DALLE INDICAZIONI NAZIONALI AI PIANI PERSONALIZZATI: QUESTIONI APERTE E SUGGERIMENTI DI
LAVORO
DALLE INDICAZIONI NAZIONALI AI PIANI
PERSONALIZZATI.
QUESTIONI APERTE E SUGGERIMENTI DI
LAVORO.
Rosario Mazzeo
1 – COGLIERE E ASSUMERE CRITICAMENTE LE NOVITÀ RELATIVE ALLA SCUOLA MEDIA2
2– L’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONALITÀ E L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
SCOLASTICO NELLA RIFORMA......................................................................................................................... 4
2 .1 – COSTRUIRE PIANI PERSONALIZZATI.................................................................................................................. 4
Cosa è il PSP?............................................................................................................5
Qual è la funzione del PSP?...........................................................................................6
Destinatari: classe? alunni singoli?....................................................................................6
Gestione dei PSP .........................................................................................................6
2.2 - COSTRUIRE UNITÀ DI APPRENDIMENTO........................................................................................................... 7
Cosa è un UA?...........................................................................................................7
Quale funzione ?..........................................................................................................8
Come si struttura un’UA ?............................................................................................8
2.2.1 – Gli OF, gli OSA ed affini ....................................................................................... 8
2.2.1.1- Caratteristiche degli OF............................................................................9
2.2.1.2 - Come progettare un OF?........................................................................ 10
2.2.1.3 - Come formulare un OF?..........................................................................11
2.2.2 - Differenze tra un’UA ed un’UD ............................................................................12
2.2.3 - Le fasi di costruzione di un’UA ............................................................................13
Fase Ideativa o preattiva
Fase attiva o di sviluppo o di mediazione didattica
Fase postattiva, di controllo e di documentazione
13
14
14
2.2.4 – Una Mappa operativa per l’UA ............................................................................14
2.2.5 – Apprendere e conoscere nell’UA ..........................................................................15
2.3 - COSTRUIRE IL PORTFOLIO DELLE COMPETENZE INDIVIDUALI ....................................................................17
CONCLUSIONE - Verso una nuova cultura didattico-organizzativa (tratti)........................................................... 18
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R. MAZZEO
6 marzo 2004
DALLE INDICAZIONI NAZIONALI AI PIANI PERSONALIZZATI: QUESTIONI APERTE E SUGGERIMENTI DI
LAVORO
Cosa cambia nel nostro lavoro di docenti con la Riforma Moratti?
Come attrezzarci per accettare fino in fondo la Riforma come una sfida alla nostra
professione, una sfida perché la scuola sia sempre più scuola dell’intelligenza e della libertà della
persona e quindi strumento di un popolo che educa e si lascia educare?
Le domande hanno risposte adeguate nella misura in cui l’atteggiamento è quello giusto. Lo
vediamo in questi giorni: ideologia, menzogna, chiusura mentale ostacolano e corrompono la
conoscenza dei documenti e il lavoro su di essi.
Il nostro atteggiamento è stato testimoniato nel Convegno precedente da alcuni interventi
riportati sull’ultimo numero di Libertà di educazione, come quello della prof.ssa R. Manara:
“Ogni volta che nel nostro vocabolario entrano parole nuove, sospinte da occasioni esterne, come il presentarsi di
una Riforma dell’istituzione, o anche solo il diffondersi di nuove “mode” culturali, siamo portati a raccogliere una sfida
di approfondimento e ricomprensione dell’esperienza che viviamo e che abbiamo vissuto in questi anni. Così è per la
parola “personalizzazione”, che pervade la Riforma del sistema nazionale dell’istruzione avanzata dall’attuale
governo, e che riconosciamo essere, per nostra fortuna, assai pertinente alla questione scolastica; certo, molto più di
“cittadino” o “cittadinanza”, che sostanziava invece la precedente legge di Riforma.”1
Anche perché la Riforma ha carattere di gradualità nel cambiamento e di flessibilità
nell'attuazione. “Non é una "rivoluzione", ma un processo, che lascia il tempo agli insegnanti e ai genitori di
imparare le novità – si legge nell’opuscolo “Una scuola che cresce” -. Tutti gli elementi del sistema sono disegnati in
modo da poter essere eventualmente modificati in relazione ai risultati dell'applicazione. La garanzia che si cambierà
quando necessario è il nuovo sistema di valutazione, che ha il compito di verificare i risultati degli studenti e la qualità
del sistema. Non è quindi una Riforma definitiva né una Riforma "per sempre", ma l'inizio di un processo.”2
1 – COGLIERE E ASSUMERE CRITICAMENTE LE NOVITÀ RELATIVE ALLA
SCUOLA MEDIA
Due parole sulle novità a livello di scuola media in quanto tale.
Tralascio quelle più appariscenti: l’articolazione interna della scuola media in un periodo
biennale più una classe; l’introduzione una seconda lingua straniera, di un percorso obbligatorio
(891ore ) e di uno facoltativo (198 ore). Mi soffermo su:
1. Centralità della dimensione educativa e didattica e riaffermazione della specificità
della scuola media come scuola “secondaria di primo grado”, che “[…] cura la dimensione sistematica delle
discipline.”3.
In quanto tale la scuola media della Riforma supera lo psicologismo e il sociologismo dei
Programmi del 1979 e della riforma Berlinguer, riconoscendo lo spessore culturale ed educativo
delle discipline: “La scuola secondaria di I grado, attraverso le discipline di studio, è finalizzata alla crescita delle
R. Manara, Personalizzazione e valutazione nel percorso formativo, “Libertà di educazione” n. 1, 2004
Una scuola che cresce, a cura del Ministero (www.istruzione.it)
3 La scuola secondaria di primo grado “organizza ed accresce, anche attraverso l’alfabetizzazione e l’approfondimento
nelle tecnologie informatiche, le conoscenze e le abilità, anche in relazione alla tradizione culturale e alla evoluzione sociale,
culturale e scientifica della realtà contemporanea; è caratterizzata dalla diversificazione didattica e metodologica in
relazione allo sviluppo della personalità dell'allievo cura la dimensione sistematica delle discipline”3. (Schema di
decreto legislativo concernente la definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al
primo ciclo dell’istruzione, art.10)
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R. MAZZEO
6 marzo 2004
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LAVORO
capacità autonome di studio e al rafforzamento delle attitudini alla interazione sociale.”4 In quest’ottica la
prospettiva della personalizzazione, che in fondo è la chiave di fondo per leggere la Riforma 5, non è
“un privilegio dato alla formazione morale e civile, a discapito della formazione intellettuale, condannata a un ruolo di
secondo piano e relegata fra gli ‘strumenti culturali’. È sempre bene ricordare che l’educazione non scorre accanto
all’insegnamento, ma avviene dentro l’insegnamento.”6
2.Ruolo della famiglia. Le famiglie, riconosciute “come soggetto che coopera concretamente e
fattivamente alla definizione del percorso formativo del proprio figlio, nel rispetto delle sue vocazioni, attitudini e
inclinazioni”7 sono chiamate a “cooperare” con la scuola8. “I genitori, e più in generale la famiglia, a cui
competono in modo primario e originario le responsabilità […] devono essere coinvolti nella programmazione e nella
verifica dei progetti educativi e didattici posti in essere dalla scuola.”
Il modo in cui si debba e si possa svolgere questo ruolo è lasciato alla maturità dei soggetti
implicati. A volte questa cooperazione nelle Indicazioni ha la forma di un dialogo (“colloqui”) o di
un appello (e “i genitori sono chiamati in prima persona a confrontarsi non solo con gli eventi scolastici dei figli, ma
anche e soprattutto con l’evoluzione della loro peculiare personalità ”); altre volte quello di un invito alla
corresponsabilità “corresponsabilizzare i genitori nei processi educativi”; altre volte ancora quello di
un richiamo perché nel rapporto docenti-genitori si faccia “sempre riferimento all’incontro di ruoli e
competenze comunque formalizzate in statuti, norme, contratti, gerarchie, ecc.”. Sicuramente i genitori hanno il
diritto-dovere di partecipare alla gestione del Portfolio delle competenze personali e di scegliere
l'orario opzionale facoltativo.
