Tribunale I grado CE, sez. VI, 13 settembre 2010 Nella causa T-97/08, KUKA Roboter GmbH, con sede in Augsburg (Germania), rappresentata dagli avv.ti A. Kohn e B. Hannemann, ricorrente, contro Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dal sig. R. Pethke, in qualità di agente, convenuto, avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) 14 dicembre 2007 (procedimento R 1572/2007-4), riguardante una domanda di registrazione come marchio comunitario di una tonalità di arancione, IL TRIBUNALE (Sesta Sezione), composto dai sigg. A.W.H. Meij (relatore), presidente, S. Papasavvas e L. Truchot, giudici, cancelliere: sig.ra C. Heeren, amministratore visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 febbraio 2008, visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 giugno 2008, in seguito all’udienza del 17 giugno 2010, ha pronunciato la seguente Sentenza Fatti 1. Il 29 agosto 2005 la, KUKA Roboter GmbH, ricorrente, ha presentato una domanda di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (in prosieguo: l’«Ufficio»), ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) del Consiglio 26 febbraio 2009, n. 207, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)]. 2. Il segno di cui si chiedeva la registrazione è costituito dalla seguente tonalità di arancione: 1 Giurisprudenza www.ius-web.it Tribunale I grado CE, sez. VI, 13 settembre 2010 3. I prodotti per i quali veniva chiesta la registrazione del marchio rientrano, in seguito alla limitazione apportata nel corso del procedimento dinanzi all’Ufficio, nella classe 7 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957 sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «robot a braccia articolate per manipolazione, trattamento e saldatura, ad eccezione dei robot per camere asettiche, dei robot medici e dei robot per verniciatura; pezzi di ricambio dei prodotti sopraelencati». 4. Con decisione 7 agosto 2007, l’esaminatore ha respinto la domanda di registrazione sulla base dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 207/2009), con la motivazione che il segno richiesto risultava privo di carattere distintivo. 5. Il 2 ottobre 2007 la ricorrente ha presentato ricorso avverso la decisione dell’esaminatore, ai sensi degli artt. 57-62 del regolamento n. 40/94 (divenuti artt. 58-64 del regolamento n. 207/2009). 6. Con decisione 14 dicembre 2007 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quarta commissione di ricorso dell’Ufficio ha respinto il ricorso con la motivazione che il marchio richiesto era privo di carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. In sostanza, la commissione di ricorso ha considerato che il pubblico destinatario non avrebbe percepito il colore oggetto della domanda di marchio comunitario come un’indicazione di per sé dell’origine commerciale dei prodotti di cui trattasi. Conclusioni delle parti 7. La ricorrente chiede che il Tribunale voglia: – annullare la decisione impugnata; – condannare l’Ufficio alle spese. 8. L’Ufficio chiede che il Tribunale voglia: – respingere il ricorso; – condannare la ricorrente alle spese. 2 Giurisprudenza www.ius-web.it Tribunale I grado CE, sez. VI, 13 settembre 2010 In diritto Sulla ricevibilità degli elementi di prova presentati dinanzi al Tribunale 9. A sostegno della sua tesi secondo cui il marchio richiesto è dotato di un carattere distintivo intrinseco, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, la ricorrente ha illustrato, con lettera in data 25 marzo 2009, i risultati di due inchieste risalenti al 27 giugno 2008, la prima consistente in un sondaggio telefonico effettuato in Germania, Cina, Stati Uniti e Italia, e la seconda in un questionario distribuito al pubblico nel corso del salone professionale Automatica 2008, svoltosi nel giugno 2008 a Monaco di Baviera (Germania). La ricorrente ha anche presentato un CD-ROM contenente gli opuscoli pubblicitari di svariati produttori, nonché foto dei padiglioni delle diverse imprese del settore, presenti nei saloni professionali. 10. Con lettera 12 maggio 2009 l’Ufficio ha contestato la ricevibilità di tali documenti, in quanto si trattava di elementi nuovi. 