Università degli Studi di Genova
Scuola di Scienze Mediche e Farmaceutiche
Corso di Laurea in Infermieristica
Dipartimento di Scienze della Salute (DiSSaL)
Coordinatrice del Corso
Prof.ssa Loredana Sasso
TITOLO
“L’approccio infermieristico educativo al
paziente stomizzato”
STUDENTE
RELATORE
Valentina Di Vita
Dott.ssa Bruna Crepaldi
CORRELATORE
Federica Putzu
A.A. 2014/ 2015
DEDICA
Ai miei genitori
per avermi regalato gli anni più belli della mia vita
con il sudore dei loro sacrifici
e per essere sempre stati presenti in ogni momento
e in ogni mia scelta.
RINGRAZIAMENTI
Sono già passati più di tre anni da quando ho deciso di iniziare questa nuova
esperienza lontana dalla mia famiglia, dalla mia casa e dalla mia terra. Già
dai primi giorni in quest’università ho capito subito che non sarebbe stato
per niente facile.
Sono stati anni pieni di emozioni; ho trascorso giorni felici godendo dei
miei successi e giorni in cui volevo sprofondare per il senso di colpa di non
aver raggiunto il risultato sperato. Anche gli insuccessi che ho accumulato
durante questi anni fanno parte del mio bagaglio personale perché grazie a
loro ho imparato a cadere e a rialzarmi senza mai abbattermi.
Ai miei genitori devo tutto, è solo grazie a loro se oggi sono riuscita a
raggiungere questo traguardo così importante, grazie ai loro sacrifici, agli
incoraggiamenti costanti e al loro amore che riuscivo a percepire anche solo
attraverso una telefonata.
Ringrazio Alessandro, mio fratello, che ha condiviso con me questo
percorso di studi, per essere stato sempre accanto a me.
Ringrazio i miei nonni, mia zia e i miei cugini, Davide e Sofia, che grazie
alla loro tenera età riescono a farmi divertire con poco.
Ringrazio le mie amiche, pilastri portanti della mia vita, Alice, Eva e Krizia
che sono sempre state pronte ad aiutarmi a sostenermi e a credere in me.
Grazie a loro sono riuscita a sconfiggere l’ansia di questi ultimi mesi.
Ringrazio Claudia, mia compagna di università, compagna di avventura e
compagna di vita. Con lei ho condiviso tutto in questi tre anni, risate, pianti,
successi e fallimenti e spero che la fine di questa esperienza non ci divida.
Infine, e non per importanza, ringrazio la mia relatrice, la Dott.ssa Bruna
Crepaldi e la correlatrice Federica Putzu, infermiera del reparto di Chirurgia
Generale dell’ospedale Villa Scassi; grazie alla loro gentilezza e piena
disponibilità, indispensabile per la stesura di questa tesi.
INDICE
Premessa
pag.1
Introduzione
pag.2
Capitolo 1. Le stomie: insorgenza, classificazione e diffusione
1.1. Cenni storici
pag.3
1.2. Stomie: definizione e classificazione
pag.4
1.3. Patologie e cause che portano al confezionamento di
una stomia
pag.8
1.4. Complicanze peristomali
pag.12
1.5. Aspetti epidemiologici
pag.16
Capitolo 2. Approccio infermieristico al paziente stomizzato
2.1. Continuità assistenziale
pag.18
2.1.1. Assistenza pre-operatoria
pag.18
2.1.2. Assistenza post-operatoria
pag.19
2.1.3. Assistenza alla dimissione
pag.20
2.1.4. Follow up
pag.21
2.2. Approccio infermieristico e pianificazione assistenziale
pag.22
2.3. Gestione della stomia e stomacare
pag.23
2.4. Gestione delle complicanze
pag.28
2.5. Educazione sanitaria
pag.31
2.6. Competenze tecniche, relazionali ed educative
pag.33
Capitolo 3. Metodi per favorire l’autocura del paziente
3.1. L’Educazione terapeutica secondo l’OMS
pag.35
3.2. Empowerment
pag.37
3.3. L’infermiere case manager
pag.39
Capitolo 4. Strumenti per favorire l’autocura del paziente
4.1. Costruzione dello strumento informativo: l’opuscolo
pag.41
4.2. Costruzione dello strumento educativo: la check list
pag.42
4.3. Un’esperienza italiana A.R.I.STOM. – Rimini
pag.43
4.4. Conclusioni
pag.45
Bibliografia
pag.47
Sitografia
pag.48
Indice figure, grafici e allegati
pag.49
Premessa
La problematica relativa alle stomie addominali ha acquisito, negli ultimi
anni, un’importanza sempre maggiore: la notevole diffusione del fenomeno
e l’interesse suscitato dall’aspetto qualitativo oltre che quantitativo della vita
degli stomizzati, un tempo abbandonati a loro stessi e considerati ‘’diversi’’,
oggi hanno concrete possibilità di pieno reintegro nella società grazie ad una
serie di interventi volti alla loro rieducazione funzionale ed alla corretta
gestione dello stoma. Attualmente l’assistenza al paziente stomizzato
costituisce una realtà sempre più emergente, infatti le nuove tecniche
chirurgiche e stomaterapisti competenti e dedicati solo a questo tipo di
problematica, costituiscono le fondamenta solide dell’assistenza e
successivo completo recupero del portatore di stomia.
L’infermiere assiste il paziente dal punto di vista clinico e relazionale,
fornendo un importante punto di riferimento al di fuori della famiglia:è la
figura a cui spesso il paziente operato si affida per superare la situazione di
imbarazzo che l’intervento ha comportato e costituisce un aiuto per
ricominciare a vivere come prima. L’infermiere riveste un ruolo
fondamentale nell’aiuto fornito al paziente per la gestione degli aspetti legati
alla malattia.
L’assistenza ai pazienti portatori di stomia va gestita nell’ottica di
supportare ed aiutare il paziente nel raggiungimento di uno dei più
importanti obiettivi: l’autonomia nella gestione dei presidi dedicati.
Altri aspetti complessi che la persona affronta riguardano il disagio sociale,
l’emarginazione e le difficoltà relazionali dovuti alla mancata accettazione
della stomia.
Durante le mie esperienze di tirocinio, l’esigenza di prendermi cura di
persone stomizzate ha suscitato in me l’interesse ad approfondire
maggiormente le tematiche relative alla patologia al fine di fornire
un’assistenza adeguata e qualificata.
1
Introduzione
Attraverso questo elaborato è stata effettuata una ricerca per illustrare e
descrivere le molteplici patologie e cause che portano al confezionamento di
una stomia e gli aspetti epidemiologici di questo fenomeno. Nello specifico
l’elaborato evidenzia l’importanza di pianificare un’assistenza continua che
comprenda l’educazione sanitaria nel post-operatorio e le competenze
tecniche, relazionali ed educative che l’infermiere utilizza per assicurare
cure adeguate, applicando le conoscenze scientifiche e rispettando la cultura
e i bisogni individuali del paziente. L’infermiere garantisce attraverso
l’impegno dei presidi specifici che ogni paziente non vada incontro a
complicanze nella gestione e cura della stomia.
Attraverso l’educazione terapeutica l’infermiere favorisce l’autocura del
paziente, poiché il processo educativo, transitando attraverso i vissuti della
persona, prevede di effettuare attività di sensibilizzazione, di informazione,
di apprendimento, di aiuto psicologico e sociale in relazione alla malattia, ai
trattamenti, alla prevenzione delle complicanze, agli stati d’animo del
paziente. L’approccio infermieristico interviene favorendo il processo di
empowerment del paziente che è il protagonista dell’autocontrollo, mentre i
sanitari possono fornire informazioni, consigli e rafforzare le motivazioni; il
paziente deve essere aiutato a prendere consapevolezza che la cura della sua
malattia dipende anche dal suo potenziale e dalla sua motivazione nel
raggiungere il massimo benessere possibile. Fornire al paziente strumenti,
come un opuscolo informativo in grado di rispondere a molte domande che
il paziente si pone, ed una check list che può guidare nell’esecuzione di
igiene e cura della stomia, per il raggiungimento di un ottimo grado di
autonomia nella gestione della stessa. L’obiettivo di questa tesi è quello di
evidenziare come la funzione infermieristica utilizzata nell’approccio
educativo al paziente stomizzato, può migliorare la sua qualità della vita
stimolando l’empowerment del paziente e della famiglia, superando la
criticità e i problemi che si presenteranno durante le fasi della malattia,
favorendo l’adattamento, l’accettazione e l’autonomia del paziente.
2
CAPITOLO 1
Le stomie: insorgenza, classificazione e
diffusione
1.1 Cenni storici
La soluzione di un’occlusione intestinale attraverso la stomia trae le sue
origini sin dai tempi biblici, attraverso la formazione di una fistola
spontanea, dovuta ad un trauma o da un viscere strozzato. Per un arco di
tempo molto lungo l’uomo si è trovato di fronte all’incapacità di salvare la
vita alle numerose vittime di questa patologia. Di fronte al quadro clinico di
un addome acuto, chiamato nell’antichità ‘’passione iliaca’’, sono stati
escogitati i rimedi più disparati ed improbabili, spesso con esito infausto.
Il primo ‘’ano artificiale’’ è stato eseguito nel 1700 dal chirurgo francese
Pillore, pioniere della chirurgia dello stoma, mentre effettuava una
ciecostomia. Lo stesso è passato alla storia anche perché informò il paziente
del tipo di intervento e delle possibili complicanze, ideando e realizzando il
primo presidio per stomizzati. Tale presidio consisteva in una lamiera con
una spugna a forma di bottone sostenuta da una fasta elastica.
La chirurgia del colon nell’800 aveva un’elevatissima mortalità:
le infezioni del peritoneo erano la regola. Significativi progressi si
iniziarono ad ottenere solo all’inizio del ‘900, grazie a Mayo e Miles; nei
paesi anglosassoni intorno agli anni 50 viene a crearsi la figura
dell’enterostomista, infermiere specializzato. In Gran Bretagna nascono in
quegli anni le prime associazioni di pazienti stomizzati. Attualmente i
presidi a disposizione sono sacche leggere lontane anni luce dai contenitori
metallici ed il personale infermieristico ha competenze avanzate per poter
assistere ed educare il paziente alla sua nuova condizione.
3
1.2 Stomie: definizione e classificazione
Il termine ‘’stomia’’ indica il risultato di un intervento chirurgico che
consiste nell’abboccamento di un tratto dell’intestino o delle vie urinarie alla
cute consentendo la fuoriuscita all’esterno di materiale organico di feci e/o
di urine. Il termine stomia deriva dal greco ‘’stoma’’ e significa ‘’apertura’’
o ‘’bocca’’. Il termine stomia viene preceduto dal nome del tratto abboccato
all’esterno (ileo-stomia, colon-stomia).
Figura 1. stoma
Immagine tratta dal sito
www.alsilombardia.it
Il paziente stomizzato è un soggetto che per patologie varie (neoplastiche,
infiammatorie, traumatiche) ha subito l’asportazione dei meccanismi della
continenza
(canale
anale,
sfinteri,
ampolla
rettale,
vescica)
e
l’abboccamento alla parete addominale di un tratto di intestino (ileo, colon)
e/o di uretere. La stomia essendo priva di sfintere è soggetta ad una continua
fuoriuscita di feci e di urine che non possono essere in alcun modo
trattenute. Questo è un grave inconveniente che, però, può essere affrontato
e risolto in modo soddisfacente mediante una buona conoscenza del
trattamento della stomia. Il confezionamento di una stomia rappresenta, in
molti casi, l’unico modo per sopravvivere ad una malattia o ad un incidente.
Questa soluzione anche se compromette le funzioni fisiologiche, permette
l’allontanamento immediato ed efficace dei problemi che gravano sullo stato
di salute del paziente. Quando si è portatori di una stomia bisogna
considerarla come un nuovo organo che fa parte del nostro corpo e come
tale deve essere gestita e curata.(1)
4
La gestione della stomia se è ottimale consente una vita sociale e di
relazione del tutto normale e spesso consente di riacquistare la salute.
Esistono diversi criteri di classificazione delle stomie dal punto di vista
funzionale: in base al tipo di confezionamento, in base alla durata, in base
allo scopo.
Per funzionale si intende la possibilità o meno di escludere un tratto a valle,
per consentire, ad esempio, la cicatrizzazione di una anastomosi, si parla
quindi di stomie di protezione.
In base al tipo di confezionamento si parla di:
Stomie terminali dove il viscere viene direttamente abboccato all’esterno,
interrompendo qualsiasi continuità con la porzione del viscere a valle.
Stomie laterali o a canna di fucile in cui sia il moncone afferente che
l’efferente vengono abboccati alla cute mentre le pareti posteriori delle anse
interessate vengono fissate insieme per mantenere le due anse parallele e
fisse.
In base alla durata si individuano:
Stomie temporanee quando le stomie sono solo di ‘’protezione’’ ed il
transito verrà ripristinato una volta risoltasi la causa che l’ha imposta;
possono essere rimosse e ricanalizzate, diviene quindi fondamentale
mantenere
l’integrità
dei
meccanismi
della
continenza.
Stomie definitive quando il tratto a valle non è più riutilizzabile risultano
quindi permanenti per tutta la vita.
In base allo scopo si classificano in:
Stomie palliative, ad esempio nei tumori inoperabili. Lo scopo sarà quindi
evacuativo e decompressivo.
Stomie di necessità, in alcuni tipi di intervento occorre asportare la parte
finale dell’intestino e si rende quindi necessario confezionare a monte del
tratto asportato una breccia evacuativa.
Stomie di protezione, tiene ‘’a riposo’’ il tratto di intestino a valle della
5
stomia favorendo così i processi di guarigione e di cicatrizzazione
dell’anastomosi.
Da un punto di vista anatomico possiamo suddividere le stomie in:
COLOSTOMIE
ILEOSTOMIE
La colostomia è la connessione tra il colon e la cute per deviare le feci: può
essere anch’essa terminale o laterale (a doppia canna).
Il contenuto intestinale è solido (feci) e può venire attuato un “controllo”
delle emissioni con il metodo dell’irrigazione e con l’alimentazione.
A seconda del pezzo di colon che viene abboccato alla cute si parlerà di:

Ciecostomia

Colostomia ascendente

Trasversostomia

Colostomia discendente

Sigmoidostomia
Figura 2. Colostomie Immagine tratta dal sito www.medmedicine.it
6
Vantaggi:si può controllare l’emissione delle feci attraverso l’alimentazione
cute circostante.
Svantaggi: il sacchetto di raccolta non può essere svuotato ma solo
sostituito, a causa della “solidità” del materiale intestinale (il sacchetto nei
pazienti colostomizzati è a fondo chiuso).
L’ileostomia è l’apertura e la fissazione temporanea o definitiva dell’ileo
alla parete addominale nella regione inferiore destra, allo scopo di deviare
all’esterno il contenuto intestinale. L’ileostomia può essere ‘’terminale
quando ha un unico orifizio per la fuoriuscita del materiale liquido
intestinale o laterale ‘’a doppia canna’’ quando sono presenti due orefizi: da
uno esce il materiale intestinale, dall’altro non esce nulla.
L’ileostomia ha la caratteristica di essere estroflessa, cioè di ‘’venire un po’
fuori’’ dal piano della pelle (fig.3).
Figura 3. Ileostomia Immagine tratta dal sito www.stomicy.org
Dall’ileostomia esce un liquido intestinale costituito da acqua, bile, succhi
intestinali e residui alimentari ingeriti molto irritante per la pelle. Questo
liquido intestinale non ha la possibilità di solidificarsi per il mancato
riassorbimento di alcune sostanze che avviene nei tratti più a valle
dell’intestino.
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Vantaggi:il vantaggio più frequente è la brevità della durata (di solito nel
90% delle ileostomie sono di protezione, per cui temporanee); la facilità di
svuotamento del sacchetto di raccolta che è di tipo aperto; la fuoriuscita del
materiale intestinale in modo più abbondante nell’immediato periodo postprandiale a causa del riflesso gastro-colico e del breve pezzo di intestino che
c’è tra la stomia e lo stomaco.
Svantaggi: l’acidità del contenuto intestinale facilita l’insorgere della
dermatite cutanea attorno alla stomia (il paziente deve stare molto attento ad
applicare il sacchetto di raccolta con il diametro uguale a quello della
stomia); non può venir attuato nessun tipo di controllo sull’emissione del
contenuto intestinale.(2)
1.3 Patologie e cause che portano al
confezionamento di una stomia
La colostomia si pratica in presenza di determinate patologie dell'intestino
crasso. Tali malattie, che in alcuni casi richiedono anche l'asportazione di
porzioni di colon, consistono in:
Cancro del colon-retto: (o cancro colorettale) è la più frequente neoplasia
maligna dell'apparato gastrointestinale e rappresenta una delle principali
cause di morte per cancro, sia nell'uomo che nella donna. Dal punto di vista
terapeutico, il principale trattamento è l'intervento di colectomia, tramite cui
viene asportata la regione d'intestino malata. Più il tumore maligno è in fase
avanzata ed esteso, più sarà grande il tratto intestinale rimosso.
Talvolta, la colectomia per il cancro colorettale può terminare con una
colostomia.
Diverticolite: è l'infiammazione dei diverticoli; i diverticoli sono piccole
estroflessioni che si possono formare all'interno di tutto il canale
alimentare, in particolare nel colon. La diverticolite richiede di solito una
terapia farmacologica e l'adozione di una dieta sana ed appropriata alle
circostanze. Se tali trattamenti dovessero risultare inefficaci o tardivi,
potrebbe risultare necessario un intervento di colectomia seguito da una
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colostomia. In questi frangenti, la colostomia è solitamente temporanea,
perché è previsto il ricongiungimento delle varie sezioni d'intestino rimaste.
Morbo di Crohn: è una patologia autoimmune, appartenente alla categoria
delle cosiddette malattie infiammatorie intestinali. I pazienti affetti da
morbo di Crohn possono beneficiare di una colostomia in due situazioni: o
dopo un intervento di colectomia o per isolare dalle feci la zona intestinale
infiammata. Nel primo caso, la colostomia potrebbe essere anche
permanente; nel secondo caso, invece, è di solito temporanea (il ritorno alla
normalità avviene quando si è ridotta l'infiammazione a livello della
porzione intestinale isolata).
Occlusione intestinale: quando l'intestino è bloccato e non permette a ciò
che vi scorre all'interno di progredire regolarmente. L'occlusione intestinale
è considerata un'emergenza medica, in quanto, dove avviene il blocco,
potrebbero aver luogo emorragie, infezioni e perforazioni intestinali.
Il trattamento prevede in genere una colectomia seguita da una colostomia.
La temporaneità o la permanenza di quest'ultima dipende dalle dimensioni
di intestino crasso asportate.
Incontinenza fecale. Chi soffre di incontinenza fecale è soggetto a
involontarie e incontrollate perdite di feci e gas intestinali. Il ricorso alla
colostomia per la cura dell'incontinenza fecale avviene soltanto quando tutti
i possibili trattamenti non chirurgici sono risultati inefficaci.
Lesione intestinale da trauma addominale: i traumi all'addome che
possono provocare una lesione intestinale sono: un'accoltellata, un ferita
d'arma da fuoco, un incidente sul posto di lavoro, un incidente
automobilistico ecc. Queste ferite a carico dell'intestino potrebbero
richiedere una colectomia parziale, seguita da una colostomia temporanea
o, in certi casi, anche permanente.
Malattia di Hirschsprung: è una rara patologia congenita, che colpisce un
bambino ogni 5.000. Chi ne è affetto manca di alcune terminazioni nervose
che controllano la muscolatura del colon, pertanto è facilmente soggetto a
episodi di occlusione intestinale. La colostomia (temporanea o permanente,
a seconda della gravità) viene praticata per isolare il tratto di intestino non
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innervato e a rischio occlusione, e per permettere la fuoriuscita regolare
delle feci.
Fisiopatologicamente le colostomie sono dedite all’assorbimento, alla
secrezione, alla produzione di vitamine e alla progressione e a deposito del
materiale fecale.
Le ciecostomie sono fisiologicamente simili ad una ileostomia(massiva
perdita di liquidi e di elettroliti). La ciecostomia essendo quasi sempre
temporanea, non porta ad alterazioni metaboliche distintive significative.
Nelle trasversostomie le feci sono semiliquide in caso di stomia prossimale
o di consistenza quasi normale se lo stoma è distale. Inizialmente le feci
sono semipoltacee e acquisiscono compattezza a distanza dall'intervento.
Nelle sigmoidostomie le feci hanno un aspetto normale sia nel volume, sia
nella consistenza e sia nell'odore. Vi è una normale presenza di gas e
l’attività enzimatica è ridotta o assente. In un primo momento le feci sono
poltacee, con il passare del tempo acquisiscono un aspetto solido.
I medici praticano un'ileostomia quando l'intestino crasso è danneggiato,
infiammato
o
non
funziona
in
maniera
adeguata.
A provocare questa serie di alterazioni sono alcune particolari
patologie/condizioni intestinali, tra cui:
Il cancro del colon-retto: dal punto di vista terapeutico, il principale
trattamento è l'intervento di colectomia, durante il quale il chirurgo
operante
asporta
la
sezione
malata
d'intestino.
La scelta di ricorrere anche all'ileostomia dipende dalle dimensioni e dalla
posizione della sezione rimossa.
Il morbo di Crohn: l'ileostomia non è il trattamento di prima scelta del
morbo di Crohn. Tuttavia, può diventarlo in tutti quei casi in cui, secondo i
medici, l'isolamento temporaneo dalle feci dell'intestino infiammato è di
beneficio a quest'ultimo.
La colite ulcerosa. È un'altra malattia infiammatoria intestinale, di tipo
cronico, che colpisce specificatamente l'intestino crasso. I suoi sintomi
tipici sono diarrea mista a sangue, dolore addominale e perdite mucose.
Il trattamento previsto è solitamente di tipo farmacologico. Infatti, i medici
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ricorrono all'ileostomia esclusivamente quando i medicinali non sortiscono
i risultati sperati.
L'ileostomia può essere temporanea o permanente, a seconda della gravità
dell'infiammazione e delle possibilità più o meno concrete di una riduzione
dello stato infiammatorio.
L'occlusione intestinale. Il trattamento prevede in genere una colectomia,
seguita da una colostomia (cioè la deviazione del colon verso un'apertura
realizzata sull'addome) o da un'ileostomia. La scelta ricade sull'ileostomia
quando l'occlusione intestinale interessa l'intero colon.
La soluzione può avere una durata temporanea oppure permanente, a
seconda della gravità della situazione.
Poliposi adenomatosa familiare (FAP). È una rara patologia intestinale,
caratterizzata dalla formazione di particolari lesioni precancerose benigne,
all'interno di colon e retto. Tali lesioni precancerose benigne prendono il
nome di polipi e hanno un'alta tendenza a diventare maligne. Si pensi,
infatti, che il 99% dei pazienti con FAP sviluppa prima o poi, nel corso
della vita, un cancro del colon-retto. In genere, il trattamento consiste in
un'operazione
di
colectomia
preventiva,
seguita
da
un'ileostomia
permanente.
Lesione intestinale da trauma addominale. I traumi all'addome
potrebbero richiedere una colectomia parziale, seguita da un'ileostomia
temporanea o, in casi particolarmente gravi, permanente.
Fisiopatologicamente l’ileostomia comincia a funzionare in seconda terza
giornata con evacuazioni continue, liquide, verdastre da 500 a 1500 ml/die.
In decima giornata si riducono a 600 ml/die e la consistenza è poltacea.
Dopo la stabilizzazione la consistenza è semipoltacea e il numero delle
scariche meno frequente. Mancando il riassorbimento di liquidi e sali da
parte del colon, la conseguenza più evidente è la disidratazione e la perdita
di elettroliti. Nell'ileostomia il transito delle feci è rapido (3-8 ore). Le feci
dell'ileostomia sono particolarmente aggressive, per la presenza di enzimi
digestivi ancora attivi e inodori (la presenza di cattivo odore è spesso indice
di infezione batterica o indicativa dell’alimentazione seguita).
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1.4 Complicanze peristomali
Le complicanze stomali sono l’insieme delle affezioni dello stoma, precoci e
tardive, precostituite, spontanee e secondarie all’intervento chirurgico. Le
cause delle complicanze sono spesso da ricercare in alterazioni della
struttura e delle funzioni dello stoma.
Le stomie sono soggette a numerose complicanze, che possono comparire
anche a distanza di anni dal confezionamento, e ciò giustifica un regolare e
continuo controllo (follow-up) del paziente portatore di stomia. Purtroppo il
