calabria
ora
ora
esatta
DOMENICA
26 aprile 2009
PAGINA 3
Non si è mai in ritardo sulla nostra vita. La clessidra, il libro, ogni volta ci indicano l’ora esatta.
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Vieni a ballare in Puglia
DI MARIO DE FILIPPIS
C
processioni: in estasi con le
ome fanno a
videocamere a filmare i
non massaSe penso alla
membri delle confraternite
crarsi tra le
costa del nostro
nei loro camici, le statue dai
rocce? Quanti
bagnanti ci laTirreno cosentino, tratti ingenui e sofferenti, i
carabinieri in alta uniforme
sceranno la
deturpata
come nei film di Vittorio De
pelle, almeno
e imbruttita e
Sica, le bande musicali e i sinqualche brandello di pelle, ogni
daci con la fascia tricolore
estate? Mi trovo nel Salento,
ancora deserta in
provincia di Lecce. Terra da
questo periodo, un sulla pancia.
Sono viaggi o pellegrinaggi?
qualche anno diventata di ripo’ di rammarico
Quasi ad ammettere che il cachiamo per turisti e viaggiatori
lo provo
lendario liturgico risponde a
di ogni parte del mondo. Non fa
un bisogno, a una necessità di
ancora caldo, ma c’è un bel sosacro, di salvifico. E questa
le, in queste vacanze di Pasqua
ansia di sacro deve essere evidel 2009 e gli stranieri sono già
intrepidi, in costume e ciabatte, sulla spiaggia. dente, dichiarata, non si cercano i riti anonimi
O meglio, su qualche ritaglio di spiaggia sab- delle liturgie cittadine, con i parroci disinvolti e
biosa, tra una roccia e l’altra. Per questo mi politicamente corretti, che pronunciano omechiedo, quanti si scorticheranno su queste pie- lie sociologiche. No, si richiedono le magnifitre bianche, famose fin dall’antichità, cantate cenze barocche, la tragicità esaltata del meridione, la teatralità ed esteriorità della Controda tanti poeti latini e greci.
Tutta invidia, perché il Salento è ancora godi- riforma, la calca e l’eccitazione, un concentrato
bile, e sa offrire ospitalità a costi contenuti. So- di tutto ciò che è arcaico e un po’ rétro.
no nella pineta di Punta Pizzo, a sud di Gallipo- Osservo i bambini col naso all’insù, tra le viuzli, alberi e arbusti arrivano fino alla spiaggia, ze del centro storico di Gallipoli, con gli occhi
fissi sull’abito nero
dell’Addolorata, sui
cappucci e le insegne
delle confraternite.
Partecipare dal vivo a
un evento del genere
fa ancora effetto ad
occhi assuefatti a
ogni sorta di meraviglie esotiche in televisione? Le note di
“Tristezza” suonate
dalla banda, i mortaretti, il mare che si
infrange sotto i bastioni possono ancora colpire e imprimersi nella memoria
di chi è abituato a vedere tutto attraverso
uno schermo?
In Calabria sono poche ormai le confraternite ancora attive.
In un recente passato
proprio vescovi e sacerdoti le hanno
osteggiate, ritenendole un’eredità ingombrante di un
passato non meritevole di essere salvato.
che qui è ampia, sabbiosa e lunga chilometri. Il Solo quelle più radicate, più forti e vive sono
profumo della pineta è intenso. Si intravede riuscite a sopravvivere all’ostilità del clero prolontano il centro storico di Gallipoli e il suo fa- gressista. A Gallipoli evidentemente pescatori
ro, sull’isolotto di Sant’Andrea. Se penso alla e marinai sono stati un osso duro. Questa è tercosta del nostro Tirreno cosentino, deturpata e ra grecanica, come certe zone della Calabria, e
imbruttita e ancora deserta in questo periodo - la vicinanza con la costa greca è ancora magsi affolla solo due mesi l’anno e diventa invivi- giore. Ho trovato in albergo gli opuscoli e i bollettini informativi delle associazioni culturali
bile - un po’ di rammarico lo provo.
grecaniche, e pure i pieghevoli
Il Salento in primavera fa rivicon le proposte del tipo “Da
vere, come altre regioni meriGallipoli a Corfù in idrovolandionali, le sue tradizioni, in
te” oppure “Dal Salento alla
particolare le processioni e i
Forse è questa
Grecia in caicco”. Troppo avriti della Settimana Santa. Apla spina segreta
venturoso! Nei saloni e in capare bizzarro, a pensarci. La
mera sfoglio vecchi romanzi,
pratica religiosa è sempre più
che tormenta
in edizione inglese e tebassa, lo dicono le statistiche
i turisti nel Salento alcuni
desca, a disposizione degli
che aumentano i matrimoni
e li spinge
ospiti. Ma allora sono finiti i
civili e diminuisce la presenza
tempi dei pugliesi alla Lino
degli italiani nelle parrocchie.
ad annegare
Banfi prima maniera!
