DISPENSA
MARKETING TURISTICO, GESTIONE DEI SERVIZI
TURISTICI E PROGRAMMAZIONE DI ITINERARI
A cura del Prof.re Marco Manzella
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IL MARKETING NEL TURISMO
CHE COS’E’ TURISMO
Il turismo è una delle più diffuse attività umane. Chiunque, alla domanda
«Cos'è il turismo?", saprebbe dare una risposta almeno parzialmente corretta,
e sempre legata a concetti quali il viaggio, le vacanze, il tempo libero.
Per dare una risposta corretta, e non solo parzialmente, è comunque
necessario considerare che il fenomeno turistico è formato da più componenti:
1. il VIAGGIO, cioè lo spostamento di una o più persone dal luogo di dimora
abituale, comprendente l'insieme dei beni e servizi utilizzati dal viaggiatore,
nonché le relazioni tra il viaggiatore e i fornitori di beni e servizi;
2. la TEMPORANEITÀ, cioè il conseguente ritorno alla dimora abituale. Ciò
porta ad escludere gli emigrati, in quanto questi ultimi tendono a trasferirsi in
modo permanente e non temporaneo;
3. la DURATA, che comprende almeno un pernottamento. Ciò tende ad
escludere dal turismo gli escursionisti, che effettuano trasferimenti che si
concludono con il ritorno alla propria dimora nell'arco di una giornata;
4. il TEMPO LIBERO, o comunque la caratteristica NON ABITUALE del viaggio. È
considerato turista, cioè, chi viaggia per lavoro, ma saltuariamente (ad
esempio l'uomo d'affari che partecipa ad un congresso). Non è considerato
turista il trasportatore di merci, perché il suo viaggio è abituale (è la natura
stessa della sua professione).
Sulla base di tali elementi, il TURISMO è l’insieme delle relazioni che si
determinano per lo spostamento temporaneo e non abituale delle persone,
comprendente almeno un pernottamento in località diverse dalla dimora
abituale
In ultima analisi, il turismo è una serie di attività economiche i cui prodotti
soddisfano determinati bisogni: di riposo e di svago, di cura, di viaggiare, di
conoscere persone e luoghi nuovi, di partecipare a manifestazioni e incontri
(sportivi, religiosi, culturali o d'affari) e così via.
Fino alla prima metà del Novecento il turismo era ancora un fenomeno d’èlite,
che interessava ristrette fasce di popolazione.
Dopo la l’ultima guerra mondiale questa attività ha assunto, nei paesi
sviluppati, le attuali caratteristiche di fenomeno di massa, favorita dalle
migliorate condizioni economiche, dal progresso nei trasporti e dal maggiore
tempo libero a disposizione.
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Occorre distinguere tra turismo attivo (le persone che si muovono dai luoghi
di origine) e turismo ricettivo (le attività di servizio predisposte nelle aree di
destinazione), come va specificata la differenza tra turismo interno (fenomeno
pressoché esclusivo dei Paesi avanzati) e internazionale (che può essere una
importante fonte di reddito per alcune aree dei Paesi meno avanzati).
A seconda dei luoghi di destinazione e degli ambienti visitati, si distinguono
diverse forme di turismo: balneare, montano, lacustre, naturalistico,
avventuroso, termale, religioso, culturale, congressuale.
I fattori che maggiormente incidono nel determinare le fortune turistiche di
una località sono:




le risorse naturali e culturali
l’accessibilità e le infrastrutture
le strutture ricettive e i servizi
il marketing
IMPATTO AMBIENTALE E TURISMO SOSTENIBILE
L'attività turistica può arrecare anche danni ambientali: nelle località
turistiche sono frequenti i casi di sovraffollamento, di produzione massiccia
di rifiuti, di eccessiva e sregolata costruzione di case, alberghi e altri edifici,
tutte situazioni che contribuiscono a degradare il paesaggio e l'ambiente, fino
al punto di indurre il declino di quei luoghi.
In Europa questi problemi hanno reso più sensibili cittadini e amministratori, in
particolare in alcuni paesi, verso un turismo rispettoso dell'ambiente e della
bellezza dei paesaggi, definito turismo sostenibile. È soprattutto l'Unione
europea che ha attuato iniziative importanti. In primo luogo ha predisposto
la Carta
del
turismo
sostenibile (è
possibile
ricavarla
all’indirizzohttp://www.parks.it/federparchi/carta.europea.turismo.tu02.html ),
alla quale stanno aderendo Comuni e Regioni.
La Carta è una dichiarazione di principi e linee guida per un turismo
e un'organizzazione degli spazi turistici che rispetti e preservi l'ambiente e le
risorse culturali dei luoghi. Queste azioni vanno inoltre nella direzione
dell’"educazione" del turista al rispetto e alla comprensione dei valori e delle
tradizioni degli abitanti dei luoghi visitati e alla cura dell'ambiente locale.
Anche le imprese che si occupano di turismo in località che aderisce alla Carta
(alberghi, agenzie di viaggio, ecc.) devono rifarsi ai principi del turismo
sostenibile. Tra le regioni le prime che hanno aderito alla Carta sono quelle
settentrionali (svedesi, danesi e finlandesi), seguite da Regioni francesi e
spagnole. Una seconda iniziativa dell'Unione europea in materia di turismo
sostenibile è la "Bandiera blu per le spiagge”. Ogni anno organizzazioni non
governative (per esempio in Italia Legambiente) provvedono a esaminare la
qualità dell'acqua di balneazione di alcuni litorali nei rispettivi paesi.
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Durante la stagione estiva i campioni di acqua vengono analizzati ogni due
settimane e alle spiagge e ai porti con caratteristiche migliori (secondo i valori
fissati dall'Ue) viene conferita la "bandiera blu". Se l'acqua. è poco sopra il
limite dei valori viene assegnata la "bandiera verde"; se la spiaggia è sotto i
valori fissati ottiene la bandiera rossa" e se invece le acque sono pericolose per
la salute si assegna la "bandiera nera". Questa iniziativa ha avuto molto
successo presso i turisti e ha stimolato gli operatori turistici delle diverse
località a migliorare la qualità delle acque, per attirare più visitatori o per non
perderli.
Sempre in Europa sono nati da alcuni anni gli ecomusei, un nuovo tipo di
attrattiva turistica.
In genere si sono sviluppati in aree di montagna e in villaggi rurali, dove sono
stati approntati edifici che presentano attività economiche del passato
(miniere, luoghi dove sono esposti gli attrezzi per la filatura dei tessuti o dei
lavori in campagna...) e percorsi che attraversano antichi villaggi o aree
naturali che permettono un'osservazione guidata di aspetti naturalistici (rocce,
piante, animali...) o di percorsi con significato storico (antiche vie del trasporto
del sale, sentieri "della resistenza" utilizzati dai partigiani che combattevano il
nazismo e il fascismo ecc.).
Anche in altre aree del mondo stanno crescendo le iniziative di turismo
sostenibile. Per esempio in Africa meridionale alcuni grandi parchi naturali si
stanno organizzando in senso "ecoturistico”.
Nel Parco Tsodilo (40 000 ettari), nella regione del Kalahari, si stanno
reintroducendo molte specie animali che ora non vi si trovano più, come il
rinoceronte, la giraffa, l'antilope.
Le popolazioni locali (i boscimani) sono state coinvolte nella gestione del parco,
con il compito di gestire le strutture ricettive e i percorsi turistici, che offrono la
possibilità di safari fotografico nella savana, sia l’osservazione di pitture
rupestri molto antiche e di un museo, sia l’acquisto di prodotti artigianali.
Una parte dei discendenti degli antichi boscimani, ormai rimasti in pochi ed
emarginati, hanno così la possibilità di recuperare un buon rapporto con il
proprio territorio e con l’esterno.
CHE COS'E' IL MARKETING AZIENDALE
E’ l'insieme di tutte le attività aziendali che riguardano un prodotto o un
servizio, dalla conoscenza del mercato ed identificazione dei bisogni del
consumatore all'ideazione del prodotto o servizio; dalla produzione alla
distribuzione; dalle varie forme di comunicazione alle vendite ed ai controlli di
andamento di mercato sul comportamento dei consumatori e sulle reazioni dei
concorrenti. In sintesi il marketing è la realizzazione delle vendite.
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Analizzare l’aspetto delle vendite significa analizzare il marketing di un’azienda.
Il MARKETING viene generalmente considerato l’insieme delle decisioni dello
scegliere a chi vendere, cosa vendere e come vendere
Le decisioni riguardanti A CHI VENDERE vengono definite strategiche, poiché
definiscono quali sono i bisogni che l'azienda vuole soddisfare e qual è l'area
geografica dei clienti di riferimento; tali decisioni hanno un orizzonte temporale
molto ampio (oltre i cinque anni).
Le decisioni riguardanti COSA VENDERE vengono definite tattiche, poiché
definiscono il prodotto nelle sue caratteristiche, nonché il prezzo di vendita ed
hanno un orizzonte temporale da uno a cinque anni.
Le
decisioni
riguardanti
COME
VENDERE,
infine,
vengono
definite operative, poiché definiscono la pubblicità, cioè le azioni per far
conoscere il prodotto, e le modalità di distribuzione del prodotto stesso.
Queste decisioni hanno un orizzonte temporale di uno-due anni. Con il termine
di "orizzonte temporale" si intende il periodo di tempo in cui l'azienda non può
modificare (se non sopportando conseguenze molto negative) una decisione.
La Fiat, per esempio, non può decidere oggi di non produrre più automobili per
dedicarsi ad altre attività: la sola notizia che modifica i bisogni di riferimento
porta a notevoli perdite di fiducia da parte dei mercati. Il prodotto ed il prezzo,
viceversa, possono essere modificati anche in pochi anni.
Le decisioni definite tattiche ed operative, cioè quelle riguardanti prodotto,
prezzo, pubblicità e distribuzione, sono denominate, con terminologia
anglosassone, marketing-mix. In particolare si parla delle quattro P del
marketing-mix, dalle iniziali delle corrispondenti parole in lingua Inglese:
Product, Price, Promotion, Placing.
Tutte le decisioni, comprese quindi quelle di marketing, si basano sulle
informazioni a disposizione. Nel caso del marketing, le informazioni si basano
sulle ricerche di mercato e riguardano, tra l'altro, le dimensioni del mercato
(cioè il numero dei clienti potenziali), le tendenze presenti e future (cioè il
prodotto che i clienti chiedono per soddisfare i propri bisogni) e la quota di
mercato (cioè il rapporto tra le vendite di un'azienda e le vendite totali delle
aziende che vendono il medesimo prodotto).
Il processo di programmazione per lo svolgimento dell'attività di marketing si
riassume e si formalizza nel Piano di marketing.
L'utilità del marketing turistico
Il marketing può essere applicato in tutti i campi. La consapevolezza
dell'importanza del turismo per l'intero sistema economico di un dato Paese,
unita alla necessità delle imprese ricettive di saturare la loro capacità ricettiva
e alla necessità delle agenzie di viaggio di collocare sempre nuovi prodotti,
hanno consentito al marketing di entrare nel settore turistico.
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Il ciclo di vita del prodotto
Un'attenzione particolare merita l'analisi del prodotto che ha, come gli esseri
viventi, un ciclo di vita composto da quattro fasi: introduzione, sviluppo,
maturità e declino. L'analisi del ciclo di vita consente a una qualunque azienda
di capire il comportamento da tenere nei confronti dei clienti. Affinché non si
prendano decisioni errate, è però necessario:
1. individuare con precisione l'oggetto dell'analisi. Infatti, il ciclo di vita può
riguardare un prodotto nel senso più ampio o più limitato del termine:
l'automobile come mezzo di trasporto, le automobili prodotte dalla FIAT;
l'automobile "Fiat Punto";
2. individuare il mercato di riferimento di quel prodotto, cioè la domanda (con
gli acquirenti reali e potenziali) e l'offerta (con i produttori e venditori reali e
potenziali);
3. comprendere in quale fase del ciclo di vita il prodotto considerato si trova
Quest’ultimo aspetto va individuato con riferimento alla domanda e
all’offerta del prodotto:
a) l'introduzione è la fase in cui la domanda è molto bassa: pochi
acquistano il prodotto, anche perché non lo conoscono. Il prezzo è di
conseguenza basso;
b) la fase di sviluppo è caratterizzata da un aumento sempre maggiore
della quantità venduta, a fronte quindi di una domanda crescente. Il prezzo
aumenta e il prodotto assume caratteristiche sempre più definitive, seguendo
le preferenze dei consumatori;
c) la fase di maturità viene raggiunta quando tutti i potenziali
consumatori acquistano il prodotto, ad un prezzo ormai stabilizzato. I
venditori, per riuscire ad incrementare le vendite, devono offrire un prodotto
sempre migliore, non tanto negli aspetti di base, quanto in elementi prima
considerati secondari o superflui;
d) la fase di declino rappresenta il momento in cui il prodotto viene
acquistato sempre meno, in quanto non soddisfa più in modo adeguato il
bisogno.
Il
prodotto turistico
Il prodotto turistico può essere considerato un insieme di fattori ambientali e
strumentali; in questo caso ci si riferisce al prodotto inteso come "area
turistica": si parlerà allora di prodotto Italia, di prodotto Lombardia, di prodotto
Milano, ecc.
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Nel caso dell'impresa ricettiva, il prodotto è costituito dall'albergo stesso; nel
caso delle imprese Tour Operator (il settore che più ci interessa) il prodotto
consiste nel pacchetto di viaggio, inteso come un insieme di servizi turistici e
di trasporto.
Nell'applicare il modello del ciclo di vita del prodotto al campo turistico,
prendiamo in considerazione una località turistica (prodotto Alghero, per
esempio), in cui:
1. l'introduzione coincide con la scoperta della località come meta turistica;
in tale fase i turisti non sono molti e possono essere considerati dei pionieri
amanti della natura incontaminata; i Tour Operator non sono ancora
intervenuti nella pubblicizzazione della località;
2. lo sviluppo vede un rapido aumento di turisti e i Tour Operator inseriscono
la località nei loro cataloghi; è senza dubbio una fase piena di vitalità
caratterizzata dagli investimenti di massa;
3. la maturità vede gli arrivi e le presenze globali di turisti aumentare, ma in
maniera più lenta;
4. il declino, infine, vede un sensibile diminuire degli arrivi dei turisti e quindi
delle presenze nella località. Le cause sono attribuibili al degrado ambientale
rispetto ad altre aree e alla scoperta di altre mete da parte dei Tour Operator.
I turisti chiedono e ottengono sempre di più: non più le spiagge con alberghi
di piccole dimensioni, ma viaggi organizzati dove ci si deve solo preoccupare di
raggiungere l’aeroporto di partenza!
A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, molti prodotti sono entrati
nella fase di maturità; per tutti i produttori, quindi, l'aspetto più importante
della gestione non è più la produzione, ma il marketing, cioè soddisfare sempre
più esaurientemente le richieste dei clienti, fino a creare "prodotti" su misura
sempre più personalizzati.
Il turismo non sfugge a questa regola, proponendo viaggi organizzati, ma con
combinazioni sempre più specifiche per le diverse esigenze. Si parla, in questi
casi, di orientamento al mercato, cioè di un atteggiamento opposto
all'orientamento al prodotto, sufficiente quando un prodotto è ancora in
fase di sviluppo.
L'orientamento al prodotto è un insieme di decisioni che si basa sulla certezza
della vendita del proprio prodotto. L'orientamento al mercato è un insieme di
decisioni che si basa sull'analisi delle richieste specifiche della clientela: il
profitto viene raggiunto soddisfacendo il cliente.
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La Segmentazione
A tale scopo l'insieme dei clienti viene segmentato, cioè diviso in gruppi
omogenei che presentano bisogni omogenei soddisfacibili con un unico
prodotto; tali clienti diventano un target (termine inglese che letteralmente
vuol dire bersaglio), cioè un segmento-obiettivo da raggiungere, utilizzando gli
strumenti del marketing-mix. Il mercato turistico viene segmentato sulla base
di elementi quali classe sociale, reddito, età, motivazioni, area geografica di
provenienza, sesso, professione. Così, per quel che concerne l'età, si
distinguono le seguenti fasce:
1.
under 13, cioè i bambini fino a 12 anni;
2.
teen-ager, cioè ragazzi con età compresa tra 13 e 19 anni
3.
giovani con età compresa tra 20 e 26 anni;
4.
adulti, con età compresa tra 26 e 60 anni;
5.
anziani over 60, cioè con età superiore a 60 anni.
In questa classificazione, prendendo ad esempio in esame il mercato teenager, il prodotto offerto dagli operatori turistici riguarda:
 il turismo scolastico
 i soggiorni all'estero per lo studio delle lingue.
Dopo aver a lungo studiato il prodotto da pubblicizzare, il responsabile
del marketing deve definire la giusta clientela, ossia quella che, con maggior
probabilità, lo acquisterà. In questo caso il target è rappresentato da studenti
di scuole medie superiori provenienti da famiglie di reddito medio o medio-alto.
Le strategie di marketing
La conoscenza del ciclo di vita del prodotto è importante, perché serve a
determinare le giuste strategie in ciascuna fase. Le strategie di marketing
turistico richiedono un'approfondita conoscenza, inerenti:
1. il consumatore, che rappresenta la "domanda" turistica; analizzare la
domanda di turismo significa quindi comprendere le caratteristiche odierne dei
turisti. Lo strumento più usato per capire le necessità del consumatore sono le
ricerche di mercato;
2. il prodotto: grazie alle ricerche di mercato è possibile realizzare un
"prodotto" rispondente alle esigenze del consumatore e determinare il relativo
prezzo;
3. la distribuzione del prodotto: cioè le modalità e le tecniche per il
raggiungimento del cliente; la distribuzione del viaggio, per esempio, avviene
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in questo modo: i Tour Operator inviano alle agenzie dettaglianti i cataloghi
relativi ai viaggi da loro prodotti, accompagnati da illustrazioni. I dettaglianti
poi li espongono e li mettono à completa disposizione dei clienti;
4. le attività promozionali e pubblicitarie: la pubblicità è uno strumento
fondamentale del marketing; suo scopo primario è la formazione dell'immagine
del prodotto. La pubblicità serve dunque sia a far conoscere il prodotto che a
valorizzarlo. I possibili canali di comunicazione sono:



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






dépliant
opuscoli
cataloghi
volantini
manifesti
vetrine
stampa specializzata
quotidiani
audiovisivi
corrispondenza postale diretta
Internet
Gli strumenti del marketing
Gli strumenti del marketing possono essere raggruppati in due categorie:
1. quelli inerenti le indagini e le analisi;
2. quelli inerenti la promozione e la commercializzazione del prodotto.
Le ricerche di mercato costituiscono lo strumento principale per
conoscere il mercato, al fine di trarre valide indicazioni circa la migliore
configurazione da dare al prodotto e alla sua commercializzazione. Le ricerche,
che possono essere condotte desk work (a tavolino) o field work (ricerche
campionarie) sono realizzate con una determinata periodicità oppure vengono
svolte una tantum. Tali ricerche possono essere di due tipi e più precisamente
ricerche di carattere quantitativo e ricerche di carattere qualitativo.
Le ricerche di mercato condotte "a tavolino" utilizzano materiale statistico e
altra documentazione; quelle del tipo field work sono ricerche campionarie.
Nelle ricerche di carattere quantitativo viene utilizzato il sondaggio, che può
essere condotto tramite:
 l’intervista diretta;
 l'intervista postale;
 l'intervista telefonica.
Quando non bastano più le informazioni di carattere quantitativo, ma occorre
andare a scavare nei comportamenti dei consumatori per scoprirne gli
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atteggiamenti, allora entra in gioco la ricerca motivazionale, che non è
alternativa a quella quantitativa, ma che la integra in modo appropriato.