11. Oltre al fatto che tali documenti sono stati presentati tardivamente nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale, in violazione dell’art. 48, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale e senza giustificazione di tale ritardo, occorre sottolineare che, secondo costante giurisprudenza, il ricorso dinanzi al Tribunale ha ad oggetto il controllo di legittimità delle decisioni adottate dalle commissioni di ricorso dell’Ufficio ai sensi dell’art. 63 del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 65 del regolamento n. 207/2009), ragion per cui la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce dei documenti presentati dinanzi ad esso per la prima volta [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 24 novembre 2005, causa T-346/04, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR ET FELICIE), Racc. pag. II-4891, punto 19, e giurisprudenza ivi citata]. Pertanto, la legittimità di una decisione della commissione di ricorso potrebbe essere messa in discussione sollevando fatti nuovi dinanzi al Tribunale solo se fosse dimostrato che la commissione di ricorso avrebbe dovuto prendere in considerazione tali fatti d’ufficio durante il procedimento amministrativo, prima di adottare qualsiasi decisione nel caso di specie [sentenza del Tribunale 12 dicembre 2002, causa T-247/01, eCopy/UAMI (ECOPY), Racc. pag. II-5301, punto 46]. 12. Nel caso di specie, poiché i documenti prodotti dalla ricorrente non riguardano evidentemente fatti che avrebbero dovuto essere presi in considerazione d’ufficio dalla commissione di ricorso in forza dell’art. 74, n. 1, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 76, n. 1, del regolamento n. 207/2009), occorre escludere i documenti summenzionati senza che sia necessario esaminarne l’efficacia probatoria. Nel merito 13. La ricorrente deduce tre motivi a sostegno del suo ricorso vertenti, rispettivamente, sulla violazione dell’art. 28 CE, sulla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), nonché dell’art. 73 (divenuto art. 75 del regolamento n. 207/2009) e dell’art. 74 del regolamento n. 40/94 e, infine, su uno sviamento di potere. 3 Giurisprudenza www.ius-web.it Tribunale I grado CE, sez. VI, 13 settembre 2010 14. Anzitutto occorre esaminare il secondo motivo, quindi il terzo e, infine, il primo. Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), nonché degli artt. 73 e 74 del regolamento n. 40/94 Argomenti delle parti 15. La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto che il marchio richiesto fosse privo di carattere distintivo per i prodotti interessati. 16. Anzitutto, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha ignorato la portata della sentenza della Corte 6 maggio 2003, causa C-104/01, Libertel (Racc. pag. I-3793), da cui risulterebbe che la registrazione di un colore come marchio comunitario sarebbe esclusa solo se il colore fosse privo di carattere distintivo. Quindi, un qualsiasi carattere distintivo del marchio, anche limitato, dovrebbe permetterne la registrazione. 17. La ricorrente afferma che i criteri enunciati dalla Corte nella citata sentenza Libertel sono soddisfatti nel caso di specie. Infatti, il marchio richiesto designerebbe un solo tipo di prodotto specifico, cioè i robot a braccia articolate per manipolazione, trattamento e saldatura, ad eccezione dei robot per camere asettiche, dei robot medici e dei robot per verniciatura. D’altra parte, il mercato di cui trattasi sarebbe molto specifico, poiché, in primo luogo, i robot designati dal marchio richiesto costituirebbero beni di investimento di lunga durata con un valore unitario in euro di almeno cinque cifre, in secondo luogo i robot sarebbero impiegati per operazioni altamente specializzate e, in terzo luogo, l’acquisto di un robot della ricorrente comporterebbe importanti adattamenti da parte dell’acquirente. 18. Inoltre, la ricorrente contesta l’analisi della commissione di ricorso relativamente al pubblico pertinente, contenuta ai punti 19 e 20 della decisione impugnata, e afferma che, nel caso di specie, esso è composto di acquirenti e di commercianti di robot a braccia articolate per manipolazione, trattamento e saldatura, che avrebbero una buona conoscenza di tale mercato di prodotti in Europa. La ricorrente si oppone quindi alla valutazione della commissione di ricorso, secondo cui il pubblico interessato sarebbe costituito non solo dall’acquirente dei prodotti designati dal marchio richiesto, ma anche dal personale tecnico occupato nelle fabbriche in cui vengono utilizzati tali robot. 19. La ricorrente nega che esista un imperativo di disponibilità rispetto ai colori, a causa del numero ridotto di colori che possono essere distinti. Essa afferma che i marchi denominativi che comportano solo alcuni segni possono essere registrati, pur provenendo da uno stock non illimitato. D’altra parte, la ricorrente sottolinea che la monopolizzazione del marchio richiesto riguarda solo un gruppo limitato di prodotti. Inoltre, secondo la ricorrente, la registrazione del marchio richiesto non osta a che le imprese concorrenti commercializzino robot di colore arancione, poiché tale commercializzazione non costituisce un uso del marchio richiesto ai sensi dell’art. 9 del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 9 del regolamento n. 207/2009). A tale riguardo, essa insiste sulla circostanza che, in linea di principio, i clienti scelgono il colore del prodotto al momento dell’ordinativo, cosicché sarebbe escluso che un concorrente della 4 Giurisprudenza www.ius-web.it Tribunale I grado CE, sez. VI, 13 settembre 2010 ricorrente non possa vendere un robot di colore arancione. Il marchio richiesto osterebbe esclusivamente all’uso di tale colore a fini pubblicitari e promozionali, ad esempio in occasione di fiere o in opuscoli. 