capitolo
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PROFILI DI COMPETENZA
DELL’éQUIPE
OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
Al termine di questo capitolo avrete imparato:
§§
§§
§§
§§
il ruolo e le funzioni della figura professionale dell’infermiere;
il ruolo e le funzioni della figura professionale dell’infermiere pediatrico;
il ruolo e le funzioni della figura professionale dell’assistente sanitario;
il ruolo e le funzioni della figura professionale dell’ostetrica.
L’INFERMIERE
Danilo Cenerelli
L’assistenza infermieristica e il ruolo dell’infermiere si
sono trasformati nel corso del tempo in relazione al
contesto socio-economico e culturale, alle modificazioni epidemiologiche dei problemi di salute, all’evoluzione scientifica e tecnologica della medicina e delle
organizzazioni sanitarie.
L’infermieristica, nata originariamente come risposta
generica di accudimento a bisogni fondamentali che la
persona malata non era in grado di soddisfare autonomamente (lavarsi, alimentarsi, eliminare, dormire, proteggersi ecc.), si è trasformata nel tempo in un’attività
che prevede interventi sempre più specifici che man
mano hanno richiesto sempre maggior conoscenza,
competenze elevate, capacità per rispondere a problemi
sempre più complessi.
I fondamenti dell’esercizio professionale dell’infermiere risultano in Italia profondamente cambiati e innovati negli ultimi anni in seguito anche a importanti
eventi che hanno influenzato l’evoluzione della formazione e della pressione infermieristica:
§§ i problemi di salute della popolazione si sono modificati: il maggior benessere della nostra società ha portato a un aumento dell’età media della popolazione
con conseguente aumento della fascia di popolazione
soggetta a malattie croniche o con disabilità anche permanenti. La conseguenza è che oltre all’assistenza
nella fase acuta delle malattie sono diventati sempre
più importanti gli interventi per aiutare le persone a
convivere con le conseguenze della malattia di base
(tumori, diabete, ipertensione, insufficienza renale cronica ecc.) o con presidi permanenti (cateteri vescicali,
stomie ecc.). In questi casi diventano fondamentali
non tanto e non solo interventi sostitutivi quanto in-
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PARTE PRIMA § Aspetti generali dell’assistenza infermieristica in area materno-infantile
terventi assistenziali che mirino all’autogestione e allo
sviluppo di capacità di autocura;
§§ la ristrutturazione del Sistema Sanitario Nazionale
(SSN) e il graduale ampliamento dei servizi territoriali
comprendenti: assistenza domiciliare, salute mentale,
strutture per cure intermedie e per lungodegenti, hospice e servizi di cure palliative, residenze sanitarie assistenziali (RSA) ecc. Tutto ciò apre nuove possibilità
professionali per l’infermiere, ma richiede competenze
diversificate;
§§ l’introduzione di figure di supporto (operatori sociosanitari) ha necessariamente portato a rivedere le competenze infermieri;
§§ la necessità, anche per gli infermieri, di produrre prove
di efficacia riguardanti gli interventi erogati investendo
sulla ricerca;
§§ la riforma degli ordinamenti didattici universitari che
ha previsto diversi livelli di formazione per l’infermiere: corso di laurea, corso di laurea magistrale, master di primo e secondo livello, diploma di specializzazione e dottorato di ricerca.
L’assistenza infermieristica rimane un’attività centrata non sulla malattia bensì sulla persona (famiglia,
gruppi) e sulle sue risposte, cercando di rendere il più
possibile autonoma la persona assistita o in grado di
convivere al meglio con i problemi derivanti dalla malattia stessa, adattandosi. L’infermiere si occupa quindi
sia delle persone malate che di quelle sane.
Elemento fondamentale dell’esercizio professionale
e dell’evoluzione della responsabilità è stato il riconoscimento di professione sanitaria con Legge 42/1999
“Disposizioni in materia di professioni sanitarie” e la
conseguente abrogazione del DPR 225/1974 (il mansionario).
