ò ϛ European Journalism Legitimation - membership in the GNS Press Association - The ECJ promotes publishing, publication and communication work of all types L’ADOLESCENTE E IL GRUPPO (Parte seconda) ANNO VI N.RO 01 del 01/01/2012 Pag. psicologica Donna nella storia Lo psicopompo La donna di Samo I grandi misteri Nicodemate Rascel Racconto del mese Stranezze Momento tenero Proverbi Pagina medica Rieducazione Giuseppe Verdi Concorso di poesia Donna nella letter. L’eros nei secoli In Questo Mese Macchina ladrona Critica letteraria Piatti tipici Dentro la storia Un altro tempo Aisopos favole De cognomine Dentro la città Leviora Nei comportamenti più evidenti, maschi e femmine sembrano vivere la stessa adolescenza: sono vestiti allo stesso modo, hanno gli stessi interessi, frequentano gli stessi luoghi di ritrovo e appaiono ugualmente liberi di vivere la propria sessualità e protési verso forme di affermazioni sociale molto simili. Pur tuttuttavia, il modo di vivere l’amicizia e la vita sentimentale è profondamente diverso. La differenza emerge a livello comportamentale, nel modo di vivere l’amicizia nei suoi aspetti sociali, a livello interiore, nell’affettiva e nella sessualità, che proietta gli adolescenti in una dimensione di vita adulta. Per i maschi, la protezione del gruppo li fa sentire più sicuri, nel mentre che vengono agevolati nella conoscenza delle ragazze e nella libertà di espressione. Nella preadolescenza, nel periodo quindi della scuola media, il vero sentimento di amicizia sostituisce l’importanza delle relazioni familiari. Il preadolescente avrà un patos più forte nei confronti dei compagni, l’investimento sulle amicizie diventa molto più alto e deve proprio servire, in termini evolutivi, a “distanziare” la presenza dei genitori. Non deve stupire, né spaventare che, dalla preadolescenza in poi, gli amici diventino più importanti della famiglia. Ciò non significa che il ragazzo non ama più papa e mamma, significa solo che papà e mamma gli hanno insegnato ad amare e rispettare i valori dell’amicizia, della solidarietà, della scoperta dell’altro, della condivisione di un progetto con l’altro. Ora è tempo di realizzare in proprio questo progetto, mettendosi alla prova con il gruppo di coetanei. 1 Per i motivi su detti, l’amicizia nella scuola media è uno degli indicatori fondamentali circa la crescita dei nostri figli, rivelandoci se stanno crescendo in maniera serena o se c’è qualche difficoltà nel loro processo evolutivo. Un adolescente che ha molti amici, che frequenta più gruppi amicali (la classe, la parrocchia, gli scout, la palestra...) e che, in ognuno, riesce a creare delle relazioni importanti, è dotato di molte risorse di crescita. Se invece non elegge gli amici come palestra relazionale, emotiva ed evolutiva, e rimane ancorato a mamma e papà (per esempio preferendo uscire con loro la domenica piuttosto che stare con gli amici), può anche significare la presenza di qualche problema2. I genitori devono preoccuparsi del figlio che vuole stare con loro, invece che uscire con gli amici della loro età, perché è una tappa evolutiva degli adolescenti preferire la compagnia degli amici. In questa fascia d’età, infatti, l’amicizia si sviluppa in una chiave monosessuale, monogenere. I maschi preferiscono stare con i maschi e viceversa: l’amicizia è verso lo stesso sesso. Nel gruppo, il preadolescente rispecchia delle parti di sé. In questa fase, l’amico del cuore serve ad avere un io supplementare, che aiuti a sviluppare l’identità: ” io che ho paura di diventare grande mi appoggio all’altro per trovare la forza di diventare me stesso”. Nelle femmine si sviluppa molto il cicaleccio e l’amicizia è fatta di segreti, di chiacchiere, di ammiccamenti verso il maschile, nel gioco dell’avvicinarsi e allontanarsi di continuo3. Il gioco degli ammiccamenti, nelle ragazzine, crea il coraggio di sentirsi donne, nel corpo e nella mente, donne che avvicineranno quel mondo maschile che per ora sta a distanza. (continua) Franco Pastore ____________________________________________________ 1. 2. 3. MARROCCO MUTTINI C.; “LA PREADOLESCENZA”; CENTRO SCIENTIFICO, 2007. PETTER, “PROBLEMI PSICOLOGICI DELLA PREADOLESCENZA”. ED. LA NUOVA ITALIA. PIETROPOLLI CHARMET GUSTAVO; “ I NUOVI ADOLESCENTI”; RAFFAELLO CORTINA EDITORE. -1- Andropos in the world LA DONNA NELLA STORIA LA REGINA TIYE Amenhotep III, data la giovane età che aveva al momento della salita al trono, dovette affidare la monarchia alla madre Mutemuya. La donna aveva dato alla luce l'erede al trono a Tebe, ma il giovane re visse a lungo, esattamente fino al ventinovesimo anno di regno, a Menfi, dove i giovani principi candidati al trono ricevevano l'educazione necessaria per guidare il Paese. Poi, forse per via dello scoppio di una pestilenza, il faraone decise di trasferirsi con la corte e i familiari nella capitale Tebe che, grazie alla presenza del sovrano, diventò una città di sogno, ricca di monumenti sontuosi, che con le loro dimensioni grandiose ne sottolinearono l'importanza e il prestigio, dentro e fuori l'impero.Le rovine odierne ci permettono di immaginare e ricostruire lo splendore di un tempo: tra il Nilo e i suoi palmeti, fra il verde dei campi e la sabbia del deserto, troneggiavano palazzi accuratamente arredati e immersi nel cuore di rigogliosi giardini, ricchi di vegetazione e impreziositi da piccoli laghi artificiali. In questo scenario il re trascorse momenti felici a fianco della sua amata compagna, la regina Tiye, che sposò nel secondo anno di regno quando era ancora un ragazzino. Questa donna, che ricevette il titolo di Grande Sposa Reale, esercitò una notevole influenza sull'impero e sopravvisse al marito continuando a seguire la sorte del popolo egizio anche quando salì al trono il figlio Akhenaton. I ritratti mostrano una donna dai tratti sensuali e piuttosto marcati (probabilmente per una possibile origine nubiana della regina), le labbra carnose nelle raffigurazioni giovanili e sottili in quelli senili, sottolineano una personalità forte e determinata, mentre i grandi occhi neri, sono vivaci e profondi. Tiye fu particolarmente venerata da Amenhotep III, il quale volle che la moglie venisse rappresentata al proprio fianco sui rilievi e sui monumenti e nelle statue in coppia, talvolta, alla sua stessa grandezza. Per sottolineare il ruolo regale e divino della coppia, il faraone fece costruire a Soleb, in Alta Nubia, un tempio dedicato al proprio culto personale e, nella vicina Seddenga, uno dedicato al culto della moglie, come personificazione della dea Hathor. Il primo è il più importante monumento egizio che si sia conservato in Alta Nubia e il secondo, purtroppo crollato e in attesa che gli splendidi blocchi decorati possano un giorno venire restaurati, aveva il nome di "Casa di Tiye". Di fronte a tanta dimostrazione di affetto, alcuni hanno voluto considerare il matrimonio reale come il risultato di una romantica storia d'amore fra il re e una modesta suddita. Tiye in effetti non aveva origini principesche ma non era neppure l'ultima delle fanciulle di Tebe. Era figlia di Yuya, un importante dignitario di Akhmin - la città del dio Min - che possedeva vaste proprietà ed era sovrain- -2- tendente degli armenti. Inoltre, aveva preso in moglie una donna di nome Thuya, sacerdotessa del tempio di Min, che aveva accesso alla corte del re, e uno dei suoi figli, Aanen, era sacerdote di Amon.Yuya era anche direttore delle scuderie reali, ufficiale del faraone e, nel corso degli anni, gli venne conferito il nome di Padre del Dio", titolo di difficile interpretazione attribuitogli probabilmente per il suo ruolo di suocero del re e forse anche per quello dì padre di Ay, il faraone che regnò sull'Egitto dopo il breve regno dì Tutankhamon. Le nozze di Amenhotep III, quindi, pur dettate da un sentimento di affetto sincero, erano destinate ad avere anche effetti positivi sulla stabilità della monarchia. A cura di Franco Pastore ___________________ (AGE) Un'equipe di archeologi della John Hopkins University ha ritrovato a Karnak una statua della regina Tiye, nonna di Tutankhamon, sposa di Amenofi III (circa 1408-1372 a.C.), un faraone della XIII dinastia, il cui regno conobbe uno straordinario fiorire delle arti. Il team di archeologi della John Hopkins University ha trovato la statua in granito nero, alta 160 centimetri, nel tempio di Mut, nel complesso di Karnak. Priva delle gambe, ma complessivamente ben conservata, la statua, che risale a circa 3.400 anni fa, era sepolta sotto circa mezzo metro di pietre e sabbia. VESUVIOWEB.COM 1 Di Aniello Langella Cultura, arte, ricerche di sapore antropologico, sulla vasta area tra il vulcano ed il mare: La porta di Capotorre – Villa Angelica – Le torri aragonesi – Vico Equense - Sorrento e Capri - I Funari – La villanella – Diz.rio torrese – Eros a Pompei – La lenga turrese - Santa Maria di Costantinopoli a Torre del Greco di A. Langella- L’incendio vesuviano del 26 aprile del 72 – Il monastero della SS.Trinità di Vico Equense – L’incendio vesuviano dell’aprile del 1872 – Soprannomi sarnesi di A. Mirabella – Il Vesuvio e la sirena – Storie di lazzari e briganti – il Vesuvio tra il 21 ed il 23 – Lettere di un fante dal fronte. Novità di Dicembre: Luciano Galassi - Le zandraglie, ’A prevasa - Aniello Langella - Polpo Vesuviano - Pompeii old map 1817 - Consiglia Licciardi interpreta la canzone dal titolo "Rusella ’e maggio" - Misteriosi oggetti luminosi a forma di sigaro ripresi sul Vesuvio - L’eruzione vesuviana del 1861 - Otto Storie Turrese . Ed ancora: Armando Polito - Nardò chiama, Napoli risponde - 29 - Pillole linguistiche napoletane - Mazza e ppivezo – La cantata dei pastori 1) A. Langella è nato a Torre del Greco. Nel 1978, si laurea in Medicina e Chirurgia alla Federico II di Napoli. In seguito, si specializza in Ortopedia e Traumatologia a Padova ed in Riabilitazione a Trieste Assunto in Ente Ospedaliero Monfalcone, nel 2000, fonda il Gruppo Archeologico del Mandamento Isontino. Ha scritto numerose pubblicazioni scientifiche e, da più di 30 anni, studia Torre e il Vesuvio con amore e dedizione. Andropos in the world MITOLOGIA GRECO-LATINA LO PSICOPOMPO Nella mitologia e in religione, lo psicopompo è una figura (in genere una divinità) che svolge la funzione di accompagnare le anime dei morti nell'oltretomba. La parola "psicopompo" deriva dal greco ψυχοπομπóς, da psyche (anima) e pompós (colui che manda). La figura dello psicopompo è una figura centrale di molte mitologie e religioni antiche, e trova anche corrispondenze nelle religioni monoteistiche (talvolta per integrazione di miti antecedenti; si pensi per esempio al Caronte dantesco). Sovente è in coppia con un'altra divinità maggiore creatrice del mondo nella misura in cui lo psicopompo è un'entità neutrale, un messaggero dell'aldilà, una sorta di demiurgo tra il mondo sensibile ed il mondo sovrasensibile. Lo psicopompo non è quindi una divinità in senso proprio, poiché non giudica gli uomini ma si limita a traghettarli nel mondo ultraterreno. Data l'importanza della riformulazione della morte come passaggio (trasformazione) nelle religioni e nelle mitologie, non stupisce che lo psicopompo sia in genere una figura di rilievo (nelle religioni politeistiche si tratta quasi sempre di una figura importante del relativo pantheon). Da non confondere con Thanatos, dal greco θάνατος, dio della mitologia greca, che personificava la morte ed era ritenuto figlio dell'Erebo e della Notte (o di Astrèa) nonché fratello gemello di Ipno. Era rappresentato come un uomo barbuto ed alato, insensibile alle preghiere perché dal cuore di ferro e dai visceri di bronzo. Tuttavia due strane leggende di origine popolare narrano di come il terribile Tànato fu costretto a far richiamare in vita Alcèsti dopo una lotta con Eracle e di come, in un'altra occasione, fu incatenato da Sisifo. Psicopompo era Caronte, in greco Χάρων, "ferocia illuminata", che nella religione greca e romana, traghettatore dell'Ade. Come psicopompo trasportava i nuovi morti da una riva all'altra del fiume Acheronte, ma solo se i loro cadaveri avevano ricevuto i rituali onori funebri (o, in un'altra versione, se disponevano di un obolo per pagare il viaggio); chi non li aveva ricevuti (o non aveva l'obolo) era costretto a errare in eterno, senza pace, tra le nebbie del fiume o, secondo alcuni autori, per cento anni. Nella Grecia antica vigeva la tradizione di mettere una moneta sotto la lingua del cadavere prima della sepoltura. La tradizione rimase viva in Grecia fino ad epoche abbastanza recenti ed è probabilmente di origine molto antica. Qualche autore sostiene che il prezzo era di due monete, sistemate sopra gli occhi del defunto o sotto la lingua. Nessuna anima viva è mai stata trasportata dall'altra parte, con le sole eccezioni della dea Persefone, degli eroi Enea, Teseo, Piritoo, Ercole, Odisseo, del vate Orfeo, della sibilla cumana Deifobe, di Psyche, di S. Paolo e di Dante. Approfondimenti: Le opere più significative in cui si incontra la figura di Caronte sono sicuramente l'Eneide di Virgilio e la Divina Commedia di Dante. Alla fine del V secolo a.C., compare nella commedia Le rane di Aristofane, in cui Caronte urla insulti nei riguardi della gente che lo attornia. Egli viene descritto con un barba rossa e capelli bianchi e la descrizione è conservata, nella Divina commedia. «…Portitor has horrendus aquas et flumina servat terribili squalore Charon, cui plurima mento canities inculta iacet, stant lumina flamma, sordidus ex umeris nodo dependet amictus… Ipse ratem conto subigit velisque ministrat et ferruginea subvectat corpora cumba, iam senior, sed cruda deo viridisque senectus…» 1 «…Ed ecco verso noi venir per nave un vecchio, bianco per antico pelo, gridando: "Guai a voi, anime prave! Non ispirate mai veder lo cielo Io vegno per menarvi all’altra riva Nelle tenebre eterne,in caldo ed in gelo … Quinci fuor queste le lanose gote al nocchier de la livida palude, che ’ntorno a li occhi avea di fiamme rote…»2 ________________________________________________________ 1) Virgilio - Eneide VI 209-304. 2) D.Alighieri - Inferno III 82-99 Accademia dei Lincei Villa Farnesina Via della Lungara, 10, 00165 Roma Accademia delle Scienze di Roma Via L. Spallanzani 5/a - 7 00161 ROMA Sagra dell’olivo e dell’olio LA PRO LOCO DI CANINO Presenta la Compagnia dell'Adramelek Theater in LA CELLA DI ALESSIO (La prigionia di Dostoevskij) Fëdor Dostoevskij, nella cella tetra, s'imbatte nel suo doppio, il principe Myskin che immortalerà nell'Idiota. Regia: Gennaro Francione SCUOLA DI PSICOTERAPIA PSICOANALITICA DELLA COPPIA E DELLA FAMIGLIA dott. G. D'Orazio dott.ssa E. Lelli Milano - Genova Provider Nazionale ECM Via Poggi 1 (MM2-Piola-Citta' Studi) – tel. 0236596378 [email protected] -3- Andropos in the world I COMMEDIOGRAFI GRECI La parola commedia è tutta greca: κωμῳδία, "comodìa", infatti, è composta da κῶμος, "Kòmos", corteo festivo e ᾠδή,"odè", canto. Di qui il suo intimo legame con indica le antiche feste propiziatorie in onore delle divinità elleniche, con probabile riferimento ai culti dionisiaci . Peraltro, anche i primi ludi scenici romani furono istituiti, secondo Tito Livio, per scongiurare una pestilenza invocando il favore degli dèi. I padri della lingua italiana, per commedia intesero un componimento poetico che comportasse un lieto fine, ed in uno stile che fosse a metà strada fra la tragedia e l'elegia. Dante, infatti, intitolò comedìa il suo poema e considerò tragedia l’Eneide di Virgilio. La commedia assunse una sua struttura ed una sua autonomia durante le fallofòrie dionisiache e la prima gara teatrale fra autori comici si svolse ad Atene nel 486 a.C. In altre città si erano sviluppate forme di spettacolo burlesche, come le farse di Megara, composte di danze e scherzi. Spettacoli simili si svolgevano alla corte del tiranno Gerone, in Sicilia, di cui purtroppo, non ci sono pervenuti i testi. I commentatori antichi distinsero tre fasi della commedia greca: quella arcaica, che va dalle origini, al IV secolo a.C.; la commedia di mezzo, che va dal 388 a.C., all'inizio dell'Ellenismo (323 a.C.); la commedia nuova, che coincide con l'età ellenistica. Dopo l'ultima fase, il genere comico continuò all'interno della cultura latina, con i commediografi latini, autori delle “palliate”. Il maggiore rappresentante della commedia attica è Aristofane l'unico commediografo di questo periodo, di cui ci siano pervenuti testi completi. Egli utilizzò elementi fantastici e introdusse la satira politica fino all'attacco personale,secondo il principio dell' ὀνομαζηὶ κωμῳδεῖν, cioè ironizzare su di una persona attraverso il suo nome. MENANDRO: Σαμία L'ultima fase della commedia attica coincide con l'età ellenistica. I temi della commedia si adattano alla nuova realtà, spostandosi dall'analisi dei problemi politici, all'universo dell'individuo. I personaggi rientrano tutti in uno schema, che diventerà tipico nella commedia romana e, più tardi, nella commedia dell'arte: i giovani innamorati, il vecchio scorbutico, lo schiavo astuto ed il crapulone. Il maggior esponente della commedia nuova è Menandro (IV-III secolo a.C.). Menandro scrisse ad Atene settant'anni dopo la morte di Aristofane: la società greca aveva subito enormi cambiamenti. Egli fu il massimo esponente della Commedia Nuova. L'Ellenismo era un periodo in cui il ruolo predominante dell'intellettuale non si concretizzava nella partecipazione attiva alla vita politica in senso stretto, bensì nell'intrattenimento di un pubblico elitario. La produzione menandrea mal si adatta all'interesse politico, egli intende attuare una indagine sull'uomo, attraverso uno squarcio nel quotidiano da cui possiamo tutti noi trarre i tratti più autentici dell'individuo comune. Le sue opere sono: Aspis ("Lo Scudo"; pervenuta per circa una metà) - Georgos ("L'Agricoltore") - Dis Exapaton ("Il Duplice Ingannatore") - Dyskolos (l'unica opera pervenuta nella sua interezza) - Encheiridion ("Il Manuale") Epitrepontes ("L'Arbitrato"; pervenuta in gran parte) - Heros ("L'Eroe") – Hypobolimaios - Karchedonios ("Il Cartaginese") -Kitharistes ("Il Citaredo") – Kolax Koneiazomenai - Leukadia – Methe – Misoumenos - Naukleros ("Il Capitano della Nave") – Orge - Perikeiromene ("La donna tosata") – Perinthia Plokion ("La Collana") - Pseudherakles ("Il falso Ercole") Samia (La donna di Samo) - Sentenze. Non una commedia ma una raccolta di aforismi di saggezza popolare, sulle donne, l'amicizia, l'educazione, la fortuna. - Sikyonioi o Sikyonios – Synaristosai - Phasma ("Il Fantasma") – Theophoroumene – Trophonios. La donna di Samo - Moschione, figlio adottivo di Demea, ama la figlia di Nicerato, la giovane Plangone, con la quale si è unito carnalmente durante una festa: la giovane è rimasta incinta e Moschione ha giurato di sposare la donna. Tuttavia, dal momento che Moschione non vuole per il momento rivelare la propria paternità, il figlio, ormai nato, viene fatto passare per quello della concubina di Demea, Criside (la donna di Samo), la quale aveva da poco dato alla luce un bimbo morto . Al suo ritorno, Demea cade -4- vittima di equivoci che lo portano a credere che il piccolo sia davvero nato dall'unione tra il figlio e Criside. L'uomo allora, cieco di gelosia, caccia di casa la concubina accusandola di tradimento, e la donna tace sulla verità per difendere l'onore di Plangone. Da qui nascono una serie di fraintendimenti, durante i quali Nicerato afferma addirittura di voler uccidere Criside, e Demea per placarlo gli racconta che la concubina non sarebbe incinta di Moschione ma nientemeno che di Zeus. Quando la tensione è al culmine, finalmente Moschione racconta al padre che il figlioletto non è nato da Criside ma da Plangone. Chiarito l’equivoco, Moschione fa l’offeso per i sospetti di cui è stato oggetto, ma alla fine tutto si aggiusta e si possono celebrare le nozze tra lui e Plangone. SINOSSI: Non si conosce la data di prima rappresentazione dell’operra, ma alcuni indizi nel testo inducono a collocarla tra le opere giovanili dell’autore. può essere definita una commedia degli equivoci, che sono peraltro tipici delle trame della Commedia Nuova. Nonostante tutti i personaggi della commedia si comportino in assoluta buona fede e manchi dunque la figura del malvagio, la situazione potrebbe precipitare. Causa degli equivoci è essenzialmente il silenzio, ovvero due tipi di silenzio: quello di Moschione e quello di Criside. Il primo esita a raccontare a Demea come stanno le cose, ingenerando quindi in lui la convinzione che il figlio non sia di Plangone. Il personaggio che nell’opera svetta su tutti gli altri per sensibilità è indubbiamente Criside, la donna di Samo, capace di subire offese ingiuste ed essere anche cacciata di casa, senza per questo venire meno al compito di solidarietà femminile cui si è votata. Pur di difendere l’onorabilità di Plangone, la donna subisce ingiurie e ritorsioni senza proferire parola, ma alla fine tutto sfocerà nella sua definitiva rivalutazione. Anche Demea ha una sua originalità, giacché si tratta di un personaggio comico tradizionale ma dotato di caratteristiche particolari: lungi dall’essere un vecchio sconcio e ridicolo, Demea si vergogna delle sue smanie senili, ma al tempo stesso non può impedirsi di essere geloso. (A cura di Andropos) Andropos in the world I GRANDI MISTERI Cosa c’è al centro della terra della Terra? La prestigiosa rivista scientifica New Scientist, di recente, ha selezionato i sette interrogativi a cui non siamo ancora stati capaci di dare una risposta: 1. Come mai sulla terra si sono create le condizioni migliori? Nonostante i pianeti siano nati dalla stessa nuvola di gas e polvere, sulla Terra si sono create le giuste condizioni di vita e la distanza dal Sole non basta a spiegare questo interrogativo. 