Le foibe: un po’ di storia
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Con la legge 30 marzo 2004 n.92, il parlamento
italiano ha istituito “Il giorno del ricordo”, in memoria
di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo degli
istriani, fiumani e dalmati.
Perché il 10 febbraio? Perché ricorda l’anniversario
del Trattato di pace di Parigi (1947) col quale l’Italia
dovette cedere alla Jugoslavia Pola, Fiume, Zara e
parte di Trieste e Gorizia.
L’Istria
L’Istria è la penisola a forma di
cuore ad est di Trieste. La
parte settentrionale, per la
presenza della famosa “pietra
bianca d’Istria”, è detta
appunto Istria bianca, quella
intermedia, per la natura
argillosa del terreno, “Istria
gialla”, infine il tavolato sudoccidentale, “Istria rossa”, per
la presenza di bauxite.
In quasi tutta la penisola si
trovano le doline, avvallamenti
a forma di imbuto, scavati dalle
acque. Queste voragini
possono raggiungere i 200300 m. di profondità: sono le
cosiddette “foibe”.
La Dalmazia
La Dalmazia è la lunga fascia
costiera orientale
dell’Adriatico: è una terra
rocciosa, difficile da coltivare.
Un’antica leggenda narra che,
alla fine della creazione, Dio si
ritrovò un cumulo di pietre
inutilizzate: le rovesciò allora
sulla Dalmazia, creando anche
le numerose isole di cui sono
costellate le sue coste.
Storia della Dalmazia
La Dalmazia fu popolata fin dalla preistoria, dai Liburni a nord, dagli Illiri al
centro e a sud, e poi conquistata dai Dalmati.
Nel 177 a.C. fu conquistata dai Romani e nel 33 a.C. Augusto ne fece una
provincia.
Fu l’imperatore Claudio a chiamare questa provincia “Dalmatia”, e fu terra di
ben 4 imperatori, tra cui Diocleziano, a cavallo fra III e IV sec. d.C.
Sotto l’impero romano le città furono abbellite con templi, anfiteatri e fori.
Vicende complesse, legate a diverse invasioni di popoli barbari, segnarono la
storia della Dalmazia, fin quando, intorno all’anno 1000 cominciò a
dichiararsi alleata di Venezia contro Ungheresi e Croati.
Sotto il governo di Venezia la Dalmazia si arricchì di numerosi monumenti e la
cultura veneziana entrò a far parte della quotidianità: si parlava veneziano
ed anche la cucina si basava su piatti tipici della tradizione veneta.
La dominazione austriaca
Nel 1797, col trattato di Campoformio, Napoleone cedette la Serenissima
all’Austria. Questo passaggio fu un dramma per le popolazioni dell’Adriatico
orientale. L’Austria, che aveva bisogno di porti, individuò subito Trieste e
Pola, che diventarono città molto fiorenti in pochissimo tempo.
Durante i 121 anni di dominio austriaco, le città della costa orientale
dell’Adriatico, erano popolate in prevalenza da genti di origine italiana,
mentre la campagna era abitata da slavi.
Il governo asburgico, che temeva i sentimenti risorgimentali e irredentisti degli
Italiani, favorì lo spostamento degli Slavi verso la costa e, in alcune zone,
chiuse persino le scuole italiane.
Anche il clero, in prevalenza slavo, fomentava l’odio verso gli Italiani,
“colpevoli” di aver tolto lo stato pontificio al papa, e incoraggiava il
nazionalismo.
Cos’è l’irredentismo?
L’irredentismo è l’aspirazione di un popolo a completare la propria unità
nazionale, attraverso la riunione di territori soggetti ad altri stati.
Il fenomeno assunse un particolare rilievo nella seconda metà del XIX
secolo: nel 1848 l’Europa fu travolta, infatti, da una serie di rivolte
che avevano, quale motivazione principale, il risveglio delle
coscienze a proposito dell’unità di una nazione.
In Italia l’irredentismo fu soprattutto un movimento antiaustriaco, che
voleva liberare il Trentino e la Venezia Giulia dal dominio asburgico.
Questo sentimento si rafforzò alle soglie della Prima Guerra
mondiale.
Irredentisti famosi furono: Cesare Battisti, Fabio Filzi, Nazario Sauro e
Guglielmo Oberdan.
Cosa sono le foibe?