IL MARKETING: A CHI VENDERE?
Il primo passo che un'azienda deve compiere per operare le proprie scelte è
quello dell'acquisizione delle informazioni necessarie inerenti al mercato, ai
gusti dei clienti, ecc. Le ricerche si articolano nelle seguenti fasi:
 determinazione degli obiettivi
 raccolta dei dati
 analisi dei dati
Premesso che i dati possono essere rappresentati in diversi modi, affinché
siano di facile comprensione, i metodi utilizzati si possono suddividere in due
categorie:
1. rappresentazioni grafiche;
2. rappresentazioni numeriche.
Tra le prime, ricordiamo i diagrammi cartesiani, indicando sull'asse delle
ascisse (asse delle x) il tempo e sull'asse delle ordinate (asse delle y) il
fenomeno analizzato. Per ogni asse, si stabiliscono a priori il numero di dati da
inserire e la scala di rappresentazione; gli ideogrammi, cioè i simboli o le
figure; gli istogrammi, cioè i diagrammi raffiguranti superfici, per evidenziare
le differenze quantitative dei fenomeni; i cartogrammi, cioè ad esempio le
cosiddette "torte", per evidenziare in termini statici la diversità delle
grandezze.
Tra le seconde, ricordiamo: i numeri, inseriti in tabelle; i numeri indice,
sempre inseriti in tabelle, utilizzati per calcolare le variazioni relative che
intercorrono nel tempo e nello spazio tra due manifestazioni dello stesso
fenomeno (con un valore di riferimento di norma uguale a 100).
LA VALORIZZAZIONE TURISTICA DEL TERRITORIO
Oggi, più che mai, i concetti di turismo e territorio hanno un ruolo economico
di primaria importanza.
Portare avanti un'efficace politica di marketing, che conduca a uno sviluppo
equilibrato del territorio, significa valorizzare l'offerta turistica attraverso un
sistema integrato di comunicazione.
Comunicazione è trasmettere in maniera incisiva un messaggio forte e
durevole nel tempo. Comunicazione territoriale è il sistema delle modalità,
obiettivi, azioni e tempi, finalizzato ad informare e coinvolgere, promuovendo
un’ identità territoriale. Le strategie comunicative si evolvono nel tempo e
modellano le proprie leggi in base alla trasformazione e alla nascita di nuovi
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mezzi.
Una minuziosa analisi territoriale mette in evidenza la necessità di coordinare i
punti di interesse e i servizi turistici in un'ottica innovativa, creando degli
strumenti che mirino alla valorizzazione puntuale degli aspetti peculiari
elevandone la qualità della fruizione.
Lo sviluppo turistico territoriale va perseguito attraverso un'ottica che metta in
risalto il concetto di immagine coordinata, quale strumento di valorizzazione
degli aspetti naturalistici, storici, culturali e dei servizi offerti, le strategie
comunicative e l'identità visiva con la quale si esprime l'univocità di un
territorio.
L'ideazione e la promozione di un'immagine coordinata trasmettono un senso
di appartenenza in grado di consolidare lo "spirito" del territorio; tale approccio
ne accresce sensibilmente l'attrattività, riflettendosi positivamente sulla nascita
di nuove iniziative imprenditoriali in campo turistico.
Un progetto di comunicazione funzionale nasce e si fonda sull'analisi e la
definizione degli obiettivi da perseguire:
 rafforzare l'immagine del territorio incrementandone la visibilità e la
commerciabilità a favore del turismo culturale e ambientale;
 migliorare il livello qualitativo dell'offerta turistica arricchendo la gamma
dei servizi e contribuendo all'integrazione dei settori culturali, ambientali
ed enogastronomici;
 promuovere l'economia turistica attraverso la diversificazione e la
promozione dell'offerta integrata dei sistemi territoriali, la qualificazione
delle infrastrutture ed azioni di marketing territoriale;
 tutelare, valorizzare e promuovere i beni territoriali al fine di aumentarne
l'attrattività turistica.
La comunicazione integrata richiede lo sviluppo di strategie che mettano in
relazione proposte di intervento finalizzate alla valorizzazione dei beni culturali
e naturali e al miglioramento del sistema dell'accoglienza e dell'ospitalità. Tale
processo prevede l'elaborazione di un piano di comunicazione contenente
obiettivi e scelte strategiche, azioni e tempi, scelta degli strumenti più adatti a
valorizzare l'identità del territorio. Tale piano si basa sull'adozione strategica di
una comunicazione integrata, ovvero condivisa. L'integrazione è diretta agli
strumenti di comunicazione e soprattutto ai processi che la caratterizzano: chi
comunica deve farlo secondo criteri, strategie e contenuti partecipati.
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L’importanza
turistica
dell’immagine
nella
comunicazione
Occorre sottolineare da subito che esiste una differenza fondamentale, in
termini di comunicazione, tra la vendita di un prodotto fisico (auto,
abbigliamento, ecc.) o di un servizio (è il caso del turismo).
Stabilita la fondamentale differenza fra prodotti tangibili e non iniziamo con il
definire cosa si intende per COMUNICAZIONE: in altre parole si tratta del
“modo attraverso il quale il potenziale cliente può percepire gli
attributi e il valore del servizio/prodotto”.
E nel turismo?
Una vacanza, un soggiorno fieristico, un tour organizzato con guida, non si
vedono, non si toccano, non si mangiano. Esistono soltanto come concetto. A
fare la differenza, anche qui, è proprio la comunicazione. Ogni azienda turistica
vende se stessa all’interno del contesto in cui è inserita; sarebbe impossibile
scorporare i due elementi. Per questo motivo, se si è dal lato dell’offerta di
servizi turistici, occorre pianificare un lavoro molto serio di relazione con tutti
gli attori coinvolti nel processo di creazione di valore per il turista.
Così è per le agenzie di viaggio, i tour operators, le guide turistiche, i musei, le
istituzioni, i ristoranti, gli stabilimenti balneari e più in generale per tutte quelle
realtà economiche e sociali che risultano coinvolte nell’esperienza turistica. Una
bellissima camera ed una reception impeccabile potrebbero risultare poca cosa
all’interno di un soggiorno in cui non è stato possibile trovare un medico in
caso di necessità!
Se pensiamo ad un territorio, ovvero ad una delimitazione geografica
all’interno della quale è possibile trovare servizi e risorse di carattere turistico,
questo possiede sempre e comunque un’immagine precisa agli occhi del
potenziale turista: a questo proposito un esempio è il territorio del Chianti,
territorio caro agli inglesi (si pensi alla definizione di “Chiantishire”) e simbolo
della bella vita, della campagna ordinata, del buon mangiare e del bere di
classe. Eppure sono relativamente pochi i turisti che frequentano il territorio,
sicuramente molti meno di quelli che affollano le spiagge dei posti più alla
moda del Mediterraneo. Come nel caso di un altro marchio conosciutissimo in
un settore evidentemente diverso, la Rolls-Royce, la comunicazione della
propria identità non è legata in maniera direttamente proporzionale
all’esperienza diretta o indiretta di “consumo” del prodotto.
E’ importante sottolineare che il processo di generazione di una identità
(turistica) è agganciata quasi esclusivamente al complesso di valori,
suggestioni, credenze, spesso appartenenti più alla sfera emotiva che a quella
razionale; elementi che negli anni ne definiscono l’immagine (turistica). Sta di
fatto che non esiste UN modo di comunicare e UNA scelta esatta per
comunicare la propria identità.
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La comunicazione nel mondo dei servizi
COSTRUZIONE DI UNA BROCHURE (Comunicazione Esterna)
La brochure (a volte nominata anche depliant o più semplicemente catalogo) è
spesso il primo strumento di contatto con il potenziale cliente. In un panorama
come quello attuale in cui esiste una grande abbondanza di informazione, le
possibilità di mantenere alta l’attenzione sui propri contenuti sono
sostanzialmente scarse. Per questo è necessario porre la massima attenzione
su tutti quegli elementi che possono contribuire alla definizione di una
identità. Esistono molte opportunità in funzione del modo in cui si desidera
presentare la propria attività/prodotto; dalla scelta delle foto allo
stile/forma/proporzione del testo, dalla presenza di elementi grafici
coordinati all’immagine aziendale al tipo di carta utilizzata oltre che alla
dimensione e forma della stessa brochure. In ambito turistico ne segue che
ogni struttura ricettiva è un caso a se stante: un AGRITURISMO MONTANO può
decidere di puntare su una presentazione semplice, calda, amicale e magari su
carta reciclata mentre un ALBERGO NEL CENTRO STORICO che punta
sull’”offerta business”, dovrà necessariamente mantenere toni più sobri, uno
stile essenziale, dinamico ed operativo.
Le fasi di costruzione di una brochure sono le seguenti: briefing – redazione
testi e raccolta immagini – menabò (architettura di massima) approvazione menabò – definitivi – fotoritocco e fotocomposizione
testi – cromalyn (prova di stampa su lastre) - aggiustamenti colori e
correzione testi – cianografiche (stampe ottenute dalla sovrapposizione
delle lastre che andranno in stampa, il cyan è un inchiostro di colore blu da cui
il nome cianografiche) - visto si stampi (approvazione definitiva per la
stampa della brochure) - confezione rilegatura.
GESTIONE DEL FRONT OFFICE (Comunicazione Interna)
Nel mercato turistico l’immagine di un’azienda è data dalla combinazione di
tutti quei segnali , interni od esterni, che possono concorrere alla creazione di
valore. Normalmente si intende “front office” il servizio a contatto con il
pubblico: la reception alberghiera è il caso tipico, ma anche il personale di
banco di una agenzia viaggi e più in generale tutti quei servizi che hanno come
componente principale la relazione diretta con il cliente (sia in forma
personale che mediata, è l’esempio del call-center). La conoscenza del “proprio
mercato” attraverso strumenti di analisi di customer satisfaction (indice di
soddisfazione dei clienti) è la base su cui si fonda un servizio efficiente. Una
volta analizzate le tipologie di clientela e le loro specifiche esigenze, si è
potenzialmente capaci di operare una griglia di soluzioni in grado di
rappresentare le interazioni possibili tra azienda e cliente. Questo sistema,
apparentemente rigido e faticoso da costruire, può essere invece un ottimo
supporto, specialmente per il personale meno qualificato o più giovane.
La comunicazione interna è il processo di scambio e condivisione di
informazioni all’interno di una organizzazione e la complessità delle relazioni
gerarchiche e di staff al proprio interno aumenta in relazione all’”importanza”
dell’azienda (in termini di numero di dipendenti). Nelle aziende più grandi si
può arrivare alla necessità di progettare strumenti “di massa” di comunicazione
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interna. In ambito turistico la questione è relativamente più semplice ma
proprio per questo viene spesso trascurata.
In linea generale sono tre le parole chiave: REGOLARE (trasmettere ordini ed
informazioni finalizzate all’esecuzione di progetti), INTEGRARE (motivare i
dipendenti, stimolare l’impegno e creare consenso) e FORMARE (preparare i
dipendenti a svolgere efficientemente e con profitto il loro lavoro).
Fortunatamente il turismo è ancora un settore in cui sono le persone a fare la
differenza!
PUBBLICITA’ (Comunicazione Mediata)
Per strumenti di comunicazione mediata intendiamo: CARTA STAMPATA,
RADIO, TV, DIRECT MARKETING, P.R. ed INTERNET. Ma vediamo le
dinamiche precise per ogni strumento in modo da comprenderne costi ed
opportunità di utilizzo:
LA STAMPA: basso costo di realizzazione, tiratura-lettori, durata, possibilità di
allegare inserti, buon controllo geografico, controllo risultati attraverso
couponing ed elevata credibilità del mezzo di comunicazione. Il limite di
questo mezzo a fronte di una spesa relativamente bassa è che un alto numero
in termini di tiratura non sempre garantisce il raggiungimento del proprio
target di riferimento e l’effettiva consapevolezza dell’incidenza della campagna
pubblicitaria; si pensi solo all’elevato numero di “resi” (edicole) che rientrano
comunque nella tiratura.
RADIO: basso costo di realizzazione, basso costo per l’inserzione, scarsa
possibilità di segmentazione degli ascoltatori, scarso controllo dei risultati
(si pensi alla scarsa efficacia dell’AUDIRADIO!) ma buon controllo dell’area di
diffusione.
TELEVISIONE: Elevato costo di realizzazione, elevato costo di inserzione,
elevato numero di contatti potenziali, scarsa possibilità di segmentazione
(se non per tipo di trasmissione) e nessun controllo geografico. Croce e delizia
delle grandi agenzie pubblicitarie, lo strumento obbliga a ragionare e scegliere
sempre in relazione ai potenziali clienti: se dovessimo promuovere una
struttura congressuale, i quali clienti sono all’incirca un migliaio in tutta Italia,
difficilmente potremmo ipotizzare una campagna televisiva efficiente in termini
economici!
DIRECT MARKETING: Le azioni di direct marketing riguardano tutti quegli
strumenti di relazione diretta e nominativa svolte nei confronti della propria
clientela potenziale e basati normalmente sulla posta. La sua efficacia è
subordinata alla qualità delle liste di contatti che si adoperano: un
controllo (qualifica) delle liste incide sul costo ma ripaga ampiamente con
una più alta percentuale di successo dell’attività.
PUBBLICHE RELAZIONI: Le pubbliche relazioni sono tutte quelle attività
istituzionali che presiedono alla cura dei rapporti dell’azienda con
interlocutori pubblici, stampa, soggetti privati strategici, partners e
consulenti. Non esiste un modo universale di successo in questo campo e
molto è lasciato all’abilità individuale dell’imprenditore.
INTERNET: Se nei primi anni l’importante era esserci. Oggi non basta più!
Oltre a BANNER, SPONSORIZZAZIONI e PROMOZIONE SUI MOTORI DI
RICERCA, il sito internet di una azienda ne rappresenta a tutti gli effetti
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l’immagine per il turista, esattamente come per una brochure aziendale. Si
pensi solamente alla facilità di accesso al mezzo e alla sua diffusione.
Che cosa è la Psicologia Turistica?
La Psicologia Turistica è quella branca della Psicologia che studia il
comportamento turistico. Il turista non è nient’ altro che un individuo che si
muove in un ambiente, quello della vacanza o del viaggio, la psicologia
turistica continua a studiare l’uomo nel suo ambiente , ma in questo caso è
un’ambiente scelto e molto spesso desiderato. L’azione turistica è fortemente
connotata da componenti emotive, sociali, cognitive, motivazionali, e come tale
offre un ampio spazio di manovra per un’osservazione psicologica
dell’individuo.
Gli aspetti più cruciali della psicologia turistica, quelli in cui , secondo me , una
consulenza psicologica può davvero fare la differenza sono:
l’aspettativa:
L’aspettativa che un soggetto ha prima di intraprendere un viaggio, ha sempre
costituito un peso rilevante e poiché questa è strettamente collegata
all’immaginario che un soggetto ha di un luogo, il potere d’evocazione
acquisisce un peso importante nella presa di decisione.
Oltre a come un soggetto può immaginare il luogo dove andare, è da osservare
come un soggetto immagina se stesso in quel luogo. L’aspettativa di un
viaggio non include solamente il pacchetto turistico che una persona sta per
comprare, ma anche un’immagine di se stesso che ha deciso di sperimentare.
Analizzando come un soggetto si visualizza in una vacanza, si può facilmente
ricondurre il tipo di aspettativa che ci si è costruiti al tipo di esperienza nella
quale si è deciso di sperimentarsi
le motivazioni:
Personalmente ho leggermente elaborato la teoria motivazionale dandole un
taglio più legato al mercato di riferimento, raggruppandole in tre macroaree:
Motivazioni individuali come il bisogno di rilassarsi e ricaricarsi, inteso non solo
come dolce far niente, ma anche come potersi dedicare a tutto quello che si
definisce piacevole e svago, non avere obblighi e tempi scanditi come di solito
si ha nella vita di tutti i giorni; il bisogno di evasione e fuga dalla quotidianità,
la necessità di “staccare la spina”; la ricerca di se stesso, il bisogno di autoosservazione ed auto-ascolto, sperimentarsi in un “luogo” nuovo per scoprire
parti diverse del Sé, la necessità di mettersi alla prova, di mettersi in
discussione.
Motivazioni interpersonali che possono articolarsi nel rafforzamento delle
relazioni sociali e quindi nel dedicare più tempo alla propria famiglia e ai propri
affetti, rispetto a quanto non si riesca a fare nella quotidianità ed in alcuni casi
riunirsi con parenti lontani; facilità di interazioni sociali, avere la possibilità di
fare nuove amicizie, ampliare la propria cerchia di amici, spesso diverse da
quelle con cui siamo abituati a condividere la vita, o avere la possibilità
di sperimentarsi e identificarsi ad un gruppo al quale si appartiene o al quale si
vorrebbe appartenere.
Motivazioni sociali quali il prestigio, l’idea di affermare quel Sé ideale che si
rincorre; laregressione, intesa come la possibilità di mettere in atto
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comportamenti che solitamente non s’intraprendono, perché ritenuti infantili o
magari poco socialmente accettati o distanti dall’immagine di se stessi nella
quotidianità; il bisogno di conoscenza, che può essere articolato sia nella
ricerca della cultura intesa come arte e storia, sia come tradizioni di popoli.
la presa di decisione:
C’è un processo naturale dell’individuo che viene messo in atto prima di
intraprendere un’azione. Si parte da una decisione generica, in questo caso la
scelta di partire per un viaggio/vacanza, all’acquisizione d’informazioni sulle
possibili mete ed itinerari (ed è proprio in questo punto che negli anni si è
collocato il marketing turistico), alla decisione congiunta nel caso in cui si parli
di viaggio familiare o di gruppo, fino a giungere all’attività in senso
specifico dell’esperienza turistica (Francken e Van Raaij 1984).
l’esperienza turistica:
ogni aspetto di questa esperienza è intriso di meccanismi psicologici, dal
momento in cui si parte il turista entra in un tempo sospeso in cui si ricercano
sensazioni ed emozioni, si apprezzano e si sperimentano nuovi ritimi. Molto
spesso l’esperienza turistica è accompagnata da sollecitazioni cognitive,
emotive-comportamentali e psicofisiologiche che a volte posso essere percepite
come stressanti.
Durante il viaggio il turista si sperimenta in relazioni sociali, che sono il
prodotto dell’identità e dell’atteggiamento del turista immerso in
un’organizzazione; le relazioni tra turisti; le relazioni tra gruppi e quidni
problematiche legate alla leadership, relazioni turisti-locali, relazioni turistapersonale di servizio.
il ritorno a casa:
A seconda del grado di benessere e della piacevolezza del viaggio, il momento
del ritorno può essere vissuto come un distacco dall’ambiente più o meno
difficile. Questa esperienza è ricca di connotazioni di ricordo e nel momento di
reintroduzione nella quotidianità, il turista si focalizza molto sull’analisi dell
esperienza vissuta. E proprio su questa emotività si possono rafforzare i piani
di fidelizzazioni, si può creare un effetto coda lunga dell’esperienza che sarà
contagiosa verso le persone vicine al turista e sarà determinante anche per le
sue scelte di vacanze future.
la soddisfazione:
Riprendendo un concetto espresso da Pearce, la soddisfazione turistica non è il
giudizio di un momento, ma un processo che inizia quando si parte e
generalmente termina con rientro a casa, ma può anche continuare per un
tempo indefinito ogni qual volta verrà chiamata in causa quella esperienza.
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IL TURISMO ENOGASTRONOMICO
Il turismo enogastronomico è un nuovo modo di viaggiare che sta
conquistando un numero sempre crescente di appassionati, alla ricerca di
sapori e di tradizioni autentiche. In questo contesto, infatti, il cibo assume un
ruolo nuovo, diventando il medium di un territorio, di una cultura e dei valori
legati alla terra ed alle proprie radici.
