Graf (direttore dello “Institut pour la PRÉVENTION DE L'ALCOOLISME”): - mettono insieme più approcci educativi (interventi combinati con programmi rivolti a studenti, genitori, insegnanti) - integrano la dimensione della collettività, della comunità a quella individuale - vengono realizzati ‘a lungo termine’ ( non sono interventi ‘spot’) sono quelli più efficaci. Qui si apre un capitolo interessantissimo: gran parte degli interventi che noi realizziamo, sono progetti di uno o due anni, con finanziamenti annuali. E come si può fare un progetto di prevenzione che dura due anni? Se ci confrontiamo con i nostri colleghi stranieri, questi hanno progetti ventennali: investono nel tempo per produrre un cambiamento delle abitudini, degli stili di vita. Come sarebbe possibile, altrimenti, produrre un cambiamento con progetti annuali, che spesso seguono l'onda di un finanziamento ad hoc, magari sulla scia elettorale? 11 CONSUMO ERGO SUM Un'altra considerazione: ciò che facciamo, ciò che succede nel modo giovanile e nel nostro mondo, sono all'interno di un modello di consumo che ha la stessa matrice dei problemi che le persone ci portano. I giovani sono ‘auspicati’ come consumatori di merce e ‘rinnegati’ come consumatori di sostanze, ma il modello è sempre quello del consumo! Non vogliamo che consumino sostanze, ma vogliamo che consumino merci. A questo proposito, Lipovetskyi ci rammenta come è cambiato radicalmente il nostro modello di consumo in un centinaio di anni, a partire dall'inizio del '900, quando vennero introdotti i brand: la Coca Cola, la Ford, la distribuzione su larga scala. Successivamente, grazie al nipote di Sigmund Freud, l'inventore del concetto di propaganda moderna (propagus in antichità indicava la conversione dei pagani da parte dei cristiani), la psicoanalisi si mette al servizio delle multinazionali creando il primo evento mediatico della storia, con l’obiettivo di cambiare i nostri comportamenti. Succede negli anni ’20, quando viene organizzata la marcia femminile a New York per il diritto di fumare in pubblico. L’evento ha una risonanza mediatica in tutto il mondo e così la Philip Morris, sponsor di questa manifestazione in cui le donne rivendicavano il proprio diritto di fumare in pubblico, riuscì ad influenzare il modello culturale dell’emancipazione femminile, associandolo al fumo di tabacco. Ecco quindi l'importanza di lavorare sulle rappresentazioni sociali. Di fatto questo è il modello adottato dalle campagne pubblicitarie che associano la sigaretta (ad es. la Marlboro) ad uno stile di vita virile come quello del cow –boy, per recuperare i maschi fumatori o che propongono un messaggio semplice e forte.“No Martini, no party”, che cosa ci dice in fondo? Ci dice che non posso divertirmi se non ho il Martini, ma anche che i giovani, belli, ricchi e spensierati, non riescono a divertirsi se non hanno il Martini. E io che non ho nulla? ….Ho il Martini. La seconda fase del cambiamento del modello di consumo è quella successiva alla guerra, quando migliora la qualità della vita e si diffonde un certo benessere economico. I consumi sono democraticizzati e non più promossi a partire dai bisogni, ma dalla stimolazione del desiderio. I messaggi e i corpi vengono sessualizzati. La seduzione sostituisce il bisogno. Devo sedurre, non devo rispondere a dei bisogni, devo incutere dei bisogni. L'edonismo rimpiazza il dovere, la liberazione rimpiazza la repressione, l'ostentazione di consumo e i prodotti assumono una scala di significati e di status: consumo per dimostrare che appartengo o che mi differenzio dagli altri. Liptovetsky dice che oggi ci ritroviamo in un mondo consumistico dove le culture antagoniste sono state distrutte. L'etica del consumismo tende a organizzare i comportamenti anche al di fuori di quelli tradizionali della sfera del mercato, cioè il modello di consumo entra a far parte anche delle relazioni familiari o della religione, divenuta consumistica. Ne è un esempio il sincretismo religioso: prendo i ‘pezzi’ di religione che mi vanno bene, per certi aspetti mi ritrovo nel cattolicesimo, ma per la sessualità mi ispiro al taoismo e in questo modo costruisco la mia religione, il mio credo politico, i sindacati, la cultura e il tempo libero. Ora è questo il modello su cui ragionare: il consumo non è più acquisizione o possesso, ma è diventato analogo ad una droga, cioè un consumo esperienzialeemozionale: non si acquista più in funzione di un bene, per distinguersi dagli altri, per definire un’identit{. Addirittura ora gli snob non ostentano più. Ad ostentare sono i “tamarri”, i “truzzi”. Il consumo per noi stessi ha superato il consumo per gli altri. Consumiamo per i nostri desideri, per gratificarli istantaneamente: cosa voglio, quando lo voglio e dove lo voglio. Siamo una società in cui il senso del desiderio ha lasciato spazio alle pulsioni. Desiderare, infatti (a partire dal significato etimologico “de-sidera” = girare intorno agli astri, alle stelle, che qualche volta si trasforma in “disastro”, perché avvicinarsi troppo significa perdersi), è attesa. Mentre la pulsione è soddisfacimento immediato. Oggi cerchiamo il soddisfacimenti immediato, non siamo in grado di tollerare la frustrazione della mancanza. L'isteria, che è la base sulla quale Sigmund Freud ha fondato la psicanalisi, era quella forma patologica femminile dovuta all'eccesso di inibizione delle proprie pulsioni: di fronte alle mie pulsioni e ai miei desideri, si frappone una società che impone uno stile di vita in base al quale non sarei accettata se rispondessi alle mie pulsioni. Oggi credo che l’isteria non sia nemmeno inclusa fra le patologie psichiatriche del DSM IV. Al contrario, a prevalere sono i disturbi del 12 controllo degli impulsi. Di fronte ad una società che impone il soddisfacimento immediato dei desideri e una risposta alle pulsioni, senza quindi una rappresentazione nel futuro, non abbiamo un futuro, è tutto qui ed ora. Come posso resistere alle pulsioni, se il futuro, il domani appare incerto, oscuro, opaco? (riprendo “L'epoca delle passioni tristi”, che molti di voi avranno letto). L’INFORMAZIONE Il secondo asse della prevenzione è quello della promozione della salute, con un approccio basato sull'informazione. Uno degli errori da evitare è pensare che l'informazione, da sola, funzioni come stimolo al cambiamento. L’informazione non costituisce un deterrente, anzi a volte produce un effetto boomerang. Vedi il tentativo dei messaggi riportati sul pacco di sigarette (ad es. “Il fumo ti uccide lentamente”, si è evoluto in “Non importa, non ho nessuna fretta, grazie!”). Spesso i messaggi sono basati su valori, modelli di vita, nostri e non degli adolescenti. Avvisare che il fumo aumenta la probabilità di malattie cardiovascolari, oncologiche, tra trenta, quaranta, cinquant'anni, non ha alcuna efficacia se in questo momento fumare mi procura piacere e mi permette di conoscere una ragazzina. Sottolineare i danni, spaventare (feel approch), può produrre emozioni ma non cambiamenti nel tempo. Cerchiamo di capire i ragazzi, senza aprire conflitti. Litighiamo, polemizziamo, discutiamo sui modelli. Io mi diverto moltissimo sul problema delle canne: con chi le ‘sostiene’ evidenzio la connessione con le mafie o la tratta. I ragazzi, soprattutto quelli no-global, sono sensibili ad aspetti etico – ecologici. LA RELAZIONE EDUCATIVA Va bene l'asse strutturale: le politiche, le decisioni, i grandi finanziamenti e indirizzi. Va bene l'asse dell'informazione: le persone hanno necessità di essere informate. Gli interventi a carattere preventivo, però, non possono che realizzarsi all’interno di un contesto di una relazione educativa. Il cambiamento che stiamo vivendo è ben rappresentato dalla metafora del semaforo. Io faccio parte della generazione che è nata, si è costruita ed è cresciuta con il semaforo: verde vai, rosso fermati, giallo … oddio che faccio?! Vado o non vado? Devi decidere prima da che parte vuoi andare, in che corsia preferenziale immetterti. Una volta che hai scelto, non puoi tornare indietro. Ora invece siamo nella generazione della rotonda. La “generazione della rotonda” è quella del movimento continuo, della reversibilità delle scelte: posso cambiare direzione e tornare indietro quando voglio. Chi di noi non ha fatto almeno due giri prima di decidere che direzione prendere? E’ un po’ come essere in movimento continuo, rivedere in ogni momento le proprie scelte o essere perennemente collegati, in attesa di un sms che può arrivare da un momento all’altro; è come essere in un mondo in cui si è perso il confine tra ciò che si può fare e ciò che non si può, fra ciò che è lecito e ciò che è illecito. Consumare sostanze è illecito, ma questo non costituisce un deterrente per il consumo, al contrario, certe volte, funziona da incentivante. Chi consuma sostanze, ha chiaro che sta facendo qualcosa di illegale, che farà arrabbiare la mamma o le forze dell’ordine? E’ consapevole di ‘trasgredire’, superare il confine tra ciò che è lecito e ciò che è illecito, tollerato o approvato, tra ciò che fa bene e ciò che fa male? Questo confine si è perso, così come quello tra ciò che è necessario e ciò che è superfluo. La generazione del semaforo, la mia, aveva ricevuto chiaramente dai propri genitori e dai nonni il messaggio su ciò che era necessario e ciò che era superfluo. Ora gran parte delle questioni, dei problemi che noi affrontiamo, riguardano persone che rinunciano al necessario per avere il superfluo. Cito Puskin che nella “Dama di picche”, tratta il tema di ciò che è possibile e ciò che è impossibile. Se 13 prima sapevamo bene cos'era possibile e cosa non era possibile, perché ci era stato insegnato dai nostri genitori e dal mondo che ci circondava, ora non è più chiaro. Tutto è possibile. Aristotele diceva: credibile è solo ciò che è possibile. Epicuro, considerato il filosofo della trasgressione, ma in realtà molto cauto e conservatore, diceva: l'arte di vivere è la capacità di discernere tra quello che possiamo fare o avere. I nuovi filosofi, invece, cosa ci dicono? Prendete, ad esempio, la pubblicit{ dell’Adidas: “Impossibile is nothing” o dell’AAMS (i monopoli di stato): “Ti piace vincere facile?”, oppure della Tim: “Vivere senza confini”. E’ facile vincere? Per nulla. Questo è un altro piano strutturale che ‘rovina’ tutti i nostri interventi educativi, dove insegnamo che il successo è fatica, sofferenza, conquista, tutt’altro che facile!. Capite l'importanza, la dannosità di un messaggio di questo genere? IL CAMBIAMENTO DEGLI SCENARI Gli scenari socio-culturali del consumo, ma anche delle relazioni interpersonali, sono oggi profondamente cambiati. Se ieri erano caratterizzate da: lentezza, tutto era lento > ora tutto è veloce; ritualità > ora sono caratterizzate da consumismo; socialità > ora molte sono caratterizzate da solitudine (magari si è connessi con il mondo, ma si è soli davanti al computer, e il computer non vede se piangi); manualità, fisicità > ora sono caratterizzate da interazioni e interfacce tecnologiche, virtuali; pausa (momenti dedicati alla scuola, al lavoro, al divertimento..) > ora tutto è continuativo; visibilità (ragazzi che giocavano nel cortile o nella strada) > ora siamo nell’invisibilità (è paradossale che i genitori dicano “lo vedo”, è a casa “attaccato al computer”, mentre prima nella strada non lo vedevo); contestualizzazione delle relazioni in un determinato ambiente, dove spesso si parlava in dialetto > ora invece siamo nella globalizzazione; i modelli culturali sono globali, non sono più individuali o locali. Noi dobbiamo ragionare glocal come dice Chomsky, globalmente e localmente; complessità dei legami, delle relazioni, che comunque obbligavano a un impegno > ora è tutto molto più semplice , si fa il surf delle relazioni; alta soglia di accesso dei comportamenti a rischio >bassa soglia di accesso; (pensiamo agli incidenti stradali e alle tre V - virus, violenza, velocità - che sono tra le prime cause di morte e sono accessibili a chiunque come possibilità). LA CRISI DELLA PREVENZIONE Anche la prevenzione sta vivendo una crisi. Da una parte vi è uno scetticismo militante: “Tanto tutto è inutile”. Facciamo programmi di prevenzione, impegnamo soldi della sanità e non c'è dimostrazione di efficacia, non c'è visibilità di risultati, etc. La prevenzione è “impalpabile”. Spesso non d{ grandi risultati, anche perché se ci attendiamo risultati dopo un anno, come è possibile averne? Quindi questo pone alcune derive, per cui chi si occupa di prevenzione spesso coltiva da una parte un sentimentalismo preventivo: “E’ comunque bene fare interventi” “Faccio qualcosa, poi si vedrà, non si sa cosa succeder{, ma comunque io semino”; dall'altra parte un pragmatismo acritico: la ‘quantit{’ 14 risolver{ le contraddizioni, l’ansia del fare e del riempire vuoti, del misurare (“Abbiamo fatto ottocento interventi, settantaduemila questionari”). Chi si occupa di prevenzione usa questo modello per rendersi più visibile, per giustificare le risorse impiegate. Ma c’è anche un ritualismo burocratico: si fanno dei progetti perché dobbiamo farli o perché la Regione dice che dobbiamo realizzare un certo numero di interventi! Sto ovviamente esagerando, però sono tendenze che incontriamo. Oppure la fuga attraverso l'ampliamento del campo: prendiamo come obiettivi generali “la prevenzione del disagio”, “il miglioramento della qualit{ della vita”. Avete notato come è andato in crisi il concetto di disagio? Fortunatamente non si parla più di disagio. Non si fanno più convegni sul disagio giovanile. Il disagio giovanile era nato, e credo di averne una minima responsabilit{ anche io, intorno agli anni ’70-’80 con Luigi Ciotti e il Gruppo Abele, con il dilagare del consumo di droga. Chi consumava droga era considerato un delinquente, un deviante e allora dicemmo, io insieme a mille altri: qui c'è un disagio, una sofferenza, per cui chi usa sostanze non va punito o demonizzato; occorre comprendere e ovviare alle condizioni di disagio. Successivamente questo termine si è molto corrotto. Tutto è divenuto “disagio” e l’essere giovani è divenuta di per sé una condizione di disagio, senza soffermarsi sulle differenze, le diseguaglianze sociali. Siamo poi arrivati addirittura a pensare che il contrasto del disagio, sta nella promozione dell'agio: una delle cose più aberranti che esistano, perché noi sappiamo, dalla nostra esistenza personale oltre che ontologica e dall’evoluzione della nostra stirpe, come la vita passi attraverso il superamento di condizioni di disagio. I ragazzi amano molto di più Leopardi di Carducci, perché era uno che ‘lavorava’ sul suo disagio, comunicandolo con le poesie. Di fatto adesso parliamo di resilienza che è una caratteristica della metallurgia: la capacità di resistere agli urti. Un altro motivo di crisi della prevenzione riguarda gli oggetti, i temi su cui intervenire: le droghe (quali?), le infezioni sessualmente trasmesse, i disturbi alimentari, le gravidanze. Il ‘mercato’ della prevenzione si è ampliato. Chiuso il tema del disagio, si aprono molteplici profili di intervento e di business della prevenzione: le dipendenze non da sostanze, la ricerca del rischio, il tabagismo, gli incidenti stradali, l'abbandono scolastico, il bullismo, la violenza, l'alcol. Sull'alcool si discute molto se prevenirne l'uso, quindi mirare ad una società di astemi, oppure l'abuso. Ovviamente sono tesi diverse; io personalmente mi schiero con chi vuole prevenirne l’abuso. In un programma di prevenzione dobbiamo ritrovare la ‘bussola’, che si è persa completamente. Si fanno progetti sull’onda della ‘moda’, delle preoccupazioni degli operatori o delle attenzioni del mondo della scuola. Un anno va di moda il bullismo e si fa tutto sul bullismo; l'anno dopo gli incidenti stradali e a volte la stessa classe si ritrova investita da una pluralità di interventi diversi. Un altro tema, lo accenno solamente, è il tema delle dipendenze non da sostanze. Chi proviene dall’ambito delle tossicodipendenze, ha sempre avuto a che fare con l'idea di una sostanza esterna, diabolica, che entra nel corpo minando la volontà e con l’idea di prevenire le occasioni di incontro e rafforzare l'individuo nell'assertività. Ora invece le nuove forme di dipendenza, mi riferisco al gioco d'azzardo patologico, all’internet addiction, allo shopping compulsivo o alla dipendenza da sesso, nascono e si sviluppano all'interno della nostra vita e di comportamenti che attraversano la nostra quotidianità. Non è più la droga, l’oggetto ‘cattivo’, ma è la relazione con (internet, il gioco, il sesso…). Questo mette in crisi il modello della prevenzione perché implica un passaggio storico: dall’evitare qualsiasi incontro, contatto, sperimentazione, uso, a: usa, consuma, ma con moderazione. In un mondo in cui l’imperativo è “consuma”, dobbiamo passare il messaggio di consumo ‘responsabile’. 15 LA PREVENZIONE ALL’USO DI SOSTANZE Il tema delle sostanze comunque è sempre attuale. Una ricerca evidenzia che il consumo di sostanze attraversa quattro fasi: - il pensare di usare una sostanza (ad es. ascolto Jim Morrison e mi viene voglia di provare); - la sperimentazione di questa sostanza; - il passarne all'uso continuativo; - il diventarne dipendente. Non sono fasi obbligate. Sono percorsi che implicano un cambiamento del soggetto rispetto a se stesso: ho provato, è stato bello, è stato brutto, che reazioni hanno avuto gli altri rispetto al mio comportamento,.… E’ interessante considerare uno studio europeo che correla queste 4 fasi alle diverse sostanze. Analizzando il fumo di tabacco, emerge che l'80% degli adolescenti pensa di accendersi una sigaretta, il 56% la sperimenta, il 28% la usa con regolarità, il 25%, cioè uno su quattro, sviluppa una dipendenza vera e propria. Partendo da questi dati, dovremmo evitare la sperimentazione e l'uso regolare, perché il passaggio tra quest’ultimo e la dipendenza è immediato. Se prendiamo l'eroina, la probabilità di sviluppare una tossicodipendenza è praticamente una certezza. Se invece analizziamo altre sostanze e in particolare l'alcol, emerge, ad esempio, come 9 persone su 10 pensano di assumerlo, 8 su 10 lo sperimentano, 40 lo assumono regolarmente, 1 su 100 diventa alcol dipendente. Quando incontriamo i ragazzi nelle scuole o in altri contesti, non sappiamo in quale fase si trovino, ma è diverso parlare con un ragazzo che sta pensando di farsi una canna, con uno che l'ha fatta o se le fa tutti i giorni. Quindi la prevenzione non può che essere situazionale e aver chiaro: - Quando, in quale fase intervenire (When)? - Perché intervenire (Why)? - Cosa si deve fare per intervenire (What)? - Dove intervenire e in quali setting (Where)?: la scuola, il tempo libero, la discoteca, l'oratorio….. - Con chi intervenire (With)? - Come intervenire (How)? Nella peer educazion, per esempio, sono i ragazzi ad essere protagonisti, piuttosto che l'insegnante, il tecnico o l’'esperto’ , oggi fortunatamente caduto in ‘disgrazia’. - Chi mi chiama (Who)? I ragazzi, l'insegnante, i genitori? Bisogna lavorare verso il capitale sociale, non possiamo mirare solo ad una società di astinenti, senza la costruzione del capitale sociale. Il benessere dei popoli è legato non tanto alle risorse individuali, economiche, strutturali, ma (ce lo dicono degli economisti) al capitale sociale, cioè alle relazioni tra le persone. Relazioni di solidarietà e di costruzione comune. 16 QUALE APPROCCIO ? In ambito preventivo ci sono due grandi approcci: quello di tipo epidemiologico, ispirato a Sherlock Holmes, che sostiene solo ciò che è validato, con prove di efficacia, quindi standardizzabile, osservabile, misurabile e riproducibile. In una storia di Conan Doyle, Sherlock Holmes e Watson si trovano in Africa. In una splendida serata, Sherlock chiama Watson fuori dalla tenda. Guardano insieme le stelle e Sherlock chiede a Watson:“Cosa vedi in queste stelle, dimmi un po'?” Watson risponde:“Mah, da un punto di vista astronomico vedo l'orsa maggiore, l’orsa minore, … da un punto di vista astrologico vedo la costellazione della vergine, dello scorpione, …. da un punto di vista teologico, mi richiamano Kant e “il cielo stellato sopra di me, la coscienza morale sotto di me” e da un punto di vista fisico gli astri...”. “Watson fermati!”, grida Sherlock, “Ci hanno rubato la tenda!”. Mentre noi osserviamo, le cose cambiano, davanti, dentro e dietro di noi. L'altro modello, ispirato al Tenente Colombo, è l'esatto contrario. Il Tenente Colombo è distratto, prende appunti su uno stropicciato taccuino, veste in modo trasandato, è un incallito fumatore, ha come fedele compagno un cane (al quale non è riuscito a dare un nome), ma soprattutto ha una moglie che non abbiamo mai visto. Il modello fondamentale che utilizza è quello di andare ‘verso’, di ‘fingere’ di non capire”, anche a costo di sembrare un po’ stupido, per fare emergere l'intelligenza dell'altro, per metterlo nella condizione di esprimersi. Questo significa incrinare il pensiero, rendere complesso, conflittuarizzare, fare emergere nuovi elementi. Certamente non abbiamo alcuna prova di efficacia, ma tante delle cose che facciamo non sappiamo se funzionano, però se non le sperimentiamo non lo sapremo mai. Ho riletto ultimamente “Le lezioni americane di Italo Calvino”. Calvino fu invitato nel 1985 a tenere le “Norton lectures”, prestigiosissime conferenze, che prima di lui erano state svolte da Borges e da tanti altri personaggi di spessore. Calvino morì prima di presenziare alle conferenze, nel settembre del 1985, mentre stava preparando le lezioni. Ne scrisse cinque su sei. Alla domanda iniziale, su quale sarebbe stato il futuro della letteratura europea nel prossimo millennio, Calvino diede una risposta applicabile anche ai nostri interventi di prevenzione: la Rapidità. La prima lezione scritta è sulla rapidità: bisogna essere veloci. Pensate agli spot. Questo non significa però che noi dobbiamo rincorrere il mondo giovanile andando più forte. Non significa che dobbiamo trovare la password magica per intercettare il mondo giovanile. Significa che dobbiamo trovare delle alleanze con il mondo giovanile. Significa che comunque i ragazzi si interrogano su alcune cose. Significa porsi gli stessi interrogativi e aiutarli a rispondere. La rapidità è una delle caratteristiche del nuovo millennio. In quale fase voglio intervenire? Voi sapete, la prevenzione è universale, selettiva, indicata. Devo sapere esattamente che cosa voglio fare e dove ‘mirare’: nei livelli di uso di sostanze devo saper esattamente se sto parlando con dei ragazzi che stanno consumando o che non ci hanno mai pensato, con il rischio di metterglielo in mente. La leggerezza. La leggerezza, dice Calvino, si associa con la precisione e la determinazione. Leggeri non significa essere vaghi o superficiali. Non è un caso ad esempio che l'unico eroe che riuscì a tagliare la testa della medusa ( a cui mi viene da paragonare la moderna televisione che ci pietrifica, che con il grande fratello ci fa pensare di essere al centro del mondo) fu Perseo, l’eroe che con i sandali alati andava sull'onda delle nuvole e rappresentava quindi la leggerezza. Dobbiamo fare interventi leggeri, non pesanti, precisi, rapidi e anche continuativi. La molteplicità. Significa riuscire a mettere insieme saperi diversi , riuscire a ‘contaminarci’ e a trovare la rete affettiva che lega ogni persona, ogni storia. Come dice Garcia Marquez “ Il cuore ha più stanze di un casino”. Quindi singolarmente non possiamo essere sempre determinanti: dobbiamo creare occasioni di molteplicità. Solo se ci poniamo limiti smisurati potremo sopravvivere, dice Calvino. Michelangelo diceva: “La tragedia non sta nel porci obiettivi irraggiungibili, ma nel porci obiettivi 17 raggiungibili e raggiungerli”. Questa è una tragedia soprattutto per un giovane. La molteplicit{ interessa anche temi tecnici, come quello della valutazione. I nostri progetti vanno valutati su piani molteplici. La visibilità. In realtà Calvino utilizza il termine di visibility, che in inglese è l'immaginazione. Dante nel Purgatorio dice: “E piovve entro l'alta fantasia”. Abbiamo bisogno di essere contaminati per poter immaginare, per potere costruire. E la fantasia è un posto dove piove dentro. Non possiamo essere impermeabili al mondo. Borges narra di come l'imperatore cinese che costruì la muraglia, distrusse anche tutti i libri, per rompere sia i nessi reali che i nessi mentali con gli altri. Noi invece in quest'epoca di barbarie dobbiamo leggere i libri, far leggere i libri e contaminarci. Da ultimo Calvino ci parla della consintances. Sarà la lezione che non concluderà. La coerenza, la compattezza, l'armonia, la connessione logica tra le parti del tutto. Bisogna avere delle utopie, ci dice Calvino. Dell'utopia si può dire tutto e il contrario di tutto, ma è quella che ci permette di andare oltre. Galeano sull’utopia afferma “Non la raggiungeremo mai, ma per il momento ci permette di camminare, di camminare insieme”. 18 “AVVISO AI NAVIGANTI” - PROGETTO INTEGRATO DI PREVENZIONE DEI COMPORTAMENTI A RISCHIO IN ADOLESCENZA EMMA PEGLI – Educatore Professionale U.O. Dipendenze Patologiche Ausl Rimini UNA IMPORTANTE PREMESSA Ringrazio le colleghe dello Spazio Giovani, con le quali abbiamo una lunga storia di collaborazioni, che mi hanno chiesto di presentare questo progetto, che non è un progetto del Ser.T., benché io lo senta anche mio, ma è un progetto NOSTRO, nel senso che coinvolge una pluralità di servizi - PEDIATRIA DI COMUNITÀ, MEDICINA DELLA SPORT, SERVIZIO DI IGIENE ALIMENTARE E NUTRIZIONE, 118, oltre al SER.T. e naturalmente allo SPAZIO GIOVANI - con competenze e profili molto diversi (ass. sanitarie, ass. sociali, educatori, ostetriche…), abituate ad occuparsi di tematiche altrettanto differenti. Il nome “AVVISO AI NAVIGANTI” (forse non troppo originale!) è stato scelto come metafora del passaggio dall’adolescenza all’et{ adulta e dell’avventurarsi nel viaggio della vita, nell’ esplorazione, il che implica l’incontro con situazioni impreviste, a volte di pericolo. In questo senso, il progetto vuole offrire ai ragazzi ‘coordinate’ per l’orientamento, piuttosto che indicazioni di rotta, ‘avvisi’ di cui i naviganti possono avvalersi. COME NASCE IL PROGETTO Nasce dall’esperienza del PROGETTO ADOLESCENZA che è stato un tentativo primo nella nostra azienda di mettere in rete una serie di servizi che si occupano a vario titolo di adolescenti, sia a livello clinico che preventivo. Attraverso le attività di questo gruppo, sono stati promossi percorsi formativi che hanno contribuito a dare un po’ di omogeneit{ a saperi e competenze diverse. Si è poi arrivati alla redazione del “CATALOGO DELL‟OFFERTA FORMATIVA” Aziendale per le scuole secondarie di II° grado, attraverso cui ci si è resi conto che eravamo in tanti e ognuno di noi proponeva a vario titolo, su vari temi, dei progetti alla scuola. Il catalogo ci ha permesso di valutare l’andamento delle richieste, quali erano le scelte prevalenti e anche di razionalizzare l’offerta (per es. ci siamo accorte che alcune scuole erano oggetto di un maggior investimento rispetto ad altre e pertanto abbiamo potuto riequilibrare gli interventi. Il passo successivo è stato molto semplice: perché non proporre qualcosa insieme? Perché ‘disperdere’ tante energie e risorse (sempre più preziose!) e andare ‘singolarmente’ nelle classi, ognuno per argomenti diversi? È nata così l'idea di un progetto comune, integrato, con una matrice generale nei COMPORTAMENTI A RISCHIO. LA FORMAZIONE DEGLI OPERATORI Per attuare questo progetto comune il gruppo di lavoro si è avvalso della collaborazione del Dott. Vassura che, insieme al Dott. Croce, si è occupato dei comportamenti a rischio in adolescenza, sia dal punto di vista teorico che esperienziale. Abbiamo condiviso e ci siamo confrontati sul concetto di rischio e sull’immagine e la rappresentazione degli adolescenti, nonché sui modelli di intervento. Questo perché se per alcuni servizi era assodato ed erano avvezzi ad interventi basati sul coinvolgimento, altri non avevano sperimentato modalità diverse da quello dell’intervento prettamente sanitario. 19 COSA ABBIAMO CONDIVISO? Gli interventi più efficaci si basano sulla promozione delle LIFE SKILL, a fronte di un approccio informativo da ‘esperto’ a discente. La centralità del GRUPPO DEI PARI: come sappiamo è l’elemento che più influenza il comportamento in adolescenza: le ‘raccomandazioni’ o il parere degli adulti di riferimento sono praticamente annullate rispetto agli amici o all’amica del cuore. L’importanza di creare un CLIMA AFFETTIVO, cioè un contesto emotivamente accogliente, dove le informazioni possano essere calate e di conseguenza maggiormente trattenute dai ragazzi. All’adulto spetta il ruolo di FACILITATORE scevro da approcci moralistici : non siamo lì per dire ciò che giusto o sbagliato fare, quanto per promuovere il confronto e lo sviluppo di un pensiero critico, a fronte di rappresentazioni stereotipate. Il concetto di RISCHIO non ha un’accezione necessariamente negativa: l’assumersi dei rischi fa parte della crescita e dello sviluppo individuale; diverso se diventa pericolo, cioè fine a se stesso. Nell’ambito dei determinanti di salute, un comportamento a rischio risulta il prodotto di tutta una serie di fattori PREDISPONENTI (quelli che riguardano le esperienze, il pensiero, il genere e l’et{..), ma è anche influenzato da fattori ABILITANTI (cioè, strutturali, dati dall’ambiente, dalla normativa vigente…) e RINFORZANTI (per es. le posizioni dei familiari, del gruppo, l’insegnamento ricevuto..) A CHI CI RIVOLGIAMO Come target abbiamo scelto gli studenti delle CLASSI III delle SCUOLE SECONDARIE DI SECONDO GRADO, in quanto corrispondente alla fascia di età in cui i ragazzi iniziano ad essere più autonomi, ad uscire la sera, a spostarsi con mezzi propri, ad intrattenere le prime relazioni anche a carattere sessuale e, spesso, ad utilizzare sperimentalmente sostanze. In tal senso, come evidenziato da molte ricerche, si è teso a privilegiare gli ISTITUTI TECNICI - PROF.LI che presentano una maggior correlazione con i comportamenti a rischio per la salute. CON QUALI OBIETTIVI Prendendo i temi più ricorrenti fra gli stili di vita a rischio in adolescenza , che noi abbiamo identificato nell’uso di sostanze legali e illegali, nell’incidentalit{ stradale legata alla guida, nei rapporti sessuali non protetti, nei disturbi a carattere alimentare, nel doping come pratica legata all’attivit{ sportiva. In merito ad ogni singolo argomento e all’adozione di comportamenti a rischio, gli obiettivi che ci siamo prefissi possono essere così sintetizzati: - favorire l’espressione e il confronto sulle rappresentazioni individuali e sociali - sviluppare consapevolezza critica verso atteggiamenti e condotte - aumentare le conoscenze COME È STRUTTURATO L’intervento ha una durata di 4 ore continuative. E’ una scelta che può apparire azzardata, ma i ragazzi in realt{ le ‘reggono’ senza problemi. Piuttosto che articolare il progetto in più incontri, abbiamo preferito concentrarlo, in un’unica mattinata, al fine di mantenere le caratteristiche di un percorso 20 formativo, ottimizzando i tempi senza perdere di incisività. La conduzione è affidata ad una coppia di operatori diversi per servizi di appartenenza. Gli argomenti trattati sono M.T.S., DROGHE, ALCOL, TABACCO, DOPING, ALIMENTAZIONE, INCIDENTALITÀ STRADALE, CONTRACCEZIONE. Ma come vengono impiegate queste 4 ore? La prima parte è destinata alla stesura contrattuale con il gruppo classe e alla creazione di un buon clima di gruppo, attraverso attivazioni che definiamo di „RISCALDAMENTO‟. In seguito a questa fase, inizia il lavoro in sottogruppi prima e nel gruppo allargato poi, attraverso un QUIZ proposto come gara, in cui i ragazzi devono rispondere a dei questionari su argomenti diversi e scambiarsi le domande (domande al ‘volo’). Il gioco permette di fare emergere le rappresentazioni che hanno i ragazzi dei fenomeni, stimola e attiva il confronto fra i compagni, ci permette di correggere e aumentare il livello di conoscenze possedute. Non è tanto importante che rispondano correttamente, quanto proprio lo scambio di pareri, idee ed esperienze che inevitabilmente si attiva. Il gioco è comunque un momento in cui si coniuga l’apprendimento con il divertimento! Successivamente viene proposto ai ragazzi un ROLE PLAY. Questo tipo di attività è abbastanza flessibile, nel senso che sono i conduttori a scegliere quale storia proporre, anche sulla base delle caratteristiche degli interessi emersi nella classe e delle criticit{ emerse rispetto ai singoli argomenti dei quiz. Ogni ‘storia’ contiene due o più situazioni che si prestano ad un esito di ‘rischio’ (per es. contraccezione, alcol, droghe o alimentazione, doping…). Questo per i conduttori ha implicato il saper padroneggiare argomenti molto diversi, ma era necessario proprio per ‘seguire’ gli interessi del gruppo classe. Capita a volte che la discussione che fa seguito al quiz e al role play si focalizzi su temi specifici, per cui ad es. io, che normalmente mi occupo di droghe, alcol e gioco, mi trovo a dover parlare e rispondere a domande sulla contraccezione o il doping e questo vale anche per i colleghi. Il role play viene condotto in due sottogruppi e implica la rappresentazione di una storia di cui i ragazzi devono decidere un finale. Questa attività permette ai ragazzi di confrontarsi sui possibili esiti della drammatizzazione e di rappresentarla ai compagni, generando spesso situazioni molto divertenti. Indipendentemente dall’esito (il finale è quasi sempre tragico e non ‘preventivo’), il role paly ha valore per la successiva DISCUSSIONE che si sviluppa con i ragazzi: la storia diventa un mediatore simbolico per rapportare la situazione appena rappresentata alla loro esperienza e agli atteggiamenti in merito a comportamenti a rischio e fattori di protezione. Emergono così posizioni individuali diverse fra loro e anche risorse diverse ma che, nello spazio del gruppo classe, diventano patrimonio comune SCHEMA RIEPILOGATIVO ATTIVITÀ OBIETTIVO presentazione delle attività; contratto, conoscenza, warm up Promuovere il clima positivo e il contesto di lavoro in classe quiz Confronto sulle conoscenze e le rappresentazioni ricerca/aumento di informazioni simulazione / role playing Contestualizzare i comportamenti a rischio al di fuori dell'ambito scolastico; favorire l'emergere dei significati individuali e delle risorse/fattori protettivi discussione (valutazione) favorire la presa di consapevolezza sulle principali variabili emerse nel corso dell’incontro 21 METODOLOGIA OPERATIVA animazioni di gruppo Attivazione di prodotto in sottogruppi per rispondere a domande/quiz Discussione/elaborazione sui contenuti del quiz. Drammatizzazione diverse situazioni a rischio in sottogruppo; confronto sulle scelte di gruppo esito, raffronto con esperienze (senso e significazione); Discussione finale in plenaria. Somministrazione questionario di valutazione individuale; valutazione partecipata (lettura delle risposte alle domande aperte) COME VIENE VALUTATO L’INTERVENTO La VALUTAZIONE DI PROCESSO viene effettuata al termine degli interventi relativi all’anno scolastico (attualmente siamo al terzo anno di attivazione) e tiene conto: della congruenza con gli obiettivi, dell’ impatto e dell’adeguatezza degli strumenti impiegati La VALUTAZIONE di gradimento e di impatto sugli studenti viene invece effettuata tramite un questionario individuale anonimo, somministrato al termine dell’incontro, che include due domande aperte: ‘cosa porti a casa da questa esperienza’ e ‘come ti è sembrata l’esperienza formativa in classe’. Tempo permettendo, una volta compilati i questionari, leggiamo alla classe ad alta voce almeno una delle due domande aperte come restituzione finale delle 4 ore di lavoro. A questo proposito, vi riporto ad esempio, i dati emersi da un campione di 7 classi di uno degli Istituti interessati dal progetto: “come reputi l’esperienza formativa” Educativa istruttuttiva informativa 20,5% Bella piacevole divertente 22,0% Confronto discussione riflessione 4,2% Non indispensabile noiosa 0,8% Utile 17,8% Interessante coinvolgente 34,8% “Cosa pensi di portare a casa da questa esperienza” Consapevolezza responsabilità 29,4% Modifica comportamen to 6,5% Utile divertente 6,5% Già noti 4,7% Riflessione confronto 5,9% Conoscenze informaz. 