Estratto distribuito da Biblet
A CURA DI
ANNA CONTARDI-PAOLA PASQUA-ANNA RAZZANO
UN GIORNO
DOPO L’ALTRO
Bambini e adulti con la Sindrome di Down
Guaraldi
SAGGI PERCORSI
& OLTRE
Estratto della pubblicazione
Estratto distribuito da Biblet
PERCORSI DEL DISAGIO
A cura di Maurizio Focchi
Consulenza scientifica del prof. Gian Paolo Guaraldi
Direttore Clinica Psichiatrica dell’Università di Modena
Estratto della pubblicazione
Estratto distribuito da Biblet
Prima edizione: marzo 1996
Prima ristampa: settembre 1999
© 1996 by Guaraldi/Gu.fo Edizioni S.r.l.
Via Covignano 302, 47900 Rimini
tel. 0541/57484 – fax 0541/439189
ISBN 88-8049-088-5
Estratto distribuito da Biblet
A. Contardi - P. Pasqua - A. Razzano
UN GIORNO
DOPO L’ALTRO
Bambini e adulti con la Sindrome di Down
presentazione di
Andrea Canevaro
postfazione di
Pierpaolo Mastroiacovo
Guaraldi
Hanno collaborato alla realizzazione del testo:
Maria Albini Devoto, Maria Teresa Aresu, Salvatore Aresu, Riccardo
Biffoli, Marta Buffaria, Giovanna Cau, Patrizia Danesi, Stefania Di Lino
Cuffaro, Caterina Fagioli, Alessandra Fremiotti, Elisabetta Gambi, Daniela
Lallich Tarquini, Maria Paola Innocenti, Rosa Bianca Manfreda, Monica
Marchetti, Maurizia Muti, Maria Elena Padovan, Domenica Parisi Vicari,
Leda Pasquali Cianchi, Rosalba Pietropaoli, Emanuele Pompili, Santo
Puntel, Caterina Razzano, Enzo Razzano, Mauro Ursella, Fabio Valeri.
Un particolare ringraziamento per la gentile collaborazione e la affettuosa amicizia al Prof. Andrea Canevaro, Direttore del Dipartimento di Scienze
dell’Educazione dell’Università degli Studi di Bologna, e al Prof. Pierpaolo
Mastroiacovo, Professore Associato di Pediatria preventiva e sociale presso la
Clinica Pediatrica dell’Università Cattolica di Roma.
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Indice
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Presentazione di Andrea Canevaro
Perdere il filo e ritrovarlo
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Premessa di Anna Marchese Razzano
Perché una raccolta di esperienze
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I. Nasce un bambino con la Sindrome di Down
Introduzione
Parlando di Matteo
La nascita di Valeria
Francesco Auro, mio figlio
Io sono Down
Nasce Andrea
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II. Chi sono i bambini Down
Introduzione
Valeria
Crescere con Dario
Tema: Oggi parlo di...
Danilo e gli amici
Sono il papà di Diego
Pensiamo sui “Down”
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III. La vita e le conquiste
Introduzione
In bicicletta
Andare da soli
Un motorino anche per Riccardo
Ludovico ce la farà
La giornata di Rosa
Sono Maria Paola
Intervista a Mizzi
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IV. La scuola
Introduzione
La meravigliosa classe di Paolo
Andrea va alle elementari
Dal nido al diploma
La mia esperienza scolastica
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V. Diventare adulti
Introduzione
Un nome, una persona
Dall’infanzia alla vita adulta
I fiori aiutano a crescere
Il mio nome è Maria Teresa
Posso darle un bacio?
Io, Caterina
Io, Riccardo
Sono Emanuele
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Postfazione di Pierpaolo Mastroiacovo
La Sindrome di Down
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Che cos’è l’Associazione Italiana Persone Down
Estratto della pubblicazione
L’ho capito da molto tempo: il primo diritto dei figli subnormali è quello di avere genitori normali.
Normali vuol dire genitori che accettano il figlio subnormale come un
essere umano che entra a far parte della loro vita, non che la distrugge.
Normali vuol dire genitori che comprendono che il rapporto con il figlio
deve essere compatibile con il rapporto “naturale” con il resto della famiglia, con gli amici, con tutti.
Normali vuol dire genitori che non crollano di fronte alle avversità ma
che sanno apprezzare le piccole o grandi soddisfazioni che riserva la vita.
