introduzione Con il termine rivoluzione copernicana intendiamo quel lungo e tormentato processo di rinnovamento scientifico e filosofico, iniziato verso la metà del XVI secolo con l'opera di Copernico e culminato con l’affermazione, nel XVIII secolo, della meccanica newtoniana. Anche se questa rivoluzione ha riguardato l'intero pensiero scientifico, essa si è sviluppata principalmente nel campo dell'astronomia, portando alla sostituzione della concezione geocentrica con quella eliocentrica. Non fu un processo né facile né indolore. Il modello geocentrico fu universalmente accettato fino al Rinascimento, perché, nella pur complessa versione finale di Tolomeo, esso era in grado di giustificare con sufficiente precisione tutti i fenomeni celesti fino allora osservabili e si adattava alla visione cosmologica delle Sacre Scritture. Il cosmo dei greci Il cosmo dei greci I greci utilizzarono il termine kosmos per indicare l’universo, un termine che significa ordine, simmetria, armonia e bellezza. Questa concezione, che ebbe origine con i pitagorici, fu poi sviluppata da Platone e fu ancora alla base delle teorie astronomiche di Copernico. É a Platone che si deve l'insistenza sul carattere esatto, matematico della scienza astronomica, e fu lui a porre il problema di individuare moti uniformi e ordinati per giustificare il moto dei pianeti. Il principale compito degli astronomi greci (così come dei loro successori fino a Copernico) fu di "salvare i fenomeni", ovvero ricondurre i moti planetari che appaiono variabili e complessi ad uno schema semplice, quello del moto circolare uniforme. Le cosmologie antiche Per un osservatore che si ritenga collocato in una posizione di quiete al centro della sfera celeste, il moto apparente del Sole presenta varie irregolarità, la principale delle quali è la durata delle stagioni: mentre il Sole impiega 187 giorni per passare dall'equinozio primaverile a quello autunnale, ne impiega 178 per passare dall'equinozio autunnale a quello primaverile. Le anomalie dei moti di Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno costituirono uno dei maggiori problemi della storia dell'astronomia prima di Copernico. Nel sistema geocentrico il termine pianeta (dal greco planetes, che significa errante) si riferisce anche al Sole e alla Luna. Si riteneva che, a differenza delle stelle considerate fisse, i pianeti errassero nel cielo. Mentre le prime mantenevano distanze reciproche uguali, i pianeti invece mutavano le loro posizioni durante periodi di tempo variabili. Oltre al moto giornaliero, insieme alle stelle in direzione ovest, ai pianeti si attribuiva un moto più lento in direzione est fra le stelle. Il loro moto apparente sulla sfera celeste è assai complesso, essendo in realtà la risultante del movimento di rivoluzione della Terra e di quello del pianeta stesso intorno al Sole. Il pianeta segue per un certo tempo una traiettoria apparente verso est, poi sembra fermarsi, prosegue quindi di moto retrogrado e, dopo un ulteriore stazionamento, continua a muoversi verso est. Il problema degli astronomi era dunque creare modelli capaci di spiegare le anomalie dei moti dei corpi celesti, assumendo come principi fondamentali la centralità della Terra e il moto circolare uniforme dei corpi celesti. Le sfere celesti Il matematico Eudosso di Cnido (IV sec. a.C.) concepì una serie di modelli geometrici per spiegare i complessi moti dei pianeti rispetto alla Terra, ritenuta immobile al centro dell'Universo. Ciascun modello impiegava tre o quattro sfere concentriche alla Terra, ruotanti uniformemente l'una dentro l'altra. Callippo di Cizico (IV sec. a.C.) rese tali modelli più fedeli ai fenomeni osservati elevando il numero delle sfere fino a quattro o cinque per pianeta. I modelli di Eudosso e di Callippo erano probabilmente mere costruzioni geometriche. Quando disegnò l'architettura fisica del Cosmo, il filosofo Aristotele (384-322 a.C.) pensò di riunire proprio questi modelli in un'unica macchina celeste. Il movimento si propagava per contiguità dalle regioni esterne del Mondo verso quelle interne. Iniziava dalla più