47,1% 22 Avendo codificato domande aperte, cui ogni studente attribuiva anche più pareri e commenti, le percentuali si riferiscono alle macroaree di riferimento emerse. Certamente viene sottolineata la centralit{ dell’informazione come aspetto di miglioramento, ma non mancano gli aspetti riferiti al confronto e alla riflessione e seppur con una percentuale più bassa, alcuni studenti hanno espressamente indicato una modificazione del comportamento, cioè l’intenzione di cambiare e farsi portatori di questo cambiamento anche presso i loro pari, o di uscire ‘rinforzati ‘rispetto’ alle proprie convinzioni /scelte di responsabilità verso sé stessi e il prossimo. 23 “EDUCAZIONE ALLA SESSUALIT[”: IL RAGIONAR D'AMORE MONICA GAMBUTI – Ostetrica Spazio Giovani 360° Riccione Ausl Rimini E’ stato il primo progetto con il quale ci siamo presentati agli istituti scolastici 20 anni fa. Agli interventi hanno partecipato 27.868 adolescenti, dall’anno scolastico 89\90 ad oggi. Il progetto è presentato all’interno di un catalogo che ogni anno arriva a tutti gli istituti. Sono pochissime le scuole che non fanno richiesta di un intervento, solitamente sempre le stesse. COMMITTENZA Sono gli insegnanti, con il consenso dei genitori, a scegliere a quale progetto aderire; a volte anche più di uno. La collaborazione con i docenti è fondamentale, anche se il progetto nella sua attuazione non necessita della presenza dell’insegnante in classe. La scuola ha il grande merito di riconoscere gli esperti dell’equipe come portatori di un aspetto importante dell’educazione dell’adolescente, e di ritenere gli studenti capaci di ricevere concetti di responsabilità sessuale, emotiva ed affettiva. In questo senso i docenti offrono ai ragazzi uno spazio dove poter parlare con un adulto competente, in grado per la sua formazione di dare risposte adeguate e soprattutto spunti di riflessione. Infatti la presentazione del progetto spiega chiaramente che “nell’adolescente gli interventi di educazione sessuale tengono presenti sia gli aspetti sanitari che quelli emotivi, sociali e culturali”. La scuola quindi è il luogo ideale dove aiutare l’adolescente a costruire il benessere personale, ovvero la propria salute mentale e la capacità di coniugare emozioni, sentimenti e valori nella complessità delle relazioni. Il fatto che sia l’istituto stesso ad offrire uno spazio all’educazione sessuale riconosce a questa materia la sua base culturale, con tutte le informazioni e le conoscenze necessarie al suo apprendimento. TARGET L’intervento è rivolto a ragazzi e ragazze sedicenni delle classi seconde, per diversi motivi: - la classe dopo un anno di frequentazione è diventata un gruppo, con proprie dinamiche, all’interno del quale è possibile lavorare con studenti che si conoscono sufficientemente; - l’et{ è quella in cui la maggior parte di loro ha completato lo sviluppo fisico; - molti di loro iniziano a vivere le prime storie sentimentali e le prime esperienze sessuali. 24 OBIETTIVI Obiettivi generali: - sostenere il processo di crescita; - facilitare la riflessione del ragazzo sul proprio stato di conoscenze, sentimenti ed atteggiamenti nei confronti della sessualità. Obiettivi specifici: - presentazione dello Spazio Giovani, quale luogo di consultazione, di cura e di accoglienza dei bisogni, senza giudizio, nel rispetto della persona, minorenne o maggiorenne, accompagnata dai genitori o sola; un luogo in cui operatori di diverse discipline offrono aiuto e supporto al di l{ dell’intervento sostenuto nella scuola; - acquisire conoscenze sui cambiamenti fisici, psichici e relazionali; - apprendere informazioni corrette, reali, ricche di dati e chiarimenti che non lascino dubbi; - acquisire strumenti che permettano di prendere decisioni in base ai propri valori, resistendo tanto alle pressioni dei gruppi di riferimento quanto a quelle dei media; - rafforzare la tolleranza e la comprensione verso i valori diversi dai propri. GLI ESPERTI Gli operatori del progetto (ostetriche, assistenti sociali, assistenti sanitarie, psicologi, medici, sociologi) hanno una formazione specifica e peculiare. In primis sono persone motivate: ritengono gli adolescenti in grado di riflettere e di compiere scelte individuali e consapevoli, dopo aver ricevuto le giuste informazioni. Gli esperti credono che ai ragazzi servano adulti competenti, che sappiano rispondere senza giudicare, senza posticipare o demandare . La formazione, presso l’Istituto di Sessuologia di Firenze e la Scuola di Sessuologia di Bologna, è di almeno 2 anni e continua con aggiornamenti e seminari, perché il mondo dell’adolescenza è in continua evoluzione. Infatti l’educazione sessuale nasce dal dibattito culturale che comprende svariati punti di vista: pedagogico, igienista, ideologico e legislativo. Inoltre il periodo storico influenza la qualit{ dei contenuti dell’educazione sessuale; oggi le problematiche emergenti sono soprattutto l’AIDS e la prevenzione delle gravidanze nelle minorenni. Si può quasi affermare che operatori e ragazzi crescano insieme, e spesso l’esperto si trova a cambiare in itinere il proprio intervento sulla base di argomenti che emergono dall’attualit{. METODOLOGIA La metodologia d’intervento è di tipo esperienziale. Il ruolo del conduttore è orientato a facilitare il confronto dei ragazzi sviluppando nel gruppo un’atmosfera di partecipazione attiva, di serenit{ e libert{. Si ritiene che offrire informazioni all’interno di un contesto relazionale crei un buon clima di riflessione e confronto. 25 Il compito dell’esperto è di facilitare la discussione nella classe, seguendo le esigenze del gruppo sulla base delle conoscenze dei ragazzi stessi. L’operatore può così, inserendosi nei vari momenti, correggere le informazioni inesatte e fornirne di nuove. Con il metodo esperienziale i giovani sono sollecitati a riflettere su ciò che intendono per sessualità e ad interrogarsi sul proprio punto di vista. Attraverso lo scambio e la discussione con gli altri possono maggiormente arricchire le loro conoscenze, le emozioni e le percezioni. La consapevolezza di avere delle conoscenze a cui aggiungerne delle nuove è la condizione essenziale per favorire un cambiamento. Infatti “l’informazione preventiva agevola la capacit{ di compiere scelte individuali consapevoli” (R.Giommi). Il metodo esperienziale si avvale di questionari a quiz, attivazioni a piccoli gruppi, giochi di ruolo, brevi drammatizzazioni, raccolta di domande anonime. I ragazzi escono dai normali schemi scolastici nei quali solitamente un insegnante svolge la lezione e chiede una verifica sull’apprendimento. Nell’intervento di educazione sessuale è necessaria la partecipazione attiva degli studenti allo svolgersi dell’incontro stesso, e la verifica avviene spontaneamente dal loro confrontarsi. In questo modo l’apprendimento risulta semplice e divertente. 20 anni fa il progetto prevedeva 5 incontri di 2 ore ciascuno; oggi, per esigenze legate al numero degli operatori disponibili e alla richiesta degli istituti scolastici, gli incontri sono ridotti ad 1 di 4 ore oppure a 2 di 2 ore. CONTENUTI I contenuti dell’intervento sono costituiti da semplici conoscenze di anatomia e di fisiologia della sessualità, la contraccezione, la riproduzione, la prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale, ma anche l’innamoramento, l’affettività, il rispetto e la fiducia. Le informazioni fornite nei contenuti hanno la finalità di stimolare la riflessione e la discussione sui temi legati alla sessualità e di creare un buon clima di fiducia verso gli operatori; ciò renderà possibile l’accesso dei ragazzi allo Spazio Giovani del consultorio, visto come luogo ideale in cui richiedere ulteriori informazioni. Al termine dell’intervento si consegna un breve questionario attraverso il quale gli esperti possono valutare il loro intervento. Questo strumento rivela l’impatto emotivo, il coinvolgimento del ragazzo nel lavoro di gruppo, la percezione di sé durante l’incontro, l’interesse dei temi affrontati ed il livello di gradimento. Valutare quante e quali informazioni siano state recepite dallo studente non fornisce elementi utili a comprendere quanto l’incontro sia stato incisivo nel modificare atteggiamenti scorretti: molti cambiamenti avvengono perché maturano nel tempo ed in modo assolutamente individuale. Nel questionario di verifica c’è lo spazio per un breve commento ed è soprattutto su queste frasi che l’operatore si confronta per capire fino a che punto l’intervento sia stato interessante. 26 “UNO SGUARDO AL MASCHILE” PROGETTO INTEGRATO DI PREVENZIONE ANDROLOGICA DANIELA DANIELE Ostetrica Coordinatrice S.S. Assistenza Consultoriale Ausl Rimini PASQUALE SCARANO Responsabile Modulo Di Andrologia Della U.O. Urologia Ospedale Infermi Ausl Rimini DANIELA DANIELE La salute dell’apparato riproduttivo maschile è stata, almeno fino a qualche tempo fa, uno degli aspetti più trascurati della patologia dell’adolescente. Diversi fattori hanno giocato in tal senso: la ritrosia da parte del pediatra o del medico di famiglia a vincere i pudori del ragazzo pubere, il decorso pressoché asintomatico della maggior parte delle patologie andrologiche e, non ultimo, il fatto che le stesse conoscenze in questo campo si sono notevolmente accresciute in questi ultimi anni. Appare chiaro come un intervento precoce dal punto di vista diagnostico e terapeutico sia più efficace nel soggetto giovane al fine di tutelare la salute del maschio adulto. Infatti molti problemi riguardanti la sfera sessuale e riproduttiva dell’uomo adulto nascono spesso nell’et{ dello sviluppo puberale. In questo periodo diverse condizioni patologiche di interesse andrologico possono generare conseguenze organiche e psico-emotive, tali da alterare seriamente lo sviluppo e la funzionalit{ dell’apparato genitale maschile. Un programma di prevenzione su larga scala potrebbe favorire la diagnosi precoce e la risoluzione di tali patologie, evitando conseguenze future di grande impatto socio – economico. A conferma di quanto esposto, si riporta la sintesi della ” Esperienza della clinica urologica fiorentina in tema di prevenzione della patologia andrologica rilevata in corso di visita di leva e presso le scuole superiori” Anni 1998-2004. Nell’anno 1998 presso il Distretto Militare di Firenze sono stati visitati 15.966 giovani, di questi 11.649 rappresentano la coorte dei nati nel 1980 e sono stati oggetto dello studio. L’esame clinico dei genitali esterni e dei caratteri sessuali secondari, nonché la raccolta di un’accurata anamnesi è stata effettuata sempre dallo stesso medico per migliore uniformità di giudizio. Su 11.649 giovani visitati una patologia di tipo andrologico è stata rivelata in 3892 casi (33,4%) , di questi solo 423 (10,8%) ne era già a conoscenza e in questi ultimi la diagnosi era stata posta per lo più dal pediatra. In questa ricerca, il dato più significativo ed anche più preoccupante è quello che emerge dal confronto tra la percentuale della patologia riscontrata con quella già diagnosticata in precedenza . Infatti tra i 3892 giovani con patologia andrologica soltanto 423 (10,8%) era a conoscenza del proprio problema, che per lo più era rappresentato da alterazione dei genitali già evidenti alla nascita (ipospadia, criptorchidismo, ambiguità dei genitali ) e quindi diagnosticati dal pediatra. Ne consegue che la maggioranza dei giovani portatori anche di importanti patologie andrologiche, quali il varicocele, non solo è inconsapevole della propria situazione, ma oltre il 70% di coloro in cui la diagnosi è stata posta alla visita di leva non sa a chi rivolgersi per l’opportuna terapia. 27 STUDIO PILOTA DI SCREENING ANDROLOGICO IN 2 ISTITUTI TECNICI DI FIRENZE Nel 2004, in previsione del termine della visita di leva, è stato condotto uno studio pilota effettuando uno screening andrologico in ragazzi di IV-V superiore (età 17-19 anni) presso due scuole superiori fiorentine che hanno dato la disponibilità ad effettuare tali visite: Istituto ITGC G. Salvemini e Duca D’ Aosta. Su 11 classi per un complessivo di 117 ragazzi maschi, hanno accettato di sottoporsi alla visita solamente 38 pari al 32,5% del campione. Tra essi, il 39,5% aveva una o più patologie a livello dei genitali. A fronte di questi alti numeri di prevalenza, si segnala la relativa bassa affluenza volontaria a questo tipo di progetto. Questo dato impone di trovare strumenti istituzionali preventivi atti ad eseguire tale screening. Diverse Istituzioni e Società Scientifiche, ravvisando la necessità di un intervento mirato sulla prevenzione dell’infertilit{ e delle malattie andro-ginecologiche, hanno aperto un dibattito sulle possibili iniziative. A tal fine, la Societ{ Italiana d’Andrologia (SIA) ha promosso diverse attività congressuali e di ricerca. Nel 2004 ha dedicato un Congresso Nazionale alla Prevenzione e, negli anni, diverse iniziative che prevedevano attività informativa e visite andrologiche sono state portate a termine, soprattutto nelle scuole; tali iniziative, oltre ad avere avuto un ruolo preventivo e sensibilizzante, hanno fornito preziosi dati epidemiologici. IL PROGETTO DI PREVENZIONE INTEGRATO COME STRUMENTO Tutte le esperienze descritte, oltre a confermare la presenza di patologie andrologiche pari al 45% e la assoluta necessit{ di intervenire nelle fasi precoci dello sviluppo maschile, sollecitano l’importanza di un approccio con i giovani attraverso il saper "ascoltare”, offrire riservatezza e rispetto, per consolidare la loro fiducia, saper gestire il rapporto e il confronto con loro e saper individuare l'opportunità del lavoro di rete. Sottoporre i giovani a screening andrologico non è semplice, per il loro tipico ed innato pudore. • • La base da cui partire è l’essere in empatia con loro ed aiutarli a superare le preoccupazioni, (anche le più banali all’apparenza possono misconoscere patologie più gravi), fornendo tutte le necessarie informazioni. La proposta è quella di creare l’opportunit{ per gli studenti delle seconde classi della scuola superiore di fruire di una visita andrologica, all’interno di un progetto di educazione sessuale-affettiva, che li aiuti nel passaggio critico puberale, fornendo chiarimenti e informazioni e che incentivi i bisogni comunicativi e di conoscenza. PROGETTO SPERIMENTALE DI EDUCAZIONE SESSUALE E PREVENZIONE ANDROLOGICA NELLE SCUOLE SECONDARIE DI SECONDO GRADO DELLA PROVINCIA DI RIMINI. Nell’anno 2005 la Regione Emilia Romagna ha sollecitato gli Spazi Giovani a collaborare con la Società di Andrologia al fine di promuovere un progetto sperimentale di prevenzione andrologica rivolto agli studenti maschi delle Scuole Secondarie di Secondo Grado. L’Azienda USL ha aderito al progetto nell’anno scolastico 2006/2007. Il progetto, finalizzato alla sensibilizzazione dei giovani di sesso maschile e delle loro famiglie nei confronti della salute sessuale e riproduttiva, ha come obiettivo la diagnosi precoce di eventuali 28 patologie dell’apparato uro-genitale, che potrebbero essere causa di infertilità o di difficoltà nella attività sessuale. Le finalit{ del progetto, denominato “Uno sguardo al maschile”, sono state presentate agli insegnanti e ai genitori dei ragazzi delle classi II attraverso un incontro tenuto dall’andrologo, Dott. Pasquale Scarano e dagli operatori dello Spazio Giovani. Gli operatori dello Spazio Giovani sono poi intervenuti in ogni classe coinvolta allo scopo di sensibilizzare i ragazzi ai temi della promozione alla salute, con particolare riguardo a quella sessuale. Al termine dell’incontro i ragazzi che hanno aderito al progetto, previo consenso scritto dei genitori, sono stati sottoposti alla visita medica presso gli ambulatori della scuola. PROGETTO: PREVENZIONE ANDROLOGICA “UNO SGUARDO AL MASCHILE” “Progetto integrato Consultorio/Spazio Giovani, Andrologi e Scuole secondarie di II grado finalizzato alla sensibilizzazione dei giovani di sesso maschile e delle loro famiglie nei confronti della salute sessuale e riproduttiva.” 29 OBIETTIVO GENERALE - Informazione - Educazione Sessuale - Prevenzione OBIETTIVI SPECIFICI - Aumentare la conoscenza degli Spazi Giovani, per facilitare la possibilità di chiedere aiuto. - Sensibilizzare sui temi inerenti la salute e i comportamenti sessuali in adolescenza. - Scoperta precoce di patologie dell'apparato genitale maschile. METODOLOGIA - Incontri di formazione, confronto tra andrologi/ urologi e gli operatori del Consultorio/ Spazio Giovani che attuano interventi di educazione alla affettività e alla sessualità nelle scuole. - Elaborazione del progetto. - Presentazione del progetto e dei suoi obiettivi al dirigente scolastico ed agli insegnanti, attraverso un incontro tenuto dagli operatori dello Spazio Giovani. - Presentazione del progetto e sue finalità ai genitori degli studenti al fine di sensibilizzarli al problema e ottenere il consenso alla visita andrologica preventiva, attraverso un incontro tenuto dagli operatori dello Spazio Giovani e dall’andrologo. - Incontro di 3/4 ore per ogni classe II, con cenni di educazione alla affettività, sessualità e prevenzione sanitaria, condotto dagli operatori dello Spazio Giovani. - Alla fine dell’ incontro, consegna della lettera per i genitori per consenso/dissenso alla visita medica. - Ulteriore incontro con ogni classe per la compilazione della cartella clinica, in previsione della visita andrologica. - Visita andrologica, in uno spazio riservato, all’interno dell’Istituto scolastico, ai ragazzi che hanno aderito al progetto e che sono in possesso del consenso dei genitori. - Consegna ad ogni ragazzo del referto medico in busta chiusa per i genitori ed il medico di famiglia, contenente la diagnosi, gli eventuali consigli sul percorso sanitario da effettuare, i recapiti telefonici dello Spazio Giovani/ Consultorio per eventuali approfondimenti ed informazioni. - Condivisione dei risultati dell’iniziativa con le scuole coinvolte, ed invio di una relazione finale alla Regione per l’elaborazione dei dati. - Condivisione dei risultati dell’iniziativa con i Dirigenti. - Presentazione all’ufficio stampa dell’AUSL di un articolo sull’iniziativa da pubblicare sui giornali locali, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica. 30 TARGET Studenti della Scuola Secondaria di 2° grado – Classi II OPERATORI Andrologo .......................................in regime di dipendenza dell’ASL di riferimento Ostetriche .....................................in regime di dipendenza dell’ASL di riferimento Assistente Sanitaria ....................in regime di dipendenza della ASL di riferimento STRUMENTI - Lavoro di gruppo - Visita medica - Questionario Lucidi - Materiale di segreteria Brochure - Domande anonime INCONTRO PRELIMINARE 1° INCONTRO - Assemblea per la presentazione del Progetto agli insegnanti e ai genitori degli studenti delle classi 2° - presentazione degli operatori e degli Spazi Giovani illustrazione del progetto di educazione alla sessualità e di prevenzione andrologica riflessione e discussione su temi legati alla sessualità e alla prevenzione attraverso risposte dirette agli interrogativi portati dai ragazzi 2° INCONTRO - conclusione con gli studenti: discussione e richieste di chiarimenti su argomenti ancora aperti 3° INCONTRO 4° INCONTRO TEMPI - compilazione scheda anamnestica visita medica e consegna del referto n. 1 incontro di 1 ora con gli insegnanti di ogni classe condotto da un’ostetrica/ assistente sanitaria dell’ASL/Consultorio-Spazio Giovani. n. 1 incontro di 2 ore con i genitori dei ragazzi condotto dall’andrologo/ urologo e da una ostetrica/assistente sanitaria dell’ASL/ Consultorio- Spazio Giovani. Incontri di 3 /4 ore per ogni classe II con cenni di educazione alla affettività, sessualità e prevenzione sanitaria condotto da un‘ostetrica/ assistente sanitaria dell’ASL/ Spazio Giovani Incontro con i gruppi classe per la compilazione della cartella clinica da parte dello stesso conduttore dello Spazio Giovani, in orario scolastico Visita andrologica con compresenza dell’operatore dello Spazio giovani N. studenti in cui è stata individuata una patologia / n. studenti che hanno aderito al progetto. - VERIFICA - 31 RIFLESSIONI Questo progetto ci ha permesso di approfondire la nostra conoscenza con l’universo degli adolescenti maschi. Abbiamo rilevato: 1. minore confidenza col proprio corpo e minore conoscenza della prevenzione delle patologie andrologiche dei ragazzi rispetto alle ragazze. 2. paura di dover affrontare la visita andrologica e crisi di panico (svenimenti) al pensiero di avere una minima alterazione all’apparato genitale su cui dover intervenire. 3. idee errate sulla anatomia e fisiologia dell’apparato genitale (primo rapporto sessuale con perdita di sangue per rottura del filetto.) 4. grande preoccupazione della dimensione del pene 5. minor confidenza coi genitori riguardo al proprio sviluppo sessuale (differenza tra prima mestruazione e prima polluzione) 6. immagine stereotipata della sessualità, spesso non ancora agita, che si alimenta di fantasie anche irreali, di ansia di prestazione, di visione di materiale pornografico 7. errate conoscenza sulle gravidanze indesiderate e sui metodi contraccettivi 8. conoscenze frammentate e confuse su alcune patologie genitali maschili 32 9. errata conoscenza sulle malattie sessualmente trasmesse 10. bisogno di informazioni corrette 11. bisogno di poter esprimere domande e ricevere risposte chiare e congruenti. Per concludere: la professionalità, il lavoro di squadra tra operatori e tra operatori e scuola , il lavoro di gruppo, l’accoglienza, l’empatia, la pazienza, il rispetto di tutte le espressioni, il non giudizio, il rispetto dei loro tempi, il contenimento delle loro preoccupazioni legate alla visita e all’esito, tutto questo permette di avere un’ alta adesione. PASQUALE SCARANO Volevo ringraziare tutti gli operatori dello Spazio Giovani perché mi hanno dato la possibilità di intervenire a questo Convegno, ma soprattutto perché ho avuto l'opportunità di portare avanti in questi anni il progetto. E’ apparso chiaro che senza un'integrazione fra il medico e gli altri operatori è difficile portare avanti un progetto di questo tipo. In questo progetto io ho solo il compito di completare l’intervento degli operatori dello Spazio Giovani, cioè di effettuare una visita andrologica ad ognuno dei ragazzi che aderiscono al progetto. Molti di questi ragazzi, al termine della visita effettuata a scuola, avranno una diagnosi e, se necessario, saranno invitati a tornare con i loro genitori presso la struttura sanitaria di competenza. Il mio compito oggi è quello di presentare i dati relativi agli ultimi 5 anni di attività. Prima di tutto voglio ribadire come questa esperienza sia stata bellissima e speriamo che continui e che i dati raccolti fino ad oggi, grazie a questa collaborazione, contribuiscano a far si che questo progetto diventi un progetto nazionale e non resti soltanto un progetto provinciale. Il progetto partì nel 2005 grazie alla proposta di un carissimo amico, il dott. Teo Zenico, anche lui responsabile del Modulo di Andrologia della Divisione di Urologia dell'Ospedale di Forlì, proposta che noi abbiamo accolto e attuato l'anno successivo, il 2006. Inizialmente sono state coinvolte soltanto 2 scuole a prevalenza di studenti maschi, poi pian piano, la richiesta da parte dei dirigenti scolastici è aumentata, come vedrete dai dati; io ritengo che questo progetto sia destinato ad espandersi e a darci sempre più soddisfazione. Il progetto inizia con l'incontro con gli insegnanti e i genitori dei ragazzi, e termina con la visita andrologica. La presentazione del progetto ai dirigenti scolastici, agli insegnanti e ai genitori è molto importante. I genitori, soprattutto, devono essere informati sulle problematiche andrologiche, anche perché dopo i 13-14 anni i ragazzi non vengono più sottoposti ad altri controlli. Gli obiettivi sono una cosa importante, forse la cosa che maggiormente coinvolge noi andrologi: la diagnosi precoce di patologie dell'apparato uro-genitale maschile per la prevenzione dell'infertilità maschile e la prevenzione di alcune disfunzioni sessuali. Da recenti dati si conferma come la prima causa dell’infertilit{ maschile siano le malattie sessualmente trasmesse, quindi è compito degli operatori spiegare ai ragazzi l'uso corretto del profilattico e l’importanza della prevenzione e la seconda causa sia rappresentata dal varicocele. 33 Il varicocele è una patologia subdola che non dà alcun problema al ragazzo e oggi viene trattato, in gran parte, con intervento radiologico di scleroembolizzazione A seguire presenteremo i dati. Nell’anno scolastico 2006/2007 sono stati coinvolti 2 istituti, l’ I.T.I.S “L. da Vinci” di Rimini e l’I.S.I.S.S. “P. Gobetti” di Morciano di Romagna. I.T.I.S - Rimini Patologie riscontrate all’ I.T.I.S “Leonardo da Vinci” - Rimini Varicocele 10 Anno Scolastico 2006/2007 128 Studenti coinvolti 6 classi 81 Studenti visitati 62.8 % 34 Studenti affetti da patologie andrologiche Anno Scolastico 2006/2007 Fimosi 11 Testicolo retrattile 7 Iperemia del prepuzio 2 Ipotrofia del testicolo 1 Brevità del frenulo 1 Idrocele 1 41.9 % Cisti dell’epididimo 1 Tot.34 All’I.T.I.S. di Rimini stati coinvolti 128 studenti di 6 classi; 81 studenti visitati, pari al 62,8% e 34 di questi ragazzi erano affetti da patologia andrologica, pari al 41,9%. Le patologie più frequenti riscontrate all'I.T.I.S. sono state il varicocele e la fimosi. Nell’anno scolastico 2007/2008 il progetto non è stato effettuato per carenza di operatori. I.T.I.S - Rimini Patologie riscontrate all’ I.T.I.S “Leonardo da Vinci” - Rimini Varicocele 28 Anno Scolastico 2008/2009 Fimosi 17 Frenulo corto 5 Testicolo retrattile 3 Ipotrofia del testicolo 3 Anno Scolastico 2008/2009 179 Studenti coinvolti 9 classi 136 Studenti visitati 75.97 % Aderenze balano prepuziali 2 Idrocele 1 Ginecomastia 2 Incurvamento congenito del pene 2 Cisti del funicolo spermatico 1 Idrocele 1 50 Studenti affetti da 37.76 % patologie andrologiche Tot. 50 Nell'anno scolastico 2008/2009, sempre all'I.T.I.S. gli studenti coinvolti sono aumentati; 179 studenti coinvolti e di questi 136 hanno accettato di fare la visita, pari al 76%. In quest’anno si è avuta la massima adesione, la maggiore in tutta Italia e questo significa che il lavoro è stato svolto in maniera molto capillare. 34 Dei 136 studenti visitati, 50 studenti erano affetti da patologia andrologica. Tra le patologie riscontrate il varicocele e la fimosi sono sempre quelle più frequenti. I.T.I.S - Rimini Patologie riscontrate all’ I.T.I.S “Leonardo da Vinci” - Rimini Varicocele 28 Anno Scolastico 2009/2010 Fimosi 17 Frenulo corto 10 Testicolo retrattile 8 Ipotrofia del testicolo 5 Anno Scolastico 2009/2010 189 Studenti coinvolti 8 classi 126 Studenti visitati 66.6 % Aderenze balano prepuziali 1 Ipospadia 1 Ginecomastia 1 Incurvamento congenito del pene 1 Cisti del funicolo spermatico 3 56 Studenti affetti da 44.4 % patologie andrologiche Tot. 56 Per terminare con l’I.T.I.S., nell’anno scolastico 2009/2010 gli studenti coinvolti sono stati 189 e gli studenti visitati 126, pari al 66,6%, quindi sempre una buona percentuale. Gli studenti affetti da patologia andrologica erano addirittura 56, pari al 44,4%. Il varicocele continua ad essere la patologia principale. Patologie riscontrate all’ I.S.I.S.S. “Gobetti-De Gasperi - Morciano di Romagna I.S.I.S.S. - Morciano di Romagna Anno Scolastico 2006/2007 Varicocele 12 123 Studenti coinvolti 8 classi 64 Studenti visitati 52 % Testicolo retrattile 5 Testicolo ipotrofico 1 32 Studenti affetti da patologie andrologiche 50 % Anno Scolastico 2006/2007 Fimosi 10 Frenulo corto 3 Idrocele 1 Ginecomastia 1 Incurvamento congenito Cisti dell'epididimo 1 1 Tot. 32 All'I.S.I.S.S. di Morciano di Romagna, nell'anno scolastico 2006/2007 sono stati coinvolti 123 studenti e 64 visitati, pari al 52% e ben il 50% di questi studenti era affetto da patologia andrologica. Il varicocele è sempre la patologia più frequente, insieme alla fimosi. 