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Bollettino di informazione/Informacijski bilten Slovencev v Italiji
Sloveni in Italia
SLOV IT
ISSN 1826-6371
1
SLAVIA FRIULANA
Nell’Eu la frontiera non ha più senso
Da giugno di quest’anno pubblicati sul periodico Dom
una serie di articoli sulle Valli del Natisone e
dell’Isonzo
2
LEGGE FINANZIARIA
Confermata la riduzione dei contributi per la minoranza
4
MALBORGHETTO-NABORJET
Introdotto il plurilinguismo visibile
Soddisfazione del presidente del comitato paritetico
per la minoranza slovena Bojan Brezigar
5
TEATRO STABILE SLOVENO
A. Berdon e P. Marchesi amministratori delegati
Risolta temporaneamente la crisi dell’importante istituzione slovena
6
BRDO PRI KRANJU
Il vertice bilaterale Slovenia - Italia
Il rigassificatore nel Golfo di Trieste divide i due Stati
9
L’INTERVISTA
«Noi e Gorizia possiamo crescere assieme»
A colloquio con Mirko Brulc,
deputato e sindaco di Nova Gorica
10
LA POLEMICA
Il cortometraggio «Trst je naœ» ha suscitato
tempesta in un bicchiere d’acqua
12
GORIZIA - GORICA
Legge 482, dopo un decennio fondi ridotti all’osso
13
TRIESTE - TRST
Il portale Slomedia ha arricchito
l’offerta informativa degli sloveni in Italia
15
UDINE - VIDEN
L’ Euroregione per le minoranze
e minoranze per l’Euroregione
18
INTERVENTO
«Perché scrivere nella lingua di pochi?
L’Drago Jan@ar ha ricevuto il premio per la cultura
mediterranea a Cosenza
Anno XI N° 11 (145) 30 novembre 2009
Quindicinale di informazione - Spedizione in abbonamento postale 45% - art.
2, comma 20, lettera b - L. n. 662 del 23/12/1996 - Filiale di 33100 Udine Direttore responsabile Giorgio Banchig - Traduzioni di Larissa Borghese Direzione, redazione, amministrazione: Borgo San Domenico, n. 78 - C.P. 85
- 33043 Cividale del Friuli (UD) - Tel e fax 0432 701455 - internet: www.slov.it
- e-mail: [email protected] - Stampa in proprio - Registrazione Tribunale di Udine n.
3/99 del 28 gennaio 1999. Una copia euro 1,00
SOMMARIO
Sul periodico Dom una serie di articoli sulle Valli del Natisone e dell’Isonzo
SLAVIA FRIULANA - BENE#IJA
Nell’Eu la frontiera non ha più senso
Durante la Cortina di ferro si avvertiva il pericolo di una feroce zampata dell’orso sovietico
ai primi di giugno di quest’anno, su ogni numero del
Dom ho cercato di presentare ai nostri lettori un quadro non usuale del mondo che sta a noi molto vicino, quello che si apre subito al di là della vecchia linea di
confine con la Slovenia. Nonostante i vent’anni che ci separano dal crollo del muro di Berlino ed i cambiamenti epocali che hanno condotto all’Europa di Schengen questo
nostro “piccolo mondo antico” a cavallo del vecchio confine, rimane per moltissimi di noi ancora poco conosciuto o
addirittura estraneo. Anzi, è un mondo evocativo di forti turbamenti interiori, come succede con un vicino di condominio che ci appare diverso e di cui ci è stato riferito un
passato scabroso. Nasce una diffidenza e una sensazione di malessere indefinito nei rapporti, per cui si tende ad
evitare i contatti anche quando vi sono la massima disponibilità e la sincera apertura dell’altro nei nostri confronti.
Si dice: è un albanese, un rumeno, un meridionale; parla
una lingua strana, ha un accento estraneo... ed ogni elemento diventa per noi ragione per alimentare il nostro pregiudizio.
Se è nell’esperienza di ciascuno di noi questa specie di
meccanismo di difesa verso un estraneo, figurarsi cosa succede quando decenni e decenni di educazione scolastica,
di pressioni istituzionali e politiche, di propaganda cinica
e disinformante, creano e presentano il vicino addirittura
come nemico. Questo oggi non è più sostenibile ma la politica postbellica dei blocchi contrapposti incise prima sulla
carta e poi sul territorio la sua linea di confine, nel senso
di «barriera», di chiusura, ed ancor più di «frontiera», con
tutto quanto evoca la radice semantica del termine: fronte, trincee, vedette armate, fili spinati, terreni minati, cecchini in agguato, e via elencando.
Quello che ho tentato di mostrare con dati demografici, con
commenti e interviste in una decina di lunghi articoli usciti su questo giornale da metà giugno ad oggi, era la semplice verità di un mondo – di qua e di là del vecchio confine – che ha condiviso lingua, cultura, abitudini, vita religiosa, tradizioni talmente simili da potersi sovrapporre,
anche se con distinzioni ed appartenenze politiche diverse.
Caporetto / Kobarid, Tolmino / Tolmin, Canale d’Isonzo /
Kanal ob So@i hanno condiviso con la Slavia /Bene@ija molti
tratti di storia, accomunati dalla stessa appartenenza etnolinguistica e mai, nel lontano passato, il confine seppur esistente tra queste due realtà contermini, fu visto e vissuto
come «frontiera», cosa che invece è venuta a crearsi dopo
il secondo conflitto mondiale. Addirittura, tra le due guerre, quando il territorio isontino appartenne all’Italia, le due
comunità furono anche politicamente riunite, accomunando così il proprio destino sotto il giogo fascista.
Il mezzo secolo di chiusura dovuto alla guerra fredda, quando la Slavia assunse tutti i connotati di un’occupazione militare, con le servitù e la costruzione di una fitta rete di bunker
finalizzati ad un’improbabile difesa di fronte ad un ipotetico attacco sovietico, lasciò un segno profondo in tutti noi,
D
che in questa presenza avvertivamo, molto più di altri, il
pericolo di una feroce zampata dell’orso sovietico. In questa sensazione di paura globale veniva coinvolto tutto il
mondo che stava al di là dei bianchi cippi che segnavano
la frontiera – tra il bene, di qua, ed il male, di là – lungo le
creste del Matajur e del Kolovrat e lungo il sassoso greto
dell’Idrija / Iudrio.
Il confine come dogana, come barriera e come frontiera non
c’è più ma i tentativi di ristabilire i rapporti di un tempo ed
impostarne dei nuovi nell’ottica suggerita dall’Unione europea mostrano a tutt’oggi una timidezza senza sbocchi.
Neppure le ingenti somme di danaro messe a disposizione dall’Europa per suturare in qualche modo la ferita che
divide le due parti confinarie riesce a smuovere l’apatia delle
amministrazioni locali, a parte qualche fortunata eccezione. Le porte sono aperte, spalancate... si fa per dire, ma
è come se al di là dell’uscio regnasse un buio profondo,
tale da sconsigliare qualsiasi passo e l’ambiente fosse disseminato di trappole e trabocchetti.
Per questo, qualsiasi azione che porti raggi di luce in questo buio non può non essere che benedetta, invocata e realizzata, perché è quasi impossibile un rapporto costruttivo
e sereno se il partner è sconosciuto ed ancor peggio, se
è visto come avversario o nemico.
Se le nostre istituzioni slovene, i circoli, le associazioni cercano di ispessire e riqualificare i rapporti reciproci non succede lo stesso con le istituzioni pubbliche nel senso di creare, di promuovere sinergie, progetti comuni, spicciole collaborazioni confinarie. Ignorarsi non è un sintomo di pacificazione e la passività a volte non è solo improduttiva ma
anche colpevole, perché uno dei peccati peggiori, non solo
per i cristiani, è quello di omissione.
Ho cercato di mostrare con dati demografici alla mano,
quanto danno ha provocato il confine/frontiera dalla
seconda metà del secolo scorso ad oggi, avendo causato tra l’altro il fenomeno ormai irreversibile dello spopolamento su questa porzione di Prealpi Giulie. Paesi e valli
si sono visti sfuggire, come per un’emorragia incontrollabile, quella forza umana prorompente e vitale, che l’aveva resa fertile e feconda lungo i bacini dell’Isonzo e del
Natisone.
A rileggere i titoli degli articoli pubblicati, i quali sono nati
dalla suggestione che scaturisce dai testi, si notano dei temi
di fondo: Dal Matajur, dal Kolovrat uno sguardo oltre il vecchio confine ( n.11 del 5 giugno 2009); Kobarid e Slavia a
confronto: prospettive e futuro incerto (n.12); Tolmino, un
passato di rapporti da recuperare per una crescita comune (n. 13); Tolmino e Slavia, pagine di storia diverse per
un destino comune (n. 14); Tolmino italiana nei ricordi di
un moschettiere balilla (15); Ci divide un rigagnolo da Kanal
ob So@i (n. 16); Comuni cultura, tradizioni e lingua segnano la strada dell’amicizia (n. 17); Monito dal passato per
un nuovo possibile abbraccio (n. 18); fino a quello più recente di fine ottobre: La valle dimenticata spaccata in due dal
confine.
SLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 1
La mia speranza è che le tante parole, forse troppe, che
sono state scritte, contribuiscano a creare un clima di normalissima, naturale apertura della nostra mente verso i vicini confinanti e che anche l’opinione pubblica più vasta, di
coloro che sono raggiunti da queste pagine, veda con un
occhio nuovo i rapporti con le popolazioni che stanno formando la nuova Europa, partendo da quelle vicine.
Ricordo i miei primi approcci con il mondo sloveno d’oltreconfine, nel mio personale sforzo di studio per migliorare le mie capacità di comunicazione e per conoscerlo da
vicino, già dai tempi in cui il crollo del muro di Berlino era
una speranza utopica.
Nei corsi di lingua slovena presso la Facoltà di Filosofia di
Lubiana era stato più volte citato e commentato il famoso “brindisi” del poeta sloveno France Preœeren (nato il
3.12.1800 e morto l’ 8. 2.1849). Ricordo in particolare l’emozione provata nel leggere quei versi che vengono prima
dell’invito formale ad alzare i calici colmi di vino. Il testo originale: »˘ivé naj vsi naródi, / ki hrepené do@akat dan, / da,
koder sonce hodi, / prepir iz svéta bo pregnan,/ da rojak /
prost bo vsak, / ne vrag, le sosed bo mejak!« Il senso letterale è un messaggio che è rimasto nella mente e nel cuore
del popolo sloveno, tanto che è stato scelto come testo dell’inno nazionale, quando, tra le ultime nazioni del mondo,
ha potuto raggiungere libertà ed autonomia nel nuovo Stato
della repubblica di Slovenia.
Se alle parole scelte vogliamo dare il senso di messaggio
ideale di una nazione, seppur piccola, ma sovrana, al resto
del mondo, esso è quanto mai eloquente ed impegnativo, ma è sicuramente il più bell’augurio che i popoli possano scambiarsi in questa era in cui, dopo la distruzione
di un muro ne sono sorti e ne sorgono di nuovi ed altrettanto crudeli. Ecco la traduzione dell’inno: «Evviva per tutti
i popoli /che anelano nell’aspettativa del giorno / in cui su
tutto il percorso che compie il sole / la discordia verrà sradicata dal mondo / ed in cui dovunque sia nato / ognuno
sarà libero, / ed in cui non diavolo ma vicino, amico sarà
il confinante!».
Nella storia passata non poteva essere di certo il popolo
sloveno, in quanto tale, a minacciare chicchessia e tantomeno può ed intende farlo oggi, sebbene voglia, e pretenda,
di vivere da «vicino e amico» con tutti ad ogni latitudine.
In questo brindisi alzo volentieri anche il mio calice, senza
retorica e con la convinzione che questa sia l’unica strada dello sviluppo umano.
Riccardo Ruttar
(Dom, 15. 11. 2009)
LEGGE FINANZIARIA
Confermata la riduzione dei contributi
per la minoranza slovena
Meno fondi anche per gli italiani in Istria.
Respinti gli emendamenti della senatrice Tamara Bla¡ina
La commissione Bilancio del senato ha confermato la riduzione delle risorse statali destinate alla minoranza slovena. I senatori del centrodestra hanno approvato la decisione
del governo di assegnare agli sloveni per il 2010 4,06 milioni di euro e per il 2011 3,12 milioni di euro. La minoranza
slovena ha quest’anno ricevuto da Roma un totale di 5,26
SLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 2
milioni di euro, ma solo grazie al cosiddetto decreto milleproroghe di gennaio, quando il governo ha inserito nel bilancio ancora un milione di euro per il quale è stato decisivo
l’intervento della Slovenia.
Al senato si ripete lo scenario dell’anno scorso. Il governo su raccomandazione del ministro Giulio Tremonti “ha
blindato” la legge finanziaria, per questo motivo il centrodestra, in commissione Bilancio, ha sistematicamente
respinto tutti gli emendamenti e le proposte dell’opposizione.
Così è stato pure con gli emendamenti al bilancio presentati
dalla senatrice Tamara Bla¡ina del Partito democratico.
La parlamentare slovena, assieme ai colleghi Flavio Pertoldi
e Carlo Pegorer ha proposto al governo di aumentare la
dotazione finanziaria per la minoranza slovena per il prossimo anno di 1,2 milioni di euro, e per i prossimi due anni
invece di 2,1 milioni di euro.
Se questo emendamento venisse approvato dal governo,
gli sloveni in Italia avrebbero a disposizione la stessa
somma assegnata fino ad ora.
Lo stesso principio vale anche per la minoranza italiana in
Slovenia e in Croazia. Il Partito democratico ha proposto
di aumentare i contributi per gli italiani in Istria per un totale di 750 mila euro. Ma anche in questo caso le richieste
non sono state accolte. Va detto che già nel bilancio di quest’anno Roma ha diminuito di molto i finanziamenti agli italiani in Slovenia e in Croazia, che dal punto di vista finanziario vengono trattati non come minoranza etnica o linguistica, ma come italiani residenti all’estero.
La senatrice Bla¡ina non fa parte della commissione
Bilancio, ma in questa occasione ha sostituito un membro
effettivo, collega di partito.
Nel proprio intervento ha evidenziato che già lo scorso anno
lo stato ha iniziato a ridurre i contributi destinati alla minoranza slovena e continua a farlo anche quest’anno. In questo caso viene violata la legge di tutela del 2001 e disattese alcune promesse date alla minoranza e alla Slovenia.
Bla¡ina ha ricordato l’incontro, di settembre a Roma, tra
Silvio Berlusconi e Borut Pahor.
Il presidente del governo italiano ha promesso al premier
sloveno che Roma non avrebbe diminuito i contributi alla
minoranza slovena.
La rappresentante del Pd ha fatto riferimento pure alle parole del presidente della camera Gianfranco Fini, il quale nel
recente incontro con il presidente dell’Unione italiana di Istria
e Fiume e membro del parlamento croato, Furio Radin, ha
parlato della necessità di tutela legislativa e materiale delle
minoranze etniche. (…)
(Primorski dnevnik, 31. 10. 2009)
LEGGE FINANZIARIA
Inaccettabile la perdita
del venti percento di posti di lavoro
La proposta di ripartizione dei fondi per la minoranza slovena fatta dall’assessore alla cultura Roberto Molinaro è
stata bocciata dalla commissione consultiva per la minoranza slovena. Molinaro da parte sua insiste e presenterà
alla commissione di nuovo la stessa tabella.
A differenza con l’anno scorso l’assessorato regionale alla
Cultura ha accettato i dati della finanziaria del governo, che
destina per le attività culturali della minoranza 4,06 milio-
ni di euro. Di questi bisogna togliere 75 mila euro per il pagamento degli interessi passivi che il comune di Trieste ha
destinato per il Teatro stabile sloveno.
In base alla proposta di Molinaro il contributo per il 2010
per il Teatro stabile sloveno passa da 484.800 euro a
700.000 euro, mentre per le altre istituzioni, che sono nell’elenco speciale, i contributi verranno ridotti.
La maggior parte delle istituzioni hanno personale impiegato a tempo indeterminato. Il taglio del 25 per cento significherebbe il 20 per cento dei posti di lavoro in meno. Alcune
istituzioni sono già oggi in profonda crisi con i bilanci.
Possiamo solamente elencare qualche esempio. Il
Primorski dnevnik riceverebbe 114 mila euro in meno, la
casa editrice Mohorjeva dru¡ba di Gorizia 59 mila euro di
meno, la scuola di musica Glasbena matica 222.500 euro
in meno, il Centro musicale Emil Komel 64.600 euro in
meno, il Novi Matajur 50 mila euro di meno ecc.
Naturalmente i numeri si riferiscono alla quota dell’anno
scorso.
L’istituzione che l’anno scorso ha percepito di più, sarà maggiormente penalizzata, inquanto la riduzione si calcola in
base alla percentuale. Già questi numeri indicano che ci
sarà qualche posto di lavoro in meno.
L’assessore Molinaro ha affermato che dei fondi regionali ha mantenuto per il Teatro stabile sloveno i 250 mila euro
dell’anno scorso, mentre ha ridotto i finanziamenti per gli
altri teatri regionali.
