Università degli Studi di Genova Scuola di Scienze Mediche e Farmaceutiche Corso di Laurea in Infermieristica Dipartimento di Scienze della Salute (DiSSaL) Coordinatrice del Corso Prof.ssa Loredana Sasso TITOLO “L’approccio infermieristico educativo al paziente stomizzato” STUDENTE RELATORE Valentina Di Vita Dott.ssa Bruna Crepaldi CORRELATORE Federica Putzu A.A. 2014/ 2015 DEDICA Ai miei genitori per avermi regalato gli anni più belli della mia vita con il sudore dei loro sacrifici e per essere sempre stati presenti in ogni momento e in ogni mia scelta. RINGRAZIAMENTI Sono già passati più di tre anni da quando ho deciso di iniziare questa nuova esperienza lontana dalla mia famiglia, dalla mia casa e dalla mia terra. Già dai primi giorni in quest’università ho capito subito che non sarebbe stato per niente facile. Sono stati anni pieni di emozioni; ho trascorso giorni felici godendo dei miei successi e giorni in cui volevo sprofondare per il senso di colpa di non aver raggiunto il risultato sperato. Anche gli insuccessi che ho accumulato durante questi anni fanno parte del mio bagaglio personale perché grazie a loro ho imparato a cadere e a rialzarmi senza mai abbattermi. Ai miei genitori devo tutto, è solo grazie a loro se oggi sono riuscita a raggiungere questo traguardo così importante, grazie ai loro sacrifici, agli incoraggiamenti costanti e al loro amore che riuscivo a percepire anche solo attraverso una telefonata. Ringrazio Alessandro, mio fratello, che ha condiviso con me questo percorso di studi, per essere stato sempre accanto a me. Ringrazio i miei nonni, mia zia e i miei cugini, Davide e Sofia, che grazie alla loro tenera età riescono a farmi divertire con poco. Ringrazio le mie amiche, pilastri portanti della mia vita, Alice, Eva e Krizia che sono sempre state pronte ad aiutarmi a sostenermi e a credere in me. Grazie a loro sono riuscita a sconfiggere l’ansia di questi ultimi mesi. Ringrazio Claudia, mia compagna di università, compagna di avventura e compagna di vita. Con lei ho condiviso tutto in questi tre anni, risate, pianti, successi e fallimenti e spero che la fine di questa esperienza non ci divida. Infine, e non per importanza, ringrazio la mia relatrice, la Dott.ssa Bruna Crepaldi e la correlatrice Federica Putzu, infermiera del reparto di Chirurgia Generale dell’ospedale Villa Scassi; grazie alla loro gentilezza e piena disponibilità, indispensabile per la stesura di questa tesi. INDICE Premessa pag.1 Introduzione pag.2 Capitolo 1. Le stomie: insorgenza, classificazione e diffusione 1.1. Cenni storici pag.3 1.2. Stomie: definizione e classificazione pag.4 1.3. Patologie e cause che portano al confezionamento di una stomia pag.8 1.4. Complicanze peristomali pag.12 1.5. Aspetti epidemiologici pag.16 Capitolo 2. Approccio infermieristico al paziente stomizzato 2.1. Continuità assistenziale pag.18 2.1.1. Assistenza pre-operatoria pag.18 2.1.2. Assistenza post-operatoria pag.19 2.1.3. Assistenza alla dimissione pag.20 2.1.4. Follow up pag.21 2.2. Approccio infermieristico e pianificazione assistenziale pag.22 2.3. Gestione della stomia e stomacare pag.23 2.4. Gestione delle complicanze pag.28 2.5. Educazione sanitaria pag.31 2.6. Competenze tecniche, relazionali ed educative pag.33 Capitolo 3. Metodi per favorire l’autocura del paziente 3.1. L’Educazione terapeutica secondo l’OMS pag.35 3.2. Empowerment pag.37 3.3. L’infermiere case manager pag.39 Capitolo 4. Strumenti per favorire l’autocura del paziente 4.1. Costruzione dello strumento informativo: l’opuscolo pag.41 4.2. Costruzione dello strumento educativo: la check list pag.42 4.3. Un’esperienza italiana A.R.I.STOM. – Rimini pag.43 4.4. Conclusioni pag.45 Bibliografia pag.47 Sitografia pag.48 Indice figure, grafici e allegati pag.49 Premessa La problematica relativa alle stomie addominali ha acquisito, negli ultimi anni, un’importanza sempre maggiore: la notevole diffusione del fenomeno e l’interesse suscitato dall’aspetto qualitativo oltre che quantitativo della vita degli stomizzati, un tempo abbandonati a loro stessi e considerati ‘’diversi’’, oggi hanno concrete possibilità di pieno reintegro nella società grazie ad una serie di interventi volti alla loro rieducazione funzionale ed alla corretta gestione dello stoma. Attualmente l’assistenza al paziente stomizzato costituisce una realtà sempre più emergente, infatti le nuove tecniche chirurgiche e stomaterapisti competenti e dedicati solo a questo tipo di problematica, costituiscono le fondamenta solide dell’assistenza e successivo completo recupero del portatore di stomia. L’infermiere assiste il paziente dal punto di vista clinico e relazionale, fornendo un importante punto di riferimento al di fuori della famiglia:è la figura a cui spesso il paziente operato si affida per superare la situazione di imbarazzo che l’intervento ha comportato e costituisce un aiuto per ricominciare a vivere come prima. L’infermiere riveste un ruolo fondamentale nell’aiuto fornito al paziente per la gestione degli aspetti legati alla malattia. L’assistenza ai pazienti portatori di stomia va gestita nell’ottica di supportare ed aiutare il paziente nel raggiungimento di uno dei più importanti obiettivi: l’autonomia nella gestione dei presidi dedicati. Altri aspetti complessi che la persona affronta riguardano il disagio sociale, l’emarginazione e le difficoltà relazionali dovuti alla mancata accettazione della stomia. Durante le mie esperienze di tirocinio, l’esigenza di prendermi cura di persone stomizzate ha suscitato in me l’interesse ad approfondire maggiormente le tematiche relative alla patologia al fine di fornire un’assistenza adeguata e qualificata. 1 Introduzione Attraverso questo elaborato è stata effettuata una ricerca per illustrare e descrivere le molteplici patologie e cause che portano al confezionamento di una stomia e gli aspetti epidemiologici di questo fenomeno. Nello specifico l’elaborato evidenzia l’importanza di pianificare un’assistenza continua che comprenda l’educazione sanitaria nel post-operatorio e le competenze tecniche, relazionali ed educative che l’infermiere utilizza per assicurare cure adeguate, applicando le conoscenze scientifiche e rispettando la cultura e i bisogni individuali del paziente. L’infermiere garantisce attraverso l’impegno dei presidi specifici che ogni paziente non vada incontro a complicanze nella gestione e cura della stomia. Attraverso l’educazione terapeutica l’infermiere favorisce l’autocura del paziente, poiché il processo educativo, transitando attraverso i vissuti della persona, prevede di effettuare attività di sensibilizzazione, di informazione, di apprendimento, di aiuto psicologico e sociale in relazione alla malattia, ai trattamenti, alla prevenzione delle complicanze, agli stati d’animo del paziente. L’approccio infermieristico interviene favorendo il processo di empowerment del paziente che è il protagonista dell’autocontrollo, mentre i sanitari possono fornire informazioni, consigli e rafforzare le motivazioni; il paziente deve essere aiutato a prendere consapevolezza che la cura della sua malattia dipende anche dal suo potenziale e dalla sua motivazione nel raggiungere il massimo benessere possibile. Fornire al paziente strumenti, come un opuscolo informativo in grado di rispondere a molte domande che il paziente si pone, ed una check list che può guidare nell’esecuzione di igiene e cura della stomia, per il raggiungimento di un ottimo grado di autonomia nella gestione della stessa. L’obiettivo di questa tesi è quello di evidenziare come la funzione infermieristica utilizzata nell’approccio educativo al paziente stomizzato, può migliorare la sua qualità della vita stimolando l’empowerment del paziente e della famiglia, superando la criticità e i problemi che si presenteranno durante le fasi della malattia, favorendo l’adattamento, l’accettazione e l’autonomia del paziente. 2 CAPITOLO 1 Le stomie: insorgenza, classificazione e diffusione 1.1 Cenni storici La soluzione di un’occlusione intestinale attraverso la stomia trae le sue origini sin dai tempi biblici, attraverso la formazione di una fistola spontanea, dovuta ad un trauma o da un viscere strozzato. Per un arco di tempo molto lungo l’uomo si è trovato di fronte all’incapacità di salvare la vita alle numerose vittime di questa patologia. Di fronte al quadro clinico di un addome acuto, chiamato nell’antichità ‘’passione iliaca’’, sono stati escogitati i rimedi più disparati ed improbabili, spesso con esito infausto. Il primo ‘’ano artificiale’’ è stato eseguito nel 1700 dal chirurgo francese Pillore, pioniere della chirurgia dello stoma, mentre effettuava una ciecostomia. Lo stesso è passato alla storia anche perché informò il paziente del tipo di intervento e delle possibili complicanze, ideando e realizzando il primo presidio per stomizzati. Tale presidio consisteva in una lamiera con una spugna a forma di bottone sostenuta da una fasta elastica. La chirurgia del colon nell’800 aveva un’elevatissima mortalità: le infezioni del peritoneo erano la regola. Significativi progressi si iniziarono ad ottenere solo all’inizio del ‘900, grazie a Mayo e Miles; nei paesi anglosassoni intorno agli anni 50 viene a crearsi la figura dell’enterostomista, infermiere specializzato. In Gran Bretagna nascono in quegli anni le prime associazioni di pazienti stomizzati. Attualmente i presidi a disposizione sono sacche leggere lontane anni luce dai contenitori metallici ed il personale infermieristico ha competenze avanzate per poter assistere ed educare il paziente alla sua nuova condizione. 3 1.2 Stomie: definizione e classificazione Il termine ‘’stomia’’ indica il risultato di un intervento chirurgico che consiste nell’abboccamento di un tratto dell’intestino o delle vie urinarie alla cute consentendo la fuoriuscita all’esterno di materiale organico di feci e/o di urine. Il termine stomia deriva dal greco ‘’stoma’’ e significa ‘’apertura’’ o ‘’bocca’’. Il termine stomia viene preceduto dal nome del tratto abboccato all’esterno (ileo-stomia, colon-stomia). Figura 1. stoma Immagine tratta dal sito www.alsilombardia.it Il paziente stomizzato è un soggetto che per patologie varie (neoplastiche, infiammatorie, traumatiche) ha subito l’asportazione dei meccanismi della continenza (canale anale, sfinteri, ampolla rettale, vescica) e l’abboccamento alla parete addominale di un tratto di intestino (ileo, colon) e/o di uretere. La stomia essendo priva di sfintere è soggetta ad una continua fuoriuscita di feci e di urine che non possono essere in alcun modo trattenute. Questo è un grave inconveniente che, però, può essere affrontato e risolto in modo soddisfacente mediante una buona conoscenza del trattamento della stomia. Il confezionamento di una stomia rappresenta, in molti casi, l’unico modo per sopravvivere ad una malattia o ad un incidente. Questa soluzione anche se compromette le funzioni fisiologiche, permette l’allontanamento immediato ed efficace dei problemi che gravano sullo stato di salute del paziente. Quando si è portatori di una stomia bisogna considerarla come un nuovo organo che fa parte del nostro corpo e come tale deve essere gestita e curata.