Normali vuol dire genitori che non godono nell’autocommiserarsi, per
una deviazione della propria coscienza.
Normali vuol dire genitori che invece di alimentare in modo insano la
loro eccezionalità di genitori alimentano costruttivamente la loro normalità di persone.
Tu e i tuoi amici, Olga, avete bisogno di genitori capaci di ridere, di
entusiasmarsi di fronte a qualsiasi progetto, di andare a cena e a ballare
con gli amici, di essere allegri per contagiarvi con l’allegria e non con la
tristezza, di sentirsi in pace per trasmettervi benessere e non angoscia;
genitori che non stiano a pensare continuamente a voi, perché avete bisogno di genitori mentalmente e affettivamente aperti e sani.
Più degli altri figli avete bisogno di genitori normali.
E che cantino.
A te piace molto cantare, Olga. Se sapessi come mi sento felice quando ti
sento cantare...!
E adesso dimmi: se canti tu, perché non lo posso fare anch’io? Eh?
da Il tuo nome è Olga di Josep M. Espinàs
Estratto della pubblicazione
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Estratto della pubblicazione
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Presentazione
di Andrea Canevaro
Perdere il filo e ritrovarlo
Questo libro non era immaginabile in altri tempi, quando con
Sindrome di Down si credeva di dire tutto. Che bisogno ci sarebbe stato di raccontare storie individuali? Sparivano le differenze dei singoli, o erano ritenute di poco conto. Si ragionava
per categorie, e le caratteristiche Down assorbivano e nascondevano ogni altra conoscenza. È vero che c’era stato, nel 1848 –
prima ancora che il Dr. Langdon Down ponesse il suo nome
alla sindrome – Edouard Séguin che aveva usato parole molto
dure nei confronti di chi non riusciva a vedere l’originalità dei
singoli individui, donne e uomini; ma, in generale, si riteneva
che non ci fosse altro da dire oltre la sindrome. Questo libro
non avrebbe avuto ragioni di essere. E forse per qualcuno ancora è poco comprensibile il motivo: cosa c’è da dire, di una
persona Down, se non che è Down?
Non possiamo dire che la storia, per le persone Down, si svolga con una garanzia di avanzamento. Ma le possibilità di questo libro, o la sua esigenza, sono segnali positivi. Segnalano che
ogni individuo Down, donna o uomo, e prima bambina o
bambino, vive un “percorso di riconoscimento”. Riconoscere
l’altro vuol dire attribuirgli una soggettività. E un soggetto è
tale, e lo riconosco implicitamente nella vita di tutti i giorni,
quando può continuare a sorprendermi, quando non è una conoscenza data e scontata. In una parola: quando non è uno
stereotipo. Se noi attribuissimo alla Sindrome di Down la possibilità di esaurire la conoscenza di un individuo, e delle indi9
Estratto della pubblicazione
vidualità non avremmo più sorprese; avremmo elementi di
previsione sicura, e l’altro non sarebbe più un soggetto ma un
oggetto. Di un oggetto si può fare il giro – per usare un’espressione del linguaggio quotidiano francese, e che rende bene
l’immagine di una conoscenza che sembra potersi esaurire –;
un soggetto è sempre aperto ad un divenire, che possiamo
chiamare sorpresa, imprevedibilità attesa, e certamente anche
inquietudine.
Le storie di questo libro sono percorsi di riconoscimento.
Possono fare capire al lettore che sulla Sindrome di Down prevalgono i tratti di personalità individuali. Non possiamo leggere una storia, perché le altre saranno simili. E questo perché si
tratta di narrazioni empiriche, che qualcuno potrebbe giudicare
con simpatia e nello stesso tempo considerare prive di scientificità. A volte, con atteggiamenti di questo tipo ci si serve di un
significato di scientificità per neutralizzare nuovi interrogativi.
Uno studioso ricercatore come il Prof. Lejeune – a cui si deve
un decisivo avanzamento nella ricerca con l’individuazione precisa dell’alterazione cromosomica (trisomia 21) – nel colloquio
che Georges Hourdin ha inserito in un suo libro (1973), dice
come le differenze di carattere e di personalità siano ampie e
non soffocate dalla Sindrome di Down. È molto probabile che
non abbiamo compreso pienamente la ricchezza delle differenze individuali nella popolazione Down. E questo libro può dare un contributo importante in proposito, aiutando a vivere
sempre nuovi percorsi di riconoscimento.
