Web Gnomonices!
La prima rivista digitale italiana di Gnomonica
by Nicola Severino 2004
Numero 6
Quadrante solare antico in Provenza
In questo numero:
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Nicola Severino, L’orologio solare di Mouzon Ardennes
Imma Cecere, Frontespizi gnomonici:
Danieli Sanna, Gnomonica Sarda: fabricaus una meridiana.
Giacomo Agnelli, Cartoons: la meridiana di Maiorca
Alessandro Gunella, Due proprietà geometriche delle linee orarie italiche
Riccardo Anselmi, In convegno internazionale della BSS ad Oxford
Web Gnomonices!
By Nicola Severino –
[email protected]
Maggio 2004
www.nicolaseverino.it
Un sito per la gnomonica
e un invito a collaborare!
Come avete potuto constatare, il mio sito web www.nicolaseverino.it è
dedicato completamente alla gnomonica ed offre interessanti iniziative
interattive che possono risultare, soprattutto in futuro, di grande interesse ed
aiuto alla ricerca gnomonica per quanti si accingono a interpretare e
ricapitolare gli studi sugli orologi solari.
Una di queste, certamente tra le piu’ importanti, è la Biblioteca Virtuale
Gnomonica. Tante volte ci è capitato, durante le nostre ricerche e studi, di
aver avuto bisogno di un determinato libro, o di sapere cosa ha scritto su un
determinato argomento questo o quell’autore di gnomonica, soprattutto dei
secoli passati. Purtroppo, pero’, tali libri sono consultabili (e non sempre!)
anche con qualche difficoltà presso le biblioteche statali o di antichi
monasteri. Oppure il libro che ci occorre si trova anche nella libreria di un
nostro amico gnomonista al quale di affidiamo per chiedere una copia o una
trascrizione dell’argomento cercato.
La Biblioteca Virtuale Gnomonica attende proprio a questo scopo e la
possibilità che ognuno ha di poter accedere alla lista dei volumi su un sito
web on line, come il mio sito, è proprio l’ideale per risolvere questo problema
di ricerca delle fonti.
Naturalmente per far si che l’iniziativa si realizzi e si renda presto utile, è
necessaria la collaborazione di tutti. Per collaborare, è sufficiente inviare al
mio indirizzo di posta elettronica, un elenco, possibilmente in formato
tabellare, dei propri libri antichi che si possiedono sia in originale che in
fotocopia o in formato digitale, e per i quali si desidera offrire autonomamente e possibilmente in modo gratuito ma compatibilmente con i
propri impegni e possibilità, (una sorta di compito missionario gnomonico) al ricercatore che ne faccia richiesta, le informazioni, o copia digitale/cartacea
dell’argomento che interessa.
Un’altra iniziativa cui è facile collaborare è il database delle biografie
gnomoniche “International Gnomonic Biographies”: chi possiede notizie
sulla vita ed opere di antichi gnomonisti (ma anche fino al nostro secolo),
puo’ inviarle al mio indirizzo.
Non mi resta che augurarvi buona lettura e buona navigazione.
Uno straordinario ritrovamento gnomonico: l’orologio solare di Mouzon
Ardennes
di Nicola Severino
E’ incredibile venire a conoscenza di un siffatto straordinario ritrovamento argheologicognomonico solo dopo 8 anni dall’avvenimento! Da tempo, avevo ritrovato uno strano titolo di una
pubblicazione francese che recitava: Un enigmatique cadran solaire ardennais, par Monsieur
Claude Mathieu – Monsieur l’abbé Parent. Non è stato facile ritrovare l’edizione di questo libricino
che è dell’Associazione Omega et Aleph di Mouzon. Non so perché questa notizia è rimasta taciuta
nella letteratura gnomonica internazionale, ma credo sia stata a conoscenza di poche persone. Il
libretto, che ho acquistato per la modica cifra di circa 5 euro, è di 36 pagine e racconta la storia di
uno straordinario ritrovamento che non esito a definire anche di tipo archeologico: un orologio
solare che è stato definito dagli autori dell’articolo “enigmatique” per la sua conformazione.
Quando ho pubblicato l’articolo su IGB n. 7 e 8 dell’orologio di Nicolau Kratzer dell’Iron Court, mi
è venuto in mente che questo di cui ci occupiamo è abbastanza simile, proprio come alcuni orologi
che hanno di queste strane tipologie di forma, caratteristiche di un certo periodo gnomonico
rinascimentale.
Ho avuto gentilmente il permesso di fare un sunto del libretto che ho comprato e di prendere
qualche foto da pubblicare su questa rivista digitale. Per questo ringrazio particolarmente Claude
Mathieu e l’Associazione Omega et Alphe.
Il ritrovamento è stato effettuato nella piccola
cittadina di Mouzon-sur Meuse, nel Dipartimento
di Ardennes, e precisamente alle coordinate: 5° 5’
Est di Longitudine e 49° 36’ Nord di Latitudine.
L’orologio è stato ritrovato come pietra di
riempimento di un muro che delimitava un giardino
del quartiere “La Cour l’Eveque”. Il proprietario
del giardino accortosi della presenza di questa
strana pietra si è rivolto a Monsieur Claude
Mathieu, presidente dell’Associazione Astronomia
di Ardenne. Si seppe quindi che la pietra è un
orologi osolare ricavato in un blocco di un
parallelepipedo tronco le cui dimensioni sono di
25x25x27 cm e che pesa circa 30 kg!
Questo orologio ha due cavità emisferiche su due
facce opposte che costituiscono un quadrante Est e un quadrante Ovest. Queste cavità sono
esattamente del tipo “hemisphaerium” antico, solo che sono verticali invece che orizzontali.
La faccia Sud dell’orologio presenta due quadranti: uno verticale e l’altro polare. Il quadrante
polare reca le tracce delle ore e delle mezzore dalle 6 del mattino alle 6 della sera, ma solo le cifre
IIII e VI si stagliano nette, lo stilo è danneggiato ed è in bronzo. Il quadrante polare è inclinato di
circa 50° sull’orizzontale e quindi sembra essere costruito giusto per la latitudine del luogo. Tra le
linee orarie si distinguono le cifre arabe delle 9, 10 e 11. Lo stilo è in ferro.
La faccia Nord riporta un solo quadrante ed è “boreale”, cioè un quadrante verticale esposto a Nord.
Indica ore e mezzore, e sono contrassegnate da cifre romane antiche. Le graduazioni di questo
quadrante indicano che il sole sorge alle 4 del mattino e tramonta alle 8 di sera nel giorno del
solstizio d’estate.
Faccia Nord e Faccia Est (a destra)
All’interno dell’emisfero rivolto ad Est, si
distinguono delle linee orarie e delle cifre arabe. Un filo passante tra due incavi ricavati ai bordi
della piccola conca materializzava il diametro della sfera ed era inclinato sulla linea dell’orizonte di
un angolo pari alla latitudine del luogo. Questo filo costituiva lo gnomone del quadrante cui era
probabilmente applicata una piccola sfera in corrispondenza dell’intersezione tra la linea
dell’orizzonte e la curva dell’equinozio nel punto delle ore 12. Le linee orarie indicano due sistemi
orari, quello italico e quello francese, delimitate dalle linee dei solstizi. La numerazione delle linee
italiche va dalle 8 alle 17, mentre quelle francesi va dalle 4 del mattino alle 12.
