o e! f n u i E ing S CE 22 l in ISSN 1830-6349 Ottobre 2011/8 — Edizione speciale IT CESE info EDITORIALE Cari lettori, la crisi dell’euro è solo l’ultimo di una serie di avvenimenti che stanno seriamente intaccando la fiducia dell’opinione pubblica nel progetto europeo. La moneta unica, simbolo della potenza e della maturità dell’Unione, non sembra in grado di resistere alle manovre speculative di mercati sempre più orientati verso profitti a breve termine e indifferenti alle prospettive di medio e lungo periodo. I cittadini si sentono sempre meno partecipi della costruzione europea, anche perché nel dibattito politico in corso nei loro paesi spesso è proprio l’Europa a venire messa sotto accusa e indicata come causa della più grave crisi sociale ed economica che il nostro continente abbia mai conosciuto. Una risposta parziale a questo crollo della fiducia può venire da una migliore comunicazione sull’Europa, che metta l’accento su tutto ciò di buono che essa offre a ciascuno di noi nella vita di ogni giorno e sui tanti problemi che ha già risolto o contribuito a superare. Ma non basta: dobbiamo anche ristabilire un rapporto sincero e diretto con i cittadini europei, essere più in sintonia con le loro aspirazioni e più ricettivi alle loro richieste. Ritengo che sia essenziale, in questo processo, rivolgere tutta la nostra attenzione ai giovani: è attraverso di loro, infatti, che dobbiamo tradurre concretamente in realtà il concetto di democrazia partecipativa che il trattato di Lisbona ha posto a fondamento della nuova Europa. È partendo da queste premesse che ho lanciato, insieme al vicepresidente del Parlamento europeo Gianni Pittella, un’iniziativa che mi ha tenuto impegnata negli ultimi mesi e di cui sono particolarmente orgogliosa: «5 idee per un’Europa più giovane». Il progetto nasce dall’interesse per le giovani generazioni che mi unisce a Gianni Pittella e dalla nostra comune convinzione che l’Europa debba essere più vicina ai giovani, i quali possono imprimere un nuovo slancio alla costruzione europea. L’iniziativa prevede una serie di visite presso le università dell’UE per incontrare studenti iscritti ai corsi di scienze politiche e di comunicazione: le riflessioni, le aspettative, le preoccupazioni e le speranze emerse nelle discussioni con questi giovani europei costituiranno la materia prima di «5 idee per un’Europa più giovane», che verrà poi condensata e raffinata per sottoporla al vaglio del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale europeo. La prima tappa del nostro viaggio ha toccato Leeds il 10 ottobre scorso. L’incontro è stato una stimolante applicazione dell’approccio «dall’alto verso il basso», un incontro durante il quale abbiamo avuto modo di ascoltare con grande interesse dalla viva voce dei giovani studenti dell’università britannica quale sia la loro visione dell’Europa. Abbiamo incontrato ragazze e ragazzi che credono nei valori europei e sono pronti a partecipare alla costruzione dell’Europa, se gliene viene offerta davvero l’occasione. I giovani non sono il futuro dell’Europa: sono il suo presente. Per questo la nostra società deve lasciare a loro e alle loro idee tutto lo spazio che meritano. Comitato economico e sociale europeo un ponte tra l’ Europa e la società civile organizzata L’Europa deve fare quadrato per sostenere la Carta sociale europea del Consiglio d’Europa pietra di paragone e l’indicatore in base a cui misurare l’importanza che diamo ai diritti sociali». Il Consiglio d’Europa, il Consiglio economico, sociale e ambientale francese (ESEC) e il Comitato economico e sociale europeo (CESE) hanno tenuto insieme un convegno, il 23 settembre a Parigi presso la sede dell’ESEC, sul tema La Carta sociale europea a 50 anni dalla sua adozione: quale futuro?, per commemorare il 50° anniversario del documento, sottoscritto nel 1961. Al convegno hanno partecipato rappresentanti degli ambienti giuridici e del mondo accademico, dei sindacati, delle associazioni padronali e delle organizzazioni della società civile. I partecipanti hanno analizzato come la Carta sociale europea è stata applicata nei 50 anni della sua esistenza, e come potrebbe essere utilizzata meglio per contribuire a una soluzione della crisi economica in corso. Nell’ultima sessione, che ha visto una massiccia presenza dei membri del CESE, si è riflettuto in particolare su come la Carta sociale europea, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori possano integrarsi a vicenda per costruire un’Europa più sociale. Il presidente del CESE Staffan Nilsson ha sottolineato in apertura dei lavori che: «La crisi finanziaria attuale e i conseguenti problemi sociali in Europa richiedono misure coraggiose, non soltanto in termini di governance economica europea, ma anche di maggiore solidarietà sociale europea. È fondamentale che la dimensione sociale dell’Europa rimanga un fattore visibile e credibile di garanzia e stabilità della democrazia sociale. La società civile deve fare la sua parte e, ora più che mai, le due Carte sociali, quella del Consiglio d’Europa e quella della Comunità europea, rimangono la Pur sottolineando l’alto grado di completezza della Carta sociale europea rivista nel 1996, i partecipanti hanno ammesso che la sorveglianza sulla sua applicazione dovrebbe essere migliorata in questi tempi di crisi economica, per evitare l’insorgere di una vera e propria crisi sociale e per proteggere i più deboli. Essi inoltre hanno raccomandato di ricorrere ad un nuovo «programma di azione sociale» per dare attuazione alle Carte, e di combinare meglio dialogo sociale, dialogo civile e iniziativa dei cittadini europei al momento di avanzare proposte di atti legislativi europei nei settori in cui le Carte si applicano. Il convegno ha segnato l’inizio di una riflessione comune sui metodi e gli strumenti atti a costruire una cultura dei diritti sociali in Europa. Chiudendo i lavori, il presidente dell’ESEC francese Jean-Paul Delevoye ha proposto di tenere ogni anno una riunione congiunta delle tre istituzioni per valutare e portare avanti la campagna paneuropea di promozione dei diritti sociali ● fondamentali. (mjb) Il volontariato fa bene all’economia Anna Maria Darmanin Vicepresidente DATE DA RICORDARE IN QUESTO NUMERO 7 e 8 novembre 2011 2 3 4 5 6 7 Il volontariato fa bene all’economia 8 Il CESE organizza un seminario sulla libertà dei media Porto, Portogallo / Tavola rotonda UE-Brasile 16-18 novembre 2011 Istanbul, Turchia / Vertice Euromed dei Comitati economici e sociali e istituzioni analoghe 24 e 25 novembre 2011 Cracovia, Polonia / Seminario sui media 1 e 2 dicembre 2011 Monaco, Germania / Tavola rotonda UE-Cina Colpita dalla crisi, l’Europa attira meno immigrati Buona governance e stabilità Partenariato orientale e diritti dei lavoratori Finanziamenti insufficienti Il gioco d’azzardo online nell’ambito del mercato interno: perché è necessario un intervento europeo Il 30 settembre nel palazzo presidenziale di Varsavia il Comitato economico e sociale europeo ha tenuto un convegno ad alto livello inteso a propugnare il valore economico del volontariato e promuoverlo quale strumento per creare un’Europa della solidarietà. Ospitato dal presidente polacco Bronislaw Komorowsky e organizzato dal gruppo Attività diverse del CESE, di cui è presidente Luca Jahier, il convegno ha affrontato l’impegnativa questione dell’eliminazione degli ostacoli al volontariato in Europa. I partecipanti hanno analizzato come meglio coinvolgere nella promozione del volontariato le pubbliche autorità e come rendere più favorevoli al volontariato le norme esistenti. Esso è stato presentato come un’attività per ogni età e ceto sociale: se infatti il volontariato giovanile contribuisce a formare giovani con una forte coscienza sociale, come ha suggerito uno degli oratori, al tempo stesso acquista sempre maggiore popolarità il concetto dell’«invecchiamento attivo attraverso il volontariato». Nel corso dei lavori, apertisi con gli interventi del presidente del CESE Staffan Nilsson, di László Andor, commissario per l’Occupazione, gli affari sociali e l’integrazione, e di Jolanta Fedak, ministro polacco del Lavoro e della politica sociale, sono stati valutati i risultati conseguiti finora dall’Anno europeo del volontariato. A conclusione del convegno si è tenuto un dibattito con le organizzazioni della società civile dei paesi del partenariato orientale sulle prospettive di sviluppo del volontariato nei loro ● paesi. (mb) Mentre CESE Info stava andando in stampa è giunta la triste notizia della scomparsa prematura di Mario Sepi, già Presidente del CESE e presidente del II gruppo. Alla sua figura sarà dedicato un articolo nel numero di dicembre di CESE Info. www.eesc.europa.eu 1 La società civile organizzata chiede a UE e Turchia di andare avanti con il processo di adesione Simposio CESE-Euromed Da sinistra a destra: Ahmed Galai [vicepresidente della Lega tunisina per i diritti umani (LTDH)], Dimitris Dimitriadis e Sandy Boyle (membri del CESE), Guy Harrison (segretariato del CESE) Da sinistra a destra: Staffan Nilsson, Arno Metzler e Mustafa Kumlu [copresidenti del comitato consultivo misto (CCM) UETurchia], Egemen Bağış (ministro turco degli Affari europei e capo negoziatore della Turchia nei negoziati per l’adesione all’UE) e Rifat Hisarcıklıoğlu [presidente dell’Unione delle camere di commercio e delle borse (TOBB)] Una delegazione del CESE e delegazioni di organizzazioni della società civile turca, riunitesi ad Istanbul il 15 e 16 settembre, hanno adottato una dichiarazione comune in merito all’imminente riforma della Costituzione turca. Il messaggio fondamentale della dichiarazione è che tale riforma dovrebbe garantire la libertà di espressione e rafforzare la libertà dei mezzi d’informazione e l’indipendenza delle organizzazioni di categoria. Alla riunione hanno partecipato principalmente membri del comitato consultivo misto (CCM) UETurchia, un organo che rappresenta sia la società civile turca che quella dell’UE, articolate nei rispettivi vari gruppi d’interesse economici e sociali, e in particolare Staffan Nilsson, presidente del Comitato economico e sociale europeo, ed Egemen Bağış, ministro turco degli Affari europei e capo negoziatore della