BEL PAESE BUON TURISMO
Turismo responsabile e sviluppo locale
Volontari per lo Sviluppo corso Chieri 121/6 10132 Torino
Tel 0118993823 Fax 0118994700 e-mail [email protected]
1
INDICE
Prefazione
I SEZIONE
IL TURISMO “CLASSICO”
1 - Breve storia del viaggio dalle origini ai nostri giorni
1.1 Il pellegrino come archetipo del turista
1.2 Dal viaggio “per dovere” a quello “per piacere”
2 - Un’industria in forte espansione
2.1 Il business dei viaggi
2.2 Psicologia del turista
3 - L’impatto su natura, società ed economia
3.1 L’impatto ambientale
3.2 L’impatto economico
3.3 L’impatto socio-culturale
3.4 La mercificazione dei prodotti artistici e culturali
3.5 Rito o teatro?
3.6 Occasioni perdute
II SEZIONE
IL TURISMO “RESPONSABILE”; DEFINIZIONI E PRINCIPI
4 - Alla ricerca di nuovi modelli
4.1 Avanguardie “responsabili”
4.2 L’impegno dell’Italia
5 - Il “decalogo” del buon viaggiatore
5.1 Le regole da seguire
5.2 No alla fretta
6 - I protagonisti del turismo responsabile
6.1 Identikit del viaggiatore responsabile
6.2 Le comunità ospiti
6.3 L’accompagnatore
III SEZIONE
TIPOLOGIE E MAPPATURA DEL TURISMO RESPONSABILE
7 - I diversi “tipi” di responsabilità
7.1 Il turismo integrato
7.2 L’ecoturismo
7.3 Il turismo solidale
2
7.4 Il turismo equo
7.5 Il turismo comunitario
8 - Il rapporto tra turismo responsabile e commercio equo
8.1 Nasce la rete “Sportelli responsabili”
9 - Grandi tour operator e “responsabilità”
9.1 Ventaclub “responsabili”
9.2 Viaggi a impatto zero
9.3 Crociere super certificate
9.4 I Grandi Viaggi
9.5 Cts (Centro Turistico Studentesco)
9.6 Beneficenza targata Club Med
IV SEZIONE
CASI DI STUDIO
10 - Esperienze di turismo responsabile in Italia
10.1 Pescaturismo e Ittiturismo, una nuova prospettiva di recupero dei borghi marinari
10.2 Calabria: valorizzazione del territorio e lotta alla mafia
10.3 Il turismo responsabile in città: da Napoli a Genova
10.4 Ecovillaggi: ecologia, accoglienza e solidarietà
11 - Esperienze di turismo responsabile nel mondo
11.1 Europa: Romania inconsueta, grazie alla società civile
11.2 Africa: Senegal, dall’all inclusive alle vacanze in famiglia
11.3 Sud America: Perù sostenibile, dall’Amazzonia alle Ande
11.4 Asia: India, ciò che resta del viaggio responsabile alle comunità locali
V SEZIONE
DATI STATISTICI E TABELLE
ALLEGATI
Allegato 1
La carta d’identità per viaggi sostenibili
Allegato 2
Elenco degli “Sportelli responsabili”
Elenco delle realtà che organizzano viaggi responsabili in Italia
Allegato 3
Bibliografia ragionata
3
PREFAZIONE
Negli ultimi anni, in seguito al forte aumento dei flussi turistici e degli innegabili problemi di
impatto ambientale e di rapporto con le comunità ospitanti, si sono sempre più sviluppate riflessioni
ed esperienze riguardo forme di turismo rispettose della popolazione locale e dell’ambiente, e
capaci di innescare dinamiche equilibrate di sviluppo locale delle regioni interessate. Quel che va
sotto il nome di “turismo responsabile”. Un fenomeno ancora in fase iniziale ma che tuttavia ha
dimostrato grandi potenzialità incontrando un forte interesse di pubblico e incominciando a
mobilitare anche i grandi tour operator.
Obiettivo della presente ricerca è fare il punto sulla situazione del “turismo responsabile” e le sue
connessioni con lo sviluppo locale nel nostro paese e all’estero. Va ricordato che la riflessione e poi
la proposta del turismo responsabile è nata e si è sviluppata in un primo momento in stretta
relazione alla constatazione degli impatti negativi del turismo di massa nei paesi in via di sviluppo.
Solo in seguito si è avuto un ampliamento degli orizzonti alle possibilità e i significati di forme di
turismo responsabile anche nei paesi occidentali e in particolare in Italia.
Si procederà dunque attraverso alcune tappe: una breve sintesi delle principali analisi sugli impatti
negativi del turismo di massa (che hanno indotto la nascita della riflessione su forme alternative di
turismo), quindi una analisi teorica su significati, regole e sviluppi recenti del pensiero sul “turismo
responsabile”, una mappatura delle realtà italiane che si occupano di questa forma di turismo
innovativo e le recenti connessioni con il mondo del commercio equo e del consumo critico, infine
l’indagine di una serie di casi di studio esemplari che coniugano pratiche di viaggio responsabili e
sviluppo locale in Italia e all’estero.
Infine procederemo a considerare le possibili connessioni, che a nostro avviso rivestono un
particolare interesse, fra il turismo responsabile e l’utilizzo del treno come mezzo di trasporto a
minor impatto ambientale. Da questo punto di vista riteniamo altresì auspicabile l’instaurarsi di
possibili rapporti futuri, più strutturati, tra le agenzie di turismo responsabile e le Ferrovie dello
Stato italiane.
4
I SEZIONE
IL TURISMO “CLASSICO”
1. Breve storia del viaggio dalle origini ai nostri giorni
1.1 Il pellegrino come archetipo del turista
Da sempre l’uomo si sposta e viaggia, e da sempre il viaggio è motivato in prima istanza dalla
necessità.
E’ dimostrato da studi scientifici che le popolazioni nomadi (tradizionalmente dedite alla caccia e
alla raccolta prima, alla pastorizia poi), siano apparse sulla Terra ben prima di quelle stanziali (a
vocazione agricola), quasi a dimostrare che il bisogno di muoversi è parte del bagaglio ancestrale
dell’uomo. Nel caso dei nomadi, la mobilità territoriale è anche un aspetto essenziale della loro
identità. Ma il dinamismo non è appannaggio esclusivo di allevatori e pastori, come dimostrano le
esperienze di marinai e mercanti: dai fenici ai greci, ai commercianti arabi, le cui carovane
attraversavano il deserto del Sahara, fino all’italiano Marco Polo che, com’è noto, era mercante di
gioielli. Tutti costoro viaggiavano, e i loro “colleghi” viaggiano ancora oggi, per lavoro.
Una diversa modalità (e motivazione) del viaggiare è stata invece incarnata dalla figura del
pellegrino. Per il suo carattere di fenomeno di massa, periodico e organizzato (basti pensare ai
musulmani in viaggio verso la Mecca, i monaci buddisti cinesi diretti verso l’India, i cristiani sul
Cammino di Santiago, verso Roma o Gerusalemme), il pellegrinaggio è stato considerato da molti
un archetipo del viaggio turistico moderno. Il pellegrino si muove lungo itinerari prefissati, alloggia
in “ospizi” costruiti appositamente per l’accoglienza, visita luoghi santi per rafforzare la propria
fede; in maniera analoga il turista si ferma in alberghi, viaggia in gruppo e visita musei anche per
rafforzare la propria identità culturale.
Infine, in una rassegna seppur necessariamente breve sul viaggio, non va dimenticata un'altra
categoria di viaggiatori ante litteram, rappresentata da quanti si muovevano allo scopo di
conquistare nuove terre (pensiamo ad Alessandro Magno con il suo esercito) o di esplorare e
conoscere, come i navigatori italiani Cristoforo Colombo, Vasco de Gama e Amerigo Vespucci,
l’ammiraglio cinese Zheng He, o le grandi spedizioni di etnologi e antropologi che nei secoli passati
raggiungevano il continente nero via terra.
1.2 Dal viaggio “per dovere” a quello “per piacere”
Solo in tempi più recenti si comincia a viaggiare per diporto. E’ consuetudine far coincidere la
nascita del turismo con l’esperienza del Grand Tour: a partire dal Settecento, ma soprattutto
dall’Ottocento, i giovani rampolli della nobiltà inglese, tra i venti e i venticinque anni, per
completare la loro formazione si mettono in viaggio per mesi, a volte anche per un intero anno,
girovagando tra le capitali europee.
Nello stesso periodo nascono le stazioni termali, diventano di moda le località di villeggiatura in
montagna (le prime sono in Svizzera) e gli stabilimenti balneari: in Italia, per esempio, Rimini e
Viareggio si contendono il primato. Nel 1841 Thomas Cook si mette a vendere biglietti per un
viaggio in treno da Leicester, nelle Midlands inglesi, alla vicina Loughborough, e per questo viene
considerato il primo organizzatore di escursioni turistiche; nel 1855 organizza già viaggi “tutto
compreso” all’Esposizione di Parigi. Il turismo, fino a questo momento, resta però ancora
un’esperienza elitaria. Prima del 1939 solo un milione di persone l’anno si reca all’estero, eppure la
nascita del turismo di massa, nazionale e internazionale, risalirebbe secondo il sociologo Asterio
Savelli proprio agli anni compresi tra i due conflitti mondiali: “E’ il periodo in cui le nazioni si
confrontano sempre più tra loro e chiamano il turismo a far compiere a ciascun soggetto quella
presa di coscienza della propria appartenenza a quella dimensione collettiva fortemente integrata, lo
Stato-nazione, che già la ‘Grande Guerra’ aveva potentemente affermato (…) La vacanza, quella
5
balneare in particolare, viene privilegiata per le sue valenze omogeneizzanti. L’appartenenza e la
comunanza sono esaltate dal bagno nella stessa acqua, dalla somiglianza dei corpi denudati ed
abbronzati, dalla promiscuità tra i sessi, dalla convivenza nelle stesse istituzioni del soggiorno
balneare (la colonia, le case per ferie, gli alberghi), dalla trasparenza delle relazioni familiari altrui”.
E’ però solo nel secondo dopoguerra, con il boom economico, che il turismo raggiunge una vera
dimensione di massa: i primi a potersi permettere questo tipo di vacanze sono gli statunitensi, poi
negli anni ’60 gli europei, e ancora canadesi, giapponesi, australiani. All’incirca negli anni ’80
cominciano a muoversi anche le minoranze benestanti di India, Brasile, Messico, Sudafrica, ecc.
Per dirla con Bruce Chatwin: “Forse dovremmo concedere alla natura umana un’istintiva voglia di
spostarsi, un impulso al movimento nel senso più ampio. L’atto stesso di viaggiare contribuisce a
creare una sensazione di benessere fisico e mentale, mentre la monotonia della stasi prolungata o
del lavoro fisso tesse nel cervello delle trame che generano prostrazione e un senso d’inadeguatezza
personale”. Allo stesso tempo, sempre più, l’industria turistica viene incontro al viaggiatore
prevenendo il senso di depaysement, di spaesamento e distacco insito nello spostamento, ricreando
un modello di vita del tutto simile a quello appena lasciato: stesso cibo, stesso ambiente, stessi ritmi
di vita, stessa lingua e stessi compagni di sempre. Con un rischio: svuotare il viaggio della
dimensione esperienziale (“viaggiare per conoscere e per conoscersi meglio”) che ha sempre avuto.
2. Un’industria in forte espansione
2.1 Il business dei viaggi
Sono stati tre gli acceleratori fondamentali che negli ultimi 50 anni hanno trasformato il turismo in
una vera e propria industria, sia pure in assenza di macchinari e catene di montaggio: la curiosità
verso l'altrove e l'altrui; la diffusione su ampia scala della carta stampata (diari, resoconti, giornali),
in particolare dalla seconda metà dell'Ottocento; l'evoluzione dei mezzi di trasporto che
gradualmente hanno ridotto, fino a ridicolizzarle, le distanze. A questi bisogna ovviamente
aggiungere la conquista sociale delle ferie retribuite.
La miscela di questi elementi ha fatto sì che il turismo divenisse un fenomeno di massa, con tutte le
conseguenze del caso. Con trasporti e comunicazioni sempre più agevoli e veloci, oggi ci si può
spostare in poche ore da Ginevra a Tokyo, da Roma a Los Angeles piuttosto che a Pechino o a Il
Cairo. La deregulation delle compagnie aeree, che hanno abbassato i prezzi (ma anche i livelli di
sicurezza dei voli), e il boom dei voli charter, hanno permesso a milioni di persone di recarsi in
paesi distanti migliaia di chilometri a prezzi stracciati.
Il vero detonatore della rivoluzione turistica è stata la classe lavoratrice dei paesi industrializzati,
che negli anni '80 ha cominciato a varcare i confini dei rispettivi paesi per recarsi in "paradisi"
lontani migliaia di chilometri, spesso più a buon mercato della località balneare vicina a casa. Nelle
immense periferie del Sud del mondo il fenomeno turismo è invece ancora trascurabile: Africa e
Asia Meridionale, ad esempio, per quanto in crescita non ricevono né generano flussi turistici
apprezzabili.
Il turismo può essere considerato oggi un’industria (o meglio, una serie di industrie collegate:
compagnie aeree, catene alberghiere, ristorazione, tour operator, agenzie di viaggio, trasporti,
artigianato…), che sfrutta la naturale propensione umana al viaggio e all’evasione dalla routine del
lavoro e della vita di tutti i giorni.