3.Introduzione del PECUP (Profilo educativo, culturale, professionale dello studente)
e quindi riconoscimento della continuità - discontinuità con la scuola elementare o primaria. Si legge
nell’Introduzione alle indicazioni “Il passaggio dall’istruzione primaria all’istruzione secondaria, pur nella
continuità del processo educativo che deve svolgersi secondo spontaneità e rispetto dei tempi individuali di maturazione
della persona anche e soprattutto nella scuola, esprime, sul piano epistemologico, un valore simbolico di ‘rottura’”. Il
fatto che l’elementare e la media facciano parte del primo ciclo di istruzione ed abbiano lo stesso
“manifesto” (PECUP) a cui guardare non è indifferente9. Acquistano, per esempio, valori diversi il
rapporto con i colleghi della primaria (in fondo anche da un punto legislativo abbiamo la stessa
meta e lo stesso strumento), l’orientamento, il passaggio dall’ex-quinta elementare alla prima media,
l’esame di terza media.
4.Superamento della logica dei programmi del 1979 (attualmente in vigore) con le
Indicazioni nazionali. “I Programmi designano contenuti di insegnamento dettati centralisticamente, da parte del
Schema di decreto legislativo concernente la definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al
primo ciclo dell’istruzione, art. 10
5 “Il tema della personalizzazione è andato assumendo un rilievo e un’importanza capitale, sì che esso in gran parte
contraddistingue, quasi a esserne l’idea ispiratrice, la Riforma del ministro Moratti. La “personalizzazione” si propone
pertanto come un tema di particolare rilievo, sia in se stesso sia nella funzione che può assumere nell’impianto
complessivo del rinnovamento della scuola.” (O. Grassi, Insegnamento e personalizzazione, “Libertà di educazione” n. 1,
2004)
6 Idem
7 Schema decreto applicativo commentato.
8 Le Indicazioni parlano di “principio di cooperazione”: “è preciso dovere di ogni istituzione scolastica individuare
i criteri di scelta dei materiali e collocarli all’interno di un percorso professionale che valorizzi le pratiche
dell’autonomia di ricerca e di sviluppo e il principio della cooperazione educativa della famiglia.”
9 Sul senso e l’utilizzo del Profilo rimando ad un mio intervento su “Libertà di educazione”, n.5, 2003
4
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Ministero, e da svolgere in maniera uniforme in ogni classe del Paese. […] Le istruzioni dei Programmi, perciò,
prevalgono sulle esigenze dei singoli allievi. Questi sono chiamati ad adeguarsi a quelle, non viceversa. Quelle diventano
il fine dell’attività educativa scolastica. L’allievo perde la sua centralità.” 10
Le Indicazioni hanno logica diversa. Esse “esplicitano i livelli essenziali di prestazione a cui tutte le
scuole secondarie di 1° grado del Sistema Nazionale di Istruzione sono tenute per garantire il diritto personale, sociale
e civile all’istruzione e alla formazione di qualità.” Le Indicazioni dunque non sono i programmi di
insegnamento, ma standard obbligatori di prestazione del servizio professionale che le scuole e i docenti sono
tenuti ad erogare per promuovere al meglio le competenze degli allievi e che l’Amministrazione
statale è obbligata a controllare siano garantiti11. Leggiamo nell’introduzione delle tabelle degli OSA
(Obiettivi specifici di apprendimento): “Alla fine del primo biennio12, la scuola ha organizzato per lo
studente attività educative e didattiche unitarie che hanno avuto lo scopo di aiutarlo a trasformare in
competenze personali le seguenti conoscenze e abilità disciplinari». Si noti: la «scuola ha
organizzato», non «lo studente deve aver raggiunto», «deve essere in grado di…».
2 – L’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONALITÀ E L’ORGANIZZAZIONE DEL
LAVORO SCOLASTICO NELLA RIFORMA
fare?
Proviamo ora a metterci nei panni di un docente e di un Consiglio di classe. Cosa devono
Il docente della Riforma ha il diritto - dovere di conoscere: il Profilo educativo, culturale e
professionale (PECUP); le Indicazioni Nazionali, il POF. Deve progettare la trasformazione degli
obiettivi generali del processo formativo e obiettivi specifici di apprendimento in Unità di
Apprendimento (UA), che insieme costituiscono il Piano di Studio Personalizzato (PSP), per e con gli
AllieviPuò essere chiamato a svolgere compiti di coordinamento dell’équipe pedagogica, di tutorato
personale degli alunni per l’intera durata degli studi nella stessa scuola, di documentazione pedagogica in
particolare per la compilazione del Portfolio delle competenze personali.
Le sue lezioni non solo semplicemente frontali, ma anche laboratoriali, in ore curriculari
obbligatorie e facoltative opzionali.
Come fare?
Costruendo e mettendo in atto dei piani personalizzati.
2 .1 – COSTRUIRE PIANI PERSONALIZZATI
L’esigenza di personalizzare le attività educative non è nuova in pedagogia e ha sempre
alimentato il desiderio dei docenti di qualificare il proprio intervento educativo. Le prassi didattiche
personalizzanti, tuttavia, hanno sempre fatto fatica a tradursi in competenze operative dei docenti. Il
10
Raccomandazioni.
Coerentemente all’art. 8, comma 1, punto b e f del Dpr. 275/99, prescrivono «i livelli essenziali di prestazione (intesi
qui nel senso di standard di prestazione del servizio) che le scuole pubbliche della Repubblica sono tenute in generale ad
assicurare ai cittadini per mantenere l’unità del sistema educativo nazionale di istruzione e di formazione, per impedire la
frammentazione e la polarizzazione del sistema e, soprattutto, per consentire ai ragazzi la possibilità di maturare in tutte le
dimensioni tracciate nel Profilo educativo, culturale e professionale previsto per la conclusione per il I ciclo di studi».
12 o dell’anno, in quelle di terza media.
11
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R. MAZZEO
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LAVORO
fatto ora che la Riforma ribadisca con forza questo dovere e presenti la personalizzazione come
specifico compito professionale, è un elemento di estremo interesse.
“Una lettura superficiale induce a identificare “personalizzato” con “individualizzato”,
trasformando l’idea di offerta formativa in quella di addestramento del singolo individuo affinché
sviluppi competenze predefinite o ancor peggio in quella di terapia da applicare allo studente
impossibilitato a raggiungere determinati obiettivi.
La personalizzazione della didattica non è da concepire in questo modo: personalizzare
significa favorire la crescita della persona, impostare una vita scolastica, un metodo di
insegnamento, proporre dei contenuti che aiutino lo sviluppo delle componenti che costituiscono la
persona.”13 Personalizzare un piano di lavoro è fare in modo che nello studio e mediante lo studio
di un argomento lo studente possa avere sempre più coscienza di sé come persona, cioè come
essere in rapporto con l’Altro e con gli altri in modo costitutivo, come essere libero, degno e capace
di ereditare tutto ciò che c’è e che si viene scoprendo14. Ma su questo argomento abbiamo lavorato
nel precedente Convegno15.
Provo a rispondere alle seguenti domande:
Cosa è il PSP? Qual è la funzione del PSP? Destinatari: classe? alunni singoli? Come garantire
la messa in atto dei PSP nel quotidiano magari in situazioni di classi numerose?
Cosa è il PSP?
Il PSP è una delle novità essenziali della Riforma. La sua introduzione nel sistema scolastico
decreta la fine dell’uniformità delle prestazioni progettate a priori, già inaugurata con la stagione
della programmazione curriculare16.
Il piano personalizzato
◊ è “l’insieme delle Unità di Apprendimento effettivamente realizzate17, con le eventuali differenziazioni che
si fossero rese opportune18 per singoli alunni”.
◊ Ha la forma iniziale di un indice, di uno schema che si arricchisce cammin facendo, di un
documento al termine di un certo periodo. Un PSP è il risultato delle UA di volta in volta
predisposte dai docenti per gli allievi nel corso dell’anno.
R Paggi, La personalizzazione nella proposta formativa, “Libertà di educazione” n. 1, 2004
“Col professor Bernard le lezioni erano sempre interessanti, per la semplice ragione che lui amava
appassionatamente il suo mestiere. No, la scuola non offriva soltanto una semplice evasione dalla vita…Almeno
nella classe del professor Bernard, appagava una sete più essenziale per il ragazzo che per l’adulto, la sete della
scoperta. Certo, anche nelle altre classi si insegnavano molte cose, ma un po’ come si ingozzavano le oche, si
presentava un cibo confezionato e s’invitavano i ragazzi ad inghiottirlo. Nella classe del professor Bernard, per la
prima volta in vita loro, i ragazzi sentivano invece di esistere e di essere oggetto della più alta considerazione: li si
giudicava degni di scoprire il mondo. E anche il maestro non si occupava soltanto di insegnare ciò per cui era
pagato, ma li accoglieva con semplicità nella sua vita personale, la viveva con loro, raccontava la propria storia e
quella di altri ragazzi che aveva conosciuto” (Albert Camus, Le premier homme,)
15 “Libertà di educazione” n. 1, 2004
16 Raccomandazioni per l’attuazione delle Indicazioni Nazionali per i Piani di studio personalizzati
nella Scuola Primari,.www.istruzione.it.
