GINECOLOGIA
21/05/’03
Dr.ssa Scian – Dr.ssa Bonazzi
ore 16 -18
by: Molin Marina
METODICHE PER LA REGOLAZIONE DELLE NASCITE E
TECNICHE CONTRACCETTIVE 1, 2
Oggi parleremo delle principali tecniche contraccettive. Faremo una rapida carrellata per vedere: quali
sono, come funzionano e quali possono essere le indicazioni e le controindicazioni di ciascuna di esse.
REQU ISITI DI UNA CONTR ACCEZI ONE ID EALE.
Un metodo contraccettivo ideale deve rispondere a 4 requisiti fondamentali :
• Efficacia: prima caratteristica di un contraccettivo è quella di essere efficace e quindi di essere in
grado di prevenire gravidanze indesiderate.
•
Innocuità: un contraccettivo ideale non deve produrre effetti dannosi nè durante l’utilizzo nè alla
sospensione. È ovvio che se, una volta terminata la contraccezione, si va incontro a complicanze
che si mantengono nel tempo, il metodo contraccettivo è da scartare.
•
Reversibilità: alla sospensione, il contraccettivo deve consentire alla donna di tornare allo stato di
fertilità iniziale e quindi di avere successive gravidanze. Questa è una caratteristica importante che
deve essere ben tenuta presente.
•
Accettabilità: è importante che ci sia una accettazione del contraccettivo da parte di entrambi i
membri della coppia, al fine di un utilizzo corretto.
Nei limiti del possibile il contraccettivo non dovrebbe interferire troppo con il rapporto sessuale,
con la sua continuità, regolarità e soprattutto spontaneità. Se pensiamo invece al profilattico, che è
il contraccettivo più conosciuto, esso richiede di per sé che ci sia un’interferenza nel momento in
cui lo si usa, ma forse è l’unico caso.
CLAS SIFICA ZIONE
Si possono distinguere tre grandi categorie nei metodi contraccettivi:
•
•
•
METODI NATURALI
METODI CHIMICI O MECCANICI
CONTRACCEZIONE ORMONALE
″ METODI NATURALI
Con metodi naturali intendiamo le tecniche contraccettive in cui non si utilizza nulla di estraneo. Si
tratta dei metodi :
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•
•
•
Ogino Knaus
Temperatura basale
Metodo Billings
Coito interrotto
OGINO KNAUS
Il metodo era uscito negli anni ’50 - ’60 ad opera di due medici ( Ogino e
Knaus) i quali avevano stabilito più o meno quale era il periodo fecondo della donna. Ad esempio, per un
ciclo di 28 giorni, il periodo più fertile coincideva con il quattordicesimo giorno. Il metodo prevedeva
l’astensione dai rapporti qualche giorno prima e qualche giorno dopo l’ovulazione.
Il metodo era molto empirico, perché non si valutavano dei parametri oggettivi, quindi aveva un indice
di fallimento molto elevato. Oggi il metodo Ogino Knaus, come tale, è stato abbandonato e almeno in teoria
non è più utilizzato, in realtà poi qualcuno lo usa ancora.
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La presente lezione è stata tenuta al posto del previsto seminario su : La sterilità di coppia
I lucidi relativi alla lezione sono in copisteria, in particolare sono utili le figure.
Sono compresi anche i lucidi relativi alla contraccezione ormonale, parte non svolta a lezione per motivi di
tempo.
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Sulla scorta del metodo Ogino Knaus, si sono poi sviluppati i cosiddetti metodi naturali , cioè: il
controllo della temperatura basale (corporea) e il metodo Billings, detto anche sintotermico, in cui, oltre
alla temperatura, si controllano le caratteristiche del muco cervicale per valutare quando questo diventi muco
ovulatorio.
COITO INTERROTTO
Il coito interrotto, che è forse il metodo più utilizzato ancor oggi dalle coppie
di una certa età, consiste semplicemente nell’interruzione del rapporto quando il partner maschile sta per
raggiungere l’orgasmo.
Diciamo subito che ci sono alcune coppie che utilizzano da trent’anni il coito interrotto e: “ due figli
hanno voluto, due figli hanno avuto “.
Il metodo però risente molto di alcuni stati d’animo, in particolare nelle due età estreme:
ß nel giovane o magari nei primi rapporti, la tensione, legata alla situazione, può non far
interrompere il rapporto al momento giusto e quindi ci può essere una fuoriuscita di liquido seminale
prima che riesca ad uscire dalla vagina.
ß nell’uomo in là con gli anni, può succedere la stessa cosa, però per fenomeni opposti.
Fallimenti del coito interrotto ci sono comunque anche in coppie che lo utilizzano da molti anni, che
quindi dovrebbero ben conoscere le proprie reazioni, perché banalmente ci possono essere fuoriuscite di
liquido seminale prima dell’orgasmo vero e proprio o anche dopo (questo può succedere quando, finito un
rapporto, la coppia ha di nuovo un rapporto o comunque c’è ancora l’introduzione del pene in vagina,
perché, avvenuta l’eiaculazione, possono rimanere perdite di liquido seminale, responsabili di insuccesso).
È un metodo che non viene consigliato ma, in pratica, resta comunque quello più utilizzato perché è il
meno impegnativo, non serve nulla, non serve andar dal medico.
″ METODI CHIMICI E MECCANICI
Il secondo gruppo sono i cosiddetti metodi chimici e meccanici:
• Diaframma e profilattico. Vengono anche detti metodi di barriera perché creano appunto una
barriera tra l’ambiente vaginale e l’eiaculato, ossia gli spermatozoi.
• IUD (intra uterin device) o dispositivo intrauterino, che normalmente è chiamato spirale . Esistono
diversi tipi di spirale, che poi vedremo.
• Spermicidi. Si trovano sotto formulazioni diverse: possono essere creme, spugne; esisteva una
sorta di compresse che, messe in vagina, si scioglievano; esistevano dei films, come delle cartine
molto sottili, che con il pH vaginale si scioglievano e davano origine ad una schiuma che impediva
agli spermatozoi di penetrare ulteriormente, uccidendoli o rendendoli incapaci di farlo.
Anche per gli spermicidi, si può rapidamente chiudere il discorso dicendo che: negli anni si sono viste
sempre formulazioni diverse. Anch’essi hanno vissuto un momento di gloria intorno agli anni ’70, adesso
sono molto poco utilizzati e comunque non vanno mai utilizzati da soli, perché, da soli, hanno un indice di
fallimento molto elevato. In genere lo spermicida viene usato in abbinamento ad un altro metodo, in
particolare al diaframma, ciò consente di arrivare ad un elevato grado di successo.
Alcune donne, che usano lo IUD, che non ha una sicurezza del 100%, nel periodo dell’ovulazione, per
avere una protezione maggiore, utilizzano insieme lo spermicida, soprattutto in crema.
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″ CONTRACCETTIVI ORMONALI
Ci sono infine i contraccettivi ormonali, cioè la pillola.
VALU TAZION E DELL ’EFF ICACIA DI UN METOD O
L’indice di insuccesso o di fallimento di un contraccettivo viene calcolato in modo abbastanza
particolare, non è una percentuale ma un indice, detto indice di Pearl (P.I.).
In pratica è il numero di gravidanze (insuccessi) per i cosiddetti cento anni donna ( ossia ogni 100
donne che usano il contraccettivo per un anno) diviso il numero totale dei mesi di trattamento. In formula:
numero di gravidanze Õ 1200 *
* 1200 = 100 donne x 12 mesi
P.I. =
numero totale di mesi di trattamento
L’indice di Pearl non è un indice esatto perché, anche se una donna è molto attenta nell’utilizzo del
contraccettivo, non si può garantire, per tutto l’anno di utilizzo, che non ci sia mai un errore. Ad esempio, nel
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Questo argomento verrà trattato poi dalla dr.ssa Bonazzi.