follow-up della stomia non è in grado di prevenire tutte le complicanze,
bensì ne permette l’individuazione precoce con possibilità di trattamento
precoce. Il rischio aumenta col tempo così che il 50-70% dei portatori di
stomia è destinato a sviluppare questo tipo di complicanze. Le differenze
funzionali tra colostomie (evacuazione periodica di feci formate) e
ileostomie (evacuazione continua di feci liquide), il tipo di peristalsi e fattori
generali (le colostomie sono talora confezionate su addomi prominenti
mentre i soggetti con ileostomia sono generalmente giovani, magri con
muscolatura tonica) sono le cause della maggior incidenza di complicanze
nelle colostomie rispetto alle ileostomie.
E’ fondamentale, prima dell’intervento chirurgico, individuare il punto di
abboccamento della stomia, che dovrebbe essere posto lontano dai rilievi
ossei,dall’inguine e dalle pliche cutanee e da eventuali ferite laparotomiche;
per prevenire le infezioni e le complicanze da mal posizionamento e per
favorire l’applicazione del sacchetto peristomale.
Complicanze precoci
Edema:aumento della componente idrica interstiziale dello stoma dovuta ad
un ostacolato deflusso venoso o da trauma post operatorio; inizialmente
ogni stomia presenta un edema più o meno importante; . In linea di massima
l’edema si risolve spontaneamente in un paio di settimane.
Necrosi: la congestione venosa determina spesso un colorito rosso scuro
della stomia nell’immediato postoperatorio, ma, se la circolazione venosa
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non subisce ostacoli attraverso un’apertura troppo stretta o se l’ansa è priva
di tensione, si normalizza entro pochi giorni. Diversamente, se vi sono
dubbi sulla vitalità della stomia, occorre controllarla frequentemente; la
necrosi si manifesta dopo pochi giorni con iniziali chiazze grigio-verdastre
confluenti. In caso di necrosi conclamata si deve riconfezionare la stomia.
Se il tempo di osservazione e attesa è troppo lungo, l’infezione che si
manifesta rende inutilizzabile il sito primitivo, può creare un dislocamento
dell’ansa e, in casi più gravi, la caduta dell’ansa stessa in addome con
peritonite fecale.
Sanguinamento ed ematoma: Un sanguinamento precoce origina dal punto
di sezione dell’ansa intestinale e può essere controllato con un semplice
punto di sutura. Un sanguinamento più tardivo può originare dal tessuto di
granulazione che spesso si sviluppa come reazione al materiale di sutura. La
rottura di un vaso della sottomucosa può determinare l’insorgenza di un
ematoma. L’incisione della mucosa e l’evacuazione dell’ematoma sono
necessari solamente quando quest’ultimo è sotto tensione ed interessa tutta
la circonferenza della stomia. Anche l’ematoma della parete addominale
adiacente alla stomia non deve destre preoccupazioni, deve comunque
essere controllato e si deve instaurare una profilassi antibiotica per prevenire
l’eventuale formazione successiva di ascessi peristomali.
Fistole ed ascessi: Nonostante in teoria ci si trovi in ambiente settico, il
processo di guarigione è raramente complicato da infezioni. Queste
originano, invece, da ponti cutanei intrappolati sotto il piano di sutura
oppure dal materiale di sutura non riassorbibile. Talvolta questi punti
restano nascosti dalla stomia edematosa e non sono rimossi in tempo
cosicché diventano sorgente di granulazioni croniche che esitano in
irregolarità del bordo muco-cutaneo con difficoltà di applicazione del
dispositivo di raccolta, infiltrazioni fecali e dermatiti. Le infezioni profonde
originano dalla sutura fasciale e possono sfociare nella comparsa di fistole;
quando le fistole infette non guariscono in un breve lasso di tempo è
necessario riposizionare la stomia per evitare fenomeni di stenosi e
retrazione.
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Complicanze tardive
Dermatite peristomale: può essere determinata dal contatto fecale e da
intolleranza al materiale adesivo degli ausili di raccolta. La dermatite fecale
può insorgere quando una mal posizione della stomia non ne permette
un’apparecchiatura corretta con frequente distacco della placca adesiva. Le
manifestazioni variano dal rossore cutaneo, attraverso papule e vescicole,
fino alle erosioni ed ulcerazioni; prurito, bruciore e dolore sono i sintomi più
frequenti. La dermatite reattiva è dovuta ad un’ipersensibilità all’adesivo dei
dispositivi di raccolta; la lesione consiste in un area eritematosa con eruzioni
papulari che “ridisegna” la forma della placca adesiva.
Infezioni peristomali: ascessi profondi peristomali possono comparire
anche a distanza di anni dal confezionamento della stomia, e, spesso, la
causa non è evidenziabile. I segni della presenza di un ascesso sono
l’arrossamento peristomale e la tumefazione fluttuante. L’incisione e il
drenaggio devono sempre essere eseguiti al di fuori dell’area di adesione
dell’ausilio, ed in genere permettono la guarigione. Le infezioni che si
sviluppano al di sotto della giunzione muco-cutanea possono evolvere nel
distacco della stomia; anche in questi casi la risutura della giunzione non è il
trattamento indicato, bensì occorre trattare correttamente l’infezione in
corso.
Complicanze proprie delle stomie
Ernia stomale: è l’evento più frequente sebbene i dati pubblicati evidenzino
variazioni dell’incidenza dal 20 al 70%. L’esteriorizzazione di un’ansa
intestinale necessita, ovviamente, di un’apertura dello strato muscolare della
parete addominale; sotto l’influenza delle variazioni volumetriche dell’ansa,
quest’apertura può espandersi fino a formare un orifizio erniario. L’apertura
può estendersi in un’area limitata (ernia parastomale) oppure a tutta la
circonferenza (ernia peristomale). La sintomatologia associata comprende
senso di peso addominale, talora dolore, e difficoltà all’evacuazione.
14
Il primo trattamento consiste nel far indossare al paziente un corsetto
contenitivo.
Prolasso: si sviluppa nel 8-15% dei portatori di stomia ed è più
frequentemente nelle stomie laterali. Il prolasso consiste nell’evaginazione
(fuoriuscita) di un segmento intestinale che coinvolge tutta la parete
dell’ansa stessa. In posizione supina i prolassi di modeste dimensioni
possono ridursi spontaneamente, mentre quelli di dimensioni maggiori
necessitano di un riposizionamento manuale e si ripresentano in posizione
ortostatica o dopo un colpo di tosse. In questi casi è opportuno
apparecchiare la stomia in posizione supina quindi indossare un corsetto con
un cuscinetto a livello della stomia. La sintomatologia soggettiva è limitata
a dolore crampiforme da stiramento dell’ansa, oltre al discomfort dovuto al
prolasso stesso. Il trattamento chirurgico di resezione si impone nei prolassi
che superano i 5 cm. di lunghezza.
Stenosi: si parla di stenosi quando il dito non riesce ad esplorare la stomia.
E’ interessante notare che anche stenosi di grado elevato possono essere
tollerate per lunghi periodi di tempo, ma in casi estremi anche solo
l’ingestione di minuscoli semi può far precipitare in un quadro di occlusione
intestinale. Molti pazienti, portatori di stomie stenotiche, abusano di
lassativi per mantenere le feci liquide.
La stenosi di una ileostomia può essere accompagnata da diarrea profusa. Le
cause possono essere ad eccessiva cicatrizzazione, a deficit circolatorio, a
retrazione cicatriziale e a lesioni peristomali dovute all’esposizione cutanea
alle feci attraverso un foro eccessivamente grande del dispositivo di
raccolta.
Retrazione: questa complicanza può insorgere sia precocemente nel
periodo postoperatorio sia a distanza di tempo. Il principale problema delle
retrazioni stomali è la difficoltà di apparecchiatura; in questi casi la placca
del dispositivo di raccolta non aderisce correttamente alla cute consentendo
infiltrazioni al di sotto della placca adesiva stessa e reazione cutanea fino a
gravi dermatiti necrotizzanti. Quando la retrazione è modesta può essere
sufficiente l’utilizzo di paste protettive e/o l’uso di placche convesse;
quando, però, la retrazione è maggiore occorre trattarla chirurgicamente.(3)
15
1.5 Aspetti epidemiologici
Il cancro del colon retto è prevalentemente una patologia dell’anziano.
Meno del 5% dei pazienti ha un’età inferiore a 40 anni. Negli ultimi decenni
la maggiore informazione e la diagnosi precoce hanno diminuito la necessità
del confezionamento di stomie.
Da un punto di vista epidemiologico la Scozia ha una delle più alte
incidenze di tumori del colon nel mondo.(4)
Gli stomizzati viventi in Italia sono 43000:
Tipi di stomia
0%
14%
colostomia
31%
55%
ileostomia
altro (urostomia)
Grafico 1. Principali tipi di stomia
Le principali sono colostomie (55%) seguite dalle ileostomie (31%),
urostomie (14%). Le stomie possono essere permanenti o temporanee ed
essere confezionate per un numero di patologie come: cancro colorettale
(36%) malattia infiammatoria dell’intestino (15%), cancro della vescica
(12%), diverticoliti (11%), coliti necrotizzanti, anomalie congenite,
megacolon e altri cancri e condizioni come le occlusioni, perforazioni e
trauma.
16
Patologie
cancro colorttale
26%
36%
malattia infiammatoria
dell'intestino
cancro della vescica
11%
12%
15%
diverticoliti
altro
Grafico 2. Patologie più frequenti che portano al confezionamento di stomie
Il cancro colorettale che determina il confezionamento di stomie è più
frequente nei maschi, mentre le stomie confezionate per il cancro
addominale sono più frequenti nelle donne. Le stomie relative a malattie
infiammatorie come la rettocolite ulcerosa e il morbo di Chron, sono
presenti in ugual misura nei maschi e nelle femmine.(5)
17
CAPITOLO 2
Approccio infermieristico al paziente
stomizzato
2.1 Continuità assistenziale
Le attività infermieristiche svolte sono tutte finalizzate a mantenere una
continuità assistenziale al paziente stomizzato attraverso un processo di
educazione supporto e aiuto infermiere-paziente. I pazienti che hanno subito
un intervento chirurgico che determina una importante modificazione della
propria immagine corporea, hanno bisogno di instaurare una relazione
empatica unica e continuativa con gli infermieri che li hanno seguiti in tutte
le fasi del loro percorso.
2.1.1 Assistenza pre-operatoria
La relazione ha inizio dal giorno di ingresso del paziente nel reparto,
momento in cui viene spiegata la tipologia di intervento a cui verrà
sottoposto
ponendo
l’accento
sul
confezionamento
della
stomia.
E’ importante che vengano identificati gli infermieri di riferimento per il
paziente.
A questa fase segue il disegno pre-operatorio della stomia, fondamentale per
evitare di incorrere, nel post-operatorio, in complicanze dovute ad un mal
