Anno II - Numero 242 - Domenica 13 ottobre 2013
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Editoria
Storia
Esteri
“Il Tempo” riparte
da Chiocci
Un libro svela
il Mussolini socialista
Il Tibet sanguina
sotto il tacco cinese
Traboni a pag. 3
Moriconi a pag. 5
Ceccarelli a pag. 7
EDITORIALE DELLA DOMENICA
di Roberto Buonasorte
on c'è dubbio,
questo nostro
giornale ci sta
dando davvero
tante soddisfazioni. Poter scrivere ogni
giorno liberamente di economia, politica estera, cronaca e cultura, senza condizionamenti di sorta - e
senza finanziamenti pubblici - forse è la cosa più
preziosa che puó esserci
in questo mondo tanto
omologato quanto fragile.
Non sappiamo se c'è un
nesso tra i sondaggi che
vedono la Destra, seppur
lentamente, comunque crescere, ed il costante aumento di clic che quotidianamente registriamo
sia sullo sfogliabile che
sul portale. Una cosa però
è certa; la nostra libertà è
molto apprezzata dal popolo della rete. Certo la
giovane redazione, l'età
media è di trent'anni, sotto
la guida del Direttore Storace, dovrá crescere, imparare a scovare la notizia,
innamorarsi della creatura
che ogni giorno è diversa
da quella messa on line il
giorno precedente, dibattere e se necessario anche
collidere; è giovinezza, è
libertà.
Ora però, cosi come in
ogni famiglia che cresce, c'è bisogno di allargare gli orizzonti; dobbiamo ambire a
conquistare fasce sempre piú ampie di popolazione, di imprenditori, di uomini e donne
che pensano che la cultura non sia un qualcosa che si trova solo a sinistra, dobbiamo,
È bastato solo parlarne a
bassa voce, e le richieste
di costituire i Circoli, in
pochi giorni si sono moltiplicate inaspettatamente,
c'è tanta voglia di partecipazione.
I Circoli potranno costituirsi ovunque , dal paesino arroccato sulle Alpi,
alla città che lambisce
l'area metropolitana catanese, ad una sola condizione: non potranno esserci doppioni con incarichi di partito, o si comprende che lo strumento
del Circolo serve per allargare il nostro raggio
d'azione, oppure non serve a nulla. Dovremo essere
così bravi da saper coinvolgere la società civile;
il mondo imprenditoriale
che versa in una crisi economica etica e finanziaria
senza precedenti, aspetta
una voce amica pronta a
fare da megafono alle ingiustizie che subisce quotidianamente. Le azioni
vessatorie di una Stato a
sovranità limitata, debbono poter essere denunciate ogni giorno, senza
paura. Ed infine la cultura,
che dovrà essere il tratto
identificativo dei Circoli;
senza memoria non c'è futuro, senza radici profonde
non ci sarà un albero forte,
senza coraggio non ci sará
mai libertà. Avanti dunque, anche con i
Circoli del Giornale, per dar vita ad una
una grande alleanza: un'alleanza tra popolo
ed economia, giovani ed anziani, nord e
sud, uomini e donne.
È amore, è Italia, è Alleanza Nazionale.
N
in sintesi , aprirci e compiere un gesto
d'amore.
Non vogliamo rimanere chiusi nel recinto,
no; il perimetro della nostra azione dovrá
essere illimitato.
A tal proposito, subito dopo la manifestazione
in programma per il 9 di novembre, metteremo in rete lo Statuto e l'Atto costitutivo
dei "Circoli culturali a sostegno del Giornale
d'Italia", tali strutture saranno presenti in
ogni parte del Paese: da Genova a Reggio
Calabria, da Cagliari a Macerata.
IN SICILIA SI CONTANO I MORTI, A TORINO SI “MANIFESTA” SOLIDARIETA’
BUROCRAZIA ASSASSINA
Gli chiudono il negozio:
29enne si taglia le vene
di Robert Vignola
e carte assassine. Ci sono anche
quelle: le carte che un orafo
non aveva. Lui, giovane, aveva
un futuro davanti. E voleva costruirselo
con le sue mani, la sua capacità,
con i sacrifici quotidiani che era disposto a fare. Glielo avevano insegnato
i suoi genitori: commercianti, avevano
passato la loro esistenza mettendosi
in gioco, come tutti. Poi – la vita è
dura, a volte spietata – non erano
arrivati a godersi fino in fondo la
pensione. Ma D. S., 29 anni, pur col
dolore nel cuore, si era rimboccato
le maniche ed aveva lavorato sodo
affinché potesse uscire dall’inferno
della disoccupazione e vivere. Il suo
sogno era stato coronato alla fine
qualche giorno fa: aveva potuto alzare
la serranda della sua gioielleria, ad
Avellino. Con la consapevolezza che
sarebbe stata dura, ma che poteva
farcela, anche lui, come i suoi genitori.
Poi però sono arrivati i burocrati:
manca questa autorizzazione, questa
L
La politica dell’accoglienza
brogare la Bossi-Fini è diventata ieri la
nuova scusa per creare disordini da
parte di No Tav e centri sociali a Torino.
Il capoluogo piemontese ha ospitato una manifestazione della Lega Nord, assai partecipata,
tesa a difendere la permanenza del reato di
A
clandestinità, ma un corteo “anti-razzista” ha
attraversato alcune vie del centro: i dimostranti
di quest’ultima manifestazione hanno cercato
lo scontro sia con i militanti della Lega che
con la polizia. Gli agenti hanno risposto con
cariche e lanci di lacrimogeni. No Tav e centri
sociali hanno anche cercato di innalzare
barricate. Alla fine della giornata due poliziotti
sono rimasti contusi. Intanto a Lampedusa
continuano a contarsi sia gli sbarchi che i
morti restituiti dal mare.
Altro servizio a pagina 9
certificazione, questa documentazione.
E la serranda viene abbassata, a
poche ore dall’inaugurazione, per
imposizione delle “autorità preposte”.
Il 29enne non si dà pace, prova a
risolvere questi guai inattesi. Viene
colto dalla rabbia, poi dallo sconforto.
La sorella, la zia (gli unici affetti rimasti) sono preoccupati quando
lui non si fa più sentire: bussano
alla porta della sua casa nel paese
di Mercogliano, senza ricevere risposta. Temono il peggio: hanno
ragione. L’orafo di belle speranze
giace ormai senza vita nella vasca
da bagno, con le vene dei polsi tagliate. Non ci saranno le lacrime
della grande stampa, ad Avellino,
né ci saranno funerali di Stato.
Come non ce ne sono stati, del
resto, neanche per gli altri italiani
che, ormai a centinaia, si sono
uccisi dall’inizio della crisi. Sono
solo il fantasma di un Paese che un
tempo fu grande e fertile e che oggi
assomiglia sempre più a un deserto.
Il deserto delle carte.
2
Domenica 13 ottobre 2013
Attualità
L’ex rottamatore in corsa per la segreteria del PD e il secondo mandato a palazzo Vecchio
Matteo Renzi: un sedere per due poltrone
Intanto strizza l’occhio anche alla premiership del centrosinistra
di Giuseppe Sarra
oh chi si rivede, Matteo Renzi.
L’ex rottamatore, che in tempi
non sospetti puntava il dito contro
i ‘trombati’ del piddì, intanto non
ha perso tempo nel reclutare i
vari Bassolino e Orlando di turno, ne approfitta per giocare all’asso piglia tutto. Segreteria del Partito Democratico e la riconferma a palazzo Vecchio. Non solo. Poi,
sarà la volta di Enrico Letta. Non contento,
l’attuale Sindaco di Firenze, in perfetto stile
democristiano, tenterà di accaparrarsi anche
la premiership del centrosinistra. Tutto
questo come una nuova strategia: centellinare le uscite televisive. Farsi in una parola
“desiderare”, dopo che la sua immagine è
stata sovraesposta per parecchi mesi.
Entriamo nello specifico. Acque agitate al
Nazareno. Venerdì è stata la volta delle candidature in vista del congresso dell’8 dicembre. Gianni Cuperlo (bersaniano di
ferro), Pippo Civati (ex Ds) e Gianni Pittella
(attuale europarlamentare). Insomma, poca
roba. Il ‘Fonzie’ del Pd dovrebbe farcela
senza problemi. Ma la poltrona di primo
cittadino non la molla. Neanche per sogno.
Il prossimo 22 giugno, tuttavia, scadrà il
suo mandato. Firenze sarebbe la cosiddetta
scialuppa di salvataggio, nel caso in cui
“Evasione” in cortile,
Lavitola torna in carcere
T
di Ugo Cataluddi
alter Lavitola, l’ex
direttore
de
‘l’Avanti’ condannato in primo grado di giudizio per estorsione ai danni di Silvio Berlusconi,
nell’ambito dell’inchiesta
‘Tarantini ‘ per il presunto
giro di escort portate da
quest’ultimo nella residenza dell’ex premier, dovrà
tornare in carcere. Lavitola, in attesa del processo
d’Appello che aprirà i battenti il prossimo 30 ottobre,
avrebbe violato gli arresti
domiciliari, misura cautelare a cui era sottoposto
nella Capitale.
Secondo il legale del giornalista tuttavia, il suo assistito si trovava semplicemente nel cortile della
W
dovrebbe arrendersi anche al ‘prorompente’
Letta. L’esecutivo Pd-Pdl-Sc avrà vita breve.
Eppure, secondo fonti vicine al piddì, il
primo cittadino dovrà guardarsi bene le
spalle da un suo dipendente. Da circa un
anno, infatti, Alessandro Maiorano segue,
indaga e denuncia le “gaffe” e le spese sostenute da Renzi a palazzo Vecchio e ai
tempi della Provincia. “Lo si vuole mostrare
per quello che non è. Questo nuovo ‘messia’
che – dichiarò in tempi non sospetti Maiorano al “Giornale d’Italia” - si presenta
come l’onesto, cavalca solo l’onda del malcontento che c’è nel nostro paese”. Per lui
è uno scialacquatore di denaro pubblico,
come tanti altri.
Miliardi di euro che seppur di diritto verranno gestiti da enti stranieri
Controllori francesi… per denaro italiano
Il Bureau Veritas farà da moderatore negli appalti affidati dalla Consip
di Francesca Ceccarelli
iliardi di euro di appalti pubblici assegnati dallo
Stato italiano: introiti di grandissimo valore che
verranno assimilati però da un paese straniero.
E’ un gruppo francese che risponde al nome di “Bureau
Veritas” il futuro “controllore” di questi progetti.
L’ultimo appalto quello aggiudicato dalla Consip, società
al 100% del ministero del Tesoro guidato da Fabrizio
Saccomanni: i francesi dovranno quindi verificare che
tutte le aziende vincitrici di gare bandite dalla stessa
Consip eseguano le forniture alla pubblica amministrazione nostrana in modo corretto.
M
Un grande potenziale per la Bureau che potrà gestire
forniture in vari settori come quello vestiario, arredi,
cancelleria, derrate alimentari, autoveicoli, carburanti,
energia elettrica, sanità, real estate e telefonia. La Consip
si conferma quindi leader negli acquisti per una larghissima fetta della pubblica amministrazione italiana
grazie alla capacità di garantire risparmi alle articolazioni
dello Stato che hanno bisogno di determinati beni e
servizi.
Un ruolo di prestigio per una società in continua evoluzione che fattura circa 30 miliardi di euro l’anno. L’unico
neo è la mancanza di una struttura deputata al controllo
della qualità dei servizi erogati di volta in volta dalle
sua abitazione e quindi all’interno del perimetro di
tolleranza, motivo per il
quale, l’allarme del braccialetto elettronico di sorveglianza non sarebbe
nemmeno scattato. Ulteriore testimonianza, sempre secondo il legale ci
sarebbe il fatto che Lavitola sarebbe stato monitorato costantemente dalle
telecamere installate nel
cortile su disposizione della procura della Repubblica
di Napoli sin dal giorno
della sua scarcerazione.