(1) 4 La gestione della stomia se è ottimale consente una vita sociale e di relazione del tutto normale e spesso consente di riacquistare la salute. Esistono diversi criteri di classificazione delle stomie dal punto di vista funzionale: in base al tipo di confezionamento, in base alla durata, in base allo scopo. Per funzionale si intende la possibilità o meno di escludere un tratto a valle, per consentire, ad esempio, la cicatrizzazione di una anastomosi, si parla quindi di stomie di protezione. In base al tipo di confezionamento si parla di: Stomie terminali dove il viscere viene direttamente abboccato all’esterno, interrompendo qualsiasi continuità con la porzione del viscere a valle. Stomie laterali o a canna di fucile in cui sia il moncone afferente che l’efferente vengono abboccati alla cute mentre le pareti posteriori delle anse interessate vengono fissate insieme per mantenere le due anse parallele e fisse. In base alla durata si individuano: Stomie temporanee quando le stomie sono solo di ‘’protezione’’ ed il transito verrà ripristinato una volta risoltasi la causa che l’ha imposta; possono essere rimosse e ricanalizzate, diviene quindi fondamentale mantenere l’integrità dei meccanismi della continenza. Stomie definitive quando il tratto a valle non è più riutilizzabile risultano quindi permanenti per tutta la vita. In base allo scopo si classificano in: Stomie palliative, ad esempio nei tumori inoperabili. Lo scopo sarà quindi evacuativo e decompressivo. Stomie di necessità, in alcuni tipi di intervento occorre asportare la parte finale dell’intestino e si rende quindi necessario confezionare a monte del tratto asportato una breccia evacuativa. Stomie di protezione, tiene ‘’a riposo’’ il tratto di intestino a valle della 5 stomia favorendo così i processi di guarigione e di cicatrizzazione dell’anastomosi. Da un punto di vista anatomico possiamo suddividere le stomie in: COLOSTOMIE ILEOSTOMIE La colostomia è la connessione tra il colon e la cute per deviare le feci: può essere anch’essa terminale o laterale (a doppia canna). Il contenuto intestinale è solido (feci) e può venire attuato un “controllo” delle emissioni con il metodo dell’irrigazione e con l’alimentazione. A seconda del pezzo di colon che viene abboccato alla cute si parlerà di: Ciecostomia Colostomia ascendente Trasversostomia Colostomia discendente Sigmoidostomia Figura 2. Colostomie Immagine tratta dal sito www.medmedicine.it 6 Vantaggi:si può controllare l’emissione delle feci attraverso l’alimentazione cute circostante. Svantaggi: il sacchetto di raccolta non può essere svuotato ma solo sostituito, a causa della “solidità” del materiale intestinale (il sacchetto nei pazienti colostomizzati è a fondo chiuso). L’ileostomia è l’apertura e la fissazione temporanea o definitiva dell’ileo alla parete addominale nella regione inferiore destra, allo scopo di deviare all’esterno il contenuto intestinale. L’ileostomia può essere ‘’terminale quando ha un unico orifizio per la fuoriuscita del materiale liquido intestinale o laterale ‘’a doppia canna’’ quando sono presenti due orefizi: da uno esce il materiale intestinale, dall’altro non esce nulla. L’ileostomia ha la caratteristica di essere estroflessa, cioè di ‘’venire un po’ fuori’’ dal piano della pelle (fig.3). Figura 3. Ileostomia Immagine tratta dal sito www.stomicy.org Dall’ileostomia esce un liquido intestinale costituito da acqua, bile, succhi intestinali e residui alimentari ingeriti molto irritante per la pelle. Questo liquido intestinale non ha la possibilità di solidificarsi per il mancato riassorbimento di alcune sostanze che avviene nei tratti più a valle dell’intestino. 7 Vantaggi:il vantaggio più frequente è la brevità della durata (di solito nel 90% delle ileostomie sono di protezione, per cui temporanee); la facilità di svuotamento del sacchetto di raccolta che è di tipo aperto; la fuoriuscita del materiale intestinale in modo più abbondante nell’immediato periodo postprandiale a causa del riflesso gastro-colico e del breve pezzo di intestino che c’è tra la stomia e lo stomaco. Svantaggi: l’acidità del contenuto intestinale facilita l’insorgere della dermatite cutanea attorno alla stomia (il paziente deve stare molto attento ad applicare il sacchetto di raccolta con il diametro uguale a quello della stomia); non può venir attuato nessun tipo di controllo sull’emissione del contenuto intestinale.(2) 1.3 Patologie e cause che portano al confezionamento di una stomia La colostomia si pratica in presenza di determinate patologie dell'intestino crasso. Tali malattie, che in alcuni casi richiedono anche l'asportazione di porzioni di colon, consistono in: Cancro del colon-retto: (o cancro colorettale) è la più frequente neoplasia maligna dell'apparato gastrointestinale e rappresenta una delle principali cause di morte per cancro, sia nell'uomo che nella donna. Dal punto di vista terapeutico, il principale trattamento è l'intervento di colectomia, tramite cui viene asportata la regione d'intestino malata. Più il tumore maligno è in fase avanzata ed esteso, più sarà grande il tratto intestinale rimosso. Talvolta, la colectomia per il cancro colorettale può terminare con una colostomia. Diverticolite: è l'infiammazione dei diverticoli; i diverticoli sono piccole estroflessioni che si possono formare all'interno di tutto il canale alimentare, in particolare nel colon. La diverticolite richiede di solito una terapia farmacologica e l'adozione di una dieta sana ed appropriata alle circostanze. Se tali trattamenti dovessero risultare inefficaci o tardivi, potrebbe risultare necessario un intervento di colectomia seguito da una 8 colostomia. In questi frangenti, la colostomia è solitamente temporanea, perché è previsto il ricongiungimento delle varie sezioni d'intestino rimaste. Morbo di Crohn: è una patologia autoimmune, appartenente alla categoria delle cosiddette malattie infiammatorie intestinali. I pazienti affetti da morbo di Crohn possono beneficiare di una colostomia in due situazioni: o dopo un intervento di colectomia o per isolare dalle feci la zona intestinale infiammata. Nel primo caso, la colostomia potrebbe essere anche permanente; nel secondo caso, invece, è di solito temporanea (il ritorno alla normalità avviene quando si è ridotta l'infiammazione a livello della porzione intestinale isolata). Occlusione intestinale: quando l'intestino è bloccato e non permette a ciò che vi scorre all'interno di progredire regolarmente. L'occlusione intestinale è considerata un'emergenza medica, in quanto, dove avviene il blocco, potrebbero aver luogo emorragie, infezioni e perforazioni intestinali. Il trattamento prevede in genere una colectomia seguita da una colostomia. La temporaneità o la permanenza di quest'ultima dipende dalle dimensioni di intestino crasso asportate. Incontinenza fecale. Chi soffre di incontinenza fecale è soggetto a involontarie e incontrollate perdite di feci e gas intestinali. Il ricorso alla colostomia per la cura dell'incontinenza fecale avviene soltanto quando tutti i possibili trattamenti non chirurgici sono risultati inefficaci. Lesione intestinale da trauma addominale: i traumi all'addome che possono provocare una lesione intestinale sono: un'accoltellata, un ferita d'arma da fuoco, un incidente sul posto di lavoro, un incidente automobilistico ecc. Queste ferite a carico dell'intestino potrebbero richiedere una colectomia parziale, seguita da una colostomia temporanea o, in certi casi, anche permanente. Malattia di Hirschsprung: è una rara patologia congenita, che colpisce un bambino ogni 5.000. Chi ne è affetto manca di alcune terminazioni nervose che controllano la muscolatura del colon, pertanto è facilmente soggetto a episodi di occlusione intestinale. La colostomia (temporanea o permanente, a seconda della gravità) viene praticata per isolare il tratto di intestino non 9 innervato e a rischio occlusione, e per permettere la fuoriuscita regolare delle feci. Fisiopatologicamente le colostomie sono dedite all’assorbimento, alla secrezione, alla produzione di vitamine e alla progressione e a deposito del materiale fecale. Le ciecostomie sono fisiologicamente simili ad una ileostomia(massiva perdita di liquidi e di elettroliti). La ciecostomia essendo quasi sempre temporanea, non porta ad alterazioni metaboliche distintive significative. Nelle trasversostomie le feci sono semiliquide in caso di stomia prossimale o di consistenza quasi normale se lo stoma è distale. Inizialmente le feci sono semipoltacee e acquisiscono compattezza a distanza dall'intervento. Nelle sigmoidostomie le feci hanno un aspetto normale sia nel volume, sia nella consistenza e sia nell'odore. Vi è una normale presenza di gas e l’attività enzimatica è ridotta o assente. In un primo momento le feci sono poltacee, con il passare del tempo acquisiscono un aspetto solido. I medici praticano un'ileostomia quando l'intestino crasso è danneggiato, infiammato o non funziona in maniera adeguata. A provocare questa serie di alterazioni sono alcune particolari patologie/condizioni intestinali, tra cui: Il cancro del colon-retto: dal punto di vista terapeutico, il principale trattamento è l'intervento di colectomia, durante il quale il chirurgo operante asporta la sezione malata d'intestino. La scelta di ricorrere anche all'ileostomia dipende dalle dimensioni e dalla posizione della sezione rimossa. Il morbo di Crohn: l'ileostomia non è il trattamento di prima scelta del morbo di Crohn. Tuttavia, può diventarlo in tutti quei casi in cui, secondo i medici, l'isolamento temporaneo dalle feci dell'intestino infiammato è di beneficio a quest'ultimo. La colite ulcerosa. È un'altra malattia infiammatoria intestinale, di tipo cronico, che colpisce specificatamente l'intestino crasso. I suoi sintomi tipici sono diarrea mista a sangue, dolore addominale e perdite mucose. Il trattamento previsto è solitamente di tipo farmacologico. Infatti, i medici 10 ricorrono all'ileostomia