Allo stesso tempo il governo regionale ha cancellato la dotazione del Fondo regionale per la minoranza slovena introdotto dalla giunta Illy, il che significa 230 mila euro in meno
per la minoranza.
Se non siamo completamente ciechi, il governo regionale
ha mantenuto i 250 mila euro per il Teatro stabile sloveno, ma contemporaneamente ha eliminato 230 mila euro
dal Fondo per la minoranza.
Dunque la Regione ha stanziato 20 mila euro dai propri
fondi, e non da finanziamenti previsti dalla legge 38 che
provvengono da Roma. In pratica di proprio ha dato ciò che
è stato tolto alla minoranza.
Ripartizioni e magie simili sono inaccettabili per la minoranza slovena. La crisi del Teatro stabile è stata al centro
dell’attenzione dei media. Gli enti pubblici (il comune e la
provincia di Trieste e la regione Fvg), che sono membri fondatori del Teatro stabile, non hanno erogato i contributi previsti dalla legge. Il governo regionale non può risolvere la
situazione del Teatro con i fondi previsti per la minoranza,
o meglio non può togliere i fondi a venti organizzazioni e
provocare una serie di licenziamenti. In questo modo salterebbero gli accordi raggiunti per il Teatro stabile sloveno con la mediazione del prefetto di Trieste. È stato invano tutto il lavoro?
Tanto meno gli sloveni della provincia di Udine sono preparati ad accogliere i dictat dall’alto. È vero che la scuola
di San Pietro al Natisone è diventata statale, ma allo stesso tempo è iniziato lo sgretolamento delle altre organizzazioni.
L’istituto di ricerca sloveno Slori ha dovuto chiudere l’ufficio di Cividale per la diminuzione dei fondi, il Teatro stabile sloveno è nella Slavia friulana un ospite molto raro.
Dove effettuerà la riduzione la scuola di musica Glasbena
matica, che ha avuto successo nella Slavia friulana? Le
assocciazioni riceveranno 191.800 euro di meno.
Non crediamo che la Slavia friulana, Resia e la Valcanale
non risentiranno la riduzione dei fondi. Che cosa ne sarà
dell’Istituto per la cultura slovena che opera negli spazi che
non saranno mai completamente suoi?
Quale sarà lo scopo della scuola bilingue, se attorno a lei
sarà terra bruciata? Dobbiamo guardare agli problemi in
modo serio e avere paura di certi propositi.
(Novi Matajur, 26. 11. 2009)
IL COMMENTO
Non ci sono state già abbastanza vittime?
Dopo la riunione della commissione consultiva regionale
per i finanziamenti alla minoranza slovena e le dichiarazioni dell’assessore regionale competente, ci sono motivi
per una sempre maggiore preoccupazione.
Preoccupati dobbiamo essere tutti, senza esclusioni, in
quanto si prospetta uno scenario negativo, che non risparmierà nessuno all’interno della minoranza, se si attueranno le proposte annunciate di riduzione dei finanziamenti.
Ciascuno conosce la propria situazione, ma la verità è crudele.
La proposta della Regione di tagliare una parte delle risorse destinate alle istituzioni slovene per mantenere il teatro, costringerebbe il quotidiano Primorski dnevnik a diminuire il numero dei giornalisti, perdere molti collaboratori
e drasticamente tagliare ancora qualche cosa.
Ci chiediamo in che modo saremo in grado di fare il quotidiano, che già con l’attuale organico riusciamo a malapena a mandare in stampa e solo grazie ad un carico di
lavoro oltre il comune e con l’impegno di tutto l’organico.
Senza considerare che con la salute abbiamo, grazie al
cielo, una grande fortuna, mentre il cosiddetto «assenteismo alla Brunetta» nella nostra redazione non sappiamo
cosa sia.
Non voglio intromettermi nel settore delle altre istituzioni
della minoranza, ma si può supporre che quasi tutte, come
noi, risentiranno dei tagli previsti. Forse le autorità statali
e quelle regionali vogliono proprio questo? La proposta, che
ogni istituzione slovena si riduca di sua spontanea
volontà, conduce direttamente a un incremento delle crisi
e di una situazione senza uscita per la minoranza con la
conseguente «guerra tra i poveri». Davanti agli occhi possiamo avere uno scenario chiaro come il giorno.
Cosa dire delle «soluzioni» citate, che arrivano dopo che
le risorse immutate per venti anni hanno obbligato la minoranza a continui tagli e riduzioni.
È triste soprattutto che il governo regionale il quale non
perde l’occasione di vantarsi della sua multiculturalità e l’attenzione per le minoranze come suo valore costitutivo, finora non ha dimostrato la minima volontà almeno di pretendere da Roma il rispetto dei finanziamenti già previsti per
la minoranza slovena. Almeno pubblicamente non abbiamo rintracciato interventi simili a quelli attraverso i quali la
regione pretende dal governo di Roma l’erogazione puntuale di altri impegni finanziari, rispetto alle quali il milione
di euro perso e destinato alla minoranza slovena è una vera
briciola.
Che il governo regionale destini dal suo bilancio di più per
la minoranza è in questi tempi un’illusione, anche perché
ciò non è riuscito nemmeno ai tempi di Illy. Ci sono meno
fondi, aiutatevi come sapete: questo è il messaggio che
viene dal palazzo della regione. Come se non ci fossero
state già abbastanza vittime.
Duœan Udovi@
(Primorski dnevnik, 8. 11. 2009)
SLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 3
MALBORGHETTO-NABORJET
Introdotto il plurilinguismo visibile
Soddisfazione del presidente del comitato paritetico per la
minoranza slovena Bojan Brezigar
Alla fine di ottobre il presidente del Fvg Renzo Tondo, ha
firmato il decreto che ufficialmente introduce il plurilinguismo nel comune di Malborghetto-Valbruna / Naborjet –
Ov@ja vas in Val Canale. Questo comune è ora inserito nell’elenco ufficiale dei comuni, in cui viene attuato il cosiddetto bilinguismo visibile sloveno-italiano. Nei comuni di
Tarvisio e Malborghetto-Valbruna, oltre all’italiano e allo sloveno è presente pure il tedesco e in qualche località anche
il friulano. Tondo ha firmato il decreto in base alla richiesta del comitato paritetico per la minoranza slovena.
Il comune di Malborghetto-Valbruna è iscritto fin dall’inizio
nell’elenco dei 32 comuni, in cui viene attuata la legge di
tutela per la minoranza slovena, ma il sindaco Alessandro
Oman inizialmente era contrario all’inclusione del comune
nell’elenco del bilinguismo visibile. In un secondo tempo
è stato chiarito che si è trattato di un malinteso e così Oman
ha scritto al comitato paritetico e al presidente Tondo, che
con questo atto ha anche formalmente accolto la richiesta
del sindaco e la conseguente decisione del comitato paritetico.
La notizia che il presidente Tondo ha firmato il decreto è
stata comunicata dal presidente del comitato paritetico
Bojan Brezigar che ha espresso soddisfazione in merito.
Secondo la sua opinione si tratta di una delle rare decisioni amministrativo-politiche a favore della minoranza slovena e dell’attuazione della legge di tutela, in un momento, dal punto di vista politico, non proprio favorevole per
gli sloveni.
Nell’elenco dei comuni, in cui si attua il bilinguismo visibile, non c’è ancora il comune di San Pietro al Natisone nella
Slavia friulana, mentre risulta molto problematica la situazione nel comune di Trieste. Brezigar ha incontrato più volte
i sindaci di Trieste e di San Pietro che però insistono su
posizioni restrittive. Per quanto concerne Trieste, Tondo
ha preso in considerazione, non il parere del comitato paritetico, ma quello del sindaco Roberto Dipiazza, per il quale
il bilinguismo visibile riguardo a tabelle e cartelli stradali si
applicherebbe solamente all’inizio e alla fine delle frazioni del comune di Trieste.
Proprio l’attuazione del bilinguismo visibile nel comune di
Trieste è oggetto del ricorso, indirizzato al presidente della
repubblica Giorgio Napolitano da parte delle associazioni
e organizzazioni slovene dell’Altipiano est. Il ricorso, come
ha spiegato l’avvocato Peter Mo@nik, non è indirizzato contro il comitato paritetico, ma contro il decreto firmato da
Tondo nel dicembre dell’anno scorso che non prende in
considerazione le raccomandazioni del comitato paritetico.
Come detto è in forse, l’attuazione del decreto del presidente della regione sul territorio del comune di Trieste. I
ricorrenti ritengono che in questo sono state violate le leggi
nazionali e i trattati internazionali, secondo cui l’Italia non
può e non deve ridurre i diritti del minoranza slovena.
Come previsto dalla legge, la Presidenza della Repubblica
ha inviato il ricorso all’esame del Tar del Friuli-Venezia
Giulia, il quale ha già iniziato il procedimento formale che
si concluderà con una sentenza. L’amministrazione regioSLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 4
nale è rappresentata in questa causa dall’avvocato Enzo
Bevilacqua.
(Primorski dnevnik, 5. 11. 2009)
SLAVIA FRIULANA – BENE#IJA
Enti montani e minoranza slovena
Il contributo degli amministratori sloveni sulla riforma delle
comunità montane
Il dibattito sul futoro assetto amministrativo dei territori montani della fascia confinaria orientale del Friuli si è arricchito di un importante contributo elaborato dai rappresentanti
degli amministratori di lingua slovena eletti in provincia di
Udine, sentito il parere dei principali enti della minoranza
slovena riconosciuti (Skgz - Unione economica culturale
slovena ed Sso - Confederazione delle organizzazioni slovene).
I promotori e gli estensori del documento, che è stato presentato di recente al commissario della comunità montana del Torre, Natisone e Collio, Tiziano Tirelli, dai rappresentanti degli amministratori sloveni, Stefano Predan, membro della Commissione consultiva regionale per la minoranza slovena, e Davide Clodig, membro del Comitato istituzionale paritetico per i problemi della minoranza slovena, fondano le motivazioni del loro intervento sul decreto
del Presidente della Repubblica che approva la tabella dei
comuni del Friuli - Venezia Giulia nei quali si applicano le
misure di tutela della minoranza slovena a norma della
legge 38/01, sull’articolo 21 della legge di tutela, in cui vengono individuate le Comunità montane quali enti deputati
all’attuazione di interventi volti allo sviluppo economico dei
comuni nei quali è storicamente insediata la minoranza slovena, articolo recepito dalla legge di tutela regionale (26/07).
Gli interventi previsti dalle due leggi, si legge nel documento,
«sono indispensabili, se si considera che il territorio delle
due comunità montane a causa della particolare collocazione geopolitica nonché orografica presenta un livello di
sviluppo oggettivamente inferiore rispetto ad altre zone della
Regione Friuli - Venezia Giulia. Va tenuto presente che i
territori delle due comunità montane in indirizzo presentano caratteristiche di omogeneità sociale e culturale, anche
se con diversi gradi di sviluppo e disagio sociale. Inoltre
esse hanno dimensioni idonee riguardo a compiti di pianificazione, sviluppo, prossimità dei servizi al cittadino e
gestione del territorio».
Non va trascurato il fatto, si osserva nel documento, che
«per il futuro le azioni di programmazione dello sviluppo
socio-economico devono tenere conto dell’eliminazione del
confine, diventato semplicemente amministrativo nell’ambito dell’Unione Europea. Questa nuova ed inedita situazione impone un’attenzione particolare per le interessanti opportunità che vengono offerte dall’Unione Europea per
mezzo dei fondi europei destinati ai territori con diverso
grado di sviluppo. Neppure va dimenticata l’esigenza dell’integrazione con le azioni programmatorie relative al territorio del Poso@je (Valle dell’Isonzo), in accordo con gli enti
locali sloveni limitrofi».
In base a queste considerazioni, gli amministratori sloveni sintetizzano in nove punti le loro richieste in vista della
riorganizzazione degli enti territoriali montani.
Dal punto di vista territoriale «deve esserci un forte impegno a mantenere un livello di organizzazione sovracomu-
nale che interessi l’area delle attuali due comunità montane. I comuni interessati sarebbero quelli elencati dal
decreto del Presidente della Repubblica in attuazione della
legge 38/2001» (ad esclusione di Cividale del Friuli, se non
come sede dello sportello sloveno).
A questa struttura sovracomunale sarà necessario dare forti
competenze «per le iniziative di programmazione, pianificazione, gestione del territorio e per lo sviluppo culturale,
sociale ed economico, in accordo con le direttive programmatorie della Regione autonoma Friuli - Venezia Giulia
e tenendo conto anche delle azioni di sviluppo che interessano il territorio confinante sloveno».
A queste strutture dovrà essere assegnata la gestione di
competenze che saranno devolute dalla regione, al fine di
favorire servizi più efficaci e vicini alla popolazione residente,
la possibilità pratica di attivare servizi di gestione della programmazione europea, finalizzati al reperimento di fondi
europei da destinarsi allo sviluppo socio-economico del territorio» e «la gestione delle competenze derivate dagli strumenti legislativi riferiti alla comunità slovena ivi residente
(Ln 38/2001 Lr 26/2007) e puntuale applicazione delle stesse».
Tutto ciò al fine di «mantenere l’identità territoriale dei singoli comuni e organizzare la struttura sovracomunale in
modo da garantire un efficiente sistema di gestione dei servizi per i piccoli comuni (in particolare urbanistica, lavori
pubblici, personale, amministrazione e manutenzione del
territorio)».
In un’ottica di ampliamento delle competenze, scrivono gli
amministratori sloveni, è necessario «rafforzare le attuali
professionalità a disposizione con incremento delle stesse con personale che conosca la lingua e/o dialetto sloveno e relativa formazione professionale».
Vista la complessità della problematica, gli amministratori, ritengono «indispensabile l’attivazione di un tavolo di lavoro composto da rappresentanti istituzionali della regione,
rappresentanti degli enti locali, rappresentanti della comunità slovena finalizzato ad elaborare un documento operativo sulle funzioni dell’ente sovracomunale».
(Dom, 30. 11. 2009)
Risolta temporaneamente la cristi dell’importante istituzione slovena TEATRO STABILE SLOVENO
Nominati gli amministratori delegati
Andrej Berdon e Paolo Marchesi dirigeranno il teatro fino il 30 giugno 2010
’avvocato Andrej Berdon e il commercialista Paolo
Marchesi sono i nuovi amministratori delegati del
Teatro stabile sloveno. Sono stati nominati dall’assemblea dell’ente riunita il 16 novembre nel Kulturni dom
(Casa di cultura) di Trieste. Il loro incarico è a tempo determinato, e cioè fino il 30 giugno del prossimo anno. In questo tempo dovranno garantire la firma dei contratti (fino il
1° dicembre) e l’inizio delle attività teatrali, provvedere allo
svolgimento della stagione teatrale ridotta e mettere le basi
al progetto di risanamento, secondo il quale il teatro dovrebbe uscire dall’attuale profonda crisi. Per questi obbiettivi gli
amministratori delegati disporranno di un budget pari ad
un milione e 500 mila euro.
Andrej Berdon è stato proposto per l’amministrazione a termine del teatro dalle organizzazioni di riferimento Skgz e
Sso. Nel corso dell’assemblea il suo nome è stato avanzato dal presidente dell’associazione Druœtvo Slovensko
gledaliœ@e Adriano Sosi@ e da Ace Mermolja. Il 48-enne
avvocato, residente nel comune di Monrupino, ha ricoperto
il ruolo del segretario regionale del partito Slovenska skupnost, per un mandato ha rappresentato il partito nel consiglio comunale di Trieste, dopodiché è stato eletto consigliere nel comune di Monrupino ed è rieletto alle elezioni
di quest’anno.
Paolo Marchesi è stato proposto come amministratore delegato del Teatro stabile sloveno dal Comune di Trieste ed
è stato sostenuto anche dagli altri enti pubblici (Provincia
e Regione) facenti parte dell’assemblea del Teatro stabile sloveno. Marchesi (classe 1939), commercialista, in passato si è tra l’altro occupato del Fondo di Trieste e delle
aziende in difficoltà; conosce pure l’ambiente teatrale triestino, in quanto è membro del comitato di controllo del teatro lirico Verdi.
La nomina di Berdon e Marchesi alla direzione temporanea dell’ente teatrale era attesa. Già gli esperti Marija Marc
L
e Renato Manzoni hanno nella propria relazione indicato
la nomina di due tecnici per uscire dalla crisi. Gli enti locali e le organizzazioni rappresentative hanno accettato la proposta nel caso della riunione presso la prefettura di Trieste
all’inizio novembre, in seguito hanno scelto il candidato.
L’assemblea ha confermato la loro proposta.
La presidente dell’assemblea, l’assessore alle Finanze della
Provincia di Trieste Mariella De Francesco, ha ritenuto che
la nomina dei due amministratori, di cui il compito principale è garantire la continuazione dell’attività teatrale con i
mezzi finanziari a disposizione, rappresenta una svolta nell’amministrazione del teatro.
