Alimentazione in
gravidanza
Perché è importante occuparsi di alimentazione in gravidanza?...............................................................2
Come fornire informazioni sull’alimentazione alla donna in gravidanza?..............................................3
Quali alimenti è importante assumere in gravidanza?...................................................................................4
Come si possono integrare i folati?........................................................................................................................7
Quali indicazioni vanno fornite riguardo alle vitamine? ..............................................................................12
Quali indicazioni vanno fornite riguardo all’assunzione di ferro e calcio? ...........................................15
Quali consigli è bene fornire riguardo all’idratazione in gravidanza? ....................................................19
Quali informazioni occorre fornire sulla sicurezza alimentare? ................................................................20
Quali sono i rischi associati a un uso eccessivo di caffeina e di alcol? ..................................................24
Quando è necessario calcolare l’indice di massa corporea?.......................................................................28
Quali informazioni fornire circa l’alimentazione e l’idratazione durante l’allattamento? ..............31
Per richiedere chiarimenti sui contenuti di questo corso è possibile scrivere a fado@saepe.
Quesiti Clinico-Assistenziali – anno 6, n.1, ottobre 2014
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Direttore: Pietro Dri
Redazione: Nicoletta Scarpa
Autore dossier: Cristina Ferriolo Simona Fumagalli
Alimentazione in gravidanza
1.
Perché è importante occuparsi di alimentazione
in gravidanza?
Punti chiave
● L'efficacia del counselling nutrizionale
In sintesi
Seguire una corretta alimentazione in gravidanza è importante per la donna e per il
bambino per assicurare il corretto apporto nutrizionale e di micronutrienti. Un
corretto regime alimentare riduce il rischio di parto pretermine, il rischio di anemia
della donna e previene l’eccessivo aumento ponderale. E’ importante fornire un
counselling nutrizionale adeguato per ridurre il rischio di esiti avversi.
Alimentazione e stato nutrizionale in gravidanza possono influenzare in maniera significativa la salute
materna, fetale e neonatale.1-3 E’ importante quindi assistere la gestante dal periodo preconcezionale fino ad
allattamento concluso. Trattare di nutrizione in questo contesto significa:
 assicurarsi che la donna assuma il corretto apporto nutrizionale e di micronutrienti;
 informare la donna circa gli alimenti da assumere e quali evitare;
 valutare il peso corporeo materno, tenendo sotto controllo l’aumento.
È provato che fornire un counselling nutrizionale in gravidanza migliora l’alimentazione della donna, riduce
il rischio di esiti avversi materno-fetali e apporta benefici a lungo termine anche per il bambino. 3,4 In
particolare, una revisione sistematica di studi volti a indagare l’effetto di tale counselling sul consumo di
proteine e l’apporto energetico ha confermato come le informazioni fornite migliorino l’assunzione proteica,
riducano del 54% il rischio di parto pretermine e determinino un aumento della circonferenza cranica fetale
alla nascita.5 Un’altra revisione di studi condotti in Paesi industrializzati mostra che l’educazione nutrizionale
durante la gravidanza è in grado di prevenire l’eccessivo aumento ponderale. 6 Infine, una revisione
sistematica con metanalisi di 34 studi inerenti l’educazione nutrizionale rileva una riduzione del 30% del
rischio di anemia in gravidanza con questo intervento.7
Le ostetriche devono comprendere l’importanza della tematica, così da compiere scelte consapevoli
sull’assistenza e fornire alle donne informazioni basate su prove di efficacia aggiornate. 8 Inoltre è opportuno
sottolineare che la gravidanza è il periodo in cui le donne sono più motivate ad apportare cambiamenti al
proprio stile di vita, quindi intervenire in questa fase particolare può comportare benefici per la loro salute
anche a lungo termine.
Bibliografia
1. Bhutta ZA, Das JK, Rizvi A, et al. Evidence-based interventions for improvement of maternal and child nutrition:
what can be done and what cost?, Lancet 2013;9890:452-77.
2. Black RE, Victoria CG, Walker SP, et al. Maternal and child undernutrition and overweight in low-income and
middle-income countries. Lancet 2013; 9890:427-51.
3. Rush D. Nutrition and maternal mortality in the developing world. American Journal of Clinical Nutrition
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4. Darnton-Hill Ian. Nutrition counselling during pregnancy. Biological, behavioural and contextual rationale, e-library
of evidence for nutrition actions 2013.
5. Ota E, Tobe-Gai R, Mori R, et al, Antenatal dietary advice and supplementation to increase energy and protein
intake. Cochrane Database of Systematic Reviews 2012; CD000032.
6. Ronnberg AK, Nilsson K. Interventions during pregnancy to reduce excessive gestational weight gain: a systematic
review assessing current clinical evidence using the grading of recommendations, assessment, development and
evaluation (GRADE) system. BJOG 2010;117:1327–34.
7. Webb Girard A, Olude O. Education and counselling provided during pregnancy: Effects on maternal, neonatal and
child health outcomes, paediatric and perinatal epidemiology 2012;26:191–204.
8. Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG). Gravidanza fisiologica. Sistema Nazionale Linee Guida 2010;20.
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Alimentazione in gravidanza
2.
Come fornire informazioni sull’alimentazione
alla donna in gravidanza?
Punti chiave
● Temi dell’educazione nutrizionale
● Tempistiche con cui eseguire il counselling
In sintesi
Se da una parte si è visto che il counselling sull’alimentazione è efficace, dall’altra è
importante che i professionisti forniscano consigli alla donna preferibilmente
tramite un colloquio individuale concentrandosi sull’importanza di assumere
alimenti di buona qualità, sulle tipologie di cibi da assumere e da evitare, sulla
quantità e sull’integrazione dietetica con micronutrienti. Il counselling individuale
dovrebbe essere organizzato entro la fine del primo trimestre di gravidanza.
Si è visto che il counselling nutrizionale durante la gravidanza sia sotto forma di incontri individuali sia con
incontri in piccoli gruppo è utile ma per renderlo ancora più efficace le informazioni dovrebbero essere
offerte in forma divulgativa: il colloquio individuale è la modalità più efficace; è anche utile distribuire
opuscoli, file audiovisivi e strumenti interattivi, offerti però non come sostitutivi ma in aggiunta e solo
successivamente al colloquio individuale.1 Il counselling è ancora più efficace quando associato a un supporto
nutrizionale, ovvero quando sono contemporaneamente forniti alle donne prodotti come l’acido folico. 2-3
E’ possibile organizzare incontri di counselling che prevedano di affrontre più tematiche: per esempio oltre
all’educazione nutrizionale anche l’importanza dell’astensione dal fumo, da alcol e da droghe. Questa
modalità è risultata però meno efficace in termini di esiti rispetto a una seduta di counselling inerente
unicamente all’alimentazione.3
Gli aspetti su cui si deve concentrare il counselling sono:
 l’importanza di assumere alimenti di buona qualità;
 le tipologie di cibi da assumere e da evitare;
 la quantità necessaria per garantire un adeguato apporto nutrizionale;
 l’integrazione dietetica con micronutrienti.3
Da un’indagine condotta con lo scopo di valutare l’opinione delle donne riguardo agli interventi informativi
specifici, tra cui i consigli dietetici e le informazioni sulla sicurezza alimentare, è emerso che metà delle
intervistate ha ritenuto di aver bisogno di consigli sull’alimentazione e un terzo ha riferito di aver avuto
difficoltà nel seguire una dieta, soprattutto se restrittiva. 1 Questo aspetto potrebbe essere indicativo della
necessità delle donne di ricevere informazioni sull’educazione nutrizionale in gravidanza.
Come riportato nell’agenda della gravidanza contenuta nella linea guida del Sistema Nazionale Linee Guida
(SNLG) sulla gravidanza fisiologica,1 fornire informazioni inerenti gli stili di vita in gravidanza è un obiettivo
della prima visita ostetrica, che dovrebbe idealmente tenersi entro la decima settimana gestazionale. E’
necessario dunque che l’educazione nutrizionale, quando non può essere avviata nel periodo
preconcezionale, si compia entro e non oltre la conclusione del primo trimestre di gravidanza.
Bibliografia
1. Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG). Gravidanza fisiologica. Sistema Nazionale Linee Guida 2010;20.
2. Darnton-Hill Ian. Nutrition counselling during pregnancy. Biological, behavioural and contextual rationale, e-library
of evidence for nutrition actions 2013.
3. Webb Girard A, Olude O. Education and counselling provided during pregnancy: effects on maternal, neonatal and
child health outcomes, paediatric and perinatal epidemiology 2012,;26:191–204.
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Alimentazione in gravidanza
3.
Quali alimenti è importante assumere
in gravidanza?
Punti chiave
● Variazione delle necessità energetiche
● Alimenti consigliati
● Integrazione di micronutrienti
In sintesi
La dieta in gravidanza dovrebbe essere varia e sana e tenere conto di una lieve
richiesta supplementare di energia pari a circa 300 kcal al giorno. Si consiglia di
assumere: grandi quantità di frutta e verdura, perché ricche di acqua, vitamine e
minerali; pane e pasta in quantità tale da coprire il 55-60% dell’apporto energetico;
proteine in abbondanza perché fondamentali per la crescita del feto. Sono
raccomandate sia proteine di origine animale (carne bianca, carne rossa e pesce) sia
di origine vegetale (legumi).
Variazione delle necessità energetiche
L’alimentazione della gestante non si discosta molto da quella delle altre donne, sebbene debba essere
commisurata ai bisogni nutritivi materno-fetali e debba tener conto dell’effetto che alcuni alimenti possono
avere sulla salute del nascituro.1 Si consiglia un’alimentazione varia, 2,3 che tenga conto di una lieve richiesta
supplementare di energia, in media pari alle 300 kcal al giorno.4
Gli alimenti possono essere assunti attribuendo la consueta importanza secondo quanto riportato nella
piramide degli alimenti (vedi figura 1) e secondo quanto stabilito con i Livelli di Assunzione Raccomandati di
Nutrienti ed energia per la popolazione italiana (LARN).
Figura 1. Piramide alimentare
Alimenti consigliati
In particolare in gravidanza è consigliata l’assunzione di: 3
 abbondanti quantità di frutta e verdura;
 farinacei come pane, pasta, riso, patate;
 proteine derivate da pesce, carne, legumi;
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Alimentazione in gravidanza
 abbondanza di fibre derivate da pane integrale, frutta e verdura;
 prodotti caseari come latte, formaggi, yogurt.
Frutta e verdura, oltre ad avere un ridotto contenuto calorico, proteico (in media è pari all’1,5%) e di grassi
(0,3%), forniscono all’organismo acqua (in quanto ne sono costituiti per l’80-90%), vitamine (come il beta
carotene, vitamine del gruppo B e C), minerali e fibre.
Inoltre è opportuno ricordare che frutta e verdura, soprattutto se fresche, contengono sostanze fitochimiche
(acidi organici, polifenoli, oligosaccaridi) ovvero composti organici di origine vegetale che non nutrono ma
proteggono l’organismo con azione antiossidante nei confronti dei radicali liberi e stimolando lo sviluppo di
flora batterica intestinale favorevole alla salute dell’organismo ospite. Si raccomanda una quantità di frutta e
verdura pari a 5-6 porzioni al giorno. Ciascuna porzione deve essere pari a 150 g di frutta o 250 g di ortaggi
crudi (50 g per l’insalata) o 125 ml di succo di frutta. E’ opportuno consigliare di variare spesso il colore dei
prodotti ortofrutticoli, privilegiando quelli colorati in giallo-arancio e le verdure a foglie larghe di colore
verde scuro.1
Gli alimenti di origine vegetale sono la fonte principale di fibre: contribuiscono al raggiungimento del senso
di sazietà e quindi aiutano a contenere il consumo di alimenti a elevata densità energetica. L’integrazione con
fibre alimentari si è dimostrata efficace nel ridurre la frequenza della stitichezza in gravidanza. Si è visto
anche che l’assunzione di fibre è associata a una riduzione del rischio di sviluppare preeclampsia. 4-5
I farinacei dovrebbero costituire la maggior fonte di carboidrati, assunti in quantità tale da coprire almeno il
55-60% dell’apporto energetico giornaliero. Il pane è consigliato nella dose di 50 grammi due o tre volte al
giorno. Esso ha un contenuto di proteine modesto (circa 10%) e di valore biologico basso, il contenuto in
grassi è pressoché nullo, mentre ha un considerevole contenuto in carboidrati che varia dal 45 al 70%. La
pasta è invece un alimento ricco in amido, con un discreto contenuto di proteine (10%) di basso valore
biologico e con una quota lipidica irrilevante. La sua assunzione è consigliata in una dose pari a 80 grammi di
pasta secca al giorno.
