SICUREZZA SUL LAVORO – KNOW YOUR RIGHTS !
NEWSLETTER N.120 DEL 26/03/13
NEWSLETTER PER LA TUTELA DELLA SALUTE
E DELLA SICUREZZA DEI LAVORATORI
(a cura di Marco Spezia - [email protected])
INDICE
LA RESPONSABILITA’ DELLA REDAZIONE DEL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO – SECONDA PARTE
1
STRAGE VIAREGGIO: COMUNE ASSENTE, VITTIME ARRABBIATE IN CORTEO
5
INQUINAMENTO E REATI AMBIENTALI – LE BATTAGLIE A TUTELA DELLA SALUTE NEI POSTI DI LAVORO E NELLA VITA QUOTIDIANA DEI CITTADINI
7
“SENTIERI”, TUTTI I TUMORI IN ECCESSO A LIVORNO-COLLESALVETTI
10
UNA CHECKLIST PER LA VERIFICA DELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO STRESS
12
SALDATURA: FATTORI DI RISCHIO, PREVENZIONE E PROTEZIONE
15
LA RESPONSABILITA’ DELLA REDAZIONE DEL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO – SECONDA PARTE
LE CONSULENZE DI SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS ! – N.27-2
Come sapete, uno degli obiettivi del progetto SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS ! è anche
quello di fornire consulenze gratuite a tutti coloro che ne fanno richiesta, su tematiche relative
a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Da quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire che per me è stato mo tivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a fare chiarezza sui diritti del lavoratori.
Mi sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di leggere le mie newsletters, queste consulenze.
Esse trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire un’utile fonte di informazione
per tutti coloro che hanno a che fare con casi simili o analoghi.
Ovviamente per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle persone che mi hanno
chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte.
In questo caso, vista la lunghezza e la complessità dell’ argomento, dividerò il documento in
due parti.
La prima (pubblicata nella precedente newsletter) era relativa a:
 contenuti del Documento di Valutazione del Rischi
 la responsabilità del datore di lavoro
 il ruolo dell’RSPP
 la responsabilità del medico competente
La seconda (questa) è relativa a:
 il ruolo dell’RLS
 chi deve firmare il DVR?
Marco Spezia
QUESITO
Ciao Marco,
sono il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza della mia azienda.
Oggi ho ricevuto un invito a firmare il nuovo documento per la valutazione dei rischi da vibrazioni e rumore.
Quando hanno fatto le misurazioni io non sono stato informato e non sono stato consultato rispetto alla valutazione in corso (mansioni, tempi di esposizione, ecc.).
Mi hanno la copia del documento da leggere e mi hanno chiesto se ho da fare dei commenti. Io
ho ribattuto chiedendo a cosa servissero i miei commenti visto che il documento lo avevano già
fatto.
Io per ora il documento non lo ho firmato.
Cosa mi consigli?
RISPOSTA
La tua azienda non conosce o fa finta di non conoscere i testi normativi (cioè il D.Lgs.81/08
“Testo unico sulla sicurezza”), eppure basta leggerlo con attenzione per sapere quale è il ruolo
esatto dell’RLS relativamente al Documento di Valutazione dei Rischi, sia che si tratti della prima edizione, sia che si tratti di una revisione o di un’integrazione.
A seguire una relazione, basata non su mie convinzioni personali, ma su una attenta lettura del
D.Lgs.81/08 (il cui testo riporto sempre tra virgolette e in corsivo), sui contenuti e soprattutto
sulle responsabilità del DVR, sul ruolo dell’RLS nel processo di redazione del DVR stesso e di
conseguenza sull’obbligo o meno di firma da parte dell’RLS.
In conclusione comunque non firmare il documento!
Marco
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LA RESPONSABILITA’ DELLA REDAZIONE DEL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO
IL RUOLO DELL’RLS
Anche a tale proposito vi è molta confusione, tanto che molti traducono la sigla RLS come “Responsabile della Sicurezza del Lavoratori”, anziché, come dovrebbe essere “Rappresentante per
la Sicurezza del Lavoratori”.
L’RLS è pertanto solo colui che fa da tramite tra datore di lavoro e lavoratori (che lo hanno designato a tale scopo), per tutto quanto attiene alla tutela della salute e della sicurezza.
In tale ruolo non solo l’RLS non ha nessun obbligo (e infatti non compaiono mai nell’apparato
sanzionatorio, sanzioni a suo carico), ma per l’RLS il Decreto prevede solo dei “diritti”, definiti
come “attribuzioni” dall’articolo 50 del Decreto.
Ciò vale, sia in generale, sia in particolare relativamente alla redazione del DVR.
Tra le attribuzioni che il decreto stabilisce per l’RLS vi sono in particolare quelle definite dall’ar ticolo 50, comma 1, lettere b) ed e):
“Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza:
 è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla
individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o
unità produttiva;
 riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le
misure di prevenzione relative [...]”.
A tali “diritti” per gli RLS corrispondono relativi obblighi a carico del datore di lavoro.
Per quanto riguarda la consultazione degli RLS in merito alla valutazione dei rischi, esso è un
obbligo a esclusivo carico del datore di lavoro ai sensi dell’articolo 29, comma 2 (che come detto, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a), è obbligo a carico esclusivo del datore di lavoro) che recita:
“Le attività di cui al comma 1 [elaborazione del DVR] sono realizzate previa consultazione del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”.
Per quanto riguarda invece la consegna agli RLS del DVR, esso è un obbligo a carico del datore
di lavoro o di dirigente delegato (ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 16 del Decreto),
secondo quanto previsto dall’articolo 18, comma 1, lettera o):
“Il datore di lavoro [...] e i dirigenti [...] devono consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a) [...]”.
In merito al diritto (per l’RLS) o all’obbligo (per il datore di lavoro) di consultare l’RLS in merito
alla valutazione dei rischi, occorre fare due considerazioni.
La prima è che “consultare” significa (dizionario Treccani) “Interrogare una persona o un collegio di persone per averne un parere, un giudizio, una risposta su determinate questioni”.
Pertanto la consultazione del RLS non prevede nessuna presa di responsabilità, in quanto essa
si concretizza in un parere o in giudizio (positivo o negativo non importa), che può essere o
meno preso in considerazione dal datore di lavoro nella redazione del DVR.
La seconda considerazione è che, ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettere b), tale consulta zione deve essere “preventiva e tempestiva”. Cioè l’RLS deve essere consultato prima che inizi
il processo di valutazione dei rischi e non dopo che tale processo viene avviato dal datore di lavoro. Una consultazione a posteriori è, pertanto, contraria a quanto disposto dal Decreto.
Un altro ruolo rivestito dall’RLS (anche se tale ruolo è facoltativo e non è reso obbligatorio
esplicitamente dal Decreto) è quello di accertare (assieme alle altre figure aziendali) la “data
certa” del DVR.
Una novità del Decreto, rispetto al precedente D.Lgs.626/94 è stata quella di imporre che la
data del DVR fosse “certificata” in maniera ufficiale e ciò per evitare documenti antedatati rispetto a fenomeni infortunistici o ad accertamenti dell’organismo di controllo.
La certificazione della data certa (obbligo a carico esclusivo del datore di lavoro) può essere
fatta in vari modi (atto notarile, documento timbrato da ufficio postale o da altro ente pubblico,
invio con raccomandata a ricevuta di ritorno a sé stesso, sistemi informatici con le garanzie di
sicurezza, tracciabilità e ridondanza definite dall’articolo 53 del Decreto).