alta e veloce sfera delle stelle, si comunicava nell'ordine alle sfere di Saturno, di Giove, di Marte, di Mercurio, di Venere e del Sole, e giungeva infine alla più bassa e lenta sfera della Luna. Tutte le sfere celesti erano costituite di una materia cristallina ingenerata, eterna, incorruttibile, imponderabile, perfettamente trasparente (De Caelo, II, 1) - l'etere, o quintessenza - ben diversa dagli altri quattro elementi che componevano il mondo sublunare pesante e corruttibile: terra, acqua, aria e fuoco. Gli epicicli Il modello delle sfere omocentriche aveva un'intrinseca debolezza, in quanto non spiegava le variazioni di luminosità (e quindi di distanza dalla Terra) dei pianeti riscontrate dalle osservazioni. Il modello fu quindi sostituito da quello degli epicicli e delle orbite eccentriche, dovuto al matematico Apollonio di Perga (attivo tra il 220 e il 190 a.C.) e da Ipparco di Nicea, che fece osservazioni a Rodi fra il 141 e il 127 a.C. Il modello degli eccentrici prevede che il pianeta si muova di moto uniforme su un cerchio il cui centro è leggermente spostato rispetto alla Terra. Con questo modello si possono giustificare le variazioni di distanza del pianeta rispetto all'osservatore, le variazioni della sua velocità e infine le ineguaglianze delle stagioni. I moti planetari apparivano in realtà più complessi e si trattava quindi di spiegare le loro stazioni e retrogradazioni. Il modello dell'epiciclo fu concepito per dar risposta a questo problema. In questo modello il pianeta è posto su una circonferenza chiamata epiciclo, il cui centro è situato su un'altra circonferenza, chiamata deferente o circonferenza di sostegno. L’ astronomia di Tolomeo Nel II secolo d.C, Claudio Tolomeo rielaborò la cosmologia geocentrica aristotelica mediante una complessa struttura matematica. Per far corrispondere l'ipotesi astronomica ai dati dell'osservazione, Tolomeo fece ricorso a soluzioni geometriche ingegnose (epicicli, equante, ecc.), che resero estremamente complessa la struttura del suo sistema. Secondo l'ipotesi tolemaica, la Terra è immobile al centro dell'universo. Intorno ad essa, in orbite circolari via via maggiori, procedono, tutti con moto costantemente uniforme, la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove e Saturno. Le sfere dei pianeti sono circondate dal cielo delle stelle fisse. Il sistema sviluppato da Tolomeo fu accolto quasi universalmente fino alla fine del Cinquecento. Nicola Copernico Mikolaj Kopernik, o Koppernigk, (poi latinizzato in Nicolaus Copernicus) nacque a Torun, in Polonia, nel 1473. Rimasto orfano di padre all'eta di dieci anni, lo zio materno Lukasz Watzenrode, in seguito vescovo di Warmia, ne divenne il tutore. Nel 1491 Copernico si immatricolò all'Universita di Cracovia e nel 1496 partì per l'Italia, dove si iscrisse all'Universita di Bologna. Nel 1501, dopo un breve rientro in patria per prendere possesso del Canonicato di Frombork, si iscrisse dapprima all'Università di Bologna e poi a quella di Ferrara, dove, nel 1503, consegui il dottorato in diritto canonico. Nel 1504 Copernico si trasferi nel Castello di Lidzbark, presso lo zio Lukasz e, nel 1512, si stabili definitivamente a Frombork. Probabilmente in quegli anni, egli scrisse un breve opuscolo manoscritto, il Commentariolus, nel quale espose i principi del suo sistema. Nel 1540 il suo discepolo Georg Joachim Rethicus (1514-1576) pubblico la Narratio prima, breve esposizione della teoria eliocentrica. Copernico mori nel 1543, lo stesso anno della pubblicazione del suo capolavoro, il De revolutionibus orbium coelestium. Copernico e il sistema eliocentrico Rispetto al sistema tolemaico, nel sistema copernicano si scambiano le posizioni della Terra e del Sole. Quest'ultimo è al centro e la Terra e diventa uno dei pianeti; la Luna le ruota attorno alla Terra come suo satellite. Il moto continua ad essere circolare uniforme. La Terra ruota non solo attorno al Sole (moto di rivoluzione), ma anche attorno al proprio asse (moto di rotazione). La rotazione rende inutile il moto della sfera delle stelle fisse, che è quindi immobile. L'importanza