Celiachia
Per le donne con celiachia è opportuno che in gravidanza venga proseguita la consueta alimentazione
priva di glutine. Tale malattia si associa a un aumentato rischio di anemia, parto pretermine, neonato
piccolo per l’età gestazionale e morte endouterina fetale. 11
Dopo il parto si consiglia l’allattamento al seno in quanto vi è associata una riduzione del rischio per il
neonato di sviluppare la celiachia, soprattutto se esso persiste nel periodo in cui sono introdotti alimenti
contenti glutine.12
Vegetarianesimo
Oltre a fornire il consueto counselling nutrizionale, è opportuno informare le donne vegetariane
dell’importanza di assumere un quantitativo sufficiente di ferro, vitamina B12 e vitamina D, per cui sono
spesso soggette a carenze. A questo scopo è possibile consigliare di integrare l’assunzione di legumi
secchi, frutta secca, albicocche, verdure con foglie verde scuro, pane integrale, cereali per la colazione
fortificati con ferro, uova e latticini. In alcuni casi si rende necessaria l’assunzione di integratori di
micronutrienti.
L’assunzione di proteine è fondamentale in gravidanza, tanto che nei Paesi in via di sviluppo si provvede alla
loro integrazione attraverso alimenti specificatamente creati. Le fonti di proteine sono la carne, il pesce, le
uova e i legumi. In una alimentazione adeguata, il consumo di carni è fondamentale perché contribuisce
all’apporto di proteine di elevata qualità: circa il 40% delle proteine della carne è costituito da aminoacidi
essenziali per l’organismo umano e il contenuto in grassi è compreso tra il 2 e il 30%, a seconda del taglio di
carne. Particolare importanza assume il contenuto in ferro-eme, specie nelle carni rosse, dal momento che è
assorbito in quantità maggiore rispetto al ferro proveniente dagli alimenti vegetali. Nella scelta della carne è
consigliabile orientarsi verso i tagli più magri e in generale alternare le carni rosse (bovino, suino magro) a
quelle bianche (pollame, vitello). La porzione di riferimento è di 100 grammi di carne (peso a crudo) al
massimo 5 giorni alla settimana, quindi non tutti i giorni.
Un’altra preziosa fonte di proteine di alto valore biologico è data dalle uova che grazie al loro basso apporto
di calorie sono indicate nei regimi ipocalorici (un uovo di gallina intero fornisce 75 kcal). Si consiglia
un’assunzione non superiore alle due uova a settimana.
I legumi sono gli alimenti vegetali a più alto contenuto proteico, contenendone circa il 20% (il doppio dei
cereali e una quantità analoga a quella della carne anche se di valore biologico inferiore). Possiedono anche
un elevato valore calorico, che rende questi alimenti una buona fonte di energia, e un buon contenuto in
-5-
Alimentazione in gravidanza
fibra, sia insolubile, ovvero capace di regolare il transito intestinale, sia solubile. I legumi sono importanti
anche come fonti di vitamine del gruppo B, niacina e folati. La dose consigliata è pari 30 grammi di legumi
secchi (o 100 g freschi) due volte a settimana.
Un’ulteriore fonte di proteine di elevato valore biologico è costituita dal pesce, ottima fonte di iodio, calcio,
fosforo, rame, magnesio, ferro, selenio e sodio. Il contenuto di vitamine è consistente per le vitamine B1, B2,
B12 e PP, ma il pesce è anche un importante (e quasi esclusivo) vettore di vitamine A e D, presenti nel fegato.
La porzione raccomandata è pari a 150 grammi due volte a settimana. Il pesce possiede una quantità di grassi
variabile, tra cui gli acidi grassi essenziali. La famiglia degli acidi grassi omega-3 è ritenuta necessaria per la
salute e un corretto sviluppo. La gravidanza è un periodo in cui la donna va frequentemente incontro a
carenze di omega-3, dato il consumo delle risorse da parte del feto. Il pesce è una fonte fondamentale di
questa tipologia di nutrienti, tuttavia il consumo eccessivo di pesce in gravidanza è sconsigliato, a causa della
possibile contaminazione con metil-mercurio e policlorobifenili, potenzialmente dannosi per lo sviluppo
fetale. Per questo motivo una fonte alternativa di omega-3 può essere l’olio di pesce e di alghe marine, la cui
assunzione in gravidanza è attualmente consigliata nel dosaggio 0,13-3 g al giorno. 6-7
Infine l’assunzione di latte e derivati è un’ottima fonte di proteine, vitamine e sali minerali. Tra i minerali
particolare importanza assume il calcio, di cui il latte è la fonte principale per la nutrizione umana, in quanto
presente in una forma che è facilmente assorbita dall’organismo. E’ consigliata l’assunzione di 125 ml di latte
o 125 g di yogurt due volte al giorno, mentre, per quanto riguarda i derivati si consigliano non più di 100 g di
formaggio fresco (o 50 g di formaggio stagionato) quattro volte a settimana.
Integrazione di micronutrienti
In gravidanza è necessario aumentare l’apporto di micronutrienti cioè di quei principi nutritivi necessari
per lo svolgimento di processi fisiologici. Fanno parte di questa categoria:
 le vitamine;
 i macroelementi come calcio, fosforo, potassio;
 i microelementi e oligoelementi come ferro, iodio, e fluoro.
Una loro carente assunzione può condizionare negativamente la salute materna e causare complicanze
con conseguenti rischi per madre e feto. 8-10 Una alimentazione varia in genere sopperisce al bisogno di
micronutrienti: per esempio nel terzo trimestre è necessaria una integrazione di calcio, perché ogni
giorno passano circa 200-250 mg di calcio dalla mamma allo scheletro del feto, tale richiesta può essere
compensata assumendo i latticini (latte, yogurt e formaggi). Inoltre la donna in gravidanza rispetto a
una donna adulta non gravida ha bisogno di un apporto doppio di ferro e folati e ha un maggiore
fabbisogno di vitamine A, B1, B2 e B12 e D.
Bibliografia
1. Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN). Linee guida per una sana alimentazione.
Consigli speciali per persone speciali 2003.
2. National Collaborating Centre for Women’s and Children’s Health (NCC-WCH). Antenatal care: routine care for the
healthy pregnant woman. RCOG Press 2008.
3. World Health Organization (WHO). Essential Nutrition Action. Improving maternal, newborn, infant and young child
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5. Thangaratinam S, Rogoziñska E, Jolly K, et al. Effects of interventions in pregnancy on maternal weight and
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10. Christian P, Micronutrients, birth weight, and survival. Annual Review of Nutrition 2010;30:83-104.
11. Sheiner E, Peleg R, Levy A, Pregnancy outcome of patients with known celiac disease. Eur J Obstet Gynecol Reprod
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12. Ivarsson A, Hernell O, Stenlund H, et al. Breast-feeding protects against celiac disease, Am J Clin Nutr, 2002;
5:914-21.
-6-
Alimentazione in gravidanza
4.
Come si possono integrare i folati?
Punti chiave
● Che cos’è l’acido folico
● Perché è importante in gravidanza
● Modalità e tempi di assunzione
In sintesi
L’integrazione di acido folico deve iniziare 3-4 settimane prima del concepimento. I
livelli minimi si raggiungono con un apporto di 200 microgrammi/die attraverso gli
alimenti, più una integrazione di 400 microgrammi/die. Nelle donne “a rischio”
(precedente gravidanza e/o familiarità per spina bifida, trattamento concomitante
con chemioterapici o farmaci anticonvulsivanti) occorre una dose giornaliera
corrispondente a 4-5 mg di acido folico. L’integrazione di acido folico sembra
concorrere anche alla riduzione del rischio di altre complicanze gravidiche (tra cui la
preeclampsia e il ritardo di crescita intrauterino), malformazioni congenite, in
particolare cardiovascolari, e (presumibilmente) sviluppo successivo di tumori dei
tessuti nervosi.
Che cos’è l’acido folico
L’acido folico (folato), vitamina B9, è un coenzima essenziale per la sintesi delle basi azotate degli acidi
nucleici e degli aminoacidi. Questo micronutriente non viene sintetizzato dall’organismo ma deve essere
assunto con il cibo. Il fabbisogno quotidiano in condizioni normali è di circa 0,2 mg.
I folati sono contenuti negli alimenti di origine vegetale e negli alimenti di origine animale. Il fegato e altre
frattaglie hanno un’alta concentrazione di folati (circa 500 microgrammi/100 g), ma per aumentare
l’assunzione è consigliato aumentare il consumo abituale di alimenti di origine vegetale: verdura, frutta,
legumi, cereali integrali, senza dimenticare qualche porzione settimanale di frutta secca. Nella tabella di
seguito sono riportati gli alimenti a maggior contenuto di folati.
Tabella 1. Contenuto di folati negli alimenti
Alimenti con alto
contenuto di folati
(100-300 mcg/100 g)
Asparagi, broccoli, carciofi, cavolini di Bruxelles, cavolfiori, cereali da colazione
Alimenti con un buon
contenuto di folati
(30-99 mcg/100 g)
Agrumi (arance, clementine, mandarini), agretti, avocado, bieta, legumi
(fagioli, ceci, lenticchie, piselli), kiwi, indivia, lattuga, frutta secca (noci,
mandorle, nocciole), pane e pasta integrali, rucola, pomodorini ciliegino, spinaci
Alimenti di origine
animale con un buon
contenuto di folati
Uova (50 mcg/100 g), il consumo massimo consigliato è di 2-3 volte alla
settimana
Perché è importante in gravidanza
Negli ultimi decenni l’acido folico è stato riconosciuto come essenziale nella prevenzione delle malformazioni
neonatali, particolarmente di quelle a carico del tubo neurale (vedi box a pagina seguente), che si possono
originare nelle prime fasi dello sviluppo embrionale.2-5
Non è però ancora del tutto chiaro come si eserciti l’effetto preventivo dell’acido folico e quali siano i
meccanismi alla base dell’associazione tra deficit di folati, anomalie di sviluppo e malattie, ma è possibile che
il ruolo preventivo nei confronti dei difetti del tubo neurale (DTN) sia attribuibile all’aumentato fabbisogno
di sintesi delle basi azotate nelle fasi precoci di formazione embrionale durante la quale questi tessuti vanno
incontro a processi di rapida proliferazione e differenziazione.
Si è visto che per ridurre il rischio di difetti del tubo neurale è possibile intervenire sia con l’integrazione di
acido folico cioè facendo assumere un integratore al singolo sia con la fortificazione degli alimenti cioè
aggiungendo acido folico agli alimenti e aumentando così l’apporto di acido folico a tutta la comunità.
Con l’integrazione si stima una riduzione relativa del rischio di ricorrenza di difetti del tubo neurale
dell’ordine del 75-80%(odds ratio 0,28, limiti di confidenza al 95% da 0,15 a 0,53).
-7-
Alimentazione in gravidanza
Difetti del tubo neurale
Che cosa si intende per difetti del tubo neurale?
Per difetti del tubo neurale (DTN) si indica un gruppo eterogeneo di malformazioni del sistema nervoso
centrale secondarie a una anomala chiusura del tubo neurale durante la quarta settimana di sviluppo
embrionale.
Qual è la prevalenza?
In Italia la prevalenza dei difetti del tubo neurale alla nascita, rilevati dai registri delle malformazioni
congenite (rappresentati per il 50% da spina bifida, per il 40% da anencefalia e il restante 10% da
encefalocele) è circa 6 per 10.000 nati: 16 Bisogna inoltre tener presente che circa il 95% dei soggetti
affetti nasce da coppie senza precedenti anamnestici.
Nonostante l’assunzione media di folati non sia ottimale, 15 l’Italia ha un’incidenza di difetti del tubo
neurale (ma non di altre malformazioni congenite) inferiore a quella osservata nei Paesi anglosassoni o
mediorientali (per esempio la Turchia). 13 Le cause di questa differenza non sono ancora note e
probabilmente riflettono la diversa distribuzione di fattori genetici, ambientali e nutrizionali. Donne con
anamnesi positiva per precedenti gravidanze con figlio affetto hanno un rischio di ricorrenza 10 volte
superiore a quello della popolazione generale. I difetti del tubo neurale (soprattutto l’anencefalia) sono
circa 5 volte più frequenti in donne con diabete insulino dipendente.