Le foibe sono cavità
carsiche profonde
fino a 300 metri.
La parola deriva dal
friulano foibe, ossia
"voragine carsica",
che, a sua volta,
deriva dal latino
fovĕa ossia "fossa”.
Dove?
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E’ fondamentale
collocare
geograficamente ogni
evento storico.
L’Istria, la Dalmazia,
Pola, Fiume, Trieste e
Gorizia sono queste
le terre che fecero da
scenario alla tragedia
delle foibe.
Quando?
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Allo scoppio della II Guerra Mondiale i Serbi si opposero a Hitler, il
quale, in quattro giorni, annientò l’esercito jugoslavo e conquistò la
Slovenia settentrionale e la Serbia, mentre gli Italiani occuparono
Lubiana e la Slovenia meridionale con tutta la costa dalmata.
Ben presto si formarono nuclei di resistenza: i monarchici serbi,
capeggiati da Mihajlovic, e i partigiani comunisti, guidati da Josip
Broz Tito.
Questi gruppi, divisi da differenze di lingua, religione, ideologia
politica, diedero vita ad una violenta guerra fratricida.
L’occupazione italiana della Dalmazia fu, oltre al fascismo, l’evento
che alimentò il feroce odio degli Slavi contro gli Italiani, odio che
esplose dopo l’8 settembre 1943, all’indomani della firma
dell’armistizio dell’Italia con le forze alleate.
8 settembre 1943
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La sera dell’8 settembre 1943 il maresciallo Badoglio annunciò alla
radio la firma dell’armistizio e la cessazione delle ostilità dell’Italia
contro le forze anglo-americane. Questo evento segnò di fatto
l’inizio della fase più tragica della guerra.
L’esercito italiano, infatti, piombò nel caos per diversi motivi:
ribaltamento del fronte, improvviso crollo degli organi di comando,
fuga del re da Roma, sbandamento delle gerarchie militari.
I Tedeschi avevano già organizzato contromisure e un piano
d’intervento per l’uscita dell’Italia dall’alleanza, per cui occuparono
subito Trieste, Gorizia, Lubiana, Pola, Fiume, Zara e Spalato.
I partigiani di Tito approfittarono di questo momento di confusione e
marciarono sui presidi italiani in Istria, imponendo il loro potere.
L’Istria fu così annessa alla Jugoslavia.
A questo punto fu dichiarata in modo inequivocabile (e testimoniata
da documenti) la necessità di “liquidare” i “nemici del popolo”: si
diede così inizio alle operazioni di polizia che seminarono terrore.
Italiani = fascisti
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I partigiani di Tito,
basandosi
sull’equivalenza
Italiani=fascisti, con
l’appoggio della polizia
jugoslava, compirono
numerosi rastrellamenti
prelevando istriani
indifesi per rinchiuderli
nel Castello di Pisino o in
scuole abbandonate dove
li sottoponevano a torture
d’ogni genere.
Chi?
Ma chi erano le vittime di questo massacro?
Le vittime non furono solo Italiani, ma anche Tedeschi, gerarchi fascisti, Sloveni
e Croati anticomunisti e membri del CLN (= Comitato di Liberazione
Nazionale), cioè partigiani italiani che non volevano passare alle
dipendenze di quelli titini.
Tra tutte le vittime ne ricordiamo almeno una, Norma Cossetto, nata vicino a
Pola, studentessa di Lettere all’Università di Padova e laureanda del
professor Concetto Marchesi. La ragazza fu catturata con l’inganno,
rinchiusa nelle carceri di Parenzo, legata ad un tavolo e ripetutamente
violentata da 16 aguzzini. Condannata a morte, fu condotta con altri 26
sull’orlo della foiba di Surani, dove fu nuovamente violentata; le vennero
tagliati i seni, spezzate le gambe e le braccia e infine infoibata. Quando
alcuni giorni dopo i Vigili del Fuoco la riesumarono (la zona era stata
occupata dai Tedeschi), il comandante del gruppo, valido speleologo,
rimase sconvolto dalla visione del corpo martoriato di questa giovane.
Alcuni aguzzini di Norma Cossetto furono catturati e costretti alla veglia funebre
del corpo di Norma. Si dice che tre di loro siano impazziti.
Anni dopo, grazie all’intervento del prof. Marchesi, a Norma venne conferita la
laurea honoris causa dall’Università di Padova.