Turchia nei negoziati per l’adesione all’UE. Riallacciandosi a uno dei fili conduttori della riunione, il presidente Nilsson ha dichiarato di essere fiducioso che, nonostante la crisi, la capacità di leadership e la visione politica che orientano l’azione dell’UE da 60 anni a questa parte finiranno per prevalere, ma anche che l’UE continuerà a insistere affinché in tale visione rientri l’adesione della Turchia. Al riguardo il CCM ha auspicato che l’«agenda europea» costituisca una priorità assoluta anche per il nuovo governo turco, così come l’adesione turca per l’Unione europea, ed espresso soddisfazione per la trasformazione del segretariato generale turco per gli Affari europei in un vero e proprio ministero. strare il più alto tasso di crescita tra i paesi dell’OCSE, e l’impatto positivo che essa avrebbe sull’economia dell’UE se la Turchia fosse più vicina all’adesione, considerate in particolare le grandi opportunità di esportazione offerte dalla forte espansione dei consumi privati turchi. Un altro aspetto saliente evidenziato dalla dichiarazione comune è la buona tenuta dell’economia turca, che nella prima metà di quest’anno ha fatto regi- La prossima riunione del CCM UETurchia si terrà nell’Unione europea nel primo semestre del 2012 e verterà principalmente sui diritti sindacali. (asp)● Il CCM ha infine affrontato la questione del settore energetico, dapprima prendendo atto degli accordi di sostegno al progetto Nabucco, salutati come un valido esempio di cooperazione in materia, e poi sottolineando gli sforzi compiuti da ambo le parti nella transizione verso un’economia a basso consumo di carbonio. Il 9 settembre 2011 il Comitato economico e sociale europeo ha ospitato a Bruxelles oltre 25 ONG provenienti dai paesi della sponda sud del Mediterraneo e dall’Unione europea, riunite in un simposio al quale ha preso parte un’ampia rappresentanza di organizzazioni tunisine, egiziane, marocchine, palestinesi, libanesi e algerine. L’incontro è stato dedicato a un’analisi approfondita dei cambiamenti che le rivolte nei paesi arabi hanno portato con sé, analisi da cui è emerso subito con chiarezza che l’obiettivo principale degli attori sul terreno è costruire in quei paesi società nuove, democratiche e partecipative. I partecipanti al dibattito si sono trovati d’accordo su una constatazione fondamentale: la transizione democratica nella regione non può essere data per scontata, neppure nei paesi in cui tale processo è già in corso, come dimostrano, a giudizio degli intervenuti al simposio, diversi casi di violazioni dei diritti individuali segnalati. Secondo un’opinione largamente condivisa emersa nelle discussioni, la società civile deve avere voce in capitolo nel processo di cambiamento e l’UE deve proseguire il lavoro di monitoraggio della situazione al fine di consolidare i primi risultati acquisiti sul terreno della democrazia. Allo scambio di idee sulla cooperazione tra le società civili non hanno contribuito soltanto esponenti di ONG e membri del CESE, ma anche rappresentanti dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE). I partecipanti al simposio hanno quindi affrontato i temi trattati in una prospettiva interdisciplinare, adottando un approccio concreto e realistico, e la conclusione principale alla quale sono giunti è che non possiamo permetterci di riposare sugli allori proprio adesso. (asp) ● LA SESSIONE PLENARIA IN SINTESI Il CESE ai blocchi di partenza per il vertice RIO+20 Proprio lo stesso giorno in cui il commissario europeo per l’Ambiente Janez Potočnik ha discusso con i membri del CESE i preparativi per il vertice della Terra Rio+20, il Comitato ha adottato una Janez Potočnik, serie di pareri di grande attuacommissario europeo per l’Ambiente lità, dal momento che le proposte che vi sono presentate contribuiranno a definire la posizione istituzionale dell’UE durante il vertice. Uno dei pareri, elaborato da Hans-Joachim Wilms (gruppo Lavoratori, Germania), chiede che la conferenza Rio+20 porti alla creazione di una struttura di governance più efficiente per innescare il processo di transizione verso una nuova economia. In un altro documento, di cui è relatore Lutz Ribbe (gruppo Attività diverse, Germania), il CESE affronta la questione dell’efficienza energetica e invita a ripensare l’attuale modello di benessere della nostra società, basato sull’impiego di energie a basso costo e su un utilizzo e un ricambio non efficiente di materiali. Riflessioni dello stesso tipo figurano anche nel parere a cura del relatore Richard Adams (gruppo Attività diverse, Regno Unito) e del correlatore Josef Zbořil (gruppo Datori di lavoro, Repubblica ceca) sulla tabella di marcia verso un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050: a loro avviso, non si dovrebbe fare eccessivo affidamento sulla tecnologia per mitigare i cambiamenti climatici, poiché modificare il nostro stile di vita è altrettanto importante. Il testo invoca inoltre una riduzione del 25 % delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020. (mb) ● Diritti fondamentali per tutti Nel corso della sessione plenaria di settembre, il CESE ha dato il via libera ai pareri sulla Strategia europea sulla disabilità 2010-2020 (SOC/403) e sulla strategia per la Carta dei diritti fondamentali (SOC/401). Entrambi i testi hanno per oggetto la lotta alla discriminazione e all’esclusione sociale in Europa e la difesa dei diritti fondamentali dei cittadini dell’UE. Il CESE intende rafforzare la cultura dei diritti fondamentali a livello UE e garantire che la Carta venga rispettata anche a livello nazionale, in particolare per quanto riguarda i diritti sociali. L’obbligo giuridicamente vincolante di promuovere i diritti fondamentali deve tradursi in azioni concrete, e i cittadini dovrebbero essere consapevoli dei loro nuovi diritti acquisiti in virtù della legislazione europea. Per quanto riguarda il modello economico, il concetto di base sarà quello della sostenibilità, da realizzarsi anzitutto sviluppando le aree rurali, e poi promuovendo abitudini di consumo diverse e le energie rinnovabili. Questi due filoni, che faranno da fondamento per un nuovo modello di crescita, sono stati analizzati rispettivamente in una relazione informativa e in un parere esplorativo adottati alla ● 474a sessione plenaria. (asp) Inoltre, il CESE è determinato a estendere la protezione giuridica dei diritti delle persone disabili ad altre sfere oltre a quella dell’occupazione. Nell’elaborazione e nell’applicazione della legislazione e delle politiche sociali occorre tenere sempre conto delle questioni ● legate alla disabilità. (ail) Il Cielo unico europeo non decollerà senza un impegno e una leadership più convinti Democrazia e crescita sostenibile nella regione Euromed Gli ultimi avvenimenti in Africa settentrionale e nel Medio Oriente hanno indubbiamente segnato una svolta storica, facendo emergere una domanda di cambiamento sociale sentita da tutti gli strati della popolazione e da numerose organizzazioni della società civile. Lungi dal rimanere in Dimitris Dimitriadis, disparte, il CESE ha adottato due pareri e membro del CESE una relazione in cui espone le sue riflessioni sulle democrazie emergenti in quei paesi e su un nuovo modello economico per la regione. Il parere Promuovere la rappresentatività delle società civili nella regione euromediterranea propone di elaborare un nuovo quadro europeo per la cooperazione con i rappresentanti indipendenti della società civile dei vari paesi. Basandosi sulla sua esperienza nel settore del dialogo sociale, il relatore del parere ed ex presidente del CESE, Dimitris Dimitriadis, ha auspicato un ruolo attivo per il Comitato. Il prossimo passo in questa direzione sarà la presentazione del parere in occasione del vertice euromediterraneo dei consigli economici e sociali (Istanbul, novembre 2011). Jacek Krawczyk, vicepresidente del CESE Il pacchetto Cielo unico europeo (SES) II è stato adottato nel 2009 per accrescere la sicurezza, l’efficienza e l’ecocompatibilità dei voli, oltre che per ridurre i ritardi. Da allora sono trascorsi due anni e il pacchetto non è stato ancora attuato; secondo il CESE, ciò è dovuto non solo allo scarso impegno degli Stati membri, ma anche alla mancanza di leadership da parte della Commissione europea. «Appigliarsi alla questione delle frontiere nazionali nello spazio aereo significa fraintendere il concetto di sovranità nazionale», ha affermato Jacek Krawczyk, vicepresidente del CESE (gruppo Datori di lavoro) e relatore del parere sul SES II, riferendosi alla frammentazione dello spazio aereo europeo, che costa all’UE 5 miliardi di euro l’anno e impedisce di ridurre del 12 % le emissioni di CO2. Per eliminare questa frammentazione, il pacchetto ha introdotto i blocchi funzionali di spazio aereo (FAB), organizzati sulla base di obiettivi di performance, che non tengono conto dei confini nazionali. Tuttavia, i progressi compiuti finora su questi blocchi sono stati discontinui e troppo lenti a causa della scarsa cooperazione tra i diversi prestatori nazionali di servizi di navigazione aerea. Su invito della presidenza polacca dell’UE, Krawczyk presenterà il parere del CESE a Varsavia il 28 novembre prossimo. All’evento parteciperanno il ministro polacco alle Infrastrutture Cezary Grabarczyk e il commissario europeo ai Trasporti Siim Kallas. (mb) ● Per ulteriori informazioni : http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.opinions p 2 CESE info — Ottobre 2011/8 — Edizione speciale e le l a i nta c e ie p s or e n to o i z aria i Ed en rt a P ISSN 1830-6349 Ottobre 2011/8 — Edizione speciale IT CESE info EDITORIALE Più Europa, un’Europa migliore Comitato economico e sociale europeo un ponte tra l’ Europa e la società civile organizzata Colpita dalla crisi, l’Europa attira meno immigrati più trafficato verso l’UE, nonché uno di quelli più utilizzati anche da chi entra legalmente. I tempi sono difficili. L’Europa si dibatte in una crisi che mina i suoi valori fondamentali di solidarietà. Le voci dei cittadini che faticano ad arrivare alla fine del mese rimangono spesso inascoltate. Abbiamo visto i giovani e gli anziani scendere in strada a protestare, ad Atene e in altre città. Abbiamo visto alcuni Stati membri