La Redazione risponde «Beni abbandonati», perché le liquidazioni sono così lente A cura dell’Avv. Vipsania Andreicich A pagina 5 anno XIV - n° 6 Giugno 2008 periodico mensile dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Centro Studi padre Flaminio Rocchi Il 10 maggio si è tenuto a Mestre il Congresso nazionale straordinario ANVGD e di seguito il Consiglio nazionale Le nuove prospettive della politica italiana. La fine delle contrapposizioni ideologiche apre una nuova fase nel governo del Paese L’esito delle elezioni politiche del 13 aprile e delle amministrative di Roma del 27, con la vittoria inaspettata di Gianni Alemanno e la successiva ascensione di Gianfranco Fini alla Presidenza della Camera, può essere valutato come una svolta storica, come hanno fatto un po’ tutti: la fine di due o tre epoche a seconda delle prospettive. Un evento che viene giudicato simile al 18 aprile del 1948, che escludeva per decenni dal potere il PCI, consentendo l’adesione dell’Italia al blocco occidentale, alla NATO, alla Comunità Europea. Altri, più modestamente, vi vedono la fine della fase transitoria aperta da Tangentopoli nel 1993-’94, segnata dal crollo dei partiti del CLN, con la singolare eccezione di quel PCI che la caduta del Muro di Berlino avrebbe dovuto far scomparire fin da allora. E invece furono travolti dagli scandali «solamente» la DC, il PSI, il PSDI, il PRI e il PLI; sigle ormai sconosciute ai giovani di oggi; tutti facenti parte di quell’arco costituzionale che garantiva l’esclusione dal potere dei neo-fascisti. Ne seguì il fenomeno Berlusconi, che riempiva un vuoto politico-sociale per motivazioni storiche talmente consistenti (in natura ogni vuoto tende ad essere riempito da qualcosa di nuovo) che soltanto la cecità di una parte della sinistra estrema non riuscì a capire. E non capisce ancora oggi, mostrandosi frastornata, come se fosse caduta da una giostra immaginaria. Tanto immagimaria era ormai l’Italia che loro avevano nella testa. Fenomeno, il berlusconismo, demonizzato nell’immaginario collettivo da una stampa sorretta dai poteri forti, che dopo essersi sbarazzata dei partiti storici a consenso popolare, si credeva aperta la strada al controllo assoluto del Paese, imprigionando i DS nella coalizione con gli ex democristiani di sinistra. Oggi Berlusconi con il suo PDL, inventato sul predellino di Piazza San Babila, si è preso la rivincita, dimostrando di rappresentare più di metà del Paese. Ma nel frattempo anche i DS, con il congresso di scioglimento dell’aprile 2007 e la fondazione del PD, hanno trovato una collocazione nuova, dando vita con coraggio ed esperienza antica, ad un soggetto politico più duttile e aperto alle esigenze dell’Italia e dell’Europa di oggi. Le sconfitte del 13 aprile e del 17 a Roma non significano di per sé la vanità del cambiamento e tanto meno delle ragioni che lo hanno determinato. Non sarà una cammino facile, perché la sinistra italiana ha saltato la lunga esperienza social-democratica di altre sinistre europee. Ma questo potrebbe anche risultare un vantaggio, visto che il modello social-democratico è anch’esso al tramonto. Lucio Toth segue a pagina 2 Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 DCB - Roma Il Congresso nazionale straordinario si è regolarmente costituito, grazie alla presenza della maggioranza assoluta degli aventi diritto. Il Presidente nazionale Toth era assente per importanti motivi di salute che lo terranno lontano dall’attività per alcune settimane. Oltre ai consiglieri nazionali, erano presenti i rappresentanti dei Comitati provinciali di Venezia, Roma, Bolzano, Verona, Cremona, Udine, Trieste, Varese, Treviso, Padova, Pescara, Genova, Belluno, Bologna, Trento, Ferrara, Ancona, L’Aquila, Massa Carrara, Pesaro Urbino, Modena, Avellino, Pisa, Cuneo, Pordenone, Gorizia. Mestre (Venezia), 10 maggio 2008, Congresso straordinario dell’ANVGD. Una parte della sala e dei delegati segue a pagina 5 Le Comunità istriane nella Federazione Codarin: «L’unità delle forze si è ricreata» Come anticipato sul numero di maggio, l’Associazione delle Comunità Istriane è rientrata lo scorso aprile nella Federazione delle Associazioni degli Esuli, dalla quale era uscita nove anni addietro per dissensi con la linea seguita. «Nel 2003 – ha dichiarato il presidente delle Comunità, Lorenzo Rovis – sono diventato presidente portando avanti questa linea di unione, che considero la migliore perché divisi si è più deboli e uniti si ha più forza rappresentativa. Ma se uscire è facile rientrare è sempre difficile». Presidente Ruggero Rovatti, nove anni fa la Comunità si staccò dalla Federazione: «C’era più enfasi sui “rimasti” che sugli esuli – ricorda Rovis – e alcuni di noi pensavano si dovessero portare le istanze di questi al governo, e non viceversa. Ma io non ho mai condiviso la spaccatura – racconta Rovis –, gli assenti hanno sempre torto, ho ricercato l’unità». Soddisfazione è stata espressa anche dal presidente della Federazione, Renzo Codarin (nella foto in alto): «L’unità delle forze si è ricreata, adesso la Federazione rappresenta la maggioranza degli esuli, aumentano il nostro peso politico e l’autorevolezza, particolarmente importanti in questo momento, anche dopo le parole del Presidente Napolitano. Io e la mia associazione (l’ANVGD, n.d.r.) abbiamo fatto di tutto perché le Comunità rientrassero». COMUNICATO STAMPA Federazione chiama Governo Riprendere subito le fila del dialogo con il Governo e le istituzioni per i problemi ancora irrisolti dei profughi giuliano-dalmati. Questa la richiesta avanzata dalla Federazione delle Associazioni al nuovo Governo con la lettera indirizzata dal Presidente Renzo Codarin e dal Vicepresidente Lucio Toth al premier Berlusconi, al Sottosegretario Letta e ai Ministri Tremonti per l’Economia (indennizzi dei «beni abbandonati») Maroni per l’Interno (anagrafe), Bondi per i Beni e le Attività Culturali (Legge 193/2004 per le associazioni degli Esuli), Vito per i Rapporti con il Parlamento. Ai ministri La Russa (Difesa) e Meloni (Politiche Giovanili), che ben conoscono la realtà dell’associazionismo giuliano-dalmata, la Presidenza della Federazione ha rivolto l’invito a rendersi parte attiva nei contatti con gli interlocutori di Governo. Codarin e Toth hanno dunque chiesto il ripristino del «Tavolo di coordinamento» Governo-Federazione già istituito in precedenza, per affrontare in una visione globale e organica le questioni più pressanti riassunte negli «Otto punti» definiti lo scorso marzo. Una lettera è stata inviata anche al Segretario del Partito Democratico, Veltroni, prendendo atto con favore della costituzione del Governo-ombra che renderà più agevoli e trasparenti i rapporti con il maggior partito di opposizione. Roma, 15 maggio 2008 Il fascismo non “giustifica” le Foibe Il comunicato stampa dell’ANVGD Sul limitare del mare, in Istria Thoughts on April 25th, which in Italy celebrates the end of the Fascist regime. A comment by Paolo Barbi The “liberation” of Trieste In english language to page 14 Sobre la fecha del 25 de abril, en la que en Italia se celebra el fin del régimen fascista, un comentario de Paolo Barbi La «liberación» en Trieste En lengua española en la página 15 Nelle pagine di prestigiosi quotidiani nazionali quali “la Repubblica”, “La Stampa” e il “Corriere della Sera”, sono apparse tra marzo ed aprile interviste a Boris Pahor, esponente noto della minoranza slovena di Trieste, che in occasione della pubblicazione del suo romanzo ha espresso dal suo punto di vista diverse considerazioni sull’esodo e sulle Foibe, riproponendo la consueta equazione fascismo-Foibeesodo storicamente confutata da storici di vario orientamento e che, lo si voglia o meno, fornisce da sempre una “giustificazione” degli eccidi e del disegno annessionistico jugoslavo. Un’interpretazione che, oltre ad essere ingiusta come sappiamo, appare finalmente superata nel metodo perché ripropone le stesse visioni e strumentalizzazioni ideologiche che nel Novecento hanno causato deportazioni e soppressioni di massa, esilii e sradicamenti in tutta Europa. Purtroppo gli interventi di Pahor non sono stati accompagnati in nessun caso da un’opportuno commento che fornisse ai lettori una diversa chiave di lettura dei fatti. Nessuno storico, tra i molti che in questi anni si sono occupati con serietà scientifica di quegli argomenti, e che non abbiamo mancato di segnalare ai nostri Lettori su “Difesa Adriatica”, è stato sinora interpellato da quelle testate giornalistiche per offrire una riflessione aggiornata e affrancata da ipoteche ideologiche, quali invece si ritrovano nelle parole di Pahor. Nella veste di Presidente di questa Associazione Lucio Toth ha provveduto ad inviare ai direttori dei tre quotidiani una circostanziata lettera di protesta, con la quale li ha invitati, tra l’altro, a fornire sulle loro pagine diverse fonti di conoscenza e di comprensione. «Nulla, negli interventi di Pahor scrive tra l’altro Toth nella sua lettera-, appare della maturazione registrata su questi temi così dolorosi in sede politica, storiografica e di pubblica opisegue a pag. 6 nione. Sul tema l’intervento di Renzo Codarin, Presidente della Federazione delle Associazioni a pagina 6 2 DIFESA ADRIATICA Giugno 2008 fatti e commenti continua dalla prima pagina Le nuove prospettive della politica italiana. La fine delle contrapposizioni ideologiche apre una nuova fase nel governo del Paese Del resto anche per la nuova destra il cammino non sarà facile, con un Paese incrostato di privilegi e di corporazioni arroccate a difendere posizioni acquisite o a gettarsi sulla vittoria per avere mano libera nel nuovo sviluppo delle infrastrutture di cui l’Italia ha bisogno urgente. Il risultato più solido e significativo dell’attuale svolta è l’affermarsi di due partiti avversari, non più divisi da un odio ideologico, ma da programmi politici ed economici diversi e a volte nemmeno contrastanti. La contrapposizione fascismo-antifascismo diventa un giudizio storico inappellabile, non più una discriminante politica da usare strumentalmente. L’evoluzione del clima politico, il ruolo del Ricordo A questa evoluzione del clima politico e culturale ha contribuito non poco il riconoscimento delle nostre vicende delle Foibe e dell’Esodo giulianodalmato con l’istituzione del Giorno del Ricordo. È sintomatico che tale argomento sia entrato nelle dichiarazioni postelettorali di Silvio Berlusconi, che ha ricordato l’incontro Fini-Violante a Trieste del 1996 come inizio di una presa di coscienza comune delle diverse anime della Resistenza e quindi del significato unificante da attribuire alla Liberazione del 25 aprile 1945; che per noi rappresentò invece l’inizio di un nuovo incubo sotto un’occupazione straniera ancora più cupa e sanguinaria. Sulla stessa linea il discorso post-elezioni del Presidente della Repubblica e quello di insediamento del nuovo Presidente della Camera. Addirittura sorprendenti sono le parole di Alemanno: «I valori della Resistenza non si discutono, sono valori di libertà. Non c’è nessuna polemica ma grande rispetto e radicamento. Poi c’è la componente d’odio e di guerra civile sulla quale siamo chiamati a un’opera di verità [...] Ma qualsiasi opera di chiarimento storiografico e di ricucitura nazionale non mette in discussione i valori della Resistenza, fondativi della Costituzione» La verità è che gli Esuli istriani, fiumani e dalmati sono stati i primi ad avvertire, per la sensibiltà acquisita attraverso le sofferenze e le emarginazioni subite e per la coraggiosa elaborazione e rivendicazione del loro sacrificio, che la guerra civile del 1943-’45 era finita da un pezzo. Che di questa guerra la vicenda delle Foibe e della pulizia etnica delle loro terre natali era sì una tragica appendice, ma era al tempo stesso e ancor più il portato di uno scontro tra nazionalismi esasperati e totalitarismi ideologici, che aveva investito tutta l’Europa centro-orientale. Gli Esuli hanno aiutato tutti a capire che la loro tragedia non era una storia marginale di una terra di frontiera. Ma un passaggio obbligato e decisivo nel cammino dell’Europa verso la democrazia e il superamento delle contrapposizioni nazionali. Chi si ostina a non capirlo dovrebbe riflettere sulla significativa coincidenza: il fatto che le ultime elezioni politiche abbiano lasciato fuori dal Parlamento proprio chi non aveva voluto votare la legge sul Giorno del Ricordo. L’Italia non si è sentita rappresentata da chi non aveva preso le dovute distanze dagli slogan del tipo «Tito ce lo ha insegnato: le foibe non sono reato». Adesso occorrerà gestire con senso di responsabilità questa nuova situazione, confermando la nostra volontà di ricostruire una memoria comune della Nazione e di vedere riconosciuti con onestà quei diritti personali che sono l’essenza della Costituzione europea e non possono essere negati soltanto a noi, che dei totalitarismi del Novecento siamo stati vittime. Lucio Toth Sul bilinguismo a Fiume e in Istria non tira aria... Dare più concretezza al concetto di autoctonia a Fiume e nella regione, questa la proposta di Furio Radin, deputato della Comunità italiana al Parlamento di Zagabria. Il progetto dell’Unione Italiana era stata anticipata alle Amministrazioni cittadine e regionali nel corso della recente visita a Fiume dell’ambasciatore italiano Alessandro Pignatti Morano di Custoza. Ma qual è l’opinione della «maggioranza» croata al riguardo? Il quotidiano “La Voce del Popolo” ha registrato, non senza una qualche difficoltà, sull’edizione del 19 aprile scorso le opinioni di alcuni esponenti della maggioranza, ad iniziare dal sindaco del capoluogo quarnerino, Vojko Obersnel, secondo il quale «nello Statuto della Città, alla minoranza italiana è riconosciuto lo status di etnia autoctona. Ne conviene, che a Fiume, la presenza di cittadini di origine italiana si registra sin da epoche lontane, insomma li possiamo considerare ‘indigeni’. Non ho nulla in contrario ad aprire la questione connessa al bilinguismo». Obersnel, tuttavia, parlando dell’uso della lingua italiana negli atti pubblici, ha aggiunto che è indispensabile non addossare ai contribuenti spese inutili. Ancora più tergiversanti le dichiarazioni di Irvin Lukezic, «storico», che si chiede se «il bilinguismo sia effettivamente una priorità della Fiume odierna»; e da qui si lancia in una personale interpretazione dei fatti storici: «bisogna considerare che la lingua è uno strumento che supera i confini della mera comunicazione quotidiana, assumendo connotazioni politiche. Proprio per tale Elezioni 2008, i risultati in Friuli Venezia Giulia I risultati delle elezioni politiche e amministrative 2008 hanno sancito il passaggio del testimone nella Regione dal centrosinistra della Giunta Illy al centrodestra di Renzo Tondo, che ha guidato una coalizione composta da PDL, Lega, Pensionati e UDC. Ecco di seguito i neo-eletti del Friuli Venezia Giulia alla Camera e al Senato per la XVI legislatura.Tre appartengono alla Lega Nord: Mario Pittoni al Senato e Massimiliano Fedriga e Fulvio Follegot alla Camera; per il PDL eletto Isidoro Gottardo, mentre il centrosinistra schiera l’unica donna proveniente dal Friuli Venezia Giulia, l’ex consigliereTamara Blazina del PD; sullo stesso fronte anche Carlo Monai, dell’Italia dei Valori. Tra i nuovi ingressi, quello del leghista Fedriga, triestino, 27 anni, uno dei parlamentari più giovani. Pressoché tutti i neo-parlamentari sono ex consiglieri regionali. Gottardo è attualmente coordinatore regionale di Forza Italia, mentre Follegot è stato sindaco e commissario della Lega nord del Friuli Venezia Giulia. Monai, invece, ha ricoperto la carica di vicepresidente del Consiglio regionale per cinque anni. Tutti riconfermati invece gli altri parlamentari eletti in Friuli Venezia Giulia: al Senato, Giulio Camber, Giovanni Collino e Ferruccio Saro (PDL), Carlo Pegorer e Flavio Pertoldi (PD); alla Camera, Roberto Menia, Roberto Antonione e Manlio Contento (PDL), Alessandro Maran, Ivano Strizzolo, Ettore Rosato (PD) e Angelo Compagnon (UDC). Il Consiglio Regionale, dunque, si presenta profondamente modificato, e con poche donne, nonostante la nuova legge elettorale obblighi i partiti a presentare il 50% di “candidature rosa” nelle liste. d.a. Le elezioni dell’aprile 2008 hanno sancito il successo della coalizione di centrodestra, con la presidenza della Regione Friuli Venezia Giulia a Renzo Tondo, che ha sconfitto l’uscente Riccardo Illy A Milano l’Esecutivo nazionale ANVGD L’Esecutivo nazionale ANVGD si è riunito a Milano il 21 aprile scorso. Nel corso dell’incontro sono state ratificate le costituzioni dei nuovi Comitati provinciali di Pescara e di Palermo. Inoltre è stata analizzata la recente tornata elettorale, nella prospettiva di riproporre con forza al nuovo Governo i temi degli esuli ancora sul tappeto. Sono state così analizzate le linee guida da proporre alla Federazione, rafforzata con il rientro dell’Associazione delle Comunità Istriane, per condurre con strategia e buon senso il cammino verso un nuovo approccio al «Tavolo di coordinamento». All’Esecutivo erano presenti il presidente Toth, i vicepresidenti Codarin e Brazzoduro, i consiglieri Mohoratz, Ziberna, Predolin, Briani e Cuk, il delegato all’Amministrazione Segnan, il segretario nazionale Rocchi. Sulla data del 25 aprile, che in Italia celebra la fine del regime fascista, un commento di Paolo Barbi La «liberazione» a Trieste Il 25 aprile anche quest’anno è stato occasione per polemiche e speculazioni sulla tragica vicenda diTrieste e della Venezia Giulia. Certuni, a sinistra, si sono indignati per la freddezza dei giuliano-dalmati nel giorno del ricordo della liberazione dal nazi-fascismo. Altri, a destra, si sono affrettati a contrapporvi il Giorno del Ricordo delle foibe e dell’esodo, quasi a giustificazione della loro freddezza (o addirittura l’ostentata assenza) nella celebrazione della liberazione. Posizioni storicamente, moralmente e politicamente errate e deplorevoli ambedue. Ma non c’è dubbio che la polemica insensata dei primi fornisce materia e pretesto per la speculazione ignobile dei secondi. Perché indignarsi (e tacciare di fascismo) per l’atteggiamento di una città che negli ultimi giorni dell’aprile 1945 vide, sì, la liberazione dal regime fascista e dall’occupazione tedesca – per opera del CLN [Comitato Nazionale di Liberazione, ndr] insediatosi nel Palazzo del Governo – ma immediatamente dopo, il 1° maggio, subì l’occupazione militare slava e l’imposizione di un regime – quello comunista di Tito – ancor più totalitario e liberticida? E come non ricordare che il nuovo tiranno cominciò subito coll’arrestare, infoibare o costringere all’esilio i dirigenti e i militanti del «CLN di Trieste e dell’Istria»? (E fu così che in quello stesso maggio io divenni napoletano e subito cominciai a spiegare tutto ciò nelle pagine del “Domani d’Italia”, il quotidiano della Democrazia Cristiana). Si deve capire che di liberazione dalla dittatura e di motivo Fiume nel corso del XIX e del XX secolo, invece di essere il palcoscenico di una collaborazione culturale paritetica, si è trasformata in luogo di scontro tra nazionalismi italo-croati. Probabilmente è per questo motivo che l’uso della lingua croata, ovvero di quella italiana è interpretato in modo assai emotivo. Ciò che desidero dire è che il problema della lingua, se non è affrontato con molta cautela, può suscitare nuovi malintesi, riaprendo delle vecchie ferite», ha chiosato. E ancora più esplicito Goran Moravek, giornalista, direttore della casa editrice Adamic: «Se a Fiume entrasse in vigore il bilinguismo, gli abitanti di Susak e di Zamet potrebbero intendere la manovra, come una sorta di provocazione». «La Fiume odierna e quella di sessant’anni fa non sono la medesima città – ha soggiunto –. La Fiume di oggi è sorta dopo il 1945. Anche una decina d’anni fa si parlò di introdurre il instaurazione della democrazia a Trieste si poté cominciar a parlare solo 40 giorni dopo quando, il 10 giugno, le truppe titine dovettero lasciare la città; e si poté considerarla compiuta solo nove anni dopo, quando nel novembre del ’54, cessò l’Amministrazione militare anglo-americana. E in Istria, a Fiume e in Dalmazia i pochi italiani rimasti e i nuovi immigrati slavi i primi spiragli di libertà e di democrazia li cominciarono a vedere solo dopo il crollo del comunismo e la dissoluzione della Jugoslavia. Non riconoscere tutto ciò e non capire la condizione, umana e psicologica ancor prima che politica, dei giulianodalmati in quel tremendo dopoguerra, porta a critiche faziose e inaccettabili. Ma fornisce anche a chi è, in buona parte, l’erede del nazional-fascismo l’opportunità e gli argomenti per speculare inverecondamente sul dramma dei triestini e degli istriani, addirittura contrapponendo il loro “ricordo” di vittime della guerra fascista al ricordo della liberazione di tutti gli italiani – e in primo luogo di quelle “vittime” – dalla tirannide di chi quella guerra aveva voluto. Invece i due “ricordi” non sono alternativi e non devono esser contrapposti perché, anzi, sono ambedue l’espressione della consapevolezza del male radicale dei regimi totalitari. Consapevolezza che è frutto di una drammatica esperienza da trasmettere alle nuove generazioni. bilinguismo, però i promotori dell’iniziativa si videro costretti a fare i conti con pesanti considerazioni politiche», e non ne dubitavamo. Fa lo stupito l’«accademico» Petar Strcic, fautore della piena croaticità della Fiume storica: «sono sorpreso di apprendere che a Fiume il bilinguismo croato-italiano sia vietato. Vorrei chiedere al deputato Furio Radin se a Fiume è vietato l’uso della lingua italiana, perché ritengo che una cosa del genere sia inammissibile. Mi chiedo, però, a che Fiume si riferisce, Radin, quando invoca il bilinguismo? Non dobbiamo scordarci che l’odierna Fiume è sorta all’inizio del 1948». Come a dire, evidentemente: ma quale italiano... Rovigno, Consiglio della CI: le proposte per applicare il bilinguismo E all’applicazione del bilinguismo nel rovignese è stata dedicata una sessione del Consiglio della Comunità degli Italiani. Le norme che lo disciplina- Paolo Barbi Presidente Nazionale onorario ANVGD no, è emerso, raramente vengono rispettate dagli organi statali e dalle aziende private, benché le due lingue, croata ed italiana, siano paritetiche. L’applicazione dei dirittti non risulta soddisfacente da parte dell’amministrazione e degli organi statali, mentre è migliore, benché non sistematica, da parte delle istituzioni del governo locale e regionale. Tra le proposte, quella di stampare opuscoli informativi sullo Statuto cittadino e sul bilinguismo, per quanti si siano insediati di recente a Rovigno; e, ai gerenti e proprietari di esercizi commerciali, la fornitura di opuscoli con la traduzione delle informazioni più utili; e, ancora, la promozione di corsi di lingua italiana finanziati dalla Municipalità e rivolti a quanti per lavoro sono