L’articolo 28, comma 2 consente però al datore di lavoro un’altra possibilità per attestare la
data certa del documento. Infatti tale articolo stabilisce che:
“Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazio ne [...] deve essere munito anche tramite le procedure applicabili ai supporti informatici di cui
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all’articolo 53, di data certa o attestata dalla sottoscrizione del documento medesimo da parte
del datore di lavoro, nonché, ai soli fini della prova della data, dalla sottoscrizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente,
ove nominato [...]”.
Anche per tale articolo occorre fare due precisazioni.
La prima è che esso prevede che la data del DVR sia “certa O attestata dalla sottoscrizione...”
e non “certa E attestata dalla sottoscrizione...”. Pertanto la sottoscrizione congiunta del DVR
non è un obbligo, ma solo una possibilità data al datore di lavoro per certificare la data di
emissione del DVR stesso, sulla quale, se motivato, l’RLS può non concordare (ad esempio se
gli viene richiesto di certificare la data di documento antedatato).
La seconda precisazione riguarda il fatto che l’articolo specifica chiaramente che la firma di
RSPP, RLS e medico competente ha valore “ai soli fini della prova della data” e non come sottoscrizione di altri contenuti del DVR che non siano appunto la data.
CHI DEVE FIRMARE IL DVR?
Alla luce di quanto detto finora, si può tranquillamente concludere che il DVR in realtà non ha
bisogno di essere firmato o controfirmato da nessuno.
Come argomentato, tale documento è di totale responsabilità del datore di lavoro e non c’è
nessun bisogno che egli lo firmi per confermare una responsabilità che gli viene attribuita per
legge.
Per quanto riguarda l’RSPP e il medico competente, la loro firma sul DVR potrebbe al limite
confermare che il datore di lavoro ha adempiuto all’obbligo di cui all’articolo 29, comma 1 (di
totale responsabilità del datore di lavoro), cioè che ha redatto il DVR in collaborazione con tali
figure.
Tale obbligo potrebbe comunque essere attestato anche in altro documento esterno al DVR, ad
esempio in un verbale di riunione, in cui le parti confermano che il datore di lavoro ha effettivamente redatto il DVR con la collaborazione di RSPP e medico competente.
Se si vogliono semplificare le cose, le firme di RSPP e medico competente possono anche essere apposte sul DVR, ma disgiuntamente rispetto a quella del datore di lavoro e dopo una frase
del tipo “le firme riportate a seguire del RSPP e del medico competente, attestano esclusiva mente il rispetto degli obblighi, a carico del datore di lavoro, di cui all’articolo 29, comma 1 del
Decreto e, a carico del medico competente, di cui all’articolo 25, comma 1, lettera a)”.
E’ vero che RSPP (come dipendente o come consulente) e medico competente (come consulente) sono pagati dal datore di lavoro e quindi non si fanno problemi a firmare qualunque cosa.
Quindi possono (ma non ne sono obbligati per legge) firmare il DVR in qualunque forma, che
servirà al datore di lavoro per dimostrare la loro collaborazione.
Per quanto riguarda l’RLS invece egli non è tenuto in nessun modo a firmare il DVR, in quanto
(a differenza di datore di lavoro da una lato e di RSPP e medico competente da un altro), l’RLS
non ha nessun obbligo o compito nella stesura del DVR, ma solo diritti (che poi sono obblighi a
carico del datore di lavoro).
Il primo diritto dell’RLS relativamente al DVR è, come detto, quello di essere consultato preventivamente e tempestivamente, all’atto dell’inizio del processo di valutazione. Una firma sul
DVR che volesse attestare questo diritto non ha senso in quanto il DVR da firmare è il documento finale di un processo per il quale l’RLS doveva essere consultato da subito.
Se il datore di lavoro vuole attestare la consultazione preventiva e tempestiva non lo può certo
fare mediante firma sul DVR, ma mediante verbale di riunione con l’RLS in data antecedente
all’inizio del processo di valutazione, in cui l’RLS attesta mediante firma (se ciò è realmente avvenuto) di essere stato consultato.
Il secondo diritto dell’RLS riguardo al DVR è quello di ricevere il documento per poterlo consul tare ed eventualmente formulare le sue critiche o al limite fare ricorso all’autorità competente,
se ritiene che il DVR non sia coerente con la realtà lavorativa e non contenga le necessarie mi sure di prevenzione e protezione.
Anche in tale caso il Decreto non prevede in nessuna sua parte che tale diritto per l’RLS venga
attestato mediante firma del DVR stesso. La consegna del DVR all’RLS può essere fatta anche
tramite un verbale di riunione con data immediatamente successiva a quella riportata sul DVR
in cui l’RLS attesta mediante firma (se ciò è realmente avvenuto) che il DVR gli è stato consegnato.
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Per semplificare le cose le parti (RLS e datore di lavoro) possono concordare, che la firma dell’RLS sia apposta direttamente sul DVR, ma disgiuntamente rispetto a quella del datore di lavoro e solo a seguito di una frase del tipo “la firma riportata a seguire del RLS, attesta esclusivamente il rispetto degli obblighi, a carico del datore di lavoro, di cui all’articolo 29, comma 2 del
Decreto [consultazione] e, a carico del datore di lavoro o dei dirigenti, di cui all’articolo 18,
comma 1, lettera o) [consegna]”.
In merito infine alla firma dell’RLS sul DVR per attestarne la data, come specificato sopra, essa
non è un obbligo per l’RLS che può decidere di non essere d’accordo su tale modo di certificare
la data (visto che il Decreto ne prevede altri alternativi). Anche in questo caso le parti (datore
di lavoro, RSPP, medico competente, RLS) possono concordare di apporre congiuntamente la
loro firma sul DVR, ma solo a seguito di una frase del tipo “le firme congiunte riportate a seguire di datore di lavoro, RSPP, medico competente, RLS, attestano esclusivamente il rispetto
dell’obbligo, a carico del datore di lavoro, della data certa di emissione del DVR di cui all’articolo 28, comma 2 del Decreto”.
CONCLUSIONI
A seguito di quanto fin sopra esposto, da una attenta lettura di quanto disposto dal Decreto
Legislativo 81/08, emerge quanto segue.
Il DVR non è il semplice elenco dei rischi presenti in azienda, ma un documento programmatico
che deve individuare come eliminare o ridurre i rischi, mediante idonee misure di prevenzione
e protezione, programmate nel tempo, in funzione della gravità del rischio individuato.
La responsabilità del DVR è a totale carico del datore di lavoro, tanto che nel Decreto è chiaramente specificato che la redazione del DVR è uno degli obblighi non delegabili a carico del datore di lavoro. Ciò è inoltre confermato dal fatto che l’apparato sanzionatorio del Decreto pre vede, relativamente alla redazione del DVR, sanzioni solo per il datore di lavoro.
L’RSPP ha un ruolo di supporto, in quanto “consulente” del datore di lavoro, nella stesura del
DVR, ma secondo il Decreto non ha obblighi a suo carico, né conseguentemente sanzioni. Il
datore di lavoro deve richiedere per obbligo la collaborazione del RSPP nella redazione del
DVR, ma la piena responsabilità dei contenuti del DVR è a suo carico.
Il medico competente ha invece l’obbligo sanzionabile di collaborare (per quanto di sua competenza alla redazione del DVR). Anche in tal caso, il datore di lavoro deve richiedere per obbligo
la collaborazione del medico competente nella redazione del DVR, ma la piena responsabilità
dei contenuti del DVR è a suo carico.