Attualmente il turismo, con il suo indotto, rappresenta la principale attività economica a livello
mondiale, più importante dei settori automobilistico, dell'acciaio, dell'elettronica e dell'agricoltura.
Quasi sei miliardi di spostamenti all'anno generano 3.500 miliardi di dollari di fatturato, il 6-7% del
prodotto interno lordo del pianeta, impiegando 127 milioni di persone, 1 ogni 15 occupati nel
mondo (Fonti: WTTC e WTO).
6
Come tutte le grandi attività economiche, riproduce il disequilibrio tra Nord e Sud del pianeta: basti
pensare che circa l'85% della spesa per spostamenti internazionali è sostenuta dai residenti di soli
20 paesi (Europa, Usa, Canada e Giappone in testa) che rappresentano circa il 15% della
popolazione mondiale. Per quel che riguarda gli spostamenti internazionali questi sono passati da 69
milioni nel 1960 a 700 milioni nel 2000, con un incremento del 1000%. Si stima che passeranno a
1,6 miliardi nel 2020, con un incremento di oltre il 200% rispetto a oggi, e del 2700% rispetto al
1960. Ma, specialmente per quanto riguarda i grandi viaggi internazionali, l’industria turistica è in
mano a poche multinazionali che traggono la maggior parte dei profitti, mentre chi ne paga il prezzo
in termini di degrado ambientale e talvolta sociale sono gli abitanti delle zone “invase” dai turisti,
spesso estromessi da ogni decisione in merito. Per farsi un’idea del ruolo del turismo nello sviluppo
dei paesi del Sud del mondo, è utile conoscere alcune percentuali riguardanti la distribuzione del
prezzo dei pacchetti turistici tra l'operatore turistico e il paese di destinazione: in Kenya e Sri Lanka,
ad esempio, rimane solo il 30% di quanto pagato all'acquisto del viaggio, in Gambia il 20% e alle
Mauritius addirittura il 10% (contro il 60%, per fare un esempio europeo, della Spagna). In questi
paesi, inoltre, la maggior parte degli alberghi è di proprietà estera: il 67% (percentuale relativa alle
stanze) per Seychelles e Mauritius, il 49% in Senegal, il 66% degli hotel a Nairobi, il 78% sulla
costa in Kenya. In Gambia, malgrado gli incentivi pubblici all’acquisizione di hotel da parte di
società locali, oltre il 50% degli alberghi è nelle mani di società estere, mentre a Tahiti gli hotel
stranieri hanno estromesso dal mercato quasi tutti gli alberghi di proprietà dei locali.
2.2 Psicologia del turista
Secondo la definizione più accreditata, il turismo è “un’attività consistente nel fare gite, escursioni,
viaggi, per svago o a scopo istruttivo”. Deriva dal francese tour, cioè giro, percorso, viaggio, ed è
un termine adottato in quasi tutte le lingue del mondo. A sua volta, tour può essere fatto risalire a
una parola ebraica, Tora, che significa studio, conoscenza, ricerca.
Secondo l’OMT (Organizzazione Mondiale del Turismo, agenzia dell’Onu con sede a Madrid,
World Tourism Organization), “il turismo comprende tutte le attività realizzate dalle persone
durante i loro viaggi e soggiorni in luoghi diversi da quello di residenza, per un periodo di tempo
consecutivo inferiore a un anno, con fini di vacanza, lavoro o altri motivi”.
“Il turista è qualsiasi persona che passa almeno una notte fuori dal suo abituale luogo di residenza,
indipendentemente dal motivo. Quello del visitatore è invece un concetto più ampio, e comprende
anche chi si muove per un solo giorno”.
Ma quali sono i meccanismi che fanno scegliere una destinazione o un itinerario piuttosto che un
altro? E qual è la psicologia del turista? Ci aiuta a rispondere un agile volume, “Viaggiare ad occhi
aperti” dell’ICEI:
“Le motivazioni per decidere un viaggio sono molto varie e personali, ma non si possono trascurare i
messaggi lanciati con le campagne pubblicitarie e il richiamo delle mode, vere o artificiali, che nidificano nel
subconscio del potenziale vacanziere alimentando il desiderio di recarsi in un determinato luogo. Sono stati
diversi negli ultimi anni, ma ben identificabili, i paesi o i luoghi "da sogno" maggiormente premiati dai
turisti occidentali: Tailandia, Seychelles, Maurizio, Cuba, Santo Domingo, per i turisti "in economia";
Patagonia, Namibia, Vietnam, San Marteen, Australia per il turismo di élite. Concorrono a creare l'interesse
per tali destinazioni un mix di soggetti come gli Enti del turismo dei paesi interessati, le riviste specializzate,
le compagnie aeree, e non ultimo gli operatori turistici. Antica storia, quella della struttura nata con il fine di
organizzare mezzi di trasporto, cercare alberghi, condurre in gita gruppi più o meno folti di turisti. (...) Oggi
l'agenzia è divenuta totem e tabù, creatura adorata/odiata in egual misura da chi ad essa si affida e da chi di
essa diffida per non dire che ne aborrisce le pratiche omologanti. Negli ultimi anni sono nate agenzie
specializzate nella vendita di viaggi personalizzati, al di fuori degli itinerari più battuti. Questo per soddisfare
i bisogni di turisti sempre più esigenti. Una recente ricerca realizzata in Inghilterra ha individuato 4 tipi di
turista: i turisti di massa organizzati (coloro che comprano solo viaggi "tutto organizzato"); il turista di massa
individuale (è più libero e autonomo dal gruppo, ma stabilisce rigorosamente prima della partenza l'intero
svolgimento del viaggio), l'esploratore (cerca accuratamente itinerari poco frequentati o insoliti da fare da
solo o in piccoli gruppi, per questo spende molto di più dei precedenti); infine il cosiddetto vagabondo (evita
7
qualsiasi organizzazione turistica e cerca contatti diretti con la realtà locale, decide alla giornata dove recarsi
durante il viaggio).
Ma la molla che porta a decidere la destinazione e il tipo di viaggio rimane sempre quello che i sociologi
chiamano la "giustificazione" sociale, cioè l'accettazione nel proprio contesto sociale dell'azione che sta per
compiere. Un operaio, che fino a qualche anno fa, se fosse andato a fare le vacanze alle Seychelles sarebbe
stato guardato con sospetto o diffidenza, oggi non può fare a meno, "socialmente" parlando, di recarsi
appunto nell'Oceano Indiano per trascorrere la luna di miele. I gusti e le mode di questo settore riflettono in
modo fedele vizi e virtù delle società che generano i flussi turistici. Così come la grande maggioranza dei
turisti cerca lo svago durante le vacanze, altri cercano la trasgressione sognata, ma mai realizzata dove
risiedono abitualmente. Da qui il fenomeno del turismo sessuale e di una delle sue derivazioni più degenere,
la pedofilia. Ma la trasgressione non ha solo risvolti sessuali. Bisogna stravolgere anche la propria routine, la
gestione del tempo, delle abitudini nell'assunzione di droghe e alcol, dell'investimento affettivo nei rapporti
di amicizia temporanea che si stabiliscono, ecc. Il turismo internazionale è sempre di più la valvola di sfogo
per milioni di persone che si sentono "strette" nelle società di cui fanno parte, dove tutto è organizzato e
tenuto sotto controllo, dove l'emozione è programmata e arginata. Per contro, l'immagine che le popolazioni
dei paesi scelti dai turisti si fanno, è che tutti gli occidentali sono ricchi sfondati, non lavorano molto, amano
dissipare i soldi, si vestono in modo indescrivibile e non conoscono alcun tipo di codice morale di
comportamento”.
3. L’impatto su natura, società ed economia
Senza abbandonarsi ad atteggiamenti “catastrofisti”, bisogna comunque ammettere che il fenomeno
turistico è una realtà complessa, le cui conseguenze in termini di impatto ambientale, culturale,
economico ecc. possono essere pesanti per la realtà ospitante: dalla sottrazione di risorse al disagio
sociale delle invasioni “di massa”, dall’iniqua distribuzione degli introiti all’incontro frettoloso tra
turisti e popolazione...
3.1 L’impatto ambientale
L’industria turistica punta ad attrarre i suoi “clienti” facendo leva sulle bellezze naturali e le varietà
di flora e fauna caratteristiche di una determinata località. Ma, via via che quest’industria cresce e si
espande, diventa come il gatto che si morde la coda: il turismo determina infatti spostamenti di
massa, promuove l’uso di mezzi di trasporto come aerei e navi, responsabili dell’inquinamento di
aria e acque (gli scienziati prevedono che dal 2015 metà della distruzione annuale dello strato
d’ozono sarà causata dai viaggi aerei - da Tourism Concern), e finisce così per danneggiare proprio
quell’ambiente e quelle risorse naturali su cui è fondato il suo business. Il trasporto è la fonte di
emissione di anidride carbonica in maggior aumento nel mondo. E i viaggi di piacere ne
costituiscono il 50%. Si calcola che un turista statunitense, per fare un esempio, sia responsabile
dell’emissione di cinque tonnellate di carbonio ogni anno: circa 107,4 volte il carbonio prodotto dai
più “statici” abitanti del Bangladesh. Tutto questo attivismo contribuisce in larga misura a fenomeni
quali il riscaldamento globale, il cambiamento di clima e l’aumento di livello dei mari.
Nelle diverse parti del mondo, assistiamo alla distruzione vuoi sistematica vuoi inconsapevole, ma
sempre deleteria, di foreste (si pensi ai boschi di mangrovie sulle coste tropicali), corsi d’acqua,
banchi corallini, e all’estinzione di intere specie viventi, a detrimento della biodiversità. Insomma, a
risultare compromessi sono interi ecosistemi:
“L’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel 1981 ha prodotto uno studio
sugli stress ambientali indotti dal turismo. Il quadro che emerge è disastroso: desertificazione,
deforestazione, distruzione di habitat naturali per la costruzione di strutture e infrastrutture ricettive; acque di
scolo non o mal depurate, perdite di petrolio, sottoprodotti della benzina scaricati dalle barche hanno causato
8
un inquinamento delle acque che ha fatto pericolosamente aumentare le alghe e ridotto il livello di ossigeno
nel mare; trasporti (soprattutto quello aereo), riscaldamenti, condizionatori, piscine sono responsabili di più
di un quinto delle emissioni totali di ossido di carbonio e del conseguente inquinamento atmosferico.
A questi disastri si aggiungono quelli provocati dalle attività dei turisti sul suolo e sulla vegetazione,
sull’ecosistema marino e costiero, su foreste, parchi e dune. Gli sport nautici, ad esempio, provocano danni
irreversibili nei laghi. Alle Isole Mauritius, paradiso turistico, le barriere di corallo, indispensabili per
l’equilibrio ecologico marino, sono già state erose all’80%” (Lanzanova e Sardella, “Viaggiare ad occhi
aperti”, ICEI)
Il rischio è allora che l’industria turistica, al pari di quella mineraria o manifatturiera, finisca col
promuovere un approccio aggressivo verso l’ambiente e il territorio. Soprattutto a scapito dei paesi
più poveri.
“Essa è come il ‘taglia e brucia’ dei cacciatori-raccoglitori preistorici, ma su scala planetaria, che si lascia
alle spalle coste un tempo bellissime e ora bordate di cemento, di giganteschi alberghi e appartamenti privati
- dalla Florida a Goa, dalle coste mediterranee di Spagna, Francia, Italia e Turchia alle spiagge di Bali. La
popolazione costiera del Mediterraneo, 130 milioni di persone, raddoppia nei mesi estivi; secondo uno studio
delle Nazioni Unite, nel giro di trent’anni il 95 per cento delle coste sarà edificato.
I suoi “consumatori” spesso portano con sé le proprie abitudini di vita e le proprie aspettative - che si tratti di
docce calde o sciacquoni o di campi di golf ben innaffiati. Sull’Himalaya, permettere ai turisti di fare la
doccia spesso significa utilizzare la legna e quindi accelerare la deforestazione. Alle Hawaii e alle Barbados
è stato scoperto che ogni turista usa dalle sei alle dieci volte la quantità d’acqua e di elettricità utilizzata dagli
abitanti locali. A Goa gli abitanti dei villaggi costretti a recarsi a piedi ai pozzi sono dovuti restare a guardare
mentre venivano costruite attraverso la loro terra le tubature che avrebbero portato l’acqua a un nuovo hotel
di lusso. Negli ultimi dieci anni, il golf, a causa della sua fame di terreni, acqua e diserbanti, si è rivelato una
delle attività più distruttive, tanto che in alcune zone del Sudest asiatico sono scoppiate delle vere e proprie
“guerre del golf”; mentre in Giappone, una delle principali mete del turismo golfistico, un gruppo di
oppositori ha lanciato l’idea di una Giornata annuale senza golf” (da “Viaggiatori d’Occidente” di David
Nicholson-Lord, The Nation, Usa, da Internazionale 17/10/97).