La decisione di riportarlo
a Regina Coeli è stata presa dalla Corte d’Appello,
la stessa dinanzi alla quale
l’accusato dovrà comparire
a fine ottobre, per difendersi dall’accusa di estorsione.
centinaia di società che si aggiudicano i suoi appalti;
per questo è necessario fare una gara per trovare chi
svolga questo servizio. E qui si insinua Bureau Veritas,
gruppo specializzato nei controlli di qualità e nella certificazione che, per circa 1,2 milioni di euro, gestirà
questo delicatissimo servizio succedendo alla Sgs, la
società svizzera presieduta da Sergio Marchionne.
Dall’analisi dei documenti di aggiudicazione emerge
però anche la possibilità che la Bureau Veritas, controllata
da un gruppo francese che si chiama Wendel, si possa
trovare in conflitto d’interesse. Su questo aspetto così si
è pronunciata la Consip: “A ulteriore garanzia di imparzialità e indipendenza rispetto ai soggetti sottoposti a
verifica, la gara prevede un meccanismo di subentro
della seconda classificata nella graduatoria finale, ovvero
la società Iqm srl, qualora l’organismo di ispezione aggiudicatario (ovvero la Bureau, ndr) abbia rapporti con
i fornitori”. Una mera clausola di garanzia standard, verrebbe da dire, ma pur sempre un punto fermo per uno
spostamento di ricchezza che l’ente italiano dovrà comunque spartire coi cugini d’oltralpe.
LO ZOO DI S PIDE R WOMAN
La Ministra ridens
a condizione metabolica del nostro attuale
ministro della Salute tipica degli ectotermi,
animali a sangue freddo, giustifica probabilmente l’assoluta mancanza di sensibilità maldestramente dimostrata con il blocco del progetto
stamina. Un vecchio detto popolare recitava così
“la speranza è l’ultima a morire”, ecco, appunto,
togliere la speranza agli infermi non è forse interpretabile come un gesto inconsapevole d’ inadeguatezza del ruolo? Una condanna per incapacità come quella collezionata nella prima puntata di report dove la ministra sentenziava che
l’alto tasso di mortalità per tumori nella regione
Campania era semplicemente dovuto allo stile
di vita dei residenti. Se affermiamo che questo
tipo di considerazione ci pare a dir poco naif ci
sembra di offendere i nostri lettori. Ma non è
forse un’offesa per gli italiani ritrovarsi a capo
di un dicastero, tra i più importanti e delicati
perché afferisce alla persona umana in quanto
tale, alle sue necessità primarie e alla tutela
della salute come recita l’articolo 32 della nostra
L
Costituzione, una ministra incompetente? Ci chiediamo allora se questo
Stato che ci opprime invece di tutelarci,
se questo Stato che ci vessa invece di
aiutarci, se addirittura ci toglie pure
la speranza in base ad un semplice
calcolo di profitto di funzionari ed
esperti capi dipartimento, può riconsiderare alcune scelte inopportune al momento
di porre alcuni uomini e donne a rappresentarlo.
E quali sono i requisiti richiesti per questo tipo
d’incarichi?
A noi cittadini questo Stato ci obbliga ad effettuare
esami, selezioni interminabili, test di ammissione,
misurazioni di percentili e crediti formativi solo
per entrare in un corso di laurea, in base a quali
considerazioni vengono scelte le élites di questo
Paese? In base al Know how o al sentito dire o
alla semplice appartenenza alla giusta corrente
di un partito. Pretendiamo, poiché cittadini, che
vengano applicati parametri identici ai nostri al
momento della scelta della classe politica diri-
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Direttore responsabile
Francesco Storace
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gente, auspichiamo non scontrarci più con asserzioni dettate dall’incompetenza che dalla conoscenza, non assistere ad un susseguirsi di
luoghi comuni partoriti dall’ignoranza e soprattutto
non ascoltare più dichiarazioni tipiche da fiera
delle banalità senza cognizione di causa. Con la
Salute della gente non ci si può improvvisare capetti come avviene nei comitati o scuole di partito
cercando di far da mattatori quando si disconoscono le regole di base. Una buona dose d’umiltà
non guasterebbe, qualche lezione e qualche libro
da studiare altrimenti …….meglio tornare a casa
prima di combinare guai peggiori. Prevenire è
meglio che curare!
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Domenica 13 ottobre 2013
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Attualità
PARLA IL NEO DIRETTORE DEL QUOTIDIANO: “UNA BELLA SFIDA, DA VINCERE CON INCHIESTE E LE GIUSTE SINERGIE CON L’ON LINE”
Chiocci: “Il Tempo torni quello… di un tempo”
“C’è spazio per un certo tipo di lettore di destra e cattolico, senza scimmiottare nessuno”
di Igor Traboni
la stretta attualità, la cronaca. Ma il cartaceo la
accompagnerà, con tanti approfondimenti, con
un discorso sinergico che può funzionare”.
iornalista di lungo corso, benché la
carta d’identità deponga ancora a suo
favore, e autore di tante inchieste giudiziarie che hanno fatto rumore (ad iniziare
da quella sulla casa di Montecarlo del
cognato di Fini), Gian Marco Chiocci è ora sulla
tolda di comando del quotidiano Il Tempo, il prestigioso giornale romano in cerca di rilancio, dopo
che negli ultimi anni ha perso un po’ del suo
smalto.
Il Giornale d’Italia ha incontrato Chiocci per uno
scambio di battute su questa sua nuova esperienza,
avvertendo il lettore che il ‘tu’ non è assurdamente
confidenziale, anche se tra giornalisti usa così,
ma lo sbocco naturale di una lunga amicizia con
Chiocci.
G
Allora direttore, una bella sfida quella di dirigere
il Tempo. Come la stai affrontando?
“Non solo è una bella, bellissima sfida. Ma anche
una grande sfida. Il mio entusiasmo e la voglia di
fare sono a mille. E credo, senza presunzione, di
aver imboccato la strada giusta, visti gli apprezzamenti ricevuti già in questi primi giorni. Il giornalismo d’inchiesta, incalzante, che va a scavare, alla fine paga. Ecco,
questo intendo fare per riportare Il Tempo ad essere quello
di… un tempo. E scusa il gioco di parole, che è voluto per
rendere meglio l’idea”.
Abbiamo visto, già da queste prime battute di direzione,
che state insistendo in particolare su Roma, a proposito di
inchieste e pentole scoperchiate. C’è spazio per questo
tipo di giornalismo anche nella capitale, vista la presenza di
altri colossi dell’informazione?
“Indubbiamente sì. Roma è una città, con il suo hinterland, di
quattro milioni e mezzo di abitanti. Ci sono tante cose da dire,
Nell’immaginario collettivo, ma anche in quello
reale considerata la lunga tradizione, Il Tempo
viene visto (e letto) come il giornale di un
certo tipo di destra e di una certa borghesia.
C’è ancora uno spazio per un lettorato di
questo tipo?
“Guarda, Il Tempo era il primo giornale del
Centro-sud e il terzo d’Italia quando Berlusconi
ancora non c’era. Ora che è iniziato il declino
di Berlusconi, anche se apro e chiudo parentesi
per dire che secondo me il cavaliere non
morirà mai, è chiaro che anche ‘politicamente’
per noi si aprono altri spazi. Penso alla destra
di Alleanza nazionale, a quello che sta accadendo ora con questa sorta di rimescolamento
a destra, a tutto un mondo cattolico che non si
vede pienamente rappresentato neanche sulla
stampa. Ma neanche andremo a scimmiottare
Libero e Giornale perché l’identikit dei nostri
lettori è diverso”.
da scrivere. C’è un modo diverso di occuparsi della cronaca
della capitale, sia nera che bianca. Anche da questo punto di
vista i primi riscontri dei lettori e delle copie vendute sono incoraggianti”.
A proposito di copie vendute, è fuori di dubbio – ma anche
qui vogliamo sentire la tua opinione - che la carta oggi non
funzioni più come una volta. Come intendi affrontare l’ulteriore
sfida con la Rete?
“Certo, la carta va perdendo il suo appeal, c’è poco da fare.
Ho già un piano per potenziare il sito internet de Il Tempo, a
giorni formalizzerò la squadra che se ne occuperà. Intendo
rafforzare il discorso on-line soprattutto per quanto riguarda
Intanto Gian Marco Chiocci trova anche il tempo per scrivere
libri: dopo quello sui fatti del G8, è appena uscito, per i tipi
di Rubbettino “De Magistris. Il pubblico ministero. Biografia
non autorizzata”, scritto assieme a Simone Di Meo. Una
bella gatta da pelare con questa icona dei salotti chic della
sinistra…
“E’ stato un lavoro infernale, che abbiamo portato avanti per
due anni, spulciando migliaia di carte, ricostruendo determinati
episodi e vicende, non solo politiche, di cui nessuno ha mai
scritto. Credo ne sia venuto fuori un lavoro molto documentato.
I primi riscontri che stanno arrivando, per vendite e interesse,
da Napoli, da tutta la Campania e dalle zone del Sud in cui
‘Giggino’ opera o ha operato, sono confortanti”.
4
Domenica 13 ottobre 2013
Storia
Guido Buffarini Guidi, ministro degli Interni durante il Ventennio e la RSI, seguì Mussolini fino a Como
Fucilato per la fedeltà al Duce
Fino alla fine cercò di convincere il suo capo ad espatriare, senza successo. Fu preso dai partigiani il 26 aprile 1945
di Emma Moriconi
uido Buffarini Guidi nasce
nel 1895. Volontario alla
Grande Guerra, aderisce
presto al Pnf. Nel 1923 è
sindaco di Pisa, nel ’24 deputato, poi podestà e segretario federale del partito. Nel 1933 diventa
sottosegretario agli Interni. Membro
del Gran Consiglio, nel ’43 vota contro
l’odg Grandi. Il 26 luglio viene arrestato e recluso nel carcere di Forte
Boccea, da cui è liberato a settembre
dai tedeschi che lo occupano. Aderisce alla Repubblica Sociale, di cui
è ministro degli Interni. Il 25 aprile
segue Mussolini fino a Como, il 26 è
catturato dai partigiani, poi processato
e condannato a morte. Viene fucilato
a guerra finita.
Il capo usciere di Palazzo Venezia,
Quinto Navarra, racconta di uno sfogo
di Claretta Petacci su Buffarini Guidi:
“che furbone! – dice di lui in confidenza all’uomo, che annota tutto in
un diario – riesce ad essere amico
della Petacci e di donna Rachele
nello stesso tempo!”.
Nella notte del fatidico 25 luglio, Mussolini sospende per un quarto d’ora
la seduta del Gran Consiglio, dalle
24 alle 24,15. In questi quindici minuti,
Grandi e i congiurati limano e perfezionano il loro piano, riuscendo ad
acquisire altre firme. Quel documento
sta per decretare la fine del Fascismo.
G
Guido Buffarini Guidi
Da quel documento e da quella notte
origineranno i mali dell’Italia degli
anni a venire. Mentre nella sala avviene il teatrino, Buffarini è con il
Duce, Alfieri e Scorza nella Sala del
Mappamondo. Mussolini prende visione degli ultimi comunicati di guerra. Buffarini Guidi è uno di quelli che,
all’appello nominale per la votazione
dell’odg Grandi, risponderà “no”.
Mussolini è ancora con lui e Scorza
quando, uscendo dal salone dove il
Gran Consiglio è riunito, mormora
“porterò l’ordine del giorno al Re e
ne rideremo insieme”. Ma il Re, sul
cui capo il Duce aveva posto la corona
di Imperatore, non avrà la dignità di
riderci su. L’ultimo sovrano cronologici
di casa Savoia è “ultimo” anche in
termini di statura, fisica e morale.
Nella hall dell’albergo Quattro Stagioni
di Monaco, all’indomani della liberazione del Duce da Campo Imperatore, è Buffarini a compilare una
lettera che si chiude così: “vogliate
considerare queste note dettate esclusivamente dal senso di responsabilità
del momento e dal bene che nutriamo
per il nostro Paese e per voi che ne
incarnate i destini”. È ancora Buffarini
Guidi l’uomo di Mussolini agli Interni
durante la Rsi. A lui il Duce confida:
“Voi, Buffarini, avete visto giusto quella
notte (il 25 luglio, ndr). Sosteneste
che bisognava toglierli di mezzo, prima di arrivare al pronunciamento.
