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In allegato:
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Curriculum Spazio Giovani
Leggi Nazionali e Regionali di riferimento
Linee di indirizzo per il percorso di interruzione volontaria di gravidanza
nelle adolescenti 14-21 anni
LA PREVENZIONE E LA SALUTE
SALUTI
STEFANO VITALI – Presidente Provincia Di Rimini
Vi chiedo scusa in anticipo; vi garantisco che preferirei rimanere qua, chi mi conosce lo sa, ma mi
attende un importante impegno istituzionale.
Ho voluto essere presente perché il rapporto con lo Spazio Giovani, con quello che è stato, con quello
che è, per me è stato importante, anche se a distanza, perché mi ha dato molto, mi riconcilia ogni tanto
col mondo.
Vedere delle persone che, nonostante il tempo che passa e quindi il lavoro che appesantisce,
continuano ad accettare sfide e soprattutto le accettano con l'intelligenza di modificarsi insieme alla
realtà che cambia, perché questa è intelligenza secondo me, dà anche lo stimolo, a chi magari è stanco,
di andare avanti: credo che il Convegno di oggi e anche come me l'hanno presentato, col solito
entusiasmo, abbia questo tipo di caratteristiche. Intanto non dare per scontato nulla di quello che sta
accadendo e soprattutto avere la volontà di rimettersi in discussione per parlare “con”, per parlare “a”,
per “stare insieme ai” giovani di oggi, anche perché uno dei rischi che vediamo spesso in questo tempo
è quello che noi parliamo dei giovani, sui giovani, facciamo trattati di psicologia su di loro e poi, alla
fine, aspettiamo un fatto di cronaca e chiudiamo i giovani in quel fatto di cronaca.
Io credo, al di là dei risultati, che comunque sono stati più che eccellenti in questi anni, sia il metodo di
lavoro da voi utilizzato a dover essere trasportato a tutti i livelli del nostro agire quotidiano: l’
entusiasmo e la voglia di mettersi in discussione tutti i giorni a partire dai giovani di oggi. Il dramma
della società attuale è quello di continuare a lavorare sulla base di un modello di società che esisteva
trent’anni fa e ciò non è solo una perdita di tempo, ma reca anche un danno alle persone che
incontriamo, perché i giovani, così come gli anziani o gli adulti di oggi, non sono più quelli che erano
trent'anni fa e se l'approccio continua ad essere lo stesso è disastroso, sia culturalmente che
ideologicamente.
Il passaggio che noi dobbiamo fare è questo e siccome le parole a volte non servono a nulla, ma
servono i fatti, io che credo che se dovessi portare in questo territorio l'esempio di come si fa, al di là
dei risultati finali, io porterei il vostro.
E quindi vi auguro davvero un grande in bocca al lupo per il futuro. Spero che continuiate a
trasmetterci l'entusiasmo e la voglia di rimettersi in discussione come avete fatto fino ad oggi, perché
siccome sono”brutte malattie contagiose”, con questo contagio riusciremo, forse, a fare qualcosa in più.
Non date per scontato che questo non serva, serve molto di più di tanti trattati e di tante parole e
soprattutto servono i risultati che si ottengono, perché poi alla fine è il risultato finale quello che ci
interessa.
Vi auguro buon lavoro, grazie per quello che fate e spero che riusciate a trasmetterci un po' più
dell'entusiasmo che ogni tanto ci manca. Grazie.
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INTRODUZIONE AI LAVORI
PAOLO ASSIRELLI – Responsabile S.S. Assistenza Consultoriale Ausl Rimini
“La vita sarebbe infinitamente
più felice se noi nascessimo
a ottant’anni
e gradualmente ci avvicinassimo
ai diciotto”
Mark Twain
Questa frase che stiamo proiettando è per continuare un po' sulla linea di serietà, ma anche di gioco,
che noi in questi anni abbiamo cercato di fare nostra. E' una frase molto bella, molto vera, perché
dolcemente falsa, non so come dire. E vorrei prima di tutto ringraziare Stefano Vitali, perché ci ha
detto delle belle parole, non ovvie e non scontate, anche se poi sono quelle stesse cose che volevo dire
io, e dunque mi ha un po’ rubato la parte…. Io sarò brevissimo perché queste saranno giornate dense,
piene, cariche di cose a cui è giusto dare lo spazio che meritano.
Grazie a voi tutti che siete venuti a questa festa che oggi facciamo, che è una festa di compleanno,
anche se siamo senza torta, senza candeline..però è una festa dei nostri primi vent'anni, e vent’anni
hanno sempre un significato: sono tanti, e sono importanti. Io credo che siano pochi i centri, i servizi
socio-sanitari che in un'epoca in cui tutto si logora, si brucia in modo così rapido, abbiano avuto una
vita così lunga. Vent'anni, se ci pensiamo, è lo spazio giusto, esatto di una generazione. I giovani che
venivano allora da noi, oggi hanno quasi quarant'anni, sono, immagino, madri, padri, hanno tutti i
giorni le beghe della quotidianità; forse hanno dei figli che magari cominciano a venire da noi, o sono
ancora, com'è probabile, precari, in questo che è ormai un drammatico destino che comincia ad
accomunare padri e figli. E quello che mi chiedo è se questi giovani che abbiamo visto allora, sono in
qualche modo simili, somigliano a quelli che vediamo oggi.
Vent'anni, abbiamo detto, sono tanti e sono stati certamente anni non neutri o scontati. Ad esempio,
vent'anni fa non c'era internet, e tutti sappiamo quanto voglia dire crescere con la rete accanto, con il
mondo sulla tua scrivania. Non c'erano i cellulari e se c'erano erano quelle “robone grosse” che
solamente pochi esaltati avevano, la sigla SMS era quella di un misterioso codice alieno, e se volevi
parlare con la morosa o con un amico andavi in una delle classiche cabine, sempre che questa
funzionasse, col vecchio, caro gettone o con le 200 lire. L’universo della comunicazione si è veramente
capovolto.
Poi, vent'anni fa c'erano pochissimi giovani immigrati, e quelli che c'erano, erano forse calciatori
brasiliani, stile Paulo Roberto Cotechinho dei film con Lino Banfi. Oggi questi giovani che arrivano da
ogni parte del mondo sono una larga parte di quello che è il nostro pubblico, il nostro target per dirla
con un termine aziendale. Forse vent’anni fa il mondo era più “piccolo”, forse era più semplice, oppure
no, forse il mondo è sempre stato questa realtà complessa e difficile da decifrare. Essere giovane è
sempre stato complicato, e parlare sui giovani è cosa perennemente ardua, difficile. C'è il rischio di
dire cose scontate, banali che due giorni dopo non sono più vere e quello che ha detto prima Stefano è
vero, quando si parla dei giovani se ne parla come di una bega, di un problema: gli studenti che
contestano, le ragazze che non mangiano, le baby-gang, il tifo violento, gli stupri di branco… e via di
questo passo, in un campionario di crisi e di infelicità .
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Non si parla mai di giovani come di una risorsa. Non c'è mai questa idea nel nostro paese e se questo
paese non è un paese per vecchi, non lo è certamente neanche per giovani. Io, e qui lo dico, avevo
qualche dubbio su questo nostro convegno, su questo nostro incontro, perché sento questo vento che
soffia contrario, grosso, difficile, pesante. Non voglio raccontare storie, non voglio far vedere cieli
limpidi e azzurri quando sappiamo che la quotidianit{ è sempre più difficile, che “non c'è trippa per
gatti” e che non si hanno risorse sufficienti per la prevenzione e tanto meno per la ricerca. Avevo dubbi
sul rischio di dare un'immagine che non fosse vera, realistica. Poi tutte loro, tutte queste giovani
ragazze, beh ragazze è un termine un po’ forte , ma va bene così, tutte queste ragazze che sono con me
alla fine mi hanno convinto e mi hanno convinto proprio perché sono donne, cape toste, come si dice, e
non si arrendono mai. E hanno forse ragione loro, anzi, hanno certamente ragione loro, perché come
dice il titolo del convegno è giunto il momento di fare il punto su questi strani animali che sono i
giovani e di rilanciare il lavoro con loro. Se non lo facciamo, vuol dire che non solo noi ma l'intero
paese non ha proprio futuro, no? E la nostra partita allora è già persa. Noi non abbiamo voglia di
perdere questa partita, quindi siamo qui oggi a chiedervi, a dirvi e in qualche modo a sentire altre voci
su tutti i temi che affrontiamo nel nostro lavoro: vita sessuale, relazioni, disagio, gravidanze,
prevenzione e tutti i modi, tutti gli stili di essere giovani. Cosa vuol dire oggi essere giovani nell'anno
domini duemila e dieci e come si può provare a leggere il futuro senza quella sfera che decisamente
non possediamo? Saranno due giornate piene, dense, quindi non rubo più tempo , e vi ringrazio.
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SPAZIO GIOVANI 360°: PER VENT'ANNI “UN GIOCO DA RAGAZZI”
M.TERESA TRAPPOLI – Responsabile Spazio Giovani 360° Riccione Ausl Rimini
Ripercorrere la storia dello Spazio Giovani per farne il punto è stato per il gruppo di operatori che ci
lavorano come ripercorrere un viaggio che li ha visti coinvolti professionalmente e personalmente.
E’ stato questo un viaggio dove ci siamo lasciati attraversare dalle narrazioni dei ragazzi e
scompaginare dalle emozioni che circolavano nel sevizio.
Da un punto di vista politico-sociale lo Spazio Giovani ha interpretato e messo al centro della propria
attivit{ un’istanza fondamentale della società contemporanea, cioè la centralità delle nuove
generazioni considerate come il fulcro attorno al quale ruota l’intera vita umana e la societ{ nel suo
complesso, quando guarda non solo al passato ma anche soprattutto al futuro. Partendo dal concetto
che questa particolare fase della vita, che è l’adolescenza, è determinante ai fini della formazione
dell’uomo ma che indipendentemente da questa prospettiva va considerata per quello che è nel
momento in cui c’è, non è senza significato che la societ{ attraverso le norme socio-sanitarie abbia
sostenuto la nascita e la diffusione di servizi appositi per l’adolescenza.
È altresì importante che questo servizio sia nato all’interno di una istituzione come il Consultorio
Familiare che è il frutto un grande fremito di rinnovamento della società maturato negli anni della
spinta al cambiamento.
Lo Spazio Giovani non poteva che nascere come una specializzazione del Consultorio Familiare che per
sua missione si occupa della famiglia e delle persone.
Le politiche a favore dei giovani sono state sollecitate e stimolate dall’interesse delle scienze umane
per il mondo adolescenziale e dalla grande fioritura di studi, ricerche e teorie sulle caratteristiche di
questa fase della vita, sui possibili problemi specifici di questa età e sui rischi ai quali era esposta più
dell’et{ infantile e di quella adulta, sia per una fisiologica tendenza ad affrontare situazioni nuove, sia
anche per il particolare tipo di società (la cosiddetta società del rischio di cui fior di sociologi hanno
scritto) in cui i nuovi adolescenti si trovano, per la prima volta, al di fuori del protettivo contesto
familiare.
LO SPAZIO GIOVANI DI RICCIONE E RIMINI
L'istituzione dello Spazio Giovani di Rimini risale alla Legge
Regionale n. 27 del 1998 che prevedeva appositi spazi all'interno
del Consultorio Familiare per l'attività di consulenza e
informazione per la fascia d'età 14/19 anni. Con questa normativa
la Regione anticipa di quasi 10 anni i contenuti espressi nella
Legge Nazionale 285 del 1997 che prevede, oltre agli interventi già
consolidati per le situazioni di disagio conclamato o patologie,
interventi volti all'area della normalità con finalità preventive per
intervenire nei contesti sociali laddove sia possibile riconoscere
elementi di disagio e rischio nell'iter evolutivo.
Nella normativa quindi l'adolescente viene finalmente riconosciuto
come soggetto al quale destinare interventi mirati che
corrispondano ai suoi bisogni in relazione alla normalità del
disagio e del malessere connessi al suo processo di crescita.
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I Consultori Familiari di Riccione e Rimini hanno partecipato fin dalla fase di progettazione regionale
alla creazione dello Spazio Giovani e si sono attivati fin da subito per mettere a punto uno specifico
modello di servizio che corrispondesse alle linee generali disegnate dalla Legge Regionale e nel
contempo tenesse conto delle caratteristiche locali che facevano prevedere specifici problemi e bisogni
collegati anche con la vocazione prevalentemente turistica del territorio, con tutto ciò che questo può
comportare in termini di abitudini e di stili di vita. Un modello di accesso che tenesse conto delle
esigenze dei giovani e capace di rispondere ai bisogni anche quando questi si manifestavano in modo
confuso e non necessariamente legato ad un problema specifico.
Uno spazio che si propone l'obiettivo di aumentare l'accesso dei giovani attraverso interventi ampi in
particolare sul tema della sessualità; della vita affettiva e relazionale della prevenzione delle
gravidanze indesiderate e delle MTS.
La prima tappa è stata quella di costituire un’équipe multidisciplinare che potesse contare sulla
motivazione degli operatori a lavorare con gli adolescenti. Il gruppo di lavoro era composto da un
ginecologo, un’ostetrica, un’assistente sociale, da uno psicologo, da una sociologa e da un’assistente
sanitaria.
Il primo compito che l’équipe si è dato è stato quello di pubblicizzare il nuovo servizio fra i giovani e gli
adulti di riferimento; il materiale informativo di cui ci si è avvalsi utilizzava il linguaggio e il messaggio
visivo più adatti a colpire l’attenzione degli adolescenti. Il servizio il cui logo è “360°” è stato ed è
ancora chiamato “Centro di consulenza psicologica e sanitaria per le giovani generazioni”.
In quella occasione è stato
preparato
anche
un libretto
informativo dettagliato che si
rivolgeva in prima persona ai
ragazzi su argomenti riguardanti la
crescita in tutti i suoi aspetti. Il
messaggio veicolato da questa
pubblicazione era quello che nello
Spazio Giovani ci si sarebbe occupati
della “problematicit{ normale” di
quell’et{.
L’iniziativa è stata poi illustrata alla
cittadinanza attraverso un convegno
e una tavola rotonda ai quali hanno
partecipato
esperti
dell’et{
adolescenziale.
In questa fase in cui la maggior parte delle risorse umane ed economiche erano state destinate a far
conoscere il nuovo servizio alla fascia giovanile si era adoperato uno slogan che, a parere dell’équipe e
degli esperti, nella sua forma ironica, sembrava il più adatto a catturare l’attenzione e a suscitare la
curiosità dei giovani: “Diventare adulti è un gioco da ragazzi”.
Proprio su questo slogan si sono scatenate le reazioni di un certo ambiente di tipo conservatore che
vedeva nell’offerta di un servizio, al quale i giovani potevano accedere anche senza la supervisione dei
genitori, soprattutto nell’ambito della sessualit{, un fattore di disgregazione della famiglia.
Anche entrare nelle istituzioni scolastiche per attuare corsi di educazione sessuale diretti ai ragazzi
non è stato semplice: si è trattato di una conquista graduale, guadagnata passo a passo, attraverso
numerosi incontri con genitori e insegnanti per far capire il tipo di lavoro che si sarebbe andati a fare e
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gli scopi che ci si prefiggeva; incontri che diventavano l’occasione per parlare dell’adolescenza e dei
problemi che gli adulti avevano coi “loro” adolescenti.
Accanto a tutto questo lavoro preparatorio esterno, c’era anche da provvedere a creare uno spazio
fisico di accoglienza adatto all’utenza giovanile. Si era deciso di tenere aperto lo Spazio Giovani in due
pomeriggi alla settimana (uno a Riccione e uno a Rimini) in orario precluso all’utenza adulta in modo
che fosse garantita la loro privacy. L’arredamento dei luoghi destinati all’accoglienza dei giovani è
stato studiato con cura per non suscitare l’idea di una struttura sanitaria classica: colori, musica,
poltroncine, materiale informativo a portata di mano, un’atmosfera informale e adatta a favorire le
interazioni nella sala d’attesa.
L’intera équipe era presente nell’orario riservato ai giovani e grande importanza era data al momento
della prima accoglienza che era ritenuto fondamentale per creare un clima di fiducia e per
approfondire col singolo o col gruppo tutte le possibilità offerte dal servizio.
Lo Spazio Giovani interviene a due livelli: un livello interno di accoglienza dei ragazzi che si
presentano spontaneamente, da soli o in gruppo, o con il partner, ed un livello esterno attraverso i
progetti di promozione alla salute di cui alcuni di questi progetti verranno descritti durante la
mattinata.
Per quanto riguarda l’accoglienza, questa è un modello alternativo a quello ambulatoriale, modello di
cui parlerà più approfonditamente la collega Bastianini nella seconda giornata, ma di cui voglio
anticipare qualche concetto. Accogliere significa presentarsi agli adolescenti come adulti interessati,
disponibili a leggere le esperienze del mondo in cui l’adolescente è immerso.
Anche la modalit{ di accesso libero è fondamentale nel rapporto con l’adolescente che “deve dire
subito” per sentire che il suo messaggio viene accolto e personalizzato. Con questo tipo di relazione
l’adolescente può permettersi quel movimento di avvicinamento/allontanamento che lo fa sentire
protagonista del proprio cammino di autonomia.
Il servizio viene vissuto dai ragazzi come una specie di zona franca a cui si arriva tramite il passa
parola, il tam tam. La fiducia viene costruita dalle persone che vi lavorano ma anche dallo spazio fisico
che viene percepito come sicuro perché lì si vanno a mettere le proprie cose.
I ragazzi ci dicono che per loro è importante sapere che ci siamo. E’ il poter pensare che qualcuno ti
pensa. Vogliono essere guidati con uno sguardo che tollera la loro provvisorietà, la loro oscillazione e
essere accettati per quello che sono.
Sicuramente il settore trainante (come vedrete dai dati) è l’area ginecologica, è attraverso questa che
veniamo in contatto con molte adolescenti, ne conosciamo il modo di vivere la sessualità e a partire
dalla sessualità stabiliamo alleanze che vanno su fronti più ampi.
L’incremento degli accessi ci dice anche che l’adolescente ha chiaro che la salute sessuale non si
ottiene una volta per tutte, ma che è qualche cosa che si costruisce nel tempo ascoltando e
riconoscendo le proprie difficoltà e dando loro una risposta adeguata.
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PROGETTO ADOLESCENZA (detto anche PROGETTO7)
Lo Spazio Giovani, attivato nel 1989/90, nel corso degli anni ha visto aumentare il numero di
adolescenti che spontaneamente si rivolgevano a tale servizio chiedendo aiuto per vari tipi di problemi
o difficoltà
Nel frattempo si osservava che i vari servizi che si occupavano di specifiche problematiche giovanili
stavano procedendo in modo disaggregato, promuovendo, ciascuno per conto proprio, varie iniziative
di sensibilizzazione e di promozione alla salute che spesso si sovrapponevano le une alle altre. Per
ovviare a questa frammentazione disarticolata di progetti la regione ha stabilito delle linee di indirizzo
per favorire l’integrazione e superare la frammentazione dei servizi che a vario titolo si occupano di
adolescenza, attraverso la Legge Regionale n. 21 del 1996 che oltre a sottolineare l'importanza di un
servizio per adolescenti, stimola la collaborazione con Enti pubblici e con il privato sociale.
Lo Spazio Giovani di Rimini ha partecipato alla stesura delle linee guida ed ha avviato varie iniziative
di integrazione a livello territoriale. Dagli anni 2000 come potete osservare dal curriculum (che
trovate in cartella) le iniziative di integrazione si fanno sempre più intense fino a diventare oggi una
modalità imprescindibile di lavoro.
Piuttosto che annoiare con un lungo elenco di cose fatte e con i vari passaggi con i quali lo Spazio
Giovani si è fatto promotore di iniziative e collaborazioni vorrei proporvi alcune riflessioni fatte
insieme ai colleghi quando abbiamo pensato a questi 20 anni di lavoro con i ragazzi.
Pensiamo di aver aperto un servizio con l’atteggiamento e la motivazione di un gruppo di volontari
convinti che fosse necessario creare uno spazio per tutti gli adolescenti, non solo per quelli che
presentavano un problema, ritenendo che l’adolescenza, per il periodo che attraversa di vulnerabilit{
psichica, una vulnerabilità che è fortemente intrecciata alla potenzialità, avesse bisogno di una cura
particolare non essendo più sufficiente quella offerta dalla famiglia.
Un servizio che ha voluto prendersi cura della normalità per prevenire il disagio e per far sì che
l’adolescenza sia un gioco giocabile con un certo successo.
Prendersi cura della normalità può essere apparso come un utilizzo improprio delle risorse a chi gli
sfugge quanto dentro la normalità adolescenziale sia insito il rischio, così come è insita la potenzialità.
Nell’adolescenza la normalit{ e il disagio convivono; è una fase questa in cui farsi male è possibile e
mentre per il bambino la protezione arriva dai genitori, per l’adolescente il genitore può non bastare
più.
Lo Spazio Giovani vuole collaborare con la famiglia, senza sostituirla, così come collabora con altre
istanze per accompagnare questa fase della crescita a 360° occupandosi del mondo esterno e mondo
interno, degli aspetti sanitari e psico-sociali dell’adolescente, ossia tenere insieme il corpo, soprattutto
quando manda forti stimoli, e la mente.
Per questo gli operatori si sono formati attraverso due filoni di specializzazione: l’accoglienza
dell’adolescente e/o gruppi di adolescenti che si presentano al servizio e la prevenzione come attivit{
esterna al servizio.
Infatti è questo uno spazio che ha bisogno meno di altri servizi di avere un setting tradizionale, che
può declinarsi anche in spazi diversi (nella scuola, presso un gruppo scout). E’ un trampolino nel
sociale dove la salute si coniuga meno (o contemporaneamente) con la cura ambulatoriale. Tenendo
presente gli scenari dove l’adolescente vive abbiamo cercato gli strumenti per raggiungerli dove loro
sono, o direttamente, o attraverso gli adulti di riferimento (genitori, insegnanti, educatori). In questo
senso è un servizio vitale che cerca di uscire dal chiuso per stabilire continue alleanze.
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In questi 20 anni abbiamo assistito al modificarsi continuo degli adolescenti e della società. Si assiste
ad una adolescentizzazione della società; si vive una solitudine sociale e spesso i social network
possono diventare surrogati di presenze reali. E’ cambiato il rapporto con i genitori; con gli insegnanti;
è cambiato il modo di parlare della sessualità; per questo abbiamo ritenuto di aprirci ai nuovi
contenuti attraverso la formazione per non correre il rischio di dover affermare, come ci dicono spesso
i genitori, di “non riconoscerlo più”. Per poterli riconoscere occorre rimanere attivi e in contatto
continuo con i cambiamenti. Non mi addentro su questo tema perché dei “nuovi adolescenti”
parleranno la dott.ssa Brunori e dott.ssa Anichini nella seconda giornata.
QUALI RIFLESSIONI DA QUESTI 20 ANNI?
Lo Spazio Giovani si è collocato nell’area della prevenzione e ha contattato le turbolenze della
problematicit{ normale dell’adolescente, questo non significa che non contatta anche realt{ difficili,
dolorose, contatta ferite e rotture del percorso evolutivo.
Gli adolescenti si presentano con il bisogno di portare domande e trovare risposte; cercano un adulto
che contenga e sostenga la loro capacità di pensare e a volte anche decidere. Il nostro compito è quello
di creare un contenitore emotivo che permetta loro una domanda vera attivando quella funzione
creativa della mente che produce idee nuove e più adeguate a trovare delle soluzioni.
Il contenitore è molto importante perché nell’adolescente l’espulsione e l’evacuazione delle
informazioni è molto forte, occorre un contenitore che medi le informazione attraverso l’affettivit{.
Gli operatori nell’incontrare l’angoscia dei ragazzi e la complessit{ del loro rapporto con i genitori e
con le istituzioni, hanno cercato di non perdersi, di non scivolare nella tecnica, nella frammentazione, è
questo un lavoro possibile solo attraverso una continua riattivazione della creatività e flessibilità di
pensiero che avviene attraverso la discussione in èquipe e grazie alla formazione continua; nella
consapevolezza che non esiste l’adulto perfetto, anzi spesso è un adulto che fatica, che ha bisogno lui
stesso di pensare che vive un travaglio che ha bisogno di essere condiviso.
In questi anni siamo rimasti vitali grazie alla capacità/possibilità di metterci costantemente in
discussione come operatori attraverso la libera circolazione delle idee mettendo al bando le posizioni
rigide sia come persone che come operatori; questo ci ha permesso di montare e rismontare il servizio
tutte le volte affinché questo non diventasse autoreferenziale; perché sia uno spazio libero da giudizio;
perché le idee possano circolare liberamente per permettere che il pensiero sia plurale e non
monolitico.
Vorremmo oggi approfondire con l’esperto invitato sul tema della prevenzione su quanto questa possa
essere vista come l’intervento clinico per eccellenza per un servizio che vuole sostenere la crescita
dell’adolescente a 360°.
Attualmente l’intervento sanitario e psico-sociale non è più distinguibile. Lo Spazio Giovani non è un
ambulatorio, è anche un ambulatorio, ma si prende cura attraverso strumenti che non sono quelli
ambulatoriali classici. Lo stesso atto sanitario ha bisogno di essere incardinato con l’intervento psicosociale, altrimenti si perde il contatto con la persona adolescente a favore della prestazione.
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LE CRITICITA'
Il grande investimento sul lavoro di rete richiede energie e competenze che non possono essere
lasciate alla sensibilità individuale. Occorre una intelligenza pre-posta che permetta di pensare
insieme e decidere insieme. Occorre saper comunicare bene non solo con l’utenza ma anche con i
mondi dell’utenza e per questo occorrono risorse e competenze
Il limite della realtà è molto doloroso; gli operatori che vengono sollecitati alla razionalizzazione delle
risorse devono fare continui sforzi per mantenere i due livelli in equilibrio:
-
la mancanza delle risorse economiche
-
l’entusiasmo e il desiderio di continuare a fare.
Il rischio infatti è che quando la realtà è molto dura il gruppo di lavoro non tenga più e si rompa perché
l’istituzione porta fatica, il gruppo porta ricchezza attraverso le sue relazioni. Allora l’obiettivo di
questo convegno “facciamo il punto e rilanciamo” attraverso il desiderio di riappropriazione degli
spazi e dei pensieri con cui lo Spazio Giovani è nato e attraverso l’allargarsi ad altri orizzonti,
collaborazioni e integrazioni.
Insomma 360° ha una storia breve (20 anni) ma come tutti i giovani ha una grande fame di esistenza.
Per questo lo Spazio Giovani allega il suo curriculum alla domanda di assunzione per un posto a tempo
indeterminato all’interno di una organizzazione sanitaria che sta razionalizzando i suoi interventi.
Lo Spazio Giovani reclama la propria protezione anche se non utilizza strumenti sanitari classici.
Lo Spazio Giovani si chiede, così come si chiedono i giovani: come sar{ il mio futuro? C’è posto per me
in questa istituzione?
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LA PROMOZIONE DELLA SALUTE IN ADOLESCENZA
ATTRAVERSO SFIDE E CREATIVITÀ
MAURO CROCE – Psicologo, Psicoterapeuta, Direttore S.S. Educazione Sanitaria Asl Vico,
Docente SUPSI (Scuola Universitaria Professionale Della Svizzera Italiana- Lugano)
PREMESSA
Buongiorno a tutti e grazie dell'invito! Le mie condizioni fisiche oggi mi avrebbero sconsigliato di
essere qua, però, e lo dico senza piaggeria, non potevo mancare, per l'affetto col quale mi avete invitato
e per dimostrare che i maschi con 37,3 di febbre non sempre fanno testamento, ma qualche volta si
impegnano! Siccome ieri era la giornata mondiale dell'Aids vi farò vedere un video preparato dai peer
educator qualche anno fa, dedicato alla prevenzione dell’ HIV e uno, molto più recente, realizzato
sempre dai ragazzi nell’ambito di un progetto europeo. E’ interessante notare come in soli quattro anni
di distanza fra un video e l’altro, i linguaggi giovanili siano cambiati notevolmente: quello precedente è
più lento, più discorsivo, prevalentemente basato sull’immagine, mentre in quello più recente, tutto è
centrato sulla velocità e questo, io credo, sia un elemento molto interessante da sottolineare.
ADOLESCENTI … UN PROBLEMA?
Sul tema della prevenzione, il titolo più corretto sarebbe “La promozione della salute tra sfide, sfighe e
creativit{”. Mai come nel mondo della prevenzione infatti, i disastri sono il risultato di buone
intenzioni! In ambito preventivo siamo animati spesso da grandi, buone, intenzioni, ma molte volte i
risultati non coincidono con le nostre aspettative. Portiamo avanti progetti, magari calati dall'alto,
senza che vi sia una corrispondenza con i risultati. Vorrei citare a questo proposito un libro di Robert
Epstein in cui viene svolta un'analisi di fondo sulla condizione giovanile. Secondo l’autore, i problemi
che i giovani presentano, i comportamenti che a noi adulti tanto preoccupano, non sarebbero
riconducibili alle caratteristiche psicologiche degli adolescenti, ma al risultato della esclusione che di
fatto realizziamo nei loro confronti: esclusione dalle responsabilità, dagli impegni decisionali. Epstein
rappresenta i giovani come trattenuti dentro una riserva indiana, impedendo loro, e non dando loro, la
possibilit{ o l’obbligo di assumersi responsabilit{, lavorare, ricoprire ruoli significativi. Epstein
confronta la quantità di tempo che gli adolescenti dedicano agli adulti con quella dedicata ai coetanei.
Ora i giovani sono sempre perennemente collegati, 24 ore su 24, alla loro rete giovanile. Epstein è
piuttosto radicale nell’auspicare come soluzione l’abolizione dell’adolescenza, intesa come categoria.
Nonostante sia un po’ troppo lineare attribuire la causa dei problemi giovanili solo ad aspetti
strutturali, politici, economici, senza tenere conto delle loro condizioni psicologiche, è interessante
notare come, nella teoria di Epstein, queste ne sarebbero il risultato e non la causa. Io credo che la
questione sia un po’ più circolare, però è interessante ragionare in chiave sociale ed economica. Del
resto anche in Italia un paio di anni fa è uscito un libro di due economisti italiani, Boele e Calasso, che
denunciano l’assenza di politiche dedicate ai giovani sul piano occupazionale, economico, lavorativo e
dell’abitazione e come, per contro, i genitori italiani siano straordinariamente altruisti nei confronti
dei propri figli, quasi quanto altrettanto straordinariamente egoisti rispetto ai figli degli altri. Credo sia
interessante notare come entrambe le chiavi di lettura, una psicologica del mondo statunitense
(Epstein è uno psicologo) e una economica del mondo italiano, riconducano la soluzione dei problemi
e delle “questioni giovanili” al piano strutturale delle scelte politiche, delle decisioni ‘a monte’. Un po’
come dire che la prevenzione si fa nella stanza dei bottoni e non mentre si è al volante. Ovverosia nelle
scelte collettive che condizionano e designano molte biografie individuali.
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QUALE PREVENZIONE?
Quindi i problemi individuali, psicologici, attualmente presentati dai giovani, necessitano anche di un
intervento a monte, sul piano strutturale, nei luoghi e nelle scelte collettive. Faccio solo un esempio: il
tema dell'alcol è molto complesso e importante, da esso scaturiscono molti progetti. Su questo tema,
nel governo precedente, in cui ero consulente del Ministero della solidarietà sociale, facemmo una
proposta simile a ciò che accade in Francia: inibire la pubblicità degli alcolici nelle fasce protette e non
associare la pubblicità dell'alcool a stili di vita (sesso, bellezza, divertimento…), segnalare
semplicemente le caratteristiche di un prodotto. Questo intervento sarebbe stato efficace, in quanto
avrebbe influenzato le rappresentazioni sociali, ma non è stato possibile realizzarlo. Quindi, capirete,
viene a mancare il piano dell'intervento strutturale, il primo asse fondamentale della prevenzione,
perché implica la costruzione di modelli di sviluppo sostenibile anche sul piano psicologico, dove
invece ci viene richiesta una quantità di performance. Un altro dei miti da abbattere è che la
prevenzione appartenga, per forza, solo al mondo della sanità, al mondo dell'educazione, al mondo
della famiglia, al mondo del sociale. La prevenzione, interessa, per esempio, anche i trasporti! Prendete
ad es. le mamme che accompagnano i bambini a scuola e parcheggiano i SUV in quarta fila, oppure i
bambini che mentre attendono l'autobus continuano a mangiare caramelle, o a fare i bulli. Faccio degli
esempi anche banali per farvi capire come l'asse strutturale influenzi gli stili di vita. Io sono stato
molto impressionato da uno studio franco - svizzero che ribadisce come gli approcci educativi siano:
MOLTO POPOLARI
MOLTO COSTOSI
POCO EFFICACI
…. a differenza degli approcci strutturali e politici che invece sono:
POCO POPOLARI
POCO COSTOSI
MOLTO EFFICACI
Per considerare l'apporto degli approcci strutturali, ricordate i programmi per convincere i ragazzi ad
utilizzare il casco e le cinture? Oggi è un problema superato in quanto la legge ha ‘convinto’ tutti!
Pensiamo al fumo di sigarette e in particolare a come la legge ha modificato il comportamento dei
fumatori: oggi è impensabile fumare in casa altrui, o all’interno dell’ambiente di lavoro! Non che
fossimo dei maleducati prima, più semplicemente ci adeguavamo ad un modello culturale. Ecco quindi
che gli approcci strutturali possono modificare gli approcci individuali, anche sul piano privato.
Tuttavia i programmi di prevenzione che, come afferma M. Graf (direttore dello “Institut pour la
PRÉVENTION DE L'ALCOOLISME”):
-
mettono insieme più approcci educativi (interventi combinati con programmi rivolti a studenti,
genitori, insegnanti)
-
integrano la dimensione della collettività, della comunità a quella individuale
-
vengono realizzati ‘a lungo termine’ ( non sono interventi ‘spot’)
sono quelli più efficaci.
Qui si apre un capitolo interessantissimo: gran parte degli interventi che noi realizziamo, sono progetti
di uno o due anni, con finanziamenti annuali. E come si può fare un progetto di prevenzione che dura
due anni? Se ci confrontiamo con i nostri colleghi stranieri, questi hanno progetti ventennali:
investono nel tempo per produrre un cambiamento delle abitudini, degli stili di vita. Come sarebbe
possibile, altrimenti, produrre un cambiamento con progetti annuali, che spesso seguono l'onda di un
finanziamento ad hoc, magari sulla scia elettorale?
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CONSUMO ERGO SUM
Un'altra considerazione: ciò che facciamo, ciò che succede nel modo giovanile e nel nostro mondo,
sono all'interno di un modello di consumo che ha la stessa matrice dei problemi che le persone ci
portano. I giovani sono ‘auspicati’ come consumatori di merce e ‘rinnegati’ come consumatori di
sostanze, ma il modello è sempre quello del consumo! Non vogliamo che consumino sostanze, ma
vogliamo che consumino merci. A questo proposito, Lipovetskyi ci rammenta come è cambiato
radicalmente il nostro modello di consumo in un centinaio di anni, a partire dall'inizio del '900,
quando vennero introdotti i brand: la Coca Cola, la Ford, la distribuzione su larga scala.
Successivamente, grazie al nipote di Sigmund Freud, l'inventore del concetto di propaganda moderna
(propagus in antichità indicava la conversione dei pagani da parte dei cristiani), la psicoanalisi si mette
al servizio delle multinazionali creando il primo evento mediatico della storia, con l’obiettivo di
cambiare i nostri comportamenti. Succede negli anni ’20, quando viene organizzata la marcia femminile
a New York per il diritto di fumare in pubblico. L’evento ha una risonanza mediatica in tutto il mondo e
così la Philip Morris, sponsor di questa manifestazione in cui le donne rivendicavano il proprio diritto
di fumare in pubblico, riuscì ad influenzare il modello culturale dell’emancipazione femminile,
associandolo al fumo di tabacco. Ecco quindi l'importanza di lavorare sulle rappresentazioni sociali. Di
fatto questo è il modello adottato dalle campagne pubblicitarie che associano la sigaretta (ad es. la
Marlboro) ad uno stile di vita virile come quello del cow –boy, per recuperare i maschi fumatori o che
propongono un messaggio semplice e forte.“No Martini, no party”, che cosa ci dice in fondo? Ci dice che
non posso divertirmi se non ho il Martini, ma anche che i giovani, belli, ricchi e spensierati, non
riescono a divertirsi se non hanno il Martini. E io che non ho nulla? ….Ho il Martini.
La seconda fase del cambiamento del modello di consumo è quella successiva alla guerra, quando
migliora la qualità della vita e si diffonde un certo benessere economico.
I consumi sono democraticizzati e non più promossi a partire dai bisogni, ma dalla stimolazione del
desiderio. I messaggi e i corpi vengono sessualizzati. La seduzione sostituisce il bisogno. Devo sedurre,
non devo rispondere a dei bisogni, devo incutere dei bisogni. L'edonismo rimpiazza il dovere, la
liberazione rimpiazza la repressione, l'ostentazione di consumo e i prodotti assumono una scala di
significati e di status: consumo per dimostrare che appartengo o che mi differenzio dagli altri.
Liptovetsky dice che oggi ci ritroviamo in un mondo consumistico dove le culture antagoniste sono
state distrutte. L'etica del consumismo tende a organizzare i comportamenti anche al di fuori di quelli
tradizionali della sfera del mercato, cioè il modello di consumo entra a far parte anche delle relazioni
familiari o della religione, divenuta consumistica. Ne è un esempio il sincretismo religioso: prendo i
‘pezzi’ di religione che mi vanno bene, per certi aspetti mi ritrovo nel cattolicesimo, ma per la
sessualità mi ispiro al taoismo e in questo modo costruisco la mia religione, il mio credo politico, i
sindacati, la cultura e il tempo libero. Ora è questo il modello su cui ragionare: il consumo non è più
acquisizione o possesso, ma è diventato analogo ad una droga, cioè un consumo esperienzialeemozionale: non si acquista più in funzione di un bene, per distinguersi dagli altri, per definire
un’identit{. Addirittura ora gli snob non ostentano più. Ad ostentare sono i “tamarri”, i “truzzi”.