L’ argomento non è stato trattato a lezione, ma è ovviamente da fare. Vedi nota 2 .
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caso della pillola, sono possibili errori legati alle modalità di assunzione o all’interferenza con altri farmaci o
ad un uso non continuo.
Tuttavia il P.I. è considerato piuttosto attendibile, come indice di sicurezza.
La tabella (fig.1) mostra in ordine crescente di P.I., dal più efficace al meno efficace, i metodi
contraccettivi di cui abbiamo rapidamente parlato.
Il contraccettivo più efficace, in assoluto, è la pillola (P.I = 0,15). Tuttavia non è sicura al 100%; nello
indice di fallimento si deve mettere ciò che in realtà capita e quindi che la donna nel corso dell’assunzione:
ß possa dimenticare una compressa,
ß possa avere vomito e diarrea, per cui,anche se la compressa è regolarmente assunta, in realtà
non viene assorbita,
ß possa esserci un’interferenza con un farmaco assunto, nella maggior parte dei casi il problema si
pone con l’utilizzo di antibiotici, più raramente con altri farmaci.
Al secondo posto si collocano gli IUD medicati con rame e argento (P.I = 0,8), che sono in pratica
quelli utilizzati oggi, mentre lo IUD inerte (P.I = 2,4) non si usa più.
Seguono pillola sequenziale (P.I = 2,4) e minipillola (P.I = 3,8).
La pillola sequenziale non si usa quasi più. La minipillola non si usava più, adesso invece è stata fatta
una nuova formulazione che, in alcuni casi, viene nuovamente prescritta.
La minipillola è una pillola, a base di solo progesterone, da utilizzare in pazienti che non possono
assumere la pillola estroprogestinica, per controindicazioni importanti all’uso di estrogeni. Ormai, con le
spirali e con gli altri dispositivi, si utilizza poco anche perché l’indice di Pearl non è così basso come nel caso
dell’estroprogestinico.
Oggi vede invece un utilizzo mirato nella donna in allattamento, perché la donna che allatta e non
deve usare l’estroprogestinico, in quanto ridurrebbe o annullerebbe la montata lattea, può invece usare il
progestinico, appunto la cosiddetta minipillola a base di progesterone.
D: In allattamento non ci dovrebbe essere amenorrea ?
R: Non necessariamente. Nelle donne che allattano si possono presentare, dal punto di vista mestruale, i casi
più vari: c’è la puerpera che allatta per un anno ma mestrua regolarmente dopo 40 giorni e, da lì in poi, mestrua
regolarmente e come tale ovula ed è passibile di gravidanza. Ci sono donne che, a parità di periodo di allattamento,
mestruano dopo 3 mesi, altre dopo 6 mesi, 8 mesi o dopo 1 anno, C’è chi non mestrua mai, per 14 o 15 mesi, finché
allatta e riprende un’attività mestruale regolare solo dopo sospensione dell’allattamento.
Essendo così differente lo scenario e non essendoci neanche dei segni, per sapere se una donna mestruerà a
breve o no, non ha fondamento l’idea che in allattamento, soprattutto nei primi mesi dopo il parto, la donna fosse scevra
dalla possibilità di avere una gravidanza.
Infatti, se è vero che la puerpera che ha il capo-parto, cioè il primo mestruo dopo 40 giorni dal parto, difficilmente
avrà avuto l’ovulazione (difficilmente poi si inizia ad avere un’attività sessuale nel primo mese dopo il parto), invece la
donna che mestrua, ad esempio dopo 3- 4 mesi, potrebbe avere un’ovulazione inattesa e non calcolabile, perché non c’è
la solita cadenza mestruale su cui basarsi, e l’andamento delle temperature e le caratteristiche del muco sono diverse
in allattamento, per cui diventa difficile la previsione, come vedrete più avanti parlando di metodi naturali con la dr.ssa
Bonazzi.
Perciò una donna che mestrua dopo 4 mesi, ha magari ovulato normalmente dopo 3 mesi e mezzo e, se non ha
una protezione, può rimanere incinta senza accorgersene.
Sui libri si potrà trovare che la donna in allattamento è protetta da gravidanze, ma la regola non è questa. Per i
famosi 40 o 50 giorni dopo il parto, magari sì, però non sono pochissime le donne che iniziano a mestruare dopo 40
giorni e, da lì, poi proseguono regolarmente; ci sono anche le donne che mestruano a 40 giorni e poi magari mestruano
dopo due mesi e così via. Insomma sono possibili tutti gli scenari e questo pone nell’ottica di mettere sull’avviso le
puerpere.
Questo lo si vede oggi soprattutto nelle donne extracomunitarie, sud americane in particolare, per le quali questa
credenza era un dictat. In effetti potrebbe esserci un fondamento maggiore in Paesi in cui l’alimentazione è scarsa e
quindi l’organismo, come succede anche nel caso dell’anoressia, evita la mestruazione e risparmia tutto quello che può a
favore dell’allattamento. Da noi invece questa cosa non succede e quindi è molto più frequente l’inizio di mestruazioni
regolari durante l’allattamento.
Al posto successivo c’è il diaframma, in questa posizione (P.I = 14) , se utilizzato da solo, ma che
sale un po’ di livello se si usa ( ed è in pratica obbligatorio, quando si prescrive, darne l’indicazione ) insieme
alla crema spermicida.
Seguono in successione: la temperatura basale da sola (P.I = 14), il condom (P.I = 14), il coito
interrotto (P.I = 17), l’Ogino Knaus (P.I = 39), lo spermicida da solo (P.I = 41) e nessuna protezione, che
ha un P.I intorno a 60 (n.b. non arriva al 100%).
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METO DI CH IMICI E ME CCANIC I
PROFILATTICO
L’unica cosa che vale la pena di sottolineare a questo proposito, come
medici e soprattutto, per il grande utilizzo che se ne fa oggi tra i giovani, è che, in fondo, il profilattico resta
l’unico metodo contraccettivo in grado di proteggere dalle malattie sessualmente trasmesse. Altro non c’è.
Infatti anche il diaframma, che pure fa parte dei metodi di barriera, non impedisce che ci possano essere
contatti con la mucosa vaginale, mentre il profilattico assicura questa barriera.
La cosa importante è di ricordare sempre ai ragazzi che lo usano, di farne un buon utilizzo.
Abbiamo visto infatti che il profilattico ha un indice di fallimento abbastanza elevato ( PI = 14) , mentre
sarebbe logico aspettarci una sicurezza del 100%, dato che non dovrebbe lasciar passare nulla.
In questo fallimento dunque dobbiamo mettere sì le rotture accidentali, che sono imprevedibili, ma
anche il cattivo uso, legato al fatto:
ß di non poterlo mettere precocemente, ma solo dopo avuta l’erezione, con i rischi che abbiamo
visto prima per il coito interrotto.
ß di non metterlo adeguatamente, così il profilattico si può sfilare, parzialmente o del tutto, durante
il rapporto. Se questo succede dopo che è avvenuta l’eiaculazione, è chiaro che il liquido seminale
può passare attraverso e depositarsi. Se poi si sfila completamente, il profilattico rimane dentro in
vagina ed è comprensibile la possibilità di fallimento.
Queste sono le cose che in genere si considerano.
Un’ altra cosa da ricordare, soprattutto ai giovani, che più facilmente hanno rapporti ripetuti a breve
distanza di tempo, è che dopo un rapporto, prima di reintrodurre il pene in vagina, bisogna lavarsi
accuratamente e nel nuovo rapporto mantenere le stesse precauzioni avute precedentemente.