I tour enogastronomici, nel nostro Paese, sono all’incirca tanti quanti sono
le località e le mille combinazioni possibili che possono collegarli, visto
l’enorme patrimonio di prodotti tipici che offre la terra, di ricette regionali.
Proprio per tutti questi aspetti possiamo asserire che siamo il paese ideale per
il turismo enogastronomico che è sempre in crescita e i numeri lo possono
confermare.
Ecco il motivo anche del sorgere di molti agriturismi e di percorsi ad hoc creati
secondo una certa logica nel far apprezzare la propria terra a tutti coloro che
vi
si
recano
per
scoprire
gusti
e
sapori
sempre
nuovi.
Il turismo enogastronomico vale cinque miliardi e si conferma, anno dopo
anno, il vero motore della vacanza Made in Italy che è l’unica nel mondo a
poter offrire ben 176 denominazioni di origine riconosciute a livello
comunitario e 4396 specialità tradizionali censite dalle regioni, mentre sono
477 i vini DOC.
Ma cosa vuol dire organizzare, segnalare e promuovere itinerari
enogastronomici?
Organizzare, vuol dire individuare uno o più temi enogastronomici che
motivino la visita all’itinerario; occorre tracciare il percorso del tour secondo le
località che esprimono profondamente la ragione dei temi scelti; individuare
lungo l’itinerario i punti più importanti di tradizione enogastronomica e tutti i
servizi di assistenza al fenomeno enogastronomico che possono aiutarne il
migliore utilizzo.
Segnalare e promuovere, significa dare definizione e visibilità ai tour
enogastronomici, in modo che emergano nella propria forma organizzata
rispetto agli altri mille possibili itinerari spontanei che qualsiasi turista può
effettuare per conto proprio, quindi apporre cartelli che indichino la presenza
di aziende agricole, di rivenditori di prodotti tipici e i luoghi di conservazione
del patrimonio culturale cui i tour enogastronomici fanno riferimento e
chiaramente il percorso da seguire.
Un esempio concreto di itinerari enogastronomici finalizzati a sostenere questo
fenomeno turistico sono le strade del vino, e le strade del gusto e dei sapori.
Il turismo enogastronomico prende sempre più piede anche perchè sono
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cambiate le abitudini del turista, il quale non dedica più tanto tempo alla
vacanza come una volta, soprattutto per un discorso economico, in questo
modo l’amante del viaggiare potrà regalarsi anche una semplice gita fuori
porta in occasione di determinati eventi enogastronomici che ormai sono
onnipresenti nelle varie località della nostra penisola durante tutto l’anno.
E’ consigliabile effettuare questi tour durante il periodo primaverile e
autunnale, i paesaggi regalano colori stupendi e le prelibatezze che si possono
assaporare hanno delle proprietà organolettiche che inebriano anima e corpo.
Molti sono i tour enogastronomici in agriturismi che permettono gite a cavallo
per immergersi meglio nella natura e scoprire anche quello che molti
definiscono “turismo rurale“.
Il turismo enogatronomico, dunque, mira a valorizzare un determinato luogo,
territorio, caratterizzato da profumi, sapori e colori unici nel suo genere.
Ogni itinerario è diverso dall’altro, proprio per la diversità e la varietà che ci
regala il nostro paese.
Ogni regione, ogni provincia, ogni piccolo borgo ha qualcosa da raccontare e lo
fa attraverso i propri prodotti locali, per permettere ai più curiosi di capire
cosa c’è dietro tanta dedizione per la coltura della terra e per meravigliarsi
ancora alla vista di una bella forma di formaggio, o all’assaggio di un buon
bicchiere di vino.
Cosa è Slow Food?
Slow Food è un'associazione internazionale no-profit, conta 100 000 iscritti,
volontari e sostenitori in 150 Paesi, 1500 Condotte - le sedi locali - e una rete
di 2000 comunità che praticano una produzione di cibo su piccola scala,
sostenibile, di qualità.
Fondata da Carlo Petrini nel 1986, Slow Food opera per promuovere
l'interesse legato al cibo come portatore di piacere, cultura, tradizioni, identità,
e uno stile di vita, oltre che alimentare, rispettoso dei territori e delle tradizioni
locali.
Il motto di Slow Food è buono, pulito e giusto. Tre aggettivi che definiscono
in modo elementare le caratteristiche che deve avere il cibo. Buono
relativamente al senso di piacere derivante dalle qualità organolettiche di un
alimento, ma anche alla complessa sfera di sentimenti, ricordi e implicazioni
identitarie derivanti dal valore affettivo del cibo; pulito ovvero prodotto nel
rispetto degli ecosistemi e dell'ambiente; giusto, che vuol dire conforme ai
concetti di giustizia sociale negli ambienti di produzione e di
commercializzazione.
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ALLA SCOPERTA DELLA DOLCE SICILIA
L'influenza della cultura araba ha lasciato in Sicilia profonde tracce non solo
nell'architettura, ma anche nella cucina e, in particolare, nell'arte dolciaria.
Un viaggio in Sicilia consente di scoprire nei sapori di un cannolo di ricotta,
di una cassata o di un gelato, le millenarie stratificazioni lasciate da tutti i
popoli che hanno attraversato l'isola. Gli aspetti più evidenti del carattere della
pasticceria siciliana sono soprattutto due: le profonde radici arabe e il
successivo sviluppo nel chiuso delle cucine conventuali (alcune ricette
fondamentali sono arrivate ad esempio dai Monasteri della SS. Annunciata di
Paternò e di Santa Chiara a Noto). Anche se oggi si ritrova il frutto di queste
lontane esperienze in tutte le pasticcerie dell'isola, alcune località si
distinguono per lavorazioni particolari legate alla tradizione. Il nostro itinerario
ci conduce alla scoperta di golose specialità caratteristiche della costa orientale
della Sicilia, quella che va da Messina a Modica.
PRIMO GIORNO – MATTINA
Il nostro Weekend inizia da Messina, città dalle origini antiche ma dall'aspetto
moderno, ricostruita con criteri antisismici dopo il devastante terremoto
che nel 1908 l'ha rasa al suolo, imitando un altro disastroso sisma, quello del
1783, e purtroppo tanti altri disseminati nell'arco della sua storia. Fondata dai
Calcidesi nella seconda metà del VIII secolo a.C. col nome di Zancle, divenne
colonia di grande importanza strategica e commerciale, data la sua
felicissima posizione dominante lo stretto fra Sicilia e Calabria. Raggiunse la
massima importanza durante il periodo degli Svevi, mentre gli aragonesi la
fecero capitale. Le testimonianze dell'arte normanna, distrutte o alterate da
rifacimenti, sono costituite dall'antico Duomo (in origine del XII secolo) e dalla
coeva basilica di S. Annunziata dei Catalani. La città vanta inoltre un illustre
Museo regionale, che nella sua sezione archeologica rivela con notevoli reperti
l'importanza di Messina nell'antichità. Oltre che per la sua storia e la sua
cultura, questo grande centro urbano è importante (come molti paesi siciliani)
anche per la sua arte culinaria, e in particolare dolciaria. Infatti, prima di
lasciare Messina e dirigerci verso il maestoso Etna, consigliamo una sosta
calorica, per esempio alla pasticceria "Doddis", per assaggiare la tipica
pignolata , uno squisito dolce a forma di pigna.
PRIMO GIORNO – POMERIGGIO
Non troppo lontano da Messina si trova il parco dell'Etna, che merita
certamente una visita. Partiamo quindi in direzione delle pendici del vulcano, e
ci fermiamo a Linguaglossa, dove una strada secondaria, bellissima, lascia il
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paese e si arrampica sulla montagna. Le splendide abetaie lasciano presto il
passo a distese di nera lava. Sulle pendici dell'Etna prospera l'unica
coltivazione italiana di pistacchi che si riflette nelle lavorazioni delle pasticcerie
di tutta la zona che li impiegano pestati o sfarinati nella lavorazione di
numerosi biscotti. Il dolce classico locale è la "pistacchiata" o "fastucata" : i
pistacchi vengono legati al fuoco con zucchero, cannella e profumo di vaniglia.
Si ottengono pezzi simili al croccante o al torrone. Per provare questo dessert
basta andare alla pasticceria "L'Alhambra", dove non si corre certo il rischio di
rimanere delusi. Verso il tardo pomeriggio lasciamo Linguaglossa e ci dirigiamo
verso Acireale, dove passeremo la notte, e nel tragitto ci fermiamo a Giarre,
cittadina situata in una zona dal grande valore paesaggistico. Dalla piazza
principale si può ammirare il grande vulcano in tutta la sua imponenza, e nelle
campagne si incontrano lunghi filari di alberi secolari, terrazzamenti
costruiti dal lavoro di intere generazioni, vigneti e frutteti che sembrano
modellare le pendici dell'Etna, un insieme di piante che offre un incantevole
spettacolo di colori. Queste terre sono inoltre il regno del gelato siciliano:
da Giarre ad Acireale si tramanda infatti la tradizione più autorevole della
morbida crema fredda esportata nel Settecento da Procopio dei Coltelli fino
a Parigi.
PRIMO GIORNO – SERA
In serata arriviamo ad Acireale, centro artigianale e termale a strapiombo
sullo Ionio, immerso in un giardino di limoni ai piedi dell'Etna. In questa parte
della Sicilia, favorita dal clima e dall'altitudine, spicca la produzione di limoni:
prodotto tipico è infatti la marmellata di limoni, utilizzata per innumerevoli
preparazioni dolciarie. Dopo una gustosa cena al ristorante "Panoramico",
suggeriamo una passeggiata nel centro del paese. Qui, immancabile punto
d'incontro per gli appassionati di dolciumi è la piazza del Duomo, invasa ogni
sera dai tavolini dei caffè che servono fino a tarda notte gelati d'ogni tipo e i
classici "schiumoni" al gianduia, al caffè e alla fragola. Per il pernottamento
c'è l'imbarazzo della scelta, sono molti infatti gli alberghi di categoria presenti
in città: dall'hotel "Aloha d'Oro" alla "Perla Jonica", senza dimenticare
l'agriturismo "Il Limoneto", situato in un'antica casa padronale circondata da
agrumeti che presenta una splendida vista sull'Etna e sul Tirreno.
SECONDO GIORNO – MATTINA
Partiamo di buon'ora da Acireale per spostarci verso la vicina Catania, la città
dell'Etna. E con il vulcano che spesso l'ha tradita, facendo scendere le colate di
lava fin dentro le sue mura, la città ha un rapporto intenso. A ricordarcelo c'è il
colore scuro che caratterizza i monumenti, le case, i portoni, spesso realizzati
in pietra lavica. Questo importante nucleo urbano cambiò faccia dall'oggi al
domani, dopo l'eruzione dell'Etna nel 1669 e il terremoto del 1693. I due
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cataclismi obbligarono a ricostruire quasi completamente persino il centro
geografico della città, laddove si erano insediati i Greci e i Normanni avevano
eretto la prima Cattedrale. Si ricorse a precauzioni urbanistiche e a stili più
moderni; si ricorse a quel barocco, per il quale Catania è famosa e del quale si
ha qui un primo assaggio. Prima di cominciare con una breve visita di questa
straordinaria città consigliamo di celebrare il rito mattutino della granita con
brioche, uno spuntino che sostituisce la prima colazione e, spesso, il pranzo di
mezzogiorno. La firma più nota è la Pasticceria "Savia" di via Etnea dove da
103 anni la stessa famiglia continua a eccellere nella tradizionale pasticceria
regionale, che vende anche via Internet, e nei gelati. In particolare sono
famosi i cannoli di ricotta e pistacchi, le cassate, i dolcetti di pasta di
mandorla, i torroni e le olivette candite. Dopo la colazione facciamo la
prima sosta in Piazza del Duomo, cuore della città dell'epoca medievale ma
ormai di aspetto barocco, dove è situata la famosa Fontana dell'Elefante,
progettata da Giovanni Battista Vaccarini, conosciutissimo architetto siciliano.
Dello stesso architetto è il prospetto del Duomo, che a seguito del terremoto
conserva solo alcuni resti del luogo di culto costruito dai Normanni a fine XI
secolo. A dimostrare che sia la chiesa più importante della città ci sono,
all'interno, la tomba di Vincenzo Bellini e il tesoro di Sant'Agata, cui l'edificio è
dedicato. In asse con la facciata della chiesa parte Via Garibaldi, che si
interrompe in corrispondenza di piazza Mazzini, da dove via Auteri conduce a
sinistra al Castello Ursino, il "segno" per eccellenza del passaggio in città
dell'imperatore Federico II di Svevia; gli spazi interni, semplici e razionali come
tutta l'architettura sveva, fanno da cornice al Museo civico, ricca collezione
che dall'epoca romana si spinge sino al Settecento.
SECONDO GIORNO - POMERIGGIO
Per comprendere che fu un vero e proprio piano d'intervento urbanistico ad
indirizzare la ricostruzione di Catania, conviene percorrere alcune strade che
ne sono la dimostrazione. A cominciare dall'ampia via Vittorio Emanuele per
continuare con via Crociferi, dove se non fosse per i resti romani e il Museo
Belliniano tutto parlerebbe dello stile per eccellenza della città: il barocco del
Settecento. Via Vittorio Emanuele è quasi certamente uno degli assi generatori
dell'insediamento antico di Catania, lunghissima arteria che dal mare
dirige a ovest suggerendo l'orientamento della crescita dell'abitato fino al XX
secolo. Il suo aspetto è quindi settecentesco (gli edifici che vi affacciano sono
un buon esempio di barocco locale), ma molti sono i monumenti che
rimandano al passato della città, come ad esempio il Teatro romano e
l'Odeon. Dopo questa via ecco delinearsi via dei Crociferi, altro percorso della
ricostruzione post-terremoto: è il salotto per eccellenza di Catania, cui danno
lustro i prospetti di chiese e conventi di pure linee barocche settecentesche.
Un'altra arteria di primo piano di Catania e via Etnea, la strada più amata dalla
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ricca borghesia dell'Ottocento, una delle più eleganti della città. In questa via
ha avuto sede storica il celebre "Caviezel", negozio aperto nell'Ottocento da
immigrati svizzeri ora trasferitosi in via Cervignano: sono famosi i suoi "pezzi
duri", la cassata gelata, la fetta di cedro, il cannolo gelato, la spuma di
caffè. Là dove il rettifilo di via Etnea si interrompe in corrispondenza di piazza
Stesicoro ci si imbatte in un altro ricordo del passato romano. Sulla sinistra si
riconosce infatti l'Anfiteatro, ultimato nel II secolo utilizzando per la struttura
di base la lava. Inizia poi via Cappuccini, che porta in un angolo di Catania
dove tutto parla della patrona della città. L'ulivo selvatico che fiorisce al centro
di piazza Santo Carcere e la vicina chiesa di sant'Agata al Santo Carcere,
luogo di culto di origini quattrocentesche, ma rimaneggiato in epoca
settecentesca: le reliquie racchiuse nelle teche rimandano alla martire romana,
che sarebbe stata rinchiusa prima del supplizio in un vano sotto la chiesa.
Ancora per via Cappuccini si esce in via Santa Maddalena che, divenuta via
Tomaselli, costeggia a destra Villa Bellini, uno dei polmoni verdi della città,
ideale per riposarsi dalla visita dei monumenti catanesi grazie all'ombra offerta
da specie mediterranee ed esotiche. Dopo questa intensa giornata catanese,
partiamo nel tardo pomeriggio per raggiungere Sortino, centro in provincia di
Siracusa, sul versante orientale dei Monti Iblei, in cui è di particolare interesse
la necropoli di Pantalica.
SECONDO GIORNO SERA
Passiamo la serata e la notte a Sortino, paese dell'entroterra siracusano che
deve la sua notorietà al miele che vi si produce. Si tratta in modo particolare
del miele di timo, conosciuto ed apprezzato sin dall'antichità ed elogiato nei
frammenti poetici di Virgilio, Ovidio, Teocrito. La pianta è quella del Thymus
capitatus dei botanici, che cresce in luoghi aridi e sassosi ed abbonda tra le
cave degli Iblei. Un'erba aromatica grazie alla quale le api danno un miele
profumatissimo e denso chiamato satru, che viene raccolto tra luglio e agosto.
Gli altri tipi di miele caratteristici di questo territorio sono quello di zagara
(fiori d'arancio), che si raccoglie tra maggio e giugno e quello di carrubo.
TERZO GIORNO MATTINA
In questo ultimo giorno di weekend partiamo da Sortino e ci dirigiamo verso
Siracusa, ubicata nella cornice di un suggestivo porto naturale, chiuso a
levante dall'isola di Ortigia (il nucleo urbano più antico) e alle spalle
dall'altopiano dell'Epipoli. Considerata uno dei più importanti centri archeologici
della Magna Grecia, conserva tracce del suo glorioso passato in ogni angolo
della città: il Duomo, dalla facciata barocca, si eleva sul peristilio del tempio
dorico di Athena; in piazza Pancali si trova il Tempio di Apollo con i resti del
santuario dorico degli inizi del VI secolo a. C.; nel quartiere di Neapolis si
possono osservare i resti del Teatro greco, dell'anfiteatro romano e la grande
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ara di Gerone; nella stessa zona è situata la grotta dei Cordari, la più famosa
fra le latomie. Altri esempi della ricchezza archeologica di Siracusa si possono
ammirare al Museo archeologico regionale "Paolo Orsi", il più grande della
Sicilia. In tarda mattinata facciamo una sosta e ci concediamo uno spuntino
che non potrà non terminare con una delle leccornie tipiche. Anche in questa
città infatti, come nella maggior parte dei paesi della regione, la tradizione
culinaria ha una grande rilevanza. La specialità più conosciuta Si chiama
"cuccìa" ed è un piatto "di devozione" di Siracusa diffuso in tutta la Sicilia
occidentale. L'origine è sicuramente araba. Secondo una leggenda durante
una carestia successiva al martirio di Santa Lucia un giorno alcune navi
arrivarono inattese nel porto di Siracusa e lasciarono un provvidenziale carico
di grano. Era il 13 dicembre. Da allora per la festa di Santa Lucia i siracusani
preparano una torta di grano con crema di ricotta, zucca candita, vaniglia e
miele di zagara. La "cuccìa" si può trovare anche nelle pasticcerie della città
durante tutto l'anno, insieme con la caratteristica "cotognata", una soda
marmellata di mele cotogne confezionata nelle tipiche formelle in ceramica di
Caltagirone, e con grande scelta di pasticcini di pasta di mandorle . Un dolce
siracusano particolarissimo e molto diffuso è inoltre la "cubbaita", un morbido
torrone di miele, semi di sesamo e mandorle tritate di antichissima origine. Il
nome è sicuramente arabo: lungo tutta la costa nordafricana, dall'Algeria
all'Egitto, esiste un prodotto analogo chiamato "qubbayt".
TERZO GIORNO POMERIGGIO
Dopo pranzo ci spostiamo a Noto, città di antiche e nobili tradizioni culturali,
ricca di monumenti religiosi e civili, definita "Giardino di Pietra" dal critico
d'arte Cesare Brandi. Noto è riconosciuta la capitale del barocco Siciliano.
Un barocco unico, che cattura la luce e traspare ovunque: nei palazzi, nelle
chiese, nei conventi, nei monasteri, nelle scalinate scenografiche, nelle edicole
sacre, nelle strade nascoste e nei vicoli più modesti. L'entrata al centro storico
si guadagna attraverso la Porta Reale o "Ferdinandea" , di puro stile
ottocentesco, al di là della quale si delinea l'eccezionale arteria principale della
città: il corso Vittorio Emanuele. Seguendo il corso si toccano le piazze centrali.