La responsabilità clinico-assistenziale dell’infermiere
determinata dalla Legge 42/1999 individua il campo
proprio di responsabilità delle professioni sanitarie nei
contenuti dei profili professionali (DM 739/1994 “Regolamento concernente l’individuazione della figura e
del relativo profilo professionale dell’infermiere”), dei
codici deontologici (Codice deontologico dell’Infermiere, 2009) e degli ordinamenti didattici universitari
(DM 270/2004). Le competenze dell’infermiere sono
quindi descritte da tre atti “guida”: profilo professionale, formazione (ordinamento didattico universitario)
e codice deontologico (con il limite del campo proprio
di attività delle altre professioni).
Il DM 739/1994 definisce l’infermiere (art. 1, comma
1) attribuendogli la piena responsabilità dell’assistenza
generale infermieristica con l’assunzione della responsabilità sull’intero processo assistenziale (art. 1, commi
2 e 3), dalla raccolta dei dati fino all’identificazione dei
bisogni di assistenza infermieristica, alla pianificazione,
gestione e valutazione dell’intervento assistenziale infermieristico.
Con questo passaggio la normativa attribuisce all’infermiere una metodologia scientifica propria (il processo
di assistenza infermieristica) e indirettamente la necessità di adottare una documentazione infermieristica necessaria per certificare la progettazione ed erogazione
dell’assistenza.
Il profilo dichiara inoltre che l’infermiere:
§§ partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della
persona e della collettività;
§§ identifica i bisogni di assistenza infermieristica della
persona e della collettività e formula i relativi obiettivi;
§§ pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale
infermieristico;
§§ garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni
diagnostico-terapeutiche;
§§ agisce sia individualmente sia in collaborazione con
gli altri operatori sanitari e sociali;
§§ per l’espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell’opera del personale di supporto;
§§ svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie pubbliche o private, nel territorio e nell’assistenza
domiciliare, in regime di dipendenza o libero-professionale.
Si sviluppa così la logica di una responsabilità condivisa con altre professioni sanitarie dove ognuno risponde
del proprio specifico ambito disciplinare di competenza.
La definizione dell’infermiere ai sensi del citato DM
739/1994 comporta l’evidenziazione di due aspetti importanti che si associano a quello di responsabilità, cioè
l’autonomia professionale e la specificità disciplinare
dell’assistenza infermieristica.
A proposito della Legge 42/1999 sopra citata va ricordato che essa non solo traccia i criteri guida della responsabilità dell’infermiere (vedi sopra), ma anche un criterio limite esplicitato dalla legge con l’inciso “fatte salve
le competenze previste per le professioni mediche” che
rimanda al concetto di atto medico (di cui però non esiste una definizione precisa).
L’ICN (International Council of Nurses) rende visibile
la complessità del ruolo professionale sostenendo che:
L’infermieristica comprende l’assistenza autonoma e collaborativa che viene offerta a individui di
ogni età, famiglie, gruppi e comunità, persone ammalate e sane e in ogni contesto. L’infermieristica
comprende la promozione della salute, la preven-
Capitolo 2 § Profili di competenza dell’équipe
zione delle malattie, l’assistenza degli ammalati,
dei disabili e dei moribondi. Le funzioni essenziali
dell’infermieristica sono la tutela, la promozione
di un ambiente sicuro, la ricerca, la partecipazione alla politica della salute e alla gestione del paziente dei sistemi sanitari e della formazione.
Secondo quanto definito dal profilo professionale, l’infermiere è quindi responsabile dell’assistenza infermieristica generale. Le tre principali funzioni dell’infermiere
sono:
1.la prevenzione delle malattie;
2.l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età;
3.l’educazione sanitaria.
L’assistenza può essere inoltre preventiva (per esempio, prevenire la perdita di autonomia di una persona o
le conseguenze di un prolungato allettamento), curativa
(per esempio, curare una lesione da pressione), palliativa (per esempio, riconoscere e trattare il dolore, riconoscere e trattare gli effetti collaterali della chemioterapia antiblastica) e riabilitativa (per esempio, far recuperare margini di autonomia a una persona che ha perduto
la capacità di cura di sé).