esclusivamente quando i medicinali non sortiscono i risultati sperati. L'ileostomia può essere temporanea o permanente, a seconda della gravità dell'infiammazione e delle possibilità più o meno concrete di una riduzione dello stato infiammatorio. L'occlusione intestinale. Il trattamento prevede in genere una colectomia, seguita da una colostomia (cioè la deviazione del colon verso un'apertura realizzata sull'addome) o da un'ileostomia. La scelta ricade sull'ileostomia quando l'occlusione intestinale interessa l'intero colon. La soluzione può avere una durata temporanea oppure permanente, a seconda della gravità della situazione. Poliposi adenomatosa familiare (FAP). È una rara patologia intestinale, caratterizzata dalla formazione di particolari lesioni precancerose benigne, all'interno di colon e retto. Tali lesioni precancerose benigne prendono il nome di polipi e hanno un'alta tendenza a diventare maligne. Si pensi, infatti, che il 99% dei pazienti con FAP sviluppa prima o poi, nel corso della vita, un cancro del colon-retto. In genere, il trattamento consiste in un'operazione di colectomia preventiva, seguita da un'ileostomia permanente. Lesione intestinale da trauma addominale. I traumi all'addome potrebbero richiedere una colectomia parziale, seguita da un'ileostomia temporanea o, in casi particolarmente gravi, permanente. Fisiopatologicamente l’ileostomia comincia a funzionare in seconda terza giornata con evacuazioni continue, liquide, verdastre da 500 a 1500 ml/die. In decima giornata si riducono a 600 ml/die e la consistenza è poltacea. Dopo la stabilizzazione la consistenza è semipoltacea e il numero delle scariche meno frequente. Mancando il riassorbimento di liquidi e sali da parte del colon, la conseguenza più evidente è la disidratazione e la perdita di elettroliti. Nell'ileostomia il transito delle feci è rapido (3-8 ore). Le feci dell'ileostomia sono particolarmente aggressive, per la presenza di enzimi digestivi ancora attivi e inodori (la presenza di cattivo odore è spesso indice di infezione batterica o indicativa dell’alimentazione seguita). 11 1.4 Complicanze peristomali Le complicanze stomali sono l’insieme delle affezioni dello stoma, precoci e tardive, precostituite, spontanee e secondarie all’intervento chirurgico. Le cause delle complicanze sono spesso da ricercare in alterazioni della struttura e delle funzioni dello stoma. Le stomie sono soggette a numerose complicanze, che possono comparire anche a distanza di anni dal confezionamento, e ciò giustifica un regolare e continuo controllo (follow-up) del paziente portatore di stomia. Purtroppo il follow-up della stomia non è in grado di prevenire tutte le complicanze, bensì ne permette l’individuazione precoce con possibilità di trattamento precoce. Il rischio aumenta col tempo così che il 50-70% dei portatori di stomia è destinato a sviluppare questo tipo di complicanze. Le differenze funzionali tra colostomie (evacuazione periodica di feci formate) e ileostomie (evacuazione continua di feci liquide), il tipo di peristalsi e fattori generali (le colostomie sono talora confezionate su addomi prominenti mentre i soggetti con ileostomia sono generalmente giovani, magri con muscolatura tonica) sono le cause della maggior incidenza di complicanze nelle colostomie rispetto alle ileostomie. E’ fondamentale, prima dell’intervento chirurgico, individuare il punto di abboccamento della stomia, che dovrebbe essere posto lontano dai rilievi ossei,dall’inguine e dalle pliche cutanee e da eventuali ferite laparotomiche; per prevenire le infezioni e le complicanze da mal posizionamento e per favorire l’applicazione del sacchetto peristomale. Complicanze precoci Edema:aumento della componente idrica interstiziale dello stoma dovuta ad un ostacolato deflusso venoso o da trauma post operatorio; inizialmente ogni stomia presenta un edema più o meno importante; . In linea di massima l’edema si risolve spontaneamente in un paio di settimane. Necrosi: la congestione venosa determina spesso un colorito rosso scuro della stomia nell’immediato postoperatorio, ma, se la circolazione venosa 12 non subisce ostacoli attraverso un’apertura troppo stretta o se l’ansa è priva di tensione, si normalizza entro pochi giorni. Diversamente, se vi sono dubbi sulla vitalità della stomia, occorre controllarla frequentemente; la necrosi si manifesta dopo pochi giorni con iniziali chiazze grigio-verdastre confluenti. In caso di necrosi conclamata si deve riconfezionare la stomia. Se il tempo di osservazione e attesa è troppo lungo, l’infezione che si manifesta rende inutilizzabile il sito primitivo, può creare un dislocamento dell’ansa e, in casi più gravi, la caduta dell’ansa stessa in addome con peritonite fecale. Sanguinamento ed ematoma: Un sanguinamento precoce origina dal punto di sezione dell’ansa intestinale e può essere controllato con un semplice punto di sutura. Un sanguinamento più tardivo può originare dal tessuto di granulazione che spesso si sviluppa come reazione al materiale di sutura. La rottura di un vaso della sottomucosa può determinare l’insorgenza di un ematoma. L’incisione della mucosa e l’evacuazione dell’ematoma sono necessari solamente quando quest’ultimo è sotto tensione ed interessa tutta la circonferenza della stomia. Anche l’ematoma della parete addominale adiacente alla stomia non deve destre preoccupazioni, deve comunque essere controllato e si deve instaurare una profilassi antibiotica per prevenire l’eventuale formazione successiva di ascessi peristomali. Fistole ed ascessi: Nonostante in teoria ci si trovi in ambiente settico, il processo di guarigione è raramente complicato da infezioni. Queste originano, invece, da ponti cutanei intrappolati sotto il piano di sutura oppure dal materiale di sutura non riassorbibile. Talvolta questi punti restano nascosti dalla stomia edematosa e non sono rimossi in tempo cosicché diventano sorgente di granulazioni croniche che esitano in irregolarità del bordo muco-cutaneo con difficoltà di applicazione del dispositivo di raccolta, infiltrazioni fecali e dermatiti. Le infezioni profonde originano dalla sutura fasciale e possono sfociare nella comparsa di fistole; quando le fistole infette non guariscono in un breve lasso di tempo è necessario riposizionare la stomia per evitare fenomeni di stenosi e retrazione. 13 Complicanze tardive Dermatite peristomale: può essere determinata dal contatto fecale e da intolleranza al materiale adesivo degli ausili di raccolta. La dermatite fecale può insorgere quando una mal posizione della stomia non ne permette un’apparecchiatura corretta con frequente distacco della placca adesiva. Le manifestazioni variano dal rossore cutaneo, attraverso papule e vescicole, fino alle erosioni ed ulcerazioni; prurito, bruciore e dolore sono i sintomi più frequenti. La dermatite reattiva è dovuta ad un’ipersensibilità all’adesivo dei dispositivi di raccolta; la lesione consiste in un area eritematosa con eruzioni papulari che “ridisegna” la forma della placca adesiva. Infezioni peristomali: ascessi profondi peristomali possono comparire anche a distanza di anni dal confezionamento della stomia, e, spesso, la causa non è evidenziabile. I segni della presenza di un ascesso sono l’arrossamento peristomale e la tumefazione fluttuante. L’incisione e il drenaggio devono sempre essere eseguiti al di fuori dell’area di adesione dell’ausilio, ed in genere permettono la guarigione. Le infezioni che si sviluppano al di sotto della giunzione muco-cutanea possono evolvere nel distacco della stomia; anche in questi casi la risutura della giunzione non è il trattamento indicato, bensì occorre trattare correttamente l’infezione in corso. Complicanze proprie delle stomie Ernia stomale: è l’evento più frequente sebbene i dati pubblicati evidenzino variazioni dell’incidenza dal 20 al 70%. L’esteriorizzazione di un’ansa intestinale necessita, ovviamente, di un’apertura dello strato muscolare della parete addominale; sotto l’influenza delle variazioni volumetriche dell’ansa, quest’apertura può espandersi fino a formare un orifizio erniario. L’apertura può estendersi in un’area limitata (ernia parastomale) oppure a tutta la circonferenza (ernia peristomale). La sintomatologia associata comprende senso di peso addominale, talora dolore, e difficoltà all’evacuazione. 14 Il primo trattamento consiste nel far indossare al paziente un corsetto contenitivo. Prolasso: si sviluppa nel 8-15% dei portatori di stomia ed è più frequentemente nelle stomie laterali. Il prolasso consiste nell’evaginazione (fuoriuscita) di un segmento intestinale che coinvolge tutta la parete dell’ansa stessa. In posizione supina i prolassi di modeste dimensioni possono ridursi spontaneamente, mentre quelli di dimensioni maggiori necessitano di un riposizionamento manuale e si ripresentano in posizione ortostatica o dopo un colpo di tosse. In questi casi è opportuno apparecchiare la stomia in posizione supina quindi indossare un corsetto con un cuscinetto a livello della stomia. La sintomatologia soggettiva è limitata a dolore crampiforme da stiramento dell’ansa, oltre al discomfort dovuto al prolasso stesso. Il trattamento chirurgico di resezione si impone nei prolassi che superano i 5 cm. di lunghezza. Stenosi: si parla di stenosi quando il dito non riesce ad esplorare la stomia. E’ interessante notare che anche stenosi di grado elevato possono essere tollerate per lunghi periodi di tempo, ma in casi estremi anche solo l’ingestione di minuscoli semi può far precipitare in un quadro di occlusione intestinale. Molti pazienti, portatori di stomie stenotiche, abusano di lassativi per mantenere le feci liquide. La stenosi di una ileostomia può essere accompagnata da diarrea profusa. Le cause possono essere ad eccessiva cicatrizzazione, a deficit circolatorio, a retrazione cicatriziale e a lesioni peristomali dovute all’esposizione cutanea alle feci attraverso un foro eccessivamente grande del dispositivo di raccolta. Retrazione: questa complicanza può insorgere sia precocemente nel periodo postoperatorio sia a distanza di tempo. Il principale problema delle retrazioni stomali è la difficoltà di apparecchiatura; in questi casi la placca del dispositivo di raccolta non aderisce correttamente alla cute consentendo infiltrazioni al di sotto della placca adesiva stessa e reazione cutanea fino a gravi dermatiti necrotizzanti. Quando la retrazione è modesta può essere sufficiente l’utilizzo di paste protettive e/o l’uso di placche convesse; quando, però, la retrazione è maggiore occorre trattarla chirurgicamente.