STORIA CONTEMPORANEA Direttore Valentina S “Sapienza” Università di Roma Comitato scientifico Antonello Folco B “Sapienza” Università di Roma Giuliano C Università Telematica delle Scienze Umane “Niccolò Cusano” Andrea C “Sapienza” Università di Roma Giancarlo G “Sapienza” Università di Roma Giuseppe I Libera Università degli Studi “Maria SS. Assunta” di Roma (LUMSA) Matteo P Università degli Studi di Napoli “Federico II” STORIA CONTEMPORANEA La collana ospita monografie e raccolte di saggi critici riguardanti la storia contemporanea e le relazioni internazionali a partire dal fino ai nostri giorni, comprendendo sia lavori scientifici e accademici, sia opere dal taglio più giornalistico–divulgativo, in particolare per il periodo relativo all’attualità. L’obiettivo della collana è quello di inserirsi utilmente nel dibattito storiografico contemporaneo al fine di arricchire lo stato dell’arte con contributi nuovi e originali da parte di storici, di esperti della materia sia italiani che stranieri e di giovani studiosi che possano aprire nuove prospettive di ricerca. Roberto Sciarrone L’Italia nella Triplice Alleanza Politica e sistema militare Copyright © MMXIV ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: luglio A Stefania Risalire quel fiume era come compiere un viaggio indietro nel tempo, ai primordi del mondo, quando la vegetazione spadroneggiava sulla terra e i grandi alberi erano sovrani. Un corso d’acqua vuoto, un silenzio assoluto, una foresta impenetrabile; l’aria calda, spessa, greve, immota. Non c’era gioia nello splendere del sole. Deserte, le lunghe distese d’acqua si perdevano nell’oscurità di adombrate distanze. Joseph Conrad, Cuore di tenebra Indice 13 Prefazione di Antonello Folco Biagini 15 Introduzione 25 Capitolo I L’esercito italiano e il “modello prussiano”. Dalla presa di Roma alla Triplice Alleanza 1.1. Dalla presa di Roma alla Triplice Alleanza, 25 – 1.2. Verso la guerra franco-prussiana, 40 – 1.3. La presa di Roma, 65 87 Capitolo II Le relazioni tra Italia, Germania e Austria-Ungheria 2.1. I trattati diplomatici e le convenzioni militari, 87 – 2.2. La Conferenza di Berlino e la Convenzione militare del 1888, 104 – 2.3. Verso la guerra italo-turca, 131 153 Capitolo III Il periodo delle riforme 3.1. La riforma Ricotti e il riordino dell’Esercito italiano, 153 – 3.2. La guerra franco-prussiana e l’ordinamento militare italiano, 194 – 3.3. Lo sviluppo della rete ferroviaria e l’interesse militare, 212 – 3.4. La Regia Marina (1885-1887), 222 11 11 12 Indice 12 Indice 12 Indice 239 Capitolo IV Eserciti a confronto 4.1. La politica estera di fine secolo e gli apparati militari delle potenze europee, 239 – 4.2. Equipaggiamento e uniformi, 281 – 4.3. Nuovi armamenti, 314 – 4.4. Salmerie dei corpi di montagna e degli alpini, 1883-1895, 337 – 4.5. Ospedali e sanità, 390 421 Capitolo V L’inizio della guerra, la fine della Triplice 433 Appendici Appendice I, 435 – Appendice II, 437 – Appendice III, 439 – Appendice IV, 443 457 Fonti 463 Bibliografia 473 Indice dei nomi e dei luoghi Prefazione Roberto Sciarrone, giovane ricercatore, durante la frequentazione degli archivi dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito e del Centro Simulazione e Validazione dell’Esercito di Civitavecchia, per l’elaborazione della propria tesi di dottorato, ha rinvenuto materiale compatto riguardante gli aspetti militari dell’esercito italiano tra il 1870, anno “spartiacque” della storia europea, e la stipula della Triplice Alleanza (1882), sino al suo ultimo rinnovo del 1912. La documentazione, confrontata con quella dell’Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, precisa lo scenario internazionale entro cui operò l’Italia postunitaria. Il rinnovato interesse per le questioni militari, causato dall’esito della guerra franco-prussiana e dalla “presa di Roma”, scatenarono riflessioni, nei vertici militari italiani ed europei, e un copioso dibattito sulla stampa internazionale. Le carte degli archivi consentono di cogliere gli aspetti peculiari della prima fase di riordino delle forze armate italiane, ma anche quegli elementi di forte criticità derivanti da una situazione finanziaria difficile per i numerosi problemi di politica interna e di politica estera. L’A., anche attraverso la consultazione di una parte della notevole letteratura sull’argomento, ricostruisce la situazione dei