Estratto distribuito da Biblet A CURA DI ANNA CONTARDI-PAOLA PASQUA-ANNA RAZZANO UN GIORNO DOPO L’ALTRO Bambini e adulti con la Sindrome di Down Guaraldi SAGGI PERCORSI & OLTRE Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet PERCORSI DEL DISAGIO A cura di Maurizio Focchi Consulenza scientifica del prof. Gian Paolo Guaraldi Direttore Clinica Psichiatrica dell’Università di Modena Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Prima edizione: marzo 1996 Prima ristampa: settembre 1999 © 1996 by Guaraldi/Gu.fo Edizioni S.r.l. Via Covignano 302, 47900 Rimini tel. 0541/57484 – fax 0541/439189 ISBN 88-8049-088-5 Estratto distribuito da Biblet A. Contardi - P. Pasqua - A. Razzano UN GIORNO DOPO L’ALTRO Bambini e adulti con la Sindrome di Down presentazione di Andrea Canevaro postfazione di Pierpaolo Mastroiacovo Guaraldi Hanno collaborato alla realizzazione del testo: Maria Albini Devoto, Maria Teresa Aresu, Salvatore Aresu, Riccardo Biffoli, Marta Buffaria, Giovanna Cau, Patrizia Danesi, Stefania Di Lino Cuffaro, Caterina Fagioli, Alessandra Fremiotti, Elisabetta Gambi, Daniela Lallich Tarquini, Maria Paola Innocenti, Rosa Bianca Manfreda, Monica Marchetti, Maurizia Muti, Maria Elena Padovan, Domenica Parisi Vicari, Leda Pasquali Cianchi, Rosalba Pietropaoli, Emanuele Pompili, Santo Puntel, Caterina Razzano, Enzo Razzano, Mauro Ursella, Fabio Valeri. Un particolare ringraziamento per la gentile collaborazione e la affettuosa amicizia al Prof. Andrea Canevaro, Direttore del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università degli Studi di Bologna, e al Prof. Pierpaolo Mastroiacovo, Professore Associato di Pediatria preventiva e sociale presso la Clinica Pediatrica dell’Università Cattolica di Roma. Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Indice 9 Presentazione di Andrea Canevaro Perdere il filo e ritrovarlo 17 Premessa di Anna Marchese Razzano Perché una raccolta di esperienze 21 21 22 23 27 31 34 I. Nasce un bambino con la Sindrome di Down Introduzione Parlando di Matteo La nascita di Valeria Francesco Auro, mio figlio Io sono Down Nasce Andrea 41 41 42 45 48 50 51 53 II. Chi sono i bambini Down Introduzione Valeria Crescere con Dario Tema: Oggi parlo di... Danilo e gli amici Sono il papà di Diego Pensiamo sui “Down” 55 55 56 58 59 64 68 69 70 III. La vita e le conquiste Introduzione In bicicletta Andare da soli Un motorino anche per Riccardo Ludovico ce la farà La giornata di Rosa Sono Maria Paola Intervista a Mizzi Estratto della pubblicazione 73 73 74 76 79 83 IV. La scuola Introduzione La meravigliosa classe di Paolo Andrea va alle elementari Dal nido al diploma La mia esperienza scolastica 85 85 86 89 98 100 101 103 103 104 V. Diventare adulti Introduzione Un nome, una persona Dall’infanzia alla vita adulta I fiori aiutano a crescere Il mio nome è Maria Teresa Posso darle un bacio? Io, Caterina Io, Riccardo Sono Emanuele 107 Postfazione di Pierpaolo Mastroiacovo La Sindrome di Down 125 Che cos’è l’Associazione Italiana Persone Down Estratto della pubblicazione L’ho capito da molto tempo: il primo diritto dei figli subnormali è quello di avere genitori normali. Normali vuol dire genitori che accettano il figlio subnormale come un essere umano che entra a far parte della loro vita, non che la distrugge. Normali vuol dire genitori che comprendono che il rapporto con il figlio deve essere compatibile con il rapporto “naturale” con il resto della famiglia, con gli amici, con tutti. Normali vuol dire genitori che non crollano di fronte alle avversità ma che sanno apprezzare le piccole o grandi soddisfazioni che riserva la vita. Normali vuol dire genitori che non godono nell’autocommiserarsi, per una deviazione della propria coscienza. Normali vuol dire genitori che invece di alimentare in modo insano la loro eccezionalità di genitori alimentano costruttivamente la loro normalità di persone. Tu e i tuoi amici, Olga, avete bisogno di genitori capaci di ridere, di entusiasmarsi di