L’impatto ambientale non dipende dunque soltanto dagli spostamenti (inquinamento) o dal
“vandalismo” legato ai grandi numeri, ma anche dalle diverse strutture di accoglienza (eccesso di
costruzioni) e dalle infrastrutture realizzate ad hoc: in alcuni casi-limite sono sorte intere cittadine o
villaggi a puro uso e consumo turistico, si pensi ad esempio a Sharm El Sheik. Qui, fino a 20 anni
fa, c'era solo il deserto. Poi è arrivato il turismo, con la sua invasione di alberghi all inclusive: 247
camere nell'82, 15.000 nell'88, oltre 35.000 oggi. Nell'88 è stato inaugurato il primo charter,
dell'operatore turistico Pianeta Terra. Oggi, sono decine al giorno. Gli alberghi, i villaggi hanno
occupato il litorale, mangiato le propaggini di deserto e regalato a Sharm l'aspetto di una Las Vegas
mediorientale. Oggi Sharm El Sheik è il fiore all'occhiello dell'economia egiziana, la località
turistica più battuta del Mar Rosso (soprattutto dagli italiani), e ci mostra due facce: una sono i
turisti - circa tre milioni l'anno; e gli hotel, i resort, i villaggi tutto compreso. L'altra faccia sono i
beduini che spaccano pietre, che costruiscono strade e alberghi. Due facce, due aspetti del boom di
Sharm. Non si sa con esattezza quanti posti di lavoro abbia creato questo luogo semidorato negli
ultimi anni. Ma si sa che adesso, tra stranieri e locali, ci abitano 500.000 mila persone. Ci sono
scuole elementari e medie, quattro ospedali, dieci banche, centinaia di alberghi e locali, ristoranti,
bar, Internet point, centri commerciali, negozi di souvenir, centri estetici, palestre. Gli egiziani
arrivati dal resto del paese lavorano qui nelle mille attività create da un indotto strabiliante.
Guadagnano cifre esigue: in Egitto non ci sono norme sul salario minimo, men che meno nel settore
turistico; un cameriere può arrivare a guadagnare 23 euro al mese (ma nei periodi di vacche magre
la cifra si dimezza). Malgrado la precarietà, gli orari massacranti e la mancanza di tutele sindacali, i
lavoratori di Sharm preferiscono questa vita alle condizioni delle città da cui provengono - Il Cairo
o Alessandria - dove i tassi di disoccupazione sono molto alti e gli stipendi sono in media ridotti di
un terzo.
9
Sharm El Sheik, un luogo turistico “come tanti”. Cemento - e business - che avanza, spazi naturali e
paesistici che si contraggono: km e km di costa edificati, ma anche danni alla barriera corallina,
degrado della qualità del mare, e l’annoso problema dell’acqua.
Quello dell’acqua è in effetti uno dei flagelli più gravi che il turismo, in qualunque parte del mondo,
reca con sé: l’enorme consumo di questa risorsa negli alberghi per docce, piscine, giardini e campi
da golf, provoca un’allarmante riduzione delle scorte a disposizione e il razionamento dell’acqua
potabile per le popolazioni locali. Basti pensare che per tenere in funzione un campo da golf occorre
la stessa quantità d’acqua necessaria ai bisogni di un intero villaggio di alcune migliaia di persone.
Mentre il consumo medio pro capite d’acqua di un indigeno in Africa è ad esempio di 10-15 litri al
giorno, il turista ne consuma 300.
E, conseguenza ancor più devastante, a causa della scarsità d’acqua in molti paesi le colture irrigue,
fonti tradizionali di sopravvivenza, non sono più possibili e la popolazione rurale è costretta
all’abbandono della campagna.
Ma allora dal punto di vista ambientale il turismo può solo far danni? Le cose, naturalmente, sono
sempre più complesse di quanto possa sembrare: il turismo, ad esempio, serve effettivamente, in
alcuni casi, a una migliore tutela dell’ambiente, pensiamo ai giardini o ai parchi naturali, che
costituiscono l’habitat di numerose specie protette, dagli elefanti alle balene. In Rwanda, per fare un
esempio oggi noto anche grazie alla cinematografia (molti avranno visto il film Gorilla nella
nebbia), a salvare i primati di montagna è stato proprio il loro carattere di “attrattiva” per i visitatori
stranieri.
In Kenya il valore di un leone è stimato a circa settemila dollari l’anno di reddito da turismo, mentre
per una mandria di pachidermi si arriva a 610 mila dollari.
3.2 L’impatto economico
A prima vista il turismo sembra presentare indubbi vantaggi economici: la creazione di posti di
lavoro (oggi sono poco meno di 200 milioni gli occupati nel settore), la formazione professionale,
l’incremento del gettito fiscale, la costruzione di infrastrutture utili anche in altri settori (strade,
acquedotti, aeroporti) o, nel caso dei paesi poveri, l’ingresso di valuta pregiata.
Un positivo effetto moltiplicatore, per cui la spesa turistica funziona da volano per creare nuove
opportunità all’interno del paese, si verifica però in genere solo nelle economie occidentali: dove il
denaro giunto con il turismo viene reinvestito e i risultati si fanno sentire in altri settori.
Qui l’industria turistica è controllata soprattutto dalle piccole e medie imprese: in Europa, ad
esempio, sono ben 2 milioni e 700 mila (incluse le ditte di catering) le aziende attive in ambito
turistico. Il personale è pagato in proporzione meno che negli hotel delle multinazionali, spesso la
gestione è familiare, o si ricorre a manodopera a basso costo (allievi delle scuole alberghiere,
immigrati ecc.), talvolta a svantaggio della formazione professionale.
Un problema diffuso delle aziende turistiche è la precarietà delle condizioni di lavoro: orari
irregolari, salari senza base fissa, straordinari non retribuiti (in teoria “compensati” dalle mance), e
persino lavoro sommerso.
Nel caso dei paesi in via di sviluppo, prevale la concentrazione dell’industria turistica nelle mani di
poche multinazionali del Nord del mondo, il che determina per i paesi ospitanti (e per le
popolazioni locali) un ritorno economico decisamente inferiore alle aspettative.
Anche quando il turismo crea nuovi posti di lavoro: i ruoli di direzione, ad esempio, sono in genere
ricoperti da stranieri; la manodopera locale, priva di formazione, è mal pagata e sfruttata, relegata ai
ruoli meno qualificati: barman, camerieri, portieri, portabagagli, ecc... In un hotel a 4 o 5 stelle, il
salario mensile di un cameriere è di solito inferiore al costo di una camera per una notte. E’ vero che
una corretta valutazione deve tenere conto del livello di sviluppo raggiunto dal settore turistico in
10
un dato paese: il numero di posti di lavoro, la loro natura, le persone che li occupano cambiano
durante le diverse fasi di sviluppo o involuzione delle località turistiche. Nella misura in cui il
livello di sviluppo cresce, sono le stesse imprese multinazionali ad avere interesse a formare in loco
quadri intermedi, per ruoli di direzione delle strutture alberghiere o per l’impiego di tecnologie
avanzate di cui il turismo può aver bisogno. E’ difficile però che le competenze acquisite si
trasformino in una risorsa spendibile sul territorio per altre attività.
Inoltre questo processo può avere l’effetto di deformare la struttura lavorativa esistente, ad esempio
quando l’industria turistica diventa un’attrattiva per i più giovani, a lungo andare, provoca
l’abbandono delle campagne e il trasferimento in quartieri poveri e degradati che circondano i
lussuosi alberghi. Spesso poi lo sviluppo turistico va a incrementare le occupazioni informali, ma ha
scarso rilievo sul piano formale; e buona parte dell’offerta di lavoro è stagionale, per periodi limitati
di tempo.
In alcuni casi il turismo favorisce la creazione di nuove infrastrutture, ma capita spesso che i
governi attingano ai fondi pubblici, con conseguenti tagli a sanità, scuola, agricoltura. E’ stato del
resto dimostrato che, a parità di spesa, un investimento nell’industria o nell’agricoltura è in grado di
generare più posti di lavoro rispetto al turismo. Ma non solo: spesso, per finanziare gli investimenti
nel settore, i governi devono ricorrere a nuovi prestiti, aumentando così la spirale del debito e
provocando la svendita delle risorse (incluse quelle ambientali).
Un altro problema legato alle attività turistiche nei paesi in via di sviluppo è quello
dell’importazione di beni di consumo: il comportamento delle strutture alberghiere
nell’approvvigionamento delle materie prime, infatti, penalizza spesso i produttori locali (anche
perchè i loro prodotti vengono percepiti come scadenti, a volte per una distorta informazione e
sensibilità del turista. Così, ad esempio, in Gambia il 35% delle importazioni di cibo, pagate in
valuta pregiata, vanno direttamente a hotel e ristoranti per turisti). Nelle aree turistiche tendono ad
aumentare tutti i prezzi, dai generi di prima necessità a quelli della proprietà immobiliare e terriera,
e spesso si innescano meccanismi speculativi: i residenti (coltivatori, pescatori, allevatori) vengono
sfrattati perché la loro zona serve per un nuovo albergo, o un nuovo centro commerciale. Il valore
acquistato in tal modo dalle terre spinge i proprietari a venderle, abbandonando le attività agricole e
i sistemi di sussistenza connessi.
In sostanza: il ritorno economico per i paesi ospitanti è spesso minimo. E la percentuale della quota
dei costi dei viaggi organizzati che rimane nel paese di destinazione rispetto al costo totale del
pacchetto è per lo più irrisoria.
Tra i rischi, infine, c’è anche quello che Renzo Garrone, in “Turismo Responsabile”, qualifica come
«pericolo monocoltura», quando in un dato paese il turismo rappresenta la principale fonte di
entrate. In questi casi basta niente per mandare a picco il fatturato dell’industria turistica per una o
più stagioni (dai problemi sanitari locali a periodi di crisi politica).
3.3 L’impatto socio-culturale
Oltre al desiderio di ammirare paesaggi e bellezze naturali, spesso chi viaggia è animato dalla
volontà di conoscere i modi di vita, le usanze e le credenze degli altri popoli, o di altre realtà
culturali all’interno del proprio paese. Ma il carattere transitorio e quasi mai paritetico della
relazione tra il turista e la popolazione locale, unito alle barriere linguistiche nel caso dei viaggi
all’estero, non favorisce un’autentica conoscenza degli altri. Anzi, nei paesi del Sud del mondo, il
turismo rischia di riproporre un modello di relazioni tipico del colonialismo: da una parte gli
occidentali, ben serviti e adagiati nel lusso, dall’altra gli indigeni che molte volte subiscono un
peggioramento delle loro condizioni di vita per la presenza dei turisti. Un esempio tipico, come
abbiamo visto, è quello dell’acqua.
11
Ma la presenza dei turisti nei paesi poveri può diventare anche una fonte di frustrazione: la stridente
diversità nel tenore di vita e nei comportamenti provoca infatti, soprattutto nei giovani, fascinazioni
e desideri di imitazione, facendo avvertire più duramente la miseria cui si è costretti, come pure le
limitazioni e le esclusioni (ad esempio dalle spiagge divenute proprietà privata degli alberghi).
Il turismo può inoltre modificare la struttura sociale della popolazione, trasformandola da rurale a
urbana, o portare all’interno della comunità alterazioni dei ruoli, dei rapporti familiari e tra i due
sessi. A Malindi, città portuale del Kenya, i giovani impiegati nell’attività turistica hanno messo in
crisi l’autorità degli anziani, rifiutando la loro identità swahili e formando famiglie nucleari. In
Thailandia, lo sviluppo della prostituzione legata al turismo ha disgregato intere famiglie e
provocato disturbi mentali nelle più giovani.
D’altra parte, è vero che il turismo favorisce il trasferimento di valori, modelli di consumo e
comportamenti che, se da un lato possono essere fonte di innovazione, dall’altro possono causare la
crisi e l’abbandono dei valori tradizionali, spingendo i più emarginati a operare ai limiti della
legalità. In alcuni casi il turismo ha addirittura alimentato o fatto nascere attività criminali prima
inesistenti.
Lo stesso Dalai Lama ha voluto prendere posizione rispetto a queste difficoltà: secondo il suo
pensiero, tutto dipende dalla forza e dal radicamento della cultura d’origine, per cui “se la
popolazione locale ha un legame forte con la propria religione e identità culturale non si creeranno
problemi (...) Viceversa (...)il contatto col mondo esterno può causare una perdita d’identità”.
(Intervista di Piero Verni in “Tibet News Italia”, Ass. Italia-Tibet n. 11, Milano 1993).
3.4 La mercificazione dei prodotti artistici e culturali
Il turismo modifica inevitabilmente la produzione e la natura dell’arte e dell’artigianato locali.
Spesso chi viaggia ha curiosità superficiali, desidera le emozioni dell’esotismo ma quasi mai è
disposto ad assumersi l’impegno che richiede l’incontro e la conoscenza di una cultura diversa; si
limita a registrare il colore locale, a fotografare luoghi e personaggi “esotici”, a comprare oggetti
ricordo e a cercare il folklore.
“In Thailandia i discendenti di antiche tribù di cacciatori-raccoglitori, ormai per lo più confinati in squallidi
insediamenti ai margini di luoghi di villeggiatura internazionale come Phuket, mettono in mostra, a
pagamento, aspetti della loro cultura tradizionale che sono stati da tempo costretti ad abbandonare:
l’uccisione dei maiali, la raccolta di conchiglie, il tiro con la cerbottana. Oggi quelle persone vestono
all’occidentale, ma per le rappresentazioni i vecchi perizomi della giungla sono spesso di rigore.