L’ultima cosa da dire è che il profilattico è un metodo antichissimo di provenienza incerta.
D: Dopo che l’uomo ha eiaculato, può subito rientrare in vagina?
R: No, perché potrebbe rimanere del liquido nel canale, per cui l’ideale sarebbe il classico sistema di una volta,
andare subito a fare pipì, perché così facendo si pulisce completamente l’uretra e si può essere certi che non rimangano
residui di liquido seminale. Dopo si può rientrare.
DIAFRAMMA
Il diaframma ha visto il suo massimo splendore ai tempi del ’68 quando
quasi tutte le donne lo usavano perché era un modo di gestire in prima persona la contraccezione. Questo
perché il diaframma è un po’ il corrispettivo del profilattico nell’uomo, pur se con delle caratteristiche molto
diverse, anche di utilizzo.
I primi prototipi furono fatti alla fine dell’800, in pratica quando fu scoperto il processo di
vulcanizzazione della gomma, e quindi si fu in grado di lavorarlo.
Il diaframma in genere è fatto in lattice, quindi c’è da tener conto di una quota di donne allergiche.
Esso è costituito da una cupola in lattice e una base, rivestita pure di lattice, all’interno della quale si trova
una molla metallica semicircolare. Fig.2
Ci sono due tipi di diaframma:
ß un tipo che si può comprimere lungo tutto il perimetro
ß l’altro tipo, cosiddetto ad archetto, che ha come due snodi, all’interno della base, e quindi si può
chiudere solo in un senso.
Solitamente si prescrive quello con la molla semicircolare, con lo snodo, perché dà maggiori garanzie
di posizionamento corretto.
Il diaframma va posizionato all’interno della vagina
nel modo indicato in fig. 3 :
ß la donna si mette in posizione
accovacciata
ß piega il diaframma e quindi inizia
l’introduzione nel canale vaginale
ß quando all’incirca la metà del diaframma
è entrata, lo spinge posteriormente
ß
il diaframma entra completamente in vagina e, proprio in virtù del sistema di molle, si apre con
garanzie di corretto posizionamento.
Il rischio dell’altro tipo era che, se mal posizionato, poteva rimanere chiuso, incastrato anteriormente
tra la sinfisi pubica e la cervice uterina oppure posteriormente dietro la cervice. Per il tipo a molla invece
questo è impossibile perché si chiude solo in un modo.
Il posizionamento del diaframma è corretto quando anteriormente esso va ad ancorarsi alla parte
posteriore della sinfisi pubica, posteriormente al fornice posteriore. All’interno si collocherà la cervice uterina.
Per essere ben posizionato, oltre ad avere questa angolazione, esso dovrà aderire completamente alla
parete vaginale.
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Il diaframma non può essere autoprescritto dalla donna.
Esiste in diverse misure: da un minimo di 6 cm, fino a misure molto grandi. A seconda della marca, le
misure variavano con scarti di 5 mm (ad es.: 6, 6 _ , 7, 7 _ ..). Una ditta americana ( il metodo era molto
usato in America) aveva dei passi di 1 mm con un vasta gamma di misure.
Solitamente è il ginecologo che, con dei diaframmi misuratori, trova la misura adatta per la donna, in
media intorno a 7- 7 _.
Dopodiché la donna viene invitata ad acquistare il diaframma e a provarlo, mettendolo e togliendolo
più volte. Per toglierlo è molto semplice, si entra, si sente la molla sotto la sinfisi pubica, la si ancora e le si fa
fare il percorso inverso, verso il basso e all’infuori.
Prima che la donna utilizzi il contraccettivo, il ginecologo controlla, in ambulatorio, che il diaframma sia
inserito correttamente e a quel punto può iniziarne l’utilizzo.
Il diaframma non si utilizza mai da solo perché, anche se aderisce bene, gli spermatozoi hanno
comunque qualche possibilità di passare. Perciò il modo migliore è di abbinare una crema spermicida: si
mette un certo quantitativo di crema all’interno della calotta, un’altra quantità si mette sul bordo, in modo
che, essendo una specie di gel, aiuti anche l’inserimento, e questo può bastare. A volte si consiglia anche di
mettere della crema spermicida esternamente al diaframma tramite appositi introduttori, cioè delle piccole
siringhe, fornite con la crema, questo per garantire una miglior efficacia.
D: Le creme spermicide possono essere irritanti?
R: Purtroppo sì, perchè sono anche disinfettanti, e quindi sono irritanti. Questa potrebbe essere una limitazione
all’utilizzo.
Il diaframma va inserito prima del rapporto. A differenza del profilattico però, non è necessario che
venga messo subito prima, c’è una certa tolleranza: si può mettere anche un’ora, due ore prima.
La cosa importante invece è che il diaframma non deve essere rimosso prima di 7 ore dall’ultimo
rapporto (abbiamo visto che una coppia può avere più di un rapporto): questo è il tempo che si calcola
necessario affinchè la crema spermicida possa far effetto sugli spermatozoi e possa annientare il loro potere
fecondante. Se si toglie prima, c’è la possibilità che siano rimasti in sito degli spermatozoi e che riescano
ugualmente a fecondare.
Il diaframma non è particolarmente fastidioso, altrimenti non sarebbe possibile tenerlo per 7-10 ore.
La donna non ha nessun disturbo; qualche volta il partner sente il fastidio della molla anteriormente, tuttavia
non è frequente, tanto più che ormai anche il diaframma non è molto utilizzato.
Sulla carta è molto interessante, soprattutto per chi non ha rapporti frequenti, ad esempio coppie che
vivono lontane ed hanno bisogno di una contraccezione saltuaria, per cui, ad esempio, prendere un estroprogestinico, per avere solo pochi rapporti in un mese, potrebbe non valere la pena, se l’E.P. è assunto solo
come contraccettivo.
Qualche coppia, con rapporti regolari, lo utilizza, molto poche in verità, perché nel tempo ci si stanca,
anche se, all’inizio, può apparire interessante perché non ha gli effetti collaterali della pillola ( non si prende
nessun farmaco, non si ingrassa, non c’è ritenzione di liquidi e cellulite ecc.), oppure la necessità di usarlo
direttamente e tempestivamente come il profilattico.
Tuttavia alla lunga ci si stanca di utilizzarlo. Inoltre non è scevro da complicanze, non impegnative, ma
fastidiose: a parte l’azione irritante sulle mucose della crema spermicida, la posizione stessa può causare
problemi, soprattutto se viene utilizzato frequentemente. Sono stati riportati casi di cistiti recidivanti , infatti il
diaframma è retropubico cioè in prossimità della vescica e quindi, soprattutto se lo usa frequentemente, e
dato che deve rimanere in posizione per diverse ore, può dare infiammazioni.
Era un contraccettivo indicato e utilizzato volentieri nel post partum in quanto periodo di transizione,
qualche mese, e con una frequenza di rapporti non elevata, ma ormai è poco usato anche in questo caso.
Da ultimo è da notare che, se ci sono grosse variazioni di peso, di più o meno 5 kg, si consiglia di far
ricontrollare il diaframma, perché potrebbe non andare più bene, ed essere necessaria qualche misura in più
o in meno a seconda della differenza di peso.
Anche la donna che usa il diaframma e che poi va incontro ad una gravidanza e ad un parto,
potrebbe, dopo aver partorito, avere la necessità di un diaframma di misura diversa.
D: Si puo utilizzare anche in caso di dolore(…?) ?