20. Inoltre, nessun altro interesse generale si opporrebbe alla registrazione del marchio richiesto. Quest’ultimo non sarebbe oggetto di uso descrittivo e non perseguirebbe un obiettivo tecnico. 21. La ricorrente contesta altresì il rilievo della commissione di ricorso secondo cui il marchio richiesto sarebbe molto simile al colore del minio, un agente di trattamento antiruggine. Da una parte, i colori di cui trattasi sarebbero nettamente distinti. Dall’altra parte, l’uso del minio sarebbe vietato dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 gennaio 2003, 2002/95/CE, sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (GU L 37, pag. 19). Infine, i robot della ricorrente sarebbero essenzialmente composti di ghisa di alluminio, un materiale che non richiederebbe trattamenti antiruggine. 22. La ricorrente afferma altresì che non può ritenersi che il numero delle domande di marchio aventi ad oggetto il colore rosso o arancione senza contorno indicherebbe che il marchio richiesto non sarebbe insolito e che, di conseguenza, sarebbe privo di carattere distintivo. A suo giudizio, il numero di domande di marchi riguardanti colori senza contorno sarebbe da solo privo di pertinenza, poiché la commissione di ricorso deve effettuare una valutazione del marchio richiesto caso per caso, tenendo conto dei prodotti e servizi designati dal marchio richiesto. 23. La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha ignorato la rilevanza della circostanza che il colore consente al pubblico destinatario di attribuire il prodotto ad un certo produttore e di farsi un’idea della sua qualità, laddove ha rilevato, al punto 20 della decisione impugnata, che il pubblico interessato avrebbe deciso l’acquisto dei prodotti di cui trattasi esclusivamente sulla base degli aspetti tecnici o economici e non in funzione del colore di questi ultimi. A tale proposito, la ricorrente rinvia agli opuscoli pubblicitari prodotti dinanzi alla commissione di ricorso, da cui risulterebbe che il colore dei robot a braccia articolate per manipolazione, trattamento e saldatura costituisce, negli ambienti interessati, un’indicazione dell’origine commerciale. 24. D’altra parte, la ricorrente sostiene che il documento intitolato «Icon Added Value», relativo ad un’inchiesta effettuata nel 2005, la cui rappresentatività per l’insieme dell’Unione europea sarebbe attestata dal documento intitolato «World Robotics 2006», presentato dinnanzi alla commissione di ricorso, proverebbe che il pubblico interessato individua un nesso tra un colore e l’origine dei prodotti. Secondo la ricorrente, il mercato dei robot funzionerebbe secondo leggi diverse da quelle dei mercati dei beni di consumo. Essa contesta peraltro la circostanza che l’inchiesta condotta presso il pubblico interessato si fondi su una questione mal formulata. Infatti, la menzione del produttore non sarebbe idonea a falsare i risultati. 5 Giurisprudenza www.ius-web.it Tribunale I grado CE, sez. VI, 13 settembre 2010 25. Infine, la ricorrente ritiene che la commissione di ricorso abbia violato gli artt. 73 e 74 del regolamento n. 40/94, in quanto non avrebbe effettuato un esame dei fatti e delle circostanze della fattispecie. Per tale motivo, la decisione impugnata sarebbe altresì insufficientemente motivata. 26. L’Ufficio contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente. Giudizio del Tribunale 27. Ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 «sono esclusi dalla registrazione i marchi privi di carattere distintivo». Inoltre, l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 7, n. 2, del regolamento n. 207/2009) stabilisce che il «[n.] 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte della Comunità». 28. Dire che un marchio ha carattere distintivo nel senso di cui all’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 equivale a dire che tale marchio permette di identificare il prodotto per il quale è chiesta la registrazione come proveniente da un’impresa determinata e, dunque, di distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese (sentenza della Corte 29 aprile 2004, cause riunite C-456/01 P e C-457/01 P, Henkel/UAMI, Racc. pag. I-5089, punto 34). 29. Questo carattere distintivo dev’essere valutato in funzione, da un lato, dei prodotti o dei servizi per i quali è chiesta la registrazione e, dall’altro, del modo in cui il pubblico pertinente lo percepisce (sentenza Henkel/UAMI, cit., punto 35). 