Nella nuova stagione il Teatro opererà con il budget da un
milione e 500 mila euro. L’assessore De Francesco ha così
articolato queste risorse: la Regione Fvg ha confermato il
contributo dell’anno scorso di 250 mila euro dal fondo di
dotazione, in più destinerà al teatro quasi 500 mila euro
dei contributi statali previsti dalla legge di tutela; il fondo
nazionale per lo spettacolo (Fus) ammonterà a 380 mila
euro; la Repubblica di Slovenia ha stanziato il contributo
di 130 mila euro; la Provincia di Trieste ha aumentato il contributo da 8 mila a 30 mila euro; le organizzazioni rappresentative daranno il contributo di 100 mila euro (oltre ai contributi previsti dalla legge di tutela). A ciò bisogna aggiungere ancora gli incassi delle produzioni.
Il comune di Trieste (all’assemblea era rappresentato dal
segretario generale Santi Terranova) non darà alcun contributo, ha però cancellato gli interessi sui prestiti concessi al Teatro per il 2008 e per il 2009 (in tutto circa 120 mila
euro).
«Nella scorsa stagione il teatro ha avuto a disposizione 2
milioni di euro, ed ha creato il disavanzo di 400 mila euro.
Nella nuova stagione le risorse saranno minori, ma non si
creerà alcun disavanzo», ha annunciato l’assessore De
Francesco.
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Alla domanda se si procederà alla diminuzione dei posti
di lavoro, l’assessore provinciale ha garantito che ciò non
succederà. Il periodo di occupazione sarà però ridotto per
la durata dell’amministrazione transitoria. Così è stato riferito nella relazione dagli esperti Marija Marc e Renato
Manzoni.
L’assessore De Francesco ha posto pure la questione del
direttivo del teatro. Con la nomina di lunedì 16 novembre
da parte dell’assemblea questa funzione è stata delegata
ai due amministratori delegati. Gli esperti Marc e Manzoni
nella loro relazione hanno scritto che sarebbe auspicabile lo scioglimento dei contratti. «Gli attuali direttori, amministrativo e artistico, hanno un grande costo. Il loro compito sarà svolto d’ora in poi dagli amministratori delegati.
Per adesso non si sa ancora come si evolverà la questione: se si arriverà ad un accordo o ad un conflitto. In entrambi i casi la soluzione della questione avrà un costo per il
teatro. Di quale entità l’assemblea non ha potuto dare la
stima. Definirlo sarà compito degli amministratori», ha spiegato l’assessore provinciale alle Finanze, la quale ha sottolineato che «questo non è assolutamente un commissariamento, ma una possibilità data al teatro di uscire dall’attuale crisi finanziaria».
Con la nomina dei due amministratori è definitivamente terminato il mandato del precedente consiglio d’amministrazione, che ha dato le dimissioni il 28 settembre. Secondo
il parere del presidente del comitato di controllo le dimissioni del consiglio d’amministrazione erano subito valide,
e quindi non c’era la possibilità che fossero respinte dall’assemblea.
Adriano Sosi@, presidente dell’associazione Drutvo slovensko gledaliœ@e, si è detto «felice, perché è stato fatto
un passo in avanti per il salvataggio dell’ente. Questo è stato
voluto da tutti. La scelta dei due amministratori delegati è
stata concorde, questo è anche importante. Sono state definite le direttive per l’amministrazione anche se hanno un
tempo limitato. Presentate alla prefettura le direttive sono
state confermate e ciò dà la garanzia che gli amministratori faranno il proprio lavoro nelle migliori condizioni».
M.K.
(Primorski dnevnik, 17. 11. 2009)
IL COMMENTO
Una soluzione politica
per il Teatro stabile sloveno
«La soluzione è solamente a livello politico», ha annunciato
l’11 settembre la ricetta per uscire dalla crisi l’allora presidente del consiglio d’amministrazione del Teatro stabile sloveno, Martina Kafol. Evidentemente non ha avuto abbastanza peso politico per raggiungere questo obbiettivo.
Perciò 17 giorni più tardi è stata costretta a dimettersi. È
stata però profetica.
Un mese e mezzo più tardi la politica si è mossa. Gli incontri alla prefettura di Trieste hanno avvicinato gli enti pubblici e le organizzazioni rappresentative degli sloveni in Italia,
che in questa occasione hanno dimostrato di essere un efficiente, unitario e comune attore politico della minoranza.
Le riunioni hanno prodotto la relazione degli esperti, che
hanno indicato la strada.
La nomina di ieri (16 novembre, ndt) dei due commissari,
che temporaneamente dirigeranno il teatro, insieme alla
garanzia delle fonti finanziarie – rappresentano un passo
concreto verso il risanamento dell’ente.
Anche se si arriverà a questo – secondo le serie intenzioni politiche – è fin d’ora chiaro, che l’attività del teatro sarà
meno ricca che in passato.
A fare le spese di questa situazione sarà soprattutto il personale. La presidente dell’assemblea Mariella De Francesco
ha assicurato che non ci saranno licenziamenti, ma l’orario di lavoro sarà ridotto (e di conseguenza sarà ridotto
anche lo stipendio).
Questi problemi sindacali saranno risolti successivamente. Oggi è importante che il teatro disponga del nuovo direttivo che entro la fine di novembre potrà sottoscrivere i
necessari contratti, per far sì che la stagione finalmente
prenda il via il primo dicembre.
Marjan Kemperle
(Primorski dnevnik, 17. 11. 2009)
Incontro del comitato coordinatore dei governi di Slovenia e Italia
BRDO PRI KRANJU
Il vertice bilaterale Slovenia - Italia
Il rigassificatore nel golfo di Trieste divide ancora i due Stati confinanti
igassificatore? No, grazie. Lo ha ribadito ieri (9
novembre, ndt) il ministro sloveno dell’Ambiente Karl
Erjavec alla collega Stefania Prestigiacomo. Ma quello che ha più lasciato allibiti è che il diniego Erjavec lo ha
annunciato ancora prima dell’inizio del summit del Comitato
interministeriale italo-sloveno. Meno ”catastrofica” la ministra Prestigiacomo, la quale ha confermato che tutta la
documentazione richiesta dalla Slovenia sarà inviata a
breve. «L’Italia - ha detto - ha seguito scrupolosamente gli
effetti dell’impatto ambientale, secondo le regole europee,
le convenzioni internazionali tra Stati contermini e abbiamo altresì tenuto conto dei giusti suggerimenti sloveni».
«Ritengo - ha concluso - che la nostra documentazione sarà
più che esaustiva e che non ci sarà quindi bisogno che
R
SLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 6
Lubiana ricorra in merito alla Corte europea». Ma il suo collega sloveno Karl Erjavec ha prontamente replicato che
«non è detto che la documentazione italiana soddisfi la
Slovenia». E poi ha precisato: «C’è un punto su cui siamo
in disaccordo, quello della sicurezza a cui gli italiani obiettano che fa parte di una fase successiva e attiene al
Ministero dei trasporti». A placare le acque ci ha pensato
il ministro degli Esteri Franco Frattini, il quale ha parlato
di un confronto estremamente positivo e di larghe convergenze. Sono stati affrontati, ha spiegato il capo della
Farnesina, temi bilaterali ma anche internazionali come la
crisi in Afghanistan, che vede impegnato un contingente
militare sloveno, come i Balcani Orientali. E qui c’è stato
un grande impegno sloveno nell’organizzazione di una
Conferenza europea sul tema che si svolgerà sotto la presidenza spagnola dell’Ue. Frattini ha anche espresso enorme soddisfazione per l’accordo sui confini raggiunto tra la
Slovenia e la Croazia che permette ora a Zagabria una forte
accelerazione nel processo di adesione all’Ue. Da parte sua
il ministro degli Esteri sloveno ha garantito una forte cooperazione in campo infrastrutturale soprattutto nel collegamento Trieste-Diva@a che fa parte del Corridoio 5 e ha
auspicato una più accentuata cooperazione tra i porti
dell’Alto Adriatico. «Che devono fare rete - secondo il viceministro alle Infrastrutture Roberto Castelli, anche lui presente all’incontro - per combattere la concorrenza degli scali
del Nord Europa diventando così una sorta di porta per
l’Oriente». Sempre dal punto i vista dei trasporti è stato
annunciato un prossimo collegamento aereo tra Portorose
e Roma. Tra i temi trattati riguardanti l’energia, oltre il rigassificatore anche la costruzione di elettrodotti tra i due Paesi,
mentre Lubiana ha comunicato all’Italia di stare per firmare il protocollo d’intesa per l’oleodotto ”South Stream”. «Di
Krœko non si è parlato - ha concluso Frattini - anche se l’Enel
ha già espresso la propria volontà di cooperare al raddoppio
della centrale nucleare. Ora si attende il responso della
parte slovena».
Mauro Manzin
(Il Piccolo, 10. 11. 2009)
BRDO PRI KRANJU
Si è parlato anche delle minoranze
Il rigassificatore di Zaule è oggetto di divergenze tra la
Slovenia e l’Italia che promette che la minoranza slovena
riceverà nel 2010 gli stessi finanziamenti statali di quest’anno, dunque qualche cosa in più di 5 milioni di euro.
Questa è una considerazione alquanto generica dopo l’incontro del gruppo di coordinamento tra i governi di Slovenia
e Italia, presieduto dai ministri agli Esteri Samuel ˘bogar
e Franco Frattini. All’incontro hanno preso parte, oltre ad
alcuni sottosegretari, anche i ministri all’Ambiente Karl
Erjavec e Stefania Prestigiacomo.
Frattini non ha ricevuto i presidenti dell’Skgz e dell’Sso, seppure l’incontro era previsto nel programma ufficiale del vertice bilaterale. Nel corso della conferenza stampa (9 novembre, ndt) Frattini ha confermato che il governo Berlusconi
sta progettando la stessa azione dell’anno scorso, dunque
l’aggiunta di un milione di euro per la minoranza slovena:
4,06 milioni di euro previsti dalla finanziaria del 2010,
dovrebbero essere la prima rata, il resto arriverà in seguito, ha affermato Frattini. Il ministro non ha motivato le ragioni dell’annullamento dell’incontro comune con le minoranze, sostenendo che la delusione di Pavœi@ e Œtoka è infondata. Frattini ha fatto intendere che vuole ricevere la Skgz
e lo Sso in Italia e non in Slovenia.
Di delusione infondata dei presidenti Skgz e Sso ha parlato pure ˘bogar, il quale ha dichiarato che la parte slovena prende atto delle promesse di Frattini sui finanziamenti
aggiuntivi per le istituzioni culturali slovene. Il ministro ha
informato il collega della crisi del Teatro stabile sloveno
(Frattini è stato sensibile su questa questione, ha spiegato il ministro agli Esteri sloveno) e delle lamentele della
minoranza slovena di non avere un interlocutore diretto nel
governo Berlusconi, che stando alle ultime notizie, sarà il
sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica. Anche ˘bogar,
come Frattini, non ha commentato il contrattempo relativo
all’incontro con le due minoranze.
Riguardo al rigassificatore di Zaule entrambi i governi sono
rimasti sulle posizioni già note. La ministra Prestigiacomo
ha annunciato l’invio della documentazione aggiuntiva mentre Erjavec ha ripetuto le già note posizioni negative di
Lubiana. La Slovenia attende da Roma ulteriori approfondimenti sugli impatti transfrontalieri e la documentazione
relativa alla sicurezza del rigassificatore.
La Prestigiacomo ha affermato che l’Italia deve fornire alla
Slovenia la documentazione relativa agli impatti transfrontalieri, ma non la relazione sulla sicurezza. Erjavec
aveva espresso parere negativo sul rigassificatore ancora prima dell’incontro di Brdo. Questa non è stata proprio
una mossa diplomatica, ma il contrario. Frattini e ˘bogar
hanno comunque espresso in linguaggio diplomatico la speranza, che il dialogo sul rigassificatore – nonostante le diverse posizioni – continui, ciò è stato sottolineato pure dalla
Prestigiacomo e da Erjavec. Le prospettive su questo progetto non sono proprio migliori, anche se adesso molte cose
dipenderanno dai nuovi documenti che l’Italia ha preannunciato di inviare alla Slovenia.
A Brdo si è parlato pure dei collegamenti commerciali e della
collaborazione tra porti. Frattini ha sottolineato che Roma
crede nel ruolo strategico del nuovo collegamento ferroviario Trieste-Diva@a, mentre gli interlocutori dei porti non
sono stati molto chiari. A breve la Slovenia dovrebbe ripristinare il collegamento aereo tra Portorose e Roma (alcuni tentativi in questo senso sono già falliti). All'incontro non
si è invece parlato della centrale nucleare di Krœko, mentre Frattini ha ripetuto ai giornalisti l'interesse della società
energetica ENEL per la collaborazione nella costruzione
del secondo reattore di Krœko. Prima della partenza per
Roma il ministro degli Esteri italiano si è complimentato con
˘bogar per il recente accordo con la Croazia, che l’Italia,
secondo le parole del ministro, sostiene senza riserve.
Sandor Tence
(Primorski dnevnik, 10. 11. 2009)
BRDO PRI KRANJU
Frattini non ha ricevuto
i presidenti di Skgz e Sso
Spiacevole contrattempo al vertice italo-sloveno
Contrariamente a quanto stabilito dal programma ufficiale, nel quale era previsto l'incontro comune tra i ministri degli
Esteri con le minoranze italiana e slovena, i ministri ˘bogar
e Frattini si sono incontrati rispettivamente con la minoranza
slovena in Italia e con quella italiana in Slovenia. Il contrattempo e dovuto ai dubbi della Slovenia riguardo la partecipazione di Furio Radin nella delegazione della minoranza italiana. Radin, infatti, è presidente dell'Unione italiana (l'organizzazione rappresentativa della minoranza italiana in Slovenia e Croazia), ma allo stesso tempo è anche
deputato nel parlamento croato, cosa che ha infastidito la
parte slovena. Per questo motivo Frattini, da parte sua, ha
annullato l'incontro con Rudi Pavœi@ e Drago Œtoka.
In realtà dietro questo estremamente spiacevole contrattempo si nascondono delle ragioni politiche e diplomatiche,
in quanto è stato evidente, che al di là del caso Radin,
Frattini non ha voluto incontrare Pavœi@ e Œtoka. I presidenti dell'Skgz e dell'Sso si sono incontrati solamente con
SLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 7
˘bogar e con il ministro per gli sloveni nel mondo e oltreconfine Boœtjan ˘ekœ, con i quali si erano già visti venerdì
scorso a Lubiana. ˘bogar ha riferito a Pavœi@ e Œtoka la
promessa di Frattini, confermata dallo stesso ministro alla
conferenza stampa, che il governo italiano si impegnerà
come l'anno scorso ad aggiungere all'inizio dell'anno prossimo per le istituzioni culturali slovene ancora un milione
di euro che è stato cancellato dalla finanziaria 2010.
Œtoka e Pavœi@ hanno lasciato il castello di Brdo delusi. «Ciò
che è successo con la composizione della delegazione della
minoranza italiana non ci interessa, perché non ci riguarda e non vogliamo polemiche con la minoranza italiana. Il
fatto è che con Œtoka non ci siamo incontrati con il ministro Frattini e che in questa occasione non siamo riusciti
a instaurare un dialogo diretto con il governo italiano», ha
commentato Pavœi@. Della stessa opinione è stato anche
il presidente dello Sso, che si è detto alquanto pessimista
sulla possibilità che l'Italia mantenga il contributo dell'anno scorso per la minoranza slovena. «Noi comunque non
desisteremo. Questa situazione mi preoccupa molto», ha
aggiunto Œtoka.
L'unica nota positiva di questa spiacevole storia è il fatto
che Frattini ha delegato il sottosegretario agli Esteri, Alfredo
Mantica, a trattenere i rapporti con la minoranza slovena.
Nel governo Berlusconi ha finora avuto quest'incarico, ma
solo sulla carta, il sottosegretario agli Interni Francesco Nitto
Palma. Frattini ha assicurato il sostegno nella ricerca di ulteriori finanziamenti statali alla delegazione della minoranza italiana (oltre a Radin, ne hanno fatto parte pure il presidente del comitato esecutivo dell'Unione italiana Maurizio
Tremul, il deputato nel parlamento sloveno Roberto
Battelli e Flavio Forlani, presidente della comunità costiera italiana).
S.T.
(Primorski dnevnik, 10. 11. 2009)
TRIESTE - TRST
Rigassificatore: «Si tratta di
una grande speculazione!»