Il consumo per noi stessi ha superato il consumo per gli altri. Consumiamo per i nostri desideri, per
gratificarli istantaneamente: cosa voglio, quando lo voglio e dove lo voglio. Siamo una società in cui il
senso del desiderio ha lasciato spazio alle pulsioni. Desiderare, infatti (a partire dal significato
etimologico “de-sidera” = girare intorno agli astri, alle stelle, che qualche volta si trasforma in “disastro”, perché avvicinarsi troppo significa perdersi), è attesa. Mentre la pulsione è soddisfacimento
immediato. Oggi cerchiamo il soddisfacimenti immediato, non siamo in grado di tollerare la
frustrazione della mancanza. L'isteria, che è la base sulla quale Sigmund Freud ha fondato la
psicanalisi, era quella forma patologica femminile dovuta all'eccesso di inibizione delle proprie
pulsioni: di fronte alle mie pulsioni e ai miei desideri, si frappone una società che impone uno stile di
vita in base al quale non sarei accettata se rispondessi alle mie pulsioni. Oggi credo che l’isteria non sia
nemmeno inclusa fra le patologie psichiatriche del DSM IV. Al contrario, a prevalere sono i disturbi del
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controllo degli impulsi. Di fronte ad una società che impone il soddisfacimento immediato dei desideri e
una risposta alle pulsioni, senza quindi una rappresentazione nel futuro, non abbiamo un futuro, è
tutto qui ed ora. Come posso resistere alle pulsioni, se il futuro, il domani appare incerto, oscuro,
opaco? (riprendo “L'epoca delle passioni tristi”, che molti di voi avranno letto).
L’INFORMAZIONE
Il secondo asse della prevenzione è quello della promozione della salute, con un approccio basato
sull'informazione. Uno degli errori da evitare è pensare che l'informazione, da sola, funzioni come
stimolo al cambiamento. L’informazione non costituisce un deterrente, anzi a volte produce un effetto
boomerang. Vedi il tentativo dei messaggi riportati sul pacco di sigarette (ad es. “Il fumo ti uccide
lentamente”, si è evoluto in “Non importa, non ho nessuna fretta, grazie!”). Spesso i messaggi sono
basati su valori, modelli di vita, nostri e non degli adolescenti. Avvisare che il fumo aumenta la
probabilità di malattie cardiovascolari, oncologiche, tra trenta, quaranta, cinquant'anni, non ha alcuna
efficacia se in questo momento fumare mi procura piacere e mi permette di conoscere una ragazzina.
Sottolineare i danni, spaventare (feel approch), può produrre emozioni ma non cambiamenti nel
tempo. Cerchiamo di capire i ragazzi, senza aprire conflitti. Litighiamo, polemizziamo, discutiamo sui
modelli. Io mi diverto moltissimo sul problema delle canne: con chi le ‘sostiene’ evidenzio la
connessione con le mafie o la tratta. I ragazzi, soprattutto quelli no-global, sono sensibili ad aspetti
etico – ecologici.
LA RELAZIONE EDUCATIVA
Va bene l'asse strutturale: le politiche, le decisioni, i grandi finanziamenti e indirizzi.
Va bene l'asse dell'informazione: le persone hanno necessità di essere informate.
Gli interventi a carattere preventivo, però, non possono che realizzarsi all’interno di un contesto di
una relazione educativa.
Il cambiamento che stiamo vivendo è ben rappresentato dalla metafora del semaforo. Io faccio parte
della generazione che è nata, si è costruita ed è cresciuta con il semaforo: verde vai, rosso fermati,
giallo … oddio che faccio?! Vado o non vado? Devi decidere prima da che parte vuoi andare, in che
corsia preferenziale immetterti. Una volta che hai scelto, non puoi tornare indietro.
Ora invece siamo nella generazione della rotonda.
La “generazione della rotonda” è quella del movimento continuo, della reversibilità delle scelte: posso
cambiare direzione e tornare indietro quando voglio. Chi di noi non ha fatto almeno due giri prima di
decidere che direzione prendere? E’ un po’ come essere in movimento continuo, rivedere in ogni
momento le proprie scelte o essere perennemente collegati, in attesa di un sms che può arrivare da un
momento all’altro; è come essere in un mondo in cui si è perso il confine tra ciò che si può fare e ciò
che non si può, fra ciò che è lecito e ciò che è illecito. Consumare sostanze è illecito, ma questo non
costituisce un deterrente per il consumo, al contrario, certe volte, funziona da incentivante. Chi
consuma sostanze, ha chiaro che sta facendo qualcosa di illegale, che farà arrabbiare la mamma o le
forze dell’ordine? E’ consapevole di ‘trasgredire’, superare il confine tra ciò che è lecito e ciò che è
illecito, tollerato o approvato, tra ciò che fa bene e ciò che fa male? Questo confine si è perso, così come
quello tra ciò che è necessario e ciò che è superfluo.
La generazione del semaforo, la mia, aveva ricevuto chiaramente dai propri genitori e dai nonni il
messaggio su ciò che era necessario e ciò che era superfluo. Ora gran parte delle questioni, dei
problemi che noi affrontiamo, riguardano persone che rinunciano al necessario per avere il superfluo.
Cito Puskin che nella “Dama di picche”, tratta il tema di ciò che è possibile e ciò che è impossibile. Se
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prima sapevamo bene cos'era possibile e cosa non era possibile, perché ci era stato insegnato dai
nostri genitori e dal mondo che ci circondava, ora non è più chiaro. Tutto è possibile. Aristotele diceva:
credibile è solo ciò che è possibile. Epicuro, considerato il filosofo della trasgressione, ma in realtà
molto cauto e conservatore, diceva: l'arte di vivere è la capacità di discernere tra quello che possiamo
fare o avere.
I nuovi filosofi, invece, cosa ci dicono? Prendete, ad esempio, la pubblicit{ dell’Adidas: “Impossibile is
nothing” o dell’AAMS (i monopoli di stato): “Ti piace vincere facile?”, oppure della Tim: “Vivere senza
confini”.
E’ facile vincere? Per nulla. Questo è un altro piano strutturale che ‘rovina’ tutti i nostri interventi
educativi, dove insegnamo che il successo è fatica, sofferenza, conquista, tutt’altro che facile!. Capite
l'importanza, la dannosità di un messaggio di questo genere?
IL CAMBIAMENTO DEGLI SCENARI
Gli scenari socio-culturali del consumo, ma anche delle relazioni interpersonali, sono oggi
profondamente cambiati. Se ieri erano caratterizzate da:
lentezza, tutto era lento > ora tutto è veloce;
ritualità > ora sono caratterizzate da consumismo;
socialità > ora molte sono caratterizzate da solitudine (magari si è connessi con il mondo, ma si è soli
davanti al computer, e il computer non vede se piangi);
manualità, fisicità > ora sono caratterizzate da interazioni e interfacce tecnologiche, virtuali;
pausa (momenti dedicati alla scuola, al lavoro, al divertimento..) > ora tutto è continuativo;
visibilità (ragazzi che giocavano nel cortile o nella strada) > ora siamo nell’invisibilità (è paradossale
che i genitori dicano “lo vedo”, è a casa “attaccato al computer”, mentre prima nella strada non lo
vedevo);
contestualizzazione delle relazioni in un determinato ambiente, dove spesso si parlava in dialetto > ora
invece siamo nella globalizzazione; i modelli culturali sono globali, non sono più individuali o locali.
Noi dobbiamo ragionare glocal come dice Chomsky, globalmente e localmente;
complessità dei legami, delle relazioni, che comunque obbligavano a un impegno > ora è tutto molto
più semplice , si fa il surf delle relazioni;
alta soglia di accesso dei comportamenti a rischio >bassa soglia di accesso; (pensiamo agli incidenti
stradali e alle tre V - virus, violenza, velocità - che sono tra le prime cause di morte e sono accessibili a
chiunque come possibilità).
LA CRISI DELLA PREVENZIONE
Anche la prevenzione sta vivendo una crisi. Da una parte vi è uno scetticismo militante: “Tanto tutto è
inutile”. Facciamo programmi di prevenzione, impegnamo soldi della sanità e non c'è dimostrazione di
efficacia, non c'è visibilità di risultati, etc. La prevenzione è “impalpabile”. Spesso non d{ grandi
risultati, anche perché se ci attendiamo risultati dopo un anno, come è possibile averne? Quindi questo
pone alcune derive, per cui chi si occupa di prevenzione spesso coltiva da una parte un
sentimentalismo preventivo: “E’ comunque bene fare interventi” “Faccio qualcosa, poi si vedrà, non si sa
cosa succeder{, ma comunque io semino”; dall'altra parte un pragmatismo acritico: la ‘quantit{’
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risolver{ le contraddizioni, l’ansia del fare e del riempire vuoti, del misurare (“Abbiamo fatto ottocento
interventi, settantaduemila questionari”). Chi si occupa di prevenzione usa questo modello per
rendersi più visibile, per giustificare le risorse impiegate. Ma c’è anche un ritualismo burocratico: si
fanno dei progetti perché dobbiamo farli o perché la Regione dice che dobbiamo realizzare un certo
numero di interventi! Sto ovviamente esagerando, però sono tendenze che incontriamo. Oppure la
fuga attraverso l'ampliamento del campo: prendiamo come obiettivi generali “la prevenzione del
disagio”, “il miglioramento della qualit{ della vita”.
Avete notato come è andato in crisi il concetto di disagio? Fortunatamente non si parla più di disagio.
Non si fanno più convegni sul disagio giovanile. Il disagio giovanile era nato, e credo di averne una
minima responsabilit{ anche io, intorno agli anni ’70-’80 con Luigi Ciotti e il Gruppo Abele, con il
dilagare del consumo di droga. Chi consumava droga era considerato un delinquente, un deviante e
allora dicemmo, io insieme a mille altri: qui c'è un disagio, una sofferenza, per cui chi usa sostanze non
va punito o demonizzato; occorre comprendere e ovviare alle condizioni di disagio. Successivamente
questo termine si è molto corrotto. Tutto è divenuto “disagio” e l’essere giovani è divenuta di per sé
una condizione di disagio, senza soffermarsi sulle differenze, le diseguaglianze sociali. Siamo poi
arrivati addirittura a pensare che il contrasto del disagio, sta nella promozione dell'agio: una delle cose
più aberranti che esistano, perché noi sappiamo, dalla nostra esistenza personale oltre che ontologica
e dall’evoluzione della nostra stirpe, come la vita passi attraverso il superamento di condizioni di
disagio. I ragazzi amano molto di più Leopardi di Carducci, perché era uno che ‘lavorava’ sul suo
disagio, comunicandolo con le poesie. Di fatto adesso parliamo di resilienza che è una caratteristica
della metallurgia: la capacità di resistere agli urti.
Un altro motivo di crisi della prevenzione riguarda gli oggetti, i temi su cui intervenire: le droghe
(quali?), le infezioni sessualmente trasmesse, i disturbi alimentari, le gravidanze. Il ‘mercato’ della
prevenzione si è ampliato. Chiuso il tema del disagio, si aprono molteplici profili di intervento e di
business della prevenzione: le dipendenze non da sostanze, la ricerca del rischio, il tabagismo, gli
incidenti stradali, l'abbandono scolastico, il bullismo, la violenza, l'alcol. Sull'alcool si discute molto se
prevenirne l'uso, quindi mirare ad una società di astemi, oppure l'abuso. Ovviamente sono tesi diverse;
io personalmente mi schiero con chi vuole prevenirne l’abuso.
In un programma di prevenzione dobbiamo ritrovare la ‘bussola’, che si è persa completamente. Si
fanno progetti sull’onda della ‘moda’, delle preoccupazioni degli operatori o delle attenzioni del mondo
della scuola. Un anno va di moda il bullismo e si fa tutto sul bullismo; l'anno dopo gli incidenti stradali
e a volte la stessa classe si ritrova investita da una pluralità di interventi diversi.
Un altro tema, lo accenno solamente, è il tema delle dipendenze non da sostanze. Chi proviene
dall’ambito delle tossicodipendenze, ha sempre avuto a che fare con l'idea di una sostanza esterna,
diabolica, che entra nel corpo minando la volontà e con l’idea di prevenire le occasioni di incontro e
rafforzare l'individuo nell'assertività. Ora invece le nuove forme di dipendenza, mi riferisco al gioco
d'azzardo patologico, all’internet addiction, allo shopping compulsivo o alla dipendenza da sesso,
nascono e si sviluppano all'interno della nostra vita e di comportamenti che attraversano la nostra
quotidianità. Non è più la droga, l’oggetto ‘cattivo’, ma è la relazione con (internet, il gioco, il sesso…).
Questo mette in crisi il modello della prevenzione perché implica un passaggio storico: dall’evitare
qualsiasi incontro, contatto, sperimentazione, uso, a: usa, consuma, ma con moderazione. In un mondo
in cui l’imperativo è “consuma”, dobbiamo passare il messaggio di consumo ‘responsabile’.
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LA PREVENZIONE ALL’USO DI SOSTANZE
Il tema delle sostanze comunque è sempre attuale. Una ricerca evidenzia che il consumo di sostanze
attraversa quattro fasi:
-
il pensare di usare una sostanza (ad es. ascolto Jim Morrison e mi viene voglia di provare);
-
la sperimentazione di questa sostanza;
-
il passarne all'uso continuativo;
-
il diventarne dipendente.
Non sono fasi obbligate. Sono percorsi che implicano un cambiamento del soggetto rispetto a se stesso:
ho provato, è stato bello, è stato brutto, che reazioni hanno avuto gli altri rispetto al mio
comportamento,.… E’ interessante considerare uno studio europeo che correla queste 4 fasi alle
diverse sostanze. Analizzando il fumo di tabacco, emerge che l'80% degli adolescenti pensa di
accendersi una sigaretta, il 56% la sperimenta, il 28% la usa con regolarità, il 25%, cioè uno su quattro,
sviluppa una dipendenza vera e propria. Partendo da questi dati, dovremmo evitare la
sperimentazione e l'uso regolare, perché il passaggio tra quest’ultimo e la dipendenza è immediato. Se
prendiamo l'eroina, la probabilità di sviluppare una tossicodipendenza è praticamente una certezza. Se
invece analizziamo altre sostanze e in particolare l'alcol, emerge, ad esempio, come 9 persone su 10
pensano di assumerlo, 8 su 10 lo sperimentano, 40 lo assumono regolarmente, 1 su 100 diventa alcol
dipendente. Quando incontriamo i ragazzi nelle scuole o in altri contesti, non sappiamo in quale fase si
trovino, ma è diverso parlare con un ragazzo che sta pensando di farsi una canna, con uno che l'ha fatta
o se le fa tutti i giorni.
Quindi la prevenzione non può che essere situazionale e aver chiaro:
-
Quando, in quale fase intervenire (When)?
-
Perché intervenire (Why)?
-
Cosa si deve fare per intervenire (What)?
-
Dove intervenire e in quali setting (Where)?: la scuola, il tempo libero, la discoteca, l'oratorio…..
-
Con chi intervenire (With)?
-
Come intervenire (How)? Nella peer educazion, per esempio, sono i ragazzi ad essere
protagonisti, piuttosto che l'insegnante, il tecnico o l’'esperto’ , oggi fortunatamente caduto in
‘disgrazia’.
-
Chi mi chiama (Who)? I ragazzi, l'insegnante, i genitori?
Bisogna lavorare verso il capitale sociale, non possiamo mirare solo ad una società di astinenti, senza
la costruzione del capitale sociale. Il benessere dei popoli è legato non tanto alle risorse individuali,
economiche, strutturali, ma (ce lo dicono degli economisti) al capitale sociale, cioè alle relazioni tra le
persone. Relazioni di solidarietà e di costruzione comune.
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QUALE APPROCCIO ?
In ambito preventivo ci sono due grandi approcci: quello di tipo epidemiologico, ispirato a Sherlock
Holmes, che sostiene solo ciò che è validato, con prove di efficacia, quindi standardizzabile, osservabile,
misurabile e riproducibile.
In una storia di Conan Doyle, Sherlock Holmes e Watson si trovano in Africa. In una splendida serata,
Sherlock chiama Watson fuori dalla tenda. Guardano insieme le stelle e Sherlock chiede a
Watson:“Cosa vedi in queste stelle, dimmi un po'?” Watson risponde:“Mah, da un punto di vista
astronomico vedo l'orsa maggiore, l’orsa minore, … da un punto di vista astrologico vedo la
costellazione della vergine, dello scorpione, …. da un punto di vista teologico, mi richiamano Kant e “il
cielo stellato sopra di me, la coscienza morale sotto di me” e da un punto di vista fisico gli astri...”.
“Watson fermati!”, grida Sherlock, “Ci hanno rubato la tenda!”. Mentre noi osserviamo, le cose
cambiano, davanti, dentro e dietro di noi.
L'altro modello, ispirato al Tenente Colombo, è l'esatto contrario. Il Tenente Colombo è distratto,
prende appunti su uno stropicciato taccuino, veste in modo trasandato, è un incallito fumatore, ha
come fedele compagno un cane (al quale non è riuscito a dare un nome), ma soprattutto ha una moglie
che non abbiamo mai visto. Il modello fondamentale che utilizza è quello di andare ‘verso’, di ‘fingere’
di non capire”, anche a costo di sembrare un po’ stupido, per fare emergere l'intelligenza dell'altro, per
metterlo nella condizione di esprimersi. Questo significa incrinare il pensiero, rendere complesso,
conflittuarizzare, fare emergere nuovi elementi. Certamente non abbiamo alcuna prova di efficacia, ma
tante delle cose che facciamo non sappiamo se funzionano, però se non le sperimentiamo non lo
sapremo mai.
Ho riletto ultimamente “Le lezioni americane di Italo Calvino”. Calvino fu invitato nel 1985 a tenere le
“Norton lectures”, prestigiosissime conferenze, che prima di lui erano state svolte da Borges e da tanti
altri personaggi di spessore. Calvino morì prima di presenziare alle conferenze, nel settembre del
1985, mentre stava preparando le lezioni. Ne scrisse cinque su sei. Alla domanda iniziale, su quale
sarebbe stato il futuro della letteratura europea nel prossimo millennio, Calvino diede una risposta
applicabile anche ai nostri interventi di prevenzione: la Rapidità.
La prima lezione scritta è sulla rapidità: bisogna essere veloci. Pensate agli spot. Questo non significa
però che noi dobbiamo rincorrere il mondo giovanile andando più forte. Non significa che dobbiamo
trovare la password magica per intercettare il mondo giovanile. Significa che dobbiamo trovare delle
alleanze con il mondo giovanile. Significa che comunque i ragazzi si interrogano su alcune cose.
Significa porsi gli stessi interrogativi e aiutarli a rispondere. La rapidità è una delle caratteristiche del
nuovo millennio. In quale fase voglio intervenire? Voi sapete, la prevenzione è universale, selettiva,
indicata. Devo sapere esattamente che cosa voglio fare e dove ‘mirare’: nei livelli di uso di sostanze
devo saper esattamente se sto parlando con dei ragazzi che stanno consumando o che non ci hanno
mai pensato, con il rischio di metterglielo in mente.
La leggerezza. La leggerezza, dice Calvino, si associa con la precisione e la determinazione. Leggeri non
significa essere vaghi o superficiali. Non è un caso ad esempio che l'unico eroe che riuscì a tagliare la
testa della medusa ( a cui mi viene da paragonare la moderna televisione che ci pietrifica, che con il
grande fratello ci fa pensare di essere al centro del mondo) fu Perseo, l’eroe che con i sandali alati
andava sull'onda delle nuvole e rappresentava quindi la leggerezza. Dobbiamo fare interventi leggeri,
non pesanti, precisi, rapidi e anche continuativi.
La molteplicità. Significa riuscire a mettere insieme saperi diversi , riuscire a ‘contaminarci’ e a trovare
la rete affettiva che lega ogni persona, ogni storia. Come dice Garcia Marquez “ Il cuore ha più stanze di
un casino”. Quindi singolarmente non possiamo essere sempre determinanti: dobbiamo creare
occasioni di molteplicità. Solo se ci poniamo limiti smisurati potremo sopravvivere, dice Calvino.
Michelangelo diceva: “La tragedia non sta nel porci obiettivi irraggiungibili, ma nel porci obiettivi
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raggiungibili e raggiungerli”. Questa è una tragedia soprattutto per un giovane. La molteplicit{
interessa anche temi tecnici, come quello della valutazione. I nostri progetti vanno valutati su piani
molteplici.
La visibilità. In realtà Calvino utilizza il termine di visibility, che in inglese è l'immaginazione. Dante nel
Purgatorio dice: “E piovve entro l'alta fantasia”. Abbiamo bisogno di essere contaminati per poter
immaginare, per potere costruire. E la fantasia è un posto dove piove dentro. Non possiamo essere
impermeabili al mondo. Borges narra di come l'imperatore cinese che costruì la muraglia, distrusse
anche tutti i libri, per rompere sia i nessi reali che i nessi mentali con gli altri. Noi invece in quest'epoca
di barbarie dobbiamo leggere i libri, far leggere i libri e contaminarci.
Da ultimo Calvino ci parla della consintances. Sarà la lezione che non concluderà. La coerenza, la
compattezza, l'armonia, la connessione logica tra le parti del tutto. Bisogna avere delle utopie, ci dice
Calvino. Dell'utopia si può dire tutto e il contrario di tutto, ma è quella che ci permette di andare oltre.
Galeano sull’utopia afferma “Non la raggiungeremo mai, ma per il momento ci permette di camminare,
di camminare insieme”.

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“AVVISO AI NAVIGANTI” - PROGETTO INTEGRATO DI PREVENZIONE DEI
COMPORTAMENTI A RISCHIO IN ADOLESCENZA
EMMA PEGLI – Educatore Professionale U.O. Dipendenze Patologiche Ausl Rimini
UNA IMPORTANTE PREMESSA
Ringrazio le colleghe dello Spazio Giovani, con le quali abbiamo una lunga storia di collaborazioni, che
mi hanno chiesto di presentare questo progetto, che non è un progetto del Ser.T., benché io lo senta
anche mio, ma è un progetto NOSTRO, nel senso che coinvolge una pluralità di servizi - PEDIATRIA
DI COMUNITÀ, MEDICINA DELLA SPORT, SERVIZIO DI IGIENE ALIMENTARE E
NUTRIZIONE, 118, oltre al SER.T. e naturalmente allo SPAZIO GIOVANI - con competenze e
profili molto diversi (ass. sanitarie, ass. sociali, educatori, ostetriche…), abituate ad occuparsi di
tematiche altrettanto differenti.
Il nome “AVVISO AI NAVIGANTI” (forse non troppo originale!) è stato scelto come metafora del
passaggio dall’adolescenza all’et{ adulta e dell’avventurarsi nel viaggio della vita, nell’ esplorazione, il
che implica l’incontro con situazioni impreviste, a volte di pericolo. In questo senso, il progetto vuole
offrire ai ragazzi ‘coordinate’ per l’orientamento, piuttosto che indicazioni di rotta, ‘avvisi’ di cui i
naviganti possono avvalersi.
COME NASCE IL PROGETTO
Nasce dall’esperienza del PROGETTO ADOLESCENZA che è stato un tentativo primo nella nostra
azienda di mettere in rete una serie di servizi che si occupano a vario titolo di adolescenti, sia a livello
clinico che preventivo. Attraverso le attività di questo gruppo, sono stati promossi percorsi formativi
che hanno contribuito a dare un po’ di omogeneit{ a saperi e competenze diverse. Si è poi arrivati alla
redazione del “CATALOGO DELL‟OFFERTA FORMATIVA” Aziendale per le scuole secondarie
di II° grado, attraverso cui ci si è resi conto che eravamo in tanti e ognuno di noi proponeva a vario
titolo, su vari temi, dei progetti alla scuola. Il catalogo ci ha permesso di valutare l’andamento delle
richieste, quali erano le scelte prevalenti e anche di razionalizzare l’offerta (per es. ci siamo accorte che
alcune scuole erano oggetto di un maggior investimento rispetto ad altre e pertanto abbiamo potuto
riequilibrare gli interventi. Il passo successivo è stato molto semplice: perché non proporre qualcosa
insieme? Perché ‘disperdere’ tante energie e risorse (sempre più preziose!) e andare ‘singolarmente’
nelle classi, ognuno per argomenti diversi? È nata così l'idea di un progetto comune, integrato, con una
matrice generale nei COMPORTAMENTI A RISCHIO.
LA FORMAZIONE DEGLI OPERATORI
Per attuare questo progetto comune il gruppo di lavoro si è avvalso della collaborazione del Dott.
Vassura che, insieme al Dott. Croce, si è occupato dei comportamenti a rischio in adolescenza, sia dal
punto di vista teorico che esperienziale. Abbiamo condiviso e ci siamo confrontati sul concetto di
rischio e sull’immagine e la rappresentazione degli adolescenti, nonché sui modelli di intervento.
Questo perché se per alcuni servizi era assodato ed erano avvezzi ad interventi basati sul
coinvolgimento, altri non avevano sperimentato modalità diverse da quello dell’intervento
prettamente sanitario.
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COSA ABBIAMO CONDIVISO?
Gli interventi più efficaci si basano sulla promozione delle LIFE SKILL, a fronte di un approccio
informativo da ‘esperto’ a discente.
La centralità del GRUPPO DEI PARI: come sappiamo è l’elemento che più influenza il
comportamento in adolescenza: le ‘raccomandazioni’ o il parere degli adulti di riferimento sono
praticamente annullate rispetto agli amici o all’amica del cuore.
L’importanza di creare un CLIMA AFFETTIVO, cioè un contesto emotivamente accogliente, dove le
informazioni possano essere calate e di conseguenza maggiormente trattenute dai ragazzi.
All’adulto spetta il ruolo di FACILITATORE scevro da approcci moralistici : non siamo lì per dire ciò
che giusto o sbagliato fare, quanto per promuovere il confronto e lo sviluppo di un pensiero critico, a
fronte di rappresentazioni stereotipate.
Il concetto di RISCHIO non ha un’accezione necessariamente negativa: l’assumersi dei rischi fa parte
della crescita e dello sviluppo individuale; diverso se diventa pericolo, cioè fine a se stesso.
Nell’ambito dei determinanti di salute, un comportamento a rischio risulta il prodotto di tutta una
serie di fattori PREDISPONENTI (quelli che riguardano le esperienze, il pensiero, il genere e l’et{..),
ma è anche influenzato da fattori ABILITANTI (cioè, strutturali, dati dall’ambiente, dalla normativa
vigente…) e RINFORZANTI (per es. le posizioni dei familiari, del gruppo, l’insegnamento ricevuto..)
A CHI CI RIVOLGIAMO
Come target abbiamo scelto gli studenti delle CLASSI III delle SCUOLE SECONDARIE DI
SECONDO GRADO, in quanto corrispondente alla fascia di età in cui i ragazzi iniziano ad essere più
autonomi, ad uscire la sera, a spostarsi con mezzi propri, ad intrattenere le prime relazioni anche a
carattere sessuale e, spesso, ad utilizzare sperimentalmente sostanze. In tal senso, come evidenziato
da molte ricerche, si è teso a privilegiare gli ISTITUTI TECNICI - PROF.LI che presentano una
maggior correlazione con i comportamenti a rischio per la salute.
CON QUALI OBIETTIVI
Prendendo i temi più ricorrenti fra gli stili di vita a rischio in adolescenza , che noi abbiamo
identificato nell’uso di sostanze legali e illegali, nell’incidentalit{ stradale legata alla guida, nei rapporti
sessuali non protetti, nei disturbi a carattere alimentare, nel doping come pratica legata all’attivit{
sportiva. In merito ad ogni singolo argomento e all’adozione di comportamenti a rischio, gli obiettivi
che ci siamo prefissi possono essere così sintetizzati:
-
favorire l’espressione e il confronto sulle rappresentazioni individuali e sociali
-
sviluppare consapevolezza critica verso atteggiamenti e condotte
-
aumentare le conoscenze
COME È STRUTTURATO
L’intervento ha una durata di 4 ore continuative. E’ una scelta che può apparire azzardata, ma i ragazzi
in realt{ le ‘reggono’ senza problemi. Piuttosto che articolare il progetto in più incontri, abbiamo
preferito concentrarlo, in un’unica mattinata, al fine di mantenere le caratteristiche di un percorso
20
formativo, ottimizzando i tempi senza perdere di incisività. La conduzione è affidata ad una coppia di
operatori diversi per servizi di appartenenza. Gli argomenti trattati sono M.T.S., DROGHE, ALCOL,
TABACCO,
DOPING,
ALIMENTAZIONE,
INCIDENTALITÀ
STRADALE,
CONTRACCEZIONE. Ma come vengono impiegate queste 4 ore? La prima parte è destinata alla
stesura contrattuale con il gruppo classe e alla creazione di un buon clima di gruppo, attraverso
attivazioni che definiamo di „RISCALDAMENTO‟. In seguito a questa fase, inizia il lavoro in
sottogruppi prima e nel gruppo allargato poi, attraverso un QUIZ proposto come gara, in cui i ragazzi
devono rispondere a dei questionari su argomenti diversi e scambiarsi le domande (domande al
‘volo’). Il gioco permette di fare emergere le rappresentazioni che hanno i ragazzi dei fenomeni,
stimola e attiva il confronto fra i compagni, ci permette di correggere e aumentare il livello di
conoscenze possedute. Non è tanto importante che rispondano correttamente, quanto proprio lo
scambio di pareri, idee ed esperienze che inevitabilmente si attiva. Il gioco è comunque un momento in
cui si coniuga l’apprendimento con il divertimento! Successivamente viene proposto ai ragazzi un
ROLE PLAY. Questo tipo di attività è abbastanza flessibile, nel senso che sono i conduttori a scegliere
quale storia proporre, anche sulla base delle caratteristiche degli interessi emersi nella classe e delle
criticit{ emerse rispetto ai singoli argomenti dei quiz. Ogni ‘storia’ contiene due o più situazioni che si
prestano ad un esito di ‘rischio’ (per es. contraccezione, alcol, droghe o alimentazione, doping…).
Questo per i conduttori ha implicato il saper padroneggiare argomenti molto diversi, ma era
necessario proprio per ‘seguire’ gli interessi del gruppo classe. Capita a volte che la discussione che fa
seguito al quiz e al role play si focalizzi su temi specifici, per cui ad es. io, che normalmente mi occupo
di droghe, alcol e gioco, mi trovo a dover parlare e rispondere a domande sulla contraccezione o il
doping e questo vale anche per i colleghi. Il role play viene condotto in due sottogruppi e implica la
rappresentazione di una storia di cui i ragazzi devono decidere un finale. Questa attività permette ai
ragazzi di confrontarsi sui possibili esiti della drammatizzazione e di rappresentarla ai compagni,
generando spesso situazioni molto divertenti. Indipendentemente dall’esito (il finale è quasi sempre
tragico e non ‘preventivo’), il role paly ha valore per la successiva DISCUSSIONE che si sviluppa con i
ragazzi: la storia diventa un mediatore simbolico per rapportare la situazione appena rappresentata
alla loro esperienza e agli atteggiamenti in merito a comportamenti a rischio e fattori di protezione.
Emergono così posizioni individuali diverse fra loro e anche risorse diverse ma che, nello spazio del
gruppo classe, diventano patrimonio comune
SCHEMA RIEPILOGATIVO
ATTIVITÀ
OBIETTIVO
presentazione delle attività;
contratto, conoscenza,
warm up
Promuovere il clima positivo e il
contesto di lavoro in classe
quiz
Confronto sulle conoscenze e le
rappresentazioni
ricerca/aumento di informazioni
simulazione / role playing
Contestualizzare i comportamenti a
rischio al di fuori dell'ambito
scolastico; favorire l'emergere dei
significati individuali e delle
risorse/fattori protettivi
discussione (valutazione)
favorire la presa di consapevolezza
sulle principali variabili emerse nel
corso dell’incontro
21
METODOLOGIA OPERATIVA
animazioni di gruppo
Attivazione di prodotto in sottogruppi
per rispondere a domande/quiz
Discussione/elaborazione sui
contenuti del quiz.
Drammatizzazione diverse situazioni
a rischio in sottogruppo;
confronto sulle scelte di gruppo
esito, raffronto con esperienze
(senso e significazione);
Discussione finale in plenaria.
Somministrazione questionario di
valutazione individuale;
valutazione partecipata (lettura delle
risposte alle domande aperte)
COME VIENE VALUTATO L’INTERVENTO
La VALUTAZIONE DI PROCESSO viene effettuata al termine degli interventi relativi all’anno
scolastico (attualmente siamo al terzo anno di attivazione) e tiene conto:

della congruenza con gli obiettivi,

dell’ impatto e dell’adeguatezza degli strumenti impiegati
La VALUTAZIONE di gradimento e di impatto sugli studenti viene invece effettuata tramite un
questionario individuale anonimo, somministrato al termine dell’incontro, che include due domande
aperte: ‘cosa porti a casa da questa esperienza’ e ‘come ti è sembrata l’esperienza formativa in classe’.
Tempo permettendo, una volta compilati i questionari, leggiamo alla classe ad alta voce almeno una
delle due domande aperte come restituzione finale delle 4 ore di lavoro. A questo proposito, vi riporto
ad esempio, i dati emersi da un campione di 7 classi di uno degli Istituti interessati dal progetto:
“come reputi l’esperienza formativa”
Educativa
istruttuttiva
informativa
20,5%
Bella piacevole
divertente
22,0%
Confronto
discussione
riflessione
4,2%
Non
indispensabile noiosa
0,8%
Utile
17,8%
Interessante
coinvolgente
34,8%
“Cosa pensi di portare a casa da questa esperienza”
Consapevolezza
responsabilità
29,4%
Modifica
comportamen
to
6,5%
Utile
divertente
6,5%
Già noti
4,7%
Riflessione
confronto
5,9%
Conoscenze
informaz.
47,1%
22
Avendo codificato domande aperte, cui ogni studente attribuiva anche più pareri e commenti, le
percentuali si riferiscono alle macroaree di riferimento emerse. Certamente viene sottolineata la
centralit{ dell’informazione come aspetto di miglioramento, ma non mancano gli aspetti riferiti al
confronto e alla riflessione e seppur con una percentuale più bassa, alcuni studenti hanno
espressamente indicato una modificazione del comportamento, cioè l’intenzione di cambiare e farsi
portatori di questo cambiamento anche presso i loro pari, o di uscire ‘rinforzati ‘rispetto’ alle proprie
convinzioni /scelte di responsabilità verso sé stessi e il prossimo.

23
“EDUCAZIONE ALLA SESSUALIT[”: IL RAGIONAR D'AMORE
MONICA GAMBUTI – Ostetrica Spazio Giovani 360° Riccione Ausl Rimini
E’ stato il primo progetto con il quale ci siamo presentati agli istituti scolastici 20 anni fa.
Agli interventi hanno partecipato 27.868 adolescenti, dall’anno scolastico 89\90 ad oggi.
Il progetto è presentato all’interno di un catalogo che ogni anno arriva a tutti gli istituti. Sono
pochissime le scuole che non fanno richiesta di un intervento, solitamente sempre le stesse.
COMMITTENZA
Sono gli insegnanti, con il consenso dei genitori, a scegliere a quale progetto aderire; a volte anche più
di uno.
La collaborazione con i docenti è fondamentale, anche se il progetto nella sua attuazione non necessita
della presenza dell’insegnante in classe.
La scuola ha il grande merito di riconoscere gli esperti dell’equipe come portatori di un aspetto
importante dell’educazione dell’adolescente, e di ritenere gli studenti capaci di ricevere concetti di
responsabilità sessuale, emotiva ed affettiva.
In questo senso i docenti offrono ai ragazzi uno spazio dove poter parlare con un adulto competente, in
grado per la sua formazione di dare risposte adeguate e soprattutto spunti di riflessione.
Infatti la presentazione del progetto spiega chiaramente che “nell’adolescente gli interventi di
educazione sessuale tengono presenti sia gli aspetti sanitari che quelli emotivi, sociali e culturali”.
La scuola quindi è il luogo ideale dove aiutare l’adolescente a costruire il benessere personale, ovvero
la propria salute mentale e la capacità di coniugare emozioni, sentimenti e valori nella complessità
delle relazioni.
Il fatto che sia l’istituto stesso ad offrire uno spazio all’educazione sessuale riconosce a questa materia
la sua base culturale, con tutte le informazioni e le conoscenze necessarie al suo apprendimento.
TARGET
L’intervento è rivolto a ragazzi e ragazze sedicenni delle classi seconde, per diversi motivi:
-
la classe dopo un anno di frequentazione è diventata un gruppo, con proprie dinamiche,
all’interno del quale è possibile lavorare con studenti che si conoscono sufficientemente;
-
l’et{ è quella in cui la maggior parte di loro ha completato lo sviluppo fisico;
-
molti di loro iniziano a vivere le prime storie sentimentali e le prime esperienze sessuali.
24
OBIETTIVI
Obiettivi generali:
-
sostenere il processo di crescita;
-
facilitare la riflessione del ragazzo sul proprio stato di conoscenze, sentimenti ed atteggiamenti
nei confronti della sessualità.
Obiettivi specifici:
-
presentazione dello Spazio Giovani, quale luogo di consultazione, di cura e di accoglienza dei
bisogni, senza giudizio, nel rispetto della persona, minorenne o maggiorenne, accompagnata
dai genitori o sola; un luogo in cui operatori di diverse discipline offrono aiuto e supporto al di
l{ dell’intervento sostenuto nella scuola;
-
acquisire conoscenze sui cambiamenti fisici, psichici e relazionali;
-
apprendere informazioni corrette, reali, ricche di dati e chiarimenti che non lascino dubbi;
-
acquisire strumenti che permettano di prendere decisioni in base ai propri valori, resistendo
tanto alle pressioni dei gruppi di riferimento quanto a quelle dei media;
-
rafforzare la tolleranza e la comprensione verso i valori diversi dai propri.
GLI ESPERTI
Gli operatori del progetto (ostetriche, assistenti sociali, assistenti sanitarie, psicologi, medici, sociologi)
hanno una formazione specifica e peculiare.
In primis sono persone motivate: ritengono gli adolescenti in grado di riflettere e di compiere scelte
individuali e consapevoli, dopo aver ricevuto le giuste informazioni.
Gli esperti credono che ai ragazzi servano adulti competenti, che sappiano rispondere senza giudicare,
senza posticipare o demandare .
La formazione, presso l’Istituto di Sessuologia di Firenze e la Scuola di Sessuologia di Bologna, è di
almeno 2 anni e continua con aggiornamenti e seminari, perché il mondo dell’adolescenza è in
continua evoluzione. Infatti l’educazione sessuale nasce dal dibattito culturale che comprende svariati
punti di vista: pedagogico, igienista, ideologico e legislativo. Inoltre il periodo storico influenza la
qualit{ dei contenuti dell’educazione sessuale; oggi le problematiche emergenti sono soprattutto
l’AIDS e la prevenzione delle gravidanze nelle minorenni.