posizionamento. Durante questo momento il paziente conosce per la prima
volta i prodotti per la gestione della stomia. Pertanto, l’infermiere che li
presenta, deve cercare di creare un’atmosfera accogliente rispettando la sua
intimità e rassicurandolo sulla facilità di gestione del prodotto scelto.
Durante il colloquio informativo, l’infermiere stoma terapista dovrebbe
presentarsi spiegando il suo ruolo e descrivere la sua attività.
Questa fase ha come obiettivo quello di instaurare un buon rapporto di
18
fiducia con il paziente. E’ dimostrato che un paziente ben informato prima
dell’intervento chirurgico avrà un basso livello d’ansia e quindi un miglior
adattamento.
Per eseguire un corretto accertamento infermieristico bisogna valutare
globalmente il paziente, considerando sia l’aspetto psico-sociale che fisico
generale. Per i pazienti sottoposti a chirurgia elettiva si può prevedere più di
un incontro con lo scopo di promuovere una più efficace educazione al
paziente.
L’individuazione del sito stomale (disegno pre-operatorio) è spesso
considerato l’aspetto più importante di questa fase. Avere una stomia mal
posizionata può influenzare notevolmente la qualità di vita del paziente e
rendere meno efficace la riabilitazione. Ripetuti distacchi precoci del
presidio possono provocare alterazioni cutanee peristomali con conseguente
scarsa adesione dei presidi.
E’ dimostrato che i pazienti che sono stati sottoposti a tale procedura hanno
subito in modo significativo meno complicanze post-operatorie.
2.1.2 Assistenza post-operatoria
Al rientro dalla sala operatoria, l’infermiere, dopo avere monitorato i
parametri vitali, controlla la ferita chirurgica e lo stoma. Questa valutazione
deve essere effettuata almeno 3-4 volte al giorno nella
prima giornata post-operatoria, qualora ci fossero dei parametri alterati la
valutazione deve essere più frequente.
Nel paziente portatore di stomia è importante monitorare lo stoma, in quanto
nel periodo post-operatorio più immediato c’è un maggior rischio di necrosi,
quindi va osservato lo stato della mucosa e della cute circostante.
La stomia verrà apparecchiata utilizzando un sistema di raccolta atraumatico
(per evitare pressioni sull’addome dolente del paziente), sufficientemente
capiente, a fondo aperto, adattabile ai vari tipi di stomia.
Nelle stomie terminali l’addestramento coincide con il rendere il paziente
autonomo nella gestione della stomia, intorno alla 4-5 giornata postoperatoria. Va comunque premesso che la relazione, intesa come processo di
educazione, supporto e aiuto, deve essere iniziata sin da subito, per
19
permettere al paziente di superare le difficoltà legate all’accettazione della
nuova immagine corporea, incoraggiandolo attivamente in tutti i passaggi
dello stoma-care, garantendo la sua completa autonomia nella pratica.
Riconquistare l’autonomia appena il paziente è in grado di eseguire da solo
il cambio del presidio, vengono organizzati degli incontri (durante la stessa
degenza), coinvolgendo il care giver scelto a supporto dopo la dimissione.
Vengono effettuati 3 cambi: il primo dall’infermiere con osservazione del
paziente e di chi si prende cura di lui (care giver); il secondo dal care giver,
con osservazione del paziente e supporto dell’infermiere che interviene a
correggere eventuali errori; il terzo in autonomia completa del paziente con
osservazione dell’infermiere. Durante questi cambi viene provato un
dispositivo di raccolta che si ritiene più adatto alla tipologia di stoma del
paziente, garantendogli una tenuta ottimale, comfort e facile applicazione.
2.1.3 Assistenza alla dimissione
Alla dimissione viene comunque data al paziente una vasta gamma di
dispositivi diversi in modo che lui possa scegliere, con calma, quello che più
risponde alle sue richieste e abitudini di vita, prima di effettuare la
prescrizione definitiva. Inoltre, sempre al momento della dimissione
vengono programmati gli appuntamenti successivi per controllare la
gestione della stomia e rispondere ad eventuali dubbi emersi al paziente o
intervenire su eventuali complicanze insorte.
Mantenere un contatto con il personale che si è preso cura di lui durante
tutto il suo ricovero, conforta moltissimo il paziente e lo aiuta nel suo
processo di apprendimento della gestione della stomia. La dimissione,
infatti, rappresenta da sempre un momento delicato per tutti pazienti
soprattutto per quelli, come gli stomizzati, che si trovano a dover iniziare un
nuovo cammino senza la protezione dell’ambiente ospedaliero.
A tal proposito l’infermiere si impegna costantemente ad organizzare e
garantire un rientro a casa privo di ansie e timori rassicurato dal persistere
del contatto con gli stessi operatori con i quali è stata instaurata una
relazione empatica davvero unica e continuativa.
20
2.1.4 Follow up
È un’attività imprescindibile che dovrebbe avere come figure di riferimento
le medesime di tutto il percorso di cura ed assistenza.
Per gestire al meglio il processo assistenziale e garantire la continuità di
cura necessaria, è opportuno che il paziente stomizzato sia a conoscenza di
un ambulatorio dedicato alle esigenze e problematiche delle persone
portatrici di stomia. Questo ambulatorio è gestito da personale
infermieristico specializzato dedicato che può diventare tutor del processo di
assistenza e cura di questi pazienti.
Le funzioni principali per l’infermiere sono identificabili nel: monitoraggio
e prosecuzione del percorso riabilitativo, gestione delle eventuali
complicanze stomali, verifica dell’idoneità e tollerabilità dei presidi scelti e
promozione dell’uso corretto degli stessi e soprattutto per i bisogni e/o
problemi che si possono presentare in un secondo tempo, quando la persona
riprende le proprie attività quotidiane(dimensione della socialità, della
sessualità, dell’adattamento fisico e psicologico).
Il benessere dei pazienti, obiettivo primario dell’attività assistenziale, è la
ragione principale che sostiene l’interdipendenza dei professionisti sanitari.
21
2.2 Approccio infermieristico e pianificazione
assistenziale
L’assistenza infermieristica consiste, nell’“Assistere l’individuo sano o
malato, per aiutarlo a compiere tutti quegli atti tendenti al mantenimento
della salute o alla guarigione o a prepararlo ad una morte serena, atti che
compirebbe da solo se disponesse della forza e della volontà o delle
cognizioni necessarie e a favorire la sua partecipazione attiva in modo da
aiutarlo
a
riconquistare
il
più
rapidamente
possibile
la
propria
indipendenza”. L’assistenza infermieristica è dunque un servizio derivante
dall’analisi dei bisogni individuali e delle esigenze di ogni singola persona.
Nel momento in cui l’individuo perde il suo stato di salute si aspetta che gli
vengano suggerite modificazioni che lo aiutino a ristabilire l’equilibrio della
salute, perciò è indispensabile che l’infermiere conosca il processo che lo
metterà in grado di eseguire un piano di cura individuale o collettivo.
L’elaborazione di un piano di assistenza presuppone l’applicazione di idee
fondamentali o di metodi scientifici attraverso un approccio che è
comunemente chiamato “Problem Solving”. Il termine “problema” è un
fatto che può avere una risposta alla sua risoluzione. Il metodo del Problem
Solving permette di valutare gli scopi immediati e a lungo termine del piano
d’assistenza che richiedono procedimenti di programmazione, attuazione,
valutazione e revisione dei programmi assistenziali stessi.
La cura e la riabilitazione del paziente stomizzato è un cammino di équipe
dove per iniziare bene ed insieme si devono condividere concetti chiari di
pianificazione assistenziale. Lo Stoma-care prevede diverse tappe che ogni
paziente percorre durante la fase di accettazione della malattia e dalle
difficoltà che nascono con la presenza di uno stoma. L’équipe potrà ottenere
che ogni paziente se la cavi un po’ da solo, ritrovando quegli elementi di
forza che gli daranno la possibilità di scoprire in sé stesso energia.
Deve saper infondere coraggio, fornire elementi di speranza, esprimere
vitalità e disponibilità con uniformità di linguaggio e la corretta conoscenza
22
di tutte le pratiche assistenziali, prendendo in considerazione anche una
serie di problemi socio-culturali.
2.3 Gestione della stomia e stomacare
Lo stoma care consiste in una serie di interventi che ci permettono di
ottenere una corretta pulizia ed apparecchiatura della stomia per la
prevenzione delle complicanze cutanee e stomali e un altrettanto corretta
buona adesività del presidio.
Gli obiettivi di una corretta gestione del presidio stomale sono:
-
mantenere la cute peristomale integra;
-
impedire l’infiltrazione degli effluenti al di sotto della placca;
-
mantenere in situ il presidio per il tempo prestabilito;
-
favorire
il
benessere
psico-fisico
della
persona
atomizzata
permettendogli un adeguato adattamento al nuovo schema corporeo.
La cura e la riabilitazione del paziente stomizzato fanno parte di un percorso
che prevede un importante lavoro di equipe, dove per lavorare bene occorre
condividere concetti chiari di pianificazione assistenziale. Innanzitutto con
lo stoma care dobbiamo rispondere al bisogno di integrità cutanea in zona
peristomale, al bisogno di conoscenze relative alla corretta gestione della
stomia, al bisogno di sicurezza e rinforzo psicologico e lo possiamo fare
educando la persona ad una corretta gestione della stomia stessa, scegliendo
insieme a lui la protesi più adatta e intervenendo con specifici trattamento in
caso di complicanze.
Tutto questo ci porta al conseguimento dell’obiettivo principale che è
l’autonomia della persona, evitando le complicanze da stoma care non
corretto
ed
evitando
gli
sprechi
di
materiale
protesico.
Lo stoma care entra a far parte di un percorso educativo che l’infermiere
23
esperto (stomaterapista) inizia con la persona candidata al confezionamento
di una stomia e la sua famiglia (caregiver), fin dalla fase pre-operatoria.
Secondo la definizione dell’OMS ‘’l’educazione terapeutica consiste
nell’aiutare il paziente e la sua famiglia a comprendere la malattia ed il
trattamento, a collaborare alle cure, a farsi carico del proprio stato di salute
ed
a
conservare
e
migliorare
la
propria
qualità
di
vita’’.
L’intervento educativo deve favorire il raggiungimento dell’autonomia,
migliorare le conoscenze, le abilità necessarie alla persona e/o al caregiver,
per meglio gestire la nuova situazione in modo da poter raggiungere una
soddisfacente qualità di vita.(6)
Per un corretto stoma care dobbiamo preparare il seguente materiale:

sacchetto per i rifiuti;

acqua tiepida;

sapone neutro;

panno carta;

calibratore di stomia;

forbici a punte arrotondate;

idoneo presidio di raccolta a uno o due pezzi.
La procedura prevede:
1) il lavaggio delle mani per ridurre la carica batterica;
Figura 4. Immagine tratta dal sito
www.infermieriperlasalute.it
24
2) la rimozione del presidio dall’alto verso il basso tenendo la cute con
le dita per evitare così di trazionare la cute peristomale;
Figura 5. Immagine tratta dal sito
www.usl3.toscana.it
3) la rimozione delle feci presenti sullo stoma con panno carta per
evitare di contaminare le zone circostanti durante la detersione;
Figura 6. Immagine tratta dal sito
www.usl3.toscana.it
4) la detersione della cute peristomale dall’esterno verso l’interno, con
acqua tiepida e sapone neutro e risciacquo con le stesse modalità;
Figura 7. Immagine tratta dal sito
www.usl3.toscana.it
25
5) asciugare la cute tamponando per evitare così arrossamenti o lesioni
traumatiche;
Figura 8. Immagine tratta dal sito
www.usl3.toscana.it
6) misurare il calibro dello stoma con il calibratore;
Figura 9. Immagine tratta dal sito
www.usl3.toscana.it
7) ritagliare il foro della placca adattandolo al diametro dello stoma
(massimo 2 mm più largo), è possibile utilizzare ausili per la
protezione cutanea (film protettivi);
Figura 10. Immagine tratta dal sito
www.usl3.toscana.it
26
8) procedere all’applicazione del presidio facendolo aderire dal basso
verso l’alto, appoggiando prima il lato inferiore del foro alla base
dello stoma.
Figura 11. Immagine tratta dal sito
www.oncologicota.it
Naturalmente se si utilizza un presidio a due pezzi la procedura prevede
prima il distacco della sacca, poi della placca e nell’applicazione prima la
placca con le stesse modalità del monopezzo e poi la sacca. Sono
assolutamente da evitare disinfettanti di ogni tipo, etere, alcool o cloro
derivati.
La procedura per la gestione della stomia prevede una prima
apparecchiatura il sala operatoria con presidio a due pezzi con placca a
protezione integrale e sacca trasparente per meglio monitorare lo stato dello
stoma nelle prime 48 ore post-operatorie; una prima sostituzione del
presidio dopo 48 ore dell’intervento chirurgico e un precoce coinvolgimento
nello stomacare del paziente e/o care giver. Per le colostomie si userà una
sacca a fondo chiuso, mentre per le ileostomie una a fondo aperto.
27
2.4 Gestione delle complicanze
Le complicanze del complesso stomale rappresentano un problema di
notevole rilevanza. Infatti, un paziente stomizzato su tre presenta
quantomeno una complicanza, più o meno grave, a carico del complesso
stomale e questo, non incide solo sulla qualità di vita del paziente e sugli
aspetti psicologici che vengono gravemente compromessi, ma causa anche
una notevole incidenza sui costi a carico del S.S.N. e Regionale. L’utilizzo
di prodotti specifici e le medicazioni da utilizzare, la gestione del paziente
con eventuale ricovero per incapacità del paziente stesso o del care giver nel
gestire
la
complicanza,
l’eventuale
reintervento
per
un
nuovo
confezionamento, portano ad un aumento dei costi sanitari e ad uno stress
fisico e psichico del paziente e dei suoi familiari.
Fondamentale è quindi la prevenzione e una corretta gestione con l’avvio
all’addestramento del paziente o del care giver, ma importante è anche la
tempestiva e corretta gestione della complicanza con utilizzo di protocolli e
procedure, strumenti che lo stomaterapista deve sempre tener presente.
Le complicanze del complesso stomale hanno una loro classificazione e la
gestione si diversifica in base ai casi. A tal proposito sono a disposizione
una gamma di presidi e prodotti di differenti aziende che ci aiutano a gestire
le complicanze, ma aspetto da non sottovalutare è il ruolo dello
stomaterapista. Infatti, nella gestione delle complicanze, come abbiamo
detto, esistono protocolli e procedure, strumenti necessari nelle nostre mani,
ma anche l’esperienza e la“fantasia” rivestono un ruolo importante.
La fantasia nell’apparecchiatura della stomia spesso cambia da uno
stomaterapista all’altro, in base anche alle variabili di fronte alle quali si
trova (complicanza più o meno grave, accessori e presidi a disposizione,
tempo dedicato, tipologia della cute, recettività del paziente).
Nel suo percorso assistenziale l’infermiere da sempre utilizza una vasta
gamma di presidi, ma con l’evolversi della ricerca e della sperimentazione si
trova più frequentemente di fronte a scelte nell’uso e nella verifica di
efficacia.(7)
28
Naturalmente tutti gli ausili vanno diversificati da persona a persona, anche
seri tenuti utili per tutti. La loro scelta va valutata in base a parametri
quali:valutazione globale della persona, scopo nell’utilizzo, comparazione
costo-beneficio e possibilità di utilizzo nel tempo.
‘’Il miglioramento della qualità assistenziale può avvenire grazie alla
sinergia di fattori quali: competenza, esperienza, idee, progettualità diverse
ed integrate’’.(8) Tutto ciò con l’utilizzo di strumenti operativi e di un
approccio assistenziale basato sull’efficacia e sulle evidenze scientifiche che
consentono un’adeguata risposta assistenziale ai bisogni di salute dei
cittadini, assicurando cure adeguate ed un appropriato grado di utilità
dell’assistenza.
Il livello di applicazione delle conoscenze scientifiche, delle abilità
dell’infermiere e delle tecnologie disponibili sono i punti di forza per
raggiungere i risultati in termini di salute con il minor impegno di risorse
possibili, tutto questo offerto al paziente nel momento di massima utilità,
rispettando la cultura e i bisogni individuali della persona assistita anche per
ciò che riguarda l’informazione e la qualità di servizio.
L’infermiere deve conoscere le caratteristiche dei presidi utilizzati e
coniugare le caratteristiche del presidio con la tipologia della persona
assistita, utilizzando le evidenze scientifiche e le prove di efficacia, e deve
essere, inoltre, responsabile nella valutazione dei presidi e avere la capacità
di dimostrare gli esiti assistenziali e i costi derivanti dal loro utilizzo.
Oggi tutti i presidi e prodotti utili sono dispensati gratuitamente dal Servizio
Sanitario Nazionale.
Ad oggi tra i presidi molto utilizzati nella gestione delle complicanze ci
sono le placche a protezione totale e le convesse o leggermente convesse. La
placca convessa o semi convessa viene utilizzata negli stomi introflessi o
parzialmente introflessi, in mal posizionamenti con stoma in vicinanza di
pliche cutanee o stoma piatto.
La fascia elastica senza foro è utile indossarla, anche dopo dimissione,
questo è a scopo preventivo. È utile nel prevenire prolassi ed ernie
peristomali.
29
Le piastre protettive di idrocolloide sono particolarmente indicate nei casi
in cui la cute peristomale è irritata e/o presenta secrezioni, suppurazioni e
ascessi.
Il film protettivo protegge la cute peristomale dalle secrezioni aggressive o
traumi da adesivo, in caso di dermatiti, mal posizionamento, suppurazioni,
ascessi. Le stesse indicazioni si hanno per le polveri di idrocolloide.
La crema barriera (all’ossido di zinco) deve essere utilizzata in caso di
pelle secca o irritata.
La pasta peristomale di idrocolloide è uno strumento “miracoloso”.
Capace di risolvere numerosi problemi di gestione nelle complicanze.
Questa invenzione, tra le più importanti, a mio avviso, in tale campo, viene
utilizzata su superfici cutanee irregolari per prevenire le complicanze, quali
cicatrici, pliche cutanee. Infatti, la pasta riempie le cavità e livella la cute
impedendo infiltrazioni. Utilizzata in presenza di complicanze quali:
retrazioni stomali (per livellare la zona peristomale), distacchi della
giunzione muco cutanea, ischemia e necrosi,suppurazioni ed ascessi, mal
posizionamenti, dermatiti, emorragie peristomali,stoma piatto. Il S.S.N.
fornisce al paziente due tubetti di pasta al mese. Oggi è presente anche in
formato di striscia modellabile. Facile nell'applicazione e la rimozione. E
dato che sono in formato monouso, non ci sono sprechi e sono facilmente
utilizzabili fuori casa.
I dilatatori sono utilizzati in caso di stenosi. Presenti in commercio in
diverse misure,sostituiscono le dilatazioni digitali. Evitano, se utilizzati
costantemente e correttamente, crisi sub occlusive e re-intervento.
Un accenno va fatto sull’irrigazione, pratica molto utile da applicare nella
gestione di alcune complicanze di colostomia, quali: stenosi stomale,
retrazioni,mal posizionamenti, dermatiti, irritazioni. In generale consiglio a
tutti i portatori di colostomia che rispondono ai requisiti richiesti, l’avvio a
tale pratica. Ma nel caso delle complicanze segnalate, si rende necessario
dato che in tale maniera non ci saranno infiltrazioni o comunque deiezioni a
contatto con la cute(evacuazione controllata), le feci saranno più morbide
per l’azione del volume idrico sulla consistenza delle feci. Il SSN dà diritto
ad un set di irrigazione ogni 6mesi. Prodotti quali detergenti ed idratanti
30
sono utili per la pulizia e l’idratazione della cute sottoposta a continue
sollecitazioni. Comodi anche perché utilizzabili in assenza di acqua
(presenti anche in formato salviette), questo per favorire un maggiore
confort e tranquillità dello stomizzato. Con la prevenzione e la corretta
gestione delle complicanze lo stomaterapista, con competenze ben acquisite,
interviene sul paziente stomizzato per migliorarne la qualità di vita,
aiutandolo a reinserirsi nel proprio contesto familiare e sociale e
promuovendo in ogni contesto assistenziale le migliori condizioni di
sicurezza psicofisica dell’assistito e dei suoi familiari.
2.5 Educazione sanitaria
L’infermiere che si occupa di stomaterapia svolge da sempre interventi di
tipo educativo per condurre la persona con stomia all’autogestione.
L’importanza dell’attività educativa dell’infermiere sta nell’affermazione
che l’assistenza infermieristica è un’arte, una scienza in cui l’infermiere
osserva, sostiene, comunica, amministra, insegna e cura. Contribuisce al
mantenimento del benessere ottimale, facilitando la soddisfazione dei
bisogni e presta assistenza durante la malattia fino a che i pazienti riescono a
soddisfare autonomamente i loro bisogni. L’attività educativa è l’approccio
che permette all’infermiere di contribuire ad aiutare ogni persona e famiglia
o comunità ad autogestire i propri problemi di salute. L’educazione del
paziente è importante non solo nella prevenzione delle complicanze della
malattia, ma riflette anche una nuova interpretazione del ruolo del paziente,