a contatto con la cittadinanza. Molte apprezzabili intenzioni, queste, che dovranno misurarsi con la reale sensibilità degli interlocutori della maggioranza. Red. Giugno 2008 3 DIFESA ADRIATICA cultura e libri Italiani prima e dopo Tito nel saggio di Sergio Tazzer Giornalista professionista, già direttore della Sede Rai – Radiotelevisione italiana del Veneto, curatore della storica trasmissione radiofonica “Est Ovest” per Radio Uno RAI, Sergio Tazzer è tra i migliori conoscitori della storia giuliano-dalmata del Novecento, alla quale il suo programma ha dedicato e dedica costante attenzione. Con lo stile proprio del buon giornalismo divulgativo che guarda tuttavia alle fonti, Tazzer scrive questo ottimo saggio dal sottotitolo La difesa dell’identità italiana in Istria, Fiume e Dalmazia, nel quale, a partire dagli eventi traumatici dell’occupazione jugoslava e quindi dell’esodo della popolazione italiana, ricostruisce il complesso e spesso penoso lungo dopoguerra della comunità italiana «rimasta» quale minoranza nei territori ceduti, irregimentata dal regime nazionalcomunista di Tito, oggetto perenne di ricatti ideologici e di asfissianti coercizioni e di snazionalizzazione. Il saggio prende avvìo dagli eccidi delle Foibe, dai bombardamenti alleati su Zara, dall’esilio, per approdare agli anni del secondo dopoguerra, dal «controesodo» dei cosiddetti monfalconesi il cui sogno di società socialista finì, insieme con la vita, nel lager titino di Goli Otok, alla delicata ricostruzione di un tessuto associativo che, pur nelle maglie ferree del regime di Belgrado, consentisse alla comunità italiana di riconoscersi in quanto tale, benché a mala pena tollerata. In capitoli ben scanditi Tazzer restituisce al lettore il clima degli anni Sessanta e Settanta sino alla provvidenziale caduta del muro di Berlino nel 1989 e alla disssoluzione dell’ex Jugoslavia dalla quale ebbero principio, Una colonna di soldati jugoslavi nel secondo dopoguerra con il resuscitato odio interetnico tra i popoli balcanici, le guerre degli anni Novanta. In tutta questa ulteriore trasformazione profonda dell’assetto politico dei nuovi Stati di Croazia e Slovenia, nei quali le intolleranze nazionalistiche sono ancora oggi tutt’altro che rimosse, la comunità italiana si trova a dover sfidare il futuro in uno scenario di integrazione europea che sola può garantire la sua conservazione. Il volume di Tazzer si ferma comunque al 1991, anno della proclamazione d’indipendenza di Slovenia e di Croazia (una cronologia essenziale, in appendice, giunge invece al 1998) e del censimento che segnala un’insperata ripresa della percentuale di popolazione istriana dichiaratasi italiana. Dal capitolo Italiani al margine riproduciamo un significativo estratto. p.c.h. Sergio Tazzer, Tito e i rimasti, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2008, pp. 230, Euro 20,00 __________________________ Quasi da subito il nazionalismo jugoslavo mostra la sua faccia peggiore con tutta una serie di angherie e di vessazioni, sia spontanee che, soprattutto, organizzate, a danno di tutto ciò che appare italiano: dalle istituzioni alla toponomastica, dal bilinguismo visivo a quello parlato. Racconta il britannico Fitzroy Maclean, uno dei fondatori delle SAS, paracadutato nel 1943 sull’isola di Curzola, con l’incarico di fungere da ufficiale di collegamento con i reparti di Tito, di essere stato portato alloro quartier generale, situato in «un vecchio palazzo veneziano». Maclean osserva subito che «sopra il vano d’ingresso il leone di San Marco era stato decapitato, opera di un partigiano troppo zelante, che aveva voluto festeggiare la fine del dominio di Mussolini distruggendo il simbolo di una più antica dominazione italiana». «Tanti, troppi furono i cambiamenti sia sostanziali che formali che le autorità croate e slovene adottarono per far sì che l’impronta italiana ancora visibile in Istria, a Fiume e in Dalmazia fosse cancellata. I nomi delle città, dei borghi, delle vie, dei negozi e financo delle persone vennero slavizzati. La maggioranza dei cognomi che terminavano con il suffisso ch, ritenuto sinonimo di italianità, vennero trascritti sui documenti e nei registri con il suffisso c, senza il consenso degli interessati» [Tazzer cita lo storico Guido Rumici, ndr]. Come a Pola, dove al signor Felice Giugno viene rilasciata la nuova carta d’identità nella quale si ritrovava Srecko Lipanj, la traduzione in croato di nome e cognome. E ad Albona via Giuseppe Verdi, dalla sera alla mattina, diventa Ulica Jospi Zeleni, anche qui traduzione dall’italiano in croato. Oltre alla cattiveria, ci si mettono Genova per Enrico Morovich Genova ha ricordato lo scrittore fiumano Enrico Morovich dedicandogli una terrazza posta in posizione panoramica al di sopra della stazione “Principe”, a lato della lunga scalinata che egli, riservato e pensieroso, percorreva ogni volta che scendeva in città. Esule da Fiume (era nato nel sobborgo di Pecine nel 1906), dopo soggiorni piu o meno lunghi in diversi altri centri dell’Italia (Lugo di Romagna, Pisa, Camaiore, Viareggio) nel 1958 si era stabilito nella sovrastante Via Almeria, la strada che, con una serie di strette ed erte volute, conduce ai quartieri in collina, dove in quegli stessi anni avevano trovato casa diversi profughi giuliano-dalmati. Qui ha abitato fino al 1992, quando, afflitto da problemi di salute, su insistenza dei parenti si era trasferito a Chiavari, dove, nel 1994, è mancato. Morovich era nato a Fiume nel 1906, ma, battezzato un anno dopo, si considerò, non senza ironia, del 1907. Per questa ragione l’assessorato alla Cultura della Provincia di Genova ha voluto ricordarlo lo scorso anno nel “suo” centenario con due giornate di studio e la proiezione di un Dvd realizzato dalla Provincia di Genova che contiene l’unica intervista delllo scrittore. «Un autore – ha ricordato l’assessore alla Cultura Giorgio Devoto – capace di lampi di grande qualità, anche se ha scritto dei romanzi ha certamente dato il meglio di sé sulla “pagina” più che sul testo di maggiore dimensione». La sezione del conve- gno più attinente a Fiume – dal titolo «Fiume e dopo. Morovich e gli altri» si è tenuto a Busalla e a Chiavari, luoghi dove egli visse a lungo, con interventi di Silvio Ferrari, Mario Simonovich, Stefano Verdino. Oltre ad un’infinità di racconti pubblicati su prestigiose riviste culturali (a partire dalla fiorentina “Solaria”) e sui più importanti quotidiani italiani, di Morovich si ricordano opere come il romanzo Piccoli amanti finalista al Premio Strega 1991 e il volume di ricordi Un italiano di Fiume del 1993. La sua bibliografia è così vasta che indusse Leonardo Sciascia a denunciare, sulle pagine di “Tuttolibri”, supplemento letterario del quotidiano “La Stampa”, un «caso Morovich» per stigmatizzare l’ombra nella quale per decenni era vissuto fino a quando una più attenta critica gli aprì le porte dei grandi editori italiani, Einaudi, Rusconi, Sellerio. p. c. h. Fiume quale fu vissuta ed attraversata da Enrico Morovich Pola, l’antica Porta Ercole, dietro la quale è la sede della Comunità degli Italiani pure l’ignoranza e il disprezzo. Quel che di italiano si può chiudere, cancellare, coprire, annullare, cassare, abrogare, eliminare viene fatto. Addirittura si tenta di spegnere, peraltro intonata al coro, “La Voce del Popolo”, il giornale stampato a Fiume, uscito per iniziativa del Comitato cittadini popolare di liberazione. [...] A Pola invece viene liquidato senza problemi “Il Nostro Giornale”. Con la scusa che ormai di italiani ne sono rimasti pochi, vengono chiusi decine di circoli culturali. Da Zara a Lussino, da Cherso a Pisino, da Umago ad Abbazia, da Montona a Fasana, da Fianona a Laurana al centro minerario di Arsia. Dove i circoli non vengono chiusi, ne vengono liquidati e sostituiti i vertici. [...] C’è poco da scherzare: già l’essere italiano non depone bene. [...] Sergio Tazzer A Milano una mostra ed un documentario su Alida Valli Si è inaugurata a Milano, alla «7.24 x 0.26 Gallery» in via San Pietro all’Orto 26, la mostra fotografica dedicata all’attrice polesana Alida Valli. Si tratta di ventidue immagini di provenienza cinematografica. È un omaggio all’attrice istriana, nata a Pola nel 1921. Le fotografie sono state scelte dall’archivio di Grazia Neri che collabora fin dall’inizio con questo progetto che vuole coniugare bellezza e stile, ricordo nostalgico e richiamo per una nuova idea di femminilità. Le immagini scelte personalmente da Moroni negli archivi di Grazia Neri sono quelle perfette del set cinematografico, dove tutto lo Un intenso primo piano sforzo per raggiungere la perfeziodell’attrice nativa di Pola ne è catturato dall’obiettivo fotografico, nell’attimo assoluto. Durante l’inaugurazione è stato presentato in anteprima assoluta il documentario «Come diventai Alida Valli» che il nipote di Alida Valli, Pier Paolo De Mejo ha realizzato insieme ad Antonio Tarallo basandosi sull’autobiografia inedita dell’attrice istriana. L’unica biografia esistente non era mai stata autorizzata dall’attrice, e infatti si chiama «Il romanzo di Alida Valli». Il documentario è stato presentato ufficialmente anche a Roma il 31 maggio, anniversario della sua nascita. «Come diventai Alida Valli» ripercorre la vita dell’attrice dalla nascita fino all’esordio sul grande schermo con il film «Il feroce saladino» del 1937. I vaghi ricordi dell’infanzia nella città natale, Pola, l’adolescenza vissuta a Como, il rapporto con i genitori, i sogni ambiziosi di una giovane aspirante attrice e infine il tanto sognato arrivo nella città del cinema. Alida Valli e Gregory Peck, Nella seconda parte del dointerpreti del film Il caso Paradine cumentario si affrontano le (1947, regia di Alfred Hitchcock) problematiche del mestiere dell’attore, attraverso una vera e propria inchiesta che vede coinvolti anche i giovani attori che attualmente frequentano il Centro Sperimentale di Cinematografia. La mostra resterà aperta sino all’8 settembre p.v. (fonte www.arcipelagoadriatico.it) 4 DIFESA ADRIATICA Giugno 2008 Quel luglio 1943 a Zara, in Calle San Zorzi È stato presentato a Torino, nell’ambito della Fiera del Libro edizione 2008, il romanzo di Lucio Toth La casa di Calle San Zorzi, edito da Sovera. Offriamo ai nostri Lettori un saggio dal capitolo Luglio 1943. Il giornale-radio della sera prima aveva già dato notizia del voto del Gran Consiglio, della caduta di Mussolini; del suo arresto a Villa Savoia. Quel mattino di luglio era come qualsiasi altro giorno in quella città di frontiera. A quell’ora il mare già luccicava da levante con una striscia obliqua di traverso ai bastioni di San Demetrio. Il SignorVeltz usciva per comprare il giornale, come ogni mattina, e fare le spese più importanti. A due passi lo seguiva la Darinka con due borse di incerata a triangoli colorati e un canestrino. Il sole filtrava dal fogliame degli alberi del viale. Non c’era un alito di vento e tutto era immobile, di una immobilità innaturale. Qualche ragazzino tutto nero di sole, con il solo costume da bagno addosso, attraversava di corsa il viale con la togna in mano per andare a pescare sulla riva. Altri due portavano un sandalino con le braccia protese sulla testa. Uscivano a piccoli passi veloci dall’ombra fresca delle callette per entrare nel sole del viale e sparire di nuovo lungo il marciapiede ombreggiato dell’Hotel Bristol, diretti a qualche scaletta della riva. Un tonfo della chiglia leggera sulle onde limpide e via a colpi di remi in mezzo alle jole e alle vele che già scivolavano sul Canale. Un mattino come tutti gli altri. «Per noi è finita, Livio, lo sai?» disse al nipote che lo accompagnava con la merenda delle undici avvolta nel costume da bagno. Doveva farsi comprare l’“Intrepido” all’edicola e sembrava la sola cosa che gli importasse. Il cameriere del Bristol, caricando due valigie su una Balilla nera, salutò il Signor Veltz con un affettuoso «Bon giorno, Sior Veltz». Come se nascondesse nell’abitualità del saluto, formale e amichevole, un’ansia contenuta, una paura che non si poteva dire. Qualche conoscente, incontrandoli lungo il viale, scambiò un cenno di saluto, indifferente e sfuggente, come per evitare un colloquio sgradito. Poi il brusìo della Piazza delle Erbe li riportò fuori da quella atmosfera irreale. Tutto era come ieri e l’altro ieri. Le bancarelle dei negozianti cittadini allineate con le loro tende nella prima parte della piazza. I tendoni dei negozi distesi. Le ceste delle “scoiane” e i tappetini da mercato dei morlacchi distesi sul lastricato davanti alla facciata dell’Arcivescovado, tra la colonna romana e un cantoncino del Foro davanti a San Donato: due muretti di “opus reticolatum”, un fazzoletto di mosaico bianco e nero. Meloni e angurie, prugne dure bislunghe e blu, melanzane gigantesche e lucenti erano ammucchiate in piramidi che le mani irrispettose delle compratrici scompaginavano continuamente. E la contadina le riassettava con pazienza. Si scambiavano complimenti e insulti alla merce, nelle due lingue del mercato. «Cosa mi dai oggi, vecchia imbrogliona?» «Eh Siora, no piove da settimane». Per antico rispetto, o forse per un’istintiva “captatio benevolentiae”, ciascuno parlava nella lingua dell’altro. La rozzezza della celia e la falsa ingenuità della risposta nascondevano distinzioni ataviche di ceto, di lingua, di nazione. Odio non era. Forse rivalsa. Solidarietà e ostilità incrociate legavano il marinaio italiano e il pescatore croato, il patrizio veneto e il montanaro morlacco. Castel Venier in Dalmazia, uno dei tanti luoghi “toccati” dal romanzo Tutto era come sempre. Che il re avesse tradito il suo ministro non importava niente a nessuno. Anche se tutti sapevano che tutto avrebbe potuto cambiare, che tutto sarebbe cambiato. Come? In che misura? Con quali conseguenze, per gli uni e per gli altri? Il piroscafo salpava alle dieci di sera. Era già lì, ormeggiato alla riva, fuori Porta Marina, davanti ai tavolini del Caffè del Porto. Il Signor Veltz sfogliò i giornali, quello che aveva preso all’edicola della piazzetta, con il fumetto per il ragazzo, e quelli portati dal cameriere con il lungo grembiule bianco, infilati nelle stecche. Non dicevano gran che di più dei giornali-radio. Mussolini non era più il “Duce”, come nella grande triplice scritta sui bastioni delle caserme, nera sulla calce bianca. Era “il Cavaliere Mussolini”. Quali marce avrebbe suonato la sera, in Piazza dei Signori, la banda militare? Certo la Marcia Reale, quella della Marina, dei Carabinieri. Non certo “Giovinezza”. Forse “Vincere,Vincere,Vincere. In cielo, in terra e in mar”. Bisognava sfuggire ai sommergibili inglesi. Per questo il piroscafo per Fiume passava dentro il Canale della Morlacca. Era quello che Dario doveva prendere la sera per tornare alla base di La Spezia. Guardiamarlna Darlo Veltz, classe 1919, studente di matematica al Politecnico di Torino. La licenza era finita ed entro la sera dopo doveva reimbarcarsi sul suo caccia. Mentre ripiegava sul letto la biancheria, stirata dalla Darinka sul marmo della cucina, la mamma lo guardava radersi nel piccolo specchio del comò, sciacquando il rasoio nella bacinella di porcellana. In fondo era una partenza come le altre, quando andava ai Littoriali di scherma o partiva per Torino alla metà di ottobre, abbronzato dai bagni come una statua antica. [...] E poi... c’era il destino. ArrigoVeltz era a modo suo un fatalista.Positivista come tutti quelli della sua generazione, che avevano letto Zola e Renan, ma fatalista, nel senso che non bisognava...era meglio non sfidare il destino. In che senso poi diciamo la verità - Zara era più sicura di La Spezia o del suo cacciatorpediniere? Avrebbe potuto proteggerlo lui dalle insidie del destino, o la madre, con i suoi grandi occhi color tortora, o cacao, come diceva la Darinka? O lozio, Federale del Fascio? Proprio adesso che il Fascio non c’era più! Che facesse quello che voleva. Lui non gli avrebbe parlato. Che la vita scorresse come doveva scorrere, come la piccola scia della lancia del vecchio Zane che traghettava la gente al molo della Porporella. La seguiva nell’acqua intorbidita dalla nafta, fra i ghirigori azzurrastri e viola che galleggiavano come un arabesco fra gomene e catene di ancore. Dario restò fuori tutto il giorno. Con gli amici sulla barca di Elio, a pescare con il parangale. Voleva godersela tutta la licenza. E non sentirsi addosso quell’aria di malumore, di incertezza, di malinconia che girava per casa. I vecchi - anche se i suoi ancora non lo erano - tendono ad arrestare i ritmi della vita, appannati dalle loro insicurezze. Credono di aver capito come vanno le cose, ma non ne sono affatto sicuri. Almeno i migliori. E i suoi erano certo fra questi. Non così stupidi da credere che la vita insegni a vivere. Non così egoisti e decaduti da imporre agli altri i propri sogni andati in fumo e le paure represse. Prima di raggiungere Barcagno si era fermato in Calle San Zorzi in casa delle zie Versani. Lì era nato suo padre, a due passi dalla Chiesa dei Greci. E anche suo cugino, Tullio, il figlio del giudice, emigrato in Brasile dopo la grande guerra. Non che c’entrassero niente loro con i greci. Del resto la chiesetta di Sant’Elia, sede del vescovado ortodosso di Zara, più che per quei quattro greci italiani della città, serviva agli ortodossi serbi del contado e delle aree dalmate interne, ai piedi delle Dinariche. Non che ci venissero alle funzioni. La chiesa, per quanto antica, nel suo stile veneto-greco, con il corto campanile sul campiello silenzioso, era troppo piccola per i morlacchi e anche troppo lontana dai loro paesi. Per questo era frequentata solo dai greci italiani della città e dai pochi ortodossi italiani, serbi inurbati o dalmati delle Bocche di Cattaro, rifugiatisi a Zara negli anni Venti. Era una presenza discreta, senza ostentazioni. Quando i pope uscivano per le processioni nelle calli del sestiere le Versani mettevano gli addobbi cremisi al davanzale, come se fosse il Corpus Domini o il Venerdì Santo. [...] Lucio Toth PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI (D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196) La seguente informativa le viene resa ai sensi e per gli effetti del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n. 196 in materia di protezione dei dati personali e concerne i dati forniti all’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, in relazione agli abbonamenti alla rivista “Difesa Adriatica”. Categorie di dati personali oggetto di trattamento, scopi e modalità del trattamento stesso. Le finalità del trattamento dei Dati Personali sono le seguenti: a) permettere la corretta esecuzione delle obbligazioni contrattuali da noi assunte nei confronti degli abbonati e viceversa, nonché degli adempimenti contabili e fiscali seguenti, b) permettere l’adempimento agli obblighi previsti da leggi, regolamenti e normative comunitarie, ovvero a disposizioni impartite da autorità a ciò legittimate della legge e da organi di vigilanza e controllo, c) permettere di svolgere attività di informazione circa nostri ulteriori prodotti e/o servizi, nonché attività promozionali, commerciali e di marketing; attività di rilevazione del grado di soddisfazione degli abbonati. Il trattamento avverrà mediante supporti sia telematici che cartacei, entrambi eventualmente organizzati anche come banche dati o archivi, e comporterà, ove necessario, l’uso di comunicazioni postali, telefoniche e telematiche. I Dati Personali verranno gestiti dal personale addetto che, nominato responsabile e/o incaricato del trattamento secondo la vigente organizzazione aziendale, è preposto al loro trattamento al fine del raggiungimento degli scopi precedentemente indicati. I Dati personali verranno posti a conoscenza dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Via Leopoldo Serra 32, Roma - di Caterini Editore Società a.s. – Via Ambrogio Traversari n. 72, Roma - nonché di Spedis S.r.l. – Via dell’Omo n. 128 Roma, nominate responsabili del trattamento, che sono preposte al loro trattamento in outsourcing nel rispetto delle finalità come sopra elencate. Eccetto alle sopraccitate persone, fisiche o giuridiche, enti o istituzioni, non è in alcun modo prevista la comunicazione dei Dati Personali a terzi, ovvero la loro diffusione. Natura obbligatoria dei conferimenti dei Dati Personali e conseguenze in caso di mancata risposta Il conferimento dei Dati Personali ed il relativo trattamento per le finalità indicate sub a) e sub b) nel precedente paragrafo sono strettamente funzionali alla ricezione della Rivista “Difesa Adriatica” e pertanto costituiscono condizione necessaria per poter dar seguito alla spedizione della rivista indicata. Il conferimento dei Dati Personali ed il relativo trattamento per le finalità indicate sub c) nel precedente paragrafo sono invece facoltativi. Conseguentemente, la mancata prestazione del consenso al trattamento comporterà l’impossibilità per l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, di svolgere le attività ivi indicate, e pertanto, di fornire i beni e/o servizi ivi indicati. 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Titolare del trattamento e disponibilità della lista dei responsabili del trattamento Il titolare del trattamento dei Dati Personali è ll’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia con sede in Roma, Via Leopoldo Serra, 32, nella persona del Direttore Responsabile, D.ssa Patrizia C. Hansen. Qualsiasi comunicazione o atto ufficiale potrà essere inviato presso la sede dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, nella persona del Direttore Responsabile, D.ssa Patrizia C. Hansen, nominato responsabile del trattamento anche per consentire agli interessati l’esercizio dei diritti di cui all’articolo 7 del codice. Una lista completa dei responsabili del trattamento dei Dati Personali è disponibile presso la sede dellAssociazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Via Leopoldo Serra, 32 Roma. Il modello di consenso sarà spedito a tutti gli abbonati per posta ordinaria o come supplemento a “Difesa Adriatica”. Giugno 2008 5 DIFESA ADRIATICA La Redazione risponde «Beni abbandonati», perché le liquidazioni sono così lente A cura dell’Avv. Vipsania Andreicich A seguito dell’emanazione della Legge 137/ 2001, ho provveduto ad inviare al Ministero dell’economia la domanda per ottenere l’ulteriore indennizzo relativo ai beni abbandonati nell’ex Jugoslavia. Avendo io perduto un’azienda agricola, insieme a tale domanda ho anche fatto richiesta di indennizzo per l’avviamento commerciale. Sono ormai trascorsi più di sette anni dalla data in cui ho inviato la domanda di indennizzo dei miei beni, il cui valore è inferiore a Lire 100.000, ma ancora non ottenuto il pagamento. Qual è il motivo di tale ritardo? Lettera firmata La legge 137 del 2001, a differenza delle precedenti leggi che disciplinavano gli indennizzi per la perdita di beni all’estero (cfr. Legge 135 del 1985 e Legge 98 del 1994), non ha previsto la necessità che le autorizzazioni dei pagamenti venissero deliberate da una Commissione Interministeriale. Ciò fu deciso al fine di snellire la procedura di pagamento degli indennizzi. Purtroppo però l’autorizzazione ai pagamenti degli indennizzi da parte della Commissione Interministeriale è comunque rimasta per la liquidazione delle leggi precedenti, il cui pagamento è propedeutico alla liquidazione dell’indennizzo riconosciuto dalla legge 137 del 2001. Fino al mese di dicembre 2006, i ritardi motivati dalla necessità di liquidazione propedeutica degli indennizzi previsti dalla Legge 135 del 1985 e dalla Legge 98 del 1994 (legge che ha previsto il pagamento dei beni immateriali, ovvero dell’avviamento commerciale) potevano essere di pochi mesi, in quanto la Commissione Interministeriale si riuniva varie volte durante l’arco del mese e riusciva ad evadere in tempi brevi tutte le pratiche che necessitavano di una autorizzazione da parte della stessa. Con il mese di dicembre 2006, la Commissione Interministeriale creata esclusivamente per discutere le questioni attinenti agli indennizzi riservati a coloro che avevano perdu- Qualche precisazione tecnica sugli indennizzi Sul numero dell’11 aprile de «Il Piccolo» è apparso un intervento di Silvio Stefani relativo alle varie leggi e fondi che riguardano gli esuli e i rimasti. Mi premono solo alcune piccole precisazioni tecniche, atte soltanto a fare chiarezza ai tanti esuli che in questi giorni ci chiamano allarmati dopo aver letto tale articolo. 