Si può quasi affermare che operatori e ragazzi crescano insieme, e spesso l’esperto si trova a cambiare
in itinere il proprio intervento sulla base di argomenti che emergono dall’attualit{.
METODOLOGIA
La metodologia d’intervento è di tipo esperienziale.
Il ruolo del conduttore è orientato a facilitare il confronto dei ragazzi sviluppando nel gruppo
un’atmosfera di partecipazione attiva, di serenit{ e libert{.
Si ritiene che offrire informazioni all’interno di un contesto relazionale crei un buon clima di
riflessione e confronto.
25
Il compito dell’esperto è di facilitare la discussione nella classe, seguendo le esigenze del gruppo sulla
base delle conoscenze dei ragazzi stessi. L’operatore può così, inserendosi nei vari momenti,
correggere le informazioni inesatte e fornirne di nuove.
Con il metodo esperienziale i giovani sono sollecitati a riflettere su ciò che intendono per sessualità e
ad interrogarsi sul proprio punto di vista.
Attraverso lo scambio e la discussione con gli altri possono maggiormente arricchire le loro
conoscenze, le emozioni e le percezioni.
La consapevolezza di avere delle conoscenze a cui aggiungerne delle nuove è la condizione essenziale
per favorire un cambiamento. Infatti “l’informazione preventiva agevola la capacit{ di compiere scelte
individuali consapevoli” (R.Giommi).
Il metodo esperienziale si avvale di questionari a quiz, attivazioni a piccoli gruppi, giochi di ruolo, brevi
drammatizzazioni, raccolta di domande anonime.
I ragazzi escono dai normali schemi scolastici nei quali solitamente un insegnante svolge la lezione e
chiede una verifica sull’apprendimento. Nell’intervento di educazione sessuale è necessaria la
partecipazione attiva degli studenti allo svolgersi dell’incontro stesso, e la verifica avviene
spontaneamente dal loro confrontarsi. In questo modo l’apprendimento risulta semplice e divertente.
20 anni fa il progetto prevedeva 5 incontri di 2 ore ciascuno; oggi, per esigenze legate al numero degli
operatori disponibili e alla richiesta degli istituti scolastici, gli incontri sono ridotti ad 1 di 4 ore
oppure a 2 di 2 ore.
CONTENUTI
I contenuti dell’intervento sono costituiti da semplici conoscenze di anatomia e di fisiologia della
sessualità, la contraccezione, la riproduzione, la prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale, ma
anche l’innamoramento, l’affettività, il rispetto e la fiducia.
Le informazioni fornite nei contenuti hanno la finalità di stimolare la riflessione e la discussione sui
temi legati alla sessualità e di creare un buon clima di fiducia verso gli operatori; ciò renderà possibile
l’accesso dei ragazzi allo Spazio Giovani del consultorio, visto come luogo ideale in cui richiedere
ulteriori informazioni.
Al termine dell’intervento si consegna un breve questionario attraverso il quale gli esperti possono
valutare il loro intervento.
Questo strumento rivela l’impatto emotivo, il coinvolgimento del ragazzo nel lavoro di gruppo, la
percezione di sé durante l’incontro, l’interesse dei temi affrontati ed il livello di gradimento. Valutare
quante e quali informazioni siano state recepite dallo studente non fornisce elementi utili a
comprendere quanto l’incontro sia stato incisivo nel modificare atteggiamenti scorretti: molti
cambiamenti avvengono perché maturano nel tempo ed in modo assolutamente individuale.
Nel questionario di verifica c’è lo spazio per un breve commento ed è soprattutto su queste frasi che
l’operatore si confronta per capire fino a che punto l’intervento sia stato interessante.
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“UNO SGUARDO AL MASCHILE”
PROGETTO INTEGRATO DI PREVENZIONE ANDROLOGICA
DANIELA DANIELE
Ostetrica Coordinatrice S.S. Assistenza Consultoriale Ausl Rimini
PASQUALE SCARANO
Responsabile Modulo Di Andrologia Della U.O. Urologia Ospedale Infermi Ausl Rimini
DANIELA DANIELE
La salute dell’apparato riproduttivo maschile è stata, almeno fino a qualche tempo fa, uno degli aspetti
più trascurati della patologia dell’adolescente. Diversi fattori hanno giocato in tal senso: la ritrosia da
parte del pediatra o del medico di famiglia a vincere i pudori del ragazzo pubere, il decorso pressoché
asintomatico della maggior parte delle patologie andrologiche e, non ultimo, il fatto che le stesse
conoscenze in questo campo si sono notevolmente accresciute in questi ultimi anni.
Appare chiaro come un intervento precoce dal punto di vista diagnostico e terapeutico sia più efficace
nel soggetto giovane al fine di tutelare la salute del maschio adulto.
Infatti molti problemi riguardanti la sfera sessuale e riproduttiva dell’uomo adulto nascono spesso
nell’et{ dello sviluppo puberale. In questo periodo diverse condizioni patologiche di interesse
andrologico possono generare conseguenze organiche e psico-emotive, tali da alterare seriamente lo
sviluppo e la funzionalit{ dell’apparato genitale maschile.
Un programma di prevenzione su larga scala potrebbe favorire la diagnosi precoce e la risoluzione di
tali patologie, evitando conseguenze future di grande impatto socio – economico.
A conferma di quanto esposto, si riporta la sintesi della ” Esperienza della clinica urologica
fiorentina in tema di prevenzione della patologia andrologica rilevata in corso di visita di leva e
presso le scuole superiori” Anni 1998-2004.
Nell’anno 1998 presso il Distretto Militare di Firenze sono stati visitati 15.966 giovani, di questi
11.649 rappresentano la coorte dei nati nel 1980 e sono stati oggetto dello studio.
L’esame clinico dei genitali esterni e dei caratteri sessuali secondari, nonché la raccolta di un’accurata
anamnesi è stata effettuata sempre dallo stesso medico per migliore uniformità di giudizio.
Su 11.649 giovani visitati una patologia di tipo andrologico è stata rivelata in 3892 casi (33,4%) , di
questi solo 423 (10,8%) ne era già a conoscenza e in questi ultimi la diagnosi era stata posta per lo più
dal pediatra.
In questa ricerca, il dato più significativo ed anche più preoccupante è quello che emerge dal
confronto tra la percentuale della patologia riscontrata con quella già diagnosticata in precedenza .
Infatti tra i 3892 giovani con patologia andrologica soltanto 423 (10,8%) era a conoscenza del proprio
problema, che per lo più era rappresentato da alterazione dei genitali già evidenti alla nascita
(ipospadia, criptorchidismo, ambiguità dei genitali ) e quindi diagnosticati dal pediatra.
Ne consegue che la maggioranza dei giovani portatori anche di importanti patologie andrologiche,
quali il varicocele, non solo è inconsapevole della propria situazione, ma oltre il 70% di coloro in cui la
diagnosi è stata posta alla visita di leva non sa a chi rivolgersi per l’opportuna terapia.
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STUDIO PILOTA DI SCREENING ANDROLOGICO IN 2 ISTITUTI TECNICI DI FIRENZE
Nel 2004, in previsione del termine della visita di leva, è stato condotto uno studio pilota effettuando
uno screening andrologico in ragazzi di IV-V superiore (età 17-19 anni) presso due scuole superiori
fiorentine che hanno dato la disponibilità ad effettuare tali visite: Istituto ITGC G. Salvemini e Duca D’
Aosta. Su 11 classi per un complessivo di 117 ragazzi maschi, hanno accettato di sottoporsi alla visita
solamente 38 pari al 32,5% del campione. Tra essi, il 39,5% aveva una o più patologie a livello dei
genitali.
A fronte di questi alti numeri di prevalenza, si segnala la relativa bassa affluenza volontaria a questo
tipo di progetto. Questo dato impone di trovare strumenti istituzionali preventivi atti ad eseguire tale
screening.
Diverse Istituzioni e Società Scientifiche, ravvisando la necessità di un intervento mirato sulla
prevenzione dell’infertilit{ e delle malattie andro-ginecologiche, hanno aperto un dibattito sulle
possibili iniziative.
A tal fine, la Societ{ Italiana d’Andrologia (SIA) ha promosso diverse attività congressuali e di ricerca.
Nel 2004 ha dedicato un Congresso Nazionale alla Prevenzione e, negli anni, diverse iniziative che
prevedevano attività informativa e visite andrologiche sono state portate a termine, soprattutto nelle
scuole; tali iniziative, oltre ad avere avuto un ruolo preventivo e sensibilizzante, hanno fornito preziosi
dati epidemiologici.
IL PROGETTO DI PREVENZIONE INTEGRATO COME STRUMENTO
Tutte le esperienze descritte, oltre a confermare la presenza di patologie andrologiche pari al 45% e
la assoluta necessit{ di intervenire nelle fasi precoci dello sviluppo maschile, sollecitano l’importanza
di un approccio con i giovani attraverso il saper "ascoltare”, offrire riservatezza e rispetto, per
consolidare la loro fiducia, saper gestire il rapporto e il confronto con loro e saper individuare
l'opportunità del lavoro di rete.
Sottoporre i giovani a screening andrologico non è semplice, per il loro tipico ed innato pudore. • •
La base da cui partire è l’essere in empatia con loro ed aiutarli a superare le preoccupazioni, (anche le
più banali all’apparenza possono misconoscere patologie più gravi), fornendo tutte le necessarie
informazioni.
La proposta è quella di creare l’opportunit{ per gli studenti delle seconde classi della scuola superiore
di fruire di una visita andrologica, all’interno di un progetto di educazione sessuale-affettiva, che li
aiuti nel passaggio critico puberale, fornendo chiarimenti e informazioni e che incentivi i bisogni
comunicativi e di conoscenza.
PROGETTO SPERIMENTALE DI EDUCAZIONE SESSUALE E PREVENZIONE ANDROLOGICA
NELLE SCUOLE SECONDARIE DI SECONDO GRADO DELLA PROVINCIA DI RIMINI.
Nell’anno 2005 la Regione Emilia Romagna ha sollecitato gli Spazi Giovani a collaborare con la Società
di Andrologia al fine di promuovere un progetto sperimentale di prevenzione andrologica rivolto agli
studenti maschi delle Scuole Secondarie di Secondo Grado.
L’Azienda USL ha aderito al progetto nell’anno scolastico 2006/2007.
Il progetto, finalizzato alla sensibilizzazione dei giovani di sesso maschile e delle loro famiglie nei
confronti della salute sessuale e riproduttiva, ha come obiettivo la diagnosi precoce di eventuali
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patologie dell’apparato uro-genitale, che potrebbero essere causa di infertilità o di difficoltà nella
attività sessuale.
Le finalit{ del progetto, denominato “Uno sguardo al maschile”, sono state presentate agli insegnanti e
ai genitori dei ragazzi delle classi II attraverso un incontro tenuto dall’andrologo, Dott. Pasquale
Scarano e dagli operatori dello Spazio Giovani.
Gli operatori dello Spazio Giovani sono poi intervenuti in ogni classe coinvolta allo scopo di
sensibilizzare i ragazzi ai temi della promozione alla salute, con particolare riguardo a quella sessuale.
Al termine dell’incontro i ragazzi che hanno aderito al progetto, previo consenso scritto dei genitori,
sono stati sottoposti alla visita medica presso gli ambulatori della scuola.
PROGETTO: PREVENZIONE ANDROLOGICA “UNO SGUARDO AL MASCHILE”
“Progetto integrato Consultorio/Spazio Giovani, Andrologi e Scuole secondarie di II grado finalizzato
alla sensibilizzazione dei giovani di sesso maschile e delle loro famiglie nei confronti della salute
sessuale e riproduttiva.”
29
OBIETTIVO GENERALE
-
Informazione - Educazione Sessuale - Prevenzione
OBIETTIVI SPECIFICI
-
Aumentare la conoscenza degli Spazi Giovani, per facilitare la possibilità di chiedere aiuto.
-
Sensibilizzare sui temi inerenti la salute e i comportamenti sessuali in adolescenza.
-
Scoperta precoce di patologie dell'apparato genitale maschile.
METODOLOGIA
-
Incontri di formazione, confronto tra andrologi/ urologi e gli operatori del Consultorio/ Spazio
Giovani che attuano interventi di educazione alla affettività e alla sessualità nelle scuole.
-
Elaborazione del progetto.
-
Presentazione del progetto e dei suoi obiettivi al dirigente scolastico ed agli insegnanti,
attraverso un incontro tenuto dagli operatori dello Spazio Giovani.
-
Presentazione del progetto e sue finalità ai genitori degli studenti al fine di sensibilizzarli al
problema e ottenere il consenso alla visita andrologica preventiva, attraverso un incontro
tenuto dagli operatori dello Spazio Giovani e dall’andrologo.
-
Incontro di 3/4 ore per ogni classe II, con cenni di educazione alla affettività, sessualità e
prevenzione sanitaria, condotto dagli operatori dello Spazio Giovani.
-
Alla fine dell’ incontro, consegna della lettera per i genitori per consenso/dissenso alla visita
medica.
-
Ulteriore incontro con ogni classe per la compilazione della cartella clinica, in previsione della
visita andrologica.
-
Visita andrologica, in uno spazio riservato, all’interno dell’Istituto scolastico, ai ragazzi che
hanno aderito al progetto e che sono in possesso del consenso dei genitori.
-
Consegna ad ogni ragazzo del referto medico in busta chiusa per i genitori ed il medico di
famiglia, contenente la diagnosi, gli eventuali consigli sul percorso sanitario da effettuare, i
recapiti telefonici dello Spazio Giovani/ Consultorio per eventuali approfondimenti ed
informazioni.
-
Condivisione dei risultati dell’iniziativa con le scuole coinvolte, ed invio di una relazione finale
alla Regione per l’elaborazione dei dati.
-
Condivisione dei risultati dell’iniziativa con i Dirigenti.
-
Presentazione all’ufficio stampa dell’AUSL di un articolo sull’iniziativa da pubblicare sui
giornali locali, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica.
30
TARGET
Studenti della Scuola Secondaria di 2° grado – Classi II
OPERATORI
Andrologo .......................................in regime di dipendenza dell’ASL di riferimento
Ostetriche .....................................in regime di dipendenza dell’ASL di riferimento
Assistente Sanitaria ....................in regime di dipendenza della ASL di riferimento
STRUMENTI
-
Lavoro di gruppo
-
Visita medica
-
Questionario
Lucidi
-
Materiale di segreteria
Brochure
-
Domande anonime
INCONTRO
PRELIMINARE
1° INCONTRO
- Assemblea per la presentazione del Progetto agli insegnanti
e ai genitori degli studenti delle classi 2°
-
presentazione degli operatori e degli Spazi Giovani
illustrazione del progetto di educazione alla sessualità e di
prevenzione andrologica
riflessione e discussione su temi legati alla sessualità e alla
prevenzione attraverso risposte dirette agli interrogativi
portati dai ragazzi
2° INCONTRO
-
conclusione con gli studenti: discussione e richieste di
chiarimenti su argomenti ancora aperti
3° INCONTRO
4° INCONTRO
TEMPI
-
compilazione scheda anamnestica
visita medica e consegna del referto
n. 1 incontro di 1 ora con gli insegnanti di ogni classe
condotto
da
un’ostetrica/
assistente
sanitaria
dell’ASL/Consultorio-Spazio Giovani.
n. 1 incontro di 2 ore con i genitori dei ragazzi condotto
dall’andrologo/ urologo e da una ostetrica/assistente
sanitaria dell’ASL/ Consultorio- Spazio Giovani.
Incontri di 3 /4 ore per ogni classe II con cenni di
educazione alla affettività, sessualità e
prevenzione
sanitaria condotto da un‘ostetrica/ assistente sanitaria
dell’ASL/ Spazio Giovani
Incontro con i gruppi classe per la compilazione della
cartella clinica da parte dello stesso conduttore dello Spazio
Giovani, in orario scolastico
Visita andrologica con compresenza dell’operatore dello
Spazio giovani
N. studenti in cui è stata individuata una patologia / n.
studenti che hanno aderito al progetto.
-
VERIFICA
-
31
RIFLESSIONI
Questo progetto ci ha permesso di approfondire la nostra conoscenza con l’universo degli adolescenti
maschi.
Abbiamo rilevato:
1. minore confidenza col proprio corpo e minore conoscenza della prevenzione delle patologie
andrologiche dei ragazzi rispetto alle ragazze.
2. paura di dover affrontare la visita andrologica e crisi di panico (svenimenti) al pensiero di
avere una minima alterazione all’apparato genitale su cui dover intervenire.
3. idee errate sulla anatomia e fisiologia dell’apparato genitale (primo rapporto sessuale con
perdita di sangue per rottura del filetto.)
4. grande preoccupazione della dimensione del pene
5. minor confidenza coi genitori riguardo al proprio sviluppo sessuale (differenza tra prima
mestruazione e prima polluzione)
6. immagine stereotipata della sessualità, spesso non ancora agita, che si alimenta di fantasie
anche irreali, di ansia di prestazione, di visione di materiale pornografico
7. errate conoscenza sulle gravidanze indesiderate e sui metodi contraccettivi
8. conoscenze frammentate e confuse su alcune patologie genitali maschili
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9. errata conoscenza sulle malattie sessualmente trasmesse
10. bisogno di informazioni corrette
11. bisogno di poter esprimere domande e ricevere risposte chiare e congruenti.
Per concludere: la professionalità, il lavoro di squadra tra operatori e tra operatori e scuola , il lavoro
di gruppo, l’accoglienza, l’empatia, la pazienza, il rispetto di tutte le espressioni, il non giudizio, il
rispetto dei loro tempi, il contenimento delle loro preoccupazioni legate alla visita e all’esito, tutto
questo permette di avere un’ alta adesione.
PASQUALE SCARANO
Volevo ringraziare tutti gli operatori dello Spazio Giovani perché mi hanno dato la possibilità di
intervenire a questo Convegno, ma soprattutto perché ho avuto l'opportunità di portare avanti in
questi anni il progetto. E’ apparso chiaro che senza un'integrazione fra il medico e gli altri operatori è
difficile portare avanti un progetto di questo tipo.
In questo progetto io ho solo il compito di completare l’intervento degli operatori dello Spazio Giovani,
cioè di effettuare una visita andrologica ad ognuno dei ragazzi che aderiscono al progetto.
Molti di questi ragazzi, al termine della visita effettuata a scuola, avranno una diagnosi e, se necessario,
saranno invitati a tornare con i loro genitori presso la struttura sanitaria di competenza.
Il mio compito oggi è quello di presentare i dati relativi agli ultimi 5 anni di attività.
Prima di tutto voglio ribadire come questa esperienza sia stata bellissima e speriamo che continui e
che i dati raccolti fino ad oggi, grazie a questa collaborazione, contribuiscano a far si che questo
progetto diventi un progetto nazionale e non resti soltanto un progetto provinciale.
Il progetto partì nel 2005 grazie alla proposta di un carissimo amico, il dott. Teo Zenico, anche lui
responsabile del Modulo di Andrologia della Divisione di Urologia dell'Ospedale di Forlì, proposta che
noi abbiamo accolto e attuato l'anno successivo, il 2006.
Inizialmente sono state coinvolte soltanto 2 scuole a prevalenza di studenti maschi, poi pian piano, la
richiesta da parte dei dirigenti scolastici è aumentata, come vedrete dai dati; io ritengo che questo
progetto sia destinato ad espandersi e a darci sempre più soddisfazione.
Il progetto inizia con l'incontro con gli insegnanti e i genitori dei ragazzi, e termina con la visita
andrologica.
La presentazione del progetto ai dirigenti scolastici, agli insegnanti e ai genitori è molto importante. I
genitori, soprattutto, devono essere informati sulle problematiche andrologiche, anche perché dopo i
13-14 anni i ragazzi non vengono più sottoposti ad altri controlli.
Gli obiettivi sono una cosa importante, forse la cosa che maggiormente coinvolge noi andrologi: la
diagnosi precoce di patologie dell'apparato uro-genitale maschile per la prevenzione dell'infertilità
maschile e la prevenzione di alcune disfunzioni sessuali.
Da recenti dati si conferma come la prima causa dell’infertilit{ maschile siano le malattie sessualmente
trasmesse, quindi è compito degli operatori spiegare ai ragazzi l'uso corretto del profilattico e
l’importanza della prevenzione e la seconda causa sia rappresentata dal varicocele.
33
Il varicocele è una patologia subdola che non dà alcun problema al ragazzo e oggi viene trattato, in
gran parte, con intervento radiologico di scleroembolizzazione
A seguire presenteremo i dati.
Nell’anno scolastico 2006/2007 sono stati coinvolti 2 istituti, l’ I.T.I.S “L. da Vinci” di Rimini e l’I.S.I.S.S.
“P. Gobetti” di Morciano di Romagna.
I.T.I.S - Rimini
Patologie riscontrate all’ I.T.I.S “Leonardo da Vinci” - Rimini
Varicocele 10
Anno Scolastico 2006/2007
128 Studenti coinvolti
6 classi
81 Studenti visitati
62.8 %
34 Studenti affetti da
patologie andrologiche
Anno Scolastico 2006/2007
Fimosi 11
Testicolo retrattile 7
Iperemia del prepuzio 2
Ipotrofia del testicolo 1
Brevità del frenulo 1
Idrocele 1
41.9 %
Cisti dell’epididimo 1
Tot.34
All’I.T.I.S. di Rimini stati coinvolti 128 studenti di 6 classi; 81 studenti visitati, pari al 62,8% e 34 di
questi ragazzi erano affetti da patologia andrologica, pari al 41,9%.
Le patologie più frequenti riscontrate all'I.T.I.S. sono state il varicocele e la fimosi.
Nell’anno scolastico 2007/2008 il progetto non è stato effettuato per carenza di operatori.
I.T.I.S - Rimini
Patologie riscontrate all’ I.T.I.S “Leonardo da Vinci” - Rimini
Varicocele 28
Anno Scolastico 2008/2009
Fimosi 17
Frenulo corto 5
Testicolo retrattile 3
Ipotrofia del testicolo 3
Anno Scolastico 2008/2009
179 Studenti coinvolti
9 classi
136 Studenti visitati
75.97 %
Aderenze balano prepuziali 2
Idrocele 1
Ginecomastia 2
Incurvamento congenito del pene 2
Cisti del funicolo spermatico 1
Idrocele 1
50 Studenti affetti da
37.76 %
patologie andrologiche
Tot. 50
Nell'anno scolastico 2008/2009, sempre all'I.T.I.S. gli studenti coinvolti sono aumentati; 179 studenti
coinvolti e di questi 136 hanno accettato di fare la visita, pari al 76%.
In quest’anno si è avuta la massima adesione, la maggiore in tutta Italia e questo significa che il lavoro
è stato svolto in maniera molto capillare.
34
Dei 136 studenti visitati, 50 studenti erano affetti da patologia andrologica.
Tra le patologie riscontrate il varicocele e la fimosi sono sempre quelle più frequenti.
I.T.I.S - Rimini
Patologie riscontrate all’ I.T.I.S “Leonardo da Vinci” - Rimini
Varicocele 28
Anno Scolastico 2009/2010
Fimosi 17
Frenulo corto 10
Testicolo retrattile 8
Ipotrofia del testicolo 5
Anno Scolastico 2009/2010
189 Studenti coinvolti
8 classi
126 Studenti visitati
66.6 %
Aderenze balano prepuziali 1
Ipospadia 1
Ginecomastia 1
Incurvamento congenito del pene 1
Cisti del funicolo spermatico 3
56 Studenti affetti da
44.4 %
patologie andrologiche
Tot. 56
Per terminare con l’I.T.I.S., nell’anno scolastico 2009/2010 gli studenti coinvolti sono stati 189 e gli
studenti visitati 126, pari al 66,6%, quindi sempre una buona percentuale.
Gli studenti affetti da patologia andrologica erano addirittura 56, pari al 44,4%.
Il varicocele continua ad essere la patologia principale.
Patologie riscontrate all’ I.S.I.S.S. “Gobetti-De Gasperi
- Morciano di Romagna
I.S.I.S.S. - Morciano di Romagna
Anno Scolastico 2006/2007
Varicocele 12
123 Studenti coinvolti
8 classi
64 Studenti visitati
52 %
Testicolo retrattile 5
Testicolo ipotrofico
1
32 Studenti affetti da
patologie andrologiche
50 %
Anno Scolastico 2006/2007
Fimosi 10
Frenulo corto 3
Idrocele 1
Ginecomastia 1
Incurvamento congenito
Cisti dell'epididimo 1
1
Tot. 32
All'I.S.I.S.S. di Morciano di Romagna, nell'anno scolastico 2006/2007 sono stati coinvolti 123 studenti e
64 visitati, pari al 52% e ben il 50% di questi studenti era affetto da patologia andrologica.
Il varicocele è sempre la patologia più frequente, insieme alla fimosi.
35
I.S.I.S.S. - Morciano di Romagna
Patologie riscontrate all’ I.S.I.S.S. “Gobetti-De Gasperi
- Morciano di Romagna
Anno Scolastico 2008/2009
Anno Scolastico 2008/2009
Varicocele 15
Fimosi 11
133 Studenti coinvolti
11 classi
98 Studenti visitati
73.68 %
38 Studenti affetti da
patologie andrologiche
38.77 %
Testicolo retrattile 2
Emiscroto sinistro vuoto 1
Frenulo corto 3
Idrocele 1
Ginecomastia 5
Tot. 38
Nel 2008/2009, addirittura 11 classi coinvolte, 98 studenti visitati, pari al 73,68 %, quindi vedete
come si incrementa sempre più il numero di ragazzi che vogliono essere visitati.
Anche qui il varicocele rappresenta la patologia più frequente.
Patologie riscontrate all’ I.S.I.S.S. “Gobetti-De Gasperi
- Morciano di Romagna
I.S.I.S.S. - Morciano di Romagna
Anno Scolastico 2009/2010
Anno Scolastico 2009/2010
Varicocele 18
Fimosi 11
130 Studenti coinvolti
10 classi
87 Studenti visitati
67 %
40 Studenti affetti da
patologie andrologiche
46 %
Testicolo retrattile 6
Testicolo ipotrofico
2
Frenulo corto 3
Idrocele 1
Ginecomastia 1
Incurvamento congenito
Cisti dell'epididimo 1
1
Tot. 40
Nel 2009/2010, 15 classi coinvolte, 67% gli studenti visitati e il 46% dei ragazzi visitati affetti da
patologia andrologica. Anche qui il varicocele rappresenta il 18% delle patologie riscontrate.
Liceo scientifico Volta – Istituto alberghiero Savioli
Anno Scolastico 2009/2010
159 Studenti coinvolti
12 classi
94 Studenti visitati
59.1%
40 Studenti affetti da
patologie andrologiche
46 %
36
Nell’anno scolastico 2009/2010 si sono aggiunti agli Istituti che storicamente hanno aderito al
progetto il Liceo Scientifico “A.Volta” di Riccione e l'I.P.S.S.A.R. “S. Savioli”, di Riccione.
Sono stati coinvolti complessivamente 159 studenti di 12 classi, il 59% di questi ragazzi sono stati
visitati e il 46% era affetto da patologia andrologica.
Anno Scolastico
- Studenti coinvolti
2006
251
- Studenti visitati
145 (57,7%)‫‏‬
- Studenti con
patologie
66 (45,5%)‫‏‬
2008
312
478
234 (75%)‫‏‬
307(64.2%)‫‏‬
88 (37,6%)‫‏‬
Anno Scolastico
2009
2006
Varicocele
23 (35%)‫‏‬
Fimosi
21
14
Testicolo retrattile
3
Ipotrofia del testicolo
Aderenze balano prepuziali 2
3
Frenulo breve
2
Ginecomastia
Cisti del funicolo
2
Idrocele
2
Recurvatum
1
136 (44,6%)‫‏‬
Tot.
66pz/73
2008
2009
43 (49%)‫ ‏‬74 (24%)‫‏‬
28
32
5
10
3
2
2
8
7
0
11
1
1
2
2
3
Tot.
88pz/101
2
3
Tot.
136pz/138
Adesso osserviamo questi dati in maniera molto più schematica, ma interessante.
Dal 2006 al 2009 gli studenti coinvolti son passati da 251 a 478, gli studenti visitati da 145 a 307 , pari
al 64,2% e gli studenti con patologie da 66 a 136, pari a 44,6%.
La patologia più frequente riscontrata in questi anni è rappresentata dal varicocele: 35% il primo
anno, 49,5% nel 2008 e 24% nel 2009.
Tutti questi dati devono far riflettere; la patologia andrologica è frequente, ma è altrettanto poco nota.
La prima cosa che chiedo ai ragazzi quando entrano in ambulatorio è: ”Come stai? Fai attivit{ fisica?”
Questo perché molti di questi ragazzi, anche se io non l'ho inclusa tra le patologie andrologiche, sono
obesi e l'obesità purtroppo porta all’ ipogonadismo, cioè a un calo volumetrico del pene, ma anche
dello scroto, perché c'è una diminuzione della produzione di testosterone e questi ragazzi soffriranno
in futuro di problematiche ansiogene legate alle loro dimensioni peniene.
Il lavoro integrato tra il nostro Servizio e lo Spazio Giovani ha permesso un aumento del numero di
ragazzi coinvolti e ci auguriamo una continua crescita: a questo proposito ho già sentito gli operatori e
mi hanno confermato che l’adesione è in aumento; noi ci mettiamo tutto l'impegno possibile, anche
con la speranza che questo progetto diventi un progetto nazionale.
L'aumento del numero degli studenti coinvolti denota una acquisita fiducia dei dirigenti scolastici
rispetto alla conduzione del progetto ed evidenzia una aumentata sensibilità delle famiglie e dei
giovani nei confronti della salute sessuale.
Affinché il progetto possa raggiungere un numero sempre maggiore di adesioni è importante
continuare la sensibilizzazione dei genitori nei confronti della prevenzione andrologica, informare
adeguatamente i ragazzi sull’importanza della loro salute sessuale e riproduttiva e sulle modalit{ di
svolgimento della visita andrologica.
37
E per finire, nella nostra esperienza, la percentuale complessiva di studenti che presentano una
patologia andrologica è pari al 43,2% e questo dato conferma ulteriormente la necessità di
promuovere azioni di prevenzione andrologica rivolte a questa fascia di età.

38
CONCLUSIONI E DIBATTITO
Mauro Croce: Per prima cosa vorrei complimentarmi con chi ha organizzato questo convegno: so che
avete fatto tutto da sole, senza affidarvi ad un'agenzia, quindi credo che possiate essere più che
soddisfatte! Le conclusioni le tirerete domani a fine convegno, io però vi auguro cento di questi giorni!
Cioè che tutti gli anni possiate fare un compleanno! Un elemento di sintesi è anche essere riusciti ad
aggregare persone attorno a questo progetto molto interessante.
Ora cercherò di fare alcune considerazioni, però ho il varicocele che mi gira in testa (vorrei prenotare
una visita con il Dott. Scarano, ma temo che arrivato alla mia veneranda età senza sapere cosa fosse,
sia ormai troppo tardi!): il fatto che quattro studenti maschi su dieci sottoposti a visita presentino
delle patologie di ordine andrologico credo sia un dato non trascurabile, viste le possibili conseguenze.
Quindi ritengo sia già un elemento sul quale ragionare e riflettere, incluso il fatto che un andrologo se
ne occupi. I consultori sono sempre visti ‘al femminile’, del resto nascono dalla legge 194, ma non
dobbiamo dimenticarci dei maschietti che probabilmente non hanno uno spazio dove portare le loro
tante paure sulla funzionalit{ dell’apparato genitale. La proiezione del ragazzo, che temeva che il
dottore fosse gay, è molto interessante: riguarda una delle paure prevalenti da parte dei maschi, quella
di scoprirsi gay o che qualcun altro ( in questo caso il dottore) lo scopra gay. Vi faccio un esempio: noi
lavoriamo da anni con i ragazzi sulla costruzione di spot; costruiamo insieme la sceneggiatura e
attraverso gli spot emergono i punti di vista e le rappresentazioni sociali. Con una classe di un Istituto
professionale abbiamo trattato i rischi legati all’abuso di alcol. L’Istituto è uno di quelli dove quasi non
ci sono finestre (sono altissime), i muri sono pieni di scritte, gli studenti sono tutti maschi e si danno
delle arie. Il nostro lavoro prevede l’intervento di pubblicitari, tecnici dei video e dell'immagine,
registi, che hanno spiegato loro come si fa uno spot, quali sono i linguaggi sottesi e il meccanismo
dell'ironia. Quale spot hanno costruito questi ragazzi? Io ovviamente come responsabile del progetto
avevo garantito che non lo avrei censurato. La domanda era: l'alcol, la perdita di controllo conseguente
all'alcol, quale paura vi scatena? Io pensavo: sfracassarsi contro un muro, finire all'ospedale, l’auto
confiscata …. invece il loro spot è stato completamente diverso.
SPOT:
Prima scena, dieci secondi: ragazzi e ragazze che ballano in discoteca e bevono, bevono.... Seconda
scena: drin… suona la sveglia la mattina. Drin, drin, drin. Musica “macho man” dalla radiosveglia, il
letto sfatto, un ragazzo che si alza dal letto. Cambio di immagine, e si vede uno che fa la doccia: un
trans molto dotato. Nuova inquadratura del ragazzo mentre sta correndo via, poi la didascalia: “Fa
male solo al fegato?” Direi che è geniale. Questo per far capire qual’ è la loro reale paura. La perdita
di controllo rivela parti che io non voglio accettare in me stesso. Io credo che noi dobbiamo
lavorare non tanto per rassicurare sul “non sei gay”, ma per accettare parti di noi stessi, che ci
permetteranno poi di accettare anche quelle degli altri, inclusa quella gay del dottore.
Pasquale Scarano: perdere il controllo è quello che i ragazzi cercano. Molti di loro soffrono di
eiaculazione precoce e attraverso l’uso di alcol o droghe evitano l’ imbarazzo, cercano di essere più
disinibiti e di risolvere le proprie difficoltà, senza peraltro affrontarle.
Mauro Croce: potremmo discuterne per giorni, è molto stimolante. Una prima considerazione è che
l'universo maschile è ancora tutto da scoprire e abbiamo molto da lavorarci sopra. Abbiamo fin troppo
investito su quello femminile, di cui ormai conosciamo quasi tutto, mentre quello maschile lo abbiamo
messo un po' da parte.
Rispetto ai progetti presentati, abbiamo visto che hanno alcune matrici comuni come l'intersettorialità,
la multidisciplinarit{, l’essere “ragionati”, standardizzati, ripetuti, non lasciati all’inventiva del
momento, ma anche centrati sulla discussione, la creatività, l'emersione dei punti di vista diversi e il
confronto. Io ritengo debbano diventare azioni di sistema. Così come esistono i Livelli Essenziali di
39
Assistenza, in Italia dovrebbero esistere anche i livelli essenziali di promozione della salute. La
realizzazione dei progetti non può essere lasciata alla presenza o meno di finanziamenti e alla
sensibilità degli operatori. Questa è una criticità tipicamente italiana: vengono a mancare gli operatori,
non se ne assumono di nuovi, sono richiamati al lavoro ambulatoriale e gli interventi in ambito
scolastico subiscono una progressiva contrazione. Io lavoro anche in Svizzera e, per esempio, lì non
accade: l'orientamento dell'organizzazione sanitaria svizzera prevede che in seconda media i ragazzi
abbiano diritto a quattro ore di educazione sessuale. Al termine del curriculum scolastico lo studente,
così come avrà svolto le sue ore di materie curriculari, avrà anche svolto quattro ore di incontro con il
personale del consultorio o con i peer educator.
Occorre, inoltre, dire che la scuola italiana è sessuofobica, perché nonostante l’educazione sessuale sia
indicata nel Codice Zanardelli (un liberale del ‘900), stenta a diventare di sistema: ci scontriamo
sempre su questioni valoriali. Io ho due figlie, una di quattordici e l'altra di diciassette, e sono il primo
ad essere preoccupato e a cercare di trasmettere dei valori, ma dobbiamo lavorare anche sul piano
della conoscenza della sessualit{ e dell’affettivit{. Ho ‘rubato’ a caso, nell’atrio, quattro delle domande
formulate dai ragazzi. Nonostante l'orgia di comunicazione e lo spam su viagra, agiopenis, cialis che i
nativi digitali ricevono tutti i giorni (ricordiamoci poi che il viagra viene spesso utilizzato come un
additivo, in associazione a droghe, alcool), le domande poste sono: “Masturbarsi fa bene o male?”. A
quanto pare questo rimane un dubbio amletico che l’umanit{ continua a portarsi dietro. Non
rispondetemi, lasciatemi il dubbio, potrei stare male.
Pasquale Scarano: non fa diventar ciechi.
Mauro Croce: di questo sono certo! La masturbazione che porta alla cecit{ ….ne possiamo ironizzare
molto.
Pasquale Scarano: la storia ricorda anche una cosa: Falloppio, quello che ha dato il nome alle tube
femminili, diceva alle mamme: “Tirate a lungo il pene dei vostri bambini, perché diventerà
sicuramente più lungo”.
Mauro Croce: Dio mio c’è lavoro per gli psicanalisti! Ma sulla paura della cecità potremmo fare uno
spot, ne parlerò con i nostri peer educator. Io pensavo fosse un timore assurdo della mia generazione
…. se così fosse credo che la maggior parte di noi girerebbe con il cane da pastore, no? Però, al di la
delle battute, compaiono sempre le solite domande dei ragazzi: “L'Aids viene trasmesso solo tramite
rapporti sessuali o anche con la bocca?” Mi immagino questi ragazzi che vanno a cercare su internet
l’angosciante risposta. Ma se sulla cecit{ passa la controinformazione (mi accorgo che la vista rimane
invariata), ci sono invece altri dubbi che bloccano i ragazzi: “Qual' è la misura media del pene? “ Questa
è l'altra domanda chiave. Dottore, non me lo dica, la prego! “Per le donne è più piacevole un pene
lungo e stretto o corto e largo?”: l’avr{ scritta una ragazza o un ragazzo? “Perché è faticoso fare
sesso?”: sono adolescenti?
Pasquale Scarano: sono degli eiaculatori precoci, quindi, corrono, corrono.
Mauro Croce: poi ce n'è un’altra bellissima, con cui chiudere: “Ma allora esiste un posto per noi?”
Quindi i ragazzi cercano un posto. Si parla molto e io sono uno dei grandi teorizzatori della
comunicazione orizzontale, dell’influenza reciproca fra ragazzi, del lavoro CON. Ma pensiamo alla parte
dei ragazzi che non si presenta alla visita andrologica, probabilmente quelli che hanno più problemi..