(3) 15 1.5 Aspetti epidemiologici Il cancro del colon retto è prevalentemente una patologia dell’anziano. Meno del 5% dei pazienti ha un’età inferiore a 40 anni. Negli ultimi decenni la maggiore informazione e la diagnosi precoce hanno diminuito la necessità del confezionamento di stomie. Da un punto di vista epidemiologico la Scozia ha una delle più alte incidenze di tumori del colon nel mondo.(4) Gli stomizzati viventi in Italia sono 43000: Tipi di stomia 0% 14% colostomia 31% 55% ileostomia altro (urostomia) Grafico 1. Principali tipi di stomia Le principali sono colostomie (55%) seguite dalle ileostomie (31%), urostomie (14%). Le stomie possono essere permanenti o temporanee ed essere confezionate per un numero di patologie come: cancro colorettale (36%) malattia infiammatoria dell’intestino (15%), cancro della vescica (12%), diverticoliti (11%), coliti necrotizzanti, anomalie congenite, megacolon e altri cancri e condizioni come le occlusioni, perforazioni e trauma. 16 Patologie cancro colorttale 26% 36% malattia infiammatoria dell'intestino cancro della vescica 11% 12% 15% diverticoliti altro Grafico 2. Patologie più frequenti che portano al confezionamento di stomie Il cancro colorettale che determina il confezionamento di stomie è più frequente nei maschi, mentre le stomie confezionate per il cancro addominale sono più frequenti nelle donne. Le stomie relative a malattie infiammatorie come la rettocolite ulcerosa e il morbo di Chron, sono presenti in ugual misura nei maschi e nelle femmine.(5) 17 CAPITOLO 2 Approccio infermieristico al paziente stomizzato 2.1 Continuità assistenziale Le attività infermieristiche svolte sono tutte finalizzate a mantenere una continuità assistenziale al paziente stomizzato attraverso un processo di educazione supporto e aiuto infermiere-paziente. I pazienti che hanno subito un intervento chirurgico che determina una importante modificazione della propria immagine corporea, hanno bisogno di instaurare una relazione empatica unica e continuativa con gli infermieri che li hanno seguiti in tutte le fasi del loro percorso. 2.1.1 Assistenza pre-operatoria La relazione ha inizio dal giorno di ingresso del paziente nel reparto, momento in cui viene spiegata la tipologia di intervento a cui verrà sottoposto ponendo l’accento sul confezionamento della stomia. E’ importante che vengano identificati gli infermieri di riferimento per il paziente. A questa fase segue il disegno pre-operatorio della stomia, fondamentale per evitare di incorrere, nel post-operatorio, in complicanze dovute ad un mal posizionamento. Durante questo momento il paziente conosce per la prima volta i prodotti per la gestione della stomia. Pertanto, l’infermiere che li presenta, deve cercare di creare un’atmosfera accogliente rispettando la sua intimità e rassicurandolo sulla facilità di gestione del prodotto scelto. Durante il colloquio informativo, l’infermiere stoma terapista dovrebbe presentarsi spiegando il suo ruolo e descrivere la sua attività. Questa fase ha come obiettivo quello di instaurare un buon rapporto di 18 fiducia con il paziente. E’ dimostrato che un paziente ben informato prima dell’intervento chirurgico avrà un basso livello d’ansia e quindi un miglior adattamento. Per eseguire un corretto accertamento infermieristico bisogna valutare globalmente il paziente, considerando sia l’aspetto psico-sociale che fisico generale. Per i pazienti sottoposti a chirurgia elettiva si può prevedere più di un incontro con lo scopo di promuovere una più efficace educazione al paziente. L’individuazione del sito stomale (disegno pre-operatorio) è spesso considerato l’aspetto più importante di questa fase. Avere una stomia mal posizionata può influenzare notevolmente la qualità di vita del paziente e rendere meno efficace la riabilitazione. Ripetuti distacchi precoci del presidio possono provocare alterazioni cutanee peristomali con conseguente scarsa adesione dei presidi. E’ dimostrato che i pazienti che sono stati sottoposti a tale procedura hanno subito in modo significativo meno complicanze post-operatorie. 2.1.2 Assistenza post-operatoria Al rientro dalla sala operatoria, l’infermiere, dopo avere monitorato i parametri vitali, controlla la ferita chirurgica e lo stoma. Questa valutazione deve essere effettuata almeno 3-4 volte al giorno nella prima giornata post-operatoria, qualora ci fossero dei parametri alterati la valutazione deve essere più frequente. Nel paziente portatore di stomia è importante monitorare lo stoma, in quanto nel periodo post-operatorio più immediato c’è un maggior rischio di necrosi, quindi va osservato lo stato della mucosa e della cute circostante. La stomia verrà apparecchiata utilizzando un sistema di raccolta atraumatico (per evitare pressioni sull’addome dolente del paziente), sufficientemente capiente, a fondo aperto, adattabile ai vari tipi di stomia. Nelle stomie terminali l’addestramento coincide con il rendere il paziente autonomo nella gestione della stomia, intorno alla 4-5 giornata postoperatoria. Va comunque premesso che la relazione, intesa come processo di educazione, supporto e aiuto, deve essere iniziata sin da subito, per 19 permettere al paziente di superare le difficoltà legate all’accettazione della nuova immagine corporea, incoraggiandolo attivamente in tutti i passaggi dello stoma-care, garantendo la sua completa autonomia nella pratica. Riconquistare l’autonomia appena il paziente è in grado di eseguire da solo il cambio del presidio, vengono organizzati degli incontri (durante la stessa degenza), coinvolgendo il care giver scelto a supporto dopo la dimissione. Vengono effettuati 3 cambi: il primo dall’infermiere con osservazione del paziente e di chi si prende cura di lui (care giver); il secondo dal care giver, con osservazione del paziente e supporto dell’infermiere che interviene a correggere eventuali errori; il terzo in autonomia completa del paziente con osservazione dell’infermiere. Durante questi cambi viene provato un dispositivo di raccolta che si ritiene più adatto alla tipologia di stoma del paziente, garantendogli una tenuta ottimale, comfort e facile applicazione. 2.1.3 Assistenza alla dimissione Alla dimissione viene comunque data al paziente una vasta gamma di dispositivi diversi in modo che lui possa scegliere, con calma, quello che più risponde alle sue richieste e abitudini di vita, prima di effettuare la prescrizione definitiva. Inoltre, sempre al momento della dimissione vengono programmati gli appuntamenti successivi per controllare la gestione della stomia e rispondere ad eventuali dubbi emersi al paziente o intervenire su eventuali complicanze insorte. Mantenere un contatto con il personale che si è preso cura di lui durante tutto il suo ricovero, conforta moltissimo il paziente e lo aiuta nel suo processo di apprendimento della gestione della stomia. La dimissione, infatti, rappresenta da sempre un momento delicato per tutti pazienti soprattutto per quelli, come gli stomizzati, che si trovano a dover iniziare un nuovo cammino senza la protezione dell’ambiente ospedaliero. A tal proposito l’infermiere si impegna costantemente ad organizzare e garantire un rientro a casa privo di ansie e timori rassicurato dal persistere del contatto con gli stessi operatori con i quali è stata instaurata una relazione empatica davvero unica e continuativa. 20 2.1.4 Follow up È un’attività imprescindibile che dovrebbe avere come figure di riferimento le medesime di tutto il percorso di cura ed assistenza. Per gestire al meglio il processo assistenziale e garantire la continuità di cura necessaria, è opportuno che il paziente stomizzato sia a conoscenza di un ambulatorio dedicato alle esigenze e problematiche delle persone portatrici di stomia. Questo ambulatorio è gestito da personale infermieristico specializzato dedicato che può diventare tutor del processo di assistenza e cura di questi pazienti. Le funzioni principali per l’infermiere sono identificabili nel: monitoraggio e prosecuzione del percorso riabilitativo, gestione delle eventuali complicanze stomali, verifica dell’idoneità e tollerabilità dei presidi scelti e promozione dell’uso corretto degli stessi e soprattutto per i bisogni e/o problemi che si possono presentare in un secondo tempo, quando la persona riprende le proprie attività quotidiane(dimensione della socialità, della sessualità, dell’adattamento fisico e psicologico). Il benessere dei pazienti, obiettivo primario dell’attività assistenziale, è la ragione principale che sostiene l’interdipendenza dei professionisti sanitari. 21 2.2 Approccio infermieristico e pianificazione assistenziale L’assistenza infermieristica consiste, nell’“Assistere l’individuo sano o malato, per aiutarlo a compiere tutti quegli atti tendenti al mantenimento della salute o alla guarigione o a prepararlo ad una morte serena, atti che compirebbe da solo se disponesse della forza e della volontà o delle cognizioni necessarie e a favorire la sua partecipazione attiva in modo da aiutarlo a riconquistare il più rapidamente possibile la propria indipendenza”. L’assistenza infermieristica è dunque un servizio derivante dall’analisi dei bisogni individuali e delle esigenze di ogni singola persona. Nel momento in cui l’individuo perde il suo stato di salute si aspetta che gli vengano suggerite modificazioni che lo aiutino a ristabilire l’equilibrio della salute, perciò è indispensabile che l’infermiere conosca il processo che lo metterà in grado di eseguire un piano di cura individuale o collettivo. L’elaborazione di un piano di assistenza presuppone l’applicazione di idee fondamentali o di metodi scientifici attraverso un approccio che è comunemente chiamato “Problem Solving”. Il termine “problema” è un fatto che può avere una risposta alla sua risoluzione. Il metodo del Problem Solving permette di valutare gli scopi immediati e a lungo termine del piano d’assistenza che richiedono procedimenti di programmazione, attuazione, valutazione e revisione dei programmi assistenziali stessi. La cura e la riabilitazione del paziente stomizzato è un cammino di équipe dove per iniziare bene ed insieme si devono condividere concetti chiari di pianificazione assistenziale. Lo Stoma-care prevede diverse tappe che ogni paziente percorre durante la fase di accettazione della malattia e dalle difficoltà che nascono con la presenza di uno stoma. L’équipe potrà ottenere che ogni paziente se la cavi un po’ da solo, ritrovando quegli elementi di forza che gli daranno la possibilità di scoprire in sé stesso energia. Deve saper infondere coraggio, fornire elementi di speranza, esprimere vitalità e disponibilità con uniformità di linguaggio e la corretta conoscenza 22 di tutte le pratiche assistenziali, prendendo in considerazione anche una serie di problemi socio-culturali. 