1. Non è esatto che gli indennizzi per i beni degli esuli siano stati finora solo la ventesima parte (5%) del dovuto, perché le somme erogate – e questo lo sa chiunque si occupi di economia –vanno rapportate al valore reale della moneta al momento dell’erogazione: centomila lire erogate nel 1968 non possono essere considerate i 50 euro di oggi. Indennizzi 2. Non è esatto che la Legge per i «beni abbandonati», del 2001 per gli indennizzi preveattualmente il Ministero deva il pagamento in tre anni, ma sta liquidando il secondo scaglione in tre anni veniva distribuito lo previsto dalla Legge del 2001 stanziamento fondi, cosa ben diversa dalla effettiva erogazione. 3. Non è esatto che finora sono state indennizzate solo le domande del primo scaglione, in quanto il secondo scaglione è già in avanzato stato di pagamento. 4. Non è esatto che i pagamenti sono fermi, ma sono solo rallentati da quando è tornato a casa il gruppo di lavoro dell’INPS, mentre ora si occupano dei pagamenti solo gli addetti «ordinari» del Ministero dell’Economia. 5. Le leggi a favore delle comunità dei rimasti e dell’associazionismo degli esuli non hanno nulla a che vedere con i fondi destinati agli indennizzi dei beni abbandonati. Queste precisazioni hanno evidentemente un carattere esclusivamente tecnico, ferma restando naturalmente l’evidente vergogna, per un Paese civile, di continuare a dilazionare nel tempo il pagamento di un diritto (e non di una elargizione) relativo ai beni sottratti alle proprietà degli Esuli da accordi raggiunti sopra le loro teste più di sessant’anni fa. Una indegna condizione di cui si assumono la responsabilità i governi del passato e sulla quale dovranno riflettere quelli futuri. Fabio Rocchi Segretario nazionale ANVGD Ti sei iscritto all’ANVGD? Prosegue la campagna abbonamenti 2008 Cosa aspetti? Noi Ti aspettiamo Rivolgiti ai nostri Comitati Provinciali o contatta la nostra Sede nazionale (tel. 06 5816852) L’abbonamento a Difesa Adriatica non equivale alla quota associativa to dei beni nella ex Jugoslavia, ha cessato di esistere a causa di quanto disposto dal D.P.R. 14 maggio 2007, n. 114. Tale legge, all’art. 2, ha infatti disposto che: «Le Commissioni Interministeriali di cui all’art. 3, commi 2 e 3, della Legge 29 gennaio 1994, n. 98, sono soppresse. Le competenze delle Commissioni soppresse ai sensi del comma 1 del presente articolo sono attribuite ad una sola Commissione Interministeriale denominata Commissione per l’esame delle istanze di indennizzi e contributi relative alle perdite subite dai cittadini italiani nei territori ceduti alla Jugoslavia, nella Zona B dell’ex territorio libero di Trieste, nelle ex colonie ed in altri Paese». Attraverso tale legge, quindi sono state soppresse le Commissioni Interministeriali con competenza relativa agli indennizzi riguardanti esclusivamente la perdita di beni in un determinato Paese, e sono state sostituite da una sola Commissione Interministeriale con competenza relativa a tutti i Paesi esteri. Dure sono state le critiche a tale legge, anche all’interno della stessa amministrazione, le quali ne hanno inoltre determinato l’invio al Consiglio di Stato per un parere in merito alla legittimità della stessa. Anche le associazioni dei vari Paesi interessati si sono opposte al fatto che questioni, aventi caratteristiche così distanti tra loro, dovessero essere decise da una Commissione unica, che non può certamente avere le conoscenze necessarie per poter dare un giudizio, che tenga in considerazione tutte le problematiche concernenti i Paesi in questione. Ma la conseguenza più grave della nuova normativa sulle Commissioni Interministeriali, è stata la totale interruzione dei lavori delle Commissioni stesse e conseguentemente della liquidazione degli indennizzi di cui alle Leggi 135/86 e 98/94, che, essendo propedeutiche alla liquidazione dell’indennizzo previsto dalla Legge 137 del 2001, in alcuni casi ha impedito anche il pagamento di tale indennizzo. Secondo i pronostici dell’amministrazione, la Commissione Interministeriale, così come introdotta dal D.P.R. 14 maggio 2007, dovrà iniziare i suoi lavori il prossimo settembre. continua dalla prima pagina Il 10 maggio si è tenuto a Mestre il Congresso nazionale straordinario ANVGD e di seguito il Consiglio nazionale Guido Brazzoduro è stato nominato presidente del Congresso, vicepresidenti Codarin e Cattalini. Sono stati eletti i nuovi Revisori dei Conti effettivi: Stefano Nedoh (Trieste), Attilio Raimondi (Messina), Giampaolo Miglierini (Varese). Supplenti saranno Gianfranco Serravallo (Milano) e Azaleo Cergnul (Roma). Sulle riforme statutarie il Congresso ha dato mandato al Consiglio Nazionale di studiare con maggiore approfondimento la questione tramite una Commissione da istituire ad hoc, con la consultazione dei Comitati provinciali, per essere poi formalizzata tramite un apposito Congresso straordinario. Il Consiglio Nazionale regolarmente costituito, ha nominato la commissione destinata alla valutazione sulle proposte di modifica dello Statuto. Sono stati incaricati Cattalini (Udine), Corsi (Varese), Benussi (Bolzano), Rossi (Verona), Ballarin (Roma), Segnan (Bologna). Da collegamento con Consiglio ed Esecutivo farà Codarin (Trieste), mentre Vallery (Venezia) sarà a disposizione come consulente. È seguito un confronto di idee sulla situazione politica nazionale e le prospettive delTavolo di coordinamento col Governo, degli indennizzi dei beni abbandonati, delle restituzioni dei beni degli Esuli, dell’edilizia popola- re, della perequazione INPS. Hanno partecipato i Consiglieri nazionali: Brazzoduro (Milano), Codarin (Trieste), Mohoratz (Genova), Schurzel (Roma), Ziberna (Gorizia), Andreatini (Firenze), Ballarin (Roma), Copettari (Verona), Corsi (Varese), Costanzo (Treviso), Fagarazzi (Vicenza), Giacca (Padova), Grizon (Trieste), Peri (Trieste), Rossi (Verona),Varin (Pordenone), Cattalini (Udine), Martinuzzi (Roma). Red. Mestre (Venezia), 10 maggio 2008, Congresso straordinario dell’ANVGD , interviene il consigliere Claudio Grizon In memoria delle vittime giuliane degli anni di piombo la mozione approvata dall’Assemblea Il Vicepresidente nazionale Guido Brazzoduro ha dato lettura della mozione che riproduciamo, approvata dall’Assemblea all’unanimità. Il Consiglio Nazionale dell’ANVGD, riunito a Venezia il 10 maggio 2008, nella Giornata della Memoria delle Vittime del terrorismo, rende omaggio con civile partecipazione alle vittime della barbarie politica degli «anni di piombo», che credeva di risolvere con l’assassinio di innocenti le domande di giustizia della nostra società, che solo la democrazia può assicurare. Tra le vittime di quella violenza omicida gli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati ricordano anche i loro conterranei che diedero anche in quel momento all’Italia il loro contributo di coraggio, di sangue, di lealtà alle istituzioni: il Colonnello dei Carabinieri Antonio Varisco, esule da Zara, ucciso dalle Brigate Rosse a Roma il 17 luglio 1977; il Generale dell’Aeronautica Licio Giorgieri, di famiglia lussignana, ucciso dalle Brigate Rosse il 20 marzo 1983. A questi uomini, caduti a difesa della Costituzione e delle Leggi della Repubblica rendiamo l’onore che meritano e chiediamo la gratitudine della Nazione per chi, persa la terra natale, aveva sempre una sola Patria da amare, per la quale vivere e morire. 6 DIFESA ADRIATICA continua dalla prima pagina Il fascismo non “giustifica” le Foibe Il comunicato stampa dell’ANVGD Al contrario, vi rilevo una evidente nostalgia regressiva verso quelle tragiche contrapposizioni tra totalitarismi che nel Novecento hanno causato tragedie infinite, e vi leggo il profondo, ingiustificabile fastidio per il ricordo che si deve alle vittime innocenti degli eccidi, ai profughi incolpevoli costretti all’esodo dalla violenza delle bande di Tito e alla repressione della polizia politica jugoslava». «Ciò che non è condivisibile – prosegue il Presidente ANVGD – è l’equazione subdola, propria dell’interpretazione vetero-marxista e giustificazionista, di fascismo-reazione jugoslava, utile a giustificare gli eccidi, l’esodo e la cessione dell’Istria, di Fiume e di Zara, già annesse all’Italia in forza di trattati internazionali, alla Jugoslavia titoista. Non è tollerabile che le vittime civili delle Foibe e le decine di migliaia di Esuli debbano essere “giustificati” dalle colpe del fascismo. Un alibi, questo, autorevolmente rifiutato da Leo Valiani in un’intervista del 1987, e ancora nel 1996 proprio sul “Corriere della Sera”». «Il Giorno del Ricordo e le finalmente libere riflessioni che ne sono scaturite – rimarca Toth – hanno prodotto, tra l’altro, una cospicua pubblicistica storica ad opera di studiosi di vario orientamento [...] che da anni si cimentano su questi temi con rigore scientifico [...], avendo ben inteso come la memoria di una Nazione debba recuperare le pagine occultate dalle convenienze di partito, di politica interna o internazionale, e che la nostalgia per le interpretazioni e le riduzioni ideologiche del passato non offrono chiavi oneste di comprensione dei fenomeni storici». Roma, 30 aprile 2008 Giugno 2008 Il Presidente Napolitano in occasione del Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo: «Ideologismo comunista, datato e rozzo» Nel giorno dedicato alla memoria di quanti sono caduti vittime dell’eversione negli «anni di piombo», il 9 maggio di ogni anno, il Presidente della Repubblica Napolitano ha pronunciato dal Palazzo del Quirinale un significativo discorso nel quale trova la più alta espressione la condanna della violenza estremistica ed ideologica che per tutto il Novecento ha minato la democrazia italiana. Di quella violenza perirono due figure di primo piano dello Stato, di origine giuliano-dalmata, il gen. Antonio Varisco e il gen. Licio Giorgieri, ricordati anche dall’Assemblea congressuale dell’ANVGD il 10 maggio (si veda la mozione a pag. 5). Quella violenza, in un altro tempo e in un diverso contesto, conobbero bene gli esuli, che l’avevano provata e rifiutata. Dell’intervento di Napolitano riportiamo uno stralcio, laddove egli fa importante riferimento proprio all’ideologia comunista, in termini di condanna storica e morale. __________________________ Questo è il giorno del ricordo e del pubblico riconoscimento che l’Italia da tempo doveva alle vittime del terrorismo. È il giorno del sostegno morale e della vicinanza umana che l’Italia sempre deve alle loro famiglie. Ed è il giorno della riflessione su quel che il nostro Paese ha vissuto in anni tra i più angosciosi della sua storia e che non vuole mai più, in alcun modo, rivivere. [...] L’obiettivo che i gruppi terroristici così perseguivano era quello della destabilizzazione e del rovesciamento dell’ordine costituzionale. Dedichia- Il gen. dei Carabinieri Antonio Varisco mo l’incontro di oggi in Quirinale alle vittime di quell’attacco armato alla Repubblica, che seminò ferocemente lutto e dolore. Sappiamo che nell’istituire, un anno fa, questo Giorno della memoria il Parlamento ha raccolto diverse proposte, comprese quelle rivolte a onorare gli italiani, militari e civili, caduti in anni recenti nel contesto delle missioni in cui il nostro Paese è impegnato a sostegno della pace e contro il terrorismo internazionale, nemico insidioso capace di colpire anche a casa nostra. Alla loro memoria rinnovo l’omaggio riconoscente delle istituzioni repubblicane e della nazione. [...] Più in generale, mi inchino a tutti i caduti per la Patria, per la libertà e per la legalità democratica, e dunque – come dimenticarle ! – alle tante vittime della mafia e della criminalità organizzata. [...] Abbiamo cercato di restituire, di consegnare alla memoria degli italiani, l’immagine – i volti, i percorsi di vita e di morte – di tutte le vittime. [...] Imprevedibili erano stati, e sarebbero stati ancora dopo, molti altri bersagli colpiti dalle Brigate Rosse con cieco furore ideologico: studiosi, magistrati, avvocati, giornalisti, amministratori locali, dirigenti d’azienda, commercianti, rappresentanti dei lavoratori, militari, uomini delle forze dell’ordine, e altri ancora, in una successione casuale e non facilmente immaginabile. [...] Ci sarà ugualmente da riflettere ancora e a fondo [...] sulla genesi e sulla fisionomia dei fenomeni di stragismo e terrorismo politico di cui è stata teatro l’Italia: su come siano nati e via via cresciuti, su quali ne siano state le radici, i punti di forza, le ideologie e strategie di supporto. [...] In effetti abbiamo visto negli ultimi anni il riaffiorare del terrorismo, attraverso la stessa sigla delle Brigate Rosse, nella stessa aberrante logica, su scala, è vero, ben più ridotta ma pur sempre a prezzo di nuovi lutti e di nuove tensioni. Si hanno ancora segni di reviviscenza del più datato e rozzo ideologismo comunista, per quanto negli scorsi decenni quel disegno rivoluzionario sia naufragato insieme con la sconfitta del terrorismo, mostrando tutto il suo delirante velleitarismo, la sua incapacità di esprimere un’alternativa allo Stato democratico. E se vediamo nel contempo – come li stiamo vedendo – segni di reviviscenza addirittura di un ideologismo e simbolismo neo-nazista, dobbiamo saper cogliere il dato che accomuna fenomeni pur Il gen. Licio Giorgieri, assassinato dalle Brigate Rosse, al suo tavolo di lavoro diversi ed opposti: il dato della intolleranza e della violenza politica, dell’esercizio arbitrario della forza, del ricorso all’azione criminale per colpire il nemico e non meno brutalmente il diverso, per sfidare lo Stato democratico. Occorre opporre a questo pericoloso fermentare di rigurgiti terroristici la cultura della convivenza pacifica, della tolleranza politica, culturale, religiosa, delle regole democratiche, dei principi, dei diritti e dei doveri sanciti dalla Costituzione repubblicana. E occorre ribadire e rafforzare, senza ambiguità, un limite assoluto, da non oltrepassare qualunque motivazione si possa invocare: il limite del rispetto della legalità, non essendo tollerabile che anche muovendo da iniziative di libero dissenso e contestazione si varchi il confine che le separa da un illegalismo sistematico e aggressivo. [...] Chi abbia regolato i propri conti con la giustizia, ha il diritto di reinserirsi nella società, ma con discrezione e misura e mai dimenticando le sue responsabilità morali anche se non più penali. Così come non dovrebbero dimenticare le loro responsabilità morali tutti quanti abbiano contribuito a teorizzazioni aberranti e a campagne di odio e di violenza da cui sono scaturite le peggiori azioni terroristiche, o abbiano offerto al terrorismo motivazioni, attenuanti, coperture e indulgenze fatali. (fonte Presidenza della Repubblica) Il Giorno del Ricordo conserva la memoria di una civiltà La dichiarazione di Renzo Codarin in difesa del valore e dei contenuti della legge istitutiva Nelle scorse settimane alcuni interventi sulla stampa locale hanno inteso attribuire alla legge del Ricordo dell’esodo istriano, fiumano e dalmata una parte significativa di responsabilità nella perdurante rimozione dell’opinione pubblica italiana e delle sue istituzioni del pezzo di storia che riguarda la politica di violenta e sistematica repressione attuata dal nazionalismo italiano e del fascismo nei confronti della popolazione slovena e croata che i Trattati avevano incluso nel Regno d’Italia alla fine della Prima guerra mondiale. Non sono intervenuto subito perché sono temi che a mio avviso vanno sottratti al clima polemico della campagna elettorale. Ora considero doveroso e giusto intervenire a riguardo. La legge del Ricordo è stata approvata recentemente, nel 2004, dalla stragrande maggioranza del Parlamento della Repubblica. Meriterebbe pubblicare i testi degli interventi che vi furono pronunciati a dimostrazione dell’unità maturata a riguardo nel nostro Paese. Nella maggioranza dei casi mostrano, infatti, una esplicita consapevolezza che la storia del confine orientale va compresa in tutte le sue parti e complessità, come recita il primo articolo della legge stessa. La legge del Ricordo ha inteso colmare, in ritardo, un vuoto, il vuoto di una pagina di un libro di storia che va letto nella sua interezza. Vuoto colpevole, che salvava le coscienze e toglieva responsabilità, come Biagio Marin ebbe modo di sottolineare già negli anni in cui avveniva la dissoluzione dellaVenezia Giulia. Per decenni solo le disperse comunità degli esuli conservarono la memoria di quelle sofferenze e di una civiltà nobile, alta, quel- la degli italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, che è parte costitutiva della fisionomia dell’Adriatico. Una civiltà antica del mare, della vite e dell’ulivo che il fascismo deformò e che il comunismo e il nazionalismo jugoslavo vollero svuotare di uomini, di memoria, ma anche di segni di un’antica presenza. I fatti e gli elenchi di tutto ciò sono sotto gli occhi di tutti. Ancora ieri a Pola è stato proibito al coro degli ita- Palazzo del Quirinale, 10 febbraio 2008. Il Capo dello Stato commemora il Giorno del Ricordo dell’esodo e delle Foibe alla presenze della massime autorità civili e militari e dei congiunti degli infoibati (foto Presidenza della Repubblica) Pola, immagini dell’esodo (foto archivio storico A NVGD) liani di cantare nella propria lingua. Grazie alla giornata del Ricordo i tratti di quella civiltà sono stati riportati alla memoria degli italiani e le numerose cerimonie, iniziative, pubblicazioni, testimonianze di gente che aveva ripreso la parola lo attestano. È un capitolo della nostra storia nazionale che appartiene a tutti gli italiani. Questo non è contro qualcuno, anzi. Io sono il primo a dire che tutte le pagine devono essere restituite alla memoria di noi europei di queste terre. Ed è giusto e doveroso che ciascuno si assuma le responsabilità di quello che ha fatto e delle distruzioni che sono state qui prodotte. È giusto e doveroso condannare la dissennata politica del nazionalismo italiano e del fascismo ed è giusto e doveroso far conoscere agli italiani quello che qui il fascismo ha prodotto, in termini di sofferenza, di negazione di identità, di cancellazione di lingua e di storia, di snazionalizzazione. Così è altrettanto giusto e doveroso che si sappia quello che il regime comunista e il nazionalismo jugoslavo hanno qui generato per alterare radicalmente la composizione demografica e culturale dei territori che vanno dall’Istria, a Fiume e alla Dalmazia, smantellando con un’opera di decenni una cultura che ha caratterizzato da sempre una parte consistente del profilo di queste contrade. È giusto farlo nella sua interezza e senza nessuno sconto per nessuno e sono convinto che oggi siamo in grado di farlo e di capire a pieno che nessuna cultura, nessun popolo è un intruso, in questo territorio etnicamente complesso che va dalle valli del Natisone alla coste dalmate. Renzo Codarin Presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati Giugno 2008 7 DIFESA ADRIATICA dai comitati COMITATO DI CREMONA Con una solenne cerimonia il Comune di Cremona e il Comitato ANVGD presieduto dal comm. Mario Ive hanno comemmorato le vittime delle Foibe nell’ambito della Giornata del Ricordo, istituita per non dimenticare una delle tragedie rimosse della storia italiana del Novecento. La comunità giuliano-dalmata, che a Cremona è numerosa, con le massime autorità civili e militari si sono raccolte intorno al monumento ai Caduti giuliani e dalmati. Due le corone d’alloro deposte dal Comune e da AN. «Il Giorno del Ricordo – ha detto tra l’altro il sindaco Giancarlo Corada – rende omaggio alle vittime italiane delle Foibe, un omaggio dovuto e doloroso anche a distanza di sessant’anni. Non hanno senso le polemiche politiche e ideologiche, la tragedia delle foibe tenuta nascosta per opportunità diplomatica, è ora patrimonio di tutti e deve insegnarci che un Paese deve avere cura della sua storia». Il presidente Mano Ive ha portato la voce della numerosa comunità istriana e giuliana cremonese: «Quando trent’anni fa volli questo monumento l’amministrazione comunale mi aiutò, e capì l’esigenza della comunità di profughi di avere un luogo dove piangere i propri cari – ha detto –. Dopo la cessione delle province di Pola, Fiume e Zara e parte dei territori goriziani e triestini al regime di Tito gli slavi cominciarono la sistematica distruzione dei monumenti dei nostri caduti. Accadde a Zara dove il 4 aprile del ’47 fecero saltare il monumento dei nostri martiri, accadde a Gorizia. Ecco perché la cerimonia di questa mattina, l’omaggio ai nostri caduti è un modo per restituirci la memoria del nostro tragico passato e condividerla con la comunità cremonese». CONSULTA EMILIA ROMAGNA Si è costituita a fine aprile la Consulta regionale dell’Emilia Romagna della nostra Associazione. Le Consulte regionali hanno lo scopo di coordinare le attività delle realtà locali sul territorio e mantenere i contatti istituzionali con le autorità regionali. La costituzione è stata possibile anche grazie all’apertura di nuovi nostri Comitati in una regione non certo facile per i nostri Esuli. Presidente della Consulta regionale dell’Emilia Romagna è stato eletto Paolo Ielich, attuale vicepresidente del Comitato di Bologna. Vicepresidente della Consulta sarà Flavio Rabar, attuale presidente del Comitato di Ferrara. Segretario sarà Marino Segnan, presidente del nostro Comitato