La distruzione di Zara
Dal 2 novembre 1943 al 30
ottobre 1944 la città fu
sottoposta a ben 54
bombardamenti alleati. Il primo
novembre 1944, quando ormai
i Tedeschi avevano
abbandonato la Dalmazia, i
partigiani di Tito entrarono
nella città e iniziarono subito le
esecuzioni: gli Italiani vennero
portati via su barche, con
pietre legate al collo, e affogati,
poiché nel territorio di Zara
non ci sono foibe.
I 40 giorni di Trieste
Il 25 aprile 1945 è la data della
liberazione nazionale, cioè della fine
della guerra, ma, mentre il resto
dell’Italia si preparava a voltar
pagina, la Venezia Giulia e l’Istria,
vivevano la parte più brutale della
guerra.
L’armata jugoslava entrò a Trieste il 1
maggio del 1945: è l’inizio dei
quaranta giorni.
Furono arrestati e fatti sparire nelle foibe
migliaia di triestini e goriziani, mentre
in Istria riprendeva la brutale pratica
di cui si è già parlato.
La strage si concluse solo nel giugno
dello stesso anno: essendo, infatti, la
Jugoslavia nella sfera di controllo
dell’URSS, gli alleati decisero di
porre il territorio sotto il controllo
angloamericano, per evitare
l’espansionismo russo.
Così il 2 giugno 1945 le truppe di Tito
dovettero abbandonare Trieste,
Gorizia e Pola.
Quanti?
Quanti furono gli infoibati?
Una domanda che non si troverà
mai una risposta definitiva,
poiché gran parte delle foibe
istriane non sono ancora state
esplorate.
Si suppone che la cifra
complessiva oscilli tra i 10000
e 12000 morti, ma va tenuto
conto dei “desaparecidos”
delle città italiane istriane.
Nella sola foiba di Basovizza, alle
porte di Trieste, è stato
evidenziato uno strato di 500
m. cubi di ossa, corrispondenti
a circa 2500 corpi!
L’esodo
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Già con gli infoibamenti del
settembre ’43 e dell’aprile ’45 in
Istria vi fu chi tento la fuga,
soprattutto via mare con mezzi
di fortuna, ma spesso venne
fermato da fili spinati e raffiche
di mitra.
Gli abitanti di Zara furono spinti
alla fuga dai bombardamenti
alleati (novembre ’43/ottobre
’44).
Gli abitanti di Pola fuggirono in
32.000 su 34.000, sapendo che
la città sarebbe passata sotto
l’amministrazione jugoslava.
Quando i titini entrarono in
queste zone, non fu più
possibile fuggire e raggiungere
l’Italia.
Perché?
Perché è accaduto tutto questo?
Le cause sono diverse e difficilmente
riassumibili.
In ogni caso vediamo di enucleare almeno
le motivazioni più importanti:
a)
antico scontro fra mondo slavo e
italiano nei territori dell’Adriatico,
inaspritosi a causa del regime
fascista prima e dell’occupazione
italiana del 1941 poi;
b)
progetto espansionistico di Tito, che,
spalleggiato dall’URSS, mirava
all’annessione di quelle terre fino al
Tagliamento, inglobando tutta la
Venezia Giulia;
c)
inadeguatezza del governo italiano
nell’immediato dopoguerra e politici
condiscendenti col progetto di Tito,
in quanto la Jugoslavia poteva
fungere da stato-cuscinetto con
l’URSS.
Un silenzio lungo sessant’anni
Perché questo silenzio? Difficile dare una
risposta. Possiamo solo avanzare alcune
ipotesi. Di certo sappiamo che, a partire
dal 1948, anno in cui Tito attuò lo strappo
con l’URSS e fu espulso dal Cominform, i
governi occidentali cominciarono a
guardare al maresciallo come ad un
interlocutore che avrebbe fatto della
Jugoslavia uno stato-cuscinetto tra i due
blocchi, orientale e occidentale: fu
ritenuto “politicamente corretto” non
inasprire i rapporti con lui, rivangando la
questione italiana.
Del resto anche l’opinione pubblica italiana
guardava con sospetto l’arrivo dei
profughi, in un Paese distrutto e povero.
Diventò facile dimenticare quella tragedia e
rimuoverla anche dai libri di storia.
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