Ospiti dell’associazione degli intellettuali sloveni
il sindaco di Dolina Premolin e l’ambientalista Male@kar
«Si tratta di una grande speculazione!». Sergij Pahor, presidente dell’Associazione degli intellettuali sloveni ha così
riassunto e concluso la serata, dedicata al progettato rigassificatore di Zaule, della quale sono stati ospiti il sindaco
di Dolina/San Dorligo della Valle Fulvia Premolin e l’ambientalista di Capodistria Franci Male@kar. I relatori hanno
presentato in modo dettagliato le conseguenze catastrofiche di questo impianto, che rappresenta un pericolo per
l’economia, le persone e l’ambiente naturale dell’intero golfo
di Trieste. «Noi a San Dorligo della Valle siamo decisamente
contrari!», ha detto il sindaco Premolin che ha riportato le
chiare posizioni della sua amministrazione confermate da
tre votazioni in consiglio comunale, ed emerse dai numerosi incontri con i cittadini indignati. Un parere negativo sul
rigassificatore è stato espresso anche dall’università di
Trieste, dopo che l’amministrazione di San Dorligo le ha
mandato in esame la relazione dell’esecutore. Un ulteriore aggravio per un comune già provato sarebbe deleterio,
ha sottolineato la Premolin, a parte ciò non ci sono garanSLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 8
zie per la sicurezza e c’è da aggiungere che nel procedimento si sono completamente dimenticati della legge sul
consenso dei cittadini. Nella battaglia contro il rigassificatore hanno operato insieme i comuni di San Dorligo della
Valle e quello di Muggia. Tempo fa i sindaci Premolin e
Nesladek si sono rivolti alla procura di Trieste e qualche
giorno fa hanno presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale. Bisogna aggiungere che nel marzo di
quest’anno il parlamento europeo ha emanato un decreto
per fermare il progetto e che l’organizzazione Alpe Adria
Green ha presentato il ricorso al Tribunale amministrativo
regionale. «Il problema è nel sistema fognario di Trieste».
Ancora oggi non è del tutto chiaro, perché si deve fare il
rigassificatore su questo interrogativo proprio a Trieste.
Male@kar ha avuto il quadro completo poco tempo fa, quando un ospite di una trasmissione televisiva in un momento di stizza ha svelato il mistero dell’interessamento del
comune di Trieste. Dovrebbe trattarsi di un affare di 50 milioni. I sostenitori giurano che il progetto dovrebbe garantire
una maggiore diversificazione della provenienza del gas
(su questo ci sono dei dubbi, in quanto la Russia è politicamente molto più stabile rispetto alle nazioni africane e
dell’America latina), soddisfare il fabbisogno energetico (nel
Fvg le fonti energetiche superano le richieste del 10 per
cento), bonificare il territorio degradato di Zaule (nella
costruzione del rigassificatore e del gasdotto sottomarino
fino a Grado andranno in circolazione diversi metalli pesanti che oggi si trovano nella melma), assicurare i posti di lavoro (circa 150, le ricerche invece indicano che a causa del
rigassificatore 200 pescatori di Trieste perderebbero subito il lavoro) e offrire al Comune di Trieste una percentuale di guadagno per la vendita del gas.
La questione più importante riguarda la sicurezza, hanno
sottolineato Premolin e Male@kar. I rigassificatori e le metaniere sono obbiettivi strategici che, secondo la legge, devono avere una fascia di sicurezza e devono essere protetti dall’esercito. Perciò in altre parti del mondo costruiscono simili impianti nei deserti o in mare (il rigassificatere
costruito l’anno scorso vicino Rovigo si trova in mare aperto, a 17 chilometri dalla costa). La fascia di rispetto larga
tre chilometri attorno alle navi (queste saranno circa cento
all’anno) e al rigassificatore cambierebbe completamente
le attuali rotte marine e limiterebbe le attuali attività economiche nel golfo di Trieste. C’è la minaccia di un «effetto domino». Poiché a Zaule si trovano già i terminal dell’oleodotto e del gas, la ferriera e l’industria chimica, ogni
incidente potrebbe causare un disastro. L’esplosione del
rigassificatore, ha sottolineato Male@kar può essere paragonata a diverse decine di bombe atomiche, e, secondo
le stime, nella nube di fuoco potrebbero morire da 40 mila
a 120 mila persone. Spaventose sarebbero anche le conseguenze per l’ambiente. Per il riscaldamento del gas liquido verrà utilizzata l’acqua del mare, che si riverserebbe nel
mare raffreddata e con l’aggiunta di cloro, che serve per
la disinfestazione delle tubature. Secondo le stime degli
ambientalisti tutta l’acqua del golfo di Zaule andrebbe in
ricircolo due volte all’anno. Documenti tenuti nascosti e falsificati, un atteggiamento matrignesco, limitazione dei diritti della vicina repubblica di Slovenia, comunicazione «a
senso unico» dei media italiani dimostrano che dietro la questione rigassificatore si cela ancora qualche cosa. Fa sperare però il compatto atteggiamento delle persone di buona
volontà di Slovenia, Italia e Croazia, che forse per la prima
volta dal dopoguerra si sono uniti per un futuro migliore.
Tj
(Primorski dnevnik, 18. 11. 2009)
A colloquio con il sindaco di Nova Gorica e deputato sloveno Mirko Brulc
L’INTERVISTA
«Noi e Gorizia possiamo crescere assieme»
«Le persone che vivono sul confine hanno sempre sentito l’appartenenza a un unico territorio»
Lunedì 9 novembre sono passati vent’anni da quando
hanno picconato il Muro di Berlino. Non è un anniversario
qualsiasi, tanto meno per Gorizia e Nova Gorica dove, tuttavia, nessun muro ha mai diviso le due città. Nemmeno
nei tempi peggiori. Già, ma come sono cambiate le cose
lungo l’ormai ex confine goriziano? Cosa si è fatto e cosa
resta da fare? Ne parliamo con Mirko Brulc, sindaco di Nova
Gorica da 8 anni, parlamentare nel partito socialdemocratico
dell’Sd, sincero amico di Gorizia. L’intervista è stata rilasciata ieri alle 8 nel municipio di Nova Gorica. Lo ¡upan
sloveno lavora moltissimo ma si è detto molto lieto di poter
esprimere ai lettori goriziani i suoi pensieri.
Sindaco Brulc, sono passati vent’anni dalla caduta del Muro
e due dalla cancellazione dei ’nostri’ confini. Cos’è cambiato tra Nova Gorica e Gorizia?
«Non si può fare un paragone tra la caduta del Muro e quella del nostro confine. Il nostro confine è stato creato dalle
grandi potenze ma non è mai stato considerato rigido, invalicabile come quello tra le due Germanie. Lungo il nostro
confine ci sono stati, è vero, incidenti ed episodi gravi ma
è sempre stato aperto. Ciò grazie anche al fatto che Tito
fece in tempo ad opporsi a Stalin, mantenendo l’indipendenza della Jugoslavia dall’Urss e dunque evitando che
sull’Italia incombesse la potenza sovietica.»
Cosa invece non è cambiato tra Nova Gorica e Gorizia in
questi primi due anni senza confine?
«Le persone che vivono sul confine hanno sempre sentito l’appartenenza a un unico territorio e hanno aspettato
con ansia l’ingresso della Slovenia in Schengen. La gente
aspettava la caduta del confine e quando si è verificata forse
avevamo attese troppo grandi. Forse non ci siamo resi
conto che questo territorio è ancora condizionato dalla storia e da certa politica, soprattutto da parte italiana. Le persone non si sono ancora del tutto liberate dalle vicende storiche e politiche del passato. Presumo che è per questo
motivo che mai nessuno esponente dell’attuale giunta
comunale di Gorizia ha partecipato alla cerimonia a
Tarnova, mentre io sono sempre presente a quella al
Lapidario al Parco della Rimembranza a Gorizia. Temo, inoltre, che per questo motivo, in occasione del centenario del
primo volo dei fratelli Rusjan, il Comune di Gorizia ha aderito solo all’ultimo momento alle iniziative celebrative.»
saggio ai giovani. Noi sloveni cerchiamo di non essere vincolati dal passato, guardiamo al futuro e alla collaborazione
transfrontaliera che però dobbiamo portare a un livello più
alto a cominciare dai Comuni di Nova Gorica, ŒempeterVertojba e Gorizia. Ma molti progetti transfrontalieri si sviluppano anche al di fuori dei Comuni. Penso all’Università
di Nova Gorica che ha una sede in via della Croce a Gorizia.
Ora stiamo pensando a organizzare assieme il capodanno alla Transalpina. Vedremo.»
A Gorizia si continua a sapere ancora poco di quanto accade a Nova Gorica e viceversa. È d’accordo?
«È vero e le faccio un esempio. Noi distribuiamo un opuscolo informativo che si chiama Kam in cui vengono pubblicizzati tutti gli spettacoli e gli appuntamenti culturali che
si tengono sul territorio. Vorremmo inserire anche quelli di
Gorizia, ma purtroppo le cose vanno molto lentamente. Da
Gorizia non c’è un riscontro positivo in questo senso.»
La sensazione è che tra le cause del rallentamento dei rapporti tra le due municipalità ci sia anche il differente rapporto personale che lei aveva con il sindaco Vittorio Brancati
rispetto a quello che ha con il sindaco Ettore Romoli. È così?
«Non credo. Sottolineo che ho molta stima per il sindaco
Romoli. Mai abbiamo avuto alcun conflitto nei nostri rapporti. Tuttavia, sento con un po’ di amarezza certi commenti
e prese di posizione nei nostri confronti da parte di alcuni
altri rappresenti dell’amministrazione comunale. Mi danno
parecchio fastidio alcune dichiarazioni, ma le ignoro.
Quando cammino per Gorizia incontro molti goriziani non
solo della comunità slovena che mi incoraggiano a proseguire nella strada del dialogo e a ignorare certe polemiche.»
Perché?
«Mi spiace pensarlo ma temo che ciò sia accaduto perché
i fratelli goriziani Rusjan erano sloveni.»
Lei è anche parlamentare nelle fila del partito socialdemocratico Sd. Che atteggiamento ha Lubiana nei confronti
delle istanze della Goriœka e di conseguenza come giudica i rapporti transfrontalieri con Gorizia?
«Sono anche membro della commissione per gli sloveni
all’estero nella quale si parla molto della collaborazione transfrontaliera, tema molto caro anche la ministro ˘ekœ.
Lubiana è consapevole che qualsiasi tipo di collaborazione con Gorizia può portare risultati positivi. Si stanno sviluppando interessanti progetti come quello denominato
Adria A per il collegamento ferroviario tra Gorizia, Nova
Gorica, Sezana e Trieste. Si parla molto dell’Euroregione
e in questo periodo ne stiamo discutendo molto anche con
Romoli. Mi piace che le idee non arrivino solo da Roma
ma che maturino nel Friuli Venezia Giulia.»
Le sue riflessioni coincidono con quelle proposte dall’arcivescovo De Antoni, che in una recente intervista ha parlato di confini mentali ancora ben presenti in tanti goriziani.
«Stimo moltissimo il vescovo di Gorizia. L’ho incontrato varie
volte. Ha un rapporto molto positivo nei confronti di questo territorio. Certamente questo confine ancora esiste nelle
teste, ma dipende da noi ’anziani’ trasmettere il giusto mes-
Quando la Slovenia è entrata nella Ue l’economia goriziana
temeva molto i contraccolpi che sarebbero derivati dal
vostro sviluppo sostenuto dagli incentivi europei. Qual è allo
stato la situazione della vostra economia locale?
La crisi si fa sentire ma per fortuna Nova Gorica non la sente
molto come altre parti della Slovenia. Noi non vogliamo né
competere né nuocere a Gorizia ma trovare punti in comune. Per esempio è stata da poco organizzata la fiera del
SLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 9
lavoro. C’è poi un’attiva collaborazione tra le due Camere
di commercio. Noi siamo fieri di ricevere sovvenzioni
dall’Unione europea ma va detto che queste sovvenzioni
sono indirizzate a finanziare progetti comuni anche con
Gorizia come il parco della pace sul Sabotino, il collegamento tra il Castello e la Castagnavizza e tra il Castello di
Gorizia e quello di Kromberg. Cerchiamo di far capire alla
gente che grazie a questi finanziamenti la vita di tutti noi
può migliorare. In tutti i grandi eventi da noi organizzati
abbiamo sempre invitato la parte italiana perché secondo
noi il confine non esiste. Solo assieme si possono ottenere risultati.» (…)
Roberto Covaz
(Il Piccolo, 6. 11. 2009)
L’OPINIONE
L’Ue non unisce i due Paesi
Per valutare lo stato attuale dei rapporti tra Italia e Slovenia
vanno tenuti in considerazione due dati fondamentali e
sostanzialmente collegati tra di loro. Il primo è rappresentato dal fatto che si tratta di rapporti storicamente non facili. L’Adriatico Nord Orientale è stato infatti una delle aree
lungamente contese e focolaio di conflitti e tensioni, una
delle “faglie” destabilizzanti del continente europeo nel secolo scorso. Il secondo dato sta invece nel fatto che ambedue i Paesi sono oggi membri della stessa Unione Europea,
costituita proprio per creare condizioni tali che impediscano il ripetersi delle conflittualità sopra menzionate. Queste
condizioni si ottengono valorizzando progressivamente gli
interessi comuni e con il superamento dell’esaltazione di
quelli particolari dei singoli Stati, il che –come nel nostro
caso – porta anche ad una “ottimizzazione” dell’uso delle
risorse sul piano economico, sociale, culturale e politico.
Rispetto al retaggio storico, ritengo si possa dire con soddisfazione che finora si sono fatti progressi enormi in fatto
di distensione, superamento dei rancori e maturazione graduale di rapporti interetnici ed interstatali amichevoli e rispettosi. Tuttavia non possiamo nasconderci che le diffidenze
reciproche rimangono, che i rancori non sono ancora del
tutto sopiti e che a tale proposito è ancora necessaria un’azione politica fatta con equilibrio e sensibilità. E ritengo sia
altresì opportuno manifestare la consapevolezza che, anche
se in buona fede, si continua troppo spesso da ambedue
le parti del confine a “valorizzare” gli interessi di parte, materiali ed emotivi, dando ad essi precedenza su quelli comuni. Ed è proprio rispetto al secondo dato che dobbiamo porci
con schiettezza la domanda se i rapporti tra i due Paesi
sono davvero all’insegna dell’Ue. Prendiamo in considerazione come esempio due questioni che rimangono da
tempo di attualità nella nostra area: quella energetica e quella delle infrastrutture del sistema di comunicazioni. E’ significativo che i singoli Paesi trattino i progetti relativi all’approvvigionamento energetico ciascuno per sé e che non
vi sia alcun accenno alla possibilità (non dico necessità…)
di affrontare la questione assieme con un percorso comune, magari coinvolgendo anche la “europeanda” Croazia.
Stando alle caratteristiche dell’area composta dal Nord Est
italiano, dalla Slovenia, dalla Croazia e dalle regioni limitrofe sembrerebbe molto più conveniente e razionale che
i progetti per i rigassificatori, per le centrali nucleari, le reti
elettriche e per i gas-oleodotti venissero affrontati da una
pianificazione unica e comune. In un’area dal raggio di alcuSLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 10
ne centinaia di chilometri, omogenea anche in fatto di
necessità, ciò risulterebbe certamente più conveniente dal
punto di vista economico, ambientale e anche quello politico e sociale. Si eviterebbero eventuali doppioni – ed è uno
degli obiettivi che danno senso all’Ue – i relativi sprechi,
anche quelli ambientali, e si eviterebbero certe diatribe politiche che, sortite da problemi singoli, si ripercuotono negativamente sulla generalità dei rapporti tra Stati vicini. Tra
l’altro, non sembrano affatto inconciliabili gli interessi dei
soggetti interessati, sia di quelli istituzionali sia di quelli specifici, pubblici e privati che operano nel settore. Certo, sono
necessarie la volontà e l’azione politica: ma è proprio questo il modo per dare concretezza all’Ue. Penso che ciò sia
altrettanto valido anche per le infrastrutture viarie, ferroviarie
e marittimo-portuali.
A me pare che la necessità di questa impostazione si
imponga con forza nel caso del collegamento ferroviario
del corridoio 5.
È difficile togliersi la sensazione che anche l’ultima (per fortuna non definitiva) proposta del relativo progetto fa riferimento a due porti e a due territori come a due realtà distinte, distanti e divise che hanno bisogno ciascuna del proprio collegamento del tutto autonomo con l’asse principale della tratta transfrontaliera.
C’è da chiedersi se l’intera opera non sarebbe più semplice, meno costosa e meno “impattante” qualora potesse
venir collegata con un unico riferimento ad ambedue gli
scali, ovviamente se questi fossero direttamente collegati tra di loro. È vero che ci sono due Stati e due porti, ma
è anche vero che c’è un unico territorio con distanze minime, un’unica Unione Europea e …un unico futuro.
Certo, non si è così ingenui da pensare che l’impostazione seguita in Italia e in Slovenia (ed in Croazia) finora per
l’energia, per il corridoio 5 e per le altre questioni di potenziale interesse comune, sia frutto di distrazioni: non per caso
abbiamo parlato all’inizio del background storico, sappiamo che ci sono comunque interessi esistenti consolidati
come anche esigenze di certezze per il futuro cui nessuno degli Stati è disposto a rinunciare.
Ma non credo si possa contestare che nei rapporti tra i due
Paesi o, meglio, tra i tre Paesi dell’Alto Adriatico vi sia un
forte deficit di sostanza europeista nei fatti concreti. È un
deficit che andrebbe gradualmente ripianato per poter definire davvero buoni i rapporti in questo avvio del terzo millennio. In fondo, l’iniziativa del Comitato dei Ministri ItaliaSlovenia promossa dai governi Prodi e Janœa nel maggio
del 2007 e avviata poi dai governi Pahor e Berlusconi è
sorta con questi obiettivi. Sono persuaso che valga la pena
intensificare gli impegni in questo senso, in favore di un
vero e proprio “Polo di sviluppo nell’Alto Adriatico”.