di Bologna. COMITATO DI FERRARA Domenica 9 marzo si è chiusa la Mostra, aperta il 22 febbraio, dal titolo «Ricordo di un Esodo. I Campi Profughi» che ha avuto un buon successo ed è stata visitata da oltre 500 persone, gran parte delle quali hanno dimostrato il loro apprezzamento per l’equilibrio nella descrizione dei fatti storici e per la qualità e completezza dei pannelli esposti. Le iniziative collaterali alla Mostra sono state: il concerto di musica sacra presso la Chiesa di S.Biagio di Ferrara che ha raccolto numeroso pubblico di oltre 100 persone ed alto gradimento per la qualità del programma; la proiezione del Dvd «Ritorno a casa» il 5 Cremona, la deposizione della corona di alloro del Comune al monumento ai caduti giuliano-dalmati marzo, presso la sede dell’Associazione di ricerche storiche “Pico Cavalieri” di Ferrara. Dopo la proiezione, un partecipato dibattito ha trattenuto tutti fin dopo le 23.30. Il film/documentario è stato apprezzato per la scelta di proporre le nostre vicende con una sensibilità d’oggi, con pacatezza e senza fanatismi di sorta. Ciascun spettatore ha espresso la sua opinione sul Dvd, giudicato comunque avvincente. Il giudizio complessivo è di un lavoro ben fatto, particolarmente adatto a coloro che poco o nulla sanno delle nostre terre; la conferenza di Paolo Jelich, vicepresidente del Comitato di Bologna ha dovuto scontare una variazione nel programma, per improvvisi ed imprevisti impegni del relatore, con l’anticipo dal giorno 7 al 6 marzo, ma avvicente e coinvolgente, condotta con passione, rigore storico ed equilibrio. Complimenti da parte di tutti i partecipanti al relatore. Flavio Rabar • • • Di Rabar il quotidiano “la Nuova Ferrara” ha ospitato un articolo dal titolo Il “Giorno del Ricordo” di una tragedia dimenticata. Lo riproduciamo integralmente. Il Parlamento Italiano ha istituito il Giorno del Ricordo il 10 febbraio di ogni anno «[...] al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale». Il Comitato Provinciale di Ferrara dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia vuole richiamare l’attenzione sulle vicende di quelle terre, per lungo tempo volutamente nascoste ed ignorate. Furono teatro di uccisioni – emblematici gli episodi delle foibe –, sparizioni, sopraffazioni e violenze nei confronti di coloro che si riconoscevano nelle abitudini, nella lingua e nella cultura italiana, costringendoli ad abbandonare le terre ove da sempre avevano vissuto, per cercare rifugio in Italia, ed anche all’estero, preferendo, in ben 350.000 italiani, una momentanea e precaria sistemazione in uno dei 109 centri raccolta profughi piuttosto che rinunciare alla loro identità nazionale. Il Comitato Provinciale di Ferrara, ben conscio delle sofferenze e delle angherie subite da sloveni e croati durante la dittatura fascista e l’occupazione di loro territori, dal 1941 al 1943, da parte dell’esercito italiano, ritiene che quanto avvenuto in Istria, a Fiume ed in Dalmaa sia il risultato, non di vendette personali, ma di un esasperato nazionalismo che, unito all’ideologia comunista, attuò scientemente una feroce pulizia etnica della popolazione italiana. COMITATO DI GORIZIA Il 25 Aprile non è festa nella Venezia Giulia Il comunicato diffuso dal presidente Ziberna Il 25 aprile, festività nazionale per ricordare la liberazione dal fascismo e dal nazismo, nemmeno in ambito nazionale viene vissuta come un vera e proprio anniversario che accomuna tutti gli italiani. Nella Venezia Giulia, addirittura, la ritirata dei nazisti ha coinciso non con una liberazione bensì con una brutale occupazione delle truppe comuniste del maresciallo Tito. Che la volontà non fosse quella di liberare Gorizia dalle truppe naziste ma di annettere alla Jugoslavia tutta quella che Tito chiamava «Slavia Veneta», ovvero il FriuliVenezia Giulia sino al Tagliamento, era evidente e dichiarata. Se non fossero entrate le truppe titine, infatti, sarebbero entrate quelle neozelandesi, che invece furono rallentate dai titini proprio per poter vantare diritti di occupazione. Per snazionalizzare rapidamente Gorizia e per soffocare sul nascere ogni tentativo di ribellione dal 2 maggio iniziò il rastrellamento di tutti coloro che potevano rappresentare un pericolo per le aspirazioni annessionistiche. Tra questi la burocrazia goriziana e chi aveva manifestato con eccessivo entusiasmo la propria italianità. Oltre 650 goriziani pagarono con la deportazione – avvenute dopo il 25 aprile! – e la vita il loro amore per Gorizia e l’Italia. Questo rappresenta per i goriziani l’entrata dei titini a Gorizia, altro che liberazione dal giogo nazista o fascista! Questo è per i goriziani il 25 aprile! Rispettiamo i sentimenti di tutti coloro che, in diversa misura, hanno subito torti o violenze dai regimi. In primo luogo la comunità ebraica, che ha pagato duramente con milioni di vittime la ferocia dell’uomo sull’uomo. Ma anche la comunità slovena che ha subito la snazionalizzazione in questa area di confine, anche con atti di violenza e soprusi. Rispettiamo tutti coloro che individuano nel 25 aprile la festa della liberazione, ma parimenti va rispettato chi continua – come noi – ad associare il 25 aprile non già ad una liberazione, bensì alla brutale occupazione slavo-comunista, che rappresenta, per tempi e modalità con cui è avvenuta, la pagina più nera della storia della nostra città: consumata a guerra finita e come vittime inermi degli innocenti. COMITATO DI LATINA Il 30 aprile si è tenuto presso l’Istituto Professionale di Stato per l’Agricoltura e l’Ambiente “San Benedetto” di Borgo Piave (Latina) un incontro sul tema «La tragedia delle Foibe e l’Esodo Giuliano Dalmata», aperto dal saluto del Dirigente Scolastico prof. ing. Nicola Di Battista. L’introduzione è stata affidata dai docenti promotori del progetto, mentre la prolusione storica è stata affidata al dott. Marino Micich, direttore dell’Archivio Museo storico di Fiume in Roma. Susanna Sauchella, ex allieva dell’Istituto, ha presentato la mostra e il volume a corredo, mentre il presidente provinciale del Comitato, cav. Benito Pavazza, ha introdotto le testimonianze del vicepresidente m.llo Alberto Musco e del consigliere Ottavio Sicconi. Sono seguiti alcuni interventi degli studenti. In chiusura dell’incontro, l’intervento del prof. Fausto Orsini, studioso di storia contemporanea. COMITATO DI MODENA Anche quest’anno le celebrazioni del 10 Febbraio, Giorno del Ricordo, sono state particolarmente sofferte per alcune iniziative della Provincia di Modena di cui il Comitato ANVGD non era stato informato. Infatti nei primi giorni di febbraio l’Istituto Storico di Modena e la Fondazione ex Campo Fossoli di Carpi hanno fatto pervenire l’invito, individualmente ad alcuni esuli, per alcune conferenze commemorative a Modena ed a Carpi e per la mostra dal titolo «Profughi nel silenzio. Gli Esuli giuliano dalmati a Modena e Carpi», costituita da 17 pannelli, aperta dal 9 febbraio al 31 marzo presso il Palazzo dei Musei a Modena. Di queste iniziative non avevano fatto alcun accenno né il Sindaco, né il Presidente del Consiglio comunale di Modena con i quali erano stati presi vari contatti tra la fine del dicembre 2007 e la metà di gennaio 2008 per la realizzazione e l’inaugurazione della mostra dell’ANVGD. Il Sindaco di Modena, venuto certamente a conoscenza del disappunto e delle rimostranze espresse dal Comitato provinciale, ha provveduto a divulgare un invito per una cerimonia, in memoria delle vittime delle Foibe, con la deposizione di una corona di fiori davanti all’insegna della strada intitolata ai «Martiri delle Foibe» che si è svolta il giorno 10 Febbraio alle ore 9.30. La mostra fotografica «Il Giorno del Ricordo» organizzata dal Comitato di Modena presso il Palazzo Comunale di Modena è stata inaugurata sabato 9 febbraio alle ore 15.30 con una breve presentazione del presidente Giampaolo Pani alla presenza dell’on.le Carlo Giovanardi, del Sindaco di Modena prof. Giorgio Pighi e del presidente del Consiglio comunale di Modena dott. Ennio Cottafavi. La mostra, che doveva essere aperta al pubblico dal giorno 4 al 16 febbraio, è stata prorogata fino al 31 marzo per concessione del Sindaco. Domenica 10 febbraio, dopo la cerimonia di deposizione della corona di fiori, voluta dal Sindaco, presso la Chiesa Monumentale di San Domenico, si è celebrata una S. Messa per conservare e rinnovare la memoria delle vittime delle foibe con la partecipazione delle massime autorità della Città. Al termine della funzione religiosa è stata inaugurata dal Sindaco la nuova sede del Comitato di Modena, situata in via Belle Arti 4 (orario: martedì e venerdì dalle ore 10.00 alle ore 12.00). La stampa quotidiana, in particolare “l’Informazione”, il giorno 5 febbraio ha riportato la notizia delle due mostre separate e della polemica sulle iniziative di commemorazione; a pagina 12 dello stesso giornale è stata pubblicata un’intervista dell’esule (nostro tesserato) Alfredo Dapinguente che ha sottolineato, tra l’altro, la perplessità sui motivi per cui non è stata organizzata una unica mostra. Egli ha stigmatizzato l’assenza a Modena di strade intitolate a località istriane e dalmate. Nello stesso giorno, sul “Resto del Carlino”, l’articolo che trattava delle mostre e delle conferenze a Modena e Carpi organizzate dalla Provincia non faceva menzione di quella organizzata dall’ANVGD. Sulla stessa pagina riportata una favola di Alfredo Dapinguente in cui l’esule racconta ai nipoti di una terra dove i bimbi giocavano insieme pur parlando lingue diverse. Sul quotidiano bolognese l’8 febbraio in cronaca di Carpi si evidenziano le interviste agli esuli Luciano Bussani ed Antonio Zappador con i ricordi dell’esodo e della sistemazione nel campo di raccolta di Fossoli. Gli intervistati hano dichiarato di ritenersi ancora “dimenticati”, vittime dell’esodo e dalla fuga dalle foibe, dall’orrore, dalla sopraffazione e dall’odio, e ricordano con tristezza l’ostilità con cui vennero accolti nel 1954 in Emilia dai comunisti locali che non si rendevano conto del perché fossero fuggiti da un regime ritenuto dalla propaganda del PCI una società migliore. Nello stesso articolo le testimonianze delle esuli Maria Giani e Francesca Carpenetti che non amano ricordare quelle brutte pagine della loro vita. Ancora oggi non si capacitano dell’ostilità dei carpigiani di fede comunista che le facevano sentire straniere in Italia. Il 10 febbraio, ancora sul “Resto del Carlino”, l’articolo del giornalista Saverio Cioce, dopo l’intervista al presidente e vicepresidente del Comitato modenese, sottolineava l’insolita separazione delle celebrazioni e delle mostre. Il giornale inoltre rimarcava in particolare quanto gli esuli si sentano «insultati» quando viene riportato nelle conferenze e nelle rievocazioni storiche circa «la restituzione delle terre d’Istria e Dalmazia alla Jugoslavia». Sulla Gazzetta di Modena del 9 febbraio un breve trafiletto sull’incontro pubblico, promosso dall’Amministrazione comunale, presso la Sala Consiliare del Comune di Pavullo, per ricordare la tragedia delle foibe e dell’ esodo tenuto dalla professoressa Maria Luisa Molinari, ricercatrice dell’Istituto Storico di Modena. Nello stesso giorno su “Nostro Tempo”, settimanale cattolico modenese sono state riportate tutte le iniziative organizzate dal Comitato ANVGD per il giorno del Ricordo. Lunedì Il febbraio, su “il Resto del Carlino” è stata riportata una sintesi delle celebrazioni con l’intervista al presidente del Comitato che delinea i prossimi obiettivi: il cippo commemorativo ed il desiderio di rintracciare gli oltre 1500 istriani e dalmati residenti in provincia di Modena.. COMITATO DI ROMA Organizzato dal Comitato capitolino ANVGD e dall’Associazione per la Cultura fiumana, istriana e dalmata nel Lazio, si è tenuta venerdì 14 marzo scorso la presentazione degli Atti del convegno 2007 Venezia Giulia dalla terra al mare. Dialoghi sulla frontiera tra passato e presente, promosso dall’Anvgd di Roma e la Libera Univesità “S. Pio V” nella sede di quest’ultima. Èseguito un appaluditissimo concerto del Trio Benussi presso il “Teatro San Marco”, al Quartiere Giuliano-Dalmata della Capitale. Tra i relatori, il presidente nazionale ANVGD Lucio Toth, la prof.ssa Donatella Schürzel e il dott. Amleto 8 DIFESA ADRIATICA Giugno 2008 dai comitati Ballarini, preisdente della Società di Studi Fiumani. Gianclaudio de Angelini, poeta, ha recitato due poesie nell’istrioto di Rovigno per terminare con alcuni versi del concittadino Eligio Zanini. Il foltissimo pubblico presente alla serata comprova quanto sia significativa la presenza, a Roma, di un’attiva e consolidata comunità di giuliani e dalmati non solo per la città ma anche per la sua Provincia. La prof. Miriana Tramontina Ivone, delegata ANVGD, ha voluto ricordare quel periodo a lungo sottaciuto. Ha invitato i docenti a trasmettere questa dolorosa realtà storica, rimossa dai nostri testi scolastici, in quanto chi ha perso la vita per difendere l’italianità ha diritto al “ricordo” affinché non avvengano più simili atrocità ed alla “gratitudine” per l’esempio trasmesso alle giovani generazioni. Commuovendosi ha descritto i momenti ed i DELEGAZIONE DI SALERNO Il giorno 9 febbraio 2008 nel capoluogo campano, organizzata dalla presidente del CEPIS, (Centro Europeo per la pace nel mondo, per l’infanzia, per lo sviluppo), prof. Miriana Tramontina Ivone e l’ANVGD dedicata alle vittime delle Foibe e all’esodo, e in memoria della morte del Questore di Fiume italiana Giovanni Palatucci, è stata officiata solennemente la S. Messa dall’Arcivescovo metropolita Gerardo Pierro nella Chiesa dell’Immacolata. Tra le autorità civili, militari e religiose di Salerno, le rappresentanze degli Ufficiali di tutte le Armi e delle scuole di ogni ordine e grado, erano presenti tra gli altri: il Prefetto, dr. Claudio Meoli; il Questore, Dr. Vincenzo Roca; il Dirigente dell’USP Dr. Luca Iannuzzi; il colonnello dei Carabinieri, dr. Gregorio De Marco; il Comandante della Marina, dr. Vincenzo De Luca; il presidente del Comitato ANVGD di Avellino prof. Carmelo Testa. Ha accompagnato la funzione religiosa l’orchestra degli alunni della Scuola Media ad indirizzo musicale “Alfonso Gatto” di Battipaglia, sotto la guida del violinista Daniele Gibboni, del pianista Vincenzo Farabella e della soprano giapponese Yuki Sunami. Presente anche il dirigente scolastico prof.ssa Napoli ed alcuni docenti della stessa Scuola. Nell’omelia l’Arcivescovo ha ricordato le migliaia di italiani coinvolti in una tragedia dolorosa che la Nazione non può e non deve dimenticare, vittime innocenti che desideravano poter conservare l’italianità e professare la loro fede, ecco perché il “Ricordo” restituisce dignità a quegli italiani precipitati, ancora vivi, nelle Foibe e chi ha dovuto, dal nulla, riprendere la vita lontano da casa abbandonando ogni affetto, ogni avere, rifugiandosi nel ricordo del passato con la preghiera consolatrice per poter sperare in un futuro migliore. Salerno, 9 febbraio 2008. Commemorazione del Giorno del Ricordo: da sin., il presidente del Comitato ANVGD di Avellino, Carmelo Testa, il Prefetto Claudio Meoli, la Delegata Anvgd Miriana Tramontina e il Questore, Vincenzo Boca Salerno, 9 febbraio 2008. La giovanissima Orchestra dell’istituto comprensivo “Alfonso Gatto” di Battipaglia, che ha accompagnato la cerimonia religiosa in memoria delle Foibe e dellesodo sentimenti che la hanno invasa quando, esule, in quel treno che la strappava dalla sua città, allontanandola dai suoi compagni di scuola dai suoi affetti e dal suo azzurro mare, ha lasciato che le lacrime le rigassero il viso. Alla fine della funzione il presidente dell’A NPS di Salerno, ispettore Gianpiero Morrone, ha donato alla prof. Tramontina il quadro di Giovanni Palatucci per averlo sempre presente al CEPIS, Centro di Volontariato che opera combattendo l’abbandono scolare. Subito dopo gli ospiti si sono trasferiti all’ingresso del Liceo “T. Tasso” dove, davanti alla lapide che porta i nomi dei caduti durante la Prima Guerra mondiale, al suono del Silenzio d’Ordinanza, sono stati presentati gli onori ai caduti. Gli esuli italiani dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia, che fin dal 1920 e poi tra il 1944 e il 1954 hanno conosciuto la strada della persecuzione etnica e dell’esilio, abbandonando per sempre le terre natali, esprimono al popolo armeno e ai suoi discendenti dispersi in tutto il mondo fraterna solidarietà nella Giornata della Memoria del loro Genocidio: 24 Aprile 1915. Alessandro Cuk, il nuovo presidente Alessandro Cuk è il nuovo presidente della Consulta ANVGD del Veneto. Eletto dai presidenti dei comitati ANVGD veneti, sostituisce il dimissionario Gian Paolo Sardos Albertini. Cuk, noto per la sua esperienza nel mondo cinematografico come critico ed autore di testi sul cinema, è vicepresidente del nostro Comitato di Venezia, oltre a far parte dell’Esecutivo nazionale della nostra Associazione. «Esodo»: il documentario ANVGD si sdoppia in nuova veste «Esodo»è il titolo di uno dei primi documentari prodotti dall’ANVGD sulla storia della nostra gente. Edito nel 2004, ha ottenuto unanime apprezzamento tra le istituzioni, i critici, il popolo dell’Esodo e gli studenti. È stato più volte inserito nel palinsesto della piattaforma Sky, recensito dai più importanti quotidiani nazionali e alcuni passaggi sono stati trasmessi dalle televisioni di tutta Italia, soprattutto in coincidenza del Giorno del Ricordo. Le due puntate da 50 minuti, contenute finora in un unico dvd, si sdoppiano da oggi e diventano due eleganti ed inseparabili confezioni: «Esodo- La memoria negata» ed «Esodo-L’Italia dimenticata». Rinnovata anche la grafica delle copertine. Ecco parte della presentazione riportata sulle confezioni. «Questa storia, fatta di orrori, di sacrifici e di eroismi di gente semplice, strappata dalle memorie più care di luoghi abitati da secoli da popolazioni italiane, è stata per cinquant’anni totalmente dimenticata e nascosta alle nuove generazioni e all’opinione pubblica del Paese. In questi due documentari si ricostruiscono quegli eventi con riprese cinematografiche autentiche e con una serie di testimonianze, ad alto contenuto emozionale, di uomini e donne che quelle vicende hanno vissuto». I documentari sono prodotti per l’ ANVGD dalla VeniceFilm di Padova, per la regia di Nicolò Bongiorno, figlio d’arte del celebre Mike. I due dvd sono disponibili presso la Sede nazionale ANVGD, tel/ fax 06.58 16 852, mail [email protected] NELLA GIORNATA DEL GENOCIDIO ARMENO 24 aprile 2008 In occasione del 24 aprile, giorno in cui in tutto il mondo gli armeni ricordano il genocidio di cui si rese responsabile il governo di Istanbul nel 1915, il Vicepresidente della Federazione delle Associazioni, Lucio Toth, ha firmato il comunicato stampa che riproduciamo. CONSULTA VENETO Quei massacri, perpetuati sotto lo sguardo passivo delle grandi potenze di allora, furono l’inizio di una serie di pulizie etniche e di persecuzioni razziali, dalla catastrofe greca del 1922 in Anatolia alla Shoah degli ebrei di tutta Europa, all’attuale tragedia del Darfur. Perché ciò non accada mai più la comunità internazionale deve farsi carico con i suoi strumenti diplomati- ci e militari per tutelare ovunque i diritti umani violati in nome di totalitarismi o di integralismi di ogni genere. Come ha ribadito Benedetto XVI nel suo discorso all’ONU. Gli esuli giuliano-dalmati si uniscono ai sentimenti e ai voti degli armeni raccolti il 24 aprile attorno alla Basilica di Sant’Ambrogio a Milano, assunta a simbolo della cristianità europea. Trieste-Roma, 23 aprile 2008 Il Vicepresidente On. Lucio Toth Adriatico-Baltico, allo studio una nuova via di interazione Periodico mensile dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Centro studi padre Flaminio Rocchi DIRETTORE RESPONSABILE Patrizia C. Hansen Editrice: ASSOCIAZIONE NAZIONALE VENEZIA GIULIA E DALMAZIA Via Leopoldo Serra, 32 00153 Roma - 06.5816852 Abbonamenti: Annuo 30 euro Socio Sostenitore 50 euro Solidarietà a piacere Estero 40 euro (non assegni stranieri) Una copia 1 euro - Arretrati 2 euro C/c postale n° 32888000 Intestato a “Difesa Adriatica” Con il contributo della legge 72/2001 Redazione e amministrazione Via Leopoldo Serra, 32 00153 Roma - 06.5894900 Fax 06.5816852 Grafica e impianti: CATERINI EDITORE (Roma) Servizi Integrati per l’Editoria e la Comunicazione Tel. 06.58332424 Fax 06.97255609 E-mail: [email protected] Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 91/94 dell’11 marzo 1994 Spedizione in abbonamento Postale di ROMA Stampa: Beta Tipografica Srl (Roma) Finito di stampare il 23 maggio 2008 Un «corridoio multimediale» che colleghi il Baltico e i Paesi del Nord Europa e il bacino Mediterraneo attraverso l’Adriatico, per aprire questa parte d’Europa ai mercati globali, favorendo anche la coesione economica tra Paesi dell’Est e dell’Ovest del vecchio continente. È questo il progetto del quale si è parlato a metà aprile a Venezia, alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, nel corso di un incontro internazionale. L’iniziativa si chiama «Progetto Adria-tic - Baltic Landbridge», e a Venezia sono state illustrate le conclusioni di un’analisi di fattibilità, che coinvolge i temi delle infrastrutture di trasporto con l’obiettivo di migliorare le opportunità di sviluppo delle regioni comprese tra il mare Adriatico ed il Mare Baltico per aiutare la coesione economica attraverso lo sviluppo del territorio, e migliorare la qualità della vita delle comunità interessate. Il progetto coinvolge, oltre alla Regione del Veneto ed altre istituzioni e realtà italiane, enti e organizzazioni di Repubblica Ceca, Polonia, Slovenia, Austria, Germania. Giugno 2008 Su “Italia Oggi” intervista a Roberto Predolin Su “Italia Oggi”, uno dei principali quotidiani economici nazionali, è comparsa il 7 maggio una intervista a tutta pagina a Roberto Predolin, consigliere nazionale dell’ANVGD e presidente della SOGEMI di Milano, una delle maggiori società di gestione del capoluogo lombardo e non solo. Predolin, che vanta anche una consolidata esperienza politica, non manca in questa intervista a firma di Domenico Aliperto (dal titolo Trasformo i sogni in realtà) di ricordare la sua origine dalmata, con le parole che riportiamo. _________________________ «Tra le cose che Roberto Predolin preferisce ci sono le persone che sanno realizzare i sogni. Quelle che prendono in mano un grande progetto e lo trasformano in realtà. Ma se gli chiedete se si ritiene pure lui capace di tanto, si schernisce e dice che i suoi sogni sono assai più semplici. [...] Ma intanto, a dispetto di quello che dice lui probabilmente con eccesso di modestia, dall’undicesimo piano che domina il complesso del mercato ortofrutticolo di Milano, Predolin, presidente di Sogemi (società che gestisce i mercati all’ingrosso della metropoli), ha il compito non semplice di traghettare l’intera struttura verso l’appuntamento