R: Sì, si può utilizzare comunque, perchè il diaframma si posiziona anteriormente rispetto alla cervice,
abbracciandola. L’unica cosa è che bisogna stare molto attenti, perché mi è capitato di controllare dei diaframmi inseriti a
domicilio, messi perfettamente,…. peccato che la cervice fosse esattamente dietro al diaframma! Questo può succedere
nelle cervici molto retroposte; è anche vero che in questi casi dovrebbe dar fastidio, perché il diaframma non va più nel
fornice ma magari si posiziona proprio tra corpo e collo, quindi resta in un fornice anteriore un po’ spostato.
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SPIRALE (o DISPOSITIVO INTRAUTERINO)
È importante fare subito una premessa
fondamentale, da rivolgere soprattutto alle donne che richiedono lo IUD: a differenza di tutte le altre
metodiche contraccettive, in cui l’obiettivo è quello di impedire la fecondazione, cioè l’incontro tra ovulo e
spermatozoo, la spirale , almeno quelle più usate, agisce in un momento successivo alla fecondazione, cioè
ha lo scopo di impedire l’annidamento dell’uovo fecondato.
Ciò significa, in pratica, che è come andare incontro ad un aborto, molto precoce, di cui non si ha
ovviamente la percezione, ma sempre aborto. Questo va tenuto presente e va detto chiaramente alla donna.
A volte, donne che erano intenzionate ad utilizzare questo contraccettivo, perché in difficoltà ad
utilizzare ad esempio una contraccezione di tipo ormonale, cambiano poi strada perché, se uno è
profondamente contrario all’aborto, non è giusto che usi questo contraccettivo.
Anche sul fronte dei ginecologi ( dato che è il ginecologo che deve inserire la spirale ) c’è parecchia
divisione sull’argomento, per cui alcuni colleghi non mettono la spirale. Questa posizione non va di pari
passo con quella sull’interruzione di gravidanza (legge 194) che vede divisi i ginecologi tra obiettori e non
obiettori: in teoria si potrebbe pensare che l’obiettore, che non fa l’IdG, non metta neanche la spirale, invece
non è così: alcuni hanno una posizione rigorosa e non mettono neanche la spirale , altri invece mettono la
spirale ma non fanno l’aborto.
La premessa è molto importante perché non sempre le donne ne sono consapevoli. È capitato di
donne che sono venute a fare il controllo della spirale, avendone una inserita, senza sapere il meccanismo
d’azione del dispositivo.
Tipi di spirale
Esistono diversi tipi di spirale. Le spirali che utilizziamo oggi sono le cosiddette
spirali medicate al rame e argento. Le spirali inerti sono dispositivi che non si utilizzano più, si usavano
tantissimi anni fa (negli anni ’50-’60, forse fino al ’70). Da tempo non si inseriscono più, al più può capitare di
toglierne una.
Le spirali oggi utilizzate sono già della fine degli anni ’60, poi perfezionate intorno al ’75.
Le spirali inerti erano di due modelli (fig.4) : il Lyppes loop e il Dalkom shield . Si inserivano così
com’erano (dev’essere stato difficoltoso e doloroso), di dimensioni cospicue, agivano solo ed
esclusivamente occupando lo spazio e quindi impedendo all’uovo fecondato di trovare un luogo adatto per
l’annidamento; in più, e questo succede anche in quelle più recenti, mettevano l’endometrio in una
condizione negativa, rispetto all’annidamento, con una reazione chimica.
Una curiosità: Da dove è nata l’idea di introdurre qualcosa nell’utero per impedire una gravidanza?
La leggenda narra che tutto sia partito da dei carovanieri che si proponevano in realtà l’obiettivo contrario a quello
poi effettivamente raggiunto.
Essi avevano notato che, nelle traversate del deserto, quando le cammelle erano gravide, erano molto più
tranquille, pensarono allora che, introducendo dei sassolini nell’utero delle cammelle, si venisse a creare la stessa
condizione che appunto le rendeva tranquille durante la traversata.
In realtà, nel tempo, scoprirono che le cammelle, con i sassi nell’utero, non rimanevano più gravide.
Da lì si è scatenata la fantasia per trovare qualcosa che introdotto in utero impedisse la fecondazione: in Texas
avevano pensato, intorno al 1880, ad una pila galvanica che facesse passare una corrente galvanica, che impedisse di
rimanere gravide. Poi, avevano provato ad introdurre l’osso a forcella del pollo. Infine si è arrivati a degli elementi simili
alle vecchie spirali inerti, che però venivano introdotti in maniera non idonea e non sterile, con immaginabili conseguenze
di morte per infezione.
Alla fine degli anni ’50 sono state pensate le prime spirali in materiale plastico, inserite sterilmente.
Dapprima ci furono quelle inerti, cioè solo di materiale plastico.
Poi si vide che cambiando la tipologia (fig. 4 in basso : spirali “a 7”, “ a T ”, “medicata al
progesterone”) e facendo passare un filo di rame intorno al braccio lungo del dispositivo, (il nome di spirale
deriva proprio dal filo avvolto), questo rilasciava in utero ioni Cu, con una certa cadenza, dando origine ad
una endometrite asettica, cioè solo su base chimica, e mettendo perciò l’endometrio in una condizione
inadatta all’annidamento.
Le “spirali” inerti, non rilasciando nulla, duravano tutta la vita, si potevano tenere 10, 20 anni e non
avevano scadenza.
Le prime spirali messe in commercio, del tipo attuale, avevano una durata di circa 3 anni. Poi si è
visto che, semplicemente allungando il filo di rame o, meglio ancora, se il filo di rame avesse avuto un’anima
in argento, sarebbe stato possibile un rilascio più graduale degli ioni Cu, e quindi si è arrivati alle attuali
spirali che durano 5 anni.
Quindi, dall’inserimento, la spirale viene lasciata in sito, se non ha problemi, per circa 5 anni,
dopodiché viene rimossa e nello stesso momento se ne può reinserire una nuova.
Sempre negli anni passati, avevano pensato ad una spirale medicata al progesterone. Questa era
un po’ più larga delle altre e nel braccio lungo aveva un serbatoio contenente progesterone il quale veniva
rilasciato con una certa regolarità giornaliera.
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La prima spirale di questo tipo però aveva una durata di solo un anno, perciò veniva consigliata ad un
determinato tipo di donna, ma aveva l’inconveniente che ogni anno andava rimossa e reinserita, a differenza
delle altre che duravano 3 anni.
Circa 3 anni fa è uscita una nuova spirale, sempre medicata al progesterone, con un serbatoio più
piccolo, contenente del Levonorgestrel, e, come durata, sovrapponibile alle altre spirali. Dura anch’essa 5
anni, ma, come sicurezza, ha delle caratteristiche superiori rispetto alle altre.
Fig.5 . La spirale viene inserita, poi vedremo velocemente come, e lo spazio che viene ad occupare è
quello all’interno dell’utero o meglio della cervice (cioè al di qua dell’OUI), con i due bracci della T (o gli
estremi dell’archetto della spirale a 7) che vanno a posizionarsi vicino agli angoli tubarici .
Un filo, di repere, fuoriesce dal canale cervicale; è molto lungo quando si inserisce, poi viene tagliato
dal ginecologo a 3-4 cm dall’OUE. Servirà al ginecologo, e alla donna se vuole, per controllare che la spirale
resti in situ e non si sposti; se il filo si accorcia, o si allunga troppo, la spirale può scivolare, perdere la
corretta posizione.
Fondamentamentalmente poi serve per rimuovere la spirale: il ginecologo afferra il filo, fa una delicata
trazione verso l’esterno, i braccini si richiudono e la spirale scivola fuori.