Si può quindi stimare una riduzione dell’incidenza di difetti del tubo neurale del 50-70% 12,13 in caso di
integrazione di 0,4 mg/die di acido folico e di 20-50% in caso di fortificazione delle farine. L’effetto protettivo
è più marcato nelle popolazioni o aree geografiche con elevata incidenza di difetto del tubo neurale. 14 Le
diverse strategie non sono in ogni caso alternative: migliorare l’apporto alimentare di folati, prescrivere una
integrazione e garantire una fortificazione possono rappresentare politiche sinergiche.
Le prove disponibili sull’efficacia della prevenzione attraverso l’integrazione con acido folico in termini di
riduzione di altre malformazioni congenite sono meno significative, ma indicano una riduzione del rischio
dell’ordine del 30-50% riguardante difetti di riduzione degli arti, malformazioni dei tratti urinario e
digestivo, labiopalatoschisi con o senza palatoschisi,16 e alcune cardiopatie congenite.13,17 Si tratta di
malformazioni complessivamente molto più frequenti dei difetti del tubo neurale, per cui anche se l’effetto
preventivo è minore, l’impatto in termini assoluti dell’assunzione ottimale nella fase periconcezionale è
considerevole. Una stima effettuata per la situazione italiana indica che una diffusa e corretta integrazione
periconcezionale porterebbe a prevenire la nascita di 1.500 bambini malformati all’anno.13
Modalità e tempi di assunzione
La somministrazione di folati deve iniziare prima del concepimento. Ciò è legato all’embriogenesi: per
quanto riguarda i difetti del tubo neurale, la neurulazione primaria (da placca neurale a tubo neurale
primario) si verifica tra i 17 e 30 giorni dopo il concepimento mentre, per quanto riguarda le anomalie conotroncali, i cinque segmenti del tubo neurale subiscono trasformazioni di struttura e posizione tra i 21 e i 50
giorni dopo il concepimento. Quindi per ottenere livelli ematici significativi è necessario che l’integrazione
inizi un mese (meglio due) prima del concepimento e si protragga per il primo trimestre di gravidanza. Ai
dosaggi consigliati non ci sono prove di una possibile tossicità dell’acido folico, anche per somministrazioni
prolungate.
Le dosi di acido folico (da solo o come multivitaminico) raccomandate nella prevenzione dei difetti del tubo
neurale sono:
 in tutte le donne di età fertile: 0,4 mg/die, in periodo periconcezionale e per tutto il primo trimestre
(SNLG 2010); va segnalato tuttavia che nell’ultimo documento di sintesi dei LARN della Società Italiana
Nutrizione Umana raccomanda per la donna in gravidanza di assumere 0,6 mg/die di acido folico (vedi
box sotto);
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Alimentazione in gravidanza
Fabbisogno in gravidanza
Le indicazioni sui livelli di assunzione di folati sono state recentemente aggiornate sulla base della
revisione sistematica della letteratura scientifica e dei documenti internazionali sulle raccomandazioni
nel nuovo documento di sintesi dei LARN (Livelli di Assunzione Raccomandati di Nutrienti ed energia per
la popolazione italiana), revisione 2012. L’assunzione raccomandata per la donna in gravidanza è di 600
mcg (0,6 mg)/die, per le aumentate richieste materne, da accelerata eritropoiesi, e del feto per i tessuti
in rapida crescita. Il LARN durante l’allattamento è di 500 mcg/die. 1
 per le donne con riconosciuti fattori di rischio per difetti del tubo neurale e per altre malformazioni
suscettibili di riduzione del rischio con l’uso di acido folico (per esempio trattamento con farmaci
antiepilettici, diabete mellito insulino dipendente, precedenti gravidanze esitate in difetti del tubo
neurale, eccetera) è raccomandata l’integrazione periconcezionale con 5 mg/die a partire da almeno un
mese prima del concepimento e per tutto il primo trimestre. Questo intervento, anche se prevede dosi alte
di somministrazione con acido folico, esula dalla valutazione rischio beneficio applicata alla sicurezza
alimentare, rientrando in un ambito strettamente farmacologico.12
La donne più facile da raggiungere con la promozione dell'integrazione periconcezionale con acido folico
sono quelle che programmano una gravidanza e che in Italia sono circa il 65% delle gravidanze totali.
Purtroppo, le gravidanze non programmate (circa 35%) interessano frequentemente le fasce di popolazione
più vulnerabili e/o meno informate riguardo a stili di vita e fattori ambientali di rischio e quindi più difficili
da raggiungere anche attraverso campagne di promozione. L’Istituto Superiore di Sanità tramite il Network
Italiano di promozione dell’acido folico ha comunque prodotto materiale divulgativo liberamente scaricabile
da Internet all’indirizzo http://www.iss.it/cnmr/acid/index.php?lang=1.
Per essere certi di raggiungere la concentrazione adeguata di acido folico si raccomanda a tutte le donne in
età fertile che non escludono una gravidanza l’integrazione con 0,4 mg al giorno accompagnata da
un’alimentazione sana ed equilibrata. 28 E’ oltremodo importante, per le donne e per gli operatori sanitari
individuare le situazioni a rischio (una o più gravidanze precedenti con DTN, fattori metabolici, alimentari,
farmacologici, eccetera) per attuare interventi di prevenzione mirati. 18
Effetti indesiderati
Non ci sono prove relative ai rischi associati alla profilassi con acido folico per la salute materna e del
neonato.19 L’assenza di segnalazioni di complicanze nel lungo periodo di utilizzo non esime da un
atteggiamento prudenziale nell’impiego di alti dosaggi in epoca preconcezionale e durante la gravidanza.
Segnalazioni di un possibile aumento di gravidanze multiple associato all’impiego di acido folico in epoca
periconcezionale non sono confermate28 ma il problema richiede comunque l’attivazione di un sistema di
sorveglianza.
Fortificazione degli alimenti
I programmi tesi ad assicurare che le donne in età fertile senza contraccezione efficace assumano una
adeguata quantità di acido folico per la prevenzione dei difetti del tubo neurale (DTN) non hanno finora
raggiunto un pieno successo.2
Le difficoltà registrate (si stima che solo un terzo delle donne assuma acido folico prima del concepimento)
hanno indotto alcuni Paesi a intraprendere la via della fortificazione obbligatoria degli alimenti (in
particolare della farina di grano) con estensione della integrazione nella popolazione generale (SNLG 2010).
La fortificazione è in grado, almeno teoricamente, di assicurare a tutte le donne in età fertile,
indipendentemente dalla programmazione della gravidanza, un apporto supplementare di acido folico. La
scelta di contenere la supplementazione a dosaggi sub ottimali (0,1-0,2 mg/100 g di farina) risponde a un
principio precauzionale, teso a evitare che la somministrazione di folati possa mascherare (soprattutto nella
popolazione anziana) i segni ematologici di un'anemia megaloblastica, mentre le manifestazioni neurologiche
permangono e diventano progressive. Questa considerazione ha determinato la proposta di coniugare
fortificazione con acido folico e fortificazione con vitamina B12. 22
Interventi di fortificazione delle farine, attuati negli Stati Uniti, 7 Canada Nova Scotia,8 Canada Ontario,9 Cile10
e Costa Rica11 hanno rilevato una riduzione dell’incidenza dei difetti del tubo neurale rispettivamente del
23%, 54%, 49% ,37% e 35%. Ciò in Paesi (salvo il Costa Rica) il cui il tasso di incidenza pre fortificazione era
attorno a valori dell’1-2‰. La fortificazione obbligatoria è stata adottata in diversi Paesi extraeuropei, a
cominciare dagli Stati Uniti dove è stata introdotta nel 1998, Canada, Israele, Cile e da numerosi altri Paesi.
L’adozione della fortificazione obbligatoria è stata vivacemente discussa anche in Europa, sulla spinta di
-9-
Alimentazione in gravidanza
alcuni Paesi (Regno Unito, Irlanda) che ne hanno considerato la possibilità a causa della loro elevata
incidenza di difetti del tubo neurale.23
L’obiettivo della fortificazione è quello di combattere una diffusa situazione di carenza soprattutto nelle
gravidanze non programmate; nelle intenzioni di chi continua a sostenerla essa non è in contrasto con la
promozione della supplementazione periconcezionale.
Negli Stati Uniti l’introduzione della fortificazione ha avuto nel tempo un effetto positivo, anche se non nella
misura attesa, sull’incidenza dei difetti del tubo neurale che si è ridotta del 25-30% (corrispondente a circa il
50% della frazione prevenibile con acido folico). Ci sono anche indicazioni di riduzioni seppur modeste ma
non trascurabili (5-20%) di altri difetti congeniti folato-sensibili, soprattutto nella popolazione di origine
latino-americana.24,25 Tuttavia, altri dati indicano che lo status dei folati nella popolazione di origine ispanica,
con forte consumo di mais, ha avuto limitati benefici dalla fortificazione delle farine di frumento; 26 pertanto,
l’osservata riduzione di incidenza delle malformazioni congenite in questo gruppo etnico potrebbe essere
dovuta anche ad altri fattori, compreso il miglioramento dello status economico e culturale.
Un’alternativa alla fortificazione obbligatoria è la “fortificazione volontaria”, cioè la disponibilità di alimenti
fortificati sul mercato e la loro promozione mediante iniziative del settore pubblico e/o privato.
La fortificazione volontaria implica una scelta informata e consapevole del cittadino, al contrario della
fortificazione obbligatoria in cui l’aumento dell’assunzione di un determinato nutriente avviene
“inconsapevolmente”. Per contro i livelli di assunzione attraverso la fortificazione volontaria possono essere
meno facilmente controllabili, perché esposti alle pressioni del mercato e difficilmente monitorabili.
La fortificazione è, in termini di sanità pubblica, una strategia in grado di ridurre i costi (rispetto alla
supplementazioni) con una rilevante efficacia pratica. Un problema a parte è rappresentato dalle questioni
etiche, poste da alcuni, sulla relazione tra fortificazione degli alimenti e libertà individuale di aderire a
politiche preventive.27
Bibliografia
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Alimentazione in gravidanza
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- 11 -
Alimentazione in gravidanza
5.
Quali indicazioni vanno fornite riguardo alle
vitamine?
Punti chiave
● Vitamina A
● Vitamina D
● Vitamina B12
In sintesi
La donna in gravidanza deve assumere regolarmente vegetali di colore verde scuro e
vegetali colorati (gialli, arancioni) perché ricchi di vitamina A. Tuttavia si è visto che
dosi eccessive di vitamina A possono avere effetti teratogeni, per questo in
gravidanza si raccomanda di evitare integratori che contengono vitamina A e
l’assunzione di fegato perché potrebbe contenere dosi eccessive di vitamina A.
L’integrazione di vitamina D è raccomandata solo in casi particolari come donne del
sud asiatico, africane, caraibiche e di origini medio orientali, donne che si
espongono raramente al sole e donne che seguono un’alimentazione povera di
vitamina D. La vitamina B12 è presente in tutti gli alimenti di origine animale: nella
carne rossa e bianca, nel pesce, nelle uova, nei latticini e nei molluschi. Le vongole,
le cozze, gli sgombri, le aringhe e il fegato animale sono gli alimenti più ricchi.
L’apporto di questa vitamina potrebbe essere critico per le donne che seguono una
dieta vegetariana che escluda tutti gli alimenti di origine animale (vegetariani e
vegani). In questi casi si deve consigliare il consumo di alimenti arricchiti o
integratori alimentari idonei.
Vitamina A
Alle dosi raccomandate dalla Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) attraverso i LARN la vitamina A è
generalmente considerata non tossica. Un dosaggio eccessivo può causare tossicità acuta o cronica.
I benefici potenziali derivanti da una integrazione di vitamina A sono limitati alle popolazioni delle aree in
cui si registra una carenza di vitamina A, condizione che non è preminente fra le donne gravide in Italia.