fronte a qualsiasi progetto, di andare a cena e a ballare con gli amici, di essere allegri per contagiarvi con l’allegria e non con la tristezza, di sentirsi in pace per trasmettervi benessere e non angoscia; genitori che non stiano a pensare continuamente a voi, perché avete bisogno di genitori mentalmente e affettivamente aperti e sani. Più degli altri figli avete bisogno di genitori normali. E che cantino. A te piace molto cantare, Olga. Se sapessi come mi sento felice quando ti sento cantare...! E adesso dimmi: se canti tu, perché non lo posso fare anch’io? Eh? da Il tuo nome è Olga di Josep M. Espinàs Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Presentazione di Andrea Canevaro Perdere il filo e ritrovarlo Questo libro non era immaginabile in altri tempi, quando con Sindrome di Down si credeva di dire tutto. Che bisogno ci sarebbe stato di raccontare storie individuali? Sparivano le differenze dei singoli, o erano ritenute di poco conto. Si ragionava per categorie, e le caratteristiche Down assorbivano e nascondevano ogni altra conoscenza. È vero che c’era stato, nel 1848 – prima ancora che il Dr. Langdon Down ponesse il suo nome alla sindrome – Edouard Séguin che aveva usato parole molto dure nei confronti di chi non riusciva a vedere l’originalità dei singoli individui, donne e uomini; ma, in generale, si riteneva che non ci fosse altro da dire oltre la sindrome. Questo libro non avrebbe avuto ragioni di essere. E forse per qualcuno ancora è poco comprensibile il motivo: cosa c’è da dire, di una persona Down, se non che è Down? Non possiamo dire che la storia, per le persone Down, si svolga con una garanzia di avanzamento. Ma le possibilità di questo libro, o la sua esigenza, sono segnali positivi. Segnalano che ogni individuo Down, donna o uomo, e prima bambina o bambino, vive un “percorso di riconoscimento”. Riconoscere l’altro vuol dire attribuirgli una soggettività. E un soggetto è tale, e lo riconosco implicitamente nella vita di tutti i giorni, quando può continuare a sorprendermi, quando non è una conoscenza data e scontata. In una parola: quando non è uno stereotipo. Se noi attribuissimo alla Sindrome di Down la possibilità di esaurire la conoscenza di un individuo, e delle indi9 Estratto della pubblicazione vidualità non avremmo più sorprese; avremmo elementi di previsione sicura, e l’altro non sarebbe più un soggetto ma un oggetto. Di un oggetto si può fare il giro – per usare un’espressione del linguaggio quotidiano francese, e che rende bene l’immagine di una conoscenza che sembra potersi esaurire –; un soggetto è sempre aperto ad un divenire, che possiamo chiamare sorpresa, imprevedibilità attesa, e certamente anche inquietudine. Le storie di questo libro sono percorsi di riconoscimento. Possono fare capire al lettore che sulla Sindrome di Down prevalgono i tratti di personalità individuali. Non possiamo leggere una storia, perché le altre saranno simili. E questo perché si tratta di narrazioni empiriche, che qualcuno potrebbe giudicare con simpatia e nello stesso tempo considerare prive di scientificità. A volte, con atteggiamenti di questo tipo ci si serve di un significato di scientificità per neutralizzare nuovi interrogativi. Uno studioso ricercatore come il Prof. Lejeune – a cui si deve un decisivo avanzamento nella ricerca con l’individuazione precisa dell’alterazione cromosomica (trisomia 21) – nel colloquio che Georges Hourdin ha inserito in un suo libro (1973), dice come le differenze di carattere e di personalità siano ampie e non soffocate dalla Sindrome di Down. È molto probabile che non abbiamo compreso pienamente la ricchezza delle differenze individuali nella popolazione Down. E questo libro può dare un contributo importante in proposito, aiutando a vivere sempre nuovi percorsi di riconoscimento. Lorena Anderlini ha notato come ogni progresso di Luigi, suo figlio, fosse attribuito a lei come madre, o a insegnanti, operatrici e operatori, e mai a Luigi. È una riflessione