17 Il sintagma effettivamente realizzate non c’è nelle precedenti versioni. E’ significativo del valore riconosciuto
all’esperienza e, quindi, all’imprevisto nello svolgersi del lavoro educativo didattico. C’è il superamento dell’idea di
programmazione come esecuzione fedele di uno schema a priori valido per tutti e in tutte le situazioni, con
qualsiasi attore.
18 Nella prima versione si “rendessero necessarie”
13
14
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LAVORO
◊ e si evince dal POF di istituto19. I PSP vanno elaborati secondo l’ispirazione culturale
pedagogica desunta dal POF, a sua volta costruito sulla base del Progetto Educativo, che
rappresenta il quadro unitario da cui derivare l’intera organizzazione scolastica.
Qual è la funzione del PSP?
◊ è alla base della documentazione20 per la compilazione del Portfolio delle competenze
individuali.
◊ È il punto di incontro del lavoro dei docenti, dei genitori, degli alunni “Il Piano di Studio
Personalizzato è un appuntamento cruciale” per cui “resta a disposizione delle famiglie”. E’ lo
strumento professionale offerto agli insegnanti per declinare l’offerta formativa in modo coerente,
efficace e trasparente nei confronti di ciascun ragazzo.
◊ contiene l’indicazione di eventuali percorsi di approfondimento parziale o totale di
discipline ed attività. “ A scelta delle famigl ie e dei preadolescenti, con l’assistenza del tutor, la scuola può dedicare
una quota fino a 200 ore annuali all’approfondimento parziale o totale di discipline ed attività. Questi
approfondimenti possono cambiare nell’arco del triennio e quindi consentire, alla conclusione del triennio medesimo, una
scelta degli indirizzi formativi del secondo ciclo non soltanto responsabile, ma già, per certi aspetti, collaudata; il
Portfolio delle competenze dovrebbe registrarla e sancirla con adeguate documentazioni.”
Destinatari: classe? alunni singoli?
I destinatari sono i singoli allievi. Il piano di studio è personalizzato in quanto si riferisce alla
persona del singolo alunno sia in fase di elaborazione sia in fase di svolgimento e verifica sia in
funzione della documentazione sul Portfolio. Teoricamente ci dovrebbero essere tanti PSP quanti
sono gli alunni della classe. Di fatto, nella strutturazione dei PSP, può capitare - e sicuramente
capiterà - che, essendo gli obiettivi formativi comuni a tutti, siano comuni anche obiettivi specifici di
apprendimento per cui potremmo avere PSP per gruppi di alunni o per classi.
Gestione dei PSP
I PSP sono elaborati, gestiti e valutati dai docenti della scuola. “L’autonomia scolastica è ambiente e
agente dell’attuazione dei piani personalizzati che si realizzano in autonomia organizzativa e didattica”21
Ai docenti viene richiesto lo sforzo di operare partendo dal “particolare personale al generale
culturale” e non più dal “generale culturale al particolare personale”. Non più agire, sul piano
istituzionale, in maniera demiurgica e illuminista, ma scegliere la strada dell’attenzione e del rispetto
alla persona concreta che si ha davanti. E’, infatti, una questione di metodo, di un principio
metodologico che riconosce ed assume in partenza ed in uscita la ricchezza delle differenze
soggettive, sociali e culturali fra gli alunni. In questo senso si è legittimamente liberi dall’ossessione
del “livello minimo accettabile” per tutti, degli standard minimi.
“A ciascuno il suo” è uno degli slogan del POF della mia scuola perché siamo convinti che
“diverso” non coincide semplicemente con “più alto” o “più basso” e che non si tratti di una
maggiore o minore indulgenza nella proposta e nella valutazione. “A ciascuno il suo” è una
questione di qualità. Basta avere occhio e poi accade come nella scelta dei libri. “Occorre scegliere libri
per bambini che tengano conto della loro crescita; che siano al di là anziché al di sotto della loro misura, al pari dei loro
“L’ispirazione culturale-pedagogica, i collegamenti con gli enti territoriali e l’unità anche didattico-organizzativa dei PSP elaborati dai gruppi
docenti si evincono dal POF di istituto.”
20 Dal PSP “si ricava” anche la documentazione…” Nella prima versione in vece di documentazione “spunti
utili”
21 Schema Decreto Applicativo commentato, art.10
19
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R. MAZZEO
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LAVORO
indumenti” (J.R. Tolkien). Personalizzare è costruire un piano di studio a misura della crescita che sta
accadendo, è costruire un vestito in cui il sarto è il docente e l’alunno, con ruoli diversi22.
DOSSIER
2.2 - COSTRUIRE UNITÀ DI APPRENDIMENTO
Il PSP è l’insieme delle UA pensate e messe in cantiere in una classe, in una scuola.
Cosa è un UA?
Diciamo innanzitutto cosa non è UA: non è UFO pedagogico-didattico, né una nuova teoria
pedagogica, né una nuova didattica. Non è neppure la famosa (o famigerata?) unità didattica.
Per rispondere in termini positivi possiamo considerare l’UA, come fa Puricelli, secondo due
prospettive: una statica e l’altra dinamica23.
◊ La prima ci permette di definire l’UA sia come indirizzo metodologico sia come strumento
didattico-pedagogico ovvero come un documento di lavoro.
◊ La seconda prospettiva – quella dinamica – ci fa vedere l’UA come un evento o processo
didattico pedagogico.
L’UA è innanzitutto “ indirizzo metodologico, cioè un’idea e un’indicazione su come organizzare
e gestire l’attività di apprendimento/insegnamento”.
In secondo luogo è un documento di lavoro che comprende:
a)
“uno o più obiettivi formativi tra loro integrati (definiti anche con i relativi standard di
apprendimento, riferiti alle conoscenze e alle abilità coinvolte);
b)
le attività educative e didattiche unitarie, i metodi, le soluzioni organizzative ritenute necessarie per
concretizzare gli obiettivi formativi formulati;
c)
le modalità con cui verificare sia i livelli delle conoscenze e delle abilità acquisite, sia se e quanto tali
conoscenze e abilità si sono trasformate in competenze personali di ciascuno”24.
Il grado di analiticità di tale composizione viene decisa liberamente da “ogni istituzione
scolastica, o da ogni gruppo docente”.
In quanto evento-processo, caratterizzato dall’intenzionalità di “garantire la trasformazione delle
capacità di ciascuno in reali e documentate competenze”25, comprende tre fasi o momenti: progettazione e
stesura di un documento scritto, realizzazione, controllo, ovvero accertamento e documentazione
delle conoscenze, delle abilità e delle competenze.
22
«Un docente non lavora per l’allievo, ma con l’allievo. È la condivisione del lavoro per cui il docente fa la
sua parte nella misura in cui l’allievo fa la propria: l’uno inizia e l’altro conclude, ma sull’iniziativa c’è
reciprocità. Tale lavoro è essenzialmente di domanda, che in tal caso si contrappone al comando, perché
coinvolge l’altro nel suo pensiero consentendogli così di elaborare. Quindi la domanda è innanzitutto un
invito a elaborare, e ciò fa dire che l’insegnamento ha a che fare con la “vocazione”: il docente non è un
missionario, è uno che sa vocare, ossia chiamare. Forse il vero maestro, che presuppone l’allievo, possiede
questa vocazione” AA.VV., Osservare, valutare, orientare gli alunni in difficoltà, Pitagora Editrice,
Bologna 2003, p. 63.
23 E. Puricelli, “Scuola e didattica”, 15 ottobre 2003
24 Indicazioni, p. 9
25 Indicazioni p. 8
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Quale funzione?
Da qualsiasi punto di vista la consideriamo, le UA hanno una funzione educativo - didattica. Infatti
“le Unità di Apprendimento, che vanno a costituire i Piani di Studio Personalizzati, non considerano le conoscenze e
le abilità come archivi astratti, ancorché epistemologicamente motivati, da raggiungere, bensì come occasioni per lo
sviluppo globale della persona del fanciullo che interagisce attivamente con la cultura”26.