In generale, secondo il Decreto, l’RLS non ha nessun obbligo relativamente alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, mentre invece ha dei diritti, definiti dal Decreto come “attribuzioni”.
Relativamente al DVR, l’RLS ha il diritto di essere consultato dal datore di lavoro preventivamente e tempestivamente alla redazione del DVR stesso. Tale diritto costituisce obbligo sanzionabile a carico del datore di lavoro.
L’RLS ha poi il diritto di ricevere copia del DVR. Anche tale diritto costituisce obbligo sanziona bile a carico del datore di lavoro.
Quindi l’RLS non ha nessun obbligo di firmare il DVR.
All’RLS può essere chiesto dal datore di lavoro di firmare un verbale di riunione in cui si attesta
(se ciò è vero) che l’RLS è stato consultato preventivamente e tempestivamente in merito alla
redazione del DVR. La data di tale verbale deve essere antecedente al processo di elaborazione
del DVR.
Analogamente all’RLS può essere chiesto dal datore di lavoro di firmare un verbale di riunione
in cui si attesta (se ciò è vero) che all’RLS è stata consegnata copia del DVR. La data di tale
verbale deve essere immediatamente successiva al completamento della redazione del DVR.
Le parti possono concordare, per semplicità (ma non è obbligatorio), che l’RLS attesti quanto
sopra, mediante firma disgiunta di specifica dichiarazione riportata sul DVR che formalizzi però
solo (se ciò è stato effettivamente fatto) la consultazione preventiva e tempestiva dell’RLS e la
consegna a egli di copia del DVR stesso.
Le parti possono poi concordare (ma non è obbligatorio) che sul DVR compaia la firma dell’RLS,
congiunta a quella del datore di lavoro, RSPP, medico competente, al solo ed esclusivo scopo di
certificare la data certa apposta sul DVR.
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STRAGE VIAREGGIO: COMUNE ASSENTE, VITTIME ARRABBIATE IN CORTEO
Da: Contropiano
http://www.contropiano.org
Lunedì 25 Marzo 2013 11:25
di Luca Fiore
Si è aperta questa mattina all’interno del Centro congressi di Lucca l’udienza preliminare per la
strage di Viareggio, che il 29 giugno 2009, a causa dell’esplosione di un treno carico di Gpl, co stò la vita a 32 persone.
Da Viareggio sono arrivate molto presto decine di persone, per lo più familiari delle vittime e
scampati alla strage, per seguire l’udienza. Entrando all’interno del Centro congressi hanno
dato vita ad un improvvisato corteo, aperto da uno striscione che recitava, “Viareggio 29 giu gno 2009. Niente sarà più come prima”, mentre altri striscioni e cartelli con le foto delle vittime
sono stati appesi alla recinzione esterna del padiglione in cui si svolge l’udienza.
All’udienza si sono presentati anche il presidente della provincia di Lucca Stefano Baccelli e i
rappresentanti dei comuni di Pietrasanta, Serravezza, Camaiore e Forte dei Marmi. Assente invece il rappresentante del comune di Viareggio, attualmente commissariato.
Un’incomprensibile assenza – neanche un vigile con la fascia del comune - che ha fatto infuriare i rappresentanti del comitato delle vittime della strage.
‘‘Il commissario Domenico Mannino - ha spiegato Daniela Rombi, presidente del comitato ‘Il
mondo che vorrei’ e madre di una delle vittime - ha detto che non vuole urtare la corte ma che
é con noi con il cuore. Non so cosa vuol dire urtare la corte’’. La stessa Rombi, parlando con i
giornalisti ha detto: ‘‘Vogliamo giustizia per le 32 persone che non ci sono più, ma vogliamo
anche che fatti del genere non accadano ancora. Chi ha responsabilità deve pagare e bisogna
cambiare questo sistema marcio in cui non si spende nella sicurezza’’.
“Ero tra i volontari che hanno prestato i primi soccorsi la notte della strage in via Ponchielli e il
ricordo dopo quattro anni é ancora vivo” ha raccontato, visibilmente commosso, uno dei soccorritori arrivati sul luogo della strage quella notte del 29 giugno del 2009 all’arrivo dei familia ri delle vittime. “Scavando tra le macerie - ha raccontato Federico Pedonesi - trovai la foto del
matrimonio del figlio di Roberto e gliela portai. Lui abbracciandomi mi disse ‘bisogna farci co raggio’ e fu lui a farmi forza in quel momento così difficile”.
Lo scorso 20 dicembre, la Procura di Lucca ha chiesto il rinvio a giudizio di 32 persone fisiche
(tra cui l’Ad di Fs Mauro Moretti) e 9 persone giuridiche, tra cui società del gruppo Ferrovie del lo Stato. La Procura guidata da Aldo Cicala ipotizza, a vario titolo, i reati di disastro ferroviario
colposo, lesioni colpose, incendio colposo, omicidio colposo plurimo e violazione delle norme
antinfortunistiche.
Il gip Alessandro Dal Torrione ha fissato già 8 date per l’udienza preliminare. Oggi, tra l’altro,
saranno presentate le richieste di costituzione di parte civile e poi ci sarà probabilmente “battaglia” sulla perizia tecnica uscita dall’incidente probatorio.
Il procuratore capo di Lucca Aldo Cicala si dice convinto di poter ribaltare la perizia dei consulenti del Gip uscita dall’incidente probatorio disposto nell’ambito del procedimento. L’incidente
probatorio (a cui avevano partecipato oltre 340 parti) era stato disposto dalla Procura per svolgere accertamenti non ripetibili sulla cisterna esplosa, sulle rotaie e sulla rete. La perizia consegnata alla fine dell’atto dai periti del Gip Dario Vangi e Riccardo Licciardello sostiene, tra l’al tro, che a provocare lo squarcio nella cisterna fu la cosiddetta “piegata a zampa di lepre”, un
pezzo non sostituibile dello scambio. Una ricostruzione contestata da Procura e parti civili, secondo cui la rottura fu causata da un “picchetto”, una componente di vecchia concezione della
rete ferroviaria.
-- 5 --
Il pm Giuseppe Amodeo aveva anche chiesto la ricusazione per Licciardello, per incarichi che
avrebbe avuto in passato da società del Gruppo Fs. Ma il Gip aveva respinto l’istanza. ‘‘La consulenza del professor Paolo Toni - ha detto Cicala - ha ribadito punto per punto gli elementi
che dimostrano che le cose sono andate diversamente’’ rispetto a quanto sostengono i periti
del Gip. ‘‘I giudici valuteranno - dice Cicala -. La perizia dei periti del Gip sostiene che la causa
principale della rottura della cisterna é stata la cosiddetta piegata a zampa di lepre, per noi é
stata provocata dal picchetto’’.
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INQUINAMENTO E REATI AMBIENTALI – LE BATTAGLIE A TUTELA DELLA SALUTE NEI
POSTI DI LAVORO E NELLA VITA QUOTIDIANA DEI CITTADINI
Da: Medicina Democratica
http://www.medicinademocratica.org
19 marzo 2013
di Daniela Patrucco
Il Sostituto Procuratore di Torino Raffaele Guariniello – che si è occupato del caso Eternit di Casale Monferrato – è intervenuto al convegno di Savona “Inquinamento e reati ambientali – Le
battaglie a tutela della salute nei posti di lavoro e nella vita quotidiana dei cittadini”.