Miloœ Budin
(Il Piccolo, 9. 11. 2009)
LA POLEMICA
Frattini: «Trst je naœ»
non può scherzare sul dolore
Doveva essere, nelle intenzioni del giovane realizzatore,
quasi una goliardata. Una presa in giro di quei nazionalismi che, da questa e dall’altra parte del confine, hanno fatto
danni secolari.
Adesso è diventato ufficialmente un affare di stato. «Trst
je naœ», il film del regista ˘iga Virc che, forse in un estremo tentativo di mediazione transfrontaliera ha suscitato ieri
(5 novembre, ndr) le ire nientemeno che del ministro degli
Esteri Franco Frattini, tra l’altro atteso domenica (8
novembre, ndr) a Lubiana da un confronto con l’omologo
Samuel ˘bogar su varie questioni aperte (ma non sul rigassificatore, pare, secondo le ultime indiscrezioni). Alcuni
media sloveni, intanto, hanno preso lo spunto dalla vicenda per contestare le carenze di tutela della minoranza in
Italia e la scarsa applicazione del bilinguismo.
«Sono francamente stupefatto – ha dichiarato Frattini – per
la decisione dell’Accademia slovena per la cinematografia di finanziare il film «Trieste è nostra» e per la decisione della tv di Stato di diffonderlo». «Tra qualche giorno continua il ministro - celebriamo il ventennale della caduta del muro di Berlino e nessuno dovrebbe permettersi di
scherzare sul sangue e sul dolore che l’Europa ha drammaticamente conosciuto.
Rievocando quanto i cittadini dalmati e istriani hanno subito e sofferto per le orribili azioni delle bande del dittatore
jugoslavo il film versa nuovo sale sulle ferite che dovremo
tutti contribuire a far chiudere piuttosto che riaprire».
Dall’Unione istriani, per bocca del presidente Massimiliano
Lacota, un sentito ringraziamento per la presa di posizione «contro una provocazione inaccettabile, capace di minare alla radice ogni proposito di pacifica convivenza e di reciproco rispetto nel territorio transfrontaliero».
Un inciso molto simile a quello del sottosegretario Roberto
Menia, che parla di «sconcertante apologia delle stragi
comuniste» e di «costanti corsi e ricorsi di nostalgia titina
che non fanno certo onore alla Slovenia». In perfetta linea
si dimostra anche Lucio Toth, presidente dell’Associazione
nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd), secondo il
quale «sono da evitare parodie sulle tragedie della
Venezia Giulia nel 1945».
Toth si dice inoltre molto infastidito «dallo stesso titolo di
quel corto, il grido fatto proprio da una minuscola associazione di fanatici che vorrebbe ancora Trieste città slovena e ne rivendica la restituzione alla ”madrepatria”». Più
defilata e meno astiosa appare, in questo contesto, la posizione del sindaco Dipiazza.
«A parte che non ho visto quel film e tutti continuano a dirmi
che si tratta di una parodia, si può solo dire che quella slovena si conferma ancora una volta una democrazia molto
giovane e un po’ meno europea di quanto non lo sia la
nostra. Talvolta nelle loro posizioni ravviso un’animosità di
fondo che sfiora il nazionalismo spinto, cosa che non
dovrebbe esistere quando si sta assieme nella Casa comune europea».
Gli fa compagnia Ettore Rosato, deputato del Pd, che smorza di molto i toni. «Per carità, bisogna fare grande attenzione a tutto, ma anche stare attenti a non trasformare quella che può essere una goliardata in un fatto politico. Trieste
è europea, e continuo ad aspettarmi una generazione che
faccia un film su questo tema...».
E il regista? Vessato e pressato da tutte le parti, Virc dà
l’impressione di cadere dalle nuvole. E dice: «Forse gli sloveni dovrebbero più spesso pensare alla storia in questo
modo umoristico, se no continueremo a girare intorno allo
stesso cerchio per sempre». E ancora: «Volevo raccontare come la generazione dei giovani guarda ai cosiddetti
”conti non saldati” e su ”chi è nostro e chi è loro”, e pertanto si tratta di un tipo di parodia, di un mio ripensamento di questi temi». A Se¡ana, stasera, il verdetto finale.
Furio Baldassi
(il Piccolo, 6. 11. 2009)
SE˘ANA
«Trst je naœ»: solo una parodia
strapparisate
Una risata vi seppellirà. «Trst je naœ» (Trieste è nostra), il
cortometraggio del regista sloveno Virc, prodotto
dall’Accademia slovena, ha sciolto ieri sera a Se¡ana, alla
prima, tutta la tensione che si era creata nei giorni scorsi
attorno all’opera. Un’opera buffa, una sorta di «wargames
all’amatriciana» da cui traspare una chiara autoironia sull’imperante jugonostalgia slovena piuttosto che presentare temi revanscisti nei confronti di Trieste. Alla «soirée» nessuna signora impellicciata, ma c’è il tutto esaurito. Il teatro «Srecko Kosovel» è strapieno (700 persone). Metà pubblico giovane, metà anziano. L’aspettativa è grande figuriamoci per una cittadina come Se¡ana che ha avuto l’onore e l’onere di ospitare la prima del film sloveno più dibattuto degli ultimi 20 anni. All’esterno grande fila naturalmente
ma nessun cartellone di protesta, nessun fischio, tutto normale e praticamente assenti le forze di polizia. Poco elegante, invece, la presentazione del film da parte del direttore del Centro culturale, il quale nel salutare il pubblico
usa non solo il convenevole «signore e signori», ma anche
«compagni e compagne» (e qui scatta l’applauso di tutta
la sala), aggiungendo poco dopo con una pausa da comico consumato «e cari amici e care amiche» (risata, un po’
meno fragorosa dell’applauso precedente a dire il vero).
Dunque sembrava che qualche cosa di strano dovesse succedere, ma bastano i primi fotogrammi del «corto» a smentire clamorosamente l’humor fuori posto del direttore. Non
appena l’immancabile suono popolare della fisarmonica
conclude le sue note il film inizia. E capisci subito, dalle
prime battute, che di violento o di provocatorio non ci sarà
niente. «Wargames all’amatriciana», o meglio «gnocchi di
guerra alla carsolina» (anche se le scene non sono state
filmate sull’altipiano) come quelli mangiati dal panciuto protagonista, un contadino che settimanalmente raduna un
gruppo di jugonostalgici che a bordo di raffazzonate jeep
e con armi del 1945 si riuniscono a «giocare ai partigiani». Ma lui, il panciuto maggiore fa sul serio, lui non riesce
a digerire la storia. Ma nelle sue parole non c’è odio, non
c’è rancore, solo un sogno che diventa un gioco da Peter
Pan attempato. Lui che ossessivamente racconta al suo
allampanato attendente che il berrettino con la stella rossa
(la «titovka») gliela aveva regalata suo padre il primo giorno di scuola dicendo che: «Una guerra come quella non
dovrebbe mai più succedere!». Lui, che davanti ai suoi
«commilitoni» viene preso dalla moglie e portato a casa in
automobile a lavorare nei campi. Ma la sua «passione» è
irrefrenabile, lui che ha un’enorme statua di Tito nel soggiorno della casa colonica (ma i busti di Tito oggi si posso
liberamente acquistare al prezzo di 10 euro in qualsiasi
negozio di souvenir di Lubiana) e che la notte recita a
memoria, in una sorta di grottesco play-back i discorsi del
Maresciallo. La polizia slovena lo avverte amichevolmente: «Devi smetterla con queste scemenze altrimenti finirai
male». Ma non basta il nostro Sancho Panza (vista la stazza anche se il carattere è quello di Don Chichiotte) non si
ferma. Anzi, passa all’attacco finale. Lo scontro con un
manipolo di tedeschi (altri compari del wargame) sta un po’
tra gli spaghetti western e i film di guerra di bassa lega. E
per la polizia slovena il limite è stato sorpassato. Intervento
SLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 11
per «smilitarizzare» gli assurdi manipoli ma con la figlia del
protagonista che a cavallo afferra la bandiera jugoslava,
sì quella con la stella rossa nel centro, e la sventola sulle
colline. Una sorta di cavalcata delle walkirie che ha anch’essa più il sapore della sconfitta che di una vittoria nei confronti di un nemico che non è mai esistito. Tutto qui. Forse
per la prima volta la Slovenia riesce a prendere in giro se
stessa e il regista diventa una sorta di Forattini creando
una serie di indimenticabili caricature. Della storia, ma anche
del presente. Non fosse altro per la battuta finale quando
la moglie, a letto, chiede al nostro «eroe»: «Allora sei contento, avete conquistato Trieste!». E lui leggendo rigorosamente un libro di storia su Tito palcidamente replica: «Sì,
ma ora tocca all’Istria».
Mauro Manzin
(Il Piccolo, 7. 11. 2009 - Lettera)
TRST JE NAŒ
Una polemica strumentale
Quale sconforto per tanti triestini constatare come venga
utilizzata ogni occasione per alimentare la conflittualità nei
confronti di sloveni e croati. E ciò da parte di chi triestino
non è. Ultima occasione la notizia della prossima proiezione
del cortometraggio «Trst je naœ». Da una parte c’è chi critica fortemente il cortometraggio affermando di sentirsi particolarmente turbato e di aver intenzione di presentare istanza al tribunale di Bruxelles. Poi confessa candidamente di
non averlo neppure visionato. Dall’altra, un ulteriore intervento che, prendendo spunto dal cortometraggio, ricorda
ancora una volta foibe ed esodo, dimenticando però (o forse
ignorando) che prima di questi fatti dolorosissimi c’è stata
l’invasione della Jugoslavia da parte dell’Italia, alleata di
Hitler, e ci sono stati i campi di concentramento di Arbe,
Gonars, Visco e tanti altri, dove furono fatti morire di fame
e di freddo migliaia di jugoslavi, compresi donne, vecchi e
bambini. Ricordare in modo completo i fatti dolorosi del passato è giusto e utile, per non dimenticare gli orrori della guerra, ma utilizzarne solo una parte per alimentare l’odio tra
le genti di queste terre è spregevole.
Sergio Baldassi
(Il Piccolo, 7. 11. 2009 - Lettera)
TRST JE NAŒ
dare un’occhiata in rete. Se saprà giocare bene le sue carte,
la sua carriera cinematografica è assicurata. Anche se il
suo film è una sciocchezza, questo non conta niente. Ma
come è possibile che delle persone che dovrebbero essere politicamente preparate, istruite ed intelligenti come i dirigenti dell’Unione degli Istriani si comportino in siffatta assurda maniera?
Fatto sta che Massimilano Lacota, il presidente di quella
benemerita associazione, appena ha sentito parlare di un
film intitolato «Trst je naœ» è partito alla carica. Ed è subito partita pure una protesta inoltrata addirittura al ministero degli Esteri nella quale si dichiara che «i contenuti del
film sono contrari allo spirito di pacifica convivenza, apertamente minacciosi ed incitanti all’odio razziale». Tutto questo per un cortometraggio di 27 minuti che il regista, il
22enne ˘iga Virc, aveva subito dichiarato essere una parodia ed una presa in giro della Jugoslavia di Tito.
Per spiegare le proprie la ragioni il regista ha addirittura
inviato a Trieste una copia del trailer del suo film poi proiettato nella sede dell’Unione degli Istriani, ma non c’è stato
niente da fare. Anche se il film avesse mostrato Josip Broz
Tito in mutande che corre dietro a Jovanka in camera da
letto, non sarebbe cambiato nulla.
«Si tratta di un’ennesima provocazione che ricalca i metodi della propaganda jugoslava dell’immediato dopoguerra
che stimolava nelle nuove generazioni il mito della vittoria
mutilata di Trieste e Gorizia ingiustamente disgiunte dalla
madrepatria (jugoslava)» ha sentenziato Massimiliano
Lacota. E giù applausi. Secondo me tutto questo finirà come
la classica tempesta in un bicchiere d’acqua. Ma quale il
motivo occulto di simili reazioni? Mi permetto di avanzare
una piccola ipotesi.
Dal 2004 esiste la legge 193, quella che ha istituito il cosiddetto «Giorno del Ricordo». Grazie ad essa ogni anno vengono versati fior di quattrini nelle casse delle associazioni degli esuli istriani, per quelle che vengono chiamate «attività culturali». Tutti sappiamo che a causa della crisi sono
stati operati numerosi tagli sui fondi destinati alle attività
culturali, sia a livello nazionale che locale.
Evidentemente quelli dell’Unione degli Istriani hanno
paura di vedere sparire la loro gallina dalle uova d’oro, ed
allora fanno di tutto per apparire in pericolo minacciati dai
cattivi sloveni che secondo loro sarebbero occupatissimi
ad organizzare oscure trame e complotti per la rinascita
della defunta Repubblica Federativa Jugoslava. A mio parere tutto questo è assolutamente ridicolo.
Gianni Urini
(Il Piccolo, 7. 11. 2009 - Lettera)
Tempesta in un bicchiere d’acqua
Un mio amico recatosi a Se¡ana per assistere alla proiezione di «Trst je naœ» non è riuscito a trovare un solo posto
libero per la giornata di venerdì 6, anche se la proiezione
era stata trasferita nella sala più grande disponibile. Tutto
esaurito pure per la replica di domenica 8 novembre.
A malapena è riuscito a trovare qualche sedia libera per
la terza proiezione prevista per martedì 10 novembre.
Questo per dare una pallida idea dell’ampiezza del fenomeno.
In attesa di vedere il cortometraggio dello studente sloveno ˘iga Virc, mi permetto di fare alcuni commenti. ˘iga Virc
deve ringraziare l’Unione degli Istriani di Trieste che con
le sue reazioni lo ha fatto diventare il regista sloveno più
famoso del mondo. Adesso di lui si parla dappertutto, basta
SLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 12
GORIZIA - GORICA
Legge 482: dopo un decennio
fondi ridotti all’osso
«Una legge che tutela la maggioranza dalla tutela delle
minoranze, a partire dall’articolo 1 che recita che la lingua
ufficiale della Repubblica è l’italiano», secondo il giudizio
di Marco Stolfo, componente del Comitato tecnico-consultivo per l’attuazione della legge presso il Ministero degli
Affari regionali. «Un provvedimento che, dieci anni dopo
l’approvazione, ha perso il 70 per cento del denaro a disposizione delle minoranze» è il dato portato a conoscenza
da Rudi Pavœi@. Non poche ombre, dunque, a un decen-
nio dall’approvazione (ma non dall’attuazione, iniziata un
paio di anni dopo) della legge per la tutela delle minoranze linguistiche presenti in Italia.
Bilancio e prospettive legate alla norma sono state al centro di un convegno che si è tenuto lunedì 16 novembre nella
sede della Provincia di Gorizia, voluto dall’assessorato provinciale alle comunità linguistiche e dalla Consulta provinciale per la comunità slovena. Coordinato nella prima
parte dal presidente della Consulta, Peter #ernic, il convegno ha visto gli interventi di Marko Marin@i@, assessore
provinciale, che ha illustrato i provvedimenti adottati nella
provincia goriziana grazie ai contributi elargiti in base alla
482 (dalla strumentazione della sala consiliare che permette
la traduzione simultanea allo sportello linguistico, dai corsi
di lingua alla segnaletica bilingue o trilingue).
Stolfo ha da parte sua ricordato come sui 218 Comuni presenti nel territorio regionale, 197 abbiano dichiarato la presenza di una comunità linguistica diversa da quella italiana. Di questi, 177 sono stati zonizzati come friulani, 32 come
sloveni, 5 come tedeschi. Poco più del 50% dei Comuni
zonizzati ha presentato almeno una volta un progetto e lo
ha realizzato. «Nel settore scolastico – ha aggiunto Stolfo
– la legge 482 ha spesso rappresentato una sorta di uscita dalla clandestinità di tanti insegnanti».
Nella seconda parte del convegno, moderata da Erika
Jazbar, ha avuto luogo una tavola rotonda nella quale sono
intervenuti, tra gli altri, il presidente regionale Sso Drago
Œtoka, il presidente del Comitato paritetico Bojan Brezigar
e William Cisilino, rappresentante dell’Istitût Ladin Furlan
Pre Checo Placerean, che ha ricordato come i friulani siano
ancora in attesa dei programmi della Rai nella propria lingua. Il problema più rilevante, rispetto alla 482, resta però
la dotazione finanziaria che, come ha rimarcato Pavœi@, è
diminuita del 70% per cento rispetto agli inizi.
Dati confermati da Marin@i@: lo Stato per gli anni 2008 e
2009 ha destinato alla Provincia di Gorizia, in base alla 482,
appena 10 mila euro.
(m.o.)
(Novi Matajur, 19. 11. 2009)
TRIESTE-TRST
Slomedia ha arricchito
l’offerta informativa degli sloveni
«Oggi benediciamo il coraggio e l’impegno nel lavoro», ha
affermato mons. Duœan Jakomin alla benedizione della
nuova sede della redazione del portale internet Slomedia,
situata in via Polonio 3 – dunque in centro di Trieste -, che
è stata inaugurata venerdì, 20 novembre, alla presenza dei
rappresentanti politici sloveni e delle istituzioni della minoranza.