“L’UA trova posto al croce via tra l’asse della formazione e l’asse dell’istruzione in quanto il suo compito è
quello di rendere possibile l’incontro tra il fine dell’educazione che è la crescita e la maturazione della persona e gli scopi
dell’istruzione, ossia l’acquisizione di abilità e conoscenze. Per chi lavora con le UA non è sufficiente che le conoscenze e
le abilità siano acquisite e imparate dall’alunno, occorre anche che siano assimilate e personalizzate, cioè digerite e
metabolizzate dal tessuto delle capacità dell’alunno, trasformandole in competenze. Le conoscenze e abilità, se solo
imparate, restano conoscenze e abilità, spesso estranee alla persona, come un nutrimento indigesto; se assimilate e
personalizzate si trasformano in strumenti per la vita…
Le UA sono lo strumento organizzativo mediante cui si realizza l’incontro tra il fine dell’educazione o
intenzionalità formativa, cioè la crescita, la maturazione e valorizzazione della persona, e gli scopi dell’istruzione o
intenzionalità istruttiva, ossia l’acquisizione di abilità e conoscenze ”27
Come si struttura un’UA ?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo chiarire cosa sono gli obiettivi formativi (OF) e
gli obiettivi specifici di apprendimento (OSA).
2.2.1 – Gli OF, gli OSA ed affini
“Gli «obiettivi generali del processo educativo» e gli «obiettivi specifici di apprendimento» sono e diventano
obiettivi formativi nel momento in cui si trasformano nei compiti di apprendimento ritenuti realmente
accessibili, in un tempo dato e professionalmente programmato, ad uno o più allievi concreti e
sono, allo stesso tempo, percepiti da ‘questi’ allievi come traguardi importanti e significativi da
raggiungere per la propria personale maturazione. In altre parole, si potrebbe dire, nel momento in
cui ristrutturano l’ordine formale epistemologico da cui sono stati ricavati, in quello reale,
psicologico e didattico, di ciascun allievo, con la sua storia e le sue personali attese”28.
Gli “obiettivi generali del processo formativo” (OGPF) sono la carta di identità del livello di scuola.
Quelli relativi alla scuola media, elencati e commentati nelle Indicazioni, sono sette e caratterizzano
la “secondaria di I grado” come scuola dell’educazione integrale della persona, che colloca nel mondo, orientativa,
dell’identità, della motivazione e del significato, della prevenzione dei disagi e del recupero degli svantaggi, della
relazione educativa.
Gli «obiettivi specifici di apprendimento» (OSA) indicano le conoscenze (il sapere) e le abilità (il
saper fare) che tutte le scuole della Repubblica sono invitate dallo Stato ad organizzare in attività
educative e didattiche volte alla concreta e circostanziata promozione delle competenze finali degli
allievi a partire dalle loro capacità. Sono presentati e ordinati per discipline e per «educazione alla
Convivenza civile» sia per il primo biennio sia per terza classe in apposite tabelle nelle Indicazioni
nazionali.
Raccomandazioni.
idem
28 Raccomandazioni
26
27
8
R. MAZZEO
6 marzo 2004
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LAVORO
Come si vede, gli OF rappresentano il punto di incontro di due forme convergenti di
intenzionalità: la prima, essenziale e fondamentale, mira alla formazione e alla crescita della persona; la
seconda di tipo strumentale è rivolta all’esplorazione e acquisizione degli oggetti culturali. Queste
due forme di intenzionalità sono inscindibili e stanno tra di loro come la trama e l’ordito. 29
2.2.1.1 - Caratteristiche degli OF
Gli OF sono il perno attorno a cui tutta l’UA ruota. Non c’è UA se non c’è almeno un OF.
Ma attenzione! Non tutti gli OF vanno bene. Devono avere precise caratteristiche di
contenuto e di forma sia a livello generale, sia a livello delle singole classi e dei singoli alunni.
Devono, per esempio,
a avere carattere unitario, riguardare un intero di apprendimento. Solo così “sono dotati di una
intrinseca e sempre aperta carica problematica ”, hanno “una dinamicità che li rende, allo stesso tempo,
sempre, per ogni allievo e famiglia, punto di partenza e di arrivo, condizione e risultato di ulteriori
maturazioni” 30
b Essere adatti e significativi per i singoli allievi. L’OF è adatto se interseca effettivamente
capacità già disponibili dell’alunno, del gruppo-classe o del gruppo di compito, di
livello, di elezione; è significativo se mette in tensione suddette capacità, indirizzandole
verso competenze percepite come ben delimitate e concrete, e quindi, per esempio,
verso un più alto e consapevole livello di categorialità.31
Ciò significa che il compito di apprendimento deve essere ricavato dalla vita reale, da
“prassi reali, sensate e compiute”, presenti nell’esperienza e negli ambiti (teorici o pratici)
delle nostre discipline, che da sempre consideriamo punti di vista sulla realtà32. Significa,
per esempio, non restare nelle astrazioni scolastiche, nelle formule nozionistiche.
29
Puricelli, op. cit.
Indicazioni.
31
Le Indicazioni, al riguardo, sono molto chiare. Affermano infatti che gli OF, “sebbene formulati dai
docenti in maniera analitica e disciplinare, vanno sempre esperiti a partire da problemi ed attività che, per
definizione, sono sempre unitari e sintetici, quindi mai riducibili né ad esercizi che pretendono di
raggiungerli in maniera atomistica, né alla comprensione dell’esperienza assicurata da singole prospettive
disciplinari o da singole “educazioni”. Richiedono, piuttosto, sempre, la mobilitazione di sensibilità e
prospettive pluri, inter e trans-disciplinari, nonché il continuo richiamo all’integralità educativa. Inoltre,
aspetto ancora più importante, esigono che siano sempre dotate di senso, e quindi motivanti, per chi le
svolge e per chi le propone”.
32
“Il termine disciplina di studio rimanda ad un intreccio costante:
- tra dimensione esistenziale evolutiva del soggetto e logica intrinseca di sviluppo della scienza;
- tra «soggetto» che, pensando gli «oggetti» scientifici che gli vengono proposti se ne appropria
(obiettivi formativi), e controllo che tale pensiero soggettivo, l’unico che conta sul piano educativo,
non alteri la natura e l’identità epistemica degli «oggetti» scientifici in questione (obiettivi specifici
di apprendimento);
- tra processi personali della conoscenza e prodotti sociali del pensiero scientifico.
Come e a quali condizioni le due prospettive si possono integrare e non restare estranee? È possibile nella
scuola, tanto più con soggetti in età evolutiva, non trattare la ricerca scientifica (scienza) alla stregua di
contenuti materiali (materia), ma utilizzarla, senza tradirla nella sua complessità, come occasione per
promuovere processi vitali di apprendimento e di pensiero (disciplina di studio)? Come favorire
l’apprendimento personale senza banalizzare, con distorsioni e semplificazioni, la natura degli «oggetti di
studio» identificati dalle scienze e richiamati, per gli insegnanti, negli obiettivi specifici di apprendimento?
Non si fatica ad immaginare quanto il cuore della professionalità docente e della qualità della scuola siano
fondati sulla competenza nel rispondere a questi interrogativi.” (Raccomandazioni)
30
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Puntare a far conoscere più che a far ragionare o fa riprodurre formule e parole. E’
un’astrazione scolastica fermarsi ad analizzare un verso contando le sillabe. Nella vita
quotidiana, per esempio, non si contano le sillabe di una poesia, ma si leggono o non si
leggono le poesie; non si fanno esercizi sulle operazioni o le equazioni ma si risolvono
problemi usando i numeri e le operazioni, non si mettono in fila sulla linea del tempo le
date delle guerre di indipendenza, ma ci si documenta su di esse per soddisfare un
interesse o curiosità, ecc. Qualunque insegnante sa che l’obiettivo “usare correttamente
l’h” è solo un’astrazione scolastica, a cui non corrisponde alcun compito unitario e sensato,
né nella vita reale né in alcuno dei mondi delle scienze empiriche o teoriche; per questo
lo si considera strumentale a compiti realmente formativi come imparare a produrre
testi narrativi, relazioni, ecc., rispettando le convenzioni ortografiche.”33
◊ Essere articolabili nei loro elementi costitutivi in modo che sia possibile esplicitare e
rendere trasparenti le capacità su cui intendono operare, le competenze (teoriche o concrete) che
tendono a promuovere, le conoscenze e le abilità con cui cercano di farlo.
c Essere integrati con altri OF ed essere organici rispetto alle attività didattiche e alle
verifiche.
◊
In rapporto all’impostazione delle attività didattiche, l’OF deve dire ciò che c’è
da imparare (in termini, se necessario, di semplice memorizzazione e addestramento) e ciò che
c’è da assimilare (personalizzare, assimilare), trasformandolo in competenza o in un saper fare
personalizzato.