Il convegno è stato un importante momento di conoscenza e riflessione sull’impatto ambientale
e sanitario degli impianti industriali inquinanti, con riferimento particolare alle centrali a carbone.
A partire dalla diffusa e incontrollata propensione delle imprese a compiere reati ambientali,
grazie anche all’insufficiente azione di controllo e sanzione da parte delle autorità preposte, il
cuore dell’intervento del dott. Guariniello ha riguardato la proposta di costituzione di una Pro cura nazionale per i reati ambientali.
“Un’organizzazione altamente specializzata – ha precisato il Procuratore – non condizionata da
realtà locali, che non guardi in faccia nessuno. In Italia ci sono oltre 120 Procure della Repubblica, alcune con meno di cinque magistrati da cui non si può pretendere una specializzazione,
senza la quale i processi non possono essere fatti. E’ necessaria l’esperienza sul campo, per
sapere come muoversi e cosa fare. Quattro o cinque anni fa a Taranto – continua – non avevano ancora cominciato a occuparsi dei mesoteliomi. Se l’intervento è tardivo il problema diventa
difficile da affrontare”.
Il Procuratore non nasconde le difficoltà. “La sfida è che questa procura nazionale poi funzioni
realmente perché le situazioni vanno affrontate e non nascoste”. Come prevede la nostra Costituzione (Articolo 32), per tutelare la salute come diritto dell’individuo e interesse della collettività affinché l’iniziativa economica non possa svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in
modo da recare danno alla sicurezza, la libertà e la dignità umana (Articolo 41).
Il dott. Guariniello ha fatto una ricognizione delle cause che al momento rendono difficile il rispetto della Costituzione e la tutela della salute e della dignità dei cittadini.
CONFLITTO LAVORO/SALUTE
“La salute e la dignità sono messi a dura prova da più parti, lavoratori che reclamano la conservazione del posto di lavoro anche a costo di perdere salute e dignità. Un conflitto tra diritti
che si ripropone continuamente. I processi e le esperienze in corso ci hanno insegnato che non
possiamo limitare la nostra attenzione ai luoghi di lavoro. Occorre occuparsi anche degli ambienti di vita dei cittadini”.
COSA SI E’ IMPARATO DAI PROCESSI
“Alcuni importanti processi ci hanno fatto capire che i rischi ambientali non possono essere
ghettizzati all’interno della fabbrica, perché si espandono e danneggiare chiunque di noi. Esperienze drammatiche, come a Casale Monferrato, dove ogni anno muoiono 50 persone di mesotelioma pleurico. 50 persone che non sono più i lavoratori dell’Eternit ma cittadini che non hanno mai varcato la soglia della fabbrica. E’ un problema che riguarda anche le scuole, luoghi al tamente insicuri: controsoffitti che cadono, a volte ancora amianto o lana di vetro come coibentante. Lasciamo lì i ragazzi o chiudiamo la scuola? A Torino 1800 ragazzi sono stati evacuati lo scorso dicembre.
LEGGI EFFICACI MA NON APPLICATE
“Tanto inquinamento, tanti infortuni, tante malattie professionali. Insufficiente prevenzione in
ambiente di vita e di lavoro. Non è un problema di leggi. Noi abbiamo le leggi migliori al mondo, di facciata, ma che non sono applicate. Quando l’atrazina aveva valori superiori a quelli
stabiliti, il ministro Donat Cattin alzò i valori limiti e tornò tutto in regola. Quando le industrie
ad alto rischio dovevano fare il piano della sicurezza entro una certa data, 50 processi in corso
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furono annullati grazie ad un decreto di proroga del termine. Le leggi sembrano andare bene
fino al momento in cui sono applicate”.
VIGILANZA E CONTROLLI INSUFFICIENTI
“Gli organi di vigilanza – ASL, ARPA, Ispettorati lavoro – operano in condizioni di forte scoordinamento, anche in ragione di carenze di organico e scarsa professionalità di chi va a fare i so pralluoghi e le ispezioni. Gli ispettori che fanno attività di vigilanza vanno promossi, non puniti,
e le ispezioni non devono essere preannunciate. E’ necessario un codice etico dell’attività di vigilanza. Occorre evitare confusione tra attività di vigilanza e consulenza a favore delle aziende:
le stesse persone non possono interpretare entrambi i ruoli. Infine i sopralluoghi non devono
essere numericamente significativi ma devono permettere l’approfondimento di ogni questione.”
AUTORITA’ GIUDIZIARIA
“Anche l’intervento dell’autorità giudiziaria è stato finora insoddisfacente. In tante regioni i lavoratori e i cittadini lamentano l’assenza di qualcuno che si occupi dei casi anche importanti. In
alcune parti del nostro paese i processi penali in materia di tutela dell’ambiente e della salute
non si fanno, in altre zone si fanno con una tale lentezza che alla fine si arriva alla prescrizione
del reato. Si sviluppa un’idea devastante: abbiamo le regole ma queste regole si possono violare impunemente, senza incorrere in effettive responsabilità”.
LA DIGNITA’ DI CHI MUORE A CAUSA DI UN’ESPOSIZIONE A QUALCHE FATTORE CANCEROGENO
“Le persone muoiono senza sapere, e neppure i loro congiunti, che la morte è stata causata da
un fattore cancerogeno. Cittadini italiani che hanno lavorato in stabilimenti dell’amianto, una
volta tornati in Italia sono morti di mesotelioma. Ce ne sono molti in Veneto e in Puglia, nel
Salento. Durante le indagini i parenti si stupiscono per la richiesta di informazioni: non si sono
mai chiesti se la malattia sia stata determinata dall’attività lavorativa”.
I TUMORI PERDUTI
“Occorre andare alla ricerca dei tumori perduti, negli archivi degli ospedali e dei comuni. In alcune zone del paese ci sono i Registri Tumori (http://www.ispesl.it/renam/Index.asp) e poi c’è
il Renam (http://www.ispesl.it/renam/Index.asp). Questi registri sono uno strumento prezioso
di studio, ma operativamente servono strumenti molto più efficaci. Le procure devono essere
messe a conoscenza di un caso di mesotelioma all’indomani della sua diagnosi: dati anagrafici,
storia di vita e di lavoro del cittadino, le aziende in cui ha lavorato, le situazioni ambientali cui
è stato esposto. Se passano 4/5 anni prima che diventi un caso, è troppo tardi. Alcune procure
lamentano che benché i registri segnalino eccedenze di mesoteliomi o tumori i casi non siano
segnalati. A volte, dicono, i medici hanno paura a fare i referti. Si tratta di una realtà di cui noi
dobbiamo prendere consapevolezza.”