Prima tappa è piazza Immacolata, dove alla sommità di una splendida
scalinata a tre rampe s'impone la chiesa di San Francesco all'Immaccolata con
l'annesso convento progettato dagli architetti Gagliardi e Sinatra. Proseguendo
lungo il corso, sulla sinistra, quasi a concorrere con l'antistante basilica del
SS. Salvatore, si erge la Chiesa di Santa Chiara, opera del Gagliardi. Siamo
giunti così nel cuore della città barocca: l'area maioris ecclesiae, la grande
piazza, una delle più belle d'Italia, detta piazza del Municipio, attorno alla
quale si prospettano edifici di grande pregio architettonico. La Cattedrale si
erge al culmine di una momumentale scalinata e domina la sottostante
belllissima piazza. Da piazza Municipio si apre a sorpresa, sulla destra, via
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Nicolaci: qui l'effetto scenografico prodotto dall'architettura barocca raggiunge
il suo culmine; su di essa si affaccia, infatti, uno dei più bei palazzi del mondo,
Palazzo Nicolaci del Principe di Villadorata. A Noto però non ci sono soltanto
grandiosi esempi di barocco siciliano: il simbolo gastronomico di Noto è la
mandorla, di cui esistono grandi coltivazioni. Famosa è la preparazione della
"crema di mandorle", ottenuta semplicemente tritando molto finemente le
mandorle crude e mescolandole con zucchero e poca acqua fino a rendere il
prodotto omogeneo e spalmabile. In questo modo l'aroma della mandorla è
esaltato al massimo. Il prodotto viene impiegato per arricchire crostate,
torte, creme e altro. In estate la crema di mandorle, diluita con acqua fredda,
diventa il dissetante e ricercatissimo latte di mandorle. A Noto l'indirizzo più
famoso è il "Caffè Sicilia", nel cui laboratorio nascono esempi ricercatissimi di
grande pasticceria siciliana spediti in tutto il mondo.
TERZO GIORNO SERA
Per cena andiamo a Modica, cittadina in provincia di Regusa. "..Un teatro era il
paese, un proscenio di pietre rosa, una festa di mirabilia. E come odorava di
gelsomino sul far della sera...". In queste parole del poeta Gesualdo Bufalino
c'è tutta l'atmosfera di Modica. Tra le più pittoresche città della Sicilia, è
situata nella zona meridionale dei monti Iblei ed è divisa in due originali aree:
Modica Alta, le cui costruzioni quasi scalano le rocce della montagna, e
Modica Bassa, giù nella valle, dove un tempo scorrevano i due fiumi Ianni
Mauro e Pozzo dei Pruni, poi ricoperti a causa delle numerosi alluvioni, e dove
oggi si snoda il Corso Umberto, principale strada della città. L'aspetto è
prevalentemente tardo barocco, quasi interamente risalente al dopo-terremoto
(1693). In paese si può gustare un tipo di cioccolata simile a quello che
trovarono gli spagnoli al loro arrivo in Messico, ad esempio andando nel
laboratorio dell'Antica Dolceria Bonajuto, dove si trovano le straordinarie
tavolette di cioccolata modicana. Il procedimento venne introdotto proprio
dagli spagnoli durante la loro dominazione in Sicilia e non è cambiato. I semi di
cacao vengono macinati e ridotti a farina, mescolati con pasta di mais cotta e
lavorati insieme con vaniglia e cannella, fino a quando il burro di cacao non ha
amalgamato tutto. Il cioccolato modicano entra anche nel ripieno degli
"mpanatigghi", singolarissimi pasticcini di pasta frolla farciti con
controfiletto di manzo cotto in forno, tritato e unito a cioccolato fuso,
mandorle tritate, zucchero, uova e chiodi di garofano. Per la cena si consiglia la
"Fattoria delle Torri", mentre per la notte una soluzione di buona qualità è
rappresentata dall'hotel "Bristol".
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IL MARCHIO
Il marchio è un “segno” usato per distinguere i propri prodotti/servizi da quelli
della concorrenza.
Rappresenta uno dei principali elementi dell’immagine dell’azienda e fornisce,
agli occhi della clientela, garanzie di qualità e affidabilità. È quindi una risorsa
preziosa da tutelare e valorizzare.
La principale funzione del marchio è quella di permettere ai consumatori di
identificare un prodotto (sia esso un bene o un servizio) di una determinata
impresa, in modo da distinguerlo da prodotti simili o identici forniti da aziende
concorrenti. I marchi svolgono pertanto un ruolo centrale nelle strategie di
marketing e promozione del nome dell'impresa, contribuendo all'affermazione
dell'immagine e della reputazione dei prodotti agli occhi del
consumatore. È attraverso questo processo che un’impresa costruisce un
rapporto di fiducia con i propri clienti, che sono anche disposti a pagare un
prezzo più alto per un prodotto contrassegnato da un marchio a loro noto e che
corrisponde alle loro aspettative. Una fiducia che è fondamentale per
l’acquisizione e il mantenimento di quote di mercato.
Inoltre, i marchi forniscono alle imprese un incentivo a investire nel
mantenimento e miglioramento della qualità dei prodotti, perché è vitale
che i prodotti contrassegnati da un certo marchio mantengano un'immagine
positiva.
La protezione di un marchio può essere ottenuta anche solo attraverso l’uso.
Tuttavia, è consigliabile registrare il marchio presso l’Ufficio Italiano Brevetti e
Marchi (UIBM) in quanto, così facendo, si ottiene una maggiore protezione,
soprattutto in caso di contestazioni o conflitti con altri soggetti.
Un asset da proteggere
Un marchio registrato attribuisce diritti esclusivi che consentono di impedire
l’uso non autorizzato, da parte di altre imprese, dello stesso marchio o di un
marchio simile.
Non registrando il marchio si rischia di compromettere gli investimenti fatti per
promuovere
la
vendita
di
un
prodotto/servizio,
in
quanto
un'impresa concorrente potrebbe adottare un marchio simile, confondendo i
consumatori che potrebbero dirigersi verso i suoi prodotti/servizi invece che
verso quelli del fornitore originario. Il che, oltre a far diminuire i profitti di
quest’ultima impresa, rischia di danneggiarne sia la reputazione che
l'immagine, soprattutto se il prodotto del concorrente è di qualità inferiore.
Una risorsa da valorizzare
Un marchio scelto e costruito con cura ha comunque, di per sé, un valore
commerciale. La proprietà industriale del marchio non ricopre infatti solo una
funzione difensiva, ma può essere monetizzata, cioè trasformata secondo un
approccio business oriented. In tale ottica, il marchio costituisce un capitale e
può essere oggetto di operazioni di sfruttamento commerciale tramite la
25
concessione di licenze, di contratti d'esclusiva, mediante il merchandising e la
sponsorizzazione. Può inoltre essere utilizzato per accedere a nuove fonti
di finanziamento, quali strumenti finanziari tradizionali (mutui, leasing ecc.) o
soluzioni strutturate studiate specificatamente per le esigenze dell’impresa (ad
esempio, cartolarizzazioni dei contratti di licenza).
L’ITINERARIO TURISTICO
Definizione del problema
TO (Tour Operator), ADV (Agenzie di Viaggio), Enti di Promozione Turistica,
nonché editori di riviste, hanno la necessità di realizzare itinerari turistici per
pubblicizzare le attrattive
del territorio, diffonderli in modo capillare
utilizzando tecniche di marketing efficaci e veloci.
Ma ….. non li scrivono nello stesso stile:
esistono vari “tipi” di itinerari turistici
Esistono vari stili e tipi di itinerari turistici
A distinguerli, sono:




gli scopi per cui vengono realizzati, il target a cui sono destinati
chi li prepara (TO-AdV-ENTI-EDITORI), la mission aziendale
la forma : cartacea, visuale, digitale
la distribuzione che avranno
TIPI DI ITINERARI:
 GENERICO – oppure SINTETICO
 ANALITICO
 TECNICO - oppure “DAY BY DAY”
E tutti possono, anche, essere : TEMATICI
MA COME SCEGLIERE QUALE TIPO FARE?
1) CHE TIPO DI AZIENDA/ENTE LO SCRIVE?
2) DETERMINARE l’OBIETTIVO
Domandarsi:
Serve per informare ?
Serve per vendere?
3) DETERMINARE IL TARGET
Domandarsi:
A chi serve ? Chi lo leggerà?
ESEMPIO 1
Siete un Ente Turistico e l’itinerario serve per informare sulle bellezze
del territorio? Desiderate attirare turisti :
Dovrete “lavorare” su 4 assi portanti:
 individuare il target a cui destinate l’itinerario;
26
 raccogliere le informazioni relative alla storia del paese, alle
strutture architettoniche, alle tradizioni popolari, la gastronomia,
alle aziende, ecc…
 Realizzare un set fotografico delle bellezze naturali e artistiche;
 scegliere la forma adatta: dépliant, brochure, filmato, sito web,
libretto, ecc…
ESEMPIO 2
Siete un’ADV e l’itinerario serve per vendere un vostro viaggio?
Dovrete “lavorare” su 6 assi portanti:
 individuare il target a cui è rivolto l’itinerario;
 decidere la forma (cartaceo, web, digitale, ecc…)
 raccogliere e selezionare materiale utile alla realizzazione
 selezionare le foto più interessanti e adatte al messaggio;
 esaminare la concorrenza: altri dépliant, cartacei o in rete,
 progettare utilizzando una grafica e uno stile accattivante;
 predisporre i testi definendo la forma migliore a seconda del destinatario.
 Simuleremo
di
essere
una
ADV.
E “nostro” obiettivo sarà:
 Scopo: vendere un viaggio
 Target: gruppo di adulti
 TIPO: itinerario GENERICO
 FORMA: cartacea, una pagina max, formato A3
 Materiali iconografici ed elementi tecnici: da scegliere ed elaborare solo
tra quelli forniti
 Distribuzione: postale, a mano in agenzia.
 Analisi delle fasi del progetto
Per la realizzazione di questo progetto (un dépliant di alcune pagine con
effettivo invio ai destinatari) in una ADV si seguirebbero queste tappe:
 la raccolta di informazioni relative alla storia del paese, alle strutture
architettoniche, alle tradizioni popolari, alla gastronomia e alle aziende;
 la realizzazione di un set fotografico delle bellezze naturali e artistiche;
 l’individuazione del target a cui è rivolto l’itinerario;
 la definizione della struttura del dépliant;
 strutturazione del gruppo aziendale in “gruppo di produzione” (raccolta
indirizzi,…), “gruppo redazionale” (reperimento argomenti, stesura
lettera), “gruppo di grafici” (realizzazione del dépliant);
 ricerca di materiale di interesse locale e vario da inserire nel depliant;
 realizzazione grafica del dépliant;
 raccolta di indirizzi e-mail per l’invio del dépliant;
 invio tramite e-mail e/o tramite indirizzi di posta tradizionale, fiere.
 TIPI DI ITINERARI
 Va da sé, che questo è il tipico itinerario realizzato per “VENDERE” il
viaggio.
 L’itinerario che viene realizzato è strutturato in modo che sia
accattivante, promozionale, suggestivo.
 Realizzeremo insieme un : ITINERARIO GENERICO
 E ora passiamo ad analizzarne le caratteristiche tecniche
27
ELEMENTI
degli
ITINERARI GENERICI
Per ADV e TO vi sono ELEMENTI OBBLIGATORI, che diventano “contratto
con i clienti”:
1) PERCORSO : la via usata, le soste, i tempi di viaggio, ecc…
2) PERIODO: le date di effettuazione, la stagione, ecc…
3) MEZZI: di trasporto, prenotati, noleggiati (treno,aereo,auto,pullman GT,
ecc…)
4) SERVIZI: alberghi, pasti, visite, escursioni, ecc…
 Nota bene: solo TO e ADV devono stare bene attenti a ciò che
divulgano!
1) Gli editori del settore turistico scrivono / pubblicano, su carta e rete :
ITINERARI TURISTICI ….
che possono, a ben vedere, essere anch’essi definiti “generici” ma non hanno
necessità di fornire tutti gli elementi della slide precedente. La legge non li
obbliga a fornire tutte quelle informazioni, perché non vendono il viaggio.
2) Gli ENTI TURISTICI … hanno per scopo la promozione del proprio
territorio, realizzano anche loro ITINERARI GENERICI, ma non contengono
tutte le informazioni della slide precedente.
Infatti: non “vendono” il viaggio.
UN ITINERARIO è CHIAMATO GENERICO (oppure SINTETICO)
quando l’indicazione relativa agli elementi che lo compongono è
approssimativa, sintetica.
 Ad esempio: non contiene i numeri dei voli o dei treni, gli orari precisi
di pasti o soste, il tipo di auto noleggiata, la quantità dei posti sui
pullman noleggiati, il nome della compagnia aerea, dell’aeroporto di
partenza, ecc…
Questi elementi sono invece obbligatori nella prossima tipologia di itinerario,
quello analitico.
L’ITINERARIO ANALITICO
 Dopo aver letto l’itinerario generico, il cliente può decidere di acquistare
il viaggio. Andrà in un’ADV a chiedere la prenotazione dei servizi, magari
altre informazioni.
 L’agente viaggio controllerà la disponibilità (ad esempio per sapere se c’è
posto telefonerà al TO, oppure all’hotel, ai fornitori, ecc ecc)
 Se ci sarà posto, chiederà al cliente un acconto, perché in quel momento
il cliente acquisterà il viaggio (stipula del contratto)
 Tempo dopo, l’ADV chiamerà il cliente per dargli i documenti di viaggio e
incassare il saldo del costo totale del viaggio
 SOLO In quel momento, gli consegnerà l’ITINERARIO ANALITICO
DEFINIZIONE
di
ITINERARIO ANALITICO
 Si chiama ITINERARIO ANALITICO quando è completato da tutta
l’indicazione precisa di tutti i servizi che sono compresi nel viaggio
28
Ad esempio: categorie degli hotel, orari di ritrovo e partenze, voli, treni, tipi di
auto o di pullman noleggiati, classi di volo, aeroporti, vettori, nomi hotel, tipo
di camere, menu ecc.
L’ITINERARIO (DAY BY DAY) o TECNICO
 Quando un gruppo di clienti viene accompagnato da un TOUR LEADER
(vale a dire da un “Accompagnatore turistico”) il TO oppure l’ADV gli
preparano un tipo di itinerario chiamato DAY BY DAY oppure TECNICO
 Contiene, oltre a quanto già detto, anche i riferimenti dei fornitori di
servizi, quali il loro nome, il telefono, l’email, il fax, il nome delle persone
che hanno confermato le prenotazioni, le regole contrattuali stipulate, i
nomi e i telefoni delle Guide Turistiche, i codici delle prenotazioni per
Musei o ingressi, ecc ecc
In pratica, contiene tutte le istruzioni per accompagnare il gruppo, ed è un
documento che ha in mano solo il Tour Leader (Accompagnatore Turistico)
 NOTE
 E’ sempre meglio che un itinerario contenga anche una parte “GRAFICA”
, con una mappa del territorio (non tutti i clienti conoscono la geografia)
 Già nei “generici” sarebbe meglio indicare i tempi di viaggio, o almeno i
chilometraggi, per descrivere il tempo che richiedono gli spostamenti sui
mezzi di trasporto
 Esiste una precisa terminologia, un lessico che va utilizzato
 E’ preferibile usare sempre parole in lingua italiana, e non gergo tecnico
o inglese (non tutti i clienti capirebbero)
 Va sempre lasciato un po’ di tempo libero al cliente, indicandolo con:
“TEMPO A DISPOSIZIONE”, “TEMPO LIBERO” oppure (meglio)
“Pomeriggio libero, pomeriggio a disposizione” ecc ecc
 LESSICO
TRANSFER
 va scritto senza la “T” finale (parola tedesca) In lingua italiana, si
chiama: trasferimento”.
 Va specificato “COME”, “con che mezzo”: a piedi, con auto privata, con
pullman GT, con mezzo pubblico, con barca, con traghetto…
LESSICO: IL “TEMPO”
Nel GENERICO si usa indicare il tempo così:
 - prima mattinata … (es. fino alle 8.00)
 - mattina…. (es. da 8.00 a 10.30)
 - primo pomeriggio …(es da 13.30)
 - pomeriggio … (es da 14.00 a 18.00)
 - serata …(es, dopo le 20.00)
 … ma poi tutto dipende dall’età e dalla nazionalità del cliente….
LESSICO : ATTIVITÀ
29
VISITA – ESCURSIONE - TOUR?
- Si definisce “VISITA” quando dura al massimo un giorno o una mezza
giornata, ed è nel territorio più vicino
Si definisce “ESCURSIONE” quando il cliente uscirà dal Comune, per andare a
visitare nel territorio circostante una qualche attrattiva turistica, ma a sera si
rientrerà in sede (in genere si tornerà in hotel o si tornerà a casa alla fine del
viaggio)
Si definisce “TOUR” quando il cliente si allontanerà dal territorio, per uno o
più giorni, per andare a visitare nel territorio circostante, ma non tornerà a
dormire nel territorio da cui è partito (ad es. cambierà hotel ogni notte
successiva).
LESSICO: PASTI
 I pasti vengono indicati così:
- Prima colazione (oppure: Colazione)
- Pranzo (quello di mezzogiorno)
- Cena (quella serale)
- Cenone (quello di gala, es. Capodanno)
- Brunch (prima colaz e pranzo insieme)
- Spuntino
- Cestino pranzo
ELEMENTI DEL CONTRATTO
Le Adv e i TO devono obbligatoriamente “chiudere” il testo gli itinerari con :
 IL COSTO (e la validità temporale del costo) : QUOTA DI
PARTECIPAZIONE , divisa in:
 LA QUOTA COMPRENDE..
 LA QUOTA NON COMPRENDE…
LESSICO: esempi di “LA QUOTA COMPRENDE”
 Trattamento di mezza pensione – pensione completa – B/B – solo
pernottamento (overnight only) in hotel cat… a…(località)
 Bus – pullman GT / viaggio ed escursioni on pullman GT con autista –
vitto alloggio e diaria dell’autista – pedaggi autostradali e parcheggi
 posti a sedere riservati / posti letto riservati in cuccette vagoni letto
 posti letto in cabina singola/doppia/turistica…
 volo A/R in classe Turistica/Business/ in volo speciale…
 Visite ed escursioni come da programma
 Camere singole/doppie/doppie uso singola/a 3-4 letti con servizi privati..
 Servizio Guida come da programma
 Nr. Gratuità per il gruppo – sulla base di tot partecipanti
 Assicurazione personale R.C. e infortuni – assicurazione bagaglio –
assicurazione annullamento
 Numero di emergenza attivo 24/24 ore
 LESSICO: esempi di “La quota non comprende”
 Pranzi di mezzogiorno
 Bevande a tavola
 Prenotazioni e ingressi
30
 Extra o spese di carattere personale
 Mance (N.B. qualche volta SONO comprese nel costo, obbligatorie.. Vedi
Magreb)
 Tutto quanto non indicato nella voce “la quote comprende”
L’Unesco nel mondo e il Italia
L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e
la Cultura (in inglese United Nations Educational, Scientific and Cultural
Organization,
da
cui
l'acronimo UNESCO)
è
stata
fondata
durante
la
Conference of Allied Ministers of Education (CAME) che si è svolta nel
novembre 1945 a Londra .
E’
un'agenzia specializzata delle Nazioni Unite creata con lo scopo di
promuovere la pace e la comprensione tra le nazioni mediante l'istruzione,
la scienza, la cultura, la comunicazione e l'informazione; per promuovere
"il
rispetto universale per la giustizia, per lo stato di diritto e per i diritti umani e
le libertà fondamentali" quali sono definite e affermate dalla Carta dei Diritti
Fondamentali delle Nazioni Unite.
L' Italia è stata ammessa a fare parte di suddetta organizzazione l'8
novembre 1947 durante la seconda sessione della Conferenza Generale che si
svolse a Città del Messico e nel
12 luglio 1949 fu istituita la Commissione
Nazionale per l'Educazione, la Scienza e la Cultura. Il riconoscimento dato
dall’Unesco ebbe, per l’Italia, il valore morale di un primo passo verso
l'ammissione dell'Italia all'ONU.