2.3 Gestione della stomia e stomacare Lo stoma care consiste in una serie di interventi che ci permettono di ottenere una corretta pulizia ed apparecchiatura della stomia per la prevenzione delle complicanze cutanee e stomali e un altrettanto corretta buona adesività del presidio. Gli obiettivi di una corretta gestione del presidio stomale sono: - mantenere la cute peristomale integra; - impedire l’infiltrazione degli effluenti al di sotto della placca; - mantenere in situ il presidio per il tempo prestabilito; - favorire il benessere psico-fisico della persona atomizzata permettendogli un adeguato adattamento al nuovo schema corporeo. La cura e la riabilitazione del paziente stomizzato fanno parte di un percorso che prevede un importante lavoro di equipe, dove per lavorare bene occorre condividere concetti chiari di pianificazione assistenziale. Innanzitutto con lo stoma care dobbiamo rispondere al bisogno di integrità cutanea in zona peristomale, al bisogno di conoscenze relative alla corretta gestione della stomia, al bisogno di sicurezza e rinforzo psicologico e lo possiamo fare educando la persona ad una corretta gestione della stomia stessa, scegliendo insieme a lui la protesi più adatta e intervenendo con specifici trattamento in caso di complicanze. Tutto questo ci porta al conseguimento dell’obiettivo principale che è l’autonomia della persona, evitando le complicanze da stoma care non corretto ed evitando gli sprechi di materiale protesico. Lo stoma care entra a far parte di un percorso educativo che l’infermiere 23 esperto (stomaterapista) inizia con la persona candidata al confezionamento di una stomia e la sua famiglia (caregiver), fin dalla fase pre-operatoria. Secondo la definizione dell’OMS ‘’l’educazione terapeutica consiste nell’aiutare il paziente e la sua famiglia a comprendere la malattia ed il trattamento, a collaborare alle cure, a farsi carico del proprio stato di salute ed a conservare e migliorare la propria qualità di vita’’. L’intervento educativo deve favorire il raggiungimento dell’autonomia, migliorare le conoscenze, le abilità necessarie alla persona e/o al caregiver, per meglio gestire la nuova situazione in modo da poter raggiungere una soddisfacente qualità di vita.(6) Per un corretto stoma care dobbiamo preparare il seguente materiale: sacchetto per i rifiuti; acqua tiepida; sapone neutro; panno carta; calibratore di stomia; forbici a punte arrotondate; idoneo presidio di raccolta a uno o due pezzi. La procedura prevede: 1) il lavaggio delle mani per ridurre la carica batterica; Figura 4. Immagine tratta dal sito www.infermieriperlasalute.it 24 2) la rimozione del presidio dall’alto verso il basso tenendo la cute con le dita per evitare così di trazionare la cute peristomale; Figura 5. Immagine tratta dal sito www.usl3.toscana.it 3) la rimozione delle feci presenti sullo stoma con panno carta per evitare di contaminare le zone circostanti durante la detersione; Figura 6. Immagine tratta dal sito www.usl3.toscana.it 4) la detersione della cute peristomale dall’esterno verso l’interno, con acqua tiepida e sapone neutro e risciacquo con le stesse modalità; Figura 7. Immagine tratta dal sito www.usl3.toscana.it 25 5) asciugare la cute tamponando per evitare così arrossamenti o lesioni traumatiche; Figura 8. Immagine tratta dal sito www.usl3.toscana.it 6) misurare il calibro dello stoma con il calibratore; Figura 9. Immagine tratta dal sito www.usl3.toscana.it 7) ritagliare il foro della placca adattandolo al diametro dello stoma (massimo 2 mm più largo), è possibile utilizzare ausili per la protezione cutanea (film protettivi); Figura 10. Immagine tratta dal sito www.usl3.toscana.it 26 8) procedere all’applicazione del presidio facendolo aderire dal basso verso l’alto, appoggiando prima il lato inferiore del foro alla base dello stoma. Figura 11. Immagine tratta dal sito www.oncologicota.it Naturalmente se si utilizza un presidio a due pezzi la procedura prevede prima il distacco della sacca, poi della placca e nell’applicazione prima la placca con le stesse modalità del monopezzo e poi la sacca. Sono assolutamente da evitare disinfettanti di ogni tipo, etere, alcool o cloro derivati. La procedura per la gestione della stomia prevede una prima apparecchiatura il sala operatoria con presidio a due pezzi con placca a protezione integrale e sacca trasparente per meglio monitorare lo stato dello stoma nelle prime 48 ore post-operatorie; una prima sostituzione del presidio dopo 48 ore dell’intervento chirurgico e un precoce coinvolgimento nello stomacare del paziente e/o care giver. Per le colostomie si userà una sacca a fondo chiuso, mentre per le ileostomie una a fondo aperto. 27 2.4 Gestione delle complicanze Le complicanze del complesso stomale rappresentano un problema di notevole rilevanza. Infatti, un paziente stomizzato su tre presenta quantomeno una complicanza, più o meno grave, a carico del complesso stomale e questo, non incide solo sulla qualità di vita del paziente e sugli aspetti psicologici che vengono gravemente compromessi, ma causa anche una notevole incidenza sui costi a carico del S.S.N. e Regionale. L’utilizzo di prodotti specifici e le medicazioni da utilizzare, la gestione del paziente con eventuale ricovero per incapacità del paziente stesso o del care giver nel gestire la complicanza, l’eventuale reintervento per un nuovo confezionamento, portano ad un aumento dei costi sanitari e ad uno stress fisico e psichico del paziente e dei suoi familiari. Fondamentale è quindi la prevenzione e una corretta gestione con l’avvio all’addestramento del paziente o del care giver, ma importante è anche la tempestiva e corretta gestione della complicanza con utilizzo di protocolli e procedure, strumenti che lo stomaterapista deve sempre tener presente. Le complicanze del complesso stomale hanno una loro classificazione e la gestione si diversifica in base ai casi. A tal proposito sono a disposizione una gamma di presidi e prodotti di differenti aziende che ci aiutano a gestire le complicanze, ma aspetto da non sottovalutare è il ruolo dello stomaterapista. Infatti, nella gestione delle complicanze, come abbiamo detto, esistono protocolli e procedure, strumenti necessari nelle nostre mani, ma anche l’esperienza e la“fantasia” rivestono un ruolo importante. La fantasia nell’apparecchiatura della stomia spesso cambia da uno stomaterapista all’altro, in base anche alle variabili di fronte alle quali si trova (complicanza più o meno grave, accessori e presidi a disposizione, tempo dedicato, tipologia della cute, recettività del paziente). Nel suo percorso assistenziale l’infermiere da sempre utilizza una vasta gamma di presidi, ma con l’evolversi della ricerca e della sperimentazione si trova più frequentemente di fronte a scelte nell’uso e nella verifica di efficacia.(7) 28 Naturalmente tutti gli ausili vanno diversificati da persona a persona, anche seri tenuti utili per tutti. La loro scelta va valutata in base a parametri quali:valutazione globale della persona, scopo nell’utilizzo, comparazione costo-beneficio e possibilità di utilizzo nel tempo. ‘’Il miglioramento della qualità assistenziale può avvenire grazie alla sinergia di fattori quali: competenza, esperienza, idee, progettualità diverse ed integrate’’.(8) Tutto ciò con l’utilizzo di strumenti operativi e di un approccio assistenziale basato sull’efficacia e sulle evidenze scientifiche che consentono un’adeguata risposta assistenziale ai bisogni di salute dei cittadini, assicurando cure adeguate ed un appropriato grado di utilità dell’assistenza. Il livello di applicazione delle conoscenze scientifiche, delle abilità dell’infermiere e delle tecnologie disponibili sono i punti di forza per raggiungere i risultati in termini di salute con il minor impegno di risorse possibili, tutto questo offerto al paziente nel momento di massima utilità, rispettando la cultura e i bisogni individuali della persona assistita anche per ciò che riguarda l’informazione e la qualità di servizio. L’infermiere deve conoscere le caratteristiche dei presidi utilizzati e coniugare le caratteristiche del presidio con la tipologia della persona assistita, utilizzando le evidenze scientifiche e le prove di efficacia, e deve essere, inoltre, responsabile nella valutazione dei presidi e avere la capacità di dimostrare gli esiti assistenziali e i costi derivanti dal loro utilizzo. Oggi tutti i presidi e prodotti utili sono dispensati gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale. Ad oggi tra i presidi molto utilizzati nella gestione delle complicanze ci sono le placche a protezione totale e le convesse o leggermente convesse. La placca convessa o semi convessa viene utilizzata negli stomi introflessi o parzialmente introflessi, in mal posizionamenti con stoma in vicinanza di pliche cutanee o stoma piatto. La fascia elastica senza foro è utile indossarla, anche dopo dimissione, questo è a scopo preventivo. È utile nel prevenire prolassi ed ernie peristomali. 