che attende il capoluogo lombardo al varco dell’Expo 2015. Attraverso la riqualificazione della zona e la creazione di nuovi spazi dedicati alla cultura del buon vivere, Predolin intende infattti rilanciare l’immagine di quello che potrebbe diventare uno dei più rilevanti punti di accesso alla città. [...] In ambito professionale l’esperienza di Predolin si è sviluppata su due fronti, quello della logistica e quello della politica. Ho lavorato in diverse aziende del settore, e per un periodo sono stato anche imprenditore. Ma la globalizzazione imponeva regole che avrebbero cambiato radicalmente il mio lavoro, e ho preferito rinunciare piuttosto che accontentarmi. [...] Sulla carta d’identità di Predolin si legge che è nato a Pisa. Eppure nel suo accento del toscano non c’è nemmeno l’ombra. «Marina di Pisa», precisa sorridendo. «Sono nato lì perché mio padre voleva che la prima cosa che vedessi una volta aperti gli occhi fosse il mare. E anche se dopo ci siamo quasi subito trasferiti al Nord, l’amore per il grande blu non mi ha abbbandonato: non appena mi è possibile vado con mia moglie a Sestri Levante, dove ho una casa che uso come base per le escursioni con i nostri tre cani, così come una delle mie più grandi passioni è la vela, alla quale purtroppo posso dedicare meno tempo». Pur avendo il mare nel cuore, Predolin ha vissuto a Milano, «Una città nella quale mi sono sempre inserito con facilità, a differenza dei miei genitori, dalmati, che hanno vissuto come una frattura insanabile l’allontanamento forzato dalla loro terra in fuga dai comunisti di Tito». L’identità dalmata è una componente fondamentale dell’esistenza di Predolin, che dal 1970 ricopre il ruolo di dirigente dell’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia, con l’elezione nel 2002 all’interno dell’Esecutivo nazionale. Ed è solcando l’Adriatico in barca a vela che il presidente torna a scoprire le sue origini. «Con pochi amici, anche loro dalmati, sfruttiamo queste occasioni per incontrarci e per godere insieme delle bellezze della nostra terra. Ma occhio alle correnti della costa balcanica: se non si presta massima attenzione navigare lì l’è dura». Domenico Aliperto (“Italia Oggi”, 7 maggio 2008) Lussignani negli Stati Uniti, una lunga storia La storia dei Lussignani in America è la storia del coraggio, della speranza, degli sforzi di gente che con determinazione e serio impegno affronta o svolge ogni azione o professione intrapresa. [...] Dal 1880 al 1924 molti lasciarono a Lussino le loro case e i loro cari, si imbarcarono sulle navi, attraversarono l’Oceano per la prima volta alla ricerca di una vita migliore nel nuovo mondo. I primi Lussignani arrivati in questo paese si sistemarono nelle città come New York, Hoboken, Philadelphia, San Francisco, Galveston ecc. Dopo la grande crisi economica del 1929 alcuni decisero di ritornare definitivamente in patria. La maggioranza dei primi emigranti in America erano uomini che arrivavano da soli, mentre le rispettive famiglie rimanevano a Lussino. I Lussignani sono sempre stati uniti e si sono sempre aiutati vicendevolmente. Per questa ragione nel 1922, a Hoboken, nel New Jersey, hanno fondato una società di mutuo soccorso denominata «Lussignana Benevolent Society». [...] La Società aveva anche 9 DIFESA ADRIATICA provveduto all’acquisto di diverse tombe nel cimitero di North Arlington, New Jersey; qualsiasi socio, senza famiglia in questo paese, poteva venir sepolto con dignità. [...] In questo cimitero ci sono inoltre moltissime altre tombe di famiglie lussignane. [...] Questa societa è stata attiva per oltre cinquant’anni. Dopo il nostro esodo, dal 1945 al 1960, moltissimi Lussignani si sono trasferiti in questo Paese, molti per raggiungere i propri familiari già qui residenti, sperando tutti in un domani diverso e migliore. Nonostante le tipiche avversità che si riscontrano in un nuovo Paese, i Lussignani si sono adattati ben presto alla nuova vita, grazie alla genialità e all’impegno che li caratterizzano. Spesso hanno iniziato con umili lavori, ma ben presto si sono resi indipendenti attivandosi in proprio o in società con altri. Già nel 1924 i fratelli Mirto e Federico Scopinich avevano aperto, con successo, a Freeport, Long Island, N.Y., dei cantieri navali denominati ]Freeport Point Shipyard». [...] Altri, arrivati dopo l’esodo, hanno trovato ottimi impieghi presso grandi società italiane, come Fiat, Montecatini, Snia Viscosa, Marzotto ecc., giacché, nell’immediato dopoguerra, centinaia di ditte e banche italiane avevano aperto negli Stati Uniti i loro uffici di rappresentanza. Molte donne, che a Lussino avevano, come tutte, una macchina da cucire “Singer”, hanno trovato lavoro nel campo della moda. [...] Il lavoro non è mai mancato in questo paese e i Lussignani, da bravi «sparagnini», si sono tutti sistemati decorosamente, acquistando le proprie case; hanno insegnato ai loro figli il valore e l’utilità d’avere una buona istruzione e, infatti, quasi tutti i figli Con l’isola nel cuore, negli Stati Uniti i lussignani si sono ottimamente inseriti nella società e nel lavoro Arcipelago della memoria, paesaggi e miti del mare Licio Damiani ha presentato il suo ultimo libro Arcipelago della memoria a Trieste, giovedì 8 maggio, presso la Società Triestina della Vela. L’incontro era organizzato dal Centro di Documentazione Multimediale della cultura giuliana, istriana, fiumana e dalmata. Ad introdurre il libro e l’autore la prof.ssa Maria Carminati, critico letterario e curatore della collana La Nuova Base Editrice. Questa nuova edizione dei racconti di Licio Damiani, già pubblicati negli anni Settanta, è arricchita da due testi inediti, che si aggiungono ai precedenti, conferendo un motivo di interesse e di attenzione. L’autore, nato nel 1935 a Lussinpiccolo, vive a Udine. Giornalista professionista e critico, fa parte dell’AICA, l’Associazione internazionale dei critici d’arte. È autore di due volumi sull’arte del Novecento in Friuli, nonché di numerose monografie e saggi su pittori, scultori, architetti. Nel 2001 è uscito Friuli Venezia Giulia. L’Arte del Novecento. Ha pubblicato libri di narrativa, di poesia e di viaggio. Già capo servizio alla RAI, collabora a quotidiani e a riviste ed ha realizzato documentari cinematografici e televisivi. Carlo Sgorlon nella premessa al volume, sottolinea «Come quella di tutti i veri scrittori mediterranei, l’indole di Damiani è un po’ pagana, e significa adesione calda e voluttuosa alla bellezza del mondo. Ma la felicità della sua pagina è notevole anche perché essa dispone dello spessore prospettico creato dalla malinconia, da momenti di stanchezza di scoramento, dal dissolvimento dei sentimenti in una specie di reverie e di sognante monologo. Ad esempio il mare in lui non è soltanto luogo che fa sentire più forte la gioia di esistere: è anche qualcosa di sterminato che scioglie i pensieri e fa nascere il desiderio di andar lontano, quando si vedono partire i bragozzi da pesca e sfilare le vele colorate all’orizzonte». Storia e memoria sono le due chiare direttrici lungo le quali si sviluppa la narrazione di Damiani, accompagnata da un diffuso senso di nostalgia che aleggia intorno a tutti i racconti: una nostalgia dolce, pacata, priva di qualsiasi sentimento di rivendicazione per i suoi luoghi perduti: non solo la città e l’isola di Lussino, ma tutto l’arcipelago delle Absirtidi, le isole piccole e piccolissime che insieme a Cherso e Lussino formano un paesaggio marino di folgorante bellezza, di uno splendore che sembra rivivere in ogni pagina di questi racconti, ove la parola si carica di una intensa passione per questo mondo amato e così fortemente radicato nell’anima dell’autore. (fonte www.arcipelagoadriatico.it) Paesaggi e sentori di Cherso hanno frequentato le migliori università americane. Oggi abbiamo in questo paese diversi affermatissimi medici, avvocati, ingegneri, dottori commercialisti e anche un presentatore alla televisione. Un Lussignano, in particolare, arrivato a New York nel 1956, ha acquisito fama mondiale per il suo grande ingegno e bravura. Si tratta di Mario Tarabocchia, figlio di Pietro Tarabocchia (primo squero). Mario era un uomo straordinario, un genio sul lavoro e alla fine degli anni Sessanta era già riconosciuto, anche dalla stampa internazionale, fra i più grandi progettisti di yachts al mondo. Tutte le barche che, dal 1964 al 1980, hanno difeso vittoriosamente per gli Stati Uniti la prestigiosa Coppa America sono state da lui progettate, nei suoi uffici della Madison Avenue di New York. Nonostante i tanti successi ottenuti, Mario Tarabocchia è rimasto sempre un uomo di un’eccessiva modestia; era felicissimo quando poteva incontrare i Lussignani ai vari raduni. [...] Giannina Lechich Galeazzi (fonte periodico “Lussino”) 10 DIFESA ADRIATICA Giugno 2008 Francesco Patritio, un saggio e una lapide Il prof. Luigi Tomaz, assiduo studioso della storia antica e moderna dell’Istria e della Dalmazia, è autore di due recenti volumi, il primo dei quali abbiamo presentato sul numero di maggio, il secondo dedicato invece alla figura e all’opera dell’umanista chersino Francesco Patrizi. Dall’Autore ci perviene una riflessione sul tema della storia e dell’indebita manipolazione di personalità e civiltà intere ad opera della storiografia croata, che pubblichiamo di seguito nei passaggi più significativi. __________________________ Tra giugno e settembre 2007 ho dato alle stampe due libri apparentemente diversissimi: Il Confine d’Italia in Istria e Dalmazia – Due millenni di storia e Francesco Patritio da Cherso, un grande italiano del Rinascimento. L’uno e l’altro sono stati inviati dall’Editore alle principali Biblioteche e dall’ANVGD ai Comitati provinciali dell’Associazione, ma soltanto il libro sul Confine è stato diffuso tra il pubblico che mi segue con particolare attenzione mentre quello sul Patritio è in corso di distribuzione. I due lavori sono diversissimi per gli argomenti che trattano, ma vanno perfettamente d’accordo nella loro finalità in quanto rispondono all’esigenza di difendere la storia di noi Istriani e Dalmati dalla costante aggressione della storiografia nazional-razzista degli Stati di Slovenia e di Croazia che, pur nati dal crollo della Jugoslavia da loro stessi demolita, ne hanno assunto con rinnovato vigore l’impegno di combattere fino alla totale estirpazione la nostra presenza nella memoria dell’Umanità. Resisi conto di non poter arrivare alla cancellazione dei grandi eventi territoriali e dei grandi protagonisti della nostra tradizione culturale italica, hanno adottato la tattica dell’assimilazione forzata. Furbescamente essi sanno che la propaganda martellante attuata dai centri del potere culturale quali le università statali (o meglio nazionali) ed il coinvolgimento di prestigiose istituzioni internazionali cadute nei loro trabocchetti, hanno maggior forza di convincimento delle argomentazioni logiche che vengono ridotte a bisbigli di esigue e trascurabili minoranze fatte passare per antipatriottiche o, nel migliore dei casi, per eccentriche. A loro non interessa il consenso universale ma unicamente l’educazione delle loro masse all’orgoglio nazionalista fondato sulla certezza della superiorità astratta della razza di presunta appartenenza. Nel campo della geografia politica le regioni italiche d’Istria e Dalmazia devono passare alla storia come regioni da sempre (dalla preistoria!) totalmente slave costrette a subire le dominazioni di Roma, di Venezia e dello Stato Italiano. Nel campo della letteratura e del pensiero, tutte le personalità, da San Girolamo al Tommaseo devono essere considerate grandi geni croati forzati ad esprimere sentimenti italiani in lingua italiana e costretti ad emergere tra i massimi italiani delle loro epoche. Anche la mia recente Architettura adriatica tra le due sponde – Saxa loquuntur va inquadrata nella stessa necessità di difesa del patrimonio culturale giuliano-dalmata dalla proterva appropriazione indebita da parte balcanica. Se tutti parliamo soltanto degli eccidi, dell’Esodo e dei beni abbandonati, continuando a dare la colpa della nostra tragedia alla cattiveria comunista del 1943-’45, riduciamo la nostra storia ad un piccolo periodo e la presentiamo come un episodio della storia della ferocia umana. Così però abbandoniamo i nostri duemila anni di altissima storia civile che sono stati, e continuano ad essere, il vero movente delle violenze che abbiamo subito e stiamo subendo. La difesa dell’italianità totale di Francesco Patritio è necessaria oggi più che mai. Soltanto chi vive tra le nuvole può permettersi di non capirlo. Nel mio libro ho ristampato, con l’aggiunta di una quantità esuberante di altre note e notizie documentatissime, due relazioni già pubblicate nella “Rivista Dalmatica” del 1966 e del 1998. La prima di poco si scosta dalla Commemorazione che nel 1994 fui chiamato a tenere a Trieste dall’Unione degli Istriani, mentre la seconda è la puntualizzazione delle violenze attuate contro la memoria del grande chersino nel quattrocentenario della morte. Il titolo è Il grande falsificato. In questo secondo lavoro, che ho diviso in capitoli, ho ripreso le critiche ai simposi patriziani organizzati annualmente a Cherso dalla Società dei filosofi Croati di Zagabria. I Simposi avevano già allora, nel 1997, provocato traduzioni in lingua croata delle opere del Nostro, con i frontespizi falsificati sicché l’ignaro lettore se li trova editi nel XVI secolo U Ferrari (a Ferrara) o UVeneciji (aVenezia) da Frane Petriæ con caratteri di stampa, fregi e figure copiati dagli originali cinquecenteschi stampati allora in lingua italiana o latina. Il più evidente dei prodotti dei Simposi è il monumento di bronzo a Frane Petric – Petrisìvic. A proposito della lapide in Sant’Onofrio a Roma La lapide è scritta in latino. Unica parola non latina è Cres. Il testo è l’evidentissimo risultato di un tiramolla assai poco serio tra l’insistenza dei Croati e la resistenza del Cardinale o di chi l’ha rappresentato nell’estenuante trattativa tra...latinisti. La lapide posta sul lato sinistro della Chiesa di S. Onofrio a Roma Il Bronzo di Lussino a Fiume Il Bronzo di Lussino è giunto a Fiume, a bordo di un furgone “trasporti speciali”, non avendo mai superato gli 80 chilometri orari. Durata del viaggio, circa sette ore. Nel capoluogo quarnerino la splendida statua è stata collocata nel salone grande dell’ex Palazzo del Governo, al primo piano. Nella sede del Palazzo, nel corso di una conferenza stampa, è stata presentata la mostra e il progetto che accompagna l’Apoxyómenos di Lussino. Il bronzo, che raffigura un atleta che si sta detergendo (un soggetto abbastanza frequente nell’arte greca), è alta un metro e 93, e secondo gli studiosi è copia di un’opera dello scultore greco Lisippo. Come si ricorderà, fu casualmente rinvenuta nel 1997 nelle acque dell’arcipelago di Lussino da un subacqueo belga. Lungo il restauro cui è stato sottoposto all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, che lo ha riportato all’originario splendore. Dopo una prima esposizione a Zagabria, l’Apoxyómenos è stato esposto a Firenze in Palazzo Medici Riccardi. Ora è approdato a Fiume. Da qui successivamente sarà trasferito in Dalmazia, a Spalato, Ragusa e Zara, per trovare infine stabile sistemazione nella “sua”Lussino, che lo ha fortemente voluto, in quel di Palazzo Quarnero. d. a. Un’elaborazione grafica dell’atleta di Lussino Sconterà la pena in Italia un croato condannato dal TPI per crimini di guerra Mladen Naletilic, condannato dal Tribunale internazionale dell’Aja (TPI) a 20 anni di carcere per crimini commessi contro i musulmani di Bosnia a Mostar, nella Bosnia-Erzegovina, dall’aprile del 1993 al gennaio del 1994, e’ stato trasferito in Italia dove scontera’ la sua pena. Ne dà notizia il TPI. Naletilic, conosciuto anche con il nome di Tuta, è stato il fondatore e il comandante del «Battaglione dei condannati», un’unità paramilitare del Consiglio di difesa croato. La corte del Tribunale lo ha riconosciuto colpevole di torture, trattamenti crudeli e di avere inflitto deliberatamente gravi sofferenze ai musulmani bosniaci in Doljani e nel centro di detenzione “Heliodrom”. Secondo la sentenza, Tuta è stato personalmente coinvolto nel trasferimento forzato di 400 musulmani dai villaggi di Sovici e Doijani, dopo avere ordinato di bruciare tutte le case, ed è stato ritenuto colpevole di avere forzato i prigionieri a lavorare nella sua villa. Roma, la Chiesa e il convento di S. Onofrio in una stampa del XVIII sec. Ciò che si legge fa ridere quanti non riescono a piangere di commiserazione per chi, da parte romana, forse ingenuamente crede di aver concorso a formulare un’opera d’arte diplomatica riuscendo a comporre soltanto un pateracchio storichese. A noi Chersini veri, quella lapide fa soltanto compassione. [...] Tutti ricordiamo le Sale Vaticane ridotte a galleria per esporre al mondo allibito l’Arte che i Croati hanno trovato nelle nostre terre, esibita quale «arte croata». Agli schiaffi del Vaticano noi siamo dunque abituati ma ciò non ci impedisce di soffrire per il comportamento dei Principi della Santa Chiesa che perseverano a parteggiare per i prepotenti smentendo gli insegnamenti che noi abbiamo ricevuto dai nostri Vescovi, tutti esulati con noi per fuggire dal nazional-razzismo allora comunista ma non nato nè morto col comunismo. È evidente che i Croati hanno trovato resistenza ma è anche evidente che son riusciti a raggirarla. Non potendo scrivere la lapide in croato con tanto di nome Frane Petriæ –Petrisìviæ col quale hanno ribattezzato il grande chersino, han dovuto chiamarlo in latino Franciscus Patricius, come lui ha firmato ovviamente soltanto le sue opere scritte in latino per i filosofi europei. Han dovuto inghiottire il Serenissimae Reipubblicae Venetiarum insignis philosophus et litterarum cultor ma hanno ottenuto il natus... A.D. MDXXIX in insula Crexi, hodie Cres in Croatia. Francesco Patritio o Paticio (variazione olografa tipica del tempo, comunque pronunziata Patrizio) così scrisse il 12 gennaio 1587 a Baccio Valori che gli aveva chiesto i suoi dati biografici: «Nacque Fran.co Patricio in Cherso terra d’una delle antiche Absirtidi in Liburnia, nel Quarnaro, la qual terra o isola Plinio chiama Crexa, Tolomeo Crepsa». La tradizione chersina ha sempre preferito, per il periodo medievale e moderno il latino Chersum. Il doge Ranieri Zeno nel 1260 scrive al conte Giovanni Tiepolo: «comitatus Absarensis et Chersi [...] homines Absari et Chersi». Il re Sigismondo, nel cinquantennio 1358-1409 in cui l’Ungheria tenne la Dalmazia, definiva l’isola: «insula nostra regia Absari et Kersi [...]». E così via. La K prova che la pronuncia non era ‘Z’ mentre Crexi può essere pronunciata, alla croata, come si pronuncia Cres, cioè Zres. È chiaro che la traduzione latina della Cherso del MCXXIX è Chersum. Ai Croati interessava una sola cosa, che il nome Cherso non venisse assolutamente menzionato perché la storia apparisse, come vogliono loro, evolutasi direttamente dal latino antico al croato moderno. [...] Il madornale «hodie Cres in Croatia», riduce la lapide ad un foglietto volante in balìa del mutevole vento della Storia. Qualche anno fa il Hodie avrebbe richiesto in Jugoslavia, sessantadue anni fa in Italia, cent’anni fa in Austria e così via. Il Hodie del domani quale sarà? Anche l’Accademia Croata quindici anni fa sarebbe stata Jugoslava e da oltre un secolo. Un onore molto precario rende al grande italiano di Cherso quella lastra di pietra nata dal compromesso contingente che in una lingua antica ha messo in evidenza l’oggi per eliminare il passato nel quale il Patritio è vissuto ed ha operato. [...] Luigi Tomaz Jasenovac e Bleiburg: i difficili conti con la storia della Croazia Nella commemorazione annuale delle vittime del lager ustascia di Jasenovac non sono mancati duri attacchi alla Chiesa cattolica, accusata di fiancheggiare i croati filonazisti. L’accusa è stata mossa da Ivan Fumic nel corso della cerimonia svoltasi alla presenza del Presidente Mesic. Il fatto che mai i più alti esponenti del clero croato hanno reso omaggio alle vittime – serbi, ebrei e croati comunisti – induce Fumic a ritenere che «molti preti all’interno del sistema ustascia hanno formato organizzazioni affini, hanno eseguito attività di proselitismo, e alcuni hanno partecipato personalmente agli assassini in questo lager. Questa, probabilmente, è anche la ragione per cui il clero cattolico si tiene molto alla larga da Jasenovac, ma non da Bleiburg», località quest’ultima nella quale, secondo fonti storiche croate, vennero trucidati dai partigiani di Tito tra i 50.000 e gli 80.000 croati inquadrati nelle milizie dello Stato croato di Pavelic Secondo la stampa di Zagabria lo scorso anno l’arcivescovo di Zagabria, il cardinale Josip Bozanic, ha celebrato a Bleiburg la Messa. Anche il suo predecessore, il cardinale Franjo Kuharic, come Bozanic, ha visitato Bleiburg e mai Jasenovac. Secca la reazione della Chiesa, anche alle parole del Capo dello Stato Mesic, il quale quest’anno ha affermato che «ci sono stati dei preti cattolici che si sono sporcati le mani di sangue durante il regime NDH [ustascia, ndr]» e per questo sarebbe bene che il vertice della Chiesa cattolica venisse a Jasenovac, per quei preti che sono stati dalla parte della giustizia e della democrazia». La Conferenza episcopale croata, nella nota su Jasenovac, ha stigmatizzato le parole di Fumic e di Mesic come «diffamazione di stampo comunista». Ma la stampa di Zagabria non ha mancato di notare come anche il Parlamento usi due pesi e due misure, avendo stanziato 500.000 kune (70.000 euro circa) per la commemorazione delle vittime di Bleiburg, e soli 100.000 kune (poco meno di 14.000 euro) per la commemorazione delle vittime di Jasenovac. Red. Giugno 2008 11 DIFESA ADRIATICA Storia di una gloriosa società la “Diadora” di Zara Dal nostro inviato nel tempo... Comunemente si crede che la “Diadora” si sia trasformata, nel tempo, da società di canottaggio in una grande azienda produttrice di articoli sportivi. In realtà la multinazionale veneta ha preso questo nome grazie ad un suggerimento dato al fondatore e Presidente della società Danieli da un amico. L’antico sodalizio oggi ha la sede presso il Lido di Venezia ed ha conquistato un titolo europeo nel 1923 e una storica medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Parigi nel 1924. Eccone una breve storia. Nel 1898 venne fondata a Zara la Società Canottieri Diadora, grazie alla passione per l’attività remiera di Desiderio Barich, Antonio de Hobert, Giovanni Paitoni, Oscar Randi, Antonio Smirich a cui successivamente si aggiunsero Venceslao Stermich, Roberto Rossini, Vittorio Verban. Iniziarono con una «passera» a quattro remi con timoniere e successivamente misero in mare una flottiglia di sandolini sui quali si distinsero Ludovico de Shoenfeld e Casimiro Sorich. In quegli anni la città e tutta la Dalmazia