a cura della Prof. Cristina Ciotta Prefazione L’idea guida di questo lavoro è stata quella di scoprire le radici della nostra cultura e soprattutto della nostra storia locale attraverso la conoscenza dei miti greci e romani. La storia locale affonda infatti spesso le sue radici nei miti che sono legati al territorio, la cui origine precisa riesce assai difficile da rinvenire ma che sono comunque ben presenti. E’ proprio la conoscenza dei miti, di quei racconti tanto antichi da non aver più riferimenti temporali, che narrano dell’origine dell’universo, di un fenomeno naturale o della fondazione di una città, a creare un legame profondo col territorio in cui si vive. Non fa eccezione l’ambito spezzinolunigianese che palesemente dimostra, grazie agli interessantissimi reperti archeologici che ancora oggi si possono osservare, come le tradizioni artistiche e letterarie, sviluppatesi nel tempo, trovino precisi riferimenti nei miti antichi, classici e non. Il loro significato altamente simbolico ha rappresentato, per secoli, un monito costante per le popolazioni ed ha costituito un motivo di ispirazione di molte espressioni linguistiche tuttora in uso. Era ovvio però che suscitare interesse in una platea cosi giovane come una classe 1^, non poteva essere possibile solo con la semplice lettura dei miti , ho perciò deciso, d’intesa con i ragazzi, di inventare dei miti prendendo spunto da alcuni reperti greci e latini del patrimonio locale, diventando noi stessi “narratori di vicende mitiche”. Per realizzare questo progetto ho diviso il lavoro in due fasi, lo studio sul campo dei reperti archeologici e la realizzazione di storie mitiche legate al loro significato, nate dalla creatività degli alunni tipica della loro bellissima età. Partendo dall’individuazione e dall’analisi dei miti che si rinvengono in vario modo rappresentati nel nostro territorio e che ne hanno accompagnato la storia, è stato bellissimo stimolare la fantasia degli allievi in un viaggio fantastico verso la creazione di altri miti che alla fine dovevano avere un ritorno verso la vita reale ed una utilità pratica. Spero di aver contribuito alla creazione di un piccolo e piacevole ricordo nella vita dei miei allievi e di aver fatto cosa gradita ai signori genitori che colgo l’occasione per ringraziare per la loro collaborazione. Ringrazio inoltre per la disponibilità e la collaborazione offerta il Museo Civico del Castello di San Giorgio di La Spezia e l’Archeologa Sara Lenzoni. Ringrazio infine la Scuola Secondaria di I° grado “U.Formentini”, nella persona del Dirigente Scolastico Maria Rosaria Micheloni, che ha reso possibile la realizzazione di questo umile lavoro. Prof.ssa Cristina Ciotta IL LEONE NEMEO Tanto tempo fa, a Tebe, viveva Ercole, un grandissimo eroe il quale aveva bisogno di un leone che lo aiutasse nelle sue imprese. Un giorno egli si recò nella valle di Nemea dove c’erano molti leoni e ne trovò uno, con grandi muscoli e denti forti e appuntiti, che viveva in una grotta. Ercole lo chiamò Nemeo e lo addestrò per cinque anni, insegnandogli a difendere i poveri dagli attacchi dei nemici. Il leone fece grandi progressi diventando sempre più forte per affrontare ogni tipo di sfida, fino al giorno in cui perse una battaglia contro una mostruosa idra sputa fuoco che aveva nove teste. Nemeo fu messo in fuga dal mostro ed Ercole perse la fiducia in lui, ma non per questo lo abbandonò. Entrambi si allenarono a lungo, finché Nemeo riuscì a riconquistare la fiducia di Ercole ed insieme ebbero la forza e il coraggio di affrontare nuovamente l’idra e questa volta riuscirono a sconfiggerla. Ma Nemeo fu ferito gravemente e poco dopo morì tra le braccia del suo padrone che lo seppellì in quel luogo tra le lacrime. Alcuni giorni dopo, sulla tomba di Nemeo spuntarono dei meravigliosi fiori gialli che nessuno aveva mai visto e che avevano delle strane foglie dentellate. Allora il popolo, ricordando l’eroica battaglia di Nemeo e di Ercole contro il mostro, chiamò quei fiori “denti di