2. Cosa è successo durante l’Età Oscura della Terra? I primi 500 milioni di anni, periodo in cui un grosso asteroide dell’ampiezza di Marte ha colpito il nostro pianeta generando la Luna, restano tutt’oggi senza spiegazione. 3. Da dove viene la vita sulla Terra? È sicuramente l’interrogativo più affascinante a cui non è ancora stata data una risposta scientifica. 4. Perché la Terra ha la tettonica a zolle? Il nostro pianeta è l’unico che presenta il fenomeno della divisione a placche. 5. Perché il clima della Terra è così stabile? Sul nostro pianeta, a differenza di tutti gli altri, il clima è rimasto stabile per almeno quattro miliardi di anni. Perché? 6. Possiamo prevenire i terremoti e l’eruzione dei vulcani? Possiamo prevenire i movimenti delle placche ma non il luogo esatto in cui si generano dei terremoti. Ad oggi, le previsioni si basano esclusivamente sul calcolo probabilistico dei terremoti registrati in anni precedenti. 7. Cosa c’è al centro della Terra? La risposta è ferro. Ma all’origine il nucleo del pianeta poteva avere una composizione diversa. Si cerca la risposta a questo interrogativo. ILLINOIS (Stati Uniti) – I geofisici iniziano a capire qualcosa di più: l'epicentro del nostro pianeta perde il suo aspetto mitologico e, molto gradatamente, inizia a essere più conosciuto agli esperti. Viktor Struzhkin, con altri esperti della Carnegie Institution di Washington, ha riprodotto in laboratorio un modello che ricalca le condizioni esistenti sotto la crosta terrestre e che in futuro potrebbe essere illuminante per capire esattamente cosa c'è al centro della terra. Come nel romanzo di Verne, il viaggio nelle cavità sotterranee potrebbe essere sorprendente e, com’è noto, l'interno della terra continua a essere avvolto dal mistero per l'impossibilità di essere studiato direttamente. I pozzi più profondi non superano infatti i 15 km e oltre questa distanza le temperature e la pressione sono troppo elevate. Ma le ricerche continuano e le più preziose sono eseguite in mare, proprio perché la crosta oceanica è molto meno spessa (8-10 km) di quella terrestre (35-40 km). Per il momento le perforazioni che presto saranno effettuate nelle acque marine tra Capoverde e i Caraibi sono state simulate nei laboratori di Argonne. I dati inducono gli scienziati a ipotizzare uno strato transizionale a un km di profondità, in cui temperatura ( 1.727 C) e pressione (100 mila volte quella sulla superficie) elevatissime fondono i materiali ferrosi. Inoltre Struzhkin spiega che i minerali compatti esistenti sviluppano una sorta di onde sismiche, che si muovono verso il centro della Terra. Questi sono i primissimi risultati delle rilevazioni artificiali effettuate dall'Argonne National Laboratory dell'Illinois. Molti scenari sono ancora aperti su quello che potrebbe esserci al centro della terra, giganti e mastodonti compresi. Per il momento Argonne rappresenta per le condizioni di temperatura e di pressione uno dei pochi siti idonei per approfondire le conoscenze in questo campo, in attesa di una rilevazione effettiva. Struzhkin rileva: «È solo la prima parte del puzzle. Riteniamo che possano ancora arrivare grandi sorprese». Il simbolismo esoterico del dollaro Avete mai riflettuto sull’insolito disegno che figura sul dorso dei biglietti americani da un dollaro? E’ chiamato "The Great Seals" e si compone da una Piramide tronca sul cui vertice figura un triangolo con dentro un occhio. Tutt’intorno è scritto "Annuit Coeptis" e "Novus Ordo Seclorum". 72 mattoni formano la Piramide, disposti su 13 livelli. E’ il simbolo degli Illuminati e fu "stampato sul dollaro per ordine del Presidente Roosevelt massone del 32esimo grado". Così scrive Barry R. Smith a pag. 83, nel suo libro Warning (Wright and Carman LTD, Nuova Zelanda). La scritta "The Great Seal" (Il Grande Suggello) non sta certo ad indicare che si tratti del simbolo dell’America che, come sappiamo, è rappresentato dall’aquila. Qual è allora il significato occulto di questo simbolo che è presente finanche nella Sala della Meditazione del Palazzo dell’O.N.U. a New York? La valenza di questo simbolo è satanica. Infatti, "il simbolismo dell’occhio è connesso al demonio attraverso la sua affinità con la lettera ebraica Ayin, il numero 70 che, come 7 x 0, rappresenta l’aspetto più materiale del numero sette (Sevekh, Venere)", spiega Kenneth Grant che di diavoli se ne intende. L' "Ordine degli Illuminati" (Illuminaten Orden) fu fondato dal principe Jean Adam Weishaupt (1748-1830) l'1 maggio del 1776 all'età di 28 anni. Il simbolo dell'Ordine fu costituito da un "punto tracciato in un Cerchio" (rappresentante il simbolo del Sole e del dio Horus). Weishaupt, incredibile a dirsi, fu educato dai Gesuiti e, all'età di 20 anni, fu nominato professore di Diritto Canonico a Ingolstadt, città in cui era nato. In quegli anni l'Ordine dei Gesuiti si trovava sotto l'effetto di una bolla papale di scioglimento che verrà revocata molto più tardi. Cadet-Gassicourt nel suo libro "Le Tombeau de Jacques de Molay" (1797) trascrive il terribile giuramento degli Illuminati che, tra l’altro, recitava l’impegno di: "... sterminare tutti i re e la razza dei Capeti; di distruggere la potenza del papa; di predicare la libertà dei popoli... di fondare una repubblica Universale...". Haugwitz e Wollerner denunceranno il "vasto complotto degli Illuminati contro le Monarchie e contro le Chiese". -5- Andropos in the world NICODEMATE La bruttezza “ Lasciamo le belle a chi non ha fantasia …” (Michelangelo) Un famoso detto afferma che “ Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace”; un altro ribadisce che “Ogni scarrafone è bello a’ mamma soja”, per cui la scimmia può dire “Mio figlio è il più bello del mondo”, anche perché, ad onor del vero, dopo millenni non si è ancora riusciti a definire la bellezza oggettiva (la Venere di Milo?). La bellezza, infatti, non è stata mai un valore assoluto e atemporale ma legata alla sensibilità delle varie epoche, per cui in ogni secolo filosofi e artisti hanno fornito diverse definizioni del bello1. Bisogna però ammettere che nemmeno esiste una bruttezza oggettiva, assoluta, sulla quale, però, non si è scritto e poetato molto 2. Un’insegnante di Perugia, Loredana Frescura, considerò la bruttezza più che altro uno stato d’animo presente nella fase adolescenziale, per cui le ragazze non sperano di avere il medesimo destino del brutto anatroccolo. Per il truccatore di dive, Nando Chiesa, le brutte addirittura non esistono; “Una donna che si piace – affermò è già pronta per piacere”3 ed aggiunse che qualche volta i difetti vanno messi in evidenza, oppure giocati con molta abilità, nel senso che se, ad esempio, l’occhio non è molto bello si mette in evidenza la bocca e viceversa. Dichiaro subito che non credo nei rapporti bruttezza/intelligenza e bellezza/stupidità , perché non esiste; è vero piuttosto, com’è stato dimostrato di recente da due studiosi spagnoli che le persone belle sono egoiste per natura, in quanto non sono spinte dall’istinto a cercare partner migliori di loro e sono darwinianamente autosufficienti e meno bisognosi dell’aiuto da parte di altri. Così come credo che il problema riguardi soprattutto le donne: il mostro di Notre Dame uno straccio di donna lo trova sempre, mentre per una donna brutta la situazione si fa difficile se non drammatica. Theophile Gautier affermò, ne “La signorina di Maupin”, che una donna non bella è più brutta di un uomo non bello. Ma, a parte i consigli del truccatore, si dice che un uomo è sintetico ( di lui si dice che è bello, brutto, simpatico, ecc) mentre la donna è analitica (di lei si notano le gambe, il viso, i capelli, il lato B, ecc), per cui uno dei tanti aspetti può essere passabile, ed in questo caso ecco cosa scrisse Michelangelo4 Se in donna alcuna parte è che sia bella, Quantunque altre sien brutte, Debb’io amarle tutte Nutrito dal piacer ch’io trovo in quella. La parte men gradita, che s’appella -6- Alla ragion, pur vuole, Mentre l’intera gioia per lei s’attrista, Che l’innocente error si scusi ed ami. Amor, che mi favella Della nojosa vista, Com’irato suole, Che nel suo regno non si vuol richiami. E ‘l ciel pur vuol ch’io brami Quel che non piace, perché in voglia umana L’uso, amandosi ‘l bello, il brutto sana. Infine, conducendo spesso la bruttezza sulla via della virtù (Heine) non può trascurasi il fatto che un uomo, con una donna brutta al fianco, oltre a dare sfogo alla fantasia, come ha fatto il principe Carlo d’Inghilterra con la sua Camilla, può camminar sicuro a testa alta. Renato Nicodemo _________________ 1) cf U. Eco, Storia della bellezza, 2004. 2) cf U. Eco, Storia della bruttezza, 2007. 3) Panorama 28.5.95. 4) Michelangelo, Madrigale XXIV. CONCERTI NEI PAESI DEL CRATERE Prima tappa al castello di Quaglietta E’ iniziato il tour che prevede sei appuntamenti con la storia di un vasto territorio campano, incontri che avranno termine il sei gennaio 2012. La prima tappa è stata al castello longobardo della nostra Quaglietta (Aqua-electa), con Teresa De Sio. Nella suggestiva frazione di Calabritto, le note folk della brava cantautrice. Successivamente, toccherà ad altri centri limitrofi, con le performances di Peppe Servillo, nel borgo di Senerchia, Francesco Baccini e Marco Masini nel castello Guerritore di Oliveto Citra. In serata, grande exploit di fronte alla chiesa di S. Maria della Misericordia. L’ORCHESTRA DEL VERDI AL SENATO Il tradizionale Concerto di Natale al Senato, questo anno, ha visto protagonista l’orchestra del teatro Verdi di Salerno, diretta, per l’occasione, da Daniel Oren. Nella scaletta: Un americano a Parigi di Gershwin, Bolero di Ravel, nonché brani celebri tratti dalla Norma del Bellini, e dalla Cavalleria Rusticana del Mascagni. E’ prestigioso un tale evento per la città della scuola medica che ha, già da tempo, investito nell’arte e nella musica. L’incasso dell’evento è stato devoluto in beneficenza. Presentatore dello spettacolo, il bravo Pippo Baudo. n.d.D. Andropos in the world OMAGGIO AD UN GRANDE ATTORE COMICO RENATO RASCEL (a cura di Andropos) Renato Rascel nasce "per caso" a Torino durante una tappa della tournée della compagnia d'arte in cui lavorano suo padre Cesare Ranucci, cantante di operetta, e sua madre Paola Massa, ballerina classica. Riceve il battesimo nella Basilica di San Pietro secondo il desiderio del padre, romano da sette generazioni, ed alla città eterna la sua vita resterà sempre legata. Affidato dai genitori ad una zia, a causa del loro lavoro che li costringeva a continui spostamenti, Renato cresce nell'antico rione di Borgo insieme alla sorella Giuseppina (scomparsa prematuramente a diciassette anni). Frequenta la Scuola Pontificia Pio IX, gestita dai Fratelli di Nostra Signora della Misericordia i quali, oltre ad impartire l'insegnamento scolastico, organizzavano corsi di canto, musica e recitazione. Già durante la partecipazione a queste attività Renato mostra i segni del suo precoce talento, al punto di essere ammesso a far parte, all'età di dieci anni, del Coro delle Voci Bianche della Cappella Sistina, allora diretto dal Maestro don Lorenzo Perosi. Sempre in questo periodo si esibisce per la prima volta in pubblico come batterista di un complesso jazz di dilettanti scritturato dal Circolo della Stampa. Poco tempo dopo debutta in teatro a fianco del padre, divenuto direttore della filodrammatica "Fortitudo", nel dramma popolare Più che monelli, dove interpreta la parte di un ragazzino che muore a causa di un sasso tiratogli da un compagno di giochi. Consapevole del fatto che la carriera artistica non è tra le più facili e remunerative, il padre cerca di avviare Renato a lavori più sicuri e redditizi. Per qualche tempo lavora come apprendista calderaio, muratore e garzone di barbiere, ma il richiamo dell'arte è troppo forte per lui. Renato ha solo tredici anni quando viene scritturato in pianta stabile come musicista dal proprietario del locale "La Bomboniera", ed in seguito suonerà alla "Sala Bruscolotti" noto ritrovo della Capitale. A quindici anni entra a far parte del complesso musicale "Arcobaleno". L'impresario teatrale napoletano Luigi Vitolo, notata la sua esuberanza, lo spinge ad improvvisare negli intervalli dell'orchestra numeri di danza e di arte varia che riscuotono ilarità e successo dal pubblico. All'inizio degli anni trenta, e dopo un lungo tirocinio in compagnie di avanspettacolo, Renato Ranucci decide di scegliersi un nome d'arte e sceglie casualmente quello di "Rachel" (dal nome di una cipria francese molto famosa in quel tempo); tuttavia, poiché, come ammetterà più tardi in alcune interviste, sono in molti a sbagliarne la pronuncia, decide di sostituire la "ch" con "sc", onde evitare errori. Successivamente gli viene addirittura imposto il nome italianizzato di "Rascele" in ottemperanza alle direttive emanate da Achille Starace per conto del governo fascista, malgrado le resistenze del giovane ma arguto Renato che pare abbia risposto: «Cambiate prima Manin in "Manino", e poi ne riparliamo». Nel 1932 Rascel viene scritturato dalla compagnia teatrale dei fratelli Schwartz per recitare la parte di Sigismondo nell'operetta Al Cavallino Bianco, con la quale debutta al Teatro Lirico di Milano il 24 febbraio del 1933, venendo notato dal critico teatrale Renato Simoni, che in un suo articolo loda le sue qualità acrobatiche. È in questo periodo che matura la decisione di creare un suo personaggio originale e libero dai manierismi recitativi dell'epoca, un omino dall'aria candida che declama monologhi assurdi, ricchi di spericolate invenzioni linguistiche (talvolta a doppio senso). L'aspetto fisico gracile e minuto, accentuato da una palandrana troppo grande con un taschino sulla schiena, insieme alle sgangherate battute comiche talvolta inventate sul momento dalla sua fervida fantasia, ne fanno un personaggio decisamente anticonformista. Gli esordi non sono incoraggianti, ma durante una fatidica serata al cinemateatro Medica di Bologna il pubblico, composto in grande maggioranza da studenti, dopo attimi di muto sbalordimento esplode in applausi e addirittura lo porta in trionfo. Rascel capisce allora che saranno le generazioni più giovani ad apprezzare la sua "nuova" comicità, ed a trovare nelle sue battute senza senso l'antidoto al clima oppressivo dell'epoca. Nel 1939, durante una pausa in camerino, scrive di getto le prime strofe di quella che suona come un'altra delle sue surreali filastrocche: "È arrivata la bufera / è arrivato il temporale / chi sta bene e chi sta male / e chi sta come gli par", che il pubblico accoglie con una risata generale e liberatoria, quasi a voler sdrammatizzare l'addensarsi sull'Europa di un nuovo conflitto bellico a cui le parole della canzone sembrano fare riferimento neanche troppo velatamente. Il personaggio di Renato Rascel, oltre al successo nel teatro di rivista, aveva attirato l'attenzione di scrittori del calibro di Cesare Zavattini e Vittorio Metz, che scrive per lui il soggetto e la sceneggiatura del suo primo film. Nel 1942 hanno quindi inizio le riprese del film che doveva intitolarsi Un manoscritto in bottiglia, ma durante la lavorazione Rascel conosce l'attrice Tina De Mola, della quale si innamora e scrive per lei la canzone Pazzo d'Amore, che diventerà la colonna sonora ed il titolo del film, diretto da Giacomo Gentilomo. Il 19 luglio del 1943 Rascel e Tina De Mola si sposano, ma pochi mesi dopo in seguito alla caduta del fascismo ed all'occupazione di Roma da parte dei nazisti Rascel e la moglie, invisi alle autorità occupanti, furono costretti a nascondersi trovando rifugio in Vaticano. In seguito Rascel manifesterà la propria gratitudine per il suo salvataggio collaborando con la sezione propaganda e stampa della DC e partecipando al film di propaganda Ho scelto l'amore. Dopo la fine della guerra, Rascel torna al teatro di rivista con la nuova macchietta del "Piccolo Corazziere", altro personaggio incentrato sul contrasto tra la sua bassa statura e l'elmo e lo sciabolone d'ordinanza. Il 1952 è per lui l'anno della svolta, poiché interpreta per la regia di Alberto Lattuada il film Il cappotto, tratto dal racconto di Nikolai Gogol. Nel 1957, Rascel acquisisce notorietà internazionale con la sua canzone Arrivederci Roma che spinge un produttore cinematografico di Hollywood a proporgli di girare un film al fianco del tenore Mario Lanza. Nasce così The Seven Hills of Rome, girato in esterni a Roma ed in interni negli stabilimenti della Titanus, dove Rascel non sfigura al fianco del grande tenore americano e di Marisa Allasio. Il film verrà distribuito in Italia con il titolo Arrivederci Roma. Nel 1960 Renato Rascel, in coppia con Tony Dallara partecipa al Festival di Sanremo con la canzone Romantica, da lui composta e con il testo firmato da Dino Verde. La sua interpretazione, melodica e molto "sussurrata" è in aperto contrasto con la versione di Dallara, che è uno dei cosiddetti "cantanti urlatori". Ma sarà proprio Dallara a portare alla vittoria Rascel e la sua canzone. La vittoria tuttavia non sarà senza polemiche in quanto Rascel verrà accusato di aver copiato la musica, dando adito ad una causa in tribunale che vedrà Rascel vincitore grazie ad una perizia di parte firmata nientepopodimeno che da Igor Stravinski. Negli anni ottanta, complice l'avanzare dell'età, Renato Rascel comincia a diradare i suoi impegni. Muore a Roma il2 gennaio del 91. Se fosse ancora vivo, sicura- mente ne scriverebbe di cose, nell’attuale clima politico e certamente direbbe ai microfoni della Rai: È arrivata la bufera /È arrivato il temporale Chi sta bene e chi sta male,/e chi sta come gli par.... ___________ Al link Rascel e Claudio Villa http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=mJ5ekL4yHyY#t=10s -7- Andropos in the world IL RACCONTO DEL MESE L’ELEZIONE DEL PARROCO di Umberto Vitiello - I preti ne sanno sempre una più del diavolo. E a questo proposito - disse il ciabattino Giacinto Jannelli, detto ‘o professore, - mi viene in mente un altro aneddoto. Avete tempo e voglia di ascoltarlo? Sì? Allora. statemi a sentire. Da tempi immemorabili in alcuni paesi della Campania, quasi tutti nella penisola sorrentina, il parroco viene eletto dai fedeli tra una rosa di tre nomi proposti dal vescovo. Pensate che questa tradizione è stata rispettata perfino durante la dittatura fascista, quando in Italia di elezioni era proibito perfino parlare. Ebbene, vari anni fa in uno di questi paesi il parroco morì e il vescovo di Sorrento, passato il periodo di lutto, scelse come candidati alla successione tre preti della diocesi: il cinquantenne viceparroco don Anselmo, dello stesso paese; don Paolino, un anziano e santo sacerdote di Vico Equense, e l’intraprendente don Aniello, di appena trent’anni, di MassaLubrense. Quest’ultimo, pur sapendo di essere stato incluso nella rosa dei candidati solo per fare numero, ci teneva a diventare parroco come e più degli altri. Certo, di carte da giocare ne aveva poche. E per farsi un’idea di come agire in circostanze così difficili ed avere qualche probabilità di successo, si recò un giorno da un ragioniere di Meta di Sorrento, un vecchio marpione che in