Alcuni osservatori ora sostengono che il turismo può rafforzare le culture locali favorendo la consapevolezza
delle tradizioni, delle cerimonie e delle feste che le accompagnano. Ma che valore ha la tradizione se viene
mantenuta viva coscientemente, a scopo di profitto, e ha ben poco a che vedere con la vita reale, che oggi, in
tutto il mondo, sta diventando sempre più uniforme? Da qui nascono espressioni come ‘zoo umano’ o
‘artigianato da aeroporto’ e la riduzione delle culture a souvenir. Questi sono problemi che riguardano la
caccia alla volpe in Inghilterra come il carnevale di Rio o i cosiddetti tour dei cannibali in Thailandia. La
cosa innegabile è che il turismo, in un modo o nell’altro, cambia le tradizioni, e a molte persone, soprattutto
nel Terzo Mondo, questo mutamento dà la sensazione del degrado” (da “Viaggiatori d’Occidente” di David
Nicholson-Lord, The Nation, USA, da Internazionale 17/10/97).
Fortunatamente esistono anche casi in cui il turismo diventa un’occasione di valorizzazione delle
culture locali: è il caso, ad esempio, dei Kuna di Panama, una piccola popolazione indigena
specializzata nella produzione delle molas, i carrè in stoffe colorate sovrapposte lavorati dalle donne
della comunità. Le molas sono una creazione artistico-artigianale conosciuta in tutto il mondo, di
cui i Kuna sono riusciti a conservare il controllo della produzione e della commercializzazione, e a
mantenere i significati spirituali più profondi.
Questi e simili casi “successo” si spiegano con il forte radicamento dei valori tradizionali nella
comunità locale, e con la capacità della comunità di controllare i tempi, i modi e i limiti del rapporto
con i turisti, riuscendo a distinguere - e separare - il mondo della tradizione più profondo e più
12
fondante della comunità stessa e gli elementi di questo mondo che possono essere condivisi con i
turisti senza “compromettersi”.
3.5 Rito o teatro?
A chiarire ulteriormente l’impatto che il turismo può esercitare sulle culture “altre” può essere
d’aiuto una citazione dell’antropologo torinese Marco Aime, viaggiatore appassionato, abile
fotografo ed esperto conoscitore dell’Africa. Aime, in particolare, ha compiuto numerosi viaggi di
lavoro in Mali, per studiare da vicino le usanze del leggendario popolo Dogon.
“Chiedo a Cissé (Youssouf Tata Cissé, etnologo maliano, n.d.r.) che cosa pensi di queste danze turistiche.
«E’ vero che non hanno lo stesso significato di quelle rituali - dice - ma questo i danzatori lo sanno
benissimo. Però le danze sono uguali e questi giovani tra qualche anno saranno dei bravi danzatori. Guarda
come si muovono! Se non ci fossero queste occasioni non potrebbero neppure esercitarsi e forse le danze si
perderebbero.»
A conferma delle sue parole è interessante la descrizione, fatta da Anounouloum Niangaly nel 1978, di una
danza tenutasi a Banani nel corso di una cerimonia di fine raccolto. La sorpresa del giovane studioso
dipendeva dal fatto che nessuno tra i giovani presenti partecipava alle danze e, ad animare la cerimonia,
erano solo adulti e anziani. Inoltre Niangaly registra con un certo disappunto che quasi nessuno dei giovani
presenti indossava abiti tradizionali.
Ancora oggi le famiglie hanno difficoltà ad accumulare il cibo e le bevande necessarie a celebrare i funerali
con le danze delle maschere e da circa quattro anni non si assiste a un’uscita delle maschere in occasione di
funerali in tutta la falaise dogon. Invece i turisti pagano 30.000 CFA (90.000 Lire, n.d.r.) per mezz’ora di
danze. Una cifra considerevole se si pensa che in Mali un salario mensile urbano medio si aggira attorno ai
15000 CFA […]
Anche i turisti seduti lì davanti in fondo sanno benissimo che le danze che stanno osservando non sono
rituali e forse non riuscirebbero neppure a comprenderne i significati e gli aspetti più profondi se queste
fossero eseguite nel loro contesto naturale. Le danze tradizionali sono “etniche”, queste sono teatrali. […]
Le performance culturali legate alla tradizione sono un ottimo supporto per il turismo, anche se sono
artificiali. Il rischio è che vengano declassate da eventi culturali a semplice “colore”; d’altro canto bisogna
riconoscere che talvolta è proprio la performance turistica a mantenere in vita, sebbene a livello più di forma
che di contenuto, tradizioni in via di sparizione.” (Marco Aime in Diario Dogon, Bollati Boringhieri, Torino,
2000).
3.6 Occasioni perdute
I rapporti innescati dal turismo di massa, ad esempio nei viaggi organizzati, sono spesso superficiali
e inadeguati, vere occasioni perdute. Simbolo del mancato incontro tra culture è il villaggio turistico
(resort); una sorta di prigione per turisti (da cui non possono uscire se non accompagnati, e dove i
locali non possono entrare, se non per lavorarci), pressoché uguale in ogni parte del mondo,
riproduce (in meglio, e in posti più belli) stili e ritmi di vita dei paesi da cui le persone provengono.
A qualcuno non sembra quindi fuori luogo parlare del turismo come nuova forma di colonialismo.
“Il grande successo del turismo organizzato in “pacchetti” sta proprio nel soddisfare i bisogni dei clienti,
tenendoli lontani dai rischi che altrimenti comporterebbe un’esplorazione individuale.
Il villaggio turistico ha un’origine militare, perfezionata in molte guerre coloniali. L’idea è quella di
riprodurre in ambienti diversi e ostili le condizioni di sicurezza e di comfort cui siamo abituati a casa nostra.
Dalle decorazioni dentro la stanza d’albergo, al cibo, alle guide, ai trasporti, alle strade, ai servizi igienici,
alle reti di comunicazione e così via. Ma c’è un prezzo da pagare, naturalmente, ed è la standardizzazione:
chiunque ne capisca un po’ di tattica militare sa che l’efficienza nella gestione dei grandi numeri comporta
l’azzeramento delle esigenze particolari e la strutturazione dei rapporti secondo una rigida gerarchia. La
logistica del turista-colono necessita di uno stuolo di lavoratori subordinati. Inviato in un’isola delle Antille,
il giornalista della “Repubblica” Vittorio Zucconi ha ammesso di aver compiuto ‘un viaggio nel colonialismo
turistico dei nostri tempi, con gli schiavi di origine africana che portano i bagagli’ (V.Zucconi, “I Viaggi di
Repubblica” 21 novembre 1997). Un’immagine sconcertante, quanto realistica”. (Duccio Canestrini, Andare
a quel paese, Feltrinelli Traveller, Milano 2001).
13
Un altro evidente simbolo di un’occasione mancata di incontro e scambio tra culture è la macchina
fotografica, arma inseparabile per ogni turista che si rispetti Ad Haiti, fino a poco tempo fa, i turisti
erano accolti con lanci di cipolle. Gli abitanti inferociti colpivano gli occidentali perché erano
convinti che li fotografassero per mostrare agli amici quanto gli haitiani fossero poveri, e ridere di
loro.
Certo tipo di turismo inoltre non fa altro che rafforzare stereotipi e pregiudizi, per quanto questo
possa sembrare strano. “L’occhio del turista vede solo ciò che già conosce”. Questo proverbio
africano conferma ciò che spiega lo psicologo Gulotta: “Ciascuno di noi possiede una “mappa
mentale”: ogni posto della Terra (indipendentemente dal fatto che ci sia stato o meno) è catalogato
in questa mappa come più o meno selvaggio, più o meno incontaminato o esotico, più o meno ricco
di occasioni di divertimento. Dipende dall’idea che ce ne siamo fatti negli anni attraverso film,
documentari, racconti degli amici, lezioni di geografia a scuola. E quando viaggiamo, la portiamo
con noi, cercando una conferma alle nostre idee. E’ la cosiddetta ‘attenzione selettiva’: si tendono a
notare i particolari che avvalorano i preconcetti, e a trascurare quelli che li metterebbero in
discussione. Così, se qualcuno pensa che i paesi mediorientali siano sporchi, vedrà soprattutto vicoli
poco puliti, senza magari notare l’interno lindo dei bagni turchi pubblici
E i cataloghi, su cui costruiamo le nostre rappresentazione mentali prima della partenza di un
viaggio, ci danno un’immagine edulcorata e fuorviante dei paesi che visiteremo: solo spiagge
incontaminate, donne sensuali, popolazioni festose e accoglienti, con la completa rimozione di
qualsiasi problema questi paesi possano avere.
Inoltre spesso i turisti in vacanza hanno comportamenti irrispettosi che provocano conflitti con le
popolazioni locali, perchè vogliono vivere senza pensieri e senza regole. La sensazione di libertà
che provano i vacanzieri li porta ad assumere comportamenti impensabili in patria.
Scatta il meccanismo inconscio del “tanto qui chi mi conosce?” che sta forse alla base della
peggiore aberrazione del turismo: quello sessuale. Uomini insospettabili, padri di famiglia, stimati
professionisti che conducono un’esistenza normale nei loro paesi, finiscono per dimenticare
qualsiasi senso etico una volta in vacanza.
14
II SEZIONE
IL TURISMO “RESPONSABILE”
4. Alla ricerca di nuovi modelli
4.1 Avanguardie “responsabili”
Alla luce di quanto si è detto fin qui, non stupisce che, parallelamente al boom turistico e alla rapida
crescita dei viaggi internazionali, siano nate le prime esperienze di critica e di denuncia.
Inizialmente sono state soprattutto le Chiese a occuparsi della questione, fin dal 1967, dichiarato
“Anno internazionale del turismo” dall’OMT.
Nel 1970, presso l’Accademia Evangelica di Tutzing, in Germania, si svolge la prima
Consultazione internazionale sul turismo, promossa dal Consiglio Mondiale delle Chiese (WCC
World Council of Churches ). Le conferenze sull’argomento si susseguono negli anni, sempre in
ambito ecclesiale, soprattutto nel Sud del mondo: nel 1972 ai Caraibi; nel 1975 a Penang, in
Malesia, promossa dalla Conferenza Cristiana dell’Asia, durante la quale viene presentato il primo
codice etico per turisti; nel 1980 a Manila il meeting alternativo alla conferenza ufficiale della
OMT, indetto ancora una volta dalla Conferenza Cristiana Asiatica. In quell’occasione, gli attivisti
discutono il ruolo delle multinazionali nel settore, sollevano la questione del turismo sessuale,
dichiarano che il turismo ha provocato nei paesi di destinazione più danni che benefici.
Da queste esperienze, nel 1982 nasce a Bangkok la Ecumenical Coalition for Third World Tourism,
promossa dal Consiglio Mondiale delle Chiese, approvata poi anche dal Vaticano, con lo scopo di
stimolare una consapevolezza globale dell’impatto del turismo. La ECTWT offre a chi è stato
danneggiato la possibilità di esprimere le proprie opinioni, supporta azioni popolari, incoraggia i
cambiamenti, stimolando ricerche e riflessioni in merito, favorisce le “buone pratiche” nel turismo,
per garantire giustizia e dignità umana, nella logica dell’autosviluppo.
“Il modo in cui il turismo è organizzato è neocolonialismo. Voi avete diritto allo svago e il denaro
per concedervelo, noi no. E la nostra dipendenza economica da questa risorsa fa sì che i turisti
debbano essere trattati come dei”: questo il lapidario commento di Padre Desmond De Souza,
indiano di Goa e segretario per anni di ECTWT.
Il turismo inizia dunque ad assumere il carattere di una grande questione globale di giustizia sociale
e diritti umani. Si fa appello a tutti gli individui affinché agiscano per arginare le devastanti
conseguenze di un turismo divenuto sistema deteriore. Ancora meglio, si incoraggia a proporre
alternative a questa risorsa. (www.pacific.net.hk/~contours)
Nel 1975 nasce, in India, Equations (Equitable Tourism Options), un’organizzazione che lavora per
la trasformazione del turismo di massa in un turismo attento e documentato.
In questi anni anche nel Nord del mondo prende forma un movimento di attenzione e critica al
turismo. Nel 1982, lo stesso anno in cui a Bangkok nasce la ECTWT, a Stoccarda viene creata Ten
(Tourism European Network), rete europea cui aderiscono associazioni e ong attive nel campo del
turismo responsabile, ma anche centri di ricerca, singoli intellettuali, attivisti, scrittori e giornalisti.
Ten è il partner europeo della ECTWT, ma non è espressione di alcuna gerarchia ecclesiastica o di
alcuna confessione. Di Ten fa parte, dal 1993, per l’Italia, l’associazione Ram di Camogli.
Le istanze delle varie associazioni nel Nord e nel Sud del mondo che si battono per un turismo
meno dannoso, insieme alla crescente richiesta di uno sviluppo sostenibile del settore raggiungono
finalmente le istituzioni. Nel 1995 a Lanzarote, nelle Canarie, si tiene la Conferenza Mondiale sul
Turismo Sostenibile, promossa tra gli altri dall’Unesco e dall’Unep (United Nations Environment
Programme). Alla fine dei lavori viene approvata la Carta di Lanzarote, considerata pietra miliare
nella storia del turismo sostenibile.
15
Anche l’OMT, che negli anni ’90 aveva iniziato a occuparsi di turismo sostenibile, istituendo una
apposita sezione, pubblica, nell’ottobre 1999 a Santiago del Cile, il Global Code of Ethics for
Tourism. Questa carta etica, alla cui stesura hanno partecipato anche delegati di governi e
dell’industria turistica, vuole essere una sintesi delle carte precedenti sul viaggiare sostenibile, e
punto di riferimento per gli anni a venire (anche se alcuni critici lo definiscono un documento molto
moderato).