LA PROCURA DI TORINO
“A Torino, dagli anni ’90, c’è un osservatorio sui tumori. Sapevamo di tanti tumori di origine
ambientale ma non ricevevamo segnalazioni. Allora siamo andati a cercarli. Abbiamo avuto la
collaborazione dei medici, penalmente obbligatoria ma a volte violata con la sostanziale acquiescenza dell’autorità giudiziaria che non si preoccupa di far osservare quest’obbligo. Tutti i
medici, anche quelli aziendali, ora ci comunicano i casi di tumore, ne abbiamo trattati ad oltre
27.000. Abbiamo considerato le patologie tumorali che con maggiore probabilità possono essere dovute a un’esposizione, professionale o ambientale (mesoteliomi, tumori della vescica, del
naso, ecc.). Ogni caso è analizzato per capire se il soggetto portatore era stato esposto a un
fattore cancerogeno in luogo di lavoro o ambiente di vita. Questo lavoro consente di mettere
insieme i casi per azienda e per situazione ambientale: un conto è fare un processo su un caso,
un conto su decine e centinaia di casi. Per fare ciò occorre la completezza e la tempestività dell’informazione. Di qui nasce l’Eternit: dai casi di lavoratori e cittadini”
I CASI CHE NON TI ASPETTI E CHE FANNO SALVARE ALTRE VITE
“Per un calciatore della Fiorentina, ammalato di mesotelioma, le indagini hanno portato a scoprire che da ragazzo giocava a Casale Monferrato nel campetto dell’oratorio. Le buche del campetto erano riempite con i residui della lavorazione dell’amianto. La storia lavorativa di un ma -
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cellaio morto di mesotelioma ci ha portato a un grande centro commerciale, a Torino, dove lui
lavorava. Grazie a un sopralluogo rilevammo batuffoli bianchi nelle fioriere. Era fibra di amianto che cadeva dal soffitto di cui era coibentato, che pioveva letteralmente mettendo a rischio
lavoratori e avventori. Fu quattro o cinque anni fa. Il palazzo fu sgomberato e ora si può anda re alla Rinascente di Torino, e non c’è più l’amianto.
CONDIVIDIAMO UN SOGNO
“L’osservatorio presso la Procura di Torino è un po’ anomalo. La struttura dovrebbe stare presso l’autorità sanitaria. Inoltre solo la provincia di Torino ha una simile struttura, che invece dovrebbe essere in ogni città d’Italia. E’ una proposta che da anni avanziamo ai ministri della Salute che si sono succeduti: la creazione di un osservatorio che mandi questi casi alle procure
della repubblica. Affinché non ci siano più città dove non ci sono casi. Non è necessario fare
nuove leggi, l’obbligo di referto del medico all’autorità giudiziaria è stato previsto dal codice
Rocco nel 1930. Bisogna prendere atto delle situazioni e capire che possiamo andare più avanti, non limitarci a ragionare sul caso singolo. Elaborare dei dati, con una visione globale e immediata. La procura nazionale può essere un sogno”.
IL CASO DI SAVONA E LA CENTRALE A CARBONE TIRRENO POWER
D’inquinamento e reati ambientali a Savona si sta occupando anche la locale Procura della Repubblica. Due i filoni d’indagine: eventuali ipotesi d’inquinamento ambientale di aria e acqua e
i conseguenti impatti sulla salute pubblica. Ad essere indagata è la centrale a carbone Tirreno
Power, ubicata tra i comuni di Vado e Quiliano.
A Savona è in discussione anche l’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata nel Dicembre
scorso dal Ministero dell’Ambiente per i due gruppi a carbone della centrale. I sindaci di Vado e
Quiliano hanno recentemente presentato un ricorso al TAR della Liguria. Oggetto del ricorso, le
modalità di accensione delle caldaie – per le quali non è stato esplicitamente prescritto l’uso
esclusivo del metano; l’effettiva riduzione delle emissioni – in luogo della prescrizione, per l’azienda, di presentare entro 18 mesi lo studio dei possibili interventi proposti – e prescrizioni
chiare che non lascino spazi per proroghe concesse a posteriori; l’analisi puntuale di ciascun
carico di carbone e delle ceneri derivanti dalla combustione; la costruzione del nuovo gruppo di
produzione. Secondo il progetto (precedentemente autorizzato) infatti, Tirreno Power potrà costruire subito il nuovo gruppo a carbone da 460 MW e solo dopo demolire e ricostruire il primo
dei due attuali, da 330 MW cadauno. In un secondo tempo, l’azienda dovrà demolire il secondo, per il quale tuttavia il decreto di AIA lascia aperta una possibilità di ricostruzione. In tal
modo si passerebbe dagli attuali 2 gruppi per 660 MW di potenza ai futuri 3 da 1.120 MW.
Sul tema dei Crimini d’impresa, segnalo l’intervista alla dott.ssa Rosalba Altopiedi, collaboratrice del Procuratore Guariniello nel caso citato dell’Eternit
http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/crimini-di-impresa-razionalita-e-percezione
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“SENTIERI”, TUTTI I TUMORI IN ECCESSO A LIVORNO-COLLESALVETTI
Da: Medicina Democratica
http://www.medicinademocratica.org
21 marzo 2013
Come è (poco) noto, Livorno è stata dichiarata nel 1997 sito d’interesse nazionale (SIN) per la
bonifica, essendo un luogo molto inquinato, ma finora la bonifica non è ancora neanche iniziata.
Più di recente (2009) il Ministero della Salute ha finanziato una Ricerca di “Sorveglianza epide miologica di popolazioni residenti in siti contaminati”, tra cui Livorno-Collesalvetti sui dati di
mortalità dal 1995 al 2002.
Da questa ampia ricerca, detta SENTIERI, pubblicata nel settembre 2012 dall’Istituto Superiore
di Sanità, è stato rilevato uno stato di salute della popolazione preoccupante, tanto che attualmente il prof. Annibale Biggeri dell’Università di Firenze ed altri stanno portando avanti un aggiornamento, che sarà reso noto a breve. In attesa di questo aggiornamento sembra però indispensabile conoscere quanto già è stato rilevato, che è qui riassunto.
RISULTATI DI SENTIERI
La mortalità per tutte le cause e per tutti i tumori è risultata in eccesso in entrambi i generi,
maschi e femmine, rispetto alla popolazione toscana. Nelle donne si registrano eccessi per le
malattie del sistema circolatorio e per le malattie del sistema digerente.
Per le cause di morte per le quali vi è a priori un’evidenza Sufficiente o Limitata di associazione
con le fonti di esposizioni ambientali del SIN, si osserva, in entrambi i generi, un eccesso per il
tumore del polmone e per il tumore della pleura.
Si evidenzia anche un eccesso di mortalità infantile per malattie di origine perinatale (nel periodo che precede e segue la nascita, compreso tra la 29ª settimana di gestazione e i primi 28
giorni dopo il parto, ndr)
PRECEDENTI STUDI
Un precedente studio di Nemo ed altri ha descritto le quantità di amianto importate in Italia attraverso il porto di Livorno dal 1957 al 1995. Dai dati raccolti è emerso che attraverso il porto
di Livorno sono transitate ingenti quantità di amianto in fibra e di manufatti in amianto desti nati a tutto il territorio nazionale.
Dalle analisi effettuate è risultato che oltre il 15% dell’amianto importato in Italia fu scaricato
nel porto di Livorno. Da questi dati è ipotizzabile che negli anni Settanta-Ottanta ci sia stata
una forte esposizione a fibre di amianto tra i lavoratori del porto di Livorno.
L’analisi di SENTIERI documenta un eccesso per il tumore dell’ovaio, sede per la quale l’evidenza a priori con l’esposizione ambientale ad amianto è valutata come Limitata, cioè nel linguaggio epidemiologico non trascurabile.
Uno studio longitudinale con gruppi fissi di Biggeri ed altri ha analizzato la mortalità per i residenti di Livorno a livello di circoscrizione elettorale.
Lo studio ha mostrato che la circoscrizione corrispondente al centro cittadino mostra i rischi relativi più alti per entrambi i generi per le malattie dell’apparato circolatorio e per la totalità dei
tumori maligni.
La circoscrizione a Nord lungo il litorale mostra un eccesso per il tumore della mammella, presente anche nella circoscrizione del porto. Il tumore pleurico si concentra nella zona del porto e
in quella industriale retrostante.