Per quanto riguarda la funzione assistenziale, l’infermiere è responsabile di tutte le fasi del processo assistenziale infermieristico: dall’identificazione dei bisogni di
assistenza infermieristica della persona e della collettività, alla formulazione dei relativi obiettivi, alla pianificazione, attuazione e valutazione degli interventi assistenziali. Gli interventi che l’infermiere può individuare
in relazioni ai bisogni/necessità degli assistiti possono
essere di:
§§ natura tecnica (per esempio, posizione per mobilizzare una persona a letto per evitare rischi di lesioni);
§§ natura relazionale (per esempio, ascoltare una persona per ridurre l’ansia preoperatoria);
§§ natura educativa (per esempio, educare una persona
diabetica a gestire attività fisica, alimentazione e terapia insulinica).
Nella realtà clinico-assistenziale gli interventi infermieristici sono spesso contemporaneamente di natura
tecnica, relazionale ed educativa.
Infine l’infermiere si avvale del personale di supporto
nello svolgersi del progetto assistenziale e si adopera affinché le sue competenze siano sempre aggiornate grazie anche allo sviluppo della ricerca.
Nello svolgimento delle attività assistenziali l’infermiere tiene conto dell’integrazione professionale e interprofessionale quale elemento determinante il miglioramento della cura delle persone.
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Lo sviluppo professionale è un processo intenzionale
e consapevole che accompagna la vita lavorativa dell’infermiere descrivendo così l’acquisizione di nuove competenze (ECM, educazione continua in medicina). L’infermiere, infatti, ha il diritto/dovere di aggiornarsi su tematiche che siano coerenti con la propria attività, scelta
sia sulla base della propria specificità professionale che
degli obiettivi di interesse generale legati alla programmazione sanitaria e definiti ai vari livelli del SSN.
L’INFERMIERE PEDIATRICO
Giovanna Marchioni
L’evoluzione normativa che a partire dagli anni ’90 ha
accompagnato lo sviluppo formativo e professionale
dell’Infermiere (D.Lgs 502/1992; DM 739/1994; Legge
42/1999; Legge 251/2000; DM 2 aprile 2001 “Determinazione delle Classi delle Lauree Specialistiche Universitarie delle Professioni Sanitarie”; Legge 43/2006)
ha portato a un’acquisizione di autonomia, responsabilità e competenza, a una valorizzazione del ruolo del
singolo professionista all’interno del team assistenziale e, non ultimo, all’utilizzo di modelli organizzativi e
assistenziali che presuppongono la presa in carico del
paziente, l’assistenza per intensità di cure e i percorsi
assistenziali.
Tutti questi punti portano dunque all’identificazione
di un nuovo professionista che, prendendo coscienza
del suo valore professionale, non può prescindere dalla
formazione continua orientata all’acquisizione di nuove
competenze (ECM).
Con il DM 739/1994 (Profilo Professionale dell’Infermiere) è stato sancito che uno dei cinque sbocchi formativi post-base sia quello pediatrico. Un ulteriore riconoscimento della specificità formativa, anche se in contraddizione con il citato DM 739/1994, è venuta dall’istituzione del Profilo professionale dell’Infermiere Pediatrico (DM 70/1997) e dei corsi di laurea per Infermiere Pediatrico (DM 2 aprile 2001). Questo a conferma
di quanto già avveniva in passato con l’identificazione
e la formazione della Vigilatrice d’Infanzia, ovvero di
un’infermiera con specifica formazione pediatrica.
Allo stato attuale, dunque, l’ordinamento italiano contempla due figure professionali infermieristiche: l’infermiere di cure generali e l’infermiere pediatrico.
Come già detto, va tuttavia segnalato che la formulazione del comma 5 dell’articolo 6 del DM 739/1994 ha
causato alcuni dubbi interpretativi. Esso, infatti, ha stabilito – prima dell’istituzione dei corsi di laurea – che
“la formazione infermieristica post-base per la pratica
specialistica è intesa a fornire agli infermieri di assistenza
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PARTE PRIMA § Aspetti generali dell’assistenza infermieristica in area materno-infantile
generale delle conoscenze cliniche avanzate e delle capacità che permettano loro di fornire specifiche prestazioni
infermieristiche nelle seguenti aree:
§§ sanità pubblica: infermiere di sanità pubblica;
§§ pediatria: infermiere pediatrico;
§§ salute mentale-psichiatria: infermiere psichiatrico;
§§ geriatria: infermiere geriatrico;
§§ area critica: infermiere di area critica.”