che diventa medico di se stesso per un periodo concordato con il curante.
L’idea non è recente poiché l’educazione sanitaria afferma il principio che
ogni individuo è il principale responsabile della propria salute. Tuttavia
l’educazione terapeutica è caratterizzata da un vero e proprio trasferimento
pianificato e organizzato di competenze dall’infermiere al paziente,
riducendo progressivamente la dipendenza della persona dall’operatore e
aumentando la propria responsabilità e la collaborazione dello stesso con
l’educatore. È evidente che in alcuni stati di accettazione della malattia sono
31
più favorevoli di altri all’educazione (stato di accettazione attiva o
adattamento); tuttavia non può essere eluso dalle sessioni di educazione un
paziente che è in uno stadio di negazione o di rifiuto. L’esperienza maturata
nell’educazione terapeutica in riferimento ad alcune patologie croniche, può
essere applicata anche alla persona stomizzata, perché deve acquisire
competenze ed attuare dei comportamenti fondamentali per una corretta
gestione dello stoma.
L'educazione alla salute non si limita a comunicare le informazioni, ma
favorisce anche la motivazione, le capacità e la fiducia, ossia quelle
condizioni necessarie per agire nell'ottica di migliorare la salute.
Educare alla salute implica comunicare informazioni concernenti le
condizioni socioeconomiche e ambientali implicite che incidono sulla
salute, altre informazioni riguardanti i fattori individuali di rischio e i
comportamenti a rischio, oppure l'uso del sistema di assistenza sanitaria.
L'educazione alla salute può, quindi, riguardare la comunicazione di
informazioni e lo sviluppo di capacità con lo scopo di accrescere la salute e
diminuire le malattie degli individui e dei gruppi, attraverso l’influenza su
attitudini e comportamenti.
Le finalità dell’educazione sanitaria possono essere sintetizzate come segue:
• Acquisire coscienza della propria salute; la finalità è quella di far emergere
la coscienza dei propri problemi di salute.
• Aumentare le conoscenze attraverso informazioni e conoscenze specifiche
su problemi di cui le persone sono già coscienti, di cui però la conoscenza
reale o la comprensione sono limitate.
• Raggiungere consapevolezza rispetto a un particolare problema o alla
salute in generale, identificando che cosa sia realmente importante.
• Realizzare un cambiamento di abitudini: si prendono in esame le decisioni
personali per il futuro, in generale o su un particolare aspetto della salute. La
decisione si basa sulle informazioni, sulle conoscenze più rilevanti e sulla
comprensione dei valori coinvolti.
• Realizzare un cambiamento nei comportamenti, rendendo operativa una
decisione, cioè cambiare effettivamente “qualche cosa” in relazione a un
problema di salute.
32
• Promuovere una modificazione sociale. E’ una finalità abbastanza
complessa: vuol rendere più agevoli le scelte di salute attraverso le
modificazioni dell’ambiente sociale e fisico, le persone sono stimolate ad
adottare comportamenti più sani.
2.6 Competenze tecniche, relazionali ed
educative
Il ruolo dell’infermiere è ad ampio raggio e include il supporto preoperatorio, l’educazione post-operatoria e il follow-up sul territorio;
l’infermiere diventa l’operatore di riferimento per il paziente fin dai primi
colloqui, in quanto operatore che garantirà la continuità delle cure sia nel
periodo di degenza post-operatoria sia dopo la dimissione.
L’intervento chirurgico che porta al confezionamento di una stomia
modifica considerevolmente l’aspetto fisico e rende l’individuo ‘’diverso’’
dai canoni della normalità, determinando in quest’ultimo un iniziale rifiuto
di sé stesso, con conseguente perdita dell’autostima, isolamento e
distorsione della propria capacità di interagire con gli altri. Tale
cambiamento non coinvolge solo il corpo ma la persona nelle diverse
dimensioni che la compongono, includendo gli aspetti biologici, emozionali,
cognitivi, spirituali e relazionali.
In questo contesto l’infermiere non deve limitarsi a rilevare e a rispondere ai
bisogni biofisici del paziente, ma occuparsi anche di quelli conseguenti alla
percezione alterata dell’immagine di sé, di valutare e supportare le attività di
coping e ripianificare il progetto assistenziale riabilitativo in base ai
progressi della persona e all’evoluzione infausta della malattia di base.
La comunicazione interpersonale è lo strumento che consente di stabilire
con i pazienti quella che viene definita la relazione terapeutica d’aiuto. Per
poter trattare adeguatamente le problematiche psico-sociali del paziente
atomizzato,
l’infermiere
deve
considerare
i
concetti
base
della
comunicazione e del linguaggio, in quanto espressioni con le quali si
stabilisce un contatto con la persona assistita.
33
Comunicazione e linguaggio sono due termini che s’identificano in concetti
diversi ma complementari ed inseparabili tra loro:
-
il linguaggio rappresenta lo strumento con cui è possibile stabilire la
comunicazione;
-
la comunicazione rappresenta il mezzo con cui è possibile stabilire e
mantenere le relazioni interpersonali;
-
la comunicazione non verbale è quella parte della comunicazione
che comprende tutti gli aspetti di uno scambio comunicativo non
concernenti il livello puramente semantico del messaggio, ossia il
significato letterale delle parole che compongono il messaggio
stesso.
Le prime informazioni scambiate tra due soggetti che entrano in relazione
sono proprio quelle provenienti dal canale non verbale:
-
il contatto visivo
-
l’espressione del volto
-
il tono di voce
-
la postura
-
la gestualità
-
la distanza interpersonale
Tutti questi elementi rappresentano le variabili sulle quali ciascuna delle
parti si formerà la prima impressione sull’altra persona.
La funzione dell’infermiere è quella di attuare un’adeguata relazione d’aiuto
che ha inizio già con la presa in carico del paziente e della famiglia e che
non ha un limite di tempo preciso; l’obiettivo è di rendere autonomo il
paziente nella sua totalità di essere umano, ma ciò non toglie che il rapporto
e il dialogo possano continuare anche in seguito.9
34
CAPITOLO 3
Metodi per favorire l’autocura del paziente
3.1 L’educazione terapeutica
Il fondatore dell’educazione terapeutica è il diabetologo Jean Philippe Assal;
con le sue pubblicazioni ha diffuso in Europa i concetti di educazione
terapeutica, nel rapporto tra paziente e medico, dapprima nel confronto del
diabete e poi estendendola alle altre patologie croniche.
L’educazione terapeutica è l’arte di seguire il paziente cronico nel percorso
che va dallo choc
della diagnosi
all’accettazione della terapia.
A partire dagli anni sessanta lo scenario riferito ai problemi di salute è
fortemente cambiato, soprattutto nel mondo occidentale.
Accanto ai problemi di salute acuti, sono emersi sempre più preponderanti i
problemi legati a malattie croniche, le quali implicano trattamenti complessi
e a lungo termine e molto spesso conducono ad alterazioni invalidanti sia
fisicamente che socialmente. L’educazione terapeutica è un processo
educativo che si propone di aiutare la persona malate (con la sua famiglia e
nell’ambiente che lo circonda) ad acquisire e mantenere la capacità di
gestire, in modo ottimale la propria vita, convivendo con la malattia.
Si tratta di un processo che, transitando attraverso i vissuti della persona,
prevede un insieme di attività organizzate di sensibilizzazione, di
informazione, di apprendimento, di aiuto psicologico e sociale in relazione
alla malattia, ai trattamenti, alla prevenzione delle complicanze, agli stati
d’animo. E’ un’attività sanitaria piuttosto recente, che ha progressivamente e
costantemente aumentato la propria ragione d’essere in rapporto all’aumento
dei pazienti affetti da patologie croniche.
Questa nuova filosofia è basata su alcuni concetti base:
-
il principio che ogni individuo è il principale responsabile della
propria salute;
35
-
l’importanza della prevenzione delle complicanze nelle patologie
croniche;
-
la riduzione della dipendenza del paziente e della sua famiglia dai
sanitari.
‘’Deve renderlo capace di acquisire e mantenere abilità che gli consentano
di gestire al meglio la propria vita di malato. Si tratta quindi di un processo
continuo, integrato nell’assistenza sanitaria. È incentrato sul paziente;
comprende
una
consapevolezza
organizzata,
l’informazione,
l’apprendimento dell’auto-cura ed il supporto psicologico riguardo la
malattia, i trattamenti prescritti, l’assistenza, l’ospedale e gli altri ambiti
assistenziali, l’informazione organizzativa, i comportamenti legati alla
salute ed alla malattia. Il suo scopo è di aiutare i pazienti e le famiglie a
comprendere la malattia ed il trattamento, a cooperare con i curanti, a vivere
in modo sano, a migliorare o mantenere la qualità della vita’’.10
L’educazione terapeutica si afferma come necessità terapeutica, economica
ma anche etica, allo scopo di dare al paziente tutti gli strumenti cognitivi e
le tecniche per la gestione della malattia.
In vari ambiti assistenziali sono state introdotte diverse tipologie di
educazione terapeutica del paziente, ma sono spesso state scelte in maniera
arbitraria ed insegnate male. La necessità di migliorare i programmi di
formazione con un intento terapeutico, appare quindi ovvia.
Spesso i pazienti iniziano ad adattarsi alla propria malattia per conto loro,
ma gli operatori sanitari devono utilizzare l’educazione terapeutica del
paziente per rendere i loro sforzi più produttivi.
36
3.2 L’empowerment
Lo psicologo americano Bob Anderson ha introdotto il concetto di
‘’Empowerment’’, ove propone una relazione nuova fra malato e sanitari. Il
paziente deve essere consapevole che la cura della sua malattia è, in buona
parte,
nelle
sue
mani.
Empowerment,
letteralmente,
significa
‘’potenziamento’’; in pratica il paziente è il protagonista dell’autocontrollo,
mentre i sanitari possono solo fornire informazioni, consigli e rafforzare le
motivazioni, perché il malato è il massimo esperto della sua patologia.
La persona affetta da patologia cronica, non necessita di sola informazione,
ma di educazione terapeutica. L’informazione fa parte del dialogo tra
curante e malato ed è costituita da un insieme di consigli, raccomandazioni e
istruzioni. L’educazione è, invece, una pratica più complessa che implica
una diagnosi educativa, la scelta di obiettivi d’apprendimento e
l’applicazione di tecniche di insegnamento e di valutazione pertinenti al fine
di consentire al paziente di:

conoscere la propria malattia;

gestire la terapia in modo competente;

prevenire le complicanze evitabili.
I malati cronici possono non essere nelle condizioni di autogestirsi in questa
maniera, in questi casi è richiesto l’impegno della famiglia (caregivers).
Sembra utile richiamare qui i risultati del lavoro di ricerca del Picker
Institute11 che ha evidenziato le esigenze dei pazienti che sono in sintesi le
seguenti:
1. rispetto per i propri valori, preferenze e bisogni espressi;
2. coordinamento e integrazione delle cure;
3. informazione, comunicazione e formazione;
4. comfort fisico;
5. supporto emotivo e aiuto a ridurre l’ansia e la paura;
6. coinvolgimento della famiglia e degli amici;
7. transizione verso differenti ambiti di cura.
37
Anche le indicazioni fornite da una meticolosa indagine bibliografica(12),
propongono le seguenti strategie per migliorare:

fornire al paziente informazioni e documentazioni sull’operatività e i
risultati conseguiti dal servizio;

raccogliere informazioni dai pazienti stessi, al fine di ampliare il
quadro clinico, ad esempio facendo compilare questionari durante
l’attesa;

preparare il paziente per l’assunzione delle decisioni, favorendo i
colloqui con personale specializzato;

effettuare indagini sui pazienti per comprendere come sono giunti a
certe decisioni, quali fattori hanno considerato e che peso hanno loro
attribuito;

fornire al paziente materiale informativo valido, prima di accedere al
servizio, durante e alla dimissione. Va qui sottolineata l’esigenza di
‘’personalizzare’’ il più possibile il materiale sullo specifico
contesto, unità operativa, paziente, al fine di amplificarne l’efficacia;

porsi come obiettivo costante il miglioramento della relazione
interpersonale operatore-paziente (Potetti 2000, Casalone 2000,
Autiero 2000).
38
3.3 L’infermiere case manager
Con il termine case management si intende ‘’un processo di collaborazione
che programma, effettua coordina, controlla e valuta le azioni ed i servizi
richiesti per soddisfare le esigenze educative, di salute e di cure degli
individui, usando la comunicazione e le risorse disponibili per promuovere
buoni risultati di qualità.13Il case management è un sistema di erogazione
dell’assistenza al paziente: esso si propone come obiettivo la riduzione dei
costi e dei tempi di degenza, ma si propone anche di migliorare l’efficacia e
l’efficienza dell’assistenza sanitaria durante tutto l’evento patologico e in
qualunque struttura. Utilizzando tale modello, gli infermieri possono
ottimizzare i livelli di autocura dei loro pazienti, fornire qualità e continuità,
riducendo la frammentazione delle cure, accrescere la qualità di vita ed
aumentare
la
soddisfazione
del
paziente
e
dell’equipe
sanitaria.
Il case management offre inoltre agli infermieri l’opportunità di dimostrare
la competenza del loro ruolo all’interno dei gruppi assistenziali
multidisciplinari. La gestione del caso si concentra su un episodio di
malattia e include tutte le aree in cui il paziente riceve assistenza; viene
principalmente utilizzato per pazienti o popolazioni di pazienti che
richiedono livelli intensivi di assistenza, come:

terminali;

ad alto costo;

con frequenti ricoveri;

con significative variazioni assistenziali;

con fattori socio-economici ad alto rischio;

con alta densità di popolazione.
Il case management è un meccanismo autonomo di miglioramento
dell’efficacia e dell’efficienza dell’assistenza sanitaria, basato sulla logica di
coordinamento delle risorse da utilizzare per la specifica patologia del
paziente,
attraverso
le
diverse
strutture
del
sistema
sanitario.
Lo scopo principale del case management è pertanto quello di ottimizzare
39
l’autocura dei pazienti, ridurre la frammentazione delle cure, fornire qualità
delle cure attraverso la continuità, migliorare la qualità di vita dei pazienti,
ridurre la degenza ospedaliera, aumentare la soddisfazione dello staff di cura
e promuovere l’uso efficace delle risorse.
Dal processo di case management ci si attende i seguenti benefici:

accessibilità, intesa come maggiore utilizzo dei servizi da parte degli
utenti;

continuità,
intesa
come
superamento
della
parcellizzazione
nell’assistenza e/o erogazione dei servizi;

coordinamento, inteso come reciproca conoscenza e integrazione
degli interventi;

flessibilità, intesa come maggiore possibilità di modificare il
progetto in base all’evoluzione delle azioni coordinate;