Il Vaticano si dimostra attento alle critiche che dalle Chiese del Sud del mondo arrivano al turismo.
Tale attenzione si concretizza nel messaggio di Papa Giovanni Paolo II, il 9 giugno 2001, in
occasione della XXII Giornata Mondiale del turismo, che critica la mercificazione e il poco rispetto
delle altre culture, tipico di certe forme di turismo:
“In alcuni luoghi il turismo di massa ha generato una forma di sottocultura che avvilisce sia il turista, sia la
comunità che l'accoglie: si tende a strumentalizzare a fini commerciali le vestigia di ‘civiltà primitive’ e i ‘riti
di iniziazione ancora viventi’ in alcune società tradizionali. Per le comunità di accoglienza, molte volte il
turismo diventa un'opportunità per vendere prodotti cosiddetti ‘esotici’. Sorgono così centri di vacanze
sofisticati, lontani da un contatto reale con la cultura del paese ospitante o caratterizzati da un ‘esotismo
superficiale’ ad uso dei curiosi, assetati di nuove sensazioni. Purtroppo questo desiderio sfrenato giunge
qualche volta ad aberrazioni umilianti come lo sfruttamento di donne e di bambini per un commercio
sessuale senza scrupoli, che costituisce uno scandalo intollerabile. Occorre fare tutto il possibile perché il
turismo non diventi in nessun caso una moderna forma di sfruttamento, ma sia occasione per un utile
scambio di esperienze e per un proficuo dialogo tra civiltà diverse. In una umanità globalizzata, il turismo è
talora fattore importante di mondializzazione, in grado di provocare cambiamenti radicali e irreversibili nelle
culture delle comunità di accoglienza. (...) Non c'è dubbio che, rettamente orientato, il turismo diventa
un'opportunità per il dialogo fra le civiltà e le culture e, in definitiva, un prezioso servizio alla pace”.
Intanto, nel 1996, in Italia prende vita un Forum nazionale di attenzione al turismo, un incontro
annuale di tutti gli operatori turistici e non (associazioni ambientaliste, ong, giornalisti, tour
operators attenti alla tematica), da cui l’anno successivo nascerà AITR (Associazione Italiana
Turismo Responsabile).
4.2 L’impegno dell’Italia
Come si è detto, tra le prime associazioni in Italia a occuparsi di turismo responsabile c’è stata Ram,
fondata a S.Rocco di Camogli nel 1987. Ram, protagonista insieme ad altre realtà della nascita nel
nostro paese del commercio equo e solidale, si occupa anche di turismo a 360 gradi: da una sua
costola nasce infatti il Centro di attenzione al turismo, prima struttura non accademica in Italia a
occuparsi di critica al turismo; dai viaggi e dai contatti con i produttori locali in Asia per il
commercio equo nasce invece l’idea dei viaggi-incontro, che mettono in diretta comunicazione
consumatori “equi e solidali” (e non solo) con le cooperative di produttori nei paesi del Sud. Tali
viaggi sono ispirati ai Criteri per un viaggiare non dannoso, redatti da Ram stessa. L’associazione
si occupa anche di editoria, con la “bibbia” del turismo responsabile in Italia (“Turismo
responsabile - nuovi paradigmi per viaggiare in Terzo Mondo” di Renzo Garrone), le microguide,
che presentano i paesi dell’Asia in cui RAM opera, fornendo il più possibile informazioni corrette e
non stereotipate, il video “Check Out”, che sintetizza i principali aspetti del turismo internazionale.
Dall’iniziativa di Ram nasce il Forum Italiano Turismo Responsabile, momento di confronto tra ong
e associazioni, tra operatori profit e no profit, giornalisti e osservatori, sensibili ai temi della critica
al turismo e alla ricerca di alternative.
L’incontro tra queste associazioni, tra cui ong come Icei, Mlal e Aspac, organizzazioni
ambientaliste come Legambiente, Wwf e Cts, l’associazione delle imprese turistiche aderenti alla
Lega delle Cooperative (Ancst), l’Associazione Consumatori Utenti, Ecpat, il giornale di strada
Terre di Mezzo, è stato fecondo, e ha portato nel novembre 1997 alla sottoscrizione della "Carta
d'Identità per Viaggi Sostenibili". [vedere allegato 1]
16
L’obiettivo del documento, sottoscritto a Verona da 11 associazioni, ha l'obiettivo dichiarato di
promuovere un modo di fare turismo che sia equo nella distribuzione dei proventi, rispettoso delle
comunità locali e a basso impatto ambientale. Scopo della Carta è evidenziare i punti
imprescindibili attraverso cui è possibile realizzare un viaggio che abbia davvero queste
caratteristiche. Attraverso tre fasi temporali - prima, durante e dopo - vengono presi in esame tutti
gli aspetti principali del viaggio, fornendo indicazioni concrete sulle modalità da applicare,
sensibilizzando sia l'utente sia il tour operator.
Le undici associazioni che hanno sottoscritto la "Carta d'identità per viaggi sostenibili" hanno dato
vita a Milano, nel maggio 1998, all' Associazione Italiana Turismo Responsabile per la diffusione e
la realizzazione dei principi contenuti nella Carta. Un grosso ruolo all’interno di AITR è ricoperto
dalle ong, che nel turismo responsabile hanno visto una grossa occasione di conoscenza e
sensibilizzazione: i viaggi da queste organizzati permettono infatti a soci, amici, finanziatori o
semplici curiosi, oltre a una conoscenza “reale” e problematica, al di là degli stereotipi, dei paesi in
cui le ong operano, anche di visitare i progetti di cooperazione internazionale delle ong stesse e di
conoscere i volontari e le popolazioni locali che beneficiano del progetto. In un secondo momento,
le ong hanno cominciato a considerare il turismo responsabile non solo come occasione di
sensibilizzazione in Italia, ma anche come possibile sostegno allo sviluppo nelle zone interessate.
Ecco dunque i primi progetti di cooperazione internazionale rivolti al turismo responsabile, in
particolare quelli di Acra/Icei in Senegal e Repubblica Dominicana, di CpS e il Cisv in Senegal, di
Mlal e Pluriverso in Brasile e Perù.
Visto il successo delle proposte di viaggio, alcune ong (Cisv di Torino, Mlal di Verona, Cmsr di
Livorno e Celim di Milano) hanno deciso di unire le forze, aprendo il primo circolo di base del
Centro Turistico Acli (il Cta Volontari per lo Sviluppo) che si occupa esclusivamente di turismo
responsabile, organizzando viaggi e campi di lavoro nei paesi ove le ong operano.
Attualmente AITR comprende 35 associazioni che si occupano a diverso titolo di turismo e alcuni
soci individuali, ed è diventata di fatto l’associazione del turismo no profit in Italia, dando anche
l’avvio a numerosi tavoli di lavoro che si occupano di diverse tematiche: turismo in uscita
dall'Italia, turismo in Italia, scuola e turismo, informazione e turismo, ecc.
Di recente è stata avviata una riflessione per ridefinire il concetto di turismo responsabile, che ha
condotto a una seconda Carta, detta Carta Italia, contenente le linee guida per un turismo incoming
nel nostro paese. Tra gli obiettivi, quello ambizioso di approdare a un marchio per la certificazione
del turismo responsabile (il cui primo passo è il monitoraggio dei viaggi da parte di chi vi
partecipa), e quello di attivare percorsi di formazione: per i circoli di base delle associazioni
nazionali che fanno parte di AITR e per le botteghe del mondo sensibili al tema.
La Carta Italia richiama l'attenzione sulla relazione fra turisti, industria turistica e comunità
d'accoglienza. Perché la qualità non è fatta soltanto di stelle o di rapporto prezzi/servizi, ma anche
di rapporti ecologicamente e umanamente corretti.
Si caldeggia un turismo d'incontro, rispettoso delle diversità naturali e culturali, che richiede un
certo spirito di adattamento ad abitudini nuove e inconsuete. Incoraggia residenti e visitatori a
condividere gli aspetti più caratteristici del territorio, con positiva curiosità, oltre gli stereotipi e le
forzature folkloristiche. E rispettando il diritto delle comunità locali di decidere sui pro e contro
dell'offerta turistica nel loro territorio.
In tutto questo, la posta in gioco per AITR è alta: far sì che il turismo “attento” e consapevole
diventi non l'ennesimo "prodotto di nicchia", ma una diffusa e contagiosa filosofia di viaggio.
5. Il “decalogo” del buon viaggiatore
5.1 Le regole da seguire
17
Ma cosa si intende per “turismo responsabile”? Ci aiutano a rispondere alcuni “comandamenti”, in
cui si condensano i principi della Carta d’identità per viaggi sostenibili:
“Chiediti perché viaggi: è importante saperlo.
Informati sulla storia e sulla cultura del paese di destinazione.
Fatti spiegare dal tuo agente di viaggio qual è la sua etica.
Chiedi quale percentuale del prezzo del viaggio va alle comunità ospitanti.
Metti in valigia lo spirito di adattamento.
Lascia a casa le certezze.
Rispetta le persone, l'ambiente e il patrimonio storico culturale.
Non chiedere privilegi o pratiche che causino impatto negativo.
Se possibile, arrangiati con la lingua locale senza imporre la tua.
Non ostentare ricchezza stridente rispetto al tenore di vita locale.
Prima di effettuare scatti o riprese video chiedi il permesso.
Non assumere comportamenti offensivi per usi e costumi locali.
Non cercare l'esotico, cerca l'autentico.
Non accontentarti delle diapositive: pensa ai rapporti umani.
Coltiva le relazioni una volta rientrato.
Mantieni le promesse fatte in viaggio”.
In concreto, dunque, viaggiare in modo responsabile implica che la maggior parte dei soldi spesi
ricadano in loco, utilizzando, dove possibile, i mezzi di trasporto pubblici (treni e corriere),
alloggiando presso famiglie, strutture gestite dalle comunità dei villaggi o piccole pensioni. Una
parte della quota che si versa è destinata direttamente a un progetto di sviluppo delle ong, visitato
durante il viaggio. Il cuore dell'esperienza è rappresentato dall'incontro e dalla conoscenza: incontro
con i volontari che operano nei progetti delle associazioni ma, soprattutto, con la popolazione
locale; conoscenza reale del paese, nella sua complessità, con i suoi problemi e le speranze della
gente. Si viaggia in piccoli gruppi, per permettere una maggiore autonomia dei partecipanti che
possono decidere, nei limiti del possibile, il programma del viaggio, uscendo dalla logica del "tutto
organizzato". Pilastro del viaggio è poi la riunione preparatoria, che permette di cominciare a
conoscere gli altri partecipanti, l'associazione che organizza il tour, i progetti e il paese che si
visiterà. Ma il tutto rimane comunque e sempre all’inssegna della vacanza: non si trascurano le
spiagge, i parchi naturali, la storia e l'architettura, le feste e il buon cibo, insomma tutto ciò che il
paese visitato può offrire. Coniugando impegno e divertimento.
5.2 No alla fretta
Una caratteristica distintiva del viaggiatore responsabile dovrebbe essere la calma, l’immersione in
una dimensione temporale “dilatata” rispetto ai ritmi frenetici della vita e del lavoro nel paese di
provenienza. Al contrario di quanto avviene nei pacchetti di viaggi organizzati, propri del turismo
tradizionale, in cui prevale lo stile del “mordi e fuggi”, del consumo frenetico, che non si lascia alle
spalle se non un po’ di caos e di rifiuti da smaltire. Nel tour de force rutilante tra parchi, musei,
visite guidate, ad andare perduta è proprio la dimensione dell’incontro, della conoscenza autentica
di quanto si va a visitare, mentre prevale l’ansia di vedere più luoghi possibili nel minor lasso di
tempo (quello della vacanza), carpendo testimonianze-lampo e foto ricordo da ostentare agli amici
una volta tornati a casa.
Si va in un villaggio, in un’abitazione, a una cerimonia nascosti dietro le macchine fotografiche, e
ciò che si vede spesso lo si pensa già in funzione dell’immagine che se ne vorrebbe trarre.
L’individuo inquadrato perde la sua personalità per acquistare quella che il fotografo intende
assegnargli: mistico, esotico, pittoresco, selvaggio.
Questo approccio finisce per spersonalizzare inevitabilmente il rapporto tra fotografo e fotografato,
innescando spesso dinamiche di tipo commerciale (i nativi che chiedono soldi per farsi fotografare).
18
Scegliendo un individuo come soggetto della nostra fotografia lo allontaniamo inevitabilmente da
noi e lo trasformiamo in simbolo. Più è diverso, più ci sembra interessante. Creiamo un “altro da
noi”.
La lentezza, abolita dalla maggior parte dei programmi di viaggio, potrebbe invece divenire un
valore se vissuta come mezzo per approfondire l’incontro, per diluire almeno un po’ la distanza
esistente tra turista e nativo. C’è da chiedersi se gli operatori turistici, stipando quante più mete
possibili nell’arco di pochi giorni, rispondano a una reale domanda del pubblico oppure a un
bisogno creato da loro stessi.