Il parroco di Servola ha affermato che il portale degli sloveni in Italia finalizzato a diffondere la comunicazione è
diventato un attore importante all’interno della minoranza
e tra i media. «Già il primo giorno Slomedia ha registrato
30 mila visite; il numero dei visitatori della pagina web è
cresciuto con il tempo; quest’anno in 24 ore abbiamo avuto
addirittura 5 mila visite, il record raggiunto delle visite in
un giorno è di 400 mila», ha spiegato Darko Bradassi, direttore responsabile di Slomedia, che un anno fa si è convinto del potenziale del nuovo media elettronico. «La necessità degli sloveni d’oltre confine di avere un simile mass
media è stato confermato dai risultati: gli esperti in Slovenia
oggi lo includono tra i portali medio-grandi. Il primo anno
è stato di carattere sperimentale, con l’apertura della nuova
sede vogliamo continuare il lavoro in modo più professionale», ha affermato il direttore davanti al gruppo di colleghi e amici, nonché rappresentanti dell’Ufficio per gli sloveni nel mondo e d’oltre confine.
La nuova redazione di Slomedia è in pratica una piccola
sala multimediale, in cui si incontreranno i giovani collaboratori e vi si svolgerà l’attività del portale. L’attuale redazione, che può contare sull’aiuto tecnico degli esperti di
Lubiana, è composta da sei giovani collaboratori, una persona è incaricata per l’attività del marketing e per la realizzazione grafica.
La sala è fornita di 18 allacciamenti per il computer, due
computer sono situati nell’ufficio del responsabile, due portatili saranno a disposizione per il pubblico. «I collaboratori potranno adoperare anche i propri pc, che potranno
essere collegati in rete», ha spiegato Bradassi ed ha aggiunto che il progetto è nato esclusivamente con le proprie risorse finanziarie.
Nella sala si svolgeranno pure manifestazioni culturali,
proiezioni di film e incontri vari. Di più: il portale Slomedia
qualche mese fa ha firmato l’accordo di collaborazione con
il Cankarjev dom, la Società filarmonica Slovena e con la
società Eventim, così si potrà acquistare i biglietti per gli
spettacoli del Cankarjev dom, per i concerti della Società
filarmonica slovena e per i grandi eventi organizzati dalla
società Eventim.
Slomedia pubblica regolarmente le notizie che riguardano
la minoranza slovena del Friuli Venezia Giulia da Muggia
fino a Valcanale e svolge un ruolo di collegamento tra gli
sloveni in Italia e la Slovenia. Regolarmente sulle sue pagine vengono pubblicate le notizie delle organizzazioni rappresentative, Skgz e Sso, dei rappresentanti politici e del
governo della repubblica slovena e di eventi culturali e varie
manifestazioni, oltre alle notizie sulla minoranza e sulla
Slovenia. Il portale Slomedia ha negli ultimi mesi superato il cerchio della minoranza e si è affermato nello spazio
dei media in Slovenia. Alcuni importanti media sloveni,
come per Radio e Rtv Slovenija, ˘urnal 24, l’agenzia di
stampa Sta, Pop Tv, il settimanale Demokracija, la rivista
Moja Slovenija e altri, hanno già attinto le notizie che riguardano la minoranza tratte dal portale o preso le fotografie
degli eventi sul territorio. Slomedia collabora intensamente con gli altri media, ha affermato il derettore responsabile del settimanale Novi glas, Jurij Paljk, che ha augurato successo al collega: «Slomedia è riuscita in un anno a
coprire un vuoto. Ha saputo dare ascolto ai giovani – la
redazione lo dimostra -, perché dai giovani e dal loro modo
di utilizzare internet possiamo apprendere tante cose».
All’apertura hanno portato il saluto pure il direttore del
Kulturni dom di Gorizia, Igor Komel, il rappresentante
dell’Unione regionale economica slovena Davorin Devetak,
il rappresentante dell’Unione culturale ed economica slovena-Skgz e presidente dell’Unione dei circoli culturali sloveni-Zskd Marino Marsi@ e presidente del’Sso per la provincia di Trieste Igor Œvab.
Igor Gregori
(Novi glas, 26. 11. 2009)
La Cooperativa Most
pubblica anche il quindicinale bilingue Dom.
Copie omaggio sono disponibili
allo 0432 701455
SLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 13
TRIESTE-TRST
TRIESTE-TRST
Alla Camera di commercio attivato
La lingua slovena al conservatorio Tartini
lo sportello linguistico in lingua slovena
A colloquio con la presidente della Glasbena matica Nataœa
Paulin
La Camera di commercio ha utilizzato i finanziamenti della
legge 482/99
Presso la Camera di commercio è operativo lo sportello per
gli utenti di lingua slovena. Con i finanziamenti, che la regione Fvg eroga in base alla legge statale 482/1999 (disposizioni per la tutela delle minoranze linguistiche), gli utenti di lingua slovena hanno la possibilità di accedere più facilmente alla Camera e ai suoi servizi. Il servizio è svolto da
un ufficio particolare, nel quale è a disposizione degli utenti sloveni una persona che presta aiuto relativamente all’attività e alle competenze della Camera e delle sue aziende speciali.
L’istituzione dello sportello linguistico non è l’unica iniziativa che la Camera di commercio ha introdotto a favore degli
utenti di lingua slovena. Nel frattempo sono stati tradotti in
lingua slovena una grande quantità di modelli legati ai servizi della Camera per un loro utilizzo più vasto.
Oltre all’aggiornamento dei modelli per la benzina agevolata, che sono già da tempo anche in lingua slovena, sono
stati tradotti anche i modelli utilizzati per il servizio agricoltura, relazioni con il pubblico e per il Registro e l’Albo
delle imprese artigiane. I modelli, che saranno a disposizione tra breve anche in forma elettronica e dunque reperibili su internet, sono per il momento disponibili presso lo
sportello.
Con l’intenzione di instaurare nell’ambito linguistico un
importante collegamento in rete con gli altri enti pubblici,
è stato effettuato un monitoraggio sull’esistenza di altri sportelli linguistici a livello regionale e provinciale.
Lo stesso è successo pure per le altre iniziative a sostegno delle lingue minoritarie, che sono finanziate dai fondi
pubblici.
Oltre a ciò la Camera di commercio ha organizzato in quest’anno anche riunioni di coordinamento con i referenti degli
altri sportelli linguistici nella provincia di Trieste.
L’obbiettivo di queste riunioni è stato quello di rendere possibile lo scambio delle informazioni e raggiungere una maggiore unità tecnico-operativa con la garanzia delle leggi di
tutela e con la ricerca delle possibili sinergie tra le varie
istituzioni.
Importanti sono pure le attività promozionali per informare il pubblico sull’esistenza dei servizi linguistici. L’opuscolo
dal titolo «Più forza per lo sviluppo» è stato stampato anche
nella versione in lingua slovena, ciò rende possibile un ulteriore accesso ai servizi della camera e alle sue aziende speciali.
Lo sportello linguistico ha ottenuto una evidenza rilevante
anche sulla pagina web della Camera di commercio
(www.ts.camcom.it), che sarà presto arricchita con un’ampia traduzione in lingua slovena.
Lo sportello sloveno della Camera di commercio di Trieste
(P.zza della Borsa, 14, 3° piano, stanza 317) è aperto da
lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 12.30, martedì e mercoledì anche dalle 14.00 alle 15.45.
M.K.
(Primorski dnevnik, 20. 11. 2009)
SLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 14
Al conservatorio Tartini sono stati introdotti alcuni corsi in
lingua slovena. Cosa ne pensa di questa decisione?
«Questa non è una decisione esclusiva del direttore
Parovel, ma è frutto di lunghi colloqui tra il Conservatorio,
il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca,
i rappresentanti politici e i rappresentanti delle scuole di
musica di lingua slovena in Italia. Naturalmente non si può
ancora parlare dell’istituzione della sezione in lingua slovena, prevista dalla legge 38. In questo caso si tratta dei
primi corsi in lingua slovena, ancora in fase embrionale,
che si svolgeranno già a partire da questo anno accademico».
Quale ruolo avrà o potrebbe avere la Glasbena matica in
questo processo?
«La Glasbena matica da lungo tempo segue i cambiamenti
che si verificano nel sistema della pubblica istruzione.
Secondo il parere del ministero dell’Istruzione i Conservatori
dovrebbero diventare esclusivamente centri musicali a livello universitario, mentre gli altri gradi dell’istruzione musicale dovrebbero essere affidati alle scuole statali. Dal
momento che si parla e si progetta con ritmo serrato la riforma delle scuole superiori, gli sloveni in Italia dovremo decidere se includere nella gamma dei programmi formativi pure
il liceo musicale. E poiché per una formazione talmente specifica difficilmente si può prendere una decisione all’età di
quattordici anni, è necessario proporre un’alternativa. Qui
vedo l’insostituibile ruolo della Glasbena matica, che come
istituzione riconosciuta darebbe agli allievi una preparazione
agli allievi fino alla maturità e all’ammissione al
Conservatorio, nello stesso tempo completerebbe il lavoro svolto alla scuola media statale di lingua slovena dei Ss.
Cirillo e Metodio ad indirizzo musicale».
Come sono intercorsi i colloqui a livello istituzionale?
«I colloqui non sono stati facili, ma hanno portato a dei risultati. Dopo i primi incontri a Roma falliti, i tempi sono progressivamente maturati e in qualche modo hanno avuto un
positivo epilogo con l’audizione presso il Comitato paritetico. Non dobbiamo dimenticare il contributo dei senatori
Budin e Bla¡ina e i proficui incontri tra la Glasbena matica e il Centro per l’educazione musicale Emil Komel».
L’uso della lingua slovena al Conservatorio è legato ai corsi
ordinari o straordinari?
«I corsi di storia ed estetica musicale e quello di teoria musicale sono corsi ordinari e fanno parte del piano di studi obbligatorio per diversi indirizzi. I docenti saranno scelti in base
alle graduatorie nazionali in cui c’è solamente qualche sloveno, anche qualche nostro docente».
La strada dell’istituzione della sezione slovena al
Conservatorio è lunga e complessa. Dopo molti tentativi e
difficoltà legate all’attuazione della legge di tutela forse ci
avviciniamo alla soluzione o ad un compromesso?
«Se dopo un’attività lunga un secolo progettiamo ancora
possibili contesti dell’istruzione musicale significa che siamo
abbastanza cocciuti e combattivi. Non sono per i compromessi a priori, ma li posso accettare, se agli sloveni garantiscono gli stessi diritti all’istruzione previsti per gli appartenenti alla maggioranza. Con insistenza difenderemo questi diritti e ci impegneremo perché diventino il pane quotidiano per i nostri associati.
Approfitto dell’occasione per rivolgere un appello a tutti gli
sloveni iscritti ai corsi universitari presso il conservatorio
Tartini di Trieste di richiedere la frequenza ai corsi in lingua slovena».
(Primorski dnevnik, 8. 11. 2009)
UDINE-VIDEN
L’Euroregione per le minoranze
e minoranze per l’Euroregione
Manifestazione organizzata dal comune, dall’agenzia Arlef
e dall’Università
In primo piano il plurilinguismo, le lingue meno diffuse e le
lingue delle minoranze etniche. È successo il 31 ottobre
scorso a Udine, dove in mattinata si è svolto, presso la sala
riunioni dell’Università, il convegno internazionale sul ruolo
delle minoranze linguistiche nell’Euroregione, organizzato dal comune di Udine, dall’Agenzia regionale per la lingua friulana Arlef e dal Centro internazionale per il plurilinguismo dell’Università di Udine. Nel corso del convegno
si è parlato anche del ruolo della futura Euroregione per
quanto riguarda la tutela delle minoranze e la promozione
delle loro lingue.
Gli esperti delle problematiche minoritarie hanno esaminato
la situazione attuale e le prospettive future anche alla luce
dell’allargamento europeo ed hanno presentato la situazione delle singole minoranze a dieci anni dall’approvazione
della legge 482, per la cui attuazione, come ha affermato
il moderatore Carli Pupp lo Stato italiano riduce sempre di
più i fondi messi. Dopo i saluti introduttivi del sindaco di
Udine, Furio Honsell, del presidente dell’Arlef, Lorenzo
Zanon e dell’europarlamentare Debora Serracchiani, che
hanno sottolineato il significato della conoscenza e dell’utilizzo delle diverse lingue ed ha avvertito che le minoranze rappresentano un arricchimento sotto i vari aspetti, anche
quello economico, sono intervenuti William Cisilino per la
regione Fvg, Fabiana Fusco per il centro internazionale per
il plurilinguismo, Marco Stolfo per la comunità friulana,
Maurizio Tremul e Vito Pauleti@ per quella italiana in
Slovenia e Croazia, Milan Bufon per la minoranza slovena in Italia, Œtefka Vavti e Marjan Sturm per gli sloveni in
Austria, Elisa Zerbini per la comunità ladina delle Dolomiti
e Velia Plozner per la minoranza tedesca nel Fvg.
Tutti hanno constatato che l’Euroregione rappresenta una
grande opportunità per le minoranze etniche e che queste
possono rappresentare un elemento di raccordo della stessa Euroregione o, meglio, dei veri promotori della collaborazione e dei contatti internazionali. Sono state commentate anche le leggi che disciplinano i rapporti internazionali tra gli stati o le regioni e il loro sviluppo storico.
Ancora più interessante è stata la parte dedicata alle singole minoranze etniche. Dalle relazioni dei rappresentanti delle minoranze d’Italia, Austria, Slovenia e Croazia è
emerso che alcuni problemi sono comuni: i matrimoni misti,
l’inserimento degli alunni di altra nazionalità nelle scuole
della minoranza, la globalizzazione e il grande influsso della
lingua inglese, la carenza dell’inserimento dei giovani nelle
organizzazioni della minoranza e si potrebbe continuare ad
elencare. Il presidente dello Slori Milan Bufon ha presentato le risultanze delle ricerche fatte assieme all’Università
del Litorale sulle aspettative degli sloveni nella madrepatria e di quelli in Italia dopo l’ingresso della Slovenia
nell’Unione europea e più tardi nell’area di Schengen, dalle
quali ricerche emerge che gli sloveni in Italia, tra le varie
istituzioni, attendano di più proprio dalla Regione Fvg, o
meglio, sono convinti che questa possa contribuire enormemente alla loro esistenza e il loro sviluppo. Marjan Sturm
ha evidenziato il fatto che l’Euroregione è veramente una
grande opportunità per le minoranze, se queste saranno
in grado di sfruttare queste opportunità e se riusciranno ad
utilizzare la propria lingua in modo funzionale. Le minoranze
contribuiscono ad una migliore collaborazione nell’area
dell’Euroregione, ha sottolineato il presidente dell’Unione
italiana Maurizio Tremul, che ha riportato anche alcuni
esempi concreti di collaborazione con la minoranza slovena
in Italia.
Nel pomeriggio si è svolto a Udine l’incontro delle minoranze presenti in Friuli. L’idea per questa iniziativa è scaturita un mese fa in occasione della giornata europea delle
lingue. Nel pomeriggio, in sala Ajace del municipio di Udine
e sotto la loggia Lionello gli operatori culturali, insegnanti
e artisti friulani, sloveni e tedeschi, hanno presentato vario
materiale. Nel programma c’era pure un recital di poesia
e musica in lingua slovena e friulana. L’intera giornata si
è conclusa con un interessante dibattito sul plurilinguismo
e sulla formazione plurilingue.
T.G.
(Primorski dnevnik, 1. 11. 2009)
UDINE-VIDEN
La voce delle tre minoranze
nel capoluogo del Friuli
Nel pomeriggio di sabato, 31 ottobre numerosi operatori
culturali della provincia di Udine hanno preso parte all’incontro “Presentazione delle minoranze presenti in Friuli”.
L’idea per questa iniziativa è scaturita il 26 settembre in
occasione della giornata europea delle lingue, quando i rappresentanti delle diverse associazioni e organizzazioni si
sono impegnati ad organizzare assieme e con il sostegno
del comune di Udine questa importante manifestazione.
I luoghi dove si è svolto l’evento sono stati la loggia del
Lionello e la sala Ajace del municipio di Udine. Molto vivace è stata la manifestazione davanti al municipio, dove gli
operatori culturali friulani e sloveni hanno esposto i libri, giornali, cd, dvd e altro materiale. Un folto pubblico ha osservato il materiale esposto, qualche visitatore si è informato sull’evento, altri sono stati attratti dalla musica allegra
del gruppo musicale della Slavia veneta BK Evolution, dalle
canzoni friulane di Alessandra Kerœevan, Giancarlo e
Alessia Velliscig, del gruppo vocale “Feminis” di Marisa
Scuntaro e Emma Montanari accompagnato da Gianfranco
Lugano e dal coro multietnico “La tela” diretto da Claudia
Grimaz.
Nella sala Ajace i visitatori hanno ascoltato le poesie dialettali e in lingua friulana di Angela Felice, Gianni Cianchi,
SLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 15
Silvana Paletti, Marina Cernetig e Silvana Schiavi Facchin.