efficienza, intesa come riduzione dei costi.
40
CAPITOLO 4
Strumenti per favorire l’autocura del paziente
4.1 Costruzione dello strumento informativo:
l’opuscolo
Il paziente, nella fase post-chirurgica, si vede ‘’crollare il mondo addosso’’,
deve affrontare problematiche prima sconosciute e la famiglia è coinvolta
appieno nel turbino dell’evento. Gli interventi demolitivi a carico
dell’intestino, che rendono necessaria l’asportazione dell’apparato sfinterico
e il confezionamento di una stomia, comportano un’alterazione dello
schema corporeo con la conseguente necessità di un adattamento sul piano
personale a questa nuova situazione.
L’opuscolo proposto contiene informazioni utili per il paziente, in
particolare consigli dietetici, risposte alle domande che molti di loro si
pongono e inoltre viene fornita un’indicazione sintetica delle principali
norme legislative che oggigiorno tutelano i pazienti stomizzati, preziosa e di
facile comprensione.
Per quanto riguarda i consigli dietetici, nell’opuscolo viene definito il tipo di
nutrizione da adottare, alcuni accorgimenti per adeguare la sua
alimentazione alla condizione attuale ed una piccola piramide alimentare
dove vengono elencati i cibi consigliati, quelli da consumare con
moderazione e quelli da evitare assolutamente. Il paziente è spesso pieno di
domande a cui non ha delle risposte e per questo si è pensato di
raggrupparne alcune per chiarire meglio determinati argomenti, ad esempio
si domandano se possono continuare a lavorare o a fare sport, o se devono
rinunciare ad una giornata al mare o vestire in modo particolare e così via.
È importante instaurare un rapporto interattivo che porti allo scambio di
idee, la cui finalità è di stimolare la persona stomizzata ad una maggiore
attenzione alla propria alimentazione e ad aumentare, allo stesso tempo,
fiducia in sé stessi e nel personale sanitario che supporta la persona in
41
questo percorso. Per la stesura dell’opuscolo è stato necessario valutare
quali implicazioni ha la malattia sui modelli funzionali del paziente e della
famiglia.
4.2 Costruzione dello strumento educativo: la
check list
La sostituzione del presidio di raccolta è necessaria per evitare perdite, per
ispezionare la cute intorno allo stoma e per il controllo di eventuali odori
sgradevoli, nel caso essi costituiscano un problema. La sacca deve essere
sostituita ogni volta che il paziente lamenti bruciore o prurito sotto il disco
adesivo o dolori nell’area dello stoma; la sostituzione del presidio è
consigliata al mattino, prima della prima colazione o 3-4 ore dopo un pasto,
quando l’intestino è meno attivo.
Lo stoma care che letteralmente significa ‘’cura dello stoma’’ consiste nel
processo e nell’addestramento della persona all’autogestione del nuovo
stoma; comprende la cura igienica, il cambio del presidio ed il controllo
della stomia e della cute peristomale, rendendo la persona assistita
nuovamente
autonoma
così
da
favorire
il
reinserimento
sociale.
Lo stoma è un nuovo organo e ad esso va dedicata la stessa cura ed
attenzione destinata ad altre parti del corpo.
Il messaggio fondamentale che si deve comunicare alla persona è che la
stomia è la nuova sede dell’ano, perciò necessita delle stesse cure dell’ano
naturale, in modo semplice ed utilizzando materiali di facile reperibilità.
Comunque il paziente si troverà di fronte ad una situazione nuova e
sicuramente difficile da gestire, per questo si ritiene opportuno fornire agli
assistiti delle check list dove sono elencati e spiegati in modo semplice le
varie procedure da svolgere per la cura dello stoma.
42
4.3 Un’esperienza italiana: A.R.I.STOM. Rimini
E’ attivo da oltre trenta anni un centro per l’assistenza al paziente
stomizzato per coordinare, informare e dare assistenza ambulatoriale a
pazienti con stomia urinaria e/o intestinale. Il centro e’ principalmente
dedicato al controllo, alla gestione ed al sostegno ai pazienti portatori di
stomia temporanea o definitiva, vengono inoltre eseguite visite di controllo
colo-proctologiche, medicazioni, irrigazione e avviamento all’autogestione
stomale.
Al centro affluiscono Pazienti da tutta la Provincia ed anche da zone
limitrofe extra provinciali ed extra regionali e pazienti inviati dal reparto di
chirurgia. Il centro è coordinato da personale infermieristico e medico
coadiuvato da personale volontario. La storia dell’A.R.I.STOM ha molto a
che spartire con la sua presidente, ex paziente atomizzata, tutto nasce nella
seconda metà del secolo scorso con l’A.I.STOM (Associazione Italiana
Stomizzati) con sede a Milano. Il successo dell’A.I.STOM e l’iniziativa dei
primi pionieri fece si che i Centri di Riabilitazione Stomizzati si
sviluppassero in tutta la penisola. Così alla fine degli anni ’70 a Rimini,
grazie all’iniziativa di alcune persone stomizzate supportati da consenso del
personale medico e infermieristico, nasce il primo Centro di Riabilitazione
che aggrega gli stomizzati della città e quelli della Repubblica di San
Marino (in un regime di convenzione con l’Asl). L’espansione dell’attività
del centro A.I.STOM di Rimini ha riscosso l’apprezzamento delle autorità
comunali e dell’Asl, oltre a quelle dell’A.I.STOM Nazionale, tanto da
definire la situazione riminese come ‘’un’isola felice’’ nei confronti di altri
centri nei quali l’iniziativa riabilitativa era carente senza nessuna assistenza
sociale.
Nel 1999 l’Associazione Riminese assume una veste giuridica propria come
A.R.I.STOM con connotati onlus in convenzione con l’Asl. Delle
problematiche amministrative e previdenziale si occupa un gruppo di
volontari che si dedicano anche all’organizzazione di iniziative culturali e
43
ricreative, alle quali quasi tutti gli associati partecipano con entusiasmo, per
sentirsi reinseriti nel contesto sociale dal quale erano emarginati. Molte
persone stomizzate, fino a qualche anno fa erano timorosi di confidare ad
altri la loro condizione di salute, ora riescono a dichiarare senza vergogna di
essere stomizzati. Tutto questo è merito dell’’’isola felice’’ di Rimini in cui
l’A.R.I.STOM è una grande casa dove altre persone possano unirsi a questa
grande famiglia.
Questa è una conferma importante che evidenzia come i cittadini portatori di
una problematica assistenziale, l’equipe sanitaria e sociale, le organizzazioni
trovino la loro espressione nel mettere in reste le competenze, le
motivazioni, il senso di responsabilità e riescono in modo integrato a
riformare la qualità della vita dei pazienti e della loro famiglia.
44
4.4 Conclusioni
Da quanto si evince dall’argomento trattato, la figura dell’infermiere quale
educatore gioca un ruolo fondamentale nella cura e nella riabilitazione del
paziente stomizzato.
L’addestramento alla gestione della stomia è fondamentale per favorire il
ritorno all’autonomia della persona. E’ solo mediante un intervento
educativo mirato e ben programmato, rivolto sia alla persona con stomia che
alla sua famiglia, che l’infermiere riuscirà a facilitare l’acquisizione di
abilità nell’adattamento e nell’autogestione della stomia, con il fine di
migliorare la qualità di vita della persona stomizzata e del suo contesto
sociale e famigliare. Per le persone portatrici di stomia molto importanti
sono delle istruzioni scritte come promemoria, per la gestione della stomia;
queste ultime devono essere semplici e concise per facilitare l’abilità
pratica, ma non sostituiscono il vero processo di insegnamento –
apprendimento di cui ha bisogno l’assistito.
L’infermiere ha un ruolo centrale e multidisciplinare nell’assistenza del
paziente stomizzato.
La stomia porta molto spesso il paziente ad una fase di regressione nelle
attività sociali che influisce su tutti i modelli funzionali di salute anche
sull’attività sessuale e tutto questo porta il paziente a degli stati depressivi
che possono peggiorare anche il quadro clinico del paziente ed il suo
recupero.
In questi casi l’infermiere dovrà essere in grado di offrire supporto emotivo
attraverso un ascolto empatico e nel caso ci fossero difficoltà comunicative,
o di apprendimento, affiderà il paziente al giusto professionista. Da questo
concetto parte la multidisciplinarità dell’infermiere, il quale deve
interfacciarsi con molti professionisti della salute: chirurgo, psicologo,
assistente sociale, fisioterapista, considerando che il ruolo centrale nel
processo di cura deve essere rappresentato dal paziente. Durante tutto questo
processo, il periodo pre-operatorio, assume i contorni di importanza
prioritaria perché un paziente adeguatamente preparato sia dal punto di vista
fisico che psicologico, sarà in grado di capire che con la stomia, pur
45
rappresentando un evento devastante nella vita, può continuare a svolgere la
stessa vita di prima, ponendo attenzione ad alcuni aspetti e ciò non deve
rappresentare un ostacolo alla normale prosecuzione delle attività
quotidiane, l’infermiere favorirà il processo di adattamento per garantire
l’autocura
e
l’indipendenza
gestionale
del
paziente
stomizzato.
L’elaborato evidenzia come attraverso le competenze specialistiche
infermieristiche
si possa attuare un piano di cura rivolto al paziente
stomizzato, avviando un processo di trasformazione, adattamento e
raggiungimento di un livello di autonomia e autocura che permetta il
controllo ed il ritorno ad una vita autogestita ed equilibrata del paziente e
della famiglia.
46
BIBLIOGRAFIA
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Milano 2006.
2) Colombo C., Paletto A., Maggi G., Masenti E., Massoioli N.,
‘’Trattato di chirurgia’’. Minerva. Torino 2005.
3) Franceschini F., ‘’Il paziente stomizzato’’. UTET. Torino 2005.
4) The Oryx Group, aspetti epidemiologici, 2011
5) Scottish Intercollegiate Guidelines Network, 2011
6) Mutillo G., Pizzi S., ‘’La persona atomizzata assistenza e
riabilitazione’’. McGraw-hill. Milano 2006.
7) Rastelli G., AIOSS, ‘’Gestione infermieristica delle alterazioni
cutanee peristomali’’. Paper’s World srl.. Bellante 2009.
8) Federazione Nazionale, ‘’Quaderni/L’infermiere’’ numero 1/2007.
9) AIOSS (Associazione Italiana Operatori Sanitari di Stomaterapia) ,
‘’Periodico informativo scientifico trimestrale’’ numero 1/2012.
10) Definizione dell’educazione terapeutica secondo l’OMS
11) Picker Institute, Garteis et al. In Poletti, 2000
12) Wensing e Grol, 1998.
13) Definizione Case Management Society UK, 2010
14) Albinelli P., Cottafavi K., Ferri P., L’infermiere tra teoria e prassi,
Athena Audiovisuals. Modena 2008.
15) Bare B.G., Cheever K.H., Hinkle J.L., Smeltzer S.C., Infermieristica
medico- chirurgica. Brunner – Suddarth; Volume 1. Casa Editrice
Ambrosiana. Milano 2010.
47
SITOGRAFIA
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2) http://www.fondazionemadrecabrini.org/Portals/63/Documenti
ultima consultazione 10/01/16
3) http://www.infermieriperlasalute.it/guide/la-gestione-dellestomie-intestinali-id23.htm ultima consultazione 27/12/2015
4) http://www.ipasvi.it/ecm/percorsi-guidati/stomie-intestinaligestione-a-breve-e-a-lungo-termine-id23.htm
ultima consultazione 5/01/16
5) http://www.legatumori.it/getDoc.php?id=354
ultima consultazione 20/01/16
6) http://www.policlinico.mi.it/Documenti/IleostomiaColostomiaUr
ostomia ultima consultazione 2/02/16
7) http://www.ausl.rn.it/Materiali/infermieri-perilcittadino/stomia/stomia.html ultima consultazione 15/02/2016
48
INDICE FIGURE
Figura 1. Stoma
pag.4
Figura 2. Colostomie
pag.6
Figura 3. Ileostomia
pag.7
Figura 4. Il lavaggio delle mani
pag.24
Figura 5. Rimozione del presidio
pag.25
Figura 6. Rimozione delle feci
pag.25
Figura 7. Detersione della cute
pag.25
Figura 8. Asciugare la cute
pag.26
Figura 9. Calibratore
pag.26
Figura 10. Foro della placca
pag.26
Figura 11. Applicazione della placca
pag.27
INDICE GRAFICI
1) Grafico 1. I principali tipi di stomia
pag.15
2) Grafico 2. Le patologie più frequenti che portano al
pag.16
confezionamento di stomie
ALLEGATI
Allegato 1. L’opuscolo: strumento informativo, ‘’Informazioni utili per il
paziente stomizzato.
Allegato 2. La check list: strumento educativo, ‘’Check list per la rimozione
del presidio di raccolta e l’igiene della cute peristomale rivolta al paziente
stomizzato’’
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
CHECK LIST PER LA RIMOZIONE DEL PRESIDIO DI
RACCOLTA E L’IGIENE DELLA CUTE PERISTOMALE
RIVOLTA AL PAZIENTE STOMIZZATO
MATERIALE OCCORRENTE:
acqua tiepida, sapone neutro, panno carta, calibratore di stomia, forbici, presidio di
raccolta a uno o due pezzi, sacchetto per rifiuti.
AZIONI (COSA FARE?)
Lavare le mani con sapone neutro
RAZIONALE (PERCHE’?)
Per ridurre la carica microbica
Assumere una posizione confortevole per la
rimozione del presidio (supino/seduto)
Per agevolare la rimozione del presidio
Rimuovere il presidio dall’alto verso il basso
tendendo la cute peristomale in direzione
opposta
Rimuovere le feci presenti sullo stoma con
panno carta e gettarle nei rifiuti urbani
Per evitare la fuoriuscita di feci e macerazione
tessutale
Detergere la cute con acqua e sapone neutro con
movimenti circolari, dall’esterno verso la stomia
Per ridurre il contatto delle feci con la cute in
quanto potrebbero provocare irritazioni
Asciugare con panno carta tamponando
Per evitare microtraumi della cute peristomale
e rimuovere l’umidità che potrebbe provocare
la macerazione tessutale e non consentire
l’adesione della placca
Valutare il diametro della stomia con l’apposito
calibratore
Per poter ritagliare il foro della placca della
misura corretta
Ritagliare il foro della placca per adattarlo nel
modo più preciso possibile al diametro della
stomia
Rimuovere la pellicola che protegge l’adesivo
della placca
Applicare la placca dal basso verso l’alto
facendola aderire bene alla cute ed evitando la
formazione di pieghe
Chiudere il sistema di scarico del presidio se è a
fondo aperto
Per isolare la cute peristomale dal contatto con
le feci
Gettare il materiale utilizzato nei rifiuti urbani
Per allontanarlo ed evitare contaminazioni
Lavare le mani
Per ridurre la carica microbica
Per evitare la contaminazione delle zone
circostanti durante la detersione
Per applicare e far aderire la placca
Per prevenire il contatto della cute peristomale
con le feci ed evitare che filtrino tra la cute e la
placca
Per evitare la fuoriuscita del materiale
intestinale
NON USARE
DISINFETTANTI ALCOLICI,
IRRITANO LA CUTE
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63
Scarica

L`approccio infermieristico educativo al paziente