del sistema copernicano consiste nel considerare apparenti le anomalie del moto dei pianeti, dovute al loro moto combinato con quello della Terra. Il moto reale dei corpi celesti potrebbe allora svolgersi su orbite circolari (i deferenti di Tolomeo) senza bisogno di introdurre gli epicicli. il De Revolutionibus •L'opera principale di Copernico, il De Revolutionibus orbium coelestium (1543) è innanzitutto un trattato di astronomia, ma è anche l’opera che ha trasformato la nostra immagine dell’universo. L’astronomia eliocentrica, o, per esser più precisi, geocinetica di Copernico ebbe origine sia dall'adesione all’idea, proprio della scienza greca, di cosmo come ordine e armonia, sia dalla piena accettazione dell'ideale greco della circolarità e uniformità dei moti celesti. Il principale motivo di insoddisfazione di Copernico nei confronti dell'astronomia tradizionale era il fatto che nell'Almagesto Tolomeo trattasse ogni pianeta separatamente e che non fornisse un sistema unitario e coerente dei moti dei corpi celesti. Andreas Osiander Andreas Osiander, teologo luterano, scrive una premessa anonima al De Revolutionibus. In questa premessa Osiander sostiene che il sistema di Copernico è solo un utile strumento matematico, ma non rappresenta la realtà fisica dell’universo. Al lettore sulle ipotesi di quest'opera Non dubito che alcuni studiosi, diffusa ormai la fama della novità di questa opera, che pone la terra mobile e il sole immobile in mezzo all'universo, si siano fortemente risentiti, e ritengano che non c'era alcun bisogno di rendere incerte le discipline liberali, una volta sapientemente stabilite. Se essi vorranno però riflettere saggiamente sulla cosa, troveranno che l'autore di questa opera non ha commesso nulla che meriti rimprovero. È infatti proprio dell'astronomo prima registrare la storia dei moti celesti mediante osservazioni abili e accurate; quindi, escogitare e supporre le loro cause, ossia certe ipotesi, in un modo qualsiasi, non potendole dimostrare in alcun modo come vere. Partendo da tali ipotesi, si possono calcolare correttamente i moti celesti, in base ai princìpi della geometria, tanto nel futuro che nel passato. (...)Permettiamo dunque anche a queste nuove ipotesi, fra le antiche, il diritto di farsi conoscere, ma non come più verosimili, tanto più che sono ammirevoli e semplici, e recano con sé un grande tesoro di osservazioni dottissime.(...) il compromesso di Wittenberg Nei decenni successivi alla pubblicazione del De Revolutionibus, si assiste ad una diffusa tendenza a stabilire un compromesso tra l'astronomia di Copernico e quella di Tolomeo, un compromesso che consiste nell’accettazione di quegli aspetti tecnici dell'astronomia copernicana che erano compatibili con la concezione geocentrica, come i moti della Luna, la precessione degli equinozi e i moti circolari uniformi dei pianeti. Un esempio di quest’uso ‘pratico’ dell’astronomia copernicana è offerto da Erasmus Reinhold (1511-1553), dell’università luterana di Wittenberg, che pubblicò nuove tavole astronomiche (Prutenicae Tabulae, 1551), migliori delle Tavole Alfonsine, utilizzando il De Revolutionibus, ma non accettò la teoria eliocentrica. Reinhold, adottando il punto di vista di Osiander, considerò l'astronomia di Copernico un utile modello matematico per compilare tavole astronomiche. Tycho Brahe Nobile danese, Tycho Brahe è stato uno dei maggiori astronomi dell’epoca che precede l’introduzione del telescopio.Tycho decise di dedicarsi all’astronomia dopo aver osservato una nuova stella nel 1572, nella costellazione di Cassiopea (in realtà una supernova), che Brahe osservò sistematicamente convincendosi che si trattava di una stella che prima non era presente nella costellazione e non di un fenomeno della sfera sublunare. Il sistema del mondo proposto da Tycho Brahe sostituì quello tolemaico con un sistema che combinava geocentrismo ed eliocentrismo. Tycho riconosce la superiorità del sistema copernicano rispetto a quello tolemaico, tuttavia, non è disposto ad accettare l'idea che la Terra, corpo grave ed inerte, possa muoversi, in quanto