passato aveva saputo fare con le sue astuzie la fortuna di non pochi politici. - Se volete vincere le elezioni, dovete spararle grosse - gli consigliò il ragioniere. - Spiegatevi meglio - gli chiese stupefatto don Aniello. - Al popolino piacciono le promesse sostanziose. Perciò, andate in giro, informatevi quali sono i desideri più diffusi e dichiarate poi pubblicamente e senza esitazione che vi ripromettete di soddisfarli tutti.” - E se una volta eletto non mi sarà possibile? - L’elezione del parroco non è forse a vita? - Certo che è a vita. Ma, se gli faccio delle promesse e poi non le mantengo, dovrò pure giustificarmi. - E qui sta l’abilità del vero politico, caro don Aniello. Voi dovete spararle grosse, le vostre promesse; ma dovete anche studiarvi il modo di venirne fuori senza perdere la faccia, una volta eletto. - E come? - chiese il giovane prete. - Al momento opportuno potete dichiarare, che so?, che non è colpa vostra se non potete mantenerle, ma degli eventi avversi. Anzi, meglio ancora se riuscirete a dimostrare che la colpa è proprio dei vostri stessi elettori. Avete capito? - Sì, ho capito. Ma sarebbe meglio se mi faceste un esempio. - Non sia mai! Vi toglierei ogni merito. E questo, da parte mia, sarebbe imperdonabile - concluse il ragioniere. Don Aniello apprezzò la risposta, ringraziò e se ne andò. E, trascorsi alcuni giorni a riflettere su quello che aveva appreso, si mise in giro per informarsi di cosa si lamentassero gli abitanti del paese e quali fossero i loro veri desideri. Poi, tornato a casa, si studiò due o tre promesse di grande effetto, che espose alla presentazione dei candidati, quando, per la sua più giovane età, fu invitato a parlare per ultimo. - Cari fratelli, - esordì con voce sicura e suadente - hoascoltato con la vostra stessa attenzione le sante parole di don Paolino e le interessanti argomentazioni di don Anselmo e vi -8- confesso che non esito un solo istante a sottoscrivere e fare mie sia le une che le altre. Sono le stesse che avevo in animo di pronunciare io. Anche se ... - e qui fece una breve pausa. Anche se le ritengo manchevoli di qualcosa che io non esito a definire indispensabile. Ebbene, ai piedi di questo sacro altare vi dichiaro in tutta sincerità e convinzione che, se mi riterrete degno di essere il vostro parroco, non solo m’impegno a rispettare e realizzare ciò che vi hanno detto don Paolino e don Anselmo, ma vi faccio anche tre promesse solenni. Primum et in tempore opportuno, non appena vi sarete messi d’accordo farò liberare la piazza dalla montagnola di terriccio, detriti e rifiuti che, accumulatasi indecentemente da non so quanti anni, è la vergogna della nostra parrocchia e dell’intero paese. Deinde et toto pectore, prometto che per venirvi incontro nelle vostre attività di lavoro, pregherò e farò in modo che piova solo quando vorrete voi. Postremo - et sine ulla haesitatione, con la speranza di non scandalizzare nessuno dei presenti, vi assicuro che impedirò con ogni mezzo che la morte vi porti via senza il vostro consenso Don Anselmo e don Paolino si guardarono intorno esterrefatti, si levarono poi in piedi e protestarono ad alta voce. - Cose dell’altro mondo! - Questa è pura demagogia! Don Aniello li invitò alla calma e riprese la parola. - Io vi ho ascoltati senza fiatare e ho perfino dichiarato di condividere i vostri discorsi - disse loro e, rivolgendosi poi all’assemblea dei fedeli, soggiunse: - Se saprete mettervi d’accordo, vi assicuro che io le mie promesse le manterrò. Tutt’e tre! Il rappresentante del vescovo, per evitare altre discussioni, si avvicinò all’altare, fece cenno ai fedeli di inginocchiarsi, impartì loro la santa benedizione e li invitò a tornarsene a casa. La domenica seguente si votò, don Aniello vinse le elezioni e da quel giorno ebbe inizio la sua vita di parroco. Non passò però molto tempo che alcuni fedeli, passando per la piazza e notando la montagnola di terriccio, detriti e rifiuti, andarono da don Aniello per ricordargli la prima delle sue tre promesse. Il giovane parroco li accolse con cordialità e li informò di avere già approntato un piano di risanamento della piazza che avrebbe illustrato dal pulpito a tutti i fedeli. E la domenica seguente, alla fine della messa annunciò che per la pulizia definitiva della piazza aveva predisposto una corvée generale alla quale dovevano partecipare tutti i maggiorenni della parrocchia. - Dopo il lavoro quotidiano – disse. - muniti di picconi, vanghe e pale, sbancheremo l’enorme cumulo che negli anni si è ammassato davanti alla chiesa, caricando e trasportando terriccio, detriti e rifiuti nei luoghi che adesso vi comunico -. A questo punto estrasse dal libro che aveva sul leggio un foglio di carta e si mise a leggere. - Cinque carri saranno scaricati nell’orto di Menico ‘o Curto1, cinque carri nei campi di Raffaele ‘a Patana1, cinque carri nella vigna di Zi Pasquale, cinque carri in quella di Tore ‘o Andropos in the world Zelluso1, cinque carri nell’oliveto dei fratelli Sciarrillo, cinque carri nell’agrumeto dei coniugi Scamuso, cinque carri nel giardino di don Liborio...” - e continuò lentamente per un pezzo, facendo finta di non accorgersi del mormorio dei fedeli da lui citati, gli stessi che andarono poi a protestare in sagrestia. - Fratelli carissimi, io non so cosa farci. In qualche luogo bisognerà pure buttare tutta quella terra e quei rifiuti! Perciò, cercate di mettervi d’accordo tra di voi - disse don Aniello senza scomporsi. - La promessa era che ci avreste pensato voi! - osò intervenire Zi Pasquale, il più anziano di loro. - Sì, è vero. Ma vi avevo pure precisato che le promesse io l’avrei mantenute solo in pieno accordo di tutti - rispose il giovane parroco e nessuno fiatò. Qualche giorno dopo, accompagnato da alcuni compaesani, Zi Pasquale si presentò di nuovo in sagrestia. - Don Aniello carissimo – disse, - un accordo tra di noi per lo sterramento dell’enorme cumulo della piazza è difficile, se non addirittura impossibile. Perciò abbiamo deciso che, visto ormai che da anni quella maledetta montagnola di fetenzie nessuno è riuscito a spostarla di là, per la buona pace di tutti è meglio che ci resti ancora. Il giovane parroco annuì e tutti se ne andarono felici e contenti. Non molto tempo dopo si scatenò una tempesta e piovve. Guglielmo il vasaio si ricordò della seconda promessa di don Aniello e andò a lamentarsi in sagrestia per i danni subiti. - Tu quando vuoi che venga a piovere? - gli chiese senza scomporsi il giovane parroco. - Per potermi rifare, non prima di giovedì della prossima settimana - gli rispose Guglielmo il vasaio. Don Aniello fece subito suonare le campane a raccolta, salì sul pulpito non appena la chiesa si riempì di fedeli e disse loro che se tutti si dichiaravano d’accordo avrebbe pregato il Signore di non far piovere per più di una settimana. Si levò allora il solito mormorio e Menico ‘o Curto prese la parola. - Da mesi il mio orto era secco e asciutto. Finalmente il Padreterno mi manda un po’ d’acqua e voi volete far subito smettere di piovere? Altri si unirono alla sua protesta e il giovane parroco chiese come si doveva comportare. - Don Aniello carissimo, - intervenne l’anziano Zi Pasquale un accordo per i giorni di pioggia e quelli di sole è impossibile da raggiungere. Perciò io penso che sia meglio rimetterci alla volontà di Dio.” - E così sia! - esclamò don Aniello e si ritirò. Un paio di mesi dopo si diffuse la voce che il vecchio Catiello stava morendo. Qualcuno si ricordò della terza promessa di don Aniello e si recò da lui in compagnia dei più vecchi e interessati del paese. - Alla vostra elezione ci avete assicurato che avreste impedito con ogni mezzo di farci portare via dalla morte contro il nostro volere. - E allora? - chiese serafico il giovane parroco. - Il vecchio Catiello, che come tutti sanno è attaccato alla vita più di tutti noi, sta morendo. Perciò non c’è tempo da perdere se volete dimostrare che siete in grado di mantenere la vostra promessa. Il giovane parroco non si lasciò pregare due volte, prese cappotto e cappello e si fece accompagnare da Catiello, in fondo al paese. Il vecchio rantolava e i suoi parenti tutt’intorno già recitavano le preghiere dei morti. Don Aniello impartì a tutti la santa benedizione, chiamò la moglie di Catiello e le ordinò di preparare una grossa bistecca di maiale. La vecchia andò a comprare la carne, la cucinò con le sue stesse mani e la portò al parroco. - No, non a me, - le disse don Aniello - ma a vostro marito. Se riuscite a fargliela mangiare tutta, vedrete che si rimetterà in forza come e meglio di prima.” La vecchia si diede subito da fare. Ma, per quanti sforzi facesse, non riuscì a fargliene mangiare neppure un pezzetto. Poco dopo Catiello spirò e la vecchia si mise a piangere come una disperata. - Se vostro marito si è rifiutato di mangiare quella bella bistecca di maiale è segno che voleva morire - le disse don Aniello. - No, Catiello non voleva morire. Siete voi che l’avete ammazzato! - protestò la vecchia - E l’avete mandato pure all’inferno. Invece di dargli l’estrema unzione vi siete accanito a ripetermi di ficcargli in gola questa maledetta bistecca. Don Aniello non si scompose e attese che si calmasse. - Se vostro marito s’è ostinato a voler morire - le disse - è segno che aveva la coscienza a posto. Perciò sono certo che non è andato all’inferno, ma in paradiso -. Per consolare la vedova tutti diedero ragione a don Aniello, ma da quel giorno, ogni volta che qualcuno del paese era in fin di vita, per non rischiare di mandarlo all’inferno, pensarono bene di rivolgersi al parroco solo a morte avvenuta. (da “Napoli, racconti filosofici di ieri e di oggi”) ET C’EST LE SOIR De rares nuages dessinent l'azur du ciel, pas de discours dans le jour qui meurt en silence. Le vert cache plus vert les rayons du soleil, un écho lointain apporte la voix de la mer. Et c'est le soir ____________________ 1 Corto; basso di statura. La Patata. 1 Il Tignoso. Franco Pastore 1 IL BASILISCO PERIODICO DI CULTURA PRESID. ROCCO RISOLIA E-mail:[email protected] Tel./fax 089.750196-089.7014561 PARTECIPIAMO.IT portale d’arte e letteratura www.partecipiamo.it http://www.dentroroma.it/ [email protected] ATENEUM UN OSSERVATORIO SUL MONDO DELL’UNIVERSITA’ --------- http://www.andropos.eu/PAGINA UNISA.html FAEDRUS –AISOPOS Le favole di Esopo e Fedro in napoletano di Franco Pastore -9- Andropos in the world STRANEZZE E PINZILLACCHERE Questo non basta, avverte Bersani: « Chi ha di più deve dare di più». Ed ancora: « E’ il momento di uno sforzo collettivo ma noi chiediamo equità: il governo non resti sordo e disattento alle nostre idee…». E ancora: « Bisogna fare in modo che le misure siano il meno possibile recessive e abbiano occhio alle esigenze di consumi, redditi, situazioni più difficili dei ceti popolari». Andropos risponde: « Parole sante, se si iniziasse proprio da loro, i politici! Come? E’ semplice, abolendo i loro privilegi: le auto blu, i pranzi a spese del popolo italiano, la gratuità delle cure mediche (visto che anche i più poveri pagano il ticket), la gratuità delle visite specialistiche, dei ricoveri nelle cliniche di lusso, la notevole pensione dopo appena una legislatura, altrimenti è un paradosso quando al popolo si vuol far credere che siamo tutti uguali. Poi, quanti ce ne sono, per una nazione così piccola! Per non parlare dell’età pensionabile… ma riflettiamo: i nostri figli, con questa difficoltà nel trovar lavoro, a quarant’anni sono ancora in famiglia, con i loro genitori, iniziando a lavorare a quella età, quando dovrebbero andare in pensione, a novant’anni? Allora, si insiste fortemente sulla esigenza di riversare sul popolo il “sacrificio” del debito pubblico, ma forse che non è stata l’incoscienza e la superficialità dei politici a creare negli anni questa situazione? Oggi, c’è gente che ha difficoltà a rimediare il pasto del mezzodì e si sfama alla mensa dei poveri, mentre la maggior parte degli italiani si veste comprando “i capi” ai mercatini rionali, o degli anziani che vanno a pescare tra i rifiuti dei mercati. L’Agenzia delle entrate grava pesantemente su pensionati e redditi mediobassi; tasse eccessive anche sull’aria che respiri, oltre alle difficoltà del vivere quotidiano. Attenti, signori miei! I giovani non sono armati, come i loro vecchi, di pecorile pazienza! Non so perché, ma mi sovviene, in questo momento, l’episodio dei vari “Masanielli” del Sud, al tempo dei Borboni…, che cito per la memoria di tutti: Cristiano in Basilicata, Domenico Colessa (detto Pappone) in Terradilavoro, Giuseppe Gervasi a Cosenza, il carrettiere Onofrio della Gatta a Capitanata, Paolo Rebecca a Bari, Sabato Pastore a Foggia, Paolo di Napoli a Sanseverino, Giovanni Guarnieri a Campagna ed Eboli, il settantenne Scarano a Nocera, Pietro di Blasio a Montoro, il Gargano nel Cilento e Ippolito Pàstina a Salerno, Masaniello a Napoli». Allora, ricordiamoci di Aristotele, nell’Etica Nimomachea: In medio stat Virtus!- Meglio ancora le sagge parole di Cicerone:« Cum sint in nobis concilium ratio prudentia, necesse est patres conscriptos haec ipsa habere maiora, tradotto: Dal momento che noi possediamo l’intelligenza, la ragione, la saggezza, “i politici” devono necessariamente possedere queste facoltà in misura maggiore». Gli indignati, ora, sono gli italiani onesti. Con la legge n. 211 del 20 luglio 2000, l’Italia ha aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata della commemorazione delle vittime del nazifascismo, in particolare degli appartenenti - 10 - alla razza ebraica, oggetto di un Olocausto che lasciò il segno nella politica e nelle coscienze e che a tutt’oggi condiziona lo stato ebraico che si regge solo perché armato fino ai denti. Un autentico equilibrio del terrore con gli stati confinanti che aspettano l’occasione propizia per eliminare una volta per sempre quelli che, ai loro occhi, non sono altro che gli odiati discendenti della stirpe di Israele. La celebrazione della cosiddetta “Giornata della Memoria” in ricordo della shoah è stata concordemente fissata al 27 gennaio, a memoria del giorno in cui le armate alleate (specificatamente quelle sovietiche), oltrepassarono i cancelli del lager di Auschwitz testimoniando al mondo il vero volto del nazismo. Andropos risponde: Ciò ci sta bene, ma stranamente, nessuno si era accorto, che c’erano altre vittime che aspettavano un analogo gesto di umana pietà, dopo essere stati buttate vive nelle foibe carsiche dai partigiani comunisti del maresciallo Tito, versione speculare dei nazisti di Hitler . Alla fine, hanno sopperito alla dimenticanza con legge n° 92 del 30 marzo 2004, dedicando la “giornata del ricordo”, da celebrarsi ogni anno il 10 febbraio, per le vittime delle foibe. La legge motiva così l’evento: «…Al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale…». A mio avviso, questa differenziazione tra le vittime, questo considerare la morte nella diversità è assurdo e discriminante. Perché non fare una giornata unica per tutte le vittime, senza più distinguere quelle della scelleratezza nazista, da quelle di matrice comunista ? Anche perché, la celebrazione del 27 gennaio si compie con un dispiegamento mediatico di grosso spessore, mentre l’omologa circostanza del 10 febbraio si svolge in sordina, come se fossero vittime di serie “B”. Ciò la dice lunga… forse che sussiste ancora un conflitto d’ideologie? Se fosse, sarebbe assurdo, folle e bestiale! Anche Londra potrebbe avere la sua “torre pendente”: la torre dell’orologio del Palazzo di Westminster (nota ai più con il nome della campana al suo interno, “Big Ben”). L’inclinazione della torre deriverebbe da un indebolimento delle fondamenta, forse dovuto anche ai molti lavori fatti nel corso degli anni . DENTROSALERNO Quotidiano on line Direttore Rita Occidente Lupo _________________________ [email protected] via S. Caterina Alessandrina, 9 84100 - Salerno Andropos in the world DALLA REDAZIONE DI TORRE DEL LAGO PUCCINI a cura di C. Pastore UN’AUTO ELETTRICA IN DOTAZIONE AL COMUNE PER UN MESE Per un mese il Comune di Capannori, potrà utilizzare un’auto 100% elettrica, la Citroen C Zero, che è stata gentilmente messa a disposizione dell’Ente dalla Citroen Italia spa. Sarà impiegata per gli spostamenti sul territorio del sindaco e della giunta. La city car di nuova generazione è a zero emissioni di Co2, zero emissioni inquinanti e zero rumorosità. Un nuovo approccio alla mobilità quotidiana che ben si inserisce nelle politiche ambientali portate avanti da anni dall’amministrazione comunale che adesso vogliono incentrasi anche sulla promozione di veicoli ecologici e in particolare elettrici per combattere il fenomeno dell’inquinamento atmosferico purtroppo particolarmente presente in questi giorni anche a causa delle condizioni meteorologiche. “Capannori è un modello nazionale di buone pratiche ambientali – afferma il sindaco, Giorgio Del Ghingaro -. In linea con l’obiettivo ‘Emissioni zero entro il 2050’ stiamo portando avanti iniziative concrete, come i pannelli fotovoltaici sugli edifici pubblici, già attivi nel palazzo municipale e nelle scuole medie e le pensiline fotovoltaiche sui parcheggi, di prossima realizzazione. Ringraziamo Citroen Italia per questa collaborazione, che auspichiamo possa essere proficua”. “ Non è un caso che Citroen Italia abbia scelto Capannori per mettere a disposizione questa vettura ecologica “ aggiungel’assessore all’ambiente, Alessio Ciacci. “Grazie al bando sui parcheggi fotovoltaici doteremo 10 parcheggi comunali di pensiline di ricarica per auto, moto, scooter e bici elettriche in modo che sarà ancora più facile effettuare la ricarica per chi sceglie questo tipo di mobilità”. “Capannori vuole andare in questa direzione e scegliere la sostenibilità in tutte le scelte, dall’energia ai rifiuti, dall’acqua alla mobilità”. La propulsione dell’auto avviene mediante un motore elettrico che sviluppa 49 Kw di potenza alimentato da una batteria agli ioni di litio di 16 Kwh di capacità. La batteria non fornisce solo l’energia necessaria ad alimentare il motore, ma anche la climatizzazione e il sistema di riscaldamento. Si ricarica in 6-7 ore collegando il cavo in dotazione ad una semplice presa elettrica domestica da 220 volt. L’auto ha una velocità massima di 130 chilometri orari e un’autonomia di 150 chilometri. (da http://www.comune.capannori.lu.it ) ARRIVANO GLI ‘ORTI COMUNALI’. INDIVIDUATE TRE AREE A MARLIA, CAPANNORI E GUAMO. A GENNAIO IL BANDO PER PARTECIPARE Gli Orti Comunali sono appezzamenti di terreno di proprietà del Comune che verranno messi a disposizione dei cittadini residenti attraverso un bando pubblico che sarà pubblicato a gennaio, per favorire un utilizzo di carattere ricreativo, ma anche la manutenzione del territorio e la valorizzazione dei prodotti tipici locali. Nell’orto comunale, che è grande circa 30 metri quadrati e viene dato in concessione per 5 anni, si possono coltivare ortaggi e piccoli frutti (mirtilli, lamponi, fragole) ad uso familiare e senza fini di lucro. E’ previsto un simbolico canone di concessione e saranno a carico degli assegnatari eventuali consumi di acqua e luce. “L’amministrazione comunale rispondendo alle molte richieste provenienti dai cittadini - spiega l’assessore all’ambiente Alessio Ciacci - ha individuato tre appezzamenti di terreno di sua proprietà a Marlia per la zona nord, a Capannori per la zona centro e a Guamo per la zona sud, per metterli a disposizione dei cittadini che sono interessati a coltivarli”.”Il loro utilizzo è dettagliatamente disciplinato dal regolamento appena approvato dalla commissione consiliare di competenza e che presto andrà in consiglio comunale”. “Sarà possibile solo la coltivazione biologica e saranno privilegiate le famiglie numerose e con Isee più bassi. Se le domande dei cittadini saranno numerose valuteremo sicuramente anche l’estensione del progetto ad altri terreni”. Ma quali sono i requisiti per avere in concessione un orto comunale? E’ necessario risiedere a Capannori ed essere maggiorenni, non avere ottenuto per sé o propri familiari un altro orto sociale e non essere proprietari o comproprietari, usufruttuari o affittuari di terreni coltivabili sul territorio provinciale. Per l’assegnazione dell’appezzamento di terreno saranno privilegiato le famiglie numerose e di condizione lavorative critiche. A parità di requisiti sarà privilegiato che avrà l’ISEE inferiore. Sarà compiti del Comune l’individuazione, l’orientamento e suddivisione delle