La faccia Ovest ha un altro emisfero realizzato
nello stesso modo e mostra un tracciato orario speculare rispetto a quello Est. L’unica differenza è
che invece di riportare le ore italiche, riporta - oltre alle ore francesi numerate con cifre arabe, le
linee degli azimuth.
Similitudini
Il Museum of the History of Science, di Oxford possiede un orologi osolare poliedrico ottagonale (a
sinistra) che è stato attribuito a Nicolas Kratzer.
All’ Adler Planetarium &
Astronomy Museum di Chicago,
Illinois, è conservato un orologio
solare multiplo identico a quello
presentato da Oronzio Fineo nel suo
libro stampato nel 1565. Questo
orologio ha 29 gnomoni.
The Measurers : A Flemish Image of Mathematics from the 16th Century
In questo dipinto fiammingo del XVII secolo, detto “The Measurers”, sono rappresentate diverse attività artigiane
quotidiane. IN primo piano sono visibili strumenti di misura, tra cui orologi solari. Affianco a quello che sembra essere
un quadrante d’altezza, è visibile un orologio poliedrico non ben definito.
FRONTESPIZI GNOMONICI
Ricerca e testi: Dott.ssa Imma Cecere
Progettazione ed elaborazione grafica: Dott.ssa Anna Auricchio
INAF - Osservatorio Astronomico di Capodimonte - Gennaio 2003
Sono disponibili i primi risultati di un più ampio lavoro di censimento, catalogazione e studio, tuttora in corso, del
corredo illustrativo di opere scientifiche conservate presso il fondo antico della Biblioteca dell'Osservatorio
Astronomico di Capodimonte. Sono stati analizzati, sia dal punto di vista iconografico sia da quello iconologico, alcuni
frontespizi ed antiporte, nei quali si è tentato di rintracciare i rapporti che intercorrono fra le immagini ed il clima
scientifico, religioso, culturale ed artistico-figurativo (miniatura, ma soprattutto pittura, scultura, architettura e teatro)
cui tali illustrazioni si riferiscono, nell'intento di porre in evidenza non solo la consueta valenza ornamentale e quella
ermeneutica, cioè descrittiva ed esplicativa del contenuto verbale dell'opera, ma anche la funzione allegorica delle
immagini, volta a compendiare il testo o alcune delle sue parti per via iconologica e destinata a veicolare informazioni e
contenuti, la cui diffusione era spesso minacciata dagli antichi organi di sorveglianza e di censura sulla stampa.
La galleria delle immagini proposte, infine, potrà offrire un valido percorso che tracci, per grandi linee, l'evoluzione del
corredo illustrativo del libro antico e, nella fattispecie, del libro di carattere scientifico. Per tale motivo si è esclusa a
priori l'adozione di un criterio selettivo meramente estetico o cronologico (frontespizi e antiporte realizzati in uno stesso
secolo), e anche di un criterio tematico (frontespizi e antiporte figurati; calcografici o tipografici, etc.), preferendo
piuttosto ricorrere ad immagini che possano assumere valore esemplare.
Roma, 1593
ASTROLABIUM
C. Clavio
supporto cartaceo
oggetto: frontespizio
incisione silografica
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L'Astrolabium del padre gesuita Cristophoro Clavio, pubblicato nella
capitale papale nel 1593, presso la tipografia di Bartolomeo Grassi, si
apre con l'immagine di un antico e sofisticato strumento circolare e piatto,
recante una proiezione stereografica del globo e dell'emisfero terrestre
(una sorta di sfera armillare piatta) chiamato astrolabio planisferico (da
distinguere dall'astrolabio sferico). Esso si staglia al centro della pagina,
tra la parte superiore del frontespizio - caratterizzata dalla presenza di
notizie relative all'autore del testo (Clavii bambergensis) e dalla presenza
del titolo del libro, il tutto realizzato con caratteri tipografici che fanno
uso di lettere capitali di modulo grande o piccolo - e la parte inferiore,
dove sono riconoscibili le note tipografiche (nome del tipografo, nome
della tipografia, luogo e data di edizione del testo), la menzione del
privilegio ("Cum privilegium") e la licenza di stampa ("Superiorum
permissu"), ai quali è riservato l'uso del corsivo. Lo splendido strumento,
il cui disegno è stato realizzato con grande fedeltà e con estrema perizia,
funge dunque da elemento di equilibrio estetico tra il titolo e le note
tipografiche; è corredato da un esile cartiglio che reca una scritta
emblematica: "Sic luditur astris" (così si gioca con gli astri), che,
prescindendo da qualsiasi intento didattico, evidenzia il carattere anche ludico dell'astrolabio e si riferisce
evidentemente alla possibilità per l'uomo di "accedere" al mondo celeste attraverso la strumentazione astronomica.
L'astrolabio rappresenta una marca tipografica allusiva, che traduce visivamente il titolo e, dunque, il contenuto
dell'opera.
Venezia, 1488
I. Sacrobusto
supporto cartaceo
oggetto: tavola silografica
incisione silografica
20x14
L'opera del Sacrobosco: un classico della letteratura astronomica
medioevale
L'edizione veneziana del De sphaera mundi di Giovanni Sacrobosco,
datata 28 (o 30) febbraio 1488 (come si evince dal colophon), si apre con
una tavola silografica, realizzata presumibilmente nello stesso periodo in
cui fu stampato l'incunabolo.
Incisa sul verso della prima carta, secondo il principio di estetica grafica
dell'apertura (opening), l'immagine è priva di legenda (dedica, titolo e
sottoscrizione) e di informazioni relative al testo. Per tale motivo, essa non
costituisce il frontespizio dell'opera, che cominciava ad affermarsi
lentamente proprio sul finire del Quattrocento; rappresenta, piuttosto, una
straordinaria anticipazione dell'antiporta secentesca. La xilografia, infatti, costituisce un'attraente "facciata" per il
prodotto tipografico e, al contempo, traduce in immagine il contenuto di carattere astronomico del testo. Tali esigenze,
sempre più avvertite dai tipografi e dagli editori, furono soddisfatte, a partire dai primi anni Seicento, dall'illustrazione
in antiporta.
Le notizie relative all'edizione tipografica del libro sono conservate nel colophon. E' interessante scorrere le poche righe
stampate sul recto dell'ultima carta, dove lo stampatore, che non si cita affatto, accanto all'anno e al luogo di stampa
dell'opera, saluta con entusiasmo la recentissima invenzione tedesca dell'arte tipografica: "Anche questo singolare
opuscolo di scienza astrale è stato pubblicato per mezzo di quella magnifica arte ultimamente divulgata dall'ingegno
germanico e cioè con la stampa tipografica. Il giorno prima delle calende di aprile. Nell'anno 1488. A Venezia" (Hoc
quoquae sideralis scientiae singulare opusculum / mirifica illa arte nuper ingenio germanico / in luce prodita
impressione videlicet / Prididie calen. Aprilis. Anno Salutis MCCCCLXXXVIII. Venetiis).