Ma io avevo fiducia nel Re … nessuno
supporrà che io chiedessi udienza,
e ci andassi, col solo sospetto di essere arrestato. Quei signori sbagliarono … non hanno solo smantellato
il nostro regime. Hanno messo in pericolo l’unità morale, l’unità politica
della nazione”.
Quando gli eventi cominciano a precipitare – siamo nel 1944 – Buffarini
fa consegnare dal capo della polizia
al Duce il piano che ha predisposto
qualora si arrivasse alla sconfitta
finale. Piano che prevede l’uso di un
sottomarino adatto alla lunga navigazione per trasportare Mussolini
nell’isola di Ibu, nelle Molucche. La
nota praticità del Duce gli fa accantonare il progetto prima ancora di
completarne la lettura. Il 25 aprile
Buffarini è a Como con Mussolini: in-
vano insiste per farlo fuggire in Svizzera. Il 26 il fedelissimo del Duce
viene preso dai partigiani e poi fucilato. Il momento supremo, il fedele
Buffarini lo vive in stato di coscienza
parziale, offuscato dai barbiturici che
aveva preso nel tentativo di suicidarsi.
Un passaggio del Contromemoriale
di Bruno Spampanato è un triste affresco di quel giorno: “povero Guido
che finirai legato a una sedia, moribondo per il veleno che hai avuto il
coraggio di prendere, e che sarai fucilato già morto”.
Le immagini di quell’esecuzione
sono scioccanti, non le proponiamo
ai lettori per rispetto della dignità
di un uomo che non ha cambiato
bandiera.
5
Domenica 13 ottobre 2013
Storia
Nel volume di Nicholas Farrel e giancarlo Mazzuca, testimonianze inedite sulla gioventù del futuro Duce
Il socialismo del “compagno Mussolini”
L’epoca meno conosciuta della vita di Benito è sempre più rivalutata: dopo la mostra di Predappio ecco un nuovo prodotto editoriale
di Emma Moriconi
e pubblicazioni dedicate al Duce e al
Fascismo invadono le librerie. Benito
Mussolini detiene un primato eccellente
come ispiratore di libri, volumi, brochure, opuscoli. Su di lui si scrive, si
scrive, si scrive. Anche il nostro Giornale d’Italia
gli dedica spesso pagine e speciali, nel tentativo
di storicizzare il personaggio e l’epoca mettendo
in luce “tutto” il personaggio e “tutta” l’epoca,
anche per restituire ai lettori un punto di vista
per decenni ignorato, volutamente oscurato in
nome di una demagogia che ha fatto sempre
troppo comodo. Ed è curiosa, questa ambivalenza
tutta italiana per cui da una parte si grida all’apologia mentre dall’altra si fa successo e ci si
fa un nome proprio sulle spalle di chi si è voluto
per decenni deplorare. Però non può che far
piacere ogni nuova iniziativa editoriale che tenda
a toglier via dall’oscurità di una memoria a corrente alternata passaggi, episodi, tesi, momenti
di uno dei personaggi più discussi – forse il più
discusso in assoluto - della storia d’Italia.
L’ultima novità è un libro dal titolo “Il compagno
Mussolini”, di Nicholas Farrel e Giancarlo Mazzuca.
Il periodo di cui il volume si occupa è quello del
Mussolini rivoluzionario e socialista, quello della
gioventù: un’epoca oggetto di recenti approfondimenti che – correttamente per chi voglia approcciare la figura del Duce da un punto di vista
storico e sociale – per decenni non è stata
oggetto della dovuta attenzione.
Il Mussolini Duce ha per troppo tempo oscurato
del tutto il Mussolini giovane, e invece è proprio
nelle radici sociali e popolari, socialiste e rivoluzionarie della sua infanzia e poi gioventù che sta
il seme degli anni a venire. Del resto il Fascismo
è stato socialismo, prima di tutto. Come pure, e
forse di più, la Repubblica Sociale. In tutta la vita
di Mussolini il socialismo è stato contestualmente
lo sprone e la meta. Il Duce ha legiferato e governato da socialista, tutte le sue scelte sono
state permeate di socialismo. Ma perché per
così lungo tempo si è indugiato su quel periodo
della vita sociale e politica di Benito Mussolini?
Una teoria interessante la formula Matteo Sacchi
dalle colonne de Il Giornale: “A destra – dice il
giornalista - non faceva simpatia quel retaggio
tutto proletariato e lotta di classe. A sinistra andava
minimizzato, considerando semplicemente Mus-
L
solini un opportunista traditore”. In due righe
Sacchi centra il bersaglio: non fa comodo a nessuno parlare del giovane, socialista, rivoluzionario,
irriverente Mussolini, quasi che il proletariato sia
una prerogativa della sinistra, dal secondo dopoguerra in poi.
Il libro di Farrel e Mazzuca è un prodotto interessante, che forse deideologizza in qualche modo
il fenomeno o quanto meno comincia a gettare
le basi per una deideologizzazione. Lo ha fatto –
eccedendo un po’ in autoconvincimento, a parere
di chi scrive – anche Roberto Festorazzi nel suo
recente “Mussolini e le sue donne”, cercando di
indugiare più sul Mussolini uomo che sul Mussolini
statista. Questo di Farrel e Mazzuca è un altro
esempio di volontà di “smarcamento” da un sistema omologato e da un retaggio di inutile e
controproducente demagogia. È ciò che sta tentando di fare il Comune di Predappio con la
mostra dedicata agli anni giovanili di Benito, il
figlio del fabbro di Dovia.
Che poi anche il socialismo fosse per il futuro
Duce un vicolo un po’ troppo stretto lo dimostra
lo strappo con il partito al momento della sua
scelta interventista. Ma non fu il socialismo in sé
ad andare stretto a Mussolini. Fu piuttosto ciò
che del socialismo – idea pura e rivoluzionaria,
fondamento della società – avevano fatto i grandi
nomi di quegli anni. Fu davvero Mussolini a
tradire il socialismo? o fu, piuttosto, lui soltanto a
portarlo alle estreme, necessarie conseguenze?
A farne forma di governo e riscatto del proletariato? La scelta di bonificare le palude pontine –
ad esempio – e di dare quelle terre ai contadini
non fu forse socialista? La volontà di creare un
organismo quale l’ONMI, a tutela delle madri e
dell’infanzia, non fu forse socialista? Creare
l’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale
non fu socialista? Se ne potrebbero citare a centinaia, di esempi di socialismo nel Ventennio
come pure nella RSI. È lo stesso Mazzuca,
direttore de Il Giorno, a raccontare qualcosa sul
volume appena uscito: “il libro – scrive - parla
del Benito socialista e insiste molto sulla sua avversione nei confronti dei tedeschi prima del
successivo voltafaccia e dell’abbraccio fatale
con Hitler degli anni Trenta”. Il ragionamento
circa “il voltafaccia e l’abbraccio fatale” è complesso e non esauribile in questa sede. Ci torneremo, e lo faremo con l’assoluta onestà intellettuale che ci contraddistingue.
L’INTENSIFICARSI DEGLI SCAMBI CULTURALI CON L’INDIA VOLUTI DALL’ITALIA PORTARONO ALL’INCONTRO TRA I DUE STORICI PERSONAGGI
“Statista di primissimo ordine”: parola di Gandhi
Il plauso della stampa indiana per il dono di cinquecento volumi alla biblioteca dell’università di Nuova Delhi fu unanime
di Cristina Di Giorgi
I
l Mahatma Gandhi è per
tutto il mondo un simbolo che va oltre i confini
dell’India e che, con la sua
opera, ha affascinato uomini
e culture della più diversa
provenienza. Anche in Italia
gli ammiratori del grande
uomo di pace sono molti. E
non da oggi. Già nel 1925
nel nostro Paese c’era infatti
chi nutriva profonda stima
e rispetto per Ghandi.
Per intensificare lo scambio
culturale tra Italia e India,
proprio quell’anno il Duce
inviò a Nuova Delhi una delegazione diplomatica guidata da Giuseppe Tucci e
Carlo Formichi, che consegnò in dono alla biblioteca
dell’università cittadina 500
libri. La stampa indiana ac-
colse l’omaggio di Mussolini con toni di unanime
plauso e consenso. Anche
Tagore, che parlava con en-
tusiasmo del Duce a tutti
coloro che visitavano l’università, gli si dimostrò molto
grato, come emerge dal ca-
blogramma che il grande
filosofo e scrittore indiano
(vincitore del premio Nobel
nel 1913) inviò a Palazzo
Venezia: “Consentite che io
vi esprima la nostra gratitudine per aver mandato a
mezzo del professor Formichi il vostro cordiale riconoscimento del valore
della civiltà indiana e per
aver deputato il professor
Tucci ad istruire i nostri
studenti nella storia e nella
cultura italiana e a collaborare con noi in vari rami
dell’orientalismo. E anche
per il generoso dono di
libri a nome vostro, che sta
a dimostrare uno spirito di
magnanimità degno delle
tradizioni del vostro grande
paese. Vi assicuro – continua Tagore – che una siffatta
espressione di simpatia che
mi viene da Voi quale rappresentante del popolo italiano aprirà, per gli scambi
culturali fra il vostro paese
e il nostro, un canale di comunicazione che racchiude
in sé ogni possibilità di
sbocciare in un avvenimento di grande importanza
storica”.
Non molti anni dopo – dicembre 1931 - lo stesso
Gandhi si recò in viaggio
in Italia, in cerca di legami
e appoggi internazionali
che consolidassero la posizione dell’India in funzione anti-inglese (soprattutto
per quanto riguarda la politica coloniale e le sue conseguenze in tutta l’Asia). Il
Mahatma fu ricevuto da
Mussolini con tutti gli onori,
con manifestazioni, parate
militari e concerti. Gandhi
fu molto colpito dall’incontro con il Duce, che definì
“uno statista di primissimo
ordine”.
6
Domenica 13 ottobre 2013
Economia
Archiviata l’Imu sulla prima casa, salasso per i contribuenti, c’è chi fa i conti al Belpaese
Italiani (tar)tassati d’eccezione
Nonostante sia lunga la lista di imposte pagate, il livello dei servizi è assolutamente scarso
di Francesca Ceccarelli
empo di dire definitivamente addio all'Imu sulla
prima casa ed ecco chi
decide di dare un quadro
chiaro di quella che è la
situazione fiscale degli italiani. A
dare questo report la Cgia(Associazione Artigiani Piccole Imprese)
di Mestre che ha stilato l’elenco
delle tasse che gravano annualmente
sugli italiani, annoverando un centinaio di voci tra addizionali, imposte,
ritenute, tasse e tributi.
Quello che si evince è un sistema
tributario frammentato ma con un
gettito molto concentrato: gli incassi
assicurati dalle prime dieci imposte
valgono quasi 58,8 miliardi di euro.
A fronte di un ammontare complessivo di oltre 472 miliardi di euro di
entrate tributarie, l’incidenza percentuale del gettito prodotto da queste prime dieci voci è pari all’87,5%
del totale.
A pesare di più sulle tasche dei cittadini italiani sono principalmente
l’Irpef (imposta sui redditi delle per-
T
sone fisiche) e l’Iva (imposta generale sui consumi): la prima fa entrare
nelle casse dello Stato un gettito
che arriva a 164 miliardi di euro all’anno, mentre la seconda è di poco
più di 93 miliardi di euro.
"Messe assieme queste due imposte
incidono per oltre il 54% sul totale
delle entrate tributarie", - spiegano
gli analisti della Cgia- Basta guardare
i dati sui consumi che non ripartono
nemmeno in seguito alla frenata dell'inflazione”. Sul tema interviene
anche la Cia, Confederazione italiana
agricoltori:” Le vendite di prodotti
alimentari sono crollate dall’inizio
dell’anno dell’1,8% in quantità e del
3,7% in valore. L'aumento dell’Iva
dal 21 al 22%, scattato il primo ottobre, non farà che rendere tutto più
difficile per famiglie e imprese".