Lorena Anderlini ha notato come ogni progresso di Luigi, suo
figlio, fosse attribuito a lei come madre, o a insegnanti, operatrici e operatori, e mai a Luigi. È una riflessione che può fare
capire come sia difficile il riconoscimento. Chi è Down vive
continuamente il rischio di dover corrispondere a ciò che altri
vogliono, e di essere visto, o vista, come risultato di una programmazione, di un intervento socio-educativo. Per alcuni
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aspetti, questo è comune alla crescita di tanti, bambine e bambini, circondati da attese, da programmi, da oggetti ed attività.
In questa parte del mondo, e in questa epoca, gli adulti credono di dover impegnarsi in questo modo per chi cresce. Nel caso
delle persone Down, una certa enfasi delle conquiste educative
è comprensibile anche come fase storica: è un poco una dimostrazione, a se stessi e agli altri, che “si può”. Pur con queste
comprensibili ragioni, rimane il rischio di una sorta di espropriazione della soggettività individuale trasformata in un risultato di condizionamenti con scarse rielaborazioni proprie del
soggetto.
Accanto a questo rischio, vi può essere quello rappresentato
dalla ricerca del “campione”: presentare una situazione di successo può essere un ottimo stimolo perché il successo sia percepito come possibile, raggiungibile da parte di tanti. Al di là
delle buone intenzioni, però, una situazione personale ben riuscita può mettere in moto confronti ingiusti, e alimentare, non
volendolo, una competitività dominata dall’ansia di vedere il
mondo diviso in vincitori e vinti, e di individuare tra i vincitori il o la migliore. Il “caso” di successo può provocare effetti
positivi per un certo riconoscimento sociale; ma anche effetti
negativi perché sembra indicare un podio da conquistare ad
ogni costo. Nella parte del mondo in cui siamo, nel periodo
1970-1980 vi è stata una ricerca, a volte esasperata dai grandi
mezzi i comunicazione, del “caso” di successo. Il sensazionalismo si nutre di “campioni” eccezionali come di denunce clamorose. Il messaggio complessivo sembra essere: la società
maltratta e mortifica, e il “fai da te” può salvarti facendoti diventare eccezione straordinaria. Questo messaggio, per chi è
genitore, può fare danni. Ma questo stesso libro, e l’associazione che è connessa, possono far capire che chi è genitore, e così
chi è Down, sa difendersi, e maturare il superamento dell’“effetto campione”. In questo modo, è anche possibile valorizzare
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nel senso giusto, e non più come “casi” sensazionalistici, Meb,
Nigel Hunt, e tanti altri.
Come tutti, un bambino o una bambina Down ha bisogno,
per crescere, di misurarsi con la realtà senza esserne sopraffatto
ma neanche senza esserle sottratto. La realtà non è fatta unicamente di spigoli taglienti, e neppure di nuvolette di bambagia.
Una bambina o un bambino Down di pochi mesi può avere un
migliore aiuto a crescere se è posta, o posto, su una superficie
dura, ricoperta da una coperta calda. In un appartamento, il
pavimento è meglio del lettone. Però un morbido lettone sembrerebbe corrispondere meglio all’immagine del genitore amorevole; mentre il pavimento... Nel lettone, ogni movimento
affonda, e l’energia viene restituita svuotata. Sul pavimento, un
gesto casuale incontra una resistenza che restituisce vigore ed
energia, e permette di scoprire e misurare la propria forza.
L’incoraggiamento del movimento, senza particolari attività o
esercizi, può essere accompagnato da una certa attenzione alle vie
respiratorie: che il naso sia libero, e che magari la bocca sia impegnata a ciucciare un bel succhiotto. Così la lingua impara a stare al suo posto, la saliva non sbava, e la respirazione è facilitata.
Qualche minuto di gioco ogni tanto con le luci, e con un oggetto ben visibile per il suo colore vivo: si può giocare con gli
occhi, che così mettono bene a fuoco un’immagine, imparano
a girare seguendo una traiettoria, ad esplorare per vedere dove è
finita quella certa cosa... Sono occhi vivi, che smentiscono la
credenza che vuole lo sguardo della persona Down perso nel
vuoto.