L’inclusione nell’elenco dell’infermiere pediatrico ha
fatto inizialmente ritenere che tale figura dovesse essere
considerata dunque una specializzazione dell’infermiere,
al pari delle altre figure identificate, e come tale oggetto
di formazione infermieristica post-base. La successiva
emanazione del DM 70/1997 ha chiarito che quella di
infermiere pediatrico è una professione distinta alla
quale, dunque, si è abilitati al termine della formazione
di base. In conclusione, per esercitare l’attività professionale assistenziale infermieristica nell’area pediatrica
è attualmente previsto un doppio canale:
§§ Laurea in Infermieristica → Infermiere di cure generali (DM 739/1994) + Master in Infermieristica in area
Pediatrica = Infermiere Specialista in Area Pediatrica
(Legge 43/2006);
§§ Laurea in Infermieristica Pediatrica → Infermiere Pediatrico (DM 70/1997).
La professione di infermiere pediatrico è, quindi, regolamentata dal Decreto Ministeriale 17 gennaio 1997,
n. 70. Gli infermieri pediatrici laureati svolgono le funzioni di prevenzione delle malattie e di assistenza ai malati e ai disabili in età evolutiva qui elencate:
§§ partecipano all’identificazione dei bisogni di salute fisica e psichica del neonato, del bambino, dell’adolescente, della famiglia;
§§ identificano i bisogni di assistenza infermieristica pediatrica e formulano i relativi obiettivi;
§§ pianificano, conducono e valutano l’intervento assistenziale infermieristico pediatrico;
§§ partecipano a interventi di educazione sanitaria sia
nell’ambito della famiglia che della comunità, alla cura
di individui sani in età evolutiva nel quadro di programmi di promozione della salute e prevenzione delle
malattie e degli incidenti, all’assistenza ambulatoriale,
domiciliare e ospedaliera dei neonati, all’assistenza
ambulatoriale, domiciliare e ospedaliera dei soggetti
di età inferiore a 18 anni affetti da malattie acute e
croniche, alla cura degli individui in età adolescen-
ziale nel quadro dei programmi di prevenzione e supporto socio-sanitario;
§§ garantiscono la corretta applicazione delle prescrizioni
diagnostico-terapeutiche;
§§ agiscono sia individualmente sia in collaborazione
con gli operatori sanitari e sociali;
§§ si avvalgono, ove necessario, dell’opera del personale
di supporto per l’espletamento delle loro funzioni;
§§ contribuiscono alla formazione del personale di supporto e concorrono direttamente all’aggiornamento
relativo la loro profilo professionale.
Per poter svolgere questa professione non sono sufficienti solo le doti dell’infermiere, ovvero disponibilità al
rapporto interpersonale, capacità di entrare in contatto
col malato, pazienza e sensibilità, ma a queste occorre
aggiungere anche la capacità di rapportarsi con il mondo
dell’infanzia in maniera profonda e partecipe.
La pianificazione dell’assistenza pediatrica deve tener
conto di alcuni fattori specifici:
§§ l’età e il grado di sviluppo cognitivo ed emotivo del
bambino, che influenzano la comunicazione e le possibilità di approccio;
§§ l’esigenza di gioco, che può essere un tramite per il
bambino per esternare bisogno e desideri.
L’assistenza neonatale, nella sua accezione più ampia
che va dalle cure prenatali a quelle del neonato in condizioni fisiologiche fino alle cure intensive, impone la
massima attenzione alla formazione, considerando soprattutto la posizione dei diversi professionisti della salute impegnati, per il giusto riconoscimento all’interno
del team assistenziale.
Da questi elementi emerge un infermiere pediatrico
di elevato profilo professionale, in grado di affrontare situazioni di notevole complessità assistenziale e che riconosce meccanismi e protagonisti diversi da quelli ben
noti. Infatti, oltre ad aspetti tecnici che presuppongono
l’aggiornamento continuo e la piena padronanza di procedure e strumenti, è indispensabile un orientamento
formativo-assistenziale che garantisca all’infermiere pediatrico di lavorare in un team nel quale si inseriscono
i genitori del piccolo paziente.