prendere decisioni difficili, tagliare la spesa e i programmi sociali, persino reintrodurre i controlli alle frontiere. E nel frattempo chiediamo ai nostri partner in Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Repubblica di Moldova e Ucraina di adottare gli standard di governance dell’UE e di dimostrare la loro adesione a valori quali i diritti umani, la solidarietà e la ricerca della felicità. All’Europa occorrono più integrazione, più solidarietà e politiche in grado di garantire un futuro a tutti noi. La presidenza polacca dell’UE, che ha messo il partenariato orientale al centro del suo programma, lavora per promuovere l’integrazione europea come motore della crescita. Per questo dobbiamo dimostrare ai nostri partner orientali che l’integrazione e la cooperazione regionale comportano vantaggi per tutti. Dobbiamo dimostrare di saper parlare con una sola voce e agire di concerto per una causa comune, perché la dignità è un diritto umano e non soltanto qualcosa cui rendere omaggio a parole. Il partenariato orientale sta ancora muovendo i primi passi, e in due anni di esistenza ha prodotto risultati che si possono definire modesti. È un’iniziativa dotata di un grandissimo potenziale per il rafforzamento della democrazia e la diffusione della prosperità tra i cittadini dei paesi che vi partecipano. È giunto il momento di realizzare questo potenziale. Non sottolineeremo mai abbastanza il ruolo cruciale della società civile e delle parti sociali nella promozione del dialogo con i governi nazionali, dialogo che è in effetti una condizione imprescindibile di una società democratica. Nel suo primo parere sul partenariato orientale, elaborato nel 2009, il CESE ha sottolineato la necessità di introdurre programmi per lo sviluppo delle capacità della società civile. I recenti eventi in Africa settentrionale hanno dimostrato quanto questa proposta sia pertinente. Perché la società civile dei paesi vicini possa contribuire ad avvicinare tali paesi ai valori europei, sono finalmente state lanciate iniziative quali lo Strumento per la società civile e il Fondo europeo per la democrazia. Noi del CESE abbiamo l’esperienza e i mezzi per favorire lo sviluppo della società civile nei paesi del partenariato orientale. Per poter chiedere conto ai governi delle loro azioni, sappiamo che gli accordi di associazione e di libero scambio devono includere meccanismi per il monitoraggio da parte della società civile. Siamo anche pronti a impegnarci in un Forum della società civile del partenariato orientale che sia attivo e rappresentativo e che dia voce anche alle parti sociali. E vogliamo che la società civile organizzata in tutti i paesi del partenariato orientale diventi un ponte dalle fondamenta saldamente ancorate nella solidarietà e possa a sua volta essere fonte di ispirazione per l’Unione europea. © Konstantin Grozdev Missione dell’UE di assistenza alla frontiera tra Moldova e Ucraina (EUBAM) Alcuni cittadini dei paesi del partenariato orientale riescono a immigrare illegalmente nell’Unione europea: attratti dal miraggio di un lavoro retribuito, molti affrontano i rischi di un simile viaggio. La crisi economica però ha ridotto le possibilità di lavoro, costringendo i potenziali emigranti a cercare altre fonti di reddito nei paesi d’origine. «Crediamo che il motivo principale per cui gli ingressi illegali sono notevolmente calati a tutti i confini esterni dell’UE, dai paesi mediterranei a quelli est-europei, risieda nella crisi economica, che ha inciso pesantemente sul numero di posti di lavoro tradizionalmente occupati dai lavoratori immigrati», ha dichiarato a CESE info Izabella Cooper, portavoce di Frontex. Nel 2010, Frontex, l’agenzia dell’UE incaricata di coordinare la collaborazione operativa fra Stati membri nel campo della sicurezza dei confini esterni, ha registrato 1 042 passaggi illegali delle frontiere UE in provenienza dai paesi del partenariato orientale, con un netto calo rispetto agli anni precedenti. Ha anche aggiunto che molti immigrati sono lavoratori stagionali nell’agricoltura, nelle costruzioni e nei servizi domestici: tutti settori colpiti dalla crisi economica, col conseguente calo della domanda di manodopera a basso costo. Nel 2009 l’agenzia aveva registrato 1 399 passaggi, contro i 2 653 del 2008. La metà dei casi scoperti lo scorso anno riguardava cittadini delle ex repubbliche sovietiche, il resto era composto principalmente da rifugiati afghani, somali e palestinesi. La maggior parte dei casi di immigrazione illegale individuati nel 2010 si è verificata lungo la frontiera tra la Slovacchia e l’Ucraina, col 40 % dei passaggi clandestini delle frontiere esterne europee. Il confine terrestre fra Polonia e Ucraina è invece il passaggio «Il numero relativamente elevato di respingimenti è dovuto semplicemente all’alto numero di persone che attraversa quel confine, un fatto che va tenuto presente», ha ricordato la Cooper, aggiungendo che il motivo più frequente per negare l’ingresso lungo tutta la frontiera orientale dell’UE è la mancanza di un visto valido, seguita dalla mancanza di motivazioni reali per il soggiorno e dall’insufficienza dei mezzi di sostentamento indicati. I casi di passaporti e visti falsi sono invece molto rari. Frontex dispone di una dotazione operativa di 2,5 milioni di euro per tutte le frontiere terrestri, dalla Finlandia alla Romania. Questa cifra rappresenta il 4 % circa dell’intero bilancio dell’agenzia e, secondo la portavoce, i costi operativi per le frontiere terrestri sono considerevolmente più bassi di quelli connessi alle operazioni riguardanti i confini aerei e marittimi. Il CESE si sta adoperando per agevolare il rilascio dei visti per studenti, uomini d’affari, viaggiatori abituali e familiari di immigrati già residenti, ma la possibilità di arrivare a una liberalizzazione dei visti per i paesi del partenariato orientale resta lontana: di tutti i paesi interessati, solo Ucraina, Moldova e Georgia hanno sottoscritto con l’UE accordi e piani d’azione per la sempli● ficazione del rilascio dei visti. Sandy Boyle Presidente della sezione Relazioni esterne del CESE In attesa del raccolto La presidenza polacca dell’UE intende rafforzare il partenariato orientale (PO) dando la priorità ad accordi di associazione (AA) come gli accordi di libero scambio globali e approfonditi (DCFTA). Intende inoltre porre l’accento sulla cooperazione tra tutti i paesi interessati. L’obiettivo degli accordi di libero scambio globali e approfonditi è di creare una zona di libero scambio nella regione, il che, secondo Seppo Kallio, membro del CESE e relatore del parere sul tema Partenariato orientale e dimensione orientale delle politiche UE, è essenziale per il progresso del PO. «Per far progredire il PO vi è bisogno di concludere un accordo con l’Ucraina», ha affermato Kallio, aggiungendo che l’agricoltura ucraina costituisce un incentivo importante per la creazione da parte della Polonia di una zona di libero scambio nella regione. Nel 2008 l’Ucraina era l’ottavo maggior produttore mondiale di cereali e il settimo esportatore di tale prodotto (con una produzione annua di cereali compresa tra 40 e 50 milioni di tonnellate), mentre gli altri cinque paesi del partenariato producevano CESE info — Ottobre 2011/8 — Edizione speciale complessivamente circa 15 milioni di tonnellate all’anno. Il principale partner commerciale di Armenia, Azerbaigian, Georgia, Moldova e Ucraina è l’UE. «Una dimensione importante del partenariato è costituita dalla “pista bilaterale” il cui obiettivo è quello di realizzare l’associazione politica e di concludere i negoziati sulla DCFTA con l’Ucraina», ha dichiarato in luglio Radoslaw Sikorski, ministro polacco per gli Affari europei. A differenza degli altri paesi del PO, i negoziati sulla DCFTA con l’Ucraina sono quasi completi e, secondo alcuni, l’accordo finale dovrebbe essere siglato entro la fine dell’anno. Anche la Georgia e la Moldova potrebbero avviare i negoziati a breve, mentre per la Bielorussia e l’Azerbaigian l’avvio dei negoziati è subordinato all’adesione di questi due paesi all’OMC, adesione che costituisce un prerequisito essenziale ai fini della conclusione degli accordi di libero scambio globali e approfonditi. Tuttavia, secondo Kallio, la prospettiva di concludere tali accordi con l’Ucraina appare improbabile. «Il calendario stabilito a questo fine appare estremamente ambizioso e poco realistico», ha affermato il membro del CESE, aggiungendo che in Ucraina continuano a sussistere problemi amministrativi interni. Kallio ha tuttavia evidenziato l’enorme potenziale del settore alimentare in Ucraina, sottolineando l’importanza dell’agricoltura per lo sviluppo complessivo del paese. «L’Ucraina è desiderosa di intensificare le relazioni commerciali con l’UE ma stenta a rispettare le rigorose norme europee in materia di qualità. Il paese deve quindi investire maggiormente nelle misure di controllo della qualità», ha dichiarato Kallio, aggiungendo che un accordo di libero scambio globale e approfondito andrebbe a vantaggio dell’agricoltura tanto polacca che ucraina. La Polonia presenta un settore agricolo importante che conta 1,3 milioni di agricoltori, molti dei quali coltivano una superficie inferiore ai 20 ettari. Le competenze disponibili in Polonia potrebbero contribuire ad accrescere la produzione di cereali in Ucraina e ad allargare il mercato unico dell’UE. ● 3 Buona governance e stabilità Disordine pubblico Statua di Lenin e bandiera della Bielorussia a Minsk Nella prima metà del 2011 abbiamo assistito alla stupefacente caduta dei regimi autocratici di buona parte del mondo arabo. Il sollevamento di interi popoli contro l’élite di governo, e le loro rivendicazioni di trasparenza, democrazia e Stato di diritto, hanno avuto un forte impatto sui paesi del partenariato orientale. di 30 milioni di euro, a favore dell’Ucraina, destinato anch’esso a promuovere la buona governance e lo Stato di diritto. Le risorse per questi due pacchetti sono state attinte dal bilancio UE del 2011 per lo strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI), che rappresenta la principale fonte di sostegno dell’UE al partenariato orientale. «La “primavera araba” ha rafforzato le aspettative di riforma