Stando al report della Cgia di Mestre,
la vera scure sui bilanci delle aziende
sono l’Irap (imposta regionale sulle
attività produttive), che assicura 33,2
miliardi di gettito all’anno, e l’Ires
(imposta sul reddito delle società),
che consente all’erario di incassare
32,9 miliardi di euro. "Quest’anno dichiara il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi - ciascun italiano
pagherà mediamente 11.800 euro
di imposte, tasse e contributi previdenziali. E in questo conto sono
compresi tutti i cittadini, anche i
bambini e gli ultra centenari".
Quello che lascia con l’amaro in
bocca è la qualità dei servizi di
cui gli italiani possono usufruire:
scarsi e non sufficienti. Il risultato
di questa situazione è l’essere costretti a rivolgersi al privato, anziché
utilizzare il servizio pubblico, nonostante si abbiano tutti i diritti.
Pagare per servizi già pagati in
realtà. Questa è l’Italia, oggi. "Gli
esempi che si possono fare sono
moltissimi - conclude Bortolussi succede se dobbiamo inviare un
pacco, se abbiamo bisogno di un
esame medico o di una visita specialistica, di spostarci, ma anche
nel momento in cui vogliamo che
la giustizia faccia il suo corso in
tempi ragionevoli con quelli richiesti
da una società moderna".
Pubblicati gli ultimi dati di Confcommercio sui consumi: l’unica superstite la tecnologia
Non mangio, ma navigo…online
Il paniere sempre più sull’orlo di una crisi di nervi costringe a tagliare anche sui mezzi di trasporto
ultima analisi dell'Ufficio Studi di Confcommercio non lascia dubbi: gli italiani
spendono meno. Tra il 1992 e il 2012 abbigliamento, mezzi di trasporto, alimentazione,
benessere personale hanno visto ridursi la loro
quota nel paniere di spesa delle famiglie di
quasi il 2%, meno 45% per le auto dal 2007 con
punte negative ad agosto con consumi a -2,4%
annuo.
Mentre si pensa a tagliare lì dove si può c’è una
voce che non conosce crisi, la quota di spesa
per le telecomunicazioni che è quadruplicata,
passando dallo 0,8% al 3,3%, costituendo il principale cambiamento nelle abitudini di consumo.
In crescita anche le spese per tempo libero che
sono passate dal 6,9% all'8,8%, quelle per i pasti
fuori casa dal 6,3% al 7,4%, mentre i viaggi e le
vacanze dal 2,6% al 3,1%.
Focalizzando l’attenzione al periodo 2007-2012
la tecnologia dunque si registra settore con le
migliori performance: infatti, gli acquisti di beni
per la telefonia sono aumentati del 77%, quelli
L’
per computer, televisori, hi-fi e accessori di quasi
il 21%. A dare segno di cedimento è il comparto
dei mezzi di trasporto che, alla voce di consumo,
ha fatto segnare il risultato peggiore con un calo
di oltre il 45% giustificato dall’andamento crescente dei prezzi relativi alle spese obbligate,
come quelle per l'abitazione.
Dunque l’obbligo per le famiglie di ridimensionare
il consumo di altri beni, come i mezzi di trasporto,
l'abbigliamento e le calzature la cui quota di
spesa in un solo anno si è ridotta di mezzo punto
percentuale. I prodotti di questi settori hanno tra
l’altro una forte rilevanza all’interno della filiera
del made in Italy con gli inevitabili riflessi negativi
in termini di produzione e occupazione.
Una prova che attesta la gravità di questa crisi?
L'alimentazione in casa cresce solo nel 2012 a
causa dell’eccezionale crollo di redditi e consumi
totali, in controtendenza con quanto accade nei
periodi di crescita, nei periodi fortemente recessivi
la quota dei beni basici sul budget complessivo
sale.
F.Ce.
L’ U N I O N E I N T E R N A Z I O N A L E D E L L E C O M U N I C A Z I O N I H A R I L A S C I AT O U N A N U O V A R I C E R C A
Nativi digitali: ancora pochi e mal distribuiti
A guidare la classifica Islanda, Nuova Zelanda e Malesia. In basso paesi africani e asiatici
ativi digitali, di strada da fare ce n’è ancora tanta: solo il 30%
dei giovani del mondo infatti sembrano aver calzato questo
status.E’ questa del resto la percentuale fornita dall’Unione Internazionale delle Comunicazioni (ITU) in collaborazione con il Georgia
Institute of Technology. Per la prima volta è stato sviluppato un
modello per calcolare la dimensione della popolazione nativa digitale
a livello globale.
Il rapporto “Measuring the Information Society ” 2013 misura lo
stato e i progressi della società dell’informazione su scala internazionale
definendo alcuni indicatori di performance regionale e nazionale
N
come l’ICT Development Index (IDI) e l’ICT Price Basket (IPB).
Nativo digitale si definisce un giovane tra 15 e 24 anni, con almeno
cinque anni di esperienza online. Nel complesso dunque sono circa
363 milioni, il 5,2% della popolazione mondiale, quantificabile più o
meno in 7 miliardi di unità.
Si tratta, dunque, di una minoranza rispetto alla popolazione giovanile
mondiale: i risultati della ricerca mostrano che alti tassi di nativi
digitali corrispondono a nazioni con redditi più elevati, con forte penetrazione di Internet, con quote maggiori di popolazione giovanile e
al top dell’indice IDI.
Dati che comunque variano da regione a regione e da paese a paese:
nel primo caso si va da un minimo del 9,2% in Africa al 79,1% dell’Europa. Nei paesi in via di sviluppo i giovani nativi digitali toccano il
22,8% ma nei paesi più sviluppati, dove tende sempre più a ridursi il
divario generazionale, questa percentuale arriva all’81,9%. Considerando
invece i singoli paesi, la più alta percentuale si riscontra nella Corea
del Sud con il 99,6% dei giovani nativi digitali mentre la più bassa è
nell’isola di Timor Est, che registra lo 0,6%.
Per l’Italia un 78° posto nella classifica su un totale di 180 paesi: oltre
4 milioni di nativi digitali pari al 67,8% dei giovani e al 6,7% della popolazione totale.
Al vertice della graduatoria invece si piazza l’Islanda con il 13,9% : la
Nuova Zelanda seconda e quarta la Malesia. Al fondo della classifica
i paesi africani o asiatici alle prese con gravi conflitti e dove, quindi, la
disponibilità di Internet risulta ai livelli più bassi.
F.Ce.
7
Domenica 13 ottobre 2013
CONTINUANO LE GIORNATE DI PROTESTA E DI REPRESSIONE: NUOVI BILANCI DI TRA MORTI E FERITI
Esteri
L’ONG CONFERMA GLI ECCIDI DI AGOSTO D PARTE DEI RIBELLI
Tibet, un’identità nel sangue
Siria: ecco i massacri
nascosti dei jihadisti
L’ultima manifestazione è avvenuta nella contea di Driru martedì scorso
Intanto il silenzio regna sovrano sull’indagine
condotta dalla Human Rights Watch
di Francesca Ceccarelli
uova sanguinosa
operazione dei
militari cinesi in
Tibet: il bilancio è
stato di quattro persone
uccise e altre 50 ferite
nella contea di Driru durante una manifestazione
di protesta martedi' scorso
contro l'occupazione e in
particolare contro la norma che impone l'esibizione della bandiera cinese in tutte le abitazioni. Le
forze paramilitari cinesi avrebbero aperto
il fuoco sui dimostranti, come ha denunciato una fonte tibetana in esilio al Radio
Asia libera. Una folla che chiedeva la liberazione di un uomo che si era rifiutato,
pacificamente, di issare la bandiera cinese.
E’ questo l’ultimo atto della repressione
delle autorità cinesi in Tibet dove da
giorno ormai è alta la tensione tra la
popolazione locale e la polizia cinese.
Solo Domenica scorsa l’ultimo violento
episodio: gli agenti hanno aperto il fuoco
su un gruppo di persone ferendone una
sessantina: due dei feriti verserebbero
in gravissime condizioni. Diversi manifestanti sono stati colpiti alle gambe e
alle braccia, mentre ad alcuni sono state
negate addirittura le cure. Secondo testimoni la polizia avrebbe lanciato anche
gas lacrimogeni lasciando numerose
persone cadute in terra prive di sensi.
I problemi nell’area sono iniziati lo scorso
N
27 settembre quando, a pochi giorni
dalla festa nazionale cinese del primo
ottobre, quando migliaia di funzionari
governativi e operai cinesi sono arrivati
nella contea di Nagchu forzando le famiglie della zona e numerosi religiosi a
issare la bandiera cinese su tutte le loro
case, in segno di sottomissione all’egemonia cinese. Molti i tibetani che si sono
rifiutati di obbedire, di lì sono iniziati
perciò scontri tra i residenti e la polizia
locale: secondo quanto si apprende da
fonti locali sarebbero state gettate nel
fiume diverse bandiere cinesi in segno
di protesta.
Una protesta di oltre 800 persone che
protestato dinanzi agli uffici della contea:
tra questi anche Dorje Draktsel, uno dei
principali protagonisti dell’agitazione
finito agli arresti. Domenica scorsa, proprio per questo, una nuova manifestazione
per chiederne il rilascio. Anche in quel
caso gravi scontri.
Al momento la zona delle violenze è circoscritta: oltre 18.000 gli agenti da giorni
presidiano il territorio con
posti di blocco e controlli a
tappeto sulla popolazione,
mentre a nessuno viene
concesso l’ingresso dall’esterno per limitare il flusso delle notizie oltreconfine.
Le forze dell’ordine cinesi
hanno sequestrato cellulari
e macchine fotografiche,
interrotto le linee internet
e quelle telefoniche. Per
destabilizzare eventuali altri tentativi di
rivolta le autorità locali continuano ad
usare anche le minacce: chi si rifiuta di
adempiere a quanto chiesto dal governo
locale, subisce severe punizioni che vanno dall’espulsione dei figli dalle scuole
al rifiuto di cure mediche, alla perdita
del posto di lavoro.
E’ dal 2008 ormai che le aree della Cina
con una forte presenza di tibetani sono
frequentemente teatro di episodi di repressione e violenza da parte delle autorità di Pechino. Atti di forza inaudita
che non fanno demordere il popolo tibetano che continua a rivendicare il
diritto di avere una propria identità soprattutto culturale, linguistica e religiosa.
Solo dal 2011 sono 121 i tibetani che si
sono dati fuoco in nome della propria libertà e per il ritorno dall’esilio del loro
leader spirituale, il Dalai Lama. Ventiquattro dall’inizio di quest’anno per un
totale di 103 uomini e 19 donne e in 24
casi si è trattato di minori di 18 anni.
di Giuseppe Sarra
cque sempre più agitate
in Medio Oriente. Tra il
silenzio della stampa internazionale, i jihadisti tornano
a colpire in Siria. L’organizzazione internazionale Human
Rights Watch (Hrw), infatti, ha
confermato nelle ultime ore la
notizia, riferita dall’ANSA più
di un mese fa, di un massacro
compiuto dai ribelli nel nordovest di Damasco contro civili
appartenenti alla comunità confessionale della famiglia presidenziale Assad. Sempre secondo Hrw, i miliziani fondamentalisti hanno inoltre catturato più di 200 civili, per lo più
donne e minori, che si trovano
ancora nelle mani dei jihadisti.
Entriamo nel dettaglio: in un
rapporto di oltre cento pagine
A
elaborato dopo attente verifiche,
indagini sul terreno a contatto
con testimoni e superstiti della
strage, l’organizzazione basata
a New York ha raccolto le generalità di 190 civili uccisi, tra
cui 57 donne, 18 bambini e 14
anziani tra il 4 e il 5 agosto
scorsi in una decina di villaggi
alawiti (branca dello sciismo)
a est di Latakia. Non solo. Hrw
ha identificato anche i nomi
dei gruppi armati autori del
crimine, composti dai qaidisti
dell’Iraq e del Levante (Isis)
ma anche da altre sigle del jihadismo internazionale e siriano.