E ci sono le mani, caratterizzate da qualche elemento incancellabile. Però la presa palmare non è inevitabile, e la presa a pinza
è raggiunta bene. Possiamo fare un giochino, in cui le dita diventano personaggi di una storia, vengono vestite e truccate
(con un vecchio guanto che può essere sacrificato e riciclato tagliandogli le dita, o direttamente sulle dita, o procurandosi quei
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Estratto della pubblicazione
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piccoli burattini da dita, che si trovano facilmente in vendita...).
Ogni dito incontra il pollice della stessa mano. Possiamo creare
una storia: è la festa del pollice, che avrà un suo nome da personaggio, e le altre dita, anch’esse con un nome da personaggio,
lo abbracciano per fargli gli auguri e festeggiarlo... La presa a
pinza può nascere anche così. Ed essere ritrovata mangiando,
impugnando in un certo modo il cucchiaio.
Questi non sono esercizi speciali per persone Down. Non vi sono
tempi ed età, superate le quali non c’è più nulla da fare. Si possono
avere queste ed altre attenzioni quando si ha il tempo e la serenità
di viverle. Generalmente questo tempo coincide con i primi anni
di crescita di una bambina o di un bambino Down. Ma se, invece,
questo avvenisse più avanti, non sarebbe nulla di drammatico.
Queste sono annotazioni pratiche, e possono, volendo, fare parte
di un percorso di riconoscimento. Ma nessuno le seguirà così come sono formulate, perché ciascuno le adatterà, le cambierà, le arricchirà secondo il proprio stile e le proprie possibilità.
Le brevi aperture di storie di vita contenute in questo libro arrivano, ciascuna a suo modo, all’interrogativo sul futuro. Che ci sia
l’interrogativo significa che le persone Down hanno un futuro, che
per definizione è sconosciuto. In altri tempi, non era così: il futuro
non c’era, e il tempo si ripeteva sempre uguale. Non c’erano adulti, e chi era bambino – era anche superfluo distinguere bambini e
bambine – diventava direttamente vecchio, e spariva senza tracce.
Attorno a noi, ora, ci sono donne e uomini Down. È il segno che
le cose vanno meglio? È possibile, ed anche probabile. Sono più
impegnative. Pochi decenni fa, l’impegno di leggere libri di persone Down o su di loro si esauriva immediatamente: non c’erano
libri. Siamo arrivati a poter avere il problema di trovare il tempo
per leggere libri che ci sono, e per riflettere e fare scelte che le differenze tra i diversi libri esigono. Si può dire che c’era una verità
semplice, che si esauriva rapidamente; e che ci sono molte strade
per cercare varie verità. È più complesso. Ma è meglio.
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È bene non illudersi che tutto proceda inevitabilmente sempre
dal peggio al meglio, dal male al bene, senza che la matassa si
ingarbugli. Evitiamo di illuderci che quella che valutiamo essere una conquista abbia una sua stabilità, sedimenti per consentirne altre. Intanto, non riusciamo a parlare del mondo, ma solo di una rappresentazione molto parziale. Non capiamo se gli
avanzamenti di una parte del mondo, almeno su alcune questioni, non siano pagati amaramente da altre parti del mondo.
Non dobbiamo chiudere questo argomento, evitare le domande
imbarazzanti, dichiarando con la nostra innocenza la nostra
soddisfazione.
La storia è composta da fatti che formano una strutture simbolica. La presenza di persone Down come soggetti attivi, donne e
uomini, è un fatto. La sua interpretazione – cioè la struttura
simbolica – è legata ad altri. Noi leggiamo questo fatto come
positivo, e riteniamo un dovere etico trasmettere questa positività. Questo vuol dire salvare dalla dimenticanza, e dalla banalizzazione. Nella mia funzione di docente universitario, inizio
ogni corso chiedendo alle mie studentesse e agli studenti se conoscono delle persone handicappate. Una ragazza ha parlato di
un suo compagno di scuola Down. A una mia domanda, ha risposto, con il tono delle cose ovvie, che l’ex compagno di scuola Down lavora in uno studio dentistico. Ecco: quella che per
me sarebbe una notizia da dare con un tono di voce che ne sottolinea l’importanza, viene invece detta, nel 1995, da una ragazza di circa venti anni, in una città del nord Italia, con il tono
dell’ordinaria amministrazione. Ne sono molto contento. Ma
sono incontentabile, e vorrei che questa realtà ordinaria non si
perdesse nella banalizzazione. Questo libro è utile in tal senso.