Uno studio descrittivo di Uccelli ed altri ha valutato la mortalità nel sito di Livorno per il periodo
1988-1997. I risultati hanno mostrato eccessi di mortalità per tutte le cause e per la totalità
dei tumori. In entrambi i generi sono stati rilevati eccessi di mortalità per il tumore del colonretto, del polmone e della pleura, quest’ultimo eccesso confermato anche da uno studio di Gorini ed altri.
Negli uomini sono stati riportati eccessi per il tumore al fegato e al pancreas. Nelle donne sono
stati evidenziati eccessi per il tumore della mammella e il mieloma multiplo.
Tra le cause non tumorali sono risultati eccessi per le malattie del sistema circolatorio e per il
diabete.
Gli eccessi di mortalità confermati in SENTIERI in entrambi i generi per il tumore del polmone e
per quello della pleura rendono plausibili i ruoli causali delle esposizioni occupazionali.
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Tra le altre cause analizzate in SENTIERI è stato documentato un eccesso per il tumore del fe gato negli uomini più probabilmente associato a fattori occupazionali come esposizioni ad arsenico, inquinante presente nel SIN a cui lavoratori del petrolchimico possono essere stati esposti.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Il profilo di mortalità nel SIN di Livorno mostra alcuni elementi degni di attenzione.
La conduzione di uno studio di gruppo dei dipendenti della raffineria e di alcuni comparti dell’area portuale con un’analisi di mortalità e di incidenza (ammalati non morti) contribuirebbe a dimensionare il ruolo causale della componente professionale sul tumore al polmone e su quello
pleurico.
Sulla base dei risultati ottenuti sarebbe utile effettuare uno studio di biomonitoraggio per valutare l’esposizione umana alle concentrazioni di inquinanti presenti nell’ambiente in modo da distinguere il ruolo delle esposizioni occupazionali da quelle di tipo ambientale.
L’intero studio Sentieri è visibile al seguente link:
http://www.iss.it/epam/rili/cont.php?id=382&lang=1&tipo=11
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UNA CHECKLIST PER LA VERIFICA DELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO STRESS
Da: PuntoSicuro
http://www.puntosicuro.it
11 marzo 2013 di Tiziano Menduto
In rete uno strumento a disposizione delle aziende per favorire una autovalutazione della corretta ed efficace applicazione della normativa sullo stress lavoro-correlato. Valutazione, formazione e azioni di miglioramento.
Per favorire la rilevazione del rischio stress nei luoghi di lavoro proliferano in rete schede infor mative, linee di indirizzo e checklist di valutazione. Tutti materiali necessari per un rischio che
deve essere monitorato non solo per adempiere alle richieste normative, ma anche per facilitare un clima organizzativo in grado di favorire insieme la salute dei lavoratori e la produttività
dell’azienda.
Tra le liste di controllo presenti in rete segnaliamo oggi la checklist pubblicata e prodotta dal
Dipartimento di prevenzione medico e dal Servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro della ASL di Brescia.
Il documento “Checklist operativa: verifica della corretta applicazione della normativa sullo
stress lavoro-correlato” rappresenta in particolare lo strumento utilizzato dagli operatori del
Servizio PSAL durante le attività di vigilanza.
Uno strumento che viene messo a disposizione delle aziende per favorire una autovalutazione
della corretta ed efficace applicazione della normativa specifica.
La checklist è suddivisa in “griglie” secondo argomenti ritenuti fondamentali per l’effettuazione
della verifica. E per ogni argomento sono previsti quattro tipi giudizio (buono, sufficiente, mediocre, insufficiente), giudizi che devono essere espressi sulla base delle indicazioni contenute
nella “guida alla compilazione” allegata alla checklist. E’ infine previsto un giudizio complessivo
finale sulla adeguatezza del percorso seguito.
Ricordiamo che lo scopo della checklist è quello di mettere in evidenza gli elementi salienti in
relazione alla valutazione e gestione del rischio stress lavoro correlato, tenendo conto:
 dell’Accordo Europeo sullo stress lavoro-correlato del 08/10/2004,
 dell’Accordo Interconfederale del 09/06/2008,
 delle linee di indirizzo redatte dalla Regione Lombardia (ddg 13559 del 10 dicembre 2009),
 delle indicazioni della Commissione Consultiva Permanente del 18/11/2010,
 delle indicazioni generali esplicative della Regione Lombardia (ddg 10611 del 15/11/2011),
 dei documenti prodotti dall’ISPESL/INAIL,
 delle indicazioni esplicative del Coordinamento Tecnico Interregionale del gennaio 2012.
Soffermiamoci su alcuni argomenti trattati dalla lista di controllo, ad esempio sulla vera e propria valutazione dei rischi (articolo 28 D.lgs 81/08).
Oltre al livello di rischio stress rilevato dalla valutazione, la lista chiede anche, come dato de scrittivo, se la valutazione è stata condotta con l’apporto di specialisti esterni (psicologo del lavoro, ecc.).
Inoltre chiede di indicare se:
1 esiste il DVR con l’individuazione e valutazione dello stress lavoro correlato (o autocertificazione se prevista);
2 la valutazione stress lavoro correlato è stata progettata con la partecipazione di tutte le figure della prevenzione (DDL, RSPP, RLS, MC);
3 è stata fatta la valutazione indicatori oggettivi (preliminare);
4 i lavoratori e/o RLS/RLST sono stati sentiti sui fattori di contesto e contenuto;
5 è stata fatta la valutazione soggettiva (approfondita) (ad esempio compilazione di questionari, focus group, interviste semistrutturate);
6 esiste un programma delle azioni di miglioramento;
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l’RLS/RLST è stato solo informato;
esiste solo un documento programmatico;
non esiste DVR, né il documento programmatico.
Veniamo subito ai giudizi riguardo a questo argomento:
 per attribuire un giudizio “buono” è necessario che l’impresa abbia attuato le azioni indicate
nei primi 6 punti, ovvero: che gli RLS (in loro assenza gli RLST) e/o i lavoratori siano stati
consultati e coinvolti, e che la valutazione sia stata attuata non solo secondo i contenuti
dell’accordo europeo del 08/10/2004 e della commissione consultiva permanente del
18/11/2010, ma anche secondo le indicazioni delle linee di indirizzo della Regione Lombardia;
 per attribuire un giudizio “sufficiente” è necessario che l’impresa abbia soddisfatto almeno i
punti 1, 2, 3 e 4 (e 6 se necessario); laddove non risulti designato il RLS/RLST, per dare un
giudizio “sufficiente” deve emergere il coinvolgimento dei lavoratori nella valutazione: è necessario pertanto che la valutazione sia stata attuata secondo i contenuti dell’accordo europeo del 8 ottobre 2004 e della commissione consultiva permanente del 18/11/2010, come
precisato nelle indicazioni del Coordinamento Tecnico Interregionale del gennaio 2012;
 si ha un giudizio “mediocre” quando l’impresa ha effettuato la valutazione del rischio, ma il
RSL o i lavoratori sono stati solo consultati nella fase di progettazione;
 si ha infine un giudizio “insufficiente” se l’impresa non si è ancora attivata per affrontare il
problema, oppure ha redatto solo il documento programmatico o una autodichiarazione di
intenti, oppure ha effettuato la valutazione del rischio senza il coinvolgimento del RLS/RLST
e/o dei lavoratori che ne sono stati solo informati (ad esempio solo firma sul DVR).