35 I.S.I.S.S. - Morciano di Romagna Patologie riscontrate all’ I.S.I.S.S. “Gobetti-De Gasperi - Morciano di Romagna Anno Scolastico 2008/2009 Anno Scolastico 2008/2009 Varicocele 15 Fimosi 11 133 Studenti coinvolti 11 classi 98 Studenti visitati 73.68 % 38 Studenti affetti da patologie andrologiche 38.77 % Testicolo retrattile 2 Emiscroto sinistro vuoto 1 Frenulo corto 3 Idrocele 1 Ginecomastia 5 Tot. 38 Nel 2008/2009, addirittura 11 classi coinvolte, 98 studenti visitati, pari al 73,68 %, quindi vedete come si incrementa sempre più il numero di ragazzi che vogliono essere visitati. Anche qui il varicocele rappresenta la patologia più frequente. Patologie riscontrate all’ I.S.I.S.S. “Gobetti-De Gasperi - Morciano di Romagna I.S.I.S.S. - Morciano di Romagna Anno Scolastico 2009/2010 Anno Scolastico 2009/2010 Varicocele 18 Fimosi 11 130 Studenti coinvolti 10 classi 87 Studenti visitati 67 % 40 Studenti affetti da patologie andrologiche 46 % Testicolo retrattile 6 Testicolo ipotrofico 2 Frenulo corto 3 Idrocele 1 Ginecomastia 1 Incurvamento congenito Cisti dell'epididimo 1 1 Tot. 40 Nel 2009/2010, 15 classi coinvolte, 67% gli studenti visitati e il 46% dei ragazzi visitati affetti da patologia andrologica. Anche qui il varicocele rappresenta il 18% delle patologie riscontrate. Liceo scientifico Volta – Istituto alberghiero Savioli Anno Scolastico 2009/2010 159 Studenti coinvolti 12 classi 94 Studenti visitati 59.1% 40 Studenti affetti da patologie andrologiche 46 % 36 Nell’anno scolastico 2009/2010 si sono aggiunti agli Istituti che storicamente hanno aderito al progetto il Liceo Scientifico “A.Volta” di Riccione e l'I.P.S.S.A.R. “S. Savioli”, di Riccione. Sono stati coinvolti complessivamente 159 studenti di 12 classi, il 59% di questi ragazzi sono stati visitati e il 46% era affetto da patologia andrologica. Anno Scolastico - Studenti coinvolti 2006 251 - Studenti visitati 145 (57,7%) - Studenti con patologie 66 (45,5%) 2008 312 478 234 (75%) 307(64.2%) 88 (37,6%) Anno Scolastico 2009 2006 Varicocele 23 (35%) Fimosi 21 14 Testicolo retrattile 3 Ipotrofia del testicolo Aderenze balano prepuziali 2 3 Frenulo breve 2 Ginecomastia Cisti del funicolo 2 Idrocele 2 Recurvatum 1 136 (44,6%) Tot. 66pz/73 2008 2009 43 (49%) 74 (24%) 28 32 5 10 3 2 2 8 7 0 11 1 1 2 2 3 Tot. 88pz/101 2 3 Tot. 136pz/138 Adesso osserviamo questi dati in maniera molto più schematica, ma interessante. Dal 2006 al 2009 gli studenti coinvolti son passati da 251 a 478, gli studenti visitati da 145 a 307 , pari al 64,2% e gli studenti con patologie da 66 a 136, pari a 44,6%. La patologia più frequente riscontrata in questi anni è rappresentata dal varicocele: 35% il primo anno, 49,5% nel 2008 e 24% nel 2009. Tutti questi dati devono far riflettere; la patologia andrologica è frequente, ma è altrettanto poco nota. La prima cosa che chiedo ai ragazzi quando entrano in ambulatorio è: ”Come stai? Fai attivit{ fisica?” Questo perché molti di questi ragazzi, anche se io non l'ho inclusa tra le patologie andrologiche, sono obesi e l'obesità purtroppo porta all’ ipogonadismo, cioè a un calo volumetrico del pene, ma anche dello scroto, perché c'è una diminuzione della produzione di testosterone e questi ragazzi soffriranno in futuro di problematiche ansiogene legate alle loro dimensioni peniene. Il lavoro integrato tra il nostro Servizio e lo Spazio Giovani ha permesso un aumento del numero di ragazzi coinvolti e ci auguriamo una continua crescita: a questo proposito ho già sentito gli operatori e mi hanno confermato che l’adesione è in aumento; noi ci mettiamo tutto l'impegno possibile, anche con la speranza che questo progetto diventi un progetto nazionale. L'aumento del numero degli studenti coinvolti denota una acquisita fiducia dei dirigenti scolastici rispetto alla conduzione del progetto ed evidenzia una aumentata sensibilità delle famiglie e dei giovani nei confronti della salute sessuale. Affinché il progetto possa raggiungere un numero sempre maggiore di adesioni è importante continuare la sensibilizzazione dei genitori nei confronti della prevenzione andrologica, informare adeguatamente i ragazzi sull’importanza della loro salute sessuale e riproduttiva e sulle modalit{ di svolgimento della visita andrologica. 37 E per finire, nella nostra esperienza, la percentuale complessiva di studenti che presentano una patologia andrologica è pari al 43,2% e questo dato conferma ulteriormente la necessità di promuovere azioni di prevenzione andrologica rivolte a questa fascia di età. 38 CONCLUSIONI E DIBATTITO Mauro Croce: Per prima cosa vorrei complimentarmi con chi ha organizzato questo convegno: so che avete fatto tutto da sole, senza affidarvi ad un'agenzia, quindi credo che possiate essere più che soddisfatte! Le conclusioni le tirerete domani a fine convegno, io però vi auguro cento di questi giorni! Cioè che tutti gli anni possiate fare un compleanno! Un elemento di sintesi è anche essere riusciti ad aggregare persone attorno a questo progetto molto interessante. Ora cercherò di fare alcune considerazioni, però ho il varicocele che mi gira in testa (vorrei prenotare una visita con il Dott. Scarano, ma temo che arrivato alla mia veneranda età senza sapere cosa fosse, sia ormai troppo tardi!): il fatto che quattro studenti maschi su dieci sottoposti a visita presentino delle patologie di ordine andrologico credo sia un dato non trascurabile, viste le possibili conseguenze. Quindi ritengo sia già un elemento sul quale ragionare e riflettere, incluso il fatto che un andrologo se ne occupi. I consultori sono sempre visti ‘al femminile’, del resto nascono dalla legge 194, ma non dobbiamo dimenticarci dei maschietti che probabilmente non hanno uno spazio dove portare le loro tante paure sulla funzionalit{ dell’apparato genitale. La proiezione del ragazzo, che temeva che il dottore fosse gay, è molto interessante: riguarda una delle paure prevalenti da parte dei maschi, quella di scoprirsi gay o che qualcun altro ( in questo caso il dottore) lo scopra gay. Vi faccio un esempio: noi lavoriamo da anni con i ragazzi sulla costruzione di spot; costruiamo insieme la sceneggiatura e attraverso gli spot emergono i punti di vista e le rappresentazioni sociali. Con una classe di un Istituto professionale abbiamo trattato i rischi legati all’abuso di alcol. L’Istituto è uno di quelli dove quasi non ci sono finestre (sono altissime), i muri sono pieni di scritte, gli studenti sono tutti maschi e si danno delle arie. Il nostro lavoro prevede l’intervento di pubblicitari, tecnici dei video e dell'immagine, registi, che hanno spiegato loro come si fa uno spot, quali sono i linguaggi sottesi e il meccanismo dell'ironia. Quale spot hanno costruito questi ragazzi? Io ovviamente come responsabile del progetto avevo garantito che non lo avrei censurato. La domanda era: l'alcol, la perdita di controllo conseguente all'alcol, quale paura vi scatena? Io pensavo: sfracassarsi contro un muro, finire all'ospedale, l’auto confiscata …. invece il loro spot è stato completamente diverso. SPOT: Prima scena, dieci secondi: ragazzi e ragazze che ballano in discoteca e bevono, bevono.... Seconda scena: drin… suona la sveglia la mattina. Drin, drin, drin. Musica “macho man” dalla radiosveglia, il letto sfatto, un ragazzo che si alza dal letto. Cambio di immagine, e si vede uno che fa la doccia: un trans molto dotato. Nuova inquadratura del ragazzo mentre sta correndo via, poi la didascalia: “Fa male solo al fegato?” Direi che è geniale. Questo per far capire qual’ è la loro reale paura. La perdita di controllo rivela parti che io non voglio accettare in me stesso. Io credo che noi dobbiamo lavorare non tanto per rassicurare sul “non sei gay”, ma per accettare parti di noi stessi, che ci permetteranno poi di accettare anche quelle degli altri, inclusa quella gay del dottore. Pasquale Scarano: perdere il controllo è quello che i ragazzi cercano. Molti di loro soffrono di eiaculazione precoce e attraverso l’uso di alcol o droghe evitano l’ imbarazzo, cercano di essere più disinibiti e di risolvere le proprie difficoltà, senza peraltro affrontarle. Mauro Croce: potremmo discuterne per giorni, è molto stimolante. Una prima considerazione è che l'universo maschile è ancora tutto da scoprire e abbiamo molto da lavorarci sopra. Abbiamo fin troppo investito su quello femminile, di cui ormai conosciamo quasi tutto, mentre quello maschile lo abbiamo messo un po' da parte. Rispetto ai progetti presentati, abbiamo visto che hanno alcune matrici comuni come l'intersettorialità, la multidisciplinarit{, l’essere “ragionati”, standardizzati, ripetuti, non lasciati all’inventiva del momento, ma anche centrati sulla discussione, la creatività, l'emersione dei punti di vista diversi e il confronto. Io ritengo debbano diventare azioni di sistema. Così come esistono i Livelli Essenziali di 39 Assistenza, in Italia dovrebbero esistere anche i livelli essenziali di promozione della salute. La realizzazione dei progetti non può essere lasciata alla presenza o meno di finanziamenti e alla sensibilità degli operatori. Questa è una criticità tipicamente italiana: vengono a mancare gli operatori, non se ne assumono di nuovi, sono richiamati al lavoro ambulatoriale e gli interventi in ambito scolastico subiscono una progressiva contrazione. Io lavoro anche in Svizzera e, per esempio, lì non accade: l'orientamento dell'organizzazione sanitaria svizzera prevede che in seconda media i ragazzi abbiano diritto a quattro ore di educazione sessuale. Al termine del curriculum scolastico lo studente, così come avrà svolto le sue ore di materie curriculari, avrà anche svolto quattro ore di incontro con il personale del consultorio o con i peer educator. Occorre, inoltre, dire che la scuola italiana è sessuofobica, perché nonostante l’educazione sessuale sia indicata nel Codice Zanardelli (un liberale del ‘900), stenta a diventare di sistema: ci scontriamo sempre su questioni valoriali. Io ho due figlie, una di quattordici e l'altra di diciassette, e sono il primo ad essere preoccupato e a cercare di trasmettere dei valori, ma dobbiamo lavorare anche sul piano della conoscenza della sessualit{ e dell’affettivit{. Ho ‘rubato’ a caso, nell’atrio, quattro delle domande formulate dai ragazzi. Nonostante l'orgia di comunicazione e lo spam su viagra, agiopenis, cialis che i nativi digitali ricevono tutti i giorni (ricordiamoci poi che il viagra viene spesso utilizzato come un additivo, in associazione a droghe, alcool), le domande poste sono: “Masturbarsi fa bene o male?”. A quanto pare questo rimane un dubbio amletico che l’umanit{ continua a portarsi dietro. Non rispondetemi, lasciatemi il dubbio, potrei stare male. Pasquale Scarano: non fa diventar ciechi. Mauro Croce: di questo sono certo! La masturbazione che porta alla cecit{ ….ne possiamo ironizzare molto. Pasquale Scarano: la storia ricorda anche una cosa: Falloppio, quello che ha dato il nome alle tube femminili, diceva alle mamme: “Tirate a lungo il pene dei vostri bambini, perché diventerà sicuramente più lungo”. Mauro Croce: Dio mio c’è lavoro per gli psicanalisti! Ma sulla paura della cecità potremmo fare uno spot, ne parlerò con i nostri peer educator. Io pensavo fosse un timore assurdo della mia generazione …. se così fosse credo che la maggior parte di noi girerebbe con il cane da pastore, no? Però, al di la delle battute, compaiono sempre le solite domande dei ragazzi: “L'Aids viene trasmesso solo tramite rapporti sessuali o anche con la bocca?” Mi immagino questi ragazzi che vanno a cercare su internet l’angosciante risposta. Ma se sulla cecit{ passa la controinformazione (mi accorgo che la vista rimane invariata), ci sono invece altri dubbi che bloccano i ragazzi: “Qual' è la misura media del pene? “ Questa è l'altra domanda chiave. Dottore, non me lo dica, la prego! “Per le donne è più piacevole un pene lungo e stretto o corto e largo?”: l’avr{ scritta una ragazza o un ragazzo? “Perché è faticoso fare sesso?”: sono adolescenti? Pasquale Scarano: sono degli eiaculatori precoci, quindi, corrono, corrono. Mauro Croce: poi ce n'è un’altra bellissima, con cui chiudere: “Ma allora esiste un posto per noi?” Quindi i ragazzi cercano un posto. Si parla molto e io sono uno dei grandi teorizzatori della comunicazione orizzontale, dell’influenza reciproca fra ragazzi, del lavoro CON. Ma pensiamo alla parte dei ragazzi che non si presenta alla visita andrologica, probabilmente quelli che hanno più problemi.. Dobbiamo lavorare con i ragazzi affinché LORO si influenzino, senza fargli cadere le cose dall'alto. I ragazzi chiedono anche la verticalità, cercano adulti competenti con i quali incontrarsi, che non li giudichino, ma li aiutino a porsi delle domande insieme. Pasquale Scarano: che non siano però il babbo e la mamma, questo è certo. 40 Mauro Croce: soprattutto su questioni come queste, me lo auguro! L'adulto competente non è quello che ti dà la risposta, perché la risposta te la danno tutti (io consultavo l’enciclopedia, loro Google), ma qualcuno che interagisce con te. Noi adulti a volte abbandoniamo questo campo perché abbiamo paura. Anche il ruolo dell’esperto è in crisi. L'esperto è utilissimo, ma deve stare dietro le quinte, sollecitare e stimolare, senza fare il ‘sapientino’ che dà le risposte a tutto, perché dopo un po' l’attenzione si abbassa. Se l’esperto è in gamba, stimola le domande, mette in crisi le false certezze, aiuta a formulare domande. Ci sarebbero ancora molte cosa di cui parlare, per esempio il tema della verifica: il gradimento, l'apprendimento, il cambiamento dei comportamenti, il rapporto tra conoscenza e atteggiamento …. Il cambiamento è una delle questioni più grosse discusse dalla psicologia sociale, perché è situazionale. In questo momento io posso essere consapevole, ma quando mi troverò in una circostanza particolare, chi lo sa come reagirò? Quindi dobbiamo lavorare sicuramente per promuovere la consapevolezza individuale, facendo attenzione, però, al fatto che anche negli stili di vita sta passando un atteggiamento di tipo individuale: sei tu il responsabile delle tue scelte (è liberalismo calvinista) quindi è colpa tua se... Ma la prima causa di mortalità e morbilità non sono gli stili di vita ma le diseguaglianze sociali. Tutti gli studi epidemiologici confermano che essere ricco ed essere tossico è diverso dall’ essere povero ed essere sano. Questo è in un certo senso confermato anche da quel grande sociologo che è Keith Richards, dei Rolling Stones, quando afferma: “In vita mia non ho mai avuto problemi con la droga… tanti invece con la polizia”. E’ un messaggio crudo: se hai i soldi fai quel che vuoi. Questa riflessione sulle diseguaglianze sociali è per affermare che i cambiamenti non possono essere solo individuali, ma anche culturali. Noi stiamo lavorando per aumentare le conoscenze degli individui, ma non è detto che questo ne modificherà il comportamento. Concludo citando uno spot prodotto negli Stati Uniti d'America, dove hanno come dote quella di verificare l'efficacia, l'EVIDENCE, dei loro interventi: si vedono dei ragazzi che si fanno delle canne, si divertono, cantano in macchina….ad un certo punto hanno un gravissimo incidente, con conseguenze mortali, disastrose. Lo spot avrebbe dovuto disincentivare l’uso di cannabis fra i giovani, il risultato è stato, invece, un aumento del consumo di marijuana alla guida. Perché? Perché i ragazzi colgono solo la prima parte, quella in cui i coetanei si divertono e stanno bene facendosi delle canne. L’altra parte, quella delle conseguenze, la censurano. Non esiste. Motivo questo per lavorare affinché si modifichino i comportamenti culturali tra i ragazzi. Il fatto che non venga utilizzato il profilattico è perché nella coppia assume un significato di sfiducia, di dubbio ci sia qualcosa di ‘nascosto’, che non ci si fida dell’altro. Questo credo agisca sulla libido in maniera tremenda. Ma se ciò avvenisse all’interno di una relazione ecco che non assumerebbe tutto questo significato di diffidenza, paura, ostilità, che porta alla negazione. Sigmund Freud ci fa notare che l'alcol scioglie il nostro super-io, cioè l'istanza normativa che è dentro di noi, quella che controlla se ciò che sto facendo è giusto o sbagliato e ci provoca sensi di colpa. Bevo un po' e il super-io se ne va. Quindi io giustifico i miei comportamenti sulla base del bere o bevo per giustificarli. Comprenderete allora come occorra lavorare su tanti piani. Mi permetto di dire, sentendomi parte di questo gruppo, che siamo sulla buona strada, ma credo che veramente ‘raccoglierei’ il maschio. Il maschio questo sconosciuto, un balordo! Ma dovremmo raccogliere anche una sfida: far diventare sistema questi progetti, all’interno dei piani sanitari regionali e locali. Pur lasciando spazio alla sperimentazione, rispetto a temi come la sessualità non possiamo più continuare unicamente a sperimentare. Dobbiamo sì contenere, tenere viva la sperimentazione, perché l'universo giovanile e i problemi cambiano in continuazione, ma anche inventare metodologie legate all’intervento e ai temi trattati; dobbiamo anche consolidare ciò che stiamo facendo, che è utile e che deve diventare sistema. Con questo mi fermerei. 41 PREMIAZIONE DEGLI STUDENTI DEL LICEO ARTISTICO “F.FELLINI” DI RICCIONE A CUI È STATO ASSEGNATO IL COMPITO DI REALIZZARE IL LOGO E IL MOTTO DEL SITO AZIENDALE DEDICATO AGLI ADOLESCENTI LUCIANA BELLONI – Responsabile Spazio Giovani 360° Rimini Ausl Rimini Premiazione dei primi 3 vincitori del Concorso indetto dagli operatori che si occupano di adolescenza nei Servizi Territoriali, per la creazione di un logo e di un motto da apporre al sito aziendale dedicato all’adolescenza e da apporre ad un segnalibro e/o cartoncino da lasciare agli studenti dopo gli interventi preventivi nelle classi. Questo lavoro sul sito è stato voluto per il raggiungimento di un duplice obiettivo: mostrare ai ragazzi la fruibilit{ e la facilit{ d’accesso ai servizi loro dedicati e far risaltare il lavoro comune e di rete fra gli operatori. Gli operatori hanno voluto che questo lavoro di comunicazione venisse fatto da ragazzi per ragazzi in modo tale che l’immagine e la parola scelte fossero il più possibile aderenti alla realt{ giovanile e restituissero agli operatori una chiave, un ponte per comunicare meglio con i ragazzi. Nella Provincia di Rimini sono presenti n. 2 Licei Artistici, la scelta è ricaduta sul Liceo Artistico ”Fellini” di Riccione per la lunga collaborazione con 360° e devo dire che la scelta non ha tradito le nostre aspettative. Gli elaborati sono stati presentati con puntualità, precisione, originalità e direi con sentita partecipazione; di questo ringrazio a nome dei miei colleghi tutto il personale scolastico che ha seguito l’iniziativa, in particolare le professoresse Sorini , Belluzzi, Magini. I lavori dei ragazzi erano bellissimi, ero nella Commissione e ho provato stupore ed entusiasmo, ma anche una grande difficoltà a scegliere. La Commissione ha scelto di fare una graduatoria dei primi sei motti, perché ci parevano particolarmente interessanti, accanto alla graduatoria dei primi 10 scelti per logo e motto. 42 GRADUATORIA DEI PRIMI DIECI SELEZIONATI “CONCORSO LOGO AUSL RIMINI” 1_D'Avolio Laura 5^CD (color magenta) M: Voltati ...la strada è questa. 2_Fraternale Nicol 5^CD M: Una soluzione per un futuro migliore. 3_Ranieri Giulia 5^CD M: Non sentirti come un pesce fuor d'acqua...a noi puoi chiedere. 4_Tonti Silvia 4^CD M: Libertà: il coraggio di saper sciegliere. 5_Phuttharat Rattanasila 4^A M: A ogni problema c'è sempre una risposta. 6_Vandi Barbara 5^CD M: La spinta giusta per crescere. 7_Marchi Angelo 5^CD M: Un punto in comune. 8_Frigieri Francesca 5^CD M:Camminando sulle impronte giuste. 9_Tontini Samuele 4^CD M:A volte nella vita abbiamo bisogno d'aiuto. 10_Lache Patrizia 5^A M: Cambiare richiede coraggio di iniziare. 43 GRADUATORIA MOTTI 1_Roppo Francesca 5^CD M: Accendi il tuo bisogno di sapere. 2_Bianchi Giulia 5^CD M:Non perdiamoci nelle nostre domande. 3_Lorenzi Sara 4?CD M: Ascoltami...ti ascolto. 4_ Gattoni Jessica 5^CD M:Non aspettare che il disagio diventi un problema. 5_Paci Sara 4CD M: C'è sempre una soluzione. 6_Belchieri Ursula 5^A M: Cambia prima di essere costretto a farlo. 44 – L'ACCOGLIENZA E L'ASCOLTO SALUTI ELENA CASTELLI – Referente per L'area Consultori, Spazi Giovani e Spazi Donne Immigrate della Regione Emilia Romagna Questo convegno è un momento di riflessione a più voci e un'occasione di rilancio, nei fatti e nelle proposte concrete, degli obiettivi che vent’anni fa hanno caratterizzato l’avvio degli Spazi Giovani. Rileggere questi due decenni ha significato anche constatare come alcuni obiettivi e talune parole d'ordine siano rimasti quasi immutati, anche rispetto all'idea e alle caratteristiche di fondo degli Spazi Giovani: parole come accoglienza, relazione/comunicazione, promozione della salute. L’apertura degli Spazi Giovani ha portato ad un processo di rinnovamento che inevitabilmente ha “contagiato” anche la restante parte dei Consultori Familiari ed il modo stesso di interazione con l'utenza in genere e con la società. Queste parole accoglienza, formazione, relazione/comunicazione sono ancora un punto di riferimento, anche se in un contesto profondamente mutato, in cui gli Spazi Giovani stessi sono cambiati, così come gli utenti e le richieste portate al consultorio stesso. Nel corso di questi anni si è cominciato ad osservare la frammentazione degli interventi di promozione della salute, che venivano realizzati da Servizi diversi a volte con tematiche sovrapposte (es. prevenzione AIDS e disagio psicologico) e con difficoltà nel coordinarsi rispetto alla stessa utenza (Scuole medie superiori ed inferiori). Per dare una risposta a tale situazione il Piano Sanitario e Sociale Regionale 2008-2010, con il capitolo Le risposte ai bisogni complessi: verso politiche sociali e sanitarie integrate individua come aree per l’integrazione l’infanzia, l’adolescenza ed i giovani, e segnala la necessit{ di svolgere un lavoro integrato sia all’interno delle diverse articolazioni delle Aziende Sanitarie, sia in collegamento con altre realtà del territorio. In questa direzione sono di importanza strategica strumenti come il Piano di Zona distrettuale per la salute e il benessere sociale, i patti tra Enti locali, Azienda sanitaria e scuola per ottimizzare e sviluppare le risorse e le opportunità presenti sul territorio per quanto riguarda la promozione e l'educazione alla salute nonché gli stili di vita sani, l'educazione all'affettività e alla sessualità, l'inserimento scolastico degli alunni disabili o in gravi difficoltà, la prevenzione delle dipendenze o di disturbi psichiatrici in adolescenza, l'incentivazione di momenti aggregativi extrascolastici con uso di laboratori e spazi anche scolastici. Obiettivo di questa parte del Piano è promuovere il coordinamento e l’integrazione delle programmazioni, degli interventi e dei progetti educativi, sociali e socio-sanitari che gli Enti locali realizzano in collaborazione con le Autonomie scolastiche, le Aziende USL ed il Terzo Settore per migliorare la qualit{ dell’integrazione scolastica e sociale. Promuovere “politiche giovanili” significa coordinare e rendere coerenti tutti gli interventi messi in atto da soggetti diversi (Comuni, AUSL, Scuole, Associazionismo…) e da diversi settori della pubblica amministrazione (formazione, lavoro, politiche sociali, salute, cultura, sviluppo del territorio ecc.) e 45 superare il concetto di prevenzione a favore del concetto di partecipazione, anche come risposta ad una domanda nuova che proviene dai giovani ed ha bisogno di risposte adeguate, anche in termini di riorganizzazione dell’offerta. I servizi per i giovani devono coerentemente garantire tutela dei diritti, riduzione delle disuguaglianze, promozione di autonomia e responsabilità, sostegno, sviluppo di opportunità, facilità di accesso. L’organizzazione dei servizi deve fondarsi su multidisciplinariet{, ascolto, prossimit{, flessibilit{. Nel prossimo decennio si stima un aumento di un punto percentuale delle fasce di popolazione giovanile, verosimilmente imputabile per una parte significativa, ai giovani figli di immigrati. Dall’inizio degli anni ’90 ad oggi, anche in Emilia-Romagna, si sono verificate trasformazioni sociali ed economiche imponenti, che propongono scenari finora inediti anche in riferimento alle giovani generazioni: - crisi di fiducia verso le istituzioni, legami sociali e generazionali indeboliti; - forme di disagio sociale non più definibili secondo le categorie interpretative tradizionali. Il disagio infatti aumenta nelle famiglie e nei giovani “normali” e comprende non solo gli esiti più estremi (abbandono scolastico, comportamenti problematici come bullismo, aggressività, violenza, abuso di sostanze, disturbi del comportamento alimentare ecc.) ma anche quelli più silenti (demotivazione, disaffezione, smarrimento, passività, scarsa autonomia di giudizio e di condotta, consumismo esasperato, ricerca di sicurezza tramite sottomissione a modelli e sostanze che si presentano forti); - diffusione di comportamenti giovanili a rischio; - consumo e abuso di sostanze illegali, facilmente reperibili ed accessibili e di alcol; - la presenza sempre più significativa dei giovani immigrati di seconda generazione e la conseguente crescente fisionomia multietnica del mondo giovanile. Gli Enti locali e le AUSL, in collaborazione con il Terzo settore, hanno progettato ed attuato numerosi interventi ed istituito servizi territoriali destinati ad adolescenti e giovani e finalizzati alla valorizzazione dei giovani come risorsa per la comunità, alla promozione dell’agio e del benessere, alla valorizzazione delle forme di partecipazione e di cittadinanza attiva. Partendo dai bisogni degli adolescenti gli Spazi giovani dei Consultori, grazie alla presenza di operatori provenienti da servizi diversi ed alla propensione al lavoro in équipe hanno sperimentato percorsi assistenziali integrati tra Consultorio, Sert, Neuropsichiatria infantile, Salute mentale, Pediatria di comunità che hanno consentito di riconoscere precocemente e prendere in carico situazioni a rischio e problematiche, non sempre riferite all’area della sessualit{. Occorre migliorarne ulteriormente la qualità, con azioni di aggiornamento e formazione degli operatori e di promozione di conoscenza presso i giovani e gli adulti di riferimento, applicando politiche di gratuità degli interventi per facilitare l’accesso anche oltre il 19° anno di et{. A livello distrettuale nel prossimo triennio dovranno essere individuati i percorsi assistenziali integrati specifici, con particolare attenzione all’accesso soprattutto dei ragazzi e delle ragazze in condizione di svantaggio culturale, sociale e familiare, condizioni che possono determinare disuguaglianze di salute importanti, soprattutto in questa fascia d’et{. In ogni Distretto devono essere organizzati servizi per i giovani, i loro contesti e gli adulti di riferimento che siano facilmente accessibili, attraenti, non connotati in senso specialistico ma fortemente qualificati dal punto di vista delle competenze, a cui devono concorrere operatori 46 provenienti da servizi diversi, pubblici e del Privato sociale. E’ inoltre fondamentale che favoriscano, al bisogno, l’accesso ai servizi specialistici e forme adeguate di accompagnamento. La promozione di stili di vita sani richiede comunicazione ed informazione finalizzata innanzitutto alla promozione di una coscienza critica nei confronti dei consumi, alla crescita della consapevolezza di sé e del rischio, della propria responsabilit{ e della capacit{ di scegliere. L’informazione per essere efficace deve raggiungere, oltre ai giovani, anche tutte le persone che sono in contatto con loro ed essere differenziata e mirata a seconda dei luoghi e del target a cui è diretta. La Regione si impegna a promuovere, in collaborazione con le autorit{ scolastiche, l’inserimento dell’educazione alla salute ed a stili di vita sani tra le attivit{ curricolari e ad attuare con continuit{ campagne di comunicazione ed informazione rivolte ai giovani. Una sfida di particolare interesse per una cultura integrata delle politiche è la crescente fisionomia multietnica del mondo giovanile che propone nuovi obiettivi ai Servizi con l’esigenza di approcci interculturali nella programmazione degli interventi, con particolare attenzione alle problematiche degli stranieri di “seconda generazione”. L’aumento di giovani stranieri richiede aumento di conoscenze/competenze agli operatori di base e specialistici per migliorare l’accesso e le prestazioni dei servizi. Lo scorso anno con la Legge Regionale 14/2009 NORME IN MATERIA DI POLITICHE PER LE GIOVANI GENERAZIONI, all’art. 11 e all’art. 41 la Regione ha voluto promuovere accordi e forme di collaborazione tra le istituzioni scolastiche, gli enti locali, le AUSL ed altri soggetti pubblici e del terzo settore per la programmazione d’interventi d’educazione e promozione alla salute, da attuarsi anche tramite l’utilizzo delle tecnologie digitali e con il coinvolgimento diretto dei giovani, finalizzati all’adozione di stili di vita sani, alla comprensione ed alla consapevolezza sui consumi e sui messaggi mediatici che li incentivano. La stessa legge sostiene inoltre progetti ed interventi finalizzati a responsabilizzare i giovani sui propri comportamenti e sui rischi possibili con un approccio globale ai fattori di rischio ed un’attenzione particolare alla sessualit{, all’alimentazione ed al consumo di sostanze psicoattive, anche legato alle attività sportive; promuove la salute dei giovani, tramite i servizi e gli interventi sanitari e sociosanitari, garantendo la personalizzazione e la progettazione partecipata degli interventi; incentiva l’organizzazione di servizi e spazi dedicati per i giovani fino ai ventuno anni d’et{ ed a tutti gli studenti nell’ambito della promozione della salute sessuale e riproduttiva dei giovani. Anche per queste ragioni credo che sia interessante l’idea che ha portato alla realizzazione di questo convegno che ci aiuta infatti a capire il percorso fatto ma anche quale può essere, oggi, la posta in gioco e la sfida, il futuro di questo servizio. In 20 anni, tutte le realtà consultoriali si sono dotate degli Spazi giovani tant’è che oggi (ad eccezione di poche realtà), sono presenti in molte Aziende a livello distrettuale e sono 31 in tutta la regione, che sono veri e propri “laboratori per l'innovazione” e ancora mantengono una forte vitalità e continuano a cercare nuovi modi per comunicare come, ad esempio, i siti web, cresciuti nel tempo in numero e qualità. E i giovani sembrano rispondere ed apprezzare il lavoro degli Spazi giovani, infatti gli utenti che si rivolgono agli spazi giovani sono aumentati del 35% nel 2009 rispetto a vent’anni fa, crescendo costantemente nel corso degli anni. Ed anche la Regione in questi anni ha sempre cercato di sostenere e migliorare l’attivit{ degli Spazi giovani finanziando progetti specifici, come quello del 2000 di riorganizzazione dei consultori familiari, che, con l’obiettivo n.6, ha portato gli Spazi a pensare ad una modalit{ di valutazione delle attività di educazione alla sessualità svolta nelle scuole. Sempre in questo progetto, con l’obiettivo 7, si 47 è cercato di riorganizzare i percorsi all’interno degli Spazi giovani e dei servizi che lavorano sui giovani nel tentativo di sperimentare nuove modalità di integrazione dei servizi sanitari e sociali rivolti agli adolescenti. Più recentemente abbiamo iniziato un lavoro per avvicinare anche i ragazzi al consultorio proponendo una collaborazione con la societ{ italiana di andrologia per una attivit{ di prevenzione all’interno della scuola, che speriamo sia un primo passo verso la possibilità di avere l’andrologo in consulenza all’interno degli spazi giovani. Importante è anche l’attivit{ degli Spazi Giovani nella prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili e dell’AIDS, (ricordiamo che mercoledì è stata la giornata internazionale per la prevenzione all’AIDS), che la regione ha sempre cercato di sostenere con una quota specifica per gli Spazi all’interno dei programmi di prevenzione all’AIDS che vengono presentati biennalmente, e che saranno assegnati anche per il prossimo biennio 2011—2012. MARCELLO TONINI – Direttore Generale Ausl Rimini Come mia consuetudine farò un intervento a braccio, dopo quello puntuale e tecnico della dottoressa Castelli. Vedete, nella nostra cultura romagnola gli adolescenti, il tema della crescita dei figli, viene considerato una “questione da donne”, anzi da mamme. Non intendo certo dirlo in termini dispregiativi: ritengo al contrario che questi aspetti siano di grande importanza, sia all'interno di una famiglia, sia all'interno dell'attività che svolgiamo come Azienda USL. E di conseguenza, forse proprio per questo, nel mio immaginario – così come, credo, nell'immaginario dei più – per affrontarli serve proprio quella particolare sensibilità ed accortezza che forse voi donne, che oggi siete maggioritarie in questo consesso, avete più di noi uomini. Sia per l'aspetto genitoriale sia per l'aspetto dell'attività dei servizi. Come Direttore Generale di questa Azienda sono ben conscio del valore che lo “Spazio Giovani 360°”, così come tutti gli altri servizi legati all'adolescenza, ha e deve continuare ad avere. Questa esperienza non può certo fermarsi, non posso immaginare che non abbia un futuro. Apprendo sempre dalle parole della dottoressa Castelli, e me ne rallegro, che in Regione, pur in un momento difficile come l'attuale si sono trovate le risorse per questa continuità. Ribadisco, ne sono autenticamente contento, ma nonostante ciò mi pare doveroso, non foss'altro per il ruolo che ricopro, fare un richiamo: non possiamo assolutamente più permetterci “divagazioni sul tema”, “svolazzi”, cose che abbiano una dubbia utilit{. Non voglio mancare di rispetto ma ho la consapevolezza che, magari non nel vostro lavoro, ma in certe sacche della pubblica amministrazione, in passato questo sia successo. Ora non possiamo più permettercelo. Ogni risorsa dev'essere finalizzata su progetti concreti e che abbiamo un ritorno il più possibile misurabile. Bisogna che noi tutti siamo estremamente precisi, puntuali, razionali nei nostri investimenti perché, ripeto, la situazione ce lo impone. Rispondo, infine, doverosamente, alla domanda che mi è stata rivolta, e cioè quale futuro, per questi servizi, qui a Rimini, anche rispetto alle risorse a disposizione? Sarò chiaro: questa azienda sanitaria si impegna, costantemente, per avere i conti a posto, e questo secondo me è importante, poiché consente, appunto, di “rilanciare”, come dice anche il titolo di questo vostro interessante convegno, siamo un'azienda sanitaria che sta crescendo e recuperando un gap che sicuramente aveva, però la crescita non è mai scontata, e il tema vero, lo ripeto, è quello di indirizzarla bene, questa crescita. Insomma, in sintesi, non c'è una difficoltà di approccio, da parte mia, a rispondere favorevolmente alla domanda, cioè a dire sì alla prosecuzione di questo lavoro sugli adolescenti con l'intento che l'azione che viene messa in campo abbia consistenza forte. Sono convinto che fino ad ora la vostra attività abbia sempre avuto questa consistenza, e quindi continuiamo esattamente su questa strada. 