Invoca, poi, Urania, Musa dell'Astronomia, alle quale dedica un carme: "Versi di lode impressi su questa piccola opera.
O Urania per quanto ammettono di doverti, tutti gli abitanti di Canopo: gli astri scoperti…da Giovanni proveniente dalla
città di Santritter…le forme così devono [essere] scoperte per te. Né meno di questo devono a te tra i Santi Girolamo.
Questi ti associo: infatti questo li trova e tu li dividi" (Carmina in impressorum huic opusculi laude. Uranie quantu
quantu debere fatentur, cuncta canopeo: cognita quae astra viro / Santritter helbronna lucili ex urbe Iohannes /
Schemata sic debent ipsa reperta tibi / Naec minus haec tibi de Sanctis hieronyme debent / Quam socio: namquae hic
invenit ipse secas).
I riferimenti all'antico Egitto (Canopo era una città del Basso Egitto, sulla foce occidentale del Nilo e per metonimia
indica anche Basso Egitto o Egitto) e a Iohannes, senza dubbio Giovanni Sacrobosco, autore dell'opera, descrivono qui
un'ideale parabola che accomuna addirittura Tolomeo, nato probabilmente a Tolemaide d'Egitto nel II secolo d. C.,
all'astronomo e matematico inglese, sancendone l'autorevole posizione nell'ambito dell'astronomia, e facendolo definire
"scopritore di astri". In realtà, il Sacrobosco non scoprì mai nuovi corpi celesti, ma di sicuro fu uno dei maggiori
studiosi di Tolomeo e dei suoi commentatori arabi del XIII secolo, soprattutto Al-Battani e Al-Farhani.
Il De sphaera mundi, l'opera cui è maggiormente legata la fama del canonico agostiniano, compendia il celebre testo
tolemaico (Almagestum) e si divide in quattro capitoli. Il capitolo I definisce la Terra come una sfera immobile, posta al
centro del firmamento, secondo il sistema tolemaico-aristotelico; nel capitolo II, sono spiegati i vari circoli, equinoziale,
celestiale, il primum mobile, l'eclittica dello zodiaco, etc.. Il capitolo III si conclude con una discussione sui sette climi;
il movimento del Sole e dei pianeti allora conosciuti, le cause delle eclissi lunari e solari, formano il capitolo IV.
L'opera ottenne un grande successo, godendo di una fama che lo rese un classico dell'astronomia fino alla fine del 1600;
spesso apparve sotto forma di commento, a cura dei più eminenti scienziati del XIV, del XV, del XVI e del XVII
secolo, tra cui si ricordata almeno la versione realizzata da Cristophoro Clavio nel 1570.
Dopo l'Astronomica di Manilius, infine, la Sfera fu il primo libro di contenuto astronomico ad essere dato alle stampe
(G. Sacrobosco, De Sphaera Mundi, Ferrarae, 1472).
Per tornare alla tavola silografica, essa presenta un'iconografia chiara, che allude evidentemente al contenuto del testo:
l'allegoria dell'Astronomia, una giovane donna abbigliata secondo la moda rinascimentale, è assisa in trono, stringe
nella mano sinistra una sfera armillare e con la mano destra sembra protendere un antico astrolabio verso Urania
(l'Astronomia - un tempo non disgiunta dall'Astrologia - ha per attributo, dai tempi di Marziano Capella in poi, il globo;
suo attributo specifico è il sestante, usato in origine per misurare l'altezza degli astri; talvolta ha tra i suoi strumenti la
sfera armillare). La Musa, posta sulla destra dell'Astronomia, è rappresentata in scala metrica minore rispetto agli altri
due protagonisti della scena: coperta appena da un drappo succinto e col capo coronato d'alloro, dal corpo privo di
rilevanti particolari anatomici, rivolge il suo sguardo verso l'alto, portandosi una mano agli occhi come per proteggerli
dalla luce del sole. Dal capo della donna seminuda, inoltre, si snoda un cartiglio che reca la scritta "Urania Musa
Caelestis". A sinistra dell'Astronomia, invece, compare la figura di Tolomeo. Anche in questo caso, il solito cartiglio ci
permette di fugare ogni dubbio relativo all'identità della figura senile e barbuta: "Ptolomeus Princeps Astronomorum".
L'astronomo alessandrino è abbigliato come un mago orientale, in quanto magia e scienza costituivano un intreccio
ancora difficilmente districabile, presenta una corona adagiata sul capo, ad indicare che è princeps o rex astronomorum,
e tiene aperte sulle ginocchia le pagine di un libro, su cui si intravedono alcune figure geometriche. Il libro,
probabilmente il suo Almagestum, allude all'atteggiamento teorico nei confronti dell'astronomia, in contrapposizione a
quello di Urania, simbolo di un atteggiamento più incline alla pratica osservativa. Ai piedi dei tre illustri personaggi, si
apre un'amena vegetazione popolata di piccoli animali, cervi, conigli e lucertole, che sembrano muoversi indisturbati.
Nella parte superiore, invece, è rappresentata la volta celeste, trapunta di piccole stelle simili ad asterischi, che si
dispiega tra il Sole e la Luna. Il primo presenta il volto di un fanciullo, che irradia luce, e la seconda il volto di una
giovane donna, che sembra rivolgere uno sguardo benigno alla Terra.
L'intera composizione è racchiusa in una semplice cornice fortemente stilizzata.
Le figure dinoccolate, disegnate ed incise a grandi tratti, sono animate da una rozza vivacità. E' assente, inoltre, la
ricerca di giochi d'ombra e di luce. Ancora concepita per determinare una fantasiosa decorazione in superficie, la
composizione è estremamente ricca dal punto di vista naturalistico e del costume; ma dedica scarsa attenzione al dato
prospettico, presentando figure appena scalate in profondità. Dobbiamo ricordare che, invece, l'incisione e la pittura
erano già da tempo avviate ad esaltare la plasticità della figura umana e a riprodurre uno spazio misurabile in
profondità, organizzato secondo le leggi della prospettiva.
I riferimenti all'arte nordica, fiamminga in particolare, sono piuttosto evidenti: il microcosmo di animali e vegetali si
coniuga al macrocosmo rappresentato dagli elementi celesti (Sole, Luna, stelle), attraverso un naturalismo ancora
estraneo alla cultura figurativa italiana della fine del Quattrocento. Il fatto che l'opera sia stata stampata a Venezia non
deve dissuaderci dall'ipotesi di una possibile attribuzione dell'anonima silografia ad un maestro d'oltralpe; infatti, fu
anzitutto la Germania, patria dell'arte tipografica e di una fiorente industria silografica, che adottò la consuetudine di
illustrare con silografie ogni tipo di libro. Intanto, sul finire del Quattrocento, molti incisori e tipografi tedeschi
lasciarono il proprio Paese per andare ad esercitare il "mestiere" altrove, soprattutto in Italia; nel fare ciò, essi portarono
con sé legni incisi o ne incisero di nuovi, così che le silografie dei primi libri stampati in Europa risultano essere spesso
di fattura tedesca o fiamminga.