Va segnalato che un’alta concentrazione di vitamina A è considerata teratogena. 1-3 Dagli studi disponibili non
è possibile determinare una curva dose-risposta o un valore soglia oltre il quale la vitamina A può essere
dannosa nel primo trimestre di gravidanza; per un principio precauzionale, dosi di vitamina A comprese tra
10.000 e 25.000 IU sono considerate a rischio teratogeno.4
L’assunzione di vitamina A con la dieta dovrebbe essere limitata a un consumo giornaliero di 2.310 IU (700
µg). Devono pertanto essere evitati alimenti come fegato e prodotti derivati, poiché contengono
concentrazioni variabili, ma a volte elevate, di vitamina A (10.000-38.000 µg per una porzione di 100 g). Il
consumo in gravidanza di fegato e prodotti derivati (e quindi un apporto di vitamina A maggiore di 700 µg) è
stato associato a un rischio aumentato di malformazioni congenite.3
Raccomandazioni
E' opportuno che i professionisti consiglino alle donne in gravidanza di evitare:
 l’integrazione di vitamina A (assunzioni maggiori di 700 microgrammi al giorno) perché
potenzialmente teratogena;
 il consumo di fegato e di alimenti prodotti a partire dal fegato, in quanto contengono elevati livelli di
vitamina A.5
Vitamina D
La vitamina D è essenziale per l’omeostasi del calcio, incluso il suo assorbimento attraverso la placenta per
sopperire ai bisogni del feto, specie nell’ultimo trimestre di gravidanza. 6 Durante la gravidanza aumentano
sia l’assorbimento del calcio sia l’attività della vitamina D e con meccanismi regolativi che determinano
cambiamenti fisiologici aumenta l’assorbimento intestinale di calcio. E’ meno chiaro se i meccanismi che
determinano un aumento dell’attività della vitamina D siano attribuibili a sintesi placentare, sintesi mediata
da ormoni della gravidanza o da entrambi.7
- 12 -
Alimentazione in gravidanza
Una grave carenza di vitamina D è associata a rachitismo nei bambini e a osteomalacia in bambini e adulti.
Una più alta prevalenza di carenza di vitamina D è stata registrata in alcuni gruppi etnici (popolazioni del
sud-est asiatico e caucasiche) e in donne con abitudini comportamentali che impediscono l’esposizione della
cute ai raggi solari. La dieta vegetariana o una dieta a basso consumo di carne è stata associata ad aumentato
rischio di rachitismo e osteomalacia.
La concentrazione sierologica di 25-(OH)D è considerata un indicatore dello status di vitamina D e riflette il
contributo combinato della sintesi cutanea e dell’apporto dietetico: il 90% della vitamina D è sintetizzato
attraverso la cute con l’esposizione solare e il 10% attraverso la dieta. La linea guida Antenatal Care definisce
la carenza di vitamina D come un valore di 25-(OH)D sierica inferiore a 25 nm/l.
Gli studi inclusi nella linea guida Antenatal Care 5-10 condotti in etnie sud asiatiche e caucasiche hanno
rilevato nelle donne in gravidanza l’associazione tra supplementazione con vitamina D e aumentati livelli
plasmatici di 25-(OH)D.
L’integrazione in gravidanza con vitamina D non sembra avere ricadute su esiti rilevanti per la salute
materna e del bambino. Prove di limitata qualità indicano che, in gruppi etnici vulnerabili per carenza di
vitamina D (donne sud asiatiche e caucasiche, donne con comportamenti che impediscono l’esposizione della
cute ai raggi solari), l’integrazione aumenta la concentrazione ematica del precursore della vitamina D e
migliora marginalmente la crescita del neonato.
Raccomandazioni
In gravidanza l’integrazione con vitamina D non è raccomandata a tutte le donne ma è consigliata, dopo
una valutazione caso per caso, nelle donne appartenenti ai seguenti gruppi a rischio:
 donne del sud asiatico, africane, caraibiche e di origini medio orientali;
 donne che si espongono raramente al sole;
 donne che seguono un’alimentazione povera di vitamina D. 10
Vitamina B12
La vitamina B12 è presente in tutti gli alimenti di origine animale: nella carne rossa e bianca, nel pesce, nelle
uova, nei latticini e nei molluschi. Le vongole, le cozze, gli sgombri, le aringhe e il fegato animale sono gli
alimenti più ricchi.
La vitamina B12 è anche contenuta nei cosiddetti alimenti fortificati, come il latte di soia di seta di tipo
refrigerato, gli hamburger di soia, alcuni cereali come i grape-nuts. Non esistono piante o vegetali
commestibili dai quali attingere in forma attiva la vitamina B12 e questo costituisce un potenziale pericolo
per chiunque sostenga una dieta di stampo vegano, del tutto priva di carni e dei suoi derivati.
L’apporto di questa vitamina potrebbe essere critico per le donne che seguono una dieta vegetariana che
escluda tutti gli alimenti di origine animale (vegetariani e vegani). In questi casi si deve consigliare il
consumo di alimenti arricchiti o integratori alimentari idonei. Gli integratori multivitaminici sono il supporto
ottimale, poiché la vitamina B12 è assorbita meglio se accompagnata da altre vitamine del gruppo B. 5
Bibliografia
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- 13 -
Alimentazione in gravidanza
6.
Quali indicazioni vanno fornite riguardo
all’assunzione di ferro e calcio?
Punti chiave
● Ferro
● Calcio
In sintesi
Il ferro è un oligoelemento fondamentale per la costituzione dell’emoglobina.
L’integrazione del ferro va effettuata in caso di anemia o in donne a rischio (per
esempio in caso di gravidanze ravvicinate) ma non va consigliata di routine a tutte
le gravide. Le donne in gravidanza e durante l’allattamento dovrebbero consumare
abitualmente latticini per garantire una adeguata assunzione di calcio.
L’integrazione di calcio in gravidanza è raccomandata per i soggetti che ne
assumono in quantità insufficiente e per coloro che presentano fattori di rischio per
lo sviluppo di ipertensione gestazionale (gravidanze gemellari, età avanzata, indice
di massa corporea elevato).
Ferro
Il ferro è un oligoelemento fondamentale nella costituzione dell’emoglobina, della mioglobina e di diversi
enzimi. Come tale svolge importanti funzioni, come il trasporto di ossigeno ai tessuti, il trasferimento di
elettroni nella catena respiratoria e l’attività di importanti sistemi enzimatici.
Gli alimenti maggiormente ricchi di ferro sono la carne, le interiora (fegato, rene e cuore), il cioccolato
fondente, i legumi, la frutta secca in guscio e le verdure a foglia verde (broccoli, spinaci, eccetera).
Quello che conta maggiormente, però, è la capacità di assorbire il ferro alimentare da parte del nostro
organismo, che varia notevolmente da alimento ad alimento. Tale capacità è massima per interiora e carni
rosse, e minima per i vegetali a foglia verde.
L’assorbimento del ferro è facilitato dal fruttosio e soprattutto dalla vitamina C e dall’acido citrico che ne
aumentano la biodisponibilità: per questo si raccomanda di condire le verdure con il limone. Ostacolano
invece l’assorbimento il tè e il caffè (per la presenza di tannini), gli alimenti che contengono acido ossalico
(cereali integrali, spinaci, barbabietole), il conservante EDTA.
L’assunzione quotidiana in gravidanza di ferro o di ferro e folato in donne non anemiche:
 previene l’anemia, definita come emoglobina al termine della gravidanza <11,0 g/dl (rischio relativo 0,27,
limiti di confidenza al 95% da 0,17 a 0,42);
 riduce il rischio di emotrasfusione dopo il parto (rischio relativo 0,61, limiti di confidenza al 95% da 0,38a 0,96).
Non ci sono prove su altri esiti neonatali o infantili, come peso alla nascita <2.500 g, concentrazione di
ferritina a 3 e 6 mesi di età, nascite pretermine o altri esiti materni.1
L’assunzione quotidiana di ferro e folato è risultata associata a una minore frequenza di nati piccoli per l’età
gestazionale (uno studio, n=1.318; rischio relativo 0,88, limiti di confidenza al 95% da 0,80 a 0,97) e di
anemia a termine, definita come emoglobina <11,0 g/dl (3 studi, n=346; rischio relativo 0,27, limiti di
confidenza al 95% da 0,12 a 0,56).2
I dati disponibili non mostrano differenze negli esiti quando il ferro o la associazione di ferro e folato
vengono assunti in modo intermittente (per esempio settimanalmente) invece che quotidianamente.
L’integrazione di ferro può essere particolarmente utile nei casi di gravidanze ravvicinate.
E’ consigliabile la contemporanea assunzione di alimenti ricchi di Vitamina C e acido citrico per l’incremento
dell’assorbimento del ferro da essi indotta.
L’assunzione quotidiana di ferro risulta associata a effetti collaterali, in particolare può puo' stimolare la
produzione di reticolociti e quindi dare una eritrocitosi e può causare irritazioni gastrointestinali.3
- 14 -
Alimentazione in gravidanza
Raccomandazioni
In gravidanza la somministrazione abituale, quotidiana o intermittente, di ferro o di ferro e folato è
associata a una riduzione della prevalenza di anemia materna a termine.
Le prove disponibili non dimostrano, per le donne senza anemia, sostanziali benefici della
somministrazione di ferro o di ferro e folato sulla salute materna, la salute del feto o l’esito della
gravidanza. I dati disponibili indicano inoltre che la integrazione quotidiana non offre vantaggi rispetto
alla somministrazione settimanale e che le dosi e le formulazioni in grado di ridurre gli effetti negativi
dovrebbero essere incoraggiate.
L’integrazione con ferro non deve essere offerta di routine a tutte le donne in gravidanza, dal momento
che non porta benefici di salute per la madre e il feto e può avere effetti collaterali indesiderati. 4
L’assunzione di ferro può ridurre la biodisponibilità di zinco e rame; in caso di integrazione è quindi
consigliabile associare al ferro un apporto di zinco e di rame. In tutti gli integratori studiati per la gravidanza
(ma anche in quelli più comuni) i tre minerali sono comunque presenti in associazione.
Calcio
Grazie all’aumentata efficienza nell’assorbimento del calcio durante la gravidanza e l’allattamento, l’apporto
dietetico di questo minerale potrebbe non discostarsi molto da quello delle donne coetanee in normali
condizioni fisiologiche. Vista però la necessità di trasferire calcio al feto durante la gravidanza e al neonato
durante l’allattamento, è opportuno suggerire alla donna un aumento di assunzione attraverso prodotti
lattiero caseari o con l’uso di integratori. Ci sono inoltre prove che indicano come un’integrazione di calcio e
vitamina D possa essere particolarmente utile, in alcune fasce della popolazione: donne poco esposte al sole e
donne che non consumano prodotti lattiero-caseari (allergiche, intolleranti o vegetariane-vegane).
L’integrazione di calcio in gravidanza è raccomandata solo per le donne che ne assumono in quantità
insufficiente e per coloro che presentano fattori di rischio per lo sviluppo di ipertensione gestazionale
(gravidanze gemellari, età avanzata, indice di massa corporea elevato, eccetera). L’assunzione di adeguate
quantità di calcio sono infatti associate a una riduzione del 50% del rischio di sviluppare preeclampsia 1 e
parto pretermine. La dose consigliata per questa popolazione è pari a 1 g al giorno ed è necessario che
l’assunzione continui durante l’allattamento.2
- 15 -
Alimentazione in gravidanza
Integratori multivitaminici e multiminerali
Sebbene, come si è detto in precedenza, una dieta idonea copra in gran parte il fabbisogno di nutrienti
necessari per la gravidanza e l’allattamento, tuttavia una integrazione vitaminica o minerale può essere
contemplata nelle seguenti condizioni:
 donne fumatrici o alcoliste;
 donne che consumano diete vegetariane o non vegetariane ma sbilanciate;
 gravidanze gemellari.
L’uso di integratori alimentari deve comunque essere effettuato con cautela e va preferibilmente stabilito
dal proprio medico, perché anche nutrienti apparentemente privi di rischi possono, a dosi elevate o
inadeguate, essere pericolosi (ben noto è il caso degli effetti teratogeni di un eccesso di vitamina A in
gravidanza). Il consumo di integratori a base di piante o contenenti principi attivi vegetali andrebbe
concordato con il medico, considerato che ingredienti a base vegetale possono essere controindicati in
gravidanza e allattamento.
Acidi grassi polinsaturi (omega-3)
Gli omega-3 sono un insieme di acidi grassi polinsaturi essenziali così chiamati perché non sono
sintetizzati dall’organismo e devono essere necessariamente introdotti con la dieta. Gli omega-3,
principalmente l’acido eicosapentanoico (EPA) e l’acido docosaesanoico (DHA), sono contenuti in molti
alimenti, innanzitutto pesci come aringhe, acciughe, trote, pesce spada, salmone e sgombro; negli oli di
origine vegetale come quelli di soia, girasole, lino e olive; nelle noci e nei legumi.