Veniamo alla scheda su informazione – formazione (articoli 36 e 37 Dlgs 81/08).
Bisogna indicare se:
1 la formazione/informazione relativa allo stress lavoro correlato è stata trattata in incontri
/corsi;
2 è stata eseguita con il coinvolgimento delle figure del SPP (incluso il MC o altra figura sanitaria);
3 è stata diversificata in funzione dell’interlocutore e tenendo conto della comprensione della
lingua;
4 gli RLS, i dirigenti e i preposti sono formati/informati sulla tematica specifica;
5 gli RLS/RLST sono stati consultati nella programmazione della formazione;
6 è stata effettuata una verifica finale di comprensione;
7 l’informazione relativa allo stress è stata effettuata mediante materiale divulgativo e/o affissioni in bacheca;
8 non sono stati effettuati interventi di formazione/informazione relativa allo stress né è stato
distribuito materiale informativo.
Giudizi:
 per attribuire un giudizio “buono” è necessario che, oltre ad aver soddisfatto le richieste
previste per i primi 5 punti, gli RLS siano stati effettivamente coinvolti nella programmazione del percorso formativo, che deve prevedere specifici momenti di ascolto e di coinvolgimento di tutti i lavoratori; inoltre i dirigenti e i preposti siano stati informati/formati sull’ar gomento specifico;
 per attribuire un giudizio “sufficiente” è necessario che l’impresa abbia almeno effettuato
incontri/corsi in cui si è parlato dell’argomento nell’ambito dell’attività di informazione/formazione (punto 1); si lascia alla discrezionalità dell’operatore verificare se verosimilmente
l’incontro/corso sul rischio stress lavoro-correlato sia stato fatto in modo adeguato (ad
esempio durata, docenti ecc.);
 “mediocre”: l’impresa ha effettuato solo l’informazione con opuscoli o materiale divulgativo
in genere;
 “insufficiente”: l’impresa non ha ancora effettuato interventi di formazione/informazione
sull’argomenti.
Riportiamo alcune delle azioni di miglioramento individuate, riportate nel documento con riferimento al decreto n. 13559 del 10/12/2009 della Regione Lombardia:
 soluzioni di interfaccia con il gruppo-individuo: ad esempio percorsi di formazione post-valutazione per i lavoratori (migliorano la gestione dello stress e orientano al miglioramento
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motivazionale); percorsi di formazione post-valutazione per dirigenti e preposti (migliorano
la gestione dello stress nel gruppo e orientano alla corresponsabilità);
soluzioni di interfaccia con l’organizzazione: misure tecniche (potenziamento automatismi
tecnologici per una migliore efficienza, considerare lo scarso adattamento dei lavoratori anziani); misure organizzative riferite all’attività lavorativa (orario sostenibile, alternanza di
mansioni, riprogrammazione attività, ecc.); misure procedurali (miglioramento, verifica efficienza lavorativa); misure organizzative ergonomiche; azioni di miglioramento della comunicazione interna, della gestione, delle relazioni ecc. per una miglior interfaccia individuo
vs organizzazione;
soluzioni di contenimento individuale: iniziative esterne di supporto e assistenza al lavoratore (sostegno di singoli casi e misura protettiva a breve-medio termine); iniziative interne
di supporto e assistenza al lavoratore con costituzione di consultorio-sportello specialistico
interno (sostegno di singoli casi e misura protettiva a breve-medio termine - orientato alle
grandi aziende);
sorveglianza sanitaria dei gruppi a rischio: intervento complementare rispetto alla sorveglianza sanitaria occupazionale classica;
interventi di monitoraggio nel tempo: valutazione dell’efficacia degli interventi preventivi e
correttivi.
Concludiamo ricordando, come indicato nel documento, che laddove un’azienda utilizzi la check-list e pervenga ad un giudizio di “mediocre” in uno degli argomenti trattati, deve considerare
tale conclusione come “insufficiente”.
Il documento del Dipartimento di prevenzione medico e Servizio prevenzione e sicurezza negli
ambienti di lavoro della ASL di Brescia “Checklist operativa: verifica della corretta applicazione
della normativa sullo stress lavoro-correlato” è scaricabile all’indirizzo:
http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/130311_Asl_BS_checklist_stress.pdf
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SALDATURA: FATTORI DI RISCHIO, PREVENZIONE E PROTEZIONE
Da: PuntoSicuro
http://www.puntosicuro.it
14 marzo 2013
La protezione dai rischi chimici e cancerogeni nella saldatura dei metalli non è sufficiente per
tutelare salute e sicurezza dei lavoratori. Le radiazioni, il microclima, il rumore, la movimentazione, l’incendio e i dispositivi di protezione.
Quando si parla di sicurezza nella saldatura di metalli si fa spesso riferimento ai rischi chimici e
cancerogeni dell’attività, ma si sottovalutano altri rischi importanti.
Ad esempio i rischi per la salute correlati all’utilizzo di macchine e attrezzature, all’ambiente di
lavoro, alla movimentazione di carichi, alle radiazioni, ai campi elettromagnetici, al rumore,
ecc.
Per affrontare questi rischi torniamo a presentare il Decreto n. 10033 della Direzione Generale
Sanità della Regione Lombardia che ha approvato il documento “Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle attività di saldatura metalli”.
Vademecum che dedica un intero capitolo alla gestione degli altri rischi e di cui riassumiamo
brevemente le indicazioni per lavoratori e aziende.
RADIAZIONI NON IONIZZANTI E CAMPI ELETTROMAGNETICI
Le radiazioni non ionizzanti sono emesse in varia misura dall’arco elettrico o dalla fiamma ossiacetilenica e le radiazioni ultraviolette, le più pericolose tra le radiazioni non ionizzanti, sono
quasi totalmente assorbite dagli strati protettivi superficiali della cute e solo una piccola frazione di poco superiore all’uno per cento penetra e agisce sui tessuti sottostanti. Ci possono essere effetti sulla congiuntiva a breve termine e sulla retina e sulla cataratta a lungo termine.
Inoltre con le recenti direttive europee sta aumentando l’attenzione relativa al rischio elettro magnetico, un rischio che deve essere opportunamente valutato.
MICROCLIMA
È un fattore di rischio non trascurabile, in particolare durante la stagione estiva, correlato al
tipo di lavorazione che richiede il raggiungimento di alte temperature in ambienti spesso ristretti e talora con ventilazione e aspirazione inadeguate. La produzione di calore, in particolare di elevatissime temperature localizzate nelle vicinanza del punto di saldatura è caratteristica
sostanzialmente comune delle tecniche a gas, ad arco elettrico, al plasma e al laser.
Alcune indicazioni:
 nel reparto di saldatura è necessario assicurare una sufficiente aerazione naturale diretta
dell’ambiente, realizzando il maggior numero possibile di superfici fenestrate apribili, sia laterali che zenitali; l’aerazione naturale dovrebbe essere comunque integrata da impianti di
ricambio forzato dell’aria con le caratteristiche già elencate e che non devono comunque
entrare in contrasto con i sistemi di aspirazione localizzata;
 durante la stagione estiva in certi casi può risultare opportuna l’adozione di particolari precauzioni per assicurare un adeguato assorbimento di acqua e sali minerali.
RUMORE
Nelle lavorazioni di saldatura l’origine del rumore è riconducibile in buona parte alla combustione della miscela gassosa emessa ad alta pressione dal cannello nella saldatura a fiamma ossiacetilenica; allo scoccare dell’arco elettrico, alla fuoriuscita del plasma dall’ugello (sibilo caratteristico) nelle altre tipologie.
