DISPENSA MARKETING TURISTICO, GESTIONE DEI SERVIZI TURISTICI E PROGRAMMAZIONE DI ITINERARI A cura del Prof.re Marco Manzella 1 IL MARKETING NEL TURISMO CHE COS’E’ TURISMO Il turismo è una delle più diffuse attività umane. Chiunque, alla domanda «Cos'è il turismo?", saprebbe dare una risposta almeno parzialmente corretta, e sempre legata a concetti quali il viaggio, le vacanze, il tempo libero. Per dare una risposta corretta, e non solo parzialmente, è comunque necessario considerare che il fenomeno turistico è formato da più componenti: 1. il VIAGGIO, cioè lo spostamento di una o più persone dal luogo di dimora abituale, comprendente l'insieme dei beni e servizi utilizzati dal viaggiatore, nonché le relazioni tra il viaggiatore e i fornitori di beni e servizi; 2. la TEMPORANEITÀ, cioè il conseguente ritorno alla dimora abituale. Ciò porta ad escludere gli emigrati, in quanto questi ultimi tendono a trasferirsi in modo permanente e non temporaneo; 3. la DURATA, che comprende almeno un pernottamento. Ciò tende ad escludere dal turismo gli escursionisti, che effettuano trasferimenti che si concludono con il ritorno alla propria dimora nell'arco di una giornata; 4. il TEMPO LIBERO, o comunque la caratteristica NON ABITUALE del viaggio. È considerato turista, cioè, chi viaggia per lavoro, ma saltuariamente (ad esempio l'uomo d'affari che partecipa ad un congresso). Non è considerato turista il trasportatore di merci, perché il suo viaggio è abituale (è la natura stessa della sua professione). Sulla base di tali elementi, il TURISMO è l’insieme delle relazioni che si determinano per lo spostamento temporaneo e non abituale delle persone, comprendente almeno un pernottamento in località diverse dalla dimora abituale In ultima analisi, il turismo è una serie di attività economiche i cui prodotti soddisfano determinati bisogni: di riposo e di svago, di cura, di viaggiare, di conoscere persone e luoghi nuovi, di partecipare a manifestazioni e incontri (sportivi, religiosi, culturali o d'affari) e così via. Fino alla prima metà del Novecento il turismo era ancora un fenomeno d’èlite, che interessava ristrette fasce di popolazione. Dopo la l’ultima guerra mondiale questa attività ha assunto, nei paesi sviluppati, le attuali caratteristiche di fenomeno di massa, favorita dalle migliorate condizioni economiche, dal progresso nei trasporti e dal maggiore tempo libero a disposizione. 2 Occorre distinguere tra turismo attivo (le persone che si muovono dai luoghi di origine) e turismo ricettivo (le attività di servizio predisposte nelle aree di destinazione), come va specificata la differenza tra turismo interno (fenomeno pressoché esclusivo dei Paesi avanzati) e internazionale (che può essere una importante fonte di reddito per alcune aree dei Paesi meno avanzati). A seconda dei luoghi di destinazione e degli ambienti visitati, si distinguono diverse forme di turismo: balneare, montano, lacustre, naturalistico, avventuroso, termale, religioso, culturale, congressuale. I fattori che maggiormente incidono nel determinare le fortune turistiche di una località sono: le risorse naturali e culturali l’accessibilità e le infrastrutture le strutture ricettive e i servizi il marketing IMPATTO AMBIENTALE E TURISMO SOSTENIBILE L'attività turistica può arrecare anche danni ambientali: nelle località turistiche sono frequenti i casi di sovraffollamento, di produzione massiccia di rifiuti, di eccessiva e sregolata costruzione di case, alberghi e altri edifici, tutte situazioni che contribuiscono a degradare il paesaggio e l'ambiente, fino al punto di indurre il declino di quei luoghi. In Europa questi problemi hanno reso più sensibili cittadini e amministratori, in particolare in alcuni paesi, verso un turismo rispettoso dell'ambiente e della bellezza dei paesaggi, definito turismo sostenibile. È soprattutto l'Unione europea che ha attuato iniziative importanti. In primo luogo ha predisposto la Carta del turismo sostenibile (è possibile ricavarla all’indirizzohttp://www.parks.it/federparchi/carta.europea.turismo.tu02.html ), alla quale stanno aderendo Comuni e Regioni. La Carta è una dichiarazione di principi e linee guida per un turismo e un'organizzazione degli spazi turistici che rispetti e preservi l'ambiente e le risorse culturali dei luoghi. Queste azioni vanno inoltre nella direzione dell’"educazione" del turista al rispetto e alla comprensione dei valori e delle tradizioni degli abitanti dei luoghi visitati e alla cura dell'ambiente locale. Anche le imprese che si occupano di turismo in località che aderisce alla Carta (alberghi, agenzie di viaggio, ecc.) devono rifarsi ai principi del turismo sostenibile. Tra le regioni le prime che hanno aderito alla Carta sono quelle settentrionali (svedesi, danesi e finlandesi), seguite da Regioni francesi e spagnole. Una seconda iniziativa dell'Unione europea in materia di turismo sostenibile è la "Bandiera blu per le spiagge”. Ogni anno organizzazioni non governative (per esempio in Italia Legambiente) provvedono a esaminare la qualità dell'acqua di balneazione di alcuni litorali nei rispettivi paesi. 3 Durante la stagione estiva i campioni di acqua vengono analizzati ogni due settimane e alle spiagge e ai porti con caratteristiche migliori (secondo i valori fissati dall'Ue) viene conferita la "bandiera blu". Se l'acqua. è poco sopra il limite dei valori viene assegnata la "bandiera verde"; se la spiaggia è sotto i valori fissati ottiene la bandiera rossa" e se invece le acque sono pericolose per la salute si assegna la "bandiera nera". Questa iniziativa ha avuto molto successo presso i turisti e ha stimolato gli operatori turistici delle diverse località a migliorare la qualità delle acque, per attirare più visitatori o per non perderli. Sempre in Europa sono nati da alcuni anni gli ecomusei, un nuovo tipo di attrattiva turistica. In genere si sono sviluppati in aree di montagna e in villaggi rurali, dove sono stati approntati edifici che presentano attività economiche del passato (miniere, luoghi dove sono esposti gli attrezzi per la filatura dei tessuti o dei lavori in campagna...) e percorsi che attraversano antichi villaggi o aree naturali che permettono un'osservazione guidata di aspetti naturalistici (rocce, piante, animali...) o di percorsi con significato storico (antiche vie del trasporto del sale, sentieri "della resistenza" utilizzati dai partigiani che combattevano il nazismo e il fascismo ecc.). Anche in altre aree del mondo stanno crescendo le iniziative di turismo sostenibile. Per esempio in Africa meridionale alcuni grandi parchi naturali si stanno organizzando in senso "ecoturistico”. Nel Parco Tsodilo (40 000 ettari), nella regione del Kalahari, si stanno reintroducendo molte specie animali che ora non vi si trovano più, come il rinoceronte, la giraffa, l'antilope. Le popolazioni locali (i boscimani) sono state coinvolte nella gestione del parco, con il compito di gestire le strutture ricettive e i percorsi turistici, che offrono la possibilità di safari fotografico nella savana, sia l’osservazione di pitture rupestri molto antiche e di un museo, sia l’acquisto di prodotti artigianali. Una parte dei discendenti degli antichi boscimani, ormai rimasti in pochi ed emarginati, hanno così la possibilità di recuperare un buon rapporto con il proprio territorio e con l’esterno. CHE COS'E' IL MARKETING AZIENDALE E’ l'insieme di tutte le attività aziendali che riguardano un prodotto o un servizio, dalla conoscenza del mercato ed identificazione dei bisogni del consumatore all'ideazione del prodotto o servizio; dalla produzione alla distribuzione; dalle varie forme di comunicazione alle vendite ed ai controlli di andamento di mercato sul comportamento dei consumatori e sulle reazioni dei concorrenti. In sintesi il marketing è la realizzazione delle vendite. 4 Analizzare l’aspetto delle vendite significa analizzare il marketing di un’azienda. Il MARKETING viene generalmente considerato l’insieme delle decisioni dello scegliere a chi vendere, cosa vendere e come vendere Le decisioni riguardanti A CHI VENDERE vengono definite strategiche, poiché definiscono quali sono i bisogni che l'azienda vuole soddisfare e qual è l'area geografica dei clienti di riferimento; tali decisioni hanno un orizzonte temporale molto ampio (oltre i cinque anni). Le decisioni riguardanti COSA VENDERE vengono definite tattiche, poiché definiscono il prodotto nelle sue caratteristiche, nonché il prezzo di vendita ed hanno un orizzonte temporale da uno a cinque anni. Le decisioni riguardanti COME VENDERE, infine, vengono definite operative, poiché definiscono la pubblicità, cioè le azioni per far conoscere il prodotto, e le modalità di distribuzione del prodotto stesso. Queste decisioni hanno un orizzonte temporale di uno-due anni. Con il termine di "orizzonte temporale" si intende il periodo di tempo in cui l'azienda non può modificare (se non sopportando conseguenze molto negative) una decisione. La Fiat, per esempio, non può decidere oggi di non produrre più automobili per dedicarsi ad altre attività: la sola notizia che modifica i bisogni di riferimento porta a notevoli perdite di fiducia da parte dei mercati. Il prodotto ed il prezzo, viceversa, possono essere modificati anche in pochi anni. Le decisioni definite tattiche ed operative, cioè quelle riguardanti prodotto, prezzo, pubblicità e distribuzione, sono denominate, con terminologia anglosassone, marketing-mix. In particolare si parla delle quattro P del marketing-mix, dalle iniziali delle corrispondenti parole in lingua Inglese: Product, Price, Promotion, Placing. Tutte le decisioni, comprese quindi quelle di marketing, si basano sulle informazioni a disposizione. Nel caso del marketing, le informazioni si basano sulle ricerche di mercato e riguardano, tra l'altro, le dimensioni del mercato (cioè il numero dei clienti potenziali), le tendenze presenti e future (cioè il prodotto che i clienti chiedono per soddisfare i propri bisogni) e la quota di mercato (cioè il rapporto tra le vendite di un'azienda e le vendite totali delle aziende che vendono il medesimo prodotto). Il processo di programmazione per lo svolgimento dell'attività di marketing si riassume e si formalizza nel Piano di marketing. L'utilità del marketing turistico Il marketing può essere applicato in tutti i campi. La consapevolezza dell'importanza del turismo per l'intero sistema economico di un dato Paese, unita alla necessità delle imprese ricettive di saturare la loro capacità ricettiva e alla necessità delle agenzie di viaggio di collocare sempre nuovi prodotti, hanno consentito al marketing di entrare nel settore turistico. 5 Il ciclo di vita del prodotto Un'attenzione particolare merita l'analisi del prodotto che ha, come gli esseri viventi, un ciclo di vita composto da quattro fasi: introduzione, sviluppo, maturità e declino. L'analisi del ciclo di vita consente a una qualunque azienda di capire il comportamento da tenere nei confronti dei clienti. Affinché non si prendano decisioni errate, è però necessario: 1. individuare con precisione l'oggetto dell'analisi. Infatti, il ciclo di vita può riguardare un prodotto nel senso più ampio o più limitato del termine: l'automobile come mezzo di trasporto, le automobili prodotte dalla FIAT; l'automobile "Fiat Punto"; 2. individuare il mercato di riferimento di quel prodotto, cioè la domanda (con gli acquirenti reali e potenziali) e l'offerta (con i produttori e venditori reali e potenziali); 3. comprendere in quale fase del ciclo di vita il prodotto considerato si trova Quest’ultimo aspetto va individuato con riferimento alla domanda e all’offerta del prodotto: a) l'introduzione è la fase in cui la domanda è molto bassa: pochi acquistano il prodotto, anche perché non lo conoscono. Il prezzo è di conseguenza basso; b) la fase di sviluppo è caratterizzata da un aumento sempre maggiore della quantità venduta, a fronte quindi di una domanda crescente. Il prezzo aumenta e il prodotto assume caratteristiche sempre più definitive, seguendo le preferenze dei consumatori; c) la fase di maturità viene raggiunta quando tutti i potenziali consumatori acquistano il prodotto, ad un prezzo ormai stabilizzato. I venditori, per riuscire ad incrementare le vendite, devono offrire un prodotto sempre migliore, non tanto negli aspetti di base, quanto in elementi prima considerati secondari o superflui; d) la fase di declino rappresenta il momento in cui il prodotto viene acquistato sempre meno, in quanto non soddisfa più in modo adeguato il bisogno. Il prodotto turistico Il prodotto turistico può essere considerato un insieme di fattori ambientali e strumentali; in questo caso ci si riferisce al prodotto inteso come "area turistica": si parlerà allora di prodotto Italia, di prodotto Lombardia, di prodotto Milano, ecc. 6 Nel caso dell'impresa ricettiva, il prodotto è costituito dall'albergo stesso; nel caso delle imprese Tour Operator (il settore che più ci interessa) il prodotto consiste nel pacchetto di viaggio, inteso come un insieme di servizi turistici e di trasporto. Nell'applicare il modello del ciclo di vita del prodotto al campo turistico, prendiamo in considerazione una località turistica (prodotto Alghero, per esempio), in cui: 1. l'introduzione coincide con la scoperta della località come meta turistica; in tale fase i turisti non sono molti e possono essere considerati dei pionieri amanti della natura incontaminata; i Tour Operator non sono ancora intervenuti nella pubblicizzazione della località; 2. lo sviluppo vede un rapido aumento di turisti e i Tour Operator inseriscono la località nei loro cataloghi; è senza dubbio una fase piena di vitalità caratterizzata dagli investimenti di massa; 3. la maturità vede gli arrivi e le presenze globali di turisti aumentare, ma in maniera più lenta; 4. il declino, infine, vede un sensibile diminuire degli arrivi dei turisti e quindi delle presenze nella località. Le cause sono attribuibili al degrado ambientale rispetto ad altre aree e alla scoperta di altre mete da parte dei Tour Operator. I turisti chiedono e ottengono sempre di più: non più le spiagge con alberghi di piccole dimensioni, ma viaggi organizzati dove ci si deve solo preoccupare di raggiungere l’aeroporto di partenza! A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, molti prodotti sono entrati nella fase di maturità; per tutti i produttori, quindi, l'aspetto più importante della gestione non è più la produzione, ma il marketing, cioè soddisfare sempre più esaurientemente le richieste dei clienti, fino a creare "prodotti" su misura sempre più personalizzati. Il turismo non sfugge a questa regola, proponendo viaggi organizzati, ma con combinazioni sempre più specifiche per le diverse esigenze. Si parla, in questi casi, di orientamento al mercato, cioè di un atteggiamento opposto all'orientamento al prodotto, sufficiente quando un prodotto è ancora in fase di sviluppo. L'orientamento al prodotto è un insieme di decisioni che si basa sulla certezza della vendita del proprio prodotto. L'orientamento al mercato è un insieme di decisioni che si basa sull'analisi delle richieste specifiche della clientela: il profitto viene raggiunto soddisfacendo il cliente. 7 La Segmentazione A tale scopo l'insieme dei clienti viene segmentato, cioè diviso in gruppi omogenei che presentano bisogni omogenei soddisfacibili con un unico prodotto; tali clienti diventano un target (termine inglese che letteralmente vuol dire bersaglio), cioè un segmento-obiettivo da raggiungere, utilizzando gli strumenti del marketing-mix. Il mercato turistico viene segmentato sulla base di elementi quali classe sociale, reddito, età, motivazioni, area geografica di provenienza, sesso, professione. Così, per quel che concerne l'età, si distinguono le seguenti fasce: 1. under 13, cioè i bambini fino a 12 anni; 2. teen-ager, cioè ragazzi con età compresa tra 13 e 19 anni 3. giovani con età compresa tra 20 e 26 anni; 4. adulti, con età compresa tra 26 e 60 anni; 5. anziani over 60, cioè con età superiore a 60 anni. In questa classificazione, prendendo ad esempio in esame il mercato teenager, il prodotto offerto dagli operatori turistici riguarda: il turismo scolastico i soggiorni all'estero per lo studio delle lingue. Dopo aver a lungo studiato il prodotto da pubblicizzare, il responsabile del marketing deve definire la giusta clientela, ossia quella che, con maggior probabilità, lo acquisterà. In questo caso il target è rappresentato da studenti di scuole medie superiori provenienti da famiglie di reddito medio o medio-alto. Le strategie di marketing La conoscenza del ciclo di vita del prodotto è importante, perché serve a determinare le giuste strategie in ciascuna fase. Le strategie di marketing turistico richiedono un'approfondita conoscenza, inerenti: 1. il consumatore, che rappresenta la "domanda" turistica; analizzare la domanda di turismo significa quindi comprendere le caratteristiche odierne dei turisti. Lo strumento più usato per capire le necessità del consumatore sono le ricerche di mercato; 2. il prodotto: grazie alle ricerche di mercato è possibile realizzare un "prodotto" rispondente alle esigenze del consumatore e determinare il relativo prezzo; 3. la distribuzione del prodotto: cioè le modalità e le tecniche per il raggiungimento del cliente; la distribuzione del viaggio, per esempio, avviene 8 in questo modo: i Tour Operator inviano alle agenzie dettaglianti i cataloghi relativi ai viaggi da loro prodotti, accompagnati da illustrazioni. I dettaglianti poi li espongono e li mettono à completa disposizione dei clienti; 4. le attività promozionali e pubblicitarie: la pubblicità è uno strumento fondamentale del marketing; suo scopo primario è la formazione dell'immagine del prodotto. La pubblicità serve dunque sia a far conoscere il prodotto che a valorizzarlo. I possibili canali di comunicazione sono: dépliant opuscoli cataloghi volantini manifesti vetrine stampa specializzata quotidiani audiovisivi corrispondenza postale diretta Internet Gli strumenti del marketing Gli strumenti del marketing possono essere raggruppati in due categorie: 1. quelli inerenti le indagini e le analisi; 2. quelli inerenti la promozione e la commercializzazione del prodotto. Le ricerche di mercato costituiscono lo strumento principale per conoscere il mercato, al fine di trarre valide indicazioni circa la migliore configurazione da dare al prodotto e alla sua commercializzazione. Le ricerche, che possono essere condotte desk work (a tavolino) o field work (ricerche campionarie) sono realizzate con una determinata periodicità oppure vengono svolte una tantum. Tali ricerche possono essere di due tipi e più precisamente ricerche di carattere