aree in lotti minimi, la richiesta dell’autorizzazione al prelievo per l’approvvigionamento idrico e la formazione delle graduatorie dei richiedenti per l’assegnazione delle aree. Tra gli obblighi di coloro che avranno gli orti in concessione: curare l’ordine, la buona sistemazione e la pulizia del proprio orto; contribuire alla manutenzione degli spazi comuni, aderire all’apertura dell’orto al pubblico per eventuali iniziative di promozione e informazione realizzate dall’amministrazione comunale per le scuole e i cittadini sull’agricoltura biologica e le tradizioni del territorio. Negli orti comunali è vietata la piantumazione di alberi di qualunque genere e l’allevamento di animali. I residui vegetali dovranno essere trasformati in compost attraverso le apposite compostiere. Per ogni frazione sarà istituito un Comitato di gestione degli orti costituito da cinque assegnatari eletti dall’assemblea degli assegnatari, che avrà il compito di verificare il rispetto del regolamento, svolgere funzioni di collegamento con l’Ufficio Patrimonio, promuovere iniziative di socializzazione tra gli assegnatari e fra questi e i cittadini. (da gonews.it) - 11 - Andropos in the world PROVERBI, DETTI E MODI DI DIRE OVVERO, ELEMENTI DI PAREMIOLOGIA Vase ‘e vòcca core ‘nu tocca Ammòre, ‘o dispiétte, arraggia e a ggelusìa ncòppa a femmena tenene signurìa. Quanne arriva a gloria, scumpàre a memoria. ‘Ntiémpe d’elezione, dicene ‘e manifeste: sarrémo tutt’oneste e tutti bbuòni. Esplicatio: I baci senza amore non arrivano al cuore. La rabbia e la gelosia, insieme al dispetto, dominano l’animo della donna. Quando si arriva al posto di comando si dimenticano origini e propositi. Durante le elezioni, ogni politico fa voto di onestà ed equità. Implicanze semantiche: VASE: sost. femm., bacio. Etimologia: deverbale dal latino basiāre, con sj>si (vedi camisia-m in camicia) VOCCA: sost. femm., bocca.Etimologia: dal latino acc. bucca-m, con metamorfosi di labiale b>v (cfr. basiare>vasare e bibere> vevere). DISPIETTE: sost. masch., dispetto. Etimologia: dall’acc. lat. despēctu-m, deverbale da despῑcere. disprezzare. Sirica Dora SCUMPARE:verbo intr. dall’italiano scomparire. Etimologia: dal verbo latino cum- parēre preceduta da “ s “ intensiva, che inverte il significato dell’apparire insieme. ‘NTIÈMPE: dall’italiano in tempo, con valore avverbiale. dal latino in tempus. Si ricorda che in greco conserva la stessa radice: tem-no (έ=dividere) che porta all’idea di sezione, stagione, periodo, epoca. LA GEOPARAMIOLOGIA La paremiologia, dal greco ὶ( proverbio, detto), è la scienza che studia i proverbi, i modi di dire ed ogni frase che ha il fine di trasmettere la conoscenza basata sull'esperienza. La paremiologia comparativa studia nei proverbi differenti linguaggi e culture. Essa si occupa dei proverbi, delle informazioni accumulate in moltissimi anni di storia. Queste informazioni possono in genere essere di: sociologia, gastronomia, meteorologia, storia, letteratura, zoologia, linguistica, religione, agronomia. Un proverbio nasce frequentemente dall'abbreviazione di una storia bizzarra o di una composizione tradizionale: in esso viene espressa la credenza popolare, ricca di allegorie, oltre a possedere talvolta un formato letterario. La geoparemiologìa paremiologia territoriale è una disciplina nata trent'anni or sono dalle prime ricerche sul campo svolte da laureandi dell'università di Urbino, applicando alla paremiologìa i criterî della geolinguistica. Lo studio dei fatti paremiologici tradizionali secondo una prospettiva geografica ha introdotto e valorizzato anche nel campo paremiologico il concetto di variante e quello correlato dello studio variantistico ‘orizzontale’. Si ha qui una nuova visione della paremiologìa. Il proverbio è primariamente definito sotto l'aspetto funzionale, che (di contro al concetto tradizionale dell'ammaestrare dilettando) è quello comunicativo: come appare dal suo meccanismo di richiamo alla memoria, che è comune a ogni elemento del linguaggio articolato. La Geoparemiologìa distingue il proverbio ‘vero’, o detto paremìaco (Dp), espressione della saggezza popolare, da quello‘spurio’, o detto didattico Dd), espressione della scienza popolare, che è tautologico, ossìa non intende altro che quel che dice: per la Candelora, dall'inverno siamo fora; santa Lucìa è la notte più lunga che ci sia. La Geoparemiologìa s'interessa ad entrambi, perché anche il secondo presenta forme di alto interesse linguistico; ma il suo oggetto primario è il detto paremiaco, che definisce allologico, brachilogico e analogico, perché vale a comunicare, sinteticamente e allusivamente, qualcosa di diverso dalla sua lettera. Qualcosa che va ricavato - 12 - per via non logica ma intuitiva, in analogìa alla figura proposta (il diavolo fa le pentole - ma non i coperchi). I valori applicativi alle singole situazioni possono essere molti (e tanto maggiori, quanto più generica risulta l'enunciazione, ad es. uno - non è nessuno). Non si può pertanto parlare di un unico ‘significato’ di un DP, ma di un insieme, a volte anche eterogeneo e mai delimitabile a priori, perché la fantasìa umana saprà sempre trovarne una nuova, imprevedibile applicazione. Si può soltanto parlare di una gamma di possibili valori traslati, che la Scuola geoparemiologica denomina ‘valore paremiaco’. Secondo la dottrina geoparemiologica, il DP è, insieme con altre formule (quali i modi di dire), importantissimo strumento della struttura di ogni idioma, quale segno retorico, componente del codice retorico comunitario. È questo un sottosistema che va postulato all'interno di ogni codice linguistico, a comprendervi la materia linguistica "motivata" di una tradizione culturale. Si tratta degli strumenti tradizionali della retorica, o arte del dire e del convincere; e anche della poesìa, con cui difatti il proverbio condivide caratteri formali quali la rima e, soprattutto, il ritmo. Come quello linguistico, anche il segno retorico è unitario e indivisibile: il suo significante è costituito dall'intera formula, e può scaturire soltanto dalla sua completa enunciazione. A cura di Andropos CAIATINI CONTEMPORANEI Mercoledí 21 dicembre alle ore 17, a Caiazzo (Caserta), nel Centro di Promozione Culturale “Franco de Simone”, vico N. de Simone, è stato presentato il libro di Aldo Cervo “Caiatini contemporanei - Franco de Simone Renata Montanari - ... due personalità, lo stesso stile...”, appena uscito per le Edizioni Eva di Venafro. Ne hanno parlato lo scrittore A. Iannacone e lo stesso autore, i quali si confronteranno anche con i protagonisti Franco de Simone e R. Montanari. Andropos in the world MOMENTO TENERO COME IL SOLE AL TRAMONTO di Franco Pastore ______ Perché questa maschera di rughe spietate, sul viso, mi stravolge il sorriso? Una voce profonda, senza note di gioia, come il sole al tramonto, tra tristezza e la noia, non ha voglia di dire, di parlare d’amore? Quante fitte nel cuore, tra sconforto e vergogna, d’esser solo passato, che non vive né sogna, solo tempo ch’è andato. Una bimba, guardando quella maschera grigia tra il collo e l’orecchio, grida forte :- C’è un vecchio che piange come fosse un bambino, sembra, mamma, un piccino che ha bisogno d’amore!-Ma non c’è la sua mamma, è un vecchio che muore!- APPROFONDIMENTO LINGUISTICO LE FIGURE RETORICHE DI SIGNIFICATO A cura di Andropos Dette pure tropi, dal greco òϛ, derivato da έ, «volgo, trasferisco», Sono quelle che concorrono all’arricchi-mento del significato, evocando particolari immagini, il cambiamento, ampliamento, evidenziazione, del discorso. LA LITOTE: figura logica consistente nella formulazione attenuata di un giudizio di un’idea attraverso la negazione del suo contrario. dal greco antico litótēs, "semplicità" e "attenuazione", da òϛ "semplice. Può avere intento di attenuazione o enfasi, ma anche di eufemismo o ironia. Un esempio di litote è dire "il ghepardo non è lento" per indicare che il ghepardo è veloce. Esempi: « Il nostro Don Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno ... » (A. Manzoni, I Promessi Sposi) « ... onde non tacque le tue limpide nubi e le tue fronde l'inclito verso di colui che l'acque cantò fatali ... » (U.Foscolo – A Zacinto) LA ENUMERAZIONE: accumulare una sequenza di parole e di proposizione collegandole per polisindeto, mediante una serie di congiunzioni coordinative o per asindeto, senza l’ausilio di alcune particelle coordinate. Può essere ancora: anticipatoria o ricapitolativa, a seconda se viene collocata prima o dopo il concetto a cui si riferisce. Sono forme di enumerazione l'accumulazione, che consiste nell'accostare una serie di elementi in modo ordinato o caotico, ma senza congiunzioni, e la distribuzione, che invece separa i termini con complementi, apposizioni o attributi. Sono casi particolari di enumerazione anche la reiterazione e l'anafora. Oggi, l'enumerazione è molto usata in pubblicità, quando vengono elencate le caratteristiche di un prodotto. Esempio: « La bufera che sgronda sulle foglie... il lampo che candisce alberi e muri... e poi lo schianto rude, i sistri, il fremeredei tamburelli sulla fossa buia » ( E.Montale, La bufera) ‘A CRAVATTA Agostino Rizzo (1942-2008), del ‘A cravatta è chélla cosa ca si troppo troppo attìse tu te truòve muòrte mpìse e accussì tu muòre accìse, ma elegante e cu’ ‘o surrìse. quale riportiamo “ ’A cravatta”, fu attore della compagnia di E. De Filippo. Di grande ingegno, conseguì la laurea in materie letterarie; a quella in medicina aveva rinunciato da ragazzo, per seguire la via del teatro. - 13 - Andropos in the world LA PAGINA MEDICA MIRTILLI E MALATTIE CARDIOVASCOLARI Uno studio presentato alla conferenza Experimental Biology tenutasi a New Orleans ha messo in evidenza che l’ assunzione di mirtilli nella dieta potrebbe aiutare a prevenire il rischio di malattie cardiovascolari, diabete e colesterolo alto. I benefici secondo gli studiosi deriverebbero dal loro alto contenuto in antocianine. "Nello studio a lungo termine Women's Health Study, e' risultato che le donne che seguivano un'alimentazione ricca di antocianine avevano un rischio notevolmente ridotto di malattia cardiaca", ha affermato il ricercatore della University of Michigan, E. Mitchell Seymour. Inoltre, un team di ricercatori trentini hanno trovato che il gustoso frutto ha nuove proprietà antiossidanti, anticancerogene e di protezione dalle malattie coronariche. Un punto in più dunque, per questi frutti saporiti, già noti per gli effetti benefici alle pareti dei vasi capillari e venosi. La scoperta ha ben presto sorvolato i confini italiani, finendo per essere pubblicata sulla rivista scientifica americana “Journal of food composition and analysis”. L'articolo è firmato da Urska Vrhovsek, Domenico Masuero, Luisa Palmieri e Fulvio Mattivi. In particolare, secondo gli esperti le proprietà benefiche sui vasi erano da addebitare alle già citate antocianine, mentre le nuove caratteristiche sono dovute al contenuto di flavonoidi glicosidi, in particolare la quercetina. Informazioni, queste, che sono potute emergere grazie ad uno studio durato quattro anni, finanziato Provincia autonoma di Trento e condotto nei laboratori dello Iasma, Istituto agrario di San Michele all'Adige. È stato così appurato che il mirtillo coltivato è del tutto simile a quello di bosco e può contenere in media circa 200 milligrammi per chilogrammo di una complessa miscela contenente fino a 23 diversi flavonoidi. Una singola porzione di mirtilli, pari a circa 150 grammi, fornisce quindi in media 30 milligrammi di flavonoidi, ossia due o tre volte superiore a quelli che vengono giornalmente assunti nella dieta occidentale. I mirtilli sono piccoli arbusti. Il gigante tra i mirtilli, il Vaccinium arboreum del Nordamerica, è un piccolo albero, che può arrivare a 9 m. Altri mirtilli sono arbusti che superano il metro, mentre molti (tutti quelli presenti in Italia) sono di piccole dimensioni o addirittura striscianti. Il mirtillo nero (Vaccinium myrtillus) fiorisce in maggio e fruttifica in luglio-agosto, ha foglie ovali e frutti bluastri, che si consumano freschi o trasformati in marmellata. Il mirtillo rosso (Vaccinium vitis-idaea) ha foglie coriacee sempreverdi, con fiori bianchi o rosa, riuniti in grappoli terminali; produce bacche rosse commestibili ma amarognole, anch'esse adatte ad essere trasformate in marmellata. I fiori hanno una forma tipica a orcio rovesciato, con petali saldati tra loro. Questa forma è comune a tutte le Ericacee. I frutti hanno l'aspetto di bacche, ma in realtà sono false bacche, come le banane e i cocomeri, perché si originano - oltre che dall'ovario - da sepali, petali e stami. La maggior parte delle specie vive nell' emisfero settentrionale e soprattutto in climi temperati e freddi, ma non mancano mirtilli propri di aree tropicali come le Hawaii, il Madagascar, Giava. In Italia il genere Vaccinium è rappresentato solo nel Nord e sui monti del Centro. Il mirtillo rosso è di valido aiuto nella prevenzione delle infezioni delle vie urinarie. Sembra che agisca principalmente impedendo che i batteri patogeni (come l'Escherchia coli) - 14 - aderiscano alla mucosa delle vie urinarie, evitando in questo modo lo sviluppo dell’infezione. Il mirtillo nero, invece, ricco di antocianine, delle quali almeno sette sono state identificate, studi clinici rigorosi dimostrano che gli antocianosidi riducono i danni ai capillari della retina in modo statisticamente significativo rispetto al placebo, in pazienti che soffrono di retinopatia ipertensiva e/o diabetica. Ricerche effettuate su soggetti adulti diabetici hanno dimostrato che la somministrazione per bocca di 300 mg al giorno di estratto secco titolato di mirtillo provoca una efficace riduzione della sintesi del connettivo e del tessuto fibroso in genere. Siccome una delle cause principali della retinopatia diabetica è l'aumentata produzione di connettivo, gli antocianosidi possono essere utili per preve-nire la retinopatia diabetica. A ciò si aggiunge un’azione protettiva sui vasi venosi, dovuta agli antocianosidi presenti nel mirtillo, che vanno ad inibire l'attività di alcuni enzimi proteolitici, capaci di distruggere il collageno e il tessuto elastico, quali le elastasi e le collagenasi, rendendo in tal modo il connettivo più stabile ed elastico. Inoltre, gli antocianosidi agiscono positivamente sulla parete dei vasi sanguigni venosi, diminuendo il livello delle glicoproteine in essi accumulate, e favorendo così la normalizzazione della resistenza e dell'elasticità della parete dei vasi. Ancora si è riscontrata un’azione antiradicalica, gli antocianosidi del mirtillo, infatti, inibiscono validamente i radicali liberi, essendo in grado di intrappolare quasi tutte le specie radicaliche conosciute. Infine, hanno un’azione antidiarroica e anticistitica: recentemente si è scoperto che gli antocianosidi del mirtillo inibiscono l'adesione dei colibacilli alla parete dello intestino e della vescica, fornendo così una spiegazione al loro uso come antidiarroici e disinfettanti urinari. _______________________________________ 1. Jepson R. et al. Cranberries for preventing urinary tract infections. Cochrane Database Syst Rev. 2004;1:CD001321. 2. Colantuoni A. et al. Effects of vaccinium myrtillus anthocyanosides on arterial vasomotion. Arzneim. Forsch. Drug. Res. 41, 905-909, 1991. Regimen Sanitatis Salernitanum 1) Questo scrisse al re anglicano l’Ateneo salernitano: Se dai mali vuoi guardarti, se vuoi sano ognor serbarti, le rie cure da te scaccia, di frenar l’ira procaccia, sii nel ber e nel mangiar parco. Quando al cibo hai chiuso il varco, lascia il desco e il corpo avviva. Del meriggio il sonno schiva, mai non stringere a fatica l’intestino né la vescica. Tutto ciò se ben mantieni, dì vivrai lunghi e sereni. Se non hai medici appresso, farai medico te stesso: mente ognor lieta, dolce requie e sobria dieta. Andropos in the world NOTE ANTROPOLOGICHE LA RIEDUCAZIONE E’ FORSE DEFINITIVA DEVASTAZIONE? di Vincenzo Andraous Se qualcuno volesse soppesare il mal di pancia di un paese, il malessere-disagio sociale che recide il valore delle relazioni, è sufficiente smanettare nella rete, saltellando da un blog all’altro. C’è un po’ di tutto, il furore e la rabbia di un popolo di delusi, e c’è pure poca conoscenza, un metodo artigianale dell’imparare, poco propenso a educarci a conoscere quanto ci circonda. Di fronte a questo pasticcio delle intenzioni, che affondano le radici nelle nostre emozioni, c’è forte la richiesta di abbandonare i parolai interessati e intenzionali, di mettere in campo una giustizia equa, una solidarietà costruttiva, che non dimentica le priorità di tutela a garanzia delle vittime di soprusi e omertà, ma che da questo punto di partenza rilancia nuove opportunità di conciliazione da parte del detenuto. La società non è qualcosa di astratto, che si riduce al parlato, al raccontato, è piuttosto una comunità fatta di persone, d’istituzioni, di regole autorevoli da rispettare. E il carcere è società, non certamente una manciata di feudi out rispetto alle normative statuali, ma soggetti fondanti lo stato di diritto, eppure il carcere è diventato quotidianamente un caso che desta interrogativi, inquietudini, sordamente rispedite al mittente. Dentro le celle ci sono persone che scontano la propria pena, persone che lavorano, altre che svolgono il proprio servizio volontaristico, si tratta in ogni caso di cittadini, siano essi detenuti, o che prestano la loro professionalità, che consegnano il loro tempo alla speranza di tirare fuori insieme il meglio da ogni uomo privato della libertà. Ma ciò può essere raggiunto unicamente operando con lo strumento dell’educare, non con la solita reiterata tergiversazione per impedire la comprensione, la possibilità di una parete di vetro, dove osservare quel che accade, o purtroppo non accade per niente, perché il diritto è sottomesso e violentato dal sovraffollamento, dagli eventi critici, dai problemi endemici all’Amministrazione. Il rispetto per il valore di ogni persona ha urgenza di essere inteso non come qualcosa di come imposto, ma una condizione esistenziale da raggiungere attraverso l’esempio di persone autorevoli, anche là, dove lo spazio ristretto di un cubicolo blindato, non dovrebbe mai annientare la dignità del recluso. Se è vero che le vittime sono quelle che soffrono dimenticate nella propria solitudine, se i parenti delle vittime se la passano peggio dei colpevoli, occorre davvero fermarci a riflettere, pensare quale società desideriamo, di conseguenza quale carcere condividere, e non rimanere indifferenti a un penitenziario ridotto all’ingiustizia di un’afflizione fine a se stessa. In questa sopravvivenza carceraria, c’è un’incultura che alla pena di morte vorrebbe consegnare la patente salvavita, basti pensare ai quaranta suicidi in questa metà di nuovo anno. Forse come nel Fidelio di Beethoven, non è sufficiente “cacciare via velocemente il cattivo suddito “, alle teorie assolute che pretendono di punire perché è stato commesso un reato, e le altre, che puniscono per impedire che nel futuro se ne commettano altri, c’è urgenza di chiederci quale persona entra in un carcere, e quale “cosa” ne esce, quale trattamento ha ricevuto quella persona, se oltre alla doppia punizione impartita, ha avuto possibilità di imparare qualcosa di positivo, o se invece di rieducazione, si tratta di una definitiva devastazione. Vincenzo Andraous DALL’AMERICA CENTRALE: VIAREGGIO FRA MARE, ARTE E CARNEVALE La penisola italiana bagnata dal Mar Mediterraneo su tre lati ha la fortuna di contare su 8.000 km. di coste talvolta frastagliate con rocce impervie che strapiombano nelle acque azzurre di un mare generoso che fin dall’antichità ha avuto un’enorme importanza nelle vicende storiche ed economiche del Paese. I litorali più ospitali e leggendari accolsero da subito insediamenti abitativi che diedero luogo a fiorenti commerci marittimi e a scambi culturali tra i popoli del bacino del Mediterraneo. Le coste liguri diedero vita a una delle zone rivierasche più belle, con un paesaggio mozzafiato, ammirato da artisti e turisti: la Riviera Ligure e in particolare quella frazione di territorio racchiusa tra mare e montagne, patrimonio dell’umanità, chiamata Le Cinque Terre recentemente, purtroppo, devastata da una inclemente alluvione. Scendendo dalla Liguria verso la Toscana, il litorale si addolcisce formando lunghi tratti di spiaggia, ideali per la balneazione. Con l’andar del tempo, sono