29 Le piastre protettive di idrocolloide sono particolarmente indicate nei casi in cui la cute peristomale è irritata e/o presenta secrezioni, suppurazioni e ascessi. Il film protettivo protegge la cute peristomale dalle secrezioni aggressive o traumi da adesivo, in caso di dermatiti, mal posizionamento, suppurazioni, ascessi. Le stesse indicazioni si hanno per le polveri di idrocolloide. La crema barriera (all’ossido di zinco) deve essere utilizzata in caso di pelle secca o irritata. La pasta peristomale di idrocolloide è uno strumento “miracoloso”. Capace di risolvere numerosi problemi di gestione nelle complicanze. Questa invenzione, tra le più importanti, a mio avviso, in tale campo, viene utilizzata su superfici cutanee irregolari per prevenire le complicanze, quali cicatrici, pliche cutanee. Infatti, la pasta riempie le cavità e livella la cute impedendo infiltrazioni. Utilizzata in presenza di complicanze quali: retrazioni stomali (per livellare la zona peristomale), distacchi della giunzione muco cutanea, ischemia e necrosi,suppurazioni ed ascessi, mal posizionamenti, dermatiti, emorragie peristomali,stoma piatto. Il S.S.N. fornisce al paziente due tubetti di pasta al mese. Oggi è presente anche in formato di striscia modellabile. Facile nell'applicazione e la rimozione. E dato che sono in formato monouso, non ci sono sprechi e sono facilmente utilizzabili fuori casa. I dilatatori sono utilizzati in caso di stenosi. Presenti in commercio in diverse misure,sostituiscono le dilatazioni digitali. Evitano, se utilizzati costantemente e correttamente, crisi sub occlusive e re-intervento. Un accenno va fatto sull’irrigazione, pratica molto utile da applicare nella gestione di alcune complicanze di colostomia, quali: stenosi stomale, retrazioni,mal posizionamenti, dermatiti, irritazioni. In generale consiglio a tutti i portatori di colostomia che rispondono ai requisiti richiesti, l’avvio a tale pratica. Ma nel caso delle complicanze segnalate, si rende necessario dato che in tale maniera non ci saranno infiltrazioni o comunque deiezioni a contatto con la cute(evacuazione controllata), le feci saranno più morbide per l’azione del volume idrico sulla consistenza delle feci. Il SSN dà diritto ad un set di irrigazione ogni 6mesi. Prodotti quali detergenti ed idratanti 30 sono utili per la pulizia e l’idratazione della cute sottoposta a continue sollecitazioni. Comodi anche perché utilizzabili in assenza di acqua (presenti anche in formato salviette), questo per favorire un maggiore confort e tranquillità dello stomizzato. Con la prevenzione e la corretta gestione delle complicanze lo stomaterapista, con competenze ben acquisite, interviene sul paziente stomizzato per migliorarne la qualità di vita, aiutandolo a reinserirsi nel proprio contesto familiare e sociale e promuovendo in ogni contesto assistenziale le migliori condizioni di sicurezza psicofisica dell’assistito e dei suoi familiari. 2.5 Educazione sanitaria L’infermiere che si occupa di stomaterapia svolge da sempre interventi di tipo educativo per condurre la persona con stomia all’autogestione. L’importanza dell’attività educativa dell’infermiere sta nell’affermazione che l’assistenza infermieristica è un’arte, una scienza in cui l’infermiere osserva, sostiene, comunica, amministra, insegna e cura. Contribuisce al mantenimento del benessere ottimale, facilitando la soddisfazione dei bisogni e presta assistenza durante la malattia fino a che i pazienti riescono a soddisfare autonomamente i loro bisogni. L’attività educativa è l’approccio che permette all’infermiere di contribuire ad aiutare ogni persona e famiglia o comunità ad autogestire i propri problemi di salute. L’educazione del paziente è importante non solo nella prevenzione delle complicanze della malattia, ma riflette anche una nuova interpretazione del ruolo del paziente, che diventa medico di se stesso per un periodo concordato con il curante. L’idea non è recente poiché l’educazione sanitaria afferma il principio che ogni individuo è il principale responsabile della propria salute. Tuttavia l’educazione terapeutica è caratterizzata da un vero e proprio trasferimento pianificato e organizzato di competenze dall’infermiere al paziente, riducendo progressivamente la dipendenza della persona dall’operatore e aumentando la propria responsabilità e la collaborazione dello stesso con l’educatore. È evidente che in alcuni stati di accettazione della malattia sono 31 più favorevoli di altri all’educazione (stato di accettazione attiva o adattamento); tuttavia non può essere eluso dalle sessioni di educazione un paziente che è in uno stadio di negazione o di rifiuto. L’esperienza maturata nell’educazione terapeutica in riferimento ad alcune patologie croniche, può essere applicata anche alla persona stomizzata, perché deve acquisire competenze ed attuare dei comportamenti fondamentali per una corretta gestione dello stoma. L'educazione alla salute non si limita a comunicare le informazioni, ma favorisce anche la motivazione, le capacità e la fiducia, ossia quelle condizioni necessarie per agire nell'ottica di migliorare la salute. Educare alla salute implica comunicare informazioni concernenti le condizioni socioeconomiche e ambientali implicite che incidono sulla salute, altre informazioni riguardanti i fattori individuali di rischio e i comportamenti a rischio, oppure l'uso del sistema di assistenza sanitaria. L'educazione alla salute può, quindi, riguardare la comunicazione di informazioni e lo sviluppo di capacità con lo scopo di accrescere la salute e diminuire le malattie degli individui e dei gruppi, attraverso l’influenza su attitudini e comportamenti. Le finalità dell’educazione sanitaria possono essere sintetizzate come segue: • Acquisire coscienza della propria salute; la finalità è quella di far emergere la coscienza dei propri problemi di salute. • Aumentare le conoscenze attraverso informazioni e conoscenze specifiche su problemi di cui le persone sono già coscienti, di cui però la conoscenza reale o la comprensione sono limitate. • Raggiungere consapevolezza rispetto a un particolare problema o alla salute in generale, identificando che cosa sia realmente importante. • Realizzare un cambiamento di abitudini: si prendono in esame le decisioni personali per il futuro, in generale o su un particolare aspetto della salute. La decisione si basa sulle informazioni, sulle conoscenze più rilevanti e sulla comprensione dei valori coinvolti. • Realizzare un cambiamento nei comportamenti, rendendo operativa una decisione, cioè cambiare effettivamente “qualche cosa” in relazione a un problema di salute. 32 • Promuovere una modificazione sociale. E’ una finalità abbastanza complessa: vuol rendere più agevoli le scelte di salute attraverso le modificazioni dell’ambiente sociale e fisico, le persone sono stimolate ad adottare comportamenti più sani. 2.6 Competenze tecniche, relazionali ed educative Il ruolo dell’infermiere è ad ampio raggio e include il supporto preoperatorio, l’educazione post-operatoria e il follow-up sul territorio; l’infermiere diventa l’operatore di riferimento per il paziente fin dai primi colloqui, in quanto operatore che garantirà la continuità delle cure sia nel periodo di degenza post-operatoria sia dopo la dimissione. L’intervento chirurgico che porta al confezionamento di una stomia modifica considerevolmente l’aspetto fisico e rende l’individuo ‘’diverso’’ dai canoni della normalità, determinando in quest’ultimo un iniziale rifiuto di sé stesso, con conseguente perdita dell’autostima, isolamento e distorsione della propria capacità di interagire con gli altri. Tale cambiamento non coinvolge solo il corpo ma la persona nelle diverse dimensioni che la compongono, includendo gli aspetti biologici, emozionali, cognitivi, spirituali e relazionali. In questo contesto l’infermiere non deve limitarsi a rilevare e a rispondere ai bisogni biofisici del paziente, ma occuparsi anche di quelli conseguenti alla percezione alterata dell’immagine di sé, di valutare e supportare le attività di coping e ripianificare il progetto assistenziale riabilitativo in base ai progressi della persona e all’evoluzione infausta della malattia di base. La comunicazione interpersonale è lo strumento che consente di stabilire con i pazienti quella che viene definita la relazione terapeutica d’aiuto. Per poter trattare adeguatamente le problematiche psico-sociali del paziente atomizzato, l’infermiere deve considerare i concetti base della comunicazione e del linguaggio, in quanto espressioni con le quali si stabilisce un contatto con la persona assistita. 33 Comunicazione e linguaggio sono due termini che s’identificano in concetti diversi ma complementari ed inseparabili tra loro: - il linguaggio rappresenta lo strumento con cui è possibile stabilire la comunicazione; - la comunicazione rappresenta il mezzo con cui è possibile stabilire e mantenere le relazioni interpersonali; - la comunicazione non verbale è quella parte della comunicazione che comprende tutti gli aspetti di uno scambio comunicativo non concernenti il livello puramente semantico del messaggio, ossia il significato letterale delle parole che compongono il messaggio stesso. Le prime informazioni scambiate tra due soggetti che entrano in relazione sono proprio quelle provenienti dal canale non verbale: - il contatto visivo - l’espressione del volto - il tono di voce - la postura - la gestualità - la distanza interpersonale Tutti questi elementi rappresentano le variabili sulle quali ciascuna delle parti si formerà la prima impressione sull’altra persona. La funzione dell’infermiere è quella di attuare un’adeguata relazione d’aiuto che ha inizio già con la presa in carico del paziente e della famiglia e che non ha un limite di tempo preciso; l’obiettivo è di rendere autonomo il paziente nella sua totalità di essere umano, ma ciò non toglie che il rapporto e il dialogo possano continuare anche in seguito.9 34 CAPITOLO 3 Metodi per favorire l’autocura del paziente 3.1 L’educazione terapeutica Il fondatore dell’educazione terapeutica è il diabetologo Jean Philippe Assal; con le sue pubblicazioni ha diffuso in Europa i concetti di educazione terapeutica, nel rapporto tra paziente e medico, dapprima nel confronto del diabete e poi estendendola alle altre patologie croniche. L’educazione terapeutica è l’arte di seguire il paziente cronico nel percorso che va dallo choc della diagnosi all’accettazione della terapia. A partire dagli anni sessanta lo scenario riferito ai problemi di salute è fortemente cambiato, soprattutto nel mondo occidentale. Accanto ai problemi di salute acuti, sono emersi sempre più preponderanti i problemi legati a malattie croniche, le quali implicano trattamenti complessi e a lungo termine e molto spesso conducono ad alterazioni invalidanti sia fisicamente che socialmente. L’educazione terapeutica è un processo educativo che si propone di aiutare la persona malate (con la sua famiglia e nell’ambiente che lo circonda) ad acquisire e mantenere la capacità di gestire, in modo ottimale la propria vita, convivendo con la malattia. Si tratta di un processo che, transitando attraverso i vissuti della persona, prevede un insieme di attività organizzate di sensibilizzazione, di informazione, di apprendimento, di aiuto psicologico e sociale in relazione alla malattia, ai trattamenti, alla prevenzione delle complicanze, agli stati d’animo. E’ un’attività sanitaria piuttosto recente, che ha progressivamente e costantemente aumentato la propria ragione d’essere in rapporto all’aumento dei pazienti affetti da patologie croniche. Questa nuova filosofia è basata su alcuni concetti base: - il principio che ogni individuo è il principale responsabile della propria salute; 35 - l’importanza della prevenzione delle complicanze nelle patologie croniche; - la riduzione della dipendenza del paziente e della sua famiglia dai sanitari. ‘’Deve renderlo capace di acquisire e mantenere abilità che gli consentano di gestire al meglio la propria vita di malato. Si tratta quindi di un processo continuo, integrato nell’assistenza sanitaria. È incentrato sul paziente; comprende una consapevolezza organizzata, l’informazione, l’apprendimento dell’auto-cura ed il supporto psicologico riguardo la malattia, i trattamenti prescritti, l’assistenza, l’ospedale e gli altri ambiti assistenziali, l’informazione organizzativa, i comportamenti legati alla salute ed alla malattia. Il suo scopo è di aiutare i pazienti e le famiglie a comprendere la malattia ed il trattamento, a cooperare con i curanti, a vivere in modo sano, a migliorare o mantenere la qualità della vita’’.10 L’educazione terapeutica si afferma come necessità terapeutica, economica ma anche etica, allo scopo di dare al paziente tutti gli strumenti cognitivi e le tecniche per la gestione della malattia. In vari ambiti assistenziali sono state introdotte diverse tipologie di educazione terapeutica del paziente, ma sono spesso state scelte in maniera arbitraria ed insegnate male. La necessità di migliorare i programmi di formazione con un intento terapeutico, appare quindi ovvia. Spesso i pazienti iniziano ad adattarsi alla propria malattia per conto loro, ma gli operatori sanitari devono utilizzare l’educazione terapeutica del paziente per rendere i loro sforzi più produttivi. 