quantitativo e ricerche di carattere qualitativo. Le ricerche di mercato condotte "a tavolino" utilizzano materiale statistico e altra documentazione; quelle del tipo field work sono ricerche campionarie. Nelle ricerche di carattere quantitativo viene utilizzato il sondaggio, che può essere condotto tramite: l’intervista diretta; l'intervista postale; l'intervista telefonica. Quando non bastano più le informazioni di carattere quantitativo, ma occorre andare a scavare nei comportamenti dei consumatori per scoprirne gli 9 atteggiamenti, allora entra in gioco la ricerca motivazionale, che non è alternativa a quella quantitativa, ma che la integra in modo appropriato. IL MARKETING: A CHI VENDERE? Il primo passo che un'azienda deve compiere per operare le proprie scelte è quello dell'acquisizione delle informazioni necessarie inerenti al mercato, ai gusti dei clienti, ecc. Le ricerche si articolano nelle seguenti fasi: determinazione degli obiettivi raccolta dei dati analisi dei dati Premesso che i dati possono essere rappresentati in diversi modi, affinché siano di facile comprensione, i metodi utilizzati si possono suddividere in due categorie: 1. rappresentazioni grafiche; 2. rappresentazioni numeriche. Tra le prime, ricordiamo i diagrammi cartesiani, indicando sull'asse delle ascisse (asse delle x) il tempo e sull'asse delle ordinate (asse delle y) il fenomeno analizzato. Per ogni asse, si stabiliscono a priori il numero di dati da inserire e la scala di rappresentazione; gli ideogrammi, cioè i simboli o le figure; gli istogrammi, cioè i diagrammi raffiguranti superfici, per evidenziare le differenze quantitative dei fenomeni; i cartogrammi, cioè ad esempio le cosiddette "torte", per evidenziare in termini statici la diversità delle grandezze. Tra le seconde, ricordiamo: i numeri, inseriti in tabelle; i numeri indice, sempre inseriti in tabelle, utilizzati per calcolare le variazioni relative che intercorrono nel tempo e nello spazio tra due manifestazioni dello stesso fenomeno (con un valore di riferimento di norma uguale a 100). LA VALORIZZAZIONE TURISTICA DEL TERRITORIO Oggi, più che mai, i concetti di turismo e territorio hanno un ruolo economico di primaria importanza. Portare avanti un'efficace politica di marketing, che conduca a uno sviluppo equilibrato del territorio, significa valorizzare l'offerta turistica attraverso un sistema integrato di comunicazione. Comunicazione è trasmettere in maniera incisiva un messaggio forte e durevole nel tempo. Comunicazione territoriale è il sistema delle modalità, obiettivi, azioni e tempi, finalizzato ad informare e coinvolgere, promuovendo un’ identità territoriale. Le strategie comunicative si evolvono nel tempo e modellano le proprie leggi in base alla trasformazione e alla nascita di nuovi 10 mezzi. Una minuziosa analisi territoriale mette in evidenza la necessità di coordinare i punti di interesse e i servizi turistici in un'ottica innovativa, creando degli strumenti che mirino alla valorizzazione puntuale degli aspetti peculiari elevandone la qualità della fruizione. Lo sviluppo turistico territoriale va perseguito attraverso un'ottica che metta in risalto il concetto di immagine coordinata, quale strumento di valorizzazione degli aspetti naturalistici, storici, culturali e dei servizi offerti, le strategie comunicative e l'identità visiva con la quale si esprime l'univocità di un territorio. L'ideazione e la promozione di un'immagine coordinata trasmettono un senso di appartenenza in grado di consolidare lo "spirito" del territorio; tale approccio ne accresce sensibilmente l'attrattività, riflettendosi positivamente sulla nascita di nuove iniziative imprenditoriali in campo turistico. Un progetto di comunicazione funzionale nasce e si fonda sull'analisi e la definizione degli obiettivi da perseguire: rafforzare l'immagine del territorio incrementandone la visibilità e la commerciabilità a favore del turismo culturale e ambientale; migliorare il livello qualitativo dell'offerta turistica arricchendo la gamma dei servizi e contribuendo all'integrazione dei settori culturali, ambientali ed enogastronomici; promuovere l'economia turistica attraverso la diversificazione e la promozione dell'offerta integrata dei sistemi territoriali, la qualificazione delle infrastrutture ed azioni di marketing territoriale; tutelare, valorizzare e promuovere i beni territoriali al fine di aumentarne l'attrattività turistica. La comunicazione integrata richiede lo sviluppo di strategie che mettano in relazione proposte di intervento finalizzate alla valorizzazione dei beni culturali e naturali e al miglioramento del sistema dell'accoglienza e dell'ospitalità. Tale processo prevede l'elaborazione di un piano di comunicazione contenente obiettivi e scelte strategiche, azioni e tempi, scelta degli strumenti più adatti a valorizzare l'identità del territorio. Tale piano si basa sull'adozione strategica di una comunicazione integrata, ovvero condivisa. L'integrazione è diretta agli strumenti di comunicazione e soprattutto ai processi che la caratterizzano: chi comunica deve farlo secondo criteri, strategie e contenuti partecipati. 11 L’importanza turistica dell’immagine nella comunicazione Occorre sottolineare da subito che esiste una differenza fondamentale, in termini di comunicazione, tra la vendita di un prodotto fisico (auto, abbigliamento, ecc.) o di un servizio (è il caso del turismo). Stabilita la fondamentale differenza fra prodotti tangibili e non iniziamo con il definire cosa si intende per COMUNICAZIONE: in altre parole si tratta del “modo attraverso il quale il potenziale cliente può percepire gli attributi e il valore del servizio/prodotto”. E nel turismo? Una vacanza, un soggiorno fieristico, un tour organizzato con guida, non si vedono, non si toccano, non si mangiano. Esistono soltanto come concetto. A fare la differenza, anche qui, è proprio la comunicazione. Ogni azienda turistica vende se stessa all’interno del contesto in cui è inserita; sarebbe impossibile scorporare i due elementi. Per questo motivo, se si è dal lato dell’offerta di servizi turistici, occorre pianificare un lavoro molto serio di relazione con tutti gli attori coinvolti nel processo di creazione di valore per il turista. Così è per le agenzie di viaggio, i tour operators, le guide turistiche, i musei, le istituzioni, i ristoranti, gli stabilimenti balneari e più in generale per tutte quelle realtà economiche e sociali che risultano coinvolte nell’esperienza turistica. Una bellissima camera ed una reception impeccabile potrebbero risultare poca cosa all’interno di un soggiorno in cui non è stato possibile trovare un medico in caso di necessità! Se pensiamo ad un territorio, ovvero ad una delimitazione geografica all’interno della quale è possibile trovare servizi e risorse di carattere turistico, questo possiede sempre e comunque un’immagine precisa agli occhi del potenziale turista: a questo proposito un esempio è il territorio del Chianti, territorio caro agli inglesi (si pensi alla definizione di “Chiantishire”) e simbolo della bella vita, della campagna ordinata, del buon mangiare e del bere di classe. Eppure sono relativamente pochi i turisti che frequentano il territorio, sicuramente molti meno di quelli che affollano le spiagge dei posti più alla moda del Mediterraneo. Come nel caso di un altro marchio conosciutissimo in un settore evidentemente diverso, la Rolls-Royce, la comunicazione della propria identità non è legata in maniera direttamente proporzionale all’esperienza diretta o indiretta di “consumo” del prodotto. E’ importante sottolineare che il processo di generazione di una identità (turistica) è agganciata quasi esclusivamente al complesso di valori, suggestioni, credenze, spesso appartenenti più alla sfera emotiva che a quella razionale; elementi che negli anni ne definiscono l’immagine (turistica). Sta di fatto che non esiste UN modo di comunicare e UNA scelta esatta per comunicare la propria identità. 12 La comunicazione nel mondo dei servizi COSTRUZIONE DI UNA BROCHURE (Comunicazione Esterna) La brochure (a volte nominata anche depliant o più semplicemente catalogo) è spesso il primo strumento di contatto con il potenziale cliente. In un panorama come quello attuale in cui esiste una grande abbondanza di informazione, le possibilità di mantenere alta l’attenzione sui propri contenuti sono sostanzialmente scarse. Per questo è necessario porre la massima attenzione su tutti quegli elementi che possono contribuire alla definizione di una identità. Esistono molte opportunità in funzione del modo in cui si desidera presentare la propria attività/prodotto; dalla scelta delle foto allo stile/forma/proporzione del testo, dalla presenza di elementi grafici coordinati all’immagine aziendale al tipo di carta utilizzata oltre che alla dimensione e forma della stessa brochure. In ambito turistico ne segue che ogni struttura ricettiva è un caso a se stante: un AGRITURISMO MONTANO può decidere di puntare su una presentazione semplice, calda, amicale e magari su carta reciclata mentre un ALBERGO NEL CENTRO STORICO che punta sull’”offerta business”, dovrà necessariamente mantenere toni più sobri, uno stile essenziale, dinamico ed operativo. Le fasi di costruzione di una brochure sono le seguenti: briefing – redazione testi e raccolta immagini – menabò (architettura di massima) approvazione menabò – definitivi – fotoritocco e fotocomposizione testi – cromalyn (prova di stampa su lastre) - aggiustamenti colori e correzione testi – cianografiche (stampe ottenute dalla sovrapposizione delle lastre che andranno in stampa, il cyan è un inchiostro di colore blu da cui il nome cianografiche) - visto si stampi (approvazione definitiva per la stampa della brochure) - confezione rilegatura. GESTIONE DEL FRONT OFFICE (Comunicazione Interna) Nel mercato turistico l’immagine di un’azienda è data dalla combinazione di tutti quei segnali , interni od esterni, che possono concorrere alla creazione di valore. Normalmente si intende “front office” il servizio a contatto con il pubblico: la reception alberghiera è il caso tipico, ma anche il personale di banco di una agenzia viaggi e più in generale tutti quei servizi che hanno come componente principale la relazione diretta con il cliente (sia in forma personale che mediata, è l’esempio del call-center). La conoscenza del “proprio mercato” attraverso strumenti di analisi di customer satisfaction (indice di soddisfazione dei clienti) è la base su cui si fonda un servizio efficiente. Una volta analizzate le tipologie di clientela e le loro specifiche esigenze, si è potenzialmente capaci di operare una griglia di soluzioni in grado di rappresentare le interazioni possibili tra azienda e cliente. Questo sistema, apparentemente rigido e faticoso da costruire, può essere invece un ottimo supporto, specialmente per il personale meno qualificato o più giovane. La comunicazione interna è il processo di scambio e condivisione di informazioni all’interno di una organizzazione e la complessità delle relazioni gerarchiche e di staff al proprio interno aumenta in relazione all’”importanza” dell’azienda (in termini di numero di dipendenti). Nelle aziende più grandi si può arrivare alla necessità di progettare strumenti “di massa” di comunicazione 13 interna. In ambito turistico la questione è relativamente più semplice ma proprio per questo viene spesso trascurata. In linea generale sono tre le parole chiave: REGOLARE (trasmettere ordini ed informazioni finalizzate all’esecuzione di progetti), INTEGRARE (motivare i dipendenti, stimolare l’impegno e creare consenso) e FORMARE (preparare i dipendenti a svolgere efficientemente e con profitto il loro lavoro). Fortunatamente il turismo è ancora un settore in cui sono le persone a fare la differenza! PUBBLICITA’ (Comunicazione Mediata) Per strumenti di comunicazione mediata intendiamo: CARTA STAMPATA, RADIO, TV, DIRECT MARKETING, P.R. ed INTERNET. Ma vediamo le dinamiche precise per ogni strumento in modo da comprenderne costi ed opportunità di utilizzo: LA STAMPA: basso costo di realizzazione, tiratura-lettori, durata, possibilità di allegare inserti, buon controllo geografico, controllo risultati attraverso couponing ed elevata credibilità del mezzo di comunicazione. Il limite di questo mezzo a fronte di una spesa relativamente bassa è che un alto numero in termini di tiratura non sempre garantisce il raggiungimento del proprio target di riferimento e l’effettiva consapevolezza dell’incidenza della campagna pubblicitaria; si pensi solo all’elevato numero di “resi” (edicole) che rientrano comunque nella tiratura. RADIO: basso costo di realizzazione, basso costo per l’inserzione, scarsa possibilità di segmentazione degli ascoltatori, scarso controllo dei risultati (si pensi alla scarsa efficacia dell’AUDIRADIO!) ma buon controllo dell’area di diffusione. TELEVISIONE: Elevato costo di realizzazione, elevato costo di inserzione, elevato numero di contatti potenziali, scarsa possibilità di segmentazione (se non per tipo di trasmissione) e nessun controllo geografico. Croce e delizia delle grandi agenzie pubblicitarie, lo strumento obbliga a ragionare e scegliere sempre in relazione ai potenziali clienti: se dovessimo promuovere una struttura congressuale, i quali clienti sono all’incirca un migliaio in tutta Italia, difficilmente potremmo ipotizzare una campagna televisiva efficiente in termini economici! DIRECT MARKETING: Le azioni di direct marketing riguardano tutti quegli strumenti di relazione diretta e nominativa svolte nei confronti della propria clientela potenziale e basati normalmente sulla posta. La sua efficacia è subordinata alla qualità delle liste di contatti che si adoperano: un controllo (qualifica) delle liste incide sul costo ma ripaga ampiamente con una più alta percentuale di successo dell’attività. PUBBLICHE RELAZIONI: Le pubbliche relazioni sono tutte quelle attività istituzionali che presiedono alla cura dei rapporti dell’azienda con interlocutori pubblici, stampa, soggetti privati strategici, partners e consulenti. Non esiste un modo universale di successo in questo campo e molto è lasciato all’abilità individuale dell’imprenditore. INTERNET: Se nei primi anni l’importante era esserci. Oggi non basta più! Oltre a BANNER, SPONSORIZZAZIONI e PROMOZIONE SUI MOTORI DI RICERCA, il sito internet di una azienda ne rappresenta a tutti gli effetti 14 l’immagine per il turista, esattamente come per una brochure aziendale. Si pensi solamente alla facilità di accesso al mezzo e alla sua diffusione. Che cosa è la Psicologia Turistica? La Psicologia Turistica è quella branca della Psicologia che studia il comportamento turistico. Il turista non è nient’ altro che un individuo che si muove in un ambiente, quello della vacanza o del viaggio, la psicologia turistica continua a studiare l’uomo nel suo ambiente , ma in questo caso è un’ambiente scelto e molto spesso desiderato. L’azione turistica è fortemente connotata da componenti emotive, sociali, cognitive, motivazionali, e come tale offre un ampio spazio di manovra per un’osservazione psicologica dell’individuo. Gli aspetti più cruciali della psicologia turistica, quelli in cui , secondo me , una consulenza psicologica può davvero fare la differenza sono: l’aspettativa: L’aspettativa che un soggetto ha prima di intraprendere un viaggio, ha sempre costituito un peso rilevante e poiché questa è strettamente collegata all’immaginario che un soggetto ha di un luogo, il potere d’evocazione acquisisce un peso importante nella presa di decisione. Oltre a come un soggetto può immaginare il luogo dove andare, è da osservare come un soggetto immagina se stesso in quel luogo. L’aspettativa di un viaggio non include solamente il pacchetto turistico che una persona sta per comprare, ma anche un’immagine di se stesso che ha deciso di sperimentare. Analizzando come un soggetto si visualizza in una vacanza, si può facilmente ricondurre il tipo di aspettativa che ci si è costruiti al tipo di esperienza nella quale si è deciso di sperimentarsi le motivazioni: Personalmente ho leggermente elaborato la teoria motivazionale dandole un taglio più legato al mercato di riferimento, raggruppandole in tre macroaree: Motivazioni individuali come il bisogno di rilassarsi e ricaricarsi, inteso non solo come dolce far niente, ma anche come potersi dedicare a tutto quello che si definisce piacevole e svago, non avere obblighi e tempi scanditi come di solito si ha nella vita di tutti i giorni; il bisogno di evasione e fuga dalla quotidianità, la necessità di “staccare la spina”; la ricerca di se stesso, il bisogno di autoosservazione ed auto-ascolto, sperimentarsi in un “luogo” nuovo per scoprire parti diverse del Sé, la necessità di mettersi alla prova, di mettersi in discussione. Motivazioni interpersonali che possono articolarsi nel rafforzamento delle relazioni sociali e quindi nel dedicare più tempo alla propria famiglia e ai propri affetti, rispetto a quanto non si riesca a fare nella quotidianità ed in alcuni casi riunirsi con parenti lontani; facilità di interazioni sociali, avere la possibilità di fare nuove amicizie, ampliare la propria cerchia di amici, spesso diverse da quelle con cui siamo abituati a condividere la vita, o avere la possibilità di sperimentarsi e identificarsi ad un gruppo al quale si appartiene o al quale si vorrebbe appartenere. Motivazioni sociali quali il prestigio, l’idea di affermare quel Sé ideale che si rincorre; laregressione, intesa come la possibilità di mettere in atto 15 comportamenti che solitamente non s’intraprendono, perché ritenuti infantili o magari poco socialmente accettati o distanti dall’immagine di se stessi nella quotidianità; il bisogno di conoscenza, che può essere articolato sia nella ricerca della cultura intesa come arte e storia, sia come tradizioni di popoli. la presa di decisione: C’è un processo naturale dell’individuo che viene messo in atto prima di intraprendere un’azione. Si parte da una decisione generica, in questo caso la scelta di partire per un viaggio/vacanza, all’acquisizione d’informazioni sulle possibili mete ed itinerari (ed è proprio in questo punto che negli anni si è collocato il marketing turistico), alla decisione congiunta nel caso in cui si parli di viaggio familiare o di gruppo, fino a giungere all’attività in senso specifico dell’esperienza turistica (Francken e Van Raaij 1984). l’esperienza turistica: ogni aspetto di questa esperienza è intriso di meccanismi psicologici, dal momento in cui si parte il turista entra in un tempo sospeso in cui si ricercano sensazioni ed emozioni, si apprezzano e si sperimentano nuovi ritimi. Molto spesso l’esperienza turistica è accompagnata da sollecitazioni cognitive, emotive-comportamentali e psicofisiologiche che a volte posso essere percepite come stressanti. Durante il viaggio il turista si sperimenta in relazioni sociali, che sono il prodotto dell’identità e dell’atteggiamento del turista immerso in un’organizzazione; le relazioni tra turisti; le relazioni tra gruppi e quidni problematiche legate alla leadership, relazioni turisti-locali, relazioni turistapersonale di servizio. il ritorno a casa: A seconda del grado di benessere e della piacevolezza del viaggio, il momento del ritorno può essere vissuto come un distacco dall’ambiente più o meno difficile. Questa esperienza è ricca di connotazioni di ricordo e nel momento di reintroduzione nella quotidianità, il turista si focalizza molto sull’analisi dell esperienza vissuta. E proprio su questa emotività si possono rafforzare i piani di fidelizzazioni, si può creare un effetto coda lunga dell’esperienza che sarà contagiosa verso le persone vicine al turista e sarà determinante anche per le sue scelte di vacanze future. la soddisfazione: Riprendendo un concetto espresso da Pearce, la soddisfazione turistica non è il giudizio di un momento, ma un processo che inizia quando si parte e generalmente termina con rientro a casa, ma può anche continuare per un tempo indefinito ogni qual volta verrà chiamata in causa quella esperienza. 