sorti lungo queste coste privilegiate insediamenti abitativi trasformatisi, poi, in città e porti assai importanti : Pisa, Livorno e anche piccoli centri abitativi dediti dapprima alla pesca e in seguito al turismo: il Lido di Camaiore, Forte dei Marmi e Viareggio tra i più rinomati. Quest’ultima cittadina, nei primi due decenni del secolo scorso, divenne il luogo di villeggiatura preferito dagli artisti: i pittori del gruppo dei Macchiaioli toscani, scrittori e poeti affermati, musicisti, insomma, quasi tutta l’intellettualità dell’epoca si riversò sulle sue spiagge. Al punto che Leonida Repaci la scelse come sede di uno dei più ambiti premi letterari. L’ambiente che si venne a creare non sfuggì all’occhio attento della mondanità che cominciò anch’essa a frequentare Viareggio. Più tardi, per animare anche i mesi invernali, si pensò al Carnevale con carri allegorici che sfilano per la principale via della città, la Passeggiata, lunga alcuni chilometri. Bastarono pochi anni perché Viareggio acquistasse un’altra fisionomia non non più elitaria, bensì popolare. Da “L’amico d’Italia Anno - X V nº 134-135 - 15 - Andropos in the world STORIA DELLA MUSICA IL MELODRAMMA: GIUSEPPE VERDI A cura di Ermanno Pastore Il melodramma italiano definì la sua struttura di opera seria grazie al compositore Alessandro Scarlatti e si affermò con Pietro Metastasio, autore di 27 testi, messi in musica negli anni a seguire più di ottocento volte. Metastasio stabilì la struttura drammaturgica e la metrica delle arie, auspicando una assoluta serietà nelle sceneggiature. In contrapposizione, a Napoli nacque l’Opera Buffa. Lo spunto venne dagli intermezzi musicali che gli autori inserivano tra un atto e l’altro per intrattenere il pubblico. Queste brevi scenette, che narravano in chiave comica episodi tratti dalla quotidianità, avevano un grande successo tra gli spettatori e nell’arco di poco tempo diventarono un genere teatrale a sé stante. Rispetto all’opera seria, l’opera buffa era molto più libera da schemi precostituiti: i compositori s’ispiravano a vicende legate alla vita di tutti i giorni che il pubblico capiva con maggior facilità, riuscendo ad identificarsi nei personaggi. L’opera buffa raggiunse l’apice della sua espressione con Il Barbiere di Siviglia di Rossini. Proprio Rossini, insieme a Bellini, Donizetti e Verdi rappresentò il periodo di maggior popolarità del melodramma che nel frattempo assunse il nome di Opera. Sul finire dell'Ottocento sorse la Scuola verista, un movimento che, pur non rinunciando alla concezione tradizionale del melodramma, lo rese più vero ed aderente alla vita quotidiana. Tra i musicisti ricordiamo Mascagni, Leoncavallo, Cilea, Giordano, oltre, naturalmente, a Giacomo Puccini. Giuseppe nacque nelle campagne della bassa parmense, a Roncole, frazione di Busseto, il 10 ottobre 1813 da Carlo Verdi, oste e rivenditore di generi alimentari, e Luigia Uttini, filatrice. Carlo, come sua moglie, proveniva da una famiglia di agricoltori piacentini e, dopo aver messo da parte un po' di denaro, aveva aperto una modesta osteria nella casa di Roncole, la cui conduzione alternava al lavoro dei campi. L'atto di nascita fu redatto in francese, appartenendo in quegli anni Busseto e il suo territorio all'Impero francese creato da Napoleone. Anche se di umile condizione sociale, riuscì tuttavia a seguire la propria vocazione di compositore grazie alla buona volontà e al desiderio di apprendere dimostrato. L'organista della chiesa di Roncole, Pietro Baistrocchi, lo prese a benvolere e lo indirizzò verso lo studio della musica e alla pratica dell'organo. Più tardi, Antonio Barezzi, un negoziante amante della musica e direttore della locale società filarmonica, divenne suo mecenate e protettore aiutandolo a proseguire gli studi intrapresi. La prima formazione avvenne presso la ricca biblioteca della Scuola dei Gesuiti a Busseto, ancora esistente, e prendendo lezioni da Ferdinando Provesi, maestro dei locali filarmonici, che gli insegnò i principi della composizione musicale e della pratica strumentale. Verdi aveva solo quindici anni quando, nel 1828, una sua sinfonia d'apertura venne eseguita, in - 16 - luogo di quella di Rossini, nel corso di una rappresentazione de Il barbiere di Siviglia al teatro di Busseto. Nel 1832 si stabilì a Milano, grazie all'aiuto di Antonio Barezzi dove tentò inutilmente di essere ammesso al prestigioso Conservatorio e per diversi anni fu allievo di Vincenzo Lavigna, maestro concertatore alla Scala. Nel 1836 sposò Margherita Barezzi, ventiduenne figlia del suo benefattore, con la quale due anni più tardi andò a vivere a Milano in una modesta abitazione a Porta Ticinese. Nel 1839 riuscì finalmente, dopo quattro anni di lavoro, a far rappresentare la sua prima opera alla Scala: era l'Oberto, Conte di San Bonifacio, un lavoro di stampo donizettiano, su libretto originale di Antonio Piazza, largamente rivisto e riadattato da Temistocle Solera. L’opera piacque al pubblico tanto che ebbe quattordici repliche. Visto l'esito dell'Oberto, l'impresario della Scala Bartolomeo Merelli gli commissionò la commedia Un giorno di regno, andata in scena con esito disastroso. L'insuccesso dell'opera fu dovuto, con ogni probabilità, alle condizioni in cui fu composta. Un tremendo dolore attanagliava Verdi a causa della tragedia familiare che aveva vissuto: la morte della moglie e dei figli avuti da lei. La prima ad andarsene era stata la piccola Virginia Maria, nata nel marzo 1837 e morta nell'agosto 1838; Icilio Romano, nato nel luglio 1838, era morto invece nell'ottobre 1839. Infine la loro madre Margherita era spirata nel giugno 1840. Verdi era solo, privo ormai della sua famiglia. Fu ancora Merelli a convincerlo a non abbandonare la lirica, consegnandogli personalmente un libretto di soggetto biblico, il Nabucco, scritto da Temistocle Solera. Verdi, però, ancora scosso dalla tragedia familiare ripose il libretto senza neanche leggerlo, se non ché, una sera per spostarlo gli cadde per terra e si aprì, caso volle proprio sulle pagine del Va, pensiero, e quando verdi lesse il testo del famoso brano rimase scosso...dopo di ché andò a dormire ma non riuscì a prendere sonno, si alzò e rilesse il testo più volte e alla fine lo musicò, e una volta musicato il Va, pensiero decise di leggere e musicare tutto il libretto. L'opera andò in scena il 9 marzo 1842 al Teatro alla Scala e il successo fu, questa volta, trionfale, tanto che venne replicata ben 64 volte solo nel suo primo anno di esecuzione. Con Nabucco iniziò l’ascesa di Verdi. Sotto il profilo musicale l'opera presenta ancora un impianto belcantistico, in linea con i gusti del pubblico italiano del tempo, ma teatralmente è un'opera riuscita, nonostante la debolezza e alcune ingenuità del libretto. Lo sviluppo dell'azione è rapido, incisivo, e tale caratteristica avrebbe contraddistinto anche la successiva, e più matura, produzione del compositore. (continua) ____________ Dal Nabucco, Va pensiero http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=u_kisjUm6hs Andropos in the world UNA PRESENZA ATTENTA La logica del dovere conto l’indifferenza Rientravo in carcere come accade ogni sera da qualche decennio, e non perché io sia un funzionario della Casa Circondariale, ma perché la mia condizione è quella di cittadino detenuto per metà libero, infatti di giorno svolgo la mia attività lavorativa, mantengo le relazioni familiari, affettive e sociali, mentre la sera ritorno nella mia cella a fare i conti non più solo con i pesi del passato, ma con il futuro che è già oggi. Ho saputo che un altro uomo se n’è andato dal carcere, ma non è fuggito, né ha agito disperatamente, non è morto dentro un’azione personale muta e sorda, è scomparso per un accidente, un arresto cardiaco, non era un detenuto, ma un Agente di Polizia Penitenziaria. Un episodio come tanti altri, che può accadere tutti i giorni e a chiunque, se non fosse che quest’uomo io lo conoscevo, risultando una persona profondamente umana e rispettosa del proprio ruolo, e della condizione di tanti altri uomini privati della libertà. Umanità e giustizia hanno parentela stretta, storie che non sono di ieri, ma di tempi trapassati, che però hanno temprato gli individui, le generazioni, le società, imparando anche dentro una galera a crescere insieme, rispettando se stessi e gli altri. E questo nonostante il carcere sia ridotto a un’arena di residualità di poco interesse. Un Agente che sapeva distinguersi, ascoltare, consegnare una parola non soltanto di conforto, ma precisa nell’informare chi era in difficoltà, un agente che non ha mai lesinato accenti autorevoli per rendere corretta e quindi applicabile la norma. Un uomo consapevole della propria professionalità, dell’importanza del proprio mandato, uno di quegli uomini che consentono di accorciare le distanze, di sostituire alla parola ideologia la parola risocializzazione, opponendo una volontà valoriale dedicata a contrastare quella desensibilizzazione, altamente cancerogena, che attraversa il carcere e buona parte del consorzio sociale. Anche in una cella può accadere che l’uomo faccia un passo indietro e possa avverarsi un dialogo costruttivo, leale, onesto, nella consapevolezza di un nuovo percorso formativo e esistenziale, uno spazio dove c’è una pena che, sì, sottoscrive la privazione della libertà, ma allo stesso tempo obbliga al rispetto della dignità di chi è detenuto, con la possibilità di svolgere una prevenzione di forma e di contenuti appropriati a una espiazione funzionale alla salvaguardia della collettività. Nonostante i problemi endemici all’Amministrazione Penitenziaria, da restringere drammaticamente la vivibilità del recluso, c’è comunque speranza di avviarci verso un modo nuovo di intendere la pena, il rispetto delle persone prigioniere o libere, degli operatori penitenziari e degli uomini in cammino verso la propria liberazione, reclamando con un comportamento dignitoso e equilibrato quelle riforme necessarie e non più rinviabili. Era un Agente di Polizia Penitenziaria, dalle buone maniere, deputato a fare rispettare le regole e le norme, ma anche una persona che non ci stava ad abdicare al suo dovere di educatore e di operatore di giustizia, un riferimento che con la sua presenza pacata e attenta, sapeva mettere pancia a terra molte delle contraddizioni di cui si nutre il carcere, ma soprattutto con il suo comportamento equilibrato, non contribuiva mai a rafforzare una “collettività di distratti e noncuranti”, causa nefasta di quell’indifferenza dell’uomo verso l’uomo. Andraous IL TUO GIORNO di Leonardo Garet Oggi sei nato per essere uomo con il tuo pennacchio di sole a mezzogiorno circondato da lingue pressanti come coltelli oggi sei nato uruguayano d'altezza uno e ottanta replicando nelle tue ossa la nascita degli dei scartando squame branchie piume e doppio stomaco con gli occhi abituati a che fuori ci sia qualcosa oggi sei nato con il numero totale dei tuoi giorni sulle unghie che si tagliano e sui capelli che cadono sei nato con le donne che ti terranno a fianco e con chi ordina la tua presenza sui moli come un bastimento giocattolo sei nato con preciso apparato medico con rischio equivalente ad attraversare una strada sei nato per toccare con le tue mani i confini i limiti i margini degli altri i registri di scuole carceri manicomi si sono aperti le bocche come fossero rane è per te la tempesta che apre l'orizzonte. (Trad. di traduzione Piera Mattei) TU DÍA Hoy naciste para ser hombre con tu penacho de sol a las doce cercado de idiomas apremiantes como cuchillos hoy naciste uruguayo de altura uno ochenta repitiendo en tus huesos el nacimiento de los dioses desechando escamas branquias plumas y doble estómago con tus ojos acostumbrados a que afuera hay algo hoy naciste con el número total de tus días en las uñas que se cortan en el pelo que se cae naciste con las mujeres que te tendrán a su lado y con los que ordenan tu presencia en los muelles como un barco de juguete naciste en ceremonia por minuto de médico con riesgo equivalente al de cruzar una calle naciste para tocar con tus manos las marcas los límites el borde de los otros se abrieron los registros de escuelas cárceles manicomios las bocas como si fueran ranas y para vos la tormenta que abre el horizonte __________________ Leonardo Garet è nato a Salto, Uruguay, dove vive, nel 1949. Si è dedicato con uguale continuità alla poesia, alla narrativa e alla critica letteraria. Esordisce nel 1972, con Pentalogía. - 17 - Andropos in the world UNA DONNA NELLA LETTERATURA PEPPA L’AMANTE DI GRAMIGNA a cura di Andropos […]Parecchi anni or sono, laggiù lungo il Simeto, davano la caccia a un brigante, certo Gramigna, se non erro, un nome maledetto come l'erba che lo porta, il quale da un capo all'altro della provincia s'era lasciato dietro il terrore della sua fama. Carabinieri, soldati, e militi a cavallo, lo inseguivano da due mesi, senza esser riesciti a mettergli le unghie addosso era solo, ma valeva per dieci, e la mala pianta minacciava di moltiplicarsi. […] E lo seguì per valli e monti, affamata, seminuda, correndo spesso a cercargli un fiasco d'acqua o un tozzo di pane a rischio della vita. Se tornava colle mani vuote, in mezzo alle fucilate, il suo amante, divorato dalla fame e dalla sete, la batteva. Una notte c'era la luna,e si udivano latrare i cani, lontano, nella pianura. Gramigna balzò in piedi a un tratto, e le disse: - Tu resta qui, o t'ammazzo com'è vero Dio! – Lei addossata alla rupe, in fondo al burrone, lui invece a correre tra i fichidindia. Però gli altri, più furbi, gli venivano incontro giusto da quella parte. - Ferma! ferma! – E le schioppettate fioccarono. Peppa, che tremava solo per lui, se lo vide tornare ferito, che si strascinava appena, e si buttava carponi per ricaricare la carabina. - È finita! - disse lui.- Ora mi prendono - e aveva la schiuma alla bocca,gli occhi lucenti come quelli del lupo. Appena cadde sui rami secchi come un fascio di legna, i compagni d'armi gli furono addosso tutti in una volta. Il giorno dopo lo strascinarono per le vie del villaggio, su di un carro, tutto lacero e sanguinoso. La gente gli si accalcava intorno per vederlo; e la sua amante, anche lei, ammanettata, come una ladra, lei che ci aveva dell'oro quanto Santa Margherita! La povera madre di Peppa dovette vendere «tutta la roba bianca» del corredo, e gli orecchini d'oro, e gli anelli per le dieci dita , onde pagare gli avvocati di sua figlia , e tirarsela di nuovo in casa, povera, malata, svergognata, e col figlio di Gramigna in collo. In paese nessuno la vide più mai. Stava rincantucciata nella cucina come una bestia feroce, e ne uscì soltanto allorché la sua vecchia fu morta di stenti, e si dovette vendere la casa. Allora, di notte, se ne andò via dal paese, lasciando il figliuolo ai trovatelli, senza voltarsi indietro neppure,e se ne venne alla città dove le avevano detto ch'era in carcere Gramigna. Gironzolava intorno a quel gran fabbricato tetro, guardando le inferriate, cercando dove potesse esser lui, cogli sbirri alle calcagna, insultata e scacciata ad ogni passo. Finalmente seppe che il suo amante non era più lì, l'avevano condotto via,di là del mare, ammanettato e colla sporta al collo. Che poteva fare? Rimase dov'era, a buscarsi il pane rendendo qualche servizio ai soldati, ai carcerieri, come facesse parte ella stessa di quel gran fabbricato tetro e silenzioso. Verso i carabinieri poi, che le avevano preso Gramigna nel folto dei fichidindia, sentiva una specie di tenerezza rispettosa, come l'ammirazione bruta della forza, ed era sempre per la caserma, spazzando i cameroni e lustrando gli stivali, tanto che la chiamavano «lo strofinacciolo della caserma». Soltanto quando partivano per qualche spedizione rischiosa, e li vedeva caricare le armi, diventava pallida e pensava a Gramigna. (Da “ L’amante di Gramigna” di G.Verga) - 18 - Trasposizione in versi di Franco Pastore PROLOGO E scalpitava lì, sul suol dell’aia, di compar Finu la sua mula baia. su per la montagna. Di notte lo scaldava col suo amore, di giorno lo seguiva con terrore. Iddio colorava l’aria bruna, coi tenui raggi della bianca luna EPILOGO Rifiutava la Peppa oro e vigna, scegliendo, per amor, il rio Gramigna. Ed una notte, di quel caldo giugno, corse tra i fichidindia dietro al sogno. Senza pensar lontano, né all’onore, tra nudi sassi ricercò l’amore, il fiato le mancava tra corsa e passi come una bestia ne seguì l’odore Divenne del bandito la compagna, lacera e nuda Ma un dì, lungo il Simeto, come lupa, fu presa la selvaggia, e restò cupa. Finirono le gesta del Gramigna La Peppa, triste, ritornò alla vigna. Guardando il cielo tra la costa e il tiglio, per amore del padre, si staccò dal figlio. Finì così, lasciandosi campare, vivendo solamente col sognare, senza il suo cuore perso in una notte lì nel burrone, tra le cave grotte. (F.Pastore, Un grande sogno – Agosto 2007 ) _____________________ Per la videopoesia “L’amante”, cliccare sul link: http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=2tC2tplbUmU#t=20s SEMINARIO BIBLICO ( CON INGRESSO GRATUITO ) Sabato, 10 Dicembre A MILANO (MI) Sabato, 17 dicembre CATANIA (CT) http://www.labuonanotizia.org [email protected] Tel.: +39 035 452 35 73 - Fax: +39 035 066 21 42 La Direzione e le Redazioni di ANDROPOS IN THE WORLD augurano un felice e sereno 2012 Andropos in the world L’EROS NEI SECOLI LA LUSSURIA La radice della parola lussuria coincide con quella della parola lusso - che indica una esagerazione - e quella della parola lussazione - che significa deformazione o divisione. Appare quindi chiaro il significato di lussuria, che designa qualche cosa di esagerato e di parziale, per non parlare del significato etimologico: dal latino luxuria, sinonimo di impudicitia e di libῑdo. Il lussurioso cioè è portato a concentrarsi solo su alcuni aspetti del partner (il corpo o una parte di questo) che diventano il polo dell'attrazione erotica; tutto il resto è escluso, l'interezza è negata. Il corpo viene oggettivato e la persona spersonalizzata: le vesti, gli accessori, i gesti, la musica, le luci arrivano ad assumere un'importanza fondamentale poiché devono supplire alla mancanza di un altro tipo di seduzione che scaturisce da un'intesa psicologica e affettiva, oltre che fisica. La lussuria è quindi una conseguenza di un certo tipo di paura: la paura del confronto con un altro essere umano nel quale è possibile rispecchiarsi. Il lussurioso non si vuole specchiare, non si vuole vedere, non si vuole confrontare … La lussuria, per quanto ci si reputi disinvolti, ha cattiva fama. Teneramente compiaciuti, sorridiamo agli innamorati che camminano tenendosi per mano, ma storciamo il naso se colgono l’amore tra i cespugli. L'amore, dunque, ha il plauso del mondo, ma la lussuria è furtiva, genera imbarazzo ed architetta seduzioni ad ogni opportunità. Sembrerebbe, allora, un paradosso cercare di difenderla dal fango che la ricopre, liberandola alquanto dalle pesanti condanne che giammai l’hanno risparmiata. Blackburn, nel suo libro “LUSSURIA”, cerca di sottrarla all'ambito del vizio ed elevarla a virtù, avvalendosi delle intuizioni di alcuni dei grandi conoscitori della natura umana per arrivare, con efficacia, al nocciolo del problema. Diogene pensava che il sesso si risolvesse al meglio con la masturbazione, la via più comoda, e sappiamo quanto gli stoici diffidassero delle emozioni e i cristiani dei piaceri della carne. Schopenhauer, nel suo pessimismo, non vedeva nella lussuria che un'occasione per renderci ridicoli. David Hume sosteneva che cedere al desiderio fosse il più scusabile dei peccati, data la potenza della tentazione. Con arguzia e Blackburn, con grande sagacia ed intelligenza, perora l’eccitante causa della lussuria, celebrandola “come una raffinata forma di umana vitalità”. Infatti, egli così esordisce: “… sembra dunque donchisciottesco, paradossale o perfino indecente cercare di difendere la lussuria. Ma è proprio quello che cercherò di fare”. Partendo, così, dalla definizione della parola non solo nei termini di “desiderio sessuale”, ma come “brama di vita, brama di oro, brama di potere” e proseguendo con Saffo, la diffidenza dei filosofi greci nei confronti del sesso, Platone, Diogene, Plinio il Vecchio, per arrivare, passando attraverso il “panico cristiano”, Agostino e Tommaso, Shakespeare, Hobbes, E. Kant, Freud, l’evoluzionismo, Blackburn giunge sino a questo assunto finale: “… possiamo reclamare la lussuria