◊
In rapporto, invece, alle pratiche di verifica, l’OF deve dire come si deve
imparare ciò che c’è da imparare, specificando gli standard di prestazione rispetto alle abilità e
conoscenze; e come si deve assimilare ciò che c’è da assimilare, specificando il modello di
condotta esperta, che funge da termine di riferimento per apprezzare la qualità della
competenza.
2.2.1.2 - Come progettare un OF?
La progettazione dell’OF, valore aggiunto portato della professionalità dei docenti, è un processo di
creatività e di immaginazione didattica che deve tener conto almeno dei seguenti fattori oggettivi:
◊
il PECUP o Profilo educativo, culturale e professionale che esplicita ciò che ogni studente
deve sapere e saper fare al termine di un ciclo, in relazione alle diverse dimensioni della persona;
◊
gli OGPF o Obiettivi generali del processo formativo, collegati al PECUP, ma
contestualizzati rispetto al grado di scuola e all’età psicologica degli alunni, che forniscono
indicazioni sulla natura e sul significato degli interventi educativi e didattici da predisporre;
◊
gli OSA o Obiettivi specifici di apprendimento che declinano le conoscenze e abilità,
distinte per discipline ed educazioni, da proporre durante un anno scolastico, un periodo e un grado
di scuola;
◊
l’analisi della situazione: l’individuazione delle caratteristiche della classe e degli alunni, il
livello delle loro capacità, gli interessi, le motivazioni, i bisogni, le condizioni organizzative stabilite
dal POF, ecc.
33
Puricelli, op.cit.
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Come muoversi in questo spazio così delimitato? Le Indicazioni suggeriscono due metodi.
◊
Il primo (via ascendente) si fonda sull’esperienza degli allievi e individua a partire da essa
le dissonanze cognitive e non cognitive che possono giustificare la formulazione di obiettivi
formativi da raggiungere, alla portata delle capacità degli allievi e, in prospettiva, coerenti con il
Profilo educativo, culturale e professionale, nonché con il maggior numero possibile di obiettivi
specifici di apprendimento.
◊
Il secondo (via discendente) si ispira direttamente al Profilo educativo, culturale e
professionale e agli obiettivi specifici di apprendimento; e considera se e quando aspetti del PECUP e
degli OSA possono inserirsi nella storia narrativa personale o di gruppo degli allievi, dopo averli
rielaborati attraverso apposite mediazioni professionali di tempo, di luogo, di qualità e quantità, di
relazione, di azione e di circostanza e averli resi percepibili, nella prospettiva della crescita
individuale, come traguardi importanti e significativi per ciascun ragazzo e la sua famiglia, nel
contesto della classe, della scuola e dell’ambiente.
Si tratta di due percorsi combinabili armonicamente e in fondo, per cui nella pratica si dovrà
continuamente fare la spola dall’una all’altra via.
2.2.1.3 - Come formulare un OF?
Per formulare un OF, secondo Puricelli, abbiamo due possibilità, in qualche modo alternative
e contrapposte: la forma contratta e quella espansa, che lasciano campo a varie soluzioni intermedie.
Forma contratta. Si può pensare di individuare gli OF, esplicitando solo l’apprendimento
unitario, mediante il ricorso a formulazioni sintetiche di tipo enunciativo–dichiarativo. Tutti gli altri
elementi strutturali (capacità, conoscenze e abilità strumentali, standard di prestazione ed il modello
di competenza esperta…), necessari per una progettazione completa dell’OF, possono essere
lasciati in forma implicita , demandando alla fase di attuazione dell’UA la loro effettiva esplicitazione.
Un esempio di formulazione contratta di OF potrebbe essere il seguente: “Imparare a produrr
riassunti di testi narrativi letti ”
Questa formulazione sintetica individua senz’altro un compito di apprendimento unitario, che
si fonda su una prassi reale. Permette eventuali esplicitazioni degli elementi strutturali in corso
d’opera.
I vantaggi di questa soluzione sembrano evidenti: a) è economica in quanto non richiede
molto tempo in fase di progettazione dell’OF; b) consente di dare avvio all’UA sulla base di una
semplice delimitazione di campo, senza polarizzare troppo lo spazio di lavoro; c) offre un
riferimento unitario sufficientemente preciso.
Forma espansa: la formulazione di tipo espositivo – narrativo/descrittivo, ossia con dichiarazioni
ragionate, articolate e motivate. In questo caso, ad esempio, nell’esplicitare il compito di
apprendimento unitario si specificheranno la finalità formativa, i valori culturali, estetici, morali, ecc.
da promuovere, le capacità messe in gioco, le competenze da maturare, ecc. Nell’esplicitare le
conoscenze e le abilità strumentali se ne giustificherà la coerenza con il fine formativo, e così via per
gli standard di prestazione.
L’important,e ci avvertono le Indicazioni, è che gli OF “non possono essere mai formulati in maniera
atomizzata e previsti quali corrispondenza di performance tanto analitiche quanto, nella complessità del reale,
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inesistenti. A maggior ragione, infatti, a livello di obiettivi formativi si ripete, anzi si moltiplica, l’esigenza di riferirsi al
principio della sintesi e dell’ologramma, già menzionato a proposito degli obiettivi specifici di apprendimento. Se non
testimoniassero la traduzione di questo principio nel concreto delle relazioni educative e delle esperienze personali di
apprendimento che si svolgono nei gruppi di lavoro scolastici difficilmente, del resto, potrebbero essere ancora definiti
«formativi»”.
2.2.2 - Differenze tra un’UA ed un’UD
Le differenze tra un’UA (unità di apprendimento) ed un UD (unità didattica) sono numerose
e profonde. Riguardano la struttura, la funzione, il concetto di unità, la progettazione, l’immagine di
apprendimento. Qui ne evidenzio due.
1 – La prima emerge se mettiamo a confronto la processualità dell’UA e quella dell’UD.
La processualità dell’UA parte da un intero (l’apprendimento unitario da promuovere) ed
intende arrivare ad un intero concreto e reale: la competenza maturata dall’alunno. La processualità
dell’UD è determinata, invece, da una sorta di primato ideale e reale della fase di progettazione rispetto
all’intero processo. Ciò che soprattutto conta nell’ elaborazione di un UD è non lasciare nulla al
caso e all’improvvisazione; si deve prevedere e controllare tutto in modo minuzioso e analitico, e
anche l’imprevisto deve avere un suo spazio di prevedibilità.
Nell’UA, al contrario, il docente non ha come problema centrale quello di programmare e
governare il lavoro didattico a puntino, ma di far accadere, favorire, motivare, sostenere, orientare
l’apprendimento dei singoli e dei gruppi senza censurare nessuno dei fattori in campo e
ragionevolmente disposto a tutte le possibilità. A questo docente più che uno strumento, più o
meno scientifico (magico starei per dire) di controllo totale dell’agire didattico, serve intelligenza
creativa, capacità di comprensione e di adattamento alle situazioni reali che di volta in volta si
determinano.
In altre parole nel concetto di UA è implicito un depotenziamento dell’idea di programmazione.
Ma dove sta la novità? Sono cose che abbiamo sempre fatto e stiamo facendo. E’ vero
l’abbiamo fatto e lo facciamo, ma da trasgressivi, sia verso l’alto, disobbedendo alle indicazioni dei
Programmi ministeriali, sia verso il basso, ovvero rispetto alle esigenze e alle specifiche situazioni di
apprendimento degli allievi34; ora possiamo farlo legittimamente e ancor più legittimamente
proporlo in modo esemplare a tutti i colleghi di scuole statali e non.
2 - Le UA sono concepite essenzialmente come occasioni di un apprendimento di qualità. Le
UD sono centrate sull’insegnamento (su quello che fa il docente) e, basando la loro unità in
riferimento a contenuti culturali che sono uguali per tutti, tendono verso l’omologazione e
l’uniformità dei percorsi di apprendimento. Con l’UA si tende a spostare l’attenzione dalle esigenze
dell’attività di insegnamento a quelle dell’apprendimento; dalla programmazione del lavoro docente,
all’evolversi concreto ed in situazione dell’apprendimento della classe e dei singoli.
34
“I Programmi danno istruzioni, i docenti, in qualunque situazione si trovino, sono chiamati ad applicarle e
ad eseguirle: se non lo fanno, eccedono le norme e diventano trasgres sivi. Le istruzioni dei Programmi,
perciò, prevalgono sulle esigenze dei singoli allievi. Questi sono chiamati ad adeguarsi a quelle, non
viceversa. Quelle diventano il fine dell’attività educativa scolastica. L’allievo perde la sua centralità.”