La fig. 6 mostra alcuni tipi di spirali con tutte le caratteristiche, es. lunghezza del filo, tipo, durata ecc.
Si vedono: il tipo a 7, un tipo a V, poi il Copper-T , solo con filo di Cu, sostituito in seguito dal Nova T, con
Cu e Ag; un altro modello, il multi load, funziona con il principio della T ma, nei due bracci, ha come delle
dentellature che servono a farlo ancorare meglio e a rimanere meglio in situ all’interno dell’utero.
Ovviamente è il ginecologo che inserisce la spirale, si preferisce farlo quando la donna è mestruata e
questo per due motivi:
ß la spirale va inserita quando si è certi che non ci sia una gravidanza. Quindi è da evitare
assolutamente l’inserimento nella seconda parte del ciclo
ß durante la mestruazione il canale cervicale è più beante, quindi l’inserimento è più semplice per il
ginecologo e meno doloroso per la donna.
Modalità di inserimento (Fig. 7). La spirale ha un introduttore, si tira il filo e i due braccini si
chiudono. Si inserisce in realtà un cannello di pochi millimetri, si arriva a posizionarlo correttamente
all’interno della cavità uterina, si sfila l’introduttore e i due braccini si aprono.
Come si vede, la spirale resta contenuta tutta nel corpo dell’utero, nel canale passa il filo che poi viene
tagliato. Si consiglia in genere di non tagliarlo troppo corto perché una volta che la spirale è inserita, magari
si assesta riposizionandosi bene verso il fondo dell’utero e se il filo è tagliato troppo corto rischia di entrare
nel canale cervicale: questo, da una parte, impedisce il controllo (anche se oggi, nel caso non si vedano i fili,
si può fare un controllo ecografico, riuscendo comunque a stabilire se la spirale è correttamente
posizionata), d’altra parte, complica la vicenda quando si deve togliere la spirale, per cui magari non si può
più togliere in ambulatorio ma si deve inviare la pz in ambulatorio di isteroscopia ed eseguire il tutto sotto
guida isteroscopica.
Meccanismo d’ azione. (Lucido 4)
IUD inerti: si instaurano delle reazioni infiammatorie aspecifiche dell’endometrio.
IUD medicati al rame: il rame sicuramente interferisce a livello del metabolismo delle cellule
endometriali .
Per tutti esiste anche un’azione a livello della motilità tubarica.
Dunque, il meccanismo principale è quello di impedire l’annidamento in realtà, però, per alcuni più che
per altri, ci sono anche alterazioni della motilità tubarica che hanno come risultato di ritardare l’arrivo
dell’uovo e quindi di ridurre la possibilità di fecondazione.
Ci sono infine anche azioni a livello del muco cervicale.
Sicuramente queste ultime azioni sono molto più evidenti nella spirale medicata al levonorgestrel,
per la quale l’indice di Pearl si avvicina a quello dell’estroprogestinico e quindi è molto basso.
Questo è dovuto al fatto che il progesterone:
ß
è in grado di dare nel tempo, a livello endometriale, un’atrofia vera e propria
ß
agisce a livello della motilità tubarica,
ß
agisce a livello del muco cervicale
Rispetto alle altre spirali, può essere che, più che il meccanismo dell’ inibizione dell’annidamento, si
verifichi un meccanismo d’azione simile a quello dell’estroprogestinico e quindi si ottenga sia di evitare
l’incontro ma anche di interferire anche con l’ovulazione.
Resta comunque valida l’avvertenza detta all’inizio, anche per questa spirale.
La fruitrice ideale della spirale è la donna che cerca una contraccezione sicura ma non può o non
vuole prendere l’estroprogestinico, che è l’alternativa.
In genere si preferisce utilizzare la spirale in una donna che abbia già partorito, per 2 motivi di fondo :
ß Le dimensioni della spirale, che non sono piccolissime. Si deve avere un’isterometria almeno
superiore a 6. Esistono dei modelli più piccoli, ma più sulla carta che in realtà. Questo in una
7
ragazza che non ha mai partorito, quindi con un utero ancora piccolo, potrebbe dare problemi,
soprattutto essere mal tollerata, dare delle algie, dei dolori mestruali importanti e alla fine rendere
necessario toglierla per una intolleranza.
Sicuramente invece nella donna che ha già avuto figli questo non avviene, quindi dolori mestruali
importanti, algie, nelle portatrici di spirale che non siano legati a fatti infiammatori non se ne
vedono.
ß Il rischio di infezioni.
Questo dato era stato molto più enfatizzato in passato che ora. Adesso, probabilmente anche per
le modalità di inserimento, eseguite nel massimo rispetto delle norme di asepsi (per esempio si
disinfetta la cervice prima di pinzarla per mettere la spirale dentro) questo problema è meno sentito.
Comunque, si era molto enfatizzata la possibilità di endometriti, non asettiche ma settiche e che i
la spirale determinasse un’incidenza maggiore di PID, rispetto alla popolazione generale. E questa
incidenza era molto elevata.
Perciò allora si riteneva che fosse assolutamente da scosigliare la spirale in una ragazza giovane,
che non aveva mai avuto figli, in quanto poteva rischiare una malattia infiammatoria pelvica che se
trascurata, non riconosciuta adeguatamente, in ultima analisi poteva portare anche ad una sterilità di
tipo tubarico.
Neanche ora, in genere, comunque si consiglia la spirale ad una ragazza giovane.
Tuttavia oggi, dagli ultimi lavori usciti sullo IUD, emerge che la possibilità di infezione non è molto
dissimile da quella della popolazione generale, purché in condizioni di inserimento corretto e di
donna corretta (cioè che osserva le norme igieniche, che di fronte ad una perdita patologica ha dei
controlli regolari)
Quindi il dato andrebbe un po’ ridimensionato. Resta comunque da tener presente e nel
counceling fatto ad una ragazza per contraccezione, questa cosa va detta.
Anche la possibilità di espulsione spontanea della spirale è praticamente nulla ( 0, 0.2, 0.3 a seconda
delle casistiche).
Controindicazioni.
Esistono delle controindicazioni assolute e delle controindicazioni relative
(lucido 7). Controindicazione assolute sono:
ß Flogosi pelviche. Chiaramente non si inserirà una spirale ad una donna che ha già avuto, o che è
soggetta, a malattie infiammatorie pelviche
ß l’ ipoplasia uterina, con un’isterometria inferiore a 6
ß un’amenorrea, certamente non si inserisce la spirale
ß una coagulopatia. Non inseriamo una spirale “classica” in una donna portatrice di una
coagulopatia perché essa può comportare un aumento del flusso mestruale, probabilmente da
collegare all’endometrite asettica causata . Allora è chiaro che in una donna che ha già problemi di
coagulopatia, cioè di cicli abbondanti, questa cosa non si consiglia.
Invece la spirale al levonorgestrel, proprio per i fenomeni di atrofia endometriale locali che
determina, trova addirittura tra le sue indicazioni proprio le donne che hanno problemi di cicli
menorragici. Infatti, nel tempo, le fruitrici di questo tipo di spirale vanno incontro o ad una netta
riduzione del flusso mestruale pro mese o addirittura anche ad amenorrea, che non è ovviamente
un’amenorrea da causa ovarica, o da deficit a livelli superiori, ma è legata solo all’organo effettore
cioè quindi all’atrofia dell’endometrio.
ß Le malformazioni uterine sono una controindicazione perché in un utero setto o un utero bicorne
non si può mettere. Nell’ utero didelfo si potrebbe mettere, però sono necessarie due spirali,
perché l’utero didelfo è sdoppiato completamente.