L'intera composizione, infine, ricorda l'impaginazione della tavola centrale di un polittico quattrocentesco, cui si ispira
anche dal punto di vista iconografico; infatti, le straordinarie Sacre Conversazioni con Madonna assisa in trono col
Bambino e i Santi, che hanno fortemente caratterizzato la pittura sacra del Quattrocento e del Cinquecento, hanno
costituito senza dubbio un precedente iconografico fondamentale per la nostra tavola (il motivo della Madonna in trono,
col Bambino e i santi, costituisce uno dei soggetti iconografici più diffusi nella pittura del Quattrocento e del
Cinquecento. Splendidi esempi a tal proposito ci sono offerti da artisti come Filippo Lippi - Pala Barbadori, 1438-,
Domenico Veneziano - Pala di Santa Lucia de' Magnoli, 1445-1447 -, Andrea del Castagno - Madonna di Casa Pazzi,
1445 -, Giovanni Santi - Madonna, santi e committente, 1489 -, Lorenzo di Credi - Madonna e santi, 1485 -, Cosmè
Tura - Pala Roverella, 1470-1474 -, e tanti altri).
Anversa,
1584
P. Apiani - G. Frisio
supporto cartaceo
oggetto: frontespizio
incisione silografica
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Un globo terrestre, corredato da tre diversi orologi solari piuttosto rudimentali, caratterizza il frontespizio dell'opera di
Pietro Apiani e Gemma Frisio, Cosmographia sive descriptio universi orbis, edita ad Anversa (Antuerpae), nel 1584,
presso lo stampatore Giovanni Bellero.
Il testo, realizzato da Apiani e modificato nella sua ultima versione da Frisio, fu pubblicato per la prima volta nel 1524,
riscuotendo un'immediata popolarità, tanto da essere, poi, tradotto in tutte le principali lingue europee.
Il globo, che si staglia al centro del frontespizio, ricorda gli splendidi strumenti scientifici, con supporti e decorazioni
diverse, ambiti dai numerosi collezionisti del passato per arricchire loro raccolte: le teste di animali e la decorazione a
fogliame impreziosiscono la sfera terrestre ncsa, facendone idealmente, al contempo, un valido strumento scientifico ed
un notevole oggetto da collezione (numerosi esempi di tale forma di collezionismo si possono rintracciare in tutte le
epoche, ma soprattutto tra il '500 ed il '700. Si vedano, per esempio, gli antichi strumenti scientifici, tra cui il pregevole
Globo Farnese, conservati presso il Museo dell'Osservatorio Astronomico di Capodimonte, in buona parte provenienti
da collezioni private del passato).
Innumerevoli rappresentazioni di strumenti astronomici, quali orologi solari, meridiane e sfere armillari, di cui sono
addirittura simulati i meccanismi che ne permettono il funzionamento, arricchisco il volume cinquecentesco,
conferendogli una straordinaria valenza didattica e divulgativa.
DELLA FABRICA ET USO DI DIVERSI STROMENTI DI ASTRONOMIA ET COSMOGRAFIA
G. P. Gallucci
supporto cartaceo
oggetto:frontespizio
incisione calcografica
24x16
Una ricca struttura architettonica tardo-manieristica, caratterizzata da
simmetria e sobrietà, domina il frontespizio del Della fabrica di Giovanni
Paolo Gallucci. L'opera, edita a Venezia, nel 1597, per i tipi della
tipografia Maietti, espone i risultati dello studio condotto dall'astronomo
bresciano riguardo ai diversi tipi di strumenti osservativi, sia antichi sia a
lui contemporanei. Il testo, infatti, è corredato da numerose immagini di
strumenti scientifici, quadranti, cerchi meridiani, specchi geografici,
bussole per la navigazione, accompagnate tutte da descrizioni dettagliate.
La struttura architettonica del frontespizio ricorda i monumenti funerari a
parete tardo cinquecenteschi, realizzati per i membri dell'aristocrazia e
della diplomazia, di cui sono ricche le nostre chiese: la fantasia dei maestri
incisori poteva piegare qualsiasi tipo di elemento, pittorico, scultoreo o
architettonico che fosse, alle proprie esigenze di decorazione e di
illustrazione. Nella pagina l'illuminazione, proveniente da sinistra,
enfatizza i forti contrasti chiaroscurali, ottenuti attraverso un tratteggio di
grande finezza; la luce e l'ombra si insinuano in ogni angolo, tra i
numerosi dettagli architettonici e decorativi dell'incisione calcografica,
offrendo all'occhio del fruitore episodi di notevole plasticità e di singolare
naturalismo (suggestive le teste leonine in basso e la resa degli strumenti). Numerosi strumenti astronomici, che
alludono al contenuto dell'opera, perdono qui la propria valenza didattica per acquisire un mero valore esornativo. Una
sfera armillare al centro e due sestanti, disposti lateralmente, campeggiano sulla cornice superiore; un filo a piombo, a
sinistra, ed una scala trigonometrica (o misuratore d'angolo), a destra, pendono lungo le due grandi volute, che
accolgono lo specchio centrale della struttura, dove sono conservate le informazioni relative all'autore e all'opera. La
perfetta simmetria tra le parti, che sintetizza in maniera esemplare la poetica manierista, è resa anche nella
presentazione degli strumenti: la sfera centrale si colloca tra due figure triangolari, così come l'ovale dello specchio è
racchiuso tra due figure inscrivibili in un triangolo. Gli strumenti osservativi sono rappresentati con straordinaria fedeltà
e con grande perizia; questo dato ci permette di supporre la collaborazione dell'artista con l'autore del testo, ipotesi
avallata dalle numerose testimonianze relative a tali tipi di "sodalizi". Un medaglione, in cui è rappresentato un gallo, si
staglia al centro della cornice superiore, quasi a simulare una chiave d'arco; è evidente che il Gallucci non abbia saputo
resistere al desiderio di "figurare" nello splendido frontespizio, ricorrendo ai mezzi offertigli dall'araldica. La presenza
di questo dettaglio, solo apparentemente decorativo, può ulteriormente avallare l'ipotesi di una possibile interazione fra
l'incisore e l'astronomo.