48 CI CONTIAMO: UNA RIFLESSIONE SUI DATI E. NIVES VASELLI – Sociologa Spazio Giovani 360° Riccione Ausl Rimini Per una riflessione sullo Spazio Giovani abbiamo ritenuto opportuno focalizzarci, tra i tanti dati che possediamo, innanzitutto sul dato riferito al target del servizio, poi sulla serie storica degli utenti delle due aree di attività, attività clinica e attività di educazione alla salute presso le istituzioni scolastiche, infine approfondiremo brevemente i dati relativi all'attivit{ dell’anno 2009. Per confronti e commenti sarà utilizzato il documento dell’Assessorato Politiche per la Salute – Servizio Assistenza distrettuale, medicina generale, pianificazione e sviluppo dei servizi sanitari, della Regione Emilia- Romagna, che viene prodotto ogni anno e restituisce i dati forniti da tutti gli Spazi Giovani della Regione (consultabile sul sito www.consultoriemiliaromagna.it ). Quanti sono? Popolazione residente 14-19 anni nella Provincia di Rimini 16.952 maschi 52% femmine 48% Al 1° gennaio Residenti totali Di cui 14-19 anni 2009 2010 (20) 2010 (27) 303.207 307.132 325.265 15.828 15.965 16.952 Di cui 1.674 (9,9%) immigrati da altri stati esteri Il nostro target è la popolazione compresa tra i 14 e i 19 anni, residente nella Provincia di Rimini: al 01/01/2010 è pari a 16.952. La slide mostra una particolarità: l'anno 2010 è riportato due volte, prima con il dato riferito alla popolazione di 20 comuni e successivamente con quello riferito a 27 comuni (comprende i nuovi territori), per cui il totale aumenta di 1.000 unità. I giovani 14-19 anni residenti in Provincia di Rimini al 01/01/2010 DOVE SONO NATI? All’estero In provincia Nel resto d’Italia Tot. Nr 2.258 9.885 4.810 % 13,3 58,3 28,4 16.952 100 TIPOLOGIA FAMIGLIE: 92,8% vive in famiglia (72% coppia genitoriale, 10% monogenitoriale) 25% figli unici 1.675 diplomati nel 2008/2009 5% disagio segnalato dai servizi sociali 104 coniugati nella fascia di età 14-20 anni 49 Analizziamo alcune variabili: in maggioranza sono autoctoni (nati in provincia oltre 58%), il 92% vive in famiglia (il 72 % vive con la coppia genitoriale, il 10 % con un solo genitore), il 25% sono figli unici (dato che mi ha stupito), il 5% ha un disagio segnalato dai servizi sociali e ci sono 104 coniugati nella fascia 14/20 anni. (I dati sono forniti dalla dr.ssa Rossella Salvi, Provincia di Rimini). Az. USL Rimini Spazio Giovani - anno 2009 DISTRETTO DI RIMINI Via XXIII Settembre, 120 DISTRETTO DI RICCIONE Piazza Unità,10 Lunedì pomeriggio 15.00-18.00 Martedì pomeriggio 15.00-18.00 Giovedì pomeriggio 14.30-18.30 OPERATORI IMPEGNATI Operatori Numero operatori Ore settimanali Ore settimanali attività in attività svolta fuori orario di apertura orario di apertura dello spazio dello spazio ambulatoriale ambulatoriale OSTETRICHE 4 10 GINECOLOGI 3 12 PSICOLOGI 3 8 1 9 ASSISTENTI SOCIALI 1 4 4 8 SOCIOLOGA 2 12 5 17 ASSISTENTI SANITARIE 2 8 3 11 15 54 17 71 Totale 3 Totale ore settimanali 13 12 Le sedi degli Spazi Giovani dell'ASL di Rimini sono due, collocate all’interno delle sedi del Consultorio Familiare: a Rimini in Via XXIII Settembre n.120, a Riccione in Piazza Unità 10. La slide mostra gli orari di apertura della attività clinica: lunedì e martedì ore 15-18 a Rimini, giovedì ore 14,30-18,30 a Riccione. Gli operatori sono 15, le ore dedicate sono 71. Commentiamo un dato significativo utilizzando il suddetto documento della Regione, dove a pagina 1 sono riportate le ore dedicate dagli operatori in rapporto alla popolazione target x mille: la percentuale media nella nostra azienda è del 4,2 mentre la media regionale è del 7,7; le ore degli operatori che la nostra azienda dedica sono quindi inferiori rispetto agli altri Spazi Giovani. 50 Az. USL Rimini Spazio Giovani: Nr. utenti dell’attivit{ clinica ANNO RICCIONE RIMINI TOTALE Di cui maschi Di cui immigrati 1990 145 135 280 1991 193 144 337 1992 228 211 439 9 1993 256 273 529 7 1994 392 307 699 11 1995 440 336 776 11 1996 561 358 919 19 1997 538 398 936 21 1998 481 395 876 11 1999 374 541 915 11 2000 459 548 1.007 10 2001 25 565 815 17 2002 409 500 909 20 2003 396 500 896 14 2004 351 505 856 30 23 2005 385 690 1.075 19 49 2006 366 857 1.223 24 63 2007 330 853 1.183 37 78 2008 319 824 1.143 30 80 2009 351 741 1.092 24 78 Per uno sguardo al tempo trascorso la slide riporta il numero degli utenti negli anni, dall’apertura dello Spazio Giovani nel 1990, al 2009: sono i ragazzi in carico, incontrati nella attività clinica. Non ci sono i totali delle colonne, in quanto ogni anno contiene anche utenti dell'anno precedente. Il numero totale ottenuto, invece, con le cartelle individuali, è pari a 9.905: in vent' anni abbiamo ascoltato 10.000 ragazze/i!!! Vediamo l'andamento: gli utenti sono visibilmente aumentati e possiamo affermare che laddove il numero è più basso erano diminuite le ore dei professionisti. Si registra costantemente una scarsa presenza dei maschi che fanno richieste direttamente per sé; emerge l' ingresso, ormai non più recente e sempre più forte, degli adolescenti immigrati. 51 Az. USL Rimini Spazio Giovani: Nr. Studenti raggiunti negli interventi di educazione alla salute presso le istituzioni scolastiche ANNO RICCIONE RIMINI TOTALE 1990 254 319 573 1991 762 202 964 1992 445 319 764 1993 580 427 1.007 1994 690 341 1.031 1995 609 839 1.448 1996 549 521 1.070 1997 460 387 847 1998 624 855 1.479 1999 970 2.025 2.995 2000 1.070 1.002 2.072 2001 566 833 1.399 2002 375 783 1.158 2003 323 708 1.031 2004 88 789 877 2005 87 873 960 2006 498 1.344 1.842 2007 233 606 839 2008 593 2.001 2.594 2009 649 2.152 2.801 TOT 10.425 17.326 27.751 * Non è presente il dato relativo ad insegnanti e genitori coinvolti in progetti Vediamo gli studenti raggiunti dalla attività di Educazione alla Salute e alla Sessualità: il totale è pari a 27.751. E' un numero consistente e anche in aumento negli anni. Come ha detto la referente della Regione Emilia-Romagna Dott.ssa Elena Castelli (ci ha appena informato che anche quest'anno la Regione ha approvato il finanziamento agli Spazi Giovani e noi ci inchiniamo: come faremmo senza il loro sostegno?) nel corso degli anni ci sono stati cambiamenti. Per quanto ci riguarda abbiamo scelto di sospendere gli interventi nelle Scuole secondarie di primo grado, abbiamo dovuto diminuire il numero degli incontri per classe e , in collaborazione con altri sevizi, abbiamo diversificato i progetti e prodotto un Catalogo dei progetti di promozione alla salute in adolescenza. 52 Azienda USL Rimini Spazio Giovani – anno 2009 Numero Utenti del servizio per prestazioni individuali distinti per sesso ed età età < 14 anni 15 anni 16 anni 17 anni 18 anni 19 anni >20 anni Tot. 41 101 181 237 176 134 198 1.068 Maschi / / 4 5 2 4 9 24 Totale 41 101 185 242 178 138 207 1.092 2 7 5 12 17 14 21 78 Femmine Di cui immigrati … di cui, nuovi utenti affluiti al servizio per la prima volta: 666 (61%) Analizziamo ora l'anno 2009. Vediamo la tabella dei n. 1.092 utenti suddivisi per sesso, provenienza e fasce di età: il numero più alto è relativo ai 17enni. Sembra corrispondere all'età del primo rapporto sessuale. Notiamo che il 61% sono nuovi utenti, cioè sono adolescenti che hanno utilizzato il servizio per la prima volta: significa che il ricambio è alto ed è anche più alto della media regionale (42 %). Notiamo inoltre come la presenza degli immigrati sia aumentata, in particolare nella sede di Rimini. Azienda USL Rimini Spazio Giovani – anno 2009 Attività Clinica UTENTI ACCESSI PRESTAZIONI / / 591 579 815 838 IVG 66 219 272* Gravide in Carico 39 180 214 Ginecologia 279 428 530 Problematiche Psicol. Relaz. 71 623 602 Sessuologia 18 71 71 Disturbi Alimentari 13 64 64 Altro 27 257 274 1.092 2.657 3.456 TIPO DI PROBLEMATICA Accoglienza Contraccezione Tot. *di cui n° 46 certificati I.V.G. 53 La tabella successiva riporta l'attività clinica, suddivisa per tipo di problematica (cosa ci chiedono i ragazzi) relativa agli utenti, agli accessi (quante volte si presentano), alle prestazioni erogate. Gli utenti fanno sopratutto richieste di tipo sanitario: sono 990 a fronte delle 102 afferenti alle tre aree psicologiche. I 2.657 accessi ci indicano che mediamente i ragazzi si presentano 2 volte e mezzo. Sono molto più alte ovviamente le prestazioni : 3.456. Il numero dei certificati di IVG (n.46), può essere confrontato con i dati riportati alla pag 21 del documento regionale suddetto. Utenti per tipologia di problematica - anno 2009 Azienda USL Rimini prob.psico 7% IVG 6% Regione Emilia Romagna altro 3% sessuologia 2% IVG 3% altro sessuologia 8% 1% prob.psico 13% ginecologia 25% contraccezione 42% contraccezione ginecologia 52% 27% gravide 4% gravide 3% dist.alim 1% dist.alim 3% Rielaborazione pagg. 11, 12 da Regione Emilia Romagna “Spazi Giovani” dati di attività anno 2009 Il grafico evidenzia la percentuale di utenti per tipo di problematica (la slide precedente riportava i numeri assoluti): il 52% della attività richiesta ed erogata è relativa alla contraccezione. E per contraccezione non si intende solo la parola "pillola", che i ragazzi conoscono ma di cui non sanno, ma significa chiedere, ascoltare, dubitare, andare a casa, parlare con lui, con qualche amica fidata, con la mamma, a volte no è meglio dopo, insomma riflettere, tornare, imparare anche altro: la prevenzione. Infatti la seconda richiesta, 25%, è di ginecologia: la gestione della propria salute, la conoscenza del funzionamento del proprio corpo. 54 Az. USL Rimini Spazio Giovani - anno 2009 Attività di Educazione Sanitaria, Sessuale, Prevenzione AIDS e MST Gli studenti coinvolti negli interventi di educazione sanitaria sono 2.801, gli adulti 190. Le ore in svolte in ambito scolastico sono in totale 513; il rapporto tra tali ore e la popolazione target (16.952) è del 3%; la media regionale è di 5,5%. Ore di educazione sanitaria svolta dagli operatori in rapporto alla professione: Grafico Azienda ULS Rimini Grafico Regione Emilia Romagna psicologi 11% alt ro 11% altro 28% m e d ici 13% ass.soc 14% p s ico lo g i 52% o s t - as 24% ost-as 47% L'ultima slide considera l'attività di educazione sanitaria, sessuale, prevenzione AIDS e MST: anche in questo ambito il rapporto tra le ore di presenza degli operatori in ambito scolastico e la popolazione target è il più basso in regione (pag.33), così come è bassa la presenza degli psicologi in questa attività (pag.37). CI CONTIAMO… PERCHÉ… Allora, dopo tutti questi numeri (e tantissimi evitati!), nella Azienda USL di Rimini lo Spazio Giovani è utilizzato? È conosciuto? Si. Attraverso il passaparola tra le utenti e anche le adulte del consultorio, le madri, attraverso gli interventi educativi nelle scuole e con le cartoline inviate annualmente ai sedicenni residenti, negli ultimi tempi anche attraverso internet. E’ utilizzato ampiamente, soprattutto se si considera l’utilizzo in rapporto alle limitate risorse umane e strutturali. E nei dati mostrati non tutte le presenze sono rilevate: i partner, amici e/o amiche che accompagnano, le madri e a volte entrambi i genitori; non sono “taxi”, entrano, chiedono, ascoltano, interagiscono con i figli e con gli operatori. Poi le assemblee negli istituti scolastici con gli studenti, le presentazioni dei progetti agli insegnanti, ai genitori, ecc. Le 9.505 cartelle di questi venti anni (ci hanno sorpreso!) sono persone, volti, domande, piercing, lacrime, paure, ignoranza, confusione, ironia… Certo non siamo invece confortati dal rapporto con il target, i 16.900 ragazzi residenti nella Provincia di Rimini. 55 Nell’anno 2009 abbiamo preso in carico 1.092 adolescenti: se consideriamo come target solo la popolazione femminile (n.8000), il rapporto è del 12,13 % . E’ poca cosa? Ma quanto è preziosa questa fragilità e potenzialità, questa età. Né adulti, né bambini, la biologia costringe i corpi ad improvvisi, rapidi, vistosi cambiamenti, all’irruzione delle pulsioni; è in atto quel processo che la psicologia chiama costruzione dell’identit{ personale. Cambiare lo sguardo verso i genitori, verso sé, verso il mondo. Compiti normali, con problemi normali. “Crescere è un gioco da ragazzi” è lo slogan che accompagnava il logo (era il 1989! E ancora oggi c’è chi non lo capisce): è un gioco che si esegue quando si è ragazzi, con la vicinanza degli adulti, con la presenza, la cura, il rapporto o lo scontro. Torniamo allo Spazio Giovani, alla sua competenza, sancita dalla legislazione, sulla cura della salute sessuale e relazionale, un luogo dove i giovanissimi sanno di poterne parlare, che se ne può parlare. Vorrei ricordare una specificità riminese che ha riempito di pagine i giornali: una ricerca della Bocconi del 2006, relatori i professori Billari e Borgoni, ha evidenziato che nei territori della nostra costa il primo rapporto sessuale delle ragazze avviene ad una età inferiore rispetto alla media nazionale (la media nazionale è la fascia 16/17 anni - Ricerca SIGO 2010). Concludo. L’OMS ha dichiarato che la salute va intesa come benessere (parola oggi per me insopportabile!) e che “ il benessere è la capacit{ di adeguare i valori al comportamento”. Se pensiamo agli adulti il mondo è davvero ammalato! Riconosciamo agli adolescenti, anche entro i limiti legislativi che il servizio conosce, la possibilità di gestire, di imparare a gestire la propria salute. L’organizzazione del servizio ha caratteristiche mirate e specifiche: - possibilità di rivolgersi in modalità autoreferenziata, - un setting adeguato, non connotato sulla patologia, - il segreto professionale come patto di fiducia, - libero accesso, porte aperte, orari adeguati, - non burocratico, senza appuntamenti, senza ticket, - approccio multidisciplinare, competente, in rete con i servizi per l’invio protetto eventuale, - capace di dare valore alla persona adolescente e a quel che porta o chiede, - essere conosciuto, essere riconosciuto, essere certo, .... Temi emergenti: - la salute sessuale maschile 56 - la gravidanza prima dei 19 anni - la contraccezione e i fallimenti contraccettivi - internet come rischio e opportunità - gli adolescenti immigrati (la seconda generazione) 57 TRA CONTINUITÀ E CAMBIAMENTO: UNO SPAZIO ED UN TEMPO PER L'ASCOLTO DEGLI ADOLESCENTI DI OGGI PATRIZIA BRUNORI Psicologa, Psicoterapeuta E Didatta Istituto Italiano Psicologia di Gruppo di Milano ANTONELLA ANICHINI Neuropsichiatra Infantile, Psicoterapeuta, Docente in Psichiatria dell'età Evolutiva PATRIZIA BRUNORI E' con molto piacere che sono qui oggi a confrontarmi con le riflessioni, le esperienze, le emozioni che hanno caratterizzato il lavoro degli operatori di “Spazio Giovani” nel loro percorso, come anche a condividere l'esigenza di confrontarsi oggi con nuove domande e nuovi pensieri. E’ molto importante infatti, che i nostri modelli e le nostre teorie siano “vivi”, capaci cioè di dialogare sempre creativamente con l'esperienza, quella che incontriamo nella clinica come quella nell’area della prevenzione o in quella educativa. Il nostro rapporto con “Spazio Giovani” nasce proprio in uno di questi momenti di “crisi”. Le “crisi”, sappiamo tutti, hanno anche una valenza evolutiva, segnalano l’esigenza di confrontarsi con i cambiamenti per riattivare una funzione mentale molto importante: “la pensabilit{”. Questa funzione declinata in un gruppo di lavoro comporta la capacità di pensare insieme. La pensabilità, come scrive Romano1, è quella “funzione creativa della mente capace di contenere, elaborare ed interpretare i pensieri e le emozioni relativi alle esperienze che si incontrano in modo da produrre pensieri nuovi e più adeguati”. Contenere, nel senso di ricevere e mantenere in uno spazio mentale le turbolenze emotive e intellettuali che si incontrano, elaborare nel senso di riuscire a dare un senso agli eventi esperienziali, interpretare nel senso di poter accedere a significati più veri e più completi delle esperienze emotive. Una supervisione infatti, quale quella che abbiamo condiviso, che si prenda cura della pensabilità ha comportato un’esperienza emotiva di cura e di conoscenza che, a partire dagli eventi concreti, ha permesso di narrare le esperienze, di confrontare i vissuti, di suscitare domande e di trovare risposte in modo da orientare il lavoro sulla base di pensieri, teorie e procedure che non siano frutto di rigidità teoriche o impostazioni ideologiche. Abbiamo condiviso uno spazio esperienziale di supervisione e di formazione nel quale abbiamo modulato, da una parte l'attenzione ai contenuti, alle narrazioni che di volta in volta venivano portate da qualche membro del gruppo, dall'altra l'attenzione alla funzione stessa dell’ascolto. Tale funzione non si sintonizzava solo sui contenuti, ma ampliava il suo campo nell’esercizio della sua stessa funzione, includendo i pensieri, le associazioni, le emozioni, le fantasie che nel gruppo emergevano. La disponibilità a lasciarsi attraversare dalla narrazione e scompaginare dalle emozioni che circolano, per poi trovare una immagine, un racconto, una metafora che permettano passaggi e trasformazioni 1Romano R., (2000) Il ruolo dell’impensabilità negli individui e nei gruppi coinvolti in situazioni estreme, www.proteccioncivil.org 58 verso un ampliamento della comprensione, ci hanno fatto fare esperienza della creatività del pensare in gruppo. Gli operatori di “Spazio Giovani” incontrano le turbolenze dell’adolescenza e con gli adolescenti sono chiamati ad abitare zone di confine. Il concetto di confine è di per se stesso evocativo. Scrive Erlich: “In realt{ conviene pensare ai confini non come a ben definite e sottilissime linee, non in grado di contenere e sostenere la vita, ma piuttosto come ad aree grigie o territori selvaggi, nei quali succedono moltissime cose e vi si svolge una importante attività vitale. Tutto ciò può assumere il carattere di “gioco”, nel senso che non conduce immediatamente a conseguenze vincolanti in ben definite aree della vita. Un tale genere di confine, o meglio ancora di area di frontiera, fornisce una buona quantità di elasticità e permeabilità. Può altresì far nascere e crescere tutto ciò che è creativo, nuovo, psicologicamente rilevante. Ma in questo posto non hanno le loro radici solo aspetti della vita positivi e creativi. Anche fenomeni negativi, come l’ostilit{, sono strettamente collegati agli scambi e agli accadimenti che avvengono ai confini.” 2 Altrettanto importante è la dimensione dell’incontro. L’etimologia della parola incontro, come ci ricorda Della Torre3 coniuga la preposizione “in”, preposizione di stato in luogo, con l’avverbio “contro”, “trovarsi di fronte a qualcuno, qualcosa”. Mi sembra che ben sia espressa da questa parola sia la necessità di sentirsi presenti e stabili, sia di accogliere i perturbamenti dall’incontro con l’alterit{. E in questo c’è una specularit{ con gli adolescenti che incontrano lo sconosciuto di un corpo che cambia, della sessualità, delle pulsioni, dei desideri, della libert{, della forza dell’azione, della scelta, della responsabilità. Certo, per gli operatori essere capaci di mantenere questa attitudine, nel senso di essere aperti ad ascoltare veramente cosa gli adolescenti portano negli spazi dell’incontro, quelli dove esprimono i loro disagi o le loro fratture emotive, quelli dove hanno bisogno di pensare alle loro domande evolutive, quelli dove hanno bisogno di conoscere il loro corpo - quelli, quindi, della cura, dell’orientamento e della prevenzione - è una ricerca continua. Incontrare i pensieri è veramente pensare, sottolinea La Torre, altrimenti tutto si riduce ad un rimestare concetti già logori ad incontrare il pensato, anche noi adulti non possiamo evitare l’incontro con ciò che è inatteso, con ciò che si sottrae all’intenzionalit{. Gli adolescenti portano il bisogno di porsi e di porre domande e di trovare risposte. Gli operatori portano la complessità di accogliere e di sostenere le turbolenze dei passaggi della crescita. “Se stai sul piano del pensiero, puoi essere giovane o vecchio, questo non conta più…” commentava un’operatrice di “spazio giovani”. La creativit{ infatti nasce dall’attitudine a uno stato di apertura e di meraviglia a tutto ciò che si dischiude e appare dentro di noi e di fronte a noi. Possiamo augurarci anche noi con Winnicott “di non perdere mai la capacit{ di sorprenderci e di meravigliarci”. 2 Erlich H.S., Nemici interni ed esterni: paranoia e regressione nei gruppi e nelle organizazioni, presentato al XIX corso di San Lazzaro, Bologna, 6 maggio 2005 3 D. La Torre, Incontro con il pensiero, Koinos , Borla, n.1 2009 59 ANTONELLA ANICHINI “…A narrare il mutare delle forme in corpi nuovi mi spinge l’estro. O Dei, se vostre sono queste metamorfosi, ispirate il mio disegno, così che il canto delle origini del mondo si snodi ininterrotto sino ai miei giorni….” Ovidio,Metamorfosi Libro primo Ci sono incontri fertili (..) Semplificano e alleggeriscono l’intesa con noi stessi. (Corrispondenza tra Renè Char e Albert Camus) Vorrei unirmi alla dottoressa Brunori e ringraziare tutto il gruppo dello spazio giovani del consultorio Rimini e Riccione, per questo bel convegno e per il loro contributo attivo, nel percorso formativo, che abbiamo condiviso; le riflessioni che porto qui oggi prendono spunto proprio da questo loro contributo, in sostanza dal ripensare la loro esperienza. “SPOSTI TUTTI I MIEI CONFINI!” L’adolescenza oggi tra biologia e cultura, continuità e cambiamento Da sempre, l’adolescente esiste in quanto il cambiamento puberale trasforma il corpo del bambino sconvolge i suoi punti di riferimento spaziali e la linearità del suo sviluppo fisico; egli per mezzo della pubertà viene proiettato alla ricerca di un oggetto esterno: in questo senso vi sono sorprendenti analogie con il neonato, alla ricerca del seno. Come ben sappiamo, le funzioni corporee costituiscono fin dalle prime fasi dello sviluppo, soprattutto in quelle più precoci, la forma strutturante su cui si organizzano le funzioni psichiche più basiche e fondamentali. Parlare di vissuto psichico rimanda al legame tra corpo e l’identità: il corpo, si dice è la prima casa che abitiamo, è ciò che fa sì che noi ci riconosciamo e che veniamo riconosciuti. Il corpo in adolescenza è segnato dall’accesso alla genitalit{ ed è qui che occorre fargli un posto nella comunità adulta. Il “passaggio” dallo stato infantile a quello adulto si traduce dunque in un cambiamento di territorio (Jeammet,2009) e in quest’ottica appare fondamentale la chiarezza dei confini intergenerazionali. Adolescenza e riti di passaggio: Le società primitive per molto tempo si sono preoccupate di inquadrare con cura questo percorso, come se intuissero quanto queste fasi di cambiamento, di oscillazioni, di instabilità, mouvance secondo una bella espressione di Kestemberg E., 1999, comportino in termini di possibile apertura e di potenziale pericolo per la trasmissione della cultura. Le società primitive usano molto i riti; il corpo svolge un ruolo fondamentale mentre la parola quasi 60 non ha posto. Ci sono riti di iniziazione in cui il rito non è soltanto parlato ma quasi soprattutto agito e si realizza attraverso un concreto segno corporale. Ma che cosa accade oggi? Si dice che l’adolescente ha perso i suoi riti; le zone di confine intergenerazionale si sono dilatate, sul piano biologico, l’aspettativa di vita si è allungata, è cambiato il modo di concepire e gestire la sessualit{, l’et{ fertile si è allungata. A questo proposito mi hanno molto colpito le parole di una canzone, in prossima uscita, di Gianna Nannini (che tutti voi saprete ha dato alla luce una bambina, Penelope, all’et{ di 54 anni), canzone dedicata alla figlia, dal titolo “Io e te” in cui la cantautrice dice: Ogni tanto penso a te…sposti tutti i miei confini…amor che bello darti al mondo..” Parole se vogliamo molto eloquenti che sanciscono dei cambiamenti (rivoluzioni?) allo stesso tempo biologici e culturali (la biologia modifica la cultura e la cultura modifica la biologia!). Ma in particolare, sul piano culturale, che cosa accade allo scambio generazionale? L‟adolescenza ha perso i suoi riti, si dice, si accentuano le difficoltà di identificazione che mettono in evidenza l‟importanza di trovare nuove forme di riconoscimento sociale della pubertà e della nascente sessualità. Gli adulti “in crisi”sembrano cercare oggi nell’adolescenza una risposta ai propri interrogativi sul senso della vita, prestando un’attenzione complice alle loro titubanze, alle loro incertezze, alle loro sofferenze, talora con idealizzazione della confusione; gli adulti sembrano aver smarrito la forza e la fiducia nel mettere i limiti. Si profila la necessità di riscoprire il senso del divieto: porre un limite, dice Jeammet (2009) significa sempre incontrare un giovane alla ricerca di un senso, esprimergli l’interesse per il suo futuro, riconoscere il suo valore. Gli adolescenti hanno proprio bisogno che venga rispecchiato il loro valore e questo bisogno sarà soddisfatto quanto più incontrerà risposte efficaci ma anche in funzione di quanto solide sono le fondamenta gettate dalle relazioni precoci, a cui possiamo dare insieme un rapido sguardo. ALLE RADICI DEL CONFINE DEL SE’: LA REVERIE, ALLE ORIGINI DELLA COMPRENSIONE E DELL’AMORE. Nello sviluppo emozionale individuale il precursore dello specchio, dice Winnicott (1974) è la faccia della madre; nel suo bellissimo libro “Gioco e realt{”, egli scrive, a proposito del rapporto dell’adolescente con la sua immagine, in particolare quella riflessa nello specchio:“Quando una comune ragazza si guarda allo specchio, studia la propria faccia nello specchio, essa si va rassicurando che l’ immagine della madre sia lì, che la madre la possa vedere e che la madre sia in rapporto con lei”.. Il concetto di madre specchio mostra a mio avviso, straordinarie affinità con il concetto di REVERIE, (Bion,1972) intesa come capacità della madre di sviluppare un organo recettore per metabolizzare (digerire) le informazioni sensoriali coscienti del bambino e porre le basi per la “costruzione”di un apparato per pensare; la reverie così produce comprensione e amore sostenendo la possibilità di contattare se stesso e gli altri come se si trattasse di oggetti “vivi”. Sentirsi reali, dice Winnicott, è più che sentirsi esistere: è trovare una maniera di esistere come se stesso e di entrare in rapporto con oggetti come se stesso e di avere un sé entro cui ritirarsi per rilassarsi..” Tornando a Winnicott, tutto ciò è possibile attraverso tre funzioni materne fondamentali: 1) contenere (Holding) 2) manipolare (handling) 61 3) presentare l’oggetto (object presenting) Se un bambino viene tenuto e manipolato in modo soddisfacente gli si presenta un oggetto in modo che la legittima esperienza di onnipotenza non venga violata ecco che allora si strutturano con chiarezza i suoi confini. Il confine (Ruggeri Saraceni,1980) è un limite che dà forma e che contiene, fondando l’identit{ del sè delimitandolo dal non se; il confine è al tempo stesso un filtro che regola l’entit{ e la qualit{ degli scambi tra mondo interno e mondo esterno, consentendo di definire uno spazio di rappresentazione; il confine infine è una trama che garantisce la compartimentazione delle parti costruttive dell’apparato psichico. La differenziazione tra sè e l’altro è sufficiente perché nasca la consapevolezza di un sé differente da questo altro. Se l’oggetto materno non si mette a sua disposizione nella sua interezza (corpo e mente) il compito evolutivo del bambino è infinitamente complicato, ne derivano alla pubertà (alla resa dei conti) le costellazioni patologiche: di qui le patologie legate a un irrigidimento dei propri confini, nelle sindromi “vietato l’accesso” (Gianna Polacco,1994) che caratterizzano ad esempio i disturbi del comportamento alimentare (anoressia) o le patologie legate all’eccessiva permeabilità del confine come le patologie di personalità, con “diffusione dell’identit{”, i disturbi dell’identit{ di genere; di qui infine le manifestazioni di violenza distruttiva con violazione dei confini come un mezzo estremo per riuscire a sentirsi esistere, per riuscire ad avere un contatto con se stessi e compensare la mancanza di contatto con qualcun altro, la mancanza di empatia e in sostanza di “calore umano”. Per questo è così prezioso, nell’ottica della prevenzione, il vostro lavoro multidisciplinare di ascolto e accoglienza delle neo-mamme, nei consultori. ADOLESCENTI ALLA RICERCA DEI CONFINI: INCONTRARE L’ALTRO PER TROVARE SE STESSI Abbiamo parlato di relazioni precoci, fondamento dell’identit{ di ciascuno. Ma l’adolescente deve differenziarsi dai suoi primari oggetti d’amore, infatti egli è alla ricerca di nuovi oggetti d’amore. Dire amore a quest’et{, spiega Jeammet (2009), vuol dire parlare di minaccia narcisistica proprio a causa di questo desiderio di un’altra persona. Ma dire amore vuol dire soprattutto grande possibilit{ di apertura, cambiamento, trasformazione. E’ pur vero che solo quando si è sufficientemente sicuri di sé ci si può aprire, quando si ha paura ci si chiude e l’altro, il diverso, diventa pericoloso. Occorre sostare allora in questa zona, tra continuità e apertura, con la convinzione che, qualunque sia la sua natura e la sua forma, ogni scambio con l’adolescente può assumere la dimensione di un incontro e caricarsi di un significato potenziale che il suo interlocutore spesso è lungi dal sospettare. I buoni incontri in adolescenza, dice Bolognini (2008) sono come uno “scambio ferroviario”, possono trasformarsi in un’occasione per una rivelazione, in un punto di partenza per un percorso iniziatico verso l’avventura dellla vita. Ma quali sono le occasioni di incontro che cercano gli adolescenti oggi? Come sono cambiate le modalità di incontrarsi? Si parla di una prevalenza di legami orizzontali tra pari, e di una prevalenza di legami “virtuali”. Proviamo a vedere cosa cercano i ragazzi nei social network. 