Oltre a un’importante funzione nella prevenzione delle malattie cardiovascolari 12 e di protezione delle
funzioni visive, gli omega-3 giocano un ruolo chiave nello sviluppo del cervello del feto durante le prime
settimane di gravidanza e nell’aumento delle capacità cognitive del bambino nelle ultime settimane di
gestazione e nei primi mesi di vita. 13 Sembra, inoltre, che una carenza di DHA sia tra le possibili cause
della depressione post parto, dal momento che gli omega-3 giocano un ruolo importante anche nella
regolazione dell’umore.13-15
Dal momento che il feto attinge alle riserve della madre è, dunque, fondamentale che questa ne
aumenti l’introito durante la gravidanza o attraverso la dieta o per mezzo di integratori specifici a base
di DHA. Si è visto che i bambini nati da madri vegetariane vegane hanno un livello di acido
docosaesaenoico (DHA) plasmatico inferiore a quello dei figli di madri onnivore: il significato di questa
differenza non è chiaro. Alla luce delle prove scientifiche secondo cui DHA sarebbe coinvolto nella
maturazione cerebrale e oculare, una integrazione in questa categoria di donne parrebbe consigliabile.
Le donne vegane dovrebbero quindi consumare alimenti ricchi di DHA. L’uso di microalghe potrebbe
costituire una interessante fonte di DHA; va però ricordato che se le alghe sono di origine marina
potrebbero contenere elevati livelli di iodio. Non si consigliano integrazioni di EPA + DHA in gravidanza
per i possibili effetti competitivi dell’EPA nei confronti dell’acido arachidonico, che nella fase fetale è
fondamentale per i processi di crescita.13-15
Poiché il fumo di sigaretta abbassa i livelli di DHA nel latte, forse per inibita sintesi, l’integrazione va
consigliata in particolare alle fumatrici, sia che abbiano smesso o soprattutto che abbiano continuato
tale abitudine durante la gravidanza.13-15
Sembra che l’aumentato apporto dietetico materno di omega-3 e in particolare di DHA, derivato da
almeno due porzioni di pesce alla settimana, si associ a un miglioramento di parametri di salute
infantile, quali l’acuità visiva e lo sviluppo cognitivo (due porzioni a settimana è l’equivalente di circa
300 grammi a settimana).13-15
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9. Commission of the European Communities (1993) Nutrient and energy intake for the European Community.
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11. Società Italiana di Nutrizione Umana. LARN REVISIONE 1996-9.
12. Morris MC, Sacks F, Rosner B. Does fish oil lower blood pressure? A meta-analysis of controlled trials. Circulation,
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Alimentazione in gravidanza
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- 17 -
Alimentazione in gravidanza
7.
Quali consigli è bene fornire riguardo
all’idratazione in gravidanza?
Punti chiave
● Implementazione dell’assunzione idrica in gravidanza
In sintesi
In gravidanza il fabbisogno idrico è nettamente aumentato in quanto la donna, oltre
ai propri bisogni, deve coprire anche quelli strettamente connessi alla gestazione
come l’aumento della volemia, la produzione di liquido amniotico e l’imbibizione
tessutale. E’ dunque necessario che la donna in gravidanza assuma 2.300 ml di
acqua al giorno e 2.700 ml di acqua al giorno durante l’allattamento.
L’acqua è il costituente essenziale dell’organismo umano ed è indispensabile per lo svolgimento di tutti i
processi fisiologici e le reazioni biochimiche. E’ necessario, quindi, che l’organismo mantenga l’equilibrio tra
quantità di liquidi introdotti e in uscita. Se, al di fuori della gravidanza, la quantità d’acqua consigliata è pari
a 2 litri al giorno, il fabbisogno in gravidanza è nettamente aumentato in quanto la donna, oltre ai propri
bisogni, deve coprire anche quelli strettamente connessi alla gestazione, come l’aumento della volemia, la
produzione di liquido amniotico e l’imbibizione tessutale. Con riferimento all’apporto giornaliero di
riferimento per la popolazione italiana, 2 l’assunzione adeguata è di 2.300 ml di acqua al giorno in gravidanza
e 2.700 durante l’allattamento (vedi quesito Quali informazioni fornire circa l’alimentazione e l’idratazione
durante l’allattamento?).
Un’adeguata idratazione è anche efficace nella riduzione della stitichezza e del rischio di insorgenza di
infezioni delle vie urinarie.
Occorre considerare che una certa quota di acqua introdotta (600-800 ml) proviene dagli alimenti, che
hanno varia concentrazione d'acqua, per esempio:1
 frutta, ortaggi, verdura e latte sono costituiti per oltre l’85% di acqua;
 carne, pesce, uova, formaggi freschi ne contengono il 50-80%;
 pane e pizza sono costituiti per il 20-40% di acqua;
 pasta e riso cotti ne contengono il 60-65%.
Bibliografia
1. Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN). Linee guida per una sana alimentazione.
Consigli speciali per persone speciali 2003.
2. Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU). LARN. Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per
la popolazione italiana 2012.
- 18 -
Alimentazione in gravidanza
8.
Quali informazioni occorre fornire sulla sicurezza
alimentare?
Punti chiave
● Listeriosi
● Salmonellosi
● Toxoplasmosi
In sintesi
La listeriosi è una infezione batterica. La fonte di infezione sono alimenti
contaminati: latte non pastorizzato e tutti i prodotti caseari fatti con latte non
pastorizzato, i pâté di carne, i cibi lavorati come le carni fredde delle gastronomie, le
carni crude o poco cotte e gli insaccati. Per prevenire la malattia occorre che la
donna non assuma carni crude o poco cotte e che beva solo latte pastorizzato. In
caso di infezione la terapia è antibiotica. La salmonellosi è una tossinfezione a
trasmissione oro-fecale, che avviene attraverso l’ingestione di cibi o bevande
contaminate o per contatto, attraverso la manipolazione di oggetti o piccoli animali
in cui siano presenti le salmonelle. Nella maggior parte dei casi, l’infezione da
salmonella si presenta in forma lieve e si risolve da sola nel giro di pochi giorni. In
questi casi il consiglio è di somministrare reidratanti e non contrastare il fenomeno
diarroico. La toxoplasmosi è una zoonosi causata dal protozoo intracellulare
obbligato Toxoplasma gondii. In gravidanza la principale fonte di contagio è il
consumo di carne cruda e poco cotta. Il quadro clinico e la gravità dell’infezione
congenita dipendono dall’epoca gestazionale in cui avviene l’infezione, ma in modo
inversamente proporzionale: più precoce è l’infezione più grave è il danno.
In gravidanza è opportuno prevenire le tossinfezioni alimentari quali listeriosi, salmonellosi e toxoplasmosi,
spiegando alle donne quali sono le misure per ridurre il rischio di contrazione delle malattie.
Listeriosi
La listeriosi prende il nome dall’agente patogeno che la causa, il batterio Listeria monocytogenes che si trova
nel suolo e nelle acque, e quindi può facilmente contaminare ortaggi e verdure; molti animali possono essere
infettati dal batterio senza dimostrare sintomi apparenti. La fonte di infezione usuale è un’ampia varietà di
alimenti crudi o cotti contaminati: latte non pastorizzato e tutti i prodotti caseari fatti con latte non
pastorizzato, i pâté di carne, i cibi lavorati come le carni fredde delle gastronomie, le carni crude o poco cotte
e gli insaccati. Come la maggior parte dei batteri, la Listeria viene uccisa dai processi di pastorizzazione e
cottura, ma i cibi possono essere contaminati anche dopo la cottura e prima della vendita. Il batterio Listeria
monocytogenes è presente anche nel terreno e nelle feci di animali domestici e non.
La dose infettiva di Listeria è piuttosto bassa: bastano infatti 100 cellule batteriche per grammo di cibo a
causare infezione. E’ associata ad aborto spontaneo, parto prematuro, morte in utero o infezione del feto. 1,2 I
primi sintomi sono spesso simili a quelli di altre malattie derivate da alimenti contaminati: febbre, dolori
muscolari, nausea, diarrea. Quando l’infezione si diffonde al sistema nervoso, si possono manifestare
emicranie, confusione, irrigidimento del collo, perdita dell’equilibrio o anche convulsioni.
Tra i neonati che hanno contratto l’infezione dalla madre il tasso di mortalità è piuttosto elevato, e la malattia
si manifesta sia sotto forma di polmonite sia di meningite, difficilmente distinguibili a livello sintomatico da
infezioni causate da altri agenti patogeni. Nei neonati però la listeriosi può dare luogo anche ad altri sintomi,
come perdita di appetito, vomito, irritazione cutanea. Anche quando l’esito della malattia non è fatale, il
neonato ha comunque il rischio di subire danni neurologici a lungo termine e sviluppo ritardato.
La malattia sta assumendo sempre più una dimensione problematica per la sanità pubblica, sia per la sua
potenziale gravità sia per il fatto che le epidemie si sono manifestate anche in anni recenti nei nostri paesi,
soprattutto in seguito alla distribuzione di cibo contaminato attraverso le grandi catene di ristorazione.
Non sono disponibili informazioni sulla frequenza dell’infezione in Italia. Nel 2006, in 27 Paesi dell’Unione
Europea sono stati notificati 1.628 casi confermati di listeriosi umana, con un tasso complessivo di
segnalazione pari a 0,35 per 100.000. 3 In letteratura viene riportata una maggiore incidenza di listeriosi fra
le donne in gravidanza (12/100.000) rispetto al resto della popolazione (0,7/100.000). 4
- 19 -
Alimentazione in gravidanza
Il nuovo report annuale EFSA-ECDC sulle zoonosi e sui focolai di tossinfezione a trasmissione alimentare
nell’UE, pubblicato a febbraio 2014, registra un aumento del 10,5 % rispetto al 2011, confermando il graduale
incremento osservato nel corso degli ultimi cinque anni.
La Linea guida italiana sulla gravidanza fisiologica 5 raccomanda che i professionisti informino le donne in
gravidanza su come ridurre il rischio di listeriosi, ovvero consigliando di:
 bere solo latte pastorizzato o UHT;
 evitare di mangiare carni o altri prodotti elaborati da gastronomia senza che questi vengano nuovamente
scaldati ad alte temperature;
 evitare di contaminare i cibi in preparazione con cibi crudi e/o provenienti dai banconi di supermercati,
gastronomie e rosticcerie.
Dal punto di vista istituzionale, la listeriosi rientra nel gruppo di malattie per le quali sono stati stabiliti sia
negli Stati Uniti sia in Europa reti di sorveglianza sulla sicurezza alimentare con obbligo di denuncia. Queste
reti, volte a individuare focolai di infezione e determinarne la causa, permettono di agire sia ritirando i
prodotti dal mercato sia adottando le necessarie misure nei confronti degli impianti di produzione e
informando la popolazione a rischio.
Data la sua natura batterica, il trattamento della malattia passa attraverso una terapia antibiotica, sia per gli
adulti sia per i bambini. Una cura antibiotica somministrata precocemente a una donna incinta che si è
infettata può prevenire la trasmissione dell’infezione al feto.
Salmonellosi
La salmonellosi è una tossinfezione a trasmissione oro-fecale, che avviene attraverso l’ingestione di cibi o
bevande contaminate o per contatto, attraverso la manipolazione di oggetti o piccoli animali in cui siano
presenti le salmonelle.6
La salmonella è l’agente batterico più comunemente isolato in caso di infezioni trasmesse da alimenti, sia
sporadiche sia epidemiche.
Le salmonelle, responsabili di oltre il 50% del totale delle infezioni gastrointestinali, sono una delle cause più
frequenti di tossinfezioni alimentari nel mondo industrializzato. Le infezioni da Salmonella spp. possono
verificarsi nell’uomo e negli animali domestici e da cortile (polli, maiali, bovini, roditori, cani, gatti, pulcini) e
selvatici, compresi i rettili domestici (iguane e tartarughe d’acqua). I principali serbatoi dell’infezione sono
costituiti dagli animali e dai loro derivati (come carne, uova e latte consumati crudi o non pastorizzati) e
l’ambiente (acque non potabili) sono i veicoli di infezione.6-8
Non sono disponibili dati sulla frequenza dell’infezione in Italia. Nel 2006, nei Paesi dell’Unione Europea
sono stati registrati 168.639 casi confermati di salmonellosi, con un tasso complessivo di notificazione di 34
per 100.000. Il tasso di notificazione per le donne in età fertile è risultato inferiore a 25 casi per 100.000. 2
Importanti misure di prevenzione includono l’utilizzo di norme igieniche di base che possono essere molto
efficaci e si basano su semplici precauzioni di ordine igienico-sanitario e comportamentale.