leone”. Scritto da: Alessio Borsi - Marco Zou - Alessio Tempesta - Matteo Musca leone funerario - Luni Il ragno Aracne Aracne bella fanciulla, molto brava a ricamare. Un bel giorno si vantò, e Atena fece arrabbiare così Atena la sfidò , e la fanciulla accettò. La sfida fu avvincente, ma solo una fu trionfante La tela di Atena non vinse la gara perché Aracne era più brava… Così Atena, molto rabbiosa Trasformò Aracne in una creatura per noi disgustosa. scritta da Dennis Rao LA NASCITA DELLA CATENA MONTUOSA DEL PINDO Un tempo esisteva in Grecia una piccola comunità, di appena cinquanta famiglie, situata in una vallata circondata da fitti boschi. Era un paesino di pastori e di gente molto semplice, con poca istruzione ma molto intelligente e portata per i lavori manuali. In questo contesto viveva un giovane artigiano, assai abile nel suo mestiere e per questo conosciuto in tutta la regione. Nonostante la sua bravura, egli non aveva mai voluto lasciare la terra natia . Questo giovane, di nome Ettore, passava la maggior parte del tempo a svolgere il suo adorato lavoro ma, su ordine del governatore della polis vicina, doveva anche occuparsi dell’amministrazione del paesino. Ad Ettore non piaceva governare ma era comunque molto amato da tutti perché si adoperava sempre per migliorare la vita in quel piccolo insediamento umano. Un giorno egli incontrò nella piazza una persona che non aveva mai visto. Era un anziano basso e tozzo che si spacciò per un sacerdote. Ettore esitò perché nel villaggio mancava proprio un sacerdote ma poi, con alcune astute domande, riuscì a capire che si trattava di un impostore e lo costrinse a confessare che era stato mandato come spia da Zeus. Il giovane si chiese perché al re degli Dei potesse interessare la vita tranquilla e monotona di un povero paesino isolato, ma non riuscì a darsi una risposta. Rimase perciò turbato e perplesso ma non raccontò a nessuno quella misteriosa faccenda. La vita nella piccola comunità proseguiva con il solito andazzo ma Ettore era invaso da una forte paura perché temeva che Zeus avesse in mente di distruggere il paesino. Così si rinchiuse nella sua bottega da artigiano e pregò Dioniso affinché gli desse il potere di creare un oggetto che proteggesse la sua gente e le abitazioni. Dopo due mesi di lavoro, Ettore ultimò l’opera e la presentò ai suoi compaesani. Si trattava di un vaso la cui precisione di lavorazione non può essere descritta fino in fondo con le parole. L’oggetto era stato abbellito con un’immagine che raffigurava il Dio che aveva dato l’ispirazione al giovane e il suo classico corteo. Nello specifico era un vaso di quelli usati per tener fresco il vino, volete sapere come? In maniera molto semplice: si versava il vino all’interno del contenitore che poi veniva messo in un altro recipiente, molto più grande, che conteneva anche della neve o acqua fredda. Questo splendido oggetto venne posizionato su un altare al centro della piazza della piccola comunità, in modo da svolgere il proprio compito. Per molti mesi la pace regnò nel paesino e tutta la popolazione ritornò alla sua routine giornaliera. Sul monte Olimpo intanto Zeus era arrabbiato perché si sentiva sfidato e, a causa di quel vaso, non poteva distruggere il piccolo villaggio. Allora egli andò dal fabbro degli Dei, Efesto, e gli chiese di costruirgli delle armi talmente potenti da eliminare il maledetto vaso che gli impediva di soddisfare i suoi impeti distruttivi. Con queste armi divine Zeus armò una legione di tremila uomini e mise a capo di essa il migliore amico di Ettore di nome Montagna: lo fece apposta per mettere in svantaggio Ettore e far diventare ancora più difficile la difesa della comunità. Un brutto giorno l’esercito di Zeus circondò il paese ma, mentre si accingeva ad avanzare, un uomo del villaggio si accorse del suo arrivo e si mise ad urlare avvertendo Ettore dell’ attacco imminente. Subito i paesani armarono tutti i giovani con delle armi rudimentali che non potevano certamente competere con quelle del battaglione