Una proposta provocatoria ci viene dall’antropologo e fotografo provetto, e “pentito”, Marco Aime,
che suggerisce:
“visto che le sensazioni prodotte dalla visione di una diapositiva non possono essere paragonate a quelle
vissute nella realtà visitata, la mia modesta proposta a chi davvero vuole diventare “turista responsabile” (e
anche a chi propone viaggi di questo tipo) è di provare a lasciare a casa la macchina fotografica e a rallentare
il proprio viaggio. Non credo che questo basti a risolvere il dilemma etico del turista, ma forse qualcosa può
cambiare. La realtà va osservata per ore, giorni, settimane, non a 1/125 di secondo e allora le persone
possono vivere come tali e non come soggetti da inquadrare”.
In questo modo, con i ritmi del nostro orologio biologico, può accadere che un paese straniero ci
scavi nell’animo. Per questo i viaggi responsabili hanno spesso dei tempi apparentemente ‘morti’,
non per carenza di organizzazione, ma per permettere che lo “spirito” del luogo possa imporsi, far
breccia, penetrare pian piano nel turista. E per questo privilegiano i mezzi di trasporto che, come
pulmann e treni, consentono di contemplare in “dettaglio” i paesaggi naturali e umani attraversati.
Chiudiamo queste riflessioni con una citazione di Herman Hesse:
“Nonostante il mio ardente amore per Venezia, la laguna veneziana sarebbe tuttora per me una curiosità
straniera e strana, qualcosa di incompreso, se una volta, stancatomi di contemplare stupidamente il
paesaggio, non avessi condiviso per otto giorni e altrettante notti barca, pane e alloggio con un pescatore di
Torcello: remavo lungo le isole, attraversavo a guado con la rete a mano le torbide barre di foce; imparavo a
conoscere acqua, flora e fauna della laguna, respiravo e osservavo la sua atmosfera singolare, e da allora la
laguna mi è familiare e amica. Avrei forse potuto spendere quegli otto giorni per Tiziano e Veronese, ma
nella braca di un pescatore con la vela triangolare color bruno dorato ho appreso a intendere Tiziano e
Veronese meglio che all’Accademia e nel Palazzo Ducale. E non soltanto qualche quadro, ma Venezia tutta
intera non è più per me un bell’enigma inquietante, ma una realtà molto più attraente, un mondo che mi
appartiene e sul quale posso esercitare il diritto di chi lo comprende”. (H. Hesse, Il viandante, Mondadori,
Milano, 1993).
6. I protagonisti del turismo responsabile
6.1 Identikit del viaggiatore responsabile
La grossa novità degli ultimi anni è che i turisti responsabili non appartengono più a particolari
gruppi socio-economici e professionali, ovvero non sono più necessariamente “militanti” del
sociale, alternativi interessati alle forme equo-solidali di consumo o membri delle associazioni di
volontariato. Impiegati, professori, architetti, operai, il turismo responsabile è oggi un gran
calderone in cui confluiscono le esigenze più svariate. Almeno per quanto riguarda l’Italia, l’utenza
è costituita da un pubblico soprattutto femminile, al 70% dei casi. Nel 73% dei casi sono persone
che si iscrivono individualmente. La fascia di età più rappresentata è quella tra i 25 e i 40 anni
(46%), seguita dalla fascia dai 40 ai 60 anni con il 33%. Spesso si tratta di viaggiatori che si
19
avvicinano per la prima volta a questo tipo di viaggi: nel 75% dei casi non hanno mai partecipato
prima a pratiche di turismo responsabile.
Gli iscritti ai viaggi provengono da tutta Italia. Per lo più si tratta di viaggiatori accomunati dal
desiderio di provare esperienze irripetibili, esperienze capaci di “cambiarti dal di dentro, in cui
effettivamente si costruisce un rapporto con il paese e con la gente”, come ci hanno raccontato
alcuni di loro.
La prevalenza femminile nei viaggi responsabili può avere diverse spiegazioni. Ad esempio,
secondo Massimo Busani di Pindorama, «le donne hanno maggiori difficoltà ad effettuare un
viaggio in un paese del Sud del mondo da sole, mentre la partenza in gruppo organizzato può
rassicurarle». Questo però non spiega ancora la preferenza per un turismo solidale. Per D. Piazza di
Ctm-Mag di Padova «non si deve scordare che gran parte dei viaggi sono destinati ai volontari che
operano nelle botteghe del commercio equo e solidale che sono prevalentemente donne», mentre A.
Gazzi, responsabile dell’Ufficio campi del WwF-Italia, sottolinea il diverso grado di sensibilità
verso le tematiche Nord-Sud, e sostiene che «lo scambio, la conoscenza e il confronto delle
tradizioni, sono affrontati dalle donne con meno condizionamenti».
6.2 Le comunità ospiti
Le associazioni che promuovono viaggi responsabili tendono a rivolgersi a comunità o strutture del
luogo di destinazione con cui già esiste un rapporto di collaborazione o conoscenza reciproca
consolidata nel tempo, che garantisca una convergenza di valori nonché un certo standard di qualità
ritenuto minimo. Per comunità ospitante si possono in realtà intendere diversi attori sociali:
amministrazioni ed enti locali (regioni, province, comuni, enti di promozione turistica, enti di
gestione di aree protette, ecc.), imprenditoria turistica, rappresentanti delle comunità locali, singoli
cittadini, associazioni a vario titolo impegnate nello sviluppo sostenibile del territorio.
In conformità ai principi enunciati dalla Carta di Identità per viaggi sostenibili, nei viaggi
responsabili si cerca di restituire alle comunità locali coinvolte dal fenomeno turistico la facoltà di
controllarne lo sviluppo. A tal fine è indispensabile che i diversi soggetti della comunità abbiano la
possibilità di esprimere i propri problemi e di sentirsi legittimati all’interno del percorso collettivo.
Le persone sentono così di esistere dentro la comunità.
Occorre dunque sviluppare relazioni che mettano i soggetti in grado di “contare”, definire i
problemi e trovare soluzioni comuni che promuovano il senso di proprietà collettiva del territorio.
Le comunità locali, in particolare, possono svolgere un ruolo importante prima, durante e dopo il
viaggio. Ad esempio pianificando in vari modi lo sviluppo locale, esprimendosi in merito ai flussi
turistici e al loro impatto sulla cultura e l’ambiente, e progettando strutture ricettive adeguate. Dalla
comunità dipende poi la qualità dell’accoglienza e la piacevolezza del soggiorno, nonchè la
ricchezza degli incontri e degli scambi culturali.
Le potenzialità del turismo responsabile permettono anche, spesso, di creare una cerniera tra le
vecchie generazioni (depositarie dei saperi tradizionali) e i giovani, più aperti a iniziative
d’imprenditoria locale.
La comunità ha anche la responsabilità di verificare che le somme di denaro ottenute dai flussi
turistici abbiano una reale ricaduta positiva sull’economia nella sua globalità, e che vadano ad
alimentare gli altri settori produttivi.
6.3 L’accompagnatore
Nei viaggi di turismo responsabile l’accompagnatore ha un ruolo particolare. Non si tratta di una
“guida turistica” nel senso classico del termine, anche perché in genere i viaggiatori partono già con
una certa preparazione e con una certa idea di quello che vorranno vedere. Molto spesso, i tour
operator o le agenzie che organizzano tour responsabili provvedono prima della partenza a
realizzare incontri preliminari, in occasione dei quali, oltre alle informazioni tecnico-logistiche sui
20
viaggi, i turisti familiarizzano con le associazioni coinvolte, si confrontano sulle reciproche
aspettative e iniziano a ricevere informazioni (di tipo geografico, politico, sociale, ambientale) sulla
località di destinazione.
In questi incontri, dove l’aspetto “conviviale” risulta fondamentale, dal momento che occorre un
certo affiatamento nel gruppo, si fa anche conoscenza con l’accompagnatore.
Il suo ruolo è duplice: come coordinatore, all’interno del gruppo, e come mediatore tra culture,
verso l’esterno. L’accompagnatore conosce sicuramente il paese o la località visitati, ne parla la
lingua, magari ci ha già vissuto per qualche periodo o vi risiede stabilmente.
Naturalmente la figura dell’accompagnatore varia da un’organizzazione all’altra, a volte anche da
un viaggio all’altro: in alcuni casi si tratta di volontari in partenza dall’Italia, in altri si tratta di
volontari impegnati nei progetti che si vanno a visitare; altre volte ancora sono accompagnatori
“professionisti”, oppure personaggi di riferimento locali come guide o referenti di associazioni
partner con una formazione adeguata.
Secondo un’indagine realizzata qualche anno fa dalla ricercatrice veneziana Alessandra Tosi,
emergono alcune aspettative dei viaggiatori nei confronti dell’accompagnatore, che dovrebbe:
- occuparsi dei problemi logistici
- essere disponibile e reperibile
- aiutare a superare le difficoltà pratiche
- aiutare il viaggiatore ad entrare in contatto con la nuova realtà
- essere un mediatore culturale
- essere il più “invisibile” possibile
In sostanza, all’accompagnatore
“non viene richiesto esclusivamente di essere un esperto del luogo e di occuparsi dei problemi logistici, bensì
di essere l’elemento che facilita il contatto con il nuovo, siano questi i compagni di viaggio o le comunità
ospitanti. Gli viene riconosciuta la ‘leadership del portiere’, ovvero che faccia da passe-partout verso l’altra
cultura, i viaggiatori vogliono entrare in contatto con le comunità ospitanti e lui deve garantire tale accesso.
Un’esigenza fondamentale del gruppo di viaggiatori è un affiatamento/conoscenza che permetta la relazione
nel più breve tempo possibile. Pertanto diventa centrale il ruolo dell’accompagnatore per facilitare questo
processo nella fase di riscaldamento. Fase in cui si apre l’area privata attraverso l’espressività con l’obiettivo
di ‘rompere il ghiaccio’, e di allargare l’area sociale” (A.Tosi, Modelli culturali, processi educativi e sfide
del turismo responsabile di oggi – quali i nodi critici e le competenze richieste all’accompagnatore?, Tesi di
Laurea, Università degli Studi di Padova, Facoltà di Scienze della Formazione, A.A. 1998-1999).
Un animatore socio-culturale, è questo dunque il ruolo svolto dall’accompagnatore “responsabile”.
21
III SEZIONE
TIPOLOGIE E MAPPATURA DEL TURISMO RESPONSABILE
7. I diversi “tipi” di responsabilità
Si può definire la responsabilità come la coscienza delle conseguenze dei propri atti. Offrire e
richiedere un turismo responsabile implica quindi una riflessione approfondita sugli atti del
viaggiatore e di chi lo riceve. Tale riflessione porta a esplorare diversi aspetti della responsabilità,
che sono alla base di altrettante forme di turismo “alternativo”.
Tra queste si possono classificare:
• Il turismo integrato
• L’ecoturismo
• Il turismo solidale
• Il turismo equo
• Il turismo comunitario
7.1 Il turismo integrato
Il turismo integrato raggruppa tutte le esperienze che hanno come principale obiettivo quello di
integrare i servizi offerti ai turisti nel contesto di accoglienza. Si tratta di uno sforzo da parte delle
popolazioni “riceventi” in termini di appropriazione e di produzione qualitativa (e non
standardizzata) delle attività generatrici di reddito. Lo scopo è organizzare dei servizi e offrire dei
prodotti che siano generati localmente, preoccupandosi di preservare gli equilibri naturali, sociali,
economici, ecc. Le esperienze più significative del turismo integrato si sono sviluppate in zona
rurale dove l’offerta turistica è un complemento (o uno strumento di marketing) delle attività di
produzione agricola. L’esempio più conosciuto è l’agriturismo.
7.2 L’ecoturismo
Il fine ultimo sia dell’offerta che della domanda di ecoturismo è la protezione dell’ambiente
naturale. L’ecoturismo è una formula per viaggiare negli spazi naturali contribuendo allo stesso
tempo a preservarli. Più sono forti nella proposta le componenti di educazione e conoscenza
dell’ambiente da parte dei suoi abitanti e dei turisti, più il viaggio è anche responsabile.
Come riconoscono anche l’Organizzazione Mondiale del Turismo e il Programma delle Nazioni
Unite per l’Ambiente, “molto è stato scritto sull’ecoturismo, ma c’è scarso consenso riguardo al suo
significato, a causa delle diverse forme attraverso cui le attività dell’ecoturismo sono offerte da
un’ampia varietà di operatori, e praticate da un ancor più grande assortimento di turisti”. La dicitura
è stata in effetti applicata a esperienze molto diverse, dal progetto di piccole dimensioni che tenta di
valorizzare la biodiversità e prevede un alto coinvolgimento delle comunità indigene locali - nella
sua accezione più restrittiva - alla grande agenzia che propone tour organizzati di safari nelle riserve
naturali del Sud - nel suo senso più ampio, e meno innovativo. Nonostante l’uso inflazionato (e
talvolta a sproposito) del termine ecoturismo, questo resta comunque uno degli strumenti
fondamentali indicati dagli organismi internazionali per lo sviluppo sostenibile di un territorio e dal
’90 si è formalmente costituita la Società internazionale d’ecoturismo che supporta forme di viaggio
di questo tipo. Una storia singolare è quella delle riserve naturali nell’Africa dell’ovest, dove negli
anni ’70 la creazione di parchi naturali (fortemente voluta dalle istituzioni di cooperazione
internazionale) ha comportato lo spostamento dei villaggi all’esterno dei limiti delle zone protette,
richiedendo alla popolazione di ricostruire ex novo un equilibrio economico-sociale, la cui
principale difficoltà era legata proprio all’incomprensione da parte degli abitanti del luogo del
perché fosse impossibile usare le risorse naturali del proprio territorio. A partire dalla metà degli
anni’90 le strategie politiche per la gestione delle aree protette in Africa sono fortunatamente
22
cambiate, mirando a una collaborazione tra gli abitanti e le amministrazioni responsabili delle zone
naturali. La gestione delle attività turistiche attorno al parco diventa uno strumento per coinvolgere
le popolazioni nella co-gestione delle zone protette.