Dobbiamo lavorare con i ragazzi affinché LORO si influenzino, senza fargli cadere le cose dall'alto. I
ragazzi chiedono anche la verticalità, cercano adulti competenti con i quali incontrarsi, che non li
giudichino, ma li aiutino a porsi delle domande insieme.
Pasquale Scarano: che non siano però il babbo e la mamma, questo è certo.
40
Mauro Croce: soprattutto su questioni come queste, me lo auguro! L'adulto competente non è quello
che ti dà la risposta, perché la risposta te la danno tutti (io consultavo l’enciclopedia, loro Google), ma
qualcuno che interagisce con te. Noi adulti a volte abbandoniamo questo campo perché abbiamo
paura. Anche il ruolo dell’esperto è in crisi. L'esperto è utilissimo, ma deve stare dietro le quinte,
sollecitare e stimolare, senza fare il ‘sapientino’ che dà le risposte a tutto, perché dopo un po'
l’attenzione si abbassa. Se l’esperto è in gamba, stimola le domande, mette in crisi le false certezze,
aiuta a formulare domande.
Ci sarebbero ancora molte cosa di cui parlare, per esempio il tema della verifica: il gradimento,
l'apprendimento, il cambiamento dei comportamenti, il rapporto tra conoscenza e atteggiamento …. Il
cambiamento è una delle questioni più grosse discusse dalla psicologia sociale, perché è situazionale.
In questo momento io posso essere consapevole, ma quando mi troverò in una circostanza particolare,
chi lo sa come reagirò? Quindi dobbiamo lavorare sicuramente per promuovere la consapevolezza
individuale, facendo attenzione, però, al fatto che anche negli stili di vita sta passando un
atteggiamento di tipo individuale: sei tu il responsabile delle tue scelte (è liberalismo calvinista) quindi
è colpa tua se... Ma la prima causa di mortalità e morbilità non sono gli stili di vita ma le diseguaglianze
sociali. Tutti gli studi epidemiologici confermano che essere ricco ed essere tossico è diverso dall’
essere povero ed essere sano. Questo è in un certo senso confermato anche da quel grande sociologo
che è Keith Richards, dei Rolling Stones, quando afferma: “In vita mia non ho mai avuto problemi con
la droga… tanti invece con la polizia”. E’ un messaggio crudo: se hai i soldi fai quel che vuoi. Questa
riflessione sulle diseguaglianze sociali è per affermare che i cambiamenti non possono essere solo
individuali, ma anche culturali. Noi stiamo lavorando per aumentare le conoscenze degli individui, ma
non è detto che questo ne modificherà il comportamento.
Concludo citando uno spot prodotto negli Stati Uniti d'America, dove hanno come dote quella di
verificare l'efficacia, l'EVIDENCE, dei loro interventi: si vedono dei ragazzi che si fanno delle canne, si
divertono, cantano in macchina….ad un certo punto hanno un gravissimo incidente, con conseguenze
mortali, disastrose. Lo spot avrebbe dovuto disincentivare l’uso di cannabis fra i giovani, il risultato è
stato, invece, un aumento del consumo di marijuana alla guida. Perché?
Perché i ragazzi colgono solo la prima parte, quella in cui i coetanei si divertono e stanno bene
facendosi delle canne. L’altra parte, quella delle conseguenze, la censurano. Non esiste. Motivo questo
per lavorare affinché si modifichino i comportamenti culturali tra i ragazzi.
Il fatto che non venga utilizzato il profilattico è perché nella coppia assume un significato di sfiducia, di
dubbio ci sia qualcosa di ‘nascosto’, che non ci si fida dell’altro. Questo credo agisca sulla libido in
maniera tremenda. Ma se ciò avvenisse all’interno di una relazione ecco che non assumerebbe tutto
questo significato di diffidenza, paura, ostilità, che porta alla negazione. Sigmund Freud ci fa notare che
l'alcol scioglie il nostro super-io, cioè l'istanza normativa che è dentro di noi, quella che controlla se ciò
che sto facendo è giusto o sbagliato e ci provoca sensi di colpa. Bevo un po' e il super-io se ne va.
Quindi io giustifico i miei comportamenti sulla base del bere o bevo per giustificarli. Comprenderete
allora come occorra lavorare su tanti piani.
Mi permetto di dire, sentendomi parte di questo gruppo, che siamo sulla buona strada, ma credo che
veramente ‘raccoglierei’ il maschio. Il maschio questo sconosciuto, un balordo! Ma dovremmo
raccogliere anche una sfida: far diventare sistema questi progetti, all’interno dei piani sanitari
regionali e locali. Pur lasciando spazio alla sperimentazione, rispetto a temi come la sessualità non
possiamo più continuare unicamente a sperimentare. Dobbiamo sì contenere, tenere viva la
sperimentazione, perché l'universo giovanile e i problemi cambiano in continuazione, ma anche
inventare metodologie legate all’intervento e ai temi trattati; dobbiamo anche consolidare ciò che
stiamo facendo, che è utile e che deve diventare sistema. Con questo mi fermerei.
41
PREMIAZIONE DEGLI STUDENTI DEL LICEO ARTISTICO “F.FELLINI” DI RICCIONE
A CUI È STATO ASSEGNATO IL COMPITO DI REALIZZARE IL LOGO E IL MOTTO DEL
SITO AZIENDALE DEDICATO AGLI ADOLESCENTI
LUCIANA BELLONI – Responsabile Spazio Giovani 360° Rimini Ausl Rimini
Premiazione dei primi 3 vincitori del Concorso indetto dagli operatori che si occupano di adolescenza
nei Servizi Territoriali, per la creazione di un logo e di un motto da apporre al sito aziendale dedicato
all’adolescenza e da apporre ad un segnalibro e/o cartoncino da lasciare agli studenti dopo gli
interventi preventivi nelle classi.
Questo lavoro sul sito è stato voluto per il raggiungimento di un duplice obiettivo: mostrare ai ragazzi
la fruibilit{ e la facilit{ d’accesso ai servizi loro dedicati e far risaltare il lavoro comune e di rete fra gli
operatori.
Gli operatori hanno voluto che questo lavoro di comunicazione venisse fatto da ragazzi per ragazzi in
modo tale che l’immagine e la parola scelte fossero il più possibile aderenti alla realt{ giovanile e
restituissero agli operatori una chiave, un ponte per comunicare meglio con i ragazzi.
Nella Provincia di Rimini sono presenti n. 2 Licei Artistici, la scelta è ricaduta sul Liceo Artistico
”Fellini” di Riccione per la lunga collaborazione con 360° e devo dire che la scelta non ha tradito le
nostre aspettative.
Gli elaborati sono stati presentati con puntualità, precisione, originalità e direi con sentita
partecipazione; di questo ringrazio a nome dei miei colleghi tutto il personale scolastico che ha seguito
l’iniziativa, in particolare le professoresse Sorini , Belluzzi, Magini.
I lavori dei ragazzi erano bellissimi, ero nella Commissione e ho provato stupore ed entusiasmo, ma
anche una grande difficoltà a scegliere.
La Commissione ha scelto di fare una graduatoria dei primi sei motti, perché ci parevano
particolarmente interessanti, accanto alla graduatoria dei primi 10 scelti per logo e motto.

42
GRADUATORIA DEI PRIMI DIECI SELEZIONATI “CONCORSO LOGO AUSL RIMINI”
1_D'Avolio Laura 5^CD (color magenta)
M: Voltati ...la strada è questa.
2_Fraternale Nicol 5^CD
M: Una soluzione per un futuro migliore.
3_Ranieri Giulia 5^CD
M: Non sentirti come un pesce fuor d'acqua...a noi puoi chiedere.
4_Tonti Silvia 4^CD
M: Libertà: il coraggio di saper sciegliere.
5_Phuttharat Rattanasila 4^A
M: A ogni problema c'è sempre una risposta.
6_Vandi Barbara 5^CD
M: La spinta giusta per crescere.
7_Marchi Angelo 5^CD
M: Un punto in comune.
8_Frigieri Francesca 5^CD
M:Camminando sulle impronte giuste.
9_Tontini Samuele 4^CD
M:A volte nella vita abbiamo bisogno d'aiuto.
10_Lache Patrizia 5^A
M: Cambiare richiede coraggio di iniziare.
43
GRADUATORIA MOTTI
1_Roppo Francesca 5^CD
M: Accendi il tuo bisogno di sapere.
2_Bianchi Giulia 5^CD
M:Non perdiamoci nelle nostre domande.
3_Lorenzi Sara 4?CD
M: Ascoltami...ti ascolto.
4_ Gattoni Jessica 5^CD
M:Non aspettare che il disagio diventi un problema.
5_Paci Sara 4CD
M: C'è sempre una soluzione.
6_Belchieri Ursula 5^A
M: Cambia prima di essere costretto a farlo.
44
–
L'ACCOGLIENZA E L'ASCOLTO
SALUTI
ELENA CASTELLI – Referente per L'area Consultori, Spazi Giovani e Spazi Donne Immigrate
della Regione Emilia Romagna
Questo convegno è un momento di riflessione a più voci e un'occasione di rilancio, nei fatti e nelle
proposte concrete, degli obiettivi che vent’anni fa hanno caratterizzato l’avvio degli Spazi Giovani.
Rileggere questi due decenni ha significato anche constatare come alcuni obiettivi e talune parole
d'ordine siano rimasti quasi immutati, anche rispetto all'idea e alle caratteristiche di fondo degli Spazi
Giovani: parole come accoglienza, relazione/comunicazione, promozione della salute. L’apertura degli
Spazi Giovani ha portato ad un processo di rinnovamento che inevitabilmente ha “contagiato” anche la
restante parte dei Consultori Familiari ed il modo stesso di interazione con l'utenza in genere e con la
società. Queste parole accoglienza, formazione, relazione/comunicazione sono ancora un punto di
riferimento, anche se in un contesto profondamente mutato, in cui gli Spazi Giovani stessi sono
cambiati, così come gli utenti e le richieste portate al consultorio stesso.
Nel corso di questi anni si è cominciato ad osservare la frammentazione degli interventi di promozione
della salute, che venivano realizzati da Servizi diversi a volte con tematiche sovrapposte (es.
prevenzione AIDS e disagio psicologico) e con difficoltà nel coordinarsi rispetto alla stessa utenza
(Scuole medie superiori ed inferiori).
Per dare una risposta a tale situazione il Piano Sanitario e Sociale Regionale 2008-2010, con il capitolo
Le risposte ai bisogni complessi: verso politiche sociali e sanitarie integrate individua come aree per
l’integrazione l’infanzia, l’adolescenza ed i giovani, e segnala la necessit{ di svolgere un lavoro
integrato sia all’interno delle diverse articolazioni delle Aziende Sanitarie, sia in collegamento con
altre realtà del territorio.
In questa direzione sono di importanza strategica strumenti come il Piano di Zona distrettuale per la
salute e il benessere sociale, i patti tra Enti locali, Azienda sanitaria e scuola per ottimizzare e
sviluppare le risorse e le opportunità presenti sul territorio per quanto riguarda la promozione e
l'educazione alla salute nonché gli stili di vita sani, l'educazione all'affettività e alla sessualità,
l'inserimento scolastico degli alunni disabili o in gravi difficoltà, la prevenzione delle dipendenze o di
disturbi psichiatrici in adolescenza, l'incentivazione di momenti aggregativi extrascolastici con uso di
laboratori e spazi anche scolastici.
Obiettivo di questa parte del Piano è promuovere il coordinamento e l’integrazione delle
programmazioni, degli interventi e dei progetti educativi, sociali e socio-sanitari che gli Enti locali
realizzano in collaborazione con le Autonomie scolastiche, le Aziende USL ed il Terzo Settore per
migliorare la qualit{ dell’integrazione scolastica e sociale.
Promuovere “politiche giovanili” significa coordinare e rendere coerenti tutti gli interventi messi in
atto da soggetti diversi (Comuni, AUSL, Scuole, Associazionismo…) e da diversi settori della pubblica
amministrazione (formazione, lavoro, politiche sociali, salute, cultura, sviluppo del territorio ecc.) e
45
superare il concetto di prevenzione a favore del concetto di partecipazione, anche come risposta ad
una domanda nuova che proviene dai giovani ed ha bisogno di risposte adeguate, anche in termini di
riorganizzazione dell’offerta.
I servizi per i giovani devono coerentemente garantire tutela dei diritti, riduzione delle disuguaglianze,
promozione di autonomia e responsabilità, sostegno, sviluppo di opportunità, facilità di accesso.
L’organizzazione dei servizi deve fondarsi su multidisciplinariet{, ascolto, prossimit{, flessibilit{.
Nel prossimo decennio si stima un aumento di un punto percentuale delle fasce di popolazione
giovanile, verosimilmente imputabile per una parte significativa, ai giovani figli di immigrati.
Dall’inizio degli anni ’90 ad oggi, anche in Emilia-Romagna, si sono verificate trasformazioni sociali ed
economiche imponenti, che propongono scenari finora inediti anche in riferimento alle giovani
generazioni:
-
crisi di fiducia verso le istituzioni, legami sociali e generazionali indeboliti;
-
forme di disagio sociale non più definibili secondo le categorie interpretative tradizionali. Il
disagio infatti aumenta nelle famiglie e nei giovani “normali” e comprende non solo gli esiti più
estremi (abbandono scolastico, comportamenti problematici come bullismo, aggressività,
violenza, abuso di sostanze, disturbi del comportamento alimentare ecc.) ma anche quelli più
silenti (demotivazione, disaffezione, smarrimento, passività, scarsa autonomia di giudizio e di
condotta, consumismo esasperato, ricerca di sicurezza tramite sottomissione a modelli e
sostanze che si presentano forti);
-
diffusione di comportamenti giovanili a rischio;
-
consumo e abuso di sostanze illegali, facilmente reperibili ed accessibili e di alcol;
-
la presenza sempre più significativa dei giovani immigrati di seconda generazione e la
conseguente crescente fisionomia multietnica del mondo giovanile.
Gli Enti locali e le AUSL, in collaborazione con il Terzo settore, hanno progettato ed attuato numerosi
interventi ed istituito servizi territoriali destinati ad adolescenti e giovani e finalizzati alla
valorizzazione dei giovani come risorsa per la comunità, alla promozione dell’agio e del benessere, alla
valorizzazione delle forme di partecipazione e di cittadinanza attiva.
Partendo dai bisogni degli adolescenti gli Spazi giovani dei Consultori, grazie alla presenza di operatori
provenienti da servizi diversi ed alla propensione al lavoro in équipe hanno sperimentato percorsi
assistenziali integrati tra Consultorio, Sert, Neuropsichiatria infantile, Salute mentale, Pediatria di
comunità che hanno consentito di riconoscere precocemente e prendere in carico situazioni a rischio e
problematiche, non sempre riferite all’area della sessualit{. Occorre migliorarne ulteriormente la
qualità, con azioni di aggiornamento e formazione degli operatori e di promozione di conoscenza
presso i giovani e gli adulti di riferimento, applicando politiche di gratuità degli interventi per facilitare
l’accesso anche oltre il 19° anno di et{.
A livello distrettuale nel prossimo triennio dovranno essere individuati i percorsi assistenziali
integrati specifici, con particolare attenzione all’accesso soprattutto dei ragazzi e delle ragazze in
condizione di svantaggio culturale, sociale e familiare, condizioni che possono determinare
disuguaglianze di salute importanti, soprattutto in questa fascia d’et{.
In ogni Distretto devono essere organizzati servizi per i giovani, i loro contesti e gli adulti di
riferimento che siano facilmente accessibili, attraenti, non connotati in senso specialistico ma
fortemente qualificati dal punto di vista delle competenze, a cui devono concorrere operatori
46
provenienti da servizi diversi, pubblici e del Privato sociale. E’ inoltre fondamentale che favoriscano, al
bisogno, l’accesso ai servizi specialistici e forme adeguate di accompagnamento.
La promozione di stili di vita sani richiede comunicazione ed informazione finalizzata innanzitutto alla
promozione di una coscienza critica nei confronti dei consumi, alla crescita della consapevolezza di sé
e del rischio, della propria responsabilit{ e della capacit{ di scegliere. L’informazione per essere
efficace deve raggiungere, oltre ai giovani, anche tutte le persone che sono in contatto con loro ed
essere differenziata e mirata a seconda dei luoghi e del target a cui è diretta.
La Regione si impegna a promuovere, in collaborazione con le autorit{ scolastiche, l’inserimento
dell’educazione alla salute ed a stili di vita sani tra le attivit{ curricolari e ad attuare con continuit{
campagne di comunicazione ed informazione rivolte ai giovani.
Una sfida di particolare interesse per una cultura integrata delle politiche è la crescente fisionomia
multietnica del mondo giovanile che propone nuovi obiettivi ai Servizi con l’esigenza di approcci
interculturali nella programmazione degli interventi, con particolare attenzione alle problematiche
degli stranieri di “seconda generazione”. L’aumento di giovani stranieri richiede aumento di
conoscenze/competenze agli operatori di base e specialistici per migliorare l’accesso e le prestazioni
dei servizi.
Lo scorso anno con la Legge Regionale 14/2009 NORME IN MATERIA DI POLITICHE PER LE GIOVANI
GENERAZIONI, all’art. 11 e all’art. 41 la Regione ha voluto promuovere accordi e forme di
collaborazione tra le istituzioni scolastiche, gli enti locali, le AUSL ed altri soggetti pubblici e del terzo
settore per la programmazione d’interventi d’educazione e promozione alla salute, da attuarsi anche
tramite l’utilizzo delle tecnologie digitali e con il coinvolgimento diretto dei giovani, finalizzati
all’adozione di stili di vita sani, alla comprensione ed alla consapevolezza sui consumi e sui messaggi
mediatici che li incentivano.
La stessa legge sostiene inoltre progetti ed interventi finalizzati a responsabilizzare i giovani sui propri
comportamenti e sui rischi possibili con un approccio globale ai fattori di rischio ed un’attenzione
particolare alla sessualit{, all’alimentazione ed al consumo di sostanze psicoattive, anche legato alle
attività sportive; promuove la salute dei giovani, tramite i servizi e gli interventi sanitari e sociosanitari, garantendo la personalizzazione e la progettazione partecipata degli interventi; incentiva
l’organizzazione di servizi e spazi dedicati per i giovani fino ai ventuno anni d’et{ ed a tutti gli studenti
nell’ambito della promozione della salute sessuale e riproduttiva dei giovani.
Anche per queste ragioni credo che sia interessante l’idea che ha portato alla realizzazione di questo
convegno che ci aiuta infatti a capire il percorso fatto ma anche quale può essere, oggi, la posta in gioco
e la sfida, il futuro di questo servizio.
In 20 anni, tutte le realtà consultoriali si sono dotate degli Spazi giovani tant’è che oggi (ad eccezione
di poche realtà), sono presenti in molte Aziende a livello distrettuale e sono 31 in tutta la regione, che
sono veri e propri “laboratori per l'innovazione” e ancora mantengono una forte vitalità e continuano a
cercare nuovi modi per comunicare come, ad esempio, i siti web, cresciuti nel tempo in numero e
qualità.
E i giovani sembrano rispondere ed apprezzare il lavoro degli Spazi giovani, infatti gli utenti che si
rivolgono agli spazi giovani sono aumentati del 35% nel 2009 rispetto a vent’anni fa, crescendo
costantemente nel corso degli anni.
Ed anche la Regione in questi anni ha sempre cercato di sostenere e migliorare l’attivit{ degli Spazi
giovani finanziando progetti specifici, come quello del 2000 di riorganizzazione dei consultori
familiari, che, con l’obiettivo n.6, ha portato gli Spazi a pensare ad una modalit{ di valutazione delle
attività di educazione alla sessualità svolta nelle scuole. Sempre in questo progetto, con l’obiettivo 7, si
47
è cercato di riorganizzare i percorsi all’interno degli Spazi giovani e dei servizi che lavorano sui giovani
nel tentativo di sperimentare nuove modalità di integrazione dei servizi sanitari e sociali rivolti agli
adolescenti.
Più recentemente abbiamo iniziato un lavoro per avvicinare anche i ragazzi al consultorio proponendo
una collaborazione con la societ{ italiana di andrologia per una attivit{ di prevenzione all’interno della
scuola, che speriamo sia un primo passo verso la possibilità di avere l’andrologo in consulenza
all’interno degli spazi giovani.
Importante è anche l’attivit{ degli Spazi Giovani nella prevenzione delle malattie sessualmente
trasmissibili e dell’AIDS, (ricordiamo che mercoledì è stata la giornata internazionale per la
prevenzione all’AIDS), che la regione ha sempre cercato di sostenere con una quota specifica per gli
Spazi all’interno dei programmi di prevenzione all’AIDS che vengono presentati biennalmente, e che
saranno assegnati anche per il prossimo biennio 2011—2012.
MARCELLO TONINI – Direttore Generale Ausl Rimini
Come mia consuetudine farò un intervento a braccio, dopo quello puntuale e tecnico della dottoressa
Castelli. Vedete, nella nostra cultura romagnola gli adolescenti, il tema della crescita dei figli, viene
considerato una “questione da donne”, anzi da mamme. Non intendo certo dirlo in termini
dispregiativi: ritengo al contrario che questi aspetti siano di grande importanza, sia all'interno di una
famiglia, sia all'interno dell'attività che svolgiamo come Azienda USL. E di conseguenza, forse proprio
per questo, nel mio immaginario – così come, credo, nell'immaginario dei più – per affrontarli serve
proprio quella particolare sensibilità ed accortezza che forse voi donne, che oggi siete maggioritarie in
questo consesso, avete più di noi uomini. Sia per l'aspetto genitoriale sia per l'aspetto dell'attività dei
servizi.
Come Direttore Generale di questa Azienda sono ben conscio del valore che lo “Spazio Giovani 360°”,
così come tutti gli altri servizi legati all'adolescenza, ha e deve continuare ad avere. Questa esperienza
non può certo fermarsi, non posso immaginare che non abbia un futuro.
Apprendo sempre dalle parole della dottoressa Castelli, e me ne rallegro, che in Regione, pur in un
momento difficile come l'attuale si sono trovate le risorse per questa continuità.
Ribadisco, ne sono autenticamente contento, ma nonostante ciò mi pare doveroso, non foss'altro per il
ruolo che ricopro, fare un richiamo: non possiamo assolutamente più permetterci “divagazioni sul
tema”, “svolazzi”, cose che abbiano una dubbia utilit{. Non voglio mancare di rispetto ma ho la
consapevolezza che, magari non nel vostro lavoro, ma in certe sacche della pubblica amministrazione,
in passato questo sia successo. Ora non possiamo più permettercelo. Ogni risorsa dev'essere
finalizzata su progetti concreti e che abbiamo un ritorno il più possibile misurabile.
Bisogna che noi tutti siamo estremamente precisi, puntuali, razionali nei nostri investimenti perché,
ripeto, la situazione ce lo impone.
Rispondo, infine, doverosamente, alla domanda che mi è stata rivolta, e cioè quale futuro, per questi
servizi, qui a Rimini, anche rispetto alle risorse a disposizione? Sarò chiaro: questa azienda sanitaria si
impegna, costantemente, per avere i conti a posto, e questo secondo me è importante, poiché consente,
appunto, di “rilanciare”, come dice anche il titolo di questo vostro interessante convegno, siamo
un'azienda sanitaria che sta crescendo e recuperando un gap che sicuramente aveva, però la crescita
non è mai scontata, e il tema vero, lo ripeto, è quello di indirizzarla bene, questa crescita.
Insomma, in sintesi, non c'è una difficoltà di approccio, da parte mia, a rispondere favorevolmente alla
domanda, cioè a dire sì alla prosecuzione di questo lavoro sugli adolescenti con l'intento che l'azione
che viene messa in campo abbia consistenza forte. Sono convinto che fino ad ora la vostra attività
abbia sempre avuto questa consistenza, e quindi continuiamo esattamente su questa strada.
48
CI CONTIAMO: UNA RIFLESSIONE SUI DATI
E. NIVES VASELLI – Sociologa Spazio Giovani 360° Riccione Ausl Rimini
Per una riflessione sullo Spazio Giovani abbiamo ritenuto opportuno focalizzarci, tra i tanti dati che
possediamo, innanzitutto sul dato riferito al target del servizio, poi sulla serie storica degli utenti delle
due aree di attività, attività clinica e attività di educazione alla salute presso le istituzioni scolastiche,
infine approfondiremo brevemente i dati relativi all'attivit{ dell’anno 2009.
Per confronti e commenti sarà utilizzato il documento dell’Assessorato Politiche per la Salute –
Servizio Assistenza distrettuale, medicina generale, pianificazione e sviluppo dei servizi sanitari, della
Regione Emilia- Romagna, che viene prodotto ogni anno e restituisce i dati forniti da tutti gli Spazi
Giovani della Regione (consultabile sul sito www.consultoriemiliaromagna.it ).
Quanti sono?
Popolazione residente 14-19 anni nella Provincia di Rimini
16.952
maschi 52%
femmine 48%
Al 1° gennaio
Residenti totali
Di cui 14-19 anni
2009
2010 (20)
2010 (27)
303.207
307.132
325.265
15.828
15.965
16.952
Di cui 1.674 (9,9%) immigrati da altri stati esteri
Il nostro target è la popolazione compresa tra i 14 e i 19 anni, residente nella Provincia di Rimini: al
01/01/2010 è pari a 16.952. La slide mostra una particolarità: l'anno 2010 è riportato due volte,
prima con il dato riferito alla popolazione di 20 comuni e successivamente con quello riferito a 27
comuni (comprende i nuovi territori), per cui il totale aumenta di 1.000 unità.
I giovani 14-19 anni residenti in Provincia di Rimini al 01/01/2010
DOVE SONO NATI?
All’estero
In provincia
Nel resto d’Italia
Tot.
Nr
2.258
9.885
4.810
%
13,3
58,3
28,4
16.952
100
TIPOLOGIA FAMIGLIE:
92,8% vive in famiglia (72% coppia genitoriale, 10% monogenitoriale)
25% figli unici
1.675 diplomati nel 2008/2009
5%
disagio segnalato dai servizi sociali
104
coniugati nella fascia di età 14-20 anni
49
Analizziamo alcune variabili: in maggioranza sono autoctoni (nati in provincia oltre 58%), il 92% vive
in famiglia (il 72 % vive con la coppia genitoriale, il 10 % con un solo genitore), il 25% sono figli unici
(dato che mi ha stupito), il 5% ha un disagio segnalato dai servizi sociali e ci sono 104 coniugati nella
fascia 14/20 anni. (I dati sono forniti dalla dr.ssa Rossella Salvi, Provincia di Rimini).
Az. USL Rimini Spazio Giovani - anno 2009
DISTRETTO DI RIMINI
Via XXIII Settembre, 120
DISTRETTO DI RICCIONE
Piazza Unità,10
Lunedì pomeriggio
15.00-18.00
Martedì pomeriggio
15.00-18.00
Giovedì pomeriggio
14.30-18.30
OPERATORI IMPEGNATI
Operatori
Numero operatori
Ore settimanali
Ore settimanali
attività in
attività svolta fuori
orario di apertura orario di apertura
dello spazio
dello spazio
ambulatoriale
ambulatoriale
OSTETRICHE
4
10
GINECOLOGI
3
12
PSICOLOGI
3
8
1
9
ASSISTENTI
SOCIALI
1
4
4
8
SOCIOLOGA
2
12
5
17
ASSISTENTI
SANITARIE
2
8
3
11
15
54
17
71
Totale
3
Totale ore
settimanali
13
12
Le sedi degli Spazi Giovani dell'ASL di Rimini sono due, collocate all’interno delle sedi del Consultorio
Familiare: a Rimini in Via XXIII Settembre n.120, a Riccione in Piazza Unità 10.
La slide mostra gli orari di apertura della attività clinica: lunedì e martedì ore 15-18 a Rimini, giovedì
ore 14,30-18,30 a Riccione. Gli operatori sono 15, le ore dedicate sono 71. Commentiamo un dato
significativo utilizzando il suddetto documento della Regione, dove a pagina 1 sono riportate le ore
dedicate dagli operatori in rapporto alla popolazione target x mille: la percentuale media nella nostra
azienda è del 4,2 mentre la media regionale è del 7,7; le ore degli operatori che la nostra azienda
dedica sono quindi inferiori rispetto agli altri Spazi Giovani.
50
Az. USL Rimini Spazio Giovani:
Nr. utenti dell’attivit{ clinica
ANNO
RICCIONE
RIMINI
TOTALE
Di cui maschi
Di cui immigrati
1990
145
135
280
1991
193
144
337
1992
228
211
439
9
1993
256
273
529
7
1994
392
307
699
11
1995
440
336
776
11
1996
561
358
919
19
1997
538
398
936
21
1998
481
395
876
11
1999
374
541
915
11
2000
459
548
1.007
10
2001
25
565
815
17
2002
409
500
909
20
2003
396
500
896
14
2004
351
505
856
30
23
2005
385
690
1.075
19
49
2006
366
857
1.223
24
63
2007
330
853
1.183
37
78
2008
319
824
1.143
30
80
2009
351
741
1.092
24
78
Per uno sguardo al tempo trascorso la slide riporta il numero degli utenti negli anni, dall’apertura
dello Spazio Giovani nel 1990, al 2009: sono i ragazzi in carico, incontrati nella attività clinica. Non ci
sono i totali delle colonne, in quanto ogni anno contiene anche utenti dell'anno precedente. Il numero
totale ottenuto, invece, con le cartelle individuali, è pari a 9.905: in vent' anni abbiamo ascoltato
10.000 ragazze/i!!!
Vediamo l'andamento: gli utenti sono visibilmente aumentati e possiamo affermare che laddove il
numero è più basso erano diminuite le ore dei professionisti. Si registra costantemente una scarsa
presenza dei maschi che fanno richieste direttamente per sé; emerge l' ingresso, ormai non più recente
e sempre più forte, degli adolescenti immigrati.
51
Az. USL Rimini Spazio Giovani:
Nr. Studenti raggiunti negli interventi di educazione alla salute presso le istituzioni scolastiche
ANNO
RICCIONE
RIMINI
TOTALE
1990
254
319
573
1991
762
202
964
1992
445
319
764
1993
580
427
1.007
1994
690
341
1.031
1995
609
839
1.448
1996
549
521
1.070
1997
460
387
847
1998
624
855
1.479
1999
970
2.025
2.995
2000
1.070
1.002
2.072
2001
566
833
1.399
2002
375
783
1.158
2003
323
708
1.031
2004
88
789
877
2005
87
873
960
2006
498
1.344
1.842
2007
233
606
839
2008
593
2.001
2.594
2009
649
2.152
2.801
TOT
10.425
17.326
27.751
* Non è presente il dato relativo ad insegnanti e genitori coinvolti in progetti
Vediamo gli studenti raggiunti dalla attività di Educazione alla Salute e alla Sessualità: il totale è
pari a 27.751. E' un numero consistente e anche in aumento negli anni. Come ha detto la referente
della Regione Emilia-Romagna Dott.ssa Elena Castelli (ci ha appena informato che anche quest'anno la
Regione ha approvato il finanziamento agli Spazi Giovani e noi ci inchiniamo: come faremmo senza il
loro sostegno?) nel corso degli anni ci sono stati cambiamenti. Per quanto ci riguarda abbiamo scelto
di sospendere gli interventi nelle Scuole secondarie di primo grado, abbiamo dovuto diminuire il
numero degli incontri per classe e , in collaborazione con altri sevizi, abbiamo diversificato i progetti e
prodotto un Catalogo dei progetti di promozione alla salute in adolescenza.
52
Azienda USL Rimini Spazio Giovani – anno 2009
Numero Utenti del servizio per prestazioni individuali distinti per sesso ed età
età
< 14 anni
15 anni
16 anni
17 anni
18 anni
19 anni
>20 anni
Tot.
41
101
181
237
176
134
198
1.068
Maschi
/
/
4
5
2
4
9
24
Totale
41
101
185
242
178
138
207
1.092
2
7
5
12
17
14
21
78
Femmine
Di cui
immigrati
… di cui, nuovi utenti affluiti al servizio per la prima volta: 666 (61%)
Analizziamo ora l'anno 2009. Vediamo la tabella dei n. 1.092 utenti suddivisi per sesso, provenienza
e fasce di età: il numero più alto è relativo ai 17enni. Sembra corrispondere all'età del primo rapporto
sessuale. Notiamo che il 61% sono nuovi utenti, cioè sono adolescenti che hanno utilizzato il servizio
per la prima volta: significa che il ricambio è alto ed è anche più alto della media regionale (42 %).
Notiamo inoltre come la presenza degli immigrati sia aumentata, in particolare nella sede di Rimini.
Azienda USL Rimini Spazio Giovani – anno 2009
Attività Clinica
UTENTI
ACCESSI
PRESTAZIONI
/
/
591
579
815
838
IVG
66
219
272*
Gravide in Carico
39
180
214
Ginecologia
279
428
530
Problematiche Psicol. Relaz.
71
623
602
Sessuologia
18
71
71
Disturbi Alimentari
13
64
64
Altro
27
257
274
1.092
2.657
3.456
TIPO DI PROBLEMATICA
Accoglienza
Contraccezione
Tot.
*di cui n° 46 certificati I.V.G.
53
La tabella successiva riporta l'attività clinica, suddivisa per tipo di problematica (cosa ci chiedono i
ragazzi) relativa agli utenti, agli accessi (quante volte si presentano), alle prestazioni erogate. Gli
utenti fanno sopratutto richieste di tipo sanitario: sono 990 a fronte delle 102 afferenti alle tre aree
psicologiche. I 2.657 accessi ci indicano che mediamente i ragazzi si presentano 2 volte e mezzo. Sono
molto più alte ovviamente le prestazioni : 3.456.
Il numero dei certificati di IVG (n.46), può essere confrontato con i dati riportati alla pag 21 del
documento regionale suddetto.
Utenti per tipologia di problematica - anno 2009
Azienda USL Rimini
prob.psico
7%
IVG
6%
Regione Emilia Romagna
altro
3%
sessuologia
2%
IVG
3%
altro sessuologia
8%
1%
prob.psico
13%
ginecologia
25%
contraccezione
42%
contraccezione
ginecologia
52% 27%
gravide
4%
gravide
3%
dist.alim
1%
dist.alim
3%
Rielaborazione pagg. 11, 12 da Regione Emilia Romagna “Spazi Giovani” dati di attività anno 2009
Il grafico evidenzia la percentuale di utenti per tipo di problematica (la slide precedente riportava i
numeri assoluti): il 52% della attività richiesta ed erogata è relativa alla contraccezione. E per
contraccezione non si intende solo la parola "pillola", che i ragazzi conoscono ma di cui non sanno, ma
significa chiedere, ascoltare, dubitare, andare a casa, parlare con lui, con qualche amica fidata, con la
mamma, a volte no è meglio dopo, insomma riflettere, tornare, imparare anche altro: la prevenzione.
Infatti la seconda richiesta, 25%, è di ginecologia: la gestione della propria salute, la conoscenza del
funzionamento del proprio corpo.
54
Az. USL Rimini Spazio Giovani - anno 2009
Attività di Educazione Sanitaria, Sessuale, Prevenzione
AIDS e MST
Gli studenti coinvolti negli interventi di educazione sanitaria sono 2.801, gli adulti
190.
Le ore in svolte in ambito scolastico sono in totale 513; il rapporto tra tali
ore e la popolazione target (16.952) è del 3%; la media regionale è di 5,5%.
Ore di educazione sanitaria svolta dagli operatori in rapporto alla professione:
Grafico Azienda ULS Rimini
Grafico Regione Emilia Romagna
psicologi
11%
alt ro
11%
altro
28%
m e d ici
13%
ass.soc
14%
p s ico lo g i
52%
o s t - as
24%
ost-as
47%
L'ultima slide considera l'attività di educazione sanitaria, sessuale, prevenzione AIDS e MST: anche in
questo ambito il rapporto tra le ore di presenza degli operatori in ambito scolastico e la popolazione
target è il più basso in regione (pag.33), così come è bassa la presenza degli psicologi in questa attività
(pag.37).
CI CONTIAMO… PERCHÉ…
Allora, dopo tutti questi numeri (e tantissimi evitati!), nella Azienda USL di Rimini lo Spazio Giovani è
utilizzato? È conosciuto?
Si. Attraverso il passaparola tra le utenti e anche le adulte del consultorio, le madri, attraverso gli
interventi educativi nelle scuole e con le cartoline inviate annualmente ai sedicenni residenti, negli
ultimi tempi anche attraverso internet.
E’ utilizzato ampiamente, soprattutto se si considera l’utilizzo in rapporto alle limitate risorse umane e
strutturali. E nei dati mostrati non tutte le presenze sono rilevate: i partner, amici e/o amiche che
accompagnano, le madri e a volte entrambi i genitori; non sono “taxi”, entrano, chiedono, ascoltano,
interagiscono con i figli e con gli operatori.
Poi le assemblee negli istituti scolastici con gli studenti, le presentazioni dei progetti agli insegnanti, ai
genitori, ecc.
Le 9.505 cartelle di questi venti anni (ci hanno sorpreso!) sono persone, volti, domande, piercing,
lacrime, paure, ignoranza, confusione, ironia…
Certo non siamo invece confortati dal rapporto con il target, i 16.900 ragazzi residenti nella Provincia
di Rimini.
55
Nell’anno 2009 abbiamo preso in carico 1.092 adolescenti: se consideriamo come target solo la
popolazione femminile (n.8000), il rapporto è del 12,13 % . E’ poca cosa?
Ma quanto è preziosa questa fragilità e potenzialità, questa età. Né adulti, né bambini, la biologia
costringe i corpi ad improvvisi, rapidi, vistosi cambiamenti, all’irruzione delle pulsioni; è in atto quel
processo che la psicologia chiama costruzione dell’identit{ personale. Cambiare lo sguardo verso i
genitori, verso sé, verso il mondo. Compiti normali, con problemi normali.
“Crescere è un gioco da ragazzi” è lo slogan che accompagnava il logo (era il 1989! E ancora oggi c’è chi
non lo capisce): è un gioco che si esegue quando si è ragazzi, con la vicinanza degli adulti, con la
presenza, la cura, il rapporto o lo scontro.
Torniamo allo Spazio Giovani, alla sua competenza, sancita dalla legislazione, sulla cura della salute
sessuale e relazionale, un luogo dove i giovanissimi sanno di poterne parlare, che se ne può parlare.