che può fare capire come sia difficile il riconoscimento. Chi è Down vive continuamente il rischio di dover corrispondere a ciò che altri vogliono, e di essere visto, o vista, come risultato di una programmazione, di un intervento socio-educativo. Per alcuni 10 Estratto distribuito da Biblet aspetti, questo è comune alla crescita di tanti, bambine e bambini, circondati da attese, da programmi, da oggetti ed attività. In questa parte del mondo, e in questa epoca, gli adulti credono di dover impegnarsi in questo modo per chi cresce. Nel caso delle persone Down, una certa enfasi delle conquiste educative è comprensibile anche come fase storica: è un poco una dimostrazione, a se stessi e agli altri, che “si può”. Pur con queste comprensibili ragioni, rimane il rischio di una sorta di espropriazione della soggettività individuale trasformata in un risultato di condizionamenti con scarse rielaborazioni proprie del soggetto. Accanto a questo rischio, vi può essere quello rappresentato dalla ricerca del “campione”: presentare una situazione di successo può essere un ottimo stimolo perché il successo sia percepito come possibile, raggiungibile da parte di tanti. Al di là delle buone intenzioni, però, una situazione personale ben riuscita può mettere in moto confronti ingiusti, e alimentare, non volendolo, una competitività dominata dall’ansia di vedere il mondo diviso in vincitori e vinti, e di individuare tra i vincitori il o la migliore. Il “caso” di successo può provocare effetti positivi per un certo riconoscimento sociale; ma anche effetti negativi perché sembra indicare un podio da conquistare ad ogni costo. Nella parte del mondo in cui siamo, nel periodo 1970-1980 vi è stata una ricerca, a volte esasperata dai grandi mezzi i comunicazione, del “caso” di successo. Il sensazionalismo si nutre di “campioni” eccezionali come di denunce clamorose. Il messaggio complessivo sembra essere: la società maltratta e mortifica, e il “fai da te” può salvarti facendoti diventare eccezione straordinaria. Questo messaggio, per chi è genitore, può fare danni. Ma questo stesso libro, e l’associazione che è connessa, possono far capire che chi è genitore, e così chi è Down, sa difendersi, e maturare il superamento dell’“effetto campione”. In questo modo, è anche possibile valorizzare 11 Estratto distribuito da Biblet nel senso giusto, e non più come “casi” sensazionalistici, Meb, Nigel Hunt, e tanti altri. Come tutti, un bambino o una bambina Down ha bisogno, per crescere, di misurarsi con la realtà senza esserne sopraffatto ma neanche senza esserle sottratto. La realtà non è fatta unicamente di spigoli taglienti, e neppure di nuvolette di bambagia. Una bambina o un bambino Down di pochi mesi può avere un migliore aiuto a crescere se è posta, o posto, su una superficie dura, ricoperta da una coperta calda. In un appartamento, il pavimento è meglio del lettone. Però un morbido lettone sembrerebbe corrispondere meglio all’immagine del genitore amorevole; mentre il pavimento... Nel lettone, ogni movimento affonda, e l’energia viene restituita svuotata. Sul pavimento, un gesto casuale incontra una resistenza che restituisce vigore ed energia, e permette di scoprire e misurare la propria forza. L’incoraggiamento del movimento, senza particolari attività o esercizi, può essere accompagnato da una certa attenzione alle vie respiratorie: che il naso sia libero, e che magari la bocca sia impegnata a ciucciare un bel succhiotto. Così la lingua impara a stare al suo posto, la saliva non sbava, e la respirazione è facilitata. Qualche minuto di gioco ogni tanto con le luci, e con un oggetto ben visibile per il suo colore vivo: si può giocare con gli occhi, che così mettono bene a fuoco un’immagine, imparano a girare seguendo una traiettoria, ad esplorare per vedere dove è finita quella certa cosa... Sono occhi vivi, che smentiscono la credenza che vuole lo sguardo della persona Down perso nel vuoto. E ci sono le mani, caratterizzate da qualche