del Dio. La popolazione si sentiva in qualche modo protetta dalla presenza del vaso di Dioniso, ma nessuno poteva immaginare che Zeus aveva dotato i propri uomini di armi più potenti di quel vaso. Intanto Montagna continuava ad avanzare pensando ai momenti felici trascorsi con il suo migliore amico Ettore. Il senso di colpa ricolmò il suo cuore e gli venne quasi a mancare la forza per combattere il suo amico. I soldati però lo incitarono ricordandogli che, se avesse portato a termine la missione, sarebbe diventato un eroe e sarebbe stato premiato da Zeus. I ragazzi del villaggio, ormai pronti, si schierarono di fronte all’esercito di Montagna e così Ettore si rese conto che doveva battersi contro il suo vecchio amico. Allora i due capirono che quella guerra non poteva andare avanti, ma c’era il problema di Zeus. Il Dio infatti si accorse subito della situazione e andò su tutte le furie ponendo fine all’esistenza di Montagna e di tutto l’ esercito da lui guidato. Intervenne però Dioniso che, avendo a cuore Ettore, decise di non far morire in tal modo il suo più caro amico, per cui lo trasformò in una meravigliosa altura che in suo onore venne appunto chiamata “montagna”. Nello stesso modo furono trasformati anche tutti gli altri uomini dell’esercito ma Montagna era l’altura più alta; insieme formarono la catena montuosa che oggi noi chiamiamo “Pindo”. Ettore era distrutto dal dolore ma, nello stesso tempo, era riconoscente nei confronti di Dioniso e così sopra il monte che portava il nome del suo amico fece costruire un tempio dedicato al Dio. In questo mito si spiega la nascita della catena montuosa del Pindo. Scritto da: BENEDETTA MARIA PASTORINO, ARIANNA COPPA, IRIS VALENTINA LUCCI, LUCREZIA RISONE, ANDREA ZILIOLI Psykter a figure nere in ceramica - arte greca Amori divini Zeus sei un mito che punti sempre il dito; Era sei sempre gelosa perché Zeus sempre osa; Ares ti guardano tutte impaurite tranne la bella Afrodite; Apollo ti piace l’arte Dafne resta in disparte. Scritta da: Lucrezia Risone DELFINA Una volta, tanto tempo fa , viveva una bellissima ninfa di nome Delfina che aveva bellissimi occhi ed un sorriso meraviglioso, ma la sua dote migliore era il canto. Delfina era odiata da Era perche aveva avuto un figlio illegittimo da Zeus, di nome Pireo. Pireo era un ragazzo molto forte e molto agile ed un giorno, andando a fare una passeggiata in riva al mare con gli amici, gli accadde un fatto molto brutto: il suo più caro amico morì divorato dal così detto “mostro del mare”. Pireo e i suoi amici tornarono a casa impauriti e scioccati da ciò che avevano visto e raccontarono tutto ai propri genitori. Il giorno dopo Pireo, sentendosi in colpa per l’accaduto, si svegliò all’alba e partì per vendicarsi. Delfina però sentì i suoi passi e si mise subito ad inseguirlo. Quando Pireo arrivò alla riva , tirò fuori la spada ma appena fece un passo verso il mare il mostro uscì fuori dall’acqua ed iniziò il combattimento. Pireo cercò subito di tagliarli la testa, dopo le braccia e poi le gambe, ma alla fine vide che tutto ricresceva automaticamente quando cadeva in mare. Così Pireo si trovò in difficoltà e urlando chiese aiuto a sua madre la quale arrivò in un istante. Delfina cercò in tutti i modi di sconfiggere il mostro marino: all’inizio riuscì a tenergli testa ma dopo un po’, proprio mentre sentiva venir meno le energie, riuscì fortunatamente ad agguantare la spada del figlio, caduta sulla spiaggia, infilandola nel petto della creatura mostruosa. Delfina riuscì così a sconfiggere il mostro ed a salvare suo figlio, ma purtroppo dall’enorme sforzo non riuscì a salvare se stessa. Il suo corpo cadde nelle acque del mare e fu trascinato lentamente via dalla corrente. Da lontano Pireo, disperato, vide che il corpo di sua madre pian piano si divideva in tanti grossi pesci che egli decise di chiamare delfini in onore dell’eroica ninfa. Da quel momento, nelle acque di tutti i mari, vivono i bellissimi delfini che sono i mammiferi marini più intelligenti. Scritto