della governance in tutti i paesi limitrofi all’Europa. L’impatto esercitato da questi cambiamenti sugli Stati del partenariato orientale, compresa l’Armenia, non può essere ignorato», ha affermato il 13 luglio 2011 il commissario per l’Allargamento e la politica di vicinato Štefan Füle. Se i paesi partner sono incoraggiati a sviluppare e migliorare le loro istituzioni per rafforzare in questo modo la buona governance, il rispetto dei diritti umani fondamentali e la libertà di associazione sono anch’essi essenziali per raggiungere questo obiettivo. Mentre ogni paese partner ha realizzato, seppure in misura diversa, riforme politiche, sociali ed economiche, la maggior parte di essi continua a non tenere conto del ruolo importante che svolgono la società civile e le parti sociali, ad esempio i sindacati. La dichiarazione del commissario è stata seguita dall’adozione di un pacchetto di 19,1 milioni di euro per l’Armenia, volto a rafforzare le capacità tecniche e amministrative delle principali istituzioni del paese. Lo stesso giorno, l’UE ha annunciato il varo di un pacchetto analogo, per un valore «I datori di lavoro, i sindacati e altre organizzazioni socioeconomiche (agricoltori, consumatori) a livello nazionale non sono coinvolti, o lo sono solo in misura limitata, nelle attività delle piattaforme nazionali», ha rilevato il membro del Comitato economico e sociale europeo Gintaras Morkis nel parere di cui è stato relatore nel 2011 in merito al partenariato orientale. La prima delle quattro piattaforme tematiche del partenariato orientale è intitolata «Democrazia, buona governance e stabilità». Tali piattaforme costituiscono la base del partenariato orientale e ne individuano l’obiettivo generale nel rafforzamento della cooperazione politica e dell’integrazione economica con l’Unione europea. Il Comitato economico e sociale europeo partecipa alla piattaforma per la democrazia ma, come si afferma nel succitato parere sul partenariato orientale, si rammarica per il limitato coinvolgimento della società civile e delle parti sociali nel costruire la democrazia, promuovere il buon governo e garantire la stabilità. ● Pagine che scottano sono di gran lunga più interessati all’accordo di associazione. Ne consegue che televisioni, radio e giornali sono ancora in gran parte monitorati e controllati dal governo. La commissione nazionale armena per la TV e la radio (NCTR) è un organo di regolamentazione incaricato di concedere e revocare autorizzazioni che spesso però fa anche opera di censura, afferma Navasardian. I membri della commissione vengono designati dal presidente e dalla coalizione al governo. Nel 2002, il governo chiuse il canale televisivo A1+, critico nei suoi confronti. La richiesta di autorizzazione è stata negata ad A1+ una dozzina di volte, nonostante la sentenza del 2008 della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo la quale era stato violato il diritto della società a diffondere informazioni. Secondo Boris Navasardian, presidente del Club della stampa di Erevan in Armenia, il ruolo svolto dal partenariato orientale (PO) nel migliorare la libertà di stampa è quasi inesistente. Navasardian lavora come giornalista per la carta stampata e per la televisione dal 1974. 4 «A quanto ho potuto constatare, il PO non ha mai affrontato alcun tema riguardante da vicino i diritti umani o i media» ha detto Navasardian a CESE info. «I media e la libertà di espressione non sono una priorità del partenariato» ha aggiunto, spiegando che la Commissione europea e il governo del suo paese «È difficile fare giornalismo indipendente in Armenia» continua Navasardian. «Ma almeno la situazione è diversa da quella di altri paesi postsovietici, dove è praticamente impossibile». Di recente, l’Armenia ha votato delle leggi che depenalizzano i reati di calunnia e diffama- L’indipendenza e la trasparenza del potere giudiziario sono tra i presunti pilastri dei partenariati europei. Ma la società civile e le parti sociali del partenariato orientale (PO) stentano ad avviare una seria riforma giudiziaria e a promuovere la trasparenza nei rispettivi paesi. Nel 2008 alcuni alti funzionari in Georgia, tra i quali il presidente Saakashvili e il capo della Corte suprema, hanno rilasciato alcune dichiarazioni promettenti sulla promozione di una «nuova ondata di riforme democratiche». Riforme che miravano, tra l’altro, a rafforzare l’indipendenza del potere giudiziario. Sebbene la Georgia abbia attuato quasi la metà delle riforme, restano ancora in sospeso importanti questioni, secondo Tamar Khidasheli, membro del consiglio dell’Associazione dei giovani avvocati georgiani (GYLA), una ONG con sede a Tbilisi, impegnata nella promozione dei diritti umani e dello Stato di diritto in Georgia. Khidasheli sostiene che, nel complesso, le misure adottate finora — introduzione dei processi con una giuria, nomina a vita dei giudici e modifiche alla legge sulle norme relative alla comunicazione con i giudici — sebbene siano viste in generale come sviluppi positivi, non sono tuttavia sufficienti per soddisfare i presupposti fondamentali per l’indipendenza e l’imparzialità del sistema giudiziario. Sempre secondo Khidasheli, devono essere ancora interamente affrontati alcuni problemi sistematici che riguardano la composizione del Consiglio superiore della giustizia della Georgia, le procedure per la nomina dei giudici, la garanzia di continuità del man- dato, taluni aspetti relativi all’indipendenza interna, nonché il trasferimento, la revoca dell’incarico e le procedure disciplinari applicabili ai giudici. In una comunicazione congiunta sulla politica europea di vicinato (PEV) diffusa a maggio, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, e la Commissione europea si impegnano a adeguare il livello di sostegno dell’UE ai partner in funzione dei progressi conseguiti in materia di riforme politiche e consolidamento della democrazia. Tra gli obiettivi dichiarati figurano la garanzia dello Stato di diritto esercitato da un potere giudiziario indipendente e il diritto a processo equo. La comunicazione auspica l’adozione di un approccio che consenta l’ingresso dei partner nel settore non regolamentato del mercato interno delle merci per i partner della PEV che hanno una magistratura indipendente pienamente funzionante, un’amministrazione pubblica efficiente e hanno fatto progressi significativi nella riduzione della corruzione. Khidasheli si rammarica per il fatto che in questa fase il ruolo della società civile nell’attuazione delle riforme risulta piuttosto limitato ma, facendo riferimento alla comunicazione congiunta, aggiunge che la maggiore enfasi dell’UE sul ruolo della società civile nel partenariato orientale offre alcuni margini di speranza e che il nuovo approccio adottato dall’UE sosterrà gli appelli della società civile a favore di un’autentica riforma e di una più concreta ● partecipazione alla sua attuazione. zione. I giornalisti, tuttavia, sono ancora nel mirino dell’élite politica e imprenditoriale, che li denuncia per danni morali e chiede il rimborso delle spese processuali. quando abbiamo cominciato a pubblicare i pareri del Consiglio, le sentenze dei giudici hanno cominciato a essere più in linea con gli standard europei». Nonostante in Armenia le leggi sui media siano migliorate, il numero di giornalisti denunciati è aumentato vertiginosamente. Prima del 2010, si limitava a due il numero di quelli denunciati per diffamazione. Oggi sono sedici i giornalisti che sono stati portati in tribunale. Inizialmente, i tribunali emettevano puntualmente sentenze a favore di chi li denunciava. Ma le cose stanno cambiando. Secondo l’IREX, un’organizzazione per lo sviluppo con sede a Washington che valuta il livello della libertà di stampa, in Armenia essa sarebbe la migliore della regione. La relazione dell’IREX, pubblicata qualche mese fa, ha lodato la libertà di espressione presente oggi nel paese «principalmente a seguito della depenalizzazione dei reati di calunnia e diffamazione». A maggio, Navasardian e altri quattro esperti del settore media hanno costituito il Consiglio per le controversie in materia di informazione. Tale organismo fornisce analisi e relazioni sulle cause di diffamazione intentate contro i giornalisti, che vengono poi diffuse pubblicamente. «Da La valutazione positiva ha colto del tutto di sorpresa Navasardian e i suoi colleghi. «L’affermazione dell’IREX sulla depenalizzazione è solo una promessa, un obiettivo da raggiungere in futuro. La realtà dei fatti è completamente diversa». ● CESE info — Ottobre 2011/8 — Edizione speciale Voci perdute in cerca di un sentiero comune Stesse finalità, mezzi diversi rendersi conto di quali fossero le OSC davvero indipendenti». In Azerbaigian le organizzazioni sindacali sono saldamente legate al governo di Baku ed in Armenia sono residui dell’epoca sovietica, dotati di ben poca influenza, mentre in Georgia i sindacati «non allineati» sono in aperto conflitto con il governo di Tbilisi. © Solidarnosc 2011 Andrzej Adamcyk durante una manifestazione di protesta a Budapest (sull’estrema destra, con la sciarpa rossa) Per preparare il parere del CESE sui piani d’azione della politica europea di vicinato nei paesi sudcaucasici, il relatore Andrzej Adamczyk si è recato in Armenia, in Azerbaigian ed in Georgia. Il parere, pubblicato nel 2009, conteneva una valutazione del ruolo, purtroppo assai limitato, della società civile in ciascuno di quei paesi, segnalando in particolare le difficoltà ivi incontrate dalle organizzazioni sindacali. Limitazioni e difficoltà che — aggiunge il relatore — permangono ancora oggi. Il parere traeva quindi una serie di conclusioni al riguardo, evidenziando il grave deficit democratico in una regione del mondo segnata da una diffusa povertà, da una forte chiusura al mondo esterno e dal persistere di conflitti «congelati». La dubbia natura di alcune organizzazioni della società civile (OSC) sudcaucasiche e i colloqui avuti personalmente da Adamczyk con pubblici funzionari dei paesi della regione hanno contribuito a rafforzare le perplessità del relatore nei confronti del Forum della società civile del partenariato orientale, che si riunisce ogni anno per promuovere i contatti tra le OSC