16 IL TURISMO ENOGASTRONOMICO Il turismo enogastronomico è un nuovo modo di viaggiare che sta conquistando un numero sempre crescente di appassionati, alla ricerca di sapori e di tradizioni autentiche. In questo contesto, infatti, il cibo assume un ruolo nuovo, diventando il medium di un territorio, di una cultura e dei valori legati alla terra ed alle proprie radici. I tour enogastronomici, nel nostro Paese, sono all’incirca tanti quanti sono le località e le mille combinazioni possibili che possono collegarli, visto l’enorme patrimonio di prodotti tipici che offre la terra, di ricette regionali. Proprio per tutti questi aspetti possiamo asserire che siamo il paese ideale per il turismo enogastronomico che è sempre in crescita e i numeri lo possono confermare. Ecco il motivo anche del sorgere di molti agriturismi e di percorsi ad hoc creati secondo una certa logica nel far apprezzare la propria terra a tutti coloro che vi si recano per scoprire gusti e sapori sempre nuovi. Il turismo enogastronomico vale cinque miliardi e si conferma, anno dopo anno, il vero motore della vacanza Made in Italy che è l’unica nel mondo a poter offrire ben 176 denominazioni di origine riconosciute a livello comunitario e 4396 specialità tradizionali censite dalle regioni, mentre sono 477 i vini DOC. Ma cosa vuol dire organizzare, segnalare e promuovere itinerari enogastronomici? Organizzare, vuol dire individuare uno o più temi enogastronomici che motivino la visita all’itinerario; occorre tracciare il percorso del tour secondo le località che esprimono profondamente la ragione dei temi scelti; individuare lungo l’itinerario i punti più importanti di tradizione enogastronomica e tutti i servizi di assistenza al fenomeno enogastronomico che possono aiutarne il migliore utilizzo. Segnalare e promuovere, significa dare definizione e visibilità ai tour enogastronomici, in modo che emergano nella propria forma organizzata rispetto agli altri mille possibili itinerari spontanei che qualsiasi turista può effettuare per conto proprio, quindi apporre cartelli che indichino la presenza di aziende agricole, di rivenditori di prodotti tipici e i luoghi di conservazione del patrimonio culturale cui i tour enogastronomici fanno riferimento e chiaramente il percorso da seguire. Un esempio concreto di itinerari enogastronomici finalizzati a sostenere questo fenomeno turistico sono le strade del vino, e le strade del gusto e dei sapori. Il turismo enogastronomico prende sempre più piede anche perchè sono 17 cambiate le abitudini del turista, il quale non dedica più tanto tempo alla vacanza come una volta, soprattutto per un discorso economico, in questo modo l’amante del viaggiare potrà regalarsi anche una semplice gita fuori porta in occasione di determinati eventi enogastronomici che ormai sono onnipresenti nelle varie località della nostra penisola durante tutto l’anno. E’ consigliabile effettuare questi tour durante il periodo primaverile e autunnale, i paesaggi regalano colori stupendi e le prelibatezze che si possono assaporare hanno delle proprietà organolettiche che inebriano anima e corpo. Molti sono i tour enogastronomici in agriturismi che permettono gite a cavallo per immergersi meglio nella natura e scoprire anche quello che molti definiscono “turismo rurale“. Il turismo enogatronomico, dunque, mira a valorizzare un determinato luogo, territorio, caratterizzato da profumi, sapori e colori unici nel suo genere. Ogni itinerario è diverso dall’altro, proprio per la diversità e la varietà che ci regala il nostro paese. Ogni regione, ogni provincia, ogni piccolo borgo ha qualcosa da raccontare e lo fa attraverso i propri prodotti locali, per permettere ai più curiosi di capire cosa c’è dietro tanta dedizione per la coltura della terra e per meravigliarsi ancora alla vista di una bella forma di formaggio, o all’assaggio di un buon bicchiere di vino. Cosa è Slow Food? Slow Food è un'associazione internazionale no-profit, conta 100 000 iscritti, volontari e sostenitori in 150 Paesi, 1500 Condotte - le sedi locali - e una rete di 2000 comunità che praticano una produzione di cibo su piccola scala, sostenibile, di qualità. Fondata da Carlo Petrini nel 1986, Slow Food opera per promuovere l'interesse legato al cibo come portatore di piacere, cultura, tradizioni, identità, e uno stile di vita, oltre che alimentare, rispettoso dei territori e delle tradizioni locali. Il motto di Slow Food è buono, pulito e giusto. Tre aggettivi che definiscono in modo elementare le caratteristiche che deve avere il cibo. Buono relativamente al senso di piacere derivante dalle qualità organolettiche di un alimento, ma anche alla complessa sfera di sentimenti, ricordi e implicazioni identitarie derivanti dal valore affettivo del cibo; pulito ovvero prodotto nel rispetto degli ecosistemi e dell'ambiente; giusto, che vuol dire conforme ai concetti di giustizia sociale negli ambienti di produzione e di commercializzazione. 18 ALLA SCOPERTA DELLA DOLCE SICILIA L'influenza della cultura araba ha lasciato in Sicilia profonde tracce non solo nell'architettura, ma anche nella cucina e, in particolare, nell'arte dolciaria. Un viaggio in Sicilia consente di scoprire nei sapori di un cannolo di ricotta, di una cassata o di un gelato, le millenarie stratificazioni lasciate da tutti i popoli che hanno attraversato l'isola. Gli aspetti più evidenti del carattere della pasticceria siciliana sono soprattutto due: le profonde radici arabe e il successivo sviluppo nel chiuso delle cucine conventuali (alcune ricette fondamentali sono arrivate ad esempio dai Monasteri della SS. Annunciata di Paternò e di Santa Chiara a Noto). Anche se oggi si ritrova il frutto di queste lontane esperienze in tutte le pasticcerie dell'isola, alcune località si distinguono per lavorazioni particolari legate alla tradizione. Il nostro itinerario ci conduce alla scoperta di golose specialità caratteristiche della costa orientale della Sicilia, quella che va da Messina a Modica. PRIMO GIORNO – MATTINA Il nostro Weekend inizia da Messina, città dalle origini antiche ma dall'aspetto moderno, ricostruita con criteri antisismici dopo il devastante terremoto che nel 1908 l'ha rasa al suolo, imitando un altro disastroso sisma, quello del 1783, e purtroppo tanti altri disseminati nell'arco della sua storia. Fondata dai Calcidesi nella seconda metà del VIII secolo a.C. col nome di Zancle, divenne colonia di grande importanza strategica e commerciale, data la sua felicissima posizione dominante lo stretto fra Sicilia e Calabria. Raggiunse la massima importanza durante il periodo degli Svevi, mentre gli aragonesi la fecero capitale. Le testimonianze dell'arte normanna, distrutte o alterate da rifacimenti, sono costituite dall'antico Duomo (in origine del XII secolo) e dalla coeva basilica di S. Annunziata dei Catalani. La città vanta inoltre un illustre Museo regionale, che nella sua sezione archeologica rivela con notevoli reperti l'importanza di Messina nell'antichità. Oltre che per la sua storia e la sua cultura, questo grande centro urbano è importante (come molti paesi siciliani) anche per la sua arte culinaria, e in particolare dolciaria. Infatti, prima di lasciare Messina e dirigerci verso il maestoso Etna, consigliamo una sosta calorica, per esempio alla pasticceria "Doddis", per assaggiare la tipica pignolata , uno squisito dolce a forma di pigna. PRIMO GIORNO – POMERIGGIO Non troppo lontano da Messina si trova il parco dell'Etna, che merita certamente una visita. Partiamo quindi in direzione delle pendici del vulcano, e ci fermiamo a Linguaglossa, dove una strada secondaria, bellissima, lascia il 19 paese e si arrampica sulla montagna. Le splendide abetaie lasciano presto il passo a distese di nera lava. Sulle pendici dell'Etna prospera l'unica coltivazione italiana di pistacchi che si riflette nelle lavorazioni delle pasticcerie di tutta la zona che li impiegano pestati o sfarinati nella lavorazione di numerosi biscotti. Il dolce classico locale è la "pistacchiata" o "fastucata" : i pistacchi vengono legati al fuoco con zucchero, cannella e profumo di vaniglia. Si ottengono pezzi simili al croccante o al torrone. Per provare questo dessert basta andare alla pasticceria "L'Alhambra", dove non si corre certo il rischio di rimanere delusi. Verso il tardo pomeriggio lasciamo Linguaglossa e ci dirigiamo verso Acireale, dove passeremo la notte, e nel tragitto ci fermiamo a Giarre, cittadina situata in una zona dal grande valore paesaggistico. Dalla piazza principale si può ammirare il grande vulcano in tutta la sua imponenza, e nelle campagne si incontrano lunghi filari di alberi secolari, terrazzamenti costruiti dal lavoro di intere generazioni, vigneti e frutteti che sembrano modellare le pendici dell'Etna, un insieme di piante che offre un incantevole spettacolo di colori. Queste terre sono inoltre il regno del gelato siciliano: da Giarre ad Acireale si tramanda infatti la tradizione più autorevole della morbida crema fredda esportata nel Settecento da Procopio dei Coltelli fino a Parigi. PRIMO GIORNO – SERA In serata arriviamo ad Acireale, centro artigianale e termale a strapiombo sullo Ionio, immerso in un giardino di limoni ai piedi dell'Etna. In questa parte della Sicilia, favorita dal clima e dall'altitudine, spicca la produzione di limoni: prodotto tipico è infatti la marmellata di limoni, utilizzata per innumerevoli preparazioni dolciarie. Dopo una gustosa cena al ristorante "Panoramico", suggeriamo una passeggiata nel centro del paese. Qui, immancabile punto d'incontro per gli appassionati di dolciumi è la piazza del Duomo, invasa ogni sera dai tavolini dei caffè che servono fino a tarda notte gelati d'ogni tipo e i classici "schiumoni" al gianduia, al caffè e alla fragola. Per il pernottamento c'è l'imbarazzo della scelta, sono molti infatti gli alberghi di categoria presenti in città: dall'hotel "Aloha d'Oro" alla "Perla Jonica", senza dimenticare l'agriturismo "Il Limoneto", situato in un'antica casa padronale circondata da agrumeti che presenta una splendida vista sull'Etna e sul Tirreno. SECONDO GIORNO – MATTINA Partiamo di buon'ora da Acireale per spostarci verso la vicina Catania, la città dell'Etna. E con il vulcano che spesso l'ha tradita, facendo scendere le colate di lava fin dentro le sue mura, la città ha un rapporto intenso. A ricordarcelo c'è il colore scuro che caratterizza i monumenti, le case, i portoni, spesso realizzati in pietra lavica. Questo importante nucleo urbano cambiò faccia dall'oggi al domani, dopo l'eruzione dell'Etna nel 1669 e il terremoto del 1693. I due 20 cataclismi obbligarono a ricostruire quasi completamente persino il centro geografico della città, laddove si erano insediati i Greci e i Normanni avevano eretto la prima Cattedrale. Si ricorse a precauzioni urbanistiche e a stili più moderni; si ricorse a quel barocco, per il quale Catania è famosa e del quale si ha qui un primo assaggio. Prima di cominciare con una breve visita di questa straordinaria città consigliamo di celebrare il rito mattutino della granita con brioche, uno spuntino che sostituisce la prima colazione e, spesso, il pranzo di mezzogiorno. La firma più nota è la Pasticceria "Savia" di via Etnea dove da 103 anni la stessa famiglia continua a eccellere nella tradizionale pasticceria regionale, che vende anche via Internet, e nei gelati. In particolare sono famosi i cannoli di ricotta e pistacchi, le cassate, i dolcetti di pasta di mandorla, i torroni e le olivette candite. Dopo la colazione facciamo la prima sosta in Piazza del Duomo, cuore della città dell'epoca medievale ma ormai di aspetto barocco, dove è situata la famosa Fontana dell'Elefante, progettata da Giovanni Battista Vaccarini, conosciutissimo architetto siciliano. Dello stesso architetto è il prospetto del Duomo, che a seguito del terremoto conserva solo alcuni resti del luogo di culto costruito dai Normanni a fine XI secolo. A dimostrare che sia la chiesa più importante della città ci sono, all'interno, la tomba di Vincenzo Bellini e il tesoro di Sant'Agata, cui l'edificio è dedicato. In asse con la facciata della chiesa parte Via Garibaldi, che si interrompe in corrispondenza di piazza Mazzini, da dove via Auteri conduce a sinistra al Castello Ursino, il "segno" per eccellenza del passaggio in città dell'imperatore Federico II di Svevia; gli spazi interni, semplici e razionali come tutta l'architettura sveva, fanno da cornice al Museo civico, ricca collezione che dall'epoca romana si spinge sino al Settecento. SECONDO GIORNO - POMERIGGIO Per comprendere che fu un vero e proprio piano d'intervento urbanistico ad indirizzare la ricostruzione di Catania, conviene percorrere alcune strade che ne sono la dimostrazione. A cominciare dall'ampia via Vittorio Emanuele per continuare con via Crociferi, dove se non fosse per i resti romani e il Museo Belliniano tutto parlerebbe dello stile per eccellenza della città: il barocco del Settecento. Via Vittorio Emanuele è quasi certamente uno degli assi generatori dell'insediamento antico di Catania, lunghissima arteria che dal mare dirige a ovest suggerendo l'orientamento della crescita dell'abitato fino al XX secolo. Il suo aspetto è quindi settecentesco (gli edifici che vi affacciano sono un buon esempio di barocco locale), ma molti sono i monumenti che rimandano al passato della città, come ad esempio il Teatro romano e l'Odeon. Dopo questa via ecco delinearsi via dei Crociferi, altro percorso della ricostruzione post-terremoto: è il salotto per eccellenza di Catania, cui danno lustro i prospetti di chiese e conventi di pure linee barocche settecentesche. Un'altra arteria di primo piano di Catania e via Etnea, la strada più amata dalla 21 ricca borghesia dell'Ottocento, una delle più eleganti della città. In questa via ha avuto sede storica il celebre "Caviezel", negozio aperto nell'Ottocento da immigrati svizzeri ora trasferitosi in via Cervignano: sono famosi i suoi "pezzi duri", la cassata gelata, la fetta di cedro, il cannolo gelato, la spuma di caffè. Là dove il rettifilo di via Etnea si interrompe in corrispondenza di piazza Stesicoro ci si imbatte in un altro ricordo del passato romano. Sulla sinistra si riconosce infatti l'Anfiteatro, ultimato nel II secolo utilizzando per la struttura di base la lava. Inizia poi via Cappuccini, che porta in un angolo di Catania dove tutto parla della patrona della città. L'ulivo selvatico che fiorisce al centro di piazza Santo Carcere e la vicina chiesa di sant'Agata al Santo Carcere, luogo di culto di origini quattrocentesche, ma rimaneggiato in epoca settecentesca: le reliquie racchiuse nelle teche rimandano alla martire romana, che sarebbe stata rinchiusa prima del supplizio in un vano sotto la chiesa. Ancora per via Cappuccini si esce in via Santa Maddalena che, divenuta via Tomaselli, costeggia a destra Villa Bellini, uno dei polmoni verdi della città, ideale per riposarsi dalla visita dei monumenti catanesi grazie all'ombra offerta da specie mediterranee ed esotiche. Dopo questa intensa giornata catanese, partiamo nel tardo pomeriggio per raggiungere Sortino, centro in provincia di Siracusa, sul versante orientale dei Monti Iblei, in cui è di particolare interesse la necropoli di Pantalica. SECONDO GIORNO SERA Passiamo la serata e la notte a Sortino, paese dell'entroterra siracusano che deve la sua notorietà al miele che vi si produce. Si tratta in modo particolare del miele di timo, conosciuto ed apprezzato sin dall'antichità ed elogiato nei frammenti poetici di Virgilio, Ovidio, Teocrito. La pianta è quella del Thymus capitatus dei botanici, che cresce in luoghi aridi e sassosi ed abbonda tra le cave degli Iblei. Un'erba aromatica grazie alla quale le api danno un miele profumatissimo e denso chiamato satru, che viene raccolto tra luglio e agosto. Gli altri tipi di miele caratteristici di questo territorio sono quello di zagara (fiori d'arancio), che si raccoglie tra maggio e giugno e quello di carrubo. TERZO GIORNO MATTINA In questo ultimo giorno di weekend partiamo da Sortino e ci dirigiamo verso Siracusa, ubicata nella cornice di un suggestivo porto naturale, chiuso a levante dall'isola di Ortigia (il nucleo urbano più antico) e alle spalle dall'altopiano dell'Epipoli. Considerata uno dei più importanti centri archeologici della Magna Grecia, conserva tracce del suo glorioso passato in ogni angolo della città: il Duomo, dalla facciata barocca, si eleva sul peristilio del tempio dorico di Athena; in piazza Pancali si trova il Tempio di Apollo con i resti del santuario dorico degli inizi del VI secolo a. C.; nel quartiere di Neapolis si possono osservare i resti del Teatro greco, dell'anfiteatro romano e la grande 22 ara di Gerone; nella stessa zona è situata la grotta dei Cordari, la più famosa fra le latomie. Altri esempi della ricchezza archeologica di Siracusa si possono ammirare al Museo archeologico regionale "Paolo Orsi", il più grande della Sicilia. In tarda mattinata facciamo una sosta e ci concediamo uno spuntino che non potrà non terminare con una delle leccornie tipiche. Anche in questa città infatti, come nella maggior parte dei paesi della regione, la tradizione culinaria ha una grande rilevanza. La specialità più conosciuta Si chiama "cuccìa" ed è un piatto "di devozione" di Siracusa diffuso in tutta la Sicilia