Sono stati ricordati anche i poeti Luciano Morandini e
Novella Cantarutti scomparsi recentemente. L’intermezzo
musicale è stato curato da Davide Clodig.
Il ricco programma culturale si è concluso con il dibattito
dal titolo “Verso un nuovo profilo delle politiche educative
per le lingue”, condotto da Andrea Valcic.
Tra l’altro è stato espresso l’auspicio, che l’incontro delle
minoranze in occasione della Giornata europea delle lingue diventi un appuntamento costante con il sostegno e
la collaborazione del Comune di Udine.
(Novi Matajur, 5. 11. 2009)
SAN PIETRO AL NATISONE-ŒPIETAR
Ristampate le carte bilingui di Tabacco
dall’assalto da laghi, elettrodotti, domini sciabili e altro, ci
vorrebbe più attenzione quando ci si occupa di pianificazione territoriale.» Da parte sua Tondo, che in precedenza aveva avuto un breve incontro con i sindaci delle Valli
del Natisone, non ha mancato di accennare alla crisi che
sta investendo anche le casse della Regione «che per la
prima volta nella sua storia deve far fronte ad un decremento delle risorse», prospettando come possibile palliativo l’utilizzo di un canale di finanziamento particolare, quello dei fondi dell’Unione europea. Nessuna risposta diretta, invece, all’appello lanciatogli dal sindaco di S. Pietro,
Tiziano Manzini: «Sul futuro degli enti locali vedo con favore l’apertura data ai sindaci, mi auguro che la Regione ci
dia il tempo per confrontarci e che abbia un occhio di riguardo nei nostri confronti, visto che per tanti anni questa realtà
ha vissuto l’emarginazione e soprattutto pagato il prezzo
di un confine che ci ha isolato.»
(m.o.)
(Novi Matajur, 26.11.2009)
Alla presentazione presente il presidente della Regione,
Renzo Tondo
«Questa regione, lo dico sempre, è dal punto di vista
ambientale il compendio dell’universo, il che è un vantaggio ma anche un problema, dobbiamo trovare risorse più
consistenti per il nostro territorio. So che non è facile vivere in montagna, ci deve essere soprattutto la voglia di partecipare alla vita del luogo in cui si vive. In questo senso
anche la diversità linguistica è positiva, se va utilizzata come
un valore». Così il presidente della Regione, Renzo Tondo,
durante la presentazione, avvenuta venerdì 20 novembre
nella sala consiliare di S. Pietro al Natisone, delle carte topografiche Valli del Natisone-Cividale, Valli del TorreTarcento e Collio e Goriziano-Gorizia (le prime due sono
ristampe, la terza una novità) e del Catasto dei sentieri del
Friuli Venezia Giulia, un progetto voluto dalla delegazione
Cai regionale. Le tre carte topografiche, edite dalla casa
editrice Tabacco, sono state finanziate dalla Comunità montana Torre Natisone Collio in parte grazie alla legge 482
per le minoranze linguistiche (30 mila euro sulla spesa totale di 54.300) e sono state stampate con una tiratura complessiva di 15 mila copie. Dati portati a conoscenza dal commissario straordinario dell’ente, Tiziano Tirelli, secondo cui
«la montagna è un patrimonio che va assolutamente difeso e valorizzato, ed una delle sue risorse più importanti è
il turismo.» Ecco il perché di una serie di carte topografiche, volute dalla Comunità sotto la guida di Adriano Corsi,
che hanno due peculiarità: comprendono parte dell’area slovena («elemento che può contribuire al consolidamento dei
rapporti transfrontalieri» secondo Tirelli) e contengono la
toponomastica e microtoponomastica bilingue nei luoghi
dove è presente la comunità slovena. Un lavoro interessante in particolare per la Val Torre, dove mancava la raccolta organica dei toponimi locali, come ha spiegato Attilio
De Rovere, redattore della casa editrice, intervenuto assieme all’editore Giuseppe Tabacco. In particolare, per
Lusevera si è tenuto conto delle ricerche del professor Pavle
Merkù, mentre la gran parte degli altri toponimi sono stati
rilevati sul campo. «Quello del Collio è il primo di una serie
di fogli realizzati in formato digitale, ora con questo sistema vorremmo realizzare un data base con tutti i sentieri
della regione» ha affermato De Rovere. Ed i sentieri sono
al centro del progetto voluto dal Cai, un catasto comprendente i 4.500 km di sentieri Cai sul territorio regionale. «Un
territorio – ha accusato il presidente della delegazione Cai
del Friuli Venezia Giulia, Paolo Lombardo – purtroppo preso
SLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 16
GORIZIA-GORICA
Presentata la collana
della Mohorjeva dru¡ba
«Un altro anno è passato e la nostra vendemmia è al sicuro». Con queste parole Marko Tav@ar, dopo il saluto di
Oskar Sim@i@, ha introdotto lunedì, 23 novembre, presso
la galleria Ars, presso la Libreria cattolica di Gorizia la presentazione della collana dei libri editi dalla Goriœka
Mohorjeva dru¡ba. «La collana di quest’anno – ha spiegato
Tav@ar – rispecchia le non favorevoli condizioni finanziarie, nelle quali operiamo, ma per quanto concerne i contenuti è comunque interessante» ed aggiunto che l’almanacco rappresenta il nucleo, attorno al quale si forma la
collana stessa.
Jo¡e Marku¡a ha detto che l’almanacco del 2010, redatto
da lui, si presenta in una nuova veste, in quanto le fotografie che lo arricchiscono e la copertina sono opera della
pittrice accademica, mosaicista Megi Urœi@ Calzi, che ha
illustrato pure il «Naœ koledar 2010». Nel suo intervento ha
presentato gli argomenti raccolti nella pubblicazione sulla
vita e sull'operato degli sloveni in Italia relativamente alla
sfera religiosa, storica, sociologica, scientifico-divulgativa
e letteraria e all’attività delle organizzazioni ed associazioni
culturali, e delle istituzioni operanti nelle province di Trieste
e Gorizia e in parte anche nella Slavia friulana e in
Valcanale. Marku¡a ha ancora sottolineato che il calendario
di quest’anno ha 301 pagine, per cui è il più voluminoso
degli ultimi anni; in esso sono pubblicati gli scritti di 61 autori e ben 125 fotografie.
«Di solito ogni anno includiamo nella collana almeno un
libro per bambini o per ragazzi», ha precisato Tav@ar presentando Jasna Merkù, che ha illustrato il libro dal titolo
«Marko in note» di Nadja Kriœ@ak, la scomparsa autrice triestina, pubblicista e redattrice al quotidiano Primorski dnevnik, che è stata pure l'anima del gruppo folcloristico Stu ledi
di Trieste. Merkù ha raccontato che con Nadia erano grandi amiche e che con la realizzazione delle illustrazioni il loro
legame si è ulteriormente rafforzato, anche se l'autrice è
morta già 18 anni fa. La storia racconta di un bambino che
suonava il violino, ma lo studio dello strumento gli toglieva troppo tempo, che egli voleva trascorrere con gli amici.
Desiderava che tutti i suoni scomparissero dal mondo e così
è successo, ma poi tutto era così triste, per cui desiderava che i suoni ritornassero.
Marko Tav@ar da parte sua ha presentato il giallo «Umor
v zaspanem mestu», dell'autore carinziano Martin Kuchling,
assente per altri impegni, il libro comune da leggere di sera
delle tre Mohorjeve dru¡be di Klagenfurt, Celje e Gorizia.
A grandi linee, il libro tratta dell'omicidio dello sloveno carinziano Igor Tropin, responsabile dell'ufficio per la comunità
nazionale presso il governo regionale di Klagenfurt, e della
ricerca dell’assassino che si sviluppa in modo spiritoso fino
alla soluzione imprevista. Tav@ar ha raccontato che il 39enne Kuchling, nel 1998 ha pubblicato la raccolta di poesie «Okamenela sled», due anni più tardi il romanzo
«Iskanje Nataœe» e che si occupa anche di traduzioni dal
tedesco e di attività di redazione.
Alla fine è stato presentato il libro «In ventura», scritto dall’ingegnere forestale in pensione Janko ˘igon. Si tratta di
scritti che riguardano l’infanzia, gli anni della scuola, di storie e di incidenti sul lavoro nelle foreste, storie sull’ambiente
alpino e sciistico, storie di guerra e recenti episodi successi
all’autore, nato nel 1932 a Vrtojba.
Nace Novak
(Primorski dnevnik, 24. 11. 2009)
ANNIVERSARIO
Josip Tav@ar: ponte tra la
cultura slovena e quella italiana
Esattamente venti anni fa si è spenta una delle più feconde e perspicaci voci della letteratura slovena di Trieste.
Josip Tav@ar è morto il 27 novembre del 1989, dunque a
qualche giorno dalla caduta del muro di Berlino. Il dato a
prima vista sembra irrilevante, non lo è invece dal punto
di vista simbolico: lo scrittore di Trieste è stato fecondo
soprattutto nell'arte drammatica e con la propria esperienza
di vita ha contribuito alla distruzione del muro che divideva la cultura italiana e quella slava/slovena.
Questa è stata la parola chiave con cui il prof. Miran Koœuta
ha presentato giovedì 19 novembre agli incontri dell’Istituto
per la storia, la cultura e la documentazione il film sulla vita
e il lavoro di Josip Tav@ar, che ha visto la luce qualche giorno dopo l’incendio del Narodni dom nel 1920.
Come tanti altri intellettuali di origini slovena anche lui ha
avuto il confronto forzato con la lingua e la cultura italiana. Egli non ha identificato la grande cultura del vicino italiano con la violenza del clima di quegli anni: i primi lavori drammatici, infatti, sono stati scritti in lingua italiana.
Tav@ar ha continuato a scrivere anche durante la seconda guerra mondiale, quando ha prestato servizio nell’esercito italiano.
Nel 1945 è ritornato nella nuova realtà a Trieste e si è appropriato della libertà d’espressione nella lingua materna, che
è poi diventata il mezzo principale della sua espressione
letteraria.
La padronanza della parola slovena scritta è lentamente
cresciuta in lui e nel corso degli anni ha raggiunto una forma
raffinata. Dapprima si è impiegato come insegnante a
Capodistria – dove fra l’altro è stato suo alunno anche il
giovane Fulvio Tomizza – poi, fino al pensionamento nel
1988, a Trieste, dove ha scritto tanti drammi radiofonici per
Radio Trst A.
Josip Tav@ar non è stato solamente uno scrittore di testi
teatrali (negli anni Cinquanta ha avuto successo il suo dramma «Prihodnjo nedeljo»), ma è stato un appassionato del
teatro nel significato completo della parola, in quanto nel
1959 è diventato il direttore artistico del Teatro stabile sloveno, nel 1969 invece presidente del consiglio d’amministrazione.
Il professor Koœuta ha sottolineato l'impegno di Tav@ar nella
soluzione delle continui crisi economiche del teatro, che
come oggi si manifestavano continuamente. L'attrice
Nikla Petruœka Panizon ha arricchito la relazione del prof.
Koœuta con la lettura di alcuni passi tratti dai testi di Tav@ar.
L'attrice ha letto le opinioni dell'autore che nel lontano 1962,
in occasione della la crisi del Teatro stabile sloveno, tra i
motivi oggettivi ha annoverato la mancanza di contributi
finanziari, tra quelli soggettivi l'indispensabile riorganizzazione delle attività per una scelta del repertorio:
«L'istituzione può sopravvivere solo se il pubblico la percepisce come necessaria». «Non si nota in queste parole
un parallelo con l'attuale situazione del teatro?», si è chiesto il prof. Koœuta. Tav@ar ha diretto il Teatro stabile sloveno fino al 1981, quando questa istituzione sul modello
del sistema teatrale italiano è diventata l'arena della ripartizione del consiglio d'amministrazione. «Siccome Tav@ar
non era iscritto ad alcun partito, ha dato le dimissioni e si
è ritirato nella vita privata, contrassegnata da una feconda vena letteraria».
Il suo opus letterario è segnato da numerosi saggi, conferenze, articoli pubblicistici, più rari sono i lavori in prosa.
L'intero sforzo è stato indirizzato nella scrittura dei drammi, che sono contraddistinti da una critica impietosa della
società contemporanea alienata e della piccola borghesia.
La critica lo ha più volte definito un autore leggero, le sue
opere, invece, di impostazione classica: è stato sicuramente
uno dei più grandi rappresentanti del dramma sloveno della
seconda metà del Novecento. Secondo Tav@ar il teatro è
stato lo spazio della ricerca continua del dialogo tra la cultura slovena e quella italiana: il più prezioso mezzo di collegamento tra i popoli.
Igor Gregori
(Novi glas, 26. 11. 2009)
SLOVIT/SLOVENI IN ITALIA
Quindicinale di informazione
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EDITRICE:
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PRESIDENTE: GIUSEPPE QUALIZZA
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE:
33043 CIVIDALE DEL FRIULI, BORGO SAN DOMENICO, 78
TEL./FAX: 0432 701455 - E-MAIL [email protected]
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ASSOCIATO ALL’UNIONE
m
STAMPA PERIODICA ITALIANA
UNA COPIA = 1,00 EURO
ABBONAMENTO ANNUO = 20,00 EURO
C/C POSTALE: 12169330
MOST SOCIETÀ COOPERATIVA A R.L. - 33043 CIVIDALE
SLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 17
Lo scrittore sloveno Jan@ar ha ricevuto a Cosenza il Premio per la cultura mediterranea L’INTERVENTO
Perché scrivere nella lingua di pochi?
La risposta è immersa nel mistero della varietà e diversità della terra che rende la vita interessante, bella e eccitante
urante gli incontri letterari all'estero mi capita spesso che i lettori mi chiedano che cosa significhi propriamente scrivere nella lingua di un piccolo popolo. Come si sente un autore che scrive in una lingua parlata e letta, nel migliore dei casi, da due milioni e mezzo
di persone? A questa simpatica domanda negli ultimi tempi
se n'è aggiunta un'altra.
Da quando nell'Unione Europea e, con maggior risalto ancora, nella cultura europea sono comparse parecchie di queste «piccole» lingue, mi domandano, e sono soprattutto i
giornalisti a farlo: Nutre dei timori per la cultura slovena o
per la letteratura slovena? Però non sono solo i giornalisti o i miei lettori a porsi simile questioni. In fondo anche
in Slovenia ho sentito dire uno scrittore, e non una persona qualsiasi: «Che senso ha scrivere in sloveno?».
I nostri libri forse saranno conservati in qualche biblioteca, poi studiati da bizzarri eruditi, come quelli che oggi studiano i dinosauri. In quella circostanza avevo ribattuto al
collega, alquanto di cattivo umore, che i miei libri erano stati
tradotti nelle cosiddette grandi lingue e che perciò, almeno per me, non si desse pena. È chiaro che questa non è
una vera risposta. I bibliotecari ci rammentano che la carta,
su cui oggi si stampano i libri, non è resistente, si logora,
si disfa, alcuni libri diventato polvere già dopo qualche
decennio.
Come oggi si può soltanto supporre quali splendidi tesori
del teatro e della filosofia greca siano scomparsi fra le fiamme della Biblioteca di Alessandria, così fra cent'anni si potrà
solo intuire come era la letturatura slovena, anche se nel
frattempo verrà tradotta nelle lingue dei grandi popoli.
Inoltre, è possibile immaginare che in futuro i nostri libri
saranno coperti da una coltre di polvere, anzi che diventeranno essi stessi polvere, e che assieme alla letteratura slovena, tradotta e in lingua originale, diventeranno polvere pure le letterature stampate sui libri delle grandi lingue. È vero che i libri più importanti – per paura che si trasformino in polvere – vengono già ora riprodotti su microfilm o su programmi di computer.
Ma quali informazioni abbiamo circa la durata di tali mezzi?
Tutto passa, polvere sei e polvere tornerai, tu e i tuoi libri.
E allora, perché ci si pone la domanda sul senso dello scrivere nella lingua di un piccolo popolo? Perché tale domanda dovrebbe divergere in modo essenziale da quella sul
senso dello scrivere tout court, sul senso di occuparsi di
una cosa così inutile, per dirla con Oscar Wilde, come è
l'arte? Certo, lo so, il mio lettore tedesco, russo, per non
dire americano, non potrà ritenersi soddisfatto di una simile risposta.
Da un pezzo gli è chiara la questione su come stiano le
cose con la caducità e l'eternità. Non è questo che gli interessa. Gli interessa invece come vive una persona con una
piccola lingua e addirittura come si sente a scrivere in essa.
È qualcosa che non conosce, non ha mai avuto un'esperienza analoga, così inconsueta e, del resto, come avrebbe potuto averla? Ora: possiamo dire che di sicuro non è
di alcun vantaggio scrivere in una lingua che viene capita
da non molte persone; possiamo dire che a parecchi, e non
D
SLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 18
solo a scrittori, viene in mente che tale lingua sparirà, oppure si tramuterà in un linguaggio privato o letterario, come
è accaduto, in Europa e altrove nel mondo, a molte lingue,
anche importanti per la letteratura. Ma in realtà, cosa sappiamo di tutto ciò, come potremmo scrutare il futuro del
mondo globalizzato?