30. Al fine di stabilire se un colore sia di per sé idoneo a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese ai sensi dell’art. 4 del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 4 del regolamento n. 207/2009), occorre valutare se i colori possano di per sé trasmettere informazioni precise, in particolare sull’origine di un prodotto o di un servizio (v., per analogia, sentenze della Corte Libertel, cit., punti 39, e 24 giugno 2004, causa C-49/02, Heidelberger Bauchemie, Racc. pag. I-6129, punto 37). 31. A tal riguardo si deve ricordare che i colori, se è vero che ben possono trasmettere talune associazioni di idee e suscitare sentimenti, per contro risultano poco idonei, per loro natura, a comunicare informazioni precise, tantopiù in quanto vengono abitualmente e ampiamente utilizzati nella pubblicità e nella commercializzazione dei prodotti per il loro potere attrattivo, al di fuori di qualsiasi messaggio preciso (sentenze Libertel, cit., punto 40, e Heidelberger Bauchemie, cit., punto 38). 32. La percezione del pubblico cui ci si rivolge non è necessariamente la stessa nel caso di un segno costituito da un colore rispetto al caso di un marchio denominativo o figurativo, consistente in un segno indipendente dall’aspetto dei prodotti da esso designati. Infatti, se il pubblico ha l’abitudine di percepire, immediatamente, marchi denominativi o figurativi come segni d’identificazione dell’origine commerciale del prodotto, ciò non si verifica necessariamente quando il segno si confonde con l’aspetto del prodotto per il quale è richiesta la registrazione del segno in quanto marchio (sentenze della Corte Libertel, cit., punto 65, e 21 ottobre 2004, causa C-447/02 P, KWS Saat/UAMI, Racc. pag. I-10107, punto 78). 6 Giurisprudenza www.ius-web.it Tribunale I grado CE, sez. VI, 13 settembre 2010 33. Nel caso di un colore, l’esistenza di un carattere distintivo anteriormente a qualsiasi uso potrebbe ipotizzarsi solamente in circostanze eccezionali, segnatamente quando il numero dei prodotti o servizi per i quali venga richiesta la registrazione del marchio risulti molto limitato ed il mercato pertinente molto specifico (sentenze Libertel, cit., punto 66, e KWS Saat/UAMI, cit., punto 79). 34. Occorre altresì rilevare che, se il diritto di marchio costituisce un elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsato stabilito dal Trattato, i diritti e le facoltà che il marchio conferisce al rispettivo titolare devono essere esaminati in funzione di tale obiettivo. Orbene, tenuto conto della circostanza che il marchio registrato conferisce al titolare, per prodotti o servizi determinati, un diritto esclusivo che gli consente di monopolizzare il segno registrato come marchio senza limiti di tempo, la possibilità di registrare un marchio può essere oggetto di restrizioni per motivi di interesse pubblico (v., per analogia, sentenza Libertel, cit., punti 48-50). 35. A tale proposito, dal numero ridotto di colori effettivamente disponibili deriva che un numero esiguo di registrazioni come marchi per determinati prodotti o servizi potrebbe esaurire tutta la gamma di colori disponibili. Un monopolio così esteso non sarebbe compatibile con un sistema di concorrenza non falsato, soprattutto in quanto rischierebbe di creare uno svantaggio concorrenziale illegittimo a favore di un solo operatore economico. Nell’ambito del diritto dei marchi deve essere quindi riconosciuto l’interesse generale a non restringere indebitamente la disponibilità dei colori per gli altri operatori che offrano prodotti o servizi del genere di quelli oggetto della domanda di registrazione (sentenza Libertel, cit., punti 54 e 55). 36. Il motivo in esame, vertente sulla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 deve essere esaminato alla luce di tali considerazioni. 37. Per quanto riguarda il pubblico pertinente, la commissione di ricorso ha tenuto conto, da un lato, al punto 19 della decisione impugnata, della percezione dei robot a braccia articolate per manipolazione, trattamento e saldatura da parte del personale tecnico in una sala macchine, cioè da parte di operatori specializzati che pilotano o fanno funzionare tali robot, e, dall’altro, al punto 20 della decisione impugnata, della percezione delle imprese che acquistano tali robot. 38. La ricorrente contesta che il pubblico pertinente sia costituito altresì dal personale tecnico occupato nelle fabbriche in cui vengono utilizzati tali robot. A tale proposito, è sufficiente rilevare, come giustamente osserva l’Ufficio, che, sebbene il personale tecnico non partecipi direttamente alla decisione di acquisto dei robot, non si potrebbe escludere che, in talune imprese, esso influisca su tale decisione, essendo direttamente coinvolto nella loro messa in servizio e nel loro impiego quotidiano. La commissione di ricorso non ha pertanto commesso un errore nel tener conto, da un lato, della percezione del personale tecnico e, dall’altro, di quella dei quadri dell’impresa responsabile della scelta e dell’acquisto dei prodotti designati dal marchio richiesto, al fine di valutare il carattere distintivo di quest’ultimo. 