e agevolare il dialogo con le autorità pubbliche. «Si tratta di un Forum piuttosto caotico, ma che potrebbe comunque costituire una valida piattaforma per i contatti interpersonali. Purtroppo, però, esso non contribuisce in maniera molto costruttiva al partenariato orientale» osserva Adamczyk, aggiungendo che la Commissione europea ha commesso l’errore iniziale di selezionare per il Forum, perlopiù composto da ONG e think tank, dei partner che non sono realmente rappresentativi della società civile organizzata. «Abbiamo avuto la possibilità di incontrare esponenti di OSC in tutti e tre i paesi della regione, ma tali incontri sono stati di assai difficile valutazione» continua Adamczyk. «La posizione di alcuni partecipanti, infatti, esprimeva chiaramente quella dei rispettivi governi, cosicché non era facile Adamczyk ha anche incontrato un membro del governo armeno che gli avrebbe confidato che la corruzione non solo è endemica, ma è un sistema consolidato che induce a candidarsi per un seggio in Parlamento. «Un estremo cinismo, il suo, del quale però non rimaneva traccia nelle sue dichiarazioni pubbliche» osserva il relatore del CESE. A due anni di distanza dal parere del CESE, nei paesi del Caucaso meridionale il ruolo della società civile e dei sindacati nell’ispirare e attuare le riforme influenzando la classe politica rimane controverso. Spesso, infatti, sindacati e altre OSC indipendenti vengono ignorati ed emarginati. «In Georgia esistono sindacati indipendenti, ma il presidente Saakashvili si rifiuta di considerarli suoi interlocutori», aggiunge Adamczyk. La normativa liberista georgiana, ad esempio, non garantisce un salario minimo. «La Georgia è il paese più democratico della regione e i sindacati sono perlopiù indipendenti, ma nel corso degli anni sono state imposte restrizioni giuridiche alla loro attività ed è stata resa più rigida la normativa sul lavoro. Una situazione, questa, che rende ● molto difficile il dialogo sociale». Partenariato orientale e diritti dei lavoratori Intrico di binari nella notte Non è mai stato facile promuovere le pur necessarie riforme economiche, politiche e sociali nei paesi del partenariato orientale (PO), ma la persistente carenza di cooperazione regionale impone adesso di rivedere gli accordi multilaterali in seno al partenariato stesso. La dimensione multilaterale del PO si basa su quattro temi principali (democrazia, integrazione economica, sicurezza energetica e contatti tra i cittadini) e ha come finalità un dialogo aperto, una cooperazione rafforzata e la condivisione delle migliori pratiche. «La cooperazione regionale è un campo nel quale il PO non ha dato molti risultati significativi», dichiara Ivan Voleš, membro del CESE e relatore del parere esplorativo sul tema Partecipazione della società civile al partenariato orientale. «L’obiettivo dichiarato della cooperazione multilaterale, ossia la creazione di una zona di libero scambio tra i paesi del PO, è ancora lontano, e il motivo è che non ci sono sufficienti contatti bilaterali tra i paesi del partenariato. Secondo il CESE, le chiavi per la riuscita del partenariato sono le riforme economiche e un mercato che funzioni correttamente, ma istituire un’efficace zona di libero scambio tra i paesi interessati si sta rivelando difficile, anche perché diversi di essi non sono membri dell’OMC. «Essere membri dell’OMC agevola la liberalizzazione degli scambi a livello regionale tra i paesi del partenariato orientale», osserva ancora Voleš. Se tutti i paesi del partenariato aderissero all’OMC, la cooperazione economica tra di essi, a livello sia bilaterale La creazione di una zona di libero scambio estesa a tutti i paesi del partenariato orientale (PO) è un obiettivo che finora si è dimostrato irrealizzabile. Il retaggio sovietico di istituzioni statali obsolete e la tendenza a seguire immutate le vecchie pratiche non sono di grande aiuto nella rimuovere le barriere agli scambi commerciali, promuovere la convergenza normativa, incoraggiare la concorrenza e rispettare i diritti dei lavoratori. Malgrado la diffusa aspirazione ad attuare una zona di libero scambio globale e approfondita (DCFTA), la Commissione europea e l’Alto rappresentante per la politica estera, nel loro riesame strategico della politica europea di vicinato, pubblicato lo scorso maggio, hanno riconosciuto lo scarso successo del partenariato orientale. La Commissione considera la DFCTA come «lo strumento principale per sviluppare relazioni commerciali più strette». Si prevede che l’Ucraina porterà a termine i negoziati per la DCFTA entro la fine dell’anno, mentre la Moldova li ha iniziati a maggio. I restanti paesi devono ancora soddisfare determinate condizioni preliminari, tra le quali l’adesione all’OMC. Nel parere esplorativo del CESE sul tema Partenariato orientale e CESE info — Ottobre 2011/8 — Edizione speciale dimensione orientale delle politiche UE, il relatore Seppo Kallio spiega che, pur essendo le DFCTA determinanti per i negoziati bilaterali, anche i diritti dei lavoratori sono di fondamentale importanza e devono essere osservati e rispettati. A volte tuttavia, in qualche paese del partenariato orientale, i diritti dei lavoratori, volti a creare opportunità per uomini e donne di trovare un lavoro dignitoso e produttivo, sono ignorati, quando non addirittura assenti. orientale per sviluppare i diritti sociali, i diritti dei lavoratori e il mercato del lavoro. Evgueni Davydov, direttore del gruppo di supporto tecnico sul lavoro dignitoso e dell’ufficio per l’Europa orientale e l’Asia centrale dell’OIL ha dichiarato a CESE info che far rispettare i diritti dei lavoratori in tutta l’area del partenariato orientale resta una sfida. L’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), la quale supervisiona ed elabora le norme internazionali che disciplinano il lavoro, sta collaborando con i paesi membri del partenariato «In alcuni paesi ci sono seri problemi di natura politica che risalgono a prima dell’attuale crisi economica. Possono essere visti come problemi strutturali o problemi di transizione. che multilaterale, probabilmente ne trarrebbe beneficio. Sono comunque stati avviati diversi progetti di cooperazione regionale, di cui l’esempio più eclatante è forse il programma East Invest. Si tratta di un’iniziativa comune di Eurochambres e dei membri del PO, finanziata per la maggior parte dalla Commissione europea e intesa ad agevolare gli scambi regionali e a promuovere lo sviluppo economico e gli investimenti. Al programma hanno aderito finora 21 camere di commercio di Stati membri dell’UE, che assistono i partner del PO nell’integrazione economica e nella convergenza con le politiche dell’UE. «L’auspicio è che il progetto consegua gli obiettivi dichiarati e fornisca un reale contributo alla realizzazione delle finalità del partenariato orientale», scrive Gintaras Morkis nel parere del CESE da lui elaborato su questo tema nel 2011. Rimangono tuttavia non poche questioni irrisolte. In Bielorussia l’economia è ancora in larga parte nelle mani dello Stato. L’Ucraina pare destinata a entrare nella sfera di influenza economica della Russia. La Georgia guarda all’Europa, ma non ha ancora risolto le dispute territoriali riguardanti l’Abkhazia e l’Ossezia meridionale. Anche la Moldova guarda a occidente, ma ha il PIL più basso d’Europa, e, se è vero che l’Armenia sta compiendo notevoli progressi sul piano economico, rimane tuttora irrisolto il conflitto con l’Azerbaigian per la regione del ● Nagorno-Karabakh. Certo è che la turbolenza economica attuale tende a peggiorarli» ha affermato il presidente, aggiungendo che la crisi economica non ha indebolito i diritti dei lavoratori nei paesi del partenariato orientale, è stata invece un ostacolo in più per la loro applicazione. Parlando del ruolo dell’OIL nella promozione dei diritti dei lavoratori nei paesi partner, Davydov ha sottolineato che «per un dialogo sociale efficace occorrono partner forti, dotati di visione strategica e capaci di rappresen● tare i loro membri». 5 Obiettivi e realtà al vertice e tramite il Forum della società civile, istituito dalla Commissione europea nel novembre del 2009 con il compito di creare piattaforme nazionali per migliorare il dialogo con i governi dei paesi aderenti. Tuttavia, tali piattaforme e le iniziative faro che le accompagnano non sempre vengono prese nella dovuta considerazione dai governi del Partenariato e di alcuni Stati membri. Complesso del castello di Mir, in Bielorussia Il Partenariato orientale (PO) intende avvicinare i paesi interessati dall’iniziativa (Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina) agli standard di governance europei attraverso riforme politiche, sociali ed economiche. L’idea della creazione di un PO fu ventilata per la prima volta dal ministro degli Esteri polacco in un discorso pronunciato nel 1998, alla vigilia delle trattative per l’adesione della Polonia all’UE. La Polonia ripropose l’idea nel giugno del 2001 e, di nuovo, nel febbraio del 2003. Ma la mancanza di volontà politica e di interesse da parte di alcuni Stati membri più grandi ritardò il progetto. Per il suo decollo si dovette attendere il maggio del 2009, quando il PO fu finalmente inaugurato a Praga. Due anni dopo, gli scarsi progressi compiuti uniti a una persistente assenza di volontà politica in alcuni Stati membri e in paesi aderenti al Partenariato rischiano di compromettere la stabilità politica a lungo termine e l’integrazione economica della regione. Tuttavia, nonostante i difficili compiti da affrontare e i deleteri problemi di bilancio, il Partenariato orientale resta un esempio notevole di come sia possibile sfruttare meccanismi sia bilaterali che multilaterali per avviare e attuare riforme indispensabili. La dimensione bilaterale corrobora gli strumenti della politica europea di vicinato esistenti e comprende Accordi di associazione non giuridicamente vincolanti (AA). In tali accordi vengono delineati i principi dell’associazione politica e dell’integrazione economica. Il loro elemento distintivo è costituito dai cosiddetti «accordi di libero scambio globale e approfondito», che liberalizzano i mercati e contribuiscono ad armonizzarli agli standard europei. La dimensione