7.3 Il turismo solidale
Si raggruppano sotto i cappello di turismo solidale tutte quelle offerte turistiche che si preoccupano
di tenere in considerazione le popolazioni più deboli nel sistema socio-economico attuale. Gli
esempi sono molti e vanno dai viaggi nei paesi del Sud del mondo, che finanziano con una quota
del viaggio alcuni progetti di sviluppo, fino ai viaggi per i diversamente abili. I tutti i casi resta
fondamentale, comunque, la sensibilizzazione del viaggiatore sul fatto che la solidarietà non è
“acquistabile” sotto forma di “servizio ulteriore del pacchetto di viaggio”. E’ necessaria invece una
forte responsabilità di tutte le azioni del turista in viaggio per avere un buon impatto a livello dei
soggetti deboli coinvolti e anche un buon servizio per il viaggiatore stesso.
7.4 Il turismo equo
Un sottoinsieme del turismo solidale è il turismo equo che si rifà direttamente ai principi ispiratori
del commercio equo e solidale. Esso, pur condividendo con quello solidale l’attenzione ai soggetti
deboli, prevede che ciò avvenga, più che con la solidarietà, con la remunerazione equa dei servizi
erogati dalle comunità locali, nonché con un controllo dell’intera filiera produttiva (dal produttore al
consumatore) in questo caso turistica. In sostanza di tratta di prevedere l’assoluta trasparenza del
prezzo, il controllo del rispetto dei diritti dei lavoratori, il sostenere le prestazioni e i servizi con un
acconto che permetta anche lo sviluppo di altre attività locali e poi il versamento di un saldo finale.
7.5 Il turismo comunitario
L’etichetta di “turismo comunitario” viene utilizzata generalmente per i servizi di turismo gestiti da
una comunità e a beneficio della stessa collettività di abitanti di un territorio. Normalmente l’offerta
è anch’essa indirizzata a un gruppo di persone piuttosto che a singoli individui.
Per esempio rientrano in questa categoria i progetti di lotta alla povertà che hanno appoggiato le
popolazioni organizzate (in un quadro che abbia come mandato quello di migliorare la vita della
comunità intera) attraverso il finanziamento di attrezzature di accoglienza turistica.
Sempre legata alla lotta alla povertà rientra la strategia del Pro Poor Tourism, il Turismo pro
poveri, teorizzato nel mondo anglosassone come metodo per coinvolgere i più poveri nella
maggioranza delle attività economiche del turismo al fine di aumentare le possibilità di generare
reddito. Ashley Caroline, nel suo studio sul Turismo sostenibile e l’eliminazione della povertà
(Department for International development, London, 1999) fa alcune puntualizzazioni sulle
differenze tra turismo Comunitario e Pro poveri: “Le iniziative di turismo comunitario normalmente
cercano di espandere le imprese turistiche gestite dalle comunità locali, accrescendo anche il loro
coinvolgimento nella pianificazione. Questa è una importante, ma non la sola componente del
turismo pro poveri, che include anche la massimizzazione dell’utilizzo della mano d’opera,
l’espansione dei collegamenti con il settore informale locale, l’assicurare lo sviluppo infrastrutturale
e la pianificazione di strategie ambientali a vantaggio dei poveri”.
8. Il rapporto tra turismo responsabile e commercio equo
L’offerta legata al turismo responsabile è sempre più ricca e variegata. Non solo ong o associazioni
del terzo settore preparano ormai pacchetti viaggio responsabili, ma anche piccoli operatori turistici
e vere e proprie agenzie specializzate. Dove trovare dunque informazioni su questi viaggi? Oltre al
contatto diretto con gli operatori turistici che offrono pacchetti “etici” e a una serie di agenzie di
viaggi specializzate e sensibilizzate al problema dell’impatto del turismo sulle società, da alcuni
23
anni è possibile reperire informazioni in materia attraverso gli sportelli delle Botteghe del
commercio equo aderenti al progetto “Sportello turismo responsabile”.
8.1 Nasce la rete “sportelli responsabili”
Da marzo del 2003 una serie di Botteghe del commercio equo e solidale (www.assobdm.it),
coscienti del fatto che si è ormai aperto un mercato interessante, hanno accettato di diventare
sportelli informativi per il turismo responsabile all’interno del “Progetto sportello responsabile”. Si
tratta di una serie di negozi che commerciano in prodotti, provenienti dai paesi del Sud del mondo,
realizzati con il rispetto di una serie di parametri sociali, economici e ambientali. Oggi alcune di
queste realtà, presenti in maniera capillare su tutto il territorio nazionale, hanno deciso di fare da
anello di congiunzione tra aspiranti turisti e organizzatori di vacanze responsabili aderendo al
“Progetto sportello responsabile”. Al fine di dare solidità all’iniziativa, nel corso di una serie di
incontri generali organizzati dal Progetto, è stato stilato un documento comune con una serie di
linee guida alle quali tutte le realtà aderenti dovranno attenersi.
Renzo Garrone, presidente dell’associazione Ram, è colui che ha pazientemente tessuto per anni le
fila del “Progetto sportello solidale”: «Attualmente - spiega Garrone - all’iniziativa aderiscono oltre
dieci botteghe, dal Piemonte al Lazio, e altre si sono già dette interessate». Oggi le potenzialità del
turismo responsabile cominciano ad assumere dimensioni notevoli, con cinquanta soci diretti che
compongono l’Associazione italiana turismo responsabile (Aitr) e oltre quattrocento botteghe su
tutto il territorio italiano. D’altra parte queste due realtà lavorano con clienti per molti versi simili: il
consumatore solidale infatti coincide tendenzialmente con il viaggiatore responsabile. Alla base
delle sue scelte c’è sempre la voglia di cambiare in modo etico i propri consumi, incluse le parentesi
di relax. Lo confermano ad esempio gli operatori di Unicomondo, bottega vicentina che ha scelto di
“completare” le proprie offerte alternative promuovendo il turismo responsabile. Stesso discorso per
la bottega Ex Aequo di Bologna, dove da tempo si promuovono serate di sensibilizzazione sul
turismo e presentazioni di viaggi. «Tra la gente c’è molta curiosità per il turismo responsabile conferma sulla base della sua esperienza Germana, operatrice di Ex Aequo - e comunque si
inserisce bene tra le scelte di consumo critico».
L’iniziativa degli sportelli avrà risvolti economici da non sottovalutare. Chi organizza viaggi
responsabili sotto il “cappello” di Aitr otterrà un’eco ulteriore per le proprie offerte, e a chi fa da
tramite mettendo in contatto turisti e operatori convenzionati spetterà una percentuale di
commissione. Un logo comune distingue gli sportelli informativi autorizzati, e una quota simbolica
serve a sancire l’adesione di ciascuno.
Le botteghe che si impegnano a fare sportello riceveranno una formazione gratuita sui temi del
turismo responsabile e potranno stabilire tempi e modi del servizio: viene messo a disposizione uno
spazio apposito per esporre il materiale informativo, giorni e orari nei quali chi si occupa del settore
rimane a disposizione del pubblico.
L’iniziativa evolve in un momento in cui il mercato equo solidale sembra in espansione: il consumo
etico ha messo radici in tutta Italia, i ricavi sono in crescita costante da oltre cinque anni e la nicchia
dei viaggiatori responsabili non è da meno.
Ecco perché questo progetto informativo potrebbe diventare molto più di una buona intuizione.
[per l’elenco degli sportelli e la mappatura delle realtà che organizzano viaggi responsabili vedi
allegato 2]
9. Grandi tour operator e responsabilità
Sebbene il concetto di turismo responsabile sia divenuto per certi versi di moda e sempre più enti,
soprattutto di piccole dimensioni, si vogliano fregiare di questa definizione ai fini di una maggiore
presa sul pubblico, i grandi tour operator italiani non sembrano affascinati dalla possibilità di
proporre ai loro clienti viaggi sostenibili o all’insegna del turismo responsabile, preferendo puntare
per le loro campagne pubblicitarie su temi per così dire classici del turismo di massa, ovvero la
24
qualità del servizio, l’eleganza delle strutture, la soddisfazione del viaggiatore. Solo l’ecoturismo
compare con una certa frequenza tra le mete proposte dai grandi tour operator, ma questo
generalmente accade in occasione di viaggi che si svolgono in mezzo alla natura, il che non
significa necessariamente che si svolgano nel rispetto della natura. Tra i cosiddetti “grandi”, l’unico
a parlare di turismo sostenibile anche nel rispetto delle popolazioni, a proporre convegni
sull’argomento, a cercare le certificazioni ambientali, è il gruppo dei Viaggi del Ventaglio. Qui di
seguito presentiamo una panoramica delle possibilità che un viaggiatore ha a disposizione tra i tour
operator “classici” per affrontare un viaggio all’insegna della responsabilità. Sono solo alcuni
esempi, ma che dimostrano come sia possibile fare delle scelte di tipo etico anche approfittando di
tradizionali offerte “profit”. È importante, infatti, capire che le realtà di turismo responsabile vanno
affrontate con uno spirito di adattamento e una volontà di partecipare alla vita delle realtà locali che
non si conformano facilmente a tutte le categorie di viaggiatori (ad esempio bambini, anziani,
persone con difficoltà di spostamento o chi voglia trascorrere semplicemente una settimana di
relax), hanno generalmente una durata di qualche settimana (cosa che non sempre si concilia con il
lavoro e le ferie) e per questo anche un costo talvolta troppo elevato per un target giovane. Ma è
sempre più diffusa la tendenza dei consumatori, e dunque anche dei fruitori di viaggi, a prestare
attenzione a certi parametri di qualità, di rispetto delle popolazioni, di minor impatto ambientale.
9. 1 Ventaclub “responsabili”
Il gruppo Viaggi del Ventaglio, con 930 miliardi di fatturato e 547.000 clienti, è al secondo posto
tra i gruppi turistici italiani e con circa 40 VentaClub detiene la leadership nel settore villaggi. Un
ruolo che impone riflessioni a tutto tondo rispetto all’impatto che il business turistico ha avuto, ha e
avrà sulle destinazioni e i popoli di tutto il mondo.
All’interno del gruppo, perciò, è nata nel 2000 la divisione Turismo & Ambiente, che nel 2001 si è
fatta promotrice del Forum per un Turismo Sostenibile, con l’intenzione - a detta del gruppo - di
sensibilizzare l’operato di tutti gli attori del settore turistico e ha aderito alla Tour Operators
Initiative for Sustainable Tourism Development, un’associazione volontaria supportata da
organizzazioni internazionali quali l’Unep (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente),
l’Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) e la Wto
(Organizzazione Mondiale per il Turismo), di cui fanno parte in Italia anche Orizzonti e Settemari.
La divisione Turismo & Ambiente si confronta con tutti gli impatti che il turismo può avere sul
milieu fisico-naturale, socio-economico e culturale e presta attenzione alle destinazioni,
proponendosi una maggiore conoscenza delle stesse, grazie ad audit socio-ambientali, sviluppo
delle relazioni con le autorità locali, realizzazione di joint-venture su progetti comuni con partner
locali, collaborazione con associazioni e ong, e progetti di sensibilizzazione ambientale, arrivando a
costituire un green team con il compito di migliorare le performance ambientali di tutti i villaggi.
Tanto da meritare anche alcuni prestigiosi riconoscimenti. Il VentaClub Gran Dominicus, nella
Repubblica Dominicana, ha ricevuto il Green Globe ed è stato il primo tra i villaggi del Ventaglio a
ricevere un riconoscimento ambientale. Il Green Globe è una certificazione ambientale specifica per
il settore turistico basata sul sistema delle norme ISO 14000, che guarda, fra le altre cose, il
consumo delle energie non rinnovabili e dell’acqua, l’inquinamento, il rispetto della biodiversità e
della cultura locale, promuovendo uno sviluppo equo delle comunità toccate dai villaggi.
Il VentaClub Playa Maroma, invece, villaggio situato sulla Riviera Maya messicana e inaugurato
nel 2000, si è dimostrato un piccolo laboratorio per uno sviluppo turistico sostenibile. Ancora prima
della costruzione, questo villaggio è stato impostato in modo da controllare e minimizzare al
massimo gli effetti ambientali, a partire dall’organizzazione del cantiere, con la raccolta di eventuali
sostanze contaminanti e l’attenzione ai lavoratori. In fase di preparazione del cantiere, tra le piante
esistenti nell’area delle costruzioni sono state selezionate e salvate quelle significative e protette,
trapiantandole con attenzione in uno dei due vivai della proprietà per ripiantarle a opera completata
nell’area verde dell’hotel. Finora sono state nominate sempre e solo destinazioni esotiche, ciò
nonostante l’attenzione è rivolta anche all’Italia e si è iniziato con la Calabria, introducendo al
25
VentaClub Bagamoyo un sistema di gestione ambientale per arrivare presto anche alla
certificazione ISO 14000.