occidentale. L'origine è sicuramente araba. Secondo una leggenda durante una carestia successiva al martirio di Santa Lucia un giorno alcune navi arrivarono inattese nel porto di Siracusa e lasciarono un provvidenziale carico di grano. Era il 13 dicembre. Da allora per la festa di Santa Lucia i siracusani preparano una torta di grano con crema di ricotta, zucca candita, vaniglia e miele di zagara. La "cuccìa" si può trovare anche nelle pasticcerie della città durante tutto l'anno, insieme con la caratteristica "cotognata", una soda marmellata di mele cotogne confezionata nelle tipiche formelle in ceramica di Caltagirone, e con grande scelta di pasticcini di pasta di mandorle . Un dolce siracusano particolarissimo e molto diffuso è inoltre la "cubbaita", un morbido torrone di miele, semi di sesamo e mandorle tritate di antichissima origine. Il nome è sicuramente arabo: lungo tutta la costa nordafricana, dall'Algeria all'Egitto, esiste un prodotto analogo chiamato "qubbayt". TERZO GIORNO POMERIGGIO Dopo pranzo ci spostiamo a Noto, città di antiche e nobili tradizioni culturali, ricca di monumenti religiosi e civili, definita "Giardino di Pietra" dal critico d'arte Cesare Brandi. Noto è riconosciuta la capitale del barocco Siciliano. Un barocco unico, che cattura la luce e traspare ovunque: nei palazzi, nelle chiese, nei conventi, nei monasteri, nelle scalinate scenografiche, nelle edicole sacre, nelle strade nascoste e nei vicoli più modesti. L'entrata al centro storico si guadagna attraverso la Porta Reale o "Ferdinandea" , di puro stile ottocentesco, al di là della quale si delinea l'eccezionale arteria principale della città: il corso Vittorio Emanuele. Seguendo il corso si toccano le piazze centrali. Prima tappa è piazza Immacolata, dove alla sommità di una splendida scalinata a tre rampe s'impone la chiesa di San Francesco all'Immaccolata con l'annesso convento progettato dagli architetti Gagliardi e Sinatra. Proseguendo lungo il corso, sulla sinistra, quasi a concorrere con l'antistante basilica del SS. Salvatore, si erge la Chiesa di Santa Chiara, opera del Gagliardi. Siamo giunti così nel cuore della città barocca: l'area maioris ecclesiae, la grande piazza, una delle più belle d'Italia, detta piazza del Municipio, attorno alla quale si prospettano edifici di grande pregio architettonico. La Cattedrale si erge al culmine di una momumentale scalinata e domina la sottostante belllissima piazza. Da piazza Municipio si apre a sorpresa, sulla destra, via 23 Nicolaci: qui l'effetto scenografico prodotto dall'architettura barocca raggiunge il suo culmine; su di essa si affaccia, infatti, uno dei più bei palazzi del mondo, Palazzo Nicolaci del Principe di Villadorata. A Noto però non ci sono soltanto grandiosi esempi di barocco siciliano: il simbolo gastronomico di Noto è la mandorla, di cui esistono grandi coltivazioni. Famosa è la preparazione della "crema di mandorle", ottenuta semplicemente tritando molto finemente le mandorle crude e mescolandole con zucchero e poca acqua fino a rendere il prodotto omogeneo e spalmabile. In questo modo l'aroma della mandorla è esaltato al massimo. Il prodotto viene impiegato per arricchire crostate, torte, creme e altro. In estate la crema di mandorle, diluita con acqua fredda, diventa il dissetante e ricercatissimo latte di mandorle. A Noto l'indirizzo più famoso è il "Caffè Sicilia", nel cui laboratorio nascono esempi ricercatissimi di grande pasticceria siciliana spediti in tutto il mondo. TERZO GIORNO SERA Per cena andiamo a Modica, cittadina in provincia di Regusa. "..Un teatro era il paese, un proscenio di pietre rosa, una festa di mirabilia. E come odorava di gelsomino sul far della sera...". In queste parole del poeta Gesualdo Bufalino c'è tutta l'atmosfera di Modica. Tra le più pittoresche città della Sicilia, è situata nella zona meridionale dei monti Iblei ed è divisa in due originali aree: Modica Alta, le cui costruzioni quasi scalano le rocce della montagna, e Modica Bassa, giù nella valle, dove un tempo scorrevano i due fiumi Ianni Mauro e Pozzo dei Pruni, poi ricoperti a causa delle numerosi alluvioni, e dove oggi si snoda il Corso Umberto, principale strada della città. L'aspetto è prevalentemente tardo barocco, quasi interamente risalente al dopo-terremoto (1693). In paese si può gustare un tipo di cioccolata simile a quello che trovarono gli spagnoli al loro arrivo in Messico, ad esempio andando nel laboratorio dell'Antica Dolceria Bonajuto, dove si trovano le straordinarie tavolette di cioccolata modicana. Il procedimento venne introdotto proprio dagli spagnoli durante la loro dominazione in Sicilia e non è cambiato. I semi di cacao vengono macinati e ridotti a farina, mescolati con pasta di mais cotta e lavorati insieme con vaniglia e cannella, fino a quando il burro di cacao non ha amalgamato tutto. Il cioccolato modicano entra anche nel ripieno degli "mpanatigghi", singolarissimi pasticcini di pasta frolla farciti con controfiletto di manzo cotto in forno, tritato e unito a cioccolato fuso, mandorle tritate, zucchero, uova e chiodi di garofano. Per la cena si consiglia la "Fattoria delle Torri", mentre per la notte una soluzione di buona qualità è rappresentata dall'hotel "Bristol". 24 IL MARCHIO Il marchio è un “segno” usato per distinguere i propri prodotti/servizi da quelli della concorrenza. Rappresenta uno dei principali elementi dell’immagine dell’azienda e fornisce, agli occhi della clientela, garanzie di qualità e affidabilità. È quindi una risorsa preziosa da tutelare e valorizzare. La principale funzione del marchio è quella di permettere ai consumatori di identificare un prodotto (sia esso un bene o un servizio) di una determinata impresa, in modo da distinguerlo da prodotti simili o identici forniti da aziende concorrenti. I marchi svolgono pertanto un ruolo centrale nelle strategie di marketing e promozione del nome dell'impresa, contribuendo all'affermazione dell'immagine e della reputazione dei prodotti agli occhi del consumatore. È attraverso questo processo che un’impresa costruisce un rapporto di fiducia con i propri clienti, che sono anche disposti a pagare un prezzo più alto per un prodotto contrassegnato da un marchio a loro noto e che corrisponde alle loro aspettative. Una fiducia che è fondamentale per l’acquisizione e il mantenimento di quote di mercato. Inoltre, i marchi forniscono alle imprese un incentivo a investire nel mantenimento e miglioramento della qualità dei prodotti, perché è vitale che i prodotti contrassegnati da un certo marchio mantengano un'immagine positiva. La protezione di un marchio può essere ottenuta anche solo attraverso l’uso. Tuttavia, è consigliabile registrare il marchio presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) in quanto, così facendo, si ottiene una maggiore protezione, soprattutto in caso di contestazioni o conflitti con altri soggetti. Un asset da proteggere Un marchio registrato attribuisce diritti esclusivi che consentono di impedire l’uso non autorizzato, da parte di altre imprese, dello stesso marchio o di un marchio simile. Non registrando il marchio si rischia di compromettere gli investimenti fatti per promuovere la vendita di un prodotto/servizio, in quanto un'impresa concorrente potrebbe adottare un marchio simile, confondendo i consumatori che potrebbero dirigersi verso i suoi prodotti/servizi invece che verso quelli del fornitore originario. Il che, oltre a far diminuire i profitti di quest’ultima impresa, rischia di danneggiarne sia la reputazione che l'immagine, soprattutto se il prodotto del concorrente è di qualità inferiore. Una risorsa da valorizzare Un marchio scelto e costruito con cura ha comunque, di per sé, un valore commerciale. La proprietà industriale del marchio non ricopre infatti solo una funzione difensiva, ma può essere monetizzata, cioè trasformata secondo un approccio business oriented. In tale ottica, il marchio costituisce un capitale e può essere oggetto di operazioni di sfruttamento commerciale tramite la 25 concessione di licenze, di contratti d'esclusiva, mediante il merchandising e la sponsorizzazione. Può inoltre essere utilizzato per accedere a nuove fonti di finanziamento, quali strumenti finanziari tradizionali (mutui, leasing ecc.) o soluzioni strutturate studiate specificatamente per le esigenze dell’impresa (ad esempio, cartolarizzazioni dei contratti di licenza). L’ITINERARIO TURISTICO Definizione del problema TO (Tour Operator), ADV (Agenzie di Viaggio), Enti di Promozione Turistica, nonché editori di riviste, hanno la necessità di realizzare itinerari turistici per pubblicizzare le attrattive del territorio, diffonderli in modo capillare utilizzando tecniche di marketing efficaci e veloci. Ma ….. non li scrivono nello stesso stile: esistono vari “tipi” di itinerari turistici Esistono vari stili e tipi di itinerari turistici A distinguerli, sono: gli scopi per cui vengono realizzati, il target a cui sono destinati chi li prepara (TO-AdV-ENTI-EDITORI), la mission aziendale la forma : cartacea, visuale, digitale la distribuzione che avranno TIPI DI ITINERARI: GENERICO – oppure SINTETICO ANALITICO TECNICO - oppure “DAY BY DAY” E tutti possono, anche, essere : TEMATICI MA COME SCEGLIERE QUALE TIPO FARE? 1) CHE TIPO DI AZIENDA/ENTE LO SCRIVE? 2) DETERMINARE l’OBIETTIVO Domandarsi: Serve per informare ? Serve per vendere? 3) DETERMINARE IL TARGET Domandarsi: A chi serve ? Chi lo leggerà? ESEMPIO 1 Siete un Ente Turistico e l’itinerario serve per informare sulle bellezze del territorio? Desiderate attirare turisti : Dovrete “lavorare” su 4 assi portanti: individuare il target a cui destinate l’itinerario; 26 raccogliere le informazioni relative alla storia del paese, alle strutture architettoniche, alle tradizioni popolari, la gastronomia, alle aziende, ecc… Realizzare un set fotografico delle bellezze naturali e artistiche; scegliere la forma adatta: dépliant, brochure, filmato, sito web, libretto, ecc… ESEMPIO 2 Siete un’ADV e l’itinerario serve per vendere un vostro viaggio? Dovrete “lavorare” su 6 assi portanti: individuare il target a cui è rivolto l’itinerario; decidere la forma (cartaceo, web, digitale, ecc…) raccogliere e selezionare materiale utile alla realizzazione selezionare le foto più interessanti e adatte al messaggio; esaminare la concorrenza: altri dépliant, cartacei o in rete, progettare utilizzando una grafica e uno stile accattivante; predisporre i testi definendo la forma migliore a seconda del destinatario. Simuleremo di essere una ADV. E “nostro” obiettivo sarà: Scopo: vendere un viaggio Target: gruppo di adulti TIPO: itinerario GENERICO FORMA: cartacea, una pagina max, formato A3 Materiali iconografici ed elementi tecnici: da scegliere ed elaborare solo tra quelli forniti Distribuzione: postale, a mano in agenzia. Analisi delle fasi del progetto Per la realizzazione di questo progetto (un dépliant di alcune pagine con effettivo invio ai destinatari) in una ADV si seguirebbero queste tappe: la raccolta di informazioni relative alla storia del paese, alle strutture architettoniche, alle tradizioni popolari, alla gastronomia e alle aziende; la realizzazione di un set fotografico delle bellezze naturali e artistiche; l’individuazione del target a cui è rivolto l’itinerario; la definizione della struttura del dépliant; strutturazione del gruppo aziendale in “gruppo di produzione” (raccolta indirizzi,…), “gruppo redazionale” (reperimento argomenti, stesura lettera), “gruppo di grafici” (realizzazione del dépliant); ricerca di materiale di interesse locale e vario da inserire nel depliant; realizzazione grafica del dépliant; raccolta di indirizzi e-mail per l’invio del dépliant; invio tramite e-mail e/o tramite indirizzi di posta tradizionale, fiere. TIPI DI ITINERARI Va da sé, che questo è il tipico itinerario realizzato per “VENDERE” il viaggio. L’itinerario che viene realizzato è strutturato in modo che sia accattivante, promozionale, suggestivo. Realizzeremo insieme un : ITINERARIO GENERICO E ora passiamo ad analizzarne le caratteristiche tecniche 27 ELEMENTI degli ITINERARI GENERICI Per ADV e TO vi sono ELEMENTI OBBLIGATORI, che diventano “contratto con i clienti”: 1) PERCORSO : la via usata, le soste, i tempi di viaggio, ecc… 2) PERIODO: le date di effettuazione, la stagione, ecc… 3) MEZZI: di trasporto, prenotati, noleggiati (treno,aereo,auto,pullman GT, ecc…) 4) SERVIZI: alberghi, pasti, visite, escursioni, ecc… Nota bene: solo TO e ADV devono stare bene attenti a ciò che divulgano! 1) Gli editori del settore turistico scrivono / pubblicano, su carta e rete : ITINERARI TURISTICI …. che possono, a ben vedere, essere anch’essi definiti “generici” ma non hanno necessità di fornire tutti gli elementi della slide precedente. La legge non li obbliga a fornire tutte quelle informazioni, perché non vendono il viaggio. 2) Gli ENTI TURISTICI … hanno per scopo la promozione del proprio territorio, realizzano anche loro ITINERARI GENERICI, ma non contengono tutte le informazioni della slide precedente. Infatti: non “vendono” il viaggio. UN ITINERARIO è CHIAMATO GENERICO (oppure SINTETICO) quando l’indicazione relativa agli elementi che lo compongono è approssimativa, sintetica. Ad esempio: non contiene i numeri dei voli o dei treni, gli orari precisi di pasti o soste, il tipo di auto noleggiata, la quantità dei posti sui pullman noleggiati, il nome della compagnia aerea, dell’aeroporto di partenza, ecc… Questi elementi sono invece obbligatori nella prossima tipologia di itinerario, quello analitico. L’ITINERARIO ANALITICO Dopo aver letto l’itinerario generico, il cliente può decidere di acquistare il viaggio. Andrà in un’ADV a chiedere la prenotazione dei servizi, magari altre informazioni. L’agente viaggio controllerà la disponibilità (ad esempio per sapere se c’è posto telefonerà al TO, oppure all’hotel, ai fornitori, ecc ecc) Se ci sarà posto, chiederà al cliente un acconto, perché in quel momento il cliente acquisterà il viaggio (stipula del contratto) Tempo dopo, l’ADV chiamerà il cliente per dargli i documenti di viaggio e incassare il saldo del costo totale del viaggio SOLO In quel momento, gli consegnerà l’ITINERARIO ANALITICO DEFINIZIONE di ITINERARIO ANALITICO Si chiama ITINERARIO ANALITICO quando è completato da tutta l’indicazione precisa di tutti i servizi che sono compresi nel viaggio 28 Ad esempio: categorie degli hotel, orari di ritrovo e partenze, voli, treni, tipi di auto o di pullman noleggiati, classi di volo, aeroporti, vettori, nomi hotel, tipo di camere, menu ecc. L’ITINERARIO (DAY BY DAY) o TECNICO Quando un gruppo di clienti viene accompagnato da un TOUR LEADER (vale a dire da un “Accompagnatore turistico”) il TO oppure l’ADV gli preparano un tipo di itinerario chiamato DAY BY DAY oppure TECNICO Contiene, oltre a quanto già detto, anche i riferimenti dei fornitori di servizi, quali il loro nome, il telefono, l’email, il fax, il nome delle persone che hanno confermato le prenotazioni, le regole contrattuali stipulate, i nomi e i telefoni delle Guide Turistiche, i codici delle prenotazioni per Musei o ingressi, ecc ecc In pratica, contiene tutte le istruzioni per accompagnare il gruppo, ed è un documento che ha in mano solo il Tour Leader (Accompagnatore Turistico) NOTE E’ sempre meglio che un itinerario contenga anche una parte “GRAFICA” , con una mappa del territorio (non tutti i clienti conoscono la geografia) Già nei “generici” sarebbe meglio indicare i tempi di viaggio, o almeno i chilometraggi, per descrivere il tempo che richiedono gli spostamenti sui mezzi di trasporto Esiste una precisa terminologia, un lessico che va utilizzato E’ preferibile usare sempre parole in lingua italiana, e non gergo tecnico o inglese (non tutti i clienti capirebbero) Va sempre lasciato un po’ di tempo libero al cliente, indicandolo con: “TEMPO A DISPOSIZIONE”, “TEMPO LIBERO” oppure (meglio) “Pomeriggio libero, pomeriggio a disposizione” ecc ecc LESSICO TRANSFER va scritto senza la “T” finale (parola tedesca) In lingua italiana, si chiama: trasferimento”. Va specificato “COME”, “con che mezzo”: a piedi, con auto privata, con pullman GT, con mezzo pubblico, con barca, con traghetto… LESSICO: IL “TEMPO” Nel GENERICO si usa indicare il tempo così: - prima mattinata … (es. fino alle 8.00) - mattina…. (es. da 8.00 a 10.30) - primo pomeriggio …(es da 13.30) - pomeriggio … (es da 14.00 a 18.00) - serata …(es, dopo le 20.00) … ma poi tutto dipende dall’età e dalla nazionalità del cliente…. LESSICO : ATTIVITÀ 29 VISITA – ESCURSIONE - TOUR? - Si definisce “VISITA” quando dura al massimo un giorno o una mezza giornata, ed è nel territorio più vicino Si definisce “ESCURSIONE” quando il cliente uscirà dal Comune, per andare a visitare nel territorio circostante una qualche attrattiva turistica, ma a sera si rientrerà in sede (in genere si tornerà in hotel o si tornerà a casa alla fine del viaggio) Si definisce “TOUR” quando il cliente si allontanerà dal territorio, per uno o più giorni, per andare a visitare nel territorio circostante, ma non tornerà a dormire nel territorio da cui è partito (ad es. cambierà hotel ogni notte successiva). LESSICO: PASTI I pasti vengono indicati così: - Prima colazione (oppure: Colazione) - Pranzo (quello di mezzogiorno) - Cena (quella serale) - Cenone (quello di gala, es. Capodanno) - Brunch (prima colaz e pranzo insieme) - Spuntino - Cestino pranzo ELEMENTI DEL CONTRATTO Le Adv e i TO devono obbligatoriamente “chiudere” il testo gli itinerari con : IL COSTO (e la validità temporale del costo) : QUOTA DI PARTECIPAZIONE , divisa in: LA QUOTA COMPRENDE.. LA QUOTA NON COMPRENDE… LESSICO: esempi di “LA QUOTA COMPRENDE” Trattamento di mezza pensione – pensione completa – B/B – solo pernottamento (overnight only) in hotel cat… a…(località) Bus – pullman GT / viaggio ed escursioni on pullman GT con autista – vitto alloggio e diaria dell’autista – pedaggi autostradali e parcheggi posti a sedere riservati / posti letto riservati in cuccette vagoni letto posti letto in cabina singola/doppia/turistica… volo A/R in classe Turistica/Business/ in volo speciale… Visite ed escursioni come da programma Camere singole/doppie/doppie uso singola/a 3-4 letti con servizi privati.. Servizio Guida come da programma Nr. Gratuità per il gruppo – sulla base di tot partecipanti Assicurazione personale R.C. e infortuni – assicurazione bagaglio – assicurazione annullamento Numero di emergenza attivo 24/24 ore LESSICO: esempi di “La quota non comprende” Pranzi di mezzogiorno Bevande a tavola Prenotazioni e ingressi 30 Extra o spese di carattere personale Mance (N.B. qualche volta SONO comprese nel costo, obbligatorie.. Vedi Magreb) Tutto quanto non indicato nella voce “la quote comprende” L’Unesco nel mondo e il Italia L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (in inglese United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, da cui l'acronimo UNESCO) è stata fondata durante la Conference of Allied Ministers of Education (CAME) che si è svolta nel novembre 1945 a Londra . E’ un'agenzia specializzata delle Nazioni Unite creata con lo scopo di promuovere la pace e la comprensione tra le nazioni mediante l'istruzione, la scienza, la cultura, la comunicazione e l'informazione; per promuovere "il rispetto universale per la giustizia, per lo stato di diritto e per i diritti umani e le libertà fondamentali" quali sono definite e affermate dalla Carta dei Diritti Fondamentali delle Nazioni Unite. L' Italia è stata ammessa a fare parte di suddetta organizzazione l'8 novembre 1947 durante la seconda sessione della Conferenza Generale che si svolse a Città del Messico e nel 12 luglio 1949 fu istituita la Commissione Nazionale per l'Educazione, la Scienza e la Cultura. Il riconoscimento dato dall’Unesco ebbe, per l’Italia, il valore morale di un primo passo verso l'ammissione dell'Italia all'ONU. Una delle missioni dell'UNESCO è quella di mantenere una lista di patrimoni dell'Umanità, importanti culturalmente o dal punto di vista naturalistico, la cui conservazione e sicurezza è ritenuta importante per la comunità mondiale. L’UNESCO ha finora riconosciuto un totale di 1001 siti (777 beni culturali, 194 naturali e 30 misti) presenti in 161 Paesi del mondo. h Attualmente l’Italia è la nazione che detiene il maggior numero di siti (51) inclusi nella lista dei Patrimoni dell'Umanità. 