A prescindere dall’evoluzione normativa in ambito
formativo e professionale, dalle contraddizioni esistenti,
nonché dallo sviluppo tecnologico e dal progresso scientifico, è indubbio che oggi più che mai sia indispensabile acquisire competenze specifiche e mirate.
Capitolo 2 § Profili di competenza dell’équipe
L’ASSISTENTE SANITARIO1
Mara Brunelli
L’assistente sanitario (AS) è l’operatore sanitario della
prevenzione, promozione ed educazione per la salute
secondo lo specifico profilo individuato dal Decreto
Ministeriale 17 gennaio 1997 n. 69. L’attività di questo
professionista è rivolta alla collettività, alla famiglia e
alla persona.
La professione nasce nel 1919 dopo la prima guerra
mondiale ed è sempre stata protagonista nella medicina sociale: infatti l’AS svolge la sua attività nella prevenzione delle malattie infettive (vaccinazioni ai bambini, agli adulti e agli anziani e sorveglianza sanitaria)
dei tumori (screening ed educazione sanitaria) e dei rischi lavorativi (sorveglianza ed educazione sanitaria),
nella promozione dei corretti stili di vita (alimentazione,
attività motoria, fumo, alcol, sostanze stupefacenti),
nel sostegno alla genitorialità (infanzia, adolescenza e
famiglia), così come nei problemi che riguardano il disagio giovanile e comunque in tutti quegli ambiti in
cui è necessaria una specifica funzione di raccordo interprofessionale tra i servizi che si occupano della prevenzione.
L’ AS svolge funzioni di carattere preventivo attraverso l’utilizzo di tecniche e strumenti specifici per la
promozione della salute individuale e comunitaria compresa la sorveglianza igienico-sanitaria. Concorre alla
realizzazione di iniziative dirette alla tutela dei diritti
dei cittadini riferite alla promozione della salute.
Il Corso di Laurea in Assistenza Sanitaria appartiene
alla Classe SNT/4 - Classe delle Lauree delle Professioni Sanitarie della Prevenzione, e abilita alla professione di Assistente Sanitario. La durata del Corso è
triennale e la frequenza è obbligatoria. L’ordinamento
didattico è articolato in attività teoriche e pratiche. Il
laureato in Assistenza Sanitaria può accedere alla Laurea Magistrale biennale in Scienze della Prevenzione.
Il processo formativo sviluppa un percorso centrato
a identificare e risolvere il bisogno di salute della popolazione, quale oggetto di osservazione, ricerca, intervento e valutazione. Prende avvio dallo studio di discipline orientate a far acquisire allo studente elementi
di prevenzione primaria, secondaria e terziaria, che
possano aiutare a mantenere in salute la persona nelle
diverse età della vita e nei luoghi di vita e di lavoro,
oltre che nella sua comunità di riferimento in ogni ambito di vita e di lavoro.
Profilo tratto dall’opuscolo di presentazione del Corso di
Laurea in Assistenza Sanitaria dell’Università di Padova.
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A conclusione del percorso universitario il laureato
è in grado di identificare i bisogni di salute sulla base
dei dati epidemiologici e sociali di rischio. Pertanto progetta, programma, attua e valuta gli interventi di prevenzione, educazione e promozione della salute in tutte
le fasi della vita della persona.
L’ AS può esercitare la professione nelle strutture del
Servizio Socio-Sanitario Nazionale, presso aziende private o istituti e fondazioni in regime di dipendenza e/o
libero professionale. Nelle Aziende Sanitarie svolge l’attività nei seguenti servizi:
§§ dipartimento di prevenzione: Igiene e Sanità Pubblica, Medicina dei viaggi e delle migrazioni, Servizio di Prevenzione Igiene e Sicurezza negli Ambienti
di Lavoro, Igiene degli Alimenti e della Nutrizione,
Servizi per la Educazione e Promozione alla Salute,
Servizio per gli Screening Oncologici;
§§ UO/Servizi del Distretto Socio-Sanitario: Attività
socio-sanitarie integrate, Consultori Familiari, Servizi per le dipendenze, Servizi per il sostegno alla famiglia, Pediatria di Comunità;
§§ servizi in staff alla Direzione Generale e Sanitaria:
Ufficio Relazioni col Pubblico, Servizio di Prevenzione e Protezione;
§§ Direzione di Ospedale: servizi che trattano le malattie cronico-degenerative; attività relative al coordinamento di progetti orientati alla tutela della salute;
§§ in altre strutture e servizi: INAIL, IRCSS, in collaborazione col Medico Competente aziendale, cooperative, fondazioni, associazioni.