Gallucci: nota biografica:
GALLUCCI Giovanni Paolo
Del Gallucci, noto per le sue numerose opere, si hanno ben poche notizie biografiche. Nacque a Salò nel 1538. Il
20 maggio del 1564 diede vita, con altri diciotto concittadini, all'Accademia degli Unanimi. Dopo gli studi a Salò
e a Padova, il Gallucci si stabilì a Venezia che egli elogiò come il più vivace centro della vita intellettuale del
tempo e dove trascorse il resto dei suoi anni, dedicandosi all'insegnamento privato di giovani nobili, oltre che alla
composizione e alla stampa delle sue opere. Il 21 giugno 1593 fu uno dei nove fondatori della seconda Accademia
di Venezia, istituita con l'intento di proseguire l'attività della prima Accademia Veneta o della Fama, che si era
estinta con la morte del suo animatore Francesco Badoer. Nota è la sua intensa attività di traduttore. Oltre alle
traduzioni di opere altrui, nell'ultimo decennio del Cinquecento, il Gallucci si dedicò alla stesura di opere
proprie, privilegiando gli interessi matematico-astronomici che l'avevano appassionato fin dall'età giovanile e
pubblicando una serie di testi che descrivono il modo di costruire e di utilizzare strumenti osservativi e vari tipi
di orologi solari. Morì a Venezia intorno al 1621.
Athanasius Kircher
supporto cartaceo
oggetto: antiporta
incisione calcografica
22x16
Al frontespizio tipografico, che introduce l'opera del padre gesuita, si accompagna una complessa rappresentazione in
antiporta dove il celebre tedesco fece raffigurare lo schema dell'orologio astronomico-catottrico, da lui costruito nella
volta cilindrica della torre de la Motte per il collegio gesuitico di Avignone; con esso, attraverso l'uso di specchi, egli
era riuscito a convogliare opportunamente la luce solare e lunare, come deduciamo direttamente dalla rappresentazione.
Sull'ideale parete di fondo della spazialità virtualmente ricostruita, infatti, si staglia la scritta "Horologium Aven=
Astronomico Catoptricum Sic Iesu in quo totius primi mobilis motus reflesco solis radio demonstratur". Lungo le pareti
laterali, inoltre, viene riportata la latitudine astronomica della città francese: "Ad latitudinem Urbis Avenionensis 43
grad 30 m"
I raggi luminosi provenienti dal Sole e dalla Luna, posandosi sulle raffigurazioni dei segni zodiacali, che corrono lungo
l'arco d'ingresso della volta, delle principali costellazioni e delle proiezioni uranografiche, tracciate sulle pareti interne,
indicano l'ora del giorno e quella astronomica. Le figure senili e barbute alla base dello zodiaco, prive di attributi
iconografici che possano facilitarne l'identificazione, rappresentano probabilmente due antichi astronomi, forse
Aristotele e Tolomeo. I due putti al centro della tavola, posti ai lati di una sfera armillare, sono colti in atto di misurare
le distanze stellari mediante il raggio astronomico, uno strumento conosciuto sin da tempi molto remoti.
La difficoltà di comprensione relativa al funzionamento della meridiana è espressa da una scritta in greco antico:
"Nessuno che non abbia conoscenze geometriche può comprendere". Il motto che corona la volta (Sic luditur astris),
infine, attribuisce allo strumento scientifico una valenza anche ludica.
Dal punto di vista iconografico, il testo figurativo dell'antiporta, intervallato dalla parola, che traduce l'immagine in
espressione di una mistica delle lettere oltre che dei numeri, sembra adeguarsi al gusto del secolo per la teatralità. La
funzione di "degno" ingresso propria dell'antiporta, infatti, si riflette nella sua struttura compositiva a volta cilindrica
che, oltre a simulare il meccanismo dell'inconsueto orologio solare, introduce il lettore-fruitore nella sostanza concreta
del libro, agevolandone la comprensione.
Il gesuita tedesco, per le sue numerose
opere, ricorse spesso a frontespizi ed
antiporte
gremiti
di
simboli
e
personificazioni allegoriche, che si
prestavano ad una elaborata decifrazione;
per le immagini di corredo al testo, invece,
aveva l'abitudine di privilegiare quelle
caratterizzate da un taglio più essenziale e
scientifico,
che
andavano
ad
accompagnare un discorso verbale quasi
sempre schematico e al limite della
sommarietà.
Riguardo a tale abitudine è tuttavia
opportuno focalizzare la nostra attenzione
su due riflessioni in particolare. Da una
parte tale atteggiamento è facilmente
collocabile nella logica secentesca di una
precisa e oculata politica dei costi, che
sfociò, poi, nel graduale scadimento della
veste tipografica e nel concentrarsi di ogni
pretesa di bellezza nelle parti più
appariscenti del libro; dall'altra, esprime il
chiaro intento programmatico dell'autore
che, collaborando attivamente con i
maestri incisori, si affidava al linguaggio
grafico per veicolare le proprie concezioni
culturali, per sollecitare la curiosità del
lettore e rendere più appetibile un testo di
non semplice comprensione I frontespizi e
le antiporte che introducono le opere
kircheriane
palesano
l'intervento
dell'autore nella realizzazione dei disegni,
che venivano poi tradotti in semplici
incisioni xilografiche o in più raffinate
incisioni calcografiche.
E' probabile che nelle opere di padre Kircher le immagini particolarmente elaborate avessero la funzione di esprimere
teorie "particolari", che sconfinavano pericolosamente dal suo status di Miles Ecclesiae. A conferma di ciò, possiamo
citare, infatti, i suoi tentativi di coniugare il cristianesimo con un neoplatonismo fortemente esoterico.
La geometria del sistema
Nell'arco di una giornata il Sole si muove lungo un arco di circonferenza sulla volta celeste. Esso sorge
approssimativamente a Est; si fa più alto sull'orizzonte mentre si muove verso il Sud; a mezzogiorno lo si trova nella
direzione Sud nella quale raggiunge la sua massima altezza sull'orizzonte; comincia quindi a calare spostandosi verso
Ovest dove infine va approssimativamente a tramontare. Questo movimento è osservabile quotidianamente, con
modalità che però dipendono dalle coordinate geografiche del sito di osservazione e che variano a seconda del periodo
dell'anno.
L'asse della volta cilindrica punta nella direzione Nord-Sud. Questa circostanza fa sì che dall'alba a mezzogiorno il
Sole illumini la parete Est della meridiana, da mezzogiorno al tramonto sarà invece illuminata la parete Ovest.
Eseguendo dei piccoli fori alla base delle due pareti e ponendo degli specchietti orizzontalmente alla base dei fori
stessi, è possibile illuminare l'interno della meridiana con un sottile pennello di luce. Il pennello di luce intercetterà la
volta cilindrica in un punto dove si potrà osservare una macchia di luce. La posizione della macchia dipende
ovviamente dalla posizione del Sole nel cielo e quindi dal momento del giorno nonché dal giorno dell'anno.
Risulta ora chiaro come sia possibile, dopo aver, per così dire, tarato lo strumento, adoperare la volta cilindrica come un
orologio solare.
Risoluzione del problema teorico
Sotto opportune ipotesi è possibile prevedere teoricamente come la macchia di luce si muove sulla volta cilindrica. In
particolare è interessante capire quali curve la macchia descrive: fissato il giorno allo scorrere delle ore; fissata l'ora al
passare dei giorni.