multilaterale intende promuovere la cooperazione regionale con l’organizzazione di eventi e incontri Le iniziative faro, come quelle relative allo strumento per le PMI e alla buona governance ambientale, sono volte a conferire al PO maggior sostanza e visibilità. Ma in Azerbaigian e in Bielorussia, ad esempio, manca il quadro giuridico e finanziario necessario per una società civile attiva. Il CESE, tuttavia, è in una posizione privilegiata per fornire, grazie alla sua esperienza, un contributo prezioso. «Il CESE parteciperà alle piattaforme intergovernative e potrebbe fornire al Forum della società civile del PO le informazioni esaminate durante gli incontri di tali piattaforme, che potrebbero essere utili per valutare l’attuazione delle iniziative faro», ha spiegato Gintaras Morkis, membro del CESE e relatore del parere del CESE sul Partenariato orientale. «Il CESE può davvero offrire un valore aggiunto in alcune iniziative faro, come quella a favore delle PMI o quella per la promozione della buona governance ambientale», ha aggiunto. Secondo Morkis, il problema è che il PO tende a privilegiare troppo la dimensione interna dei paesi vicini, trascurando l’apporto che potrebbero dare le parti sociali europee e le organizzazioni ● europee della società civile. Rompere il ghiaccio orientale, facendo leva anche sul contributo del PO. © EC/ECHO/Daniela Cavini Persone sfollate all’interno del paese, Georgia Il partenariato orientale (PO) si propone di migliorare le relazioni politiche ed economiche tra i sei paesi che vi partecipano. Un compito, questo, che risulta però particolarmente difficile per le due regioni secessioniste della Georgia, l’Ossezia meridionale e l’Abkhazia: due focolai di conflitti «congelati» che soffocano lo sviluppo e la stabilità della Georgia. osservatori dell’OSCE nel 2009, la missione di osservazione dell’UE è rimasta l’unica presenza internazionale nell’area. Vi è un deficit di sicurezza nel Caucaso meridionale, e l’UE, in quanto attore relativamente neutrale, si trova nella posizione adatta per colmarlo. Tuttavia, malgrado l’introduzione del PO nel 2008, l’UE continua a incontrare difficoltà nell’assolvere questo compito. Se la situazione politica in Georgia in riferimento alle due regioni secessioniste è relativamente stabile, non si registra però ancora alcun progresso verso la reintegrazione di quest’ultime nella Georgia, mentre l’intransigenza mostrata da tutte le parti coinvolte rende improbabile, almeno a breve termine, qualsiasi vero cambiamento di rilievo. Ciò nonostante, dopo il ritiro degli Il soft power rientra senz’altro tra gli strumenti della politica estera europea, ma l’UE ha adesso un’opportunità di sviluppare un approccio più mirato di quello consentito dal PO, il quale non ha alcun mandato in materia di sicurezza. La scorsa presidenza ungherese e l’attuale presidenza polacca, peraltro, hanno cercato e cercano di spostare l’attenzione dell’UE verso l’Europa 6 L’assenza di combattimenti recenti in Abkhazia, in Ossezia meridionale e negli altri focolai di conflitti congelati (NagornoKarabakh e Transnistria) non indica necessariamente un miglioramento in termini di sviluppo socioeconomico di queste regioni. La fragilità delle istituzioni democratiche è un fattore comune dei conflitti congelati ed è spesso accompagnata da disordini politici diffusi. Di qui l’importanza del partenariato orientale per rafforzare le fondamenta democratiche ed economiche indispensabili a una transizione senza scosse. Il Forum della società civile, istituito dalla Commissione nel 2009, svolge un ruolo importante in questo processo, permettendo al PO di procedere in maniera realmente multilaterale. Un ruolo, questo, messo in evidenza dal CESE nel suo parere del giugno scorso sul partenariato orientale (REX/323), in cui il relatore Gintaras Morkis sottolineava come «il rafforzamento del dialogo tra i governi e la società civile a livello nazionale rappresenti un prerequisito per la democratizzazione delle società nei paesi orientali limitrofi e per la loro convergenza con i valori europei». Finanziamenti insufficienti Lo strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI) costituisce la principale fonte di finanziamento del partenariato orientale (PO). Tuttavia, secondo una relazione estremamente critica stilata dalla Corte dei conti europea nel 2010, l’utilità di questo strumento rischia di essere pregiudicata dalla scarsa chiarezza e da una carente definizione delle priorità dell’assistenza fornita dall’UE. Facendo esplicito riferimento all’Armenia, all’Azerbaigian e alla Georgia, la Corte dei conti ha rilevato che l’ENPI non ha ancora dimostrato di essere uno strumento appropriato per il risanamento economico e il rafforzamento della fiducia. La pressione sul partenariato orientale perché produca risultati concreti è molto forte. Il PO ha una dotazione finanziaria di 2 miliardi di euro circa fino al 2013, dopodiché sarà necessario creare una nuova linea di bilancio. «I fondi non vengono spesi in maniera ottimale», ha affermato Sandy Boyle, membro del CESE e presidente della sezione specializzata Relazioni esterne del Comitato. «Si deve spendere molto per ottenere tutto sommato risultati modesti e ciò avviene perché non è possibile vedere immediatamente il prodotto finale», ha osservato Boyle, aggiungendo che la ripartizione dei fondi e la mancanza di finanziamenti destinati alla società civile costituiscono dei grossi problemi. Fin dal 2009, anno di pubblicazione del suo parere intitolato Partecipazione della società civile al partenariato orientale, il CESE ha ribadito la sua richiesta di destinare finanziamenti adeguati alla società civile. Tuttavia la Commissione europea, pur avendo predisposto un bilancio per creare il Forum della società civile (FSC) del PO, non ha previsto finanziamenti da destinare allo sviluppo istituzionale e alla creazione di capacità delle organizzazioni della società civile nei paesi partner. Al momento della sua istituzione, il PO ha ricevuto una dotazione di 600 milioni di euro, di cui 200 milioni circa erano riservati al programma globale di rafforzamento istituzionale inteso a sostenere alcune riforme, tra cui le misure intese a rafforzare la fiducia. La società civile, che svolge un ruolo fondamentale nella creazione di un clima di fiducia, non viene contemplata da questo programma. Con lo sviluppo del Forum della società civile, è risultata chiara la necessità di istituire un segretariato per favorire la sua evoluzione. Visto che non sono stati accordati fondi a tal fine, l’FSC ha dovuto chiedere finanziamenti separati a diversi Stati membri. Tuttavia, questa situazione potrebbe cambiare. Nella comunicazione sulla politica europea di vicinato (PEV) presentata congiuntamente nel maggio 2011 dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza Catherine Ashton e dalla Commissione europea, si afferma che l’UE accrescerà la sua collaborazione con la società civile e le parti sociali. Nella comunicazione si chiede altresì di procedere alla creazione di uno strumento per la società civile nonché di un Fondo europeo per la democrazia, che finora non hanno ancora visto la luce. «Abbiamo bisogno di più fondi, non necessariamente nel senso di un aumento globale del bilancio del PO, bensì in quello di una migliore ripartizione e di un orientamento più mirato dei fondi. Dobbiamo disporre di risultati misurabili, e non bisogna ridurre i fondi per lo sviluppo della società civile», ha dichiarato Boyle riguardo ai finanziamenti post 2013, aggiungendo che anche le ONG europee che partecipano al Forum della società civile del PO devono avere ● accesso a tali fondi. Avviso ai lettori Nell’ultima edizione del CESE info il gruppo di collegamento del CESE con le organizzazioni e le reti europee della società civile è stato erroneamente definito «gruppo di collegamento CESE/PE», «un organismo congiunto di cui fanno parte il CESE, il Parlamento europeo e gli attori sociali». Il gruppo di collegamento comprende soltanto rappresentanti del CESE, tra cui il presidente, e delle principali organizzazioni e reti europee della società civile. Esso ha il compito, da un lato, di fornire un quadro per il dialogo politico tra il CESE e tali organizzazioni e reti e, dall’altro, di creare le condizioni necessarie per l’adozione da parte del CESE di un approccio coordinato nei loro confronti e per sviluppare delle forti sinergie su temi di interesse comune. w.e Per maggiori informazioni sul gruppo di collegamento: http://www.eesc.europa. ● eu/?i=portal.en.liaison-group. Alla luce di queste considerazioni, la società civile è pronta ad assumere in futuro un ruolo più incisivo per individuare soluzioni ai conflitti congelati persistenti. ● CESE info — Ottobre 2011/8 — Edizione speciale Il gioco d’azzardo online nell’ambito del mercato interno: perché è necessario un intervento europeo normative nazionali interne in tema di tutela dei consumatori esponga questi ultimi a truffe e altri comportamenti illeciti. Per sua natura, infatti, il gioco d’azzardo online non conosce confini, cosicché è logico che l’UE debba intervenire per tutelare i consumatori europei. Sul mercato interno dell’UE sono sorte nuove tecnologie informatiche, accanto ad altre attività economiche ancora prive di una disciplina appropriata. È il caso del gioco d’azzardo online, la cui popolarità è cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi anni. Nell’UE i proventi di tale attività, che nel 2010 hanno superato gli 8 miliardi di euro lordi, sono in costante crescita. In questo settore, tuttavia, non esiste ancora alcuna regolamentazione europea; e, se è vero che spetta a ciascuno Stato membro disciplinare la concessione delle licenze nazionali, non si può negare che la coesistenza di 27 diverse Secondo il libro verde della Commissione, in questo settore esiste attualmente un mercato nero di vaste proporzioni, in cui si stima che circa l’85 % di tutti i siti web sia privo di licenza: un dato, questo, che rende ancor più evidente la necessità di un intervento a livello europeo. Il gioco d’azzardo online, del resto, potrebbe non solo porre problemi di tutela dei consumatori, ma anche configurare reati di truffa o di riciclaggio. In seguito al