Durante il percorso formativo vengono affrontate discipline che consentono di capire il contesto ambientale e sociale in cui l’AS deve operare: Sociologia generale dell’ambiente, del territorio e della famiglia; Etnoantropologia; Statistica Medica; Psicologia Sociale;
Igiene ambientale ed Ecologia Umana. Altre discipline
riguardano la salute della persona nella sua globalità
psichica, fisica e sociale, potenzialità e fragilità: Anatomia e Fisiologia, Immunologia, Sociologia, Psichiatria, Medicina Sociale e del Lavoro, Psicologia Clinica
e della Salute, Pedagogia e Metodologia Educativa,
Igiene e Metodologia Epidemiologica, Geriatria, Pediatria, Dietetica, Biologia. Si aggiungono discipline che
riguardano il management sanitario, le istituzioni, le
organizzazioni e il loro funzionamento: Diritto Sanitario, Organizzazione dei Servizi, Informatica. E infine
discipline che riguardano l’approfondimento tecnicosanitario della professione: Metodologie di base, tecniche e strumenti dell’AS, Metodologie avanzate per area
di intervento dell’AS e Deontologia professionale.
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PARTE PRIMA § Aspetti generali dell’assistenza infermieristica in area materno-infantile
Una parte rilevante del percorso formativo è il tirocinio, che consiste in un periodo di esperienza diretta
nei servizi socio-sanitari, in cui lo studente viene affiancato nel proprio lavoro a un AS professionista.
L’ostetrica
Dila Parma, Enrico Naldi
Breve storia della professione ostetrica
La storia dell’ostetricia e delle ostetriche ha origini
lontanissime che affondano le loro radici in epoche
ancestrali.
È difficile immaginare come partorivano le donne ai
primordi della vita umana, ma è ragionevole pensare
che le origini dell’ostetricia si possano far risalire a
quelle dell’umanità. Pur supponendo che la donna primitiva partorisse da sola per le condizioni sociali e ambientali legate al periodo storico, si può presumere che
questa situazione sia andata via via modificandosi con
il formarsi delle prime collettività e il manifestarsi dei
primi atti di solidarietà umana.
L’arte ostetrica nasce dunque come atto di solidarietà, di reciproco aiuto, come risposta al bisogno della
donna di essere aiutata nel momento del parto; è un
tipo di assistenza che prescinde da conoscenze scientifiche, che si fonda sostanzialmente sull’esperienza
personale delle donne presenti ed è influenzata da riti
e pratiche magiche, così come lo erano nell’antichità
tutti i momenti importanti della vita.
La nascita delle scuole per levatrici
In Europa con il ’700 il parto, che fino ad allora era
stato un “problema di donne”, divenne, per le mutate
esigenze politiche che imponevano una migliore tutela
della salute, oggetto di interessamento da parte dei governanti. Per far fronte alla moria di donne e bambini
durante il parto e per arginare l’esercizio abusivo della
professione di levatrice, si avvertì la necessità di un’adeguata istruzione delle ostetriche e degli ostetrici che
portò alla nascita di scuole per impartire loro le necessarie nozioni di arte ostetrica. A contendersi il primato
in questo secolo furono la Francia, che coltivò di preferenza la parte operativa, e l’Inghilterra, con un indirizzo meno interventista.
Verso la seconda metà del ’700 si affermeranno in
Italia le prime scuole pubbliche per levatrici e chirurghi, destinate a divenire, rispettivamente, le future cliniche ostetriche e i futuri ostetrici. L’ostetricia perde
così i caratteri di arte manuale per divenire scienza.