62 “MA IO SONO VIVO”? Cosa cercano i ragazzi, nei Social Network? Come gestiscono oggi la comunicazione orizzontale? Tenterò di rispondere con le parole di un adolescente, parole scritte in un tema che è stato portato (letto in forma anonima) da voi nei nostri seminari; il tema si intitolava “La mia sera…” il ragazzo scrive:”la sera penso alla mia vita, mi chiedo:”ma io sono vivo?” io mi sento vivo quando gioco coi videogiochi..io mi sento vivo quando gioco, quando attacco la spina. La sera penso alla morte, penso di scomparire come una brezza sul mondo. Certe volte spero di scoprire che la vita è un sogno…..” Da questo stralcio autobiografico emerge un bisogno fondamentale, sentirsi vivi e quindi reali, come abbiamo visto prima con Winnicott (1974): sentirsi reali e vivi abbiamo detto è molto più che sentirsi esistere. I ragazzi sono alle prese con il dolore del distacco (la sera..), col dolore delle numerose perdite che l’et{ comporta; in contatto con la provvisoriet{ dei legami, dove la solitudine è un rischio, si difendono dal dolore mentale cercando “rimedi”che a volte sconfinano nella fantasia (illusione) al giorno d’oggi, di “essere sempre connessi” una sorta di utopia, come essere “senza corpo”. In modo comprensibile spesso da più parti si fa sentire, un monito, una denuncia del rischio che queste nuove forme di comunicazione portano, accompagnandosi a un velo di nostalgia del passato; vi ricorderete che abbiamo letto e commentato insieme al riguardo alcuni brani del libro Emmaus di Baricco (2009) là dove, ad esempio questi scrive:“Noi ragazzi tra calcio, parole e sentimenti pensavamo che durasse per sempre….e poiché non esisteva facebook essere amici significava fare delle cose. Non parlarne o raccontarle. Farle… “ Ma, ci siamo anche detti: se gli adolescenti socializzassero all’antica imparerebbero di più all’antica… questi timori non saranno le solite preoccupazione degli adulti di fronte alle nuove generazioni?” Inevitabile è il bisogno di apertura al nuovo dunque e prendendo a prestito le parole di Zucconi: “non siamo diventati tutti ciechi per aver visto Carosello, non siamo tutti morti carbonizzati dopo la scoperta del fuoco..” Guardare al nuovo con attenzione, senza sospetto né illusione sembra l’atteggiamento migliore. In questo modo però ci rendiamo conto che forse i social network apportano e sanciscono al tempo stesso un cambiamento radicale, un cambiamento nella natura dell’essere umano. Augè (parla di Homo tecnologicus specificando che si stanno costruendo “nuove forme di umanit{”. E’ evidente l’aspetto “miracoloso” dei social network, è possibile, ad esempio con skype, mantenere contatti a distanza, ricucire strappi e lontananze. In questo senso i social network offrono nuove, stupefacenti, opportunità. Tuttavia emergono anche perplessità legate a questi contatti “senza corpo” che caratterizzano le relazioni su second life ad esempio; emergono timori che derivano dalla difficoltà a “filtrare”, gli stimoli col rischio di esserne sommersi. Occorre allora anche noi adulti, operatori dei servizi per adolescenti, rendere pensabili queste trasformazioni che avvengono ai “confini della realt{”. “TWILIGHT” ZONE : COABITARE NUOVE FRONTIERE DI RICERCA DI SENSO A questo proposito vorrei porre l’attenzione su una serie televisiva di fantascienza (dal 1959 al 1964; dal 1985 al 1989; dal 2002 al 2003) “Twilight zone” sua pronipote (anche se nella sostanza, piuttosto diversa) la recente saga di Twilight che riscuote tanto successo tra gli adolescenti oggi, al cinema (ultima versione: Eclipse). In questa serie TV si esplorano le vite di normali persone che vengono radicalmente cambiate dall’incontro con “l’ignoto” con uno squarcio nella realt{ che fa diventare credibile anche l’impossibile. ”In questa zona trovano spazio incontri con vampiri, lupi mannari ecc.; si può dire che questa “è la regione intermedia tra la luce e l’oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra 63 l’oscuro baratro dell’ignoto e le vette luminose del sapere. E’ la regione dell’immaginazione, una regione che si trova ai confini della realtà..” (Rod Serling) “Twilight” significa: “crepuscolo, luce crepuscolare, tramonto declino, luce incerta del mattino, albore, inizio”. “Twilight zone” indica la zona del crepuscolo: è un termine che in aviazione indica il momento in cui, in fase di atterraggio di un aereo, la linea dell’orizzonte scompare sotto il velivolo lasciando per un attimo il pilota senza riferimenti. La Twilight zone mi pare allora una bella metafora dello spazio di confine tra realtà esterna e realtà interna, una zona da coabitare insieme ai ragazzi, una zona in cui si cercano i significati, le rappresentazioni, sostando in ciò che ancora non si conosce. ADULTI ABILI NELLA RISPOSTA, OVVERO LA NOSTRA “RESPONS-ABILITA’ EMOTIVA” Stato di attesa dunque, necessaria per la pensabilità di cui si è parlato all’inizio. Ma chi lavora con adolescenti ben sa quanto è difficile mantenere questi spazi di pensiero spesso saturati dall’agire/agiti: gli adolescenti sono impazienti, hanno bisogno di risposte veloci. Occorre che gli adulti siano responsabili ovvero abili-nelle risposte (Don Sergio Messina,2009) risposte concrete alle loro domande: domande sulla decodifica dei segnali del loro corpo e dei loro vissuti, sulla sessualità la contraccezione la gravidanza, sui rischi da cui si sentono minacciati nei loro rapporti, su loro sentirsi (e spesso lo sono) molto soli nelle decisioni quotidiane. Le risposte devono arrivare a tempo, a caldo, ”ben cucinate”. Cosa fa l’adolescente se gli adulti si sottraggono all’incontro? Come i bambini con carenze affettive questi adolescenti picchiano la testa non più contro i bordi delle loro culle bensì contro i muri della società senza poterli scavalcare; picchiandosi e facendosi male si sentono esistere per sé e per gli altri (Jeammet,2009). In altre parole, gli adolescenti cercano i loro confini, nell’incontro con l’altro. E’ importante poter disporre di contenitori adeguati, luoghi di accoglienza nuovi e declinati in diversi modi, in cui si coltivi l’approccio multidisciplinare. Il prezioso lavoro che sta svolgendo lo Spazio Giovani di Rimini e Riccione ne è un esempio: l’ottica gruppale col lavoro di integrazione multidisciplinare e di supervisione psicodinamica consente di dare profondità di sguardo alle singole professionalità e di condividere i carichi emotivi del loro lavoro. Stare sul confine diviene così possibile, per cercare di conciliare le contraddizioni che minacciano la coesione dell’identit{ dell’adolescente affinchè egli possa sentirsi riconosciuto, accolto e al tempo stesso invitato a cambiare. Da adulti abili nella risposta ad adulti respons-abili nel senso che si assumono la RESPONSABILITA’ EMOTIVA ovvero la responsabilità di comprendere cosa accade nella loro mente quando interagisce con gli adolescenti. A tali operatori, dice Jeammet, non è dato risolvere i paradossi ma se possibile creare le condizioni che li rendano vivibili o quanto meno concepibili, in altre parole pensabili. ESSENZA DELL’ADOLESCENZA: LA DISSONANZA Nei nostri seminari sull’adolescenza, abbiamo commentato come tutte le osservazioni sembravano disporsi su due poli opposti e la parola chiave, centrale e riassuntiva individuata è stata: “dissonanza”. 64 Vorrei fissare a questo proposito quella bella immagine portata da voi, della ragazzina marocchina che arrivava in consultorio, accompagnata da parenti col velo, indossando un piumino Moncler! Stridenti contrasti in questa “foto di gruppo” incarnano i conflitti di quel corpo adolescente. Su questa bella immagine lascerei la parola a Patrizia Brunori, per le sue preziose riflessioni sull’importanza della conoscenza degli aspetti interculturali, quando si lavora con l’adolescenza e, a dire il vero, in tutto il vostro lavoro. PATRIZIA BRUNORI Adolescenti di qui, figli di genitori immigrati. L'adolescente essendo sempre in un crocevia generazionale interpreta per primo gli elementi di trasformazione, i cambiamenti di una società, li anticipa, li presentifica con il suo linguaggio, con il corpo, con le sue fantasie e con i suoi sogni. Oggi, sempre di più, le nostre realtà divengono multiculturali. Come incontriamo negli spazi di cura, negli spazi di prevenzione, negli spazi scolastici questi ragazzi che stanno crescendo in Italia e i cui genitori hanno intrapreso, tempo addietro un processo di emigrazione? Come sosteniamo la costruzione dei loro processi identitari? Ci portano domande e sofferenze specifiche? Come articoliamo il concetto di “identit{” e di “costruzione dell’identit{” con quello di “cultura”? Ci sono oggi riflessioni molto articolate, sono quelle che ci sono proposte dall’ etnopiscoanalisi, disciplina che nasce in Francia con Devereux, e che si sviluppa poi con i contributi teorici e clinici di Natan e con Moro4 Con queste riflessioni sulle dinamiche psichiche nei percorsi migratori, sulle specifiche sofferenze e sugli assetti di cura, bisogna dialogare. Infatti quando il contesto si modifica, come nella migrazione, bisogna rendere più complessi i modelli di relazione e di cura. Come sottolinea Moro bisogna tener conto dell’origine, cioè del sistema culturale di appartenenza e del movimento, cioè dei processi di acculturazione. Ogni setting non può che essere trans-culturale, e un setting trans-culturale necessita sempre di una complessità di pensiero e di comportamento. Bisogna poi anche declinare e arricchire queste conoscenze nei singoli contesti, poichè l’emigrazione è al tempo stesso un’ esperienza economica, sociale, culturale, giuridica, psicologica… Sono proprio gli operatori delle istituzioni pubbliche, coloro che incontrano le mamme, i bambini, i giovani che 4 Tra i molteplici lavori di Marie Rose Moro, già tradotti in italiano, e da cui sono presi i concetti che seguono ricordo: 65 provengono da altre realtà, che possono contribuire a sostenere i passaggi evolutivi e a costruire le strade per una buona integrazione interculturale; così come a condividere i percorsi della cura delle sofferenze e delle fratture esistenziali che l’ esperienza migratoria può comportare. Poiché l’emigrazione è un esperienza potenzialmente traumatica e anche se tutti consumiamo la vita a fare passaggi e ad attraversare confini, l’emigrazione ingrandisce il tema della sofferenza dei passaggi. Complementarismo, decentramento, curiosità, gruppo, controtransfert traumatico e controtransfert culturale sono concetti fondanti della clinica transculturale. L’etnopsicoanalisi si fonda al contempo sul riconoscimento dell’universalità psichica - ogni neo-nato sviluppa il suo apparato psichico all’interno di una relazione primaria, ogni adolescente deve elaborare passaggi di trasformazione, ogni uomo soffre, sogna, pensa - e sul riconoscimento delle differenze culturali. Si sviluppa dall’incontro tra la psicoanalisi e l’antropologia. La psicoanalisi pone il suo accento sulla soggettivit{ umana e sui suoi stati affettivi, fantasmatici e cognitivi. L’antropologia pone la sua attenzione sulla comprensione dei fattori collettivi che strutturano le attività umane e la loro organizzazione. Psicoanalisi ed antropologia approcci diversi ma complementari, ad es. una mamma africana che non riesce ad avere una relazione con il suo neo-nato esprime una sofferenza nella sua relazione con il bambino, ci dovremmo occupare di questa sofferenza, ma ascoltare anche la sua narrazione che potrebbe condurci in territori per noi più sconosciuti, quali quelli per es. della paura che il suo bambino sia oggetto di una possessione di spiriti malvagi.…. Entrambe le narrazioni hanno bisogno di essere articolate ed integrate nella soggettività. Il senso ultimo dell’etnopsicoanalisi è quindi proprio quello di riconoscere al contempo l’universale e il particolare psichico per accogliere la narrazione dell’individuo presente davanti a noi e per creare un ponte che permetta la costruzione di un senso comune. E’ la pratica quindi del complementarismo degli approcci e del decentramento nell’ascolto. Da qui nasce la necessità di una clinica a geometria variabile, come la definisce Moro, che si esprime con cambiamenti ed adattamenti nel setting per favorire la creazione di ponti fra noi e l’altro. Tutto ciò serve per meglio comprendere l’altro e il métissage che si crea. Per meglio far fronte al métissage il terapeuta deve far fronte all’alterit{ in sè. Tale alterit{ viene sempre fuori nell’incontro con l’Altro, con il diverso, con lo straniero. Identità e cultura sono due poli inscindibili, due concetti dinamici, plastici in trasformazione, non esiste un uomo senza cultura, dice Natan. Pensiamo quindi all’identit{ come una costruzione continua e complessa che inizia per ognuno di noi prima della nascita stessa, nelle rappresentazioni della coppia genitoriale, nella storia della famiglia e nel contesto culturale di appartenenza. Un sistema culturale, dice Moro, è “costituito da una lingua, da un sistema di parentela, da un insieme di abilità e di condotte (le cure igieniche, le arti, la cucina, le forme di cura, le pratiche di accudimento.) Tutti questi elementi sparsi trovano una struttura coerente nelle rappresentazioni culturali. Interfaccia tra l’esterno e l’interno e permettono l’esperienza soggettiva.” Dalla cultura deriva la griglia di lettura del mondo, le rappresentazioni mentali, il rapporto con il corpo, gli stili genitoriali, l’arte, l’organizzazione sociale. L’identit{ è il risultato di una costruzione continua, di passaggi e di trasformazioni, anche le culture si trasformano. 66 Moro sottolinea la necessità di incontrare e costruire il métissage nei pensieri, negli uomini nella culture. Questo perché le diverse culture si mescolano e danno contributi l’una all’altra. L’esperienza dell’emigrazione è un’esperienza potenzialmente traumatica. Moro molto attenta alle sofferenze di identità nei percorsi di emigrazione e di esilio, in particolare a quelle dei “ragazzi di seconda generazione” cioè figli di genitori che hanno vissuto l’esperienza dell’emigrazione porta alla nostra attenzione due punti importanti: il rapporto genitori figli si costruisce all'interno del contesto culturale dei genitori, quindi alla nascita un bambino è immesso dentro un contenitore culturale che gli è trasmesso attraverso una lingua, delle rappresentazioni della realtà, delle pratiche, un sistema di parentela. Quando ci sono delle disarmonie, delle sofferenze tra genitori e figli, nelle famiglie che hanno l’esperienza della migrazione, queste disarmonie sono dovute ad una fragilizzazione del contenitore culturale. Diviene allora molto importante prenderci cura di queste ferite, di queste fratture o di queste fragilità del contenitore culturale. Ci sono tre momenti particolarmente delicati, in realtà di migrazione, in cui questo contenitore culturale, è molto esposto: - La gravidanza e la nascita. - La prima scolarizzazione - L'adolescenza Nascere I periodi della gravidanza e della fase post-natale presentano delle grandi differenze nelle società tradizionali e quelle occidentali, e costituiscono un momento di vulnerabilità psichica. Per vulnerabilità psichica Moro intende quella condizione soggettiva che risente in modo più forte delle variazioni ambientali, una condizione in cui il soggetto ha minori possibilità di attingere alle proprie risorse interne, in cui, proprio per le condizioni contestuali, è più fragile la resilienza. Le mamme immigrate sono poste nella complessa situazione di essere messe di fronte a doveri contraddittori: rapportarsi con i valori e le pratiche della società di accoglienza (nei percorsi di gravidanza, nel parto, nelle cure primarie…) trasmettendo al tempo stesso i valori tradizionali. I bambini dei migranti presentano una vulnerabilità psichica specifica, tanto sul piano psicopatologico, che su quello cognitivo. L’ipotesi per Moro è che questa sia legata al fatto che i bambini introiettino una scissione: il mondo interiore legato all’affettivit{ e all’universo culturale dei genitori ed il mondo esterno, della scuola e dei media retto dalle regole del contesto di immigrazione. Il bambino di una famiglia immigrata è un bambino esposto al rischio trans-culturale. Andare a scuola Con la scolarizzazione si può creare una distanza tra genitori e figli che innesca processi di defiliazione (Yahyaoui). Questo processo raggiunge il massimo con l’adolescenza. Essere adolescenti di “seconda generazione” L’adolescenza, con le sue naturali turbolenze e domande per la necessaria ridefinizione di se stesso e dell’altro comporta una ricerca di un proprio posto, sia sull’asse della filiazione - l’adolescente si interroga sul posto che occupa nella sua discendenza: è come suo padre, come suo nonno? – sia su quello dell’affiliazione: gli amici, l’amore, la comunit{….Per questa complessit{ si costituisce come un periodo di particolare vulnerabilità e rispetto ai precedenti va aggiunto una caratteristica specifica: “l’impulso ad agire”, alcuni parlano di “impulso al trauma”. Nathan la interpreta come una ricerca di esperienze estreme, proprio in momenti di vacillamento dell'identità, per sentire una forma di identità. 67 Moro sottolinea che quanto più l’emigrazione o l’esilio non hanno potuto essere elaborati dai genitori nei loro aspetti traumatici, tanto più questo vissuto traumatico viene passato ai figli. Spazio Giovani L’adolescente ha bisogno di ascolto e attenzione per conoscersi ed essere conosciuto al fine di trovare il proprio modo di poter integrare continuità e cambiamento. Io credo che “Spazio Giovani”, proprio per la sua visione a 360° dell’adolescente possa svolgere profondamente questa funzione, che sia uno spazio “transculturale”, sensibilizzato alla pratica del complementarismo degli approcci e del decentramento nell’ascolto. Da qui l’importanza del sostenere l’esperienza del “pensare in gruppo”. Vorrei terminare rilanciando una metafora che è emersa nel nostro primo incontro: “il ponte”. Ci sono molti ponti che gli operatori attraversano con gli adolescenti: quello tra l’infanzia e l’adultit{, quello tra il corpo e la mente, tra il conscio e l’inconscio, tra il maschile ed il femminile, tra la famiglia ed il gruppo, tra la continuità e il cambiamento, tra le culture, tra i sogni e la realtà. Una “passeggiata nella diversit{” dice M. R. Moro è un immenso regalo che abbiamo a portata di mano. Concludo, mentre si proietta l’immagine del vostro bellissimo ponte di Tiberio, con due brani tratti da Ivo Andric nel libro: il ponte sulla Drina “…..La vita dei ragazzi della cittadina si svolge sotto il ponte e attorno ad esso, tra inutili giuochi e fantasie infantili. E fin dai primi anni dell’adolescenza ci si trasferisce sopra il ponte, dove i sogni giovanili trovano altro alimento e altre sfere di interessi, ma dove cominciano già anche le preoccupazioni, le lotte e il penoso stento della vita. Sul ponte e vicino al ponte sbocciano i primi sogni d’amore….si svolgono anche i primi lavori e gli affari, i litigi e gli accordi, gli appuntamenti e le attese. Qui, lungo il parapetto di pietra del ponte, vengono messe in vendita le prime ciliegie…..ma qui si raccolgono pure i mendicanti, gli storpi…così come i giovani e i sani che desiderano farsi vedere o vedere qualcuno, o come tutti coloro che hanno da mettere in mostra qualche frutto, qualche abito o qualche arma speciale.” “…Così le generazioni si susseguirono accanto al ponte, ed esso si scrollava di dosso, come polvere, tutte le tracce che vi lasciavano sempre gli effimeri capricci e bisogni umani, e rimaneva immutato e immutabile dopo ogni evento” 68 L'ACCOGLIENZA: IL SENSO DI UN INCONTRO VILMA BASTIANINI – Assistente Sanitaria Spazio Giovani 360° Ausl Rimini Nella relazione di ascolto tra un adulto e un adolescente ci troviamo di fronte ad una relazione in cui un “adulto competente” è li ed ascolta. Un adulto che sta nella relazione “senza memoria e senza desiderio”, senza la stupida illusione di poter capire qualcosa degli adolescenti attuali ricordandosi della propria adolescenza e quindi senza la memoria né dei libri studiati né della propria adolescenza, che confondono solo le acque. Un adulto dotato di uno spazio mentale per ascoltare e provare a identificarsi, guardare con gli occhi degli adolescenti di adesso, nella società complessa del duemila.. Un ascolto che funge da sostegno alla crescita al fine di riorganizzare la speranza rispetto al fatto che il futuro esiste ed è un tempo deputato alla realizzazione del desiderio, è un tempo in cui si realizzerà il desiderio e il progetto personale. Riuscire, quindi, a garantire delle esperienze relazionali che siano funzionali al sostenimento della crescita. Un ascolto capace di rispecchiare, dare senso all’angoscia da scacco, per evitare che tale angoscia si trasformi in qualche azione pericolosa. Ascoltare vuol dire parlare, dar vita ad un dialogo. Gustavo Pietropolli Charmet Una buona e significativa relazione tra un adulto e un adolescente presenta quasi sempre delle difficoltà, dovute in buona parte a disturbi della comunicazione. L’adolescente ha un vissuto dell’identità personale precario ed instabile per cui gli è difficile sapere cosa vuole, cosa è e cosa vuol diventare: come può un interlocutore adulto capirlo? “Non può capirlo, ma può accettare di non capirlo e vivere questa condizione come la naturale conseguenza del suo momento evolutivo. Se l’adulto accetta questa condizione e non si propone di fornire un’identità posticcia o inventata, se è disposto ad ascoltare con interesse rispettoso e non giudicante, se sa cogliere ed accogliere l’insicurezza palese o nascosta, lo sgomento espresso od in agguato, l’adolescente si sentirà riconosciuto nella sua non ancora raggiunta identità e questo riconoscimento (che il più delle volte deve essere sentito e non comunicato), paradossalmente, gli restituisce un’identità, che è l’identità dell’adolescenza, cioè quella del cambiamento, della confusione e della precarietà. Il consulente diventa dunque lo strumento che l’adolescente può utilizzare per cercare di dare una risposta ai suoi interrogativi: “chi sono?”, “cosa mi accade?”, “che senso hanno e cosa sono le mie relazioni con gli altri e con me stesso?”. Tommaso Senise Pensando alla relazione adulto/adolescente non si deve pensare ad un “adulto-che-sa”, che può dire: “io sono già passato di lì ed ho risolto i problemi”, ma ad un adulto partecipe di un movimento esistenziale 69 analogo a quello dell’adolescente. L’adulto, infatti, ad un livello diverso e con una capacità diversa, vive gli stessi processi dell’adolescente: conosce meglio i processi, ma non ha soluzioni. Questo non vuol dire, però, che gli adulti sono uguali agli adolescenti, perché non è affatto positivo che l’adulto si ponga nella relazione allo stesso livello dei ragazzi per creare vicinanza e solidarietà: il contatto e l’amicizia possono esserci anche senza rinunciare alla diversità e alla asimmetria della relazione. Ci si incontra, quindi, su una asimmetria sostanziale e su un coinvolgimento molto grande, perché gli adulti, benché più competenti, non sono fuori dai giochi. Anna Fabbrini Alla luce di queste riflessioni gli operatori che hanno scelto di prestare servizio nello Spazio Giovani si sono sentiti chiamati ad un compito allo stesso tempo arduo ed affascinante e hanno ritenuto di fondamentale importanza impegnarsi in percorsi formativi sui temi della sessualità/affettività, dell'adolescenza, della relazione ed appunto dell’ascolto e dell'accoglienza. Le scuole di formazione a cui ci siamo rivolti sono state: l'Istituto Internazionale di Sessuologia di Firenze, l'UICEMP di Milano e l'Istituto dell'Approccio Centrato sulla Persona di Bologna. Recentemente abbiamo effettuato un percorso formativo e di supervisione con l’Istituto Italiano di Psicoanalisi di Gruppo di Milano. La Regione Emilia-Romagna e gli stessi Spazi Giovani, inoltre, hanno organizzato occasioni di formazione continua, confronto tra gli operatori e riflessione sui temi dell'adolescenza. L'organizzazione dello Spazio Giovani ha sempre riservato un’attenzione particolare al momento dell’accoglienza. E’ prevista per ogni seduta la compresenza di due o tre operatori formati per svolgere tale compito, al fine di garantire un tempo ed uno spazio sufficienti all’instaurarsi di un reale contatto tra i ragazzi e il servizio. Quello che vorrei condividere oggi con voi sono dei pensieri e delle riflessioni che si sono strutturate durante questi vent'anni attraverso l'accoglienza e l'ascolto dei circa 9505 ragazzi che si sono presentati allo Spazi Giovani. Un'idea che accomuna gli operatori e i progetti di Trecentosessantagradi è l'assunto che una delle finalità di questo servizio è quella di offrire delle occasioni e degli spazi di pensiero che si interpongano all'agire spesso convulso e istintivo degli adolescenti. Diversi autori sostengono che oggi nel mondo giovanile il culto della sensazione sempre più nuova e sempre più intensa, sembra aver preso il posto della dimensione del senso. Questo accumulo di sensazioni che prende il posto del senso distrugge la dimensione dell’esperienza. I giovani oggi fanno sempre meno esperienze, anche se sembrerebbe il contrario, dal momento che hanno più occasioni rispetto al passato. L' ipotesi è, invece, che ci sia meno esperienza a fronte di una ricerca sempre maggiore di provare sensazioni, perché l’esperienza è la possibilit{ di metabolizzare psichicamente la sensazione. Oggi ci si trova di fronte a un’accelerazione del tempo della sensazione che pregiudica la dimensione della riflessione o mentalizzazione, si è di fronte alla scarica continua che non lascia tracce: ecco perché non c’è esperienza, perché non lascia tracce. La trasformazione implica un lavoro sull’esperienza, a cui riteniamo si debba puntare nel lavoro con gli adolescenti. 70 E' questo, quindi, il senso dell'incontro che avviene tra l'operatore e l'adolescente nello spazio dell'accoglienza: sapere stare (SOSTARE / SO STARE) con quello che i ragazzi portano senza giudizi e senza pregiudizi, saper partire dalle loro esperienze per creare insieme momenti di pensiero e di riflessione. Il cuore dell'accoglienza è essere interessati a ciò che i ragazzi vogliono, temono, sperano e gli piace, è essere interessati ai loro sentimenti sulle cose più importanti della loro vita. Un ascolto rispettoso ed empatico svolge un ruolo fondamentale nel processo di conoscenza di sé e di cambiamento delle persone. Un incontro accogliente e non giudicante con un adulto competente può aiutare l'adolescente ad allargare i propri orizzonti, ad acquisire più opzioni per orientarsi nel proprio agire. “E’ come se egli ascoltasse e un ascolto come il suo ci avvolge in un silenzio in cui cominciamo a udire ciò che siamo destinati ad essere”. Lao Tse, saggio cinese vissuto 25 secoli fa Cosa ha significato per noi in questi anni accogliere senza giudizio e senza pregiudizio l'agire dell'adolescente? Ha significato innanzitutto sincronizzarsi con la dimensione del tempo interno dell'adolescente che è così diversa da quella degli adulti e spesso è così diversa anche da quella del tempo reale! Questo ha portato all'apertura di un servizio a libero acceso, cioè senza appuntamento e gratuito, perché gli adolescenti spesso non sono in grado di programmarsi e soprattutto non sono in grado di aspettare per trovare risposta a un loro bisogno. L'attesa spesso offusca il bisogno stesso, col rischio di veder trascurati problemi seri e importanti. Ha portato anche al tentativo di cercare un contatto e di fermare un pensiero in quello che è spesso l'unico incontro che l'adolescente si e ci concede. Trovare una risposta, un chiarimento, un momento di ascolto, la diminuzione dell'ansia, sono spesso sufficienti all'adolescente per considerare risolto il proprio problema. Trovo veramente rispondente questa metafora che mi è capitato di ascoltare: 71 “gli adolescenti sono come dei nomadi che si spostano nel deserto, quando incontrano in un’oasi una pozza d’acqua vi si tuffano dentro con impeto, ma, non appena hanno bevuto alcuni sorsi capaci di sedare la loro grande sete, riprendono veloci il cammino.” A questo proposito Pietropolli ha parlato di “rifornimento in volo” e qualcun altro ha parlato di una casa capace di contenere il vento, perché è al vento che assomiglino gli adolescenti. Ha significato andare dentro di forza in una comunicazione che spesso è così povera di capacità comunicativa e ricca di gergalità, saper disporre di un linguaggio che permette di accedere emotivamente ai significati della situazione di identit{ dell’adolescente. Ha significato saper comunicare agli adolescenti che con gli adulti è possibile parlare anche di sessualità. A questo riguardo noi adulti siamo veramente contradditori: da un lato comunichiamo pudore, vergogna, senso di inopportunità, preoccupazione, nel parlare di sessualità con i ragazzi, dall’altro utilizziamo la sessualità per poter parlare di tutto (pubblicità, programmi televisivi, internet….). Quante volte i ragazzi ci hanno rimandato lo stupore di poter parlare con degli adulti della loro sessualità, senza censure ma in modo non volgare!! Quante riflessioni abbiamo fatto insieme sul linguaggio e sui suoi significati!! Ha significato considerare la diversa distanza dal proprio mondo interno, tale per cui l’adulto lo esprime attraverso il filtro della capacit{ di riflettere su di sé, mentre l’adolescente, con l’immediata esternalizzazione e l’agire le proprie emozioni confuse e contraddittorie. Gli adolescenti si sono sempre presentati e continuano a presentarsi allo Spazio Giovani da soli, alcune volte in coppia, le ragazze molto spesso con le amiche. Quello che noi stiamo rilevando negli ultimi anni è l'arrivo sempre più frequente al servizio delle ragazze accompagnate dalle loro madri, a volte anche dalla madre del partner. Sono sempre più numerose le coppie madre- figlia che, davanti all'operatore, parlano del rispettivo vissuto sessuale senza nessun tipo di limite: la madre racconta alla figlia quale tipo di contraccezione ha usato, a volte racconta della propria interruzione volontaria di gravidanza oppure di problemi relazionali con il marito; dal canto suo la figlia parla della propria sessualità senza nessun tipo di pudore. Quando l'operatore, dopo un primo momento di ascolto comune, propone alla madre di lasciare sola la figlia, motivando il proprio invito con la necessità di confrontarsi con la ragazza o con la coppia di adolescenti in maniera più riservata, il commento più frequente di entrambe è: “ma tra di noi non c'è nessun tipo di segreto!” D’altra parte assistiamo anche a quella che a nostro avviso sembra una contraddizione nel vissuto di tante ragazze, ma che forse è l’altra faccia della stessa realt{: sempre più spesso arrivano al servizio adolescenti che hanno scelto di vivere una sessualità attiva e che non si proteggono con una contraccezione sicura dal rischio di una gravidanza indesiderata. Invitate a riflettere su questo loro comportamento motivano le loro scelte con la difficoltà a mettere al 72 corrente i genitori dell'inizio della loro attività sessuale e con il senso di colpa che proverebbero se decidessero di proteggersi con una contraccezione sicura a loro insaputa. Diversi autori che si occupano di adolescenza ci dicono che è in atto un cambiamento nel vissuto dei ragazzi rispetto al processo di separazione-individuazione, dovuto al profondo mutamento del ruolo materno e paterno e tale cambiamento può essere una chiave di lettura di quello che stiamo rilevando. Una riflessione comune tra noi operatori ha portato alla considerazione che molto probabilmente il fatto di agire la sessualità all'insaputa dei genitori non provoca senso di colpa, perché giustificato dall'impulso, dalla non scelta, dal desiderio, mentre la decisione di prevenire efficacemente il rischio di una gravidanza indesiderata porta l'adolescente nel territorio della scelta deliberata e responsabile, quindi nel mondo del diventare adulti, ma anche del senso di tradimento e del senso di colpa nei confronti dei genitori. Per molte coppie di adolescenti l'utilizzo di una contraccezione sicura è vissuto, inoltre, come suggello di una relazione stabile e duratura. Tutte le ragazze e i ragazzi che si presentano allo Spazio Giovani per la prima volta o per un ritorno accedono al servizio attraverso gli operatori dell'accoglienza. E' quindi nello spazio dell'accoglienza, insieme a quello della visita medica, che una consultazione per un periodo di amenorrea può far emergere un disturbo del comportamento alimentare, che una consultazione per un'infezione vaginale può far emergere dei disordini nel comportamento sessuale o una consultazione per un ritardo mestruale può rivelare idee errate sui metodi contraccettivi. Lo abbiamo già sottolineato: quando gli adolescenti trovano una risposta alla loro domanda, alla loro preoccupazione immediata, ritengono risolto il loro problema in maniera definitiva. E' attraverso lo spazio dell'accoglienza che la loro domanda può trasformarsi in un momento di riflessione sulla loro esperienza e sulle loro scelte. E’ nell’incontro che avviene nell’accoglienza che l’operatore può leggere la domanda implicita, nascosta dell'adolescente, le problematiche che non vuole o non riesce a riconoscere, rispetto anche a relazioni particolarmente problematiche con il partner, con i familiari o con il gruppo dei pari. Agli operatori dell’accoglienza si rivolgono anche tutte le adolescenti in gravidanza che intendono proseguirla o che richiedono l'interruzione volontaria di gravidanza, ma le riflessioni che abbiamo fatto insieme a questo proposito verranno esposte dai miei colleghi negli interventi che seguiranno. Gli operatori, qualora ne rilevino la necessità, effettuano invii accompagnati ad altri professionisti (medico, psicologo, assistente sociale, dietista) o ad altri servizi. A questo proposito volevo condividere una riflessione che abbiamo fatto insieme noi operatori dello Spazio Giovani: è compito dell’operatore adulto che si relaziona con l’adolescente tenere sempre in mente la famiglia e la rete dei servizi, per cercare di contenere nell’interazione quella complessit{ che l’adolescente non è in grado di contenere. Se l’operatore si fa garante di questa complessit{ può non essere opportuno l’invio ad altri operatori o ad altri servizi, perché spesso con gli adolescenti l’invio “non funziona”. E’ grazie al contenimento della complessit{ e alla discussione dei casi in equipe che lo Spazio Giovani può accogliere ed accompagnare l’adolescente che si presenta spontaneamente e da solo al servizio. 73 Termino il mio intervento con questo pensiero di S. Kopp in “Se incontri il Budda per strada uccidilo” (Astrolabio,1975): “Ogni uomo deve avere l’opportunità di raccontare la sua storia. E mentre ciascuno racconta la propria storia un altro deve essere presente per ascoltarlo. (….) Ma talvolta non basta che ci sia semplicemente un altro per ascoltare. Un uomo ha bisogno non solo di qualcuno che ascolti la sua storia, ma anche di qualcuno che lo prenda a cuore (….). E noi operatori dello Spazio Giovani gli adolescenti li abbiamo veramente a cuore! 