elemento incancellabile. Però la presa palmare non è inevitabile, e la presa a pinza è raggiunta bene. Possiamo fare un giochino, in cui le dita diventano personaggi di una storia, vengono vestite e truccate (con un vecchio guanto che può essere sacrificato e riciclato tagliandogli le dita, o direttamente sulle dita, o procurandosi quei 12 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet piccoli burattini da dita, che si trovano facilmente in vendita...). Ogni dito incontra il pollice della stessa mano. Possiamo creare una storia: è la festa del pollice, che avrà un suo nome da personaggio, e le altre dita, anch’esse con un nome da personaggio, lo abbracciano per fargli gli auguri e festeggiarlo... La presa a pinza può nascere anche così. Ed essere ritrovata mangiando, impugnando in un certo modo il cucchiaio. Questi non sono esercizi speciali per persone Down. Non vi sono tempi ed età, superate le quali non c’è più nulla da fare. Si possono avere queste ed altre attenzioni quando si ha il tempo e la serenità di viverle. Generalmente questo tempo coincide con i primi anni di crescita di una bambina o di un bambino Down. Ma se, invece, questo avvenisse più avanti, non sarebbe nulla di drammatico. Queste sono annotazioni pratiche, e possono, volendo, fare parte di un percorso di riconoscimento. Ma nessuno le seguirà così come sono formulate, perché ciascuno le adatterà, le cambierà, le arricchirà secondo il proprio stile e le proprie possibilità. Le brevi aperture di storie di vita contenute in questo libro arrivano, ciascuna a suo modo, all’interrogativo sul futuro. Che ci sia l’interrogativo significa che le persone Down hanno un futuro, che per definizione è sconosciuto. In altri tempi, non era così: il futuro non c’era, e il tempo si ripeteva sempre uguale. Non c’erano adulti, e chi era bambino – era anche superfluo distinguere bambini e bambine – diventava direttamente vecchio, e spariva senza tracce. Attorno a noi, ora, ci sono donne e uomini Down. È il segno che le cose vanno meglio? È possibile, ed anche probabile. Sono più impegnative. Pochi decenni fa, l’impegno di leggere libri di persone Down o su di loro si esauriva immediatamente: non c’erano libri. Siamo arrivati a poter avere il problema di trovare il tempo per leggere libri che ci sono, e per riflettere e fare scelte che le differenze tra i diversi libri esigono. Si può dire che c’era una verità semplice, che si esauriva rapidamente; e che ci sono molte strade per cercare varie verità. È più complesso. Ma è meglio. 13 È bene non illudersi che tutto proceda inevitabilmente sempre dal peggio al meglio, dal male al bene, senza che la matassa si ingarbugli. Evitiamo di illuderci che quella che valutiamo essere una conquista abbia una sua stabilità, sedimenti per consentirne altre. Intanto, non riusciamo a parlare del mondo, ma solo di una rappresentazione molto parziale. Non capiamo se gli avanzamenti di una parte del mondo, almeno su alcune questioni, non siano pagati amaramente da altre parti del mondo. Non dobbiamo chiudere questo argomento, evitare le domande imbarazzanti, dichiarando con la nostra innocenza la nostra soddisfazione. La storia è composta da fatti che formano una strutture simbolica. La presenza di persone Down come soggetti attivi, donne e uomini, è un fatto. La sua interpretazione – cioè la struttura simbolica – è legata ad altri. Noi leggiamo questo fatto come positivo, e riteniamo un dovere etico trasmettere questa positività. Questo vuol dire salvare dalla dimenticanza, e dalla banalizzazione. Nella mia funzione di docente universitario, inizio ogni corso chiedendo alle mie studentesse e agli studenti se conoscono delle persone handicappate. Una ragazza ha parlato di un suo compagno di scuola Down. A una mia domanda, ha risposto, con il tono delle cose ovvie, che l’ex compagno di scuola Down lavora in uno studio dentistico. Ecco: quella che per me sarebbe una notizia da dare con un tono di voce che ne sottolinea