rapporti internazionali che caratterizzarono il periodo compreso tra il 1870 e lo scoppio della Grande Guerra. Il Trattato, in buona sostanza, impone sostanziali trasformazioni dell’Esercito sulla base del così detto modello prussiano che tanto aveva dato buona prova di sé nelle guerre contro la Danimarca (1864), l’Austria (1866) e la Francia (1870-71). L’A., individua così le migliori strategie dell’epoca sulle modalità di organizzazione difensiva, sulle forme di reclutamento e organizzazione dei “servizi” interni dell’apparato militare italiano. Nel corso di quegli anni, infatti, si affrontarono i grandi temi di un’auspicabile mo13 13 14 Prefazione 14 14 Prefazione Presentazione dernizzazione, dell’assetto difensivo della nazione e numerose questioni tecniche. Il ventennio successivo al primo accordo della Triplice, fu caratterizzato da un intenso dibattito politico - militare che seguì l’incedere delle riforme rispetto ai temi delle fortificazioni, della strategia di mobilitazione e del riordino dell’esercito, dal miglioramento delle condizioni di vita delle truppe e degli ufficiali all’equipaggiamento, dall’evoluzione dei sistemi d’approvvigionamento in tempo di pace e durante le mobilitazioni al progresso e lo sviluppo dei sistemi di comunicazione tra i reparti, dall’incremento dell’industria bellica alle nuove armi in dotazione alle truppe, dalla questione alimentare alla sanità militare, dagli aspetti sociali all’alfabetizzazione dei soldati. Nel corso della ricerca, per ampliare il quadro interpretativo, sono stati comparati alcuni documenti dell’epoca redatti da ufficiali tedeschi e italiani relativi a studi sugli eserciti “nemici”. Queste testimonianze rappresentano delle guide essenziali per la comprensione del pensiero dominante del tempo, delle paure e disaccordi che dopo il lungo periodo di pace a cavallo fra i due secoli portò allo scoppio del primo conflitto mondiale. In conclusione, si tratta di un lavoro che mette in correlazione le scelte della politica estera italiana con una diversa organizzazione delle forze armate nel quadro più generale delle relazioni internazionali. Le alleanze militari, le relazioni diplomatiche, le convenzioni e i trattati s’inserirono pienamente nell’intricato dedalo di riforme e provvedimenti che lo Stato Maggiore italiano produsse dal 1871 al 1914. Le influenze, degli uni e degli altri, mutarono il volto dell’esercito italiano che da anello debole dell’alleanza con gli Imperi centrali divenne quanto mai l’ago della bilancia nello scontro che si andava a profilare tra i due blocchi di potenze contrapposti. Alla vigilia dello scoppio della Grande Guerra l’Italia aveva migliorato il proprio apparato militare e, come dimostrato dai numerosi documenti utilizzati dall’A., dato una fisionomia più dinamica e “vicina” agli eserciti delle maggiori potenze continentali dell’epoca. Antonello Folco Biagini Ordinario di Storia dell’Europa Orientale, Vice Rettore, Sapienza, Università di Roma Introduzione Il saggio studia gli aspetti politici e militari riguardanti l’Italia e le sue forze armate tra il 1870, anno contraddistinto dal conflitto francoprussiano e dalla “presa di Roma”, e la stesura del trattato della Triplice Alleanza (1882), sino al suo ultimo rinnovo del 1912. Lo studio interpreta diversi documenti dell’epoca, conservati presso l’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito (AUSSME) e il Centro Simulazione e Validazione dell’Esercito (CeSiVa) di Civitavecchia, oltre ai Documenti Diplomatici Italiani. La prima parte della ricerca precisa lo scenario internazionale entro cui si mosse il Regno d’Italia e il rinnovato interesse per le questioni militari che, in Italia come in Europa, suscitò Sedan nella stampa internazionale. L’esito della guerra franco-prussiana e la “presa di Roma” portarono a una seria riflessione i vertici militari italiani ed europei. L’esercito prussiano, königlich preußische armee, vincitore nel secolo XIX delle guerre contro Danimarca (1864), Austria (1866) e Francia (1870-71), contribuì all’unificazione della Germania e diede vita all’Impero tedesco nel 1871, divenendo un modello di organizzazione ed efficienza per tutte le potenze europee. Durante i dodici anni che separano la “presa di Roma” dalla stipulazione della Triplice Alleanza l’esercito italiano subì profonde trasformazioni nel quadro di una politica interna