Una delle missioni dell'UNESCO è quella di mantenere una lista di
patrimoni
dell'Umanità,
importanti
culturalmente
o
dal
punto
di
vista
naturalistico, la cui conservazione e sicurezza è ritenuta importante per la
comunità mondiale.
L’UNESCO ha finora riconosciuto un totale di 1001 siti (777 beni
culturali, 194
naturali
e
30
misti)
presenti
in
161
Paesi
del
mondo.
h
Attualmente l’Italia è la nazione che detiene il maggior numero di
siti (51) inclusi nella lista dei Patrimoni dell'Umanità.
31
1979 Arte Rupestre della Valle Camonica (Bs)
1980 (e 1990) Centro storico di Roma, le proprietà extraterritoriali della
Santa Sede nella città e San Paolo fuori le Mura
La Chiesa e il convento Domenicano di Santa Maria delle Grazie e il
“Cenacolo” di Leonardo da Vinci a Milano
1982 Centro storico di Firenze
1987
Venezia e la sua Laguna
1987 Piazza del Duomo a Pisa
1990 Centro Storico di San Gimignano (Si)
1993 I Sassi e il Parco delle Chiese Rupestri di Matera
1994
La città di Vicenza e le ville del Palladio in Veneto
1995
Centro storico di Siena
Centro storico di Napoli
Crespi d'Adda (Bg)
Ferrara, città del Rinascimento, e il Delta del Po
Castel del Monte (Andria)
1996
Trulli di Alberobello (Ba)
Monumenti paleocristiani di Ravenna
Centro storico di Pienza (Si)
1997
La Reggia di Caserta del XVIII con il Parco, l'acquedotto Vanvitelli e
il Complesso di San Leucio (spostare a destra)
Residenze Sabaude (Piemonte)
L'Orto botanico di Padova
Portovenere, Cinque Terre e Isole (Palmaria, Tino e Tinetto) (Sp)
Modena: Cattedrale, Torre Civica e Piazza Grande
Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata (Na)
Costiera Amalfitana (Sa)
Villaggio Nuragico di Barumini (Vs)
1998
Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, con i siti archeologici
di Paestum, Velia e la Certosa di
Padula (Sa)
32
Centro Storico di Urbino
Zona Archeologica e Basilica Patriarcale di Aquileia (Ud)
1999
Villa Adriana di Tivoli
2000
Assisi, La Basilica di San Francesco e altri siti Francescani (Pg)
Città di Verona
2001
Villa d’Este di Tivoli
2003
Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia
Monte San Giorgio (Lombardia/Svizzera)
2004
Necropoli Etrusche di Cerveteri e Tarquinia (Roma)
Val d'Orcia (Si)
2006
Genova, le Strade Nuove e il Sistema dei Palazzi dei Rolli
2008
Mantova e Sabbioneta
La
ferrovia
retica
Bernina (Lombardia/Svizzera)
nel
paesaggio
dell'Albula
e
del
2009 Dolomiti
2011 I longobardi in Italia. Luoghi di potere
Siti palafitticoli preistorici delle Alpi
2013
Ville medicee (Toscana)
2014
Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe - Roero e Monferrato
In Sicilia, sono 7 i siti ritenuti dall’UNESCO Patrimonio per l’Umanità:
1997 Area Archeologica di Agrigento
1997 La Villa Romana del Casale di Piazza Armerina (En)
2000 Isole Eolie (Me)
2002
Le città tardo barocche del Val di Noto (Caltagirone, Militello in val
di Catania, Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa e Scicli)
2005
Siracusa e le necropoli rupestri di Pantalica
2013 Monte Etna
2015
Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Monreale e Cefalù
33
IL TURISMO ACCESSIBILE
Il turismo accessibile consiste nel permettere a tutti di godere di un'esperienza
turistica.
In base alle stime dell'ONU, nel mondo vivono circa 650 milioni di persone
disabili. Se si contano anche i loro familiari, ciò significa che circa 2 miliardi di
persone, vale a dire quasi un terzo della popolazione mondiale, sono
direttamente interessate dal problema della disabilità.
Molte persone hanno esigenze di accesso, a prescindere se dovute o meno a
una disabilità. Ad esempio, le persone più anziane, meno mobili o quelle con
ausili per la deambulazione hanno esigenze di accesso che possono diventare
serie limitazioni quando sono in vacanza. La popolazione europea sta
invecchiando: entro il 2050 il numero degli over 65 si sarà triplicato rispetto al
2003, mentre quello degli ultraottantenni sarà cinque volte superiore al livello
attuale.
Per queste persone viaggiare può rivelarsi un'impresa. Anche trovare
informazioni sui servizi accessibili, imbarcare i bagagli in aereo, prenotare una
stanza adeguata può spesso risultare difficile e costoso e richiedere parecchio
tempo.
Queste cifre rivelano un enorme potenziale di mercato che attualmente
rimane in gran parte sottoutilizzato.
Un mercato mal servito
Rendere i servizi turistici più accessibili è una responsabilità sociale,
ma anche un valido motivo commerciale per promuovere la
competitività del turismo in Europa.
Diverse esperienze dimostrano che a volte basta operare piccoli adeguamenti
strutturali, fornire informazioni precise e comprendere le esigenze dei disabili
per accrescere il numero dei visitatori.
Migliorare l'accessibilità dei servizi turistici ne migliora la qualità e li rende
universalmente fruibili, con effetti positivi sulla qualità di vita delle comunità
locali.
La Commissione europea persegue questo obiettivo attraverso le seguenti
azioni:
sensibilizzazione dei portatori di interessi e degli operatori economici del
settore del turismo
raccogliere conoscenze sulle richieste e il comportamento dei viaggiatori con
esigenze di accesso particolari e valutare l'impatto economico del turismo
accessibile: uno studio "Economic impact and travel patterns of accessible
tourism in Europe" è stato pubblicato nel giugno 2014
34
individuare le opzioni per migliorare la gamma di servizi turistici accessibili
migliorare le competenze specifiche nel settore : uno studio "Mapping skills
and training needs to improve accessibility in tourism services" è stato
pubblicato nel giugno 2014
miglioramento delle informazioni sul turismo accessibile per i disabili
sostegno al turismo sociale: Calypso
TURISMO SOSTENIBILE
E' tempo di vacanze o di un week-end lontano dalla città? Cosa c'è di meglio
che trovarsi imbottigliati per ore sulla via del mare, non trovare una spiaggia
libera ma solo accessi a pagamento e, infine, ammirare una lunga distesa di
opere edilizie costruite a pochi metri dal mare? Per quanto ci riguarda ci siamo
pressoché stancati di queste vacanze e siamo andati di persona alla ricerca di
soluzioni
di
turismo
sostenibile.
Che cosa è il turismo sostenibile? Detto in breve il turismo sostenibile è la
presenza di strutture e servizi turistici realizzati in modo tale da non
distruggere o penalizzare il panorama, il mare e l'ambiente. Il turismo
sostenibile privilegia l'alloggio dei villeggianti nell'entroterra (almeno due
chilometri dal mare) lasciando intatta la costa allo stato naturale. I villeggianti
possono raggiungere il mare mediante servizi di navettamento in pulman, in
bicicletta e godersi il mare immersi nella natura, senza opere in cemento nelle
vicinanze e senza l’eccessiva presenza degli stabilimenti balneari.
Il
turismo
sostenibile
fa
risparmiare
sulla
spesa
per
le
vacanze. Facciamo qualche esempio. Piuttosto che ricercare costosi alloggi a
pochi metri dal mare siamo andati alla ricerca di case in affitto nell'entroterra a
4-5 km dal mare. Costano decisamente meno, in genere sono appartamenti
altrimenti chiusi posti al secondo piano delle case di proprietà dei cittadini
residenti. Alloggiare in una località dell'entroterra offre ai villeggianti quei
servizi urbani a cui siamo stati abituati in città (uffici postali, alimentari a basso
costo, telefono, negozi ecc.) senza necessità di duplicare queste attività nelle
località di mare. Recarsi al mare in auto o in bicicletta immersi nella natura di
una strada provinciale, senza traffico e per pochi chilometri, è sicuramente
piacevole se la meta di destinazione è una spiaggia libera, poco affollata e con
macchia mediterranea alle spalle. Affittare una casa per l'estate nell’entroterra
delle località di mare rappresenta una forma reddito per cittadini del luogo
favorendo lo sviluppo sostenibile della zona. Un'alternativa all'affitto arriva
dall’accoglienza in agriturismo o in campeggi privi di pesanti strutture in
cemento,
localizzati
a
distanza
sostenibile
dalle
spiagge.
Volendo fare uno slogan potremmo dire: "scappa al mare, non farti inseguire
dalla città". Che senso ha scappare dallo stress urbano per poi ritrovarlo
nell'acqua in cui ti immergi? Trovare una spiaggia pulita e proteggerla conviene
a
tutti.
Il turismo sostenibile è un'opportunità di reddito per i cittadini del
luogo. Le spiagge italiane sono una fonte di reddito e un valore economico per
tutti. Distruggerle con le speculazioni edilizie o privatizzarle non avvantaggia
35
nessuno. Il turismo sostenibile protegge le spiagge e fornisce un reddito
turistico ai cittadini residenti nell'entroterra sia mediante l'affitto degli alloggi
privati come residenze estive (es. secondo piano delle case) sia come crescita
del giro di affari nell'indotto commerciale (es. negozi, servizi, attività
commerciali
già
presenti
nell'entroterra).
Il turismo sostenibile non va contro l’attività edilizia. Con il turismo
sostenibile e la crescita della ricchezza distribuita tra le popolazioni residenti
aumenterebbe anche la richiesta di nuove costruzioni per migliorare le
strutture dell'entroterra senza il rischio di distruggere la bellezza delle coste da
cui dipende l'afflusso turistico nella zona. Si chiede semplicemente di evitare la
tentazione di costruire sulla costa. E’ inutile e dannoso costruire sulle spiagge o
nelle vicinanze mettendo a rischio l’afflusso turistico dell'intera area. Oggi una
spiaggia ancora allo stato naturale vale oro ed è fonte di reddito per tutta la
comunità
locale.
In conclusione, qualsiasi opera in cemento che non rispetti la legge
danneggia gli interessi di tutti. Denunciare gli abusi edilizi sulle coste è
interesse di tutti i cittadini. Durante i mesi estivi non è necessario prendere
l'aereo per farsi un bagno a mare a 7.000 km di distanza da casa. Queste
spiagge ancora allo stato naturale esistono anche in Italia. Il meridione italiano
è ancora ricco di spiagge da proteggere e da custodire.
Tutela: definizioni e concetti nel Codice dei beni
culturali e del paesaggio
In conformità con l’articolo 9 della Costituzione (“La Repubblica promuove lo
sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il
patrimonio storico e artistico della Nazione”), il Codice dei beni culturali e del
paesaggio ha fissato i concetti guida relativi al pensiero e alle attività sul
patrimonio culturale italiano.
Tutela
La tutela è ogni attività diretta a riconoscere, proteggere e conservare un bene
del nostro patrimonio culturale affinché possa essere offerto alla conoscenza e
al
godimento
collettivi.
Si esplica pertanto in:
riconoscimento, tramite il procedimento di verifica o dichiarazione
dell’interesse culturale di un bene, a seconda della sua natura proprietaria;
protezione;
conservazione.
Conservazione
La conservazione è ogni attività svolta con lo scopo di mantenere l’integrità,
l’identità e l’efficienza funzionale di un bene culturale, in maniera coerente,
programmata
e
coordinata.
Si esplica pertanto in:
studio, inteso come conoscenza approfondita del bene culturale;
36
prevenzione, intesa come limitazione delle situazioni di rischio connesse al
bene culturale nel suo contesto;
manutenzione, intesa come intervento finalizzato al controllo delle condizioni
del bene culturale per mantenerlo nel tempo;
restauro, inteso come intervento diretto su un bene culturale per recuperarne
l’integrità materiale.
Valorizzazione
La valorizzazione è ogni attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza
e di conservazione del patrimonio culturale e ad incrementarne la fruizione
pubblica, così da trasmettere i valori di cui tale patrimonio è portatore.
La tutela è di competenza esclusiva dello Stato, che detta le norme ed emana i
provvedimenti amministrativi necessari per garantirla; la valorizzazione è
svolta in maniera concorrente tra Stato e regione, e prevede anche la
partecipazione di soggetti privati.
Dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42)
Articolo
1.
Principi
[…]
2. La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a
preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a
promuovere
lo
sviluppo
della
cultura.
3. Lo Stato, le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni assicurano
e sostengono la conservazione del patrimonio culturale e ne favoriscono la
pubblica
fruizione
e
la
valorizzazione.
4. Gli altri soggetti pubblici, nello svolgimento della loro attività, assicurano la
conservazione e la pubblica fruizione del loro patrimonio culturale.
5. I privati proprietari, possessori o detentori di beni appartenenti al
patrimonio culturale, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti,
sono
tenuti
a
garantirne
la
conservazione.
6. Le attività concernenti la conservazione, la fruizione e la valorizzazione del
patrimonio culturale indicate ai commi 3, 4 e 5 sono svolte in conformità alla
normativa di tutela.
Articolo
3.
Tutela
del
patrimonio
culturale
1. La tutela consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività
dirette, sulla base di un'adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni
costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la
conservazione
per
fini
di
pubblica
fruizione.
2. L'esercizio delle funzioni di tutela si esplica anche attraverso provvedimenti
volti a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio
culturale.
Articolo
6.
Valorizzazione
del
patrimonio
culturale
1. La valorizzazione consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle
37
attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad
assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del
patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di
promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed
il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. In
riferimento al paesaggio, la valorizzazione comprende altresì la riqualificazione
degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero
la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati.
2. La valorizzazione è attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non
pregiudicarne
le
esigenze.
3. La Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati,
singoli o associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale.
Articolo
29.
Conservazione
1. La conservazione del patrimonio culturale è assicurata mediante una
coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione,
manutenzione
e
restauro.
2. Per prevenzione si intende il complesso delle attività idonee a limitare le
situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto.
3. Per manutenzione si intende il complesso delle attività e degli interventi
destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al mantenimento
dell'integrità, dell'efficienza funzionale e dell'identità del bene e delle sue parti.
4. Per restauro si intende l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso
di operazioni finalizzate all'integrità materiale ed al recupero del bene
medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali. Nel
caso di beni immobili situati nelle zone dichiarate a rischio sismico in base alla
normativa vigente, il restauro comprende l'intervento di miglioramento
strutturale.
5. Il Ministero definisce, anche con il concorso delle regioni e con la
collaborazione delle università e degli istituti di ricerca competenti, linee di
indirizzo, norme tecniche, criteri e modelli di intervento in materia di
conservazione dei beni culturali.
38
MILAZZO
LA STORIA
A Milazzo, come su tutta l'Isola, giunsero, si
fermarono e scomparvero le più disparate civiltà; e
qui, come altrove, tutti lasciarono magnifici e
splendidi segni della loro presenza, a cominciare
dagli
abitatori
d'età
neolitica.
Sicché a Milazzo i rinvenimenti archeologici
spaziano dalle quattro necropoli (età del bronzo e
del ferro ed età greco-romana) ai reperti
dell'insediamento
greco e romano e
poi
ancora
bizantini, arabi e normanni, angioini e
spagnolì,
fino
alle
memorie
d'età
risorgimentale. Reperti e tanta storia che i
pochi cenni da depliant turistico stimolano
semmai ad approfondire e leggere per intero.
Di Milazzo si parla tra il IX e l'VIII secolo a.C.,
ovvero fin dall'epoca della colonizzazione
greca. In età romana il nome della città è
legato, tra l'altro, alla splendida vittoria che le navi, dotate di "corvi" , del
console
Caio Duilio riportarono,
nel
260
a.C., sui
cartaginesi.
Sotto i bizantinì, Milazzo fu tra le prime sedi vescovili della Sicilia. Venne poi
espugnata dagli arabi che la fortificarono e ne fecero importante centro
commerciale ed agricolo.
A tale periodo, tra il 976 e il 1100, risale il suggestivo Castello che subirà
modifiche in epoca normanna, sveva e aragonese. Oggi quelle vetuste mura
accolgono, per via di un capiente anfiteatro, spettacoli e concerti d'alto livello.
Col succedersi dei secoli, si avvicendano a Milazzo i personaggi che hanno fatto
la storia: da Ruggero il Normanno a Federico II di
Svevia, ad Alfonso d'Aragona; e poi ancora a Carlo
d'Angiò.
Una passeggiata nella città culturale pone a
contatto con i ruderi del trecentesco palazzo dei
Giurati e il Duomo seicentesco; alla metà del XVI
secolo risale la cinta muraria spagnola. Parecchie
le chiese milazzesi degne di una non fugace visita,
a cominciare dal Santuario di S. Francesco da
Paola e quello di S. Antonio da Padova.
Forse fu qui che Ulisse naufrago incontrò il mitico ciclope ed è forse questa la
terra dove, secondo la descrizione omerica, pascolavano gli armenti del Dio
Sole. Milazzo tra mito e storia, al di là di una antica rivendicazione che ha
agitato tante località desiderose ed orgogliose d'essere identificate come luogo
39
toccato dall'errabondo re di Itaca, vanta comunque le sue vetuste origini. I
riferimenti storici degli antichi cronisti, tra i più autorevoli, fissano la sua
fondazione ad opera dei greci nel 716 a. C., ovvero nell'epoca della prima
colonizzazione della Sicilia.
Per tanta longevità e per origini così nobili, quella che fu dagli antichi chiamata
"Aurea Chersoneso" era terra ricca di vegetazione; acque e verde riempivano
le ridenti e fertili pianure ed un clima mitissimo sulle sponde del Tirreno
favoriva, secondo le leggende, il soggiorno degli dei dell'Olimpo.
La "penisola del Sole" costituiva un punto d'approdo per raggiungere le
"settesorelle" le magiche isole dove, con Eolo, dio del vento, abitavano ninfe,
satiri giocondi e sileni vogliosi di vino e di appetitose fanciulle.
Di quel mondo di favola, eden pagano ed insieme aspirazione ideale di
comunità che sapevano fantasticare, oggi rimane, a dispetto dell'avanzata,
spesso devastante, del progresso, un sapore indistrutto. Sì, è passata la civiltà
industriale, ma non ha cancellato quel che rimane immortale, ovvero la poesia,
il mito, la bellezza e il fascino del paesaggio, le tracce della storia.
E le isole del Dio sono ancora lì, ombre fuggenti nelle notti chiare e negli
assolati mattini d'estate, quando la foschia è nebbia di sogno.
Quel promontorio che si allunga sul mare deve averlo plasmato di certo un Dio,
forse Eolo stesso che vi soffiò sopra aure vitali; un dio come quello biblico che
afferra una manciata di terra e la modella per farne un uomo. Così quella
striscia ha l'aria d'essere stata lanciata da sacra mano perché prendesse
forma, quella di un dito che vuol indicare che più in là, lontane tra l'azzurro del
Tirreno, si ergono bellissime le isole dell'arcipelago eoliano, una sorta di divina
segnaletica turistica, la meta per un mistico appuntamento, per una pietà
religiosa o una pratica d'amore.
Così forse videro capo Milazzo i primi abitatori dell'età neolitica, presenti per
storiche certezze, per i segni tipici che furono propri di quell'età fuori del
tempo, oscura e pulsante di vita, misteriosa e affascinante come tutta la
preistoria, qui o altrove, con quel carico di indecifrabili avanzi che posseggono
la
sola
certezza
dell'incerto.