la mobilità della Terra gli appariva (giustamente) incompatibile con le leggi aristoteliche del moto. Gli appariva altresì contraddetta dal fatto che un corpo lanciato in alto verticalmente ricadeva al suolo nel punto da cui era partito – il che, a suo parere, non avverrebbe se la Terra si muovesse. Queste furono le principali ragioni, e tutt’altro che banali, che spinsero Tycho a rifiutare la teoria geocinetica di Copernico. Ma l’astronomo danese conservò alcuni dei vantaggi del sistema eliocentrico: nel sistema di Tycho Brahe la Terra è ferma al centro dell'universo ed è il centro delle orbite della Luna e del Sole, come pure della sfera delle stelle fisse che ruotano intorno ad essa ogni ventiquattr'ore, trascinando con sé tutti i pianeti. Il Sole è invece il centro delle orbite dei pianeti, il che comporta che l'orbita di Marte intorno al Sole e quella del Sole intorno alla Terra si intersecano; ma Tycho può ammettere ciò, avendo reinterpretato le orbite come linee immaginarie. Giordano Bruno Radicalizzando la teoria copernicana (la quale sosteneva pur sempre che il Sole fosse immobile al centro dell'universo), Giordano Bruno affermò che l'universo è infinito e la Terra non è altro che uno dei molti pianeti che popolano l'immensità di questo infinito. L’ infinità del cosmo, che ne sottolineava la perfezione divina, costituisce un luogo entro il quale tutti i corpi sono soggetti alle stesse leggi fisiche in modo omogeneo A chi sosteneva che le stelle fossero fisse e immobili entro delle sfere di materiale concreto, Bruno opponeva il fatto che l'osservazione degli astri dimostra che ve ne sono certi più grandi di altri, e tale varietà di dimensioni contrasta con l'idea che vuole le stelle degli oggetti di egual misura posti a egual distanza dalla Terra in ragione di una loro fissità impressa nelle sfere. Giudicato eretico dalla Chiesa Cattolica, Giordano Bruno fu arso vivo a Campo dei Fiori il 17 febbraio 1600. Il Dio Geometra di Kepler La prima opera di Johannes Kepler (1571-1630) è il Mysterium cosmographicum, del 1596, che si apre con una lunga difesa del sistema copernicano. In quest'opera Kepler esprime la convinzione (che non abbandonerà mai) di una corrispondenza tra il Cosmo e la Trinità. Il Cosmo, al cui centro è il Sole, è sferico ed è espressione della Trinità: il centro è Dio Padre, la circonferenza o sfera delle stelle fisse è il Figlio e gli spazi intermedi, riempiti dall'aura celeste, lo Spirito Santo. Convinto che l’universo fosse stato creato da Dio secondo un preciso ordine geometrico, Kepler si propose di individuare la ragione del numero dei pianeti e della dimensione delle loro orbite. Quest’ultima è data, secondo Kepler, dalla relazione tra le sfere planetarie e i cinque solidi regolari. La sfera di Saturno è circoscritta al cubo, in cui è inscritta la sfera di Giove, nella sfera di Giove è inscritto il tetraedro, in cui è inscritta la sfera di Marte; nella sfera di Marte è inscritto il dodecaedro, in cui è inscritta la sfera della Terra; in questa è inscritto l'icosaedro, che a sua volta è circoscritto alla sfera di Venere, in cui è inscritto l'ottaedro, che, infine, circoscrive la sfera di Mercurio. Da cosa sono mossi i pianeti? Dopo che Tycho aveva abolito le sfere celesti rimaneva aperta la questione della causa dei moti planetari. In un primo tempo Kepler la individua in un'anima motrice situata nel Sole, la cui azione, che Kepler paragona alla luce, diminuisce con la distanza. Successivamente, Kepler interpreta la forza che ha origine nel Sole come forza magnetica. Il Sole, ruotando, fa muovere i pianeti, più velocemente quelli più vicini, più lentamente quelli più lontani. Kepler dimostra che il punto cui devono essere rapportati gli orbi dei pianeti è il centro del corpo del Sole. É infatti convinto che i moti planetari abbiano origine in un corpo reale, fisico, non in un punto geometrico qualsiasi in prossimità del Sole. Giunge inoltre alla conclusione - fondamentale nella storia dell’astronomia moderna - che, poiché i pianeti si muovono tanto più lentamente quanto sono più distanti dal Sole, il moto