31 1979 Arte Rupestre della Valle Camonica (Bs) 1980 (e 1990) Centro storico di Roma, le proprietà extraterritoriali della Santa Sede nella città e San Paolo fuori le Mura La Chiesa e il convento Domenicano di Santa Maria delle Grazie e il “Cenacolo” di Leonardo da Vinci a Milano 1982 Centro storico di Firenze 1987 Venezia e la sua Laguna 1987 Piazza del Duomo a Pisa 1990 Centro Storico di San Gimignano (Si) 1993 I Sassi e il Parco delle Chiese Rupestri di Matera 1994 La città di Vicenza e le ville del Palladio in Veneto 1995 Centro storico di Siena Centro storico di Napoli Crespi d'Adda (Bg) Ferrara, città del Rinascimento, e il Delta del Po Castel del Monte (Andria) 1996 Trulli di Alberobello (Ba) Monumenti paleocristiani di Ravenna Centro storico di Pienza (Si) 1997 La Reggia di Caserta del XVIII con il Parco, l'acquedotto Vanvitelli e il Complesso di San Leucio (spostare a destra) Residenze Sabaude (Piemonte) L'Orto botanico di Padova Portovenere, Cinque Terre e Isole (Palmaria, Tino e Tinetto) (Sp) Modena: Cattedrale, Torre Civica e Piazza Grande Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata (Na) Costiera Amalfitana (Sa) Villaggio Nuragico di Barumini (Vs) 1998 Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, con i siti archeologici di Paestum, Velia e la Certosa di Padula (Sa) 32 Centro Storico di Urbino Zona Archeologica e Basilica Patriarcale di Aquileia (Ud) 1999 Villa Adriana di Tivoli 2000 Assisi, La Basilica di San Francesco e altri siti Francescani (Pg) Città di Verona 2001 Villa d’Este di Tivoli 2003 Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia Monte San Giorgio (Lombardia/Svizzera) 2004 Necropoli Etrusche di Cerveteri e Tarquinia (Roma) Val d'Orcia (Si) 2006 Genova, le Strade Nuove e il Sistema dei Palazzi dei Rolli 2008 Mantova e Sabbioneta La ferrovia retica Bernina (Lombardia/Svizzera) nel paesaggio dell'Albula e del 2009 Dolomiti 2011 I longobardi in Italia. Luoghi di potere Siti palafitticoli preistorici delle Alpi 2013 Ville medicee (Toscana) 2014 Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe - Roero e Monferrato In Sicilia, sono 7 i siti ritenuti dall’UNESCO Patrimonio per l’Umanità: 1997 Area Archeologica di Agrigento 1997 La Villa Romana del Casale di Piazza Armerina (En) 2000 Isole Eolie (Me) 2002 Le città tardo barocche del Val di Noto (Caltagirone, Militello in val di Catania, Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa e Scicli) 2005 Siracusa e le necropoli rupestri di Pantalica 2013 Monte Etna 2015 Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Monreale e Cefalù 33 IL TURISMO ACCESSIBILE Il turismo accessibile consiste nel permettere a tutti di godere di un'esperienza turistica. In base alle stime dell'ONU, nel mondo vivono circa 650 milioni di persone disabili. Se si contano anche i loro familiari, ciò significa che circa 2 miliardi di persone, vale a dire quasi un terzo della popolazione mondiale, sono direttamente interessate dal problema della disabilità. Molte persone hanno esigenze di accesso, a prescindere se dovute o meno a una disabilità. Ad esempio, le persone più anziane, meno mobili o quelle con ausili per la deambulazione hanno esigenze di accesso che possono diventare serie limitazioni quando sono in vacanza. La popolazione europea sta invecchiando: entro il 2050 il numero degli over 65 si sarà triplicato rispetto al 2003, mentre quello degli ultraottantenni sarà cinque volte superiore al livello attuale. Per queste persone viaggiare può rivelarsi un'impresa. Anche trovare informazioni sui servizi accessibili, imbarcare i bagagli in aereo, prenotare una stanza adeguata può spesso risultare difficile e costoso e richiedere parecchio tempo. Queste cifre rivelano un enorme potenziale di mercato che attualmente rimane in gran parte sottoutilizzato. Un mercato mal servito Rendere i servizi turistici più accessibili è una responsabilità sociale, ma anche un valido motivo commerciale per promuovere la competitività del turismo in Europa. Diverse esperienze dimostrano che a volte basta operare piccoli adeguamenti strutturali, fornire informazioni precise e comprendere le esigenze dei disabili per accrescere il numero dei visitatori. Migliorare l'accessibilità dei servizi turistici ne migliora la qualità e li rende universalmente fruibili, con effetti positivi sulla qualità di vita delle comunità locali. La Commissione europea persegue questo obiettivo attraverso le seguenti azioni: sensibilizzazione dei portatori di interessi e degli operatori economici del settore del turismo raccogliere conoscenze sulle richieste e il comportamento dei viaggiatori con esigenze di accesso particolari e valutare l'impatto economico del turismo accessibile: uno studio "Economic impact and travel patterns of accessible tourism in Europe" è stato pubblicato nel giugno 2014 34 individuare le opzioni per migliorare la gamma di servizi turistici accessibili migliorare le competenze specifiche nel settore : uno studio "Mapping skills and training needs to improve accessibility in tourism services" è stato pubblicato nel giugno 2014 miglioramento delle informazioni sul turismo accessibile per i disabili sostegno al turismo sociale: Calypso TURISMO SOSTENIBILE E' tempo di vacanze o di un week-end lontano dalla città? Cosa c'è di meglio che trovarsi imbottigliati per ore sulla via del mare, non trovare una spiaggia libera ma solo accessi a pagamento e, infine, ammirare una lunga distesa di opere edilizie costruite a pochi metri dal mare? Per quanto ci riguarda ci siamo pressoché stancati di queste vacanze e siamo andati di persona alla ricerca di soluzioni di turismo sostenibile. Che cosa è il turismo sostenibile? Detto in breve il turismo sostenibile è la presenza di strutture e servizi turistici realizzati in modo tale da non distruggere o penalizzare il panorama, il mare e l'ambiente. Il turismo sostenibile privilegia l'alloggio dei villeggianti nell'entroterra (almeno due chilometri dal mare) lasciando intatta la costa allo stato naturale. I villeggianti possono raggiungere il mare mediante servizi di navettamento in pulman, in bicicletta e godersi il mare immersi nella natura, senza opere in cemento nelle vicinanze e senza l’eccessiva presenza degli stabilimenti balneari. Il turismo sostenibile fa risparmiare sulla spesa per le vacanze. Facciamo qualche esempio. Piuttosto che ricercare costosi alloggi a pochi metri dal mare siamo andati alla ricerca di case in affitto nell'entroterra a 4-5 km dal mare. Costano decisamente meno, in genere sono appartamenti altrimenti chiusi posti al secondo piano delle case di proprietà dei cittadini residenti. Alloggiare in una località dell'entroterra offre ai villeggianti quei servizi urbani a cui siamo stati abituati in città (uffici postali, alimentari a basso costo, telefono, negozi ecc.) senza necessità di duplicare queste attività nelle località di mare. Recarsi al mare in auto o in bicicletta immersi nella natura di una strada provinciale, senza traffico e per pochi chilometri, è sicuramente piacevole se la meta di destinazione è una spiaggia libera, poco affollata e con macchia mediterranea alle spalle. Affittare una casa per l'estate nell’entroterra delle località di mare rappresenta una forma reddito per cittadini del luogo favorendo lo sviluppo sostenibile della zona. Un'alternativa all'affitto arriva dall’accoglienza in agriturismo o in campeggi privi di pesanti strutture in cemento, localizzati a distanza sostenibile dalle spiagge. Volendo fare uno slogan potremmo dire: "scappa al mare, non farti inseguire dalla città". Che senso ha scappare dallo stress urbano per poi ritrovarlo nell'acqua in cui ti immergi? Trovare una spiaggia pulita e proteggerla conviene a tutti. Il turismo sostenibile è un'opportunità di reddito per i cittadini del luogo. Le spiagge italiane sono una fonte di reddito e un valore economico per tutti. Distruggerle con le speculazioni edilizie o privatizzarle non avvantaggia 35 nessuno. Il turismo sostenibile protegge le spiagge e fornisce un reddito turistico ai cittadini residenti nell'entroterra sia mediante l'affitto degli alloggi privati come residenze estive (es. secondo piano delle case) sia come crescita del giro di affari nell'indotto commerciale (es. negozi, servizi, attività commerciali già presenti nell'entroterra). Il turismo sostenibile non va contro l’attività edilizia. Con il turismo sostenibile e la crescita della ricchezza distribuita tra le popolazioni residenti aumenterebbe anche la richiesta di nuove costruzioni per migliorare le strutture dell'entroterra senza il rischio di distruggere la bellezza delle coste da cui dipende l'afflusso turistico nella zona. Si chiede semplicemente di evitare la tentazione di costruire sulla costa. E’ inutile e dannoso costruire sulle spiagge o nelle vicinanze mettendo a rischio l’afflusso turistico dell'intera area. Oggi una spiaggia ancora allo stato naturale vale oro ed è fonte di reddito per tutta la comunità locale. In conclusione, qualsiasi opera in cemento che non rispetti la legge danneggia gli interessi di tutti. Denunciare gli abusi edilizi sulle coste è interesse di tutti i cittadini. Durante i mesi estivi non è necessario prendere l'aereo per farsi un bagno a mare a 7.000 km di distanza da casa. Queste spiagge ancora allo stato naturale esistono anche in Italia. Il meridione italiano è ancora ricco di spiagge da proteggere e da custodire. Tutela: definizioni e concetti nel Codice dei beni culturali e del paesaggio In conformità con l’articolo 9 della Costituzione (“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”), il Codice dei beni culturali e del paesaggio ha fissato i concetti guida relativi al pensiero e alle attività sul patrimonio culturale italiano. Tutela La tutela è ogni attività diretta a riconoscere, proteggere e conservare un bene del nostro patrimonio culturale affinché possa essere offerto alla conoscenza e al godimento collettivi. Si esplica pertanto in: riconoscimento, tramite il procedimento di verifica o dichiarazione dell’interesse culturale di un bene, a seconda della sua natura proprietaria; protezione; conservazione. Conservazione La conservazione è ogni attività svolta con lo scopo di mantenere l’integrità, l’identità e l’efficienza funzionale di un bene culturale, in maniera coerente, programmata e coordinata. Si esplica pertanto in: studio, inteso come conoscenza approfondita del bene culturale; 36 prevenzione, intesa come limitazione delle situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto; manutenzione, intesa come intervento finalizzato al controllo delle condizioni del bene culturale per mantenerlo nel tempo; restauro, inteso come intervento diretto su un bene culturale per recuperarne l’integrità materiale. Valorizzazione La valorizzazione è ogni attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e di conservazione del patrimonio culturale e ad incrementarne la fruizione pubblica, così da trasmettere i valori di cui tale patrimonio è portatore. La tutela è di competenza esclusiva dello Stato, che detta le norme ed emana i provvedimenti amministrativi necessari per garantirla; la valorizzazione è svolta in maniera concorrente tra Stato e regione, e prevede anche la partecipazione di soggetti privati. Dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) Articolo 1. Principi […] 2. La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura. 3. Lo Stato, le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni assicurano e sostengono la conservazione del patrimonio culturale e ne favoriscono la pubblica fruizione e la valorizzazione. 4. Gli altri soggetti pubblici, nello svolgimento della loro attività, assicurano la conservazione e la pubblica fruizione del loro patrimonio culturale. 5. I privati proprietari, possessori o detentori di beni appartenenti al patrimonio culturale, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, sono tenuti a garantirne la conservazione. 6. Le attività concernenti la conservazione, la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale indicate ai commi 3, 4 e 5 sono svolte in conformità alla normativa di tutela. Articolo 3. Tutela del patrimonio culturale 1. La tutela consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un'adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione. 2. L'esercizio delle funzioni di tutela si esplica anche attraverso provvedimenti volti a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale. Articolo 6. Valorizzazione del patrimonio culturale 1. La valorizzazione consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle 37 attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. In riferimento al paesaggio, la valorizzazione comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati. 2. La valorizzazione è attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze. 3. La Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale. Articolo 29. Conservazione 1. La conservazione del patrimonio culturale è assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro. 2. Per prevenzione si intende il complesso delle attività idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto. 3. Per manutenzione si intende il complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al mantenimento dell'integrità, dell'efficienza funzionale e dell'identità del bene e delle sue parti. 4. Per restauro si intende l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all'integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali. Nel caso di beni immobili situati nelle zone dichiarate a rischio sismico in base alla normativa vigente, il restauro comprende l'intervento di miglioramento strutturale. 5. Il Ministero definisce, anche con il concorso delle regioni e con la collaborazione delle università e degli istituti di ricerca competenti, linee di indirizzo, norme tecniche, criteri e modelli di intervento in materia di conservazione dei beni culturali. 38 MILAZZO LA STORIA A Milazzo, come su tutta l'Isola, giunsero, si fermarono e scomparvero le più disparate civiltà; e qui, come altrove, tutti lasciarono magnifici e splendidi segni della loro presenza, a cominciare dagli abitatori d'età neolitica. Sicché a Milazzo i rinvenimenti archeologici spaziano dalle quattro necropoli (età del bronzo e del ferro ed età greco-romana) ai reperti dell'insediamento greco e romano e poi ancora bizantini, arabi e normanni, angioini e spagnolì, fino alle memorie d'età risorgimentale. Reperti e tanta storia che i pochi cenni da depliant turistico stimolano semmai ad approfondire e leggere per intero. Di Milazzo si parla tra il IX e l'VIII secolo a.C., ovvero fin dall'epoca della colonizzazione greca. In età romana il nome della città è legato, tra l'altro, alla splendida vittoria che le navi, dotate di "corvi" , del console Caio Duilio riportarono, nel 260 a.C., sui cartaginesi. Sotto i bizantinì, Milazzo fu tra le prime sedi vescovili della Sicilia. Venne poi espugnata dagli arabi che la fortificarono e ne fecero importante centro commerciale ed agricolo. A tale periodo, tra il 976 e il 1100, risale il suggestivo Castello che subirà modifiche in epoca normanna, sveva e aragonese. Oggi quelle vetuste mura accolgono, per via di un capiente anfiteatro, spettacoli e concerti d'alto livello. Col succedersi dei secoli, si avvicendano a Milazzo i personaggi che hanno fatto la storia: da Ruggero il Normanno a Federico II di Svevia, ad Alfonso d'Aragona; e poi ancora a Carlo d'Angiò. Una passeggiata nella città culturale pone a contatto con i ruderi del trecentesco palazzo dei Giurati e il Duomo seicentesco; alla metà del XVI secolo risale la cinta muraria spagnola. Parecchie le chiese milazzesi degne di una non fugace visita, a cominciare dal Santuario di S. Francesco da Paola e quello di S. Antonio da Padova. Forse fu qui che Ulisse naufrago incontrò il mitico ciclope ed è forse questa la terra dove, secondo la descrizione omerica, pascolavano gli armenti del Dio Sole. Milazzo tra mito e storia, al di là di una antica rivendicazione che ha agitato tante località desiderose ed orgogliose d'essere identificate come luogo 39 toccato dall'errabondo re di Itaca, vanta comunque le sue vetuste origini. I riferimenti storici degli antichi cronisti, tra i più autorevoli, fissano la sua fondazione ad opera dei greci nel 716 a. C., ovvero nell'epoca della prima colonizzazione della Sicilia. Per tanta longevità e per origini così nobili, quella che fu dagli antichi chiamata "Aurea Chersoneso" era terra ricca di vegetazione; acque e verde riempivano le ridenti e fertili pianure ed un clima mitissimo sulle sponde del Tirreno favoriva, secondo le leggende, il soggiorno degli dei dell'Olimpo. La "penisola del Sole" costituiva un punto d'approdo per raggiungere le "settesorelle" le magiche isole dove, con Eolo, dio del vento, abitavano ninfe, satiri giocondi e sileni vogliosi di vino e di appetitose fanciulle. Di quel mondo di favola, eden pagano ed insieme aspirazione ideale di comunità che sapevano fantasticare, oggi rimane, a dispetto dell'avanzata, spesso devastante, del progresso, un sapore indistrutto. Sì, è passata la civiltà industriale, ma non ha cancellato quel che rimane immortale, ovvero la poesia, il mito, la bellezza e il fascino del paesaggio, le tracce della storia. E le isole del Dio sono ancora lì, ombre fuggenti nelle notti chiare e negli assolati mattini d'estate, quando la foschia è nebbia di sogno. Quel promontorio che si allunga sul mare deve averlo plasmato di certo un Dio, forse Eolo stesso che vi soffiò sopra aure vitali; un dio come quello biblico che afferra una manciata di terra e la modella per farne un uomo. Così quella striscia ha l'aria d'essere stata lanciata da sacra mano perché prendesse forma, quella di un dito che vuol indicare che più in là, lontane tra l'azzurro del Tirreno, si ergono bellissime le isole dell'arcipelago eoliano, una sorta di divina segnaletica turistica, la meta per un mistico appuntamento, per una pietà religiosa o una pratica d'amore. Così forse videro capo Milazzo i primi abitatori dell'età neolitica, presenti per storiche certezze, per i segni tipici che furono propri di quell'età fuori del tempo, oscura e pulsante di vita, misteriosa e affascinante come tutta la preistoria, qui o altrove, con quel carico di indecifrabili avanzi che posseggono la sola certezza dell'incerto. La millenaria storia di Milazzo comincia nel regno delle ombre, quando la storia non è ancora storia e ci conduce ai giorni nostri, nell'età che viviamo, palpabile e certa. Il reale di questa terra cade sotto gli occhi di tutti, soprattutto del gran mondo che si muove, che gira, che ricerca mito e storia per rendere gradevole la propria vacanza. L'Aurea Chersoneso oggi è una perla esaltata dal turismo internazionale. 