ß La presenza di miomi sottomucosi è una controindicazione da una parte, perché è appianato il
profilo interno dell’utero e si possono avere malposizioni della spirale, dall’altra perché sono
patologie che in genere danno menorragie, cicli molto abbondanti, quindi si va ad inserirle in una
situazione già patologica. Per i polipi è lo stesso.
ß Cardiopatie valvolari. Endocarditi . Leucemie sia per il discorso del sanguinamento che per il
rischio infettivo.
ß Per gli IUD al rame, sono controindicazioni le allergie accertate al rame. Non è proprio come
un’allergia cutanea al rame, però per cautela si evita di inserire in utero la spirale.
Per le controindicazioni relative vedere il lucido.
Effetti collaterali:
C’è un aumento del sanguinamento in genere. La donna portatrice di spirale
spesso, non sempre, ha delle perdite prima della mestruazione, uno spotting premestruale, poi ha la
mestruazione e infine uno spotting postmestruale.
8
Altra cosa da dire è che il rischio di infezioni potrebbe essere aumentato, un po’ per quello che si è
visto prima, ma non necessariamente, ma soprattutto, perché un aumento della quantità e durata del flusso
mestruale può creare un ambiente favorevole alla crescita di germi.
Ci possono essere batteri che dall’ambiente vaginale risalgono ed arrivano in cavità uterina
Infine ci potrebbe proprio essere una cattiva disinfezione dei genitali durante l’inserimento e la spirale
potrebbe diventare un vettore di infezione.
Ultima cosa importante è il rischio di perforazioni.
Può succedere che la spirale si sposti, in genere lo spostamento è verso il basso, quindi la spirale
scivola un po’ giù e questo comporta innanzittutto una mancata copertura dal punto di vista contraccettivo,
perché resta libero tutto il fondo. A volte poi, la donna se ne accorge perché, se il braccio lungo della spirale
entra nel canale cervicale, durante il rapporto o durante certi momenti del ciclo, ha dolore, fastidio ed allora
ricorre alla visita ed è capitato di vedere l’occhiellino della spirale affiorare all’orifizio uterino esterno oppure
si vede il filo molto più lungo e si sente il canale cervicale impegnato, oppure si fa un’ecografia e si vede che
la spirale non è più al suo posto ed in questo caso ovviamente va rimossa.
La perforazione è una spirale che va oltre la cavità uterina.
In genere non esiste che una spirale, messa correttamente, cammini e si faccia strada lungo la parete.
Solitamente, le perforazioni sono una complicanza immediata dell’inserimento: se si è un po’
maldestri, se c’è una parete uterina particolarmente malacica, particolarmente stenotica e si è un po’ troppo
incisivi, nell’inserimento, si va oltre.
Ce ne si dovrebbe accorgere, perché, in genere, prima si fa l’isterometria, per capire dove è il fondo,
e poi si posiziona una specie di fermo, che c’è sulla spirale, più o meno alla stessa profondità
dell’isterometria per evitare di andar oltre. Però non sempre in pratica è così.
Se la perforazione è importante ed impegnativa, naturalmente ce se ne accorge, perché la donna ha
un dolore molto forte, fino allo shock vagale.
Altre volte, la spirale può essere solo parzialmente inserita nella parete dell’utero ed allora può
succedere che, con le contrazioni legate all’inserimento, legate alle mestruazioni, la spirale conficcarsi nella
parete, però in genere dà fastidio, rarissimamente è un reperto occasionale all’ecografia.
È successo comunque anche di spirali ritrovate in addome con una radiografia (le spirali sono
radiopache).
Adesso abbiamo una pz che ha la spirale a lato dell’utero, sembrava fosse entrata nella tuba. La
signora, che peraltro sta benissimo, aveva messo la spirale 6-7 mesi fa, aveva solo sentito male
all’introduzione, ma questo è abbastanza frequente.
D: Ma non si fa subito un controllo ecografico?
R: No, non all’atto dell’inserzione, e non di routine. Di solito si fa un controllo il mese successivo dopo la
mestruazione, e si sente come è andata, se la donna è stata bene o no e si controlla che il filo sia lungo quanto lo si era
lasciato.
D: Quanto costa una spirale?
R: All’incirca 97000 lire (50 euro) le spirali medicate al rame argento, mentre la spirale medicata al levonorgestrel
costa 350000 lire ( 180 euro). È un costo molto elevato, ma si deve pensare che va diviso per 5 anni, per cui è
probabilmente inferiore al costo del profilattico, se lo si considera per un periodo equivalente, o della pillola (le ultime
hanno prezzi esorbitanti).
D: Che percentuale c’è di gravidanza con la spirale inserita?
R: la percentuale di insuccesso è del 2,5.
D: Ma come sono le gravidanze con la spirale?
R: Si diceva che la spirale favorisse le gravidanze extrauterine, in realtà non è vero, semplicemente, poiché
protegge da quelle in utero ed una donna continua ad avere rapporti e ad ovulare, si vedono di più quelle extrauterine.
Però la gravidanza post spirale non è extrauterina, cioè il fallimento non è perché avviene l’extra ma perché avviene
l’intrauterina.
D: e allora cosa succede?
R: si decide con la donna cosa fare. La donna può decidere comunque di toglier la spirale, con il rischio che se
questa interferisce con il sacco gestazionale, può avere un aborto, oppure può decidere di lasciare la spirale in sede e la
gravidanza prosegue. In genere va tutto bene, anche perché all’inizio la spirale è enorme rispetto al sacco gestazionale,
poi diventa piccolissima, l’unica cosa si segue la gravidanza con controlli molto più ravvicinati . All’inizio del primo mese
si riesce ancora a vedere la spirale nei suoi rapporti con la placenta, poi negli ultimi mesi , difficilmente si riesce a
vedere. Infine la signora partorisce e, se possibile, si cerca la spirale al momento del parto, magari annidata nella
placenta o in qualche annesso, altrimenti si cerca all’interno con l’ecografo e se si trova la si toglie.
Succede di tutto: supponiamo che la donna non lo tolga, può andare incontro ad un aborto spontaneo, se invece
la gravidanza prosegue, il rischio è di andare incontro ad una PROM, cioè, se la spirale è vicina al sacco, si può avere
rottura prematura delle membrane. Però negli ultimi anni ne abbiamo seguite due o tre che sono arrivate a termine
tranquillamente. In una non si è trovata neanche la spirale, forse quando ha partorito è uscita con il sangue e la placenta,
comunque in utero non c’era, il bambino non ce l’aveva…
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METODI NATURALI
(DR.SSA BONAZZI)
Mi preme che, in un discorso generale sul controllo della fertilità, si tenga conto che esiste anche una
possibilità che ci permette di avere un’autovalutazione da parte della donna del proprio ciclo e che,
attraverso un training che dura pochi mesi, un’insegnante di metodi naturali insegna alla donna a
riconoscere, nel suo ciclo, i tempi di fertilità e quelli di non fertilità.
Questo è in fondo la base di tutto quel grosso componimento scientifico che si basa sui metodi
naturali e che fa sì che una coppia, attraverso soprattutto l’addestramento della donna, possa regolarsi,
senza farmaci e senza mezzi particolari, attraverso il riconoscimento di questi tempi e quindi l’utilizzo
dell’astinenza periodica.
La donna impara a studiare il proprio ciclo, non tanto per sapere quando è il giorno dell’ovulazione, e
cosa succede agli ormoni ecc, quanto piuttosto per saper riconoscere nel suo ciclo i tre diversi tempi.