Le ipotesi che si fanno sono fondamentalmente due: il Sole viaggia sull'eclittica con velocità angolare costante (questo
equivale a considerare circolare l'orbita terrestre); è trascurabile la variazione della declinazione solare su intervalli di
tempo dell'ordine di un giorno.
I calcoli, laboriosi ma non difficili, portano ai risultati che sono illustrati nelle seguenti figure.
La volta cilindrica si è immaginata sita ad una latitudine geografica F = 45°. Vicino al polo Nord o all'equatore le figure
si presenterebbero in maniera sensibilmente diversa.
Si è scelto di porre H=L. (dove si definisce con L il raggio della volta cilindrica e con H l'altezza delle pareti che la
sostengono).
E' importante sottolineare che l'operatività dell'orologio solare ( intesa come intervallo di tempo durante il quale è
possibile di giorno in giorno leggere l'ora) dipende strettamente dal rapporto H/L.
Figura 1. Nei due giorni degli equinozi la traiettoria antimeridiana e quella pomeridiana della macchia di luce si
sovrappongono perfettamente.
Figura 2. Questo grafico rappresenta la proiezione su un piano orizzontale della Fig.1. La freccia gialla indica il
verso di percorrenza delle traiettorie. Sono anche indicati gli orari di "ingresso" e di "uscita" della macchia di
luce dalla volta.
Figura 3. Sono tracciate sulla volta cilindrica le linee delle ore per t=8,9,10,11 e 12. Si noti che le linee delle 8 e
delle 9 sono incomplete, nel senso che non è possibile in tutti i giorni dell'anno leggere sulla volta queste ore.
Figura 4. Questo grafico rappresenta la proiezione su un piano orizzontale della Fig. 3. Si sono in più aggiunte le
linee delle ore pomeridiane, simmetriche rispetto a mezzogiorno delle ore antimeridiane.
Sito: http://oacosf.na.astro.it/oacmedia/arteescienza/index.htm
Ringrazio la dott.ssa Imma Cecere per la gentile collaborazione e concessione del materiale di
proprietà dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte.
Gnomonica Sarda Fabricaus una meridiana
DANIELI SANNA
Sa meridiana est un'arrelloju a soli ki sìnnat s'ora a segunda de comenti nci càlat s'umbra. Po
da fabricai pigaus un'arretàngulu de linna o de paperi grussu, disinnyaus unu mesu-circu e du
spartzeus in 12 fitas agualis, donnyuna de 15° de àngulu. Scrieus is nùmurus comenti
s'agatant in sa màgini innoi in basçu. Poneus s'inditadori de s'umbra in su tzentru de su mesucircu de manera ki siat ortogonali a s'arretangulu de linna. A s'inditadori de s'umbra di nanta
puru niomoni (de s'aregu gnomon = inditadori, juji, ki tenit connoscèntzia = gnome). Su
niomoni podit essi fatu cun d-una punça o cun d-unu fustixeddu de linna.
Incruaus sa meridiana de manera ki s'àngulu intr''e su niomoni e su pranu de sa terra siat
prus o mancu paris a s'àngulu de ladària L de su logu a ndi s'agataus. Po esempru, in
Casteddu d'incruaus de 39°, in Aristanis e in Nùgoro de 40°, in Tàtari de 41°. De-i custa
manera su niomoni at'essi parallelu a sa lìnia de arrodiamentu de sa terra. Po is atrus logus
castiai sa filera de logus ki du at in basçu.
Poneus sa meridiana cun su 12 (mesudi') concas a Nordu. De-i custa manera sa meridiana
at a sinnai s'ora de logu ki, comenti eus biu jai, in Sardinnya est agoa prus o mancu de 24
minutus (6° de àngulu de longària) in arrelata a s'ora ufitziali.
Labai ki agatendi is puntus càncarus cun d-una bùssula, o sinna-nordu mannyètigu, est
casi siguru ki sa meridiana no at a sinnai s'ora justa. Custu fatu sutzedit ca is polus
mannyètigus e is polus jogràfigus no funt in su pròpiu logu. In prus, a segunda de su logu, su
mannyetismu de sa terra est diferenti e duncas sa bùssula podit mesurai dereturas diferentis
de unu logu a s'atru o de una di' a s'atra in su pròpiu logu.
Duncas, po arregulai beni sa meridiana, tòcat a circai un'atra manera. Po esempru podeus
pigai unu GPS (global position system), ma podeus pigai puru un'aina prus simpli ki s'agàtat in
donnya domu: un'arrelloju.
Eus nau jai ki su mesudi' de logu in su meridianu 9°E est candu s'ora ufitziali de soli, sa de
su meridianu 15°E, est mesudi' e 24 minutus. Duncas, fendi calai s'umbra in su 12 candu s'ora
ufitziali de soli sìnnat mesudi' e 24 minutus (sa una e 24 minutus candu du at s'ora ufitziali de
lei), eus a tenni sa meridiana arregulada cun s'ora de logu.
De-i custa manera podeus sciri de pretzisu aundi s'agàtant is puntus càncarus ca su 12 de sa
meridiana s'at'agatai pretzisu concas a nordu sendi su soli, candu est mesudi' de logu, in su
suddu pretzisu. Innoi in basçu agatais una filera de logus cun is donaus ki sèrbinti po fabricai e
po arregulai sa meridiana. Ki boleis connosci is donaus de atrus logus, scrieisi'.
Logu
Tortolì
Lanusei
Terranoa
Nùgoro
Cuartu Sant'Aleni
Casteddu
Tèmpiu
Seddori
Biddexidru
Aristani
Tàtari
Igresias
Crabonia
S'Alighera
diferèntzia de diferèntzia
àngulu de àng. de longària intr''e s'ora
àngulu de
longària E
cun su
de logu e
ladària N *
*
meridianu 15°E
s'ora
*
ufitziali
39,93
9,66
5,34
21m22s
39,88
9,54
5,46
21m49s
40,92
9,50
5,50
21m59s
40,32
9,33
5,67
22m41s
39,24
9,19
5,81
23m14s
39,22
9,12
5,88
23m32s
40,90
9,11
5,89
23m35s
39,56
8,90
6,10
24m24s
39,46
8,74
6,26
25m03s
39,91
8,59
6,41
25m38s
40,73
8,55
6,45
25m47s
39,31
8,54
6,46
25m51s
39,16
8,52
6,48
25m55s
40,56
8,32
6,68
26m44s
* gradus inditaus in nodadura deximali (es: 39,50°=39°30')
Ki imbeças boleus ki sa meridiana siat arregulada cun s'ora ufitziali, bàstat
a da furriai de manera ki s'umbra a mesudi' de s'ora ufitziali de soli nci calit in
su 12.
Una borta ki d'eus arrègulada, eus a biri ki a segunda de su mesi e de sa
di' sa meridiana at a sinnai s'ora cun d-una faddina de 0 a 15 minutus. De su
po ita nd'eus a kistionai in d-un'atra letzioni, ma po su mentras si dongu unu
cunsillu: ki boleis fai una meridiana de lassai firma in d-unu logu, mancai de
muradura, e ki d'arregulais cun d-un'arrelloju, insandus est mellus a
d'arregulai candu cumèntzat s'ierru, est a nai a s'acabada de su mesi 'e Idas.