40 Itinerario di visita n. 1 Vaccarella, Borgo, Castello, Marina Garibaldi IL PALAZZO DEI MARCHESI D’AMICO L’itinerario si snoda tra la parte alta dell’abitato, il suo quartiere marinaro per antonomasia ed il suggestivo lungomare di levante. S’inizia con la visita alle lussuose sale del settecentesco Palazzo dei Marchesi D’Amico, residenza di una delle famiglie milazzesi più facoltose, proprietaria sino alla metà del secolo scorso di alcune tonnare cittadine e di ubertosi vigneti destinati alla produzione del vino da taglio che Milazzo esportava in abbondanza anche verso i mercati d’Oltralpe. Il palazzo, recentemente restaurato, ospita oggi la Biblioteca Comunale (al secondo piano, dove è possibile ammirare un cospicuo fondo librario arricchito, tra l’altro, da incunaboli e cinquecentine) ed è sede di frequenti convegni, esposizioni ed incontri culturali, che si svolgono perlopiù al primo piano (cosiddetto piano nobile), dove pavimentazioni settecentesche, affreschi alcuni dei quali risalenti ai primi del Novecento - ed antiche carte da parati impreziosiscono gli interni di questa austera residenza, la cui facciata, realizzata nella prima metà del XVIII sec., è ingentilita da pregevoli decorazioni in pietra da taglio. La facciata settecentesca del Palazzo dei Marchesi D’Amico Nei locali del piano nobile, ben climatizzati, sono esposti alcuni cimeli risorgimentali, tra i quali spiccano lo scrittoio ed il letto utilizzati da Giuseppe Garibaldi nella vicina Merì alla vigilia della storica battaglia di Milazzo del 20 luglio 1860. Interessanti anche un quadro di Menotti Bruno (1898) raffigurante il patriota sen. Domenico Piraino, un ritratto ottocentesco di Giuseppe Garibaldi recentemente restaurato ed un busto marmoreo di Umberto I, opera dello scultore milazzese Francesco Greco (1881). 41 Palazzo dei Marchesi D’Amico, affreschi del salone centrale del piano nobile LA CHIESA DI S. FRANCESCO DI PAOLA Uscendo dal portale del Palazzo dei Marchesi D’Amico ed incamminandosi verso sinistra si giunge dopo appena dieci metri ad un vicolo in salita (vico Galletti) che conduce alla storica chiesa di S. Francesco di Paola, ben visibile sullo sfondo. Annessa all’attiguo convento, venne fondata dall’omonimo santo intorno al 1464, per poi essere rimaneggiata nei secoli successivi, da ultimo intorno alla metà del Settecento, quando venne dotata di un’elegante facciata impreziosita da decorazioni in pietra da taglio e di un ciclo di affreschi andato perduto e sostituito da quello eseguito nel 1914 da Raffaele Severino. Al 1914 risalgono altresì le artistiche vetrate realizzate da Salvatore Gregorietti. Tele e pale d’altare arricchiscono l’aula della chiesa: tra le altre, una firmata e datata da Letterio Paladino (1723). Tra le opere d’arte spiccano un coro ligneo, una statua marmorea della Madonna col Bambino di scuola gaginiana, recante alla base lo stemma dei Ventimiglia, ed il simulacro di San Francesco di Paola, presente in marmo (XVIII sec.) anche nella scalinata antistante la chiesa, scalinata 42 recentemente ampliata con balaustre perfettamente analoghe a quelle originali situate vicino al portale d’ingresso del tempio. I Milazzesi sono molto affezionati a questa chiesa per la profonda devozione al loro Santo più caro, patrono della gente di mare, la cui affollatissima processione (prima domenica di maggio) è seguita il martedì successivo dall’altra della “Berrettella” (custodita in reliquiario d’argento) che lo stesso San Francesco indossava in vita. Quest’ultima processione si svolge in parte sul mare e culmina con una breve cerimonia nello specchio d’acqua antistante la Marina Garibaldi. L’elegante facciata della chiesa di S. Francesco di Paola Nella chiesa si conservano i resti di S. Candida, una Martire delle catacombe di S. Ciriaca in Roma, traslata a Milazzo nel XVIII secolo, come attesta peraltro chiaramente un’antica certificazione di autenticità delle reliquie sottoscritta dal Vescovo di Porfiria nel 1784. Una Martire dei primi secoli della Chiesa di Roma, dunque, non la pia, devota ed omonima contemporanea milazzese del Santo di Paola, cui spesso vengono erroneamente associati questi resti custoditi entro teca in una cappelluccia ubicata dirimpetto alla Sacrestia, dove invece si può ammirare un pregevolissimo armadio ligneo. Sotto la pavimentazione, recante iscrizioni sepolcrali di famiglie gentilizie, è custodita, ma al momento è inaccessibile, la cripta, dove in un cartiglio si legge la data 1770. All’esterno della chiesa, nella facciata laterale rivolta verso nord, una palla di cannone fa bella mostra di sé a ricordo della nota battaglia risorgimentale tra le truppe garibaldine e quelle borboniche (20 luglio 1860). La chiesa custodisce tra le altre la tomba del patriota milazzese sen. Domenico Piraino, vissuto nell’Ottocento. IL PALAZZO DEL GOVERNATORE Uscendo dalla chiesa, si consiglia d’imboccare la via in salita intitolata alla memoria di Giuseppe D’Amico Rodriquez, aristocratico milazzese che abitava nel bel palazzo, purtroppo abbandonato al degrado, che un tempo fu dimora del governatore, la massima autorità militare di Milazzo. La costruzione del palazzo, impropriamente denominato «dei Viceré», ebbe inizio nel 1612 in seguito all’adozione da parte degli amministratori comunali dell’epoca di una concessione edilizia, che autorizzava Francesco Baeli, primo proprietario dello storico edificio, ad innalzare il fabbricato, la cui facciata è impreziosita da stupende mensole figurate (i cosiddetti cagnoli). 43 Il portale principale del Palazzo del Governatore L’edificio venne interessato nel tempo da diversi interventi di manutenzione: documentati quelli del 1724, 1787 e 1811. Gravemente danneggiato dal terremoto del 28 gennaio 1831, venne ricostruito nelle forme attuali da Giuseppe D’Amico Rodriquez, che avviò l’acquisizione delle quote di proprietà degli eredi Baeli. Il Palazzo del Governatore, attualmente di proprietà dell’ente morale “Regina Margherita”, ebbe tra i suoi illustri ospiti Luigi Filippo d’Orleans, re di Francia nella prima metà dell’Ottocento. La visita prosegue al più importante bene culturale cittadino, cui si giunge percorrendo la via Duomo antico, che si imbocca dopo essere passati di fronte alla chiesetta di S. Gaetano (o Madonna della Catena) ed alla settecentesca badia benedettina, che ospitò le monache dopo il loro abbandono della città murata. IL CASTELLO (CITTA’ MURATA) Cuore della città e sua principale ragion d’essere, il Castello di Milazzo sorge in uno dei pochi luoghi del Mediterraneo ininterrottamente abitati dall’uomo da almeno cinquemila anni. La possente rocca naturale, da cui prese nome la città greca, aveva già visto fiorire la civiltà del neolitico, del bronzo e del ferro, e 44 continuò ad essere fortezza di primaria importanza per il controllo della costa settentrionale della Sicilia e del suo mare sotto i Greci, i Romani e i Bizantini, anche se la natura rocciosa del suolo, il suo declivio ed il suo sconvolgimento per la costruzione delle cinte bastionate non hanno lasciato traccia alcuna delle fortificazioni erette prima della conquista araba. Planimetria della città murata (foto d’archivio) Rimangono soltanto alcune preziose testimonianza di vita quotidiana: rinvenute casualmente entro il perimetro murario del maniero, attestano la presenza dell’uomo già in età classica. È il caso, ad esempio, della moneta mamertina rinvenuta nel 2005 nell’area antistante il monastero delle benedettine e raffigurante il Dio Adranos (III sec. a. C.) o di quella, risalente ad un secolo prima e coniata dalla zecca di Siracusa, che raffigura un ippocampo al diritto e la testa di Atena al rovescio. Testimonianze di notevole valore storico che, unitamente ai numerosi conci a vernice nera raccolti dal piano di calpestio, rendono ormai indifferibile l’esecuzione di nuove campagne di scavi da parte della Sovrintendenza. L'ippocampo nella moneta del IV sec. a. C. rinvenuta nella città murata. 45 Il Mastio, che sorge sul punto più alto dello sperone roccioso a strapiombo sul mare e chiude un’ampia ed ariosa corte, ha come suo nucleo più antico la torre detta “saracena” e come suo ambiente più pregevole l’elegante salone all’interno del quale si trova un possente camino. Iniziato forse sotto gli Arabi, ampliato dai Normanni, il Mastio assunse la sua struttura attuale (come rivelano le otto torri angolare e mediane) sotto Federico II di Svevia. Alcuni dei conci in pietra lavica che ornano le strutture murarie delle torri e del salone recano ancora oggi i marchi dei lapicidi, geometrici contrassegni che consentivano di riconoscere – e conseguentemente controllare e remunerare – il lavoro dei singoli maestri impegnati nel cantiere milazzese. Il Mastio col suggestivo sfondo dell'Etna innevata (foto by Marco Milazzo) Successivamente, sotto gli Aragonesi, il Mastio normanno-svevo venne protetto dal tiro delle armi da fuoco attraverso la costruzione, alla fine del Quattrocento, della cinta bastionata che lo racchiude (cosiddetta cinta aragonese). Infine, nel Cinquecento gli Spagnoli, per proteggere la città e la costa dai pirati barbareschi che avevano saccheggiato le Eolie e la Calabria e per avere un’imprendibile fortezza da cui controllare Messina, innalzarono la poderosa cinta muraria contraddistinta dalle numerose caditoie destinate alla difesa piombante. Con la costruzione della cortina cinquecentesca (cosiddetta cinta spagnola) l’intero complesso fortificato assunse la fisionomia di una vera e propria città murata, entro la quale erano ubicati i palazzi del potere, dalle sede municipale agli uffici giudiziari, cinque-sei edifici di culto, oltre alla chiesa madre innalzata alle soglie del Seicento, e le numerosissime abitazioni civili di coloro i quali dimoravano all’interno della stessa città murata. Un complesso di fabbricati pubblici e privati del quale oggi, se si eccettuano l’antico duomo e la secentesca badia benedettina, non rimangono altro che i perimetri murari di base, solo in parte affioranti in superficie. 46 Una suggestiva immagine della cinta spagnola (gentile concessione SiciliAntica Milazzo) Imponente e suggestiva, la poderosa cinta spagnola, che comprende la cortina e i due bastioni ad essa affiancati (denominati rispettivamente «di Santa Maria» e «delle Isole»), è il risultato della progettazione di alcuni dei migliori ingegneri militari del tempo. Tra questi, il bergamasco Antonio Ferramolino, al quale si deve la realizzazione di uno dei luoghi più affascinanti e suggestivi dell’intera città murata: la galleria di contromina del bastione delle Isole, un lungo e tenebroso cunicolo, ricavato nel perimetro murario dello stesso bastione, che aveva lo scopo di prevenire gli attacchi delle mine nemiche, ossia dei tunnel sotterranei realizzati dagli assedianti al fine di raggiungere la base delle fortificazioni onde collocarvi potenti cariche esplosive capaci di distruggerle. Proprio per prevenire tali attacchi il Ferramolino consigliò la realizzazione di una galleria di contromina, dove l’assediato avrebbe pazientemente vigilato ascoltando l’eventuale approssimarsi dei colpi di piccone della costruenda mina nemica, che, non appena intercettata, sarebbe stata prontamente neutralizzata. Questo complesso sistema di fortificazioni non venne mai espugnato: non ci riuscirono neppure gli Spagnoli, che l’avevano eretto, quando tentarono da qui di riconquistare la Sicilia perduta. E lo stesso Garibaldi fermò la sua avanzata vittoriosa sotto le mura del Castello, finché l’esercito borbonico, per il collasso dello Stato napoletano, non si arrese. 47 Il Duomo antico con il mare di levante sullo sfondo Cominciò allora il declino della città murata: il Duomo antico, eretto a partire dal 1607 - è caratterizzato da forti membrature di sapore michelangiolesco, da una facciata recante meridiana, zodiaco ed una scultura in marmo raffigurante S. Maria col Bambino, nonché da eleganti geometrie in pietra da taglio di Siracusa tanto all’interno quanto all’esterno, oltre che da altari arricchiti da stupende tarsie marmoree - fu abbandonato al vandalismo ed al degrado (la graduale distruzione venne inaugurata dai garibaldini, prima, e dalle truppe del giovane Regno d’Italia, dopo) mentre il Mastio diventava un carcere, rimanendo tale sino al 1960. È solo da qualche decennio che la città ha cominciato a riappropriarsi di quello che un tempo era il suo cuore pulsante. In questi anni, la realizzazione di un teatro all’aperto, i restauri dell’antico Duomo (di cui ancora oggi non si conosce il nominativo del progettista, mentre si conosce quello dell’architetto nonché capomastro palermitano - Giuseppe Gasdia - che ne ha diretto il cantiere dal 1615 circa) e quelli parziali di diversi ambienti delle cinte murarie hanno rappresentato indubbiamente alcuni decisivi passi in avanti in direzione del recupero di una delle fortificazioni più importanti della Sicilia. ANTICHI REPERTI IN MOSTRA - Entro la Sacrestia dell'antico Duomo è possibile ammirare la mostra permanente allestita nel 2005 dalla Società Milazzese di Storia Patria (in collaborazione col Comune di Milazzo e la Sovrintendenza ai BB. CC. e AA. di Messina) sui reperti rinvenuti all’interno del complesso fortificato: ben 232 antiche monete, bottoni di divise militari, pipe e fischietti in terracotta, medagliette devozionali, pietre focaie ed antichi proiettili, ditali, e, tra l’altro, la riproduzione dell’orribile “gabbia di Milazzo” rinvenuta nel 1928 ed oggi custodita presso il Museo Criminologico di Roma. 48 Il Castello normanno-svevo-aragonese visto dal fortino dei Castriciani IL FORTINO DEI CASTRICIANI E LO SCARABEO Abbandonata la città murata si consiglia una passeggiata lungo le mura esterne dell’antico maniero. Costeggiando il bastione di S. Maria ci si immette nel vicoletto che consente di raggiungere il panoramico fortino dei Castriciani con annesso piazzale, la cui denominazione trae origine dagli abitanti di Castroreale preposti qualche secolo fa alla custodia di questa fortificazione avanzata. Il fortino, purtroppo in avanzato stato di degrado, è postazione panoramica privilegiata che consente di gustare la vista mozzafiato delle isole Eolie nonché dell’antico Duomo e delle diverse fortificazioni della città murata che si innalzano sull’altura rocciosa e selvaggia. Ma soprattutto si può ammirare la porzione iniziale della penisola milazzese, che si protende sinuosa tra i due mari di levante e di ponente. E’ consigliata la visita al fortino durante il tramonto. Scendendo giù, in direzione sud, si giunge al piazzale dove sorgono le chiese dell’Immacolata e di S. Rocco, con altri punti panoramici, dai quali si osserva meglio la città bassa. Tornando indietro (percorso consigliato) si prosegue invece verso le vie Trincera e Papa Giovanni XXIII, ossia lungo la cinta spagnola della città murata, la cui cortina - collocata tra i possenti bastioni di S. Maria e delle Isole e caratterizzata dalle numerose caditoie destinate alla difesa piombante – è fronteggiata dal rivellino avanzato di S. Giovanni, costruito nel 1646 e collegato un tempo alla cortina cinquecentesca o spagnola da un ponte levatoio, accennato nel corso dei recenti lavori di restauro. 49 La penisola milazzese tra i mari di levante e ponente vista dal fortino dei Castriciani Superato il bastione delle Isole, un ampio piazzale panoramico consente infine di osservare il Tono, altro quartiere marinaro di Milazzo, sede un tempo dell’omonima tonnara, e soprattutto il misterioso “scarabeo”, realizzato lungo le mura di recinzione del Castello verisimilmente in età normanna. Si tratta di una sorta d'insetto costituito da conci parallelepipedi in pietra lavica, le cui ali pare abbiano avuto anticamente la funzione di quadranti solari. In tal senso una serie di studi approfonditi è stata recentemente condotta dallo studioso milazzese Carmelo Fulco, il quale sta provvedendo a rilevare sistematicamente e periodicamente le varie registrazioni astronomiche allo scopo di svelare quanto prima il mistero che si nasconde dietro questa suggestiva antica decorazione in pietra lavica, della quale già alle soglie del Settecento s'ignorava la funzione. Lo scarabeo (denominato anche «gli occhi di Milazzo»). Da notare l’ombra riflessa dalla semisfera dell’occhio destro sull’ellisse rialzata rispetto all’intonaco. Era un quadrante solare? 