Con l’amico Federico Facchini, ogni tanto, ci troviamo a mangiare in trattoria. Per tutti e due è un intervallo di lavoro.
Federico è impiegato. È un uomo Down, e siamo amici da
molti anni. In qualche occasione difficile mi è stato di aiuto e
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Estratto della pubblicazione
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di sostegno. Ma la nostra amicizia è caratterizzata dal fatto che
ci troviamo bene insieme. A tavola, è capitato che Federico
perdesse il filo del discorso. Ne è nata una scenetta, che si ripete più o meno estesa secondo circostanze e gusto. Dico:
“Abbiamo perso il filo?” La risposta è che sì, l’abbiamo perso.
Allora bisogna cercarlo. Tutti e due ci mettiamo a cercare guardando sotto il tavolo, attorno, magari ci alziamo per cercare
meglio, tra lo stupore divertito dei clienti delle altre tavole. Uno
dei due decide che ha ritrovato il filo, e lo annuncia fingendo di
raccoglierlo e porgendolo all’altro, che lo mette in tasca.
Riprendiamo a parlare domandandoci: dove eravamo?
La scenetta diverte sia Federico che me. E allora mi domando:
Federico perde il filo davvero, o lo perde perché si diverte a cercarlo? Abbiamo creato una piccola confusione che, appunto,
confonde i ruoli prestabiliti, e non mi permette di dare una risposta certa. Mi pare una confusione positiva.
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Estratto della pubblicazione
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Note bibliografiche
L. Aderlini, La tua storia e la mia, EDB, Bologna, 1992.
R. Bertollini, R. Ferri, Sindrome di Down ed intervento precoce,
Il Pensiero Scientifico, Roma, 1986.
A. Canevaro, J. Gaudreau, L’educazione degli handicappati. Dai
primi tentativi alla pedagogia moderna, La Nuova Italia
Scientifica NIS, Roma, 1988.
A. Contardi, Libertà possibile. Educazione all’autonomia dei ragazzi con ritardo mentale, La Nuova Italia Scientifica NIS,
Roma, 1992.
A. Contardi, S. Vicari (a cura di), Le persone Down. Aspetti neuro-psicologici, educativi e sociali, F. Angeli, Milano, 1994.
M.L. Eberschweiler, Meb pittore gioioso, Città Nuova, Roma,
1983.
J.M. Espinàs, Il tuo nome è Olga. Lettera a mia figlia handicappata, Edizioni Associate, Roma, 1990.
R. Ferri, A. Spagnolo, La Sindrome di Down, Il Pensiero
Scientifico, Roma, 1989.
G. Hourdin, Il dolore innocente, Cittadella Ed., Assisi, 1973.
G. Hourdin, Amo la vita malgrado tutto, Ed. Paoline, 1984.
N. Hunt, Il mondo di Nigel Hunt, EDB, Bologna, 1987.
Istituto Italiano di Medicina Sociale, È nato un bambino Down,
Roma, 1993.
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Premessa
di Anna Marchese Razzano
Perché una raccolta di esperienze
Quando si vive una situazione difficile, incontrare persone che
condividono lo stesso problema e riuscire a parlarne può essere
di grande aiuto. Questo succede anche ai genitori a cui nasce
un bambino con la Sindrome di Down.
Le domande che ci poniamo noi genitori al momento della nascita del figlio Down sono moltissime: “Perché è successo?
Perché è successo proprio a noi? Questo figlio sarà in grado di
riconoscerci? Sarà in grado di amarci? Camminerà? Parlerà?
Potremo continuare a fare la nostra vita come prima? Gli altri
come lo tratteranno? Si prenderanno gioco di lui?...”
Queste ed altre mille domande si affollano alla mente di noi
genitori proiettati da un momento all’altro in questa situazione
inattesa, sconosciuta e angosciosa. E spesso non basta che dei
medici o dei terapisti diano delle risposte, si ha sempre l’impressione che loro in fondo non vivano il problema e quindi
non possano capire il nostro dramma.