da: Dennis Rao, Camilo Velez, Lorenzo Mian, Victor Compres, Andrea Pini mosaico con Nereide - epoca imperiale Pan e la nascita del vento Scirocco Un giorno Pan, il Dio pastore mezzo uomo e mezzo caprone, si trovava in un bosco e suonava il suo flauto allorquando incontrò per caso un ragazzo, di nome Scirocco, che appena lo vide si terrorizzò e scappò via. Pan lo rincorse e gli disse di non temere perché non aveva alcuna intenzione di fargli del male. Il ragazzo, all’inizio, non gli credette ma, alla sua insistenza, lasciò partire dalle sue mani, inconsapevolmente, una folata di vento che scaraventò lontano il Dio, il quale in tal modo si accorse che Scirocco era dotato di poteri soprannaturali. Allora Pan decise di portare il fanciullo con sé sul monte Olimpo per farlo riconoscere da Zeus come una divinità. Durante il viaggio, però, incontrarono una chimera, che era un orribile mostro con una testa di leone, una seconda testa di capra sulla schiena e la coda di serpente. Pan cercò invano di scacciarla ed allora intervenne Scirocco che, con una fortissima folata di vento, la bloccò. Così Pan riuscì ad ucciderla ed a liberare la strada. I due ripartirono e arrivarono finalmente sul monte Olimpo, dove Zeus li accolse e, dopo aver visto le capacità del ragazzo, decise di trasformarlo in un vento. Dal mito di questo personaggio deriva il nome del vento caldo che soffia da sud, chiamato appunto “Scirocco”. Scritto da: Mirko Parma, Francesca Cavallaro, Nicole Fabiani, Asja Palomba, Claudia Dipasquale , Alessio Marnalo. erma a testa di Pan - area delle terme - I secolo d.C. LA CODA DI TRITONE Viveva una volta, nel mare , una creatura con il corpo da uomo e la coda da serpente, di nome Tritone. Tritone era solito soffiare in un corno di conchiglia che emetteva un suono molto rumoroso ma che era in grado di placare le tempeste scatenate da Zeus, quando era particolarmente nervoso. L’azione di Tritone era molto utile e salvava la vita a molti marinai, però Zeus si infastidì per il rumore provocato dal suo corno e decise di punirlo. Tritone, appresa la brutta notizia, chiese ad una ninfa nereide di nasconderlo nel profondo dei mari dove avrebbe potuto godere della protezione del dio Poseidone. Passarono i mesi e intanto Zeus non riusciva a trovare Tritone ma i gabbiani che pescavano i pesci, videro Tritone nascosto da Poseidone e fecero la spia a Zeus dicendogli dove si era rifugiato. Zeus, infuriato, decise di avere uno scontro con Tritone sul Monte Olimpo. Tre giorni dopo, verso mezzogiorno, lo scontro cominciò e la lotta molto dura loro si protrasse tanto che i contendenti giunsero allo stremo delle forze. Alla fine Zeus scagliò un fulmine che a causa del vento prese una direzione sbagliata e spezzò di netto la coda di Tritone. Da essa uscirono milioni di pesci che finirono dispersi nel mare. Tritone morì a causa del colpo, ma in compenso il mare si arricchì di tante specie di pesci che ancora oggi lo popolano . SCRITTO DA: DAVIDE MASTROIANNI, MARCO CECCHINELLI, ALESSIO NIKA, EDOARDO CARLINI, RICCARDO ROSSI frammento di edicola funeraria - Luni Dei dell’Olimpo Io sono Afrodite, dell’amor la signora se un uomo mi guarda di me s’innamora. Io sono Eros il dio dell’amore lancio frecce ad ogni cuore. Io sono Dioniso, dio del vino rendo ubriaco chi mi è vicino. Io sono Efesto, il più bruttino, costruisco armi a ogni divino. Io sono Apollo, son giovane e bello, e della musica sono fratello. Il mio nome è Poseidone del nuoto un vero campione. Scritta da: Arianna Acevedo “Miti Mitici” Realizzato dagli alunni della classe I H Anno scolastico 2013/2014 Acevedo Arianna, Borsi Alessio, Carlini Edoardo, Cavallaro Francesca, Cecchinelli Marco, Victor Compres, Coppa Arianna, Dipasquale Claudia, Fabiani Nicole, Lucci Valentina, Marnalo Alessio, Mastroianni Davide, Mian Lorenzo, Musca Matteo, Nika Alessio, Palomba Asja, Parma Mirko, Pastorino Benedetta, Pini Andrea, Rao Dennis, Risone Lucrezia, Rossi Riccardo, Tempesta Alessio, Velez Camilo, Zilioli Andrea, Zou Marco