L’insegnamento dell’ostetricia era diretto in particolare
alle levatrici ed era attuato con modalità diverse a se-
conda delle zone: su un piano pratico nelle province
Lombardo-Venete e nella Toscana, per le relazioni con
l’Austria, e a Torino per le relazioni con la Francia e
l’Inghilterra; negli stati soggetti al papato l’insegnamento era invece dimostrativo e fatto utilizzando dei
modelli.
La nascita dei Collegi/Ordini
Il Decreto Legislativo del Capo Provvisorio dello Stato
n. 233 del 13 settembre 1946 ricostituì gli Ordini delle
Professioni Sanitarie (Medici, Veterinari, Farmacisti,
Ostetriche), restituendo agli stessi la tenuta degli Albi
e attribuendo loro un ampio ventaglio di competenze.
Il funzionamento di tali organi verrà poi regolamentato con DPR n. 221 del 5 aprile 1950. Lo stesso decreto
rimandava a un “separato provvedimento” le norme
relative alla disciplina professionale dell’attività “infermieristica” (art. 27). Tale “separato provvedimento” sarà emanato solo quattro anni dopo, con la Legge
n. 1049 del 29 ottobre 1954.
Il simbolo della categoria
Le ostetriche italiane hanno per simbolo la riproduzione stilizzata di un antico bassorilievo romano dedicato a Iunoni Lucinae che rappresenta una donna
seduta con in braccio un bambino in fasce che stringe
nel pugno un fiore simbolo della vita. Nel Museo Vaticano esistono alcune sculture antiche che raffigurano
nidi posti su rami d’albero e contenenti bambini. Si
pensa che tali sculture ornassero le case delle obstetrices dell’antica Roma.
La disciplina ostetrica o “midwifery”
Il termine midwifery, che deriva dalla lingua inglese,
origina da midwife (ostetrica) e letteralmente significa
“con la donna”. Risale al 1483 ed è stato universalmente adottato per definire tutto ciò che riguarda l’ostetrica e la sua arte. All’interno di questa filosofia, arte e
scienza sono inscindibili.
In accordo con L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), con la Confederazione Internazionale delle
Ostetriche (ICM), e nel rispetto delle norme contenute
nella Direttiva Europea 80/155/CEE e nel DM 740/1994,
è stata elaborata la definizione generale di midwifery
(vedi box di Approfondimento).
In base alla normativa vigente l’ostetrica è definita
“Professionista Sanitario”. È dunque un operatore che
agisce con un’autonomia professionale riconosciuta
dalle leggi dello stato italiano. La definizione di professionista sanitario è supportata dalla seguente normativa:
§§ Legge 42/1999 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie”;
Capitolo 2 § Profili di competenza dell’équipe
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APPROFONDIMENTO
Definizione di midwifery*
La midwifery è l’attività professionale esercitata dall’Ostetrica.
L’Ostetrica è una persona che, essendo stata regolarmente ammessa a frequentare un corso di formazione in ostetricia,
riconosciuto legalmente nel paese in cui si trova, ha completato con successo il corso di studi in ostetricia e ha acquisito le
necessarie qualifiche richieste per essere registrata e/o legalmente abilitata all’esercizio della professione.
L’Ostetrica è riconosciuta come una professionista competente e responsabile che lavora in partnership con le donne per
dare il necessario sostegno, cura e consulenza durante la gravidanza, il travaglio e il periodo successivo al parto, assistere
parti sotto la propria responsabilità, fornire cure al neonato e al bambino, la richiesta di intervento medico o altra assistenza
appropriata e la realizzazione di misure d’emergenza.
L’Ostetrica ha un compito importante nell’educazione e nel dare consigli sanitari non solo alla donna ma anche all’interno
della famiglia e della comunità. Il suo lavoro dovrebbe comprendere l’educazione prenatale, la preparazione alla genitorialità
e potrebbe estendersi ad alcune aree della salute della donna, alla salute sessuale e riproduttiva e alla cura del bambino.
L’Ostetrica può esercitare in diversi contesti come la casa, la comunità e gli ospedali, le cliniche o i servizi dedicati alla salute.