per l’umanità e possiamo imparare che essa prospera al meglio quando non è gravata da oneri quali cattiva filosofia e ideologia, falsità, corruzione, controlli, storture, perversioni e sospetti che impediscono il suo libero fluire”. Nel linguaggio comune, la lussuria è associata all'erotismo, o eros. In questa accezione del termine, la lussuria non è propriamente un peccato capitale, a meno che la persona non si faccia travolgere dalle proprie passioni, perdendo completamente il controllo di sé. Ma anche la situazione opposta non è raccomandabile: le persone che esercitano un controllo esagerato delle proprie pulsioni vanno incontro a grosse frustrazioni, e rischiano di inaridirsi, diventando fredde, giudicanti e bigotte. Inoltre, quando la repressione è protratta nel tempo, nei casi estremi assistiamo a episodi di sdoppiamento di personalità: impiegati modello o brave casalinghe che di pomeriggio o di notte si trasformano in qualcos'altro … L'istinto alla sessualità quindi non va represso. Le passioni danneggiano l'essere umano sia quando sono eccessivamente compresse, sia quando sono scatenate senza limiti. E la salute del corpo e l'equilibrio della mente non si mantengono con la repressione o la rimozione delle passioni, ma con la loro misurata espressione. DA NEW YORK, CRISTINA FONTANELLI SCRIVE Cari amici, Sono felice di segnalarvi il mio 8 ° annuale di NY "Natale in Italia". Il concerto è stato di un grande successo e che gioia di cantare le grandi canzoni d'Italia. Così nuovi amici e fan hanno applaudito il mio spettacolo. Vi invierò presto un aggiornamento, ora sono sulla strada, per la bella città di San Diego! Che dirvi della mia partecipazione in televisione? E’ stata una gioia essere in rete diverse volte nelle ultime 2 settimane: il mio concerto alla CBS di New York - Co-presentatore alla PBS, per la storica “Andrea Bocelli speciale” in Central Park e PBS cohost a Vienna con il Coro ragazzi, il loro prossimo 18 alla Carnegie Hall. Buon Natale! Per visualizzare il concerto della Fontanelli, vai al link: http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=5geKEk08uGA#t=53s - 19 - Andropos in the world CRITICA LETTERARIA LA BASE FISICA DELLA VITA Thomas Henry Huxley (Saggio - ISBN: 978-88-6683-000-9- 46 pag. – € 07,00) Perché oggi tradurre per la prima volta in italiano “Le basi fisiche della vita” di Thomas Huxley? La conferenza che il geniale autodidatta, poi professore di Storia Naturale alla Royal School of Mines, tenne nel 1868, in che senso può, circa centocinquant’anni dopo, essere d’attualità? I contemporanei, soprattutto gli ambienti accademici vicini al potere ecclesiastico, lo disprezzarono, ma anche il più vasto contesto scientifico lo ignorò a lungo. Solo recentemente le sue idee, nella loro appassionata e anche direi poetica esposizione, tornano a esibire l’intuizione profonda circa la base comune di tutte le forme viventi. In quella famosa conferenza dunque Thomas Huxley, che sarebbe diventato il nonno del più famoso Aldous, volle illustrare a un vasto pubblico l’idea scientifica su cui un piccolo gruppo di ricercatori europei aveva in quegli anni raggiunto un accordo e cioè che i sistemi viventi sono formati da una sostanza comune a tutti chiamata protoplasma. Il nome era stato coniato nel 1861 da Max Schultze, professore di Istologia e direttore dell’Istituto di Anatomia di Bonn, in Germania. Per lui il protoplasma appariva come una sostanza, grigiastra, viscida, o mucillaginosa semitrasparente e semi-liquida in continuo movimento. Il francese F. Dujardin l’aveva descritta come una gelatina vivente, una sostanza glutinosa, traslucida, insolubile in acqua come un muco, che forma masse globulari sugli aghi da dissezione. Hugo von Mohl, nel 1846, la vedeva come materia dura, viscida, granulare, semi-liquida. Christian Gottfried Ehrenberg che, con le sue osservazioni al microscopio, si era dedicato allo studio di un enorme numero di sistemi viventi unicellulari raccolti in parti lontane del mondo, soprattutto nell’immenso Impero Russo e in Africa al seguito del famoso esploratore Alexander von Humboldt, la descrive semplicemente come la sostanza vivente comune in tutte le classi di organismi viventi. Anche Thomas Huxley considera il protoplasma come la sostanza fondamentale della materia vivente all’interno di una cellula, la base fisica e materiale della vita e vede quest’identica vita brulicare nelle capsule urticanti della foglia dell’ortica, come nella goccia di sangue spillata da un polpastrello. Inoltre per lui la possibilità che esista una sostanza comune a tutte le forme della vita viene vista nella prospettiva che la vita si manifesti in innumerevoli forme la cui evoluzione è guidata da una legge universale della natura, la legge di Darwin, secondo il principio della selezione naturale. “La base fisica della vita”, il titolo scelto da Huxley per condensare le sue idee è certo un bel titolo ma è solo apparentemente inoffensivo, in realtà è profondamente rivoluzionario. - 20 - Il punto di vista che esprime in questo opuscolo era al di fuori degli schemi dell’accademia, sia dei fisici che dei biologi. Pertanto la sua idea fu attaccata da diversi autori ben quotati, ridicolizzata e poi dimenticata. Cosa certamente grata al mondo ecclesiastico, sia protestante che cattolico. Antonio Bianconi (da Gattomerlino press) Thomas Henry Huxley, nato a Ealing, il 4 maggio 1825 e morto a Eastbourne, il 29 giugno 1895, è stato un biologo e filosofo inglese. È nonno del biologo Julian Sorell Huxley, su cui ebbero notevole influenza le sue idee guida sia scientifiche che filosofiche, e dello scrittore e saggista Aldous Leonard Huxley. Convinto sostenitore dell'evoluzionismo darwiniano, tanto da essere soprannominato il "mastino di Darwin", si batté incessantemente per il superamento del fissismo teologico. In prima persona, durante un soggiorno in Australia dal 1846 al 1850, verificò e confermò quanto già anticipato privatamente da Darwin. Importanti sono i suoi studi relativi a forme inferiori di vita animale, classificando tra l'altro in modo nuovo gli idrozooi in radiati e nematofori. Attaccò duramente la dottrina del teologo George Berkeley per quanto riguarda la concezione della mente umana e della conoscenza, ma con essa anche tutti gli immaterialismi e gli spiritualismi posteriori. Il suo pensiero è materialistico ed agnostico, ed è una diretta conseguenza delle sue ricerche ed esperienze di biologo alla luce della teoria evoluzionistica e a sua conferma sul campo. In campo filosofico sono notevoli le sue opere Science and Culture del 1881 ed Evolution and Ethics del 1893. Ha coniato il termine epifenomeno e ha dato una definizione dell'agnosticismo che si continua a considerare soddisfacente anche nella filosofia contemporanea e alla quale si fa correntemente riferimento. Nel saggio On the Hypothesis That Animals Are Automata, and Its History criticò la teoria cartesiana che intendeva gli animali come semplici macchine, date le «terribili conseguenze per gli animali» che potevano derivare da tale teoria, e considerando come invece sia bene «occuparci di loro come di fratelli minori». Dal 1883 al 1885 è stato presidente della Royal Society britannica. _________________________________________________ Il fissismo è la teoria biologica secondo cui le specie vegetali ed animali non hanno subito e non subiranno modificazioni nel corso del tempo. Il fissismo si contrappone dunque all'evoluzionismo. Le teorie fissiste erano legate ad un'interpretazione letterale della Genesi, e cioè all'idea di un'unica creazione originaria di tutte le specie viventi (creazionismo). Il riferimento alla creazione iniziò a venir meno, soprattutto nella cultura francese, in epoca illuministica. Il fissismo fu allora enunciato nella sua forma più ristretta, come teoria della costanza delle specie, senza alcuna ipotesi sulla loro origine. È il caso, tra gli altri, del botanico Michel Adanson, il quale si limitò a sostenere che la cosiddetta «trasmutazione» non ha luogo né tra animali, né tra le piante. Il fissismo fu sostenuto da Linneo e da Georges Cuvier, considerato il padre fondatore della paleontologia,. Andropos in the world IN QUESTO MESE MACCHINA CONTAMONETE DISONESTA (Lettera al Direttore della Banca D’Italia) Gentilissimo Direttore, se può dedicarmi 5 preziosi minuti del suo tempo, vorrei narrarle un fatterello che mi è capitato fresco fresco stamattina nella Banca d’Italia . Dovendo affrontare un viaggio non preventivato, abbiamo deciso di rompere il nostro salvadanaio di spiccioli e portarli in banca ( quale luogo più idoneo e serio? ) per il cambio in moneta cartacea. Mia figlia mi ha aiutato a contare le monete tutte da 1 e 2 euro, mentre io ,controllata l’esattezza della conta, le sistemavo in rotolini , sui quali apponevo a penna l’ammontare della cifra. Con le monete da 2 euro ho confezionato 8 rotolini da 50 euro, con quelle da 1 euro ne ho confezionato 16 da 25 euro e, se la matematica non è un’opinione, in tutto abbiamo contato 800 euro. Con il carico di monetine mi sono recata insieme a mio marito in banca, dove l’impiegato mi ha dato un suo cestino, dicendomi di disfare i rotoli e mettere le monete nel cesto. Così ho fatto, dopo di che le monetine sono state portate nel retro per la conta, presumo presso una macchina apposita. Quando l’impiegato è ritornato ha detto: “ 770 euro”. Sono rimasta esterefatta: come, 30 euro in meno? Alla mia obiezione l’impiegato mi ha mostrato lo scontrino uscito dalla macchina. Possibile che mia figlia ha sbagliato a contare, io ho sbagliato a controllare e mio marito (impiegato alla ragioneria del Tesoro), che sovraintendeva ai lavori, non si è accorto che eravamo in errore? Va bene che c’è crisi, ma mai avrei pensato che una macchina potesse essere così disonesta. E poi, come si fa a contrastare una macchina? La mia parola contro il suo scontrino. Forse, l’errore sta nel fatto che questa macchina contamonete è nel retro e, non osservata, crede di poter fare a modo suo. Se fosse stata sotto i miei occhi, mentre contava le mie monete, sono certa che avrebbe fatto i conti più accuratamente. La prego signor Direttore controlli quella macchina, gli dia una seria occhiata e, se proprio non va, la cambi! Perché non è giusto essere defraudati da un macchinario disonesto. Saluti ed ossequi Rosa Maria Pastore SON QUASI TUTTI LA’ (Edizione Brontolo, pag.84) la nuova pubblicazione di NELLO TORTORA Un viatico del ricordo, dedicato ai collaboratori che non ci sono più. La celebrazione di un rosario di eventi, scanditi da una simpatica vedova che… accomuna tutto alla santa anima del coniuge defunto. “SALERNO IN THE WORLD” PREMIO INTERNAZIONALE DI POESIA La Rivista ANDROPOS IN THE WORLD bandisce il premio internazionale di Poesia “Salerno in the world”, riservato a poeti italiani e stranieri. Si può partecipare con una lirica edita o inedita, mai premiata in altri concorsi. I componimenti dovranno essere redatti in cinque copie e rigorosamente in lingua italiana, mentre le generalità dell’autore accompagneranno gli elaborati, inseriti in busta chiusa ed inviati al seguente indirizzo: Al Direttore responsabile di Andropos in the world, prof. Franco Pastore, via Posidonia, 171/h – 84128 Salerno – Italy. Per le spese di segreteria è richiesto l’invio do € 10,00 da spillare alla domanda di partecipazione, re-datta nei canoni previsti dalla consuetudine: nome, cognome, indirizzo, numero di telefono, titolo del la-voro e la dicitura “chiede di partecipare al premio”. Le medesime modalità valgono anche per i partecipanti stranieri. Il termine ultimo di presentazione degli elaborati è fissato per il trenta aprile 2012. La giuria, composta da noti esponenti del mondo della cultura, sarà resa nota al momento della preniazione. Il giorno e la sede della premiazione saranno comunicati sulla rivista entro il 30 aprile. I premi consisteranno in coppe, oggetti ed opere d’arte, l’abbonamento gratuito al giornale per un anno, nonché la pubblicazione sulla rivista di tutti i lavori premiati. Il Direttore PER UN NATALE DI SPERANZA Il Bambino nasce per ogni uomo libero […] E’ Avvento di perdono che non teme tradimenti, non lascia scampo alle attenuanti, quelle comode di ieri, di oggi che è già domani, non sta nascosto alle parole, ai gesti, ai comportamenti. […] Riconoscere Natale non sta nell’acquisto dell’albero di luce meglio addobbato, alla messa di mezzanotte perentoriamente in prima fila. […] Non sarà il solito Natale in vendita, è un monito a difesa di chi ha bisogno, di chi rimane indietro, di chi è in difficoltà, non ci sarà bisogno di recarsi al mercato delle bugie per acquistare un altro po’ di quella speranza indignata, essa sta dietro ogni croce piegata, ogni fossa scavata malamente, ogni fallimento del cuore … VINCENZO ANDRAOUS - 21 - Andropos in the world PIATTI TIPICI DEL MEDITERRANEO Il RISO ha cominciato a farsi apprezzare nel mondo occidentale verso il I° secolo a.C.. Nel mondo greco-romano era considerato una spezia esotica, molto costosa e quindi da usarsi con parsimonia in occasioni particolari oppure come medicamento. Anche nel Medioevo, in Italia, il riso mantenne tale fama, come confermano alcune annotazioni riportate sui registri del Sant'Andrea, ospedale di Vercelli, risalenti al 1250. In Italia la coltivazione del riso iniziò a diffondersi tra la fine del XIV e l'inizio del XV secolo nelle zone del milanese e del vercellese, ancora oggi zone di produzione d'eccellenza di questa coltivazione. Con il riso si possono realizzare un numero incredibile di piatti diversi, dall’antipasto al dolce e, se cucinato a dovere, può soddisfare anche i palati più esigenti. La riuscita della ricetta prescelta è comunque condizionata dall’uso della varietà più indicata, bisogna quindi tener conto delle rispettive caratteristiche dei tipi di riso, che riguardano esclusivamente le dimensioni dei chicchi e le modalità di cottura. Poco significative, invece, sono le differenze delle proprietà nutritive tra le varietà a disposizione. Le varietà italiane sono quattro: 1) Comuni: con chicchi piccoli e tondi, adatti per minestre, minestroni e dolci, con una cottura di 12-13 minuti. Le varietà più note sono: l’Originario e il Balilla 2) Semifini: con chicchi tondeggianti di media lunghezza, adatti per antipasti, risi in bianco, supplì, timballi, sartù. Cuociono in 13-15 minuti. Le varietà più note sono: Rosa Marchetti, Padano, Vialone nano, Italico R. 3) Fini: con chicchi lunghi e affusolati, adatti special-mente a risotti e contorni, cuociono in 14-16 minuti. Le principali varietà sono: R.B., S. Andrea, Europa. 4) Superfini: con chicchi grossi e molto lunghi, particolarmente adatti alla preparazione di risotti e contorni, che cuociono in 16-18 minuti. Le principali varietà sono: Roma, Carnaroli e Baldo. Si producono anche speciali tipi di riso vitaminizzato, soffiato o preriscaldato; quest’ultimo tipo di lavorazione (parboiling) conferisce al riso una maggiore resistenza alla cottura e gli permette di conservare intatti i suoi elementi nutritivi, che in parte si disperdono nei liquidi di cottura o vengono distrutti da un’ebollizione prolungata. Un’altra qualità di riso a cui la lavorazione speciale ha conferito pregi eccezionali, è il riso Avorio o riso Ambra, ottenuto sottoponendo le varietà più fini a un bagno di vapore acqueo sotto pressione, prima di fargli subire le lavorazioni successive. Nella palude di Casalbeltrame (una riserva naturale gestita dal Parco Naturale Lame del Sesia), tra le distese di risaie che caratterizzano la piana, alcune delle “terre d’acqua” producono l’insolito riso nero, esotico, ricco di proprietà nutritive e magico fin dal suo nome. Si chiama riso nero Venere, la cui coltivazione ha origini antichissime, si ritiene che sia iniziata tra il 2800 e il 2200 a. C. in vaste aree della Cina e dell’India. Il colore nero del pericarpo del Venere è una rara caratteristica e, in passato, i contadini cinesi lo coltivavano solo per l’imperatore e la sua corte. Un’altra caratteristica tutta orientale del riso nero Venere è che durante la cottura sprigiona un profumo che ricorda il pane appena sfornato o il legno di sandalo. - 22 - È utile sapere che: Il riso deve essere versato, per la cottura, in liquidi bollenti, mai in liquidi freddi o tiepidi. Anche i liquidi che si uniranno al riso durante la cottura dovranno essere bollenti. Va cotto in recipienti scoperti. Si conserva in sacchetti di tela a trama piuttosto rada o in barattoli di vetro chiusi. Nei mesi caldi non conviene fare grosse provviste di riso. Non si deve lavare il riso prima dell'uso, poiché perderebbe una parte delle sue qualità nutritive: da questo si deduce che il riso utilizzato senza il suo liquido di cottura è meno nutriente di quello in cui invece lo si utilizza. Un riso troppo cotto non è più digeribile di un riso poco cotto: sono entrambi da evitare, cercando di raggiungere sempre il giusto grado di cottura. Il riso va mondato con la massima attenzione, poiché può accadere che contenga corpi estranei. Per la sua alta digeribilità il riso, che non affatica lo stomaco, è l'alimento ideale per chi teme la sonnolenza che assale dopo i pasti: chi deve mettersi in viaggio e chi deve subito riprendere il lavoro, sia fisico che intellettuale. PROPRIETA’ CURATIVE - La sua crusca abbassa il colesterolo; non mondato o semi integrale, è adatto in tutte le diete alimentari e per ogni tipo di malattia; normalizza il pH dell’intestino favorendo quindi la proliferazione della giusta flora intestinale. Per l’uso alimentare, il riso integrale o semi integrale è ottimo e molto più digeribile del frumento; la crusca di riso è importante perché contiene antiossidanti, minerali e vitamine. Poco lavorato, quindi solo decorticato, cioè non brillato, fa scendere i protidi ed i suoi grassi, mentre i glicidi salgono. Non esiste malattia che non tragga giovamento con la terapia alimentare a base di riso integrale o semi integrale. Per i colitici, riso bollito, con olio di girasole misto a quello di sesamo ed a quello di oliva extra vergine. Per coloro che hanno allergie al “glutine” degli altri cereali, il riso in fiocchi è insostituibile, nelle affezioni della pelle riso cotto nel latte. Riso bollito fino ad ottenere una pastetta, per cataplasmi da utilizzare su dermatosi, foruncoli, su emorroidi calma e dà sollievo. Il bagno in vasca, con amido di riso 200-500 gr. in un sacchetto nella vasca, favorisce il mantenimento della pelle giovanile. UN ANTIPASTO ARANCINE DI RISO CON PROSCIUTTO E MOZZARELLA Ingredienti e preparazione – per 4 persone Per il risotto: mettere al fuoco 40 gr di burro con 2 foglioline intere di cipolla, quando queste sono ben appassite eliminarle e versare nel condimento 250 gr di riso, bagnarlo con un mestolino di brodo bollente e proseguire la cottura aggiungendo a poco a poco il brodo bollente necessario. Togliere il risotto dal fuoco al dente e unirvi 40 gr di parmigiano grattugiato, una manciatina di noce moscata e Andropos in the world rimescolare bene. Lasciar raffreddare. Per il ripieno: riunire in una terrina 100 gr di mozzarella tagliata a dadini, 20 gr di parmigiano, 10 gr di burro a pezzettini, una manciatina di prezzemolo tritato, un pizzico di sale e poco pepe; impastare bene il tutto con un uovo e completare con 100 gr di prosciutto magro tagliato a pezzettini. Formare delle arancine, mettere al centro un po’ di ripieno e chiuderle bene; passarle prima nella farina, poi nell’uovo sbattuto con un po’ di sale ed infine nel pangrattato. Friggerle in abbondante olio fumante e sgocciolarle dorate e croccanti. UN PRIMO PIATTO RISOTTO ALLE MELANZANE Ingredienti e preparazione – per 4 persone Tagliare longitudinalmente 2 melanzane e, dopo averle salate, lasciarle riposare per trenta minuti. Fare appassire una cipolla tritata in un filo d’olio. Aggiungere 500 gr di pomodori passati al setaccio e salare. Dopo circa dieci minuti di cottura, versare metà del contenuto in una scodella. Alla metà rimasta nella casseruola aggiungere 200 gr di riso e il brodo bollente. Mescolando con cura portare a cottura il risotto, che comunque dovrà rimanere al dente. Asciugare le melanzane, cospargerle di farina e friggerle in abbondante olio caldo. Prendere ora una pirofila, ungerla con olio, versarvi il contenuto della casseruola, coprire con le melanzane, la mozzarella tagliata a dadini e un po’ di basilico. Coprire il tutto con la salsa di pomodoro tenuta da parte e spolverizzare con abbondante