(Raccomandazioni)
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L’UD centra le sue fasi sui contenuti e sul ruolo dell’insegnante. Prendiamo, per esempio, il
Feudalesimo e il Teorema di Pitagora. Questi, in quanto contenuti culturali, hanno una loro precisa
configurazione che la ricerca storica o la geometria hanno il compito di stabilire. In quanto tali c’è
un modo ottimale di insegnarli ed è quello deciso dall’insegnante, in quanto esperto conoscitore
della ricerca storica e della geometria. Naturalmente il docente dovrà tenere conto che non tutti gli
alunni hanno gli stessi tempi, ritmi, stili e capacità di apprendimento. Cercherà perciò di
individualizzare ovvero di adattare il contenuto culturale alla “capienza” di alcuni alunni o nel
trovare modalità alternative per farli apprendere.
L’UA, invece, non centra il suo dispiegarsi sul Feudalesimo e il Teorema di Pitagora, in quanto oggetti
culturali ben strutturati, ma sulla personalizzazione dei percorsi, intesa non come correttivo didattico
all’eccessiva rigidità dei percorsi stessi, ma scelta di fondo e valore positivo e normale.
2.2.3 - Le fasi di costruzione di un’UA
Leggendo l’inizio del paragrafo intitolato “Obiettivi specifici di apprendimento” delle
Indicazioni35 si evince che la costruzione di un’UA si articola in tre momenti successivi:
◊
◊
◊
una fase ideativa, che consiste nell’identificazione e scelta degli obiettivi formativi
una fase di attuazione e sviluppo dei percorsi di metodo e di contenuto
una fase di verifica, controllo e documentazione
Il rapporto tra le tre fasi è di tipo circolare. Oltre che succedersi, coesistono, nel senso che in
ogni fase è presente la funzione di ideazione, di attuazione e controllo, che a ben vedere sono i
caratteri propri di un’azione razionale. In questo senso è interessante accettare la proposta di
chiamare la prima fase pre-attiva, la seconda attiva e la terza post-attiva.
Fase Ideativa o preattiva
Nella fase ideativa si tratta di
◊ Scegliere un apprendimento unitario da promuovere
◊ Esprimerlo tramite la formulazione contratta o espansa di uno o più obiettivi formativi
integrati
◊ Articolarlo nei suoi elementi costitutivi
Scegliamo come esempio un apprendimento unitario, che riguarda quasi tutte le materie,
anche se in modo esplicito è negli OSA di Italiano (ascoltare-parlare) e lo formuliamo in questi
termini: “Potenziare la capacità di esporre un argomento studiato davanti alla classe e all’insegnante”. Questa
operazione è paragonabile al semplice delimitare un terreno mediante un confine. A questo punto
non ci si mette a prevedere tutte le mosse dello studente, della classe, del docente (dei docenti),
come si dovrebbe fare nelle UD. Si potrebbe o passare subito all’azione oppure precisare ulteriori
aspetti in vista di un’effettiva personalizzazione in corso d’opera.
35
“Il percorso educativo della Scuola Secondaria di 1° grado, nella prospettiva della maturazione del
Profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla conclusione del I ciclo dell’istruzione, utilizza
gli obiettivi specifici di apprendimento indicati per il primo biennio e per la terza classe nelle tabelle
allegate per progettare Unità di Apprendimento. Queste partono da obiettivi formativi adatti e significativi
per i singoli allievi, definiti anche con i relativi standard di apprendimento, si sviluppano mediante appositi
percorsi di metodo e di contenuto e valutano, alla fine, sia il livello delle conoscenze e delle abilità acquisite,
sia se e quanto esse abbiano maturato le competenze personali di ciascun allievo (art. 8 del Dpr. 275/99)
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Fase attiva o di sviluppo o di mediazione didattica
Scopo primo di questa fase è quella di aiutare ciascun alunno a concretizzare l’intero processo
di apprendimento (esporre un argomento studiato, per esempio), secondo le proprie potenzialità,
interessi, attitudini, manche limiti e difficoltà, lavorando di fatto sulle conoscenze e sulle abilità
implicate.
Per esempio, ben sapendo che non si sa esporre un argomento di studio se non si sa studiare,
si comincia a dedicare del tempo a far studiare in classe gli alunni e a suggerire ai singoli come
attuare la ricerca lessicale, la parafrasi integrativa, la titolazione dei capoversi o delle sequenze, la
comprensione del filo del discorso, la tecnica delle domande ponte, della sottolineatura, della
mappatura delle idee essenziali. Ovviamente passano le settimane, i mesi, i primi due anni e ancora
ci sono alunni che non sanno esporre, sanno riprodurre mnemonicamente il testo, ma non esporre.
Allora occorre individuare per questi alunni i punti di forza e di debolezza… Sono alunni che sanno
per esempio esporre solo in un rapporto uno ad uno e non in gruppo …. Importante è non perdere
di vista il traguardo…
Come si vede, la fase ideativa prosegue in quella evolutiva o di sviluppo senza discontinuità e
senza subordinazione realizzando un rapporto di interdipendenza e di interazione circolare. Siamo
davanti ad una programmazione di bassa risoluzione per cui l’UA si arricchisce e si precisa strada
facendo.
Fase postattiva, di controllo e di documentazione
E’ il momento dell’accertamento e della valutazione non solo dei livelli delle conoscenze e
delle abilità acquisite, che può essere anche in itinere, ma dell’intero processo di apprendimento
(indicato dall’OF) per verificare se e quanto tali conoscenze e abilità si sono trasformate in
competenze personali per ciascuno. In altre parole, le prove di verifica dovranno riguardare non
solo l’acquisizione di conoscenze e di abilità, ma anche la trasformazione delle conoscenze e delle
abilità. E’ una valutazione delle tre dimensioni dell’apprendimento (acquisizione – assimilazionecriticità). Non ci interessa quanto abbia accumulato l’alunno in tutto il nostro e il suo fare, ma cosa
effettivamente ha guadagnato, cosa è diventato effettivamente suo. E magari scopriamo che non
solo sa esporre l’argomento studiato, ma ha maturato un gusto ed un metodo di studio fino al
punto che ci permette di formulare un nuovo giudizio orientativo.
2.2.4 – Una Mappa operativa per l’UA
L’attività di progettazione di una UA necessita ovviamente di un qualche strumento che la
organizzi, la concretizzi e la documenti. Accogliendo l’avvertenza contenuta nelle Indicazioni
Nazionali36 , la struttura di base del documento potrebbe essere la seguente.
Dati identificativi a livello istituzionale: il titolo, l’anno scolastico, i destinatari, gli insegnanti
coinvolti ed eventuali altre informazioni che la scuola intenderà precisare (esempio, durata: numero
di ore curriculari e rapporto con il monte ore complessivo; tipologia: UA di approfondimento,
recupero, laboratorio, eccellenza; tempo di inserimento nel PSP: periodo dell’anno scolastico nel
quale l’UA viene attivata.).
Individuazione e articolazione dell’apprendimento.:
36
“Ogni istituzione scolastica, o ogni gruppo docente, deciderà il grado di analiticità di questa progettazione delle Unità di apprendimento.”
14
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◊ Domande/problemi: cosa imparare? In cosa consiste l’apprendimento che proponiamo? Quali
sono le ragioni culturali, educative e didattiche della nostra proposta risposta alla situazione di
ingresso? Quale OF scegliere? Come formularlo? Come articolare l’apprendimento unitario?
◊ Contenuti essenziali: l’apprendimento unitario; il riferimento al PECUP e agli OSA; gli
obiettivi formativi integrati e personalizzati, con relativi standard di apprendimento, la lettura della
situazione in ingresso dello studente (requisiti, prove, certificazione di ingresso).
Pianificazione della mediazione didattica.
◊ Domande/problemi: come, quando insegnare/imparare l’intero di apprendimento? quali
attività? quali tempi e tappe? La risposta farà leva su una o più opzioni metodologiche di fondo che
guideranno e orienteranno tutta la mediazione didattica.
◊ Contenuti essenziali: il metodo, le attività, i contenuti, le soluzioni organizzative.
Controllo e documentazione degli apprendimenti:
◊ Domande/problemi: da cosa si capisce che l’alunno ha imparato? Sta imparando? Come
accertare e valutare la competenza maturata ? Come documentarla?
◊ Contenuti essenziali: gli accordi circa le modalità di accertamento e documentazione, il
compito unitario o prova di competenza in situazione, gli standard di prestazione relativi agli
obiettivi formativi e relative prove.