Vorrei ricordare una specificità riminese che ha riempito di pagine i giornali: una ricerca della Bocconi
del 2006, relatori i professori Billari e Borgoni, ha evidenziato che nei territori della nostra costa il
primo rapporto sessuale delle ragazze avviene ad una età inferiore rispetto alla media nazionale (la
media nazionale è la fascia 16/17 anni - Ricerca SIGO 2010).
Concludo. L’OMS ha dichiarato che la salute va intesa come benessere (parola oggi per me
insopportabile!) e che “ il benessere è la capacit{ di adeguare i valori al comportamento”.
Se pensiamo agli adulti il mondo è davvero ammalato!
Riconosciamo agli adolescenti, anche entro i limiti legislativi che il servizio conosce, la possibilità di
gestire, di imparare a gestire la propria salute.
L’organizzazione del servizio ha caratteristiche mirate e specifiche:
-
possibilità di rivolgersi in modalità autoreferenziata,
-
un setting adeguato, non connotato sulla patologia,
-
il segreto professionale come patto di fiducia,
-
libero accesso, porte aperte, orari adeguati,
-
non burocratico, senza appuntamenti, senza ticket,
-
approccio multidisciplinare, competente, in rete con i servizi per l’invio protetto eventuale,
-
capace di dare valore alla persona adolescente e a quel che porta o chiede,
-
essere conosciuto, essere riconosciuto, essere certo, ....
Temi emergenti:
-
la salute sessuale maschile
56
-
la gravidanza prima dei 19 anni
-
la contraccezione e i fallimenti contraccettivi
-
internet come rischio e opportunità
-
gli adolescenti immigrati (la seconda generazione)

57
TRA CONTINUITÀ E CAMBIAMENTO:
UNO SPAZIO ED UN TEMPO PER L'ASCOLTO DEGLI ADOLESCENTI DI OGGI
PATRIZIA BRUNORI
Psicologa, Psicoterapeuta E Didatta Istituto Italiano Psicologia di Gruppo di Milano
ANTONELLA ANICHINI
Neuropsichiatra Infantile, Psicoterapeuta, Docente in Psichiatria dell'età Evolutiva
PATRIZIA BRUNORI
E' con molto piacere che sono qui oggi a confrontarmi con le riflessioni, le esperienze, le emozioni che
hanno caratterizzato il lavoro degli operatori di “Spazio Giovani” nel loro percorso, come anche a
condividere l'esigenza di confrontarsi oggi con nuove domande e nuovi pensieri. E’ molto importante
infatti, che i nostri modelli e le nostre teorie siano “vivi”, capaci cioè di dialogare sempre
creativamente con l'esperienza, quella che incontriamo nella clinica come quella nell’area della
prevenzione o in quella educativa. Il nostro rapporto con “Spazio Giovani” nasce proprio in uno di
questi momenti di “crisi”. Le “crisi”, sappiamo tutti, hanno anche una valenza evolutiva, segnalano
l’esigenza di confrontarsi con i cambiamenti per riattivare una funzione mentale molto importante: “la
pensabilit{”. Questa funzione declinata in un gruppo di lavoro comporta la capacità di pensare insieme.
La pensabilità, come scrive Romano1, è quella “funzione
creativa della mente capace di contenere, elaborare ed
interpretare i pensieri e
le emozioni relativi alle
esperienze che si incontrano in modo da produrre pensieri
nuovi e più adeguati”. Contenere, nel senso di ricevere e
mantenere in uno spazio mentale le turbolenze emotive e
intellettuali che si incontrano, elaborare nel senso di
riuscire a dare un senso agli eventi esperienziali,
interpretare nel senso di poter accedere a significati più
veri e più completi delle esperienze emotive. Una
supervisione infatti, quale quella che abbiamo condiviso,
che si prenda cura della pensabilità ha comportato un’esperienza emotiva di cura e di conoscenza che,
a partire dagli eventi concreti, ha permesso di narrare le esperienze, di confrontare i vissuti, di
suscitare domande e di trovare risposte in modo da orientare il lavoro sulla base di pensieri, teorie e
procedure che non siano frutto di rigidità teoriche o impostazioni ideologiche.
Abbiamo condiviso uno spazio esperienziale di supervisione e di formazione nel quale abbiamo
modulato, da una parte l'attenzione ai contenuti, alle narrazioni che di volta in volta venivano portate
da qualche membro del gruppo, dall'altra l'attenzione alla funzione stessa dell’ascolto. Tale funzione
non si sintonizzava solo sui contenuti, ma ampliava il suo campo nell’esercizio della sua stessa
funzione, includendo i pensieri, le associazioni, le emozioni, le fantasie che nel gruppo emergevano.
La disponibilità a lasciarsi attraversare dalla narrazione e scompaginare dalle emozioni che circolano,
per poi trovare una immagine, un racconto, una metafora che permettano passaggi e trasformazioni
1Romano R., (2000) Il ruolo dell’impensabilità negli individui e nei gruppi coinvolti in situazioni estreme,
www.proteccioncivil.org
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verso un ampliamento della comprensione, ci hanno
fatto fare esperienza della creatività del pensare in
gruppo.
Gli operatori di “Spazio Giovani” incontrano le
turbolenze dell’adolescenza e con gli adolescenti sono
chiamati ad abitare zone di confine.
Il concetto di confine è di per se stesso evocativo.
Scrive Erlich: “In realt{ conviene pensare ai confini non
come a ben definite e sottilissime linee, non in grado di
contenere e sostenere la vita, ma piuttosto come ad
aree grigie o territori selvaggi, nei quali succedono moltissime cose e vi si svolge una importante
attività vitale. Tutto ciò può assumere il carattere di “gioco”, nel senso che non conduce
immediatamente a conseguenze vincolanti in ben definite aree della vita. Un tale genere di confine, o
meglio ancora di area di frontiera, fornisce una buona quantità di elasticità e permeabilità. Può altresì
far nascere e crescere tutto ciò che è creativo, nuovo, psicologicamente rilevante. Ma in questo posto
non hanno le loro radici solo aspetti della vita positivi e creativi. Anche fenomeni negativi, come
l’ostilit{, sono strettamente collegati agli scambi e agli accadimenti che avvengono ai confini.” 2
Altrettanto importante è la dimensione dell’incontro. L’etimologia della parola incontro, come ci
ricorda Della Torre3 coniuga la preposizione “in”, preposizione di stato in luogo, con l’avverbio
“contro”, “trovarsi di fronte a qualcuno, qualcosa”.
Mi sembra che ben sia espressa da questa parola sia la necessità di sentirsi presenti e stabili, sia di
accogliere i perturbamenti dall’incontro con l’alterit{. E in questo c’è una specularit{ con gli
adolescenti che incontrano lo sconosciuto di un corpo che cambia, della sessualità, delle pulsioni, dei
desideri, della libert{, della forza dell’azione, della scelta, della responsabilità.
Certo, per gli operatori essere capaci di mantenere questa attitudine, nel senso di essere aperti ad
ascoltare veramente cosa gli adolescenti portano negli spazi dell’incontro, quelli dove esprimono i
loro disagi o le loro fratture emotive, quelli dove hanno bisogno di pensare alle loro domande
evolutive, quelli dove hanno bisogno di conoscere il loro corpo - quelli, quindi, della cura,
dell’orientamento e della prevenzione - è una ricerca continua.
Incontrare i pensieri è veramente pensare, sottolinea La Torre, altrimenti tutto si riduce ad un
rimestare concetti già logori ad incontrare il pensato, anche noi adulti non possiamo evitare l’incontro
con ciò che è inatteso, con ciò che si sottrae all’intenzionalit{.
Gli adolescenti portano il bisogno di porsi e di porre domande e di trovare risposte. Gli operatori
portano la complessità di accogliere e di sostenere le turbolenze dei passaggi della crescita.
“Se stai sul piano del pensiero, puoi essere giovane o vecchio, questo non conta più…” commentava
un’operatrice di “spazio giovani”. La creativit{ infatti nasce dall’attitudine a uno stato di apertura e di
meraviglia a tutto ciò che si dischiude e appare dentro di noi e di fronte a noi.
Possiamo augurarci anche noi con Winnicott “di non perdere mai la capacit{ di sorprenderci e di
meravigliarci”.
2
Erlich H.S., Nemici interni ed esterni: paranoia e regressione nei gruppi e nelle organizazioni,
presentato al XIX corso di San Lazzaro, Bologna, 6 maggio 2005
3
D. La Torre, Incontro con il pensiero, Koinos , Borla, n.1 2009
59
ANTONELLA ANICHINI
“…A narrare il mutare delle forme in corpi nuovi
mi spinge l’estro. O Dei, se vostre sono queste metamorfosi,
ispirate il mio disegno, così che il canto delle origini del mondo
si snodi ininterrotto sino ai miei giorni….”
Ovidio,Metamorfosi
Libro primo
Ci sono incontri fertili (..)
Semplificano e alleggeriscono l’intesa con noi stessi.
(Corrispondenza tra Renè Char e Albert Camus)
Vorrei unirmi alla dottoressa Brunori e ringraziare tutto il gruppo dello spazio giovani del consultorio
Rimini e Riccione, per questo bel convegno e per il loro contributo attivo, nel percorso formativo, che
abbiamo condiviso; le riflessioni che porto qui oggi prendono spunto proprio da questo loro
contributo, in sostanza dal ripensare la loro esperienza.
“SPOSTI TUTTI I MIEI CONFINI!”
L’adolescenza oggi tra biologia e cultura, continuità e cambiamento
Da sempre, l’adolescente esiste in quanto il cambiamento
puberale trasforma il corpo del bambino sconvolge i suoi
punti di riferimento spaziali e la linearità del suo
sviluppo fisico; egli per mezzo della pubertà viene
proiettato alla ricerca di un oggetto esterno: in questo
senso vi sono sorprendenti analogie con il neonato, alla
ricerca del seno.
Come ben sappiamo, le funzioni corporee costituiscono
fin dalle prime fasi dello sviluppo, soprattutto in quelle
più precoci, la forma strutturante su cui si organizzano le
funzioni psichiche più basiche e fondamentali. Parlare di vissuto psichico rimanda al legame tra corpo
e l’identità: il corpo, si dice è la prima casa che abitiamo, è ciò che fa sì che noi ci riconosciamo e che
veniamo riconosciuti.
Il corpo in adolescenza è segnato dall’accesso alla genitalit{ ed è qui che occorre fargli un posto nella
comunità adulta. Il “passaggio” dallo stato infantile a quello adulto si traduce dunque in un
cambiamento di territorio (Jeammet,2009) e in quest’ottica appare fondamentale la chiarezza dei
confini intergenerazionali.
Adolescenza e riti di passaggio: Le società primitive per molto tempo si sono preoccupate di
inquadrare con cura questo percorso, come se intuissero quanto queste fasi di cambiamento, di
oscillazioni, di instabilità, mouvance secondo una bella espressione di Kestemberg E., 1999,
comportino in termini di possibile apertura e di potenziale pericolo per la trasmissione della cultura.
Le società primitive usano molto i riti; il corpo svolge un ruolo fondamentale mentre la parola quasi
60
non ha posto. Ci sono riti di iniziazione in cui il rito non è soltanto parlato ma quasi soprattutto agito e
si realizza attraverso un concreto segno corporale.
Ma che cosa accade oggi? Si dice che l’adolescente ha perso i suoi riti; le zone di confine
intergenerazionale si sono dilatate, sul piano biologico, l’aspettativa di vita si è allungata, è cambiato il
modo di concepire e gestire la sessualit{, l’et{ fertile si è allungata. A questo proposito mi hanno
molto colpito le parole di una canzone, in prossima uscita, di Gianna Nannini (che tutti voi saprete ha
dato alla luce una bambina, Penelope, all’et{ di 54 anni), canzone dedicata alla figlia, dal titolo “Io e te”
in cui la cantautrice dice:
Ogni tanto penso a te…sposti tutti i miei confini…amor che bello darti al mondo..”
Parole se vogliamo molto eloquenti che sanciscono dei cambiamenti (rivoluzioni?) allo stesso tempo
biologici e culturali (la biologia modifica la cultura e la cultura modifica la biologia!).
Ma in particolare, sul piano culturale, che cosa accade allo scambio generazionale?
L‟adolescenza ha perso i suoi riti, si dice, si accentuano le difficoltà di identificazione che mettono
in evidenza l‟importanza di trovare nuove forme di riconoscimento sociale della pubertà e della
nascente sessualità.
Gli adulti “in crisi”sembrano cercare oggi nell’adolescenza una risposta ai propri interrogativi sul
senso della vita, prestando un’attenzione complice alle loro titubanze, alle loro incertezze, alle loro
sofferenze, talora con idealizzazione della confusione; gli adulti sembrano aver smarrito la forza e la
fiducia nel mettere i limiti. Si profila la necessità di riscoprire il senso del divieto: porre un limite,
dice Jeammet (2009) significa sempre incontrare un giovane alla ricerca di un senso, esprimergli
l’interesse per il suo futuro, riconoscere il suo valore.
Gli adolescenti hanno proprio bisogno che venga rispecchiato il loro valore e questo bisogno sarà
soddisfatto quanto più incontrerà risposte efficaci ma anche in funzione di quanto solide sono le
fondamenta gettate dalle relazioni precoci, a cui possiamo dare insieme un rapido sguardo.
ALLE RADICI DEL CONFINE DEL SE’: LA REVERIE, ALLE ORIGINI DELLA COMPRENSIONE E
DELL’AMORE.
Nello sviluppo emozionale individuale il precursore dello specchio, dice Winnicott (1974) è la faccia
della madre; nel suo bellissimo libro “Gioco e realt{”, egli scrive, a proposito del rapporto
dell’adolescente con la sua immagine, in particolare quella riflessa nello specchio:“Quando una comune
ragazza si guarda allo specchio, studia la propria faccia nello specchio, essa si va rassicurando che l’
immagine della madre sia lì, che la madre la possa vedere e che la madre sia in rapporto con lei”..
Il concetto di madre specchio mostra a mio avviso, straordinarie affinità con il concetto di REVERIE,
(Bion,1972) intesa come capacità della madre di sviluppare un organo recettore per metabolizzare
(digerire) le informazioni sensoriali coscienti del bambino e porre le basi per la “costruzione”di un
apparato per pensare; la reverie così produce comprensione e amore sostenendo la possibilità di
contattare se stesso e gli altri come se si trattasse di oggetti “vivi”. Sentirsi reali, dice Winnicott, è più
che sentirsi esistere: è trovare una maniera di esistere come se stesso e di entrare in rapporto con
oggetti come se stesso e di avere un sé entro cui ritirarsi per rilassarsi..”
Tornando a Winnicott, tutto ciò è possibile attraverso tre funzioni materne fondamentali:
1) contenere (Holding)
2) manipolare (handling)
61
3) presentare l’oggetto (object presenting)
Se un bambino viene tenuto e manipolato in modo soddisfacente gli si presenta un oggetto in modo
che la legittima esperienza di onnipotenza non venga violata ecco che allora si strutturano con
chiarezza i suoi confini. Il confine (Ruggeri Saraceni,1980) è un limite che dà forma e che contiene,
fondando l’identit{ del sè delimitandolo dal non se; il confine è al tempo stesso un filtro che regola
l’entit{ e la qualit{ degli scambi tra mondo interno e mondo esterno, consentendo di definire uno
spazio di rappresentazione; il confine infine è una trama che garantisce la compartimentazione delle
parti costruttive dell’apparato psichico. La differenziazione tra sè e l’altro è sufficiente perché nasca la
consapevolezza di un sé differente da questo altro.
Se l’oggetto materno non si mette a sua disposizione nella sua interezza (corpo e mente) il compito
evolutivo del bambino è infinitamente complicato, ne derivano alla pubertà (alla resa dei conti) le
costellazioni patologiche:
di qui le patologie legate a un irrigidimento dei propri confini, nelle sindromi “vietato l’accesso” (Gianna
Polacco,1994) che caratterizzano ad esempio i disturbi del comportamento alimentare (anoressia) o
le patologie legate all’eccessiva permeabilità del confine come le patologie di personalità, con
“diffusione dell’identit{”, i disturbi dell’identit{ di genere; di qui infine le manifestazioni di violenza
distruttiva con violazione dei confini come un mezzo estremo per riuscire a sentirsi esistere, per
riuscire ad avere un contatto con se stessi e compensare la mancanza di contatto con qualcun altro, la
mancanza di empatia e in sostanza di “calore umano”.
Per questo è così prezioso, nell’ottica della prevenzione, il vostro lavoro multidisciplinare di ascolto e
accoglienza delle neo-mamme, nei consultori.
ADOLESCENTI ALLA RICERCA DEI CONFINI: INCONTRARE L’ALTRO PER TROVARE SE STESSI
Abbiamo parlato di relazioni precoci, fondamento dell’identit{ di ciascuno. Ma l’adolescente deve
differenziarsi dai suoi primari oggetti d’amore, infatti egli è alla ricerca di nuovi oggetti d’amore. Dire
amore a quest’et{, spiega Jeammet (2009), vuol dire parlare di minaccia narcisistica proprio a causa di
questo desiderio di un’altra persona. Ma dire amore vuol dire soprattutto grande possibilit{ di
apertura, cambiamento, trasformazione. E’ pur vero che solo quando si è sufficientemente sicuri di sé
ci si può aprire, quando si ha paura ci si chiude e l’altro, il diverso, diventa pericoloso. Occorre sostare
allora in questa zona, tra continuità e apertura, con la convinzione che, qualunque sia la sua natura e la
sua forma, ogni scambio con l’adolescente può assumere la dimensione di un incontro e caricarsi di un
significato potenziale che il suo interlocutore spesso è lungi dal sospettare. I buoni incontri in
adolescenza, dice Bolognini (2008) sono come uno “scambio ferroviario”, possono trasformarsi in
un’occasione per una rivelazione, in un punto di partenza per un percorso iniziatico verso l’avventura
dellla vita. Ma quali sono le occasioni di incontro che cercano gli adolescenti oggi? Come sono cambiate
le modalità di incontrarsi? Si parla di una prevalenza di legami orizzontali tra pari, e di una prevalenza
di legami “virtuali”. Proviamo a vedere cosa cercano i ragazzi nei social network.
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“MA IO SONO VIVO”?
Cosa cercano i ragazzi, nei Social Network? Come gestiscono oggi la comunicazione orizzontale?
Tenterò di rispondere con le parole di un adolescente, parole scritte in un tema che è stato portato
(letto in forma anonima) da voi nei nostri seminari; il tema si intitolava “La mia sera…” il ragazzo
scrive:”la sera penso alla mia vita, mi chiedo:”ma io sono vivo?” io mi sento vivo quando gioco coi
videogiochi..io mi sento vivo quando gioco, quando attacco la spina. La sera penso alla morte, penso di
scomparire come una brezza sul mondo. Certe volte spero di scoprire che la vita è un sogno…..”
Da questo stralcio autobiografico emerge un bisogno fondamentale, sentirsi vivi e quindi reali, come
abbiamo visto prima con Winnicott (1974): sentirsi reali e vivi abbiamo detto è molto più che sentirsi
esistere. I ragazzi sono alle prese con il dolore del distacco (la sera..), col dolore delle numerose perdite
che l’et{ comporta; in contatto con la provvisoriet{ dei legami, dove la solitudine è un rischio, si
difendono dal dolore mentale cercando “rimedi”che a volte sconfinano nella fantasia (illusione) al
giorno d’oggi, di “essere sempre connessi” una sorta di utopia, come essere “senza corpo”. In modo
comprensibile spesso da più parti si fa sentire, un monito, una denuncia del rischio che queste nuove
forme di comunicazione portano, accompagnandosi a un velo di nostalgia del passato; vi ricorderete
che abbiamo letto e commentato insieme al riguardo alcuni brani del libro Emmaus di Baricco (2009)
là dove, ad esempio questi scrive:“Noi ragazzi tra calcio, parole e sentimenti pensavamo che durasse
per sempre….e poiché non esisteva facebook essere amici significava fare delle cose. Non parlarne o
raccontarle. Farle… “
Ma, ci siamo anche detti: se gli adolescenti socializzassero all’antica imparerebbero di più all’antica…
questi timori non saranno le solite preoccupazione degli adulti di fronte alle nuove generazioni?”
Inevitabile è il bisogno di apertura al nuovo dunque e prendendo a prestito le parole di Zucconi: “non
siamo diventati tutti ciechi per aver visto Carosello, non siamo tutti morti carbonizzati dopo la scoperta
del fuoco..”
Guardare al nuovo con attenzione, senza sospetto né illusione sembra l’atteggiamento migliore. In
questo modo però ci rendiamo conto che forse i social network apportano e sanciscono al tempo
stesso un cambiamento radicale, un cambiamento nella natura dell’essere umano. Augè (parla di
Homo tecnologicus specificando che si stanno costruendo “nuove forme di umanit{”. E’ evidente
l’aspetto “miracoloso” dei social network, è possibile, ad esempio con skype, mantenere contatti a
distanza, ricucire strappi e lontananze. In questo senso i social network offrono nuove, stupefacenti,
opportunità. Tuttavia emergono anche perplessità legate a questi contatti “senza corpo” che
caratterizzano le relazioni su second life ad esempio; emergono timori che derivano dalla difficoltà a
“filtrare”, gli stimoli col rischio di esserne sommersi. Occorre allora anche noi adulti, operatori dei
servizi per adolescenti, rendere pensabili queste trasformazioni che avvengono ai “confini della
realt{”.
“TWILIGHT” ZONE : COABITARE NUOVE FRONTIERE DI RICERCA DI SENSO
A questo proposito vorrei porre l’attenzione su una serie televisiva di fantascienza (dal 1959 al 1964;
dal 1985 al 1989; dal 2002 al 2003) “Twilight zone” sua pronipote (anche se nella sostanza, piuttosto
diversa) la recente saga di Twilight che riscuote tanto successo tra gli adolescenti oggi, al cinema
(ultima versione: Eclipse). In questa serie TV si esplorano le vite di normali persone che vengono
radicalmente cambiate dall’incontro con “l’ignoto” con uno squarcio nella realt{ che fa diventare
credibile anche l’impossibile. ”In questa zona trovano spazio incontri con vampiri, lupi mannari ecc.; si
può dire che questa “è la regione intermedia tra la luce e l’oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra
63
l’oscuro baratro dell’ignoto e le vette luminose del sapere. E’ la regione dell’immaginazione, una regione
che si trova ai confini della realtà..” (Rod Serling)
“Twilight” significa: “crepuscolo, luce crepuscolare, tramonto declino, luce incerta del mattino, albore,
inizio”.
“Twilight zone” indica la zona del crepuscolo: è un termine che in aviazione indica il momento in cui,
in fase di atterraggio di un aereo, la linea dell’orizzonte scompare sotto il velivolo lasciando per un
attimo il pilota senza riferimenti.
La Twilight zone mi pare allora una bella metafora dello spazio di confine tra realtà esterna e realtà
interna, una zona da coabitare insieme ai ragazzi, una zona in cui si cercano i significati, le
rappresentazioni, sostando in ciò che ancora non si conosce.
ADULTI ABILI NELLA RISPOSTA, OVVERO LA NOSTRA “RESPONS-ABILITA’ EMOTIVA”
Stato di attesa dunque, necessaria per la pensabilità di cui si è parlato all’inizio. Ma chi lavora con
adolescenti ben sa quanto è difficile mantenere questi spazi di pensiero spesso saturati dall’agire/agiti:
gli adolescenti sono impazienti, hanno bisogno di risposte veloci. Occorre che gli adulti siano
responsabili ovvero abili-nelle risposte (Don Sergio Messina,2009) risposte concrete alle loro
domande: domande sulla decodifica dei segnali del loro corpo e dei loro vissuti, sulla sessualità la
contraccezione la gravidanza, sui rischi da cui si sentono minacciati nei loro rapporti, su loro sentirsi
(e spesso lo sono) molto soli nelle decisioni quotidiane.
Le risposte devono arrivare a tempo, a caldo, ”ben cucinate”.
Cosa fa l’adolescente se gli adulti si sottraggono all’incontro? Come i bambini con carenze affettive
questi adolescenti picchiano la testa non più contro i bordi delle loro culle bensì contro i muri della
società senza poterli scavalcare; picchiandosi e facendosi male si sentono esistere per sé e per gli altri
(Jeammet,2009). In altre parole, gli adolescenti cercano i loro confini, nell’incontro con l’altro.
E’ importante poter disporre di contenitori adeguati, luoghi di accoglienza nuovi e declinati in diversi
modi, in cui si coltivi l’approccio multidisciplinare. Il prezioso lavoro che sta svolgendo lo Spazio
Giovani di Rimini e Riccione ne è un esempio: l’ottica gruppale col lavoro di integrazione
multidisciplinare e di supervisione psicodinamica consente di dare profondità di sguardo alle singole
professionalità e di condividere i carichi emotivi del loro lavoro.
Stare sul confine diviene così possibile, per cercare di conciliare le contraddizioni che minacciano la
coesione dell’identit{ dell’adolescente affinchè egli possa sentirsi riconosciuto, accolto e al tempo
stesso invitato a cambiare.
Da adulti abili nella risposta ad adulti respons-abili nel senso che si assumono la RESPONSABILITA’
EMOTIVA ovvero la responsabilità di comprendere cosa accade nella loro mente quando interagisce
con gli adolescenti. A tali operatori, dice Jeammet, non è dato risolvere i paradossi ma se possibile
creare le condizioni che li rendano vivibili o quanto meno concepibili, in altre parole pensabili.
ESSENZA DELL’ADOLESCENZA: LA DISSONANZA
Nei nostri seminari sull’adolescenza, abbiamo commentato come tutte le osservazioni sembravano
disporsi su due poli opposti e la parola chiave, centrale e riassuntiva individuata è stata: “dissonanza”.
64
Vorrei fissare a questo proposito quella bella immagine portata da voi, della ragazzina marocchina che
arrivava in consultorio, accompagnata da parenti col velo, indossando un piumino Moncler!
Stridenti contrasti in questa “foto di gruppo” incarnano i conflitti di quel corpo adolescente.
Su questa bella immagine lascerei la parola a Patrizia Brunori, per le sue preziose riflessioni
sull’importanza della conoscenza degli aspetti interculturali, quando si lavora con l’adolescenza e, a
dire il vero, in tutto il vostro lavoro.
PATRIZIA BRUNORI
Adolescenti di qui, figli di genitori immigrati.
L'adolescente essendo sempre in un crocevia generazionale
interpreta per primo gli elementi di trasformazione, i
cambiamenti di una società, li anticipa, li presentifica con il
suo linguaggio, con il corpo, con le sue fantasie e con i suoi
sogni.
Oggi, sempre di più, le nostre realtà divengono multiculturali.
Come incontriamo negli spazi di cura, negli spazi di
prevenzione, negli spazi scolastici questi ragazzi che stanno
crescendo in Italia e i cui genitori hanno intrapreso, tempo
addietro un processo di emigrazione? Come sosteniamo la
costruzione dei loro processi identitari?
Ci portano domande e sofferenze specifiche?
Come articoliamo il concetto di “identit{” e di “costruzione dell’identit{” con quello di “cultura”?
Ci sono oggi riflessioni molto articolate, sono quelle che ci sono proposte dall’ etnopiscoanalisi,
disciplina che nasce in Francia con Devereux, e che si sviluppa poi con i contributi teorici e clinici di
Natan e con Moro4
Con queste riflessioni sulle dinamiche psichiche nei percorsi migratori, sulle specifiche sofferenze e
sugli assetti di cura, bisogna dialogare. Infatti quando il contesto si modifica, come nella migrazione,
bisogna rendere più complessi i modelli di relazione e di cura. Come sottolinea Moro bisogna tener
conto dell’origine, cioè del sistema culturale di appartenenza e del movimento, cioè dei processi di
acculturazione. Ogni setting non può che essere trans-culturale, e un setting trans-culturale necessita
sempre di una complessità di pensiero e di comportamento.
Bisogna poi anche declinare e arricchire queste conoscenze nei singoli contesti, poichè l’emigrazione è
al tempo stesso un’ esperienza economica, sociale, culturale, giuridica, psicologica… Sono proprio gli
operatori delle istituzioni pubbliche, coloro che incontrano le mamme, i bambini, i giovani che
4 Tra i molteplici lavori di Marie Rose Moro, già tradotti in italiano, e da cui sono presi i concetti che
seguono ricordo:
65
provengono da altre realtà, che possono contribuire a sostenere i passaggi evolutivi e a costruire le
strade per una buona integrazione interculturale; così come a condividere i percorsi della cura delle
sofferenze e delle fratture esistenziali che l’ esperienza migratoria può comportare. Poiché
l’emigrazione è un esperienza potenzialmente traumatica e anche se tutti consumiamo la vita a fare
passaggi e ad attraversare confini, l’emigrazione ingrandisce il tema della sofferenza dei passaggi.
Complementarismo, decentramento, curiosità, gruppo, controtransfert traumatico e controtransfert
culturale sono concetti fondanti della clinica transculturale.
L’etnopsicoanalisi si fonda al contempo sul riconoscimento dell’universalità psichica - ogni neo-nato
sviluppa il suo apparato psichico all’interno di una relazione primaria, ogni adolescente deve
elaborare passaggi di trasformazione, ogni uomo soffre, sogna, pensa - e sul riconoscimento delle
differenze culturali. Si sviluppa dall’incontro tra la psicoanalisi e l’antropologia. La psicoanalisi pone il
suo accento sulla soggettivit{ umana e sui suoi stati affettivi, fantasmatici e cognitivi. L’antropologia
pone la sua attenzione sulla comprensione dei fattori collettivi che strutturano le attività umane e la
loro organizzazione.
Psicoanalisi ed antropologia approcci diversi ma complementari, ad es. una mamma africana che non
riesce ad avere una relazione con il suo neo-nato esprime una sofferenza nella sua relazione con il
bambino, ci dovremmo occupare di questa sofferenza, ma ascoltare anche la sua narrazione che
potrebbe condurci in territori per noi più sconosciuti, quali quelli per es. della paura che il suo
bambino sia oggetto di una possessione di spiriti malvagi.…. Entrambe le narrazioni hanno bisogno di
essere articolate ed integrate nella soggettività.
Il senso ultimo dell’etnopsicoanalisi è quindi proprio quello di riconoscere al contempo l’universale e il
particolare psichico per accogliere la narrazione dell’individuo presente davanti a noi e per creare un
ponte che permetta la costruzione di un senso comune. E’ la pratica quindi del complementarismo
degli approcci e del decentramento nell’ascolto.
Da qui nasce la necessità di una clinica a geometria variabile, come la definisce Moro, che si esprime
con cambiamenti ed adattamenti nel setting per favorire la creazione di ponti fra noi e l’altro. Tutto
ciò serve per meglio comprendere l’altro e il métissage che si crea.
Per meglio far fronte al métissage il terapeuta deve far fronte all’alterit{ in sè. Tale alterit{ viene
sempre fuori nell’incontro con l’Altro, con il diverso, con lo straniero.
Identità e cultura sono due poli inscindibili, due concetti dinamici,
plastici in trasformazione, non esiste un uomo senza cultura, dice
Natan.
Pensiamo quindi all’identit{ come una costruzione continua e
complessa che inizia per ognuno di noi prima della nascita stessa,
nelle rappresentazioni della coppia genitoriale, nella storia della
famiglia e nel contesto culturale di appartenenza. Un sistema
culturale, dice Moro, è “costituito da una lingua, da un sistema di
parentela, da un insieme di abilità e di condotte (le cure igieniche,
le arti, la cucina, le forme di cura, le pratiche di accudimento.) Tutti questi elementi sparsi trovano una
struttura coerente nelle rappresentazioni culturali. Interfaccia tra l’esterno e l’interno e permettono
l’esperienza soggettiva.”
Dalla cultura deriva la griglia di lettura del mondo, le rappresentazioni mentali, il rapporto con il
corpo, gli stili genitoriali, l’arte, l’organizzazione sociale.
L’identit{ è il risultato di una costruzione continua, di passaggi e di trasformazioni, anche le culture si
trasformano.
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Moro sottolinea la necessità di incontrare e costruire il métissage nei pensieri, negli uomini nella
culture. Questo perché le diverse culture si mescolano e danno contributi l’una all’altra. L’esperienza
dell’emigrazione è un’esperienza potenzialmente traumatica. Moro molto attenta alle sofferenze di
identità nei percorsi di emigrazione e di esilio, in particolare a quelle dei “ragazzi di seconda
generazione” cioè figli di genitori che hanno vissuto l’esperienza dell’emigrazione porta alla nostra
attenzione due punti importanti: il rapporto genitori figli si costruisce all'interno del contesto
culturale dei genitori, quindi alla nascita un bambino è immesso dentro un contenitore culturale che
gli è trasmesso attraverso una lingua, delle rappresentazioni della realtà, delle pratiche, un sistema di
parentela.
Quando ci sono delle disarmonie, delle sofferenze tra genitori e figli, nelle famiglie che hanno
l’esperienza della migrazione, queste disarmonie sono dovute ad una fragilizzazione del contenitore
culturale.
Diviene allora molto importante prenderci cura di queste ferite, di queste fratture o di queste fragilità
del contenitore culturale.
Ci sono tre momenti particolarmente delicati, in realtà di migrazione, in cui questo contenitore
culturale, è molto esposto:
-
La gravidanza e la nascita.
-
La prima scolarizzazione
-
L'adolescenza
Nascere
I periodi della gravidanza e della fase post-natale presentano delle grandi differenze nelle società
tradizionali e quelle occidentali, e costituiscono un momento di vulnerabilità psichica. Per vulnerabilità
psichica Moro intende quella condizione soggettiva che risente in modo più forte delle variazioni
ambientali, una condizione in cui il soggetto ha minori possibilità di attingere alle proprie risorse
interne, in cui, proprio per le condizioni contestuali, è più fragile la resilienza.
Le mamme immigrate sono poste nella complessa situazione di essere messe di fronte a doveri
contraddittori: rapportarsi con i valori e le pratiche della società di accoglienza (nei percorsi di
gravidanza, nel parto, nelle cure primarie…) trasmettendo al tempo stesso i valori tradizionali. I
bambini dei migranti presentano una vulnerabilità psichica specifica, tanto sul piano psicopatologico,
che su quello cognitivo. L’ipotesi per Moro è che questa sia legata al fatto che i bambini introiettino
una scissione: il mondo interiore legato all’affettivit{ e all’universo culturale dei genitori ed il mondo
esterno, della scuola e dei media retto dalle regole del contesto di immigrazione. Il bambino di una
famiglia immigrata è un bambino esposto al rischio trans-culturale.
Andare a scuola
Con la scolarizzazione si può creare una distanza tra genitori e figli che innesca processi di defiliazione
(Yahyaoui). Questo processo raggiunge il massimo con l’adolescenza.
Essere adolescenti di “seconda generazione”
L’adolescenza, con le sue naturali turbolenze e domande per la necessaria ridefinizione di se stesso e
dell’altro comporta una ricerca di un proprio posto, sia sull’asse della filiazione - l’adolescente si
interroga sul posto che occupa nella sua discendenza: è come suo padre, come suo nonno? – sia su
quello dell’affiliazione: gli amici, l’amore, la comunit{….Per questa complessit{ si costituisce come un
periodo di particolare vulnerabilità e rispetto ai precedenti va aggiunto una caratteristica specifica:
“l’impulso ad agire”, alcuni parlano di “impulso al trauma”. Nathan la interpreta come una ricerca di
esperienze estreme, proprio in momenti di vacillamento dell'identità, per sentire una forma di identità.
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Moro sottolinea che quanto più l’emigrazione o l’esilio non hanno potuto essere elaborati dai genitori
nei loro aspetti traumatici, tanto più questo vissuto traumatico viene passato ai figli.
Spazio Giovani
L’adolescente ha bisogno di ascolto e attenzione per conoscersi ed essere conosciuto al fine di trovare
il proprio modo di poter integrare continuità e cambiamento.
Io credo che “Spazio Giovani”, proprio per la sua visione a 360° dell’adolescente possa svolgere
profondamente questa funzione, che sia uno spazio “transculturale”, sensibilizzato alla pratica del
complementarismo degli approcci e del decentramento nell’ascolto. Da qui l’importanza del sostenere
l’esperienza del “pensare in gruppo”.
Vorrei terminare rilanciando una metafora che è emersa nel nostro primo incontro: “il ponte”.
Ci sono molti ponti che gli operatori attraversano con gli adolescenti: quello tra l’infanzia e l’adultit{,
quello tra il corpo e la mente, tra il conscio e l’inconscio, tra il maschile ed il femminile, tra la famiglia
ed il gruppo, tra la continuità e il cambiamento, tra le culture, tra i sogni e la realtà.
Una “passeggiata nella diversit{” dice M. R. Moro è un immenso regalo che abbiamo a portata di mano.
Concludo, mentre si proietta l’immagine del vostro bellissimo
ponte di Tiberio, con due brani tratti da Ivo Andric nel libro: il
ponte sulla Drina
“…..La vita dei ragazzi della cittadina si svolge sotto il ponte e attorno
ad esso, tra inutili giuochi e fantasie infantili. E fin dai primi anni
dell’adolescenza ci si trasferisce sopra il ponte, dove i sogni giovanili
trovano altro alimento e altre sfere di interessi, ma dove cominciano
già anche le preoccupazioni, le lotte e il penoso stento della vita. Sul
ponte e vicino al ponte sbocciano i primi sogni d’amore….si svolgono
anche i primi lavori e gli affari, i litigi e gli accordi, gli appuntamenti e le attese. Qui, lungo il parapetto di
pietra del ponte, vengono messe in vendita le prime ciliegie…..ma qui si raccolgono pure i mendicanti, gli
storpi…così come i giovani e i sani che desiderano farsi vedere o vedere qualcuno, o come tutti coloro che
hanno da mettere in mostra qualche frutto, qualche abito o qualche arma speciale.”
“…Così le generazioni si susseguirono accanto al ponte, ed esso si scrollava di dosso, come polvere, tutte le
tracce che vi lasciavano sempre gli effimeri capricci e bisogni umani, e rimaneva immutato e immutabile
dopo ogni evento”
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L'ACCOGLIENZA: IL SENSO DI UN INCONTRO
VILMA BASTIANINI – Assistente Sanitaria Spazio Giovani 360° Ausl Rimini
Nella relazione di ascolto tra un adulto e un adolescente ci
troviamo di fronte ad una relazione in cui un “adulto
competente” è li ed ascolta. Un adulto che sta nella relazione
“senza memoria e senza desiderio”, senza la stupida illusione di
poter capire qualcosa degli adolescenti attuali ricordandosi della
propria adolescenza e quindi senza la memoria né dei libri
studiati né della propria adolescenza, che confondono solo le
acque. Un adulto dotato di uno spazio mentale per ascoltare e
provare a identificarsi, guardare con gli occhi degli adolescenti di
adesso, nella società complessa del duemila..