36 3.2 L’empowerment Lo psicologo americano Bob Anderson ha introdotto il concetto di ‘’Empowerment’’, ove propone una relazione nuova fra malato e sanitari. Il paziente deve essere consapevole che la cura della sua malattia è, in buona parte, nelle sue mani. Empowerment, letteralmente, significa ‘’potenziamento’’; in pratica il paziente è il protagonista dell’autocontrollo, mentre i sanitari possono solo fornire informazioni, consigli e rafforzare le motivazioni, perché il malato è il massimo esperto della sua patologia. La persona affetta da patologia cronica, non necessita di sola informazione, ma di educazione terapeutica. L’informazione fa parte del dialogo tra curante e malato ed è costituita da un insieme di consigli, raccomandazioni e istruzioni. L’educazione è, invece, una pratica più complessa che implica una diagnosi educativa, la scelta di obiettivi d’apprendimento e l’applicazione di tecniche di insegnamento e di valutazione pertinenti al fine di consentire al paziente di: conoscere la propria malattia; gestire la terapia in modo competente; prevenire le complicanze evitabili. I malati cronici possono non essere nelle condizioni di autogestirsi in questa maniera, in questi casi è richiesto l’impegno della famiglia (caregivers). Sembra utile richiamare qui i risultati del lavoro di ricerca del Picker Institute11 che ha evidenziato le esigenze dei pazienti che sono in sintesi le seguenti: 1. rispetto per i propri valori, preferenze e bisogni espressi; 2. coordinamento e integrazione delle cure; 3. informazione, comunicazione e formazione; 4. comfort fisico; 5. supporto emotivo e aiuto a ridurre l’ansia e la paura; 6. coinvolgimento della famiglia e degli amici; 7. transizione verso differenti ambiti di cura. 37 Anche le indicazioni fornite da una meticolosa indagine bibliografica(12), propongono le seguenti strategie per migliorare: fornire al paziente informazioni e documentazioni sull’operatività e i risultati conseguiti dal servizio; raccogliere informazioni dai pazienti stessi, al fine di ampliare il quadro clinico, ad esempio facendo compilare questionari durante l’attesa; preparare il paziente per l’assunzione delle decisioni, favorendo i colloqui con personale specializzato; effettuare indagini sui pazienti per comprendere come sono giunti a certe decisioni, quali fattori hanno considerato e che peso hanno loro attribuito; fornire al paziente materiale informativo valido, prima di accedere al servizio, durante e alla dimissione. Va qui sottolineata l’esigenza di ‘’personalizzare’’ il più possibile il materiale sullo specifico contesto, unità operativa, paziente, al fine di amplificarne l’efficacia; porsi come obiettivo costante il miglioramento della relazione interpersonale operatore-paziente (Potetti 2000, Casalone 2000, Autiero 2000). 38 3.3 L’infermiere case manager Con il termine case management si intende ‘’un processo di collaborazione che programma, effettua coordina, controlla e valuta le azioni ed i servizi richiesti per soddisfare le esigenze educative, di salute e di cure degli individui, usando la comunicazione e le risorse disponibili per promuovere buoni risultati di qualità.13Il case management è un sistema di erogazione dell’assistenza al paziente: esso si propone come obiettivo la riduzione dei costi e dei tempi di degenza, ma si propone anche di migliorare l’efficacia e l’efficienza dell’assistenza sanitaria durante tutto l’evento patologico e in qualunque struttura. Utilizzando tale modello, gli infermieri possono ottimizzare i livelli di autocura dei loro pazienti, fornire qualità e continuità, riducendo la frammentazione delle cure, accrescere la qualità di vita ed aumentare la soddisfazione del paziente e dell’equipe sanitaria. Il case management offre inoltre agli infermieri l’opportunità di dimostrare la competenza del loro ruolo all’interno dei gruppi assistenziali multidisciplinari. La gestione del caso si concentra su un episodio di malattia e include tutte le aree in cui il paziente riceve assistenza; viene principalmente utilizzato per pazienti o popolazioni di pazienti che richiedono livelli intensivi di assistenza, come: terminali; ad alto costo; con frequenti ricoveri; con significative variazioni assistenziali; con fattori socio-economici ad alto rischio; con alta densità di popolazione. Il case management è un meccanismo autonomo di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’assistenza sanitaria, basato sulla logica di coordinamento delle risorse da utilizzare per la specifica patologia del paziente, attraverso le diverse strutture del sistema sanitario. Lo scopo principale del case management è pertanto quello di ottimizzare 39 l’autocura dei pazienti, ridurre la frammentazione delle cure, fornire qualità delle cure attraverso la continuità, migliorare la qualità di vita dei pazienti, ridurre la degenza ospedaliera, aumentare la soddisfazione dello staff di cura e promuovere l’uso efficace delle risorse. Dal processo di case management ci si attende i seguenti benefici: accessibilità, intesa come maggiore utilizzo dei servizi da parte degli utenti; continuità, intesa come superamento della parcellizzazione nell’assistenza e/o erogazione dei servizi; coordinamento, inteso come reciproca conoscenza e integrazione degli interventi; flessibilità, intesa come maggiore possibilità di modificare il progetto in base all’evoluzione delle azioni coordinate; efficienza, intesa come riduzione dei costi. 40 CAPITOLO 4 Strumenti per favorire l’autocura del paziente 4.1 Costruzione dello strumento informativo: l’opuscolo Il paziente, nella fase post-chirurgica, si vede ‘’crollare il mondo addosso’’, deve affrontare problematiche prima sconosciute e la famiglia è coinvolta appieno nel turbino dell’evento. Gli interventi demolitivi a carico dell’intestino, che rendono necessaria l’asportazione dell’apparato sfinterico e il confezionamento di una stomia, comportano un’alterazione dello schema corporeo con la conseguente necessità di un adattamento sul piano personale a questa nuova situazione. L’opuscolo proposto contiene informazioni utili per il paziente, in particolare consigli dietetici, risposte alle domande che molti di loro si pongono e inoltre viene fornita un’indicazione sintetica delle principali norme legislative che oggigiorno tutelano i pazienti stomizzati, preziosa e di facile comprensione. Per quanto riguarda i consigli dietetici, nell’opuscolo viene definito il tipo di nutrizione da adottare, alcuni accorgimenti per adeguare la sua alimentazione alla condizione attuale ed una piccola piramide alimentare dove vengono elencati i cibi consigliati, quelli da consumare con moderazione e quelli da evitare assolutamente. Il paziente è spesso pieno di domande a cui non ha delle risposte e per questo si è pensato di raggrupparne alcune per chiarire meglio determinati argomenti, ad esempio si domandano se possono continuare a lavorare o a fare sport, o se devono rinunciare ad una giornata al mare o vestire in modo particolare e così via. È importante instaurare un rapporto interattivo che porti allo scambio di idee, la cui finalità è di stimolare la persona stomizzata ad una maggiore attenzione alla propria alimentazione e ad aumentare, allo stesso tempo, fiducia in sé stessi e nel personale sanitario che supporta la persona in 41 questo percorso. Per la stesura dell’opuscolo è stato necessario valutare quali implicazioni ha la malattia sui modelli funzionali del paziente e della famiglia. 4.2 Costruzione dello strumento educativo: la check list La sostituzione del presidio di raccolta è necessaria per evitare perdite, per ispezionare la cute intorno allo stoma e per il controllo di eventuali odori sgradevoli, nel caso essi costituiscano un problema. La sacca deve essere sostituita ogni volta che il paziente lamenti bruciore o prurito sotto il disco adesivo o dolori nell’area dello stoma; la sostituzione del presidio è consigliata al mattino, prima della prima colazione o 3-4 ore dopo un pasto, quando l’intestino è meno attivo. Lo stoma care che letteralmente significa ‘’cura dello stoma’’ consiste nel processo e nell’addestramento della persona all’autogestione del nuovo stoma; comprende la cura igienica, il cambio del presidio ed il controllo della stomia e della cute peristomale, rendendo la persona assistita nuovamente autonoma così da favorire il reinserimento sociale. Lo stoma è un nuovo organo e ad esso va dedicata la stessa cura ed attenzione destinata ad altre parti del corpo. Il messaggio fondamentale che si deve comunicare alla persona è che la stomia è la nuova sede dell’ano, perciò necessita delle stesse cure dell’ano naturale, in modo semplice ed utilizzando materiali di facile reperibilità. Comunque il paziente si troverà di fronte ad una situazione nuova e sicuramente difficile da gestire, per questo si ritiene opportuno fornire agli assistiti delle check list dove sono elencati e spiegati in modo semplice le varie procedure da svolgere per la cura dello stoma. 