ricca di colpi di scena e prodiga nel catapultarsi sul palcoscenico internazionale. Il morale dei soldati italiani alla vigilia degli anni Settanta del XIX secolo era sfibrato, i fallimenti del 1866 mantennero vive le polemiche sugli insuccessi di Custoza e Lissa destinate a riemergere nei dibattiti in parlamento ogni qualvolta si discutesse dei progetti di riordino dell’esercito. La seconda parte della ricerca dedica ampio spazio agli accordi stipulati dalle potenze europee, in particolar modo alle relazioni diplo17 15 16 Introduzione 16 18 Introduzione Capitolo I matiche tra l’Impero austro-ungarico, l’Impero tedesco e il Regno d’Italia che portarono al patto difensivo della Triplice Alleanza e, contemporaneamente, al riordino dell’esercito italiano. Il problema da affrontare nello specifico ambito militare dopo Sedan era la necessità di trasformare l’esercito italiano secondo il “modello prussiano”. L’approccio alle questioni preminenti, da parte dell’establishment al potere, cambiò decisamente rispetto al passato, la stampa e la politica iniziarono a partecipare con più vigore ai dibattiti sulle strategie e sul ruolo dell’esercito. Vennero pubblicati numerosi opuscoli, saggi, articoli e pamphlet sulle modalità di organizzazione difensiva, sulle migliori forme di reclutamento, sulle strategie da attuare in relazione al quadro internazionale, senza dimenticare lo studio operativo dei confini Nord-Orientali e Occidentali. Si affrontarono i grandi temi di un’auspicabile modernizzazione, dall’assetto difensivo della nazione e le questioni tecniche. Il ventennio successivo fu caratterizzato da un dibattito politico-militare che seguì l’evoluzione delle riforme rispetto ai temi delle fortificazioni, della strategia di mobilitazione e dello spinoso argomento del riordino dell’esercito. Verranno quindi affrontate le complesse dinamiche politico-strategiche relative ai successivi rinnovi dell’alleanza con gli Imperi centrali. La terza parte dello studio affronta gli specifici aspetti della riorganizzazione dell’esercito italiano: dal miglioramento delle condizioni di vita delle truppe e degli ufficiali di più alto grado all’equipaggiamento a disposizione, l’evoluzione dei sistemi d’approvvigionamento in tempo di pace e durante le mobilitazioni, il progresso e lo sviluppo dei sistemi di comunicazione tra i reparti, il perfezionamento dell’industria bellica e le nuove armi in dotazione alle truppe, la questione alimentare e la sanità militare, gli aspetti sociali e l’introduzione di più severe norme riguardo l’istruzione dei soldati. Il riassetto delle istituzioni militari è stato analizzato sulla scorta dei documenti disponibili presso l’AUSSME e il CeSiVa. Quest’ultima parte è quindi interpretata nell’ambito di un’idea consolidata nella storiografia contemporanea che vede la Triplice Alleanza un patto difensivo voluto principalmente dall’Italia, ansiosa di rompere il proprio isolamento internazionale dopo la riformulazione dei confini europei successiva al Congresso di Berlino (1878) e l’occupazione francese della Tunisia (1881), alla quale Roma aspirava. In seguito, con il mutarsi dello scenario continentale, l’alleanza fu sostenuta soprattutto dall’Impero tedesco nel tentativo di bloccare le Introduzione 17 17 Titolo Introduzione del Capitolo I 19 iniziative francesi. Nel corso della ricerca per ampliare il quadro interpretativo sono stati comparati alcuni documenti dell’epoca redatti da ufficiali tedeschi e italiani relativi a studi sugli eserciti “nemici”. Queste testimonianze rappresentano delle guide essenziali per la comprensione del pensiero dominante del tempo, delle paure e disaccordi che dopo il lungo periodo di pace a cavallo fra i due secoli portò allo scoppio del primo conflitto mondiale. L’esercito italiano al momento della sua costituzione possedeva la struttura, le uniformi e i regolamenti dell’armata sarda. Nel corpo ufficiali però vi erano diverse correnti di pensiero circa le dinamiche del processo unitario. Era innegabile infatti che il solo aumento degli ufficiali da 3mila, quanti ne contava l’armata sarda nel 1859, a 16mila nel 1862, costituiva una trasformazione di grande portata, anche se il vertice della piramide militare continuò per lungo tempo a essere formato da ufficiali provenienti dall’esercito piemontese.1 La grande maggioranza dei subalterni proveniva dalle milizie subalpine, il “nuovo” esercito era perciò assai simile a quello sabaudo, del quale aveva assimilato le tradizioni e i regolamenti principali. Nel corso dei primi decenni post-unitari prevalse l’elemento piemontese, anche se agli ufficiali del vecchio esercito si andarono affiancando negli alti gradi un gruppo di ufficiali generali provenienti da tutte le forze armate che avevano contribuito a formare l’esercito italiano. È di primaria importanza quindi, per districarsi tra le opinioni di politica militare nei quadri dell’esercito italiano dopo l’unità, studiare in primis le convinzioni degli ufficiali che avevano fatto parte dell’esercito sardo. Affermava Emilio De Bono: I piemontesi erano soldati dai piedi alla punta dei capelli. Ricchi di buone tradizioni militari, fedeli alla monarchia, con alto sentimento del dovere e dell’onore. Molto ligi alla forma che, talvolta, sovrapponevano alla sostanza. La massa, se aveva una base di buon senso e di lunga pratica, non brillava né per ingegno, né per cultura. Marcata la differenza fra coloro che provenivano dall’Accademia e quelli provenienti dai sottufficiali.2 1 M. MAZZETTI, L’esercito italiano nella triplice alleanza, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1974, p. 7. 2 E. DE BONO, Nell’esercito nostro prima della guerra, Mondadori, Milano, 1931, p. 21. 18 Introduzione 18 20 Introduzione Capitolo I Il reale esercito sardo piemontese era stato riorganizzato dopo la restaurazione prendendo a riferimento il modello d’ordinamento dell’esercito francese. La struttura militare dell’ armeé imperial française fu “piemontesizzata”, conformata alle esigenze locali tenendo presenti le esperienze compiute in altri eserciti europei.3 Il modello di riferimento rimaneva quello dell’esercito transalpino. Nel 1861 l’apparato militare francese godeva di grande credito tra gli ufficiali piemontesi che nel corso del XIX secolo avevano combattuto due guerre assieme al II Impero francese (1855, 1859). Inoltre l’ufficialità sarda era persuasa che l’iniziativa politica, così come quella militare, spettasse al re e al governo e non era incline a simpatizzare per le iniziative garibaldine, a parte l’esiguo gruppo di savoiardi e nizzardi.4 Per ciò che concerneva l’Impero austriaco molti ufficiali del vecchio Piemonte avevano rispetto per le capacità militari della kaiserliche armee. La Prussia e l’esercito prussiano non godevano di altrettanta fama sia perché lontani, sia perché non si era potuto constatare per diretta esperienza l’efficienza della macchina militare di Berlino. Ben pochi ufficiali piemontesi avrebbero dubitato nel confermare, nel corso del 1864, quello che veniva illustrato nel Cours d’artillerie adoperato quell’anno dalla Scuola d’applicazione francese: L’esercito prussiano colle sue brevi ferme è una scuola di guardie nazionali. L’ordinamento dell’esercito prussiano, magnifico sulla carta, se è già di dubbio valore per la difesa, è più che mai imperfetto e inadatto ad una guerra offensiva sin dal primo periodo della guerra. L’Austria ha un gran bell’esercito che si lascia indietro di gran lunga quello prussiano. È l’Austria che, dopo la Francia, tiene il primato tra le potenze militari.5 Da queste parole si evince come all’epoca la fiducia riposta all’organizzazione militare prussiana fu ampiamente sottovalutata, da qui lo stupore successivo ai fatti che dimostreranno il contrario nel corso del conflitto franco-prussiano (1870-71).6 L’integrazione dei 3 Nel 1836, ad esempio, s’iniziò ad addestrare i pontieri piemontesi secondo i nuovi moduli tattici in uso presso l’esercito prussiano. E. DE BONO, op. cit., p. 22. 5 Ivi, p. 23. 6 Cfr. D.W. BROGAN, La nazione francese da Napoleone a Pétain, Il Saggiatore, Milano, 1963. 