Posto che qualsiasi tipo di UA debba evidenziare questo schema di base, è chiaro che il
problema delle soluzioni grafiche da adottare può essere risolto in modi diversi. Si potrà, ad esempio,
pensare ad una veste grafica tabellare o testuale per le UA semplici ed a centratura disciplinare; ma per
le UA più complesse ed a centratura multi-inter-pluridisciplinare si dovrà pensare a schede di
espansione. A questo punto, però, la parola deve passare ad una esemplificazione concreta, a cui
questa ricerca prelude.
2.2.5 – Apprendere e conoscere nell’UA
La Riforma non propone una teoria dell’apprendimento in quanto tale. Ovviamente, però,
sottende una visione del conoscere umano e dell’apprendere insegnato. E’ evidente, per esempio, il
superamento sia della specularità tra insegnamento ed apprendimento sia della simmetricità del
rapporto alunno-docente. E’ implicito il passaggio da una concezione illuminista e razionalista, che
colloca al centro le conoscenze come pacco di informazioni chiare e distinte, ad una teoria della
conoscenza umana limitata, fallibile e sempre perfettibile, per approssimazione (continuo
avvicinamento) alla verità.
Le Indicazioni parlano di “’inesauribilità della realtà”, del “suo carattere aperto a più modelli
rappresentativi”, “dell’inesauribile complessità della realtà: per quante facce si colgano di essa, infatti,
non è possibile comprenderle tutte e, soprattutto, tutte insieme contemporaneamente.”37
E’ una visione di attento realismo che pone al centro la persona umana e coglie nella
conoscenza un processo che parte dal vissuto di un’attesa e da un bisogno e lo tematizza
logicamente in forma di problema, ne elabora una teoria esplicativa e ne controlla il funzionamento
37
Indicazioni, pag.3
15
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nella consapevolezza di rispondere al bisogno con interventi sempre limitati, fallibili, ma sempre
perfettibili.38
E’ proprio il realismo l’orizzonte in cui si individuano dei salti e, quindi, delle differenze tra
l’apprendere nella scuola primaria e in quella secondaria di primo grado. 39 In questo contesto viene
attribuita particolare importanza al modello matematico-scientifico, ma senza nessuna mitizzazione
della scienza e della matematica. Si riconosce la necessità che i ragazzi imparino a padroneggiare e a
confrontarsi con “modelli di rappresentazione degli oggetti, del mondo e della vita diversi da quelli scientifico matematici: si tratta dei modelli di natura linguistico -letteraria, artistico -estetica, tecnologica, storico -sociale, etica e
religiosa che tanta parte hanno avuto nella nostra tradizione, contribuendo con pari (quando non, in alcuni momenti
storici, maggiore) dignità a ricercare la verità e a definire la nostra identità culturale. Infatti, dimensioni come
l’affettività, il giudizio etico, l’appagamento estetico, il senso del limite ecc…, non trovano nei modelli matematici
adeguati strumenti di rappresentazione”.
Il suggerimento sotteso non è però quello di rendere l’ora di lezione un momento né di
palestra di esercizi logico-verbali, né di animazione espressiva. Obiettivo generale del processo
formativo nella scuola secondaria è fare apprendere e conoscere senza censurare nulla dell’uomo
adolescente e della realtà. Con parole che ci sono più famigliari possiamo dire che la Riforma ha
negli occhi “una scuola media che introduca alla conoscenza e alla comprensione della realtà
totale”40. Le Indicazioni, dopo aver riconosciuto il “bisogno di ogni soggetto conoscente, in età evolutiva o
adulta, di ancorare l’inesauribilità delle rappresentazioni della realtà ad una visione complessiva e unitaria di essa,
nonché al significato sentito personalmente del suo rapporto con essa” concludono la premessa con le seguenti
parole “Passare da una conoscenza primaria ad una secondaria di 1° grado, allora, significa cominciare ad essere
consapevoli della necessità di rima ndare sempre, nell’incontro personale (e di tutti) con la realtà, la parte al tutto e il
tutto alla parte, ovvero di collegare sempre le prospettive parziali di lettura rappresentativa del mondo e della vita in un
sistema unitario e integrato di significati personali, che se non può ambire a presentarsi come sintesi compiuta e
definitiva dei modelli parziali che ingloba, si preoccupa, però, di chiarire e approfondire i nessi e i raccordi che individua
tra loro”.
La costruzione di un’UA dovrebbe maturare nella consapevolezza che l’apprendimento nella
scuola media deve essere proposto, sostenuto e valutato in tutte le sue dimensioni fino al “confronto
con una «visione personale unitaria» di sé, degli altri, della cultura e del mondo”. Per questo occorre che un’UA
sia consapevolmente e tenacemente caratterizzata dal principio dell’ologramma e della sintesi, della
possibile e gratificante ricerca - scoperta e verifica della verità. E sia indirizzata alla messa in moto
38
Informazioni CNOS/Scuola, n.36/2003, 29 Dicembre 2003, pag.2-3
“Passare da una istruzione primaria ad una istruzione secondaria – si legge nella prima pagina delle Indicazioni
- significa cominciare a maturare le consapevolezze che mettono l’isomorfismo ingenuo (coincidenza tra realtà e
conoscenza della realtà, tra la natura e le rappresentazioni) e scoprire in maniera via via più convincente e
raffinata l’incompletezza di qualsiasi rappresentazione, iconica e/o logica, della realtà.
Passare da un’istruzione primaria ad una secondaria di 1° grado, in questo senso, significa confrontarsi con il
problema del modello. Qualsiasi modello della realtà, a partire da quello iconico fotografico per giungere a quello
più astratto e formale, infatti, non comporta una trascrizione completa e fedele dell'oggetto che vuole rappresentare,
bensì una selezione di certe qualità o scopi di esso. Conoscere in maniera ‘secondaria’ vuol dire, allora, adoperare
costrutti mentali esplicativi che si fondano su un uso appropriato dell’analogia.
Proprio perché l’analogia è regolata e controllata da convenzioni e/o da proprietà ‘assegnate’ che
determinano il modo con cui l’uomo filtra i dati della realtà e li traduce in immagini e/o simboli, è possibile
per tutti riferirsi e maneggiare la medesima realtà, costruendo, a riguardo di essa, un linguaggio che ha le
caratteristiche dell’oggettività e dell’intersoggettività.”
40 La scuola che vogliamo, Pro manuscripto, a cura del Cooordinamento 1999.
39
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dell’energia conoscitiva studente, diventando sempre più consegna di un metodo di lavoro basato
sul comprendere, il riprendere e l’intraprendere41.
2.3 - COSTRUIRE IL PORTFOLIO DELLE COMPETENZE INDIVIDUALI
Del Portfolio non si parla nello Schema di decreto applicativo, mentre si dichiara
l’abrogazione dell’art. 177 (Scheda di valutazione). Che fare?
Dovremmo sicuramente lavorare almeno in quattro direzioni:
◊ il senso della valutazione
◊ il valore dell’orientamento
◊ il ruolo della famiglia
◊ i criteri e le modalità della documentazione.
Sappiamo infatti che: il Portfolio delle competenze individuali comprende una sezione dedicata alla
valutazione e un’altra riservata all’orientamento, si innesta su quello portato dai fanciulli dalla Scuola
Primaria e accompagna i preadolescenti nel passaggio agli indirizzi formativi del secondo ciclo”;
contiene.
a.
materiali prodotti dall’allievo individualmente o in gruppo, capaci di descrivere le più
spiccate competenze del soggetto;
b.
prove scolastiche significative relative alla padronanza degli obiettivi specifici di
apprendimento e contestualizzate alle circostanze;
c.
osservazioni dei docenti e della famiglia sui metodi di apprendimento del
preadolescente, con la rilevazione delle sue caratteristiche originali nelle diverse
esperienze formative affrontate;
d.
commenti su lavori personali ed elaborati significativi, sia scelti dall’allievo (è importante
questo coinvolgimento diretto) sia indicati dalla famiglia e dalla scuola, ritenuti
esemplificativi delle sue capacità e aspirazioni personali;
e.
indicazioni che emergono dall’osservazione sistematica, dai colloqui insegnanti-genitori,
da colloqui con lo studente e anche da questionari o test in ordine alle personali
attitudini e agli interessi più manifesti.
Sappiamo inoltre che la compilazione ed aggiornamento del Portfolio sono:
a
a cura di docente coordinatore-tutor, “in collaborazione con tutte le figure che si fanno
carico dell’educazione e degli apprendimenti di ciascun allievo, a partire dai genitori e
dagli stessi studenti, chiamati ad essere sempre protagonisti consapevoli della propria
crescita.”