Cosa fa l’Onu? Per quale motivo
Francia, Israele e Turchia non
condannano le folli incursioni
dei ribelli? Oppure aveva ragione Assad? Si tratta di una
guerra psicologica…
8
Domenica 13 ottobre 2013
Roma
L’ACCORPAMENTO NON BASTA, PER RISPARMIARE LA SCURE INSISTE SUI “PARLAMENTINI”
Municipi: brutte notizie
dal bilancio, tagli in vista
L’assessore Morgante non riesce a far quadrare i conti
e ora i minisindaci sono sul piede di guerra contro Marino
rchiviata (si fa per
dire) la grottesca
vicenda legata al
Comandante dei
vigili, è tempo di pensare a
tematiche altrettanto scottanti come il bilancio di previsione da cui dipenderà il
futuro della Capitale. In attesa che si sblocchi la trattativa con l’esecutivo nazionale, che permetterebbe di
colmare buona parte di quei
867 milioni di gap, il sindaco
Ignazio Marino con l’assessore competente Daniela
Morgante, sta affilando la scure dei tagli
che si riverseranno sui cittadini.
Ma procediamo con ordine. Sempre in
piedi le ipotesi, più che concrete di aumentare le imposte comunali. Tra queste
spiccano: la tassa di soggiorno, dalla
quale comunque arriverebbe una cifra
esigua di supporto; l’Ipef, che al pari di
quella regionale, arriverebbe ad essere
una delle più alte d’Italia; l’aumento di
un ulteriore punto dell’aliquota Imu da
cui arriverebbero 140 milioni nelle casse
del Comune. Tuttavia su questo punto si
stanno facendo i conti senza l’oste, è
infatti altamente probabile che il governo
provvederà ad abolire anche la seconda
A
rata dell’imposta il cui pagamento è previsto per dicembre. Considerato che anche la svendita del patrimonio immobiliare del Comune non sarà una strada
percorribile nell’immediato (troppo vicino
il 30 novembre, data ultima per l’approvazione della manovra), ecco che la
giunta si appresta a ripiegare su quegli
organi più vicini alla cittadinanza: i Municipi. Sono infatti previste sciabolate
sulle ex circoscrizioni, già ampiamente
martoriate, le quali dopo quest’ulteriore
salasso non saranno in grado di garantire
neanche i servizi essenziali. I minisindaci
(uniti tutti dallo stesso colore politico, il
medesimo del sindaco) sono infatti sul
OMICIDIO A BARBARANO (VITERBO)
Uccisa nel sonno a coltellate
Il marito finisce in carcere
Ha telefonato ai Carabinieri confessando il delitto
ha colpita mentre
dormiva con oltre
dieci coltellate. Tutto
per futili motivi. E' così che
Antonio Matuozzo, 65enne
di origini napoletane, l’altra
notte ha ucciso la convivente
Anna Maria Cultrera, nata 52
anni fa a Viterbo.
L'omicidio è avvenuto in un
appartamento al primo piano
della via centrale di Barbarano Romano, via IV Novembre, dove i due abitavano da
appena sei mesi. "Venite, ho
ucciso la mia convivente":
così il comandante della compagnia dei carabinieri di Ronciglione, capitano Carlo Scotti, racconta la telefonata arrivata alla stazione dei militari
di Barbarano Romano intorno
alle 3,30. "Praticamente in
tempo reale, visto che il fatto
è avvenuto a cento metri
dalla caserma - dice - abbiamo inviato sul posto il comandante della stazione locale, Marco Stella. L'uomo si
è fatto trovare in casa e ha
ammesso immediatamente
le proprie responsabilità, era
lucido: ci ha mostrato la vittima in una pozza di sangue.
La donna era in camera sul
proprio letto".
L'interrogatorio di Matuozzo,
nella caserma di Ronciglione,
L’
è durato circa 8 ore. "Si tratta
di un pensionato, separato.
Ha un pregiudizio: molestie
sessuali - continua Scotti - il
fatto risale a quattro anni fa.
Per questo aveva subito una
misura cautelare restrittiva".
Cultrera invece era separata
e divorziata. Entrambi con
figli grandi. "Non ci risultano
tensioni tra loro, almeno a
noi non sono state segnalate.
Convivevano da sei anni, anche se abitavano a Barbarano
Romano solo da sei mesi.
L'omicidio è avvenuto per
futili motivi, in corso di valutazione".
Il coltello utilizzato è molto
affilato e appuntito, la lama
è di 21 centimetri. Ora è a
disposizione dei militari. "Il
colpo mortale - spiega il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Gianluca
Dell'Agnello - è stato alla
gola". Quelli inferti sono però
oltre dieci. Per Matuozzo,
l'accusa è omicidio volontario, "valutiamo se premeditato", aggiunge il capitano
Scotti. "Sembra infatti che la
donna stesse dormendo". La
salma della vittima ora è all'ospedale di Belcolle, delle
indagini si sta occupando il
pm Fabrizio Tucci.
Valter Brogino
piede di guerra. Al momento
infatti ci sono grossi problemi
sia per quel che riguarda la
manutenzione di strade e
scuole, sia per le mense scolastiche, sia per i servizi sociali. Con gli ulteriori tagli in
programma si arriverebbe
all’emergenza vera e a farne
le spese sarebbero come
sempre le fasce deboli della
popolazione. La quasi totalità
dei presidenti dei 15 Municipi, non accetterà di buon
grado di fare da capro espiatorio per l’incapacità dell’amministrazione di varare una manovra
equa e si metterà di traverso al sindaco
ciclista che si troverà ancora più solo.
Intanto continuano i malumori all’interno
della maggioranza capitolina, l’ultimo in
ordine di tempo ad alzare la voce nei
confronti della giunta è Alfredo Ferrari,
presidente della commissione Bilancio.
Quest’ultimo a proposito degli eventuali
aumenti delle imposte, ritiene molto grave, qualora fossero reali, che l’assessore
Morgante non ne abbia parlato in commissione. Un’ulteriore dimostrazione dello
scollamento tra maggioranza e esecutivo,
difficilmente sanabile.
Ugo Cataluddi
tavano per imbarcarsi
su un volo Transat diretto a Toronto quando il pianto del bambino
'in prestito' che portavano
con loro ha fatto scoprire
il tentativo di emigrare
clandestinamente. L'episodio è avvenuto all'aeroporto di Fiumicino. Al
check in sono stati notati
una donna nigeriana con
un travel document canadese, un uomo nigeriano
con un passaporto nigeriano e un bambino di un
anno con passaporto canadese. Ad insospettire il
pianto senza sosta del piccolo, che non si riusciva
a calmare nonostante l'intervento dei due genitori.
Per tranquillizzarlo è dovuta intervenire un'altra
donna che, presolo in
braccio, è riuscita a calmarlo. La scena è stata
notata dagli agenti che
hanno notato le differenze
delle foto presenti sui documenti e, dopo altri accertamenti, sono riusciti
a scoprire che i documenti della coppia appartenevano alla vera madre del bimbo, in possesso di un biglietto Toronto-Roma-Toronto, e al marito nigeriano 26enne, assente.
Priebke, è polemica
persino sui funerali
Annunciati per martedì, ma non si sa
ancora dove. Incerta pure la sepoltura
rich Priebke continua a far
discutere anche dopo la
morte. Il capitano delle SS
morto ieri all’età di 100 anni,
potrebbe ancora essere sepolto
a Bariloche accanto alla moglie,
come da sue ultime volontà.
Certamente il sindaco Marino
sta cercando di “scongiurare”
una sepoltura a Roma.
Certamente, prima c’è da officiare
il rito funebre. A quanto se ne
sa, il luogo della cerimonia religiosa sarà una chiesa del centro.
Anche in questo caso, però, si
oscilla tra massimo riserbo e
nervi a fior di pelle per le autorità
interessate. Dal Vicariato le autorità ecclesiastiche hanno fatto
sapere di non aver ricevuto alcuna
richiesta, almeno a ieri. Il questore
ha dovuto specificare che d’intesa
col prefetto ha stabilito che non
ci sarà alcun funerale solenne.
Per il legale di Priebke Paolo
Giachini è una decisione è ovvia.
“Sono assolutamente d’accordo
con il questore e il prefetto. Il
diritto di culto che la nostra Costituzione prevede è un diritto
specifico, che vale per tutti, e riguarda il sentimento religioso e
il diritto di avere sacramenti.
Trasformare questo diritto in
qualcosa di solenne, e fondamentalmente di politico, non era
nemmeno nell’intenzione di Prieb-
E
ke, che era una persona riservata
e discreta e che non ha mai
voluto fare show”.
Show che ha tentato invece di
fare, a spese di Francesco Storace, la Zanzara, trasmissione
radiofonica condotta da Giuseppe
Cruciani. Tentativo fallito: e il
leader de La Destra commenta
così. “La solita operazione killer
che serve solo ad alzare polemiche. Non sono certo iscritto né intendo iscrivermi - al partito
dei giustificazionisti rispetto a
Priebke. Semplicemente non ho
lo stesso disprezzo per la vita
umana che ebbe lui e chi festeggia la sua morte. Ho un atteggiamento più misurato, che
ho riscontrato nelle parole dell'on.
Fiano, che non gioisce per la
morte di una persona, anche se
si è macchiata di un crimine
gravissimo. Altrimenti dovrei anche schierarmi per la pena di
morte. Ma non la condivido”.
Robert Vignola
NOMADE FERMATA DALLA POLIZIA
FIUMICINO
Nigeriana “presta”
figlio e passaporti
a due clandestini
IL LEGALE: “NON SARÀ UN RADUNO POLITICO”
Chiede l’elemosina sotto la pioggia
con in braccio il figlio di otto mesi
S
inalmente si fa qualcosa per estirpare
il cancro dell’elemosina chiesta con
bambini in braccio. Magari pure sedati,
tanto per farli stare buoni e insieme muovere
a compassione il cuore dei clienti-passanti.
Ci ha pensato la polizia a interrompere il
triste e inumano spettacolo che una nomade
stava inscenando in pieno centro. La giovane
donna è stata osservata dagli agenti della
Questura per oltre un’ora: seduta a terra in
via Nazionale, a Roma, con in braccio un
bambino di pochi mesi, sotto la pioggia
chiedeva l’elemosina ai passanti. Con un cestino davanti a sé ha continuato a chiedere
soldi stendendo la mano e mostrando il bambino ai numerosi passanti, per lo più turisti
che si sono mostrati indignati e sconcertati.
Fermata, la giovane è stata accompagnata
negli uffici della Questura per gli accertamenti
sulla sua identità. R.A., 29enne di origini romene, ha dichiarato agli agenti che il bambino
F
di appena otto mesi era suo figlio e di essere
in Italia da circa due mesi. Quando gli agenti
le hanno chiesto dove risiedesse ha risposto
di abitare in un campo nomadi in via Tiburtina
senza fornire altre indicazioni. In realtà i poliziotti hanno accertato che la donna è stata
censita nel 2012 presso un campo nomadi
abusivo situato a Tivoli.
Dall’esame degli atti acquisiti nel corso delle
indagini, il campo nomadi è risultato essere
un’area interessata da numerose discariche
con rifiuti di varia natura tra cui pneumatici,
materiali di risulta, amianto e rifiuti organici.
Gli agenti hanno deciso di approfondire la
situazione della donna e del minore ed hanno
così verificato che la stessa era sconosciuta
ai servizi sociali territoriali. Gli agenti hanno
trovato la donna in possesso di uno sciroppo
risultato provocare sonnolenza e uno stato di
letargia. Vergognoso.
Gustavo Lidis
9
Domenica 13 ottobre 2013
Dall’Italia
DOPO LA TRAGEDIA DEL TRE OTTOBRE L’ALTRA SERA L’ENNESIMO DRAMMA TRA LAMPEDUSA E MALTA
Immigrazione, un mare di cadaveri
Mentre sale a 34 il bilancio delle vittime dell’ultimo naufragio si registrano altri quattro sbarchi. Viaggi
della morte che ormai si sono spinti ben oltre la stagione adatta per affrontare le condizioni del Mediterraneo
na tragedia senza fine. Mentre sale
a 34 il bilancio delle vittime dell’ultimo
naufragio nel Canale di Sicilia, non
si arrestano gli sbarchi sulle coste.