di ogni singolo pianeta nella propria orbita debba seguire la stessa regola. Ciò conduce al superamento di una nozione centrale nell’astronomia di Copernico: l'uniformità dei moti planetari. La prima legge di Kepler • La prima legge di Kepler: le orbite dei pianeti sono ellittiche ed il Sole occupa uno dei due fuochi di ogni ellisse. E’ così eliminato uno dei principi più duraturi della storia dell’astronomia: la circolarità dei moti celesti. La seconda legge di Kepler L’area descritta dal raggio-vettore che collega il Sole ad un pianeta nell’unità di tempo, è costante. In altre parole, poiché una qualsiasi area descritta dal raggio-vettore del pianeta è proporzionale al prodotto della distanza per la lunghezza dell’arco, all’aumentare della distanza diminuisce l’arco percorso in uno stesso tempo, quindi diminuisce la velocità del pianeta. In base alla seconda legge la velocità di un pianeta al perielio è dunque superiore a quella all’afelio. Le terza legge di Kepler La ricerca di un ordine matematico dell’Universo come espressione divina lo portò nel 1619 a realizzare l’opera Harmonice mundi. in essa Keplero giunse finalmente a definire quella legge matematica che doveva stabilire una relazione tra distanze e periodi dei moti dei pianeti intorno al Sole. Essa è oggi nota come la terza legge di Keplero: (III) i cubi dei semiassi maggiori di ogni pianeta sono direttamente proporzionali ai rispettivi periodi di rivoluzione A3 ————— = k T2 Galilei, il telescopio e le osservazioni astronomiche Nell'agosto 1609 Galileo costruisce un telescopio a otto ingrandimenti e lo dona alla Repubblica di Venezia, ricevendo in cambio un congruo aumento di stipendio. Nei mesi successivi (nell'inverno 1609-1610) Galileo compie le prime osservazioni della Luna con un telescopio a circa venti ingrandimenti. La superficie della Luna gli apparve simile a quella della Terra, con montagne e avvallamenti, il che costituiva un forte argomento contro il principio aristotelico dell'immutabilità dei cieli. Sidereus Nuncius Il Sidereus Nuncius (1610) è l'opera nella quale Galileo annunciò la scoperta dei satelliti di Giove e ne determina i periodi. La pubblicazione dell'opera e la dedica ai Medici dei satelliti di Giove (denominati "Stelle Medicee") aprirono la strada al ritorno in Toscana di Galileo, al quale Cosimo II conferì la carica di Matematico e Filosofo del Granduca. Le fasi di Venere Pochi mesi dopo la pubblicazione del Sidereus Nuncius Galileo osservò Saturno tricorporeo, le macchie solari e le fasi di Venere. Fasi di Venere Le osservazioni delle fasi di Venere (non visibili a occhio nudo) costituivano, secondo Galileo, un argomento ancora più favorevole all’eliocentrismo: infatti, tali fasi possono essere spiegate solo se si suppone che il pianeta ruota non intorno alla Terra, ma intorno al Sole. Le fasi di Venere Alla massima distanza dalla Terra (congiunzione superiore), Venere appare un disco rotondo perfettamente illuminato, poi crescerà, finché, alla quadratura, sarà illuminata per metà; quindi, quando sarà nella posizione più vicina alla Terra (congiunzione inferiore) apparirà in contro-luce come un grosso disco non illuminato. Nel sistema tolemaico Venere non può presentare fasi, in quanto il pianeta non passa dietro il Sole; questo avviene invece nel sistema copernicano (e anche in quello di TychoQuest’ultima serie di osservazioni portò ulteriori evidenze contro il sistema aristotelico-tolemaico. Il Dialogo Il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. di Galileo Galilei (1632), come altre importanti opere di Galileo, è scritto in italiano, la lingua della corte e della borghesia, anziché – secondo la consuetudine accademica – in latino. Il fine è di allargare la cerchia dei suoi lettori e di estendere gli interessi per la scienza tra differenti ceti sociali. Oltre ad essere un'opera scientifica, il Dialogo è un'opera di carattere polemico nella quale l'ironia e un uso sapiente della retorica sono utilizzate per condurre un lettore non specialista, ma sufficientemente colto e acuto, ad aderire al copernicanesimo e all'ideale di