facevano parte dell’Impero austroungarico e ciò impediva alla Diadora di poter partecipare al “Reale Rowing Club Italiano”. Dopo lunghe fatiche, Verban, Stermich e Rossini riuscirono a sfuggire alla Federazione di canottaggio austriaca e finalmente, l’8 settembre 1907, presero parte alle regate internazionali di Trieste, dove l’armo composto da Stenta, Zanella, Cattalinich e Luxardo conquistò la prima vittoria per la Diadora. Da quel giorno fino al Note dolorose... Cinque anni dalla scomparsa di Padre Rocchi Nel quinto anniversario della scomparsa di Padre Flaminio Rocchi O.F.M. la Sede nazionale ANVGD con il Presidente Lucio Toth e l’Amministrazione, e la Direzione di “Difesa Adriatica” ne ricordano con grande stima il pluridecennale e quotidiano impegno a favore dei profughi giuliano-dalmati. Il cospicuo archivio della sua corrispondenza comprova la Sua tenacia, la Sua umiltà e le Sue preziose capacità di relazione con le amministrazioni pubbliche, qualità che hanno permssso agli Esuli di poter beneficiare di un costante aiuto, durato oltre quarant’anni. • • • Il 30 aprile 2008 a Sala Consilina (Salerno), dove si trovava per un soggiorno, a 16 mesi di distanza dal suo adorato marito Angelo, è venuta a mancare la mia mamma, Norma Molan ved. Mancini Nata a Fiume il 2 giugno 1924. Dal 1948 risiedeva al Villaggio Dalmazia di Novara. Con dolore la figlia dedica questu pensieri alla cara mamma, che piangerà per il resto dei suoi giorni. «Mamma cara, sto guardando il tuo volto appena disteso nella morte, so che nonostante l’atrocità del male te ne sei andata serena, io e te, mano nella mano, quelle mani benedette che per noi hanno scavato pane sulle strade di una vita che non sempre è stata facile. Eppure, con estremo coraggio,dignità e tanto amore, hai saputo tenere in piedi una famiglia i cui valori sono fermi e indiscutibili.Grazie, e grazie per ciò che siamo. Sessant’anni fa, con due bambini piccolissimi, varcasti da sola un confine mal tracciato dall’ignominia umana, infreddolita, stanca, spogliata di ogni avere, come altri 350.000 tuoi connazionali, scegliesti la tua italianità e con essa tutte le vie tortuose che ne conseguirono. Sono le grandi donne come te che hanno dato alla storia, che hanno fatto la storia e di fronte alle quali la storia si deve inchinare.Grazie mamma anche per questo. I tuoi meravigliosi occhi color del cielo sono chiusi per sempre, ma il tuo sguardo vive dentro di noi, nei nostri cuori che tu hai innondato di amore fino all’ultimo, così che il tuo ultimo respiro è stata una carezza che ha avvolto noi tutti in un tenero bozzolo profumato di primavera che ci terrà per sempre uniti nel tuo ricordo. l tuoi amati figli Notizie liete... DALMATI D.O.C. GIOVANE DALMATA SI LAUREA CON UNA TESI SULL’INTEGRAZIONE MULTIETNICA 1940 gli armi della Diadora vinsero numerosissime regate, campionati d’Italia e d’Europa, riuscendo a conquistare la medaglia di bronzo allaVIII Olimpiade di Parigi con un “otto” fuori scalmo. La guerra purtroppo, oltre a mietere le vite di molti soci, portò alla rovina della città di Zara costringendo la popolazione alla fuga e all’esilio in Italia e all’estero. Con loro se ne andò anche la Società Canottieri Diadora abbandonando Zara per sempre. Lo spirito del Sodalizio sopravvisse agli eventi bellici e nel 1961 alla Canottieri Stamura riapparvero sulle acque antistanti Ancona, in una manifestazione sportiva, le maglie bianco/blù della Diadora. Fu il primo passo verso la ricostruzione fisica del Sodalizio che trovò sede al Lido di Venezia. La sede, dapprima un insieme di baracche, più tardi in un fabbricato in muratura, venne stabilita presso il Tiro a Volo al Lido di Venezia. Grazie alla generosità delle Società consorelle cittadine si costituì il primo parco di imbarcazioni. Rinacquero così le condizioni per riavviare quell’attività sportiva e formativa per i giovani che portò nuovamente la Diadora sui campi di regata. Como 2 settembre 1923 Si svolgeranno domani sul percorso storico, risalente al lontano 1896, di circa 2 chilometri e mezzo daVilla d’Este aVilla Olmo, le finali del Campionato europeo di Canoa. Ore: 9’00: Campionato a quattro vogatori e timoniere. Partecipanti: Svizzera, Olanda, Ungheria, Francia, Italia, Belgio Spagna. Ore 10.00: Campionato di Skiff: Svizzera, Olanda, Cecoslovacchia, Italia, Belgio, Francia, Spagna. Ore 11.00: Campionato a due vogatori di punta e timoniere. Svizzera, Italia, ( Scaturin e Tassan Della Querini di Venezia ) Francia, Belgio, Olanda. Ore 12.00: Campionato Double Scull: Svizzera, Olanda, Italia, (Dones e Salvini) Francia e Belgio. Ore 14: Campionato a otto vogatori e timoniere: Italia (Diadora di Zara), Svizzera, Cecoslovacchia, Francia, Belgio. Campionati Europei di canottaggio: «La Diadora di Zara vittoriosa nel campionato ad otto vogatori» Como, lunedì 3 settembre 1923 Si sono chiusi oggi, con un nuovo grande banchetto dato in onore a tutti i partecipanti alle gare, i campionati europei di canottaggio. Si sono sentite cantare, nella festa organizzata al Hotel Plinius, canti e canzoni care a ciascuna nazione fino a notte tarda. In realtà. la festa ufficiale del remo, si era chiusa nel tardo pomeriggio a Villa d’Este con la consegna dei premi agli atleti. In questa manifestazione continentale, gli svizzeri si sono aggiudicati quattro primi premi. Appare chiaramente necessario ai vogatori italiani migliorare la preparazione tecnica e fisica per poter ritornare ad essere competitivi alle prossime Olimpiadi. Tuttavia l’Italia non deve rammaricarsi del risultato ottenuto anche se non è conforme alle aspettative. La vittoria conseguita dalla Diadora compensa in parte la delusione e ci lascia ben sperare per l’ avvenire tanto più che anche nella gara a due i nostri atleti hanno dimostrato di poter tenere testa ai migliori di Europa. Le Gare: campionato a otto vogatori e timoniere Classifica Finale: 1.ITALIA Vogatori: Milles, Toniazzi, Cattalinich, S. Ivanow, Crivelli, Cattalincich F., Glimbich, Serich, Timoniere: Galassi della Diadora di Zara in 6.48. 2. Svizzera. in 6.48,5.3. Cecoslovacchia. in 7.5 4 Francia in 7.17 5. Belgio in 7.29. L’allineamento piuttosto faticoso, segnale buono. Il distacco è simultaneo per tutti. L’Italia parte a 40 e vi insiste mentre la Svizzera cala presto a 36. A 500 metri l’Italia conduce con oltre mezza lunghezza sulla Svizzera che è in linea con la Cecoslovacchia. Seguono Francia e Belgio. A 750 metri, mentre la Diadora è sempre in testa, con quasi una lunghezza di vantaggio, la Svizzera incomincia a staccare la Cecoslovacchia, che voga a larga cadenza e che precede di una lunghezza la Francia. Ultimo è il Belgio staccato. Anche ai 1000 metri l’Italia passa in testa; la Svizzera sembra ora colmare il distacco e fra i 1500 e i 1700 metri accelera la sua andatura, avvicinandosi agli italiani che vogano a 34. La Diadora se ne accorge, scatta e a sua volta, ma non riesce a mantenere la leggerezza e perde terreno. Solo la sua energia riesce a salvarla dal pericoloso attacco svizzero, che per poco ci costa sul palo una sconfitta. Giorgio Di Giuseppe È un fiorire di successi fra i giovani dalmati di terza generazione. La giovane dalmata Emilia Maburzio, figlia dello zaratino Armando Maburzio, esule da Zara nel 1948, ha brillantemente conseguito la laurea in Scienze dell’Educazione (Facoltà di Scienze della Formazione) presso l’Università Roma Tre, discutendo una tesi in “Laboratorio di Pedagogia interculturale” dal titolo Quando in classe siamo tutti diversi. Integrazione e pari opportunità: percorsi e progetti in una scuola multiculturale. La tesi rappresenta uno studio di particolare interesse del fenomeno dell’integrazione culturale e linguistica nella scuola primaria, focalizzato in particolare sulla realtà di una scuola elementare di Roma caratterizzata da una forte multietnicità e dal problema di una reale integrazione fa gli alunni, con la proposta di un concreto progetto di integrazione attraverso la realizzazione di un laboratorio di lingue. Un percorso che nasce dalla presentazione del concetto di diversità come vettore di una integrazione capace di salvaguardare l’identità culturale e individuale di bambini di differente etnia a partire dalla risoluzione del problema della lingua. I temi della multietnicità, della convivenza con il “diverso” (nella sua accezione di “straniero”) e dell’integrazione culturale e linguistica a partire dall’infanzia caratterizzano fortemente l’odierno contesto socio-culturale italiano, con particolare evidenza nelle grandi città come Roma, e sono di grande attualità anche nelle aree ex-italiane dellaVenezia Giulia e della Dalmazia dove, come è noto, il problema dell’incontro-scontro tra l’originaria cultura italiana e la cultura slava è ancora irrisolto. Sarebbe dunque auspicabile promuovere lo studio di un progetto di fattiva integrazione negli asili tra bambini italiani – appartenenti alle comunità dei cosiddetti “rimasti” – e bambini sloveni e croati. Un ambito nel quale forse la giovane Emilia Maburzio potrebbe cimentarsi in futuro offrendo con il suo studio un contributo scientifico di grande valore e utilità per la nostra comunità di esuli che, da sempre, ha dovuto affrontare il problema della difficile integrazione culturale, non soltanto con gli slavi, ma anche con gli italiani “della madrepatria”. Emilia svolge la professione di insegnante di scuola primaria a Roma e collabora a progetti di studio e ricerca sul tema dell’integrazione multietnica presso l’Università Roma Tre. Molto orgoglioso del risultato conseguito il padre Armando, da sempre appassionato sportivo in numerose discipline (marcia, calcio, nuoto-categoria Master), che pratica ancora oggi partecipando a numerose gare di livello nazionale ed internazionale. La famiglia Maburzio è originaria dell’isola di Lagosta, lasciata negli anniTrenta dal bisnonno di Emilia, Giuseppe, (nato a Pomiza nel 1887 da genitori entrambi italiani, commercianti, provenienti da Bari, e spentosi nel 1956 a Torino) insieme alla famiglia per trasferirsi a Zara. Proprio a Zara, nel 1936/’37 fondò il primo e unico conservificio di pesce della Zara italiana, esportando in tutta Italia e anche nel resto del mondo le sue famose scatolette di sgombri dalmati in olio d’oliva, ma che durante la Seconda guerra mondiale, a causa dei bombardamenti della città, andò irrimediabilmente distrutto. Unica testimonianza di quell’importante passato per la famiglia Maburzio è il coperchio di una scatoletta di sgombri ritrovata sul fondo del mare Adriatico da una nave peschereccio. La famiglia Maburzio farà dono del prezioso reperto al Museo storico di Venezia, contribuendo ad arricchire la storia economico-commerciale della Zara italiana con la testimonianza di una attività imprenditoriale oggi scomparsa ma all’epoca assai fiorente. Una storia familiare costellata di momenti importanti, quella a cui appartiene la giovane Emilia Maburzio, alla quale tutta la comunità di esuli giuliano-dalmati rivolge i complimenti più vivi per il risultato conseguito, con l’augurio di poter proseguire con successo sulla strada, già brillantemente avviata, dell’insegnamento e della ricerca universitaria. La famiglia Maburzio nel giorno della laurea. F. G. Emilia, terza da sinistra, fra la sorella Emanuela e i genitori Armando e Nicoletta 12 Questa rubrica riporta: le elargizioni a “Difesa Adriatica” di importo superiore all’abbonamento ordinario; - le elargizioni dirette alla Sede nazionale ANVGD; - eventuali elargizioni di altra natura; - gli abbonamenti ordinari sottoscritti a “Difesa Adriatica”; All’interno di ogni gruppo, i nominativi sono elencati in ordine alfabetico. In rispetto della normativa sulla privacy non vengono citate le località di residenza degli offerenti. Ringraziamo da queste pagine tutti coloro che, con il loro riconoscimento, ci inviano il segno del loro apprezzamento e del loro sostegno. Le offerte qui indicate non comprendono le elargizioni ricevute dai singoli Comitati provinciali dell’ ANVGD . - ABBONAMENTI CON ELARGIZIONI A “DIFESA ADRIATICA” (ccp. 32888000) Le elargizioni si concentrano maggiormente tra fine e inizio anno, in occasione del rinnovo dell’abbonamento. 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GENNAIO (per ritardi di comunicazione da Poste Italiane ) Apollonio De Marzi Regina, Arneri Silvio, Beaco Bruno, Bracco Fiorenza, Bravi Leonella, Bussi Thea, Caneva Franco, Cherin Luciano, Codiglia Ornella, Coslovich Armido, Dal Bosco Mario, Dellabernardina Vanna in Campatelli, Della Savia Gianluca, Del Linz Pietro, Demori Andrea, Devescovi Giovanna, Fabroni Sandro, Fioravanti Silva, Germek Vittoria, Giantomassi Mirella, Marangoni Falcioni Gemma, Marinzuli Giovanni, Matcovich Nadia, Monica Giuseppe, Naddi Caterina, Pakler Carlo. GENNAIO (continua dal numero precedente) Perich Eligio, Perini Fulvio, Perper Alcide, Persich Bruno, Persich Carlo, Persich Flaviano, Pesto Laura, Petrani Antonio, Petricich Gallo Liliana, Petrich Giuliana, Petris Rita, Petronio Guido, Pettazzi Giuseppe, Pezzani Filippo, Pianezzola Giancarlo, Piantanida Adelvia, Pibernik Elena, Picciola Giampaolo, Picot Arturo, Pierucci Giovanbattista, Piscopo Giovanni, Pistan Schiavon Editta, Pitacco Arrigo, Pitacco Riccardo, Pitamitz Honoré, Piutti Graziano, Pizzini Franco, Plank A.Maria, Pogliani Marino, Polessi Alfredo, Politi Giuseppe, Polla Teresa, Polonio Luigi, Poretti Tullio, Poretti Silvi Mercedes, Porro Renata, Postet Piero, Pravi Quirino, Predonzani Favretto M. Luisa, Primeri Iolanda, Prioglio Giuseppe, Prodan Giovanni, Pugliese Aldo, Putigna Luciano, Puzzer Patrizia, Quaglia fam., DIFESA ADRIATICA Giugno 2008 ELARGIZIONI E ABBONAMENTI Quarantotto Lucio, Quattrone M.Ausilia, Raccamarich Giovanni, Raccar Fiorella, Racchi Franco, Racozzi Anna, Radmann Emerico, Raffin Osvaldo, Ramatelli Alfredo, Randi Renato, Randich AntonioAnita-Ubaldo, Ravini Nerio, Raze Raldi Stellia, Re Alfio, Rech Margherita, Redovnicovich Graziella, Resaz Clapci Carmen, Richard Vittoria, Rigo Romanita, Rigutto Plinio, Rinaldi Mariano, Riosa Alessandra, Rocchetti Piergiorgio, Rocchi Santamaria Elda, Rocco Edda, Rocco Sabina, Rock Laura, Rolli Annamaria, Rolli Giovanni, Roman Bruno, Romich Eugenio, Rossi Aldo, Rossi Nidia, Rotta Caterina, Rovatti Fulvio, Rubessa Luciano, Rubini M.Teresa, Rubinich Marino, Rude Mario, Rusich Piera, Sabatti Albina, Sabatti Matilde, Sablich Antonio, Sablich Guido, Sabotha Bernardo, Sabotha Eleonora, Sacchetti Maria, Sacchi Calbiani Fiorella, Salghetti Drioli Giovanni, Salvagno in Mutascio Iolanda, Sambo Licia, Sandrini Annamaria, Sanza Guido, Sartori Giuseppina, Sartori Graziano, Sascor Stelio, Saule Fiore, Saule Fiorella, Sbrizzai M.Grazia, Sbrizzai Giorio Gemma, Scalambra Rita, Scappin Tarcisio, Scantamburlo Libera, Scatton Manlio, Schiffini Daria, Schmeiser Euro, Scomazzetto Luciano, Scomersich Giordano, Scotto Lachianca Giuliana, Scrobogna Adriana e Diego, Segnan Giancarlo, Seguini Glauco, Selem Alessandro, Semic Emma, Senigagliesi Michela, Sepich Angelina, Sepich Ervino, Sepich Mirella, Sequenzia M. Renata, Serantoni Iolanda, Sergi Ernesto, Sergi Sonia, Serrai Mario, Serrentino Pietro, Servi Sergio, Sevieri Enzo, Signori Ottavio, Silvi Antonia, Silz Lia Nella, Simetti Giorgio, Simicich Giuseppe, Simone Dionisio, Simone Maria, Simonetti Anita, Sindici Fiorella, Sirotich Bruno, Skert Alfrida, Skull Giuseppe, Slaviero Delio, Smareglia Corinna, Smillovich Alessandra, Smilovich Nerina, Solari Attilio, Sorgarello Maria, Sossa Claudio, Sotte Silvano, Spada Eneo, Spada Mario, Spada Paolo, Spinelli Fortuna Livia, Sponza Lidia, Sponza Menegotti Eufemia, Stancich Gigliola, Steffè Alda, Stemberger Flora, Stergar Silvana, Stilli Livia Licia, Stipanovich Campana Maria, Stipcevich Sergio, Stocchi Sergio, Stocco Luciana, Stoppari Francesco, Strolego Fabio, Suffi Guido, Superina Mario, Superina Olinda, Suttora Peinkhofer Biancamaria, Svorinich Anna, Svorinich Loretta, Szolil Guglielmo, Tagini Amalia, Tamaro Franco, Tamino Gianni, Terdis Armida, Tesi Mario, Tessarolo Aurelio, Thoman Brunetta, Timeus Brodar Mirella, Toffetti Dolores, Toffetti Graziella, Tolja Mario Bianco, Tomada Giovanni, Tomasello Angelo, Tomasini Giacomina, Tomassoni Poggiolini Miriam, Tomsic Ala, Tomsic Vittorio, Tonelli Marinella, Tornari Tito, Torre Salvatore, Tosolin Fabio, Travas Bruna, Treleani Carmen, Trenti Ferrarese Marina, Treveri Laura, Trigari Nicolò, Troiani Cicogna Ervina, Trusgnach Maria, Tulliach Anna, Turrisi Francesca, Uccello Enrico, Udovicich Iginio, Ujcic Fioritto Lidia, Ulianich Giuseppe, Urbani Garbin Egeria, Urbini Vanna, Usmiani Chiari Maria, Valdemarin Maria, Valente Santo, Valerio Mario, Vallery Tullio, Valvassori Giuseppe, Vanelli Emilia, Varglien Maria, Vatta Alida, Veceralo Massari Maria, Vecerina Fernando, Vecerina Ruggero, Velenich Italo, Velenich Vittorio, Velicogna Alfredo, Venezia Adelia, Ventin Luigi, Veronese Brunello, Veronesi Stefani Donatella, Verzini M. Lauretana, Vescovi Lina, Vesnaver Marcello, Vezzali Maria, Viale Ugo Nevio, Vidali Giovanni, Vidoli Ratti Paola, Vidossi Aligi, Vidotto Maria, Vidulich Gianni, Vincenzi Xenia, Virdis Franzi Silvia, Viscovi Ferruccio, Viscovi Francesco, Vitelli Tafani Iolanda, Viti Sergio, Viviani Fiorina ved. Pavesi, Vollman Edoardo, Vosilla Silvano, Vlacancich Florio, Vukich Ruza, Zago Italo, Zambiasi Gino, Zanelli Aldo, Zanini Marcella, Zelco Giuliana Oregna, Zelko Aldo, Zelko Olga, Zencovich Margherita, Zett Antonio, Zizzi M.Pia, Zorco Maria, Zori Marino, Zorich Antonietta, Zubin Arcida, Zucchi Flaminio, Zuccoli Albina, Zurk Rodolfo. FEBBRAIO Amorino Armenio, Andretti Giovanni, Andrioni Marina, Anelich Lina, A NVGD Comitato Venezia, Balde Luciano, Ballarin Maria, Baratto Mirella, Basezzi Nevio, Bertini Fulvia, Bertossa Bruno, Bianco Ingrid, Blasetti Aris, Bogdanich Battista, Boniciolli Antonietta, Borme Sergio, Bronzini Silvana, Brussi Luciana, Budinis Livio, Bulli Armanda, Busetto Marina, Caffarelli Francesco, Camponi Gelmi, Candelori Marina, Capriz Anna Rosa, Capudi Annuto, Casagrande Mara, Castelli Lauretta, Cech Emilia, Cociancich Ernesto, Coglievina Marino, Colombo Silvano, Colonnello Giovanni, Corazza Antonia, Corazza Robinia, Coslovich Primo, Covacev Aldo, Cozza Antonia, Dalla Chiara Clara, Damiani Nevia ved. Caravaggio, Dapas Nirvana, Dapretto Leonella, Decarli Pino, Degrassi Marini Evelina, Della Gaspera Cesare, De Draganich Venanzio Giuseppe, De Mariassevich M.Cristina, Depicolzuane Carmelo, Derossi Loreana, Dessanti Mario, De Stefano Annamaria, de Tonetti Furlan Lucia, Detoni Fulvia, Diamadi Vittoria, Di Maggio Giuseppe, Diviacchi Marcella, Domestico Rosathea, Dominico Lucio, Duiella Aldo, Duiella Guido, Dussizza Giovanna, Ebert Elio, Fabris Silvia, Fameia Gallesanesa, Farosich Buscarato Giuliana, Fedel Ernesto, Fogar Sergio, Fornasaro Antonio, Fortunato Luigi, Fossa Sergio, Franchi Franco, Francillo Viviana, Franzin Domenico, Fratantaro Alberto, Gardossi Bianca Frigerio, Gatti Gabriella, Geletti Flavia, Giachin Anita, Giadrossich Gianni, Gianotti Marisa, Giassi Adriana, Giorgini Anna, Giovannini Carlo, Gissi Gianna, Gobis Livia, Gori Cesare, Grassi Mario, Gripari Angela, Grisan Franco, Grossi Scacchi Maria, Guglielmi Corrado, Guerra Jolanda, Jankovits Marisa, Kucich Mario, Labignan Bruno, Ladillo Giorgio, Laszloczky Giuliana, Leonardelli Ida, Lizzul Matilde, Lombardi Ottorino, Lorini Rita e Giorgio, Lucich Antonietta, Maino Mario, Maisani Antonella, Maisani Cristina, Mamolo Maria, Maniglio Klemen Tullio, Manzini Bruna, Marcon Ivana ved. Mioni, Marconi Giovanni, Marinzulich Colearo Clara, Martinelli Dante, Marussich Bruno, Marussich Jemon Lidia, Maurini Norma, Medizza Claudio, Melli Maria in Corva, Merni Ada, Michelini Evelina, Mihich Enrico, Milinovich Nevio, Minach Ferruccio, Minguzzi Anna, Montanari Claudio, Mori Anita, Moscheni Claudio, Mottica Corinna, Nardone Borghi Licia, Neri Claudio, Niccoli Giovanni, Notaris Cappellani Graziella, Oberti di Valnera Roberto, Oliosi Pin Bruna, Orlich Laura, Ossoinck Anna, Ostrogovich Flavia, Pamich Irma, Papo Luigi, Parmeggiani Maria, Pasquali Sergio, Pauluzzi Ego, Perovich Tullio, Perruccio Gianfranco, Peteani Luigi, Petranich A.Maria, Pezzoli Paolo, Piasentier Evelino, Piccini Vieri, Pintar Nada, Pistan Nerina, Poli Martino, Poretti Michele, Poso Armanda, Premuda Leila, Qualich Stella, Radovich Antonio, Rauni Andrea, Ridoni Relda, Rinaldo Alda, Ritschl Giuseppe, Roma Bruno, Rosiglioni Ennio, Rossovich Giovanni, Rotta Rinaldo, Rovina Fausto, Rudan Doris, Runco Livio, Salvador Paolo, Salvadore Antonia, Sandorfi Francesco, Sangallo Nello, Sani Nevia, Sarti Giuseppe, Scategni Francesco, Schiulaz Ezio, Senizza Edvige, Sepich Aurelia, Serrentino Cecconi Melina, Sidrovich Emma, Signori Matteo, Simoneschi Pietro, Smoiver Dolencz Anna, Soltich Diana Curletto, Souczek Ambretta, Spizzamiglio Dario, Stagni Graziano, Sterle Mario, Stroligo Adelina, Tarabocchia Mirella, Tardo La Vecchia Santa, Tessaris Ida, Turchetto Lavinia, Turcich Sergio, Uratoriu Edoardo, Valli Morpurgo Graziella, Veggian Giorgio, Venier Carmen, Vernier Luisa, Verona Ilse ved. Crast, Vianelli Lizzi Nerina, Vodopia Ettore, Vosilla Angela Nacinovich, Zanella Silvio, Zetto Ettore, Zetto Gregori Nerina, Zovato Romano, Zuccheri Argeo, Zuklich Zorovich Livia, Zustovi Onorato, Zustovich Mariuccia, Zvietich Violetta. Istria, Momiano nella foschia della mattina Piemonte d’Istria, sessant’anni dopo l’esodo Cittanova d’Istria, il mare dietro la porta antica Giugno 2008 Il Piccolo 13 aprile 2008 Croazia: 12.000 immobili comprati da stranieri Da parte italiana l’interesse per l’acquisto di proprietà immobiliari in Croazia è tuttora molto «tiepido» e probabilmente tanto al di sotto di quanto fosse nelle ipotesi. Lo si apprende da dati ufficiali. Per la prima volta sono state infatti pubblicate le cifre esaustive concernenti gli acquisti immobiliari da parte di cittadini stranieri nell’arco degli ultimi 17 anni. Si tratta di una specie di «inventario» delle acquisizioni straniere, avvenute soprattutto lungo la fascia litoranea nel periodo che va dai primi mesi del 1991 al 18 marzo scorso. I dati sono stati forniti dal ministero della Giustizia (competente anche per l’amministrazione pubblica e del quale è indispensabile il nullaosta per l’acquisto) e riguardano tanto le persone fisiche che quelle giuridiche straniere. Stando alle evidenze del predetto dicastero e ai nullaosta da esso rilasciati, in 17 anni cittadini o ditte straniere (senza proprie affiliate o succursali in Croazia) hanno potuto acquistare complessivamente 11.825 proprietà regolarmente iscritte nelle evidenze catastali e nei libri tavolari: case e terreni in primo luogo, ma anche vani d’affari o locali da adibire a varie attività commerciali o di rappresentanza. La cifra in questione non include le persone giuridiche straniere che hanno effettuato acquisti immobiliari attraverso proprie imprese o aziende registrate regolarmente in Croazia. [...] Le richieste respinte – soprattutto