7 Giurisprudenza www.ius-web.it Tribunale I grado CE, sez. VI, 13 settembre 2010 39. Dalla decisione impugnata risulta comunque in modo evidente che la commissione di ricorso ha preso in considerazione un pubblico di professionisti particolarmente attento, al momento delle decisioni di acquisto, alle funzioni tecniche delle macchine di cui trattasi, inclusi, in particolare, le loro finalità, i loro modelli o gli aspetti legati alla sicurezza sul lavoro. 40. Per quanto riguarda la valutazione del carattere distintivo del segno richiesto, occorre rilevare, come ha segnalato la commissione di ricorso ai punti 11 e 12 della decisione impugnata, che il marchio richiesto consiste in un colore unico, cioè una tonalità di arancione, senza margini nello spazio, che può coprire in tutto o in parte sia i prodotti contrassegnati dal marchio richiesto sia la loro confezione oppure, eventualmente, essere utilizzato nella pubblicità di detti prodotti. 41. Ai punti 12 e 16-20 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha concluso per l’assenza di carattere distintivo del marchio richiesto in quanto esso non sarebbe percepito come indicazione dell’origine dei prodotti designati. Infatti, essa ha ritenuto, in sostanza, che il colore richiesto non fosse inusuale nel settore dei robot industriali e della costruzione di impianti e che non fosse, di per sé, così eccezionale da essere percepito come sorprendente nel settore di cui trattasi. 42. Orbene, la ricorrente non prova che la commissione di ricorso abbia commesso un errore su questo punto. Infatti, occorre sottolineare che non è abitudine dei consumatori fare congetture sull’origine dei prodotti basandosi sul loro colore ovvero sul colore della loro confezione, in assenza di qualsiasi elemento grafico o testuale, in quanto, negli usi commerciali attuali, un colore non viene di per sé utilizzato, in linea di principio, come strumento di identificazione. Un semplice colore difetta, di regola, della proprietà tipica di distinguere i prodotti di una determinata impresa (sentenza Libertel, cit., punto 65). 43. A tale proposito, occorre rilevare che la commissione di ricorso ha constatato, al punto 26 della decisione impugnata, senza essere in proposito contestata dalla ricorrente, che, nel settore di cui trattasi, i robot industriali sono normalmente commercializzati nei colori più diversi. Orbene, la ricorrente non ha fornito alcun elemento che provi che nel settore in esame i colori che rivestono i robot industriali sono generalmente percepiti come un’indicazione dell’origine commerciale di tali prodotti. 44. In ogni modo, occorre sottolineare che l’imperativo di disponibilità dei colori, che influisce sull’interpretazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, tende a costituire, salvo circostanze eccezionali, un ostacolo alla registrazione di un marchio costituito da un colore. 45. A tale riguardo, trattandosi della contestazione, da parte della ricorrente, dell’imperativo di disponibilità dei colori nel settore dei robot a braccia articolate, occorre sottolineare che la registrazione in quanto marchio comunitario di una tonalità di arancione non determinerebbe la monopolizzazione di quest’unica tonalità, ma sarebbe diretta a precludere alle imprese concorrenti di usare qualsiasi tonalità del colore arancione, andando persino oltre, poiché non 8 Giurisprudenza www.ius-web.it Tribunale I grado CE, sez. VI, 13 settembre 2010 si potrebbe escludere che possa essere provato un rischio di confusione tra la tonalità di arancione che è oggetto della domanda di marchio nel caso di specie e altre tonalità di arancione, o addirittura di colori vicini ad esso. Orbene, in considerazione del carattere particolarmente limitato del numero di colori disponibili, la monopolizzazione di un colore determinato e quindi potenzialmente di qualsiasi gamma di colori e di sfumature vicini potrebbe portare ad un rapido esaurimento dell’intero spettro di colori disponibili e ad attribuire a taluni operatori economici un vantaggio concorrenziale incompatibile con un sistema concorrenziale non falsato e con l’interesse generale a non limitare indebitamente l’interesse generale a non restringere indebitamente la disponibilità dei colori per gli altri operatori economici (v., in tal senso, sentenza Libertel, cit., punti 54 e 56). 