42 4.3 Un’esperienza italiana: A.R.I.STOM. Rimini E’ attivo da oltre trenta anni un centro per l’assistenza al paziente stomizzato per coordinare, informare e dare assistenza ambulatoriale a pazienti con stomia urinaria e/o intestinale. Il centro e’ principalmente dedicato al controllo, alla gestione ed al sostegno ai pazienti portatori di stomia temporanea o definitiva, vengono inoltre eseguite visite di controllo colo-proctologiche, medicazioni, irrigazione e avviamento all’autogestione stomale. Al centro affluiscono Pazienti da tutta la Provincia ed anche da zone limitrofe extra provinciali ed extra regionali e pazienti inviati dal reparto di chirurgia. Il centro è coordinato da personale infermieristico e medico coadiuvato da personale volontario. La storia dell’A.R.I.STOM ha molto a che spartire con la sua presidente, ex paziente atomizzata, tutto nasce nella seconda metà del secolo scorso con l’A.I.STOM (Associazione Italiana Stomizzati) con sede a Milano. Il successo dell’A.I.STOM e l’iniziativa dei primi pionieri fece si che i Centri di Riabilitazione Stomizzati si sviluppassero in tutta la penisola. Così alla fine degli anni ’70 a Rimini, grazie all’iniziativa di alcune persone stomizzate supportati da consenso del personale medico e infermieristico, nasce il primo Centro di Riabilitazione che aggrega gli stomizzati della città e quelli della Repubblica di San Marino (in un regime di convenzione con l’Asl). L’espansione dell’attività del centro A.I.STOM di Rimini ha riscosso l’apprezzamento delle autorità comunali e dell’Asl, oltre a quelle dell’A.I.STOM Nazionale, tanto da definire la situazione riminese come ‘’un’isola felice’’ nei confronti di altri centri nei quali l’iniziativa riabilitativa era carente senza nessuna assistenza sociale. Nel 1999 l’Associazione Riminese assume una veste giuridica propria come A.R.I.STOM con connotati onlus in convenzione con l’Asl. Delle problematiche amministrative e previdenziale si occupa un gruppo di volontari che si dedicano anche all’organizzazione di iniziative culturali e 43 ricreative, alle quali quasi tutti gli associati partecipano con entusiasmo, per sentirsi reinseriti nel contesto sociale dal quale erano emarginati. Molte persone stomizzate, fino a qualche anno fa erano timorosi di confidare ad altri la loro condizione di salute, ora riescono a dichiarare senza vergogna di essere stomizzati. Tutto questo è merito dell’’’isola felice’’ di Rimini in cui l’A.R.I.STOM è una grande casa dove altre persone possano unirsi a questa grande famiglia. Questa è una conferma importante che evidenzia come i cittadini portatori di una problematica assistenziale, l’equipe sanitaria e sociale, le organizzazioni trovino la loro espressione nel mettere in reste le competenze, le motivazioni, il senso di responsabilità e riescono in modo integrato a riformare la qualità della vita dei pazienti e della loro famiglia. 44 4.4 Conclusioni Da quanto si evince dall’argomento trattato, la figura dell’infermiere quale educatore gioca un ruolo fondamentale nella cura e nella riabilitazione del paziente stomizzato. L’addestramento alla gestione della stomia è fondamentale per favorire il ritorno all’autonomia della persona. E’ solo mediante un intervento educativo mirato e ben programmato, rivolto sia alla persona con stomia che alla sua famiglia, che l’infermiere riuscirà a facilitare l’acquisizione di abilità nell’adattamento e nell’autogestione della stomia, con il fine di migliorare la qualità di vita della persona stomizzata e del suo contesto sociale e famigliare. Per le persone portatrici di stomia molto importanti sono delle istruzioni scritte come promemoria, per la gestione della stomia; queste ultime devono essere semplici e concise per facilitare l’abilità pratica, ma non sostituiscono il vero processo di insegnamento – apprendimento di cui ha bisogno l’assistito. L’infermiere ha un ruolo centrale e multidisciplinare nell’assistenza del paziente stomizzato. La stomia porta molto spesso il paziente ad una fase di regressione nelle attività sociali che influisce su tutti i modelli funzionali di salute anche sull’attività sessuale e tutto questo porta il paziente a degli stati depressivi che possono peggiorare anche il quadro clinico del paziente ed il suo recupero. In questi casi l’infermiere dovrà essere in grado di offrire supporto emotivo attraverso un ascolto empatico e nel caso ci fossero difficoltà comunicative, o di apprendimento, affiderà il paziente al giusto professionista. Da questo concetto parte la multidisciplinarità dell’infermiere, il quale deve interfacciarsi con molti professionisti della salute: chirurgo, psicologo, assistente sociale, fisioterapista, considerando che il ruolo centrale nel processo di cura deve essere rappresentato dal paziente. Durante tutto questo processo, il periodo pre-operatorio, assume i contorni di importanza prioritaria perché un paziente adeguatamente preparato sia dal punto di vista fisico che psicologico, sarà in grado di capire che con la stomia, pur 45 rappresentando un evento devastante nella vita, può continuare a svolgere la stessa vita di prima, ponendo attenzione ad alcuni aspetti e ciò non deve rappresentare un ostacolo alla normale prosecuzione delle attività quotidiane, l’infermiere favorirà il processo di adattamento per garantire l’autocura e l’indipendenza gestionale del paziente stomizzato. L’elaborato evidenzia come attraverso le competenze specialistiche infermieristiche si possa attuare un piano di cura rivolto al paziente stomizzato, avviando un processo di trasformazione, adattamento e raggiungimento di un livello di autonomia e autocura che permetta il controllo ed il ritorno ad una vita autogestita ed equilibrata del paziente e della famiglia. 46 BIBLIOGRAFIA 1) D’Amico F., ‘’Chirurgia Generale – Fisiopatologia Clinica, PICCIN. Milano 2006. 2) Colombo C., Paletto A., Maggi G., Masenti E., Massoioli N., ‘’Trattato di chirurgia’’. Minerva. Torino 2005. 3) Franceschini F., ‘’Il paziente stomizzato’’. UTET. Torino 2005. 4) The Oryx Group, aspetti epidemiologici, 2011 5) Scottish Intercollegiate Guidelines Network, 2011 6) Mutillo G., Pizzi S., ‘’La persona atomizzata assistenza e riabilitazione’’. McGraw-hill. Milano 2006. 7) Rastelli G., AIOSS, ‘’Gestione infermieristica delle alterazioni cutanee peristomali’’. Paper’s World srl.. Bellante 2009. 8) Federazione Nazionale, ‘’Quaderni/L’infermiere’’ numero 1/2007. 9) AIOSS (Associazione Italiana Operatori Sanitari di Stomaterapia) , ‘’Periodico informativo scientifico trimestrale’’ numero 1/2012. 10) Definizione dell’educazione terapeutica secondo l’OMS 11) Picker Institute, Garteis et al. In Poletti, 2000 12) Wensing e Grol, 1998. 13) Definizione Case Management Society UK, 2010 14) Albinelli P., Cottafavi K., Ferri P., L’infermiere tra teoria e prassi, Athena Audiovisuals. Modena 2008. 15) Bare B.G., Cheever K.H., Hinkle J.L., Smeltzer S.C., Infermieristica medico- chirurgica. Brunner – Suddarth; Volume 1. Casa Editrice Ambrosiana. Milano 2010. 47 SITOGRAFIA 1) http://www.aistom.org ultima consultazione 4/01/16 2) http://www.fondazionemadrecabrini.org/Portals/63/Documenti ultima consultazione 10/01/16 3) http://www.infermieriperlasalute.it/guide/la-gestione-dellestomie-intestinali-id23.htm ultima consultazione 27/12/2015 4) http://www.ipasvi.it/ecm/percorsi-guidati/stomie-intestinaligestione-a-breve-e-a-lungo-termine-id23.htm ultima consultazione 5/01/16 5) http://www.legatumori.it/getDoc.php?id=354 ultima consultazione 20/01/16 6) http://www.policlinico.mi.it/Documenti/IleostomiaColostomiaUr ostomia ultima consultazione 2/02/16 7) http://www.ausl.rn.it/Materiali/infermieri-perilcittadino/stomia/stomia.html ultima consultazione 15/02/2016 48 INDICE FIGURE Figura 1. Stoma pag.4 Figura 2. Colostomie pag.6 Figura 3. Ileostomia pag.7 Figura 4. Il lavaggio delle mani pag.24 Figura 5. Rimozione del presidio pag.25 Figura 6. Rimozione delle feci pag.25 Figura 7. Detersione della cute pag.25 Figura 8. Asciugare la cute pag.26 Figura 9. Calibratore pag.26 Figura 10. Foro della placca pag.26 Figura 11. Applicazione della placca pag.27 INDICE GRAFICI 1) Grafico 1. I principali tipi di stomia pag.15 2) Grafico 2. Le patologie più frequenti che portano al pag.16 confezionamento di stomie ALLEGATI Allegato 1. L’opuscolo: strumento informativo, ‘’Informazioni utili per il paziente stomizzato. Allegato 2. La check list: strumento educativo, ‘’Check list per la rimozione del presidio di raccolta e l’igiene della cute peristomale rivolta al paziente stomizzato’’ 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 CHECK LIST PER LA RIMOZIONE DEL PRESIDIO DI RACCOLTA E L’IGIENE DELLA CUTE PERISTOMALE RIVOLTA AL PAZIENTE STOMIZZATO MATERIALE OCCORRENTE: acqua tiepida, sapone neutro, panno carta, calibratore di stomia, forbici, presidio di raccolta a uno o due pezzi, sacchetto per rifiuti. AZIONI (COSA FARE?) Lavare le mani con sapone neutro RAZIONALE (PERCHE’?) Per ridurre la carica microbica Assumere una posizione confortevole per la rimozione del presidio (supino/seduto) Per agevolare la rimozione del presidio Rimuovere il presidio dall’alto verso il basso tendendo la cute peristomale in direzione opposta Rimuovere le feci presenti sullo stoma con panno carta e gettarle nei rifiuti urbani Per evitare la fuoriuscita di feci e macerazione tessutale Detergere la cute con acqua e sapone neutro con movimenti circolari, dall’esterno verso la stomia Per ridurre il contatto delle feci con la cute in quanto potrebbero provocare irritazioni Asciugare con panno carta tamponando Per evitare microtraumi della cute peristomale e rimuovere l’umidità che potrebbe provocare la macerazione tessutale e non consentire l’adesione della placca Valutare il diametro della stomia con l’apposito calibratore Per poter ritagliare il foro della placca della misura corretta Ritagliare il foro della placca per adattarlo nel modo più preciso possibile al diametro della stomia Rimuovere la pellicola che protegge l’adesivo della placca Applicare la placca dal basso verso l’alto facendola aderire bene alla cute ed evitando la formazione di pieghe Chiudere il sistema di scarico del presidio se è a fondo aperto Per isolare la cute peristomale dal contatto con le feci Gettare il materiale utilizzato nei rifiuti urbani Per allontanarlo ed evitare contaminazioni Lavare le mani Per ridurre la carica microbica Per evitare la contaminazione delle zone circostanti durante la detersione Per applicare e far aderire la placca Per prevenire il contatto della cute peristomale con le feci ed evitare che filtrino tra la cute e la placca Per evitare la fuoriuscita del materiale intestinale NON USARE DISINFETTANTI ALCOLICI, IRRITANO LA CUTE 59 60 61 62 63