Quando è un altro genitore che ci risponde, partendo dalla sua
esperienza, è diverso. Crediamo di più alle cose positive che ci
vengono dette sulle possibilità e le capacità dei nostri figli. Nel
vedere la sua serenità raggiunta dopo il periodo di dolore, nel
vedere la fiducia e l’orgoglio che mostra quando parla di suo figlio Down, cominciamo a pensare che se ce l’ha fatta lui anche
noi ce la possiamo fare.
Se suo figlio è un ragazzo in gamba, autonomo, che va a scuola,
fa sport, frequenta altri ragazzi, anche il nostro ce la potrà fare.
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Estratto della pubblicazione
Estratto distribuito da Biblet
Per questi motivi abbiamo pensato di raccogliere esperienze di
genitori che hanno figli con la Sindrome di Down, di ragazzi
che hanno fratelli Down, di altre persone che sono loro vicine
ed anche scritti dei ragazzi Down stessi. Questi episodi sono
spesso fatti di vita quotidiana, che capitano in una famiglia o a
scuola; i genitori che raccontano non sono genitori speciali e i
figli Down non sono figli Down straordinari.
Mano a mano che si procede nella lettura, emerge chiaro il fatto che, nonostante tutto, un figlio Down permette di vivere la
vita come era nei nostri progetti.
Se si riesce a superare il dramma iniziale senza farsi travolgere,
si ricomincia a vivere giorno per giorno, godendo dei momenti
belli che continuano ad esserci e affrontando i problemi mano
a mano che si presentano. Si comincia anche a guardare in modo diverso questo figlio: si comprende quante cose ci vuole comunicare e quanto partecipa alla vita familiare; si osserva come
ce la mette tutta nel superare gli ostacoli che trova sul suo cammino e come la nostra fiducia nelle sue capacità e la nostra soddisfazione per le sue conquiste lo facciano progredire e crescere.
Alla fine, quando il tempo sarà passato, se saremo riusciti a vivere con lui in maniera serena e a condividere con lui tutti gli
eventi e le abitudini della nostra vita quotidiana – come del resto avremmo fatto con un altro figlio – ci ritroveremo ad avere
un figlio adulto con cui poter dialogare, da cui avere aiuto e da
cui ricevere lezioni di vita, per quella capacità che hanno di dare importanza alle cose essenziali e di saper godere delle piccole
gioie quotidiane, che spesso noi non riusciamo a cogliere presi
come siamo da una vita convulsa e caotica.
Questa raccolta è rivolta in modo particolare a chi vive il problema da poco. Ma è rivolta anche a chi, incontrando una persona Down in autobus, a scuola, al lavoro o per strada, vuole
saperne qualcosa di più.
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Estratto della pubblicazione
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Un giorno dopo l’altro
Bambini e adulti con la Sindrome di Down
Estratto della pubblicazione
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Estratto della pubblicazione
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In Italia vivono oggi circa 40.000 persone con la Sindrome di Down, un
handicap mentale molto diffuso e che coinvolge 1 bambino ogni 800 nuovi
nati. Le migliori condizioni di sviluppo di questi bambini, l’esperienza dell’integrazione scolastica, la sempre maggiore attenzione e apertura delle famiglie rende possibile incontrare oggi con più frequenza di un tempo questi
handicappati.
Anche questo libro vuole essere un luogo di incontro con tale realtà.
Percorrendo cronologicamente frammenti di vita di alcune persone Down, il
testo propone racconti e testimonianze dei diretti interessati, dei loro genitori, di fratelli e operatori che aiutano a scoprire chi sono oggi le persone con
Sindrome di Down.
L’associazione Italiana Persone Down (già Associazione Bambini Down), di cui fanno parte le
curatrici e tutti coloro che hanno collaborato a questo libro, si è costituita nel 1979 per
volontà di un gruppo di genitori desiderosi di aiutare il più possibile il loro figlio con la
Sindrome di Down e di essere di aiuto ad altri genitori. Attualmente, l’Associazione opera a
livello nazionale attraverso 21 sezioni con sede in altrettante città, che a livello locale fanno
opera di informazione e di supporto alle famiglie nel difficile rapporto con le istituzioni per
l’handicap. L’AIPD privilegia da sempre l’aspetto dell’informazione attraverso la pubblicazione
di testi specifici, opuscoli divulgativi e la rivista quadrimestrale “Sindrome Down Notizie”.
ISBN
88-8049-088-5
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