libro verde della Commissione sul gioco d’azzardo, il Comitato economico e sociale europeo ha deciso di istituire un gruppo di studio e di elaborare una propria posizione in merito a un tema importante come questo. Nel quadro di tale processo, il 6 settembre scorso si è svolta al CESE un’audizione pubblica, che ha visto la partecipazione di numerose parti interessate e offerto ai membri del Comitato l’opportunità di incontrare rappresentanti del Parlamento europeo e della Commissione, nonché esponenti di associazioni di categoria (operatori del settore) e di altre organizzazioni pertinenti. Nel corso dell’audizione oltre 100 partecipanti hanno discusso il futuro del gioco d’azzardo online e il CESE ha potuto comprendere meglio gli interessi dei diversi soggetti coinvolti. Stefano Mallia, relatore per il parere del CESE sul gioco d’azzardo, ha presentato le sue proposte per la tutela degli utenti online e la messa al bando dei prodotti e servizi illegali e non autorizzati. «Nell’UE il gioco d’azzardo online è caratterizzato dalla frammentazione delle legislazioni nazionali, da una copiosa giurisprudenza della Corte di giustizia, da un mercato nero di vaste proporzioni e da una carenza di dati pertinenti su scala europea. Una situazione, questa, che espone i consumatori a gravi rischi, cosicché — ha osservato Mallia — è inaccettabile che si possa continuare a lasciarla immutata». L’audizione pubblica ha consentito di raccogliere alcune informazioni di grande utilità. Nel settore in oggetto, infatti, uno dei principali problemi consiste proprio nella mancanza di dati e informazioni sul settore stesso nonché sulle questioni sociali che esso implica, come quella del «gioco d’azzardo problematico». Ad esempio, una delle domande da porsi è se il gioco d’azzardo online abbia per gli utenti effetti più negativi di quello tradizionale (ad esempio, mediante slot machines). Alcune eccellenti presentazioni effettuate nel corso dell’audi- zione hanno fornito al riguardo importanti delucidazioni; inoltre, è stata affrontata la delicata questione dei rapporti tra il settore delle scommesse online e le organizzazioni sportive da cui tali scommesse dipendono. Il gruppo di studio del CESE raccomanda pertanto che, oltre a instaurare in materia un quadro normativo unionale a protezione dei consumatori, l’UE introduca uno specifico marchio europeo di tutela («gioco d’azzardo sicuro»), una struttura formalizzata di cooperazione a livello UE e una «white list» degli operatori autorizzati. Da ultimo, ma non per importanza, Mallia propone di ampliare la direttiva antiriciclaggio e di unire e moltiplicare gli sforzi per il monitoraggio delle scommesse sportive. Il progetto di parere predisposto da Mallia sarà votato dal CESE nella sessione plena● ria di ottobre. (ail) Il CESE dichiara: più Europa nei cieli per proteggere i passeggeri Su richiesta del Parlamento europeo, il CESE sta elaborando un parere sulla revisione dei diritti dei passeggeri del trasporto aereo che prenderà in esame le carenze rilevate nell’applicazione dei diritti esistenti. Prima di dare l’ultimo tocco al documento, il Comitato ha riunito i rappresentanti delle compagnie aeree, delle società aeroportuali, delle associazioni di consumatori e dei centri di gestione del traffico, per ascoltare la loro opinione. Il vicepresidente del CESE Jacek Krawczyk ha dato il via all’audizione raccontando che di recente la sua famiglia è rimasta bloccata in un aeroporto europeo ed è stata lasciata senza la minima assistenza dal personale dell’aeroporto e della compagnia aerea con cui volava. Alla sua testimonianza hanno fatto eco le avvilenti statistiche presentate da Nuria Rodríguez Murillo, consulente giuridica presso l’Ufficio europeo delle unioni di consumatori (BEUC), secondo cui la maggior parte dei passeggeri che subiscono ritardi o cancellazioni di voli afferma di non aver avuto accesso alle informazioni necessarie e di non aver ricevuto vitto e alloggio nonostante l’obbligo esplicito imposto alle compagnie aeree dalla normativa europea: serve dunque una migliore applicazione delle norme in vigore — ha affermato la Rodríguez Murillo — che deve essere uniforme in tutti gli Stati membri. aeroportuali) e dalla mancanza di chiarezza su cosa debba effettivamente intendersi con espressioni quale, ad esempio, «circostanze straordinarie». A parere del rappresentante dell’Associazione delle aerolinee europee Athar Husain Khan, però, l’onere del risarcimento non deve gravare solo sulle compagnie: nel 2010, solo il 5 % dei voli è stato cancellato per responsabilità dei vettori. Husain Khan è stato molto chiaro nel definire «ingiusto» l’obbligo di fornire un risarcimento e un’assistenza illimitati nel caso di avvenimenti che non dipendono dalla volontà delle compagnie aeree. Si tratta di uno squilibrio ulteriormente aggravato dalle difficoltà incontrate dai vettori nell’ottenere un risarcimento dalle parti da cui dipendono (ad esempio le società Gunta Anča, membro lettone del CESE e attivista per i diritti delle persone con disabilità, ha illustrato le «inutili difficoltà» incontrate dai passeggeri disabili. Lei stessa si muove in sedia a rotelle e, in base alla sua esperienza personale, è giunta alla conclusione che, quando si tratta del trasporto aereo, le persone come lei non hanno la stessa libertà degli altri cittadini: costi supplementari, assenza di una politica comune in materia di sicurezza, insufficiente qualificazione del personale, mancanza di informazioni appropriate e altre lacune nell’applicazione delle norme causano nella pratica una serie di discriminazioni. Marjeta Jager, direttore presso la Commissione europea, ha affermato che la sua istituzione affronterà presto il tema delle discrepanze di applicazione da un paese all’altro (dovute in parte alla poca chiarezza nell’interpretazione delle norme) e cercherà di raggiungere una ripartizione degli oneri più equilibrata fra i diversi operatori del settore aereo. Inoltre, la Commissione non lascerà nulla di intentato per far conoscere meglio i diritti dei passeggeri. Keith Taylor, membro del Parlamento europeo e relatore sui diritti dei passeggeri del trasporto aereo, ha affermato che il PE insisterà per ridurre i disagi dei viaggiatori disabili e chiederà nuove disposizioni chiare, semplici, trasparenti ed eque. (mb) ● Concorso Design Eleven: design senza età — Il CESE premia il design sostenibile Il 21 settembre 2011, nel quadro della seconda edizione del concorso indetto dal CESE Design Eleven sono stati premiati i migliori progetti in materia di design e imballaggio innovativi e sostenibili. La cerimonia è stata condotta da Anna Maria Darmanin, vicepresidente del CESE. Gli studenti e i professionisti di design di tutti i 27 Stati membri dell’UE, nonché i designer europei che vivono fuori dall’Unione, sono stati invitati a concentrarsi sull’importante tema della solidarietà intergenerazionale in un’epoca di invecchiamento demografico, creando soluzioni specifiche e innovative in materia di design senza età, mediante un processo partecipativo (cui cioè partecipano gli utilizzatori finali) e/o di «co-design» (una forma di team-building transgenerazionale frutto della collaborazione tra giovani designer e professionisti ormai affermati). I progetti vincitori. KEEP Cool è un frigorifero alternativo creato con materiale ecologico e riciclabile, in un design del tutto slegato da tecnologie destinate a divenire obsolete nel giro di qualche anno. Con il vaso di terracotta viene infatti reinventato un sistema di raffreddamento archetipico per tutte le generazioni, in un design e con materiali senza età. Al progetto è andato il primo premio di 7 000 euro. L’autore, Vincent Gerkens, nato e residente a Bruxelles, lavora a Liegi (Belgio). Il secondo premio, di 4 000 euro, è stato assegnato al progetto ORTOgether creato dai tre designer romani Francesco di Luzio, Giulia Bartolucci e Sonia Fornea. Basato sull’esperienza nel coltivare la terra e l’esigenza di uno stile di vita più sano, questo progetto unisce tutte le generazioni, fornendo tutto il necessario per creare il proprio orto di famiglia in modo divertente ed ecologico. Il terzo premio, di 2 000 euro, è stato conferito al progetto Darning Pear delle due estoni Mari Korgesaar e Liina Tiidor: uno strumento in legno utilizzato per rammendare gli indumenti, all’insegna quindi di uno stile di vita parsimonioso, per ricordare ai giovani le vecchie tradizioni e spingerli a riutilizzare gli oggetti quotidiani. (sb) ● Going local a Berlino La vicepresidente del CESE Anna Maria Darmanin, insieme a Renate Heinisch e ad altri tre membri del Comitato, si è recata a Berlino per una discussione sull’importanza dell’istruzione e della formazione professionale cui hanno partecipato più di 100 rappresentanti di organizzazioni governative e non governative. Matthias Petschke, Renate Heinisch, Anna-Maria Darmanin Il seminario, organizzato in cooperazione con la rete «Europäische Bewegung Deutschland», si è basato sul parere esplorativo del CESE sul tema L’istruzione e la formazione professionale post secondaria come alternativa attraente all’istruzione superiore. CESE info — Ottobre 2011/8 — Edizione speciale Il commissario europeo per l’Energia, Günther Oettinger, ha aperto i lavori con un intervento videotrasmesso e ha incoraggiato il CESE a proseguire gli sforzi in questo campo, lodando il contributo indispensabile del Comitato nel quadro istituzionale dell’Unione europea. Tre membri del CESE, Johannes Kleemann per il gruppo Datori di lavoro, Alexander Graf von Schwerin per il gruppo Lavoratori e Bernd Schlüter per il gruppo Attività diverse, hanno presentato le loro vedute nel quadro di brevi interventi introduttivi, che hanno dato il via a una discussione molto vivace e interessante con i partecipanti. Sono stati discussi fra l’altro il ruolo e le difficoltà dell’istruzione e della formazione professionale per la futura competitività dell’UE, l’importanza della formazione professionale e gli ostacoli alla mobilità, nonché l’esigenza di uniformare gli orientamenti in materia di istruzione e formazione professionale. Per ulteriori informazioni e documenti di riferimento, consultare la pagina http://www.eesc.europa. ● eu/going-local-berlin/ (bk) 7 Al convegno parteciperanno esperti di media provenienti dalle organizzazioni della società civile e dalle istituzioni europee e nazionali, oltre ad un’ampia rappresentanza di giornalisti di tutta Europa. Considerata la funzione cruciale che svolgono una società civile dinamica e una stampa libera per la difesa della democrazia, il CESE, nella sua qualità di portavoce della società civile organizzata nel quadro del processo decisionale dell’UE, può apportare un contributo di grande interesse al dibattito sulla libertà dei mezzi di comunicazione. Secondo un celebre aforisma di Albert Camus, «Una stampa libera può essere di buona o cattiva qualità, ma una stampa senza libertà non può che essere pessima» (Une presse libre peut être bonne ou mauvaise, mais une presse sans liberté ne peut être que mauvaise). Va sottolineato, però, che la libertà di stampa non è soltanto il requisito indispensabile per un giornalismo di buona qualità, ma è prima di tutto una condizione imprescindibile per l’esistenza stessa della democrazia. Sulla base di queste premesse, il 24 e 25 novembre 2011 il Comitato economico e sociale europeo organizza a Cracovia il suo quinto seminario annuale sulla libertà dei media nell’UE e nei paesi vicini. Il seminario sarà dedicato tra l’altro alle crescenti pressioni da parte di ambienti politici e finanziari cui i giornalisti devono far fronte nel loro lavoro quotidiano, e alle conseguenze che ciò comporta per la qualità del giornalismo e della democrazia. Verranno messi a confronto vari esempi di clientelismo nella sfera dei media, con affiliazioni a partiti politici o al mondo imprenditoriale, e verrà preso in esame il ruolo delle organizzazioni della società civile. I sommovimenti sociali e politici verificatisi in Europa e in altre regioni negli ultimi mesi hanno portato alla ribalta il ruolo dei media sociali e le possibilità che Nuove pubblicazioni del CESE 1. La tua guida all’iniziativa dei cittadini europei Il CESE ha pubblicato un nuovo opuscolo intitolato La tua guida all’iniziativa dei cittadini europei, oggi disponibile in 22 lingue. A partire dal 1o aprile 2012 tutti i cittadini europei potranno lanciare un’iniziativa di questo tipo: la guida elaborata dal Comitato spiega, in nove tappe, quali sono i passi da compiere per avvalersi di questo nuovo meccanismo. Potete scaricare l’opuscolo all’indirizzo http://www.eesc.europa.eu/resources/ docs/eesc-2011-23-it.pdf o chiederne una copia cartacea inviando una ee-mail a citizen● [email protected].. essi offrono ai loro utenti di organizzarsi, inscenare manifestazioni di protesta ed esprimere le loro opinioni. È però ancora poco chiaro quale possa essere l’effettiva incidenza di questi nuovi media nel processo di democratizzazione: sono davvero uno strumento di democrazia o non fanno altro che accelerare mutamenti sociali e politici che erano già in corso? I partecipanti al convegno affronteranno questi e molti altri temi. Dal momento che non ci può essere vera democrazia senza emittenti pubbliche forti e indipendenti, il seminario analizzerà il ruolo che spetterà in futuro al sistema radiotelevisivo pubblico in quest’era digitale in rapida trasformazione. Se le sfide che attendono l’emittenza pubblica nell’immediato sono a tutti ben note, il dibattito verterà altresì sul suo futuro più a lungo termine e sui vantaggi che il sistema pubblico comporta per l’avvenire delle nostre democrazie. Il seminario rientra nel programma di eventi ufficiali della presidenza polacca del Consiglio dell’UE ed è organizzato con il patrocinio della rappresentanza della Commissione europea in Polonia. (mb) ● IN BREVE 2. Edilizia sostenibile: un glossario multilingue La domanda crescente di edilizia sostenibile ha dato vita a nuovi concetti, termini ed espressioni che sono ormai di uso corrente nel settore dell’edilizia in tutta Europa. La pubblicazione di questo nuovo glossario, ora disponibile in 22 lingue, risponde all’esigenza di un linguaggio comune in questo campo. Il glossario è stato redatto dal CESE in collaborazione con due federazioni europee di parti interessate, a seguito del grande successo ottenuto dal Lessico europeo della bicicletta, ormai giunto alla terza edizione. Questo eccellente prodotto offre ai cittadini uno strumento concreto e di facile uso su un tema, quello dell’edilizia sostenibile, di cui ormai si parla ovunque ma la cui terminologia resta spesso ambigua o confinata nel linguaggio specializzato. c.e Per ulteriori informazioni consultare la pagina http://www.eesc.europa. ● eu/?i=portal.en.publications. Prossimamente al CESE Proteggiamo i nostri bambini! Sapevate che, in Europa, 1 bambino su 5 è vittima di abusi sessuali almeno una volta nella vita? Fortunatamente sono numerose le iniziative volte a prevenire questo terribile fenomeno: diverse ONG e agenzie statali hanno infatti istituito hotline e lanciato campagne di sensibilizzazione destinate ai bambini nelle scuole, su Internet ecc. A questo proposito ricordiamo la campagna intitolata la Regola del Quinonsitocca (www.quinonsitocca.it), lanciata dal Consiglio d’Europa con il contributo del CESE per la traduzione dei testi. Madi Sharma, relatrice del parere Misure preventive per la protezione dei minori contro gli abusi sessuali (SOC/412), ha proposto di riunire tutte le buone pratiche in un’unica banca dati. La banca dati, che contiene 40 esempi provenienti da tutta l’UE, sarà presentata in una conferenza stampa nel quadro della sessione plenaria di ottobre e sarà disponibile sul sito del CESE al seguente indirizzo: www.eesc.europa.eu/prevent● child-abuse. (bw) La ONG spagnola Asila ha assegnato al CESE il suo premio più importante, il Galardón de Oro Institucional, per gli sforzi dedicati al miglioramento della condizione degli immigrati in Europa. Asila è un’importante organizzazione con sede a Valencia che collabora con le comunità latino-americane. Ogni anno conferisce una serie di riconoscimenti a organismi e singole personalità impegnate nella difesa dei diritti degli immigrati. La cerimonia di premiazione si è tenuta il 10 settembre a Torrevieja, Valencia, durante il Festival della cultura latina. A ritirare il premio è stato Luis Miguel Pariza Castaños, presidente del gruppo di studio permanente Immigrazione e integrazione (IMI) e membro dell’ufficio di presidenza del Forum europeo ● dell’integrazione. (ail) CESE info Il 31 gennaio 2012 il CESE organizzerà, in collaborazione con il centro di riflessione La nostra Europa, una conferenza ad alto livello sul tema Il coinvolgimento della società civile nella creazione della futura Comunità europea dell’energia, in seguito al trattamento di tale tema nella sessione plenaria del prossimo dicembre. La conferenza, alla quale parteciperanno rappresentanti di una vasta gamma di organizzazioni della società civile, adotterà una dichiarazione della società civile in favore di una gestione politica delle questioni energetiche nell’UE. Il progetto della Comunità europea dell’energia è stato elaborato da La nostra Europa sulla base di un’idea del suo presidente onorario Jacques Delors, nell’ottica di preparare l’UE alle grandi sfide energetiche e di dare un nuovo impulso alla costruzione politica dell’Europa. In tale contesto il CESE chiede una guida politica forte in Europa, in linea con le aspettative della società civile. Jacques Delors onorerà il CESE della ● sua presenza in occasione della conferenza. (ac) La sicurezza nucleare dopo Fukushima: qual è la situazione in Europa? Al CESE il premio Asila Galardón de Oro Institucional 2011 Luis Miguel Pariza Castaños, membro del CESE La futura Comunità europea dell’energia in discussione al CESE Il 12 dicembre il CESE, in cooperazione con la Commissione europea, organizzerà un convegno dedicato alle preoccupazioni e agli interrogativi della società civile europea in materia di sicurezza delle centrali nucleari. Il convegno si terrà subito dopo la pubblicazione della relazione intermedia dell’UE sugli stress test delle centrali. Si discuterà anche dei rischi, della comunicazione e dei differenti punti di vista su questa questione nell’UE, e sarà introdotto il tema della possibilità che l’energia nucleare abbia un futuro come componente di un mix energetico a basse emissioni di carbonio, tema che sarà al centro di un importante forum delle parti ● interessate organizzato dal CESE a metà 2012. (ac) Il CESE info è inoltre disponibile in 22 lingue, in formato PDF,, sul sito Internet del CESE: http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.eesc-info CESE info viene pubblicato nove volte l’anno in occasione delle sessioni plenarie del CESE. Ottobre 2011/8 — Edizione speciale Antoine Cochet (ac) Karin Füssl (kf) Barbara Walentynowicz (bw) Tomasz Jasiński — Rappresentante dei membri del Maria Judite Berkemeier (mjb) CESE nel comitato editoriale (gruppo Lavoratori, Polonia) Le versioni a stampa di CESE info in inglese, francese e tedesco possono essere ottenute gratuitamente presso il servizio Stampa del Comitato economico e sociale europeo. Hanno collaborato a questo numero: Nadja Kačičnik URL: http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.eesc-info Indirizzo: CESE info non può essere considerato come un resoconto ufficiale dei lavori del Comitato. A tal fine si rimanda alla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o ad altre pubblicazioni del Comitato. Caporedattrice: Maciej Bury (mb) Raffaele De Rose (rdr) Antonio Santamaria Pargada (asp) Guy Harrison (gh) Tzonka Iotzova (tz) Nadja Kačičnik (nk) Sylvia Binger (sb) Patrick Feve (pf) Alejandro Izquierdo Lopez (ail) Bernhard Knoblach (bk) Coordinamento generale: Comitato economico e sociale europeo Edificio Jacques Delors, Rue Belliard/Belliardstraat 99, 1040 Bruxelles/Brussel, Belgique/België Tel. +32 25469396 o 25469586 Fax +32 25469764 E-mail: [email protected] Internet: http://www.eesc.europa.eu/ CESE info è inoltre disponibile in 22 lingue, in formato PDF, sul sito Internet del CESE: La riproduzione — con citazione della fonte — è autorizzata (a condizione di inviare una copia alla redazione). Tiratura: 15 500 copie. Prossimo numero: dicembre 2011 QE-AA-11-008-IT-N Il CESE organizza un seminario sulla libertà dei media