Un ascolto che funge da sostegno alla crescita al fine di riorganizzare la speranza rispetto al fatto che il
futuro esiste ed è un tempo deputato alla realizzazione del desiderio, è un tempo in cui si realizzerà il
desiderio e il progetto personale.
Riuscire, quindi, a garantire delle esperienze relazionali che siano funzionali al sostenimento della
crescita.
Un ascolto capace di rispecchiare, dare senso all’angoscia da scacco, per evitare che tale angoscia si
trasformi in qualche azione pericolosa.
Ascoltare vuol dire parlare, dar vita ad un dialogo.
Gustavo Pietropolli Charmet
Una buona e significativa relazione tra un adulto e un adolescente presenta quasi sempre delle difficoltà,
dovute in buona parte a disturbi della comunicazione. L’adolescente ha un vissuto dell’identità personale
precario ed instabile per cui gli è difficile sapere cosa vuole, cosa è e cosa vuol diventare: come può un
interlocutore adulto capirlo? “Non può capirlo, ma può accettare di non capirlo e vivere questa
condizione come la naturale conseguenza del suo momento evolutivo. Se l’adulto accetta questa
condizione e non si propone di fornire un’identità posticcia o inventata, se è disposto ad ascoltare con
interesse rispettoso e non giudicante, se sa cogliere ed accogliere l’insicurezza palese o nascosta, lo
sgomento espresso od in agguato, l’adolescente si sentirà riconosciuto nella sua non ancora raggiunta
identità e questo riconoscimento (che il più delle volte deve essere sentito e non comunicato),
paradossalmente, gli restituisce un’identità, che è l’identità dell’adolescenza, cioè quella del
cambiamento, della confusione e della precarietà.
Il consulente diventa dunque lo strumento che l’adolescente può utilizzare per cercare di dare una
risposta ai suoi interrogativi: “chi sono?”, “cosa mi accade?”, “che senso hanno e cosa sono le mie relazioni
con gli altri e con me stesso?”.
Tommaso Senise
Pensando alla relazione adulto/adolescente non si deve pensare ad un “adulto-che-sa”, che può dire: “io
sono già passato di lì ed ho risolto i problemi”, ma ad un adulto partecipe di un movimento esistenziale
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analogo a quello dell’adolescente. L’adulto, infatti, ad un livello diverso e con una capacità diversa, vive
gli stessi processi dell’adolescente: conosce meglio i processi, ma non ha soluzioni. Questo non vuol dire,
però, che gli adulti sono uguali agli adolescenti, perché non è affatto positivo che l’adulto si ponga nella
relazione allo stesso livello dei ragazzi per creare vicinanza e solidarietà: il contatto e l’amicizia possono
esserci anche senza rinunciare alla diversità e alla asimmetria della relazione.
Ci si incontra, quindi, su una asimmetria sostanziale e su un coinvolgimento molto grande, perché gli
adulti, benché più competenti, non sono fuori dai giochi.
Anna Fabbrini
Alla luce di queste riflessioni gli operatori che hanno scelto di prestare servizio nello Spazio Giovani si
sono sentiti chiamati ad un compito allo stesso tempo arduo ed affascinante e hanno ritenuto di
fondamentale importanza impegnarsi in percorsi formativi sui temi della sessualità/affettività,
dell'adolescenza, della relazione ed appunto dell’ascolto e dell'accoglienza.
Le scuole di formazione a cui ci siamo rivolti sono state: l'Istituto Internazionale di Sessuologia di
Firenze, l'UICEMP di Milano e l'Istituto dell'Approccio Centrato sulla Persona di Bologna.
Recentemente abbiamo effettuato un percorso formativo e di supervisione con l’Istituto Italiano di
Psicoanalisi di Gruppo di Milano.
La Regione Emilia-Romagna e gli stessi Spazi Giovani, inoltre, hanno organizzato occasioni di
formazione continua, confronto tra gli operatori e riflessione sui temi dell'adolescenza.
L'organizzazione dello Spazio Giovani ha sempre riservato un’attenzione particolare al momento
dell’accoglienza. E’ prevista per ogni seduta la compresenza di due o tre operatori formati per
svolgere tale compito, al fine di garantire un tempo ed uno spazio sufficienti all’instaurarsi di un reale
contatto tra i ragazzi e il servizio.
Quello che vorrei condividere oggi con voi sono dei pensieri e delle riflessioni che si sono strutturate
durante questi vent'anni attraverso l'accoglienza e l'ascolto dei circa 9505 ragazzi che si sono
presentati allo Spazi Giovani.
Un'idea che accomuna gli operatori e i progetti di Trecentosessantagradi è l'assunto che una delle
finalità di questo servizio è quella di offrire delle occasioni e degli spazi di pensiero che si
interpongano all'agire spesso convulso e istintivo degli adolescenti.
Diversi autori sostengono che oggi nel mondo giovanile il culto della sensazione sempre più nuova e
sempre più intensa, sembra aver preso il posto della dimensione del senso.
Questo accumulo di sensazioni che prende il posto del senso distrugge la dimensione dell’esperienza. I
giovani oggi fanno sempre meno esperienze, anche se sembrerebbe il contrario, dal momento che
hanno più occasioni rispetto al passato. L' ipotesi è, invece, che ci sia meno esperienza a fronte di una
ricerca sempre maggiore di provare sensazioni, perché l’esperienza è la possibilit{ di metabolizzare
psichicamente la sensazione.
Oggi ci si trova di fronte a un’accelerazione del tempo della sensazione che pregiudica la dimensione
della riflessione o mentalizzazione, si è di fronte alla scarica continua che non lascia tracce: ecco
perché non c’è esperienza, perché non lascia tracce. La trasformazione implica un lavoro
sull’esperienza, a cui riteniamo si debba puntare nel lavoro con gli adolescenti.
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E' questo, quindi, il senso dell'incontro che
avviene tra l'operatore e l'adolescente nello
spazio dell'accoglienza:
sapere stare (SOSTARE / SO STARE) con quello
che i ragazzi portano senza giudizi e senza
pregiudizi, saper partire dalle loro esperienze
per creare insieme momenti di pensiero e di
riflessione.
Il cuore dell'accoglienza è essere interessati a ciò che i ragazzi vogliono, temono, sperano e gli piace, è
essere interessati ai loro sentimenti sulle cose più importanti della loro vita.
Un ascolto rispettoso ed empatico svolge un ruolo fondamentale nel processo di conoscenza di sé e di
cambiamento delle persone.
Un incontro accogliente e non giudicante con un adulto competente può aiutare l'adolescente ad
allargare i propri orizzonti, ad acquisire più opzioni per orientarsi nel proprio agire.
“E’ come se egli ascoltasse e un ascolto come il
suo ci avvolge in un silenzio in cui
cominciamo a udire
ciò che siamo destinati ad essere”.
Lao Tse,
saggio cinese vissuto 25 secoli fa
Cosa ha significato per noi in questi anni accogliere senza giudizio e senza pregiudizio l'agire
dell'adolescente?
Ha significato innanzitutto sincronizzarsi con la dimensione del tempo interno dell'adolescente che è
così diversa da quella degli adulti e spesso è così diversa anche da quella del tempo reale!
Questo ha portato all'apertura di un servizio a libero acceso, cioè senza appuntamento e gratuito,
perché gli adolescenti spesso non sono in grado di programmarsi e soprattutto non sono in grado di
aspettare per trovare risposta a un loro bisogno. L'attesa spesso offusca il bisogno stesso, col rischio di
veder trascurati problemi seri e importanti.
Ha portato anche al tentativo di cercare un contatto e di fermare un pensiero in quello che è spesso
l'unico incontro che l'adolescente si e ci concede. Trovare una risposta, un chiarimento, un momento di
ascolto, la diminuzione dell'ansia, sono spesso sufficienti all'adolescente per considerare risolto il
proprio problema. Trovo veramente rispondente questa metafora che mi è capitato di ascoltare:
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“gli adolescenti sono come dei nomadi
che si spostano nel deserto,
quando incontrano in un’oasi una pozza d’acqua
vi si tuffano dentro con impeto,
ma, non appena hanno bevuto alcuni sorsi
capaci di sedare la loro grande sete,
riprendono veloci il cammino.”
A questo proposito Pietropolli ha parlato di “rifornimento in volo” e qualcun altro ha parlato di una
casa capace di contenere il vento, perché è al vento che assomiglino gli adolescenti.
Ha significato andare dentro di forza in una comunicazione che spesso è così povera di capacità
comunicativa e ricca di gergalità, saper disporre di un linguaggio che permette di accedere
emotivamente ai significati della situazione di identit{ dell’adolescente.
Ha significato saper comunicare agli adolescenti che con gli adulti è possibile parlare anche di
sessualità. A questo riguardo noi adulti siamo veramente contradditori: da un lato comunichiamo
pudore, vergogna, senso di inopportunità, preoccupazione, nel parlare di sessualità con i ragazzi,
dall’altro utilizziamo la sessualità per poter parlare di tutto (pubblicità, programmi televisivi,
internet….).
Quante volte i ragazzi ci hanno rimandato lo stupore di poter parlare con degli adulti della loro
sessualità, senza censure ma in modo non volgare!! Quante riflessioni abbiamo fatto insieme sul
linguaggio e sui suoi significati!!
Ha significato considerare la diversa distanza dal proprio mondo interno, tale per cui l’adulto lo
esprime attraverso il filtro della capacit{ di riflettere su di sé, mentre l’adolescente, con l’immediata
esternalizzazione e l’agire le proprie emozioni confuse e contraddittorie.
Gli adolescenti si sono sempre presentati e continuano a presentarsi allo Spazio Giovani da soli, alcune
volte in coppia, le ragazze molto spesso con le amiche.
Quello che noi stiamo rilevando negli ultimi anni è l'arrivo sempre più frequente al servizio delle
ragazze accompagnate dalle loro madri, a volte anche dalla madre del partner.
Sono sempre più numerose le coppie madre- figlia che, davanti all'operatore, parlano del rispettivo
vissuto sessuale senza nessun tipo di limite: la madre racconta alla figlia quale tipo di contraccezione
ha usato, a volte racconta della propria interruzione volontaria di gravidanza oppure di problemi
relazionali con il marito; dal canto suo la figlia parla della propria sessualità senza nessun tipo di
pudore. Quando l'operatore, dopo un primo momento di ascolto comune, propone alla madre di
lasciare sola la figlia, motivando il proprio invito con la necessità di confrontarsi con la ragazza o con la
coppia di adolescenti in maniera più riservata, il commento più frequente di entrambe è: “ma tra di noi
non c'è nessun tipo di segreto!”
D’altra parte assistiamo anche a quella che a nostro avviso sembra una contraddizione nel vissuto di
tante ragazze, ma che forse è l’altra faccia della stessa realt{:
sempre più spesso arrivano al servizio adolescenti che hanno scelto di vivere una sessualità attiva e
che non si proteggono con una contraccezione sicura dal rischio di una gravidanza indesiderata.
Invitate a riflettere su questo loro comportamento motivano le loro scelte con la difficoltà a mettere al
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corrente i genitori dell'inizio della loro attività sessuale e con il senso di colpa che proverebbero se
decidessero di proteggersi con una contraccezione sicura a loro insaputa.
Diversi autori che si occupano di adolescenza ci dicono che è in atto un cambiamento nel vissuto dei
ragazzi rispetto al processo di separazione-individuazione, dovuto al profondo mutamento del ruolo
materno e paterno e tale cambiamento può essere una chiave di lettura di quello che stiamo rilevando.
Una riflessione comune tra noi operatori ha portato alla considerazione che molto probabilmente il
fatto di agire la sessualità all'insaputa dei genitori non provoca senso di colpa, perché giustificato
dall'impulso, dalla non scelta, dal desiderio, mentre la decisione di prevenire efficacemente il rischio di
una gravidanza indesiderata porta l'adolescente nel territorio della scelta deliberata e responsabile,
quindi nel mondo del diventare adulti, ma anche del senso di tradimento e del senso di colpa nei
confronti dei genitori.
Per molte coppie di adolescenti l'utilizzo di una contraccezione sicura è vissuto, inoltre, come suggello
di una relazione stabile e duratura.
Tutte le ragazze e i ragazzi che si presentano allo Spazio Giovani per la prima volta o per un ritorno
accedono al servizio attraverso gli operatori dell'accoglienza.
E' quindi nello spazio dell'accoglienza, insieme a quello della visita medica, che una consultazione per
un periodo di amenorrea può far emergere un disturbo del comportamento alimentare, che una
consultazione per un'infezione vaginale può far emergere dei disordini nel comportamento sessuale o
una consultazione per un ritardo mestruale può rivelare idee errate sui metodi contraccettivi.
Lo abbiamo già sottolineato: quando gli adolescenti trovano una risposta alla loro domanda, alla loro
preoccupazione immediata, ritengono risolto il loro problema in maniera definitiva. E' attraverso lo
spazio dell'accoglienza che la loro domanda può trasformarsi in un momento di riflessione sulla loro
esperienza e sulle loro scelte.
E’ nell’incontro che avviene nell’accoglienza che l’operatore può leggere la domanda implicita,
nascosta dell'adolescente, le problematiche che non vuole o non riesce a riconoscere, rispetto anche a
relazioni particolarmente problematiche con il partner, con i familiari o con il gruppo dei pari.
Agli operatori dell’accoglienza si rivolgono anche tutte le adolescenti in gravidanza che intendono
proseguirla o che richiedono l'interruzione volontaria di gravidanza, ma le riflessioni che abbiamo
fatto insieme a questo proposito verranno esposte dai miei colleghi negli interventi che seguiranno.
Gli operatori, qualora ne rilevino la necessità, effettuano invii accompagnati ad altri professionisti
(medico, psicologo, assistente sociale, dietista) o ad altri servizi.
A questo proposito volevo condividere una riflessione che abbiamo fatto insieme noi operatori dello
Spazio Giovani: è compito dell’operatore adulto che si relaziona con l’adolescente tenere sempre in
mente la famiglia e la rete dei servizi, per cercare di contenere nell’interazione quella complessit{ che
l’adolescente non è in grado di contenere. Se l’operatore si fa garante di questa complessit{ può non
essere opportuno l’invio ad altri operatori o ad altri servizi, perché spesso con gli adolescenti l’invio
“non funziona”. E’ grazie al contenimento della complessit{ e alla discussione dei casi in equipe che lo
Spazio Giovani può accogliere ed accompagnare l’adolescente che si presenta spontaneamente e da
solo al servizio.
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Termino il mio intervento con questo pensiero di S. Kopp in “Se incontri il Budda per strada uccidilo”
(Astrolabio,1975):
“Ogni uomo deve avere l’opportunità di
raccontare la sua storia.
E mentre ciascuno racconta la propria
storia un altro deve essere presente per
ascoltarlo. (….)
Ma talvolta non basta che ci sia
semplicemente un altro per ascoltare.
Un uomo ha bisogno non solo di
qualcuno che ascolti la sua storia,
ma anche di qualcuno che lo prenda a
cuore (….).
E noi operatori dello Spazio Giovani
gli adolescenti li abbiamo veramente a cuore!
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SIAMO SULLA STESSA BARCA? UN GRUPPO TERAPEUTICO PER ADOLESCENTI
PAOLA MARCONI – Psicologa, Psicoterapeuta Spazio Giovani Rimini Ausl Rimini
Il pensiero di creare un gruppo terapeutico per adolescenti
nasce dentro la cornice istituzionale dello SPAZIO GIOVANI.
Uno spazio creato per i giovani dai 14 ai 20 anni dentro il
consultorio, attivo a Rimini dal 1990. I consultori adolescenti
sono stati realizzati in Emilia Romagna a partire dal 1987 su
proposta dell’assessorato ai servizi sociali che, analizzando gli
elementi emersi da alcune ricerche volte a verificare la
difficoltà di accesso dei giovani ai consultori familiari,
propose l’ attivazione di servizi rivolti specificatamente
all’utenza giovanile, con l’ indicazione di obbiettivi e di
strumenti per realizzarli. In tale proposta si evidenziavano
quali elementi caratterizzano tale servizio:
-
Scelta di giorni e orari fissi per gli adolescenti
-
Disponibilità di accoglienza sia per appuntamento che senza appuntamento
-
Massima riduzione dei tempi di attesa
-
Gratuità delle prestazioni
-
Attività di promozione alla salute sulle tematiche relazionali e procreative e sessuali.
Lo spazio Giovani di Rimini ha visto in questi anni crescere “ a vista d’occhio” la domanda sia
individuale, dei giovani, sia di gruppo.
La dimensione gruppale è stata sempre una prerogativa dello spazio giovani, sia nell’ambito delle
consulenze, che in quello di progetti mirati alla prevenzione della salute, nelle scuole o in consultorio
stesso.
Alcuni dati:
-
nel ’90, 82 erano le prime utenze con una domanda prevalente contraccettiva; 20 le domande
psicologiche.
-
nel ’07, 80 sono le prime utenze con solo domanda psicologica.
Ho cominciato a prendere in cura alcuni ragazzi che presentavano un chiaro sintomo psico-patologico,
alcuni venivano accompagnati dai loro genitori, altri arrivavano autonomi, soli o accompagnati da
amici, altri erano inviati caldamente da colleghi. Ho cominciato con alcuni di loro un percorso
individuale e gradualmente è nato il desiderio di provare l’esperienza di “metterli insieme”. Alcune
questioni che trattavano in seduta avevano una tale assonanza tra di loro che ho cominciato a pensare
come potevano essere di aiuto l’ uno con l’ altro, proprio “sulla stessa barca”.
La barca era quella della fatica a individuarsi, quindi a fare i conti con lo svincolo, con la separazione,
con la conoscenza di sé, con il lutto e i penosi sentimenti di solitudine, di diversità e di vergogna che
spesso accompagnano il cammino evolutivo adolescenziale. E’ riconosciuto che l’adolescenza è una
fase di sviluppo con caratteristiche e bisogni specifici che può comportare condizioni di aumentata
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vulnerabilità e disagio psichico che, se non trattate adeguatamente, possono strutturarsi e persistere
in età adulta.
Cresceva dunque in me la curiosità di misurarmi con questa esperienza riconoscendo sì un bisogno di
“economia istituzionale” (in 3 ore dedicate allo spazio giovani ben poco si può pensare in termini
“terapeutici”), ma soprattutto c’ era l’ idea di poter realizzare una sorta di “ contenitore” stabile nel
tempo dove i ragazzi che portavano una domanda di aiuto potessero usufruirne per una maggiore
comprensione di sé, considerando che il gruppo è uno strumento ad alto potenziale terapeutico.
Il gruppo di pari è in effetti l’ habitat naturale di sviluppo in cui l’ adolescente esprime, anche in modo
drammatico, la sua lotta per l’ indipendenza, per un’ identità separata e per un modello di transizione
verso l’ et{ adulta.
Il gruppo può fornire di per sé quel clima di attivazione, apertura e stimolazione che può bene
caratterizzare una situazione terapeutica in cui gli adolescenti possono confrontarsi con i loro
problemi ed elaborare la loro rabbia, le loro frustrazioni secondo modalità efficaci e compatibili con il
loro livello di sviluppo.
Caratteristiche:
Il gruppo è di formato piccolo, partecipano al massimo 6 persone, è slow open (semi-aperto), senza
termine; le sedute sono settimanali e della durata di 90 minuti.
Il paziente che termina il suo percorso terapeutico lascia il posto ad un altro che verrà scelto nella lista
d’attesa del terapeuta. Dico “scelto” dal terapeuta in quanto sar{ lui stesso a giudicare idonea quella
persona per quel gruppo che vive quel particolare momento storico.
Vengono previsti alcuni colloqui preliminari (non più di 3 o 4) per preparare il paziente all’ ingresso
nel gruppo: l’aiuto consiste nel fare elaborare fantasie e aspettative rassicurandolo nelle paure più o
meno esplicite di non essere accettato o di essere esposto al giudizio.
Si stipula un “contratto” con il paziente che verr{ poi ribadito nel gruppo ogni volta che entra un
paziente nuovo:
-
richiesta di impegno formale per il paziente a non abbandonare il gruppo in ogni caso, almeno
per i primi 3 mesi di terapia,
-
estensione del vincolo al segreto professionale anche al paziente stesso come per il terapeuta,
-
la sottolineatura dell’importanza di una frequenza alle sedute il più possibile assidua per tutti i
membri del gruppo,
-
lo scoraggiamento di ogni occasione di incontro tra i membri al di fuori delle sedute. Se ciò
succede, la richiesta è di riportare nel gruppo ogni interazione avvenuta al di fuori.
La Tecnica:
Si favorisce il libero fluire delle comunicazioni all’interno del gruppo che equivale alle associazioni
libere del paziente in terapia individuale. Il terapeuta ha una funzione di interpretazione ed è al tempo
stesso membro del gruppo e conduttore.
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Obiettivo:
Migliorare la comprensione di sé, favorire la capacit{ di insight attraverso l’identificazione reciproca,
trovare nuovi significati al proprio malessere.
L’aggancio teorico:
Si rifà a vari autori di teorie psicoanalitiche di gruppo, da Bion (gli assunti di base), Ezriel (il gruppo
come un tutto), Foulkes (il singolo individuo nel rapporto figura-sfondo), Wolf e Schwartz, Whitaker e
Lieberman a Sandler e Pieralisi ( il fenomeno dell’eco).
Si utilizzano i vari schemi di riferimento teorico, che, sì sono diversi, ma si possono dimostrare tutti
utili per comprendere, decodificare e interpretare. E’ la Postura Psicoanalitica (di identificazione) che
diventa denominatore comune alle diverse teorie.
I punti cardini:
-
nel gruppo esiste un livello di comunicazione tra i membri, diverso da quello verbale nel quale
ognuno reagisce inconsciamente al contenuto manifesto e a quello latente,
-
l’intera sequenza di commenti tra i diversi membri può essere considerata come una sequenza
di libere associazioni,
-
attraverso il fenomeno dell’eco si realizza all’interno del gruppo il conflitto che è, appunto sulla
base del fenomeno dell’eco, condiviso da tutti i membri.
Tuttavia le soluzioni a tale conflitto restano individuali e personali e, da un punto di vista tecnico
operativo, è su tali soluzioni personali che si orienta l’attivit{ orientativa del terapeuta.
Pieralisi si esprime con molta chiarezza:
‘In una prospettiva terapeutica è utile rivolgersi al gruppo come ad un luogo ove, ad ogni momento
dato, si esprime una conflittualità comune (attraverso il fenomeno dell’eco), conflittualit{ cui ogni
singolo membro del gruppo cerca di dare una soluzione che è sua propria personale, ed è su questa
dimensione intrapsichica individuale che occorre si orienti l’attivit{ interpretativa del terapeuta’..
I ragazzi che hanno fatto esperienze nel gruppo, dal 7-11-05, sono stati 18 (2 maschi e 16 femmine)
dai 15 ai 22 anni, una media di 2 ingressi all’anno, con una frequenza media di 8 mesi circa. Una parte
di loro sono arrivati allo Spazio in modo autonomo, altri inviati da altri servizi.
I sintomi che presentano sono diversi: dal disturbo d’ansia o alimentare, all’abbandono scolastico, al
sintomo fobico ossessivo o con tendenza a incorrere in incidenti stradali, depressioni reattive,
inibizione affettiva, o disagio psicosociale in famiglia multiproblematica.
Le caratteristiche di personalità di base per poter accedere in modo efficace alla terapia di gruppo,
indipendenti dal sintomo, sono, comunque le seguenti:
una sufficiente tolleranza alla frustrazione, controllo degli impulsi e acting (disponibilità più a parlare
che agire), una sufficiente capacità introspettiva, una tenuta di alleanza terapeutica, una curiosità di
cercare nuovi significati.
Attualmente il gruppo è formato da 4 membri, 2 sono usciti da poco tempo; è un momento delicato,
l’uscita dal gruppo di un membro suscita tante fantasie che necessitano di elaborazione, è come se
ricominciasse un nuovo gruppo, che però ha una storia alle spalle. I membri, poi, che sono usciti,
possono essere portavoce, megafono, del gruppo che resta, lasciano una traccia, anche se la
partecipazione è stata fugace! Per esempio, attualmente, ancora si parla di O., che, nonostante sia
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riuscita a frequentare pochissime sedute, è diventata’ testimone’ di un sentimento che rievocava, da
parte degli altri membri tante associazioni: nonostante sia uscita alla fine del 2006 ancora O. (che
portava tanta insicurezza con un corpo tanto ‘firmato e agghindato’), grazie ad un tam-tam,
rappresenta una parte emotiva del gruppo ed offre possibilità preziose di elaborazione! I primi tempi
(2 anni circa) sono stati orientati, soprattutto a rafforzare un clima sicuro nel gruppo…un gruppo che
possa contenere, non giudicare, che possa non scandalizzarsi e che possa essere un posto garante di
comprensione. Dopo circa 8-9 mesi di lavoro V. “ prova a tirare una bomba “, come diceva lei, per
sperimentare la tenuta del gruppo.
Esempio di seduta…………….
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LA GRAVIDANZA IN ADOLESCENZA:
POSSIBILI PERCORSI DI ACCOGLIENZA, INDIVIDUALI E DI GRUPPO
PAOLA MARCONI – Psicologa, Psicoterapeuta Spazio Giovani Rimini Ausl Rimini
SILVIA PASETTI – Ostetrica Spazio Giovani 360° Rimini Ausl Rimini
SERGIO TARDUCCI – Psicologo, Psicoterapeuta Spazio Giovani 360° Riccione Ausl Rimini
UNA ESPERIENZA DI GRUPPO DI ACCOMPAGNAMENTO ALLA NASCITA
PAOLA MARCONI
Un tema ricorrente nell’adolescenza: il conflitto e tutto ciò che comporta nella lunga fase di
maturazione.
Il processo di separazione e di individuazione e il conseguente sentimento di perdita, la frenetica
ricerca di sperimentazioni e di identificazioni, mettono a dura prova i ragazzi in un “ brusio “ costante
a metà strada tra lo psichico e il biologico.
Si attivano nuovi meccanismi difensivi tesi a mantenere una sicurezza di base, quel “ mattoncino “
fondamentale in ognuno di noi che permette l’equilibrio psichico.
Nella ricerca di identit{ nuova il corpo è “in prima linea” teso ad essere percepito, riconosciuto e
soprattutto integrato con la mente. In questa ricerca fanno anche da guida i valori della femminilità e
della virilità che tanto sono coinvolti ed hanno fretta di essere ascoltati, capiti e soddisfatti, in realtà il
tempo della maturazione è lungo.
Per alcuni ragazzi l’adempimento evolutivo è ancora più difficile e succede che l’agito prenda il suo
posto. Può succedere che il conflitto venga esteriorizzato e la concretezza dell’azione prenda il
sopravvento: capita che sia il corpo che si faccia carico di esprimere quella parte di conflitto non
riconosciuta consciamente in un contesto storico dove la sessualità può essere vissuta senza freni,
quasi come modalit{ prevalente di presentazione all’altro, “si fa sesso più facilmente”, in un rapporto
sempre più sganciato dall’”affettivit{”.
Le ragazze sviluppano precocemente, diventano “donne” sempre prima, senza essere veramente
consapevoli della propria seduttività e senza calcolarne i rischi, senza contare i forti stimoli mediatici
cui i loro ormoni sono sottoposti fin dalla nascita.
E’ con questo sguardo che cerchiamo nella nostra pratica clinica di leggere le situazioni di gravidanza
che ci arrivano. Il capitolo è unico “ gravidanza in adolescenza “, i percorsi diversi perché le scelte
delle ragazze sono state diverse, ma l’ approccio, l’ascolto clinico è il medesimo.
L’accompagnamento sar{ diverso ma stessa è la lettura, rispettosa delle dinamiche interne
all’individuo ed esterne (familiari e sociali) e uguale per i due percorsi è l’invito a fermarsi a riflettere
con la ragazza sull’evento ed aiutarla a trovare consapevolezza e significati.
Importante è l’aiuto a distinguere tra desiderio di gravidanza e desiderio di maternit{ (come gi{
Dinora Pines aveva illustrato nelle sue ricerche sulla gravidanza in adolescenza), nella giovane sembra
prevalere il desiderio di gravidanza per il bisogno narcisistico che il proprio corpo funzioni
esattamente come quello della propria madre che prevale sull’investimento emotivo nei confronti del
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bambino. Nella complessa fase evolutiva che attraversa, la ragazza,
rappresentazione del bambino e a considerarlo parte di sé e altro da sé.
fa fatica ad elaborare una
“Solo quando una persona riconoscer{ l’altro come essere altro da sé, potr{ avere una funzione
genitoriale“ e importante è che si costituisca il senso di intimit{, fiducia e affidabilit{ prima con sé
stesso e poi con gli altri.
Nei casi in cui il desiderio di un bambino si dimostri più forte delle inibizioni, allora la ragazza è
facilitata a portare avanti la gravidanza ma non ad affrontare la situazione in modo maturo.
Da qui l’esigenza di aiutare le ragazze che decidono di proseguire la gravidanza, a divenire madri.
Il setting di aiuto che abbiamo scelto è stato quello di gruppo. Rafforzati dai tanti dati di letteratura e
da recenti ricerche effettuate su un’ampia casistica clinica che evidenziano come nelle adolescenti
gravide :
-
pensieri ed emozioni sono presenti in modo forte e coinvolgente soprattutto circa il rapporto
con la propria madre,
-
fatica a verbalizzare emozioni e sensazioni, preclusa la capacità di poter pensare, mentalizzare
il bambino e la relazione con lui,
-
il rischio è quello della delega di accudimento del proprio bambino che determina confusione
di ruoli e riduzione del livello di autostima delle capacità genitoriali,
-
incapacità a decodificare i bisogni del bambino e dei messaggi che invia, compromettendo lo
sviluppo del bambino stesso e la formazione del primo nucleo del sé,
-
essere figli di madri adolescenti risulta essere associato a esiti disadattativi quali: precoce
abbandono scolastico, genitorialità in adolescenza e disturbi della condotta,
-
le diadi con madri adolescenti presentano alcuni punti in comune con le diadi con le madri
depresse, appare più frequente il modello di attaccamento insicuro ed una minore sensibilità e
responsività.
I risultati forniscono indicazioni utili per la messa a punto di modelli di prevenzione e,
nonostante la prognosi così pessimistica, abbiamo pensato ad uno strumento che potesse
essere di aiuto alle giovani in attesa e permettesse loro di utilizzare appieno le proprie risorse!
E ora entriamo nel vivo dell’esperienza dei gruppi di accompagnamento alla nascita, iniziata nel marzo
’09 e tuttora in corso.
IL GRUPPO PRIMULA E RUGIADA
SILVIA PASETTI
Nel 2006 abbiamo notato un incremento, rispetto ai precedenti anni, di
adolescenti che si rivolgevano allo Spazio Giovani per essere
accompagnate nel percorso della gravidanza. L'anno successivo le giovani
gravide sono ulteriormente aumentate da 15 a 25, nasce così l'esigenza di
proporre loro dei gruppi di accompagnamento alla nascita. Abbiamo
utilizzato il modello vigente per le gravide adulte: ogni incontro era a tema
e condotto da una ostetrica diversa, tale modello non ha funzionato, c’è stato poco interesse e una
bassa partecipazione. I gruppi di accompagnamento alla nascita erano stati già in quella occasione
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denominati 'Primula' ed erano il frutto di un pensiero comune tra le ostetriche, volto a portare una
attenzione particolare al sostegno di queste giovani ragazze in un momento così delicato della loro
vita, ma necessitava di un ripensamento sulla tecnica e sulla modalità di conduzione. L'anno
successivo, dopo un lavoro di equipe multiprofessionale sull'onda della esperienza e di alcune
formazioni, si è riprogettato il corso.
Il progetto prevede 9 incontri a cadenza quindicinale per un numero massimo di 8/10 partecipanti dai
15 ai 20 anni, di diversa epoca gestazionale, accomunate dall'essere in gravidanza e dalla giovane età.
L'apertura per i nuovi ingressi è prevista solo per i primi due incontri vista la necessità delle
partecipanti di sentirsi garantite nella riservatezza e sicure della stabilità del gruppo.
Quindi: un gruppo psicoeducazionale a orientamento psicodinamico integrato da contenuti su base
ostetrica, a termine, chiuso cocondotto da due figure professionali, ostetrica e psicologa . Il gruppo si
riunisce nella palestra del Consultorio di Rimini ove sono previsti due spazi diversi, uno attrezzato con
sedie disposte in cerchio (le sedie sono tante quante sono le ragazze iscritte), ed un altro con
materassini predisposto per le attività corporee e di rilassamento che durano circa 30 min.
La prima parte dell'incontro della durata di 1 ora e 30 min circa è dedicata alla conversazione per
libere associazioni orientata al loro essere adolescenti, alla gravidanza e le domande, i dubbi, le
curiosità trovano spazio e si intrecciano con le narrazioni della propria storia e dei propri conflitti. Gli
interventi dei due conduttori, ostetrica e psicologa, sono differenziati per professionalità ma cercano
di integrarsi per condurre le ragazze ad una riflessione comune. L'obiettivo del lavoro è di preparare le
giovani alla nascita e attrezzarle ad una identità materna, favorire la condivisione di pensieri felici e
preoccupazioni attraverso il rispecchiamento, creare uno spazio mentale al bambino e un gruppo che
funga da Holding, rinforzare autostima, autonomia, stimolare riflessioni e consapevolezza sui
cambiamenti del corpo.
Da marzo 2009 ad oggi i gruppi attivati sono 3 per un totale di 25 ragazze di età media 17/18 anni di
cui 6 già in carico ai Servizi Sociali, 8 ragazze straniere, 3 al secondo figlio (presenza, la loro,
importante in quanto portavano al gruppo il 'bambino reale' e l'aspetto faticoso della maternità).
Nonostante avessimo già previsto una continuazione a sostegno e accompagnamento delle ragazze nel
primo mese di vita del bambino, a conclusione dell'esperienza del primo gruppo si è percepita
l'esigenza reale di un spazio mamma/bambino.
Nasce così il gruppo Rugiada, volto ad accompagnare la nuova diade per tutto il primo anno di vita.
Attualmente il Gruppo Rugiada ha le caratteristiche di essere aperto a 4/6 coppie madre/bambino con
incontri della durata di circa 1 ora e 30 min, a cadenza quindicinale.
Durante gli incontri nella prima parte si offre la possibilità di sperimentare il massaggio infantile, la
seconda parte è di libera espressione dei vissuti, delle emozioni e di condivisione delle esperienze.
Entrambi i conduttori partecipano all'intera durata dell'incontro sempre in modo differenziato ma
integrato. L'obiettivo dell'intervento è osservare la relazione madre/bambino e la conseguente
restituzione, sostenere e rafforzare la competenza materna e l'assunzione dell'impegno genitoriale
responsabile, creare un maggiore spazio mentale per il piccolo, sostenere coloro che hanno proseguito
l'allattamento al seno, permettersi di parlare dei sentimenti ambivalenti.
Questa esperienza insieme ha stimolato diverse riflessione:
la prima di cui siamo fermamente convinte è il valore del lavoro che stiamo facendo e della sua
efficacia preventiva.
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Un aspetto emerso durante questa esperienza è la difficoltà della
ostetrica a proporre attività corporee e di rilassamento, si incontrano
resistenze da parte delle ragazze; vi è anche un bisogno di ricevere
risposte veloci e sintetiche alle domande e curiosità rispetto all'evento
parto.
Questo ci ha portato a lavorare maggiormente sulla relazione
permettendo un Holding rassicurante e fiduciosa, ciò sembra sia stato
sufficiente affinché l'esperienza del parto (come poi riferita dalle ragazze e dagli operatori del Punto
Nascita), potesse essere affrontata e vissuta in modo sufficientemente serena.
Un'altra riflessione è volta alla rete dei Servizi che già esistono e alla creazione di un percorso
condiviso tra gli operatori del territorio, Servizio Consultoriale e Sociale, con i professionisti del Punto
Nascita, con i Pediatri di Libera Scelta e con le Agenzie di Volontariato.
QUANDO L’ADOLESCENTE NON RIESCE A PENSARSI MADRE
SERGIO TARDUCCI
Lo spazio giovani si colloca prevalentemente nell'area della prevenzione, ma contatta anche realta'
difficili e dolorose come l'interruzione di gravidanza durante l'adolescenza.
Per questo agli operatori che, con differenti professionalità, lavorano negli spazi giovani di Rimini e
Riccione è stato affidato il compito di elaborare un documento con "linee di indirizzo" finalizzate al
prendersi cura dell'adolescente, a volte minorenne, che decide di non portare a termine la gravidanza.
Intanto diciamo che l'esecuzione di quel compito ha permesso agli operatori di poter utilizzare uno
spazio di riflessione dove poter pensare insieme e liberamente; riferire esperienze; porsi domande;
confrontare le pratiche cliniche e i vissuti di ciascuno, al fine di orientare il lavoro sulla base di
conoscenze diverse ma condivise.
In questo contesto abbiamo anche condiviso la trepidazione e la fatica di lavorare su un tema tanto
complesso e coinvolgente sul piano sociale, sanitario, psicologico ed etico.
A questo proposito, abbiamo sperimentato che quando ci si avvicina ad un tema eticamente sensibile
si puo' avvertire anche il disagio di poter entrare in contrasto con qualcosa di personale che ci
appartiene, rendendo piu' difficile mantenere, in quella circostanza, una serenita' interiore.
Innanzitutto ci e' parso necessario garantire ad un percorso socio/sanitario che, per la sua
complessità, è esposto alla frammentazione degli interventi, un assetto compatto e coerente .
Per cui abbiamo proposto un iter completo (ben descritto nelle linee di indirizzo), che dopo aver
collegato i diversi servizi di prima accoglienza con lo spazio giovani, ponesse in relazione gli operatori
che lavorano in setting diversi (territorio/ospedale), ed anche le diverse istituzioni, (qualora
l'adolescente sia minorenne).
Insomma, abbiamo pensato ad un percorso che prevedendo più tappe, più professionisti, più servizi,
più istituzioni, mantenesse fra loro un collegamento stabile, rapido e sicuro.
A questo fine è apparso necessario che gli stessi operatori degli spazi giovani non solo svolgessero la
loro specifica attività clinica, ma che tutti indistintamente esercitassero il ruolo del traghettatore;
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evocando così una metafora resa familiare da una recente formazione,(dott. Di Lello; dott.ssa Brunori;
dott.ssa Anichini).