Nel documento vengono descritte altre sorgenti di rumore e alcuni esempi di livelli di esposizione quotidiana dei lavoratori.
Questi i principali interventi mirati al controllo e riduzione del rischio specifico:
 acquisto di macchine meno rumorose;
 regolare manutenzione delle macchine mirata alla sostituzione/manutenzione di componenti soggette ad usura;
 diminuire gli urti dei prodotti rigidi tra loro e con i recipienti di raccolta, ad esempio dimi nuendo l’altezza di caduta e insonorizzando con materiale smorzante i contenitori;
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controllo dell’emissione sonora degli impianti di aspirazione e ventilazione mediante regolare manutenzione; eventuale insonorizzazione degli stessi;
previsione di eventuale rotazione del personale;
fornitura di idonei DPI;
informazione e formazione i lavoratori sui rischi derivanti dall’ esposizione a rumore.
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Si indica che le fasi più critiche sono legate all’eventuale movimentazione manuale dei pezzi da
saldare ed al trasporto in magazzino spesso effettuato con transpallets manuali e quindi con
operazioni di traino e spinta, in molti casi in spazi ridotti che costringono a manovre scorrette e
a posture incongrue.
Il documento indica tra le possibili misure tecniche, organizzative e procedurali:
 l’installazione di sistemi pneumatici di carico della materia prima o, in alternativa: l’utilizzo
di manipolatori per la movimentazione dei contenitori, l’utilizzo di transpallet a trazione
elettrica;
 la creazione di percorsi agevoli per la movimentazione assistita anche mediante ridefinizione del layout.
MOVIMENTAZIONE DEI CARICHI CON MACCHINE
Spesso è necessario movimentare carichi mediante l’ausilio di mezzi d’opera (carrelli elevatori,
sollevatori elettrici, ecc.), con situazioni di rischio connesse a tutte le operazioni di sollevamen to e trasporto spesso effettuate in spazi ristretti.
Alcuni requisiti minimi:
 scelta di attrezzature adeguate per la movimentazione dei carichi;
 procedure di verifica periodica e manutenzione;
 delimitazione e separazione dei percorsi dei mezzi di sollevamento e trasporto da quelli riservati ai pedoni;
 formazione e addestramento all’utilizzo delle attrezzature di sollevamento e trasporto.
INCENDIO
Per le aziende che effettuano lavorazione di saldatura di metalli, generalmente il rischio incendio viene considerato “medio”, pur non potendo escludere che, in casi specifici (dimensioni dell’azienda, capacità produttive dell’impianto, ecc.), la valutazione conduca ad una classificazione
di livello di rischio “‘elevato”.
Questi i contenuti minimi del documento di valutazione del rischio incendio:
 informazioni sulle caratteristiche di infiammabilità ed esplosività delle materie prime e di
eventuali intermedi;
 quantitativi in uso e in deposito;
 caratteristiche degli ambienti con eventuale compartimentazione;
 elenco attrezzature e impianti da utilizzare per l’estinzione, ubicazione e relativo programma di verifica e manutenzione periodica;
 caratteristiche dell’impianto elettrico;
 classificazione del rischio.
Inoltre si riportano ulteriori adempimenti:
 eventuale valutazione dei rischi di esplosione (in relazione alle caratteristiche delle sostanze
utilizzate), vedi Titolo XI del D.Lgs 8 aprile 2008 n. 81;
 redazione del piano di emergenza ed evacuazione;
 nomina e formazione degli addetti all’emergenza ed evacuazione;
 nomina e formazione degli addetti al primo soccorso;
 installazione e manutenzione della segnaletica relativa alle attrezzature.
ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO E IGIENE
Ritmi, monotonia, ripetitività, possono minare il benessere psico-fisico del lavoratore. E non è
trascurabile l’eventuale problematica del lavoro isolato, in particolare durante il turno notturno.
Questi alcuni accorgimenti pratici ed organizzativi (misure collettive) che possono favorire la
prevenzione:
 procedere ad un’accurata pianificazione giornaliera e settimanale della attività, che tenga in
considerazione l’impegno fisico richiesto e le cadenze operative vincolanti, provvedendo ad
una adeguata distribuzione dei compiti lavorativi;
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cercare di stimolare l’affiatamento degli operai, che si trovano a stretto contatto per tutta
la giornata, smorzando sul nascere eventuali problemi di conflittualità interpersonale;
favorire l’inserimento di nuovo personale, specialmente se di nazionalità non italiana, mediante l’affiancamento di un tutor.
riguardo all’igiene del lavoro, vengono fornite le seguenti indicazioni:
mettere a disposizione dei lavoratori servizi igienici in numero sufficiente, dotati di lavabi
con acqua calda e fredda, mezzi detergenti e per asciugarsi;
mettere a disposizione dei lavoratori idonei ambienti di ristoro riparati, freschi o riscaldati,
in base alle diverse situazioni climatiche;
non mangiare cibi e bevande e non fumare durante le attività di saldatura;
assicurare ai lavoratori, nelle unità produttive, la disponibilità di spogliatoi appropriati ed
adeguati, nonché di armadietti individuali a doppio scomparto (separare indumenti privati e
di lavoro), programmando periodica pulizia ed eventuale sostituzione;
mettere a disposizione per ogni lavoratore contenitori individuali ove riporre la propria dotazione di DPI;
organizzare un programma di pulizia, manutenzione e verifica dell’efficienza dei DPI con
appropriati controlli periodici ed al termine di ogni utilizzo, assicurando l’immediata sostitu zione ove necessario.
Concludiamo questa breve panoramica, sui rischi meno conosciuti dell’attività di saldatura, fornendo qualche informazione sui dispositivi individuali di protezione.
I lavoratori impegnati nelle varie fasi del ciclo produttivo devono generalmente essere equipaggiati e fare uso di idonei dispositivi di protezione individuale (DPI) quali:
 indumenti protettivi (tute da lavoro complete, oppure pantaloni lunghi con maglietta o camicia a maniche lunghe);
 calzature antinfortunistiche con suola antiscivolo;
 guanti;
 protezione per occhi e volto (meccanica e radiazione ultravioletta).
Inoltre per lo svolgimento di specifiche fasi lavorative è bene utilizzare:
 facciale filtrante antipolvere di classe 1 (FFP1) dotato di resistenza prolungata alla temperatura: situazioni di esposizione a livelli significativi di inquinanti nell’aria non cancerogeni;
 facciale filtrante antipolvere di classe 2 (FFP2) dotato di resistenza prolungata alla temperatura: situazioni di esposizione a livelli significativi di inquinanti nell’aria cancerogeni (ad
esempio cromo esavalente) o di manganese;
 sistemi “a ciclo chiuso” di ventilazione assistita tramite aria di qualità respirabile: situazioni
di scarsa ventilazione naturale per lavorazioni in ambiente “confinato”;
 protezione auricolare: lavorazioni con Lex,8 superiore a 85 dB(A).
Il documento della Regione Lombardia – Direzione Generale Sanità - Decreto n. 10033 del 9
novembre 2012 “Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori
nelle attività di saldatura metalli” è scaricabile all’indirizzo:
http://www.sanita.regione.lombardia.it/shared/ccurl/471/738/Decreto%2010033%20Vademecum%20per%20il%20miglioramento%20della%20sicurezza.pdf
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