Dei flussi che ormai si sono spinti
ben oltre la stagione più adatta per affrontare
con una ‘carretta del mare’ le condizioni del
Mediterraneo. Evidentemente, nonostante le
vite che vengono sacrificate continuamente,
ci sono personaggi che incentivano gli stessi
immigrati a intraprendere i cosiddetti viaggi
della speranza, tratte che costano a ciascuno
ben tremila euro (soldi spesi talvolta per
andare incontro alla morte).
Quattro sbarchi nella notte – Altri quattro
barconi carichi di immigrati, sono stati soccorsi
tra la notte del venerdì e la prima mattinata del
sabato. Nelle diverse operazioni i soccorritori
hanno salvato la vita a oltre quattrocento
persone. In particolare all’alba di ieri, a 70
miglia a Sud di Lampedusa, il pattugliatore
Libra e la fregata Espero della Marina Militare,
hanno soccorso due imbarcazioni con circa
180 persone a bordo. “Raggiunta la prima imbarcazione - dice la Marina militare - nave
Libra ha preso a bordo 87 persone tra uomini,
donne e bambini e completate le operazioni
di soccorso, si è diretta verso il secondo contatto
con circa 90 persone a bordo, sul quale è intervenuta anche nave Espero coadiuvando il
U
trasbordo su nave Libra con le motobarche di
bordo”. In precedenza erano giunti a Lampedusa 255 migranti al termine di altre due
distinte operazioni: 72 di loro, tra cui cinque
donne, erano su un gommone che rischiava di
affondare; gli altri 183, tra cui 49 bimbi e 34
donne, sono stati agganciati vicino al porto.
Emergenza al centro – In tutto sono circa
700, a fronte di una capienza di 250 posti, gli
immigrati ospiti nel centro di accoglienza di
Lampedusa (Agrigento). Tra gli immigrati arrivati l’altra notte ci sono anche 45 minori.
L’ultima tragedia – Sono complessivamente
206 i superstiti del naufragio nel Canale di Sicilia, tra Lampedusa e Malta; 34 i cadaveri recuperati, in gran parte donne e bambini,
mentre si temono 150 dispersi. Sul barcone,
secondo le testimonianze dei sopravvissuti,
viaggiavano infatti circa 400 immigrati. Gli
stranieri – secondo la ricostruzione di Malta,
il cui aereo militare in ricognizione nel Canale
di Sicilia ha avvistato per primo il barcone –
hanno cominciato ad agitarsi per farsi notare.
La ressa avrebbe provocato il capovolgimento
dell’imbarcazione. Una nave militare maltese
è arrivata per prima nell’area, alle 17.51 di
venerdì e ha iniziato le operazioni di soccorso.
Poco dopo è stata raggiunta dalle navi Libra
ed Espero della Marina militare italiana.
I corpi delle prime 22 vittime sono sbarcati
LA FUGA DALLO STIVALE
Undici eritrei soccorsi
sul Gran San Bernardo
sul molo Favaloro di Lampedusa dalle motovedette della Guardia di Finanza. Un’altra motovedetta con 151 superstiti e quattro cadaveri
ha fatto rotta verso Malta. Gli altri sopravvissuti
sono stati invece presi a bordo della nave militare Lybra per poi dirigersi verso Porto Empedocle. Non è stato ancora possibile fare un
bilancio ufficiale della tragedia.
Le vittime aumentano – Intanto, è cresciuto
ulteriormente il bilancio del naufragio dello
scorso 3 ottobre, avvenuto di fronte all’isola
dei Conigli di Lampedusa. Il numero delle
vittime è salito, infatti, a 359. Le bare sono
state imbarcate sulla nave militare Cassiopea,
destinata a salpare alla volta di Porto Empedocle.
Alfano: ‘Combattere i mercanti di morte’ –
All’indomani della nuova tragedia del mare il
vicepremier Angelino Alfano è tornato a ribadire che bisogna “combattere i mercanti
di morte perché, se non si agisce su di loro,
non potremo frenare questo esodo dal Nordafrica attraverso il Mediterraneo”. Secondo
Alfano “per bloccare questo spregevole traffico
di esseri umani, occorre rafforzare la cooperazione tra l’Europa con questi Stati del Nordafrica. Noi ci stiamo impegnando, ma se lo
fa l’Europa è più efficace. Dunque, noi dobbiamo bloccarli lì facendo tutte le azioni e dicendo - aggiunge Alfano - se voi volete i
soldi dell’Europa voi Paesi del Nordafrica, se
volete la cooperazione internazionale, noi
condizioniamo questo nostro aiuto al patto
che voi diate una mano di aiuto a bloccare i
mercanti di morte e il traffico di essere umani”.
Letta: ‘Drammatica conferma dell'emergenza’- “È la nuova drammatica conferma della
situazione di emergenza” ha commentato il
premier Enrico Letta, che resta determinato
a porre con forza il tema dell'immigrazione
sul tavolo del prossimo vertice Ue in programma a fine mese.
Barbara Fruch
Eurosky Tower .
L’investimento più solido è puntare in alto.
Hanno rischiato di morire assiderati
per cercare di entrare in Svizzera
S
tavano tentando di
entrare in Svizzera
attraversando a piedi
il passo del Gran San Bernardo ma una forte nevicata li ha bloccati lungo il
cammino. Hanno rischiato
di morire assiderati gli undici immigrati di origine
eritrea che sono stati soccorsi nella notte tra venerdì e sabato dalle forze
dell'ordine al confine con
la confederazione elvetica.
Gli stranieri sono stati soccorsi sulla strada del colle
a pochi chilometri dal confine, dopo che l'auto su
cui viaggiavano, una Opel
Zafira con targa elvetica,
è rimasta bloccata a causa
della neve. A quel punto
hanno decisi di proseguire
a piedi ma, sorpresi dalla
nevicata, si sono rifugiati
in una casa cantoniera.
Una volta scoperti, hanno
cercato di fuggire e rag-
giungere il confine a piedi
ma sono stati recuperati
da polizia e guardia di finanza. Sul posto è intervenuta anche la protezione
civile valdostana. I migranti sono stati condotti in
questura per l'identificazione. Alcuni di loro, inoltre, sono stati condotti all'ospedale a causa di malori provocati dal freddo.
Per favoreggiamento dell'
immigrazione clandestina
è stato arrestato il conducente dell' auto su cui
viaggiavano i clandestini.
Le autorità italiane precisano che si tratta di un cittadino elvetico di origini
eritree che domani, lunedì
14 ottobre, sarà processato
per direttissima dal tribunale di Aosta. Le indagini
sono condotte congiuntamente da polizia e carabinieri.
Carlotta Bravo
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10
Domenica 13 ottobre 2013
Dall’Italia
VE NE Z IA - NOMADI IN AZIONE
VENEZIA – PRIMI PASSI PER L’INFRASTRUTTURA CHE SCONGIURERÀ L’ACQUA ALTA IN LAGUNA
Sorpresi a rubare,
picchiano il padrone
Prova tecnica per il Mose,
si alzano quattro paratoie
P
icchiano il proprietario
della casa dove stavano rubando. Due banditi sono stati arrestati per
rapina dai carabinieri grazie
a un blitz in un campo nomadi Ballò di Mirano (Venezia). Si tratta di due “fratelli”, residenti ad Andrano
(Catania), ma appartenenti
a una famiglia nomade.
Come spiegano i giornali
locali il “colpo” era stato
portato a termine domenica
notte in una casa di Fiesso.
Quella sera tre delinquenti
erano penetrati in casa per
cercavano gioielli e ori. La
luce della torcia ha però
svegliato il padrone di casa,
un 33enne che convive con
i genitori. L’uomo ha così
sorpreso i ladri in azione.
Quando se lo sono trovati
davanti i due banditi a volto
scoperto, lo hanno aggredito. L’uomo ha tentato di
difendersi, ma i malviventi
hanno avuto la meglio, ferendolo a pugni e calci e
lasciandolo a terra dolorante
e insanguinato. Il padrone
però è riuscito a rimettersi
in piedi e appuntare targa,
modello e colore dell’auto
dei criminali, che potevano
contare comunque su un
bottino di alcuni orologi e
profumi. Aveva anche visto
bene in faccia i due.
Gli investigatori dell’Arma
a questo punto hanno passato a setaccio con discrezione i campi nomadi della
zona finché si sono resi conto
che in quello di Ballò (comitiva nomade aveva ‘messo
le tende’ nella zona industriale proprio il giorno del
furto) c’era la Bmw nera e
due persone che corrispondevano alla descrizione e
avevano pure precedenti
per furti e rapine. A questo
punto mercoledì è scattato
il blitz. I due fratelli sono
stati fermati all’interno del
campo e portati in caserma
dove sono stati messi a confronto con il proprietario
dell’abitazione svaligiata.
L’uomo li ha riconosciuti senza alcuna esitazione. I due
sono stati quindi arrestati.
La Bmw è stata recuperata
ed è risultata rubata a Rossano Veneto (Vicenza).
B.F.
Presenti il Sindaco Orsoni, il Presidente Zaia e il Ministro Lupi
“L’obiettivo tassativo è il completamento dell’opera entro il 2016”
rimi passi per il Mose, l’opera
che dovrebbe scongiurare entro un paio d’anni l’acqua alta
a Venezia. Dopo la bufera di
polemiche su appalti e mazzette, l’allungamento dei tempi e dei costi
di realizzazione (previsti in 3200 miliardi
di lire nel 1989 e arrivati a 5,6 milioni di
euro ora) è arrivato infatti finalmente il
giorno del ‘battesimo’. Ieri c’è stata la
prima movimentazione di quattro paratoie
poste alla bocca di porto del Lido di Venezia. Le paratoie, entro cui l’aria era già
stata insufflata, si sono levate dal fondale
con una cadenza di 7 minuti circa, tra le
15 e le 15.30: per i prossimi quattrocinque mesi il Magistrato alle Acque compirà uno studio per sperimentare le varie
opzioni di movimentazione, al fine di realizzare l’essenziale messa a punto delle
strumentazioni, che permetteranno di gestire le paratoie in completo automatismo.
Un test del sistema, quello effettuato, che
è ritenuto ‘un passaggio decisivo per il
completamento’ dell’opera.
Ad assistere all’evento, con il sindaco di
P
Venezia, Giorgio Orsoni, erano presenti,
tra gli altri, il ministro delle Infrastrutture e
dei Trasporti, Maurizio Lupi, i presidenti
della Regione Veneto, Luca Zaia, e della
Provincia di Venezia, Francesca Zaccariotto,
nonché il presidente del Magistrato alle
acque Roberto Daniele. Le fasi, sul piano
tecnico, sono state illustrate dai nuovi vertici
del consorzio Venezia Nuova, il presidente
Mauro Fabris e il direttore generale Hermes
Redi, subentrati dopo la pioggia di arresti
in luglio (nell’inchiesta l’ormai ex consorzio
è stato imputato di false fatturazioni, appalti
truccati e turbativa d’asta).
Soddisfatto il Sindaco. “Per Venezia è
certamente un momento di svolta:
quest’opera – ha commentato Orsoni –
cambierà in modo molto radicale il
modo di approcciarsi alla città e alla
sua laguna, che sono, è bene ricordarlo,
una cosa sola. Il messaggio importante
che va dato al mondo è che Venezia è
una città viva e vitale, una città della
contemporaneità. Quest’opera lo sta dimostrando”. Anche il Presidente di Regione benedice i passi fatti. “Oggi ab-
biamo messo una pietra miliare dopo
10 anni di cantieri – ha spiegato Zaia –
L’opera è finanziata per l’87 per cento,
manca circa un milione di euro che auspico il governo continui a stanziare i
fondi. Il Mose funziona se è tutto finito,
non è solo per salvaguardare Venezia,
ma anche un esempio unico al mondo
dell’eccellenza made in Italy. Per il territorio è un’occasione di crescita economica con ben 4000 addetti ai cantieri”.
Il ministro Lupi ha confermato che, attraverso la legge di stabilità in discussione,
verranno assicurati i finanziamenti necessari per completare l’opera. “L’obiettivo
tassativo – ha aggiunto – é il completamento dell'opera entro il 2016”. Attualmente il Mose è arrivato ad uno stato di
avanzamento dei lavori di circa l’80% e
la sua entrata in funzione è prevista per il
2017 (un anno dopo il completamento).