La figura simbolica del traghettatore si presta bene, anche per la sua concretezza, a rappresentare la
funzione di tessere collegamenti che, in questa attivita' clinica, non si riferscono solo
all'organizzazione del percorso socio/sanitario, ma anche al percorso intimo e mentale
dell'adolescente che, (come diremo meglio piu' avanti ) nella circostanza dell'aborto, spesso tende a
tenere separati i fatti dalle emozioni; l'evento reale dal mondo interiore degli affetti.
Noi operatori pensiamo che la legge 194 sostiene ed aiuta la donna, anche adolescente e minorenne
(art.12), a scegliere liberamente quale esito dare alla propria gravidanza, però non la protegge dal
dover effettuare un'esperienza intensamente conflittuale e potenzialmente patogena qual'è
l'interruzione di gravidanza.
Specialmente quando a richiederla è appunto un'adolescente che è appena uscita dal mondo
dell'infanzia e si trova "catapultata" in una dimensione adulta come "un pesce fuor d'acqua".
Infatti la ragazza che sceglie l'aborto spesso vuole affermare di non essere ancora "una donna"; di non
vedersi come tale; sottolinea che per lei quella trasformazione non e' ancora avvenuta.
Nel nostro gruppo di lavoro sono state narrate diverse storie significative ed emblematiche di
adolescenti, dalle quali - pur nella diversita' delle biografie individuali - si è evidenziato un profilo e
un comportamento comune.
L'adolescente che si trova ad interrompere la gravidanza cerca di nascondersi; cioe' manifesta una
certa resistenza a raccontarsi (a parlare di se').
Nell'immediato prevalgono l' ansia e l'ambivalenza, ma sopprattutto - come riferiamo nelle linee di
indirizzo- prevale il diniego con cui l'adolescente tende a negare il significato interiore dell'esperienza
accaduta (la gravidanza); per difendersi dai sentimenti di colpa e depressivi .
Spesso afferma: "è accaduto per caso" - "non so che cosa sia successo" - "io non volevo".
Soprattutto l'adolescente, in quella situazione, ha paura e ha fretta; vorrebbe cancellare tutto e tagliare
i ponti con gli eventi e con il mondo interiore.
Chiede all'operatore non una consulenza, ma la soluzione di un "problema reale", grave e urgente.
Esige una risposta rapida - d'altra parte spesso il tempo utile e' realmente limitato, poiche'
all'adolescente sono serviti molti giorni per rendersi conto del suo stato - per cui stabilire un setting
dove si possa sospendere l'azione per introdurre una pausa, anche breve, di riflessione mediante uno
o piu' colloqui, diventa particolarmente difficile.
A questo proposito, ci siamo detti che l'urgenza di risolvere un problema che rende ogni giorno più
penoso, non condiziona solo la ragazza ma si riflette anche sull'operatore.
Infatti, il nostro gruppo di lavoro ha avvertito la necessita' che l'operatore esposto a quella pratica
clinica contrassegnata da tanti sentimenti e vissuti, quali: urgenza, pena, diniego, colpa, tristezza,
ambivalenza…..debba mantenere sotto controllo il proprio impulso riparativo che, altrimenti, lo
spingerebbe subito ad agire.
Per questo lo si invita ad utilizzare il confronto con altri operatori, (confronto che e' reso obbligatorio
qualora la ragazza sia minorenne); al fine di potersi proporre all'adolescente come un adulto che:
-
mantiene una misurata empatia (cerca di porsi in equilibrio fra una neutralita' senza calore ed
una identificazione collusiva);
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-
conserva la capacità di pensare e ne sostiene il valore;
-
accoglie le parti sofferenti e dolorose e, diventando un contenitore simbolico ed affettivo,
infonde fiducia anche in quella circostanza, le informazioni necessarie (sul percorso
socio/sanitario e sulle leggi);
-
propone anche soluzioni alternative all'interruzione di gravidanza;
-
soprattutto sostiene l'adolescente nell'individuare e nell' esprimere il proprio desiderio,
mediante una scelta personale, libera e responsabile (come richiesto dalla legge).
Abbiamo detto che, durante quell'iter complesso, noi operatori esercitiamo la funzione di
traghettatori…
Siamo traghettatori fra il corpo e la mente dell'adolescente che vorrebbe eliminare ogni ricordo senza
lasciare tracce, impedendo a se stessa di poter apprendere da quell'esperienza, ed esponendosi così,
sia alla coazione a ripetere, sia all'impossibilita' di elaborare l'evento.
Siamo traghettatori tra l'adolescente e i suoi familiari, quando spaventata tenderebbe a nascondersi e
vorrebbe rinunciare ad essere effettivamente tutelata dalla costruttiva presenza dei suoi genitori.
Siamo traghettatori fra l'adolescente e il tribunale quando per ragioni oggettive il giudice tutelare è
chiamato a decidere, sostituendo l'assenso dei genitori.
Siamo traghettatori fra l'adolescente e l'ospedale quando è sola e ha bisogno di essere accompagnata
ed assistita personalmente da un operatore.
Dunque siamo traghettatori lungo tutto questo percorso, fino a quando la ragazza, dopo aver vissuto
quella difficile esperienza, ritorna allo " spazio giovani".
Questo e' un momento importante a cui diamo molto valore (tornano tutte), perche' finalmente, in una
situazione di minore tensione ed ansia e avvalendosi della relazione positiva gia' costruita, in
precedenza, con l'operatore, l'adolescente ha l'opportunita' di ripensare a quell'evento (luttuoso) e alla
propria ambivalenza.
Sostenuta dall'operatore, può superare il diniego e rinunciare al desiderio di annullare, nella propria
mente, quanto e' accaduto, e cosi' mettersi in contatto con il dolore per non aver potuto accettare
quella gravidanza.
Per cui, può riconoscere il proprio desiderio frustrato per una maternià' non realizzata e recuperare la
fiducia di poterla realizzare in futuro…..da grande.
Concludendo:
le riflessioni che abbiamo riferito hanno fatto da contesto alle "linee di indirizzo" che trovate in
cartella.
Pensiamo che queste "linee" siano strumenti operativi utili all'istituzione, per definire la cornice in cui
proporre un'attivita' di aiuto, regolata dalla legge, per l'adolescente che chiede l'interruzione di
gravidanza.
Inoltre, riteniamo che "queste linee" siano strumenti utili anche per gli operatori che lavorano nei
consultori giovani, (spazi giovani), perché "sapere cosa fare" e "chi fa checosa" serve almeno a
contenere l'ansia e ad evitare la confusione, sempre presenti, quando si è alle prese con un percorso
socio/sanitario impegnativo e complesso come questo.
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Dunque le presentiamo ai colleghi che lavorano in altri "spazi giovani" come strumenti operativi che
vanno messi a punto per renderli adeguati ad altre realtà.
E per poter fare questa taratura, ci permettiamo di suggerire ai colleghi interessati, l'organizzazione di
un "gruppo di lavoro", dove poter dare spazio ad un pensiero collettivo e libero che ha mostrato di
essere un ottimo strumento per promuovere nuove soluzioni e stabilire prassi condivise.
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L'EQUILIBRISTA: SLANCI EVOLUTIVI E SALDE PRESE
MARIA MAFFIA RUSSO
Psicologa, Psicoterapeuta, Direttore Programma di Psicologia Ausl Rimini
"La funzione dell'adulto come testimone del rischio"
La perdita della trasmissione transgenerazionale dell'esperienza del
rischio comporta per l'adolescente il doverla vivere in completa
solitudine. Alcuni comportamenti a rischio possono essere interpretati
come il tentativo di mettere alla prova gli adulti che popolano l'ambiente, i
quali vengono chiamati, così come a volte il gruppo dei coetanei, a
prendere posizione su tali comportamenti. Le risposte degli adulti di
riferimento possono oscillare tra la collusione esplicita, fino alla chiara
condanna. La terza via è invece rappresentata dall'ascolto empatico che
consente di introdurre un testimone del rischio, il che implica di per sé
introdurre già un limite al rischio (Bernabei, 1998). Confrontarsi con le
condotte ad alto rischio significa facilitare l'acquisizione da parte
dell'adolescente di un modello mentale di relazione con il rischio.
"La promozione della salute e la prevenzione del rischio"
Promozione della salute è :
-
Esigenza di ripensare i processi di socializzazione dell’individuo e
le strategie educative.
Promuovere la capacità di relazionarsi anche con la dimensione
del rischio.
Prevenzione del rischio consiste:
- Utilizzo dei gruppi come dimensione specifica del lavoro con gli
adolescenti (gruppo classe, quartiere, volontariato, centri
aggregazione, ecc…).
-
Rinsaldare il rapporto con il territorio, dare visibilità alle risorse presenti.
Presa in carico prevede:
- interventi educativi
- interventi sociali
- interventi sanitari
Premessa imprescindibile al lavoro con questo target è la differenziazione del lavoro e dell’intervento
sull’adolescente a rischio, sull’adolescente ad alto rischio e l’adolescente patologico.
L’intervento si muove sulle logiche e sui costrutti della PROMOZIONE DELLA SALUTE (psicologia della
salute intesa come connubio tra termini quali benessere e salute) e deve necessariamente constare di:
-
focalizzazione sul contesto di vita dell’adolescente e sulle sue relazioni sociali e familiari,
-
focalizzazione sui punti di forza per individuare le risorse esistenti nei contesti,
-
messa in atto di interventi che prevengano/evitino le condotte a rischio,
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-
promozione del senso di autoefficacia e lavoro di empowerment, intesi come fattori protettivi
(di tipo ambientale e sociale) verso situazioni di rischio,
-
risposte/strumenti: gruppi tra pari, interventi a scuola, formazione operatori, formazione
adulti di riferimento (insegnanti, allenatori sportivi, …)
Nell’adolescente ad alto rischio si ha un’ associazione tra una condotta a rischio e la normale fragilit{
legata alla fase del ciclo di vita. Il rischio viene preso in carico e gestito attraverso:
-
individuazione e intervento sui “fattori di rischio” e sulle “condotte a rischio”; il focus non è
esclusivamente orientato sul rischio, fondamentale risulta infatti partire da ciò che funziona,
individuando e promuovendo i fattori protettivi e le risorse che l’adolescente e il suo ambiente
presentano. E’ questo il razionale che sta alla base di interventi in campo della promozione
della salute quali l’educazione tra pari, che si configurano come risposte complesse e
composite in cui avviene l’individuazione da parte degli adolescenti della psicologia come
“bisogno di salute”. Il concetto di “rischio” implica un lavoro di costruzione di fattori protettivi
(di tipo individuale, familiare, sociale) che possano prevenire un eventuale esordio patologico,
nonché l’implementazione di un sostegno sociale usando la psicologia di comunit{ come rete
protettiva.
Si è in una condizione di psicopatologia dell’adolescenza, invece, quando non c’è stata una tempestiva
ed efficace presa in carico del rischio e si è incorsi nell’esordio psicopatologico.
Queste condizioni comportano una:
-
Valutazione e Presa in Carico che richiede un “lavoro di cura” utilizzando gli “strumenti della
cura” che vengono attivati a fronte di una diagnosi di qualcosa che si è rotto o interrotto;
-
Trattamenti:

Psicoterapia focale,

Sostegno psicologico,

Gruppo di psicoterapia,

Gruppo di sostegno;
IL gruppo si configura come un potente strumento di lavoro con gli adolescenti e come chiave di volta
per la coniugazione di concetti quali appropriatezza, efficacia ed efficienza delle risposte e degli
interventi.
Al di là dei singoli interventi che vengono, prima pensati poi messi in atto, ogni risposta presenta la
fondamentale caratteristica di essere una risposta complessa ad un bisogno complesso, quindi una
risposta integrata, multiprofessionale, multimodale, complementare e che mantiene il focus sul
problema riconosciuto come centrale e sulla fase del ciclo di vita. Quindi ad un target ad “alta
complessit{” devono necessariamente corrispondere risposte non lineari ma altrettanto complesse
che nascono dall’integrazione di paradigmi, con particolare riferimento alla coniugazione tra
psicologia di comunità e psicologia clinica.
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È sano accogliamolo, è a rischio intercettiamolo!
L’importanza del lavoro di rete
Gli interventi possibili in favore dell'adolescente a rischio si
possono declinare su tre livelli quello dell'organizzazione, quello
dell'interfaccia individuo organizzazione, quello individuale.
Costruire reti di protezione significa approntare prima di tutto
modificazioni organizzative.
L’intervento di rete si colloca, come spazio operativo, tra il
clinico e il comunitario, esclude la prospettiva di una dipendenza
del cliente dal setting definito dall'operatore, introduce la presa
in carico dell'ambiente da parte dell'ambiente stesso e dunque
prefigura la "scomparsa" dell'operatore in quanto postula un
obiettivo di autonomia. Le reti possono essere descritte da un
punto di vista strutturale come un insieme di nodi interconnessi.
I nodi sono le parti costitutive della rete organizzativa, sono dotati di competenze e abilità specifiche e
orientati al risultato della dinamica complessiva del sistema: il successo della rete dipende
strettamente dalla vitalità dei nodi che la compongono. I nodi sono definiti “vitali” se e solo sono capaci
sia di autonomia che di scambio interattivo con altri nodi della rete e con altri sistemi. La rete di
protezione per l’adolescente a rischio deve nel tempo tramutarsi da rete territoriale artificiale, cioè da
semplice connessione tra istituzioni che si occupano di un determinato target, in rete “calda” cioè una
rete di connessione che connette le persone che vivono la rete, in quanto individui e non solo
rappresentanti di enti o associazioni. L’intervento di psicologia di comunità provvede alla costruzione
degli interventi di rete nel rispetto dei seguenti parametri:
-
Reciprocità del riconoscimento della rete.
-
Reciprocità di condivisione del programma e progetto.
-
Condivisione di una comune cultura di rete (formazione comune).
-
Conoscenza, riconoscimento e rispetto delle competenze dei nodi (differenziazione).
-
Integrazione delle funzioni dei nodi (non- sovrapposizione di interventi).
-
Valutazione della soddisfazione degli operatori della rete.
-
Comunicazione a feedback circolare.
-
Tenuta dell’esperienza nel tempo (almeno un anno).
Gli obiettivi del lavoro di rete sull’adolescente a rischio sono:
-
Specificazione dei ruoli e integrazione multi professionale: ridefinire ruoli, compiti delle figure
professionali diverse (medici, nutrizionisti, psichiatri, psicoterapeuti, educatori, assistenti
sociali, sociologi, ecc), che operano all’interno dei percorsi sopra esplicitati. Migliorare la
conoscenza degli altri team e delle altre U.O. definendo modalità e canali di integrazione.
-
Costruire linguaggi comuni: far fronte alla segmentazione dei servizi (ognuno con la propria
mission, le proprie procedure), attraverso la condivisione di obiettivi sovra-ordinati comuni e
con la formazione comune.
-
Sviluppare interfacce tra i servizi e modalit{ di feedback delle stesse: costruire “ponti” e
“punti” di connessione tra i diversi servizi tenendo conto della multiformit{ e complessit{ del
target di utenza e delle problematiche ad esso connesse e della necessità conseguente di
costruire risposte su più livelli di intervento (dalla prevenzione, alla tutela, alla cura, evitando
la medicalizzazione data la fascia d’et{). Restituire feedback chiari rispetto ai diversi interventi
attivati su uno stesso utente.
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-
Omogeneizzare la raccolta dati: costruire a partire dalle modalità di rilevazione dati esistenti
nelle diverse U.O., una mappatura articolata e omogenea sia del profilo dell’utenza sia delle
prestazioni erogate, al fine di evitare la ridondanza negli interventi.
-
Dare visibilità alla rete: definire quali sono le risposte dell’Azienda a quali tipi di bisogni,
cominciando a lavorare per la costruzione di partnership con altre realtà territoriali
interessate ad interfacciarsi con il sistema sanitario locale (come potrebbero essere ad
esempio, i centri per le famiglie, gli sportelli psicologici scolastici, le diverse agenzie che si
occupano di attività educative-ricreative con adolescenti problematici, ecc).
Sperimentare nuove modalità d’integrazione tra i servizi socio sanitari rivolti
all’adolescenza: il progetto dell’Ausl Rimini
La costruzione della rete di protezione sul rischio in adolescenza ha previsto le seguenti attività:
-
Mappare l’attivit{ clinica nei servizi di Salute mentale, Neuropsichiatria territoriale e
ospedaliera, Consultorio 360° gradi, Sert, Tutela Minori, Pronto Soccorso sul target adolescente
a rischio.
-
Costruire un profilo clinico dell’utenza.
-
Definire i trattamenti di elezione sulla base delle evidenza clinica per tipologia di disagio
rilevato.
-
Individuare criteri di eleggibilità per i trattamenti erogati.
-
Individuare un referente per ogni nodo della rete coinvolto nella gestione dell’adolescente a
rischio.
-
Individuare un “case manager” manutentore della rete e responsabile della gestione del caso
all’interno dei diversi percorsi proposti.
-
Costruire protocolli di interfaccia integrati e multidisciplinari per la presa in carico
dell’adolescente a rischio.
-
Costruire partnership: Università- Servizi di aiuto psicologico.
Attualmente è stata approntata e resa operativa un scheda aziendale per la rilevazione del rischio in
adolescenza da utilizzarsi in tutti i nodi. Inoltre è stata costruita una prima interfaccia con il servizio
SAP (Servizio di Aiuto Psicologico) dell'Università di Bologna. Il servizio SAP, si rivolge ai giovani che
presentano problemi di tipo emotivo e relazionale, disturbi affettivi e comportamentali, difficoltà nella
vita universitaria e/o lavorativa, ed è gratuito per tutti gli studenti dell'Università di Bologna. Il
servizio è attivo nelle sedi universitarie di Forlì, Cesena, Rimini, Ravenna.
Tra gli obiettivi futuri, c'è l'ampliamento della rete attraverso l'annessione di nuovi “nodi”, realt{ che a
vario titolo si occupano del rischio in adolescenza presenti sul nostro territorio.
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“NON LO RICONOSCO PIÙ...È UN ADOLESCENTE”
PERCORSO DEDICATO A GENITORI DI RAGAZZI 13-18 ANNI CONDOTTO DALLO
SPAZIO GIOVANI E DAL CENTRO PER LE FAMIGLIE DI RIMINI
ELENA NATI
Coordinatrice Centro per le Famiglie Comune di Rimini
TANIA PRESEPI
Psicologa, Psicoterapeuta Centro per le Famiglie Comune di Rimini
ELENA NATI
E’ un percorso dedicato a genitori i cui figli hanno un'et{ compresa tra i 13 e i 18 anni, sui temi del
cambiamento corporeo, dell'affettività e della sessualità.
Il percorso si articola in tre incontri ad iscrizione, è stato co-progettato e co-condotto dai professionisti
dello Spazio Giovani e del Centro per le Famiglie.
Il quadro istituzionale all’interno del quale è stato possibile realizzare questo fecondo incontro tra i
nostri servizi, è definito dall’Accordo distrettuale fra i Centri per le Famiglie del Comune di Rimini e il
Consultorio Familiare del Distretto di Rimini Nord.
E’ l’attuazione su base territoriale dell’Accordo Regionale nell’ambito della programmazione socio
sanitaria tra i comuni sede dei Centri per le Famiglie e i Consultori Familiari della Regione EmiliaRomagna, con la finalità di avviare e potenziare gli interventi a carattere sociale a favore delle famiglie
e per il supporto delle responsabilità genitoriali; è stato possibile realizzare tale accordo grazie ai due
anni di finanziamenti avuti con il fondo nazionale istituito dall’allora Ministro per le politiche per la
famiglia, Rosi Bindi.
Dall’Accordo Regionale, ogni territorio ha declinato le priorit{ e armonizzato i nuovi interventi con
l’esistente, nel nostro caso il cuore dell’Accordo è il sostegno della genitorialit{ sotto diversi aspetti,
per cui oltre allo Spazio Giovani, per progettare e realizzare nuovi interventi si è stretta una preziosa
collaborazione con i professionisti del Percorso Nascita, dell’U.O., ora S.S., di Psicologia e dell’Equipe
Adozione.
L’esperienza si è rivelata molto positiva, sia dal punto di vista delle intersezione delle professionalit{
dei conduttori, che del risultato. Leggendo i questionari dei genitori alla fine dei tre incontri
l’intervento è stato valutato molto efficace e la richiesta è sempre quella di proseguire con altri
appuntamenti.
Si è realizzato un fondamentale obiettivo dell’Accordo, ossia moltiplicare le risorse e le professionalit{
del nostro territorio, non perdendo la specificità ma completandosi. Questi elementi sono la ragione
per cui continueremo in questa collaborazione anche nel prossimo anno.
Dalla sottoscrizione dell’Accordo ad oggi si sono realizzati 4 percorsi, 2 nel 2009 e 2 nel 2010, in orario
pomeridiano e serale. Negli incontri serali le iscrizioni sono state maggiori, complessivamente hanno
frequentato i gruppi 69 genitori, nella quasi totalità madri.
I gruppi sono stati condotti da Teresa Trappoli e Vilma Bastianini per lo Spazio Giovani, e da William
Zavoli e Tania Presepi per il Centro per le Famiglie, alternandosi nella conduzione.
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TANIA PRESEPI
Pensando al percorso che è stato realizzato al Centro per le Famiglie credo che sia importante
sottolineare diversi aspetti.
Sicuramente un aspetto molto positivo è stata la dimensione della co-progettazione e della coconduzione dei gruppi perché questo ci ha portato alla scambio di esperienze e anche di conoscenze di
professionalità diverse. Soprattutto questo scambio è stato molto presente nel momento della
conduzione del gruppo ed ha dato ai genitori partecipanti la possibilità di confrontarsi con
professionalità diverse; quelle dei professionisti di 360° con un'ottica, con un punto di vista
privilegiato sugli adolescenti, quindi sui loro figli, e la presenza di un operatore del Centro per le
Famiglie con un'ottica più nel senso della genitorialità e della familiarità. Questo sicuramente ha
permesso anche ai genitori che partecipavano al gruppo di avere delle conoscenze in più sui loro figli
che magari non si aspettavano o non sapevano. Da qui è nata anche una nostra riflessione, ovvero ci
siamo resi conto di come molti genitori siano all'oscuro di questi percorsi di sviluppo e di come molti
comportamenti che hanno i loro figli in realtà possano essere letti attraverso una modalità più
normalizzante. Per quanto riguarda i contenuti del percorso derivano direttamente dal titolo che
avevamo scelto insieme: “non lo riconosco più è un adolescente” perché il vissuto di quasi tutti i
genitori che hanno partecipato al gruppo è stato appunto quello del senso di smarrimento nel trovarsi
di fronte un figlio praticamente estraneo e quindi anche dal loro punto di vista sentirsi inadeguati e
impotenti ad affrontare. Gli incontri sono stati tre per ogni gruppo, i gruppi erano comunque fissi cioè
composti dalle stesse persone e questo ha permesso la creazione di un contesto di intimità, di fiducia e
di conoscenza tra i componenti. I temi trasversali sono stati quelli dell'educazione alla sessualità e
all'affettività suddivisi in tre parti. Diciamo che il primo incontro era più sul cambiamento corporeo e
come i cambiamenti corporei degli adolescenti poi hanno delle risonanze anche nel loro
comportamento e nella loro dimensione psicologica.
Il secondo incontro era più direzionato rispetto alle relazioni che gli adolescenti hanno con i coetanei,
quindi sia al gruppo dei pari, le amicizie, l'innamoramento.
E il terzo incontro era più calato su loro come genitori, quindi il fatto e l'idea di cambiare insieme ai
propri figli dal momento che il cambiamento così rapido, così stravolgente che vive un adolescente
influisce, condiziona necessariamente la famiglia dove vive fisicamente e quotidianamente tutti i giorni
e quindi questo senso del cambiare è una cosa su cui si è riflettuto molto. Durante il percorso i genitori
hanno anche modificato il loro stato d’animo ed il loro modo di stare nel gruppo. All’arrivo lo stato
d'animo più diffuso era quello della curiosità, dell'interesse, della preoccupazione di ricevere delle
risposte adeguate alle loro tremila domande, perché veramente in quasi tutti i gruppi i genitori
arrivavano con questo carico emotivo molto forte e anche di rassegnazione rispetto alla gestione di
alcuni conflitti con i loro figli. Alla fine del percorso in quasi tutti i genitori è emerso innanzitutto il
ringraziamento al gruppo, come un forte strumento di sostegno reciproco proprio per uscire da quella
sensazione di solitudine e di impotenza nell'affrontare una determinata condizione. Inoltre, un altro
elemento molto importante emerso come riflessione da parte dei genitori è avere acquisito la
consapevolezza che non è tanto nel fare il ruolo di genitori di un adolescente ( come invece capitava
quando i figli sono più piccoli e dovevi far delle cose con loro ) ma di sostare, cioè di stare con loro e di
accompagnarli in questo momento di difficoltà permettendosi anche di cambiare insieme a loro quindi
anche di rimettere in discussione quello che è un po' il ruolo di genitore che avevano costruito fino a
quel momento. Durante gli incontri sono stati dati ai genitori anche degli input teorici su cosa significa
essere adolescenti, quali sono i compiti di sviluppo, eccetera, ma la maggior parte del tempo il nostro
ruolo è stato più di facilitatori della comunicazione, perché poi veramente l'aspetto più importante è
quello del sostegno e dell'aiuto reciproco; di scambiarsi esperienze, di sapere di non essere i soli in
una determinata condizione. Alla fine quasi tutti i genitori hanno espresso il desiderio di continuare,
semplicemente per vedersi e raccontarsi e quindi credo che questo sia stato un po' la parte bella e
positiva di questo lavoro che personalmente è stata arricchente molto anche per me. Quindi ringrazio
Elena, come Centro per le Famiglie e i professionisti di 360 gradi.
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IL CAMPO ISTITUZIONALE DI UNO SPAZIO GIOVANI:
IMMERSIONE NELLE CORRENTI EMOTIVE PROFONDE
CLAUDIO DI LELLO
Psichiatra, Psicoterapeuta e Didatta Istituto Italiano Psicologia di Gruppo di Milano
Il mio compito oggi è quello di raccogliere il clima, l'atmosfera, la dimensione inespressa che può
circolare all'interno di uno Spazio Giovani, di cui ho conosciuto l'esempio di Rimini e Riccione nel corso
di un intervento formativo che ho condotto l'anno scorso e che ricordo ancora con molto interesse e
molta curiosità per le domande che si sono aperte in quell'occasione.
“Campo istituzionale” è un termine che viene utilizzato da quegli psicoanalisti di gruppo, in particolare per chi lo conosce – Antonello Correale, che hanno avuto modo di occuparsi non soltanto di piccoli
gruppi terapeutici, ma anche delle istituzioni nel loro complesso, quindi dei grandi gruppi istituzionali,
ed è un termine che aiuta a leggere le dinamiche profonde che muovono i rapporti tra i diversi operatori
di un servizio alla persona.
Correale si è occupato specificamente dei servizi di salute mentale, ma è un concetto assolutamente
estendibile anche ai servizi alla persona, come quelli che prevalentemente si rivolgono ad un'utenza tra
virgolette normale, come un Consultorio e uno Spazio Giovani, e si riferisce a quel complesso intreccio di
correnti emotive, affettive, fantasmatiche, rappresentative che informano di se stesse il livello non solo
emotivo ma anche organizzativo di un servizio, e che in un servizio alla persona sono estremamente
influenzate, in un rapporto di continua osmosi, dall'utenza con cui questo servizio viene in contatto.
Il mio intervento in parte è preparato, e in parte era concordato che venisse improvvisato sulla base dei
contenuti che sarebbero emersi nella giornata di oggi.
Partirei - perché così è sempre bene fare, no? - da una emozione per poi sviluppare un pensiero.
Personalmente sono rimasto molto emozionato, e non credo per ragioni autobiografiche
particolarmente significative, quanto piuttosto per il clima, per il campo che anche in questa stanza si è
sviluppato, in quest'aula, nel sentire poco fa le registrazioni degli adolescenti intervistati. Mi ha molto
commosso la loro confusione, la loro difficoltà a dare delle definizioni nette. Beh, lo sappiamo tutti che
l'adolescente è così, ma l'esperienza del sentire, dell’entrare in contatto con queste caratteristiche ogni
volta tocca qualche corda.
Soprattutto mi ha molto colpito quell'adolescente, di cui parlava la dottoressa Marconi, che in un tema, se
ricordo bene era lei che ne parlava, diceva: alla sera ho paura della morte, se non attacco la spina ho
paura di non sentirmi più vivo. Potremmo anche aggiungere che oltre alla paura della morte a volte può
esserci la rabbia, come descriveva la dottoressa Marconi nel suo gruppo: i componenti si arrabbiano
quando entra un nuovo “ospite”, un nuovo membro del gruppo perché, questo lo sappiamo tutti, ogni
nuovo ingresso in un gruppo, ogni novità nella vita è anche la morte di quello che c'era
precedentemente, e tutto questo può indurre reazioni di vario tipo che possono essere o la paura o la
rabbia.
Poi ho sentito parole che hanno riecheggiato questo tema, a mio parere centrale, che è quello della
morte, del lutto: non si tratta di una caratteristica esclusiva di un centro che si adopera per l'aiuto agli
adolescenti, ma mi sembra molto pregnante in questa dimensione, nella giornata di oggi in cui si è molto
parlato in termini di fine, di confine, di frontiera.
A un certo punto, poi, mentre lui [un relatore] si domandava quando finisce l'adolescenza noi ci siamo
detti, bonariamente, ma quando finisce il suo intervento? Quindi il tema della fine, che ovviamente
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dall’altro lato può essere anche un nuovo inizio, tuttavia è un tema diciamo drammaticamente presente
nell'utenza con cui uno Spazio Giovani viene in contatto.
E allora, mentre mi sembrava di cogliere questi elementi, mi domandavo ancora una volta, come nelle
altre occasioni in cui mi capita di fare queste osservazioni istituzionali: ma dove vanno a finire queste
emozioni? Come si infiltrano, come deformano, come curvano, come orientano, come organizzano la
mente degli operatori che poi all'interno di uno Spazio Giovani si trovano ad operare? Naturalmente è
una domanda a cui non c'è mai una risposta, è sempre bene fare domande più che dare risposte, però
per aiutarci a dare una lettura di quello che accade nel contatto tra l'utenza di uno Spazio Giovani e il
gruppo di operatori che vi lavora, e del campo istituzionale che si crea, può venire utile un concetto
che è stato elaborato da questo autore molto appassionato, Antonello Correale, che è il concetto di
isomorfismo.
Tanto per capirci, tanto per dare un'idea in più, sostanzialmente Correale sostiene che le menti degli
utenti che entrano in contatto con un servizio depositano prodotti della loro psiche nelle menti degli
operatori di quel servizio, e se gli operatori di quel servizio non sono continuamente,
permanentemente formati e aiutati a riconoscere queste dinamiche vengono spinti silenziosamente a
assumere la stessa forma della mente dei loro utenti.
Ad esempio, a mio parere nell'intervento formativo condotto l'anno scorso da me e da altri colleghi
dell’Istituto Italiano di Psicoanalisi di Gruppo nello Spazio Giovani di Rimini e Riccione erano
abbastanza riconoscibili alcune dinamiche adolescenziali, e naturalmente lo dico con il massimo
rispetto e simpatia per l'adolescente.
Ad esempio ricordo che soprattutto nei primi incontri del gruppo di discussione di casi clinici,
coinvolgente tutti gli operatori, c'era un clima molto bonario, molto benevolo, quasi cerimonioso e
ossequioso tra i partecipanti e nei confronti del conduttore, idealizzato per dirla in termini
psicoanalitici, e in questo clima quasi mellifluo stentavano ad emergere posizioni nette.
Successivamente, negli ultimi due dei cinque incontri che abbiamo condotto, hanno cominciato a fare
capolino interventi che esprimevano con chiarezza anche l'aggressività tra gli operatori.
Quella descritta è risultata essere effettivamente una modalità di relazione caratteristica all'interno del
servizio, come se ci fossero delle difficoltà ad esprimere con chiarezza le proprie posizioni, a
differenziarsi, a mettere un limite oppure una fine tra sé e l'altro, che appunto potremmo pensare
essere un effetto di questo isomorfismo di cui vi ho parlato.
Un altro tema che ricorreva spesso in quegli incontri era l'identità dello Spazio Giovani. Ma noi chi
siamo? Dove finisce lo Spazio Giovani, dove comincia il Consultorio? E quest’ultimo era vissuto e
rappresentato un po’ come un genitore, il genitore dell’adolescente, un po’ staccato da lui ma non
abbastanza, e insieme ancora attaccato a lui ma quasi troppo.
Faccio questi brevissimi riferimenti all'interessante lavoro che abbiamo fatto insieme l'anno scorso
per dire come c'è un'infiltrazione continua, che l'adolescente nel caso di uno Spazio Giovani introduce
gli elementi della sua mente all'interno della mente collettiva di quel servizio, che evidentemente se
non è in grado di riconoscere questi aspetti rischia di adottare le stesse difese che l'adolescente adotta
rispetto a certe difficoltà specifiche di quella fase della vita, che sono poi le difficoltà di accettare i
limiti, di accettare la fine, di affrontare i lutti che la sua condizione inevitabilmente comporta.
Per aiutarvi e aiutarmi, perché è un lavoro che va fatto a permanenza quello di capire e di accettare i
lutti, volevo leggervi due pagine di James Hillman, che qualcuno di voi conoscerà, grande filosofo oltre
che psicoanalista di matrice junghiana, che in uno dei suoi libri scrive un capitolo intitolato “Crescere
cioè discendere”:
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“La scala che sale al cielo come simbolo di progresso spirituale ha un'origine antica. Ebrei, greci e
cristiani hanno tutti assegnato uno speciale valore a ciò che sta sopra e la moralità occidentale, la cui
bussola è fortemente attratta dalla spirito tende a situare tutte le cose migliori in alto e le peggiori in
basso. Con l'Ottocento la crescita poteva dirsi definitivamente irretita in questa fantasia ascensionale.
La teoria di Darwin per cui l'uomo discende dalla scimmia è diventata nella nostra testa l'ascesa
dell'uomo. Ogni povero emigrante poteva salire nella scala sociale così come i palazzi con i loro
ascensori salivano ai piani più alti e più costosi e oggi l'idea della crescita verso l'alto è ormai diventata
un luogo comune biografico. Essere adulti è essere grandi, avere raggiunto l'altezza definitiva”.
Altrove Hillman dice ancora: “esiste solo una cosa che cresce continuamente: i tumori”. Questo della
crescita visibile e manifesta, dice Hillman è però solo uno dei modi con cui si può parlare della
maturità: infatti le piante, dalla piantina di pomodoro all'albero più elevato, mentre si innalzano verso
la luce affondano e ramificano sempre più le loro radici. Crescere cioè discendere: successivamente
Hillman racconta di quanto sia importante discendere per poter crescere laddove evidentemente
discendere significa anche cadere, andare giù, inciampare, deprimersi se vogliamo. Dunque non è
possibile crescere se non si va giù e in questi inciampi, in queste cadute, in questi abbassamenti, dice
Hillman, solo in questi è possibile dare un senso alla vita, e sono quegli eventi di cui l'anima ha bisogno
per penetrare nel suo spessore.
Allora l'invito è a discendere, a chinarsi. Il termine clinica viene dal greco klinè, che vuol dire chinarsi,
andare giù di morale, ma anche inchinarsi rispettosamente, al cospetto delle continue perdite, dei
continui limiti, delle fini, delle interruzioni, delle mancanze di cui la vita dell'adolescente è costellata,
perché da un punto di vista emotivo è soprattutto questo il compito che viene richiesto, io credo, agli
operatori di uno Spazio Giovani.
Concluderei facendo riferimento alla bella immagine proposta oggi da qualcuno dell'adolescente come
un equilibrista, perché effettivamente l'equilibrista per poter camminare deve perder l'equilibrio, deve
andare un po' giù, se non va giù non può restare in equilibrio, se resta fermo rischia di cadere in
maniera rovinosa, per cui in questa lettura che io vi propongo sottolineo l'importanza che ci sia la
consapevolezza che il contatto con l'adolescente espone a queste domande senza risposta, a questi
temi esistenziali, ontologici vorrei dire, e soprattutto a questa angoscia del cambiamento, sotto forma
di paura della morte, che se viene riconosciuta può impedire a un servizio di adottare delle difese che
poi deformano anche dal punto di vista organizzativo il suo assetto.
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DIBATTITO
Luciana Belloni: allora c'è qualcuno che vuole fare domande? Siete troppo stanchi?
Paolo Assirelli: volevo riprendere brevemente un pensiero espresso da Sergio Tarducci che mi ha
molto colpito e che credo debba essere una specie di piccola bussola che ci portiamo dietro. Sergio ha
detto: bisogna avere, oltre a tutte le altre peculiarità espresse nel suo importante e significativo
discorso, verso questi ragazzi che vengono da noi, quella che lui chiama una “misurata empatia”. E' un
termine secondo me molto bello. Deve esserci, nel nostro stare, e parlare, coi giovani, una misura,
un’attenzione che non soffochi e che non sia complice: un’empatia, certo, ma non una smisurata
empatia. Noi non siamo né loro amici, né loro compagni sodali, noi siamo adulti, ci piaccia o meno. E
quello che i ragazzi ci chiedono non è di essere i loro confidenti, ma di svolgere bene il nostro compito
di adulti, che è quello, come si dice nel linguaggio giuridico di “essere persone informate sui fatti”;
anche le parole che ha detto prima Di Lello, vanno secondo me un po' in questo senso. Oggi è andato
tutto bene, ieri è andato bene, siamo contenti tutti, sono bellissime giornate, ma andiamo a cogliere
anche qualche piccolo punto critico: il rischio qualche volta è di essere anche noi, seppur mossi dalle
migliori intenzioni, un po' degli adolescenti. Questo non è del tutto negativo, se ci permette di cogliere
certi segnali che altrimenti andrebbero persi, ma contemporaneamente dobbiamo farci dei buoni
anticorpi per continuare ad essere delle persone adulte che hanno un ruolo, anche tecnico, molto
chiaro e molto preciso. Credo che ciò sia emerso in queste giornate, ma ho pensato fosse giusto
sottolinearlo.
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SOCIETÀ DI FORMAZIONE DIDATTICA “NOSLIDE”
Ci chiedono di andare nelle scuole a portare un messaggio: ragazzi, usate il consultorio. Già qui il punto
è interessante: non andiamo ad insegnare nulla, solo ad indicare una strada. Ad oggi sono vent’anni
che lo spazio giovani fa queste attivit{, nelle scuole e non solo. Vent’anni a cercare di raggiungere il
mondo degli adolescenti e lasciar loro un messaggio. Ed è un messaggio forte, significativo, di quelli
che dovrebbero essere urlati a gran voce, come un coro da stadio: ragazzi, vogliate bene a voi stessi!