La millenaria storia di Milazzo comincia nel regno delle ombre, quando la storia
non è ancora storia e ci conduce ai giorni nostri, nell'età che viviamo, palpabile
e
certa.
Il reale di questa terra cade sotto gli occhi di tutti, soprattutto del gran mondo
che si muove, che gira, che ricerca mito e storia per rendere gradevole la
propria vacanza.
L'Aurea Chersoneso oggi è una perla esaltata dal turismo internazionale.
40
Itinerario di visita n. 1
Vaccarella, Borgo, Castello, Marina Garibaldi
IL PALAZZO DEI MARCHESI D’AMICO
L’itinerario si snoda tra la parte alta dell’abitato, il suo quartiere marinaro per
antonomasia ed il suggestivo lungomare di levante. S’inizia con la visita alle
lussuose sale del settecentesco Palazzo dei Marchesi D’Amico, residenza di
una delle famiglie milazzesi più facoltose, proprietaria sino alla metà del secolo
scorso di alcune tonnare cittadine e di ubertosi vigneti destinati alla produzione
del vino da taglio che Milazzo esportava in abbondanza anche verso i mercati
d’Oltralpe.
Il palazzo, recentemente restaurato, ospita oggi la Biblioteca Comunale (al
secondo piano, dove è possibile ammirare un cospicuo fondo librario arricchito,
tra l’altro, da incunaboli e cinquecentine) ed è sede di frequenti convegni,
esposizioni ed incontri culturali, che si svolgono perlopiù al primo piano
(cosiddetto piano nobile), dove pavimentazioni settecentesche, affreschi alcuni dei quali risalenti ai primi del Novecento - ed antiche carte da parati
impreziosiscono gli interni di questa austera residenza, la cui facciata,
realizzata nella prima metà del XVIII sec., è ingentilita da pregevoli decorazioni
in pietra da taglio.
La facciata settecentesca del Palazzo dei Marchesi D’Amico
Nei locali del piano nobile, ben climatizzati, sono esposti alcuni cimeli
risorgimentali, tra i quali spiccano lo scrittoio ed il letto utilizzati da Giuseppe
Garibaldi nella vicina Merì alla vigilia della storica battaglia di Milazzo del 20
luglio 1860. Interessanti anche un quadro di Menotti Bruno (1898) raffigurante
il patriota sen. Domenico Piraino, un ritratto ottocentesco di Giuseppe Garibaldi
recentemente restaurato ed un busto marmoreo di Umberto I, opera dello
scultore milazzese Francesco Greco (1881).
41
Palazzo dei Marchesi D’Amico, affreschi del salone centrale del piano
nobile
LA CHIESA DI S. FRANCESCO DI PAOLA
Uscendo dal portale del Palazzo dei Marchesi D’Amico ed incamminandosi verso
sinistra si giunge dopo appena dieci metri ad un vicolo in salita (vico Galletti)
che conduce alla storica chiesa di S. Francesco di Paola, ben visibile sullo
sfondo. Annessa all’attiguo convento, venne fondata dall’omonimo santo
intorno al 1464, per poi essere
rimaneggiata nei secoli successivi, da
ultimo intorno alla metà del Settecento,
quando venne dotata di un’elegante
facciata impreziosita da decorazioni in
pietra da taglio e di un ciclo di affreschi
andato perduto e sostituito da quello
eseguito nel 1914 da Raffaele Severino.
Al 1914 risalgono altresì le artistiche
vetrate
realizzate
da
Salvatore
Gregorietti.
Tele
e
pale
d’altare
arricchiscono l’aula della chiesa: tra le
altre, una firmata e datata da Letterio
Paladino (1723). Tra le opere d’arte
spiccano un coro ligneo, una statua
marmorea della Madonna col Bambino di
scuola gaginiana, recante alla base lo
stemma dei Ventimiglia, ed il simulacro
di San Francesco di Paola, presente in
marmo (XVIII sec.) anche nella scalinata
antistante
la
chiesa,
scalinata
42
recentemente ampliata con balaustre perfettamente analoghe a quelle originali
situate vicino al portale d’ingresso del tempio.
I Milazzesi sono molto affezionati a questa chiesa per la profonda devozione al
loro Santo più caro, patrono della gente di mare, la cui affollatissima
processione (prima domenica di maggio) è seguita il martedì successivo
dall’altra della “Berrettella” (custodita in reliquiario d’argento) che lo stesso
San Francesco indossava in vita. Quest’ultima processione si svolge in parte sul
mare e culmina con una breve cerimonia nello specchio d’acqua antistante la
Marina Garibaldi.
L’elegante facciata della chiesa di S. Francesco di Paola
Nella chiesa si conservano i resti di S. Candida, una Martire delle catacombe di
S. Ciriaca in Roma, traslata a Milazzo nel XVIII secolo, come attesta peraltro
chiaramente un’antica certificazione di autenticità delle reliquie sottoscritta dal
Vescovo di Porfiria nel 1784. Una Martire dei primi secoli della Chiesa di Roma,
dunque, non la pia, devota ed omonima contemporanea milazzese del Santo di
Paola, cui spesso vengono erroneamente associati questi resti custoditi entro
teca in una cappelluccia ubicata dirimpetto alla Sacrestia, dove invece si può
ammirare un pregevolissimo armadio ligneo.
Sotto la pavimentazione, recante iscrizioni sepolcrali di famiglie gentilizie, è
custodita, ma al momento è inaccessibile, la cripta, dove in un cartiglio si legge
la data 1770. All’esterno della chiesa, nella facciata laterale rivolta verso nord,
una palla di cannone fa bella mostra di sé a ricordo della nota battaglia
risorgimentale tra le truppe garibaldine e quelle borboniche (20 luglio 1860).
La chiesa custodisce tra le altre la tomba del patriota milazzese sen. Domenico
Piraino, vissuto nell’Ottocento.
IL PALAZZO DEL GOVERNATORE
Uscendo dalla chiesa, si consiglia d’imboccare la via in salita intitolata alla
memoria di Giuseppe D’Amico Rodriquez, aristocratico milazzese che abitava
nel bel palazzo, purtroppo abbandonato al degrado, che un tempo fu dimora
del
governatore,
la
massima
autorità
militare
di
Milazzo.
La costruzione del palazzo, impropriamente denominato «dei Viceré», ebbe
inizio nel 1612 in seguito all’adozione da parte degli amministratori comunali
dell’epoca di una concessione edilizia, che autorizzava Francesco Baeli, primo
proprietario dello storico edificio, ad innalzare il fabbricato, la cui facciata è
impreziosita da stupende mensole figurate (i cosiddetti cagnoli).
43
Il portale principale del Palazzo del Governatore
L’edificio venne interessato nel tempo da diversi interventi di manutenzione:
documentati quelli del 1724, 1787 e 1811. Gravemente danneggiato dal
terremoto del 28 gennaio 1831, venne ricostruito nelle forme attuali da
Giuseppe D’Amico Rodriquez, che avviò l’acquisizione delle quote di proprietà
degli eredi Baeli.
Il Palazzo del Governatore, attualmente di proprietà dell’ente morale “Regina
Margherita”, ebbe tra i suoi illustri ospiti Luigi Filippo d’Orleans, re di Francia
nella prima metà dell’Ottocento.
La visita prosegue al più importante bene culturale cittadino, cui si giunge
percorrendo la via Duomo antico, che si imbocca dopo essere passati di fronte
alla chiesetta di S. Gaetano (o Madonna della Catena) ed alla settecentesca
badia benedettina, che ospitò le monache dopo il loro abbandono della città
murata.
IL CASTELLO (CITTA’ MURATA)
Cuore della città e sua principale ragion d’essere, il Castello di Milazzo sorge in
uno dei pochi luoghi del Mediterraneo ininterrottamente abitati dall’uomo da
almeno cinquemila anni. La possente rocca naturale, da cui prese nome la città
greca, aveva già visto fiorire la civiltà del neolitico, del bronzo e del ferro, e
44
continuò ad essere fortezza di primaria importanza per il controllo della costa
settentrionale della Sicilia e del suo mare sotto i Greci, i Romani e i Bizantini,
anche se la natura rocciosa del suolo, il suo declivio ed il suo sconvolgimento
per la costruzione delle cinte bastionate non hanno lasciato traccia alcuna delle
fortificazioni erette prima della conquista araba.
Planimetria della città murata (foto d’archivio)
Rimangono soltanto alcune preziose testimonianza di vita quotidiana:
rinvenute casualmente entro il perimetro murario del maniero, attestano la
presenza dell’uomo già in età classica. È il caso, ad esempio, della moneta
mamertina rinvenuta nel 2005 nell’area antistante il monastero delle
benedettine e raffigurante il Dio Adranos (III sec. a. C.) o di quella, risalente
ad un secolo prima e coniata dalla zecca di Siracusa, che raffigura un
ippocampo al diritto e la testa di Atena al rovescio. Testimonianze di notevole
valore storico che, unitamente ai numerosi conci a vernice nera raccolti dal
piano di calpestio, rendono ormai indifferibile l’esecuzione di nuove campagne
di scavi da parte della Sovrintendenza.
L'ippocampo nella moneta del IV sec. a. C. rinvenuta nella città
murata.
45
Il Mastio, che sorge sul punto più alto dello sperone roccioso a strapiombo sul
mare e chiude un’ampia ed ariosa corte, ha come suo nucleo più antico la torre
detta “saracena” e come suo ambiente più pregevole l’elegante salone
all’interno del quale si trova un possente camino. Iniziato forse sotto gli Arabi,
ampliato dai Normanni, il Mastio assunse la sua struttura attuale (come
rivelano le otto torri angolare e mediane) sotto Federico II di Svevia. Alcuni dei
conci in pietra lavica che ornano le strutture murarie delle torri e del salone
recano ancora oggi i marchi dei lapicidi, geometrici contrassegni che
consentivano di riconoscere – e conseguentemente controllare e remunerare –
il lavoro dei singoli maestri impegnati nel cantiere milazzese.
Il Mastio col suggestivo sfondo dell'Etna innevata
(foto by Marco Milazzo)
Successivamente, sotto gli Aragonesi, il Mastio normanno-svevo venne
protetto dal tiro delle armi da fuoco attraverso la costruzione, alla fine del
Quattrocento, della cinta bastionata che lo racchiude (cosiddetta cinta
aragonese). Infine, nel Cinquecento gli Spagnoli, per proteggere la città e la
costa dai pirati barbareschi che avevano saccheggiato le Eolie e la Calabria e
per avere un’imprendibile fortezza da cui controllare Messina, innalzarono la
poderosa cinta muraria contraddistinta dalle numerose caditoie destinate alla
difesa piombante.
Con la costruzione della cortina cinquecentesca (cosiddetta cinta spagnola)
l’intero complesso fortificato assunse la fisionomia di una vera e propria città
murata, entro la quale erano ubicati i palazzi del potere, dalle sede municipale
agli uffici giudiziari, cinque-sei edifici di culto, oltre alla chiesa madre innalzata
alle soglie del Seicento, e le numerosissime abitazioni civili di coloro i quali
dimoravano all’interno della stessa città murata. Un complesso di fabbricati
pubblici e privati del quale oggi, se si eccettuano l’antico duomo e la
secentesca badia benedettina, non rimangono altro che i perimetri murari di
base, solo in parte affioranti in superficie.
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Una suggestiva immagine della cinta spagnola (gentile concessione
SiciliAntica Milazzo)
Imponente e suggestiva, la poderosa cinta spagnola, che comprende la
cortina e i due bastioni ad essa affiancati (denominati rispettivamente «di
Santa Maria» e «delle Isole»), è il risultato della progettazione di alcuni dei
migliori ingegneri militari del tempo. Tra questi, il bergamasco Antonio
Ferramolino, al quale si deve la realizzazione di uno dei luoghi più affascinanti
e suggestivi dell’intera città murata: la galleria di contromina del bastione delle
Isole, un lungo e tenebroso cunicolo, ricavato nel perimetro murario dello
stesso bastione, che aveva lo scopo di prevenire gli attacchi delle mine
nemiche, ossia dei tunnel sotterranei realizzati dagli assedianti al fine di
raggiungere la base delle fortificazioni onde collocarvi potenti cariche esplosive
capaci di distruggerle. Proprio per prevenire tali attacchi il Ferramolino
consigliò la realizzazione di una galleria di contromina, dove l’assediato
avrebbe pazientemente vigilato ascoltando l’eventuale approssimarsi dei colpi
di piccone della costruenda mina nemica, che, non appena intercettata,
sarebbe stata prontamente neutralizzata.
Questo complesso sistema di fortificazioni non venne mai espugnato: non ci
riuscirono neppure gli Spagnoli, che l’avevano eretto, quando tentarono da qui
di riconquistare la Sicilia perduta. E lo stesso Garibaldi fermò la sua avanzata
vittoriosa sotto le mura del Castello, finché l’esercito borbonico, per il collasso
dello Stato napoletano, non si arrese.
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Il Duomo antico con il mare di levante sullo sfondo
Cominciò allora il declino della città murata: il Duomo antico, eretto a partire
dal 1607 - è caratterizzato da forti membrature di sapore michelangiolesco, da
una facciata recante meridiana, zodiaco ed una scultura in marmo raffigurante
S. Maria col Bambino, nonché da eleganti geometrie in pietra da taglio di
Siracusa tanto all’interno quanto all’esterno, oltre che da altari arricchiti da
stupende tarsie marmoree - fu abbandonato al vandalismo ed al degrado (la
graduale distruzione venne inaugurata dai garibaldini, prima, e dalle truppe del
giovane Regno d’Italia, dopo) mentre il Mastio diventava un carcere,
rimanendo tale sino al 1960.
È solo da qualche decennio che la città ha cominciato a riappropriarsi di quello
che un tempo era il suo cuore pulsante. In questi anni, la realizzazione di un
teatro all’aperto, i restauri dell’antico Duomo (di cui ancora oggi non si conosce
il nominativo del progettista, mentre si conosce quello dell’architetto nonché
capomastro palermitano - Giuseppe Gasdia - che ne ha diretto il cantiere dal
1615 circa) e quelli parziali di diversi ambienti delle cinte murarie hanno
rappresentato indubbiamente alcuni decisivi passi in avanti in direzione del
recupero di una delle fortificazioni più importanti della Sicilia.
ANTICHI REPERTI IN MOSTRA - Entro la Sacrestia dell'antico Duomo è
possibile ammirare la mostra permanente allestita nel 2005 dalla Società
Milazzese di Storia Patria (in collaborazione col Comune di Milazzo e la
Sovrintendenza ai BB. CC. e AA. di Messina) sui reperti rinvenuti all’interno del
complesso fortificato: ben 232 antiche monete, bottoni di divise militari, pipe e
fischietti in terracotta, medagliette devozionali, pietre focaie ed antichi
proiettili, ditali, e, tra l’altro, la riproduzione dell’orribile “gabbia di Milazzo”
rinvenuta nel 1928 ed oggi custodita presso il Museo Criminologico di Roma.
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Il Castello normanno-svevo-aragonese visto dal fortino dei Castriciani
IL FORTINO DEI CASTRICIANI E LO SCARABEO
Abbandonata la città murata si consiglia una passeggiata lungo le mura
esterne dell’antico maniero. Costeggiando il bastione di S. Maria ci si immette
nel vicoletto che consente di raggiungere il panoramico fortino dei Castriciani
con annesso piazzale, la cui denominazione trae origine dagli abitanti di
Castroreale preposti qualche secolo fa alla custodia di questa fortificazione
avanzata. Il fortino, purtroppo in avanzato stato di degrado, è postazione
panoramica privilegiata che consente di gustare la vista mozzafiato delle isole
Eolie nonché dell’antico Duomo e delle diverse fortificazioni della città murata
che si innalzano sull’altura rocciosa e selvaggia. Ma soprattutto si può
ammirare la porzione iniziale della penisola milazzese, che si protende sinuosa
tra i due mari di levante e di ponente. E’ consigliata la visita al fortino durante
il tramonto.
Scendendo giù, in direzione sud, si giunge al piazzale dove sorgono le chiese
dell’Immacolata e di S. Rocco, con altri punti panoramici, dai quali si osserva
meglio la città bassa. Tornando indietro (percorso consigliato) si prosegue
invece verso le vie Trincera e Papa Giovanni XXIII, ossia lungo la cinta
spagnola della città murata, la cui cortina - collocata tra i possenti bastioni di
S. Maria e delle Isole e caratterizzata dalle numerose caditoie destinate alla
difesa piombante – è fronteggiata dal rivellino avanzato di S. Giovanni,
costruito nel 1646 e collegato un tempo alla cortina cinquecentesca o spagnola
da un ponte levatoio, accennato nel corso dei recenti lavori di restauro.
49
La penisola milazzese tra i mari di levante e ponente vista dal fortino
dei Castriciani
Superato il bastione delle Isole, un ampio piazzale panoramico consente infine
di osservare il Tono, altro quartiere marinaro di Milazzo, sede un tempo
dell’omonima tonnara, e soprattutto il misterioso “scarabeo”, realizzato lungo
le mura di recinzione del Castello verisimilmente in età normanna. Si tratta di
una sorta d'insetto costituito da conci parallelepipedi in pietra lavica, le cui ali
pare abbiano avuto anticamente la funzione di quadranti solari. In tal senso
una serie di studi approfonditi è stata recentemente condotta dallo studioso
milazzese Carmelo Fulco, il quale sta provvedendo a rilevare sistematicamente
e periodicamente le varie registrazioni astronomiche allo scopo di svelare
quanto prima il mistero che si nasconde dietro questa suggestiva antica
decorazione in pietra lavica, della quale già alle soglie del Settecento
s'ignorava la funzione.
Lo scarabeo (denominato anche «gli occhi di Milazzo»).
Da notare l’ombra riflessa dalla semisfera
dell’occhio destro sull’ellisse rialzata rispetto all’intonaco. Era un
quadrante solare?
50
Chiesa del Rosario, particolare degli affreschi di Domenico Giordano
(1789)
CHIESA DEL ROSARIO O S. DOMENICO
Percorrendo la via S. Giuseppe si giunge alla chiesa del Rosario, parte
integrante del vasto convento di S. Domenico fondato, come la stessa chiesa,
nel XVI sec. La semplice facciata del tempio fronteggia la scalinata che
conduce all’ingresso principale della città murata. La chiesa, a tre navate
separate da colonne, è sormontata da un elegante ciclo di affreschi firmato e
datato (Domenico Giordano, 1789) e custodisce al proprio interno antiche e
pregevoli opere pittoriche (qualcuna attribuita a Filippo Jannelli), tra le quali il
quadro - un tempo nella chiesa dei Cappuccini - raffigurante la Madonna degli
Abbandonati («Nuestra Senora de los desanparados de Valencia»), donata da
alcuni cittadini spagnoli di Valenzia in servizio nella fortezza di Milazzo nel
Seicento. Pregevole un paliotto ligneo dipinto in azzurro ed oro recante lo
stemma della nobile famiglia Cumbo. L’aula della chiesa è impreziosita da
lapidi marmoree sepolcrali munite di stemmi ed iscrizioni, da un coro ligneo e,
tra l’altro, da un sarcofago marmoreo risalente al 1625. Si conserva altresì la
statua della Madonna del Rosario, che ad ottobre viene condotta in
processione: è stata realizzata dall’artista Luigi Guacci di Lecce nei primi
decenni del Novecento.
Interessanti anche i locali, solo parzialmente recuperati, dell’annesso convento
che ospita un elegante chiostro in corso di restauro. Piuttosto elegante il
piccolo oratorio del Nome di Gesù, limitrofo alla chiesa ed arricchito da
numerose opere d’arte.