matematizzazione della fisica che percorre le quattro giornate. Il carattere inequivocabilmente copernicano de Dialogo non sfugge al papa, la cui reazione è del tutto negativa: nel 1633 Galileo è convocato a Roma, dove ha luogo il processo, che si conclude Il 22 giugno 1633 con la condanna "al carcere formale" a discrezione del Sant'Uffizio, e l'abiura. Il moto della terra Nella Giornata seconda del Dialogo, Galileo rimuove le obiezioni degli aristotelici (e anche di Tycho) contro il moto assiale della Terra: una pietra lasciata cadere da una torre non toccherebbe il suolo ai piedi della perpendicolare, ma in un punto spostato verso ovest; le palle di cannone sparate verso occidente avrebbero una gittata maggiore di quelle sparate verso oriente, in quanto al percorso che farebbe la palla occorre aggiungere quello del cannone, che, portato dalla Terra, si nuove verso oriente. A queste obiezioni Galileo risponde per mezzo di considerazioni basate sull'inerzia e sull'indipendenza dei moti all'interno di un sistema di riferimento dato. Il volo degli uccelli, così come i moti dell'aria in prossimità della Terra ed altre prove addotte contro il moto della Terra sono confutate mostrando ciò che accade sottocoperta in una nave in movimento che non subisce né accelerazione né decelerazione, dove i nostri moti, quelli delle gocce che cadono, quello dei pesci in un vaso non sono influenzati dal movimento uniforme comune a tutto ciò che la nave trasporta. Le maree e i moti della terra Nella Giornata quarta del Dialogo è presentato l'argomento principale che, secondo Galilei, confermerebbe i moti della Terra: le maree. Galileo ritiene (erroneamente) che il flusso e riflusso delle maree è causato da accelerazioni e decelerazioni che hanno origine dalla combinazione della rotazione diurna e del moto annuo della Terra. La teoria galileiana delle maree, che si basa su un modello meccanico, si differenzia radicalmente da quella sostenuta da Kepler che attribuiva il fenomeno all'attrazione della Luna e del Sole. Per Galileo, una spiegazione basata sull'attrazione era inaccettabile in quanto a suo avviso implicava simpatie, antipatie e virtù occulte che a suo avviso andavano bandite dallo studio dei fenomeni naturali. L’idea di una forza magnetica che opera tra la Luna e l'acqua del mare quale causa delle maree aveva riscosso un certo seguito nel primo Seicento: fu sostenuta sia da Francis Bacon (1561-1626) che dall'olandese Isaac Beeckman (1588-1637). Cartesio Renato Cartesio (Descartes) fonda la fisica su due principi: materia e movimento. Il moto si trasmette attraverso l’urto dei corpi e la quantità totale di moto è costante mv=K I vortici cartesiani La materia ha come principale attributo l’estensione. Quindi non v’è materia che non sia estesa e non v’è estensione priva di materia. Descartes non ammette il vuoto: l’universo è pieno e i pianeti sono trascinati nei loro moti da vortici di materia sottile. Newton: La legge della gravitazione universale Newton riuscì a dare risposta al problema delle forze che sono responsabili dei moti dei corpi celesti, descritti dalle tre leggi di Keplero, unificando i principi della meccanica celeste e quelli della meccanica terrestre. Egli dimostrò che sia i moti dei corpi celesti nel sistema solare sia la caduta dei gravi sulla Terra si potevano spiegare postulando l'esistenza di un'unica forza attrattiva che si esercita fra tutti i corpi. Due corpi qualsiasi (per esempio la terra e la luna, o la mela e la terra), si attraggono con una forza che dipende dalle loro masse e dalla distaza a cui si trovano. La forza è tanto più intensa quanto più grandi sono le loro masse, e diminuise se i due corpi si allontanano. Più precisamente la forza di attrazione tra due corpi è proporzionale al prodotto delle due masse diviso il quadrato della distanza a cui si trovano. Attraverso la legge di gravitazione universale è possibile descrivere il moto dei pianeti attorno al sole. E' possibile fare previsioni sulla posizione dei pianeti per tempi incredibilmente lunghi. Le leggi di Keplero sono una naturale conseguenza di questa legge.