4 Introduzione 19 19 Titolo Introduzione del Capitolo I 21 soldati provenienti dal Granducato di Toscana incontrò ostacoli maggiori ma fu realizzata anch’essa, gli ufficiali tosco-emiliani finirono per adeguarsi al pensiero piemontese dominante in seno al nuovo organismo militare. Questione a parte costituiva il gruppo degli ex appartenenti all’esercito del Regno delle Due Sicilie, essi secondo De Bono si dividevano in due categorie: Una parte, sapienti, intelligentissimi, pieni di tatto, si seppero subito imporre e furono, poi, tra i migliori generali del nostro esercito, gli altri, i minori, avevano scarsa cultura, poco spirito militare e, soprattutto, nessuna volontà di fare; non animati neppure dalla fiamma del patriottismo, avevano subita la loro sorte. Non mancavano però di quella naturale intelligenza propria dei meridionali che, nel fondo, dava a loro un certo senso di superiorità nei riguardi dei piemontesi, che comunemente chiamavano «capa ’e legname».7 Le posizioni politico-militari degli ufficiali già appartenenti al reale esercito borbonico erano molto diverse da quelle dei loro parigrado provenienti dall’armata sarda, essi infatti non amavano particolarmente l’Austria e avevano diversi motivi per detestare i francesi che, nonostante le promesse fatte a Francesco II, avevano ritirato la propria flotta nel momento più critico della campagna 1860-61.8 Le valutazioni circa gli ex garibaldini, invece, concordavano tutte nell’affermarne l’entusiasmo e l’ingegno come loro caratteristiche peculiari, presentati quali più spregiudicati dei colleghi provenienti dall’esercito sabaudo. Furono infatti gli ex garibaldini assieme agli ufficiali del disciolto esercito reale delle Due Sicilie i più decisi sostenitori delle intese militari anti-francesi. Un’altra componente meno numerosa era composta da coloro che avevano militato presso le armate imperiali austriache che, assodata la forte professionalità, fornirono al nuovo esercito alcuni dei suoi capi più prestigiosi come Antonio Baldissera e Carlo Caneva, oltre a validi ufficiali favorevoli a possibili alleanze con l’Impero austriaco. Lo sguardo generale sugli orientamenti e sulle provenienze dei quadri del nuovo apparato militare italiano rappresenta la premessa allo studio degli avvenimenti successivi, i primi tre Capi di Stato Mag7 E. DE BONO, op. cit., p. 24. Cfr. P. JAEGER, Francesco II di Borbone: l’ultimo re di Napoli, Mondadori, Milano, 1982. 8 20 Introduzione 20 22 Introduzione Capitolo I giore, ad esempio, ritrassero le complesse realtà preunitarie. Enrico Cosenz e Domenico Primerano erano ex-garibaldini di provenienza borbonica e il terzo, Tancredi Saletta era piemontese. Lo stesso generale Luigi Cadorna aveva preso parte nel 1870, quale tenente d’artiglieria, alla campagna per la conquista di Roma. Si può quindi affermare che acclarata la prevalenza piemontese, negli anni successivi all’unità fu la Francia a godere le maggiori simpatie nell’ambito del nuovo esercito italiano, del resto lo stesso re Vittorio Emanuele II rappresentò bene questa tendenza allorché nel 1870 insistette per schierarsi con la potenza d’oltralpe contro la Prussia. Gli eventi del 187071 erano destinati a causare forti contraccolpi nella società europea di fine XIX secolo, i riflessi che ebbero sull’organizzazione del nuovo esercito italiano furono, del resto, altrettanto profondi e duraturi. Nel corso degli ultimi mesi del conflitto franco-prussiano la Rivista Militare pubblicò una serie di analisi approfondite sull’esercito tedesco: I meravigliosi successi ottenuti dall’esercito prussiano nella breve campagna del 1866; i trionfi inauditi che le armi tedesche, sotto la suprema direzione della Prussia riportarono nella lunga e ostinata guerra combattuta ora in Francia contro soldati avvezzi alla vittoria e finora reputati i primi soldati del mondo; la rapidità vertiginosa con cui l’edifizio militare francese, così splendido in apparenza, crollò come castello di carta all’irresistibile urto delle falangi tedesche; tutto questo ha seriamente richiamato l’attenzione generale quella degli uomini di guerra, sull’intima essenza di una organizzazione capace di produrre risultati di una grandiosità senza riscontro nella storia.9 La nuova realtà determinata dalla guerra franco-prussiana impose un processo di adeguamento che andava ben oltre i semplici studi, quindi tra il 1871 e il ’73 fu pensato un nuovo assetto per l’esercito italiano e l’ordinamento “modello” divenne quello dell’esercito prussiano. Anche se nel corso dei primi anni postunitari le maggiori simpatie erano rivolte alla Francia, non solo in conseguenza dei successi prussiani bensì a causa degli avvenimenti seguiti a Sedan e terminati con la proclamazione della Terza Repubblica. Le cronache riportavano numerose armate francesi che prendevano l’iniziativa e, dopo alcuni successi iniziali, venivano messe in fuga da truppe tedesche inferiori 9 F. MINNITI, Esercito e politica da Porta Pia alla Triplice Alleanza, in «Storia Contemporanea», anno IV, n.1, p. 55.