46. Nel caso di specie, occorre rilevare che la ricorrente non ha presentato dinanzi alla commissione di ricorso elementi che consentano di supporre che nel caso in esame si siano verificate circostanze eccezionali e, in particolare, che il numero dei prodotti per cui il marchio è richiesto sia così limitato e che il mercato pertinente sia così specifico che, per un verso, un colore sarebbe idoneo di per sé ad indicare l’origine commerciale dei prodotti che riveste e che, per altro verso, la sua monopolizzazione non creerebbe un vantaggio concorrenziale illegittimo a favore del titolare del marchio, contrario all’interesse pubblico. 47. Infatti, la ricorrente invoca, a tale proposito, le specificità del settore in esame, attinenti in particolare al fatto che i robot designati dal marchio richiesto costituirebbero prodotti estremamente specifici, sarebbero beni di investimento di lunga durata, costosi, impiegati per operazioni altamente specializzate e che l’acquisto di un robot richiederebbe all’acquirente importanti lavori di adattamento. Tuttavia, tali elementi non modificherebbero la circostanza, rilevata dalla commissione di ricorso al punto 26 della decisione impugnata, secondo cui è normale, nel settore dei prodotti di cui trattasi, che essi siano disponibili nei colori più vari. La ricorrente stessa sostiene a tale proposito che i clienti sceglierebbero i colori al momento dell’ordinativo. Quindi si deve considerare che nel settore interessato il pubblico pertinente è normalmente confrontato ai prodotti di cui trattasi in colori diversi, senza che questi ultimi siano percepiti come un’indicazione dell’origine commerciale di detti prodotti. 48. Inoltre, la ricorrente non chiarisce in che modo gli elementi da essa invocati consentano di ritenere che, nel settore di cui trattasi, la registrazione del marchio richiesto non pregiudicherebbe l’interesse generale a non limitare indebitamente la disponibilità dei colori. 49. La ricorrente afferma tuttavia di avere l’intenzione di usare il marchio richiesto a soli fini pubblicitari e promozionali e che la registrazione di tale marchio non impedirebbe alle società concorrenti di scegliere liberamente i colori da applicare ai loro robot. A tale proposito, occorre rammentare che, in forza dell’art. 9 del regolamento n. 40/94, il diritto esclusivo conferito da un marchio comunitario attribuisce al titolare gli strumenti giuridici di vietare a qualsiasi terzo di usare in commercio un segno simile o identico. L’art. 9, n. 2, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 9, n. 2, del regolamento n. 207/2009) permette di vietare, in particolare, l’apposizione del segno sui prodotti o sul loro confezionamento, l’offerta, l’immissione in commercio o lo stoccaggio dei prodotti a tali scopi oppure l’offerta o la 9 Giurisprudenza www.ius-web.it Tribunale I grado CE, sez. VI, 13 settembre 2010 fornitura di servizi sotto la copertura del segno, l’importazione o l’esportazione dei prodotti sotto la copertura del segno e l’uso del segno nella corrispondenza commerciale o nella pubblicità. 50. La ricorrente non può dunque affermare che la circostanza che le società concorrenti rivestano i loro robot del colore arancione non costituirebbe un uso del marchio richiesto ai sensi dell’art. 9 del regolamento n. 40/94. 51. D’altronde, occorre rilevare che il concetto di commercializzazione dipende esclusivamente dalla scelta dell’impresa interessata e può quindi cambiare in seguito alla registrazione di un segno come marchio comunitario. Esso non può, quindi, avere alcuna incidenza sulla valutazione della possibilità di registrarlo [sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T-355/00, DaimlerChrysler/UAMI (TELE AID), Racc. pag. II-1939, punto 42]. Così, benché la ricorrente affermi che utilizzerà il marchio richiesto solo a fini pubblicitari, non si può escludere che si avvalga del suo diritto esclusivo in modo da impedire ai concorrenti di rivestire i robot stessi della tonalità di arancione considerata nel caso di specie. Di conseguenza, l’argomento della ricorrente vertente sulla circostanza che l’uso del marchio richiesto sarà limitato a fini pubblicitari non può influire utilmente sulla valutazione del requisito di disponibilità del segno richiesto. 52. Tuttavia, la ricorrente ha ragione quando afferma che il fatto, rilevato dalla commissione di ricorso al punto 20 della decisione impugnata, secondo cui il pubblico destinatario deciderebbe l’acquisto dei prodotti di cui trattasi esclusivamente sulla base delle loro caratteristiche tecniche o economiche, è irrilevante per quanto riguarda la questione se un colore possa di per sé indicare l’origine commerciale dei prodotti. Cionondimeno, tale osservazione non permette di concludere che la commissione di ricorso abbia commesso un errore dichiarando che l’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 ostava alla registrazione del marchio richiesto, alla luce degli altri elementi presi in considerazione nella decisione impugnata. 