74 SIAMO SULLA STESSA BARCA? UN GRUPPO TERAPEUTICO PER ADOLESCENTI PAOLA MARCONI – Psicologa, Psicoterapeuta Spazio Giovani Rimini Ausl Rimini Il pensiero di creare un gruppo terapeutico per adolescenti nasce dentro la cornice istituzionale dello SPAZIO GIOVANI. Uno spazio creato per i giovani dai 14 ai 20 anni dentro il consultorio, attivo a Rimini dal 1990. I consultori adolescenti sono stati realizzati in Emilia Romagna a partire dal 1987 su proposta dell’assessorato ai servizi sociali che, analizzando gli elementi emersi da alcune ricerche volte a verificare la difficoltà di accesso dei giovani ai consultori familiari, propose l’ attivazione di servizi rivolti specificatamente all’utenza giovanile, con l’ indicazione di obbiettivi e di strumenti per realizzarli. In tale proposta si evidenziavano quali elementi caratterizzano tale servizio: - Scelta di giorni e orari fissi per gli adolescenti - Disponibilità di accoglienza sia per appuntamento che senza appuntamento - Massima riduzione dei tempi di attesa - Gratuità delle prestazioni - Attività di promozione alla salute sulle tematiche relazionali e procreative e sessuali. Lo spazio Giovani di Rimini ha visto in questi anni crescere “ a vista d’occhio” la domanda sia individuale, dei giovani, sia di gruppo. La dimensione gruppale è stata sempre una prerogativa dello spazio giovani, sia nell’ambito delle consulenze, che in quello di progetti mirati alla prevenzione della salute, nelle scuole o in consultorio stesso. Alcuni dati: - nel ’90, 82 erano le prime utenze con una domanda prevalente contraccettiva; 20 le domande psicologiche. - nel ’07, 80 sono le prime utenze con solo domanda psicologica. Ho cominciato a prendere in cura alcuni ragazzi che presentavano un chiaro sintomo psico-patologico, alcuni venivano accompagnati dai loro genitori, altri arrivavano autonomi, soli o accompagnati da amici, altri erano inviati caldamente da colleghi. Ho cominciato con alcuni di loro un percorso individuale e gradualmente è nato il desiderio di provare l’esperienza di “metterli insieme”. Alcune questioni che trattavano in seduta avevano una tale assonanza tra di loro che ho cominciato a pensare come potevano essere di aiuto l’ uno con l’ altro, proprio “sulla stessa barca”. La barca era quella della fatica a individuarsi, quindi a fare i conti con lo svincolo, con la separazione, con la conoscenza di sé, con il lutto e i penosi sentimenti di solitudine, di diversità e di vergogna che spesso accompagnano il cammino evolutivo adolescenziale. E’ riconosciuto che l’adolescenza è una fase di sviluppo con caratteristiche e bisogni specifici che può comportare condizioni di aumentata 75 vulnerabilità e disagio psichico che, se non trattate adeguatamente, possono strutturarsi e persistere in età adulta. Cresceva dunque in me la curiosità di misurarmi con questa esperienza riconoscendo sì un bisogno di “economia istituzionale” (in 3 ore dedicate allo spazio giovani ben poco si può pensare in termini “terapeutici”), ma soprattutto c’ era l’ idea di poter realizzare una sorta di “ contenitore” stabile nel tempo dove i ragazzi che portavano una domanda di aiuto potessero usufruirne per una maggiore comprensione di sé, considerando che il gruppo è uno strumento ad alto potenziale terapeutico. Il gruppo di pari è in effetti l’ habitat naturale di sviluppo in cui l’ adolescente esprime, anche in modo drammatico, la sua lotta per l’ indipendenza, per un’ identità separata e per un modello di transizione verso l’ et{ adulta. Il gruppo può fornire di per sé quel clima di attivazione, apertura e stimolazione che può bene caratterizzare una situazione terapeutica in cui gli adolescenti possono confrontarsi con i loro problemi ed elaborare la loro rabbia, le loro frustrazioni secondo modalità efficaci e compatibili con il loro livello di sviluppo. Caratteristiche: Il gruppo è di formato piccolo, partecipano al massimo 6 persone, è slow open (semi-aperto), senza termine; le sedute sono settimanali e della durata di 90 minuti. Il paziente che termina il suo percorso terapeutico lascia il posto ad un altro che verrà scelto nella lista d’attesa del terapeuta. Dico “scelto” dal terapeuta in quanto sar{ lui stesso a giudicare idonea quella persona per quel gruppo che vive quel particolare momento storico. Vengono previsti alcuni colloqui preliminari (non più di 3 o 4) per preparare il paziente all’ ingresso nel gruppo: l’aiuto consiste nel fare elaborare fantasie e aspettative rassicurandolo nelle paure più o meno esplicite di non essere accettato o di essere esposto al giudizio. Si stipula un “contratto” con il paziente che verr{ poi ribadito nel gruppo ogni volta che entra un paziente nuovo: - richiesta di impegno formale per il paziente a non abbandonare il gruppo in ogni caso, almeno per i primi 3 mesi di terapia, - estensione del vincolo al segreto professionale anche al paziente stesso come per il terapeuta, - la sottolineatura dell’importanza di una frequenza alle sedute il più possibile assidua per tutti i membri del gruppo, - lo scoraggiamento di ogni occasione di incontro tra i membri al di fuori delle sedute. Se ciò succede, la richiesta è di riportare nel gruppo ogni interazione avvenuta al di fuori. La Tecnica: Si favorisce il libero fluire delle comunicazioni all’interno del gruppo che equivale alle associazioni libere del paziente in terapia individuale. Il terapeuta ha una funzione di interpretazione ed è al tempo stesso membro del gruppo e conduttore. 76 Obiettivo: Migliorare la comprensione di sé, favorire la capacit{ di insight attraverso l’identificazione reciproca, trovare nuovi significati al proprio malessere. L’aggancio teorico: Si rifà a vari autori di teorie psicoanalitiche di gruppo, da Bion (gli assunti di base), Ezriel (il gruppo come un tutto), Foulkes (il singolo individuo nel rapporto figura-sfondo), Wolf e Schwartz, Whitaker e Lieberman a Sandler e Pieralisi ( il fenomeno dell’eco). Si utilizzano i vari schemi di riferimento teorico, che, sì sono diversi, ma si possono dimostrare tutti utili per comprendere, decodificare e interpretare. E’ la Postura Psicoanalitica (di identificazione) che diventa denominatore comune alle diverse teorie. I punti cardini: - nel gruppo esiste un livello di comunicazione tra i membri, diverso da quello verbale nel quale ognuno reagisce inconsciamente al contenuto manifesto e a quello latente, - l’intera sequenza di commenti tra i diversi membri può essere considerata come una sequenza di libere associazioni, - attraverso il fenomeno dell’eco si realizza all’interno del gruppo il conflitto che è, appunto sulla base del fenomeno dell’eco, condiviso da tutti i membri. Tuttavia le soluzioni a tale conflitto restano individuali e personali e, da un punto di vista tecnico operativo, è su tali soluzioni personali che si orienta l’attivit{ orientativa del terapeuta. Pieralisi si esprime con molta chiarezza: ‘In una prospettiva terapeutica è utile rivolgersi al gruppo come ad un luogo ove, ad ogni momento dato, si esprime una conflittualità comune (attraverso il fenomeno dell’eco), conflittualit{ cui ogni singolo membro del gruppo cerca di dare una soluzione che è sua propria personale, ed è su questa dimensione intrapsichica individuale che occorre si orienti l’attivit{ interpretativa del terapeuta’.. I ragazzi che hanno fatto esperienze nel gruppo, dal 7-11-05, sono stati 18 (2 maschi e 16 femmine) dai 15 ai 22 anni, una media di 2 ingressi all’anno, con una frequenza media di 8 mesi circa. Una parte di loro sono arrivati allo Spazio in modo autonomo, altri inviati da altri servizi. I sintomi che presentano sono diversi: dal disturbo d’ansia o alimentare, all’abbandono scolastico, al sintomo fobico ossessivo o con tendenza a incorrere in incidenti stradali, depressioni reattive, inibizione affettiva, o disagio psicosociale in famiglia multiproblematica. Le caratteristiche di personalità di base per poter accedere in modo efficace alla terapia di gruppo, indipendenti dal sintomo, sono, comunque le seguenti: una sufficiente tolleranza alla frustrazione, controllo degli impulsi e acting (disponibilità più a parlare che agire), una sufficiente capacità introspettiva, una tenuta di alleanza terapeutica, una curiosità di cercare nuovi significati. Attualmente il gruppo è formato da 4 membri, 2 sono usciti da poco tempo; è un momento delicato, l’uscita dal gruppo di un membro suscita tante fantasie che necessitano di elaborazione, è come se ricominciasse un nuovo gruppo, che però ha una storia alle spalle. I membri, poi, che sono usciti, possono essere portavoce, megafono, del gruppo che resta, lasciano una traccia, anche se la partecipazione è stata fugace! Per esempio, attualmente, ancora si parla di O., che, nonostante sia 77 riuscita a frequentare pochissime sedute, è diventata’ testimone’ di un sentimento che rievocava, da parte degli altri membri tante associazioni: nonostante sia uscita alla fine del 2006 ancora O. (che portava tanta insicurezza con un corpo tanto ‘firmato e agghindato’), grazie ad un tam-tam, rappresenta una parte emotiva del gruppo ed offre possibilità preziose di elaborazione! I primi tempi (2 anni circa) sono stati orientati, soprattutto a rafforzare un clima sicuro nel gruppo…un gruppo che possa contenere, non giudicare, che possa non scandalizzarsi e che possa essere un posto garante di comprensione. Dopo circa 8-9 mesi di lavoro V. “ prova a tirare una bomba “, come diceva lei, per sperimentare la tenuta del gruppo. Esempio di seduta……………. 78 LA GRAVIDANZA IN ADOLESCENZA: POSSIBILI PERCORSI DI ACCOGLIENZA, INDIVIDUALI E DI GRUPPO PAOLA MARCONI – Psicologa, Psicoterapeuta Spazio Giovani Rimini Ausl Rimini SILVIA PASETTI – Ostetrica Spazio Giovani 360° Rimini Ausl Rimini SERGIO TARDUCCI – Psicologo, Psicoterapeuta Spazio Giovani 360° Riccione Ausl Rimini UNA ESPERIENZA DI GRUPPO DI ACCOMPAGNAMENTO ALLA NASCITA PAOLA MARCONI Un tema ricorrente nell’adolescenza: il conflitto e tutto ciò che comporta nella lunga fase di maturazione. Il processo di separazione e di individuazione e il conseguente sentimento di perdita, la frenetica ricerca di sperimentazioni e di identificazioni, mettono a dura prova i ragazzi in un “ brusio “ costante a metà strada tra lo psichico e il biologico. Si attivano nuovi meccanismi difensivi tesi a mantenere una sicurezza di base, quel “ mattoncino “ fondamentale in ognuno di noi che permette l’equilibrio psichico. Nella ricerca di identit{ nuova il corpo è “in prima linea” teso ad essere percepito, riconosciuto e soprattutto integrato con la mente. In questa ricerca fanno anche da guida i valori della femminilità e della virilità che tanto sono coinvolti ed hanno fretta di essere ascoltati, capiti e soddisfatti, in realtà il tempo della maturazione è lungo. Per alcuni ragazzi l’adempimento evolutivo è ancora più difficile e succede che l’agito prenda il suo posto. Può succedere che il conflitto venga esteriorizzato e la concretezza dell’azione prenda il sopravvento: capita che sia il corpo che si faccia carico di esprimere quella parte di conflitto non riconosciuta consciamente in un contesto storico dove la sessualità può essere vissuta senza freni, quasi come modalit{ prevalente di presentazione all’altro, “si fa sesso più facilmente”, in un rapporto sempre più sganciato dall’”affettivit{”. Le ragazze sviluppano precocemente, diventano “donne” sempre prima, senza essere veramente consapevoli della propria seduttività e senza calcolarne i rischi, senza contare i forti stimoli mediatici cui i loro ormoni sono sottoposti fin dalla nascita. E’ con questo sguardo che cerchiamo nella nostra pratica clinica di leggere le situazioni di gravidanza che ci arrivano. Il capitolo è unico “ gravidanza in adolescenza “, i percorsi diversi perché le scelte delle ragazze sono state diverse, ma l’ approccio, l’ascolto clinico è il medesimo. L’accompagnamento sar{ diverso ma stessa è la lettura, rispettosa delle dinamiche interne all’individuo ed esterne (familiari e sociali) e uguale per i due percorsi è l’invito a fermarsi a riflettere con la ragazza sull’evento ed aiutarla a trovare consapevolezza e significati. Importante è l’aiuto a distinguere tra desiderio di gravidanza e desiderio di maternit{ (come gi{ Dinora Pines aveva illustrato nelle sue ricerche sulla gravidanza in adolescenza), nella giovane sembra prevalere il desiderio di gravidanza per il bisogno narcisistico che il proprio corpo funzioni esattamente come quello della propria madre che prevale sull’investimento emotivo nei confronti del 79 bambino. Nella complessa fase evolutiva che attraversa, la ragazza, rappresentazione del bambino e a considerarlo parte di sé e altro da sé. fa fatica ad elaborare una “Solo quando una persona riconoscer{ l’altro come essere altro da sé, potr{ avere una funzione genitoriale“ e importante è che si costituisca il senso di intimit{, fiducia e affidabilit{ prima con sé stesso e poi con gli altri. Nei casi in cui il desiderio di un bambino si dimostri più forte delle inibizioni, allora la ragazza è facilitata a portare avanti la gravidanza ma non ad affrontare la situazione in modo maturo. Da qui l’esigenza di aiutare le ragazze che decidono di proseguire la gravidanza, a divenire madri. Il setting di aiuto che abbiamo scelto è stato quello di gruppo. Rafforzati dai tanti dati di letteratura e da recenti ricerche effettuate su un’ampia casistica clinica che evidenziano come nelle adolescenti gravide : - pensieri ed emozioni sono presenti in modo forte e coinvolgente soprattutto circa il rapporto con la propria madre, - fatica a verbalizzare emozioni e sensazioni, preclusa la capacità di poter pensare, mentalizzare il bambino e la relazione con lui, - il rischio è quello della delega di accudimento del proprio bambino che determina confusione di ruoli e riduzione del livello di autostima delle capacità genitoriali, - incapacità a decodificare i bisogni del bambino e dei messaggi che invia, compromettendo lo sviluppo del bambino stesso e la formazione del primo nucleo del sé, - essere figli di madri adolescenti risulta essere associato a esiti disadattativi quali: precoce abbandono scolastico, genitorialità in adolescenza e disturbi della condotta, - le diadi con madri adolescenti presentano alcuni punti in comune con le diadi con le madri depresse, appare più frequente il modello di attaccamento insicuro ed una minore sensibilità e responsività. I risultati forniscono indicazioni utili per la messa a punto di modelli di prevenzione e, nonostante la prognosi così pessimistica, abbiamo pensato ad uno strumento che potesse essere di aiuto alle giovani in attesa e permettesse loro di utilizzare appieno le proprie risorse! E ora entriamo nel vivo dell’esperienza dei gruppi di accompagnamento alla nascita, iniziata nel marzo ’09 e tuttora in corso. IL GRUPPO PRIMULA E RUGIADA SILVIA PASETTI Nel 2006 abbiamo notato un incremento, rispetto ai precedenti anni, di adolescenti che si rivolgevano allo Spazio Giovani per essere accompagnate nel percorso della gravidanza. L'anno successivo le giovani gravide sono ulteriormente aumentate da 15 a 25, nasce così l'esigenza di proporre loro dei gruppi di accompagnamento alla nascita. Abbiamo utilizzato il modello vigente per le gravide adulte: ogni incontro era a tema e condotto da una ostetrica diversa, tale modello non ha funzionato, c’è stato poco interesse e una bassa partecipazione. I gruppi di accompagnamento alla nascita erano stati già in quella occasione 80 denominati 'Primula' ed erano il frutto di un pensiero comune tra le ostetriche, volto a portare una attenzione particolare al sostegno di queste giovani ragazze in un momento così delicato della loro vita, ma necessitava di un ripensamento sulla tecnica e sulla modalità di conduzione. L'anno successivo, dopo un lavoro di equipe multiprofessionale sull'onda della esperienza e di alcune formazioni, si è riprogettato il corso. Il progetto prevede 9 incontri a cadenza quindicinale per un numero massimo di 8/10 partecipanti dai 15 ai 20 anni, di diversa epoca gestazionale, accomunate dall'essere in gravidanza e dalla giovane età. L'apertura per i nuovi ingressi è prevista solo per i primi due incontri vista la necessità delle partecipanti di sentirsi garantite nella riservatezza e sicure della stabilità del gruppo. Quindi: un gruppo psicoeducazionale a orientamento psicodinamico integrato da contenuti su base ostetrica, a termine, chiuso cocondotto da due figure professionali, ostetrica e psicologa . Il gruppo si riunisce nella palestra del Consultorio di Rimini ove sono previsti due spazi diversi, uno attrezzato con sedie disposte in cerchio (le sedie sono tante quante sono le ragazze iscritte), ed un altro con materassini predisposto per le attività corporee e di rilassamento che durano circa 30 min. La prima parte dell'incontro della durata di 1 ora e 30 min circa è dedicata alla conversazione per libere associazioni orientata al loro essere adolescenti, alla gravidanza e le domande, i dubbi, le curiosità trovano spazio e si intrecciano con le narrazioni della propria storia e dei propri conflitti. Gli interventi dei due conduttori, ostetrica e psicologa, sono differenziati per professionalità ma cercano di integrarsi per condurre le ragazze ad una riflessione comune. L'obiettivo del lavoro è di preparare le giovani alla nascita e attrezzarle ad una identità materna, favorire la condivisione di pensieri felici e preoccupazioni attraverso il rispecchiamento, creare uno spazio mentale al bambino e un gruppo che funga da Holding, rinforzare autostima, autonomia, stimolare riflessioni e consapevolezza sui cambiamenti del corpo. Da marzo 2009 ad oggi i gruppi attivati sono 3 per un totale di 25 ragazze di età media 17/18 anni di cui 6 già in carico ai Servizi Sociali, 8 ragazze straniere, 3 al secondo figlio (presenza, la loro, importante in quanto portavano al gruppo il 'bambino reale' e l'aspetto faticoso della maternità). Nonostante avessimo già previsto una continuazione a sostegno e accompagnamento delle ragazze nel primo mese di vita del bambino, a conclusione dell'esperienza del primo gruppo si è percepita l'esigenza reale di un spazio mamma/bambino. Nasce così il gruppo Rugiada, volto ad accompagnare la nuova diade per tutto il primo anno di vita. Attualmente il Gruppo Rugiada ha le caratteristiche di essere aperto a 4/6 coppie madre/bambino con incontri della durata di circa 1 ora e 30 min, a cadenza quindicinale. Durante gli incontri nella prima parte si offre la possibilità di sperimentare il massaggio infantile, la seconda parte è di libera espressione dei vissuti, delle emozioni e di condivisione delle esperienze. Entrambi i conduttori partecipano all'intera durata dell'incontro sempre in modo differenziato ma integrato. L'obiettivo dell'intervento è osservare la relazione madre/bambino e la conseguente restituzione, sostenere e rafforzare la competenza materna e l'assunzione dell'impegno genitoriale responsabile, creare un maggiore spazio mentale per il piccolo, sostenere coloro che hanno proseguito l'allattamento al seno, permettersi di parlare dei sentimenti ambivalenti. Questa esperienza insieme ha stimolato diverse riflessione: la prima di cui siamo fermamente convinte è il valore del lavoro che stiamo facendo e della sua efficacia preventiva. 81 Un aspetto emerso durante questa esperienza è la difficoltà della ostetrica a proporre attività corporee e di rilassamento, si incontrano resistenze da parte delle ragazze; vi è anche un bisogno di ricevere risposte veloci e sintetiche alle domande e curiosità rispetto all'evento parto. Questo ci ha portato a lavorare maggiormente sulla relazione permettendo un Holding rassicurante e fiduciosa, ciò sembra sia stato sufficiente affinché l'esperienza del parto (come poi riferita dalle ragazze e dagli operatori del Punto Nascita), potesse essere affrontata e vissuta in modo sufficientemente serena. Un'altra riflessione è volta alla rete dei Servizi che già esistono e alla creazione di un percorso condiviso tra gli operatori del territorio, Servizio Consultoriale e Sociale, con i professionisti del Punto Nascita, con i Pediatri di Libera Scelta e con le Agenzie di Volontariato. QUANDO L’ADOLESCENTE NON RIESCE A PENSARSI MADRE SERGIO TARDUCCI Lo spazio giovani si colloca prevalentemente nell'area della prevenzione, ma contatta anche realta' difficili e dolorose come l'interruzione di gravidanza durante l'adolescenza. Per questo agli operatori che, con differenti professionalità, lavorano negli spazi giovani di Rimini e Riccione è stato affidato il compito di elaborare un documento con "linee di indirizzo" finalizzate al prendersi cura dell'adolescente, a volte minorenne, che decide di non portare a termine la gravidanza. Intanto diciamo che l'esecuzione di quel compito ha permesso agli operatori di poter utilizzare uno spazio di riflessione dove poter pensare insieme e liberamente; riferire esperienze; porsi domande; confrontare le pratiche cliniche e i vissuti di ciascuno, al fine di orientare il lavoro sulla base di conoscenze diverse ma condivise. In questo contesto abbiamo anche condiviso la trepidazione e la fatica di lavorare su un tema tanto complesso e coinvolgente sul piano sociale, sanitario, psicologico ed etico. A questo proposito, abbiamo sperimentato che quando ci si avvicina ad un tema eticamente sensibile si puo' avvertire anche il disagio di poter entrare in contrasto con qualcosa di personale che ci appartiene, rendendo piu' difficile mantenere, in quella circostanza, una serenita' interiore. Innanzitutto ci e' parso necessario garantire ad un percorso socio/sanitario che, per la sua complessità, è esposto alla frammentazione degli interventi, un assetto compatto e coerente . Per cui abbiamo proposto un iter completo (ben descritto nelle linee di indirizzo), che dopo aver collegato i diversi servizi di prima accoglienza con lo spazio giovani, ponesse in relazione gli operatori che lavorano in setting diversi (territorio/ospedale), ed anche le diverse istituzioni, (qualora l'adolescente sia minorenne). Insomma, abbiamo pensato ad un percorso che prevedendo più tappe, più professionisti, più servizi, più istituzioni, mantenesse fra loro un collegamento stabile, rapido e sicuro. A questo fine è apparso necessario che gli stessi operatori degli spazi giovani non solo svolgessero la loro specifica attività clinica, ma che tutti indistintamente esercitassero il ruolo del traghettatore; 82 evocando così una metafora resa familiare da una recente formazione,(dott. Di Lello; dott.ssa Brunori; dott.ssa Anichini). La figura simbolica del traghettatore si presta bene, anche per la sua concretezza, a rappresentare la funzione di tessere collegamenti che, in questa attivita' clinica, non si riferscono solo all'organizzazione del percorso socio/sanitario, ma anche al percorso intimo e mentale dell'adolescente che, (come diremo meglio piu' avanti ) nella circostanza dell'aborto, spesso tende a tenere separati i fatti dalle emozioni; l'evento reale dal mondo interiore degli affetti. Noi operatori pensiamo che la legge 194 sostiene ed aiuta la donna, anche adolescente e minorenne (art.12), a scegliere liberamente quale esito dare alla propria gravidanza, però non la protegge dal dover effettuare un'esperienza intensamente conflittuale e potenzialmente patogena qual'è l'interruzione di gravidanza. Specialmente quando a richiederla è appunto un'adolescente che è appena uscita dal mondo dell'infanzia e si trova "catapultata" in una dimensione adulta come "un pesce fuor d'acqua". Infatti la ragazza che sceglie l'aborto spesso vuole affermare di non essere ancora "una donna"; di non vedersi come tale; sottolinea che per lei quella trasformazione non e' ancora avvenuta. Nel nostro gruppo di lavoro sono state narrate diverse storie significative ed emblematiche di adolescenti, dalle quali - pur nella diversita' delle biografie individuali - si è evidenziato un profilo e un comportamento comune. L'adolescente che si trova ad interrompere la gravidanza cerca di nascondersi; cioe' manifesta una certa resistenza a raccontarsi (a parlare di se'). Nell'immediato prevalgono l' ansia e l'ambivalenza, ma sopprattutto - come riferiamo nelle linee di indirizzo- prevale il diniego con cui l'adolescente tende a negare il significato interiore dell'esperienza accaduta (la gravidanza); per difendersi dai sentimenti di colpa e depressivi . Spesso afferma: "è accaduto per caso" - "non so che cosa sia successo" - "io non volevo". Soprattutto l'adolescente, in quella situazione, ha paura e ha fretta; vorrebbe cancellare tutto e tagliare i ponti con gli eventi e con il mondo interiore. Chiede all'operatore non una consulenza, ma la soluzione di un "problema reale", grave e urgente. Esige una risposta rapida - d'altra parte spesso il tempo utile e' realmente limitato, poiche' all'adolescente sono serviti molti giorni per rendersi conto del suo stato - per cui stabilire un setting dove si possa sospendere l'azione per introdurre una pausa, anche breve, di riflessione mediante uno o piu' colloqui, diventa particolarmente difficile. A questo proposito, ci siamo detti che l'urgenza di risolvere un problema che rende ogni giorno più penoso, non condiziona solo la ragazza ma si riflette anche sull'operatore. Infatti, il nostro gruppo di lavoro ha avvertito la necessita' che l'operatore esposto a quella pratica clinica contrassegnata da tanti sentimenti e vissuti, quali: urgenza, pena, diniego, colpa, tristezza, ambivalenza…..debba mantenere sotto controllo il proprio impulso riparativo che, altrimenti, lo spingerebbe subito ad agire. Per questo lo si invita ad utilizzare il confronto con altri operatori, (confronto che e' reso obbligatorio qualora la ragazza sia minorenne); al fine di potersi proporre all'adolescente come un adulto che: - mantiene una misurata empatia (cerca di porsi in equilibrio fra una neutralita' senza calore ed una identificazione collusiva); 83 - conserva la capacità di pensare e ne sostiene il valore; - accoglie le parti sofferenti e dolorose e, diventando un contenitore simbolico ed affettivo, infonde fiducia anche in quella circostanza, le informazioni necessarie (sul percorso socio/sanitario e sulle leggi); - propone anche soluzioni alternative all'interruzione di gravidanza; - soprattutto sostiene l'adolescente nell'individuare e nell' esprimere il proprio desiderio, mediante una scelta personale, libera e responsabile (come richiesto dalla legge). Abbiamo detto che, durante quell'iter complesso, noi operatori esercitiamo la funzione di traghettatori… Siamo traghettatori fra il corpo e la mente dell'adolescente che vorrebbe eliminare ogni ricordo senza lasciare tracce, impedendo a se stessa di poter apprendere da quell'esperienza, ed esponendosi così, sia alla coazione a ripetere, sia all'impossibilita' di elaborare l'evento. Siamo traghettatori tra l'adolescente e i suoi familiari, quando spaventata tenderebbe a nascondersi e vorrebbe rinunciare ad essere effettivamente tutelata dalla costruttiva presenza dei suoi genitori. Siamo traghettatori fra l'adolescente e il tribunale quando per ragioni oggettive il giudice tutelare è chiamato a decidere, sostituendo l'assenso dei genitori. Siamo traghettatori fra l'adolescente e l'ospedale quando è sola e ha bisogno di essere accompagnata ed assistita personalmente da un operatore. Dunque siamo traghettatori lungo tutto questo percorso, fino a quando la ragazza, dopo aver vissuto quella difficile esperienza, ritorna allo " spazio giovani". Questo e' un momento importante a cui diamo molto valore (tornano tutte), perche' finalmente, in una situazione di minore tensione ed ansia e avvalendosi della relazione positiva gia' costruita, in precedenza, con l'operatore, l'adolescente ha l'opportunita' di ripensare a quell'evento (luttuoso) e alla propria ambivalenza. Sostenuta dall'operatore, può superare il diniego e rinunciare al desiderio di annullare, nella propria mente, quanto e' accaduto, e cosi' mettersi in contatto con il dolore per non aver potuto accettare quella gravidanza. Per cui, può riconoscere il proprio desiderio frustrato per una maternià' non realizzata e recuperare la fiducia di poterla realizzare in futuro…..da grande. Concludendo: le riflessioni che abbiamo riferito hanno fatto da contesto alle "linee di indirizzo" che trovate in cartella. Pensiamo che queste "linee" siano strumenti operativi utili all'istituzione, per definire la cornice in cui proporre un'attivita' di aiuto, regolata dalla legge, per l'adolescente che chiede l'interruzione di gravidanza. Inoltre, riteniamo che "queste linee" siano strumenti utili anche per gli operatori che lavorano nei consultori giovani, (spazi giovani), perché "sapere cosa fare" e "chi fa checosa" serve almeno a contenere l'ansia e ad evitare la confusione, sempre presenti, quando si è alle prese con un percorso socio/sanitario impegnativo e complesso come questo. 84 Dunque le presentiamo ai colleghi che lavorano in altri "spazi giovani" come strumenti operativi che vanno messi a punto per renderli adeguati ad altre realtà. E per poter fare questa taratura, ci permettiamo di suggerire ai colleghi interessati, l'organizzazione di un "gruppo di lavoro", dove poter dare spazio ad un pensiero collettivo e libero che ha mostrato di essere un ottimo strumento per promuovere nuove soluzioni e stabilire prassi condivise. 85 L'EQUILIBRISTA: SLANCI EVOLUTIVI E SALDE PRESE MARIA MAFFIA RUSSO Psicologa, Psicoterapeuta, Direttore Programma di Psicologia Ausl Rimini "La funzione dell'adulto come testimone del rischio" La perdita della trasmissione transgenerazionale dell'esperienza del rischio comporta per l'adolescente il doverla vivere in completa solitudine. Alcuni comportamenti a rischio possono essere interpretati come il tentativo di mettere alla prova gli adulti che popolano l'ambiente, i quali vengono chiamati, così come a volte il gruppo dei coetanei, a prendere posizione su tali comportamenti. Le risposte degli adulti di riferimento possono oscillare tra la collusione esplicita, fino alla chiara condanna. La terza via è invece rappresentata dall'ascolto empatico che consente di introdurre un testimone del rischio, il che implica di per sé introdurre già un limite al rischio (Bernabei, 1998). Confrontarsi con le condotte ad alto rischio significa facilitare l'acquisizione da parte dell'adolescente di un modello mentale di relazione con il rischio. "La promozione della salute e la prevenzione del rischio" Promozione della salute è : - Esigenza di ripensare i processi di socializzazione dell’individuo e le strategie educative. Promuovere la capacità di relazionarsi anche con la dimensione del rischio. Prevenzione del rischio consiste: - Utilizzo dei gruppi come dimensione specifica del lavoro con gli adolescenti (gruppo classe, quartiere, volontariato, centri aggregazione, ecc…). - Rinsaldare il rapporto con il territorio, dare visibilità alle risorse presenti. Presa in carico prevede: - interventi educativi - interventi sociali - interventi sanitari Premessa imprescindibile al lavoro con questo target è la differenziazione del lavoro e dell’intervento sull’adolescente a rischio, sull’adolescente ad alto rischio e l’adolescente patologico. L’intervento si muove sulle logiche e sui costrutti della PROMOZIONE DELLA SALUTE (psicologia della salute intesa come connubio tra termini quali benessere e salute) e deve necessariamente constare di: - focalizzazione sul contesto di vita dell’adolescente e sulle sue relazioni sociali e familiari, - focalizzazione sui punti di forza per individuare le risorse esistenti nei contesti, - messa in atto di interventi che prevengano/evitino le condotte a rischio, 86 - promozione del senso di autoefficacia e lavoro di empowerment, intesi come fattori protettivi (di tipo ambientale e sociale) verso situazioni di rischio, - risposte/strumenti: gruppi tra pari, interventi a scuola, formazione operatori, formazione adulti di riferimento (insegnanti, allenatori sportivi, …) Nell’adolescente ad alto rischio si ha un’ associazione tra una condotta a rischio e la normale fragilit{ legata alla fase del ciclo di vita. Il rischio viene preso in carico e gestito attraverso: - individuazione e intervento sui “fattori di rischio” e sulle “condotte a rischio”; il focus non è esclusivamente orientato sul rischio, fondamentale risulta infatti partire da ciò che funziona, individuando e promuovendo i fattori protettivi e le risorse che l’adolescente e il suo ambiente presentano. E’ questo il razionale che sta alla base di interventi in campo della promozione della salute quali l’educazione tra pari, che si configurano come risposte complesse e composite in cui avviene l’individuazione da parte degli adolescenti della psicologia come “bisogno di salute”. Il concetto di “rischio” implica un lavoro di costruzione di fattori protettivi (di tipo individuale, familiare, sociale) che possano prevenire un eventuale esordio patologico, nonché l’implementazione di un sostegno sociale usando la psicologia di comunit{ come rete protettiva. Si è in una condizione di psicopatologia dell’adolescenza, invece, quando non c’è stata una tempestiva ed efficace presa in carico del rischio e si è incorsi nell’esordio psicopatologico. Queste condizioni comportano una: - Valutazione e Presa in Carico che richiede un “lavoro di cura” utilizzando gli “strumenti della cura” che vengono attivati a fronte di una diagnosi di qualcosa che si è rotto o interrotto; - Trattamenti: Psicoterapia focale, Sostegno psicologico, Gruppo di psicoterapia, Gruppo di sostegno; IL gruppo si configura come un potente strumento di lavoro con gli adolescenti e come chiave di volta per la coniugazione di concetti quali appropriatezza, efficacia ed efficienza delle risposte e degli interventi. Al di là dei singoli interventi che vengono, prima pensati poi messi in atto, ogni risposta presenta la fondamentale caratteristica di essere una risposta complessa ad un bisogno complesso, quindi una risposta integrata, multiprofessionale, multimodale, complementare e che mantiene il focus sul problema riconosciuto come centrale e sulla fase del ciclo di vita. Quindi ad un target ad “alta complessit{” devono necessariamente corrispondere risposte non lineari ma altrettanto complesse che nascono dall’integrazione di paradigmi, con particolare riferimento alla coniugazione tra psicologia di comunità e psicologia clinica. 