In Austria vive una minoranza di sloveni il cui numero nel
secolo scorso si è ridotto drasticamente a causa della germanizzazione. Ma malgrado ciò, ci sono da quelle parti alcuni scrittori che scrivono dell'ottima letteratura in sloveno.
È da lì che proviene questo aneddoto che è però vero.
Durante un convegno, organizzato da un ente per la tutela delle minoranze, un esperto di lingue si avvicina al rappresentante della minoranza slovena, che è come un'isola nel mare della maggioranza tedesca, dicendogli di aver
per lui una cattiva notizia. Nel corso dei prossimi cent'anni, dice l'esperto, spariranno molte lingue, fra cui lo sloveno. L'uomo si intristisce.
Ma ho anche una buona notizia per lei, aggiunge l'esperto. Fra le lingue che spariranno ci sarà pure il tedesco. E
se ora penso a quei miei lettori che parlano la lingua di un
grande popolo e che mi chiedono affettuosamente come
si senta uno scrittore che scrive nella lingua di un piccolo
popolo, mi diventa chiara una cosa. Sebbene mi ammirino, a bene vedere, mi guardano come fossi un appartenente a una specie minacciata: in una lingua così piccola
scrive cose così belle.
Strano, io non mi sono mai sentito appartenere a una specie in pericolo. Se si escludono alcuni problemi che ho avuto
con la polizia politica e la censura, durante il precedente
regime politico, il mio ritratto dell'artista da giovane non si
distingue poi molto dai ritratti di artisti che sono nati in altri
ambiti linguistici e letterari. Da noi, in una piccola città al
confine fra la Slovenia e l'Austria, c'era un giovane poeta
che conosceva a memoria e in francese pagine intere di
Baudelaire; all'epoca un mio amico si entusiasmava per il
dadaismo, attraverso le nostre anime artistiche scorrevano fiumi di poeti sloveni, per non parlare di Eliot, Pound,
Kafka, Dostoevskij. A nessuno veniva in mente che la mancanza di un termine specifico in sloveno per il portagiornale in legno che si trova nei caffè, potesse rappresentare un problema creativo.
Chi era davvero deciso di intraprendere il cammino incerto dell'arte, di tuffarsi nelle aeree correnti linguistiche trasparenti oppure scendere, seguendo le orme di Orfeo, nei
mondi sotterranei, non stava a riflettere sulle piccole o grandi lingue.
Prendeva in mano la sua materia, che fosse una storia o
una poesia, nata dalla lingua o dalla vita, che c'è l'avesse
a portata di mano, oppure in testa o nel cuore.
C'è una vecchia storia che narra di due giovani scrittori. Il
primo si vota alla letteratura perché sogna un futuro di successi, ricchezze e ammirazione di donne belle. Ma a causa
degli insuccessi invecchia pieno di rancori ed è arrabbiato con la letteratura, con se stesso e il mondo.
L'altro, invece, ricerca con passione il linguaggio, scrive le
proprie storie, non curandosi d'altro, e i suoi libri gli porta-
no tutto ciò che il primo aveva sognato. Oggi molti miei colleghi sono più occupati a cercare traduttori ed editori stranieri per i propri libri che non a coltivare la propria arte; alcuni dedicano più tempo a queste ricerche che alla riflessione,
alla lettura e alla scrittura.
E non ci sono pochi fra loro che danno la colpa di essere
ancora sconosciuti al fatto di scrivere nella lingua di un piccolo popolo. In questi casi dicono: chi conoscerebbe oggi
Joyce se egli avesse scritto in irlandese?
Ma così non trascurano solo la specifica situazione storica irlandese, bensì dimenticano pure il fatto che la letteratura di Joyce per quanto universale è al contempo estremamente irlandese, irlandese fin nelle ultime associazioni e metafore. Il fatto che un autore scriva nella lingua di
un piccolo popolo oggi davvero non rappresenta più un
ostacolo insormontabile: con le traduzioni delle sue opere
egli può oltrepassare i confini linguistici.
Il mondo diventa sempre più piccolo, mai in passato è stato
così visibile e alla portata di mano. Quando, nel lontano
1982, mi recai negli Stati Uniti con una borsa di studio per
artisti, scrissi immediatamente da New Orleans alla mia professoressa di sloveno una cartolina: Si dice che con lo sloveno non si arrivi da nessuna parte.
Guardi, dove si arriva: in America. Non faccio parte della
cerchia di autori celebri, i cui libri si vendono in cifre da capogiro e non ho foto che mi ritraggano in compagnia di star
cinematografiche. Pure non mi riconosco del tutto nell'aneddoto sui due giovani scrittori. Certo, mentirei se dicessi che me ne infischio della celebrità, è ovvio che mi rallegri del fatto di avere lettori in città di cui neppure conosco il nome e libri in lingue che non capisco.
Sono felice di essere, in qualche modo, a casa in terre e
culture lontane. Ma tutto ciò non ha nulla a che fare con
la scrittura, come pure con la domanda come mi senta a
scrivere nella lingua di un piccolo popolo.
Ma come è possibile che esistano piccoli popoli, si chiede il poeta croato Vlado Gotovac nel suo saggio L'enigma
mondiale. Nessuno desidera essere debole – e un piccolo popolo è una debolezza. Già a causa dell'innaturalezza di questo fatto si tratta, secondo Gotovac, di un fenomeno misterioso.
L'enigma dei piccoli popoli, risponde, è l'enigma della varietà
del mondo. E in questo fenomeno, per quanto sia misterioso, non c'è nulla di così irrazionale da non poter essere facilmente compresibile. Come è comprensibile e al contempo misteriosa la diversità della natura e della vita. Tutti
guardiamo lo stesso cielo, dice Gotovac. Non c'è un cielo
provinciale, non c'è un paesaggio provinciale. Provinciale,
lo aggiungo io, è solo la nostra paura di fronte a noi stessi e alle nostre capacità.
Quando allora, durante qualche incontro letterario all'estero
mi verrà posta la domanda come si senta uno scrittore che
scrive nella lingua di un piccolo popolo, avrò già pronta una
qualche risposta.
Ma non sarà una risposta vera ed esaustiva. È che una
tale risposta non la conosco. La vera risposta è immersa
nel mistero della varietà e diversità della terra che rende
la vita interessante, bella e eccitante. Nello scrivere c'è uno
strano mistero per cui con soli venticinque caratteri dell'alfabeto sloveno – o con altre lettere di altre lingue – possiamo esprimere la molteplicità e la multiformità della vita
umana; con le poesie e le storie possiamo toccare fantastici mondi immaginari.
Nell'era dell'Internet globalizzato l'arte letteraria crea in lingue, piccole e grandi, mondi universali sempre nuovi, mondi
di una diversità strabiliante. Questa semplice invenzione
che si chiama alfabeto ci consente di viaggiare in una rete
che è infinitamente più interessante di quella creata dai cristalli di silicio. Ci consente di viaggiare nella rete creata dalla
fantasia umana.
Drago Jan@ar
(il Piccolo, 28. 10. 2009 - Traduzione di Veronika
Brecelj)
DRENCHIA - DREKA
Monumento a cinque sacerdoti
Sarà inaugurato il 20 dicembre dall’arcivescovo di Udine
Un omaggio ai sacerdoti che dedicarono la loro vita alla
gente delle parrocchie di San Volfango e di Santa Maria
di Drenchia, il comune diventato il simbolo del degrado
socioeconomico del secondo dopoguerra nelle Valli del
Natisone e aperta denuncia dell’abbandono subito dale aree
montane: sarà questa la meta della prima visita che il nuovo
arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato,
compirà nella Slavia friulana domenica 20 dicembre.
Dopo la santa messa, che inizierà alle ore 15 nella chiesa di Santa Maria, l’arcivescovo benedirà il monumento a
quattro sacerdoti che operarono nelle due parrocchie tra
la fine dell’Ottocento e il 1989 quando, vent’anni fa, con la
scomparsa di don Mario Laurencig, si interruppe la lunga
generazione di sacerdoti che operarono in questi paesi
montani ricchi di fede, di tradizioni e di valori umani e culturali.
La proposta di numerosi fedeli di erigere in loro memoria
il monumento è nata spontaneamente da molti fedeli di
Santa Maria e di San Volfango ed è stata accolta con favore dalla parrocchia, da mons. Marino Qualizza che ogni
domenica sale in quel di drenchia, dal locale circolo culturale Kobilja glava e dal nostro giornale, che è ha visto la
luce e per lunghi anni è stato redatto nella canonica di San
Volfango.
Tra i suoi fondatori, oltre a don Emilio Cencig, furono don
Mario Laurencig (1908 - 1989) e mons. Valentino Birtig
(1909 - 1994). Per una felice coincidenza l’inaugurazione
del monumento avverrà esattamente nel centenario della
nascita di quest’ultimo, venuto alla luce a Rodda di Pulfero
il 20 dicembre 1909.
I nomi degli altri tre sacerdoti incisi sul monumento sono:
don Giuseppe Gosgnach (1856 - 1904), don Giovanni
Sinicco (1863 - 1918) e don Antonio Domenis (1869 - 1951).
La scritta recita: «Naœim duhovnikom, ki so se trudili po poti
resnice in pravice, v hvale¡en spomin». Che tradotto significa: «In ricordo grato dei nostri sacerdoti che si impegnarono sulla strada della verità e della giustizia».
Ricordiamo che questi sacerdoti vissero ed operarono in
quel di Drenchia in tempi difficilissimi. Ad eccezione di don
Gosgnach, che morì prematuramente nel 1904, furono testimoni della prima e della seconda guerra mondiale, della
proibizione dello sloveno nelle chiese e poi degli «anni bui»
della Slavia quando, tornata la libertà e la democrazia, i
sacerdoti sloveni, fedeli alla loro missione e alla prassi millenaria dell’uso della lingua materna nel loro ministero, continuarono ad essere perseguitati e calunniati. E continuano ad esserlo anche oggi ad opera di alcuni sconsiderati
che si oppongono all’erezione del monumento e alla scritta in sloveno.
(Dom, 30. 11. 2009)
SLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 19
SAN PIETRO AL NAT. - ŒPIETAR
Preistoria e protostoria tra
l’Isonzo e il Natisone
La pima lezione dei Beneœki kulturni dnevi
La prima lezione dei Beneœki kulturni dnevi, le giornate culturali della Benecia, organizzate dall’Istituto per la cultura
slovena, che ha avuto luogo lo scorso 5 novembre nella
sala consiliare di San Pietro al Natisone, ha fatto scoprire
ai numerosi intervenuti la «vicinanza» non solo in termini
spaziali ma anche di «affinità» rispetto ai bisogni fondamentali della persona con le popolazioni che, dalla preistoria fino all’arrivo dei romani, si sono insediate tra il
Cividalese, le Valli del Natisone, la Valle dell’Isonzo e
dell’Idrijca. Nei loro saluti la presidente dell’Istituto, Bruna
Dorbolò, e il sindaco di San Pietro al Natisone, Tiziano
Manzini, hanno sottolineato l’importanza della conoscenza storica anche per conoscere la realtà attuale, mentre
Giorgio Banchig, che ha curato il progranna degli incontri
ha illustrato il percorso delle Giornate culturali, che snoderà attraverso i più importanti periodi della Storia della
Slavia Friulana e della confinante Valle dell’Isonzo.
Nella sua lezione l’archeologo sloveno Matija Turk ha scandagliato la grotta della «Divja baba», una «miniera» di reperti preistorici, che si trova in prossimità di Œebrelje, sul versante sinistro dell’Idrijca, non lontana da Most na So@i.
Nel corso di una lunga campagna di scavi, terminati una
decina di anni fa, nella grotta sono venuti alla luce reperti della presenza umana che risalgono ad oltre 40 mila anni
fa. Vi è stata scoperta, inoltre, una grande quantità di ossa
di Ursus spelaeus, l’orso delle caverne estintosi circa 10
mila anni fa, tra le quali un “flauto” che l’uomo di Neanderthal
ha ricavato dal femore di un giovane orso. Tutto fa pensare che questo sia il più antico strumento musicale finora conosciuto. Risalirebbe, infatti, a 50 - 60 mila anni fa.
Che si tratti veramente di fori aperti nell’osso da mano
umana con l’ausilio di strumenti dell’epoca è stato dimostrato con una serie di esperimenti messi in atto in seguito ad una polemica che mirava a demolire l’asserto degli
archeologi sloveni. Come l’uomo di Neanderthal, su quelle alture si Œebrelje, sia arrivato a far vibrare l’aria nel femore dell’orso delle caverne emettendo il primo sibilo, non è
dato di sapere, ma certamente si è trattato di un evento
casuale dovuto probabilmente, come è stato ipotizzato nel
documentario che ha concluso la serata, all’abitudine dell’uomo di forare le ossa per succhiare il midollo.
Matija Turk ha poi presentato i risultati delle ricerche portate avanti sulle pendici del Monte Nero dove, in particolare, sono venute alla luce punte di frecce e di lance, che
servivano come armi da caccia. Il fatto che questi ritrovamenti si verifichino a quote così elevate, non deve meravigliare perché l’istinto di sopravvivenza ha spinto in ogni
epoca l’uomo a scoprire sempre nuovi orizzonti e a spingersi oltre gli spazi del suo habitat.
Da parte sua l’archeologo del Museo di Tolmino, Miha
Mlinar, ha compiuto un passo vanti nella storia dell’uomo
in quest’area compresa tra la pianura friulana e le Alpi
Giulie, illustrando le scoperte relative all’età del bronzo e
del ferro, fino all’arrivo dei romani nelle Valli del Natisone,
dell’Isonzo e nel Cividalese. Mlinar si è soffermato in particolare sui ritrovamenti venuti alla luce a Most na So@i /
SLOVIIT N° 11 del 30/11/09 pag. 20
Santa Lucia, uno dei più vasti ed importanti siti archeologici dell’età del ferro in Europa, tanto da aver dato il nome
a quel periodo storico in quest’area.
Nel corso di una intensa campagna di scavi sono venute
alla luce vestigia di case con fondamenta in pietra, sulle
quali poggiavano strutture in legno. Le costruzioni erano
a più vani destinati ad abitazione delle persone, ma anche
a laboratori artigiani. Nelle tombe — era praticata la cremazione — sono stati ritrovati attrezzi, armi ed ornamenti vari che gli archeologi fanno risalire a partire dalla più
remota età del ferro fino all’arrivo dei romani.
Un altro sito interessante della più recente età del ferro è
stato esplorato a Idrija pri Ba@i, a breve distanza da Most
na So@i. I reperti venuti alla luce rivelano la presenza in
quest’area di una comunità agricola in quanto la maggioranza degli oggetti, oltre ad alcune armi, sono attrezzi che
servivano alla lavorazione della terra.
Le lezioni dei due archeologi è stata arricchita da un interessante documentario in cui sono state ricostruite scene
di vita dell’età della pietra e la scoperta del primo strumento
musicale, quel flauto ricavato dal femore di un orso delle
caverne. Il dvd, che è stato realizzato sotto la regia del documentarista Jadran Sterle dallo Sudio Vrtinec di Novo Mesto,
è stato presentato da Giuliano Bastiani, archeologo sperimentale che realizza strumenti di epoca preistorica e protostorica su indicazione degli archeologi.
(Dom, 15. 11. 2009)
GORIZIA - GORICA
Magris e Jan@ar, così diversi
e così simili
Sì, Drago Jan@ar non è il Magris sloveno, e Claudio Magris
non è lo Jan@ar italiano. L’affermazione dello scrittore di
Maribor – fatta durante l’incontro organizzato venerdì 27
novembre nel Kulturni dom di Gorizia da Slov.I.K per presentare la traduzione in sloveno di «Alla cieca» – è condivisibile, e non toglie niente alla forza della letteratura di
entrambi. Semmai, i due autori sembrano trovare, nei punti
di contatto che comunque hanno, una bella complementarietà. Così l’incontro di Gorizia è seguito ad uno simile,
avvenuto appena vintiquattro ore prima, nel Cankarjev dom
di Lubiana. Magris e Jan@ar – che avevano accanto la traduttrice di entrambi, Veronika Brecelj – si riconoscono in
una visione della storia che emerge proprio dal racconto
di «Alla cieca», uscito da poco in Slovenia con il titolo «Na
slepo», edito dalla Slovenska matica il cui direttore editoriale è , guarda caso, proprio Jan@ar. Secondo l’autore sloveno il romanzo ha come tema «l’allucinazione della storia, la navigazione attraverso la sua follia». La storia del
XX secolo, vista come un delirio, unisce Jan@ar a Magris
anche secondo l’autore triestino, che però ha aggiunto: «Lo
scrittore onesto deve uisare la parola senza farne però un’ideologia».
Un romanzo come «Alla cieca», secondo Jan@ar, «difficilmente sarebbe uscito in Francia o Gran Bretagna, e ancor
meno negli Stati uniti, è nato invece in un luogo in cui è
spesso successo che una sola persona abbia avuto, nel
corso della vita passaporti di diverse nazioni, abbia combattuto con diverse divise». (...)
Michele Obit
(Novi Matajur, 3. 12. 2009)
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slovit novembre 2009