51
IL QUARTIERE MARINARO DI VACCARELLA
Abbandonata la chiesa del Rosario e scendendo lungo l’attigua scalinata (Erta
S. Domenico), si giunge alla pittoresca porzione del lungomare di levante
adibita al ricovero delle numerose imbarcazioni da pesca di proprietà degli
abitanti del rione Vaccarella, che recentemente si sono efficacemente riuniti in
sodalizio (Associazione “Nino Salmeri”) allo scopo di rendere più ordinato e
gradevole il litorale. La spiaggia dei pescatori si suddivide oggi in quattro
settori, “S. Andrea”, dal nome dell’omonima chiesetta di cui restano soltanto i
ruderi ed una statuita lignea custodita entro teca nella piazzola ubicata lungo il
mare, “Padre Pio”, così è denominata la serie di aiuole ben curate che ospitano
la statua del Santo di Pietralcina, “S. Francesco di Paola”, in prossimità della
piccola fortificazione antiaerea costruita durante il secondo conflitto mondiale
ed oggi abbellita da una bella raffigurazione pittorica del Patrono della gente di
mare, e “Madonna della Neve”, quasi dirimpetto alla chiesa di S. Maria
Maggiore.
Procedendo lungo il marciapiede con ringhiera che procede parallelamente alla
spiaggia è possibile osservare il paziente lavoro quotidiano dei pescatori, alcuni
dei quali intenti ad eseguire piccoli interventi di manutenzione alle proprie
imbarcazioni, altri a stendere al sole le proprie reti o a prepararsi alla pesca
notturna. Ma soprattutto è possibile gustare la variopinta ed affascinante flotta
di grandi e piccole barche da pesca realizzate perlopiù nei cantieri di valenti
carpentieri navali milazzesi, dai fratelli Providenti a Francesco, Ninài e Stefano
Salmeri, oltre alle barche costruite dall’ancor vivente maestro Caizzone in
contrada Grunda.
Tra le numerose barche da pesca, fanno bella mostra di sé gli antichi lavatoi
impiegati sino alla metà del secolo scorso dalle moglie dei Vaccariddòti, i quali
mantengono inalterato ancor oggi il loro profondo legame col mare e con la
pesca. Passeggiando al mattino lungo la spiaggia, all’ombra dei profumatissimi
eucalipti e gustandosi la brezza marina, s’incontrano numerosi banchi adibiti
alla rivendita del pesce appena pescato, come
ad esempio le lunghe spatole, catturate grazie
all’ausilio del conzo, un mastello di plastica il cui
bordo superiore ospita un cerchio ligneo a sua
volta destinato ad accogliere centinaia di ami
legati a decine e decine di metri di lenza.
Il visitatore attento non può non rimanere
colpito dalla maestria dei pescatori-rivenditori
intenti a pulire, con secchi e decisi tagli eseguiti
cogli usuali coltellacci, le spatole acquistate dai
clienti.
La passeggiata al lungomare di Vaccarella è resa
ancor più gradevole da un susseguirsi di antichi
fabbricati pubblici e privati, contraddistinti da
settecentesche mensole figurate (“cagnoli”) e da
52
eleganti portali in pietra da taglio, con facciate dipinte coi tradizionali colori
cittadini, come il «rosino milazzese». Spiccano, tra gli altri, il palazzo
Catanzaro, ubicato a pochi metri dal Palazzo dei Marchesi D’Amico, la casa
Cumbo, la cui facciata si fonde con quella laterale della chiesa di S. Maria
Maggiore, ed il diruto Asilo Infantile Calcagno, di proprietà comunale e
terminato nel 1903 in stile neogotico.
La passeggiata a Vaccarella non può non includere una capatina alla romantica
spiaggetta della Croce di Mare, che ospita tra gli scogli un’edicola votiva
posta dirimpetto alla graziosa residenza dei Caravello, la quale sembra vigilare
la placida serenità del luogo, sormontato dal panoramico convento dei
Cappuccini e dal monumento funerario del nipote del generale Zumjungen,
comandante della piazza di Milazzo durante il tremendo assedio spagnolo
subito da Milazzo nel biennio 1718/19.
Una visita merita infine la chiesa del rione, uno dei luoghi simbolo del
Risorgimento milazzese.
La storica chiesa del rione Vaccarella: S. Maria Maggiore
CHIESA DI S. MARIA MAGGIORE
La bella facciata in stile neoclassico, eseguita verisimilmente nella prima metà
del XIX sec, contrasta con l’interno in stile rococò. Un pregevole ciclo
d’affreschi eseguito da Scipio Manni nel 1762, raffigurante tra l’altro la
“cacciata dei mercanti dal tempio”, impreziosisce l’aula, adornata da piacevoli
stucchi ed i cui altari laterali recano invece modesti rivestimenti marmorei.
Nella chiesa si venera la Madonna della Neve, della quale si conserva sull’altare
maggiore un quadro del Settecento ed il cui culto negli ultimi anni è stato
oggetto di crescente interesse da parte dei fedeli Milazzesi. Alcuni anni fa è
stata commissionata ad un artista di Ortisei (prov. di Bolzano) un’artistica
statua lignea della Madonna che riproduce fedelmente questo quadro del
53
Settecento: intorno al 5 agosto di ogni anno viene condotta per le vie del
quartiere in una suggestiva processione che in gran parte si svolge sul mare,
accompagnata dalle barche dei pescatori del rione: un connubio ben riuscito di
fede e folklore in piena stagione turistica.
L’esterno della chiesa – il suo campanile è stato parzialmente demolito in
seguito al terremoto del 1908 - è attorniato da un bel sagrato semicircolare
che ospitò il meritato riposo di Giuseppe Garibaldi dopo le fatiche della
battaglia di Milazzo del 20 luglio 1860.
Tra i tradizionali appuntamenti della Parrocchia di S. Maria Maggiore,
amorevolmente gestita dai Padri del convento di S. Francesco di Paola,
conviene ricordare la suggestiva processione di Gesù Bambino per le vie del
quartiere marinaro di Vaccarella (si svolge il giorno dell’Epifania alle 6,00 del
mattino).
Non solo appuntamenti religiosi per i parrocchiani, che in estate, precisamente
il sabato che precede la festa della Madonna della Neve, partecipano numerosi,
unitamente ai turisti, alla “Sagra del Pesce”, organizzata dalla U.S. “Giovanni
Cambria”.
VACCARELLA ARCHEOLOGICA
Chissà com’era la vita a Milazzo duemila anni fa, senza traffico frenetico, i-pod,
i-pad ed altre diavolerie di ultima generazione. Diversa, molto diversa,
risponderemmo tutti. Eppure c’è un luogo in cui il tempo pare essersi fermato.
E’ Vaccarella, il pittoresco rione marinaro dove da millenni si rinnova
quotidianamente il rito a volte selvaggio della pesca.
Duemila anni fa qui la vita scorreva non molto diversamente da oggi. Come
alla Mezzaluna, questa la denominazione della piazzetta in cui, a due passi dai
ruderi dell’Asilo Calcagno, ci accomodiamo ai tavolini del bar per gustarci un
buon gelato. Sotto quei tavolini nel 1998 la Sovrintendenza di Messina riportò
alla luce alcune vasche impermeabilizzate in cui nel I sec. d. C. si eseguiva la
lavorazione del pesce. Interessante il contenuto della vasca “numero 4”, piena
zeppa di resti di tonno. Un po’ più in là, dirimpetto la porta del ristorante,
precisamente davanti l’antica fontanella comunale costruita nel 1883, un altro
eccezionale rinvenimento: un deposito di antichissime anfore romane (perlopiù
Dressel 21/22), in cui venivano conservate fette di pesce salato o squisita salsa
di pesce (“garum”), verisimilmente lavorate nelle limitrofe vasche
impermeabilizzate. Oggi un nutrito campione di tali reperti è esposto nelle
eleganti sale dell’Antiquarium Archeologico “Domenico Ryolo” di via
Impallomeni.
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Gli scavi alla Mezzaluna: vertebre di tonno (Antiquarium archeologico
"D. Ryolo")
Che Vaccarella fosse un borgo di pescatori già in età classica è testimoniato
dalle recentissime indagini archeologiche eseguite nel palazzotto Lo Miglio (a
due passi dalla chiesa di S. Maria Maggiore), dalle fondazione del quale sono
emersi resti di pesce forse simili a quelli rinvenuti nel 2001 in uno scavo
eseguito durante l’allestimento dell’hotel Garibaldi,dove inoltre è stata
rinvenuta una stupenda iscrizione marmorea in latino risalente alla prima età
imperiale romana. Chissà quali altre sorprese ci riserverà in futuro Vaccarella.
LA MARINA GARIBALDI E VIA GIACOMO MEDICI
Lasciata la chiesa di S. Maria Maggiore ci si può immergere nella vastità del
lungomare di levante, magari accomodandosi ad una delle numerosissime
panchine della Marina, la passeggiata dei Milazzesi, contraddistinta
dal Monumento ai Caduti del XX luglio 1860inaugurato nel 1897 alla
presenza di Francesco Crispi (è opera dello scultore milazzese Francesco
Greco).
55
Una suggestiva veduta della Marina col Castello sullo sfondo
Nel tratto di Vaccarella il lungomare accoglie il pontile “S. Maria Maggiore”,
adibito al ricovero di numerose imbarcazioni da diporto. Numerosi i palazzi e le
dimore gentilizie che si affacciano sul lungomare, dal neogotico Palazzo
Siracusa al già citato settecentesco Palazzo dei Marchesi D’Amico. La
passeggiata in Marina può essere deviata nel salotto dei Milazzesi, la via
Giacomo Medici, che si apre tra la chiesa di S. Giacomo ed il neoclassico
palazzo dei Proto: accessibile solo ai pedoni, questa strada ospita tra gli altri
il palazzo Catanzaro, quello dei Bonaccorsi-Merlo (già
Via Giacomo Medici, salotto di Milazzo
Il Palazzo Municipale, costruito a fine Ottocento su disegni dell’ing.
Giuseppe Ryolo
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Cumbo) recentemente ristrutturato (ospitò nel 1897 Francesco Crispi) e
l’altro palazzo Bonaccorsi, tra i luoghi-simbolo della Milazzo garibaldina.
Quest’ultimo edificio, che ospitò il generale Giacomo Medici, si affaccia con un
bel loggiato al primo piano sulla via Francesco Crispi, dove sorge maestoso
il Palazzo Municipale, eretto su progetto dell’ing. milazzese Giuseppe Ryolo
negli anni Ottanta dell’Ottocento. Alle spalle del Municipio, nella piazza
intitolata a Caio Duilio - protagonista della storica vittoria del 260 a. C.(la
prima dei Romani in una battaglia navale) sulla flotta cartaginese nelle acque
di Milazzo - l’ala occidentale del Convento dei Carmelitani, con bel portale in
pietra da taglio sormontato dallo stemma dell’ordine, e l’attigua chiesa del
Carmine, al momento chiusa al culto, la cui elegante facciata ospita la
statuina marmorea della Madonna del Carmelo, commissionata dal milazzese
Baldassarre Valenti nel 1632. Tornando alla Marina merita un cenno il
monumento - finanziato negli anni Sessanta dalla Regione Siciliana - all’eroico
ammiraglio Luigi Rizzo (1887-1951), il figlio più illustre di Milazzo, il marinaio
più decorato d’Italia che il 10 giugno 1918 (in questo giorno si celebra ogni
anno la festa della Marina Militare italiana) affondò nelle acque di Premuda col
suo MAS la corazzata austro-ungarica Santo Stefano.
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Itinerario di visita n. 2
Duomo, piazza Roma, S. Papino e Tono
IL DUOMO DI S. STEFANO
E’ lungo la via Antonino Cumbo Borgia che sorge il nuovo Duomo della città,
intitolato al Patrono S. Stefano ed innalzato negli anni Trenta del Novecento,
anche se i lavori si sarebbero protratti sino alle soglie degli anni Cinquanta.
Architettonicamente modesta, la matrice è impreziosita da una ricca quadreria,
in parte proveniente dall’antico Duomo del Castello, come nel caso delle due
tavole gemelle cinquecentesche - opera di Antonello De Saliba, nipote di
Antonello da Messina - raffiguranti i SS. Pietro e Paolo, una delle quali presenta
un cartiglio recante l’anno 1531 e la dicitura «Lu Mastru Antonellu Resaliba
pinsit». Al De Saliba è attribuita anche una “Natività”, che raffigura il Bambino
entro una madia, tra la Madonna e S. Giuseppe, un monaco inginocchiato ed
un pastore, tutti sormontati da un Angelo che sorregge un cartiglio recante la
dicitura «Gloria in excelsis Deo».
S. Nicola e storie della sua vita
Dall’antico Duomo proviene anche la pala d’altare, posta lungo la navata di
sinistra, raffigurante i SS. Martiri Milazzesi: venne commissionata dagli
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amministratori comunali nel 1622 e raffigura una bella veduta della città.
Dall’antica chiesa dell’Annunziata, della quale entro la città murata sopravvive
soltanto l’abside con decorazioni in pietra da taglio, provengono invece una
tavola quattrocentesca (Antonio Giuffrè, attr.) ed un gruppo marmoreo di
scuola gaginiana raffiguranti “L’Annunciazione”. Dalla chiesa di S. Nicola,
ubicata un tempo di fronte l’antico Duomo, giunge infine l’opera pittorica
attribuita ad Antonio Giuffrè “San Nicola e storie della sua vita”,
commissionata, come attesta lo stemma in basso, dall’aristocratica famiglia
D’Amico-Anzalone. Completano la quadreria, tra l’altro, due pale d’altare del
Settecento attribuite a Scipio Manni (“Annunciazione” e “Adorazione dei Magi”).
L’opera d’arte maggiormente venerata dai Milazzesi rimane comunque la
statua policroma del Santo Patrono S. Stefano, realizzata nella seconda metà
del XVIII sec. e portata in processione ai primi di settembre.
LA NECROPOLI TARDOROMANA E PROTOBIZANTINA
Uscendo dalla Matrice, dirimpetto la facciata principale, è possibile osservare i
resti di una necropoli tardoromana e proto bizantina (V-VII sec. d. C.), dove
intorno al 1995 sono state rinvenute alcune anfore commerciali, unitamente a
preziosi braccialetti in osso lavorato, lucerne e ampolle in vetro. Tali corredi
sono oggi custoditi presso l’Antiquarium archeologico di via Impallomeni. Quel
che è possibile osservare, al di sotto della moderna copertura in vetro, è solo
una piccola porzione della ben più vasta area archeologica riemersa dagli scavi,
un vero e proprio cimitero monumentale (circa 90 sepolture) mai prima
oggetto di esplorazione archeologica. Interessanti, in particolare, le anfore da
trasporto rinvenute tra le sepolture e riutilizzate per l’inumazione dei bambini.
IL TEATRO TRIFILETTI
Procedendo in direzione nord, dopo aver
costeggiato il sobrio fabbricato - innalzato negli
anni Trenta - che ospita le scuole elementari
intitolate allo storico cittadino Giuseppe Piaggia,
si giunge al Teatro Trifiletti, fondato all’inizio del
Novecento dall’omonimo imprenditore, facoltoso
intermediario di vini da taglio prodotti nella Piana
di Milazzo, importatore dalla Gran Bretagna di
carboni rivenduti alle industrie del comprensorio
e primo milazzese a credere nel turismo: fondò,
tra l’altro, tre piccole strutture alberghiere.
I tre ordini di palchi del Teatro Trifiletti
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Il teatro, contraddistinto da un’architettura semplice ed essenziale, venne
progettato dall’ing. Letterio Savoja. E’ costituito da una platea e da tre ordini di
palchi incastonati nella caratteristica pianta a ferro di cavallo. Nel foyer sono
visibili i resti del ciclo di affreschi di Carlo Righetto, firmati e datati 1912, anno
in cui il teatro venne inaugurato con la rappresentazione del Rigoletto di Verdi
e con una sfavillante illuminazione elettrica, introdotta a Milazzo proprio in quel
periodo.
Negli anni Ottanta la struttura teatrale, per lungo tempo adibita anche a
cinematografo, è stata acquistata dal Comune di Milazzo, che recentemente
l’ha ristrutturata e restituita alla pubblica fruizione.
I GIARDINI DI VILLA VACCARINO
A qualche metro dal Teatro Trifiletti ci si imbatte in due interessanti esempi di
architettura risalenti ai primi decenni del Novecento, il villino Greco, elegante
espressione del Liberty a Milazzo contraddistinto da un’alta torretta, e Villa
Vaccarino, costruita alla fine degli anni Venti, su disegni dell’ing. Gaetano
Bonanno, per l’omonimo industriale. La villa, oggi di proprietà comunale ed
attorniata da una ricca ed elegante cancellata esterna, è sede di uffici
giudiziari. Gli interni sono impreziositi da pregevoli decorazioni pittoriche
(Michele Amoroso) e stucchi.
Davvero suggestivo è il vasto parco annesso alla villa, dove è possibile
accedere durante gli orari di apertura degli uffici giudiziari. Curiosa la vasca
che ripropone la forma della Sicilia, tra piante e fiori di diverso tipo. Osservabili
anche i resti delle fortificazioni annesse all’antico bastione di S. Gennaro, di cui
entro il vasto giardino sopravvive una consistente porzione muraria. Negli anni
Ottanta i giardini di Villa Vaccarino hanno ospitato gradevoli concerti di musica
da camera.
LA CHIESETTA DI S. CATERINA
A pochi metri da Villa Vaccarino si apre piazza Roma, recentemente
ripavimentata ed un tempo denominata “Piano di S. Caterina”, dall’omonima
chiesetta che ospita l’antica statua marmorea di S. Caterina di Alessandria,
scolpita verisimilmente nel 1560 da Giuseppe Bottone, capomastro del fabbrica
del Duomo di Messina. La scultura, custodita in una nicchia attorniata da
stucchi settecenteschi, rappresenta l’unica opera d’arte significativa della
piccola chiesa, contraddistinta da un’architettura semplice e modesta. Il piccolo
edificio - interamente ricostruito nel Settecento - è stato oggetto di recenti
lavori di restauro che hanno riportato alla luce una cripta ed un’acquasantiera
marmorea con l’immagine della titolare.
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IL MONUMENTO AI CADUTI
Al centro di piazza Roma sorge il Monumento ai Caduti della Grande Guerra,
realizzato dallo scultore palermitano Nino Geraci nel 1926, vincitore di un
concorso promosso dal Comune di Milazzo: il suo bozzetto, «Roma 18», riuscì
a prevalere su altri 18 bozzetti giudicati da un’autorevole commissione
esaminatrice composta dall’arch. Ernesto Basile, dal critico d’arte Ugo Fleres e
dallo scultore Mario Rutelli. «Roma 18» prevedeva una coppia di colonne
doriche in pietra bianca di Comiso, ciascuna delle quali sarebbe stata
impreziosita da tre coppie di rostri bronzei e da una vittoria alata, anch’essa in
bronzo, svettante alla sommità. Tra le due colonne si erge eroicamente il nudo
Milite in bronzo, alto circa 3 metri e contraddistinto da eleganti riproposizioni
anatomiche e muscolari, tipiche delle figure atletiche di cui il Geraci era
specialista: egli stesso era un appassionato sportivo. Il Milite è raffigurato
mentre afferra uno scudo col braccio sinistro ed il gladio, tipico dell’antica
Roma dei gladiatori, con la mano destra. In bronzo sono state realizzate anche
le laterali are fiammeggianti e le due palme con corona ed elmetto poste ai lati
dell’iscrizione «Ai Milazzesi morti per la Patria».
Eleganti riproposizioni anatomiche e muscolari nel Monumento ai Caduti
Nella primavera del 2012 il Monumento è stato oggetto di restauri che hanno
liberato il Milite e gli altri elementi bronzei - fusi presso la Fonderia Artistica
Chiurazzi di Napoli - dalla verde patina di ossido cui i Milazzesi si erano ormai
abituati.