perché provenienti da paesi con i quali non sussistono accordi di reciprocità in materia – sono state 1.897, mentre in poco più di un migliaio di casi c’è stata un’archiviazione delle pratiche per vari motivi. Quanto alla nazionalità delle persone fisiche o giuridiche straniere che hanno acquisito delle proprietà in Croazia nel periodo preso in esame (nel 90 per cento dei casi lungo la fascia costiera), la Germania è di gran lunga «über alles», ossia nettamente al primo posto (con 4.763 fra case, terreni o locali). Al secondo e terzo posto, ma nettamente staccate, troviamo Austria (2.049) e Slovenia (1.821). Solo la sesta piazza invece per l’Italia, preceduta in questa speciale graduatoria da Ungheria e – sorpresa – anche dalla Gran Bretagna. In tutto 1.220 i beni che risultano acquistati da cittadini magiari, mentre quelli targati Gran Bretagna sono poco meno di un migliaio. Abbastanza staccati anche dai «sudditi di Sua Maestà» gli italiani, con appena 657 proprietà debitamente registrate (ma c’è il sospetto che in realtà ve ne siano di più, attribuite a prestanome, escamotage al quale ricorrono spesso e volentieri anche sloveni e magiari). Nell’elenco, che comprende in tutto 28 nominativi, figurano poi anche cittadini irlandesi (che prediligono le vecchie case rurali anche nell’immediato entroterra costiero), olan- 13 DIFESA ADRIATICA RASSEGNA desi, francesi, svedesi e via via gli altri. In genere, quasi l’85 per cento delle proprietà acquistate da stranieri in Croazia riguarda cittadini dell’Unione Europea. Curiosa, infine, la presenza nell’elenco – come titolari di una proprietà a testa – anche di cittadini bulgari, maltesi e ciprioti. Ansa 3 maggio 2008 Morto Ugo Amodeo, storico regista di Radio Trieste È morto la scorsa notte a Trieste, all’età di 86 anni, Ugo Amodeo, uomo di teatro e regista storico di Radio Trieste. Noto in particolare per la regia della trasmissione radiofonica di successo “El Campanon”, scritta dal duo Carpinteri e Faraguna (quelli delle Maldobrie), che per decenni ha rappresentato il punto di riferimento della tradizione dialettale triestina, Amodeo è stato uno dei fondatori di Radio Trieste, la prima stazione radio nata nel capoluogo giuliano il 28 ottobre 1931. Successivamente è stato anche regista per la Rai nazionale, in particolare come curatore di programmi dedicati ai più giovani. Tra le sue esperienze più recenti, va ricordato il suo impegno con l’Associazione Amici del Dialetto e con la compagnia teatrale l’Armonia, oltre alle lezioni di teatro che continuava a tenere all’Università della Terza Età. Il Piccolo 4 maggio 2008 Draguccio: nuova campana donata da Venezia A Draguccio, villaggio nel comune centroistriano di Cerreto, si è svolta ieri la benedizione della nuova campana che andrà a sostituire quella vecchia incrinata da una crepa, collocata sul campanile nel 1852. La benedizione è stata impartita dal Vescovo della Diocesi di Parenzo Pola, monsignor Ivan Milovan. Alla breve cerimonia hanno parlato il vicepresidente italiano della regione Sergio Bernich e il sindaco di Cerreto Mirko Opasic. La campana di 640 chilogrammi è stata realizzata nella fonderia «De Poli» vicino a Venezia. Il suo costo è di 12.000 euro, stanziati dalla Regione Veneto con i mezzi previsti dalla Legge sul recupero del patrimonio culturale lasciato in queste terre dalla Serenissima. La benedizione della campana, che ben presto verrà issata sul campanile, era abbinata alla messa concelebrata per la prima comunione, officiata dal vescovo. Il promotore dell’iniziativa Teobaldo Giovanni Rossi si è detto convinto che la collaborazione con il Veneto avrà un seguito in quanto sono in attesa di restauro l’organo della Chiesa parrocchiale di Santa Croce e la fontana della piazza. Portole (Istria), un campiello dopo l’arco Messaggero Veneto 4 maggio 2008 Omertà e silenzio resistono ancora «Chiediamo soltanto un gesto di buona volontà. Chiediamo poco, pochissimo, anche perché meno di così, meno di niente, non è possibile». Questo il concetto espresso ieri dalla presidente del comitato dei familiari dei deportati nell’ex Jugoslavia, Clara Morassi Stanta, durante la cerimonia svoltasi nel Parco della rimembranza dinanzi al Lapidario con la deposizione delle corone di fiori e che ha costituito il momento più intenso delle iniziative per la commemorazione delle vittime delle foibe a 63 anni di distanza dall’inizio dell’occupazione di Gorizia da parte delle milizie titine che nel maggio del 1945 segnò l’inizio della tragedia delle deportazioni. Un appello, accorato e mosso dalla volontà di non cedere neanche a fronte dell’inesorabile passare del tempo, un appello, ancora una volta, spinto da quel dolore vissuto con dignità e fierezza, per continuare ancora a chiedere risposte che da più di sessant’anni vengono negate. «Siamo qui, come ogni 3 maggio, per non dimenticare tutte le migliaia di persone che furono deportate in quei giorni, che scomparirono durante l’occupazione delle milizie di Tito per poi andare incontro alla morte, inghiottiti nelle foibe, fucilati o spirati per gli stenti nei lager – ha detto Clara Morassi –. Speravamo che con l’entrata della Slovenia nell’Unione Europea sarebbe cambiato qualcosa, che avremmo potuto sapere dove quelle persone morirono affinché i familiari possano portare almeno una volta una piccola croce o un fiore in quel luogo. Invece l’omertà, il silenzio sulla nostra tragedia resistono ancora e con il passare del tempo per noi il dolore si fa più forte». Durante la cerimonia ha preso la parola anche il prefetto Roberto De Lorenzo: «Di fronte alla tragedia dei Draguccio in una immagine dei primi del Novecento e ai giorni nostri deportati goriziani – ha sottolineato – non si può restare inerti. Conoscere finalmente la verità sulla loro sorte è un diritto e tutte le istituzioni devono dare il proprio contributo per arrivare a trovare quella verità». A tale proposito il prefetto si è richiamato alla recente visita di Napolitano a Gorizia: «Il presidente – ha affermato De Lorenzo – ha fatto proprio questo problema». Oltre a Romoli e De Lorenzo, sono stati numerosi, ieri, i rappresentanti istituzionali che sono voluti essere presenti alla cerimonia, dal comandante provinciale dei carabinieri Stefano D’Ambrosio all’esponente della giunta provinciale Maurizio Di Matteo. Il Piccolo 4 maggio 2008 «Mi è venuto un dubbio: Portole esiste?» Mi ricollego alla segnalazione del signor Vascotto sul problema internetpaesi istriani. Lui è più fortunato di me almeno è stato appurato che Isola d’Istria esiste, non si sa in che provincia si trovi essendo Pola segnata a volte PL o PO - PU o Pola. Io sono nata a Portole d’Istria, riportato sui miei vari documenti Portole (PL), Portole d’Istria o semplicemente Portole. Nei giorni scorsi dovevo aprire un c/c di comodo, per successione, presso un operatore finanziario di una nota società di Trieste. Tutto bene, però il computer dice alla brava operatrice, che Portole non risulta e richiede, per proseguire, la sigla della Provincia, non accettando però nessuna di quelle sopra citate. E allora l’operatrice mi propone di provare con: Slovenia, no, Portole è nell’attuale Croazia, non se ne parla, sempre perché il computer non accetta, allora si prova Italia (io sono nata sotto l’Italia), ex Jugoslavia, niente da fare. A questo punto mi sorge il dubbio se sono veramente nata a Portole, attualmente inesistente. Allora, andiamo su Google e appare una descri- zione di Portole (Oprtalj) bi-lingue con una bellissima foto del ridente paese dell’Istria interna arroccato sulla collina. Sospiro di sollievo! Portole esiste! A questo punto siamo passati al dossier cartaceo per l’apertura del c/c. Tutto bene. Ma quanta fatica! Questo è quanto. Deducete voi le conclusioni. Claudia Gardelli Barin La Voce del Popolo 5 maggio 2008 Smareglia commemorato a Pola Come da tradizione, anche quest’anno è stato reso omaggio ad Antonio Smareglia. La celebrazione del 154.esimo anniversario dalla sua nascita si è svolta dinanzi alla sua casa natia in Piazza Foro, al cui interno c’è la sala museo del Maestro. Per l’occasione, si è tenuto un concerto del coro della SAC “Lino Mariani”, che accompagnato dall’Orchestra a fiati cittadina ha attirato in Piazza Foro numerose persone. Il coro e l’orchestra hanno eseguito assieme, per la prima volta, l’“Inno a Tartini”, composto da Smareglia in onore del grande compositore. Presente alla cerimonia, la nipote di Antonio Smareglia, Adua Rigotti Smareglia, si è detta onorata e contenta del fatto che Pola si ricordi di suo nonno organizzando questo tipo di manifestazioni. Inoltre, la nipote del celebre musicista ha espresso la propria soddisfazione nell’ascoltare “Inno a Tartini”eseguito congiuntamente dal coro della “Mariani” e dai Fiati. Ai presenti si è rivolto pure il presidente della Comunità degli Italiani di Pola nonché vice sindaco, Fabrizio Radin, il quale ha raccontato in poche parole la vita di Smareglia. Al termine del concerto è seguita la proiezione della prima parte del documentario «La forza del destino»di Ines Pletikos che racconta la vita del grande compositore polesano. La Voce del Popolo 5 maggio 2008 Gli esuli dignanesi in raduno a Dignano Grazie al lungo ponte festivo, quest’anno il Raduno dei Dignanesi che tradizionalmente si svolge a Peschiera del Garda nell’organizzazione della “Famiglia Dignanese”, si è svolto in casa, nella natia Dignano, grazie all’impegno congiunto dell’organizzazione che raggruppa gli esuli e la locale Comunità degli Italiani. Due giornate spese tra le vie di casa. Il primo giorno di permanenza, una visita guidata alle chiese campestri, con soste nelle casite e a godere del panorama che da Barbariga si apre alle Brioni ma gustando anche i resti romani venuti alla luce a Dragonera e poi per le contrade della località. In serata lo spettacolo a Palazzo Bradamante: nell’occasione la CI ha fatto salire sul palco il coretto “Pizzichino” ed il gruppo folk dell’elementare, il coro della CI e i recitatori per un assaggio del dialetto istroromanzo. Tutte le età, si potrebbe dire, a conforto dell’impegno della Comunità degli Italiani di mantenere viva la parlata e le tradizioni tramandandole ai più giovani rendendoli così anello di transizione con quelli che verranno, a garanzia, proprio, della continuità. La serata è proseguita con rinfresco e canti e balli. [...] Particolarmente toccante e sentito l’omaggio ai Defunti, nel cimitero dietro la chiesa di San Biagio. Ancora una volta il coro diretto da Orietta Sverko ha toccato il cuore di tutti. [...] In serata, ha chiuso il Raduno, il concerto di Tatiana Sverko Fioranti e Giulia Fonzari (pianoforte e clarinetto), Elisa Rumici (giovanissima e bravissima al pianoforte) e poi Elisa con Luigi Donorà in un Concertino dello stesso Donorà: un mosaico di musiche con comune denominatore Dignano. [...] 14 DIFESA ADRIATICA The “Difesa Adriatica” for its readers abroad To give our readers abroad easier access to our monthly newspaper, the ANVGD central office has decided to cancel all shipping costs. This means that, from now on, our subscribers in Europe, Oceania, the Americas and Africa will not need to send any sum of money whatsoever for their subscriptions. The same policy will apply for any new subscribers abroad. We invite all our readers to let us know of any prospective subscribers, especially in light of the fact that every issue has a section of articles translated in Spanish and English. Articles in English and Spanish on our Website While on the subject, our readers should know that the English- and Spanishlanguage articles found in the “Difesa” can also be found on our website, with easy access: just click on the proper section in the right-hand column. The last three months’ articles can be found online, along with the usual three months’ archive of all “Difesa” articles.They all deal with subjects pertinent to the history and life of our people in exile. Whenever possible, we ask you to spread the word amongst our communities in South America, the U.S., Canada and Australia. F.R. Capodistria (Istria), a detail of the Loggia of the Palazzo Pretorio, a splendid turreted building dating from the twelfth century. On its façade there are coats of arms, busts, inscriptions, Venetian lions and a Roman statue of Cibele, symbolizing Justice. In Venetian-gothic style, it was built in 1643 by Nicolò da Pirano and Tomaso da Venezia, and restored in 1698 A view of Toronto, where there is a sizeable community of Giuliani and Dalmati. The English-language articles published in our monthly newspaper, can also be found on our website, www.anvgd.it Thoughts on April 25th, which in Italy celebrates the end of the Fascist regime. A comment by Paolo Barbi The “liberation” of Trieste This year the 25th of April was, yet again, an occasion for polemics and speculation on the tragic events surrounding Trieste and VeneziaGiulia. Certain left-leaning people showed their indignation at the cold way that the Giuliani and Dalmati commemorated the day of memory of our liberation from Nazi Fascism. Others, rightists, rushed to give importance to the Day of Remembrance of the foibe victims, almost as a justification of their cold attitude during the celebrations. Both positions are historically, morally, and politically deplorable and wrong. But there is no doubt that the overstated polemics of the former provide fuel and pretext for the speculations of the latter. Why should people be indignant (and accuse of fascism) for the attitude of a city that, in the final days of April 1945, while it witnessed its liberation from the Fascist regime and the German occupation, – thanks to the CLN (“National Liberation Committee”) which had made its base at the main Government offices – but immediately after these events, on the first of May, it witnessed the Slavic military occupation and the setting up of a regime – that of Tito’s communists – which was even more totalitarian and freedomkilling? How can we not remember that the new tyrant began right away with arrests, killing, or sending into exile the leaders and militants of the local section of the CNR? (It was at this time that I became Neapolitan and immediately began to explain these events in the pages of the “Domani d’Italia” newspaper, the official organ of the Italians before and after Tito In Sergio Tazzer’s latest book Professional journalist, ex-director of theVeneto branch of Italian national television, and head of the “Est Ovest” (“East West”) national radio program, Sergio Tazzer is one of the leading experts onVenezia-Giulia issues of the last century, given the coverage his program has always given and continues to give on the subject. With his own style of journalistic integrity and objectivity, Tazzer has written a book whose second title is “The defense of the Italian identity in Istria, Fiume and Dalmatia”. Starting from the traumatic events of the Yugoslav occupation and subsequent exodus of the Italian population, he reconstructs the complex and often painful post-war period of those Italians who were left as a minority in those ceded territories, tightly controlled by Tito’s regime, and subject to constant ideological pressures and denationalization. The book begins with the excesses of the foibe, the Allied bombings of Zara and the exodus, passing to the second post-war period and the “counter-exodus” of the groups from Monfalcone who dreamed of a socialist society and whose dreams, and lives, came to an end in Tito’s Goli Otok prison camp. It continues on to the delicate reconstruction of an associative fabric that, while still under the iron-handed regime of Belgrade, allowed the Italian community to be recognized as such, albeit hardly tolerated. In well-laid out chapters, Tazzer brings the reader back to the climate of the 1960s and 1970s and through to the fall of the Berlin Wall in 1989 Giugno 2008 Christian Democrat party). People must understand that we can begin to speak of liberation in Trieste – liberation from dictatorship and the subsequent establishment of democracy – only if we start from after those 40 days, when, on June 10th,Tito’s troops were made to leave the city, and we can consider Trieste’s liberation to have reached completion only nine years later when, in November of 1954, the Anglo-American military administration came to an end. And in Istria, Fiume and Dalmatia, the few remaining Italians, along with the new Slavic migrants to the area, were able to experience the first breath of democracy only after the fall of Communism and the break-up of Yugoslavia. Not to understand all of this, and Trieste, Piazza dell’Unità in the days following October 26th, 1954, the date that marks the return of the Julian city to Italy after a long and tormented post-war period. Contested by Tito’s Yugoslavia, which occupied it for 40 terrible days, then placed under the administration of the Anglo-American Allies, the city turned out onto the squares and docks to welcome the Italian ships and troops centage of the local population declares itself to be Italian. Following is an excerpt, taken from the chapter “Italians on the Margins”. p.c.h. Sergio Tazzer, “Tito and the Italians who Remained” Goriziana Publishing House, Gorizia, 2008 230 pages, 20.00 euros In the second post-war period, in Yugoslavia, there was a personality cult surrounding Tito and the Communist Party nomenclature. Under his regime, the Italian community remaining in the territories of Istria, the Quarnar and Dalmatia ceded to the Federal Republic were kept under tight political and social control, and not allowed freedom of expression. Today, even after decades of conditioning and repression, it makes up, with its cultural institutions, a valid antidote for the nationalistic tendencies of many Croatian and Slovenian spheres of influence and the break-up ofYugoslavia, which then led to the rekindling of Balkan ethnic hatred and the wars of the 1990s. Throughout all this political upheaval and the establishment of Slovenia and Croatia as independent states, in which nationalistic intolerances have yet to be removed, the Italian community finds itself in the position of challenging the future, in a situation of European integration that is the only way for it to ensure its survival. Tazzer’s study ends at 1991, the year of Croatian and Slovenian independence. (A basic timeline in the appendix takes the reader through to 1998). Noteworthy is census information from 1991, showing that a considerable and surprising per- not to understand the conditions, human and psychological even before political, of the Giuliano-Dalmati in those terrible years, brings people to criticisms of an unacceptable nature. But it also allows an opportunity and fuel for those who are the heirs of fascism to speculate unjustly on the drama that the people of Trieste and Venezia-Giulia lived through, to the point of comparing their “memory” as victims of the fascist war with the memory of the liberation of all Italians – and placing, before all others, the liberation of these “victims” – from tyranny, even though they were the ones who had wanted the war in the first place. The two differing “memories” are not alternatives, and should not be contrasted because both are the expression of the knowledge of the existence of evil rooted in totalitarian regimes. Knowledge that is the fruit of dramatic experiences, and which must be transmitted to future generations. Paolo Barbi Honorary National President of the ANVGD Almost immediately, Yugoslav nationalism began to show its worst side, with a whole series of violent excesses, both spontaneous and, above all, organized, to the detriment of everything that appeared to be Italian, from the institutions to the language used in road signs, from seen bilingualism to spoken bilingualism. Fitzroy Maclean, a British founder of the SAS who parachuted onto the island of Curzola in 1943, with the job of acting as the official go-between with Tito’s men, told that he was taken to Tito’s headquarters on the island, an “ancient Venetian palazzo” He observed right away that, in the entry hall, the” lion of Saint Mark, symbol of Venice, had been decapitated, work of an over-zealous partisan, who had wanted to celebrate the overthrowing of Mussolini by destroying the symbol of a much-older Italian dominating force.” Many, too many, were the changes, in substance and in form, which were wrought by the Croatian and Slovenian authorities in their efforts to annihilate any still-visible Italian presence in Istria, Fiume and Dalmatia. Names of cities, burghs, streets and businesses, even people’s names, were rendered Slavic. The majority of names ending in “ch”, considered Italian, were transcribed in official registers and on documents with only an accented Slavic “c”, without the consent of the person involved. (Tazzer cites the historian Guido Rumici). An example: a man named Felice Giugno received his new identity card, and discovered that his name was now Srecko Lipanj, a Croatian translation of his first and last names. And in Albona, the street named after Giuseppe Verdi was changed overnight to Ulica Jospi Zeleni, also a direct translation. Besides blatant bad treatment, these and countless other examples showed ignorance and disrespect. Anything Italian that could be cancelled, deleted, covered, eliminated, was. There was even a movement to stop the publication of the Italian-language newspaper, “La Voce del Popolo”, which had its offices in Fiume and had been established by the Popular Citizens’ Committee for Liberation. Without problems, in Pola the “Il Nostro Giornale” newspaper was closed down. With the excuse that few Italians were now left, cultural circles and clubs were closed. From Zara to Lussino, from Cherso to Pisano, from Umago to Abbazia, from Montana to Fasana, Fianona, Laurana and the mining center of Arsia. Those few cultural circles left running experienced a total change of leadership. It was no laughing matter: being Italian had already become desperately hard. Sergio Tazzer (traduzioni di Lorie Ballarin) Giugno 2008 15 DIFESA ADRIATICA “Difesa Adriatica” para sus lectores en el extranjero Para acercarnos a las exigencias de los Lectores de nuestro mensual “Difesa Adriatica” residentes fuera de Italia, la Sede nacional ANVGD ha decidido hacer completamente gratuito el envío del periódico a los abonados en el extranjero. Por tanto los Lectores que ya reciben “Difesa Adriatica” en Europa, Oceanía, América y África no tendrán que enviar más alguna cantidad para el abonamiento. La misma facilidad valdrá para todos los nuevos Lectores en el extranjero que proporcionarán de ahora en adelante nombres y direcciones para el envío de nuestro periódico. La invitación para todos es la de indicarnos estos nuevos nominativos, para proporcionar gratuitamente este servicio, también considerando el hecho de que en cada número aparecen artículos y