Il suo costo ammonta a 5.493 milioni di
euro, di cui 4934 per realizzare il sistema
di difesa e 559 necessari per le compensazioni ambientali.
Barbara Fruch
COMUNE DI PALERMO
‘Striscia’ i badge altrui,
dipendente indagato
U
n dipendente in servizio presso
la portineria di Palazzo Galetti,
sede degli uffici del vicesindaco
e del capo di gabinetto, di Palermo
è stato sorpreso ieri mattina a
strisciare più badge, i tesserini
magnetici utilizzati per il rilevamento delle presenze e degli orari
di lavoro dei dipendenti comunali.
Tutti i badge di cui era in possesso
sono stati presi in custodia dagli
agenti della polizia, in quel momento in servizio d’ordine pubblico all’interno del palazzo. Il
capo di gabinetto, Gabriele Archese, ha immediatamente disposto una verifica delle registrazioni video dell’edificio, met-
tendole a disposizione dell’autorità
giudiziaria, e un’indagine interna
“per avviare le verifiche e le eventuali procedure disciplinari previste
dal contratto”. Un caso purtroppo
non isolato, diverse amministrazioni infatti sono finite nello scandalo a causa dei dipendenti assenteisti, che timbrano il cartellino
per poi abbandonare il Comune
oppure che chiedono ai colleghi
(come in questo caso) di passare
il loro ‘prezioso’ badge. Notizie
che sicuramente fanno infuriare
molti italiani, specialmente in un
periodo storico in cui la gente si
ammazza perché non trova lavoro.
Carolotta Bravo
NAPOLI – LA STORIA DI ENRICO
Sfrattato dal pontile,
ma quella è ‘casa sua’
D
a quindici anni vive nel ponte
spaccato di via Coroglio, a
Bagnoli (Napoli), in un rudere a
due passi dal mare, un pezzo di
cemento che una volta era parte
del complesso industriale dell’Ilva. Ora rischia di essere ‘sfrattato’ perché quella zona serve
come deposito ormeggi. Una
storia di povertà e arte d’arrangiarsi, quella di Enrico, 42enne.
“'Perché non te ne vai tu al posto
dei nostri ormeggi? Così mi hanno detto”, racconta Enrico a ‘Il
Mattino’. Qualcuno, un giorno,
ha preso la vecchia struttura di
ferro che Enrico usa da anni per
arrivare in quella che lui definisce
‘casa sua’ a circa 10 metri di altezza e, una volta salito sul ponte,
lo ha sfruttato come deposito
per ormeggi, boe, corde, contenitori per la benzina e anche un
po’ di spazzatura. “Non c’è più
spazio per me - dice tristemente
Enrico - anche se a Coroglio mi
conoscono tutti. Senza contare
che qui c’è puzza e faccio fatica
a respirare. Chiedo soltanto che
mi lascino un po’ di aria”. E pensare che Enrico, con l’inverno in
arrivo, aveva anche accarezzato
l’idea di comprare un tavolino
per arredare il ponte. Qualche
spicciolo, infatti, riesce a metterlo
da parte dando una mano a tenere pulita la piazzetta d’ingresso
alla spiaggia. “Spero di non dovermene andare via, ma forse
dovrò farlo”.
C.B
11
Domenica 13 ottobre 2013
Focus
In libreria il secondo episodio della saga delle Stelle danzanti. Da Fiume alla Spagna del 1937
L’epopea dell’amicizia tra guerra e coraggio
“Fino alla tua bellezza”, di Gabriele Marconi, ha il sapore di un racconto epico
di Cristina Di Giorgi
on “Fino alla tua
bellezza” è arrivato
in libreria il secondo imperdibile episodio della saga
delle Stelle danzanti. Ovvero
l’epopea, storicamente contestualizzata, di quei giovani
che, prima con D’Annunzio
a Fiume, hanno in seguito
scelto di rischiare (di nuovo)
la propria vita in nome degli
ideali in cui hanno sempre
creduto. Primi fra tutti l’Amicizia e la Patria.
L’autore di questo romanzo
(Ed. Castelvecchi, 2013) è
Gabriele Marconi, uno scrittore (ma non solo) che “stabilisce un rapporto di dichiarata complicità con la
storia che evoca” (da Il Foglio) e che, a detta di Giuseppe Conte (Il Giornale)
ha compiuto un atto di grande coraggio sostituendo ai
coatti e borgatari al centro
dei romanzi più alla moda
“personaggi amanti dell’eroismo e con il culto dell’azione”. Anche sul L’Unità
Giancarlo De Cataldo (il celebrato autore di “Romanzo
criminale”) scrive di lui, sottolineando che se anche “il
suo ethos è diverso dal nostro, questo non deve impedirci di leggere un buon
romanzo”.
Basterebbero già questi brevi commenti per farsi venire
voglia di leggere il romanzo
in questione che, ambientato
nella Spagna della Guerra
Un “incontro” letterario
C
evo arrivare in fretta alla missione di Debra Tabor e il maggiore
Morosini aveva promesso che mi avrebbe messo a disposizione
un mezzo di trasporto».
«Boja fàuss! Fino a laggiù?» si stupì il maresciallo.
«Fino a laggiù. Può aiutarmi?».
«Io non so… Sono mortificato, signor tenente, ma assolutamente
non sono autorizzato a prendere una decisione del genere. Non è che
si abbia un gran parco macchine, qui da noi».
Giulio strinse i denti, scuotendo la testa per la frustrazione.
«Almeno potete farmi accompagnare da lui?».
«Verrei io di persona, se potessi! Però non posso, e comunque non
saprei proprio come fare: il furgone l’ha preso il maggiore e la
Coloniale che ci hanno appena consegnato serve qua in caserma. Ci
sarebbe il treno, ma fino a domani non ci sono più corse».
«(…) Mi aiuti, maresciallo… lei è una brava persona, lo so».
Quello si tormentò i baffoni, poi il volto bonario venne illuminato da
un’idea: «Però ci sarebbe la teleferica per Asmara, quella non si
ferma mai! La potrebbe prendere fino a Dig Dig, poi da lì al fortino ci
sarebbero solo due o tre chilometri a piedi: una passeggiata».
«Quale teleferica?».
«Ah, è una cosa magnifica, l’hanno inaugurata il mese scorso: 75
chilometri! È la più lunga del mondo» precisò con orgoglio, quasi
l’avesse costruita lui, «e siccome corre lungo il tracciato della
camionale vi porterebbe proprio vicino al forte».
«D
Gabriele Marconi; in basso, Giorgio Ballario
civile, vede i protagonisti
Giulio e Marco impegnati a
combattere. E non solo per
gli ideali del fronte nazionalista di cui fanno parte.
Le avventure che si trovano
a vivere sono un vero e proprio inno all’amicizia e al
coraggio. In questo romanzo
infatti, “la Storia non è che
il tragico sfondo contro il
quale gli uomini lottano per
restare fedeli ai propri ideali
e ai propri affetti. È in nome
di questa fedeltà – si legge
nella quarta di copertina –
che si rischia la vita”. Una
fedeltà che, tra azioni moz-
zafiato, riflessioni malinconiche, ironia e colpi di scena,
trascina il lettore in un vortice di emozioni e sensazioni
che rendono decisamente
difficile mettere il segnalibro
tra le pagine e interrompere
il viaggio insieme ai protagonisti della vicenda narrata.
Anche perché, come si dicono nel momento forse più
toccante dell’intera storia i
protagonisti, riuniti attorno
a un tavolo per una bevuta
in compagnia, “a volte una
fine c’è. Ma quando arriverà
la saluteremo in piedi. O
per lo meno col cuore in
piedi. Brindiamo al mondo
e a tutte le giornate di sole
che l’hanno illuminato dagli
albori ad oggi. E agli amici
che non ci sono più. E a
quelli che ci sono ancora e
a quelli che verranno”.
Un romanzo che lascerà il
segno.
LE INDAGINI DEL MAGGIORE MOROSINI, ESEMPIO DI ITALIANITÀ E INTUITO
(da Fino alla tua Bellezza, ed. Castelvecchi)
Gabriele Marconi
omano, classe 1961, è giornalista professionista ed è stato
direttore responsabile del mensile “Area”. Tra i fondatori
della Società Tolkieniana Italiana, ha collaborato al Dizionario
dell’Universo di J.R.R. Tolkien (Bompiani 2003). Ha partecipato
come autore alla trasmissione di Radio2 Rai La storia in giallo
e inciso due album musicali: Noi felici pochi e In viaggio. Nel
dicembre 2010 ha pubblicato Noi. Canzoni d’amore per la
lotta e di lotta per l’amore, una raccolta antologica delle sue
canzoni con allegato un libro che, come scrive lui stesso, “raccoglie pensieri in libertà e flash back sugli anni di piombo,
partendo da tredici canzoni di musica alternativa”. Ha scritto
poi numerosi libri, tra cui: L’enigma di Giordano Bruno
(Minotauro 1996), Io non scordo (Fazi 2004, finalista al Premio
Alfredo Cattbiani), Il regno nascosto (Flaccovio 2008), Le stelle
danzanti, il romanzo dell’impresa fiumana (Vallecchi 2009).
R
L’Africa Italiana tra storia e mistero
I gialli di Giorgio Ballario riportano in vita un mondo sconosciuto e affascinante
Africa Italiana non è mai stata utilizzata
come ambientazione per racconti e
romanzi. Almeno fino a che Giorgio
Ballario l’ha scelta come teatro per le avventure
dei suoi personaggi. Come scrive Domenico
Quirico nella prefazione del primo volume
della “saga coloniale” dell’autore piemontese,
Morire è un attimo (Angolo Manzoni 2008),
“al contrario di quanto è avvenuto in Francia
o in Inghilterra, nessuno scrittore italiano ha
mai trovato che essa fosse un soggetto
efficace e profondo. Per questo è significativo
che ora Ballario, come ha fatto in questo
sodo, incalzante noir eritreo, scopra che
c’erano uomini, vicende, atmosfere, storie”.
Protagonisti di questa e delle altre due storie
con la stessa ambientazione nate dalla fantasia
e dall’abile penna di Ballario (Una donna di
troppo, Angolo Manzoni 2009 e Le rose di
Axum, Hobby&Work Publishing 2012) sono
il maggiore sei carabinieri Aldo Morosini e i
suoi collaboratori, il sottufficiale Barbagallo e
lo scium-bashi indigenoTesfaghì. Che si muovono in un quadro storico di atmosfere e
personaggi realmente esistiti, tra i quali sono
inseriti omicidi e gialli che, grazie ad un’ostinata
ricerca della verità, i nostri eroi riusciranno
ogni volta a risolvere. Nonostante innumerevoli
ostacoli e pericoli.
Con uno stile tutto suo, coinvolgente e intri-
L’
gante, l’autore riesce a
riportare in vita un periodo storico praticamente sconosciuto alla
maggioranza degli italiani, che poco o nulla
sanno delle colonie africane e della vita che vi
si faceva. Ricostruita con
precisione dall’autore,
che riesce a rendere benissimo il fascino esotico
e l’atmosfera avventurosa che vi si respirava.
Quanto ai suoi personaggi, ai quali i lettori si sono progressivamente
affezionati, lui stesso li descrive con familiarità
ed affetto. Del maggiore Morosini dichiara in
un’intervista che “al di là del suo ruolo di inquirente, ne ho voluto fare un esempio positivo
di militare e funzionario pubblico dell’epoca.
Aldo non è un supereroe, ma un uomo normalissimo, che si trova catapultato in un
mondo completamente diverso da quello da
cui proviene. E pur non essendo un fascista
convinto, crede nella Patria, nello Stato, nell’onore e nella famiglia. Ma lo fa a modo suo,
con la stoica testardaggine di chi, pur essendo
disincantato e deluso, continua comunque a
fare il suo dovere”. E’ un uomo che ama il ra-
Giorgio Ballario
gionamento pacato e l’intuizione fulminea,
sentimentale e rispettoso, tutt’altro che un
duro. Al suo fianco ci sono due figure altrettanto
importanti e particolari. Innanzitutto il maresciallo Eusebio Barbagallo, fedele collaboratore
di Morosini: è un carabiniere vecchio stampo,
sempre allegro ed ottimista, che con il suo
atteggiamento bonario e spiritoso riesce a
stemperare anche le atmosfere più cupe. E
poi lo scium-bashi Tesfaghì, sottufficiale indigeno taciturno e coraggioso, la cui figura
vuole simboleggiare e omaggiare le migliaia
di eritrei che hanno servito fedelmente nelle
forze armate italiane.