50 Chiesa del Rosario, particolare degli affreschi di Domenico Giordano (1789) CHIESA DEL ROSARIO O S. DOMENICO Percorrendo la via S. Giuseppe si giunge alla chiesa del Rosario, parte integrante del vasto convento di S. Domenico fondato, come la stessa chiesa, nel XVI sec. La semplice facciata del tempio fronteggia la scalinata che conduce all’ingresso principale della città murata. La chiesa, a tre navate separate da colonne, è sormontata da un elegante ciclo di affreschi firmato e datato (Domenico Giordano, 1789) e custodisce al proprio interno antiche e pregevoli opere pittoriche (qualcuna attribuita a Filippo Jannelli), tra le quali il quadro - un tempo nella chiesa dei Cappuccini - raffigurante la Madonna degli Abbandonati («Nuestra Senora de los desanparados de Valencia»), donata da alcuni cittadini spagnoli di Valenzia in servizio nella fortezza di Milazzo nel Seicento. Pregevole un paliotto ligneo dipinto in azzurro ed oro recante lo stemma della nobile famiglia Cumbo. L’aula della chiesa è impreziosita da lapidi marmoree sepolcrali munite di stemmi ed iscrizioni, da un coro ligneo e, tra l’altro, da un sarcofago marmoreo risalente al 1625. Si conserva altresì la statua della Madonna del Rosario, che ad ottobre viene condotta in processione: è stata realizzata dall’artista Luigi Guacci di Lecce nei primi decenni del Novecento. Interessanti anche i locali, solo parzialmente recuperati, dell’annesso convento che ospita un elegante chiostro in corso di restauro. Piuttosto elegante il piccolo oratorio del Nome di Gesù, limitrofo alla chiesa ed arricchito da numerose opere d’arte. 51 IL QUARTIERE MARINARO DI VACCARELLA Abbandonata la chiesa del Rosario e scendendo lungo l’attigua scalinata (Erta S. Domenico), si giunge alla pittoresca porzione del lungomare di levante adibita al ricovero delle numerose imbarcazioni da pesca di proprietà degli abitanti del rione Vaccarella, che recentemente si sono efficacemente riuniti in sodalizio (Associazione “Nino Salmeri”) allo scopo di rendere più ordinato e gradevole il litorale. La spiaggia dei pescatori si suddivide oggi in quattro settori, “S. Andrea”, dal nome dell’omonima chiesetta di cui restano soltanto i ruderi ed una statuita lignea custodita entro teca nella piazzola ubicata lungo il mare, “Padre Pio”, così è denominata la serie di aiuole ben curate che ospitano la statua del Santo di Pietralcina, “S. Francesco di Paola”, in prossimità della piccola fortificazione antiaerea costruita durante il secondo conflitto mondiale ed oggi abbellita da una bella raffigurazione pittorica del Patrono della gente di mare, e “Madonna della Neve”, quasi dirimpetto alla chiesa di S. Maria Maggiore. Procedendo lungo il marciapiede con ringhiera che procede parallelamente alla spiaggia è possibile osservare il paziente lavoro quotidiano dei pescatori, alcuni dei quali intenti ad eseguire piccoli interventi di manutenzione alle proprie imbarcazioni, altri a stendere al sole le proprie reti o a prepararsi alla pesca notturna. Ma soprattutto è possibile gustare la variopinta ed affascinante flotta di grandi e piccole barche da pesca realizzate perlopiù nei cantieri di valenti carpentieri navali milazzesi, dai fratelli Providenti a Francesco, Ninài e Stefano Salmeri, oltre alle barche costruite dall’ancor vivente maestro Caizzone in contrada Grunda. Tra le numerose barche da pesca, fanno bella mostra di sé gli antichi lavatoi impiegati sino alla metà del secolo scorso dalle moglie dei Vaccariddòti, i quali mantengono inalterato ancor oggi il loro profondo legame col mare e con la pesca. Passeggiando al mattino lungo la spiaggia, all’ombra dei profumatissimi eucalipti e gustandosi la brezza marina, s’incontrano numerosi banchi adibiti alla rivendita del pesce appena pescato, come ad esempio le lunghe spatole, catturate grazie all’ausilio del conzo, un mastello di plastica il cui bordo superiore ospita un cerchio ligneo a sua volta destinato ad accogliere centinaia di ami legati a decine e decine di metri di lenza. Il visitatore attento non può non rimanere colpito dalla maestria dei pescatori-rivenditori intenti a pulire, con secchi e decisi tagli eseguiti cogli usuali coltellacci, le spatole acquistate dai clienti. La passeggiata al lungomare di Vaccarella è resa ancor più gradevole da un susseguirsi di antichi fabbricati pubblici e privati, contraddistinti da settecentesche mensole figurate (“cagnoli”) e da 52 eleganti portali in pietra da taglio, con facciate dipinte coi tradizionali colori cittadini, come il «rosino milazzese». Spiccano, tra gli altri, il palazzo Catanzaro, ubicato a pochi metri dal Palazzo dei Marchesi D’Amico, la casa Cumbo, la cui facciata si fonde con quella laterale della chiesa di S. Maria Maggiore, ed il diruto Asilo Infantile Calcagno, di proprietà comunale e terminato nel 1903 in stile neogotico. La passeggiata a Vaccarella non può non includere una capatina alla romantica spiaggetta della Croce di Mare, che ospita tra gli scogli un’edicola votiva posta dirimpetto alla graziosa residenza dei Caravello, la quale sembra vigilare la placida serenità del luogo, sormontato dal panoramico convento dei Cappuccini e dal monumento funerario del nipote del generale Zumjungen, comandante della piazza di Milazzo durante il tremendo assedio spagnolo subito da Milazzo nel biennio 1718/19. Una visita merita infine la chiesa del rione, uno dei luoghi simbolo del Risorgimento milazzese. La storica chiesa del rione Vaccarella: S. Maria Maggiore CHIESA DI S. MARIA MAGGIORE La bella facciata in stile neoclassico, eseguita verisimilmente nella prima metà del XIX sec, contrasta con l’interno in stile rococò. Un pregevole ciclo d’affreschi eseguito da Scipio Manni nel 1762, raffigurante tra l’altro la “cacciata dei mercanti dal tempio”, impreziosisce l’aula, adornata da piacevoli stucchi ed i cui altari laterali recano invece modesti rivestimenti marmorei. Nella chiesa si venera la Madonna della Neve, della quale si conserva sull’altare maggiore un quadro del Settecento ed il cui culto negli ultimi anni è stato oggetto di crescente interesse da parte dei fedeli Milazzesi. Alcuni anni fa è stata commissionata ad un artista di Ortisei (prov. di Bolzano) un’artistica statua lignea della Madonna che riproduce fedelmente questo quadro del 53 Settecento: intorno al 5 agosto di ogni anno viene condotta per le vie del quartiere in una suggestiva processione che in gran parte si svolge sul mare, accompagnata dalle barche dei pescatori del rione: un connubio ben riuscito di fede e folklore in piena stagione turistica. L’esterno della chiesa – il suo campanile è stato parzialmente demolito in seguito al terremoto del 1908 - è attorniato da un bel sagrato semicircolare che ospitò il meritato riposo di Giuseppe Garibaldi dopo le fatiche della battaglia di Milazzo del 20 luglio 1860. Tra i tradizionali appuntamenti della Parrocchia di S. Maria Maggiore, amorevolmente gestita dai Padri del convento di S. Francesco di Paola, conviene ricordare la suggestiva processione di Gesù Bambino per le vie del quartiere marinaro di Vaccarella (si svolge il giorno dell’Epifania alle 6,00 del mattino). Non solo appuntamenti religiosi per i parrocchiani, che in estate, precisamente il sabato che precede la festa della Madonna della Neve, partecipano numerosi, unitamente ai turisti, alla “Sagra del Pesce”, organizzata dalla U.S. “Giovanni Cambria”. VACCARELLA ARCHEOLOGICA Chissà com’era la vita a Milazzo duemila anni fa, senza traffico frenetico, i-pod, i-pad ed altre diavolerie di ultima generazione. Diversa, molto diversa, risponderemmo tutti. Eppure c’è un luogo in cui il tempo pare essersi fermato. E’ Vaccarella, il pittoresco rione marinaro dove da millenni si rinnova quotidianamente il rito a volte selvaggio della pesca. Duemila anni fa qui la vita scorreva non molto diversamente da oggi. Come alla Mezzaluna, questa la denominazione della piazzetta in cui, a due passi dai ruderi dell’Asilo Calcagno, ci accomodiamo ai tavolini del bar per gustarci un buon gelato. Sotto quei tavolini nel 1998 la Sovrintendenza di Messina riportò alla luce alcune vasche impermeabilizzate in cui nel I sec. d. C. si eseguiva la lavorazione del pesce. Interessante il contenuto della vasca “numero 4”, piena zeppa di resti di tonno. Un po’ più in là, dirimpetto la porta del ristorante, precisamente davanti l’antica fontanella comunale costruita nel 1883, un altro eccezionale rinvenimento: un deposito di antichissime anfore romane (perlopiù Dressel 21/22), in cui venivano conservate fette di pesce salato o squisita salsa di pesce (“garum”), verisimilmente lavorate nelle limitrofe vasche impermeabilizzate. Oggi un nutrito campione di tali reperti è esposto nelle eleganti sale dell’Antiquarium Archeologico “Domenico Ryolo” di via Impallomeni. 54 Gli scavi alla Mezzaluna: vertebre di tonno (Antiquarium archeologico "D. Ryolo") Che Vaccarella fosse un borgo di pescatori già in età classica è testimoniato dalle recentissime indagini archeologiche eseguite nel palazzotto Lo Miglio (a due passi dalla chiesa di S. Maria Maggiore), dalle fondazione del quale sono emersi resti di pesce forse simili a quelli rinvenuti nel 2001 in uno scavo eseguito durante l’allestimento dell’hotel Garibaldi,dove inoltre è stata rinvenuta una stupenda iscrizione marmorea in latino risalente alla prima età imperiale romana. Chissà quali altre sorprese ci riserverà in futuro Vaccarella. LA MARINA GARIBALDI E VIA GIACOMO MEDICI Lasciata la chiesa di S. Maria Maggiore ci si può immergere nella vastità del lungomare di levante, magari accomodandosi ad una delle numerosissime panchine della Marina, la passeggiata dei Milazzesi, contraddistinta dal Monumento ai Caduti del XX luglio 1860inaugurato nel 1897 alla presenza di Francesco Crispi (è opera dello scultore milazzese Francesco Greco). 55 Una suggestiva veduta della Marina col Castello sullo sfondo Nel tratto di Vaccarella il lungomare accoglie il pontile “S. Maria Maggiore”, adibito al ricovero di numerose imbarcazioni da diporto. Numerosi i palazzi e le dimore gentilizie che si affacciano sul lungomare, dal neogotico Palazzo Siracusa al già citato settecentesco Palazzo dei Marchesi D’Amico. La passeggiata in Marina può essere deviata nel salotto dei Milazzesi, la via Giacomo Medici, che si apre tra la chiesa di S. Giacomo ed il neoclassico palazzo dei Proto: accessibile solo ai pedoni, questa strada ospita tra gli altri il palazzo Catanzaro, quello dei Bonaccorsi-Merlo (già Via Giacomo Medici, salotto di Milazzo Il Palazzo Municipale, costruito a fine Ottocento su disegni dell’ing. Giuseppe Ryolo 56 Cumbo) recentemente ristrutturato (ospitò nel 1897 Francesco Crispi) e l’altro palazzo Bonaccorsi, tra i luoghi-simbolo della Milazzo garibaldina. Quest’ultimo edificio, che ospitò il generale Giacomo Medici, si affaccia con un bel loggiato al primo piano sulla via Francesco Crispi, dove sorge maestoso il Palazzo Municipale, eretto su progetto dell’ing. milazzese Giuseppe Ryolo negli anni Ottanta dell’Ottocento. Alle spalle del Municipio, nella piazza intitolata a Caio Duilio - protagonista della storica vittoria del 260 a. C.(la prima dei Romani in una battaglia navale) sulla flotta cartaginese nelle acque di Milazzo - l’ala occidentale del Convento dei Carmelitani, con bel portale in pietra da taglio sormontato dallo stemma dell’ordine, e l’attigua chiesa del Carmine, al momento chiusa al culto, la cui elegante facciata ospita la statuina marmorea della Madonna del Carmelo, commissionata dal milazzese Baldassarre Valenti nel 1632. Tornando alla Marina merita un cenno il monumento - finanziato negli anni Sessanta dalla Regione Siciliana - all’eroico ammiraglio Luigi Rizzo (1887-1951), il figlio più illustre di Milazzo, il marinaio più decorato d’Italia che il 10 giugno 1918 (in questo giorno si celebra ogni anno la festa della Marina Militare italiana) affondò nelle acque di Premuda col suo MAS la corazzata austro-ungarica Santo Stefano. 57 Itinerario di visita n. 2 Duomo, piazza Roma, S. Papino e Tono IL DUOMO DI S. STEFANO E’ lungo la via Antonino Cumbo Borgia che sorge il nuovo Duomo della città, intitolato al Patrono S. Stefano ed innalzato negli anni Trenta del Novecento, anche se i lavori si sarebbero protratti sino alle soglie degli anni Cinquanta. Architettonicamente modesta, la matrice è impreziosita da una ricca quadreria, in parte proveniente dall’antico Duomo del Castello, come nel caso delle due tavole gemelle cinquecentesche - opera di Antonello De Saliba, nipote di Antonello da Messina - raffiguranti i SS. Pietro e Paolo, una delle quali presenta un cartiglio recante l’anno 1531 e la dicitura «Lu Mastru Antonellu Resaliba pinsit». Al De Saliba è attribuita anche una “Natività”, che raffigura il Bambino entro una madia, tra la Madonna e S. Giuseppe, un monaco inginocchiato ed un pastore, tutti sormontati da un Angelo che sorregge un cartiglio recante la dicitura «Gloria in excelsis Deo». S. Nicola e storie della sua vita Dall’antico Duomo proviene anche la pala d’altare, posta lungo la navata di sinistra, raffigurante i SS. Martiri Milazzesi: venne commissionata dagli 58 amministratori comunali nel 1622 e raffigura una bella veduta della città. Dall’antica chiesa dell’Annunziata, della quale entro la città murata sopravvive soltanto l’abside con decorazioni in pietra da taglio, provengono invece una tavola quattrocentesca (Antonio Giuffrè, attr.) ed un gruppo marmoreo di scuola gaginiana raffiguranti “L’Annunciazione”. Dalla chiesa di S. Nicola, ubicata un tempo di fronte l’antico Duomo, giunge infine l’opera pittorica attribuita ad Antonio Giuffrè “San Nicola e storie della sua vita”, commissionata, come attesta lo stemma in basso, dall’aristocratica famiglia D’Amico-Anzalone. Completano la quadreria, tra l’altro, due pale d’altare del Settecento attribuite a Scipio Manni (“Annunciazione” e “Adorazione dei Magi”). L’opera d’arte maggiormente venerata dai Milazzesi rimane comunque la statua policroma del Santo Patrono S. Stefano, realizzata nella seconda metà del XVIII sec. e portata in processione ai primi di settembre. LA NECROPOLI TARDOROMANA E PROTOBIZANTINA Uscendo dalla Matrice, dirimpetto la facciata principale, è possibile osservare i resti di una necropoli tardoromana e proto bizantina (V-VII sec. d. C.), dove intorno al 1995 sono state rinvenute alcune anfore commerciali, unitamente a preziosi braccialetti in osso lavorato, lucerne e ampolle in vetro. Tali corredi sono oggi custoditi presso l’Antiquarium archeologico di via Impallomeni. Quel che è possibile osservare, al di sotto della moderna copertura in vetro, è solo una piccola porzione della ben più vasta area archeologica riemersa dagli scavi, un vero e proprio cimitero monumentale (circa 90 sepolture) mai prima oggetto di esplorazione archeologica. Interessanti, in particolare, le anfore da trasporto rinvenute tra le sepolture e riutilizzate per l’inumazione dei bambini. IL TEATRO TRIFILETTI Procedendo in direzione nord, dopo aver costeggiato il sobrio fabbricato - innalzato negli anni Trenta - che ospita le scuole elementari intitolate allo storico cittadino Giuseppe Piaggia, si giunge al Teatro Trifiletti, fondato all’inizio del Novecento dall’omonimo imprenditore, facoltoso intermediario di vini da taglio prodotti nella Piana di Milazzo, importatore dalla Gran Bretagna di carboni rivenduti alle industrie del comprensorio e primo milazzese a credere nel turismo: fondò, tra l’altro, tre piccole strutture alberghiere. I tre ordini di palchi del Teatro Trifiletti 59 Il teatro, contraddistinto da un’architettura semplice ed essenziale, venne progettato dall’ing. Letterio Savoja. E’ costituito da una platea e da tre ordini di palchi incastonati nella caratteristica pianta a ferro di cavallo. Nel foyer sono visibili i resti del ciclo di affreschi di Carlo Righetto, firmati e datati 1912, anno in cui il teatro venne inaugurato con la rappresentazione del Rigoletto di Verdi e con una sfavillante illuminazione elettrica, introdotta a Milazzo proprio in quel periodo. Negli anni Ottanta la struttura teatrale, per lungo tempo adibita anche a cinematografo, è stata acquistata dal Comune di Milazzo, che recentemente l’ha ristrutturata e restituita alla pubblica fruizione. I GIARDINI DI VILLA VACCARINO A qualche metro dal Teatro Trifiletti ci si imbatte in due interessanti esempi di architettura risalenti ai primi decenni del Novecento, il villino Greco, elegante espressione del Liberty a Milazzo contraddistinto da un’alta torretta, e Villa Vaccarino, costruita alla fine degli anni Venti, su disegni dell’ing. Gaetano Bonanno, per l’omonimo industriale. La villa, oggi di proprietà comunale ed attorniata da una ricca ed elegante cancellata esterna, è sede di uffici giudiziari. Gli interni sono impreziositi da pregevoli decorazioni pittoriche (Michele Amoroso) e stucchi. Davvero suggestivo è il vasto parco annesso alla villa, dove è possibile accedere durante gli orari di apertura degli uffici giudiziari. Curiosa la vasca che ripropone la forma della Sicilia, tra piante e fiori di diverso tipo. Osservabili anche i resti delle fortificazioni annesse all’antico bastione di S. Gennaro, di cui entro il vasto giardino sopravvive una consistente porzione muraria. Negli anni Ottanta i giardini di Villa Vaccarino hanno ospitato gradevoli concerti di musica da camera. LA CHIESETTA DI S. CATERINA A pochi metri da Villa Vaccarino si apre piazza Roma, recentemente ripavimentata ed un tempo denominata “Piano di S. Caterina”, dall’omonima chiesetta che ospita l’antica statua marmorea di S. Caterina di Alessandria, scolpita verisimilmente nel 1560 da Giuseppe Bottone, capomastro del fabbrica del Duomo di Messina. La scultura, custodita in una nicchia attorniata da stucchi settecenteschi, rappresenta l’unica opera d’arte significativa della piccola chiesa, contraddistinta da un’architettura semplice e modesta. Il piccolo edificio - interamente ricostruito nel Settecento - è stato oggetto di recenti lavori di restauro che hanno riportato alla luce una cripta ed un’acquasantiera marmorea con l’immagine della titolare. 60 IL MONUMENTO AI CADUTI Al centro di piazza Roma sorge il Monumento ai Caduti della Grande Guerra, realizzato dallo scultore palermitano Nino Geraci nel 1926, vincitore di un concorso promosso dal Comune di Milazzo: il suo bozzetto, «Roma 18», riuscì a prevalere su altri 18 bozzetti giudicati da un’autorevole commissione esaminatrice composta dall’arch. Ernesto Basile, dal critico d’arte Ugo Fleres e dallo scultore Mario Rutelli. «Roma 18» prevedeva una coppia di colonne doriche in pietra bianca di Comiso, ciascuna delle quali sarebbe stata impreziosita da tre coppie di rostri bronzei e da una vittoria alata, anch’essa in bronzo, svettante alla sommità. Tra le due colonne si erge eroicamente il nudo Milite in bronzo, alto circa 3 metri e contraddistinto da eleganti riproposizioni anatomiche e muscolari, tipiche delle figure atletiche di cui il Geraci era specialista: egli stesso era un appassionato sportivo. Il Milite è raffigurato mentre afferra uno scudo col braccio sinistro ed il gladio, tipico dell’antica Roma dei gladiatori, con la mano destra. In bronzo sono state realizzate anche le laterali are fiammeggianti e le due palme con corona ed elmetto poste ai lati dell’iscrizione «Ai Milazzesi morti per la Patria». Eleganti riproposizioni anatomiche e muscolari nel Monumento ai Caduti Nella primavera del 2012 il Monumento è stato oggetto di restauri che hanno liberato il Milite e gli altri elementi bronzei - fusi presso la Fonderia Artistica Chiurazzi di Napoli - dalla verde patina di ossido cui i Milazzesi si erano ormai abituati. 