Usate il consultorio per farvi aiutare, è un vostro diritto!. A vederlo così dovrebbe essere facile: stiamo
solo dicendo ai ragazzi di fare quel che è meglio per loro. Ma dove sta la difficoltà allora?
La difficoltà sta nel fatto che quando si comunica si è almeno in due. E questo processo, la
comunicazione, è complesso. Passa da molteplici canali, usa molteplici codici e per molti versi non è
prevedibile. Questo gli operatori del consultorio lo sapevano gi{ vent’anni fa. E per questo hanno
costruito uno spazio particolare, un luogo finalizzato, innanzitutto, a rompere gli schemi. E rompere gli
schemi rende le cose più scomode, ma forse più efficaci. Prendiamo una classe, una qualunque,
qualunque scuola. Tutti sanno una cosa: a scuola si ascolta il docente. Ma avete dimenticato quanto era
difficile? Teniamo alta l’attenzione, ma non semplicemente su di noi o sul messaggio che portiamo:
l’attenzione dei ragazzi deve essere concentrata su loro stessi. Sono loro i protagonisti.
Rendiamoli protagonisti di questo scambio comunicativo. I ragazzi si trovano così ad affrontare un
discorso, non solo a recepirlo. Il nostro obiettivo è, in parole povere, che quel che fanno con noi se lo
portino a casa: aspiriamo ad un confronto col mondo stesso dell’adolescenza.
Al di l{ di questo approccio comunicativo, sotto sotto c’è un desiderio: promuovere il benessere degli
adolescenti. Ma dietro questo lavoro, dietro ai vent’anni di attivit{ dello Spazio Giovani, c’è un’idea
ancora più grande ed ambiziosa: avere a che fare con La Persona. Non con un giovane “X” che arriva al
consultorio con un problema, non semplicemente con il suo problema, i sintomi, le cure, i trattamenti…
ma con la persona nella sua interezza, con le sue emozioni, le sue paure, le sue relazioni con la famiglia,
gli amici, col suo mondo e con tutto quello che la persona vorr{ portare di se stesso: l’incontro fra
l’adolescente e lo spazio giovani è a 360°.
Quando ci hanno proposto di partecipare a questo Convegno ci siamo chiesti se ci fosse un modo per
portare in un contesto in cui si parla di adolescenza la voce degli stessi adolescenti. Ci siamo anche
domandati quale contributo utile potessero dare i ragazzi in una giornata come questa. E ci siamo
anche interrogati su cosa potesse essere utile dire in una situazione in cui di sicuro ci sono molte
persone esperte di adolescenza.
E fra tutte queste domande, ci siamo fermati, ci siamo guardati ed abbiamo detto: facciamoci un caffè.
E facciamo un passo indietro. Il presupposto, di certo un po' provocatorio, è che al mondo ci sono
moltissimi psicologi, sociologi, assistenti sociali e altre figure che si fregiano, a volte a ragione, del
titolo di “esperti in adolescenza”. Questo senza essere adolescenti.
Certo: sappiamo perfettamente quanto è importante il contatto dell'operatore con la propria parte
adolescente, e col ricordo razionale e coi suoi vissuti emotivi, ma quanto è cambiato il concetto di
adolescenza? Anzi, come cambia? Come sta cambiando, con che rapidità?
Quando è toccato a noi l'adolescenza era diversa. Quando è stata fatta l'ultima ricerca, anche se e stata
fatta ieri, c'era un tipo di adolescenza che adesso è già cambiata, si è gia evoluta in qualcos'altro. In
questi termini essere al passo coi tempi è più una bella idea, un'utopia, che una reale possibilità.
Attenzione: non vogliamo dire che non ci sia modo di essere davvero esperti; quel che ci piace è
provocare un pensiero. Stimolare un confronto. Stimolare noi stessi a riflettere su ciò che facciamo. Ci
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siamo provocati, come adesso provochiamo voi: chi è più esperto dei fatti dell'adolescenza di una
persona che sta vivendo in questo preciso momento l'adolescenza?
Quindi abbiamo pensato di portare al Convegno la voce di alcuni adolescenti. In verità all'inizio,
quando abbiamo avuto questa idea, volevamo giungere ad un risultato diverso. E' stato il contatto con i
ragazzi stessi che ci ha portati a cambiare direzione.
Abbiamo scelto di andare in un paio di scuole a fare delle interviste. La scuola è il nostro campo: noi
lavoriamo nelle aule. Forse per questo ci è sembrata una buona idea.
Pensate, centinaia di giovani a cui chiedere un'opinione. Immaginate con quanta energia i ragazzi
hanno risposto alle nostre domande!
…zero.
Eh si, perché gli studenti, dopo sei lunghe ore di scuola, non avevano minimamente voglia di
rispondere ad altre domande che - per quanto veloci potessero essere - richiamavano sempre e
comunque l'ennesima interrogazione, l'ennesimo esame, l'ennesimo giudizio. Cosi, in mezzo a tutte
quelle domande a cui nessuno voleva rispondere, ci siamo fermati, ci siamo guardati ed abbiamo detto:
facciamoci un caffè.
Si, per fortuna ci piace il caffè. Siamo andati nel primo bar, e lì abbiamo capito dove era il nostro limite:
cercavamo gli adolescenti dove sono tenuti a stare, non dove vanno quando sono liberi di scegliere.
Abbiamo cosi iniziato a fare le interviste in pieno centro. Ci siamo andati sempre di sabato pomeriggio,
quando ce ne sono di più, quando i gruppi sono più ricchi.
Abbiamo fatto loro due domande, riferendo che le avremmo usate in un convegno sulle attività del
consultorio.
Eravamo un po’ più ottimisti, ci aspettavamo di trovare o “più persone” informate o persone “più
informate”. Però stare lì con loro, nei loro spazi scelti, il condividere una libert{ d'azione più grande ci
ha portato a sentire l'esigenza di fermarci a raccontare agli adolescenti quello che non sapevano dirci:
cosa è lo spazio giovani 360°.
In un'ottica di promozione del benessere siamo tenuti ad inventare modi sempre nuovi per
raggiungere l'utenza PRIMA che ci sia l'urgenza. Parlare loro di contraccezione prima che ci sia una
gravidanza. E nel fare tutto questo dobbiamo essere al passo coi tempi. Dobbiamo essere sempre
attenti. Dobbiamo farci molte domande e non accontentarci mai delle risposte. In una parola:
dobbiamo essere creativi.
Non degli artisti della comunicazione, ma dei tecnici capaci di entrare in un mondo che, per quanto
conosciuto, non ci appartiene più.
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Curriculum
Lo Spazio Giovani:
Spazio
Giovani
1990 Apre le porte e presenta alla popolazione i suoi simboli e le sue “parole d’ordine”:
360°Spazio Giovani “Diventare adulti è un gioco da ragazzi”
1990 Porta nelle Scuole l’Educazione alla sessualità e alla affettività
1994 Per la prima volta fa Convegno ”Colpiti da stupore” sui temi dell’adolescenza:
prevenzione e accoglienza
1996 Pubblica “Che cos'è la clotilde....ovvero l'amore ed altri incomodi nelle domande
degli adolescenti” ed.Guaraldi
1996 Inizia la formazione degli insegnanti delle Scuole Medie Inferiori su: “Educazione
alla sessualità e all'affettività”
1998 Rivolge lo stesso Corso di formazione agli insegnanti del biennio delle Scuole
Medie Superiori
1998 Fa ricerca presso un Polo scolastico di Scuola Media Superiore: “L’immagine che
gli adolescenti hanno di sé” mediante il questionario D. Offer
1998 Collabora con il SERT e si apre uno spazio di ascolto per la prevenzione del disagio
1999 Attiva una formazione nuova per gli studenti delle Scuole Medie Superiori: “La
peer-education”
2000 Partecipa a livello regionale alla elaborazione delle: “Linee di indirizzo per
integrare i servizi socio-sanitari rivolti agli adolescenti”
2000 Collabora alla formazione e al progetto regionale sulla “Valutazione degli
interventi di educazione alla salute per adolescenti”
2002 Organizza un gruppo di lavoro interservizi per identificare i “segnali d'allarme”
inviati dai nuovi adolescenti
2003 Coordina il primo” Catalogo aziendale” dell’offerta formativa di tutti i servizi
che si occupano dell'Educazione alla Salute, rivolta alle Scuole Secondarie di
primo e secondo grado
2004 Fa mappatura di tutti i Servizi che si prendono cura degli adolescenti
2005 Indaga su:”Adolescenti e Pronto Soccorso” mediante l'analisi della tipologia
d'accesso
2005 Collabora con la Provincia di Rimini per: “Report di strada” un progetto
attuato dagli adolescenti
2006 Sperimenta un modo integrato di fare prevenzione con il corso di formazione
rivolto agli allenatori sportivi:”Allenare alla salute-il mondo dello sport e gli
adolescenti”
2007 Porta “Uno sguardo al maschile” un progetto integrato di prevenzione andrologica
nelle Scuole Secondarie di secondo grado
2007 Continua il lavoro integrato e si focalizza sulla prevenzione del rischio con la
costruzione del progetto: “Avviso ai naviganti” rivolto alle Scuole Secondarie
di secondo grado
2007 Incontra le giovani gravide nel Gruppo Primula
2008 Incontra le mamme adolescenti nel Gruppo Rugiada
2009 Incontra gruppi di genitori in collaborazione con il Centro per le Famiglie
2010 Elabora delle linee di indirizzo rivolte alle adolescenti in gravidanza per
l'accompagnamento ad una scelta consapevole
2010 Crea nel sito aziendale uno spazio dedicato agli adolescenti
Leggi Nazionali e Regionali di riferimento
L. N. n. 405 del 29 Luglio 1975, ISTITUZIONE DEI CONSULTORI FAMILIARI
L. N. n. 194 del 22 maggio 1978, NORME PER LA TUTELA SOCIALE DELLA
MATERNITA’ E SULL’INTERRUZIONE VOLONTARIA DELLA GRAVIDANZA
L. N. n. 66 del 15 febbraio 1996, NORME SULLA VIOLENZA SESSUALE
L. N. n. 285 del 28 Agosto 1997, DISPOSIZIONI PER LA PROMOZIONE DI DIRITTI E
DI OPPORTUNITA' PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA
L. R. n. 27 del 1989, NORME CONCERNENTI LA REALIZZAZIONE DI POLITICHE DI
SOSTEGNO ALLE SCELTE PROCREATIVE ED AGLI IMPEGNI DI CURA VERSO I
FIGLI
L. R. n. 21 del 25 Giugno1996, PROMOZIONE E COORDINAMENTO DELLE
POLITICHE RIVOLTE AI GIOVANI
Delibere regionali prevedono il finanziamento anche degli Spazi Giovani nell’ambito dei
programmi formativi per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS. Dall’approvazione della Delibera
n° 940 del 1998, con emanazioni biennali (ultima, la Delibera n° 1933 del 2007), vengono assegnati
finanziamenti alle Aziende Sanitarie finalizzati agli Spazi Giovani.
LA LEGISLAZIONE CHE NON C’E’
L’educazione sessuale nelle scuole: la prima proposta di legge nazionale è del 1910. Svariate e più
recenti altre proposte giacciono in Parlamento (ultimo tentativo da parte della S.I.G.O.).
Nelle istituzioni scolastiche, per realizzare interventi di educazione alla salute, si entra attraverso
accordi con i dirigenti e con l’autorizzazione dei genitori.
M.O. CONSULTORIO
FAMILIARE
Ausl di Rimini
LINEE DI INDIRIZZO PER IL PERCORSO DI
INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA
NELLE ADOLESCENTI 14-21 ANNI
17/03/2010
Pagina 1 di 7
SOMMARIO
Premessa..........................................................................................................................2
Introduzione.....................................................................................................................2
Spazio Giovani.................................................................................................................2
Inquadramento teorico.................................................................................................... 3
Adolescenza.......................................................................................................3
Significati della gravidanza in adolescenza........................................................3
Percorso I.V.G. adolescenti 14-21 anni...........................................................................4
Accesso..............................................................................................................4
Primo colloquio e colloqui successivi................................................................4
Invio o collaborazione con altri operatori..........................................................5
Valutazione clinica -certificazione - prenotazione ospedaliera..........................5
Percorso in Ospedale..........................................................................................5
Visita di controllo e colloquio post I.V.G..........................................................6
Percorso I.V.G. minori.....................................................................................................6
Primo colloquio e colloqui successivi................................................................6
Valutazione clinica-certificazione......................................................................7
Percorso in Ospedale..........................................................................................7
Visita di controllo e colloquio post I.V.G...........................................................7
Azioni necessarie per rendere operative le linee guida.....................................................7
Riferimenti bibliografici...................................................................................................7
Allegati.............................................................................................................................8
1)Tavola certificati I.V.G minori Azienda USL Rimini anni 1978-2009..........8
2)Legge 22 maggio 1978 n. 194.........................................................................9
Redazione
Verifica ed Approvazione
Nome/Funzione
Assirelli Paolo
Barbieri Augusta,
Bastianini Vilma,
Belloni Luciana,
Daniele Daniela,
Marconi Paola,
Pillai Elisabetta,
Tarducci Sergio,
Trappoli M.Teresa,
Vaselli Enrica Nives
Firma
M.O. CONSULTORIO
FAMILIARE
Ausl di Rimini
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PREMESSA
Questo documento è stato redatto da un gruppo di lavoro formato da operatori degli Spazi Giovani di Rimini e
Riccione, che sono stati individuati dal Responsabile del M.O. Consultorio Familiare, al fine di produrre delle
linee di indirizzo che fossero di supporto a tutti gli operatori che si trovano a dover rispondere alla richiesta di
interruzione della gravidanza da parte di utenti adolescenti.
Tale mandato ha dato voce a una forte esigenza degli operatori degli Spazi Giovani di riflettere e confrontarsi su
una richiesta che da anni li vede coinvolti nell'ascolto e nell'accompagnamento di adolescenti, vista la
complessità e delicatezza della tematica.
INTRODUZIONE
Nella Regione Emilia-Romagna rimane costante e bassa la quota di minorenni che ricorrono all’intervento di
interruzione di gravidanza (2,4 - 3% del totale degli interventi effettuati), nonostante la curva di distribuzione per
età sia decisamente più spostata verso le classi d’età più giovani per le straniere rispetto a quelle italiane
(relazione sull'interruzione volontaria di gravidanza in Emilia-Romagna nel 2008 – tav. pag. 5 ).
Nella nostra Azienda il numero delle minorenni che hanno fatto ricorso all'interruzione di gravidanza (I.V.G.),
dopo una iniziale impennata si è ridotto e poi stabilizzato a partire dalla fine degli anni 80.
In particolare nel Consultorio del Distretto di Rimini dal 1978 alla fine degli anni 80 si è registrata una notevole
presenza di minori con richiesta di I.V.G. e con ricorso al Giudice Tutelare, seguita da una riduzione e
stabilizzazione nel tempo. Nel consultorio del Distretto di Riccione nei primi anni 90 si è verificata una generale
crescita dell’utenza e una conseguente presenza di minori che richiedono I.V.G.
Si segnala negli ultimi tre anni ed in particolare nello Spazio Giovani del Distretto di Rimini, un incremento delle
minori straniere che fanno ricorso all’ I.VG., incremento che va dal 26% del 2007 al 44% del 2009.
Negli ultimi dieci anni, sempre a Rimini, il ritorno per il controllo sanitario e contraccettivo e il colloquio dopo l'
I.V.G. delle minori si è attestato fra il 74% e il 100%, dato che segnala la particolare cura ed attenzione che gli
operatori hanno dedicato a questo momento.
A partire dai primi anni 90 le Aziende Sanitarie Locali, su progetto regionale, hanno messo in atto interventi atti
a ridurre il fenomeno dell’interruzione volontaria della gravidanza negli adolescenti attraverso: l’istituzione
degli Spazi Giovani, con lo scopo di riqualificare gli interventi di educazione sessuale e di produrre informazione
contraccettiva e preventiva alle malattie a trasmissione sessuale; l’istituzione di Spazi dedicati alle donne
immigrate, con lo scopo di favorire l'accesso delle giovani straniere, che in questo spazio possono anche
avvalersi della mediazione linguistica culturale.
SPAZIO GIOVANI
E' un settore del Consultorio Familiare dedicato ai giovani, nell'ambito delle politiche di prevenzione e
promozione della salute.
Risponde ai problemi legati alla sessualità, alla vita affettiva e relazionale, cura inoltre gli aspetti ginecologici, di
contraccezione per la prevenzione delle gravidanze indesiderate, di presa in carico della gravidanza e di
prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse.
Il personale dedicato (ginecologo, psicologo, sociologo, assistente sociale, assistente sanitaria, ostetrica, dietista)
è appositamente formato all'ascolto e all'accoglienza.
L'accesso è libero (senza richiesta medica), diretto (senza prenotazione), gratuito e riservato (coperto dal segreto
professionale - Legge 194/78 art. 2).
Lo Spazio Giovani ha organizzato dal 2008 un Corso di accompagnamento alla nascita denominato Gruppo
Primula che offre alle ragazze, che hanno deciso di affrontare una gravidanza, uno spazio in cui depositare,
insieme alle informazioni e alle tecniche di rilassamento, pensieri e sentimenti relativi all'evento della vita che si
trovano ad affrontare.
Il gruppo si incontra anche dopo il parto, componendo un nuovo spazio denominato Gruppo Rugiada, che ha
l'obiettivo, squisitamente preventivo, di sostenere la relazione della giovane mamma con il neonato.
Nel Distretto di Rimini la sede dello Spazio Giovani è in via XXIII Settembre n.120 ed è aperto tutti i Lunedì e
Martedì dalle ore 15 alle ore 18; nel Distretto di Riccione la sede dello Spazio Giovani è in Piazza Unità n.10 ed
è aperto tutti i Giovedì dalle ore 15 alle ore 19.
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INQUADRAMENTO TEORICO
ADOLESCENZA
Il termine “adolescenza” è relativamente nuovo nel nostro dizionario, dal momento che esiste dalla fine
dell’Ottocento: non era mai stato usato prima.
Oggi, nella nostra cultura, l’adolescenza non è più percepita solo come tempo di passaggio ma è una vera e
propria condizione esistenziale che ha una certa durata nel tempo ed una certa “stabilità” e si è diffusa l’abitudine
da parte dei ragazzi di autodefinirsi “adolescenti”, trovando in questa etichetta elementi di identità e
riconoscimento.
La parola “adolescenza” viene dal latino adolescere che vuol dire “nutrire”. L’adolescente è colui che è nutrito,
colui che sta crescendo. Si ritrova anche nell’etimologia questo riferimento al transito: alla condizione di non
essere né più bambino, né ancora adulto.
Da un punto di vista fisiologico l’adolescenza è il periodo della vita che segue la pubertà, rappresentata dai
cambiamenti fisici (crescita dei peli, del seno e degli organi genitali, cambiamento del tono della voce, menarca e
spermarca…) che avvengono intorno agli 11/13 anni. Si parla pertanto di adolescenza a partire dai 13/14 anni.
Più complesso è invece definire quando questa fase della vita ha termine. Alcuni autori affermano che
l’adolescenza termina quando il ragazzo entra nel mondo adulto, ma per definire cosa significa “entrare nel
mondo adulto” non si può prescindere dal contesto sociale. Altri autori parlano di adolescenza ritardata o
prolungata.
Un criterio affidabile a cui fare riferimento può essere quello di parlare di fine dell’adolescenza quando si sono
raggiunti i compiti evolutivi di questa fase della vita, con una certa stabilità.
I compiti evolutivi che un adolescente deve adempiere per diventare adulto possono essere così sintetizzati:
processo di separazione, cioè la trasformazione progressiva dei legami affettivi dell’infanzia, in
legami affettivi dell’età adulta. Questa trasformazione è discontinua ed avviene attraverso continue
progressioni e regressioni. Non è specificato come debba avvenire il distacco dai genitori, ma ciò
che è importante è che avvenga la perdita dell’identità di “piccolo”, di irresponsabile e delegante,
per acquisire una identità autonoma.
processo di individuazione, cioè la costituzione soggettiva della propria identità come immagine
della persona nella sua totalità. Il processo di individuazione avviene attraverso il superamento
dell’immagine infantile di sé, l’acquisizione della capacità di sentire la continuità del proprio
essere, cioè la capacità di lasciare parti di sé rimanendo sempre lo stesso e l’integrazione del corpo
sessuato, cioè la mentalizzazione del cambiamento corporeo, la consapevolezza del corpo erotico e
procreativo.
la nascita sociale, cioè la capacità di instaurare nuove relazioni con il gruppo dei pari, con l’altro
sesso e di sviluppare ideali e curiosità verso l’esterno della famiglia.
Secondo Offer (GB) e De Vito (I) gli adolescenti possono essere classificati in quattro gruppi:
25% di giovani a crescita continua, cioè che attraversano l’adolescenza quasi senza accorgersene;
35% di giovani a crescita fluttuante, cioè che denotano uno stato di malessere alternato ad uno stato
di benessere;
20% di giovani a crescita tumultuosa, cioè che hanno un periodo di crisi (delusioni amorose, a
scuola, con i genitori) che scardina un po’ tutta la loro vita;
20% di giovani ad alta vulnerabilità, cioè che presentano dei sintomi con la caratteristica del
disturbo. Questi giovani arrivano, in genere, ai Servizi su segnalazione.
SIGNIFICATI DELLA GRAVIDANZA IN ADOLESCENZA
Una gravidanza in età adolescenziale, o anche in tarda adolescenza, rappresenta un evento piuttosto complesso,
dal momento che essa ha luogo in un momento evolutivo in cui la personalità è ancora in corso di strutturazione
e in cui il desiderio di gravidanza è solo apparente. Risulta piuttosto evidente come due fasi del ciclo vitale così
particolari e allo stesso tempo ricche di cambiamenti, come l'adolescenza e la gravidanza, possano, se vissute
contemporaneamente, rendere più complesso il processo che porta alla formazione di un'identità.
Spesso l'adolescente che vive questa condizione appare confusa, disorientata; ha ancora un'immagine di sé
infantile, sostenuta da meccanismi di negazione che le fanno vivere la gravidanza in modo poco realistico, al
punto di non riuscire ad immaginare come sarà il suo bambino perché non ne ha idea. Spesso emergono vissuti di
depressione e tristezza. L'adolescente parla dei cambiamenti legati al corpo come se non le appartenessero, a
volte se ne vergogna di fronte ai coetanei, teme di essere giudicata; può avere la sensazione di sentirsi
intrappolata in una situazione più grande di lei, di essersi improvvisamente trovata in un mondo adulto che
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ancora non conosce, non le appartiene e ci può essere un forte rimpianto per una adolescenza ormai bruscamente
interrotta.
Tale evento può assumere vari significati. In certi casi può configurarsi come una resistenza alla contraccezione,
tenuto conto del fatto che le informazioni a questo livello non mancano e quindi come atto trasgressivo, spesso
nei confronti di un genitore vissuto come autoritario o trascurante.
A volte può essere semplicemente un evento casuale legato alla rottura del profilattico. In altre situazioni può
essere vissuta come una sfida e competizione con la propria madre, a volte semplicemente come conferma che il
proprio corpo funziona come quello materno...
Allo stesso tempo può essere letta come un “agito”, un acting-out, conseguente alle difficoltà di separarsiindividuarsi dalla propria famiglia e in modo particolare dalla propria madre e proprio il rimanere incinta diventa
la condizione per non separarsi da una madre alla quale si torna a chiedere protezione, cure e attenzioni.
PERCORSO I.V.G. ADOLESCENTI 14-21 ANNI
ACCESSO
L'adolescente che chiede informazioni sulla interruzione volontaria di gravidanza può rivolgersi direttamente allo
Spazio Giovani o al Consultorio Familiare.
Qualora il primo contatto avvenga in Ospedale, dal medico di base o nei diversi settori dell'Azienda, una prassi
già collaudata prevede l'invio ai suddetti Servizi.
Un protocollo condiviso stabilisce che l'accoglienza al Consultorio Familiare sia a libero accesso e che la
datazione ecografica della gravidanza avvenga entro 48 ore.
Al Consultorio Familiare l'accoglienza viene effettuata da un professionista dell'equipe.
In questo primo contatto il professionista raccoglie i dati anagrafici attraverso la visione di un documento di
identità valido e verifica l'ultima mestruazione e l'affidabilità del dato.
Qualora l'età gestazionale lo permetta effettua un invio accompagnato agli operatori dello Spazio Giovani, dal
momento che tale servizio viene identificato come interlocutore privilegiato per la presa in carico delle
adolescenti che fanno richiesta di interruzione di gravidanza.
PRIMO COLLOQUIO E COLLOQUI SUCCESSIVI
Il primo colloquio fra l’operatore e l’adolescente che richiede l'I.V.G. non ha le caratteristiche di una
consultazione psicologica in senso stretto. La ragazza adolescente pone al centro dell’attenzione non la propria
situazione psicologica, ma un fatto ben preciso, un problema reale e pressante.
Il setting in cui avviene il colloquio per l’I.V.G., per il suo intervento attivo da parte del consulente, per i
molteplici ruoli di cui è investito simultaneamente, per l’urgenza della soluzione del problema, ha caratteristiche
di complessità tali che richiedono da parte del professionista competenze specifiche ed una formazione ad hoc. In
ogni caso l’ambito del colloquio si identifica come luogo in cui la giovane può fermarsi a riflettere sulla sua
situazione e accorgersi di altri fattori presenti che possono orientarla nella sua decisione.
L'accoglienza dell'adolescente allo Spazio Giovani viene effettuata da un professionista dell'equipe con
formazione specifica, con un approccio personalizzato e altamente relazionale.
L'operatore utilizza la “cartella di presa in carico della donna che richiede l'interruzione volontaria di
gravidanza” predisposta dalla Regione Emilia Romagna, allegato 2 della DGR 1069/2008.
Compila e conserva separatamente anche una traccia dei colloqui effettuati.
Il primo colloquio e i colloqui successivi svolti dall'operatore dello Spazio Giovani sono improntati, a un
“ascolto empatico”, cioè non giudicante in quanto non è compito dell'operatore autorizzare o vietare la scelta
dell'adolescente.
Attraverso l'esplorazione dei significati, è possibile lavorare sulla consapevolezza e sull'assunzione di
responsabilità da parte dell'adolescente, al fine di limitare l'attivazione di meccanismi difensivi quali la negazione
e/o il diniego.
Si è fermi nella convinzione che la consapevolezza possa favorire la scelta, la riduzione del rischio di ripetizione
di una gravidanza indesiderata, l'elaborazione del lutto e il contenimento del senso di colpa.
A tal fine si propone di esplorare le seguenti aree:
ragioni e motivazioni per la richiesta di interruzione di gravidanza
sentimenti e vissuti relativi all'evento gravidanza
elementi conflittuali avvertiti nei confronti della decisione
progetti di vita
qualità del processo evolutivo relativamente alla fase di separazione/individuazione e all'immagine
di sé
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stato socio-economico
relazione con il partner
rapporto e relazione con i familiari e le reti amicali
cause del fallimento o non utilizzo corretto della contraccezione
Per favorire una maggiore libertà di scelta da parte dell'adolescente l'operatore la informa “sui diritti a lei
spettanti in base alla legislazione statale e regionale e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali
concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio” (Legge 194/78 art.2) ed esplicita i diritti della
donna in gravidanza, fra cui quello di partorire in anonimato e dare in adozione il bambino.
E' comunque compito del professionista che esegue il colloquio cercare con l'adolescente, anche sulla base
delle problematiche emerse, “le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la
porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e
madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia
durante la gravidanza sia dopo il parto” (Legge 194/78 art. 5).
Se l'adolescente si presenta accompagnata dal partner o da altre persone (amici, familiari) ed esplicita la richiesta
della loro presenza, l'operatore effettua anche colloqui congiunti.
Qualora l'operatore lo ritenga necessario propone una valutazione del caso in equipe.
A conclusione della fase del colloquio se la ragazza conferma la richiesta di interruzione di gravidanza si
procede alla valutazione clinica e al rilascio del certificato, se non conferma tale richiesta viene avviata al
percorso assistenziale della gravidanza.
INVIO O COLLABORAZIONE CON ALTRI OPERATORI
L'operatore che effettua i colloqui può evidenziare eventuali elementi che portano a proporre all'adolescente
colloqui con lo psicologo dello Spazio Giovani, con l'assistente sociale o con altri specialisti (genetista,
infettivologo....).
Nel caso in cui l'adolescente accetti tali indicazioni l'appuntamento viene fissato in tempi rapidi direttamente
dall'operatore, che effettua un invio accompagnato.
Nel caso in cui l'operatore evidenzi delle difficoltà di comprensione della lingua italiana attiva la mediazione
linguistico-culturale.
VALUTAZIONE CLINICA – CERTIFICAZIONE - PRENOTAZIONE OSPEDALIERA
Il medico è l'operatore autorizzato dalla legge ad eseguire il colloquio, la valutazione clinica e la certificazione.
Procedure specifiche condivise dall'equipe hanno definito che il colloquio venga effettuato da un operatore con
formazione specifica, appartenente all'equipe dello Spazio Giovani.
Il ginecologo dello Spazio Giovani accoglie, quindi, l'adolescente accompagnata dall'operatore che ha
effettuato i colloqui. Insieme ripercorrono le motivazioni che hanno portato la ragazza a richiedere
l'interruzione volontaria di gravidanza.
Il ginecologo effettua la visita medica ed esegue la valutazione ecografica, qualora non sia già stata
espletata.
Dopo avere visionato un documento di identità valido compila il certificato attestante la datazione di
gravidanza e la richiesta di I.V.G., firmato dal ginecologo e dall'adolescente.
Informa l'adolescente sulle diverse forme di I.V.G. (medica o chirurgica) e valuta i criteri di ammissione
e l'assenza di controindicazioni al trattamento richiesto.
Consegna il modulo del consenso informato per l'I.V.G. medica, firmato dalla donna e dal ginecologo.
Valuta con la ragazza delle strategie contraccettive da mettere in atto dopo l'I.V.G.
Successivamente l'operatore predispone il percorso assistenziale presso la struttura ospedaliera dove
l'adolescente richiede di rivolgersi, fornisce le informazioni relative a tale percorso e tutti gli
appuntamenti necessari.
Consegna la nota informativa contenente il percorso e le procedure relative al trattamento richiesto e un
opuscolo sulle leggi ed opportunità in materia di gravidanza.
Prenota la visita ginecologica di controllo dopo circa 15 giorni dall'intervento, presso lo Spazio
Giovani.
PERCORSO IN OSPEDALE
L'adolescente accede autonomamente al percorso in ospedale.
L'assistenza in Ospedale seguirà la procedura prevista dal D.G.R.1069/2008
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VISITA DI CONTROLLO E COLLOQUIO POST I.V.G.
La visita di controllo e il colloquio post IVG vengono effettuati nello Spazio Giovani, dopo circa 15 giorni
dall'intervento.
Finalità :
1) Nella visita medica il ginecologo:
valuta il benessere complessivo della donna e la presenza di eventuali complicanze determinate
dall'intervento
verifica le metodiche contraccettive già proposte in sede di certificazione o valuta con la donna le
possibili strategie contraccettive.
2) Nel colloquio post IVG l'operatore che ha effettuato i colloqui prima dell'intervento:
attraverso la descrizione dell'evento ne facilita l'elaborazione facendo emergere i vissuti di
ambivalenza.
esplora eventuali cambiamenti avvenuti nella relazione con il partner e/o con i familiari.
pone attenzione ad eventuali problematiche relative all'area della sessualità.
PERCORSO I.VG. MINORI
Le tappe del percorso sopra illustrato riguardano tutti gli adolescenti che si rivolgono al Consultorio Familiare e
allo Spazio Giovani con la richiesta di I.V.G.
Nel caso in cui l'adolescente sia minorenne tale percorso si differenzia per gli aspetti relativi all'obbligo del
consenso da parte di entrambi i genitori o del giudice tutelare (Legge 194/78 art. 12.).
In questo caso si prevede un intervento specifico di cui riportiamo gli elementi peculiari.
PRIMO COLLOQUIO E COLLOQUI SUCCESSIVI
Nel caso in cui l'adolescente si presenti al servizio con entrambi i genitori o con persone esercenti la
potestà o la tutela l'operatore di Spazio Giovani struttura dei colloqui con i componenti il gruppo
familiare sia insieme che separatamente.
Nel colloquio con la minore, oltre alle aree descritte nel percorso IVG adolescenti, esplora anche l'area
relativa alla modifica delle dinamiche familiari che l'evento ha comportato.
Nei colloqui con i soli genitori lascia spazio all'espressione dei sentimenti e dei vissuti ed esplora le
seguenti aree:
elaborazione dell'accaduto per dare un senso all'evento
relazioni familiari
capacità di accettare, accogliere e accompagnare la scelta della figlia.
Nel caso in cui l'adolescente si presenti da sola o con un solo genitore e non intenda coinvolgere
entrambi, i colloqui sono finalizzati ad esplorare le aree sopra esposte, ma in particolare quelle relative
alle difficoltà di dover informare i genitori o il genitore assente.
In tale situazione si attivano spesso fantasie di minaccia, timori, sensi di colpa da parte della adolescente
che sente di aver tradito la fiducia dei genitori, vorrebbe scappare ed evitare di confrontarsi con una
realtà scomoda e difficile da affrontare. Spesso la minore esprime anche pensieri di protezione nei
confronti dei genitori, percepiti all'interno di un sistema familiare fragile e precario.
Nel caso in cui l'operatore attraverso i colloqui individui dei seri motivi che impediscono o sconsigliano
il coinvolgimento di uno, di entrambi i genitori o di persone esercenti la potestà o la tutela (Legge
194/78 art. 12), redige una relazione, con il proprio parere, da presentare al giudice tutelare del
Tribunale di competenza territoriale, al fine di richiedere l'autorizzazione a decidere l' interruzione
della gravidanza.
Riferisce i contenuti della relazione alla minore al fine di potenziarne la consapevolezza e la
responsabilità.
La relazione viene firmata dall'operatore e dal Responsabile del M.O. Consultorio Familiare.
L'operatore fissa l'appuntamento con il giudice tutelare entro 7 giorni dalla richiesta di IVG.
E' ormai prassi consolidata presso la nostra Azienda che l'operatore accompagni la ragazza all'udienza in
tribunale, dove presenzia al colloquio e firma il verbale congiuntamente alla minore e al genitore
eventualmente presente.
Vista la complessità e delicatezza della richiesta di interruzione di gravidanza da parte di una minore si
pone come prassi la valutazione del caso in equipe.
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VISITA MEDICA – ECOGRAFIA -CERTIFICAZIONE
Il ginecologo accoglie la minore, i genitori o chi detiene la potestà o la tutela genitoriale, accompagnati in
ambulatorio dall'operatore che ha svolto i colloqui. Insieme ripercorrono le motivazioni che hanno portato la
minore a richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza.
Il ginecologo effettua la visita medica ed esegue la valutazione ecografica, qualora non sia già stata espletata.
Dopo aver visionato i documenti di identità compila il certificato attestante il periodo di gravidanza e l' avvenuta
richiesta di I.V.G., firmato dal ginecologo, dalla ragazza, da entrambi i genitori o da chi detiene la potestà o la
tutela genitoriale.
Gli estremi dei documenti di identità vengono trascritti sotto la firma di ciascun genitore o di chi detiene la
potestà o la tutela genitoriale.
In caso di mancato coinvolgimento di entrambi i genitori o di chi detiene la potestà o la tutela genitoriale il
ginecologo consegna il certificato all'operatore che lo allegherà, in copia, alla relazione per il Giudice Tutelare.
PERCORSO IN OSPEDALE
Qualora la minorenne non abbia coinvolto i genitori nella scelta e non possano essere presenti il partner o amici,
si valuta la possibilità che l'operatore affianchi l'adolescente durante il percorso ospedaliero.
VISITA DI CONTROLLO E COLLOQUIO POST I.V.G.
Si offre l'opportunità di un colloquio post IVG anche ai genitori della minore.
AZIONI
NECESSARIE PER RENDERE OPERATIVE LE LINEE GUIDA E IPOTESI DI STUDIO E
RICERCA
Presentazione del documento in forma ufficiale a tutti gli operatori coinvolti nel percorso
Formazione sul campo degli operatori del Consultorio Familiare e dello Spazio Giovani sul
percorso di accompagnamento dell'adolescente che richiede l'I.V.G.
Predisposizione di una cartella per registrare i contenuti dei colloqui con una traccia delle aree da
esplorare
Possibilità di effettuare una ricerca sulle storie personali delle adolescenti che richiedono
l'interruzione volontaria di gravidanza
Possibilità di istituire un numero verde o una segreteria telefonica per rispondere alle adolescenti che
richiedono informazioni sull'I.V.G.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Telleschi R., Torre G. (a cura di) Il primo colloquio con l'adolescente – Esperienze nei diversi contesti
istituzionali, Cortina 1997 - cap.XII L'adolescente e l'aborto di D'Acquisto L.
Giommi R., Perrotta M. Programma di educazione sessuale 15/18anni, A.Mondadori 1992
Pietropolli Charmet G. I nuovi adolescenti. Padri e madri di fronte a una sfida, Cortina 2000
Regione Emilia-Romagna Programma d’intervento giovani/consultori, Maggio 1987
Bonino S. Il fascino del rischio negli adolescenti, Giunti 2005
Senise T. Psicoterapia breve di individuazione. La metodologia di Tommaso Senise nella consultazione
con l’adolescenti , Feltrinelli 2004
Ammaniti M., Candelori C., Speranza A. Dinamiche psicologiche e culturali delle gravidanze in
adolescenza: indagine in un campione italiano in “Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza”, 64,
pp.161-171,1997
Ammaniti M., Candelori C., Speranza A. M., Maternità e gravidanza: studio sulle rappresentazioni
materne, Milano, Cortina Raffaello 1995
Ferrara Mori G.(a cura di) Un tempo per la maternità interiore – Gli albori della relazione madrebambino, Borla 2008
Bowlby J. Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell'attaccamento, Cortina Raffaello 1989
Laufer M., Laufer E., Adolescenza e breakdown evolutivo, Bollati Boringhieri, 1984
Zani B., L'adolescente e la sessualità, in Palmonari A. (a cura di), Psicologia dell'adolescenza, Il Mulino,
1997
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ATTI DEL CONVEGNO
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