Per quanto riguarda le norme igieniche da rispettate dal punto di vista alimentare, va ricordato che i batteri
della salmonella sono facilmente eliminabili attraverso una buona cottura, ma pochi sanno che l’effetto
sterilizzante del calore di cottura delle carni si annulla se, per esempio, il coltello usato per tagliare la carne
cruda viene impiegato poco dopo per tagliare la carne cotta, senza un adeguato lavaggio tra un’operazione e
l’altra.
Altrettanto pericolosa è l’abitudine di rompere le uova sottovalutando la potenziale carica infettiva del guscio.
E’ bene rammentare che piccole incrinature nel guscio possono permettere l’ingresso nell’uovo del batterio
eventualmente presente nelle feci della gallina. Nel mondo, si stima che il 50% delle epidemie di salmonellosi
sia dovuto a uova contaminate, mentre la carne bovina e suina (consumata cruda o poco cotta) e i derivati del
latte possano provocare, rispettivamente, il 15% e il 5% dei casi.
La Linea guida italiana sulla gravidanza fisiologica 5 raccomanda che i professionisti informino le donne in
gravidanza su come ridurre il rischio di salmonellosi, ovvero consigliando di:
 lavare frutta e verdura prima della manipolazione e del consumo;
 lavare le mani prima, durante e dopo la preparazione degli alimenti;
 refrigerare gli alimenti preparati in piccoli contenitori, per garantire un rapido abbattimento della
temperatura;
 cuocere tutti gli alimenti derivati da animali, soprattutto pollame, maiale e uova;
 evitare (o perlomeno ridurre) il consumo di uova crude o poco cotte (per esempio, all’occhio di bue), di
gelati e zabaioni fatti in casa, o altri alimenti preparati con uova sporche o rotte;
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Alimentazione in gravidanza
 consumare solo latte pastorizzato o UHT;
 proteggere i cibi preparati dalla contaminazione di insetti e roditori;
 evitare le contaminazioni tra cibi, avendo cura di tenere separati i prodotti crudi da quelli cotti;
 evitare che persone con diarrea preparino gli alimenti.
La salmonellosi contratta in gravidanza non è in grado di determinare infezione diretta né del feto né della
placenta ma l’infezione può comunque compromettere lo sviluppo del feto a causa delle condizioni di
ipetermia e anossia della madre. Nei casi gravi può provocare nascita prematura o persino la morte
intrauterina.
Toxoplasmosi
La toxoplasmosi è una zoonosi causata dal protozoo intracellulare obbligato Toxoplasma gondii. I gatti e altri
felini sono ospiti definitivi del protozoo; in essi si compie il ciclo sessuale del protozoo con la produzione di
oocisti infette. L’uomo e altri animali a sangue caldo come ospiti intermedi si possono infettare attraverso le
oocisti escrete con le feci dei gatti e disseminate nell’ambiente (acqua, terreno, vegetali) o attraverso le cisti
presenti nei tessuti di animali infetti (per esempio ingerendo carne cruda e poco cotta, salame, prosciutto e
carne essiccata con presenza di cisti).9
Nell’uomo il contagio può avvenire attraverso quattro vie di trasmissione: 1
 ingestione di cisti tessutali attraverso carni crude e poco cotte e di tachizoiti presenti nel latte di animali
infetti;
 ingestione di oociti escrete dai gatti e contaminanti acqua e terreno (incluse frutta e verdura mal lavata);
 trapianto di organi, emotrasfusioni da donatori sieropositivi da toxoplasma;
 trasmissione madre-figlio nei casi in cui l’infezione primaria si verifichi durante la gestazione.
In gravidanza la principale fonte di contagio è il consumo di carne cruda e poco cotta, mentre il contatto con
terreno contaminato contribuisce per una quota molto minore di infezioni. 10
Il quadro clinico e la gravità dell’infezione congenita dipendono dall’epoca gestazionale in cui avviene
l’infezione, ma in modo inversamente proporzionale: più precoce è l’infezione più grave è il danno.
La diagnosi di infezione fetale è possibile mediante l’amniocentesi e la ricerca del DNA parassitario nel
liquido amniotico con la tecnica della reazione polimerasica a catena. Se la diagnosi di infezione fetale viene
confermata, la donna può decidere se interrompere la gravidanza (se nei termini di legge per periodo
gestazionale) oppure iniziare o continuare una terapia farmacologica.
L’infezione è ubiquitaria, ma la sua prevalenza varia a seconda del clima (più diffusa nei paesi caldo-umidi),
delle condizioni igieniche (contaminazione dell’acqua, tipo di fognature, eccetera), delle abitudini alimentari
(consumo di carne, alimenti surgelati). In Italia la sieroprevalenza nella popolazione in età riproduttiva è
circa 40%. Il 60% delle donne in gravidanza è quindi a rischio d’infezione con possibile trasmissione al feto;
circa 600 su 1.000 donne, essendo negative per la toxoplasmosi, potrebbero contrarre l’infezione in
gravidanza, siccome in realtà il tasso di sieroconversione stimato è del 2,4-16 per mille, 11 si possono attendere
1-10 casi di infezione primaria ogni 1.000 gravidanze. In Europa, la toxoplasmosi congenita coinvolge 1-10
nati ogni 10.000; basandosi sul dato italiano di 550.000 nascite, si attendono 55-550 casi per anno nel
nostro paese.10 L’infezione acquisita nel corso della gravidanza non è sinonimo di toxoplasmosi congenita, il
rischio di trasmissione al feto dipende infatti dall’epoca gestazionale, variando da circa il 6% in caso di
infezione materna a 10 settimane di amenorrea, fino all'80% se l’infezione avviene dopo la 35-36a
settimana.11-12
Per quanto riguarda la prevenzione, la linea guida italiana sulla gravidanza fisiologica 5 raccomanda che i
professionisti informino le donne in gravidanza su come ridurre il rischio di toxoplasmosi, consigliando di:
 lavare frutta e verdura (incluse le insalate già preparate) prima della manipolazione e del consumo;
 lavare le mani prima, durante e dopo la preparazione degli alimenti;
 cuocere bene la carne e anche le pietanze surgelate già pronte;
 evitare le carni crude conservate, come prosciutto e insaccati;
 evitare il contatto con le mucose dopo aver manipolato carne cruda;
 evitare il contatto con terriccio potenzialmente contaminato da feci di gatto (eventualmente indossare i
guanti e successivamente lavare bene le mani);
 evitare il contatto con le feci dei gatti (eventualmente indossare i guanti nel cambiare la lettiera e
successivamente lavare bene le mani).
Lo screening prenatale è offerto in Italia, Francia, Svizzera, Austria, Germania. Prevede un primo test
sierologico per stabilire lo stato immunologico e/o rilevare precocemente la malattia in gravidanza (anticorpi
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Alimentazione in gravidanza
specifici antitoxoplasma IgG e IgM). In caso di sieronegatività, e quindi di suscettibilità all’infezione, il test si
ripete con cadenza mensile o trimestrale fino al termine della gravidanza, vista la scarsa o nulla
sintomatologia della malattia.
La toxoplasmosi è ad alto rischio nel caso in cui venga contratta in gravidanza: l'infezione può infatti passare
al bambino attraverso la placenta, provocando in determinate circostanze malformazioni o addirittura
l'aborto o la morte in utero.
Bibliografia
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5. Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG). Gravidanza Fisiologica. Linea guida 2010;20.
6. Callaway TR, Edrington TS, Anderson RC et al. Gastrointestinal microbial ecology and the safety of our food supply
as related to Salmonella. J. Anim Sci 2008;86:E163-72.
7. European Centre for Disease Prevention and Control. Annual epidemiological report on communicable diseases in
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8. EpiCentro. Salmonella. Il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica. Ultimo aggiornamento 1 aprile 2014.
9. Sukthana Y. Toxoplasmosis: beyond animals to humans. Trends Parasitol 2006;22:137-42.
10. Cook AJ, Gilbert RE, Buffolano W, et al. Sources of Toxoplasma infection in pregnant women: European multicentre
case-control study. Br Med Journal 2000;321:142-7.
11. Eskild A, Oxman A, Magnus P, et al. Screening for toxoplasmosis in pregnancy: what is the evidence of reducing a
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12. Foulon W, Villena I, Stray-Pedersen B, et al. Treatment of toxoplasmosis during pregnancy: a multicenter study of
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13. National Collaborating centre for Women’s and Children’s Health. Antenatal Care: routine care for the healthy
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- 22 -
Alimentazione in gravidanza
9.
Quali sono i rischi associati a un uso eccessivo di
caffeina e di alcol?
Punti chiave
● Il limiti per la caffeina
● L'astensione dall’alcol
In sintesi
Il consumo di caffeina durante la gravidanza dovrebbe essere limitato a non più di
300 mg/die La maggior parte degli esperti concorda nell’affermare quindi che la
moderazione e il buonsenso sono fondamentali. Le gestanti, inoltre, dovrebbero
bere una quantità sufficiente di acqua, latte e succhi di frutta, che non andrebbero
sostituiti con bevande a base di caffeina. Il consumo di alcol è associato a infertilità,
aborti spontanei, parti pre termine, basso peso alla nascita, morte perinatale, morte
improvvisa del neonato (SIDS). Esso può determinare un insieme di disabilità fisiche
e mentali con diverse manifestazioni e livelli di gravità. Le donne in gravidanza
dovrebbero evitare di assumere alcol o almeno limitarlo a situazioni sporadiche.
Caffeina
La caffeina è una sostanza stimolante che si trova nel tè, nel caffè, nella cola, nel cioccolato e anche in alcuni
farmaci. In natura si trova in molte piante e in alcuni estratti vegetali come il Guaranà.
Tabella 2. Contenuto di caffeina in sostanze e alimenti di uso comune
Sostanza
tazzina di caffè (0,14 l)
cola (0,34 l)
tè (0,14 l)
bevande energizzanti
coppetta di gelato al
caffè
barretta di cioccolato
cioccolata calda (0,22 l)
Contenuto di
caffeina
40-180 mg
46 mg
20-90 mg
67 mg
58 mg
10 mg
5 mg
La caffeina ha come effetto principale quello di rendere maggiormente vigili, normalmente raggiunge la
massima concentrazione nel sangue entro un’ora dall’assunzione e rimane in circolo per un periodo di tempo
variabile da 4 a 6 ore. La caffeina stimola anche la produzione di acidi gastrici e, proprio per questo, a volte
può causare nausea o mal di stomaco. Possiede inoltre attività diuretica, cioè favorisce l’eliminazione dei
liquidi dall’organismo e può impoverire le scorte di acqua e di calcio. 1,2 La caffeina è in grado di attraversare
la barriera placentare: alcuni studi affermano che i figli di donne che consumano più di 500 mg al giorno di
caffeina hanno maggiori probabilità di avere una frequenza cardiaca e respiratoria alta, di soffrire di tremori
e di rimanere svegli più a lungo nei primi giorni di vita.
Il consumo di caffeina durante la gravidanza dovrebbe pertanto essere limitato a non più di 300 mg/die La
maggior parte degli esperti concorda nell’affermare che la moderazione e il buonsenso sono fondamentali. 1
Le gestanti, inoltre, dovrebbero bere una quantità sufficiente di acqua, latte e succhi di frutta, che non
andrebbero sostituiti con bevande a base di caffeina.
Non ci sono prove sufficienti per confermare o smentire l’efficacia di astenersi dall’assunzione di caffeina sul
peso alla nascita o altri esiti di gravidanza. 2 Alcune ricerche hanno mostrato che ci potrebbe essere un
maggior rischio di aborto spontaneo o morte del feto a seguito dell’assunzione di alte quantità di caffeina (più
di 200-300 mg/giorno), soprattutto se in associazione con il fumo o con l’alcol, oppure a seguito dell’uso
smodato di caffeina (più di 800 mg/dì).2
Alcol
L’alcol può indurre lo sviluppo anomalo di tessuti e di organi del feto sin dal concepimento e per tutto il
periodo della gravidanza, avendo un’azione tossica anche durante l’allattamento. Il consumo di alcol è
associato a infertilità, aborti spontanei, parti pre termine, basso peso alla nascita, morte perinatale e morte
improvvisa del neonato (SIDS). Esso può determinare un insieme di disabilità fisiche e mentali con diverse
- 23 -
Alimentazione in gravidanza
manifestazioni e livelli di gravità (Fetal Alcohol Spectrum Disorders). Pertanto le donne in gravidanza
devono limitare le bevande alcoliche.