l’importanza, viene invece detta, nel 1995, da una ragazza di circa venti anni, in una città del nord Italia, con il tono dell’ordinaria amministrazione. Ne sono molto contento. Ma sono incontentabile, e vorrei che questa realtà ordinaria non si perdesse nella banalizzazione. Questo libro è utile in tal senso. Con l’amico Federico Facchini, ogni tanto, ci troviamo a mangiare in trattoria. Per tutti e due è un intervallo di lavoro. Federico è impiegato. È un uomo Down, e siamo amici da molti anni. In qualche occasione difficile mi è stato di aiuto e 14 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet di sostegno. Ma la nostra amicizia è caratterizzata dal fatto che ci troviamo bene insieme. A tavola, è capitato che Federico perdesse il filo del discorso. Ne è nata una scenetta, che si ripete più o meno estesa secondo circostanze e gusto. Dico: “Abbiamo perso il filo?” La risposta è che sì, l’abbiamo perso. Allora bisogna cercarlo. Tutti e due ci mettiamo a cercare guardando sotto il tavolo, attorno, magari ci alziamo per cercare meglio, tra lo stupore divertito dei clienti delle altre tavole. Uno dei due decide che ha ritrovato il filo, e lo annuncia fingendo di raccoglierlo e porgendolo all’altro, che lo mette in tasca. Riprendiamo a parlare domandandoci: dove eravamo? La scenetta diverte sia Federico che me. E allora mi domando: Federico perde il filo davvero, o lo perde perché si diverte a cercarlo? Abbiamo creato una piccola confusione che, appunto, confonde i ruoli prestabiliti, e non mi permette di dare una risposta certa. Mi pare una confusione positiva. 15 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Note bibliografiche L. Aderlini, La tua storia e la mia, EDB, Bologna, 1992. R. Bertollini, R. Ferri, Sindrome di Down ed intervento precoce, Il Pensiero Scientifico, Roma, 1986. A. Canevaro, J. Gaudreau, L’educazione degli handicappati. Dai primi tentativi alla pedagogia moderna, La Nuova Italia Scientifica NIS, Roma, 1988. A. Contardi, Libertà possibile. Educazione all’autonomia dei ragazzi con ritardo mentale, La Nuova Italia Scientifica NIS, Roma, 1992. A. Contardi, S. Vicari (a cura di), Le persone Down. Aspetti neuro-psicologici, educativi e sociali, F. Angeli, Milano, 1994. M.L. Eberschweiler, Meb pittore gioioso, Città Nuova, Roma, 1983. J.M. Espinàs, Il tuo nome è Olga. Lettera a mia figlia handicappata, Edizioni Associate, Roma, 1990. R. Ferri, A. Spagnolo, La Sindrome di Down, Il Pensiero Scientifico, Roma, 1989. G. Hourdin, Il dolore innocente, Cittadella Ed., Assisi, 1973. G. Hourdin, Amo la vita malgrado tutto, Ed. Paoline, 1984. N. Hunt, Il mondo di Nigel Hunt, EDB, Bologna, 1987. Istituto Italiano di Medicina Sociale, È nato un bambino Down, Roma, 1993. 16 Premessa di Anna Marchese Razzano Perché una raccolta di esperienze Quando si vive una situazione difficile, incontrare persone che condividono lo stesso problema e riuscire a parlarne può essere di grande aiuto. Questo succede anche ai genitori a cui nasce un bambino con la Sindrome di Down. Le domande che ci poniamo noi genitori al momento della nascita del figlio Down sono moltissime: “Perché è successo? Perché è successo proprio a noi? Questo figlio sarà in grado di riconoscerci? Sarà in grado di amarci? Camminerà? Parlerà? Potremo continuare a fare la nostra vita come prima? Gli altri come lo tratteranno? Si prenderanno gioco di lui?...” Queste ed altre mille domande si affollano alla mente di noi genitori proiettati da un momento all’altro in questa situazione inattesa, sconosciuta e angosciosa. E spesso non basta che dei medici o dei terapisti diano delle risposte, si ha sempre l’impressione che loro in fondo non vivano il problema e quindi non possano capire il nostro dramma. Quando è un altro genitore che ci risponde, partendo dalla sua esperienza, è diverso. Crediamo di più alle cose positive che ci vengono dette sulle possibilità e le capacità dei nostri figli. Nel vedere la sua serenità raggiunta dopo il periodo di