53. Analogamente, neppure gli argomenti della ricorrente a contestazione della pertinenza delle considerazioni della commissione di ricorso, secondo cui, da un lato, il colore oggetto del marchio richiesto sarebbe simile a quello del minio, un agente antiruggine e, dall’altro, numerose decisioni dell’Ufficio riguarderebbero domande di registrazione delle tonalità comprese dal rosso all’arancione, consentono di rimettere in discussione la fondatezza delle conclusioni della commissione di ricorso, tenuto conto dei rilievi di cui ai punti 42-48 supra. 54. La ricorrente sostiene anche che il documento intitolato «Icon Added Value» prova che, nel settore in esame, il pubblico pertinente stabilirà un nesso tra un colore e l’origine dei prodotti. 55. A tale proposito, occorre tuttavia constatare che il questionario dell’inchiesta cui tale documento si riferisce comprende domande formulate con modalità e con un ordine tali da poter influire notevolmente sui risultati del sondaggio. Infatti, detto questionario è diviso in tre parti. La prima parte, cioè le domande K1-K10, è interamente centrata sull’immagine che 10 Giurisprudenza www.ius-web.it Tribunale I grado CE, sez. VI, 13 settembre 2010 la persona intervistata ha della ricorrente e, come rileva la commissione di ricorso, la incita a formarsi un’immagine di quest’ultima. La seconda, cioè le domande HW1-HW3, riguarda taluni concorrenti della ricorrente e non fa menzione di quest’ultima. La terza parte, composta di cinque domande, comprende, dal canto suo, due quesiti diretti a confrontare la ricorrente con uno dei suoi concorrenti. Nel contesto della terza parte, in penultima posizione si trova una domanda che invita gli intervistati ad attribuire dei colori alla ricorrente e a tre dei suoi concorrenti. 56. Così, tanto il contenuto delle domande quanto l’ordine in cui sono state formulate informavano le persone interpellate del fatto che tale questionario si concentrava sulla ricorrente. Pertanto, la domanda rivolta agli intervistati diretta a stabilire quale colore associassero alla ricorrente non consente di accertare se, nel settore in esame, la tonalità di arancione oggetto della domanda di marchio possedesse un carattere distintivo intrinseco ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 e neppure se il pubblico pertinente percepisse i colori come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti. Come ha giustamente rilevato la commissione di ricorso al punto 25 della decisione impugnata, il metodo utilizzato potrebbe essere utile ai fini di provare il carattere distintivo acquisito attraverso l’uso del segno richiesto, ai sensi dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 7, n. 3, del regolamento n. 207/2009). Tuttavia, nel caso di specie la domanda di marchio non è stata proposta su tale fondamento. 57. Alla luce di quanto precede non si può ritenere che la commissione di ricorso abbia commesso un errore laddove ha concluso che, tenuto conto della formulazione e dell’ordine delle domande contenute nel questionario in esame, i risultati del documento intitolato «Icon Added Value» non permettevano né di attestare le abitudini in materia di marchio nel settore in esame, né di provare il carattere distintivo intrinseco del segno richiesto, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. 58. Di conseguenza, è irrilevante l’argomento della ricorrente secondo cui la rappresentatività nell’insieme dell’Unione del documento intitolato «Icon Added Value» sarebbe provata dal documento intitolato «World Robotics 2006». 59. In merito all’argomento della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso non ha motivato a sufficienza la decisione impugnata, occorre rilevare che, ai sensi dell’art. 73 del regolamento n. 40/94, l’obbligo di motivazione delle decisioni dell’Ufficio deve consentire di far conoscere, se del caso, le ragioni del rigetto della domanda di registrazione e di contestare efficacemente la decisione controversa [v. sentenza del Tribunale 9 ottobre 2002, causa T173/00, KWS Saat/UAMI (Tonalità di arancio), Racc. pag. II-3843, punto 55, e giurisprudenza ivi citata]. 60. Nel caso di specie, dalla decisione impugnata risulta che la commissione di ricorso ha elencato i vari elementi da prendere in considerazione per stabilire se un colore sia distintivo e cioè, segnatamente, la percezione del marchio richiesto da parte del pubblico pertinente, il carattere consueto di tale colore nonché le abitudini in materia di marchio nel settore in 11 Giurisprudenza www.ius-web.it Tribunale I grado CE, sez. VI, 13 settembre 2010 esame. La commissione di ricorso ha quindi analizzato non solo la percezione generale di una tonalità di arancione, ma anche quella del contesto specifico del settore dei robot industriali, sulla base degli elementi di prova prodotti dalla ricorrente. Pertanto, la ricorrente disponeva degli elementi necessari per comprendere la decisione impugnata e contestarne la legittimità dinanzi al giudice dell’Unione. Di conseguenza, non occorre ritenere che la commissione di ricorso abbia violato l’art. 73 del regolamento n. 40/94. 