Dal punto di vista ormonale, il ciclo femminile è caratterizzato dai diversi ormoni che vengono prodotti
e fondamentalmente da due tempi: la fase estrogenica e la fase progestinica. Poi, noi sappiamo che il
picco degli estrogeni fa sì che ci sia il picco di LH e che questo fa rompere il follicolo, ecc. però quello che
interessa - pensate che non sono medici né ostetriche quelli che insegnano i metodi naturali e non sono
medici quelle che li imparano - è solo che siamo caratterizzati dalla presenza di due fasi : la fase
estrogenica e la fase progestinica.
La fase estrogenica porta verso la fertilità ; la fase progestinica allontana dalla fertilità.
Allora la donna impara i segni e i sintomi che le permettono di riconoscere l’inizio del periodo
estrogenico, che la porta verso l’ovulazione e quindi verso la fase fertile e, alla fine del periodo estrogenico,
l’inizio del periodo progestinico, che significa fine del periodo fertile e inizio del periodo non fertile. Da una
mestruazione, alla mestruazione successiva.
Se poi ad una persona interessa impararli per sé , va da un’insegnante di metodi naturali, perché ci
vuole un minimo di training, però io dico sempre agli studenti: questa è una realtà, non è un metodo così,
che qualcuno fa un po’ di conti e cerca di non restare gravido, facendo un po’ di calcoli sul ciclo. Ha una
base ormonale e scientifica e ha una metodologia studiata e valutata, con i suoi indici di Pearl, con i suoi
studi ecc.: ci sono molte donne, in molte parti del mondo, che si regolano con i metodi naturali.
Dico sempre di fare anche un’altra riflessione: i metodi naturali, una volta imparati, li potete usare
sempre, comunque e dovunque e a qualunque età abbiate, sia che siate giovani, che abbiate appena
partorito, che stiate allattando, perché quelle caratteristiche del ciclo in una donna ci sono sempre e quindi
non ci sono fasi con problemi, rischiose ( ad es. una smette la pillola perché non sta bene, ha dei disturbi
addominali, deve fare un intervento..). Ha la spirale, che è un mezzo dentro nell’utero, prende la pillola che
le blocca l’ovulazione. Invece quello è qualcosa che uno impara a riconoscere su di sé, è di fronte ad una
realtà del suo essere e quello, riconoscendolo, si può regolare. Poi sta alla libertà di ciascuno usarlo come
vuole, però quello è una cosa reale.
Le regole d’uso sono legate alla libertà della coppia, per cui una persona può, riconoscendo il periodo
fertile, usarlo o no, usarlo in certi momenti o meno e, nella diversità di chi utilizza i metodi naturali, ci sono
diverse categorie: le persone che assolutamente non possono avere figli; quelle che stanno distanziando
due figli, ma che comunque sono aperte ad un’altra maternità; le persone che per motivi di salute non ne
possono avere degli altri, o per età, o per scelta o per decisione.
Per cui è chiaro che, nelle regole d’uso, si gioca la libertà della coppia e quindi, anche nell’ indice di
sicurezza questa cosa è importante. Il Centro che, a Milano e Lombardia, si occupa di metodi naturali, il
CAMEN, ha fatto molte ricerche approfondite e ha visto che l’indice di sicurezza dei metodi naturali dipende
molto dalle regole che la coppia si dà. Tant’è vero che, nelle coppie che stanno distanziando due figli, ma
comunque ne desiderano, c’è un indice di fallimento maggiore; nelle coppie che dichiaratamente non
desiderano altri figli, e in cui la regola d’uso è più ferrea, l’indice di fallimento è molto più basso.
Quindi, rispetto ai metodi contraccettivi tradizionali, siccome ci gioca, ad ogni ciclo, la scelta delle
persone, è diverso il concetto.
È perciò molto opinabile quanto si legge sugli opuscoli divulgativi a proposito dell’Ogino-Knaus, che
tra l’altro non è un metodo naturale, non esiste da nessuna parte, non c’entra niente (c’è semmai il
vecchissimo metodo di Ogino, che è stato il primo metodo naturale, usato dalle donne che adesso hanno 7080 anni. Era un metodo reale, perché Ogino era un chirurgo che, operando molte donne, si era reso conto
della ciclicità e già in anni lontani aveva messo a punto un metodo statistico, sul ciclo più lungo e sul ciclo
più corto di una donna nell’arco di un anno, e aveva fatto sì di darle una regola statistica: cioè da un certo
giorno ad un altro del ciclo, la donna poteva considerare quello come periodo fertile).
Attualmente i metodi naturali si sono evoluti moltissimo rispetto a questo perché oggi si usano dei
metodi che fanno sì che la donna studi e valuti ciclo per ciclo, cioè valuti le caratteristiche del muco, che
sono le caratteristiche date dagli estrogeni, e che in base a queste riconosca l’inizio del periodo fertile.
Quindi la donna non fa più un calcolo statistico, ma valuta il suo ciclo.
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Il metodo più usato è il SINTOTERMICO. In fig.8 è riportato un esempio di scheda di registrazione, in cui
la donna rileva i dati ( non può andare a memoria!): giorno per giorno, alla sera registra ciò che riguarda il
muco e al mattino la temperatura, 1 minuto alla sera e 1 minuto al mattino, non dite che è una roba
impegnativa! La cosa importante è : alla sera, di fare mente locale alla sensazione della giornata e, al
mattino, prima di alzarsi, prendere la temperatura e registrarla.
La donna guarda le caratteristiche del muco sotto tre aspetti:
ß la quantità, quindi: muco assente, scarso, presente o abbondante.
ß la qualità, il muco fertile è trasparente, filante, è il muco della stimolazione estrogenica, ricco di
acqua
ß la sensazione che il muco può dare. Una donna che sta molto attenta alla sensazione locale, che
dà la presenza degli estrogeni, si accorgerà che in periodo mestruale ha una sensazione di
asciutto. La sensazione mestruale è comunque una sensazione di secco, perché è il muco che dà
la sensazione di umido.
La prima cosa è la registrazione della mestruazione, in corrispondenza ha una sensazione di asciutto,
ad un certo punto comincia a vedere il muco, ha una sensazione di bagnato, ed il muco inizialmente è opaco
e appiccicoso e progressivamente diventa trasparente e filante. Nel frattempo prende anche la temperatura.
Il picco estrogenico corrisponde ai giorni di temperatura bassa e, una volta che le sensazioni legate al muco
se ne vanno, gli estrogeni sono calati, il follicolo è scoppiato e c’è stata l’ovulazione, si è formato il corpo
luteo che produce progesterone, il quale ha un effetto sull’ipotalamo di stimolare la temperatura, per cui si ha
un lieve aumento della temperatura basale e c’è un rialzo termico. Per cui si vede,nella figura, che il ciclo
ovulatorio è bifasico e che la donna ha registrato correttamente il suo ciclo.
D: La donna avrebbe ovulato quando?
R: Il metodo naturale non guarda il giorno dell’ovulazione, insegna a vedere l’inizio e la fine del periodo fertile. Noi
lo facciamo, a volte, dal punto di vista medico, magari in una donna che ha difficoltà a rimanere incinta, per farle capire
qual è il giorno di massima fertilità. Il giorno di massima fertilità è quello in cui la sensazione di bagnato e la presenza del
muco sono al massimo: è il giorno che precede l’ovulazione ed è sempre il giorno più fertile.
Quello che si insegna è che l’inizio del periodo fertile è l’inizio della presenza del muco, che si veda o che si abbia
una sensazione di muco, quando c’è un qualche segnale che dice presenza di muco, quello è l’inizio del giorno fertile
perché si deve tener conto della vitalità degli spermatozoi, che possono vivere anche 6 giorni. Per cui non si può
riconoscere l’ovulazione e basta, perché un uomo fertile può avere un rapporto che feconda 4 giorni prima
dell’ovulazione.