87 È sano accogliamolo, è a rischio intercettiamolo! L’importanza del lavoro di rete Gli interventi possibili in favore dell'adolescente a rischio si possono declinare su tre livelli quello dell'organizzazione, quello dell'interfaccia individuo organizzazione, quello individuale. Costruire reti di protezione significa approntare prima di tutto modificazioni organizzative. L’intervento di rete si colloca, come spazio operativo, tra il clinico e il comunitario, esclude la prospettiva di una dipendenza del cliente dal setting definito dall'operatore, introduce la presa in carico dell'ambiente da parte dell'ambiente stesso e dunque prefigura la "scomparsa" dell'operatore in quanto postula un obiettivo di autonomia. Le reti possono essere descritte da un punto di vista strutturale come un insieme di nodi interconnessi. I nodi sono le parti costitutive della rete organizzativa, sono dotati di competenze e abilità specifiche e orientati al risultato della dinamica complessiva del sistema: il successo della rete dipende strettamente dalla vitalità dei nodi che la compongono. I nodi sono definiti “vitali” se e solo sono capaci sia di autonomia che di scambio interattivo con altri nodi della rete e con altri sistemi. La rete di protezione per l’adolescente a rischio deve nel tempo tramutarsi da rete territoriale artificiale, cioè da semplice connessione tra istituzioni che si occupano di un determinato target, in rete “calda” cioè una rete di connessione che connette le persone che vivono la rete, in quanto individui e non solo rappresentanti di enti o associazioni. L’intervento di psicologia di comunità provvede alla costruzione degli interventi di rete nel rispetto dei seguenti parametri: - Reciprocità del riconoscimento della rete. - Reciprocità di condivisione del programma e progetto. - Condivisione di una comune cultura di rete (formazione comune). - Conoscenza, riconoscimento e rispetto delle competenze dei nodi (differenziazione). - Integrazione delle funzioni dei nodi (non- sovrapposizione di interventi). - Valutazione della soddisfazione degli operatori della rete. - Comunicazione a feedback circolare. - Tenuta dell’esperienza nel tempo (almeno un anno). Gli obiettivi del lavoro di rete sull’adolescente a rischio sono: - Specificazione dei ruoli e integrazione multi professionale: ridefinire ruoli, compiti delle figure professionali diverse (medici, nutrizionisti, psichiatri, psicoterapeuti, educatori, assistenti sociali, sociologi, ecc), che operano all’interno dei percorsi sopra esplicitati. Migliorare la conoscenza degli altri team e delle altre U.O. definendo modalità e canali di integrazione. - Costruire linguaggi comuni: far fronte alla segmentazione dei servizi (ognuno con la propria mission, le proprie procedure), attraverso la condivisione di obiettivi sovra-ordinati comuni e con la formazione comune. - Sviluppare interfacce tra i servizi e modalit{ di feedback delle stesse: costruire “ponti” e “punti” di connessione tra i diversi servizi tenendo conto della multiformit{ e complessit{ del target di utenza e delle problematiche ad esso connesse e della necessità conseguente di costruire risposte su più livelli di intervento (dalla prevenzione, alla tutela, alla cura, evitando la medicalizzazione data la fascia d’et{). Restituire feedback chiari rispetto ai diversi interventi attivati su uno stesso utente. 88 - Omogeneizzare la raccolta dati: costruire a partire dalle modalità di rilevazione dati esistenti nelle diverse U.O., una mappatura articolata e omogenea sia del profilo dell’utenza sia delle prestazioni erogate, al fine di evitare la ridondanza negli interventi. - Dare visibilità alla rete: definire quali sono le risposte dell’Azienda a quali tipi di bisogni, cominciando a lavorare per la costruzione di partnership con altre realtà territoriali interessate ad interfacciarsi con il sistema sanitario locale (come potrebbero essere ad esempio, i centri per le famiglie, gli sportelli psicologici scolastici, le diverse agenzie che si occupano di attività educative-ricreative con adolescenti problematici, ecc). Sperimentare nuove modalità d’integrazione tra i servizi socio sanitari rivolti all’adolescenza: il progetto dell’Ausl Rimini La costruzione della rete di protezione sul rischio in adolescenza ha previsto le seguenti attività: - Mappare l’attivit{ clinica nei servizi di Salute mentale, Neuropsichiatria territoriale e ospedaliera, Consultorio 360° gradi, Sert, Tutela Minori, Pronto Soccorso sul target adolescente a rischio. - Costruire un profilo clinico dell’utenza. - Definire i trattamenti di elezione sulla base delle evidenza clinica per tipologia di disagio rilevato. - Individuare criteri di eleggibilità per i trattamenti erogati. - Individuare un referente per ogni nodo della rete coinvolto nella gestione dell’adolescente a rischio. - Individuare un “case manager” manutentore della rete e responsabile della gestione del caso all’interno dei diversi percorsi proposti. - Costruire protocolli di interfaccia integrati e multidisciplinari per la presa in carico dell’adolescente a rischio. - Costruire partnership: Università- Servizi di aiuto psicologico. Attualmente è stata approntata e resa operativa un scheda aziendale per la rilevazione del rischio in adolescenza da utilizzarsi in tutti i nodi. Inoltre è stata costruita una prima interfaccia con il servizio SAP (Servizio di Aiuto Psicologico) dell'Università di Bologna. Il servizio SAP, si rivolge ai giovani che presentano problemi di tipo emotivo e relazionale, disturbi affettivi e comportamentali, difficoltà nella vita universitaria e/o lavorativa, ed è gratuito per tutti gli studenti dell'Università di Bologna. Il servizio è attivo nelle sedi universitarie di Forlì, Cesena, Rimini, Ravenna. Tra gli obiettivi futuri, c'è l'ampliamento della rete attraverso l'annessione di nuovi “nodi”, realt{ che a vario titolo si occupano del rischio in adolescenza presenti sul nostro territorio. 89 “NON LO RICONOSCO PIÙ...È UN ADOLESCENTE” PERCORSO DEDICATO A GENITORI DI RAGAZZI 13-18 ANNI CONDOTTO DALLO SPAZIO GIOVANI E DAL CENTRO PER LE FAMIGLIE DI RIMINI ELENA NATI Coordinatrice Centro per le Famiglie Comune di Rimini TANIA PRESEPI Psicologa, Psicoterapeuta Centro per le Famiglie Comune di Rimini ELENA NATI E’ un percorso dedicato a genitori i cui figli hanno un'et{ compresa tra i 13 e i 18 anni, sui temi del cambiamento corporeo, dell'affettività e della sessualità. Il percorso si articola in tre incontri ad iscrizione, è stato co-progettato e co-condotto dai professionisti dello Spazio Giovani e del Centro per le Famiglie. Il quadro istituzionale all’interno del quale è stato possibile realizzare questo fecondo incontro tra i nostri servizi, è definito dall’Accordo distrettuale fra i Centri per le Famiglie del Comune di Rimini e il Consultorio Familiare del Distretto di Rimini Nord. E’ l’attuazione su base territoriale dell’Accordo Regionale nell’ambito della programmazione socio sanitaria tra i comuni sede dei Centri per le Famiglie e i Consultori Familiari della Regione EmiliaRomagna, con la finalità di avviare e potenziare gli interventi a carattere sociale a favore delle famiglie e per il supporto delle responsabilità genitoriali; è stato possibile realizzare tale accordo grazie ai due anni di finanziamenti avuti con il fondo nazionale istituito dall’allora Ministro per le politiche per la famiglia, Rosi Bindi. Dall’Accordo Regionale, ogni territorio ha declinato le priorit{ e armonizzato i nuovi interventi con l’esistente, nel nostro caso il cuore dell’Accordo è il sostegno della genitorialit{ sotto diversi aspetti, per cui oltre allo Spazio Giovani, per progettare e realizzare nuovi interventi si è stretta una preziosa collaborazione con i professionisti del Percorso Nascita, dell’U.O., ora S.S., di Psicologia e dell’Equipe Adozione. L’esperienza si è rivelata molto positiva, sia dal punto di vista delle intersezione delle professionalit{ dei conduttori, che del risultato. Leggendo i questionari dei genitori alla fine dei tre incontri l’intervento è stato valutato molto efficace e la richiesta è sempre quella di proseguire con altri appuntamenti. Si è realizzato un fondamentale obiettivo dell’Accordo, ossia moltiplicare le risorse e le professionalit{ del nostro territorio, non perdendo la specificità ma completandosi. Questi elementi sono la ragione per cui continueremo in questa collaborazione anche nel prossimo anno. Dalla sottoscrizione dell’Accordo ad oggi si sono realizzati 4 percorsi, 2 nel 2009 e 2 nel 2010, in orario pomeridiano e serale. Negli incontri serali le iscrizioni sono state maggiori, complessivamente hanno frequentato i gruppi 69 genitori, nella quasi totalità madri. I gruppi sono stati condotti da Teresa Trappoli e Vilma Bastianini per lo Spazio Giovani, e da William Zavoli e Tania Presepi per il Centro per le Famiglie, alternandosi nella conduzione. 90 TANIA PRESEPI Pensando al percorso che è stato realizzato al Centro per le Famiglie credo che sia importante sottolineare diversi aspetti. Sicuramente un aspetto molto positivo è stata la dimensione della co-progettazione e della coconduzione dei gruppi perché questo ci ha portato alla scambio di esperienze e anche di conoscenze di professionalità diverse. Soprattutto questo scambio è stato molto presente nel momento della conduzione del gruppo ed ha dato ai genitori partecipanti la possibilità di confrontarsi con professionalità diverse; quelle dei professionisti di 360° con un'ottica, con un punto di vista privilegiato sugli adolescenti, quindi sui loro figli, e la presenza di un operatore del Centro per le Famiglie con un'ottica più nel senso della genitorialità e della familiarità. Questo sicuramente ha permesso anche ai genitori che partecipavano al gruppo di avere delle conoscenze in più sui loro figli che magari non si aspettavano o non sapevano. Da qui è nata anche una nostra riflessione, ovvero ci siamo resi conto di come molti genitori siano all'oscuro di questi percorsi di sviluppo e di come molti comportamenti che hanno i loro figli in realtà possano essere letti attraverso una modalità più normalizzante. Per quanto riguarda i contenuti del percorso derivano direttamente dal titolo che avevamo scelto insieme: “non lo riconosco più è un adolescente” perché il vissuto di quasi tutti i genitori che hanno partecipato al gruppo è stato appunto quello del senso di smarrimento nel trovarsi di fronte un figlio praticamente estraneo e quindi anche dal loro punto di vista sentirsi inadeguati e impotenti ad affrontare. Gli incontri sono stati tre per ogni gruppo, i gruppi erano comunque fissi cioè composti dalle stesse persone e questo ha permesso la creazione di un contesto di intimità, di fiducia e di conoscenza tra i componenti. I temi trasversali sono stati quelli dell'educazione alla sessualità e all'affettività suddivisi in tre parti. Diciamo che il primo incontro era più sul cambiamento corporeo e come i cambiamenti corporei degli adolescenti poi hanno delle risonanze anche nel loro comportamento e nella loro dimensione psicologica. Il secondo incontro era più direzionato rispetto alle relazioni che gli adolescenti hanno con i coetanei, quindi sia al gruppo dei pari, le amicizie, l'innamoramento. E il terzo incontro era più calato su loro come genitori, quindi il fatto e l'idea di cambiare insieme ai propri figli dal momento che il cambiamento così rapido, così stravolgente che vive un adolescente influisce, condiziona necessariamente la famiglia dove vive fisicamente e quotidianamente tutti i giorni e quindi questo senso del cambiare è una cosa su cui si è riflettuto molto. Durante il percorso i genitori hanno anche modificato il loro stato d’animo ed il loro modo di stare nel gruppo. All’arrivo lo stato d'animo più diffuso era quello della curiosità, dell'interesse, della preoccupazione di ricevere delle risposte adeguate alle loro tremila domande, perché veramente in quasi tutti i gruppi i genitori arrivavano con questo carico emotivo molto forte e anche di rassegnazione rispetto alla gestione di alcuni conflitti con i loro figli. Alla fine del percorso in quasi tutti i genitori è emerso innanzitutto il ringraziamento al gruppo, come un forte strumento di sostegno reciproco proprio per uscire da quella sensazione di solitudine e di impotenza nell'affrontare una determinata condizione. Inoltre, un altro elemento molto importante emerso come riflessione da parte dei genitori è avere acquisito la consapevolezza che non è tanto nel fare il ruolo di genitori di un adolescente ( come invece capitava quando i figli sono più piccoli e dovevi far delle cose con loro ) ma di sostare, cioè di stare con loro e di accompagnarli in questo momento di difficoltà permettendosi anche di cambiare insieme a loro quindi anche di rimettere in discussione quello che è un po' il ruolo di genitore che avevano costruito fino a quel momento. Durante gli incontri sono stati dati ai genitori anche degli input teorici su cosa significa essere adolescenti, quali sono i compiti di sviluppo, eccetera, ma la maggior parte del tempo il nostro ruolo è stato più di facilitatori della comunicazione, perché poi veramente l'aspetto più importante è quello del sostegno e dell'aiuto reciproco; di scambiarsi esperienze, di sapere di non essere i soli in una determinata condizione. Alla fine quasi tutti i genitori hanno espresso il desiderio di continuare, semplicemente per vedersi e raccontarsi e quindi credo che questo sia stato un po' la parte bella e positiva di questo lavoro che personalmente è stata arricchente molto anche per me. Quindi ringrazio Elena, come Centro per le Famiglie e i professionisti di 360 gradi. 91 IL CAMPO ISTITUZIONALE DI UNO SPAZIO GIOVANI: IMMERSIONE NELLE CORRENTI EMOTIVE PROFONDE CLAUDIO DI LELLO Psichiatra, Psicoterapeuta e Didatta Istituto Italiano Psicologia di Gruppo di Milano Il mio compito oggi è quello di raccogliere il clima, l'atmosfera, la dimensione inespressa che può circolare all'interno di uno Spazio Giovani, di cui ho conosciuto l'esempio di Rimini e Riccione nel corso di un intervento formativo che ho condotto l'anno scorso e che ricordo ancora con molto interesse e molta curiosità per le domande che si sono aperte in quell'occasione. “Campo istituzionale” è un termine che viene utilizzato da quegli psicoanalisti di gruppo, in particolare per chi lo conosce – Antonello Correale, che hanno avuto modo di occuparsi non soltanto di piccoli gruppi terapeutici, ma anche delle istituzioni nel loro complesso, quindi dei grandi gruppi istituzionali, ed è un termine che aiuta a leggere le dinamiche profonde che muovono i rapporti tra i diversi operatori di un servizio alla persona. Correale si è occupato specificamente dei servizi di salute mentale, ma è un concetto assolutamente estendibile anche ai servizi alla persona, come quelli che prevalentemente si rivolgono ad un'utenza tra virgolette normale, come un Consultorio e uno Spazio Giovani, e si riferisce a quel complesso intreccio di correnti emotive, affettive, fantasmatiche, rappresentative che informano di se stesse il livello non solo emotivo ma anche organizzativo di un servizio, e che in un servizio alla persona sono estremamente influenzate, in un rapporto di continua osmosi, dall'utenza con cui questo servizio viene in contatto. Il mio intervento in parte è preparato, e in parte era concordato che venisse improvvisato sulla base dei contenuti che sarebbero emersi nella giornata di oggi. Partirei - perché così è sempre bene fare, no? - da una emozione per poi sviluppare un pensiero. Personalmente sono rimasto molto emozionato, e non credo per ragioni autobiografiche particolarmente significative, quanto piuttosto per il clima, per il campo che anche in questa stanza si è sviluppato, in quest'aula, nel sentire poco fa le registrazioni degli adolescenti intervistati. Mi ha molto commosso la loro confusione, la loro difficoltà a dare delle definizioni nette. Beh, lo sappiamo tutti che l'adolescente è così, ma l'esperienza del sentire, dell’entrare in contatto con queste caratteristiche ogni volta tocca qualche corda. Soprattutto mi ha molto colpito quell'adolescente, di cui parlava la dottoressa Marconi, che in un tema, se ricordo bene era lei che ne parlava, diceva: alla sera ho paura della morte, se non attacco la spina ho paura di non sentirmi più vivo. Potremmo anche aggiungere che oltre alla paura della morte a volte può esserci la rabbia, come descriveva la dottoressa Marconi nel suo gruppo: i componenti si arrabbiano quando entra un nuovo “ospite”, un nuovo membro del gruppo perché, questo lo sappiamo tutti, ogni nuovo ingresso in un gruppo, ogni novità nella vita è anche la morte di quello che c'era precedentemente, e tutto questo può indurre reazioni di vario tipo che possono essere o la paura o la rabbia. Poi ho sentito parole che hanno riecheggiato questo tema, a mio parere centrale, che è quello della morte, del lutto: non si tratta di una caratteristica esclusiva di un centro che si adopera per l'aiuto agli adolescenti, ma mi sembra molto pregnante in questa dimensione, nella giornata di oggi in cui si è molto parlato in termini di fine, di confine, di frontiera. A un certo punto, poi, mentre lui [un relatore] si domandava quando finisce l'adolescenza noi ci siamo detti, bonariamente, ma quando finisce il suo intervento? Quindi il tema della fine, che ovviamente 92 dall’altro lato può essere anche un nuovo inizio, tuttavia è un tema diciamo drammaticamente presente nell'utenza con cui uno Spazio Giovani viene in contatto. E allora, mentre mi sembrava di cogliere questi elementi, mi domandavo ancora una volta, come nelle altre occasioni in cui mi capita di fare queste osservazioni istituzionali: ma dove vanno a finire queste emozioni? Come si infiltrano, come deformano, come curvano, come orientano, come organizzano la mente degli operatori che poi all'interno di uno Spazio Giovani si trovano ad operare? Naturalmente è una domanda a cui non c'è mai una risposta, è sempre bene fare domande più che dare risposte, però per aiutarci a dare una lettura di quello che accade nel contatto tra l'utenza di uno Spazio Giovani e il gruppo di operatori che vi lavora, e del campo istituzionale che si crea, può venire utile un concetto che è stato elaborato da questo autore molto appassionato, Antonello Correale, che è il concetto di isomorfismo. Tanto per capirci, tanto per dare un'idea in più, sostanzialmente Correale sostiene che le menti degli utenti che entrano in contatto con un servizio depositano prodotti della loro psiche nelle menti degli operatori di quel servizio, e se gli operatori di quel servizio non sono continuamente, permanentemente formati e aiutati a riconoscere queste dinamiche vengono spinti silenziosamente a assumere la stessa forma della mente dei loro utenti. Ad esempio, a mio parere nell'intervento formativo condotto l'anno scorso da me e da altri colleghi dell’Istituto Italiano di Psicoanalisi di Gruppo nello Spazio Giovani di Rimini e Riccione erano abbastanza riconoscibili alcune dinamiche adolescenziali, e naturalmente lo dico con il massimo rispetto e simpatia per l'adolescente. Ad esempio ricordo che soprattutto nei primi incontri del gruppo di discussione di casi clinici, coinvolgente tutti gli operatori, c'era un clima molto bonario, molto benevolo, quasi cerimonioso e ossequioso tra i partecipanti e nei confronti del conduttore, idealizzato per dirla in termini psicoanalitici, e in questo clima quasi mellifluo stentavano ad emergere posizioni nette. Successivamente, negli ultimi due dei cinque incontri che abbiamo condotto, hanno cominciato a fare capolino interventi che esprimevano con chiarezza anche l'aggressività tra gli operatori. Quella descritta è risultata essere effettivamente una modalità di relazione caratteristica all'interno del servizio, come se ci fossero delle difficoltà ad esprimere con chiarezza le proprie posizioni, a differenziarsi, a mettere un limite oppure una fine tra sé e l'altro, che appunto potremmo pensare essere un effetto di questo isomorfismo di cui vi ho parlato. Un altro tema che ricorreva spesso in quegli incontri era l'identità dello Spazio Giovani. Ma noi chi siamo? Dove finisce lo Spazio Giovani, dove comincia il Consultorio? E quest’ultimo era vissuto e rappresentato un po’ come un genitore, il genitore dell’adolescente, un po’ staccato da lui ma non abbastanza, e insieme ancora attaccato a lui ma quasi troppo. Faccio questi brevissimi riferimenti all'interessante lavoro che abbiamo fatto insieme l'anno scorso per dire come c'è un'infiltrazione continua, che l'adolescente nel caso di uno Spazio Giovani introduce gli elementi della sua mente all'interno della mente collettiva di quel servizio, che evidentemente se non è in grado di riconoscere questi aspetti rischia di adottare le stesse difese che l'adolescente adotta rispetto a certe difficoltà specifiche di quella fase della vita, che sono poi le difficoltà di accettare i limiti, di accettare la fine, di affrontare i lutti che la sua condizione inevitabilmente comporta. Per aiutarvi e aiutarmi, perché è un lavoro che va fatto a permanenza quello di capire e di accettare i lutti, volevo leggervi due pagine di James Hillman, che qualcuno di voi conoscerà, grande filosofo oltre che psicoanalista di matrice junghiana, che in uno dei suoi libri scrive un capitolo intitolato “Crescere cioè discendere”: 93 “La scala che sale al cielo come simbolo di progresso spirituale ha un'origine antica. Ebrei, greci e cristiani hanno tutti assegnato uno speciale valore a ciò che sta sopra e la moralità occidentale, la cui bussola è fortemente attratta dalla spirito tende a situare tutte le cose migliori in alto e le peggiori in basso. Con l'Ottocento la crescita poteva dirsi definitivamente irretita in questa fantasia ascensionale. La teoria di Darwin per cui l'uomo discende dalla scimmia è diventata nella nostra testa l'ascesa dell'uomo. Ogni povero emigrante poteva salire nella scala sociale così come i palazzi con i loro ascensori salivano ai piani più alti e più costosi e oggi l'idea della crescita verso l'alto è ormai diventata un luogo comune biografico. Essere adulti è essere grandi, avere raggiunto l'altezza definitiva”. Altrove Hillman dice ancora: “esiste solo una cosa che cresce continuamente: i tumori”. Questo della crescita visibile e manifesta, dice Hillman è però solo uno dei modi con cui si può parlare della maturità: infatti le piante, dalla piantina di pomodoro all'albero più elevato, mentre si innalzano verso la luce affondano e ramificano sempre più le loro radici. Crescere cioè discendere: successivamente Hillman racconta di quanto sia importante discendere per poter crescere laddove evidentemente discendere significa anche cadere, andare giù, inciampare, deprimersi se vogliamo. Dunque non è possibile crescere se non si va giù e in questi inciampi, in queste cadute, in questi abbassamenti, dice Hillman, solo in questi è possibile dare un senso alla vita, e sono quegli eventi di cui l'anima ha bisogno per penetrare nel suo spessore. Allora l'invito è a discendere, a chinarsi. Il termine clinica viene dal greco klinè, che vuol dire chinarsi, andare giù di morale, ma anche inchinarsi rispettosamente, al cospetto delle continue perdite, dei continui limiti, delle fini, delle interruzioni, delle mancanze di cui la vita dell'adolescente è costellata, perché da un punto di vista emotivo è soprattutto questo il compito che viene richiesto, io credo, agli operatori di uno Spazio Giovani. Concluderei facendo riferimento alla bella immagine proposta oggi da qualcuno dell'adolescente come un equilibrista, perché effettivamente l'equilibrista per poter camminare deve perder l'equilibrio, deve andare un po' giù, se non va giù non può restare in equilibrio, se resta fermo rischia di cadere in maniera rovinosa, per cui in questa lettura che io vi propongo sottolineo l'importanza che ci sia la consapevolezza che il contatto con l'adolescente espone a queste domande senza risposta, a questi temi esistenziali, ontologici vorrei dire, e soprattutto a questa angoscia del cambiamento, sotto forma di paura della morte, che se viene riconosciuta può impedire a un servizio di adottare delle difese che poi deformano anche dal punto di vista organizzativo il suo assetto. 94 DIBATTITO Luciana Belloni: allora c'è qualcuno che vuole fare domande? Siete troppo stanchi? Paolo Assirelli: volevo riprendere brevemente un pensiero espresso da Sergio Tarducci che mi ha molto colpito e che credo debba essere una specie di piccola bussola che ci portiamo dietro. Sergio ha detto: bisogna avere, oltre a tutte le altre peculiarità espresse nel suo importante e significativo discorso, verso questi ragazzi che vengono da noi, quella che lui chiama una “misurata empatia”. E' un termine secondo me molto bello. Deve esserci, nel nostro stare, e parlare, coi giovani, una misura, un’attenzione che non soffochi e che non sia complice: un’empatia, certo, ma non una smisurata empatia. Noi non siamo né loro amici, né loro compagni sodali, noi siamo adulti, ci piaccia o meno. E quello che i ragazzi ci chiedono non è di essere i loro confidenti, ma di svolgere bene il nostro compito di adulti, che è quello, come si dice nel linguaggio giuridico di “essere persone informate sui fatti”; anche le parole che ha detto prima Di Lello, vanno secondo me un po' in questo senso. Oggi è andato tutto bene, ieri è andato bene, siamo contenti tutti, sono bellissime giornate, ma andiamo a cogliere anche qualche piccolo punto critico: il rischio qualche volta è di essere anche noi, seppur mossi dalle migliori intenzioni, un po' degli adolescenti. Questo non è del tutto negativo, se ci permette di cogliere certi segnali che altrimenti andrebbero persi, ma contemporaneamente dobbiamo farci dei buoni anticorpi per continuare ad essere delle persone adulte che hanno un ruolo, anche tecnico, molto chiaro e molto preciso. Credo che ciò sia emerso in queste giornate, ma ho pensato fosse giusto sottolinearlo. 95 SOCIETÀ DI FORMAZIONE DIDATTICA “NOSLIDE” Ci chiedono di andare nelle scuole a portare un messaggio: ragazzi, usate il consultorio. Già qui il punto è interessante: non andiamo ad insegnare nulla, solo ad indicare una strada. Ad oggi sono vent’anni che lo spazio giovani fa queste attivit{, nelle scuole e non solo. Vent’anni a cercare di raggiungere il mondo degli adolescenti e lasciar loro un messaggio. Ed è un messaggio forte, significativo, di quelli che dovrebbero essere urlati a gran voce, come un coro da stadio: ragazzi, vogliate bene a voi stessi! Usate il consultorio per farvi aiutare, è un vostro diritto!. A vederlo così dovrebbe essere facile: stiamo solo dicendo ai ragazzi di fare quel che è meglio per loro. Ma dove sta la difficoltà allora? La difficoltà sta nel fatto che quando si comunica si è almeno in due. E questo processo, la comunicazione, è complesso. Passa da molteplici canali, usa molteplici codici e per molti versi non è prevedibile. Questo gli operatori del consultorio lo sapevano gi{ vent’anni fa. E per questo hanno costruito uno spazio particolare, un luogo finalizzato, innanzitutto, a rompere gli schemi. E rompere gli schemi rende le cose più scomode, ma forse più efficaci. Prendiamo una classe, una qualunque, qualunque scuola. Tutti sanno una cosa: a scuola si ascolta il docente. Ma avete dimenticato quanto era difficile? Teniamo alta l’attenzione, ma non semplicemente su di noi o sul messaggio che portiamo: l’attenzione dei ragazzi deve essere concentrata su loro stessi. Sono loro i protagonisti. Rendiamoli protagonisti di questo scambio comunicativo. I ragazzi si trovano così ad affrontare un discorso, non solo a recepirlo. Il nostro obiettivo è, in parole povere, che quel che fanno con noi se lo portino a casa: aspiriamo ad un confronto col mondo stesso dell’adolescenza. Al di l{ di questo approccio comunicativo, sotto sotto c’è un desiderio: promuovere il benessere degli adolescenti. Ma dietro questo lavoro, dietro ai vent’anni di attivit{ dello Spazio Giovani, c’è un’idea ancora più grande ed ambiziosa: avere a che fare con La Persona. Non con un giovane “X” che arriva al consultorio con un problema, non semplicemente con il suo problema, i sintomi, le cure, i trattamenti… ma con la persona nella sua interezza, con le sue emozioni, le sue paure, le sue relazioni con la famiglia, gli amici, col suo mondo e con tutto quello che la persona vorr{ portare di se stesso: l’incontro fra l’adolescente e lo spazio giovani è a 360°. Quando ci hanno proposto di partecipare a questo Convegno ci siamo chiesti se ci fosse un modo per portare in un contesto in cui si parla di adolescenza la voce degli stessi adolescenti. Ci siamo anche domandati quale contributo utile potessero dare i ragazzi in una giornata come questa. E ci siamo anche interrogati su cosa potesse essere utile dire in una situazione in cui di sicuro ci sono molte persone esperte di adolescenza. E fra tutte queste domande, ci siamo fermati, ci siamo guardati ed abbiamo detto: facciamoci un caffè. E facciamo un passo indietro. Il presupposto, di certo un po' provocatorio, è che al mondo ci sono moltissimi psicologi, sociologi, assistenti sociali e altre figure che si fregiano, a volte a ragione, del titolo di “esperti in adolescenza”. Questo senza essere adolescenti. Certo: sappiamo perfettamente quanto è importante il contatto dell'operatore con la propria parte adolescente, e col ricordo razionale e coi suoi vissuti emotivi, ma quanto è cambiato il concetto di adolescenza? Anzi, come cambia? Come sta cambiando, con che rapidità? Quando è toccato a noi l'adolescenza era diversa. Quando è stata fatta l'ultima ricerca, anche se e stata fatta ieri, c'era un tipo di adolescenza che adesso è già cambiata, si è gia evoluta in qualcos'altro. In questi termini essere al passo coi tempi è più una bella idea, un'utopia, che una reale possibilità. Attenzione: non vogliamo dire che non ci sia modo di essere davvero esperti; quel che ci piace è provocare un pensiero. Stimolare un confronto. Stimolare noi stessi a riflettere su ciò che facciamo. Ci 96 siamo provocati, come adesso provochiamo voi: chi è più esperto dei fatti dell'adolescenza di una persona che sta vivendo in questo preciso momento l'adolescenza? Quindi abbiamo pensato di portare al Convegno la voce di alcuni adolescenti. In verità all'inizio, quando abbiamo avuto questa idea, volevamo giungere ad un risultato diverso. E' stato il contatto con i ragazzi stessi che ci ha portati a cambiare direzione. Abbiamo scelto di andare in un paio di scuole a fare delle interviste. La scuola è il nostro campo: noi lavoriamo nelle aule. Forse per questo ci è sembrata una buona idea. Pensate, centinaia di giovani a cui chiedere un'opinione. Immaginate con quanta energia i ragazzi hanno risposto alle nostre domande! …zero. Eh si, perché gli studenti, dopo sei lunghe ore di scuola, non avevano minimamente voglia di rispondere ad altre domande che - per quanto veloci potessero essere - richiamavano sempre e comunque l'ennesima interrogazione, l'ennesimo esame, l'ennesimo giudizio. Cosi, in mezzo a tutte quelle domande a cui nessuno voleva rispondere, ci siamo fermati, ci siamo guardati ed abbiamo detto: facciamoci un caffè. Si, per fortuna ci piace il caffè. Siamo andati nel primo bar, e lì abbiamo capito dove era il nostro limite: cercavamo gli adolescenti dove sono tenuti a stare, non dove vanno quando sono liberi di scegliere. Abbiamo cosi iniziato a fare le interviste in pieno centro. Ci siamo andati sempre di sabato pomeriggio, quando ce ne sono di più, quando i gruppi sono più ricchi. Abbiamo fatto loro due domande, riferendo che le avremmo usate in un convegno sulle attività del consultorio. Eravamo un po’ più ottimisti, ci aspettavamo di trovare o “più persone” informate o persone “più informate”. Però stare lì con loro, nei loro spazi scelti, il condividere una libert{ d'azione più grande ci ha portato a sentire l'esigenza di fermarci a raccontare agli adolescenti quello che non sapevano dirci: cosa è lo spazio giovani 360°. In un'ottica di promozione del benessere siamo tenuti ad inventare modi sempre nuovi per raggiungere l'utenza PRIMA che ci sia l'urgenza. Parlare loro di contraccezione prima che ci sia una gravidanza. E nel fare tutto questo dobbiamo essere al passo coi tempi. Dobbiamo essere sempre attenti. Dobbiamo farci molte domande e non accontentarci mai delle risposte. In una parola: dobbiamo essere creativi. Non degli artisti della comunicazione, ma dei tecnici capaci di entrare in un mondo che, per quanto conosciuto, non ci appartiene più. 97 98 Curriculum Lo Spazio Giovani: Spazio Giovani 1990 Apre le porte e presenta alla popolazione i suoi simboli e le sue “parole d’ordine”: 360°Spazio Giovani “Diventare adulti è un gioco da ragazzi” 1990 Porta nelle Scuole l’Educazione alla sessualità e alla affettività 1994 Per la prima volta fa Convegno ”Colpiti da stupore” sui temi dell’adolescenza: prevenzione e accoglienza 1996 Pubblica “Che cos'è la clotilde....ovvero l'amore ed altri incomodi nelle domande degli adolescenti” ed.Guaraldi 1996 Inizia la formazione degli insegnanti delle Scuole Medie Inferiori su: “Educazione alla sessualità e all'affettività” 1998 Rivolge lo stesso Corso di formazione agli insegnanti del biennio delle Scuole Medie Superiori 1998 Fa ricerca presso un Polo scolastico di Scuola Media Superiore: “L’immagine che gli adolescenti hanno di sé” mediante il questionario D. Offer 1998 Collabora con il SERT e si apre uno spazio di ascolto per la prevenzione del disagio 1999 Attiva una formazione nuova per gli studenti delle Scuole Medie Superiori: “La peer-education” 2000 Partecipa a livello regionale alla elaborazione delle: “Linee di indirizzo per integrare i servizi socio-sanitari rivolti agli adolescenti” 2000 Collabora alla formazione e al progetto regionale sulla “Valutazione degli interventi di educazione alla salute per adolescenti” 2002 Organizza un gruppo di lavoro interservizi per identificare i “segnali d'allarme” inviati dai nuovi adolescenti 2003 Coordina il primo” Catalogo aziendale” dell’offerta formativa di tutti i servizi che si occupano dell'Educazione alla Salute, rivolta alle Scuole Secondarie di primo e secondo grado 2004 Fa mappatura di tutti i Servizi che si prendono cura degli adolescenti 2005 Indaga su:”Adolescenti e Pronto Soccorso” mediante l'analisi della tipologia d'accesso 2005 Collabora con la Provincia di Rimini per: “Report di strada” un progetto attuato dagli adolescenti 2006 Sperimenta un modo integrato di fare prevenzione con il corso di formazione rivolto agli allenatori sportivi:”Allenare alla salute-il mondo dello sport e gli adolescenti” 2007 Porta “Uno sguardo al maschile” un progetto integrato di prevenzione andrologica nelle Scuole Secondarie di secondo grado 2007 Continua il lavoro integrato e si focalizza sulla prevenzione del rischio con la costruzione del progetto: “Avviso ai naviganti” rivolto alle Scuole Secondarie di secondo grado 2007 Incontra le giovani gravide nel Gruppo Primula 2008 Incontra le mamme adolescenti nel Gruppo Rugiada 2009 Incontra gruppi di genitori in collaborazione con il Centro per le Famiglie 2010 Elabora delle linee di indirizzo rivolte alle adolescenti in gravidanza per l'accompagnamento ad una scelta consapevole 2010 Crea nel sito aziendale uno spazio dedicato agli adolescenti Leggi Nazionali e Regionali di riferimento L. N. n. 405 del 29 Luglio 1975, ISTITUZIONE DEI CONSULTORI FAMILIARI L. N. n. 194 del 22 maggio 1978, NORME PER LA TUTELA SOCIALE DELLA MATERNITA’ E SULL’INTERRUZIONE VOLONTARIA DELLA GRAVIDANZA L. N. n. 66 del 15 febbraio 1996, NORME SULLA VIOLENZA SESSUALE L. N. n. 285 del 28 Agosto 1997, DISPOSIZIONI PER LA PROMOZIONE DI DIRITTI E DI OPPORTUNITA' PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA L. R. n. 27 del 1989, NORME CONCERNENTI LA REALIZZAZIONE DI POLITICHE DI SOSTEGNO ALLE SCELTE PROCREATIVE ED AGLI IMPEGNI DI CURA VERSO I FIGLI L. R. n. 21 del 25 Giugno1996, PROMOZIONE E COORDINAMENTO DELLE POLITICHE RIVOLTE AI GIOVANI Delibere regionali prevedono il finanziamento anche degli Spazi Giovani nell’ambito dei programmi formativi per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS. Dall’approvazione della Delibera n° 940 del 1998, con emanazioni biennali (ultima, la Delibera n° 1933 del 2007), vengono assegnati finanziamenti alle Aziende Sanitarie finalizzati agli Spazi Giovani. LA LEGISLAZIONE CHE NON C’E’ L’educazione sessuale nelle scuole: la prima proposta di legge nazionale è del 1910. Svariate e più recenti altre proposte giacciono in Parlamento (ultimo tentativo da parte della S.I.G.O.). Nelle istituzioni scolastiche, per realizzare interventi di educazione alla salute, si entra attraverso accordi con i dirigenti e con l’autorizzazione dei genitori. M.O. CONSULTORIO FAMILIARE Ausl di Rimini LINEE DI INDIRIZZO PER IL PERCORSO DI INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA NELLE ADOLESCENTI 14-21 ANNI 17/03/2010 Pagina 1 di 7 SOMMARIO Premessa..........................................................................................................................2 Introduzione.....................................................................................................................2 Spazio Giovani.................................................................................................................2 Inquadramento teorico.................................................................................................... 