Si ringrazia Daniele Sanna per la gentile collaborazione.
http://www.sardu.net/dir/scèntzia/sa_meridiana.asp
Giacomo Agnelli Cartoons
Due proprietà geometriche delle linee orarie italiche
Alessandro Gunella - [email protected]
In questo notiziario le comunicazioni di carattere teorico trovano posto con difficoltà, perché
solitamente richiedono lunghe e poco praticabili dimostrazioni. L’unico modo ragionevole per
esporre la teoria è dunque quello di evitare di farle, queste dimostrazioni. Quindi il lettore mi
crederà, se si accontenta, oppure mi contatterà direttamente, di persona.
Quello che voglio esporre è un poco la scoperta dell’acqua calda.
Mettiamola in questi termini: è talmente comodo affidarsi a degli stereotipi, a metodi collaudati, che
chi li usa non ci pensa su due volte, e non va a cercare le origini teoriche del metodo che applica. Io
odio le routines, e sono andato a cercarmele, le origini; e mi è venuto fuori qualcosa di più di quello
che si usa di solito.
Aggiungo subito che l’utilità di questo qualcosa di più è molto marginale; può venir bene nei casi in
cui si debba restaurare un vecchio quadrante; chi si è assunto la grana del restauro, però, dovrebbe
essere preparato a farne un uso molto prudente, tenendo sempre conto che si tratta di proprietà di
carattere geometrico, la cui applicazione risente di eventuali errori nei precedenti tracciamenti.
Prima proprietà:
Uno dei metodi, forse il più noto ed il più utile, per tracciare le linee orarie italiche, è quello che
viene detto “delle mezze ore”: si traccia un orologio ad ore francesi, avendo cura di fare anche le
linee delle mezze ore nella parte sinistra (di chi guarda) del quadrante; è importante determinare i
punti in cui le linee orarie francesi attraversano la linea d’orizzonte, che notoriamente è anche la
linea delle ore 24 italiche.
La linea oraria 23 it. si ottiene congiungendo il punto delle 17 fr. sulla equinoziale con il punto delle
11e mezza fr. sull’orizzonte; quella delle 22it. congiungendo 16 fr. sulla equinoziale con 11fr.
sull’orizzonte, e così via.
In altri termini, la linea delle 24 italiche (e non la linea d’orizzonte, che però coincide…) è
attraversata da tutte le altre linee orarie italiche negli stessi punti in cui le linee delle “mezze ore”
francesi la attraversano.
E questa è la premessa nota a tutti.
Quello cui non si pensa è che questa proprietà, sfruttata per costruire l’orologio italico verticale, non
è caratteristica particolare della linea d’orizzonte, ma lo è della linea delle 24; non vi è ragione
perché essa non possa essere estesa anche alle altre linee orarie. Tutte le linee orarie italiche (e
quelle babilonesi) vengono attraversate dalle consorelle negli stessi punti da cui passano le “mezze
ore” francesi. Nel disegno si sono indicati a mo’ di esempio i punti A, B, C, D, in cui la linea
francese delle 8 è attraversata da coppie di linee orarie italiche (e viceversa).
Si ottiene quindi un intreccio “rigido”, che mette in evidenza gli errori di tracciamento, se ci sono, e
permette di verificare anche l’orologio francese che solitamente è stato usato come origine della
costruzione. Non mi dilungo oltre, ma ci sarebbe ancora parecchio da dire sulla conica, cui le linee
orarie italiche sono tangenti.
Seconda proprietà:
Questa riguarda i rapporti fra le linee orarie e le linee di declinazione, ed è comune con le linee
orarie francesi: supponiamo di unire il punto di Cancro delle 22 it. con il punto di equinozio delle
21 it. (punto A): se prolunghiamo il segmento, esso attraversa la linea oraria delle 20 nel punto di
Capricorno (punto A’). Ovviamente la proprietà è estensibile: se parto da 22 Cancro e attraverso 19
Ariete (punto C), trovo 16 Capricorno (punto C’), e così via. Posso anche trovare o congiungere
punti di declinazione intermedia, in quanto la proprietà va considerata valida non solo per gli
estremi , ma per coppie di punti con valori di declinazione uguale ed opposta. Purché la retta passi
per i punti orari sulla equinoziale
Può servire, questa caratteristica, anche per determinare i punti delle “mezze ore italiche” e
costruire così gli orologi “alla campana” (ma su questa ultima nota qualcuno potrebbe non essere
d’accordo. Solitamente si percorre un’altra strada…).
Una piccola osservazione, off topic: in molti quadranti antichi, se si controllano i punti orari di
Cancro, sovente si scopre che le linee orarie italiche tracciate dal primo costruttore, nostro
predecessore, vanno un poco al di là della curva di declinazione massima.
Probabilmente chi ha costruito l’orologio ha trovato che la parte centrale della figura, ottenuta dalla
teoria, era troppo “vuota”, non dava l’impressione di essere commisurata alle dimensioni del
quadrante, che pure era necessario per tracciare le linee estreme: e quindi ha allungato un poco le
linee centrali.
Quindici anni di Gnomonica della BSS nel convegno di Oxford
Reportage direttamente da Oxford di Riccardo Anselmi
La BSS, ossia The British Sundial Society, la più numerosa associazione di appassionati e studiosi
di meridiane del mondo, ha organizzato, dal 16 al 18 Aprile 2004, in occasione del 15° anniversario
della sua fondazione, una conferenza internazionale di gnomonica, alla quale sono stati invitati i più
noti e prestigiosi studiosi di gnomonica del mondo. Ben 18 paesi hanno partecipato a questo
straordinario evento che ha dato occasione di verificare nuove e vecchie teorie. La manifestazione si
è svolta nei locali del St Anne College di Oxford, perfettamente attrezzati per offrire ai partecipanti
ogni tipo di supporto tecnico e logistico.
In mattinata, dopo un breve benvenuto da parte del Chairmain della BSS Christofer St J H Daniel,
lo stesso ha presentato una rassegna retrospettiva delle meridiane in vetro e stagno di Nailsea Court.
E’ seguito un interessantissimo intervento di Fred Sawyer, il presidente della NASS, l’associazione
degli gnomonisti nord americana, dedicato a una meridiana polare elicoidale, che necessita tra
l’altro di un nuovo concetto dell’equazione del tempo. Dopo di lui Silas Higgon ha letto una
relazione sulla evoluzione della forma delle meridiane.
L’intervento successivo di André E. Bouchard, segretario generale della Commission des Cadrans
Solaires du Quèbec, ha trattato la diversa origine delle meridiane del Quèbec dei secoli scorsi
dovuta alle diverse radici dei suoi abitanti.