Nel metodo sintotermico, la sera del terzo giorno di rialzo è considerata la fine del periodo fertile,
quindi la donna, nel caso specifico, si astiene dai rapporti sessuali dal giorno 13 al giorno 22, ed ha rapporti
completi nel periodo rimanente.
Poi ci sono tanti problemi, tante sfacettature: cicli irregolari, l’età della donna, il fatto che alcune donne
non riescono a prendere la temperatura, che bisogna insegnare solo il sintomo del muco.
Ad alcune donne, soprattutto che hanno partorito, si insegna a palpare il collo dell’utero, che è una
delle cose più semplici e più certe, perché il collo dell’utero ha una posizione, un’apertura dell’orifizio uterino
esterno, una consistenza, molto diversi in periodo estrogenico e in periodo progestinico. Però sono tutte
cose che si approfondiscono ed insegnano nel momento che si ha qualcuno che desidera impararlo.
Si spiega alla donna, le si dà una scheda, le si fa rilevare un ciclo, nel frattempo la donna segna
anche i rapporti sessuali, in modo che impari a capire anche la sensazione che dà il giorno dopo il rapporto
sessuale completo. Infatti ci sono donne che non hanno mai avuto rapporti sessuali completi o che li hanno
avuti sotto estroprogestinico, quindi non sanno collegarli ad un ciclo, oppure hanno avuti rapporti interrotti o
usavano il profilattico. Quindi si capisce anche che cosa la donna ha capito del periodo di fertilità. Man
mano, intanto che sta imparando, la donna può usare anche il preservativo, l’importante è che non usi la
pillola perché blocca l’ovulazione e si ha una sensazione e una serie di dati falsati, però qualunque altro
mezzo contraccettivo stia usando, lo può fare durante il periodo di training.
Dobbiamo lasciar perdere, per questioni di tempo altri dettagli, comunque è importante percepire che
questa è una strada possibile, che molte donne, disamorate dai mezzi contraccettivi e dai fastidi che spesso
possono dare, la chiedono e la avvicinano.
Perciò è importante che il medico generale sia consapevole che questa è una strada percorribile. Non
è un’invenzione dei cattolici che non possono usare la pillola perché la Chiesa non vuole. Ci sono moltissime
persone che oggi fanno questa scelta, tra l’altro non come rispetto di un’indicazione che dà la Chiesa, ma c’è
tutta la categoria dei naturisti, ad esempio, che utilizza i metodi naturali, perché sono contro i farmaci.
Poi uno ci può arrivare per molte vie, in ogni caso da un punto di vista medico scientifico siamo tenuti
a non dare un giudizio come quello che c’è sui giornali che l’Ogino-Knaus ha un 60% di fallimenti perché
questo non è assolutamente vero, tra l’altro perché, come già detto, i metodi naturali non sono il metodo di
Ogino-Knaus e poi perché, qui, si deve tener conto di tante cose: che comunque, una coppia che utilizza i
metodi naturali, è una coppia che anche idealmente ha un’apertura verso la maternità, ha un’atteggiamento
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diverso verso la sessualità, per cui può anche essere che in alcuni momenti della sua vita decida che per
quel giorno lì accetta il rischio; non è una persona che usa la pillola e quindi non è soggetta costantemente
ad una scelta.
VALU TAZION E DEL METODO
Sono stati pubblicati i risultati di uno studio su 8140 cicli, in termini di gravidanze, suddivise :
A) per cause di errore:
ß Errore del metodo: cioè coppia che ha regolarmente registrato, regolarmente interpretato e
rivisto il ciclo dall’insegnante.
ß Errore di interpretazione
Indice di Pearl complessivo 3.68
B) in base ai momenti del ciclo:
PERIODO DEL CICLO
periodo sterile secondo Ogino
in realtà chi utilizza anche il calcolo di Ogino ha un periodo di astinenza molto lungo per
cui molte coppie non lo usano, perché calcolando statisticamente il ciclo più lungo e il ciclo più
corto in 12 mesi, è chiaro che se si hanno cicli di 25 e 35 si fa il calcolo statistico come se, ogni
volta che uno inizia il ciclo, abbia sempre un ciclo corto, quindi l’ovulazione precoce e, nella
seconda metà, come se uno avesse sempre un ciclo lungo, quindi astinenza molto lunga ma
niente errori
ERRORI
0
fase asciutta con assenza di muco
fase fertile
quindi ci sono state delle scelte, consapevoli o inconsapevoli, e comunque alcune coppie hanno
usato la fase fertile
10
13
prima del terzo giorno di temperatura alta, ma dopo il rialzo
dopo il terzo giorno di temperatura alta
2
0
Questo sottolinea anche che, in chi utilizza i metodi naturali, il rischio di sbagliare è sempre nel
periodo che va verso la fertilità, quindi l’uso della prima metà del ciclo. Tant’è vero che coppie, che usano
metodi naturali, e che per qualche motivo non possono assolutamente avere figli, usano solo la seconda
metà, cioè hanno rapporti solo dopo il rialzo termico, periodo in cui, infatti, non si registrano gravidanze
(questo è ovvio perché in ambiente progestinico dopo un’ovulazione evidenziata da rialzo termico e dallo
studio del muco, altre ovulazioni non possono esserci).
Inoltre è stato calcolato l’indice di Pearl tra chi aveva dichiarato di non voler assolutamente altri figli e
chi li stava distanziando e sono risultati molto diversi.
Questo è sufficiente per darvi almeno un’idea dei metodi naturali.
D: Nel caso che una donna abbia dei cicli irregolari, che segnali deve seguire ?
R: Se una donna ha dei cicli irregolari, ma sempre ovulatori, impara a riconoscerlo e può avere rapporti in tutta la
fase di asciutto, senza muco.
È più difficile nelle fasi di età critica nella donna: cioè il periodo pre e menopausale, in cui a volte non c’è
ovulazione. Allora le insegnanti di metodi naturali fanno sì che le donne che o non ovulano quasi mai o sono in età
critica, imparino ad utilizzare le stesse regole dell’allattamento, che sono regole diverse e si sta molto più attente al
muco. Cioè, quando una donna allatta, che può avere dei periodi ovulatori, ma non arriva all’ovulazione però vede il
muco, usa le regole di chi usa solo il muco che è il metodo Billings, metodo dell’ovulazione , che è quello che si insegna
a persone di cultura non eccessiva o nel terzo mondo, perché si fa solo sull’ovulazione. Allora si utilizza lo studio solo
del muco: finché la donna vede muco, si astiene dai rapporti e per quattro giorni da quando non vede più muco poi può
riprendere perché potrebbero essere tutti tentativi ovulatori che poi non portano all’ovulazione e quindi il muco smette. Si
insegnano regole d’uso diverse, però la presenza di muco è sempre l’inizio di un periodo fertile, per cui la donna si
astiene dai rapporti.
In allattamento comunque il metodo è più difficile. Le schede di utilizzo dei metodi naturali ad esempio tengono
conto anche del tempo che si attacca il bambino al seno, del numero delle poppate, della soddisfazione del bambino,
perché una donna che allatta 5 o 6 pasti ed ha un pasto anche notturno, è molto probabile che non ovuli. Quindi si
insegna anche il fatto he procrastinando l’allattamento e attaccando il bambino almeno una volta di notte, si blocca
l’ovulazione.
Se però si mestrua, si ricomincia come prima anche se si allatta. In presenza di una mestruazione o di una
perdita ematica non si può più utilizzare il metodo dell’allattamento, ma bisogna ritornare al metodo sintotermico.
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