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iL QUARTIERE DEGLI SPAGNOLI (ANTIQUARIUM ARCHEOLOGICO)
Tracce dell’affascinante mondo dell’antica Roma, e non solo, sono osservabili
anche presso l’Antiquarium archeologico che si raggiunge percorrendo per circa
20 metri la via intitolata all’illustre giurista milazzese Giovan Battista
Impallomeni. Qui sorgono le due ali cinquecentesche del Quartiere militare,
che appunto ospitava gli acquartieramenti delle truppe spagnole. In verità, in
passato tali ali, alla cui costruzione non fu estraneo l’ingegnere militare Camillo
Camilliani, erano sovrastate da un primo piano ed unite da una porta (c.d.
Porta del Quartiere). Oggi rimangono soltanto i pian terreni della diruta ala
ovest e della restaurata ala est, adibita dalla Sovrintendenza ai BB. CC. e AA.
di Messina ad Antiquarium archeologico, le cui 10 sale raccolgono alcuni dei
numerosissimi reperti rinvenuti a Milazzo perlopiù negli ultimi decenni. La
struttura è stata intitolata al barone ed ingegnere Domenico Ryolo Di Maria
(1895-1988), padre dell’archeologia milazzese. Lo spazio museale si articola in
tre grandi sezioni: pre-protostorica, greca e romano-bizantina.
Un reperto archeologico custodito all'Antiquarium
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L’allestimento, come si legge nel pieghevole distribuito all’ingresso, è di tipo
tradizionale con vetrine, pannelli didattici e ricostruzioni. Di seguito riportiamo
quanto si legge nel suddetto pieghevole: «nella sezione preistorica e
protostorica (sale 1-5), si segnala il vasellame proveniente dal villaggio dei
Cipressi, nella zona del Borgo (sala 4), e soprattutto dalla grande capanna 1.
Tra i reperti si segnalano due doli di grande formato, di produzione liparese,
un’olla con originale decorazione a dischi, numerose scodelle con ponticello
interno finemente decorate a incisione, vasetti miniaturistici e un’anfora
castellucciana a decorazione dipinta geometrica, rara importazione dall’area
etnea.
Nella sezione greca (sale 6-9), solo la prima vetrina ospita una selezione di
reperti ricollegabili all’abitato greco, come in tutti i centri a continuità di vita,
poco conosciuto. Le sale successive sono dedicate alle necropoli, oggetto di
ricerche sistematiche in questi ultimi decenni. I numerosissimi corredi
selezionati, databili all’estrema fine del VIII/inizi del VII sec a. C. alla tarda età
ellenistica, annoverano ceramiche, terracotte, di varia provenienza, produzione
e pregio, e anche monili e oggetti funzionali all’abbigliamento ed all’igiene. Si
segnalano ceramiche di fabbrica corinzia, attica (a figure nere e a figure
rosse), coloniale (ceramica a bande, a immersione, a vernice nera), ma anche
oggetti d’uso quotidiano riutilizzati per il seppellimento dei bambini (anfore,
pentole, olle, idrie).
Una suggestiva ricostruzione didattica delle tipologie sepolcrali più attestate
attraverso i secoli occupa integralmente la sala 8. Tra le sepolture si segnalano
la grande osteoteca ricavata in un monoblocco di pietra arenaria locale
contenente una lekane a corpo cuoriforme in ceramica suddipinta bianca della
prima metà del II sec. a. C. utilizzata come cinerario.
Nella successiva sala 9, dedicata ancora alla necropoli ellenistica, si osservino i
modellini fittili di imbarcazione (III sec. a. C.) provenienti da un corredo
funerario che includeva anche un vaso configurato a forma di oca.
Nella sezione romano-bizantina (sala 10) sono esposti i reperti restituiti dagli
scavi più recenti condotti nel settore di abitato di età imperiale parzialmente
esplorato in contrada Vaccarella; rappresentano una curiosità le anfore da
trasporto (I a.C.-I d.C.) con resti di salsa di pesce, rinvenute all’interno di un
deposito di stoccaggio rintracciato nell’area dell’attuale piazza Mezzaluna.
Sulla parete si osservi l’interessante iscrizione latina della prima età imperiale,
purtroppo lacunosa, primo documento epigrafico restituito dagli scavi.
Si segnalano infine i corredi provenienti dal lembo di necropoli tardo anticaprotobizantina di via Cumbo Borgia, che includono oltre alle anfore
commerciali, alcuni preziosi braccialetti in osso lavorato, lucerne e ampolle in
vetro».
LA CHIESA DI SAN PAPINO
Tornando ai piedi del Monumento ai Caduti e proseguendo verso il lungomare
di Ponente ci si imbatte nella piazza intitolata al martire orientale S. Papino, le
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cui spoglie, secondo la tradizione, giunsero miracolosamente sino alla spiaggia
in prossimità della quale furono poi innalzati l’omonima chiesa e - nei primi
decenni del Seicento - l’annesso convento dei Francescani Riformati,
quest’ultimo dotato di un antico chiostro caratterizzato da colonne in arenaria e
da frammenti di affreschi in qualche lunetta.
La chiesa, gravemente distrutta dall’assedio del 1718, è stata rimaneggiata
intorno al 1934, allorquando l’arch. Giuseppe Mallandrino ne ridisegnò
elegantemente la facciata, caratterizzata da vistose paraste corinzie e da un
portale sormontato da timpano spezzato. Gli interni sono stati riccamente
affrescati, contestualmente al rifacimento della facciata, da Salvatore e Guido
Gregorietti, che hanno rappresentato l’apoteosi di S. Francesco d’Assisi ed
episodi della sua vita.
Nell’abside fanno bella mostra di sé il grandioso altare ligneo di ordine corinzio
con due coppie di colonne poste ai lati di una grande tela del Seicento (Onofrio
Gabrieli, attr.) e con altri piccoli dipinti nelle porzioni laterali, elegante e degno
sfondo della magnifica Custodia (tabernacolo) con statuine di santi francescani
finemente scolpite, opera di ebanista del Settecento. La grande tela secentesca
raffigura tra gli altri il titolare, un tempo Patrono della città, in abito da
“cavaliere”, verisimilmente per evidenziare la protezione che il Santo avrebbe
accordato a Milazzo in occasione delle numerose incursioni dei pirati
barbareschi susseguitesi nell’età moderna. Ad imitazione di tale raffigurazione
è stato ideato il nuovo simulacro in cartapesta di San Papino cavaliere e
martire, realizzato dal maestro cartapestaio Pietro Balsamo di Francavilla
Fontana (Br) e benedetto nel settembre 2011 dall’Arcivescovo di Messina.
L’aula della chiesa è arricchita tra l’altro da pregevoli monumenti marmorei
funerari risalenti alla metà del XVIII sec., dalla statua di S. Pasquale Baylon
(firmata e datata Francesco Antonio De Mari, 1750) e dal secentesco Crocifisso
ligneo (Frate Umile da Petralia?), che lacrimò miracolosamente nel 1798.
IL “S. TOMMASO” E LE TONNARE
Il visitatore che si appresta ad osservare il “San Tommaso”, ossia il
palischermo custodito entro recinzione metallica in piazza San Papino,
dovrebbe immaginarlo in piena efficienza, in occasione del calato della Tonnara
del Tono, ossia quando ci si apprestava ad immergere nel mar di Ponente il
complesso ed intricato sistema di reti e di “camere” che avrebbe dovuto
catturare i tonni. Un selvaggio rituale, quello della mattanza coi tonni issati ed
infilzati dalle nerborute braccia dei tonnaròti, che a Milazzo si sarebbe
rinnovato per secoli sino alla metà del Novecento: erano ben sei le tonnare e
tonnarelle dislocate lungo le coste della città.
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Il S. Tommaso, una delle più grandi imbarcazioni della Tonnara del Tono,
venne costruito alle soglie del Novecento nel cantiere di uno dei più facoltosi e
valenti carpentieri navali di Milazzo, quel maestro Giovanni Vitali (1852-1939)
che una vecchia fotografia raffigura con i baffi, un viso che sembra tradire un
carattere burbero. Nel cantiere di Giovanni Vitali si formò un altro abilissimo
artigiano, il maestro d’ascia Francesco Salmeri (1894-1976), che nel 1937
venne chiamato dagli amministratori della Tonnara del Tono a ristrutturare
proprio il S. Tommaso. Di quell’importante intervento rimane traccia nella data
ancor oggi osservabile nella parte posteriore dell’imbarcazione, che da anni
attende una sistemazione adeguata.
LA GROTTA DI POLIFEMO
Da piazza S. Papino, costeggiando il lungomare di Ponente in direzione Nord, ci
si imbatte nella possente rocca del Castello, ai piedi della quale si apre
l’accesso alla mitica Grotta di Polifemo, una grotta naturale che nel Seicento,
come riferisce un coevo memorialista locale, era «capace di cento uomini» ed
ospitava la fabbricazione di «polvere e salnitro». Ampliata dal Genio Militare
con lo scavo di nuove gallerie nel 1943, allo scopo di posizionare ulteriori
artiglierie, la Grotta, secondo la tradizione, fu dimora del Ciclope Polifemo,
ragion per cui la spiaggia di Ponente sarebbe stata teatro delle gesta di Ulisse e
Polifemo. Chiusa al pubblico da alcuni decenni, la Grotta ospitò nel secondo
dopoguerra un night piuttosto esclusivo.
LA BAIA DEL TONO
Proseguendo ancora verso Nord, si raggiunge il tratto conclusivo del lungomare
di Ponente. E’ la baia del Tono, «’Ngònia» per i Milazzesi, che dunque
preferiscono ancora utilizzare l’antico termine greco (“angolo”) per indicare
appunto questo incantevole e meraviglioso angolo della città, in cui la spiaggia,
rettilinea per chilometri, curva tutto ad un tratto, piegandosi col costone
roccioso e con le scogliere in una meravigliosa vista mozzafiato, impreziosita
dall’azzurro e pescosissimo mare del Tono, già sede di una delle tonnare più
grandi di Milazzo.
Affascinante tramonto a Ponente
con le Eolie sullo sfondo
Proprio alle spalle della chiesetta
recentemente restaurata, un tempo
adibita a deposito di reti e cordami nei
mesi di inattività della Tonnara, i
pescatori del rione marinaro di
Vaccarella, i tonnaròti, sotto lo
sguardo vigile del “rais” preparavano
l’occorrente in vista della nuova
stagione di pesca. Da qui si apre
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ancor oggi, lungo il costone roccioso, un suggestivo sentiero che conduce alle
alte scogliere, dove a ridosso delle spumeggianti onde del mare è possibile
gustare ancor più il meraviglioso panorama, che include una magnifica vista
ravvicinata del Castello e della cittadella fortificata. Lungo il sentiero appena
citato, ricco di vegetazione spontanea, alla base di un’edicola votiva,
un’iscrizione marmorea ricorda che quel minuscolo tempietto venne innalzato
nel 1907 «A Maria Consolatrice dai Marinari della Tonnara del Tono».
La baia del Tono e la riviera di Ponente dalle alture della Manica
La piazzetta della ‘Ngònia ospita verso meridione gli antichi magazzini ristrutturati appena qualche anno fa - che per secoli offrirono riparo alle
imbarcazioni di tonnara (muciàra, palischermi o bastardi, buddunàru,
portachiàra, gabanèlla, etc.). Di fronte al mare s’innalzano invece i fabbricati
appartenuti alle due aristocratiche famiglie proprietarie della Tonnara del Tono,
i D’Amico ed i Calapaj. Il bel palazzotto di questi ultimi, posto accanto alla
chiesetta, fu commissionato nel 1815 da Domenico Calapaj, come si evince da
alcune iscrizioni leggibili nelle decorazioni in pietra da taglio: recentemente è
stato oggetto di ristrutturazione. Non molto distante dalla ‘Ngònia sorgono i
bassi fabbricati del residence “La Tonnara”, innalzati all’inizio del Novecento
per ospitare lo “Stabilimento”, ossia i reparti di produzione del tonno all’olio in
scatole di latta, in cui trovavano occupazione perlopiù le mogli dei “Tunìsi”, così
si chiamano gli abitanti della contrada.
Alle spalle della chiesetta, in cui è venerato il simulacro della Madonnina nera
del Tindari ed entro la quale è stata recentemente riportata alla luce
un’elegante e deliziosa pavimentazione risalente al Settecento, una ripida
scalinata consente di raggiungere a piedi la contrada Manica, dove dalle alture
del Promontorio è possibile gustare un’altra stupenda vista mozzafiato della
‘Ngònia, del Castello e dell’intera riviera di Ponente.
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Itinerario di visita n. 3
Capo Milazzo
LA BARONIA E LA BAIA DI S. ANTONIO
La fondazione di Mylai, ossia della colonia greca, risale al 716 a. C.,
allorquando i calcidesi di Zancle, la vicina Messina, decisero di dotarsi di un
avamposto militare avanzato, rafforzando così le proprie difese e mettendo nel
contempo le mani sulla fertilissima Piana e sul porto di Milazzo. La penisola che
si protende verso le Eolie non fu dunque una colonia di popolamento. La vita a
Milazzo è testimoniata infatti sin dalla preistoria. Ne fanno fede ad esempio la
necropoli di tipo protovillanoviano, databile tra il XII e l’XI sec. a. C., dunque
alla tarda età del bronzo, rinvenuta da Domenico Ryolo in prossimità di piazza
Roma alle soglie degli anni Cinquanta, o quella emersa di lì a poco ai piedi del
Castello, in prossimità della Grotta di Polifemo, quando tornarono alla luce
sepolture con inumazione entro grandi pithoi deposti orizzontalmente nel
terreno, sepolture databili tra il XV ed il XIII sec. a. C.
La baia di S. Antonio con il sentiero che conduce alla torretta
ottagonale del 1895
I Greci, si sa, in Sicilia prediligevano le alture con panorami mozzafiato. A
Milazzo non fecero eccezione. Attorno all’antico bianco Faro del Capo, tuttora
preziosa guida per i naviganti, recenti indagini archeologiche hanno riscontrato
la presenza di numerosi cocci a vernice nera e persino di un coccio (di circa
cm. 8x8) finemente decorato col motivo della greca e con una figurina umana
a vernice nera, raffigurata in cammino accanto ad un anforone. E’ in questo
luogo meraviglioso, in questo estremo lembo del Promontorio che dunque,
prima della nascita di Cristo, si svolgeva in parte la vita quotidiana della
Milazzo “greca”: tra l’esplosione della vegetazione spontanea, le bianche rocce
e l’azzurrissimo mare che, baciato dal sole, risalta la sagoma attraente delle
vicine e fascinose isole Eolie. Le centinaia di ulivi secolari disseminati nella
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sterminata proprietà privata dei baroni Baeli-Lucifero, la “Baronia”, risaltano
ancor più la mediterraneità dei luoghi, che è possibile gustare anche attraverso
i ristoranti, le pizzerie ed i camping dislocati nei punti più suggestivi, come la
“Riva Smeralda” ed il “Cirucco”, vere e proprie cittadelle turistiche in cui il
visitatore, ospitato anche in appartamenti, camere e bungalow con vista sul
mare, rischia di rimanere stordito dalla straordinaria bellezza dei panorami e
persino dei fondali marini, esplorabili - con l’ausilio del personale esperto del
diving center - attraverso immersioni subacquee mirate alla conoscenza della
fauna e della flora marina e delle meravigliose grotte sottomarine.
I vigneti del Mamertino alla Baronia: sullo sfondo l'altura del Faro.
Proprio accedendo dal camping “Cirucco” è possibile percorrere, a piedi o in
mountain bike, il sentiero della Baronia, dove tra gli ulivi secolari ed i vigneti
del “Mamertino” ci si può affacciare per gustare la selvaggia bellezza di Punta
Mazza, con annessa spiaggetta raggiungibile dal mare.
Vista mozzafiato della baia di S. Antonio
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Percorrendo l’estremità della penisola milazzese lungo il versante di Ponente ci
si imbatte invece nelle meravigliose sinuosità della Baia di S. Antonio, ove
sorgeva l’omonima tonnarella, dei cui fabbricati rimangono avanzi nella
spiaggetta raggiungibile da un sentiero che s’imbocca lungo la passeggiata
panoramica e che conduce ai resti della torretta ottagonale, deliziosa
costruzione neogotica del 1895 (ing. Pasquale Mallandrino), residenza estiva di
un aristocratico milazzese, per lungo tempo creduta erroneamente una torre
militare d’avvistamento, funzione che verisimilmente ebbe invece l’altra
(cosiddetta “Torre Longa”) visibile nella strada che conduce al Santuario
rupestre di S. Antonio da Padova. Ed è proprio nella spiaggetta e nel sentiero
appena citati che è possibile osservare reperti archeologici saldatisi da millenni
agli scogli ed ancora le rocce, le stratificazioni geologiche e le conchiglie fossili
che hanno attirato sin dalla prima metà dell’Ottocento l’attenzione di autorevoli
geologi e malacologi, come attesta peraltro il monumento a Giuseppe
Sequenza eretto alcuni anni or sono nella soprastante passeggiata, in
prossimità della “Torre Longa”.
Là dove termina la passeggiata, s’imbocca la scalinata che consente di
discendere al Santuario rupestre di S. Antonio, il Santo di Padova che secondo
la tradizione, in occasione di una violenta tempesta che rendeva impossibile la
navigazione, fu ospitato da un eremita proprio in questa piccola grotta, dalla
fine del Seicento riccamente decorata con eleganti marmi policromi.
Santuario rupestre di S. Antonio da
Padova:
bassorilievo marmoreo raffigurante un
miracolo del titolare
Particolarmente
interessanti
l’altare
maggiore (1699) ed i medaglioni marmorei
settecenteschi con bassorilievi raffiguranti
episodi della vita del titolare, rappresentato
da una statua attribuita allo scultore
barcellonese Matteo Trovato (1870-1949).
Alcune iscrizioni marmoree arricchiscono la
piccola aula della chiesa, dotata di un
semplice portale in pietra da taglio posto
dirimpetto ad una meravigliosa terrazza
panoramica che si affaccia sulla baia e sulle
Eolie. Il Santuario nel mese di giugno è meta di devoto pellegrinaggio.
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Fiore del cappero
Risalendo la scalinata del Santuario, accanto al cancello, si apre, in direzione
del bianco Faro dei naviganti, uno stretto viottolo tra i tradizionali muri a secco
di Capo Milazzo (“ammacìe”) ed i fichi d’india, al termine del quale, sulla
sinistra, si accede al sentiero che conduce a Punta Messinese, l’estremità del
Promontorio e della penisola
milazzese. Qui gli ulivi selvatici
caratterizzano il paesaggio, con ai
loro piedi le giallognole distese in
fiore
del
“Crysantenum
coronarium”, pianta spontanea
tipica del Capo. Non mancano gli
eleganti fiori bianchi della pianta
del
cappero,
che
vegeta
indisturbata anche nelle antiche
muraglie della cittadella fortificata,
con la quale la Baronia condivide
pure le tane ed i cunicoli di
furbissimi coniglietti selvatici che
scorazzano
qua
e
là.
Uno
straordinario punto panoramico rialzato - dove non ci si può sottrarre dallo
scattare una buona fotografia ricordo o dall’osservare i volatili in cielo
(barbagianni, piccione torraiolo e gheppio, per citarne alcuni di quelli visibili
tutto l’anno) - coincide con l’inizio della lunga scalinata che discende sino ai
deliziosi “laghetti”, posti nella punta estrema della penisola, dove a sinistra è
possibile ammirare lo Scoglio della Portella (o “Carciofo”), che mostra evidenti i
segni delle erosioni provocate dal continuo sbattere delle onde, mentre a
destra campeggia il suggestivo viso di pietra, scultura naturale ricavata nella
bianca roccia, oltre la quale si apre la grotta marina di Gamba di Donna, che
trae la propria denominazione da una selce che dal soffitto s’immerge in mare.
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