*Definizione adottata dal consiglio ICM nel 1972 e dalla FIGO nel 1973 e in seguito dall’OMS; emendata dalla ICM nel 1990, dalla FIGO nel
1991, dall’OMS nel 1992. Adottata dall’ICM nel 2005.
§§ Legge 10 agosto 2000 n. 251 “Disciplina delle professioni infermieristiche, tecniche, della riabilitazione,
della prevenzione e nonché della professione ostetrica”.
La legge 10 agosto 2000 n. 251, che ha posto definitivamente le basi legislative per l’istituzione della Laurea in Ostetricia e della Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche, ha perfezionato il percorso
di valorizzazione e responsabilizzazione della professione ostetrica e ha creato nuove premesse per rafforzare ulteriormente la professionalità all’interno delle
istituzioni socio-sanitarie.
Al fine di individuare, definire e giudicare l’ambito
di attività e di responsabilità proprio dell’ostetrica, si
devono considerare anche i seguenti riferimenti legislativi:
§§ Decreto Ministeriale del relativo Profilo professionale
(DM 740/1994);
§§ Codice Deontologico/anno 2010;
§§ Ordinamento Didattico del rispettivo corso universitario e la formazione post base (Laurea Specialistica,
Master, Corsi di perfezionamento, ECM ecc.)
Gli ambiti di attività specifica dell’ostetrica sono individuabili, alla luce delle disposizioni legislative nazionali ed europee, nell’area ostetrica, ginecologica e
neonatale.
In Italia, per il conseguimento del titolo professionale
di Dottore in Ostetricia, abilitante la professione di Oste-
trica, è obbligatoria la frequenza allo specifico corso di
studi universitari, ovvero il Corso di Laurea in Ostetricia. Il percorso formativo è regolamentato dalle leggi
italiane (secondo le Disposizioni del DM 509/1999 e
successive variazioni previste nel DM 22 ottobre 2004
n. 270 e del DM 19 febbraio 2009) ed europee (Direttiva CE recepita in Italia dal D.Lgs. n. 206 del 9 novembre 2007). Il corso di studi è articolato in attività di apprendimento teorico e pratico con tirocinio pratico
presso strutture ospedaliere e territoriali.
Al termine del percorso di studi il neolaureato sarà
abilitato a esercitare la professione con propria autonomia e in collaborazione con altri professionisti, nell’ambito delle cure volte alla tutela e alla promozione della
salute riproduttiva della donna, nel percorso nascita
(gravidanza, parto e puerperio) e alla salute/cura del
neonato. Il titolo abilita inoltre il professionista alla libera circolazione nei Paesi dell’Unione Europea (Direttiva 2005/36/CE, D.Lgs. n. 206 del 9 novembre 2007).
L’ostetrica che ha conseguito la Laurea triennale di
primo livello può sviluppare le proprie competenze frequentando uno dei Master della durata di un anno (60
CFU) presenti oggi sul territorio nazionale in più ambiti quali, ad esempio, la gravidanza fisiologica, le competenze ecografiche e l’ostetricia forense. Può altresì
conseguire la Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche (DM 8 gennaio 2009) di durata biennale (120 CFU), titolo peraltro indispensabile per i professionisti che desiderano dedicarsi alla docenza e au-
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PARTE PRIMA § Aspetti generali dell’assistenza infermieristica in area materno-infantile
mentare le proprie competenze disciplinari avanzate in
ambito di ricerca. Il possesso della Laurea Magistrale
offre la possibilità di accedere al Dottorato di ricerca.
Per chi ha conseguito il Diploma di Ostetrica con la
normativa precedente all’istituzione dei Corsi Universitari è prevista, in base alla legge vigente, l’equipollenza dei titoli. L’accesso alla formazione post base è
consentita comunque solo a coloro già in possesso del
Diploma di Maturità.
Bibliografia
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nostri. Atti del Convegno “Salute e Sicurezza nell’Area Materno-Infantile”, Giornata dell’Ostetrica/o. Palermo, 2009.
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DM 17 gennaio 1997 n. 69, Regolamento concernente l’individuazione della figura e relativo profilo professionale dell’assistente sanitario.
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DM 22 ottobre 2004 n. 270, Modifiche al regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei,
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Capitolo 2 - Ateneonline