I tempi di eliminazione dell’alcol, già lunghi nella donna, sono per il feto ancora più dilatati. Se una gestante
consuma bevande alcoliche l’alcol e, soprattutto, l’acetaldeide (prodotto della metabolizzazione dell’alcol)
giungono direttamente nel sangue del nascituro attraverso la placenta. Il feto, non essendo in grado di
metabolizzare l’alcol come un adulto, viene di conseguenza esposto più a lungo ai suoi effetti nocivi.
Le donne fertili, sessualmente attive, che consumano più di sette bevande alcoliche a settimana e non usano
contraccettivi efficaci, rischiano una “gravidanza esposta all’alcol” e di dare alla luce un bambino con deficit
intellettivi, cognitivi e psicosociali. La probabilità di danneggiare il feto aumenta proporzionalmente al
consumo di alcol da parte della madre. Sono ad alto rischio i bambini la cui madre ha consumato almeno 80
grammi di alcol puro al giorno. Tuttavia anche l’assunzione abbondante, ma sporadica, di alcol (binge
drinking) costituisce un pericolo per lo sviluppo del feto.
Una revisione sistematica3 ha esaminato l’effetto del consumo di alcol in epoca prenatale su esiti rilevanti di
gravidanza, di salute neonatale e sullo sviluppo cognitivo comportamentale del bambino. Gli studi inclusi
nella revisione (60 studi osservazionali) hanno indagato gli effetti di un consumo di alcol basso-moderato e
di un consumo eccessivo episodico. Nel complesso gli autori della revisione concludono che è difficile
determinare se vi siano o non vi siano effetti avversi sulla gravidanza correlati al consumo di alcol in epoca
prenatale; considerando la mancanza di coerenza tra gli studi e la loro scarsa qualità non è possibile definire
come sicuro neppure un consumo di alcol basso-moderato.
La linea guida australiana del National Health and Medical Research Council (NRHMRC) raccomanda alle
donne in gravidanza e alle donne che pianificano una gravidanza, sulla base dei risultati di revisioni
sistematiche, di astenersi dal consumo di alcol. La raccomandazione è elaborata sulla base di un criterio di
precauzione, dal momento che le prove disponibili non consentono di stabilire un livello sicuro o di assenza
di rischio, sebbene il rischio per il feto sia probabilmente molto basso per livelli moderati di alcol.
Sono invece ben descritti gli effetti teratogeni dell’esposizione a consumi elevati di alcol per quanto riguarda i
danni strutturali e cognitivo-comportamentali.8
Gli effetti tossici correlati al consumo di alcol in gravidanza possono essere combinati con lo stato di
fumatrice, l’età, l’alimentazione, la suscettibilità genetica del feto e l’epoca gestazionale, in una complessa
rete causale che rende difficile investigare gli effetti dell’alcol in epoca prenatale e richiede quindi studi che
tengano conto dei potenziali fattori di confondimento e di potenziamento dell’effetto.
Due studi prospettici9 hanno valutato tre diverse modalità di offrire informazioni sul consumo di alcol in
gravidanza: nel primo studio (n=611) l’impatto di un opuscolo è stato confrontato con quello di un opuscolo
accompagnato da consigli offerti nel corso delle visite prenatali; nel secondo studio (n=532) sono stati
confrontati un opuscolo e consigli più un opuscolo e un video sull’argomento. L’analisi del questionario,
somministrato alla prima visita, a 28 settimane e a una settimana prima del parto, non ha indicato
cambiamenti nel comportamento legato al consumo di alcol, ma solo un miglioramento delle conoscenze
sull’argomento.
Poiché le prove di efficacia non sono conclusive, per un principio precauzionale i professionisti devono
informare le donne in gravidanza o che hanno pianificato una gravidanza che la scelta più sicura è non
assumere alcol durante la gravidanza.
- 24 -
Alimentazione in gravidanza
Sindrome feto-alcolica
La Sindrome feto-alcolica (Fetal alcohol sindrome, FAS) è la più grave delle patologie del feto indotte dal
consumo di alcol durante la gravidanza.
L’espressione “spettro dei disturbi fetali indotti dall’alcol” (FASD) è sempre più frequente nella
letteratura recente e indica l’ampia gamma di danni causati al nascituro dall’abuso di alcol in gravidanza.
Nel 1996 l’OMS ha introdotto le definizioni di ARND “disturbi del neurosviluppo relazionati all’alcol” e
ARBD “difetti di nascita relazionati all’alcol”. Gli individui che soffrono di ARND possono manifestare
problemi funzionali o mentali, associati al consumo di bevande alcoliche in gravidanza, tra cui i disturbi
del comportamento e dell’apprendimento. I bambini che soffrono di ARBD possono invece presentare
problemi di cuore, ossa e udito.
Non tutte le esposizioni all’alcol nel grembo materno comportano danni gravi alla salute del nascituro.
Attualmente non è nota la ragione della diversa suscettibilità dei bambini agli effetti dell’alcol, ma è
ragionevole pensare che la diversa risposta del feto sia dovuta alla combinazione di abuso di alcol della
madre, fattori genetici, deficit nutrizionali, fumo e/o abuso di droghe.
I fattori che sembrano concorrere maggiormente alla formazione dei danni pre e postnatali specifici
sono: quantità di alcol consumato durante la gravidanza, tipologia del consumo di alcol (cronico o
occasionale), intensità dell’esposizione, periodo dell’esposizione, interazione con altre sostanze (tabacco,
droghe, medicinali), fattori alimentari, predisposizione genetica, condizioni di vita, ceto sociale, livello di
istruzione e stato civile della madre.
I bambini affetti da FAS manifestano peculiarità fisiche specifiche, soprattutto della testa e del volto.
Segni caratteristici nel viso sono: pieghe agli angoli degli occhi, fessure oculari strette, strabismo, naso
corto e piatto, labbro superiore sottile e vermiglio, solco naso-labiale allungato e piatto, fronte lunga e
stretta, ipoplasia mascellare e mandibolare. Le anomalie oculari che si osservano nei bambini affetti da
FAS indicano che gli occhi sono particolarmente sensibili all’alcol durante la fase dello sviluppo: ai segni
visibili si associano ipoplasia del nervo ottico, aumentata tortuosità dei vasi retinici e capacità visive
ridotte.
Anche il sistema scheletrico subisce le conseguenze dell’esposizione all’alcol. E’ stato osservato un
ritardo rilevante nell’età ossea media nei bambini affetti da FAS, che continua negli anni
dell’adolescenza, ravvisabile nei valori inferiori alla media di altezza, peso corporeo e circonferenza
cranica. Altra manifestazione clinica comunemente associata alla FAS è la presenza di un grado variabile
di microcefalia, ovvero una ridotta circonferenza del cranio, che rappresenta anche la più sicura prova
della presenza di un danno cerebrale. Le altre anomalie registrate a livello cerebrale sono legate alla
riduzione nella dimensione della volta cerebrale e cerebellare, dei gangli basali e del diencefalo. Sono
presenti anche malformazioni cardiache, in particolar modo rappresentate dai difetti del setto
ventricolare.
Un’alta percentuale di pazienti esposti a quantità elevate di alcol durante la gestazione, che manifesta le
caratteristiche tipiche della FAS nella crescita e nel viso, non ha prova di danno cerebrale organico, ma
piuttosto significativi deficit comportamentali e cognitivi.
I disturbi neurologici e neuropsicologici che compongono il quadro clinico della FAS sono:
 disturbi del sonno e riflesso di suzione ridotto;
 ritardo dello sviluppo mentale;
 deficit intellettivo;
 disturbi dell’attenzione e della memoria;
 disturbi della motricità fine;
 iperattività e impulsività;
 disturbi dell’eloquio e dell’udito.
Le anomalie comportamentali e cognitive possono essere rilevate attraverso test psicometrici specifici
per età, eseguiti generalmente dopo i 5 anni, utili non solo per stabilire la diagnosi ma anche per
organizzare un piano di trattamento ad hoc.
Una diagnosi attendibile della FAS è possibile se l’eccessivo consumo di alcol della madre è documentato
e se si verificano i seguenti tre casi:
 ritardo pre e postnatale della crescita;
 peculiarità fisiche specifiche, soprattutto della testa e del volto;
 disfunzioni del sistema nervoso centrale e danni conseguenti.
La diagnosi finale combina la valutazione psicologica, i segni fisici e la storia prenatale, richiedendo lo
sforzo congiunto di genetisti, psicologi clinici, logopedisti e neuropsicologi.
La FAS è un’affezione invalidante permanente che debilita l’individuo sia a livello mentale sia fisico.
Tuttavia è una sindrome prevenibile al 100% se si evita di assumere alcol in gravidanza.
Attualmente non c’è una cura per la FAS, ma l’identificazione e la diagnosi precoce della malattia
permettono di fornire ai bambini che ne sono affetti servizi e forme di assistenza mirati. La FAS è al
contempo un problema medico e sociale: i dati epidemiologici dimostrano che, nonostante le prove degli
effetti dannosi correlati all’abuso di alcol, l’incidenza della FAS è in aumento. Questo è primariamente
dovuto alla mancanza di un’adeguata consapevolezza nell’opinione pubblica, che tende ad associare il
problema della FAS all’assunzione di bevande superalcoliche, sebbene possa risultare pericolosa per il
feto anche una moderata assunzione di birra e di vino.
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Alimentazione in gravidanza
Una prevenzione efficace deve articolarsi su più livelli:
 informare le donne in gravidanza e i loro partner sul rischio associato all’alcol per il nascituro (il
consumo di alcol senza rischi per il bambino non esiste, pertanto le donne incinta farebbero bene a
rinunciare completamente all’alcol o a limitarlo il più possibile);
 riconoscimento tempestivo da parte del medico del rischio correlato a una gravidanza esposta all’alcol
(una cura tempestiva può aiutare il feto a svilupparsi in modo sano, anche nel caso in cui sia già
stato esposto a grandi quantità di alcol);
 sensibilizzazione della popolazione sulla necessità di rinunciare all’alcol in gravidanza. Gli argomenti
su cui insistere sono: i pericoli per il nascituro, l’assunzione di responsabilità da parte di partner e
familiari, l’uso di un contraccettivo efficace per le donne sessualmente attive e dedite all’alcol (poiché
potrebbero rimanere incinta e non saperlo per varie settimane e oltre).
Bibliografia
1. Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG). Gravidanza Fisiologica. Linea guida 2010;20.
2. Jahanfar S, Jaafar SH. Plain Language Summaries. Effects of restricted caffeine intake by mother on fetal, neonatal
and pregnancy outcome. Cochrane library 2013;2.
3. Gray R, Henderson J. Review of the fetal effects of prenatal alcohol exposure. National Perinatal Epidemiology Unit
2006.
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systematic literature review. Swedish National Institute of Public Health 2009.
5. Mariscal M. Pattern of alcohol consumption during pregnancy and risk for low birth weight. Ann Epidemiol
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6. Chiaffarino F, Parazzini F, Chatenoud, et al. Alcohol drinking and risk of small for gestational age birth. Eur J Clin
Nutr 2006;60:1062-6.
7. National Health and Medical Research Council (NRHMRC). Australian guideline to reduce health risks from drinking
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8. Mancinelli R, Laviola G (a cura di). Disturbi da esposizione ad alcol in gravidanza: il problema che non c’era.
Rapporti ISTISAN 08/37. Istituto superiore di sanità, Roma 2008.
9. Waterson E, Murray-Lyon IM. Preventing fetal alcohol effects: a trial of three methods of giving information in the
antenatal clinic. Health Educ Res 1990;5:53-61.
10. Callaway TR, Edrington TS et al. Gastrointestinal microbial ecology and the safety of our food supply as related to
Salmonella. J. Anim Sci 2008;86(E suppl.):E163-72.
11. European Centre for Disease Prevention and Control. Annual epidemiological report on communicable diseases in
Europe 2008. European Centre for Disease Prevention and Control 2008.
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Alimentazione in gravidanza
Quando è necessario calcolare l’indice di massa
corporea?
10.