Chris Lusby-Taylor ha trattato alcune meridiane innovative tra cui una in cui l’ombra non si sposta
con il passare delle ore. In effetti questo tipo di orologio solare può ingannare perché ciò che
sembra il quadrante in effetti è lo gnomone e viceversa. L’orologio non può indicare l’ora ma
soltanto la data.
Il pomeriggio è stato dedicato ad una visita al Museo di Storia delle Scienze di Oxford. Questo
luogo, un vero santuario gnomonico, è dotato di una ricchissima raccolta di astrolabi e meridiane
portatili in avorio. Esse indicano le ore astronomiche, quelle temporarie e quelle italiche. Il Museo
ospita uno dei quattro esemplari esistenti conosciuti di Navicula Veneziana, alcuni esemplari di
Regiomontanus e orologi portatili di altre epoche.
Dopo cena sono seguiti altri due interventi. Il
primo da parte del prof. Akio Gotoh, presidente
dell’Associazione Giapponese di Gnomonica,
che ha mostrato un sito megalitico giapponese
risalente al periodo Edo, in cui si riconoscono
caratteristiche già notate ad Abu Simbel e
Stonehenge. Il professore aveva presentato una
memoria nel 2002 al seminario di gnomonica di
Verbania. Subito dopo il professore Ono Yukio
(foto) ha mostrato una serie di meridiane
moderne del Giappone. Ono Yukio, nel 2002,
dopo il seminario di gnomonica di Verbania
organizzato dalla UAI, ha effettuato una serie di
escursioni in Italia fotografando le meridiane del
nostro Paese.
Infine Peter Ransom (foto in costume nella foto di R. Anselmi), brillante matematico a cui è
congeniale anche una passione per il teatro, si è presentato al pubblico in abiti del ‘600, come una
reincarnazione di John Belgrave.
Questa performance ha divertito gli astanti perché ha saputo sapientemente coniugare l’austerità
degli argomenti con la simpatica rievocazione di un famoso gnomonista del passato.
Il giorno seguente ha iniziato i lavori John Davis che ha descritto un orologio solare del tardo ‘700
ideato dal rev. William Oughtred (1573 – 1660) e realizzato allora da Henry Winner. L’orologio,
che da solo meriterebbe una intera seduta, è capace di fornire innumerevoli dati. Oltre ad indicare le
ore astronomiche, funziona anche con la luce lunare e con l’azimut del sole. Con la collaborazione
di Michael Lowne questo straordinario orologio è stato riprodotto fedelmente in scala 9:10 su carta.
Il disegno verrà utilizzato al più presto per il rifacimento dell’orologio su lastra di ottone.
Johan A Wikander, un alto norvegese, ha presentato una documentazione fotografica di antichi
oggetti gnomonici, ormai quasi scomparsi, ritrovati in Norvegia tra i 60 e i 65 gradi di latitudine
nord.
Segue poi il Prof. Masato Oki, dal Giappone, che ha presentato un censimento degli orologi solari
del Sol Levante. L’ingegnere Paolo Albèri di Trieste ha fatto una lunga dissertazione su alcuni
orologi solari portatili di epoca romana grandi come una moneta tra cui uno che porta l’effigie di
Antonino Pio. È composto da 4 dischi intercambiali che consentono la lettura dell’ora nelle varie
stagioni a diverse latitudini. Si tratta di un orologio d’altezza ad ore temporarie di cui Albèri ha dato
un’interpretazione personale.
Infine, nella stessa mattinata, il Dr Ken MacKay, ha mostrato le immagini di alcuni obelischi
gnomonici della Scozia composti da molte meridiane ricavate sulle sfaccettature degli stessi. Uno di
questi è stato recentemente riprodotto fedelmente con la medesima tecnica usata in passato. Questi
obelischi gnomonici che risalgono ai secoli scorsi erano molto diffusi nei giardini.
Ci sono stati delegati da Cipro, Spagna e Irlanda che non hanno però presentato alcuna memoria. Il
Giappone, paese che non ha una tradizione gnomonica così antica come l’Italia, la Francia e il
Regno Unito, ma nel quale si è recentemente sviluppato un forte interesse per questa disciplina, ha
raggiunto straordinari traguardi in questo campo, con la costruzione di parchi gnomonici molto
belli, realizzati con straordinaria fantasia e perfezione tecnica.
Durante la Conferenza, Fred Sawyer, presidente della NASS, la prestigiosa associazione gnomonica
nord americana è stato nominato vice presidente della BSS per il largo contributo dato alla
gnomonica del Regno Unito.
Ci sono stati anche molti osservatori in rappresentanza di prestigiose testate giornalistiche
astronomiche.
Il terzo giorno inizia con un luminare della scienza, il prof. Gerard L’E Turner presidente della
associazione strumenti scientifici. Il professore espone una panoramica sui notturnali, con
particolare riferimento agli strumenti italiani. Segue, poi, una relazione di Tony Belk il quale
illustra un metodo grafico, basato sulla proiezione stereografica, per progettare una meridiana piana
comunque orientata, senza l’uso di calcoli.
Nel pomeriggio l’austriaco Mag. Walter
Hofmann, mostra una serie di meridiane realizzate
sulle chiese austriache tra il XIIImo ed il XVIImo
secolo.
Infine è la volta di Riccardo Anselmi, il secondo
italiano presente a questo convegno. Egli legge
una relazione sulla meridiana conica da lui
progettata e costruita recentemente a Tavagnasco,
piccolo comune in provincia di Torino, quasi ai
confini con la Valle d’Aosta. Questo orologio è
unico, nel suo genere, nel nostro Paese e forse
anche all’estero, mancando informazioni su un
eventuale orologio solare simile altrove.
Il tetto conico ha un raggio di circa 2.7 metri e una pendenza di 30°.
L’orologio, presentato con dovizia di fotografie al colto è competente pubblico presente alla
Conferenza Internazionale di Oxford, ha avuto un successo notevole per la sua originalità e per la
difficoltà della teoria.
Anselmi è entrato nei dettagli rispondendo alle innumerevoli domande rivoltegli sia alla fine della
presentazione della memoria, sia alla fine della seduta. Sir Mark Lennox-Boyd, patron della
manifestazione, ha definito delightful la meridiana conica.
I colori della meridiana sono stati scelti per generare un forte impatto visivo sull’osservatore. La
semplicità della decorazione ha, anche, lo scopo di facilitare i futuri ma indispensabili restauri che
dovranno essere eseguiti per rimediare ai danni provocati dalle intemperie.
Dopo di lui parla Douglas Bateman, il segretario della BSS che presenta un suo recente lavoro: una
lemniscata di alta precisione che può essere osservata dall’interno di un edificio essendo di vetro la
superficie del quadro.
Chiude la serie di presentazione delle memorie lo statunitense John Carmichael, che oltre a
proiettare una serie numerosa di quadranti solari del passato eseguiti su vetro, spiega la tecnica per
realizzarli da soli.
Era previsto un walking tour of Oxford sundials ma l’inclemenza del tempo non lo ha permesso.
Meridiana conica realizzata da R. Anselmi
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WG n° 6 - Gnomonica by Nicola Severino