parmigiano grattugiato. Far gratinare in forno a 200°. UN SECONDO PIATTO GAMBERONI IMPERIALI CON CONTORNO DI RISO PILAF Ingredienti e preparazione – per 4 persone Staccare le code a 24 gamberoni, rosolarle in olio d’oliva ed DA ALTRE RIVISTE aglio, sfumare col vino e sgusciarle. A parte rosolare in olio un trito di cipolla, carota, sedano, aglio, peperoncino, scottarvi teste e gusci, sfumare col vino, unire 300 gr di salsa di pomodoro, salare e cuocere per 10 minuti. Passare la salsa al passaverdure, schiacciando anche teste e gusci, rimettere sul fuoco, unire le code e far insaporire per 5 minuti. Per il riso pilaf: appassire poca cipolla tritata in 50 gr di burro, tostarvi 300 gr di riso, versarvi il brodo e cuocere coperto in forno a 170° per 18 minuti; versarlo sul piatto e mescolarvi una noce di burro. Fare col riso una bordura ed al centro mettere i gamberoni col loro sugo. DOLCE TORTA DI RISO Ingredienti e preparazione (per 4 persone) Scottare 100 gr di mandorle in acqua bollente, pelarle e passarla al trita mandorle. Far cuocere 150 gr di riso in l. ¾ di latte per 20 minuti, aggiungere 200 gr di zucchero e le mandorle tritate. Fuori dal fuoco unire i tuorli di 3-4 uova ( secondo la giusta consistenza dell’impasto), le chiare montate a neve e un bicchierino di liquore Sassolino o di frutta. Mettere il composto in una tortiera imburrata ed infarinata e cuocere in forno a calore moderato per 30 minuti. Io preferisco foderare la tortiera di pasta frolla e incrociare sul ripieno striscioline ricavate dalla rimanente pasta. VINO CONSIGLIATO: un bianco morbido, fermo o frizzante FRUTTA: quella di stagione _____________________ La cucina della Campania “I nostri chef”, Il Mattino - Gastronomia salernitana di A. Talarco, ed. Salernu - Cucina dalla A alla Z di L. Carnacina, Fabbri Editori - Le mille e una… ricetta, S. Fraia Editore - Mille ricette, Garzanti - L‟antica cucina della Campania , Il Mattino - Giorni ricchi . La cucina di Mani di fata. L’AMMIRATORE SCONOSCIUTO di Delfina Ducci Quel fischio di ammirazione la riempí di gioia. Sorrise. Un’emozione improvvisa e inaspettata le fece battere il cuore. Richiuse il portone dietro di sé. Quella mattina non aveva avuto dubbi. Aveva fatto la scelta giusta. Un tailleur blu e una camicia di seta, il primo bottone slacciato maliziosamente. Ogni giorno il bisogno di conferme la spingeva a ricercare consensi ovunque. Le bastava uno sguardo compiacente, un borbottio di apprezzamento. Affrontava il lavoro, le relazioni sociali, le amicizie con sicurezza che svaniva non appena pensava di non suscitare l’interesse. Aveva un disperato bisogno di attenzione. Senza approvazione si sentiva improvvisamente svuotata di ogni qualità: né bella, né intelligente, neppure simpatica. Quel fischio aveva riacceso la sicurezza. Qualcuno dunque l’aveva notata. Un rapido sguardo alle finestre del palazzo di fronte. Da quella socchiusa era uscito il fischio. Ne era sicura. Non troppo signorile a dir la verità ma efficace. Questo sibilo le infondeva coraggio. Il passo diventava leggero, il corpo sinuoso, sensuale. L’immaginazione crea mostri e creature divine. L’ammiratore sconosciuto aveva occhi scuri, labbra carnose, il sorriso di perla. Nell’attesa che si mostrasse, Cosetta ostentava varie versioni di se stessa. Una passerella giornaliera studiata con attenzione per piacere a colui che ormai era entrato nella mente e nel cuore. La pioggia battente non riusciva a rendere la giornata uggiosa. Cosetta aveva indossato un impermeabile rosso, un colore vivace nonostante il grigio del cielo. Provava turbamento al solo pensiero che da un momento all’altro questa presenza si materializzasse. Aprí il portone. Un sussulto e l’attesa del fischio. Silenzio. Assurdo. Glaciale. Guardò verso la finestra. La vide chiusa. Attese un attimo. Le parve un’eternità. Trattenne il respiro. Un’amarezza simile a quella della fine di un amore la gettò nello sconforto. Un gioco, una beffa dunque? Un’illusione una povera, stupida illusione. Rimproverando se stessa per aver ceduto a una simile lusinga camminava sotto lo scroscio dell’acqua. Lí a pochi metri quasi sotto la sua scarpa giaceva con le penne bagnate, il becco giallo aperto, gli occhi vitrei, il povero merlo indiano artefice della sua immensa felicità e della sua drammatica delusione. [Da Il Foglio volante – dic. 2011] - 23 - Andropos in the world DENTRO LA STORIA LA MORTE DI ADOLF HITLER La morte di Adolf Hitler, capo del nazionalsocialismo tedesco dal 1933 al 1945, è avvenuta il 30 Aprile tramite suicidio mediante un colpo di rivoltella alla testa. I servizi segreti sovietici del KGB hanno sempre dichiarato il ritrovamento del cadavere bruciato e confermato grazie all'impronta dentale. Nel tempo, già dopo la fine della seconda guerra mondiale, sono sorte alcune teorie alternative sulla scomparsa o sulla sorte dei suoi resti che non trovarono alcuna conferma. Nel 1993, con l'apertura di alcuni archivi del disciolto KGB, i documenti concernenti la morte di Hitler hanno ufficialmente confermato la testimonianza di Hugh Trevor-Roper raccolta nel libro The Last Days of Hitler (Gli ultimi giorni di Hitler) del 1947 e concomitante con quella sovietica. Nel 1969, il giornalista sovietico Lev Bezymensky pubblica i referti, conservati dalla SMERSH, dell'autopsia eseguita da una commissione russa diretta dal Dr. Faust Sherovsky sui resti di Hitler l'8 maggio 1945 nell'ospedale militare di Berlino. La guerra fredda tra l'Europa occidentale e l'Europa comunista, tuttavia, ha fatto sì che il testo venisse bollato come falso e ricoperto di infamante disinformazione attuata da ambedue le parti. Nel 1993, con l'apertura degli archivi di KGB e FSB, il pubblico dominio dei documenti ha potuto fare chiarezza sulle sorti dei corpi di Hitler e Eva Braun L'armata rossa entrò nel Führerbunker approssimativamente alle 23:00, ossia circa 7 ore e 30 minuti dopo il suicidio del führer. Un cadavere molto simile ad Hitler fu ritrovato tra le macerie, ma dopo accurate ricerche, i soldati smentiscono dicendo "Non è lui!", poiché il cadavere era uno dei tanti sosia di cui il leader nazista amava circondarsi per sbaragliare i nemici. In seguito, I cadaveri di Hitler, Braun, il cane Blondi e il suo cucciolo Wolf sono stati trovati da Ivan Churakov, capo della SMERSH. Temendo che il sito scelto per la sepoltura dei cadaveri potesse divenire centro di culto per neonazisti e fanatici, il direttore del KGB, Yuri Andropov, ordinò la cremazione dei resti e il 4 aprile 1970 le ceneri furono sparse nel fiume Elba. Secondo le voci ufficiali, Hitler si suicidò nel suo bunker il 30 aprile 1945, insieme alla storica amante Eva Braun che aveva sposato il giorno prima. Aveva 56 anni. Come parte delle sue ultime volontà, ordinò che il suo corpo venisse portato all'esterno e bruciato. Nel suo testamento, scaricò tutti gli altri leader nazisti e nominò il grandammiraglio Karl Dönitz come nuovo Presidente del Reich e Joseph Goebbels come nuovo Cancelliere - 24 - del Reich. Tuttavia quest'ultimo si suicidò il 1º maggio 1945 insieme alla moglie dopo aver ucciso i suoi sei figli. L' otto maggio 1945, la Germania si arrese. Il "Reich millenario" di Hitler era durato poco più di 12 anni. Oltre la storia - Non tutti credettero alla sua morte. Non ci credette del tutto Stalin, né l'allora primo ministro inglese Clement Attlee e lo dichiarò in una conferenza stampa: il corpo era carbonizzato e quindi non di facile identificazione. Allora fu fatta la prova del calco dentario e corrispondeva a quella del cadavere, ma se Hitler, sapendo che la guerra era persa, avesse fatto fare un calco dentario al sosia, per far si che fosse riconosciuto come il vero Fuhrer quando ne avrebbero trovato il cadavere? Gli storici obbiettano che la fuga non era possibile anche perché la dottrina nazista considerava disonorevole la fuga e la resa, infatti Goebbels, Himmler e più tardi Goering si suicidarono con il cianuro. Se vogliamo considerare possibile l’idea della fuga, allora Hitler potrebbe aver riparato in Argentina, dove la dittatura era a favore dei nazisti, per poi spostarsi in Paraguay negli anni sessanta. Ma come potrebbe essere arrivato in Sudamerica? Probabilmente con un sottomarino, più altri due di scorta, con il tacito aiuto degli USA (un documento segreto dell’ FBI conserverebbe delle testimonianze di chi dice di aver parlato con il Fuhrer dopo il 1945). _______________________ Filmato sulla vita privata del Furer: http://www.google.it/url?url=http://video.yandex.ru/users/falke04/view/388/&rct=j&sa=X&ei=Q2HdTvcsj92y BuX6tc8E&ved=0CF0QuAIwCQ&q=hitler&usg=AFQjCNH6KKdAnFi4h4h-MYk8QmVc4AXisA IO CASALESE di A.Trillicoso (Diana Edizioni) In questo libro, il protagonista è un ragazzo di sedici anni che comincia a farsi le grandi domande della vita e non accetta di vivere in una città assediata, che rifiuta e vive come un fardello il binomio casalesi-delinquenti. Viene fuori dal libro la voglia di avere una vita normale, perché la maggior parte dei casalesi e degli abitanti dei paesi vicini sono persone oneste, che hanno sogni e progetti ma sono costretti a vivere una vita difficile. La copertina del libro, il ragazzo seduto su una pistola, indica la consapevolezza ed il rifiuto di vivere in una realtà diffi-cile. Definito dalla stampa l'altra faccia di GOMORRA, vuole essere l'altra faccia dei Casalesi. Per l’acquisto: [email protected]@virgilio.it331760 8254..Compra Andropos in the world IL PERSONAGGIO DEL MESE LAURA FABIAN Lara Fabian, il cui nome è ispirato al personaggio femminile del Dottor Zivago, è una cantante e compositrice francofona, nata in Belgio da madre siciliana (Luisa Fabiano, da cui ha preso il nome d'arte) e padre fiammingo (Pierre Crokaert, chitarrista di Petula Clark). Ha vissuto la prima parte della sua infanzia in Sicilia, a Catania; l'italiano è infatti la prima lingua che ha imparato. Nel 1975, all'età di cinque anni, si trasferisce con la famiglia in Belgio, a Ruisbroek. Nel 1978 inizia ad affiancare agli studi scolastici, presso l'Istituto Santa Ursula di Forest, anche le lezioni di piano, solfeggio e canto presso il Conservatorio Reale. All'età di dieci anni, Lara Fabian compone le sue prime melodie, ispirata da artisti come Barbra Streisand e i Queen e verso i quindici comincia ad esibirsi in alcuni locali di Bruxelles. Determinante è l'incontro con Marc Lerchs, con cui inizia una collaborazione che tra il 1986 e il 1988 li porterà ad esibirsi insieme nei cabaret della capitale belga, tra cui il Black Bottom e il Caffè dell'Ilôt. Partecipa inoltre a diversi concorsi amatoriali, tra cui Le Tremplin di Bruxelles, che vince. Registra così il suo primo 45 giri, omaggio a Daniel Balavoine e stampato in 500 copie. Le canzoni L'Aziza Est En Pleurs e Il Y Avait, scritte da Marc, vengono ascoltate dal produttore Hubert Terheggen che, incuriosito, decide di assistere dal vivo ad una delle sue serate al Black Bottom. Nel 1988 Hubert Terheggen le propone di partecipare all'Eurovision Song Contest (che in quell'anno si svolge a Dublino), in rappresentanza del Lussemburgo. Si classifica al quarto posto (la vincitrice sarà Céline Dion, rappresentante della Svizzera) con la canzone Croire, che verrà tradotta in inglese (Trust) e tedesco (Glaub). Lara Fabian - per via del successo - abbandona gli studi di criminologia infantile, che stava seguendo in Italia, e decide di dedicarsi completamente alla carriera musicale. Nel 1988 Hubert Terheggen le propone di partecipare all'Eurovision Song Contest (che in quell'anno si svolge a Dublino), in rappresentanza del Lussemburgo. Si classifica al quarto posto (la vincitrice sarà Céline Dion, rappresentante della Svizzera) con la canzone Croire, che verrà tradotta in inglese (Trust) e tedesco (Glaub). Lara Fabian - per via del successo - abbandona gli studi di criminologia infantile, che stava seguendo in Italia, e decide di dedicarsi completamente alla carriera musicale. Incide il suo secondo 45 giri, Je Sais, e parte per il Québec per promuovere il disco. Nel 1996 la Walt Disney Studios la ingaggia per doppiare Esmeralda nella versione francese del Gobbo di Notre Dame. Il 1997 è l'anno di "Pure", che segna il suo debutto francese (tra i brani: Tout, Je T'Aime, Humana e la canzone La Différence) e grazie al quale si aggiudica il disco di platino, il Félix come Miglior Album Popolare e l'Juno Awards come Miglior Album Francofono. Nel cd è contenuta anche la cover della canzone Perdere L'Amore di Massimo Ranieri. Nel 1998 canta con Johnny Hallyday Requiem Pour Un Fou, durante un concerto di beneficenza ("Les Enfoirés"). Nel 1999 registra tra New York e San Francisco il suo primo album internazionale, intitolato "Lara Fabian". Oltre a Rick Allison, collabora con Walter Afanasieff e Patrick Leonard. In Italia è conosciuta soprattutto per la canzone Adagio, con un testo scritto to da Lara Fabian stessa sopra un pezzo di musica classica, l' Adagio, composto da Remo Giazzotto su basso numerato di Tomaso Albinoni. Altro singolo noto in Italia è I Will Love Again (al primo posto negli U.S.A. nella classifica Billboard Hot Dance Music/Club Play). L'album si aggiudica il World Music Awards per le due milioni di copie vendute. Nel 2000 collabora con Hollywood e incide le colonne sonore dei film A.I. - Intelligenza Artificiale e Final Fantasy. Nel 2001 esce l'album "Nue"; J'Y Crois Encore, Immortelle, Aimer Déjà, Tu Es Mon Autre (in duetto con Maurane) sono solo alcuni dei pezzi scritti con Allison. Nel 2002, a Roma, in una serata organizzata a Piazza di Spagna dalla tv di stato francese France 2, per celebrare la canzone italiana, Lara Fabian duetta con Laura Pausini ne La Solitudine. Nel 2003 incide la sua personale versione di Caruso di Lucio Dalla, interpretata durante il tour diventato successivamente un disco live, intitolato "En Toute Intimité"; nel quale si cimenta anche nell'aria della Traviata di Giuseppe Verdi, Addio Del Passato. Il 2004 è la volta di "A Wonderful Life", suo secondo album in inglese. I singoli estratti, come The Last Goodbye e I Guess I Loved You consolidano il successo di Lara Fabian nei paesi latini, e in special modo in Brasile. Tra gli altri brani, la cover di Wonderful Life, resa nota in Italia perché sigla dello spot dell'acqua Panna. Nel marzo 2005 esce l'album 9 che segna per la cantante l'inizio della fase artistica successiva allo scioglimento del sodalizio con Allison. Nuove sonorità, nuove collaborazioni, nuovo compositore e produttore, Jean-Félix Lalanne (suo compagno dal 2003 al 2006), nuovo tour mondiale, "Un Regard 9", che la vede impegnata in più di 60 concerti in vari paesi europei ed extraeuropei. Dal tour viene realizzato un CD/DVD dal titolo "Un Ragard 9 - Live", registrato durante il concerto allo Zenith di Parigi nel marzo 2007, e in cui sono contenuti un inedito registrato a Montréal, Aime, e quindici performances live, tra cui Je T'Aime cantata a cappella in apertura, Humana (durata oltre dieci minuti) e un omaggio a Barbra Streisand, con le interpretazioni di Papa Can You Hear Me e A Piece Of Sky. Il 29 marzo 2006, durante il concerto al teatro Zenith di Parigi, canta con Gigi D'Alessio La Donna Che Vorrei, in una versione italo-francese. ____________________________________________________________ I link seguenti, per le esecuzioni sue di maggior successo: L’Adagio di Albinoni: http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=xXdQj2Vxcp4#t=6s Caruso: http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=k62uNTaP5WI#t=3s Perdere l’amore: http://www.youtube.com/watch?v=PAYmRpOWUJ8&feature=player_detailpage#t=35s Always: http://www.youtube.com/watch?v=AvZNr63b_L4&feature=player_detailpage#t=16s Je suis malade: http://www.youtube.com/watch?v=bIIL5p7_WKk&feature=player_detailpage#t=5s - 25 - Andropos in the world IMMAGINI D’UN ALTRO TEMPO: La vespa, lo scooter storico della Piaggio A cura di Andropos La Vespa, storico modello di scooter della Piaggio, fu brevettato il 23 aprile del ‘46, su progetto dell'ingegnere aeronautico Corradino D'Ascanio. Il nome, divenuto poi famoso in tutto il mondo, sembra sia nato da un'esclamazione di Enrico Piaggio, il quale, alla vista del prototipo, esclamò: «Sembra una vespa!», per via del suono del motore e delle forme della carrozzeria. Il suo prototipo l'MP5 Paperino - fu concepito nel biellese quando durante la seconda guerra mondiale - gli stabilimenti di Pontedera vennero trasferiti in Piemonte, luogo ritenuto più sicuro in funzione dei bombardamenti alleati. Il progetto fu però poi accantonato e il modello non venne più prodotto e commercializzato. Forse la più grande innovazione di questo modello, che contribuì al suo successo planetario, fu la presenza di una carrozzeria portante, che sostituiva il telaio e che copriva integralmente il motore e le parti meccaniche principali, con i risultati di una protezione efficace dalle intemperie e del poter utilizzare finalmente la motocicletta con l'abbigliamento di tutti i giorni, sfatando la nomea della motocicletta che imbrattava il guidatore. La posizione del motore consentiva la trasmissione diretta dal cambio alla ruota posteriore senza catena, che faceva parte della semplicità progettuale che ha favorito il successo planetario della Vespa. La prima Vespa aveva una cilindrata di 98 cm3, motore a due tempi, tre marce, accensione a volano magnete, potenza massima di 3,2 cavalli a 4500 giri al minuto, che consentivano una velocità massima di 60 km/h e il superamento di pendenze del 20%. Per il lancio del nuovo scooter, Enrico Piaggio ottenne di essere ospitato nelle concessionarie della Lancia, anche per sottolineare il telaio-carrozzeria a scocca portante, sperimentato da Vincenzo Lancia, nel 1923, sul modello Lambda. I 100 esemplari pre-serie esposti andarono a ruba e si diede avvio alla produzione in serie di un primo lotto di 2.500 esemplari, 2.181 dei quali furono venduti nel 1946; un risultato destinato a quintuplicare nell'anno successivo, con 10.535 Vespa vendute. Il prezzo di 68.000 lire equivaleva a diversi mesi di lavoro di un impiegato, tuttavia la possibilità del pagamento rateizzato fu uno stimolo notevole per le vendite: la Vespa dette il primo impulso alla motorizzazione di massa in Italia, prima ancora dell'avvento dell'altra grande protagonista, la Fiat 500. Anche i modelli successivi avevano rigorosamente motori a due tempi, funzionanti con miscela di benzina e olio (in una prima fase al 6% e al 5%, successivamente al 2%). Il motore era sostenuto posteriormente dalla carrozzeria portante nelle vicinanze della ruota, il serbatoio situato anch'esso posteriormente dal lato opposto del motore e, perlomeno in alcuni modelli, con la presenza anche - 26 - della ruota di scorta. Il cambio a tre o quattro marce era comandato dal manubrio tramite la rotazione della manopola in blocco unico con la leva di comando della frizione. Con questo modello si inaugurò la caratteristica della posizione di guida con le gambe non più separate dal serbatoio e appoggiate su una larga pedana posizionata dietro lo scudo di protezione, caratteristica precipua che si ritrova anche negli scooter odierni. La Vespa è stata prodotta dai modelli 50 cm3 (1963) per uso dai 14 anni senza patente e rigorosamente senza passeggero, alle 125 cm3 che potevano ospitare anche un passeggero (in particolare il modello Primavera) guidabili in Italia a partire dai 16 anni, fino alle versioni da 150 e 200 cm3 autorizzate anche al transito autostradale. Nello scorrere degli anni, la Vespa rimane uno degli esempi di design industriale più riuscito al mondo. La sua linea, pur variando nel particolare, rimane inconfondibile nell'insieme: qualsiasi sia il modello, qualsiasi sia l'anno di produzione, le sue caratteristiche fondamentali rimangono impresse a tal punto che l'oggetto Vespa è identificabile in modo univoco. L'unico scooter "rivale" dell'epoca degno di nota è stato la Lambretta della Innocenti, nata un anno dopo e che ha cessato di essere prodotta in Italia nel 1971. La Vespa appare in svariati film, tra i quali ad esempio (in ordine cronologico) Vacanze romane (1953), Quadrophenia (1979), Caro diario (1993), Il talento di Mr. Ripley (1999), American Pie (1999) e The Interpreter (2005). Di curioso interesse è anche una foto fuori scena di Charlton Heston e Stephen Boyd in abiti storici nel film Ben-Hur accanto ad una vespa VNA1T del 1959, utilizzata per gli spostamenti sul set. Miami-Florida – Auguri a Lorenzo Branchetti che scrive: ” HAPPY