Punti chiave
● Indice di Massa Corporea
● Misurazione del peso in gravidanza
In sintesi
Le linee guida concordano nel sostenere che l’indice di massa corporea debba essere
calcolato per tutte le donne al primo appuntamento per calcolare l’aumento di peso
ideale. Si sconsigliai l calcolo a ogni visita in gravidanza, in quanto si ritiene che
possa generare uno stato ansioso nella donna a fronte di benefici incerti o non ben
definiti
Le linee guida concordano nel sostenere che l’indice di massa corporea debba essere calcolato per tutte le
donne al primo appuntamento in gravidanza.
E' sconsigliata la misurazione dell’indice di massa corporea a ogni visita in gravidanza, in quanto si ritiene
che possa generare uno stato ansioso nella donna a fronte di benefici incerti o non ben definiti. 1 Tuttavia è
opportuno che la misurazione del peso venga ripetuta a ogni appuntamento per i casi a rischio di esiti di
salute avversi.1
Tabella 3. Classificazione dei livelli di indice di massa corporea
Indice di
Massa
Corporea
sottopeso
<18,5
kg/m²
nella norma
18,5-24,9
kg/m²
sovrappeso
25,0-29,9
kg/m²
obesità
≥30,0
kg/m²
La misurazione dell’indice di massa corporea in gravidanza è necessaria per comprendere quale sia
l’aumento ponderale ottimale.
Una particolare attenzione deve essere rivolta alle donne con un indice di massa corporea indicativo di
sovrappeso, obesità e sottopeso. Nei Paesi in via di sviluppo, la condizione di sottopeso è determinata dallo
stato di denutrizione e malnutrizione. La causa più comune di questa condizione è la scarsa disponibilità di
cibo, in particolare di proteine, a cui si sommano le cattive abitudini alimentari. 3 Lo scarso aumento
ponderale in gravidanza è correlato a un aumentato rischio di parto prematuro, basso peso alla nascita e
problemi al momento del parto.3-5
Nei Paesi industrializzati invece è estremamente comune che le donne presentino un peso eccessivo già al
momento del concepimento.6 Stime italiane riportano come, nella popolazione femminile adulta, circa il 28%
delle donne sia in sovrappeso e il 9% obesa. 7 Dati americani mostrano che più della metà delle donne in
gravidanza è in sovrappeso o obesa8 e a questo si aggiunge il fatto che il 20-40% delle donne ha un aumento
ponderale superiore a quello raccomandato.9
La condizione di sovrappeso in gravidanza è connessa al difficile ritorno al peso pregravidico dopo il parto e,
di conseguenza, la persistenza o l’aggravamento dello stato di sovrappeso, con i rischi associati in termini di
salute. In generale l’elevato peso corporeo in gravidanza è associato a esiti avversi materni, come l’aborto
ricorrente nel primo trimestre, la preeclampsia, il diabete gestazionale, il tromboembolismo, l’emorragia post
partum, l’infezione della ferita chirurgica dopo taglio cesareo e altre infezioni quali quelle del tratto urinario e
respiratorie, nonché un difficoltoso avvio e una ridotta durata dell’allattamento al seno. I rischi fetali
riguardano la macrosomia, il ricovero in terapia intensiva neonatale, il parto pretermine, le anomalie
congenite, la morte endouterina fetale e neonatale e, soprattutto, l’obesità infantile. 9
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Alimentazione in gravidanza
L’Institute of Medicine,2 a questo proposito, ha individuato alcuni valori entro cui sono generalmente
osservati esiti favorevoli della gravidanza (pur dovendo tenere in considerazione fattori aggiuntivi nella
valutazione dell’aumento di peso). Per le donne normopeso è consigliato un aumento ponderale compreso tra
gli 11,5 e i 16 kg, con un aumento di peso nel secondo e terzo trimestre di circa 420 grammi a settimana. Per
chi inizia una gravidanza in uno stato di sottopeso è consigliato un aumento ponderale pari a 12,5-18 kg, con
un’ipotesi di progressione di 510 g a settimana nel secondo e terzo trimestre. Per le donne in sovrappeso è
raccomandato un aumento di peso compreso tra 7 e 11,5 kg, con l’assunzione di 280 g a settimana e infine per
le donne obese è necessario che l’aumento ponderale non superi i 6 kg, con una progressione massima
settimanale di 220 g.9
Tabella 4. Aumento ponderale totale e settimanale medio nel secondo e terzo trimestre
per indice di massa corporea10
Indice di massa
corporea
Sottopeso
Sovrappeso
Obesità
Aumento ponderale
totale
12,5-8 kg
7-11,5 kg
5,9 kg
Aumento ponderale medio
settimanale
(II e III trimestre)
510 g
280 g
220 g
Attualmente non è ancora stata individuata quale sia la strategia migliore per prevenire gli esiti avversi
connessi all’eccessivo peso corporeo, tuttavia appare evidente l’importanza della tematica.
Diabete gestazionale
E’ opportuno ricordare che, data la forte associazione tra eccessivo indice di massa corporea e diabete
gestazionale, alle donne con alto indice di massa corporea dovrà essere offerta l’esecuzione del test di
screening per la patologia diabetica (Oral Glucose Tolerance Test da 75 g). In particolare per coloro con
un indice di massa corporea ≥30 kg/m² è previsto il test a 16-18 settimane gestazionali, mentre se
l’indice di massa corporea è tra 25 e 29,9 kg/m², il test viene eseguito a 24-28 settimane gestazionali. 12
Uno studio di coorte statunitense, 11 volto a valutare gli interventi formativi diretti a prevenire l’eccessivo
aumento di peso in gravidanza, ha osservato una riduzione del rischio di un aumento eccessivo e di
mantenere i chili in più a un anno dal parto.12
Confrontando l’effetto di alcune strategie, come l’adozione di una dieta, l’esecuzione di esercizio fisico o
entrambi gli interventi, si è osservata la loro efficacia nella riduzione dell’aumento ponderale di 1,42 kg, se
paragonati al non intervento in gravidanza. Inoltre, tra quelli elencati la strategia più efficace sembra essere
la dieta, che può determinare una riduzione dell’aumento ponderale di circa 4 kg. 9 Per “dieta” si intende una
nutrizione bilanciata a base di cereali integrali, frutta, verdura e legumi, con un’assunzione di nutrienti nelle
seguenti percentuali massime: 50-55% di carboidrati, 15-20% di proteine e 30% di grassi. 9
Dieta ed esercizio fisico non apportano risultati significativi in termini di peso alla nascita e di incidenza di
neonati piccoli per l’età gestazionale, mentre gli interventi appaiono associati a una lieve riduzione del rischio
di neonati grandi per l’età gestazionale (rischio relativo 0,85, limiti di confidenza al 95% da 0,66 a 1,09,
quindi non statisticamente significativa). E’ invece significativo l’effetto che la dieta ha sugli esiti ostetrici, se
confrontata con il non intervento: si osserva una riduzione del 33% del rischio di sviluppare preeclampsia,
del 61% del diabete gestazionale e una ridotta insorgenza di ipertensione gestazionale (rischio relativo 0,39) e
parto pretermine (rischio relativo 0,68). Infine, dal punto di vista degli esiti neonatali, dieta ed esercizio
fisico sono associati a una riduzione del 61% del rischio di distocia di spalla e un modesto calo del rischio di
morte endouterina, trauma da parto e iperbilirubinemia. 9
Bibliografia
1. Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG). Gravidanza Fisiologica. Linea guida 2010;20.
2. Institute of Medicine (IOM). Weight gain during pregnancy: reexamining the guidelines. National Academy Press
2009.
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Reproductive Health Library. World Health Organization 2003.
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middle-income countries. Lancet 2013; 9890:427-51.
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what can be done and what cost? Lancet 2013;382:396.
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Alimentazione in gravidanza
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8. Istituto Nazionale di Statistica (Istat). La vita quotidiana nel 2009. Indagine multiscopo annuale sulle famiglie.
Aspetti della vita quotidiana. Servizio Editoria Istat 2010.
9. American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG). Obesity in pregnancy. Committee Opinion No. 549.
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10. Thangaratinam S, Rogoziñska E, Jolly K,et al. A Coomarasamy, K S Khan, Effects of interventions in pregnancy on
maternal weight and obstetric outcomes: meta-analysis of randomised evidence, Br Med Journal 2012;344:e2088.
11. Institute of Medicine (IOM). Weight gain during pregnancy: reexamining the guidelines. National Academy Press
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12. Olson CM, Strawderman MS, reed RG. Efficacy of an intervention to prevent excessive gestational weight gain. Am
J Obstet Gynecol 2004;191:530-6.
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Alimentazione in gravidanza
Quali informazioni fornire circa l’alimentazione e
l’idratazione durante l’allattamento?
11.
Punti chiave
● Idratazione e allattamento
● Sostanze sconsigliate in allattamento
In sintesi
La produzione del latte comporta soprattutto un aumento dei bisogni di calcio,
proteine e acqua. Una produzione lattea giornaliera di 750-800 ml necessita di
essere compensata con l’assunzione di circa 650-700 ml di acqua, da sommare alla
normale quantità giornaliera. Occorre un’alimentazione ricca e variata, che
comprenda notevoli quantità di liquidi (acqua, succhi di frutta, latte, eccetera), olio
extravergine d’oliva come grasso da condimento (l’acido oleico è fondamentale per
la maturazione del sistema nervoso del lattante), un frequente consumo di pesce
(per arricchire il latte materno di acidi grassi omega-3, utili per le strutture nervose
del lattante), di frutta fresca e vegetali colorati in arancio e con foglie color verde
scuro, di latte e latticini e di legumi.
Idratazione e allattamento
I fabbisogni supplementari in energia della nutrice dipendono dalla quantità di latte prodotto. Tenendo conto
di tutti i fattori che incidono, il costo energetico aggiuntivo dell’allattamento è valutato intorno alle 500 kcal
al giorno, fino al sesto mese.1
La produzione del latte comporta soprattutto un aumento dei bisogni di calcio, proteine e acqua. A tale
aumento si deve far fronte attraverso l’alimentazione, altrimenti la produzione di un latte adatto alle
necessità del neonato avverrà a spese dell’organismo materno. 2 Una produzione lattea giornaliera di 750-800
ml necessita di essere compensata con l’assunzione di circa 650-700 ml di acqua, da sommare alla normale
quantità giornaliera.
Il contenuto di calcio del latte materno è di 320 mg/litro e quindi, per un consumo giornaliero medio da
parte del lattante di circa 750 ml, la nutrice perde ogni giorno circa 240 mg del minerale. Allo scopo di
prevenire l’impoverimento del patrimonio minerale dell’organismo materno si consiglia un aumento
quotidiano dell’assunzione di calcio fino a 400 mg. 2 Per la nutrice, il miglior modo per far fronte a queste
necessità consiste in un’alimentazione ricca e variata, che comprenda notevoli quantità di liquidi (acqua,
succhi di frutta, latte, eccetera), olio extravergine d’oliva come grasso da condimento (l’acido oleico è
fondamentale per la maturazione del sistema nervoso del lattante), un frequente consumo di pesce (per
arricchire il latte materno di acidi grassi omega-3, utili per le strutture nervose del lattante), di frutta fresca e
vegetali colorati in arancio e con foglie color verde scuro, di latte e latticini e di legumi.
Sostanze sconsigliate in allattamento
Non ci sono alimenti da escludere in modo rigoroso, tuttavia è possibile avvertire le madri che alcuni alimenti
(come asparagi, aglio, cipolle, cavoli, mandorle amare) e alcune spezie conferiscono al latte odori o sapori che
possono risultare meno graditi al lattante.
Anche durante l’allattamento è consigliato evitare l’assunzione di alcolici. Il consumo superalcolici può
inibire la montata lattea e provocare nel lattante sedazione, ipoglicemia, vomito e diarrea, poiché l’alcol
etilico passa nel latte. Non è assolutamente vera la leggenda che la birra serva ad avere la montata lattea.
Caffè, tè, cacao, bevande a base di cola e tutti i nervini in genere vanno limitati, in quanto gli alcaloidi in essi
contenuti sono escreti con il latte materno in quantità non trascurabile. Si dovrebbe consigliare alle donne di
preferire, eventualmente, i prodotti decaffeinati o deteinati.
Bibliografia
1. World Health Organization (WHO). Essential Nutrition Actions. Improving materna, newborn, infant and young child
health nutrition. World Health Organization 2013.
2. Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN). Linee guida per una sana alimentazione.
Consigli speciali per persone speciali. INRAN 2003.
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