dolore, nel vedere la fiducia e l’orgoglio che mostra quando parla di suo figlio Down, cominciamo a pensare che se ce l’ha fatta lui anche noi ce la possiamo fare. Se suo figlio è un ragazzo in gamba, autonomo, che va a scuola, fa sport, frequenta altri ragazzi, anche il nostro ce la potrà fare. 17 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Per questi motivi abbiamo pensato di raccogliere esperienze di genitori che hanno figli con la Sindrome di Down, di ragazzi che hanno fratelli Down, di altre persone che sono loro vicine ed anche scritti dei ragazzi Down stessi. Questi episodi sono spesso fatti di vita quotidiana, che capitano in una famiglia o a scuola; i genitori che raccontano non sono genitori speciali e i figli Down non sono figli Down straordinari. Mano a mano che si procede nella lettura, emerge chiaro il fatto che, nonostante tutto, un figlio Down permette di vivere la vita come era nei nostri progetti. Se si riesce a superare il dramma iniziale senza farsi travolgere, si ricomincia a vivere giorno per giorno, godendo dei momenti belli che continuano ad esserci e affrontando i problemi mano a mano che si presentano. Si comincia anche a guardare in modo diverso questo figlio: si comprende quante cose ci vuole comunicare e quanto partecipa alla vita familiare; si osserva come ce la mette tutta nel superare gli ostacoli che trova sul suo cammino e come la nostra fiducia nelle sue capacità e la nostra soddisfazione per le sue conquiste lo facciano progredire e crescere. Alla fine, quando il tempo sarà passato, se saremo riusciti a vivere con lui in maniera serena e a condividere con lui tutti gli eventi e le abitudini della nostra vita quotidiana – come del resto avremmo fatto con un altro figlio – ci ritroveremo ad avere un figlio adulto con cui poter dialogare, da cui avere aiuto e da cui ricevere lezioni di vita, per quella capacità che hanno di dare importanza alle cose essenziali e di saper godere delle piccole gioie quotidiane, che spesso noi non riusciamo a cogliere presi come siamo da una vita convulsa e caotica. Questa raccolta è rivolta in modo particolare a chi vive il problema da poco. Ma è rivolta anche a chi, incontrando una persona Down in autobus, a scuola, al lavoro o per strada, vuole saperne qualcosa di più. 18 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Un giorno dopo l’altro Bambini e adulti con la Sindrome di Down Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet In Italia vivono oggi circa 40.000 persone con la Sindrome di Down, un handicap mentale molto diffuso e che coinvolge 1 bambino ogni 800 nuovi nati. Le migliori condizioni di sviluppo di questi bambini, l’esperienza dell’integrazione scolastica, la sempre maggiore attenzione e apertura delle famiglie rende possibile incontrare oggi con più frequenza di un tempo questi handicappati. Anche questo libro vuole essere un luogo di incontro con tale realtà. Percorrendo cronologicamente frammenti di vita di alcune persone Down, il testo propone racconti e testimonianze dei diretti interessati, dei loro genitori, di fratelli e operatori che aiutano a scoprire chi sono oggi le persone con Sindrome di Down. L’associazione Italiana Persone Down (già Associazione Bambini Down), di cui fanno parte le curatrici e tutti coloro che hanno collaborato a questo libro, si è costituita nel 1979 per volontà di un gruppo di genitori desiderosi di aiutare il più possibile il loro figlio con la Sindrome di Down e di essere di aiuto ad altri genitori. Attualmente, l’Associazione opera a livello nazionale attraverso 21 sezioni con sede in altrettante città, che a livello locale fanno opera di informazione e di supporto alle famiglie nel difficile rapporto con le istituzioni per l’handicap. L’AIPD privilegia da sempre l’aspetto dell’informazione attraverso la pubblicazione di testi specifici, opuscoli divulgativi e la rivista quadrimestrale “Sindrome Down Notizie”. ISBN 88-8049-088-5 ,!7II8I0-ejaiid! Estratto della pubblicazione