ampliaciones traducidos en inglés y en español. Sobre la fecha del 25 de abril, en la que en Italia se celebra el fin del régimen fascista, un comentario de Paolo Barbi La «liberación» en Trieste El 25 de abril también este año ha sido ocasión de polémicas y especulaciones sobre el trágico evento de Trieste y de Venecia Giulia. Algunos, en la izquierda, se han indignado por la frialdad de los giuliano-dalmatas en el día del recuerdo de la liberación del nazi-fascismo. Otros, de la derecha, se han dado prisa en contraponer el Día del Recuerdo de las foibe y del éxodo, casi como justificación de su frialdad (o incluso la ostentada ausencia) en la celebración de la liberación. Posiciones históricamente, moralmente y políticamente erróneas y deplorables ambas. Pero no hay duda de que la polémica insensata de los primeros provee materia y pretexto para la especulación innoble de los segundos. ¿Por qué indignarse (y tachar de fascismo) por el comportamiento de una ciudad que en los últimos días de abril de 1945 vio, si, la liberación del régimen fascista y de la ocupación alemana – por obra del CLN [Comité Nacional de Liberación, ndr] insidiado en el Edificio del Gobierno – pero inmediatamente después, el 1 de mayo, sumió la ocupación militar eslava y la imposición de un régimen – el comunista de Tito – todavía más totalitario y liberticida? ¿Y cómo no recordar que el nuevo tirano comenzó inmediatamente a arrestar, enfoibar u obligar al exilio a los dirigentes y militantes del «C LN de Trieste y de Istria»? (Y fue así como en aquel mayo yo me hice napolitano e inmediatamente comencé a explicar todo aquello en las páginas del “Domani d’Italia”, el periódico de la Democracia Cristiana). Se debe comprender que de liberación de la dictadura y de instauración de la democracia en Trieste se pudo comenzar a hablar solo 40 días después cuando, el 10 de junio, las tropas titinas tuvieron que dejar la ciudad; y se pudo considerar cumplida solo nueve años después, cuando en noviembre del ’54, cesó la Administración militar anglo-americana. Y en Istria, en Fiume y en Dalmazia los pocos italianos que habían quedado y los nuevos inmigrados eslavos empezaron a ver las prime-ras ventanas de libertad y de democracia solo después de la caída del comunismo y la disolución de Yugoslavia. No reconocer todo esto y no entender la condición, humana y psicológica aun antes que la política, de los giuliano-dalmatas en aquel tremendo posguerra, lleva a críticas facciosas e inaceptables. Pero provee también a quien es, en buena parte, el heredero del nacional-fascismo la oportunidad y los argumentos para Italianos antes y después de Tito en el ensayo de Sergio Tazzer las instituciones a la toponomastica, desde el bilingüismo visivo al hablado. Cuenta el británico Fitzroy Maclean, uno de los fundadores de las SAS, enviado en el 1943 en la isla de Curzola, con el encargo de hacer de oficial de enlace con los repartos de Tito, de ser llevado a su cuartel general, situado en «un viejo edificio veneciano». Maclean observa inmediatamente que «sobre la sala de ingreso el león de San Marco había sido decapitado, obra de un partisano demasiado celoso, que había querido festejar el fin del dominio de Mussolini destruyendo el símbolo de una dominación italiana más antigua». «Tantos, demasiados fueron los cambios tanto sustanciales como formales que las autoridades croatas y eslovenas adoptaron para hacer que la huella italiana aun visible en Istria, en Fiume y en Dalmazia fuera cancelada. Los nombres de las ciudades, de los barrios, de las calles, de los negocios e incluso de las personas fueron eslavizados. La mayoría de los apellidos que terminaban con el sufijo ch, retenido sinónimo de italianidad, fueron transcritos en los documentos y en los registros con el sufijo c, sin el consentimiento de los interesados» [Tazzer cita al historiador Guido Rumici, ndr]. Como en Pola, donde al señor Fe- Los artículos en inglés y en español también en la página web En referencia a la presencia de artículos en inglés y en español en nuestro periódico mensual, los mismos ahora se transcribirán también en nuestra página web, de modo que los usuarios puedan verlos directamente, a través de las propias secciones de la columna derecha de la página de inicio. Los artículos están actualizados y estan disponibles los de los últimos tres meses, así como funciona con el resto del archivo de “Difesa Adriatica”, y tratan todos los argumentos inherentes a la historia y a la vida del pueblo giulianodalmata en exilio. Donde sea posible, se invita a difundirlo entre nuestras comunidades en Sudamérica, Estados Unidos, Canadá, Australia. F.R. Albona (Istria) una bonita representación del centro histórico, con un edificio del renacimiento. En el 1420 Albona reconoció la soberanía de la República de Venecia. Desde entonces y hasta el 1797, Albona estuvo sujeta a la Serenissima, que le reconoció una cierta autonomía, habiendo reconocido el Estatuto, los usos y los derechos precedentes Una vista aérea de Buenos Aires. De la Sede nacional de la ANVGD nuevos servicios informativos on line para los desterrados giuliano-dalmatas en Sudamérica Periodista profesional, ya director de la Sede Rai – Radiotelevisione italiana del Veneto, encargado de la histórica transmisión radiofónica “Est Ovest” para Radio Uno RAI, Sergio Tazzer esta entre los mejores conocedores de la historia giuliano-dalmata del Novecientos, a la que su programa ha dedicado y dedica constante atención. Con el estilo propio del buen periodismo divulgativo que mira todavía a las fuentes, Tazzer escribe este optimo ensayo subtitulado La difesa dell’identità italiana in Istria, Fiume e Dalmazia, en el que, a partir de los eventos traumáticos de la ocupación yugoslava y por tanto del éxodo de la población italiana, reconstruye el complejo y a menudo penoso largo posguerra de la comunidad italiana «permanecida» como minoría en los territorios cedidos, regida por el régimen nacional comunista de Tito, objeto perenne de chantajes ideológicos, de asfixiantes represiones y de desnacionalización. El ensayo toma la marcha con las masacres de las Foibe, con los bombardeos aliados en Zara, con el exilio, para abordar los años de la segunda posguerra, del «contra éxodo» de los susodichos monfalconeses cuyo sueño de sociedad socialista acabó, junto con la vida, en el lager titino de Goli Otok, a la delicada reconstrucción de un tejido asociativo que, aun en la alambrada del régimen de Belgrado, consintiera a la comunidad italiana de reconocerse como tal, aunque a duras penas tolerada. En capítulos bien claros Tazzer devuelve al lector el clima de los años Sesenta y Setenta hasta la providencial caída del muro de Berlín en el 1989 y a la disolución de la ex Yugoslavia de la que tuvieron inicio, con el resucitado odio interétnico entre los pueblos balcánicos, las guerras de los años Noventa. En toda esta ulterior transformación profunda de la disposición política de los nuevos Estados de Croacia y Eslovenia, en los que las intolerancias nacionalistas todavía hoy no puede decirse que hayan desaparecido, la comunidad italiana se encuentra con deber retar al futuro en un escenario de integración europea que únicamente sola puede garantizar su conservación. El volumen de Tazzer se para de todas maneras en 1991, año de la proclamación de independencia de Eslovenia y de Croacia (una cronología esencial, en apéndice, llega sin embargo al 1998) y del censo que señala un inesperado restablecimiento del porcentaje de población istriana declarada italiana. Del capítulo Italiani al margine reproducimos un significativo extracto. p.c.h. Sergio Tazzer, Tito e i rimasti, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2008, pp. 230, Euro 20,00 __________________________ Casi inmediatamente el nacionalismo yugoslavo muestra su peor cara con toda una serie de injurias y vejaciones, bien espontáneas y, sobretodo, organizadas, en detrimento de todo lo que parece italiano: desde especular impúdicamente sobre el drama de los triestinos y los istrianos, contraponiendo su “recuerdo” de victimas de la guerra fascista al recuerdo de la liberación de todos los italianos – y en primer lugar de aquellas “victimas” – de la tiranía de quien había querido aquella guerra. En lugar de dos “recuerdos” que no son alternativos y no deben ser contrapuestos porque, al contrario, son ambos la expresión del conocimiento del mal radical de los regimenes totalitarios. Conocimiento que es fruto de una dramática experiencia que transmitir a las nuevas generaciones. Paolo Barbi Presidente Nacional honorario A NVGD (traduzioni di Marta Cobian) Trieste, las Riberas abarrotadas de ciudadanos llegados a acoger a las naves italianas en los días siguientes al 26 de octubre de 1954, fecha que señala la vuelta de la ciudad giuliana a Italia después de una larga y atormentada posguerra. Contendida por la Yugoslavia de Tito, que la ocupó durante 40 tremendos días, administrada después por los aliados angloamericanos, la ciudad se echo a las plazas en los muelles para acoger a las tropas y a las naves italianas lice Giugno fue expedito el nuevo carné de identidad en el que se encontraba Srecko Lipanj, la traducción en croata de nombre y apellido. Y en Albona la calle GiuseppeVerdi, de la noche a la mañana, se convierte en Ulica Jospi Zeleni, también aquí traducción del italiano al croata. Además de la malicia, se meten también la ignorancia y el desprecio. Todo lo que de italiano se puede cerrar, cancelar, cubrir, anular, borrar, abrogar, eliminar se hace. Incluso se intenta apagar, por algo entonada todos a una, “La Voce del Popolo”, el periódico impreso en Fiume, salido por iniciativa del Comité ciudadanos populares de liberación. [...] En Pola sin embargo es liquidado sin problemas “Il Nostro Giornale”. Con la excusa de que italianos han quedado pocos, se cierran decenas de círculos culturales. Desde Zara hasta Lussino, desde Cherso hasta Pisino, de Umago a Abbazia, de Montona a Fasana, de Fianona a Laurana al centro minero de Arsia. Donde los círculos no se cierran, son liquidados y sustituidos los superiores. [...] No hay de que bromear: ya el ser italiano no depone bien. [...] Sergio Tazzer 16 Pubblichiamo alcune delle notizie apparse in tempi recenti sul nostro sito www.anvgd.it, così da rendere edotti e aggiornati anche coloro che non utilizzano internet per avere informazioni dalla nostra Associazione. Il sistema Feed RSS anche sul nostro sito lunedì 14 aprile 2008 Anche lo spazio web della nostra Associazione ha attivato il sistema Feed RSS, ovvero quello che consente in tempo reale di far apparire sul computer dell’utente una nostra News appena pubblicata, senza che ci si sia collegati al nostro sito. Un piccolo riquadro, infatti, appare sul computer dell’utente pochi minuti dopo la pubblicazione della notizia e si può scegliere se andarla a leggere per intero o tralasciarla. Chi dispone già di questo servizio, può inserire anche il nostro sito cliccando sull’apposita icona in altro a destra nella nostra home page. Chi non ha mai utilizzato questo servizio, deve prima scaricare l’apposito programma feedreader (si trova gratuitamente su internet). L’icona OPML situata sotto quella RSS, serve invece per i gestori dei siti, consentendo di mettere le nostre News in tempo reale su una pagina o uno spazio del sito che gestiscono. Un fiumano alla Camera dei Deputati giovedì 17 aprile 2008 Alla Camera dei Deputati del Parlamento di Roma è stato eletto, nelle liste del PDL anche un candidato con residenza a Fiume. Si tratta di Aldo Di Biagio. In un comunicato il neodeputato ha sottolineato di aver accolto con gioia la notizia della sua elezione alla Camera dei Deputati per la Ripartizione Europa e soprattutto d’essere risultato primo tra i candidati del Partito della Libertà. «Un esito sbalorditivo, raggiunto grazie anche alle vostre preferenze. [...] È per questo motivo che mi pongo al servizio delle organizzazioni che vi rappresentano con le quali è mia intenzione lavorare per garantire il rispetto dei vostri diritti e per individuare soluzioni concrete alle vostre esigenze. Mi riferisco in particolare all’Unione Italiana e a tutte le realtà associative che con caparbia operano da sempre in vostro favore nel Paese. [...]», ha concluso Aldo Di Biagio. Rinnovate le cariche dei Giuliano-Dalmati di Toronto sabato 19 aprile 2008 Il Club Giuliano-Dalmato di Toronto (Canada) ha provveduto al rinnovo biennale delle cariche nel corso dell’assemblea dei soci. Ecco la nuova composizione. Presidente Guido Braini, vicepresidenti Roberto Braini e Gino Bubola, segretario Adriana Gobbo, tesoriere Mario Joe Braini, consiglieri Bruno Bocci, Dinora Bongiovanni, Marina Cotic, Carlo Milessa, Romano Molo, Wanda Stefani e Silvia Toscan. A tutti loro l’augurio di buon lavoro dai giuliano-dalmati d’Italia. Anche Diana Bracco nel nuovo esecutivo Confindustria giovedì 24 aprile 2008 Emma Marcegaglia ha varato il nuovo esecutivo che guiderà la Con- DIFESA ADRIATICA Giugno 2008 La rubrica di “Difesa” www.anvgd.it findustria nei prossimi 4 anni. Tra i nomi di spicco figura anche Diana Bracco, con la delega per la Ricerca e l’Innovazione. Diana Bracco, originaria di Neresine (isola di Lussino) e succeduta al padre Fulvio, è alla guida della multinazionale farmaceutica Bracco ed è già presidente di Assolombarda. Da sempre è vicina agli Esuli, manifestando costante interessamento verso le loro vicende. Il giubileo episcopale di Mons. Ravignani giovedì 24 aprile 2008 «Un buon compagno di viaggio, di quelli che fanno più semplice e lieta la strada»: è il saluto del patriarca di Venezia, cardinale Angelo Scola, a mons. Eugenio Ravignani, che ha celebrato a Trieste il suo Giubileo episcopale. Il card. Scola ha partecipato al giubileo episcopale di mons. Ravignani, durante il quale, al Teatro Verdi di Trieste, il sindaco Roberto Dipiazza ha consegnato a mons. Ravignani, la civica benemerenza della città. Il card. Scola ha sottolineato «i numerosi interventi e le preghiere di don Eugenio» che «soprattutto, a partire dall’istituzione della Giornata del Ricordo, documentano l’intensa e discreta partecipazione con cui il vescovo Eugenio opera per la riconciliazione dopo la tragedia legata alla fine della guerra nelle sue amate terre». Dipiazza ha sottolineato l’alto valore morale e spirituale del messaggio portato in questi anni alla comunità triestina» e il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, alla sua prima cerimonia pubblica ufficiale, ha ringraziato «il vescono Eugenio per essere sempre stato un riferimento costante per la città e per tutta la comunità regionale nel corso degli ultimi dieci anni». I settant’anni di Nino Benvenuti venerdì 25 aprile 2008 Nino Benvenuti, campione del mondo dei pesi medi, il 26 aprile ha compiuto 70 anni, dimostrando che non è vero, come si dice, che i pugili fanno una brutta fine. In perfetta forma fisica, con lo spirito di un ragazzino, Benvenuti è stato acclamato come una vera e propria star al Madison Square Graden di New York, dove ha rincontrato il suo nemico-amico Emile Griffith, all’anteprima di Carnera The Walking Mountain di Renzo Martinelli in cui, oltre a dare molti suggerimenti, fa un cammeo nel ruolo dell’allenatore di Max Baer. Originario di Isola d’Istria, oggi città slovena, dove è nato nel 1938, Benvenuti che per il Tg2 intervisterà venti atleti italiani in vista delle Olimpiadi di Pechino. Berlusconi ricorda Esuli ed Infoibati domenica 27 aprile 2008 «Il 25 aprile indica simbolicamente il ritorno dell’Italia alla democrazia ed alla libertà». Lo afferma il leader del PDL, e presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi in un comunicato diffuso in occasione delle celebrazioni per la Festa della Liberazione. «In quel giorno di 63 anni fa – aggiunge – si videro le piazze festanti attorno alle truppe alleate e ai combattenti per la libertà. Già il 25 luglio del ’43, quando cadde il regime, quello stesso sentimento di Diana Bracco, originaria di Neresine (Lussino) è alla guida della multinazionale farmaceutica Bracco. Ora è entrata nell’Esecutivo di Confindustria liberazione si era manifestato con una festa nazionale senza vendette e senza morti. Purtroppo seguì la guerra civile, l‘occupazione da parte dei tedeschi, che creò un segno di sangue nella memoria italiana. Generò un odio tra vincitori e vinti che segnò la coscienza del Paese». «Ormai – rimarca il leader del PDL – tutto questo è storia e adesso è tempo di dare al 25 aprile un senso italiano popolare e nazionale, un senso di libertà e di pace. Il giorno della Liberazione è un alto simbolo di libertà, e così deve essere vissuto da tutto il popolo italiano». «Credo fermamente che oggi – afferma il Cavaliere – ci siano le condizioni storiche e politiche perché questo 25 aprile possa rappresentare un salto di qualità verso la definitiva pacificazione nazionale. Togliere quei veli, capire quelle ragioni non può in qualche modo ledere l’orgoglio di chi combatté per la libertà contro la tirannia. Non c’è revisione storica che possa cambiare la gratitudine che dobbiamo a quei combattenti – sottolinea – che posero le basi per la libertà delle generazioni successive e per il ritorno dell’Italia nel consesso delle democrazie. Ma non c’è gratitudine che possa impedire la ricostruzione obiettiva di quegli anni. L’anniversario della Liberazione – conclude – è dunque principalmente l’occasione per riflettere sul passato, sul presente e sull’avvenire del Paese. Se oggi riusciremo a farlo insieme, avremo reso un grande servizio non a una parte politica o all’altra, ma al popolo italiano e, soprattutto, ai nostri figli che hanno il diritto di vivere in una democrazia finalmente pacificata». Un’insenatura del Quarnero, il pino a sfiorare l’acqua L’Associazione Comunità Istriane celebra il rientro in FederEsuli venerdì 2 maggio 2008 Sul numero 175 de “La nuovaVoce Giuliana” l’Associazione delle Comunità Istriane celebra il rientro nella Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati. Lo fa con la penna di Sergio Tomasi e Chiara Vigini. Tomasi, nel riferirsi alla breve esperienza di collaborazione con l’Unione degli Istriani, ricorda che «motivi di divisione si sono aggiunti negli ultimi tempi per contrasti di carattere generazionale attribuiti a giovani dirigenti di una parte, discendenti di esuli, più esigenti e più impulsivi nelle loro istanze, scarsamente strategici ed inadeguati nelle modalità e nel linguaggio». Chiara Vigini, sullo stesso argomento aggiunge: «Non sono d’accordo che si stringano legami con realtà europee che hanno un passato storico, un vissuto presente e dei programmi per il futuro assai poco limpidi (o limpidamente poco chiari). Poi non sono d’accordo sull’atteggiamento che viene assunto da quella parte nei riguardi della nostra Patria: notizie come quella che ho appreso poco fa riguardo la bandiera italiana tolta dal frontespizio di quella sede per ribadire atteggiamenti e parole provocatori e che rasentano l’insolenza nei confronti del nostro Presidente della Repubblica, come la lettera inviatagli lo scorso anno e ribadita in occasione della sua visita in Regione pochi giorni fa, non fa parte del mio modo d’essere e di agire. Ne sono rimasta contrariate e dolente. Non credo che sia questo il testimone che gli istriani esuli vogliono passare ai loro figli. Io mi dissocio decisamente da queste prese di posizione e mi sembra molto opportuno che l’Associazione delle Comunità istriane se ne tenga alla larga, rientrando nella Federazione». A Castua (Fiume) ricordati i caduti italiani martedì 6 maggio 2008 Anche quest’anno la Società di Studi Fiumani con sede a Roma ha fatto celebrare nella chiesa parrocchiale di Sant’Elena, a Castua (Fiume), una S. Messa in ricordo dei caduti italiani morti nel corso della Seconda guerra mondiale e in particolare i dodici connazionali che finirono trucidati e sepolti sommariamente in una fossa comune, tra cui c’era anche il senatore Riccardo Gigante. La funzione religiosa è stata celebrata da don Franjo Jurcevic, parroco di Castua, il quale, nell’omelia, si è augurato che sui fatti dovuti all’odio, dopo tanti anni sopravvalga l’amore, che, prima o poi, su quei tristi eventi sia fatta luce e che nel luogo in cui accaddero venga posto almeno un segno in ricordo delle vittime. Alla Santa Messa erano presenti il dottor Amleto Ballarini e Marino Micich, in rappresentanza della Società di Studi Fiumani con sede a Roma, Guido Brazzoduro e Mario Starzer e Laura Calci Chiozzi, rispettivamente sindaco, vicesindaco e segretario del Libero Comune di Fiume in Esilio, il presidente del Comitato esecutivo della Comunità degli Italiani di Fiume Roberto Palisca, in rappresentanza del sodalizio della CNI, i consiglieri dell’Assemblea della CI di Fiume Giuseppe Bulva e Alessandro Lekovic e numerosi esuli giunti appositamente a Castua per assistere alla commemorazione da Roma, da Trieste e da altre località italiane. (fonte “La Voce del Popolo”) Le ingiuste accuse di Mazzaroli giovedì 8 maggio 2008 Comunicato del Segretario nazionale ANVGD Leggo con profondo rammarico sulla prima pagina de L’Arena di Pola del 30 aprile un corsivo di Silvio Mazzaroli, sindaco del Libero Comune di Pola in Esilio, di cui il giornale è l’organo ufficiale di stampa. Lo scritto, pur indirizzato in forma di lettera aperta al Presidente ANVGD, contiene sostanzialmente una serie di strali nei miei confronti, in qualità di presunto estensore delle notizie apparse sul sito internet dell’ ANVGD e riferite alla recente candidatura del Mazzaroli alle elezioni politiche. In realtà la mia firma non appare in nessuna notizia diffusa sul nostro sito e il medesimo è sottoposto alla vigilanza dell’organo di stampa della nostra Associazione, ovvero “Difesa Adriatica”. Pertanto non ha nessun significato reale la pubblicazione di espressioni nei miei confronti quali “corbellerie”, “imbecille”, “cafone”, “maleducato” e “in malafede”. Un linguaggio che non è simpatico leggere – chiunque ne sia il destinatario – soprattutto se viene dal massimo rappresentante di un’associazione di Esuli. Sulle notizie pubblicate dal sito ANVGD, ritengo invece (a titolo personale e in qualità di socio ANVGD) che si tratti di libera espressione di una posizione che risponde ad un diffuso sentimento emerso all’interno della nostra Associazione, univocamente direzionato verso una sottolineatura delle contraddizioni della candidatura del Mazzaroli. Ma come libera opinione, chiunque è libero di pensarla diversamente. Umanamente capisco come la sconfitta elettorale abbia montato sentimenti non esattamente positivi, per cui concedo volentieri al generale l’attenuante generica del caso. Naturalmente ho inviato il testo pubblicato ad un legale affinché valuti se nei contenuti vi siano gli estremi di un’azione legale a difesa della mia persona. Un atto dovuto che, passati i postumi delle elezioni, anche Mazzaroli comprenderà. Fabio Rocchi Segretario nazionale ANVGD