Il portfolio è un’opportunità interessante per personalizzare sempre più il rapporto
insegnamento - apprendimento nei suoi aspetti di continuità (tra i diversi ordini di scuola e tra i
diversi insegnamenti), e di collaborazione tra docenti e discenti.
In particolare, la sezione del portfolio dedicata all’orientamento può favorire la collaborazione
con i Licei o gli Istituti del secondo ciclo, non trascurando però che ogni passaggio ha un naturale
aspetto di rottura con il passato che per alcuni studenti si rivela proficuo.
La sezione, dedicata alla valutazione, costituisce a sua volta un’occasione per praticare la
valutazione:
◊
in termini educativi sia come valorizzazione, misurazione, autovalutazione,
comunicazione.
41
R.Mazzeo, Insegnare un metodo per studiare, Il capitello, 1997
17
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LAVORO
◊
come fattore di progettazione e gestione di interventi personalizzati rispetto al
recupero e alle eccellenze, considerando tuttavia che l’utilità del portfolio - come del resto di ogni
altro strumento pedagogico e didattico – è direttamente proporzionale al rapporto educativo in atto,
qui ed ora, nell’orizzonte culturale del realismo.
Aspetti problematici:
◊
Rischio della certificazione maniacale e predittiva del futuro
◊
Coinvolgimento della famiglia nella compilazione del portfolio
◊
Delicatezza della comunicazione di risultati acquisiti da un allievo in fase di crescita e
sviluppo.Anche sulla figura del tutor e del Coordinatore occorrerà enucleare dei punti fermi
emergenti dall’esperienza di questi anni nel Coordinamento, tenendo conto di questa indicazione
presente nello Schema di decreto applicativo: L’organizzazione delle attività educative e didattiche
rientra nell’autonomia e nella responsabilità delle istituzioni scolastiche, fermo restando che il
perseguimento delle finalità di cui all'articolo 9 è affidato, anche attra verso la personalizzazione dei
piani di studio, ai docenti responsabili degli insegnamenti e delle attività educative e didattiche
previste dai medesimi piani di studio. A tal fine concorre prioritariamente, per l’intera durata del
corso, il docente in possesso di specifica formazione che, in costante rapporto con le famiglie e con
il territorio, svolge funzioni di orientamento nella scelta delle attività di cui al comma 2, di tutorato
degli alunni, di coordinamento delle attività educative e didattiche, di cura:
◊
Delle relazioni con le famiglie
◊
Della documentazione del percorso formativo compiuto dall’allievo, con l’apporto
degli altri docenti.42
CONCLUSIONE - Verso una nuova cultura didattico-organizzativa (tratti)
A questo punto vorrei evidenziare alcuni tratti di nuova cultura didattico-professionale che
occorre sempre più esplicitamente possedere. Sappiamo che “cultura è riflessione sistematica e
critica sull’esperienza”. Quello che qui accenno perciò è in relazione a quello che i Documenti della
Riforma mi hanno provocato mentre li leggevo alla luce della mia esperienza di docente e di
preside:
◊ La prima sottolineatura sui tratti della cultura professionale che esprime e chiede la
Riforma riguarda la responsabilità progettuale.
“È compito esclusivo di ogni scuola autonoma e dei docenti, infatti, nel concreto della propria storia e del proprio
territorio, assumersi la libertà di mediare, interpretare, ordinare, distribuire ed organizzare gli obiettivi specifici di
apprendimento negli obiettivi formativi, nei contenuti, nei metodi e nelle verifiche delle Unità di Apprendimento”
(Indicazioni, p. 8).
Responsabilità è capacità di risposta. A cosa siamo chiamati a rispondere nella Riforma? Alla
crescita del ragazzo che abbiamo di fronte, crescita che, in quanto scopo del nostro lavoro e criterio
di ogni organizzazione didattica, giudica della bontà del nostro insegnamento. Come rispondere?
Progettando i PSP come strumenti professionali di introduzione alla realtà tramite le discipline di
studio. Ho detto “progettando”, ma non voglio pagare nessun pedaggio al razionalismo didattico.
Non l’ideologia della progettazione, ma la cura nel conoscere le discipline e i ragazzi è l’indicatore
42
Schema decreto applicativo, art. 10, comma 5
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DALLE INDICAZIONI NAZIONALI AI PIANI PERSONALIZZATI: QUESTIONI APERTE E SUGGERIMENTI DI
LAVORO
della responsabilità nella consapevolezza che “imparare è amare il vero ed insegnare è amare
l’uomo”.
◊ La seconda sottolineatura è l’atteggiamento sperimentale. Se educare è
fondamentalmente accompagnare nella conoscenza della realtà totale, allora è necessario essere
disposti alla ricerca e alla verifica delle ipotesi che emergono nella nostra grande compagnia. La
didattica non è meccanica esecuzione di piani prefabbricati ma avventura creativa: è “scienza,
tecnica, ispirazione” come la poesia43. La Riforma ci permette di rischiare sempre più ipotesi di
insegnamento - apprendimento che mettano davvero al centro la persona. Ci lascia libero il campo
evidenziando solo quei vincoli senza i quali la scuola non sarebbe scuola e noi non saremmo
docenti nel sistema scolastico italiano.
◊ La responsabilità e l’intrapresa ritrovano una risorsa ed un vincolo nella collaborazione
che nella nostra esperienza è “lavoro condiviso per uno scopo comune”. Nelle Indicazioni per la
scuola secondaria non c’è la parola collegialità, ma si parla di collaborazione, di cooperazione, di
équipe. Senza il desiderio e l’impegno di un “lavoro condiviso” non c’è scuola, non c’è
personalizzazione, non c’è ”comunità di apprendimento”44.
◊ La collaborazione è a tutti livelli: con i colleghi, con le famiglie, con gli altri protagonisti
della scuola e con il territorio. Nella misura in cui è si esercita in un contesto di intrapresa autonoma
è soggetta ad una rendicontazione. Uno dei mali della scuola è proprio l’assenza di un reale
“rendere conto”. Per chi ragiona in termini di leggi, circolari e regolamenti, basta che le cose siano a
posto a livello burocratico. Con l’autonomia – e la Riforma rispetta e ripropone l’autonomia - i
conti si fanno tra soggetti precisi. Ed ecco il richiamo delle Indicazioni (p. 8).
“E compito esclusivo di ogni scuola autonoma e dei docenti assumersi la responsabilità di «rendere conto» delle scelte
fatte e di porre gli allievi, le famiglie e il territorio nella condizione di conoscerle e di condividerle.”
◊ L’ultima nota è sintetica: comprende e dà spessore alle precedenti. E’ la riflessione e
documentazione critica. Il vero professionista è riflessivo, “costruisce il proprio sapere imparando da
quello che fa”. Faremmo torto alla nostra creatività e alla nostra intelligenza se mutuassimo le nostre
scelte organizzative e didattiche da qualche modellistica di riferimento. “Imparare è conservare il
perché di ogni cosa” (Mille), possiamo imparare da quello che facciamo se coltiviamo il senso di
quello che facciamo.
G. Ungaretti, Vita di un uomo , Milano, Oscar Mondadori, 2001
“La comunità di apprendimento non è l’associazione formale (la classe o la scuola come agglomerato
amministrativo) o la prossimità fisica (l’essere gomito a gomito in trenta metri quadrati o in duemila) quanto
l’impegno di ciascuno dei suoi membri, ipo, normo o iperdotati, ad investire le proprie risorse intellettuali,
relazionali, emotive, morali, motorie nel miglioramento della conoscenza di tutti, e viceversa.” (Silvio Criscuoli,
L’AVVIO DELLA RIFORMA, Nuova Secondaria, 15 gennaio 2004)
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LAVORO
BIBLIOGRAFIA (articoli citati)
S. Criscuoli, L’avvio della Riforma , “Nuova Secondaria”, 15 gennaio 2004
O. Grassi, Insegnamento e personalizzazione, “Libertà di educazione” n.1, 2004
R. Manara, Personalizzazione e valutazione nel percorso formativo, “Libertà di educazione” n.1, 2004
R. Paggi, La personalizzazione nella proposta formativa, “Libertà di educazione” n. 1, 2004
AA.VV., Osservare, valutare, orientare gli alunni in difficoltà, Bologna, Pitagora Editrice, 2003, 63.
E. Puricelli, Le unita’ di apprendimento e gli obiettivi formativi, “Scuola e didattica”, 15 ottobre 2003
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