CDG
ato a Torino nel 1964. Giornalista e scrittore, è stato corrispondente per svariati quotidiani nazionali. Nel giugno del
2008 ha pubblicato il suo primo romanzo, Morire è un attimo
(Edizioni Angolo Manzoni) che ha ottenuto un lusinghiero successo di critica e pubblico ed ha partecipato ad alcuni premi
letterari del genere giallo-noir. Ambientato nell’Africa italiana,
il libro apre un “ciclo coloniale”, che ha il suo seguito con Una
donna di troppo (ottobre 2009), selezionato tra i cinque finalisti
del Premio Aqui storia 2010. Nel frattempo continua la sua
attività di giornalista (collabora con La Stampa di Torino, in cui
si occupa di cronaca nera e giudiziaria, e con vari blog e siti
internet) e di scrittore di racconti. Pubblica poi altri romanzi,
questa con ambientazione contemporanea (tra essi Il volo
della cicala, 2010) e nel marzo 2012 fa uscire Le rose di Axum,
il terzo lavoro ambientato in Africa italiana.
N
12
Domenica 13 ottobre 2013
Società
La famiglia italiana è in crisi: in crescita i dati su divorzi e separazioni
“E vissero felici e contenti”, ma solo per 15 anni
II dati diffusi dall’Istat non lasciano dubbi: la società sta cambiando radicalmente
di Francesca Ceccarelli
Q
uindici anni, non di più. E’
questo il limite massimo del
matrimonio in Italia secondo
gli ultimi dati Istat. Tassi di
separazione e di divorzio in continua
crescita tra la popolazione in crisi
non solo di denaro ma anche di valori. A farne le spese, a quanto pare,
dal punto di vista economico, sono
soprattutto le donne: è proprio così
infatti secondo le ultime statistiche
sulle condizioni di vita delle persone
separate e divorziate, una divorziata
su 4 è a rischio povertà e il 26% ha
difficoltà ad arrivare a fine mese.
Il tutto con le dovute eccezioni del
caso. Ma quali sono gli aspetti a
cui si fa riferimento parlando di divorzio? Eccone alcuni.
L’assegno divorzile
Affinché il coniuge più debole possa
continuare a godere tendenzialmente dello stesso tenore di vita
che aveva durante il matrimonio, è
previsto l’assegno divorzile. Viene
erogato anche se la moglie ha un
lavoro autonomo, quindi un proprio
reddito. Il Tribunale, con la sentenza
di divorzio, dispone l’obbligo a chi
dei due ex coniugi ha un reddito
maggiore, di solito il marito, di versare mensilmente un assegno all’altro. Per determinarlo e quantificarlo si tiene conto di diversi fattori:
le condizioni economiche e patrimoniali degli ex coniugi, i motivi
del divorzio, il contributo personale
ed economico dato da ciascuno
alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno
o di quello comune, i redditi e le
sostanze di entrambi, la durata del
matrimonio. L'assegno si estingue
al momento in cui colei che lo percepisce passa a nuove nozze o qualora colui che è obbligato a versarlo
muore o fallisce; altrimenti, dura
tutta la vita. Se la donna instaura
una convivenza more uxorio con
altra persona, non determina di per
sé il venire meno dell’assegno, a
meno che il coniuge obbligato non
dimostri che tale convivenza abbia
determinato un miglioramento delle
condizioni economiche dell’ex moglie, a seguito di un contributo al
suo mantenimento da parte del
convivente, o quanto meno di risparmi di spesa derivatigli dalla
convivenza. La somma può variare
e può essere rivalutata nel tempo
dal Tribunale, tenendo conto delle
modifiche nelle condizioni personali
e patrimoniali.
La comunione e la separazione
dei beni
Il regime patrimoniale della famiglia,
in mancanza di diversa convenzione
è costituito dalla comunione dei
beni, che si scioglie con la sentenza
di separazione. A quel punto ognuno
dei coniugi può pretendere che i
beni siano divisi equamente. Quelli
che non possono essere divisi vengono venduti con la ripartizione
del prezzo ricavato. Se le parti, invece, non trovano un accordo, sulla
divisione decide il Tribunale. La
comunione legale ha ad oggetto
quasi tutti i beni acquistati durante
il matrimonio, ma ne sono esclusi i
"beni personali" indicati nell'articolo
179 del codice civile. Se invece i
coniugi erano in separazione dei
beni, ognuno di essi rimane, nei
confronti dei propri beni, nella stessa
situazione in cui si sarebbe trovato
se non si fosse sposato. Ogni coniuge conserva la titolarità e il godimento esclusivo di ogni bene acquistato prima e durante il matrimonio. Anche nel regime della separazione dei beni, tuttavia, può
accadere che alcuni cadano in comunione.
DALLA LEGGE FORTUNA-BASLINI DEL 1970 ALLA PROPOSTA DEL REFERENDUM
Oltre quarant’anni di dibattito: e continua
Bagnasco: “lo Stato non favorisce una ulteriore ponderazione
su lacerazioni che lasceranno per sempre il segno”
di Emma Moriconi
n Italia il divorzio venne disciplinato dalla
legge 898 del 18 dicembre 1970, detta legge “Fortuna-Baslini”, di
“disciplina dei casi di
scioglimento del matrimonio”. L’Italia del 1970,
reduce dai movimenti
del ’68 che larga parte
avevano avuto nelle modificazioni
– non sempre buone e giuste –
della società, giunse alla determinazione della norma dopo un
dibattimento che vide la Democrazia Cristiana e il Movimento
Sociale Italiani schierati contro.
L’art. 1 della legge in questione
prevede che “il giudice pronuncia
lo scioglimento del matrimonio
contratto a norma del codice civile, quando, esperito inutilmente
il tentativo di conciliazione di cui
al successivo art. 4, accerta che
la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere
mantenuta o ricostituita per l’esistenza di una delle cause previste
dall’art. 3”.
Come accade sempre, un articolo
rimanda ad altri articoli: il 3 prevede che “lo scioglimento o la
cessazione degli effetti civili del
matrimonio può essere domandato da uno dei coniugi” in alcuni
I
casi di condanna passata in giudicato, emessa dopo la celebrazione, salvo alcune circostanze.
Il 4 invece espone la procedura
per l’ottenimento dello scioglimento o cessazione del matrimonio, precisando che “all'udienza di comparizione, il presidente
deve sentire i coniugi prima separatamente poi congiuntamente,
tentando di conciliarli. Se i coniugi
si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della
conciliazione”. Invece, “se la
conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, qualora
lo ritenga strettamente necessario
anche in considerazione della
loro età, i figli minori, dà, anche
d'ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti
che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole,
nomina il giudice istruttore e
fissa l'udienza di comparizione e trattazione
dinanzi a questo”.
La sentenza che ne consegue disciplina il futuro
degli ex coniugi e dei figli, qualora presenti, per
i quali è naturalmente
previsto l’obbligo di
mantenimento, educazione ed istruzione.
Da allora di acqua sotto
i ponti ne è passata, ed oggi,
oltre 40 anni dopo, i radicali
propongono un referendum per
azzerare i tre anni di attesa tra la
separazione e il divorzio, ritenuti
necessari per una profonda ed
attenta valutazione, nel tentativo
di una possibile ed auspicata
pacificazione, che quasi mai ottiene l’effetto sperato. Dall’altra
parte della barricata, il Vaticano,
per bocca del cardinale Bagnasco,
ritiene, al contrario, i tempi previsti troppo brevi : “rendendo
sempre più brevi i tempi del divorzio - ha detto il presidente
della Cei - lo Stato non favorisce
una ulteriore ponderazione su
lacerazioni che lasceranno per
sempre il segno, specie sui figli,
anche adulti. I figli - ha aggiunto
poi - non hanno forse diritto a
qualunque sacrificio pur di tenere
salda e stabile la coppia e la famiglia?”
Questo avviene quando i coniugi,
pur in regime di separazione, avevano acquistato un immobile intestandolo ad entrambi o avevano
cointestato il conto corrente. In tali
casi, per evitare la comunione, sarà
necessario fornire la prova che la
titolarità è di uno solo dei due perché, ad esempio, l’acquisto dell’immobile è avvenuto con denaro personale; altrimenti il bene resta in
comunione.
Figli
Oltre all’assegno divorzile o all’una
tantum, l’ex marito è obbligato a
versare anche l’assegno di mantenimento per la prole. I criteri di li-
quidazione di questo assegno possono considerarsi in tutto identici a
quelli previsti per la procedura di
separazione. Per garantirgli lo stesso
tenore di vita, sull’assegno dei bambini c’è il vaglio del pubblico ministero, che indaga sulle loro esigenze
e sulle loro abitudini. A questo spesso si aggiunge anche l’assegnazione
della casa coniugale, anche se è in
comproprietà o al 100% del marito.
La legge ora prevede l’affidamento
condiviso da entrambi i genitori,
ma c’è sempre la prevalenza del
genitore con cui i figli vivono abitualmente, di solito la mamma. Per
questo viene assegnata a lei la dimora coniugale.
LA TECNOLOGIA ARRIVA ANCHE IN TRIBUNALE: LA RIVOLUZIONE PARTE DALLA GRAN BRETAGNA
Tra moglie e marito non mettere… il clic
Avvilente o ingegnoso, ma piace. Subito boom per il divorzio online
asta con avvocati,
parcelle e lunghe attese. Ora il divorzio
è portata di clic. E’ proprio
così in Gran Bretagna
dove, in tempi di crisi economica e di tagli, si cerca
di risparmiare su tutto, anche in materia legale.
Quindi via libera alle separazioni “fai-da-te" più facili ed economiche. Basti
pensare che per ricevere
consigli, indicazioni e informazioni non è più indispensabile la figura di un
legale, ma basta consultare uno dei siti online
di consulenza. “Do it yourself” , fai tutto da
solo, questo lo spot di accompagnamento
per l’iniziativa.
Un computer, poche sterline (precisamente
da 99 fino ad un massimo di 475, ovvero tra i
120 e i 580 euro circa) e il gioco è fatto.
Pochi minuti e, senza il salasso della parcella
di un avvocato matrimonialista si è divorziati.
Una pazzia o un fruttuoso escamotage, questo
sta alla sensibilità e alla coscienza di ognuno:
quello che è certo è che il fenomeno sta dilagando in Gran Bretagna e ben presto potrebbe arrivare anche in Italia, dove i Tribunali
a stento riescono a smaltire pratica e dove
coppie di ex innamorati da anni attendono il
fatidico “no”.
Sul web comunque è già boom di siti: secondo
quanto riportato da “The Indipendent” , tra
quelli più gettonati c'è ‘Divorce Depot’ , un
portale "cortese, affidabile, veloce", attivo da
poco ma già molto frequentato.
Cosa possono trovarvi gli aspiranti al divor-
B
zio?Consigli su come gestire la separazione,
le eventuali contese, gli affidi e gli assegni di
mantenimento: il tutto per cifre modiche e a
portata di crisi.
Non manca lo zampino del governo della
Regina ha influire sulla buona riuscita della
digitalizzazione del divorzio: importante nfatti
la decisione del Governo di tagliare sui costi
della Giustizia, e dunque anche su quelli
dell'assistenza legale fornita dallo Stato. Una
sforbiciata, eseguita da Cameron, da 350
milioni di sterline (su 2,2 miliardi) che in
precedenza erano destinati all'assistenza giudiziaria nei casi di divorzio. Ridotti drasticamente anche i fondi per i genitori che devono
affrontare cause per l'affido o la custodia dei
figli.
Un trend positivo per il divorzio a portata di
clic confermato anche dalla società di revisione contabile Grant Thorton, secondo la
quale sempre più coppie arrivano in Tribunale
senza un avvocato di fiducia o d'ufficio.
F.Ce.
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