3 Adolescenza.......................................................................................................3 Significati della gravidanza in adolescenza........................................................3 Percorso I.V.G. adolescenti 14-21 anni...........................................................................4 Accesso..............................................................................................................4 Primo colloquio e colloqui successivi................................................................4 Invio o collaborazione con altri operatori..........................................................5 Valutazione clinica -certificazione - prenotazione ospedaliera..........................5 Percorso in Ospedale..........................................................................................5 Visita di controllo e colloquio post I.V.G..........................................................6 Percorso I.V.G. minori.....................................................................................................6 Primo colloquio e colloqui successivi................................................................6 Valutazione clinica-certificazione......................................................................7 Percorso in Ospedale..........................................................................................7 Visita di controllo e colloquio post I.V.G...........................................................7 Azioni necessarie per rendere operative le linee guida.....................................................7 Riferimenti bibliografici...................................................................................................7 Allegati.............................................................................................................................8 1)Tavola certificati I.V.G minori Azienda USL Rimini anni 1978-2009..........8 2)Legge 22 maggio 1978 n. 194.........................................................................9 Redazione Verifica ed Approvazione Nome/Funzione Assirelli Paolo Barbieri Augusta, Bastianini Vilma, Belloni Luciana, Daniele Daniela, Marconi Paola, Pillai Elisabetta, Tarducci Sergio, Trappoli M.Teresa, Vaselli Enrica Nives Firma M.O. CONSULTORIO FAMILIARE Ausl di Rimini LINEE DI INDIRIZZO PER IL PERCORSO DI INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA NELLE ADOLESCENTI 14-21 ANNI 17/03/2010 Pagina 2 di 7 PREMESSA Questo documento è stato redatto da un gruppo di lavoro formato da operatori degli Spazi Giovani di Rimini e Riccione, che sono stati individuati dal Responsabile del M.O. Consultorio Familiare, al fine di produrre delle linee di indirizzo che fossero di supporto a tutti gli operatori che si trovano a dover rispondere alla richiesta di interruzione della gravidanza da parte di utenti adolescenti. Tale mandato ha dato voce a una forte esigenza degli operatori degli Spazi Giovani di riflettere e confrontarsi su una richiesta che da anni li vede coinvolti nell'ascolto e nell'accompagnamento di adolescenti, vista la complessità e delicatezza della tematica. INTRODUZIONE Nella Regione Emilia-Romagna rimane costante e bassa la quota di minorenni che ricorrono all’intervento di interruzione di gravidanza (2,4 - 3% del totale degli interventi effettuati), nonostante la curva di distribuzione per età sia decisamente più spostata verso le classi d’età più giovani per le straniere rispetto a quelle italiane (relazione sull'interruzione volontaria di gravidanza in Emilia-Romagna nel 2008 – tav. pag. 5 ). Nella nostra Azienda il numero delle minorenni che hanno fatto ricorso all'interruzione di gravidanza (I.V.G.), dopo una iniziale impennata si è ridotto e poi stabilizzato a partire dalla fine degli anni 80. In particolare nel Consultorio del Distretto di Rimini dal 1978 alla fine degli anni 80 si è registrata una notevole presenza di minori con richiesta di I.V.G. e con ricorso al Giudice Tutelare, seguita da una riduzione e stabilizzazione nel tempo. Nel consultorio del Distretto di Riccione nei primi anni 90 si è verificata una generale crescita dell’utenza e una conseguente presenza di minori che richiedono I.V.G. Si segnala negli ultimi tre anni ed in particolare nello Spazio Giovani del Distretto di Rimini, un incremento delle minori straniere che fanno ricorso all’ I.VG., incremento che va dal 26% del 2007 al 44% del 2009. Negli ultimi dieci anni, sempre a Rimini, il ritorno per il controllo sanitario e contraccettivo e il colloquio dopo l' I.V.G. delle minori si è attestato fra il 74% e il 100%, dato che segnala la particolare cura ed attenzione che gli operatori hanno dedicato a questo momento. A partire dai primi anni 90 le Aziende Sanitarie Locali, su progetto regionale, hanno messo in atto interventi atti a ridurre il fenomeno dell’interruzione volontaria della gravidanza negli adolescenti attraverso: l’istituzione degli Spazi Giovani, con lo scopo di riqualificare gli interventi di educazione sessuale e di produrre informazione contraccettiva e preventiva alle malattie a trasmissione sessuale; l’istituzione di Spazi dedicati alle donne immigrate, con lo scopo di favorire l'accesso delle giovani straniere, che in questo spazio possono anche avvalersi della mediazione linguistica culturale. SPAZIO GIOVANI E' un settore del Consultorio Familiare dedicato ai giovani, nell'ambito delle politiche di prevenzione e promozione della salute. Risponde ai problemi legati alla sessualità, alla vita affettiva e relazionale, cura inoltre gli aspetti ginecologici, di contraccezione per la prevenzione delle gravidanze indesiderate, di presa in carico della gravidanza e di prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse. Il personale dedicato (ginecologo, psicologo, sociologo, assistente sociale, assistente sanitaria, ostetrica, dietista) è appositamente formato all'ascolto e all'accoglienza. L'accesso è libero (senza richiesta medica), diretto (senza prenotazione), gratuito e riservato (coperto dal segreto professionale - Legge 194/78 art. 2). Lo Spazio Giovani ha organizzato dal 2008 un Corso di accompagnamento alla nascita denominato Gruppo Primula che offre alle ragazze, che hanno deciso di affrontare una gravidanza, uno spazio in cui depositare, insieme alle informazioni e alle tecniche di rilassamento, pensieri e sentimenti relativi all'evento della vita che si trovano ad affrontare. Il gruppo si incontra anche dopo il parto, componendo un nuovo spazio denominato Gruppo Rugiada, che ha l'obiettivo, squisitamente preventivo, di sostenere la relazione della giovane mamma con il neonato. Nel Distretto di Rimini la sede dello Spazio Giovani è in via XXIII Settembre n.120 ed è aperto tutti i Lunedì e Martedì dalle ore 15 alle ore 18; nel Distretto di Riccione la sede dello Spazio Giovani è in Piazza Unità n.10 ed è aperto tutti i Giovedì dalle ore 15 alle ore 19. M.O. CONSULTORIO FAMILIARE Ausl di Rimini LINEE DI INDIRIZZO PER IL PERCORSO DI INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA NELLE ADOLESCENTI 14-21 ANNI 17/03/2010 Pagina 3 di 7 INQUADRAMENTO TEORICO ADOLESCENZA Il termine “adolescenza” è relativamente nuovo nel nostro dizionario, dal momento che esiste dalla fine dell’Ottocento: non era mai stato usato prima. Oggi, nella nostra cultura, l’adolescenza non è più percepita solo come tempo di passaggio ma è una vera e propria condizione esistenziale che ha una certa durata nel tempo ed una certa “stabilità” e si è diffusa l’abitudine da parte dei ragazzi di autodefinirsi “adolescenti”, trovando in questa etichetta elementi di identità e riconoscimento. La parola “adolescenza” viene dal latino adolescere che vuol dire “nutrire”. L’adolescente è colui che è nutrito, colui che sta crescendo. Si ritrova anche nell’etimologia questo riferimento al transito: alla condizione di non essere né più bambino, né ancora adulto. Da un punto di vista fisiologico l’adolescenza è il periodo della vita che segue la pubertà, rappresentata dai cambiamenti fisici (crescita dei peli, del seno e degli organi genitali, cambiamento del tono della voce, menarca e spermarca…) che avvengono intorno agli 11/13 anni. Si parla pertanto di adolescenza a partire dai 13/14 anni. Più complesso è invece definire quando questa fase della vita ha termine. Alcuni autori affermano che l’adolescenza termina quando il ragazzo entra nel mondo adulto, ma per definire cosa significa “entrare nel mondo adulto” non si può prescindere dal contesto sociale. Altri autori parlano di adolescenza ritardata o prolungata. Un criterio affidabile a cui fare riferimento può essere quello di parlare di fine dell’adolescenza quando si sono raggiunti i compiti evolutivi di questa fase della vita, con una certa stabilità. I compiti evolutivi che un adolescente deve adempiere per diventare adulto possono essere così sintetizzati: processo di separazione, cioè la trasformazione progressiva dei legami affettivi dell’infanzia, in legami affettivi dell’età adulta. Questa trasformazione è discontinua ed avviene attraverso continue progressioni e regressioni. Non è specificato come debba avvenire il distacco dai genitori, ma ciò che è importante è che avvenga la perdita dell’identità di “piccolo”, di irresponsabile e delegante, per acquisire una identità autonoma. processo di individuazione, cioè la costituzione soggettiva della propria identità come immagine della persona nella sua totalità. Il processo di individuazione avviene attraverso il superamento dell’immagine infantile di sé, l’acquisizione della capacità di sentire la continuità del proprio essere, cioè la capacità di lasciare parti di sé rimanendo sempre lo stesso e l’integrazione del corpo sessuato, cioè la mentalizzazione del cambiamento corporeo, la consapevolezza del corpo erotico e procreativo. la nascita sociale, cioè la capacità di instaurare nuove relazioni con il gruppo dei pari, con l’altro sesso e di sviluppare ideali e curiosità verso l’esterno della famiglia. Secondo Offer (GB) e De Vito (I) gli adolescenti possono essere classificati in quattro gruppi: 25% di giovani a crescita continua, cioè che attraversano l’adolescenza quasi senza accorgersene; 35% di giovani a crescita fluttuante, cioè che denotano uno stato di malessere alternato ad uno stato di benessere; 20% di giovani a crescita tumultuosa, cioè che hanno un periodo di crisi (delusioni amorose, a scuola, con i genitori) che scardina un po’ tutta la loro vita; 20% di giovani ad alta vulnerabilità, cioè che presentano dei sintomi con la caratteristica del disturbo. Questi giovani arrivano, in genere, ai Servizi su segnalazione. SIGNIFICATI DELLA GRAVIDANZA IN ADOLESCENZA Una gravidanza in età adolescenziale, o anche in tarda adolescenza, rappresenta un evento piuttosto complesso, dal momento che essa ha luogo in un momento evolutivo in cui la personalità è ancora in corso di strutturazione e in cui il desiderio di gravidanza è solo apparente. Risulta piuttosto evidente come due fasi del ciclo vitale così particolari e allo stesso tempo ricche di cambiamenti, come l'adolescenza e la gravidanza, possano, se vissute contemporaneamente, rendere più complesso il processo che porta alla formazione di un'identità. Spesso l'adolescente che vive questa condizione appare confusa, disorientata; ha ancora un'immagine di sé infantile, sostenuta da meccanismi di negazione che le fanno vivere la gravidanza in modo poco realistico, al punto di non riuscire ad immaginare come sarà il suo bambino perché non ne ha idea. Spesso emergono vissuti di depressione e tristezza. L'adolescente parla dei cambiamenti legati al corpo come se non le appartenessero, a volte se ne vergogna di fronte ai coetanei, teme di essere giudicata; può avere la sensazione di sentirsi intrappolata in una situazione più grande di lei, di essersi improvvisamente trovata in un mondo adulto che M.O. CONSULTORIO FAMILIARE Ausl di Rimini LINEE DI INDIRIZZO PER IL PERCORSO DI INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA NELLE ADOLESCENTI 14-21 ANNI 17/03/2010 Pagina 4 di 7 ancora non conosce, non le appartiene e ci può essere un forte rimpianto per una adolescenza ormai bruscamente interrotta. Tale evento può assumere vari significati. In certi casi può configurarsi come una resistenza alla contraccezione, tenuto conto del fatto che le informazioni a questo livello non mancano e quindi come atto trasgressivo, spesso nei confronti di un genitore vissuto come autoritario o trascurante. A volte può essere semplicemente un evento casuale legato alla rottura del profilattico. In altre situazioni può essere vissuta come una sfida e competizione con la propria madre, a volte semplicemente come conferma che il proprio corpo funziona come quello materno... Allo stesso tempo può essere letta come un “agito”, un acting-out, conseguente alle difficoltà di separarsiindividuarsi dalla propria famiglia e in modo particolare dalla propria madre e proprio il rimanere incinta diventa la condizione per non separarsi da una madre alla quale si torna a chiedere protezione, cure e attenzioni. PERCORSO I.V.G. ADOLESCENTI 14-21 ANNI ACCESSO L'adolescente che chiede informazioni sulla interruzione volontaria di gravidanza può rivolgersi direttamente allo Spazio Giovani o al Consultorio Familiare. Qualora il primo contatto avvenga in Ospedale, dal medico di base o nei diversi settori dell'Azienda, una prassi già collaudata prevede l'invio ai suddetti Servizi. Un protocollo condiviso stabilisce che l'accoglienza al Consultorio Familiare sia a libero accesso e che la datazione ecografica della gravidanza avvenga entro 48 ore. Al Consultorio Familiare l'accoglienza viene effettuata da un professionista dell'equipe. In questo primo contatto il professionista raccoglie i dati anagrafici attraverso la visione di un documento di identità valido e verifica l'ultima mestruazione e l'affidabilità del dato. Qualora l'età gestazionale lo permetta effettua un invio accompagnato agli operatori dello Spazio Giovani, dal momento che tale servizio viene identificato come interlocutore privilegiato per la presa in carico delle adolescenti che fanno richiesta di interruzione di gravidanza. PRIMO COLLOQUIO E COLLOQUI SUCCESSIVI Il primo colloquio fra l’operatore e l’adolescente che richiede l'I.V.G. non ha le caratteristiche di una consultazione psicologica in senso stretto. La ragazza adolescente pone al centro dell’attenzione non la propria situazione psicologica, ma un fatto ben preciso, un problema reale e pressante. Il setting in cui avviene il colloquio per l’I.V.G., per il suo intervento attivo da parte del consulente, per i molteplici ruoli di cui è investito simultaneamente, per l’urgenza della soluzione del problema, ha caratteristiche di complessità tali che richiedono da parte del professionista competenze specifiche ed una formazione ad hoc. In ogni caso l’ambito del colloquio si identifica come luogo in cui la giovane può fermarsi a riflettere sulla sua situazione e accorgersi di altri fattori presenti che possono orientarla nella sua decisione. L'accoglienza dell'adolescente allo Spazio Giovani viene effettuata da un professionista dell'equipe con formazione specifica, con un approccio personalizzato e altamente relazionale. L'operatore utilizza la “cartella di presa in carico della donna che richiede l'interruzione volontaria di gravidanza” predisposta dalla Regione Emilia Romagna, allegato 2 della DGR 1069/2008. Compila e conserva separatamente anche una traccia dei colloqui effettuati. Il primo colloquio e i colloqui successivi svolti dall'operatore dello Spazio Giovani sono improntati, a un “ascolto empatico”, cioè non giudicante in quanto non è compito dell'operatore autorizzare o vietare la scelta dell'adolescente. Attraverso l'esplorazione dei significati, è possibile lavorare sulla consapevolezza e sull'assunzione di responsabilità da parte dell'adolescente, al fine di limitare l'attivazione di meccanismi difensivi quali la negazione e/o il diniego. Si è fermi nella convinzione che la consapevolezza possa favorire la scelta, la riduzione del rischio di ripetizione di una gravidanza indesiderata, l'elaborazione del lutto e il contenimento del senso di colpa. A tal fine si propone di esplorare le seguenti aree: ragioni e motivazioni per la richiesta di interruzione di gravidanza sentimenti e vissuti relativi all'evento gravidanza elementi conflittuali avvertiti nei confronti della decisione progetti di vita qualità del processo evolutivo relativamente alla fase di separazione/individuazione e all'immagine di sé M.O. CONSULTORIO FAMILIARE Ausl di Rimini LINEE DI INDIRIZZO PER IL PERCORSO DI INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA NELLE ADOLESCENTI 14-21 ANNI 17/03/2010 Pagina 5 di 7 stato socio-economico relazione con il partner rapporto e relazione con i familiari e le reti amicali cause del fallimento o non utilizzo corretto della contraccezione Per favorire una maggiore libertà di scelta da parte dell'adolescente l'operatore la informa “sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio” (Legge 194/78 art.2) ed esplicita i diritti della donna in gravidanza, fra cui quello di partorire in anonimato e dare in adozione il bambino. E' comunque compito del professionista che esegue il colloquio cercare con l'adolescente, anche sulla base delle problematiche emerse, “le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto” (Legge 194/78 art. 5). Se l'adolescente si presenta accompagnata dal partner o da altre persone (amici, familiari) ed esplicita la richiesta della loro presenza, l'operatore effettua anche colloqui congiunti. Qualora l'operatore lo ritenga necessario propone una valutazione del caso in equipe. A conclusione della fase del colloquio se la ragazza conferma la richiesta di interruzione di gravidanza si procede alla valutazione clinica e al rilascio del certificato, se non conferma tale richiesta viene avviata al percorso assistenziale della gravidanza. INVIO O COLLABORAZIONE CON ALTRI OPERATORI L'operatore che effettua i colloqui può evidenziare eventuali elementi che portano a proporre all'adolescente colloqui con lo psicologo dello Spazio Giovani, con l'assistente sociale o con altri specialisti (genetista, infettivologo....). Nel caso in cui l'adolescente accetti tali indicazioni l'appuntamento viene fissato in tempi rapidi direttamente dall'operatore, che effettua un invio accompagnato. Nel caso in cui l'operatore evidenzi delle difficoltà di comprensione della lingua italiana attiva la mediazione linguistico-culturale. VALUTAZIONE CLINICA – CERTIFICAZIONE - PRENOTAZIONE OSPEDALIERA Il medico è l'operatore autorizzato dalla legge ad eseguire il colloquio, la valutazione clinica e la certificazione. Procedure specifiche condivise dall'equipe hanno definito che il colloquio venga effettuato da un operatore con formazione specifica, appartenente all'equipe dello Spazio Giovani. Il ginecologo dello Spazio Giovani accoglie, quindi, l'adolescente accompagnata dall'operatore che ha effettuato i colloqui. Insieme ripercorrono le motivazioni che hanno portato la ragazza a richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza. Il ginecologo effettua la visita medica ed esegue la valutazione ecografica, qualora non sia già stata espletata. Dopo avere visionato un documento di identità valido compila il certificato attestante la datazione di gravidanza e la richiesta di I.V.G., firmato dal ginecologo e dall'adolescente. Informa l'adolescente sulle diverse forme di I.V.G. (medica o chirurgica) e valuta i criteri di ammissione e l'assenza di controindicazioni al trattamento richiesto. Consegna il modulo del consenso informato per l'I.V.G. medica, firmato dalla donna e dal ginecologo. Valuta con la ragazza delle strategie contraccettive da mettere in atto dopo l'I.V.G. Successivamente l'operatore predispone il percorso assistenziale presso la struttura ospedaliera dove l'adolescente richiede di rivolgersi, fornisce le informazioni relative a tale percorso e tutti gli appuntamenti necessari. Consegna la nota informativa contenente il percorso e le procedure relative al trattamento richiesto e un opuscolo sulle leggi ed opportunità in materia di gravidanza. Prenota la visita ginecologica di controllo dopo circa 15 giorni dall'intervento, presso lo Spazio Giovani. PERCORSO IN OSPEDALE L'adolescente accede autonomamente al percorso in ospedale. L'assistenza in Ospedale seguirà la procedura prevista dal D.G.R.1069/2008 M.O. CONSULTORIO FAMILIARE Ausl di Rimini LINEE DI INDIRIZZO PER IL PERCORSO DI INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA NELLE ADOLESCENTI 14-21 ANNI 17/03/2010 Pagina 6 di 7 VISITA DI CONTROLLO E COLLOQUIO POST I.V.G. La visita di controllo e il colloquio post IVG vengono effettuati nello Spazio Giovani, dopo circa 15 giorni dall'intervento. Finalità : 1) Nella visita medica il ginecologo: valuta il benessere complessivo della donna e la presenza di eventuali complicanze determinate dall'intervento verifica le metodiche contraccettive già proposte in sede di certificazione o valuta con la donna le possibili strategie contraccettive. 2) Nel colloquio post IVG l'operatore che ha effettuato i colloqui prima dell'intervento: attraverso la descrizione dell'evento ne facilita l'elaborazione facendo emergere i vissuti di ambivalenza. esplora eventuali cambiamenti avvenuti nella relazione con il partner e/o con i familiari. pone attenzione ad eventuali problematiche relative all'area della sessualità. PERCORSO I.VG. MINORI Le tappe del percorso sopra illustrato riguardano tutti gli adolescenti che si rivolgono al Consultorio Familiare e allo Spazio Giovani con la richiesta di I.V.G. Nel caso in cui l'adolescente sia minorenne tale percorso si differenzia per gli aspetti relativi all'obbligo del consenso da parte di entrambi i genitori o del giudice tutelare (Legge 194/78 art. 12.). In questo caso si prevede un intervento specifico di cui riportiamo gli elementi peculiari. PRIMO COLLOQUIO E COLLOQUI SUCCESSIVI Nel caso in cui l'adolescente si presenti al servizio con entrambi i genitori o con persone esercenti la potestà o la tutela l'operatore di Spazio Giovani struttura dei colloqui con i componenti il gruppo familiare sia insieme che separatamente. Nel colloquio con la minore, oltre alle aree descritte nel percorso IVG adolescenti, esplora anche l'area relativa alla modifica delle dinamiche familiari che l'evento ha comportato. Nei colloqui con i soli genitori lascia spazio all'espressione dei sentimenti e dei vissuti ed esplora le seguenti aree: elaborazione dell'accaduto per dare un senso all'evento relazioni familiari capacità di accettare, accogliere e accompagnare la scelta della figlia. Nel caso in cui l'adolescente si presenti da sola o con un solo genitore e non intenda coinvolgere entrambi, i colloqui sono finalizzati ad esplorare le aree sopra esposte, ma in particolare quelle relative alle difficoltà di dover informare i genitori o il genitore assente. In tale situazione si attivano spesso fantasie di minaccia, timori, sensi di colpa da parte della adolescente che sente di aver tradito la fiducia dei genitori, vorrebbe scappare ed evitare di confrontarsi con una realtà scomoda e difficile da affrontare. Spesso la minore esprime anche pensieri di protezione nei confronti dei genitori, percepiti all'interno di un sistema familiare fragile e precario. Nel caso in cui l'operatore attraverso i colloqui individui dei seri motivi che impediscono o sconsigliano il coinvolgimento di uno, di entrambi i genitori o di persone esercenti la potestà o la tutela (Legge 194/78 art. 12), redige una relazione, con il proprio parere, da presentare al giudice tutelare del Tribunale di competenza territoriale, al fine di richiedere l'autorizzazione a decidere l' interruzione della gravidanza. Riferisce i contenuti della relazione alla minore al fine di potenziarne la consapevolezza e la responsabilità. La relazione viene firmata dall'operatore e dal Responsabile del M.O. Consultorio Familiare. L'operatore fissa l'appuntamento con il giudice tutelare entro 7 giorni dalla richiesta di IVG. E' ormai prassi consolidata presso la nostra Azienda che l'operatore accompagni la ragazza all'udienza in tribunale, dove presenzia al colloquio e firma il verbale congiuntamente alla minore e al genitore eventualmente presente. Vista la complessità e delicatezza della richiesta di interruzione di gravidanza da parte di una minore si pone come prassi la valutazione del caso in equipe. M.O. CONSULTORIO FAMILIARE Ausl di Rimini LINEE DI INDIRIZZO PER IL PERCORSO DI INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA NELLE ADOLESCENTI 14-21 ANNI 17/03/2010 Pagina 7 di 7 VISITA MEDICA – ECOGRAFIA -CERTIFICAZIONE Il ginecologo accoglie la minore, i genitori o chi detiene la potestà o la tutela genitoriale, accompagnati in ambulatorio dall'operatore che ha svolto i colloqui. Insieme ripercorrono le motivazioni che hanno portato la minore a richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza. Il ginecologo effettua la visita medica ed esegue la valutazione ecografica, qualora non sia già stata espletata. Dopo aver visionato i documenti di identità compila il certificato attestante il periodo di gravidanza e l' avvenuta richiesta di I.V.G., firmato dal ginecologo, dalla ragazza, da entrambi i genitori o da chi detiene la potestà o la tutela genitoriale. Gli estremi dei documenti di identità vengono trascritti sotto la firma di ciascun genitore o di chi detiene la potestà o la tutela genitoriale. In caso di mancato coinvolgimento di entrambi i genitori o di chi detiene la potestà o la tutela genitoriale il ginecologo consegna il certificato all'operatore che lo allegherà, in copia, alla relazione per il Giudice Tutelare. PERCORSO IN OSPEDALE Qualora la minorenne non abbia coinvolto i genitori nella scelta e non possano essere presenti il partner o amici, si valuta la possibilità che l'operatore affianchi l'adolescente durante il percorso ospedaliero. VISITA DI CONTROLLO E COLLOQUIO POST I.V.G. Si offre l'opportunità di un colloquio post IVG anche ai genitori della minore. AZIONI NECESSARIE PER RENDERE OPERATIVE LE LINEE GUIDA E IPOTESI DI STUDIO E RICERCA Presentazione del documento in forma ufficiale a tutti gli operatori coinvolti nel percorso Formazione sul campo degli operatori del Consultorio Familiare e dello Spazio Giovani sul percorso di accompagnamento dell'adolescente che richiede l'I.V.G. Predisposizione di una cartella per registrare i contenuti dei colloqui con una traccia delle aree da esplorare Possibilità di effettuare una ricerca sulle storie personali delle adolescenti che richiedono l'interruzione volontaria di gravidanza Possibilità di istituire un numero verde o una segreteria telefonica per rispondere alle adolescenti che richiedono informazioni sull'I.V.G. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Telleschi R., Torre G. (a cura di) Il primo colloquio con l'adolescente – Esperienze nei diversi contesti istituzionali, Cortina 1997 - cap.XII L'adolescente e l'aborto di D'Acquisto L. Giommi R., Perrotta M. Programma di educazione sessuale 15/18anni, A.Mondadori 1992 Pietropolli Charmet G. I nuovi adolescenti. Padri e madri di fronte a una sfida, Cortina 2000 Regione Emilia-Romagna Programma d’intervento giovani/consultori, Maggio 1987 Bonino S. Il fascino del rischio negli adolescenti, Giunti 2005 Senise T. Psicoterapia breve di individuazione. La metodologia di Tommaso Senise nella consultazione con l’adolescenti , Feltrinelli 2004 Ammaniti M., Candelori C., Speranza A. Dinamiche psicologiche e culturali delle gravidanze in adolescenza: indagine in un campione italiano in “Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza”, 64, pp.161-171,1997 Ammaniti M., Candelori C., Speranza A. M., Maternità e gravidanza: studio sulle rappresentazioni materne, Milano, Cortina Raffaello 1995 Ferrara Mori G.(a cura di) Un tempo per la maternità interiore – Gli albori della relazione madrebambino, Borla 2008 Bowlby J. Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell'attaccamento, Cortina Raffaello 1989 Laufer M., Laufer E., Adolescenza e breakdown evolutivo, Bollati Boringhieri, 1984 Zani B., L'adolescente e la sessualità, in Palmonari A. (a cura di), Psicologia dell'adolescenza, Il Mulino, 1997 ¼¿ ÊÛÒÌ ßÒÒ× ½±² · ÎßÙßÆÆ× ¿ ÚßÝÝ×ßÓÑ ×Ô ÐËÒÌÑ Û Î×ÔßÒÝ×ßÓÑ ÍÐßÆ×Ñ Ù×ÑÊßÒ× ATTI DEL CONVEGNO