Però, quando arriva Pasqua,
i dubbi
Il Salento più autentico forse
le famiglie secolarizzate e lainelle orecchiette
non è neanche quello sul mare,
che partono, percorrono cenma va cercato nei suoi intermitinaia di chilometri e vanno a
nabili e curatissimi uliveti, nelseguire, per ore, interminabili
le masserie che oggi sono tappe
di itinerari enogastronomici.
Edifici rurali e muretti a secco si
susseguono all’infinito, a ricordare quanto lavoro è stato ed è necessario per rendere produttiva
questa terra. Proprio il legame
con la terra e i suoi prodotti spiega, almeno in parte, il richiamo
che l’estrema punta della Puglia
esercita su tanti cercatori di autenticità, che hanno deciso di non
poterla più cogliere, ormai, nella
propria patria, irrimediabilmente postmoderna.
A Santa Maria di Leuca ci accompagna la pioggia, ormai è lunedì, le belle ville
dei primi del Novecento sembrano deserte. Ionio e Adriatico sembrano fronteggiarsi e scontrarsi con onde sempre più alte. Leuca vuol dire bianco, il bianco delle rocce è dappertutto,
pare incredibile che da secoli gli uomini abbiano trovato il modo di piegare tutta questa pietra alle proprie necessità, di renderla utile, di
farne mattoni e blocchi per le case e addirittura abbellirne le città. La chiesa che domina il
promontorio è dedicata a una Madonna de finibus terrae, una Madonna sentinella e custode dei confini. Un limite che oggi non fa impressione come ai tempi di Ulisse, tanto che il
nostro governo mandò la marina militare, anni fa, per fermare l’invasione di migliaia di disperati albanesi. Lontani discendenti di quei
guerrieri fuggiti davanti ai Turchi a metà del
quindicesimo secolo e insediatisi nella valle del
Crati, intorno a Cosenza e qui nel Salento.
Il tempo ci ha aiutati fino a ieri, ci ha regalato
un bel pomeriggio tiepido per passeggiare nel
centro di Lecce. Il traffico del sabato pomeriggio è all’altezza di ogni città meridionale che si
rispetti, ma, una volta lasciata l’auto e attraversato il cortile porticato della Prefettura, ci si ritrova miracolosamente nella zona pedonale,
tra le chiese barocche e gli altri monumenti. Le
botteghe migliori espongono oggetti in cartapesta, una libreria allinea insieme bottiglie di
vini locali e libri, a suggerire accoppiate cultural-enologiche ai visitatori a caccia di emozioni
etniche. Le colonne tortili delle chiese e le facciate decorate appaiono un prodigio, i colori
sono caldi nella luce del tramonto. Non si può
dire onestamente che il Salento non mantenga
ciò che promette: piazza Sant’Oronzo a Lecce è
un manuale di storia, c’è l’anfiteatro romano
accanto al Sedile dei nobili, gli edifici recenti
intorno alla colonna pagana da cui il santo patrono osserva i suoi concittadini. Forse anche
duemila anni fa i vitelloni locali bighellonavano intorno all’anfiteatro, tra un combattimento di gladiatori e l’altro. Oggi aspettano la festa
finale di “Amici” con la De Filippi e tutto il suo
circo. Sempre di spettacoli efferati si tratta; i
padri dei primi secoli dell’era cristiana hanno
fatto cessare i massacri nelle arene. Sulle arene
di oggi i vescovi si mostrano più compassati.
Nel tramonto leccese sembra di cogliere un filo di nervosismo tra i viaggiatori all’apparenza
appagati: a che vale questa immersione nella
storia, nel sacro e nei sapori e odori di una terra, se tutto è limitato alla durata del “pacchet-
to” proposto dall’agenzia? La
lunga durata di cui parlano
gli storici, il viaggio nel tempo
può condensarsi nelle modeste ferie di un effimero 2009?
Forse è questa la spina segreta che tormenta i turisti nel
Salento e li spinge ad annegare i dubbi nelle orecchiette,
tra fritture e grigliate, e suicidarsi infine nel buffet dei dolci? Mi viene da pensare anche ai portatori delle statue di
Gallipoli e ai loro camici. Cosa provano a tornare alla vita
di ogni giorno, dopo i fasti barocchi? La tragicità della Passione può essere
dimenticata così facilmente?
Un viaggio nel passato dovrebbe avere i tempi
giusti, cioè non prestabiliti. Salutare tutti e poi
andare, per un mese, un anno, per sempre.
Sperando di non finire in foto tessera a “Chi l’ha visto?”.
Sto lasciando invece la terra del rimorso, i famosi saggi di Ernesto De Martino sono nati tra
le contrade di Nardò e dintorni, osservando le
donne vestite di nero in preda alle convulsioni.
Per fortuna nessun operatore turistico ha avuto il coraggio di proporre visite guidate ai tarantolati di Puglia, in abito tradizionale come i
poveri aborigeni del Pacifico, costretti ad esibirsi davanti alle comitive per sbarcare il lunario.
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