HOLIDAYS EVERYONE AND A WONDERFUL NEW YEAR FULL OF GOOD TIDINGS” THE BRANCHETTI'S LAWRENCE AND TOMMY http://www.branchetti.com/demos/denny_farrell_summer_wind2.mp3 Andropos in the world AISOPOS ET PHAEDRUS IN NAPOLETANO L’asino ed il leone έὶὄ Un asino sbruffone si vantava con gli altri animali, del proprio coraggio e della propria forza. Un giorno ricevette un’inaspettata proposta dal re della foresta di andare a caccia insieme. Di buon mattino, s’incamminarono verso una caverna, dove avevano visto rifugiarsi un gran numero di capre selvatiche. Il leone si fermò davanti all’entrata, con l'intento di catturare le prede appena sarebbero uscite dal rifugio, l'asino, invece, entrando nella grotta e balzando in mezzo ad esse ragliava per spaventarle. Quando il leone le ebbe catturate quasi tutte, l’asino venne fuori e gli chiese se era stato un guerriero valoroso, nella cacciata delle capre. Il leone sorridendo rispose: “Ma sai, avrei avuto anche io paura di te se non avessi saputo che eri un asino!" Così, chi fa il fanfarone davanti a quelli che lo conoscono bene, si guadagna giustamente le beffe. ‘O LIONE E ‘O CIUCCIO (Si si’ fesse, nu’ te chiammà baròne) ‘Nu ciuccio, millantatore e un po’ buffone, vantava la sua forza e ’o curaggio. Un leone, ca era di passaggio, gli chiese ’e fa ’na sucietà, e jère a caccia là pe’ llà. Quando arrivajene davanti a ’na caverna, L’asino currette dìnte cumm’ ’o fesso Mént’ ‘o liòne se fermàje all’ingresso. Spaventate de’ ragli e do’ rrevuòto ‘e crapre, che là s’erano annaccuvàte, currère ‘a fòre tutte ‘ntribulàte e do’ lione furono catturate. Dòppe tanta fatica, l’asinello jètte a bruca’ l’ erba da stronzetto, e ‘o liòne, chiuttòsto cattivello, si strafocaje ‘e crapre in un banchetto. ___________________________ Aἲsopo – μύθο CCVIII Lexicon necessarium: Arrivàjene: arrivarono; denom. dal latinismo, ad - ripare: giungere a riva. Annaccuvàte: da annaccuvà, ripararare. Revuòto: chiasso, rivolta; dal lat. revolvere. Strafucàje: divorare; da (e)xtra +focare (den. da fauces ___________ Fabula docet (‘ύò: Chi vanta meriti che non ha, si guadagna le beffe. L’alleanza con i potenti non conduce proprio a niente. (Da “ Aìsopos, favole in napoletano ” di F.Pastore) LO SAPEVATE CHE La Cazzeide e la Cunneide sono opere di Donnu Pantu, alias Domenico Piro, prete e poeta di Aprigliano, il paese più vicino a Pietrafitta, nato il 14 ottobre 1660 e morto nel 1696. Ecco qualche verso: “E mo curre nu sièculu puttanu,/ ppe’ nun dire nu sièculu curnutu,/ n’età chi nun se trova cunnu sanu /né culu chi nun sia statu futtutu… “(Parla, ovviamente, del 700; ma che direbbe se vivesse oggi?). Poi, a proposito della verginità della Madonna, ha scritto: “ …La Marunnuzza che di minghia non ne vide manco na ndecchiuzza…” Numerosi farmaci di uso comune interferiscono con il sonno: gli antidepressivi, gli ansiolitici e gli estratti tiroidei, ma anche i broncodilatatori. L’uso della bicicletta è l’ideale per combattere l’ipertensione arteriosa, le cardiopatie e favorire la riabilitazione post traumatica. L’uso della bicicletta porta all’aumento dei capillari della muscolatura interessata e fa diminuire l’incidenza delle malattie respiratorie. I Carmina triumphalia sono una delle forme preletterarie, come l’Atellana ed i Fescennini, appartenenti alle origini della letteratura latina. Erano versi orali improvvisati e recitati durante le cerimonia di trionfo: un corteo formato dalle massime autorità romane, dal generale vittorioso e dai sui soldati sfilava dalla Porta Triumphalis al Campidoglio. In questa occasione, i legionari romani improvvisavano tali carmina, che erano un insieme di lodi e di frasi di scherno, indirizzate verso al comandante vincitore . In effetti, i soldati, approfittando dell'atmosfera festosa e permissiva del momento, non si limitavano soltanto ad elogiare il loro comandante, ma ne facevono anche oggetto di ilarità. Svetonio ci tramanda parte di un carmina rivolto a Giulio Cesare, post bellum gallicum, nel momento del suo ingresso trionfale nell’Urbe: « Gallias Caesar subegit, Nicomedes Caesarem: ecce « Cesare ha sottomesso le Gallie, Nicomede Cesare: ecco, ora Caesar nunc triumphat qui subegit Gallias, Nicometrionfa Cesare, che sottomise le Gallie, mentre non trionfa Nicodes non triumphat qui subegit Caesarem ». « Urbani, mede, che pur sottomise Cesare » « Civili, state attenti alle moservate uxores: moechum calvum adducimus. Aurum in gli: vi portiamo l'amatore calvo. L' oro in Gallia te lo sei consuGallia effutuisti, hic sumpsisti mutuum ». mato in donne, qui (a Roma) l'hai preso in prestito ». - 27 - Andropos in the world DE COGNOMINE DISPUTĀMUS “ Il soprannome è l’orma di una identità forte, che si è imposta per una consuetudine emersa d’improvviso, il riconoscimento di una nobiltà popolare, conquistata in virtù di un ruolo circo-scritto alla persona, quasi una spinta naturale a proseguire nella ricerca travagliata di un altro sé. Il sistema antroponimico era dunque binominale, formato da un nome seguito o da un’indicazione di luogo (per es.: Jacopone da Todi), o da un patronimico (Jacopo di Ugolino) o da un matronimico (Domenico di Benedetta) o da un attributo relativo al mestiere (Andrea Pastore), et cetera. Il patrimonio dei cognomi era pertanto così scarso, che diventava necessario ricorrere ai soprannomi, la cui origine non ha tempi e leggi tali, da permettere la conoscenza di come si siano formati, e la maggior parte di essi resta inspiegabile a studiosi e ricercatori. Spesso, la nascita di un soprannome rimanda ad accostamenti di immagini paradossali ed arbitrari. Inutilmente ci si sforzerebbe di capire il significato e l’origine di soprannomi come "centrellaro" o come "strifizzo" o "trusiano", lavorando solo a livello di ricerca storica e filologica. E così, moltissimi soprannomi restano inspiegabili, incomprensibili, perché si è perso ormai il contesto storico, sociale e culturale o, addirittura, il ricordo dell’occasione in cui il soprannome è nato. Solo dunque i soprannomi che hanno un preciso riscontro nel mondo quotidiano e quelli di conio più recente possono essere interpretati, spiegati e capiti; per gli altri dobbiamo accontentarci di avere le raccolte. I primi cognomi appaiono in Italia nel IX secolo come prerogativa distintiva di una classe privilegiata, poi man manoil fenomeno si diffonde sempre più, fino ad arrivare. in epoca rinascimentale ad essere abbastanza diffuso. Non è ancora comunque una caratteristica ereditaria, ma piut-tosto un carattere distintivo della persona, solo i nobili trasferiscono ai figli primogeniti l'uso dell'identificativo del casato, che così si perpetua. Verso il XVIII° secolo il bisogno di far un po’ d'ordine e la necessità di identificare popolazioni diventate ormai troppo popolose porta all'impo-sizione per legge dell'obbligo del cognome. Questo mese, ci occuperemo del cognome BERLUSCONI Etimologia - Ha origine probabilmente dal vocabolo del dialetto milanese berlusch (strabico, storto) ed è situato nelle provincie settentrionali della Lombardia. Dal provenzale lòsco o lusco; francese losque; spagnolo e portoghese lusco, dal latino luscus, una contrazione di lux captus, privo di luce, di un occhio. Il Grande dizionario della Lingua Italiana del Battaglia, non differisce da quanto sopra ed infatti, alla voce “Berlusco”, riporta: “Agg. (plur. m. – chi). Dialettale: strabico. Voce d’area lombardo-veneta. Milanese: ber-lusc, barlusc, affine al lucchese bilusco”. La stessa etimologia della parola “berlusco” si trova nel Vocabolario Etimologico di Ottaviano Pianigiani (Fi - 1907, p.148) Personaggi – Silvio Berlusconi, operaio; 57 anni, omonimo del premier, è morto oggi in un incidente in - 28 - montagna nel Comasco, sul sentiero che sale alla capanna Menaggio.Berlusconi è scivolato su un lastrone di ghiaccio ed è precipitato per trenta metri: inutili i soccorsi, il corpo è stato recuperato dall'elicottero del 118. Operaio in tessitura, Silvio Berlusconi viveva a Veniano (Como) e spesso la sua omonimia era stata al centro di servizi giornalistici, specialmente in occasione delle elezioni politiche, appartenendo egli allo schieramento opposto a quello del suo illustre omonimo. Silvio Berlusconi, (Milano, 29 settembre 1936) è un politico e imprenditore italiano, Cavaliere del Lavoro ed uomo politico. Siede alla Camera dei Deputati dal 1994, anno della sua prima elezione. Ha ottenuto quattro incarichi da presidente del Consiglio: il primo nella XII legislatura (1994), due consecutivi nella XIV (2001-2005 e 2005-2006); ed infine nella XVI (2008-2011). Ha iniziato la sua attività imprenditoriale nel campo dell'edilizia. Nel 1975 ha fondato la società finanziaria Fininvest e nel 1993 la nota società di produzione multimediale Mediaset. G.Rispoli ALLORA PRENDI IL MIO CUORE ALLORA PRENDI IL MIO CUORE… Allora prendi il mio cuore ma prendilo delicatamente prendilo dolcemente il rosso cuore … ora esso è tuo. Batte così sereno, batte in sordina perché ha amato ed ha sofferto ora è calmo … ora esso è tuo … e può essere ferito, può venir meno, può dimenticare e spesso dimenticare ma mai dimenticare che è tuo … era così forte e così orgoglioso il mio cuore, dormiva e sognava nella passione e nel gioco, ora può essere schiacciato … ma soltanto da te! Maria Grazia Falsone _______________ http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=DTxM-K_rmcY#t=6s Maria Grazia Falsone, nata a Campobello di Licata(AG)da Giuseppe e Carmen Camilleri, ha trascorso la prima infanzia, a causa del lavoro del padre, militare del- l'arma dei carabinieri, a Sermoneta e a Gavignano, comuni in pro- vincia di Latina l'uno e di Roma l'altro. Ha completato gli studi superiori , in successivi trasferimenti della famiglia , tra Gela e Acireale. Ha ottenuto diversi premi, segnalazioni e menzioni . ________________ Andropos in the world DENTRO LA CITTA’ DI SALERNO L’ALTRA FACCIA DEL NATALE A cura di Sofia Gargano Ogni anno, in questo periodo, tante persone avrebbero bisogno della solidarietà degli uomini e dell’effetto di quello spirito di fratellanza che è il fondamento del Cristianesimo. Purtroppo, sono costretto a chiedermi dove sia finito quello spirito natalizio, che costituiva il contesto del Natale di un tempo, quando la carità era manifestazione d’amore dell’uomo per il proprio fratello. Eppure in tempi di crisi come quello che stiamo vivendo, la cosa più importante, dovrebbe essere lo stare insieme; il volersi bene, trascorrendo in famiglia la festa più bella dell’anno. Il mio pensiero va a coloro che avrebbero bisogno di un tetto sulla testa, di una famiglia, di un buon pasto, senza essere costretti a vivere in ripari fatiscenti, rimediando un pasto alla mensa dei poveri. E che dire dei nostri militari, che sono ancora in zone di guerra e di tutti quegli italiani che sono all’estero, alla ricerca di lavoro e fortuna? Sono queste riflessioni che ci fanno capire quanto noi siamo più fortunati ! Per questo, a me basta davvero poco a rendermi felice, ma non solo a Natale, e così dovrebbe essere un po’ per tutti. Vivere della gioia che nasce nel nostro cuore e cercare di aprirsi agli altri, abbandonando l’aspetto di chi non è mai soddisfatto di nulla è, in fondo, lo spirito del Natale, una festa che ci rinnova e toglie, o almeno dovrebbe, il grigiore dai nostri visi perennemente alterati dal livore della più nera mediocrità. E’ACCADUTO A … Bologna - Dirigente comunale, con tanto di stipendio a quattro zeri, ma senza avere una laurea e con un diploma fortemente a rischio. Marco Lombardelli, 37 anni, dal 19 dicembre non è più il responsabile del Gabinetto del sindaco di Bologna. L'ormai ex braccio destro di Virginio Merola ha deciso di tirare i remi in barca dopo la bufera mediatica scatenata dall'ex assessore della giunta Cofferati, Antonio Amorosi, che aveva reso pubblico il suo singolare status all'interno della macchina comunale bolognese: capo di Gabinetto del sindaco, con stipendio e qualifica da dirigente, ma senza un titolo di studio adeguato così come prevede la legge. Un'anomalia che ha fatto gridare allo scandalo le opposizioni. Scoperta la magagna, avevano già annunciato il ricorso d'urgenza alla Corte dei Conti. Ma prima che la situazione precipitasse, Lombardelli ha deciso di mollare, motivando la sua scelta con l'ormai perduta serenità nel suo lavoro quotidiano e con la salvaguardia della giunta guidata da Merola. «Le notizie di questi giorni riguardo il mio ruolo all'interno dell'amministrazione comunale hanno segnato irreparabilmente la serenità per svolgere al meglio un compito delicato come quello di responsabile di Gabinetto del sindaco», ha scritto Lombardelli in una nota inviata alla stampa. «Ho sufficiente senso di responsabilità per agire evitando che situazioni come questa possano essere strumentalizzate a recare danno al sindaco e alla giunta che stanno lavorando intensamente per il bene di Bologna». Un addio che quasi certamente non basterà però a mettere al riparo la giunta di centrosinistra e che adesso dovrà spiegare una situazione quantomeno singolare. E cioè come sia stato possibile affidare un ruolo fiduciario così importante senza verificare, al momento della stesura del contratto di incarico, che esistessero i requisiti di legge, ovvero la laurea. A portare alla ribalta il curioso caso di Marco Lombardelli è stato qualche giorno fa l'ex assessore alla casa di Sergio Cofferati, Antonio Amorosi. Svestiti i panni politici, Amorosi da qualche mese si è messo a fare le pulci alla giunta Merola e dopo aver sollevato più di un dubbio sui concorsi per alti dirigenti del Comune, ha deciso di prendere di mira il ruolo di Lombardelli. Quello di Lombardelli però non è un caso isolato. Altri dirigenti, a Bologna come in molti altri comuni d'Italia, ricoprono incarichi e incassano stipendi a quattro zeri senza necessariamente avere tutti i requisiti richiesti dalla legge. L'escamotage più utilizzato è quello delle nomine attraverso il meccanismo dello staff politico, particolare che permette di far guadagnare stipendi da dirigenti laureati anche a chi non ha mai messo un piede in un'aula universitaria.[…] M.Papasso Usa animali veri per le sue opere Si chiama Katinka Simonse, ha 31 anni e vive ad Amsterdam. l’assassina continua a uccidere criceti, maiali, cani e gatti, per realizzare quelle che impropriamente chiama opere d'arte. Ma gli animalisti non ci stanno e le fanno la guerra... Nel 2004 Katinka Simonse, uccise il suo gatto domestico per fabbricarsi una borsetta, generando l'ira degli animalisti olandesi. - 29 - Andropos in the world LEVIORA Cose dell’altro mondo – Dante e Virgilio vanno per l'Inferno. Arrivano al girone dei sodomiti, dove i dannati che camminano sulla sabbia infuocata sotto una pioggia di fuoco. Arriva Dante con Virgilio e un diavolo scaraventa il poeta fiorentino sotto la pioggia di fuoco. "Ahi! -grida Dante uscendo di corsa - non vedi che sono Dante? -. Ma il diavolo lo ripiglia e lo sbatte nella sabbia rovente. «Ahia! -urla Dante- diglielo tu o maestro che sono Dante!». Ma il diavolone imperturbabile: -Non importa, dante o prendente, la pena é sempre la stessa! -. Sui simpatici carabinieri – Nell'intervallo tra due numeri di acrobazia il presentatore propone un gioco per coinvolgere il pubblico. Si tratta di superare tre prove per vincere 100 milioni: 1) bere in 1 minuto 20 grappini; 2) tagliare la criniera di un ferocissimo leone; 3) sodomizzare una vecchia di 80 anni. Si presenta il primo: crolla dopo 10 grappini, il secondo ha troppa paura del leone, il terzo.... rinuncia alla terza prova. Finché si presenta alla gara un aitante carabiniere di 25 anni, orgoglio dell'arma. In 30 secondi si scola i grappini. Poi, un po' barcollante, entra nella gabbia, che viene celata al pubblico da un enorme telone. Inizia così una lotta furibonda che il pubblico può solo intuire. Dopo qualche minuto, il ruggito di resa del leone… poi il silenzio. Il tendone si alza, il carabiniere, uscendo dalla gabbia, tutto stracci, esclama: "E adesso dov'é la vecchia che la rapo a zero!". Esami di ammissione a carabiniere: "Mi dica il nome di tre metalli". Il candidato: "Uranio, ustagnu, uferru". "Mi dispiace, ustagnu e uferru vanno bene, ma uranio no; é un insetto!". Un carabiniere é in auto con un cucchiaio fuori del finestrino. Cosa sta facendo? Imbocca la strada!. Son cose da pazzi – Un ingegnere racconta ai suoi amici ingegneri: - Ieri ho conosciuto una donna bellissima in discoteca... La invito a casa mia, le offro una cosa da bere, e comincio a baciarla…Gli amici:-Ueeehhhheeehhhhe!!- Lei mi fa: "Spogliami"!Gli amici: - Perdiana! - Al che io la spoglio completamente, la sollevo e la faccio sedere sulla tastiera del mio nuovo PC...Gli amici: - Hai un PC nuovo? Figata! Che processore? … L’hdd di quanti giga?...- Ė vecchia, ma sempre efficace – In un manicomio un pazzo, convinto che fuori dalla sua cella ci sia il mare, decide di scappare buttandosi dalla finestra. Presto fatto: Dopo il tonfo il suo compagno si affaccia e gli chiede: -Tutto apposto?L'altro, mezzo morto, da terra gli risponde: -Si! Ma tu buttati dall'altro lato, che qui ci sono gli scogli! - Freddure ed altro Abbiamo riso abbastanza, adesso pasta. Come si chiama il direttore delle poste di Dublino? Frank o'boll. "Tutte le strade portano a Roma" E’ un detto popolare o la conclusione dei giudici antimafia? Era un uomo così piccolo che i capelli gli puzzavano di piedi. Perché il bue sbatte la testa contro il muro ? ...... per farsi la bua. Cosa fa un indiano in frak ? ........ il fico d'India. Se lavorare fa bene, perché non lo lasciamo fare agli ammalati? Qual é l'uccello che vola più in alto? - Quello degli astronauti! Che premio hai vinto al concorso dei brutti? - Il No bel! Perché agli uomini di una certa età cresce la pancetta? - Per dare un tetto ad un disoccupato!Cosa dice una supposta a un missile? - Beato te che vai in cielo!- - 30 - Andropos in the world LA PUBBLICITA’ DI ANDROPOS Se vuoi evitare lunghe attese e perdita di tempo, POSTA EXPRESS di Spadea Maria Concetta Troverai cortesia, precisione, sollecitudine e… tanta convenienza! Posta express, in via Sabato Robertelli, 56/C84128 Salerno cell.: 329.0268324 NOMI E TITOLI DELLA VERGINE DI Renato Nicodemo pag. 128 - euro 20 - Editore: Viva Liber Spedizione gratuita in Italia Cancello ed Arnone News Di Matilde Maisto una soluzione d’informazione giovane e brillante _________________ e-mail: [email protected] Gabriele Pulli Note sull’inconscio pag. 80 – ed. _Moretti&Vitali fig. di copertina di L.Carrino: “Senza titolo” 2006 RESRICERCA E SVILUPPO PER A.L.I.A.S. Accademia letteraria italo-australiana scrittori Melbourne – Australia Contatti:http://www.alias.org.au/ P UBBLICAZIONE PERIODICA DI CULTURA E ATTUALITÀ IN LINGUA ITALIANA LE POLITICHE SOCIALI ________________ Direttore scientifico Natale Ammaturo ALBERTO MIRABELLA: “Il valore paradigmatico dei soprannomi a Sarno” Termini, mestieri e giochi finiti nell’oblio. Ovvero r’i stuortonòmme. strangenòmme… _________ Brunolibri Editore, Salerno, 2010 ISBN 978-88-86836-60-9 Settimanale della lingua italiana nel mondo Direttore- editore responsabile : Luciana Biseo [email protected] ______ San Pedro de Montes de Oca, San José, Costa Rica, Fax(506)22202562 LA LIBERTA’ DI FILIPPO di Sandro Rossi Edizioni Albatros – Roma Immagine di copertina di G.Rispoli - 31 - ANDROPOS IN THE WORLD, Rivista e Teleweb, hanno, inoltre , il patrocinio del Comune di Pagani, di S. Valentino Torio, degli Enti Carminello e SS. Corpo di Cristo. Il giornale è inviato ad e-mails opportunamente selezionate, eventuali errori saranno corretti, alla prima richiesta di CANCELLAZIONE. La teleweb ANDROPOS IN THE WORLD e la sua rivista non hanno finalità lucrative, né sono esse legate ad ideologie politiche. Perciò, agiscono nella totale libertà di pensiero, in nome di una cultura, che ha a cuore i valori che rappresentano il cardine della società civile e della vita,nel pieno rispetto per la persona umana e contro ogni forma di idiosincrasia. Pro pace, sempre contra bellum. Ai sensi e per gli effetti del D. Lg. 196/03, le informazioni contenute in queste pagine sono dirette esclusivamente al destinatario. È Vietato, pertanto, utilizzarne il contenuto, senza autorizzazione, o farne usi diversi da quelli giornalistici . I collaboratori, volontari, non percepiscono compenso alcuno e si assumono le responsabilità di quanto riportato nei propri elaborati. 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