61 iL QUARTIERE DEGLI SPAGNOLI (ANTIQUARIUM ARCHEOLOGICO) Tracce dell’affascinante mondo dell’antica Roma, e non solo, sono osservabili anche presso l’Antiquarium archeologico che si raggiunge percorrendo per circa 20 metri la via intitolata all’illustre giurista milazzese Giovan Battista Impallomeni. Qui sorgono le due ali cinquecentesche del Quartiere militare, che appunto ospitava gli acquartieramenti delle truppe spagnole. In verità, in passato tali ali, alla cui costruzione non fu estraneo l’ingegnere militare Camillo Camilliani, erano sovrastate da un primo piano ed unite da una porta (c.d. Porta del Quartiere). Oggi rimangono soltanto i pian terreni della diruta ala ovest e della restaurata ala est, adibita dalla Sovrintendenza ai BB. CC. e AA. di Messina ad Antiquarium archeologico, le cui 10 sale raccolgono alcuni dei numerosissimi reperti rinvenuti a Milazzo perlopiù negli ultimi decenni. La struttura è stata intitolata al barone ed ingegnere Domenico Ryolo Di Maria (1895-1988), padre dell’archeologia milazzese. Lo spazio museale si articola in tre grandi sezioni: pre-protostorica, greca e romano-bizantina. Un reperto archeologico custodito all'Antiquarium 62 L’allestimento, come si legge nel pieghevole distribuito all’ingresso, è di tipo tradizionale con vetrine, pannelli didattici e ricostruzioni. Di seguito riportiamo quanto si legge nel suddetto pieghevole: «nella sezione preistorica e protostorica (sale 1-5), si segnala il vasellame proveniente dal villaggio dei Cipressi, nella zona del Borgo (sala 4), e soprattutto dalla grande capanna 1. Tra i reperti si segnalano due doli di grande formato, di produzione liparese, un’olla con originale decorazione a dischi, numerose scodelle con ponticello interno finemente decorate a incisione, vasetti miniaturistici e un’anfora castellucciana a decorazione dipinta geometrica, rara importazione dall’area etnea. Nella sezione greca (sale 6-9), solo la prima vetrina ospita una selezione di reperti ricollegabili all’abitato greco, come in tutti i centri a continuità di vita, poco conosciuto. Le sale successive sono dedicate alle necropoli, oggetto di ricerche sistematiche in questi ultimi decenni. I numerosissimi corredi selezionati, databili all’estrema fine del VIII/inizi del VII sec a. C. alla tarda età ellenistica, annoverano ceramiche, terracotte, di varia provenienza, produzione e pregio, e anche monili e oggetti funzionali all’abbigliamento ed all’igiene. Si segnalano ceramiche di fabbrica corinzia, attica (a figure nere e a figure rosse), coloniale (ceramica a bande, a immersione, a vernice nera), ma anche oggetti d’uso quotidiano riutilizzati per il seppellimento dei bambini (anfore, pentole, olle, idrie). Una suggestiva ricostruzione didattica delle tipologie sepolcrali più attestate attraverso i secoli occupa integralmente la sala 8. Tra le sepolture si segnalano la grande osteoteca ricavata in un monoblocco di pietra arenaria locale contenente una lekane a corpo cuoriforme in ceramica suddipinta bianca della prima metà del II sec. a. C. utilizzata come cinerario. Nella successiva sala 9, dedicata ancora alla necropoli ellenistica, si osservino i modellini fittili di imbarcazione (III sec. a. C.) provenienti da un corredo funerario che includeva anche un vaso configurato a forma di oca. Nella sezione romano-bizantina (sala 10) sono esposti i reperti restituiti dagli scavi più recenti condotti nel settore di abitato di età imperiale parzialmente esplorato in contrada Vaccarella; rappresentano una curiosità le anfore da trasporto (I a.C.-I d.C.) con resti di salsa di pesce, rinvenute all’interno di un deposito di stoccaggio rintracciato nell’area dell’attuale piazza Mezzaluna. Sulla parete si osservi l’interessante iscrizione latina della prima età imperiale, purtroppo lacunosa, primo documento epigrafico restituito dagli scavi. Si segnalano infine i corredi provenienti dal lembo di necropoli tardo anticaprotobizantina di via Cumbo Borgia, che includono oltre alle anfore commerciali, alcuni preziosi braccialetti in osso lavorato, lucerne e ampolle in vetro». LA CHIESA DI SAN PAPINO Tornando ai piedi del Monumento ai Caduti e proseguendo verso il lungomare di Ponente ci si imbatte nella piazza intitolata al martire orientale S. Papino, le 63 cui spoglie, secondo la tradizione, giunsero miracolosamente sino alla spiaggia in prossimità della quale furono poi innalzati l’omonima chiesa e - nei primi decenni del Seicento - l’annesso convento dei Francescani Riformati, quest’ultimo dotato di un antico chiostro caratterizzato da colonne in arenaria e da frammenti di affreschi in qualche lunetta. La chiesa, gravemente distrutta dall’assedio del 1718, è stata rimaneggiata intorno al 1934, allorquando l’arch. Giuseppe Mallandrino ne ridisegnò elegantemente la facciata, caratterizzata da vistose paraste corinzie e da un portale sormontato da timpano spezzato. Gli interni sono stati riccamente affrescati, contestualmente al rifacimento della facciata, da Salvatore e Guido Gregorietti, che hanno rappresentato l’apoteosi di S. Francesco d’Assisi ed episodi della sua vita. Nell’abside fanno bella mostra di sé il grandioso altare ligneo di ordine corinzio con due coppie di colonne poste ai lati di una grande tela del Seicento (Onofrio Gabrieli, attr.) e con altri piccoli dipinti nelle porzioni laterali, elegante e degno sfondo della magnifica Custodia (tabernacolo) con statuine di santi francescani finemente scolpite, opera di ebanista del Settecento. La grande tela secentesca raffigura tra gli altri il titolare, un tempo Patrono della città, in abito da “cavaliere”, verisimilmente per evidenziare la protezione che il Santo avrebbe accordato a Milazzo in occasione delle numerose incursioni dei pirati barbareschi susseguitesi nell’età moderna. Ad imitazione di tale raffigurazione è stato ideato il nuovo simulacro in cartapesta di San Papino cavaliere e martire, realizzato dal maestro cartapestaio Pietro Balsamo di Francavilla Fontana (Br) e benedetto nel settembre 2011 dall’Arcivescovo di Messina. L’aula della chiesa è arricchita tra l’altro da pregevoli monumenti marmorei funerari risalenti alla metà del XVIII sec., dalla statua di S. Pasquale Baylon (firmata e datata Francesco Antonio De Mari, 1750) e dal secentesco Crocifisso ligneo (Frate Umile da Petralia?), che lacrimò miracolosamente nel 1798. IL “S. TOMMASO” E LE TONNARE Il visitatore che si appresta ad osservare il “San Tommaso”, ossia il palischermo custodito entro recinzione metallica in piazza San Papino, dovrebbe immaginarlo in piena efficienza, in occasione del calato della Tonnara del Tono, ossia quando ci si apprestava ad immergere nel mar di Ponente il complesso ed intricato sistema di reti e di “camere” che avrebbe dovuto catturare i tonni. Un selvaggio rituale, quello della mattanza coi tonni issati ed infilzati dalle nerborute braccia dei tonnaròti, che a Milazzo si sarebbe rinnovato per secoli sino alla metà del Novecento: erano ben sei le tonnare e tonnarelle dislocate lungo le coste della città. 64 Il S. Tommaso, una delle più grandi imbarcazioni della Tonnara del Tono, venne costruito alle soglie del Novecento nel cantiere di uno dei più facoltosi e valenti carpentieri navali di Milazzo, quel maestro Giovanni Vitali (1852-1939) che una vecchia fotografia raffigura con i baffi, un viso che sembra tradire un carattere burbero. Nel cantiere di Giovanni Vitali si formò un altro abilissimo artigiano, il maestro d’ascia Francesco Salmeri (1894-1976), che nel 1937 venne chiamato dagli amministratori della Tonnara del Tono a ristrutturare proprio il S. Tommaso. Di quell’importante intervento rimane traccia nella data ancor oggi osservabile nella parte posteriore dell’imbarcazione, che da anni attende una sistemazione adeguata. LA GROTTA DI POLIFEMO Da piazza S. Papino, costeggiando il lungomare di Ponente in direzione Nord, ci si imbatte nella possente rocca del Castello, ai piedi della quale si apre l’accesso alla mitica Grotta di Polifemo, una grotta naturale che nel Seicento, come riferisce un coevo memorialista locale, era «capace di cento uomini» ed ospitava la fabbricazione di «polvere e salnitro». Ampliata dal Genio Militare con lo scavo di nuove gallerie nel 1943, allo scopo di posizionare ulteriori artiglierie, la Grotta, secondo la tradizione, fu dimora del Ciclope Polifemo, ragion per cui la spiaggia di Ponente sarebbe stata teatro delle gesta di Ulisse e Polifemo. Chiusa al pubblico da alcuni decenni, la Grotta ospitò nel secondo dopoguerra un night piuttosto esclusivo. LA BAIA DEL TONO Proseguendo ancora verso Nord, si raggiunge il tratto conclusivo del lungomare di Ponente. E’ la baia del Tono, «’Ngònia» per i Milazzesi, che dunque preferiscono ancora utilizzare l’antico termine greco (“angolo”) per indicare appunto questo incantevole e meraviglioso angolo della città, in cui la spiaggia, rettilinea per chilometri, curva tutto ad un tratto, piegandosi col costone roccioso e con le scogliere in una meravigliosa vista mozzafiato, impreziosita dall’azzurro e pescosissimo mare del Tono, già sede di una delle tonnare più grandi di Milazzo. Affascinante tramonto a Ponente con le Eolie sullo sfondo Proprio alle spalle della chiesetta recentemente restaurata, un tempo adibita a deposito di reti e cordami nei mesi di inattività della Tonnara, i pescatori del rione marinaro di Vaccarella, i tonnaròti, sotto lo sguardo vigile del “rais” preparavano l’occorrente in vista della nuova stagione di pesca. Da qui si apre 65 ancor oggi, lungo il costone roccioso, un suggestivo sentiero che conduce alle alte scogliere, dove a ridosso delle spumeggianti onde del mare è possibile gustare ancor più il meraviglioso panorama, che include una magnifica vista ravvicinata del Castello e della cittadella fortificata. Lungo il sentiero appena citato, ricco di vegetazione spontanea, alla base di un’edicola votiva, un’iscrizione marmorea ricorda che quel minuscolo tempietto venne innalzato nel 1907 «A Maria Consolatrice dai Marinari della Tonnara del Tono». La baia del Tono e la riviera di Ponente dalle alture della Manica La piazzetta della ‘Ngònia ospita verso meridione gli antichi magazzini ristrutturati appena qualche anno fa - che per secoli offrirono riparo alle imbarcazioni di tonnara (muciàra, palischermi o bastardi, buddunàru, portachiàra, gabanèlla, etc.). Di fronte al mare s’innalzano invece i fabbricati appartenuti alle due aristocratiche famiglie proprietarie della Tonnara del Tono, i D’Amico ed i Calapaj. Il bel palazzotto di questi ultimi, posto accanto alla chiesetta, fu commissionato nel 1815 da Domenico Calapaj, come si evince da alcune iscrizioni leggibili nelle decorazioni in pietra da taglio: recentemente è stato oggetto di ristrutturazione. Non molto distante dalla ‘Ngònia sorgono i bassi fabbricati del residence “La Tonnara”, innalzati all’inizio del Novecento per ospitare lo “Stabilimento”, ossia i reparti di produzione del tonno all’olio in scatole di latta, in cui trovavano occupazione perlopiù le mogli dei “Tunìsi”, così si chiamano gli abitanti della contrada. Alle spalle della chiesetta, in cui è venerato il simulacro della Madonnina nera del Tindari ed entro la quale è stata recentemente riportata alla luce un’elegante e deliziosa pavimentazione risalente al Settecento, una ripida scalinata consente di raggiungere a piedi la contrada Manica, dove dalle alture del Promontorio è possibile gustare un’altra stupenda vista mozzafiato della ‘Ngònia, del Castello e dell’intera riviera di Ponente. 66 Itinerario di visita n. 3 Capo Milazzo LA BARONIA E LA BAIA DI S. ANTONIO La fondazione di Mylai, ossia della colonia greca, risale al 716 a. C., allorquando i calcidesi di Zancle, la vicina Messina, decisero di dotarsi di un avamposto militare avanzato, rafforzando così le proprie difese e mettendo nel contempo le mani sulla fertilissima Piana e sul porto di Milazzo. La penisola che si protende verso le Eolie non fu dunque una colonia di popolamento. La vita a Milazzo è testimoniata infatti sin dalla preistoria. Ne fanno fede ad esempio la necropoli di tipo protovillanoviano, databile tra il XII e l’XI sec. a. C., dunque alla tarda età del bronzo, rinvenuta da Domenico Ryolo in prossimità di piazza Roma alle soglie degli anni Cinquanta, o quella emersa di lì a poco ai piedi del Castello, in prossimità della Grotta di Polifemo, quando tornarono alla luce sepolture con inumazione entro grandi pithoi deposti orizzontalmente nel terreno, sepolture databili tra il XV ed il XIII sec. a. C. La baia di S. Antonio con il sentiero che conduce alla torretta ottagonale del 1895 I Greci, si sa, in Sicilia prediligevano le alture con panorami mozzafiato. A Milazzo non fecero eccezione. Attorno all’antico bianco Faro del Capo, tuttora preziosa guida per i naviganti, recenti indagini archeologiche hanno riscontrato la presenza di numerosi cocci a vernice nera e persino di un coccio (di circa cm. 8x8) finemente decorato col motivo della greca e con una figurina umana a vernice nera, raffigurata in cammino accanto ad un anforone. E’ in questo luogo meraviglioso, in questo estremo lembo del Promontorio che dunque, prima della nascita di Cristo, si svolgeva in parte la vita quotidiana della Milazzo “greca”: tra l’esplosione della vegetazione spontanea, le bianche rocce e l’azzurrissimo mare che, baciato dal sole, risalta la sagoma attraente delle vicine e fascinose isole Eolie. Le centinaia di ulivi secolari disseminati nella 67 sterminata proprietà privata dei baroni Baeli-Lucifero, la “Baronia”, risaltano ancor più la mediterraneità dei luoghi, che è possibile gustare anche attraverso i ristoranti, le pizzerie ed i camping dislocati nei punti più suggestivi, come la “Riva Smeralda” ed il “Cirucco”, vere e proprie cittadelle turistiche in cui il visitatore, ospitato anche in appartamenti, camere e bungalow con vista sul mare, rischia di rimanere stordito dalla straordinaria bellezza dei panorami e persino dei fondali marini, esplorabili - con l’ausilio del personale esperto del diving center - attraverso immersioni subacquee mirate alla conoscenza della fauna e della flora marina e delle meravigliose grotte sottomarine. I vigneti del Mamertino alla Baronia: sullo sfondo l'altura del Faro. Proprio accedendo dal camping “Cirucco” è possibile percorrere, a piedi o in mountain bike, il sentiero della Baronia, dove tra gli ulivi secolari ed i vigneti del “Mamertino” ci si può affacciare per gustare la selvaggia bellezza di Punta Mazza, con annessa spiaggetta raggiungibile dal mare. Vista mozzafiato della baia di S. Antonio 68 Percorrendo l’estremità della penisola milazzese lungo il versante di Ponente ci si imbatte invece nelle meravigliose sinuosità della Baia di S. Antonio, ove sorgeva l’omonima tonnarella, dei cui fabbricati rimangono avanzi nella spiaggetta raggiungibile da un sentiero che s’imbocca lungo la passeggiata panoramica e che conduce ai resti della torretta ottagonale, deliziosa costruzione neogotica del 1895 (ing. Pasquale Mallandrino), residenza estiva di un aristocratico milazzese, per lungo tempo creduta erroneamente una torre militare d’avvistamento, funzione che verisimilmente ebbe invece l’altra (cosiddetta “Torre Longa”) visibile nella strada che conduce al Santuario rupestre di S. Antonio da Padova. Ed è proprio nella spiaggetta e nel sentiero appena citati che è possibile osservare reperti archeologici saldatisi da millenni agli scogli ed ancora le rocce, le stratificazioni geologiche e le conchiglie fossili che hanno attirato sin dalla prima metà dell’Ottocento l’attenzione di autorevoli geologi e malacologi, come attesta peraltro il monumento a Giuseppe Sequenza eretto alcuni anni or sono nella soprastante passeggiata, in prossimità della “Torre Longa”. Là dove termina la passeggiata, s’imbocca la scalinata che consente di discendere al Santuario rupestre di S. Antonio, il Santo di Padova che secondo la tradizione, in occasione di una violenta tempesta che rendeva impossibile la navigazione, fu ospitato da un eremita proprio in questa piccola grotta, dalla fine del Seicento riccamente decorata con eleganti marmi policromi. Santuario rupestre di S. Antonio da Padova: bassorilievo marmoreo raffigurante un miracolo del titolare Particolarmente interessanti l’altare maggiore (1699) ed i medaglioni marmorei settecenteschi con bassorilievi raffiguranti episodi della vita del titolare, rappresentato da una statua attribuita allo scultore barcellonese Matteo Trovato (1870-1949). Alcune iscrizioni marmoree arricchiscono la piccola aula della chiesa, dotata di un semplice portale in pietra da taglio posto dirimpetto ad una meravigliosa terrazza panoramica che si affaccia sulla baia e sulle Eolie. Il Santuario nel mese di giugno è meta di devoto pellegrinaggio. 69 Fiore del cappero Risalendo la scalinata del Santuario, accanto al cancello, si apre, in direzione del bianco Faro dei naviganti, uno stretto viottolo tra i tradizionali muri a secco di Capo Milazzo (“ammacìe”) ed i fichi d’india, al termine del quale, sulla sinistra, si accede al sentiero che conduce a Punta Messinese, l’estremità del Promontorio e della penisola milazzese. Qui gli ulivi selvatici caratterizzano il paesaggio, con ai loro piedi le giallognole distese in fiore del “Crysantenum coronarium”, pianta spontanea tipica del Capo. Non mancano gli eleganti fiori bianchi della pianta del cappero, che vegeta indisturbata anche nelle antiche muraglie della cittadella fortificata, con la quale la Baronia condivide pure le tane ed i cunicoli di furbissimi coniglietti selvatici che scorazzano qua e là. Uno straordinario punto panoramico rialzato - dove non ci si può sottrarre dallo scattare una buona fotografia ricordo o dall’osservare i volatili in cielo (barbagianni, piccione torraiolo e gheppio, per citarne alcuni di quelli visibili tutto l’anno) - coincide con l’inizio della lunga scalinata che discende sino ai deliziosi “laghetti”, posti nella punta estrema della penisola, dove a sinistra è possibile ammirare lo Scoglio della Portella (o “Carciofo”), che mostra evidenti i segni delle erosioni provocate dal continuo sbattere delle onde, mentre a destra campeggia il suggestivo viso di pietra, scultura naturale ricavata nella bianca roccia, oltre la quale si apre la grotta marina di Gamba di Donna, che trae la propria denominazione da una selce che dal soffitto s’immerge in mare. 70