61. Infine, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso non avrebbe svolto un esame individuale e concreto dei fatti e delle circostanze del caso di specie, in conformità all’art. 74, n. 1, del regolamento n. 40/94, occorre dichiarare che la commissione di ricorso, come risulta dai punti 22-25 della decisione impugnata, ha esaminato i fatti pertinenti addotti dalla ricorrente stessa al fine di valutare il carattere distintivo del marchio richiesto rispetto ai prodotti indicati nella domanda di registrazione. Occorre pertanto concludere che la commissione di ricorso non ha violato l’art. 74, n. 1, del regolamento n. 40/94. 62. Alla luce di quanto precede, occorre respingere il secondo motivo. Sul terzo motivo vertente su uno sviamento di potere Argomenti delle parti 63. La ricorrente sostiene che la decisione impugnata è viziata da uno sviamento di potere, in quanto sarebbe fondata su considerazioni di cui ritiene di aver provato l’irrilevanza.. 64. L’Ufficio contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente. Giudizio del Tribunale 65. Occorre ricordare che la nozione di sviamento di potere ha una portata ben precisa nel diritto comunitario e riguarda la situazione in cui un’autorità amministrativa esercita i suoi poteri per uno scopo diverso da quello per cui le sono stati conferiti. A tale proposito, secondo costante giurisprudenza una decisione è viziata da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottata per raggiungere scopi diversi da quelli dichiarati [sentenze del Tribunale 24 aprile 1996, cause riunite T-551/93 e da T-231/94 a T-234/94, Industrias Pesqueras Campos e a./Commissione, Racc. pag. II-247, punto 168, e 12 gennaio 2000, causa T-19/99, DKV/UAMI (COMPANYLINE), Racc. pag. II-1, punto 33). 66. Ora, nel caso di specie, la ricorrente non ha dimostrato, né sostenuto, l’esistenza di siffatti indizi. Più in particolare, anche a supporre che la commissione di ricorso, come asserito dalla ricorrente, abbia fondato la decisione impugnata su considerazioni di cui la ricorrente ritiene di aver provato l’irrilevanza, tale circostanza non costituisce un indizio da cui risulti che la decisione è stata adottata al fine esclusivo, o almeno determinante, di raggiungere scopi diversi da quelli dichiarati. D’altra parte, occorre ricordare che la commissione di ricorso non ha commesso errori nella valutazione del carattere distintivo del marchio richiesto (v. punti 41-58 supra). Occorre quindi respingere il terzo motivo. 12 Giurisprudenza www.ius-web.it Tribunale I grado CE, sez. VI, 13 settembre 2010 Sul primo motivo vertente su una violazione dell’art. 28 CE Argomenti delle parti 67. La ricorrente sostiene che il diniego di registrazione del marchio richiesto costituisce una misura di effetto equivalente ad un restrizione quantitativa all’importazione ai sensi dell’art. 28 CE. Infatti, tale rifiuto permetterebbe ai prodotti contraffatti di entrare nel mercato, il che comporterebbe una diminuzione del fatturato della ricorrente. Secondo quest’ultima, nel caso di specie non è applicabile alcuna delle deroghe di cui all’art. 30 CE. 68. L’Ufficio contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente. Giudizio del Tribunale 69. Per quanto riguarda il primo motivo della ricorrente, vertente su una violazione dell’art. 28 CE, occorre rilevare che il diritto sul marchio comunitario, analogamente alla tutela conferita da quest’ultimo, possono essere ottenuti solo con la registrazione del segno richiesto. Orbene, la tutela contro la commercializzazione dei prodotti contraffatti, che la ricorrente persegue con il primo dei suoi motivi, può applicarsi solo se la ricorrente è titolare di un marchio comunitario (v., in tal senso e per analogia, sentenza della Corte 17 ottobre 1990, causa C-10/89, HAG GF, Racc. pag. I-3177, punto 14). Poiché la commissione di ricorso non ha commesso errori nel concludere per la mancanza di carattere distintivo del marchio richiesto ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 (v. punti 41-58, supra), occorre respingere anche questo motivo. Sulle spese 70. Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. 71. Poiché l’Ufficio ha chiesto la condanna della ricorrente, che è risultata soccombente, quest’ultima va condannata alle spese. P.Q.M., IL TRIBUNALE (Sesta Sezione) dichiara e statuisce: 1) Il ricorso è respinto. 2) La KUKA Roboter GmbH è condannata alle spese. Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 settembre 2010. 13 Giurisprudenza www.ius-web.it