Ma già prima che il gruppo intraprendesse ufficialmente la strada del turismo responsabile, Viaggi
del Ventaglio aveva avviato un’iniziativa spontanea in seguito ai danni causati dall’uragano George,
che aveva colpito la Repubblica Dominicana nel 1998. L’operazione consisteva nella donazione al
Ministero del Turismo dominicano di un dollaro per ogni cliente italiano al Club Gran Dominicus
nel 1999. Tali fondi sono stati utilizzati per ricostruire e ristrutturare le abitazioni delle popolazioni
residenti a Manojuan nell’Isola Saona e a Bayahibe.
Inoltre, per accrescere il taglio culturale dei suoi prodotti, il gruppo Ventaglio ha sottoscritto un
accordo di partnership con “La Macchina del Tempo”, trasmissione televisiva e omonima rivista
mensile di Alessandro Cecchi Paone, che ha fatto da guida a gruppi di turisti interessati a scoprire le
più belle località che circondano alcuni VentaClub nel mondo. Grande attenzione viene riservata
anche alla conoscenza da parte del cliente delle buone pratiche attuate dal tour operator Viaggi del
Ventaglio, ma anche di ciò che gli stessi viaggiatori possono fare. Si tratta di indicazioni di buon
senso, che però non sempre sono conosciute da tutti, come risparmiare acqua, preferendo la doccia
al bagno, e mantenerla pulita senza eccedere con i detergenti, risparmiare energia spegnendo il
condizionatore quando non si è in camera, ma anche ridurre i rifiuti, proteggere flora e fauna e
rispettare i paesi e le loro genti. Grande attenzione è riservata al rispetto dell’ambiente marino, con
un memorandum per i sub e per i pescatori, nel rispetto delle barriere coralline e in generale della
vita acquatica. Ma si forniscono anche accorgimenti per il safari responsabile, come minimizzare il
disturbo agli animali, non avvicinandosi troppo e non dando loro nulla da mangiare, e restare sui
tracciati prestabiliti e in carovane non troppo numerose.
9.2 Viaggi a impatto zero?
Un’iniziativa che vuole apparire in qualche modo di turismo sostenibile, pur non essendolo
veramente, è quella proposta da Hotelplan. Questo grande tour operator ha affiancato Lifegate, un
network dedicato all’eco-cultura, nel suo progetto “Impatto Zero”. Tale progetto, elaborato con il
Politecnico di Losanna e con alcune università italiane, può essere applicato anche al viaggiare e
consente di quantificare le emissioni inquinanti di un viaggio, dal momento della partenza fino al
rientro, e di compensarle con un programma di protezione delle grandi foreste tropicali.
Con la nuova edizione del catalogo Mondi Lontani 2004, Hotelplan contribuirà a riforestare e
proteggere un bosco nel Parco del Ticino e una foresta tropicale in Costa Rica e darà, al contempo,
la facoltà al cliente di scegliere un viaggio a “Impatto Zero”. Questa opzione, frutto di una scelta
consapevole da parte del cliente, comporta una maggiorazione di prezzo, variabile a seconda
dell’itinerario, necessaria per riqualificare e proteggere l’area boschiva in grado di compensare
l’impatto ambientale generato. In questo caso, insieme ai documenti, i clienti riceveranno un
certificato di “Viaggio a Impatto Zero”, con possibilità di partecipare a incontri ed eventi dedicati.
Dunque non si tratta di un modo per ridurre le emissioni di anidride carbonica nocive per
l’ambiente, ma di compensarle: un comportamento, questo, che non rientra nel concetto di turismo
responsabile, ma rappresenta comunque un tentativo di attenzione ambientale.
9.3 Crociere certificate
Costa Crociere S.p.A. è una società italiana appartenente al gruppo Carnival Corporation & plc ed è
il primo gruppo crocieristico in Italia, Europa e Sudamerica, con un fatturato nel 2003 di 786
milioni di euro. Vanta una flotta di 10 navi, per una capienza totale di circa 15.700 ospiti. Le navi di
Costa Crociere navigano nel Mediterraneo, nel Nord Europa, nei Caraibi e in Sudamerica.
Nel maggio 2004, ha ricevuto dal Rina (la società operativa del Registro italiano navale, una delle
più antiche società di classificazione navale al mondo) la certificazione Best 4 (Business Excellence
Sustainable Task).
26
Best 4 è un sistema articolato di certificazioni volontarie che attesta l’adeguamento ai migliori
standard internazionali: Responsabilità Sociale (SA 8000, del 2001); Ambiente (UNI EN ISO
14001, del 1996); Sicurezza (OHSAS 18001, del 1999); Qualità (UNI EN ISO 9001, del 2000).
Questo significa che Costa Crociere simultaneamente viene certificata dal Rina sia per la qualità dei
propri prodotti e servizi sia per il rispetto dell’ambiente, ma anche per gli standard di salute e
sicurezza sul luogo di lavoro che osserva e infine per il rispetto e la tutela dei diritti dei dipendenti.
Un caso unico di certificazione in Italia e nel mondo: Costa Crociere infatti è la prima società
italiana a conseguire nello stesso tempo queste quattro diverse certificazioni e la prima compagnia
di navigazione nel mondo a ottenere la certificazione sulla responsabilità sociale. E se è vero che gli
elementi su cui si basano le certificazioni non necessariamente vanno di pari passo con il concetto
di turismo sostenibile, è anche vero che da questi elementi le agenzie che propongono un modo di
viaggiare etico non dovrebbero mai prescindere.
9.4 I Grandi Viaggi
Questo grande tour operator non dedica nessuna formula particolare al turismo responsabile, ma si
vanta di aver coinvolto i migliori architetti nella progettazione e nella costruzione di villaggi
all’insegna del rispetto e della protezione dell’ambiente. Ne è la prova il club Santagiusta in
Sardegna, che è stata la prima struttura turistica in Italia a ricevere il certificato ISO 14001 per aver
raggiunto lo “zero impatto ambientale”.
Ma i Grandi Viaggi ha dimostrato anche un’attenzione alle realtà antropologiche che i turisti
possono incontrare nelle loro vacanze. Dalla collaborazione tra i Grandi Viaggi e l’Arcivescovo di
Malindi è nata infatti una fondazione, i GV Club for Child, con lo scopo di aiutare le popolazioni
del Kenya. Questa fondazione ha lanciato un’iniziativa per creare una scuola nel distretto di
Watamu, dove oltre 20 mila bambini erano senza istruzione per mancanza di strutture.
9.5 Cts (Centro turistico studentesco)
Associazione turistica, ma anche associazione di protezione ambientale riconosciuta dal Ministero
dell’Ambiente, il Cts è nato per favorire gli scambi culturali e la mobilità giovanile, ma con il
tempo ha ampliato il suo raggio d’azione dedicando sempre maggiore attenzione ai problemi
relativi alla conoscenza, allo studio e alla salvaguardia dell’ambiente. Alla fine degli anni ‘80 è stata
istituita la Sezione Ambiente, cuore e motore delle attività di conservazione della natura , turismo
sostenibile ed educazione ambientale in cui l’associazione è attualmente impegnata. Senza perdere
di vista il campo specifico di azione del Cts, la Sezione Ambiente opera con proposte turistiche
concepite in modo da ridurre al minimo gli impatti nei luoghi di destinazione e favorire le economie
e lo sviluppo locali, oltre ad attività di studio e di ricerca in ambito turistico, al fine di promuovere
lo sviluppo dei principi di sostenibilità e responsabilità.
Il luogo migliore per lo svolgimento di queste attività sono le aree protette, laboratori ideali per
sperimentare nuove alleanze tra l’uomo e l’ambiente. Ed è proprio qui che si concentrano i progetti
e le proposte turistiche del Cts. Sempre nei parchi, l’associazione, direttamente impegnata in attività
di protezione e studio di specie a rischio, ha dato vita a due importanti progetti, il progetto Delfino
Costiero e il Progetto Caretta Caretta, che vanno avanti anche grazie al lavoro e alle quote dei tanti
eco-volontari che ogni anno scelgono di sostenerli.
9.6 Beneficenza targata Club Med
Uno dei più famosi tour operator, sinonimo di vacanze da sogno, già nel 1978 aveva creato la
Fondazione Club Méditerranée, con lo scopo di sostenere l’infanzia, lo sviluppo sociale in favore
dei più bisognosi e la lotta contro le malattie intorno ai villaggi che si andavano diffondendo nel
mondo.
Dal 1988 la Fondazione ha lo scopo di favorire il coinvolgimento dei dipendenti del Club
Méditerranée nelle missioni di volontariato sparse nel mondo, dal momento che è auspicata la
partecipazione degli operatori turistici e delle altre figure professionali del Club Méditerranée,
27
secondo i tempi e i modi stabiliti dai singoli, nei progetti di sviluppo locali. Ma più che altro, come
mostrano gli esempi che il Club stesso fornisce, si tratta di eventi di beneficenza, che non hanno
niente a che vedere con dinamiche di sviluppo legate al turismo, né con il rispetto dei lavoratori o
dell’ambiente.
Alcuni esempi: sul posto i dipendenti-volontari possono prodigarsi nelle visite ai bambini malati
degli ospedali o fare prevenzione contro l’Aids nei villaggi, in un hotel di Lionesi accolgono le
famiglie delle persone ricoverate in ospedale, si organizzano partite di calcio per inserire i bambini
svantaggiati, senza contare che la Fondazione sponsorizza un convoglio di due 4x4 alla ParigiDakar-Mopti e distribuisce kit scolastici nei villaggi attraversati, e ancora stabilisce sporadiche
giornate in cui i bambini sfortunati che vivono in prossimità dei villaggi turistici del Club
Méditerranée in giro per il mondo possono godere di una giornata di svago “firmata Club Med”,
come recitava il comunicato.
28
IV SEZIONE
CASI DI STUDIO
10. Esperienze di turismo responsabile in Italia
Il concetto di turismo responsabile prende l’avvio negli anni ’90 in seno a una serie di enti operanti
nel no profit e impegnati in progetti di cooperazione con paesi del Sud del mondo. In particolare
nasce e si sviluppa inizialmente come una reazione agli effetti negativi accertati che il turismo di
massa può avere su ambienti, culture e società molto diverse dal modello standardizzato di
benessere occidentale, ovvero culture indigene, ambienti naturali a grande ricchezza di biodiversità,
equilibri sociali fragili.
Nel corso degli anni sono nati così autorevoli documenti etici che suggeriscono limiti e condizioni
di attuazione per un turismo che possa entrare in rapporto con culture e società locali limitando il
suo potere distruttivo e, anzi, valorizzando e sostenendo le potenzialità locali di un territorio (vedi
sezione II della presente ricerca). Solo successivamente il mondo dell’associazionismo, e quello del
turismo, si sono accorti che gli stessi rischi, anche se in forma e con dimensioni diverse, riguardano
anche il turismo in Italia: distruzione di ecosistemi, costruzione selvaggia sui litorali costieri,
scomparsa dei borghi marinari, ecc...
Nel 1998 l'Associazione italiana turismo responsabile (Aitr) stila il documento “Bel paese buon
turismo”, primo codice turistico mirato esplicitamente al nostro paese, ispirato ai principi,
raccomandazioni, dichiarazioni e criteri che l'hanno preceduto a livello internazionale. La finalità di
questa Carta è richiamare l'attenzione sulla relazione - spesso data per scontata - fra viaggiatori,
industria turistica e comunità d'accoglienza. Perché la qualità non è fatta soltanto di stelle o di
rapporto prezzi/servizi, ma anche di rapporti ecologicamente e umanamente corretti. Ridurre al
minimo gli aspetti negativi degli impatti sociali, culturali e ambientali prodotti dai flussi turistici è
oggi il principio fondamentale del buon turismo, cioè di quel turismo che salva le destinazioni da un
modello consumistico, del tipo usa e getta, dannoso per il suo stesso futuro. La carta “Bel paese
buon turismo” (vedi allegato 2) caldeggia un turismo d'incontro, rispettoso delle diversità naturali e
culturali, che richiede un certo spirito di adattamento ad abitudini nuove e inconsuete. Incoraggia
residenti e visitanti a condividere gli aspetti più caratteristici del territorio, con positiva curiosità,
oltre gli stereotipi e le forzature folkloristiche. Tutto ciò, naturalmente, nel rispetto del diritto delle
comunità locali di decidere - in maniera informata e lungimirante - sui pro e contro dell'offerta
turistica del loro territorio.
Ad oggi le esperienze strutturate di turismo responsabile in Italia sono ancora poche, sia per
mancanza di informazione e pubblicità (è un settore che si sviluppa più per un interesse spontaneo
sostenuto dalla comunicazione “porta a porta” che per una vera strategia di promozione e
marketing), sia per una certa confusione e difficoltà nella miriade di proposte che faticano a definire
in modo chiaro che cosa sia un viaggio veramente responsabile, che cosa sia ecoturismo, vacanze
“alternative” o altro.
Tuttavia alcuni settori sono emersi in modo netto, seppur in tempi recentissimi, e si stanno
diffondendo rapidamente, raggiungendo anche un numero di turisti coinvolti che comincia a essere
significativo. Riportiamo di seguito le principali esperienze al riguardo.
10.1 Pescaturismo e ittiturismo: una nuova prospettiva di recupero dei borghi marinari
Il pescaturismo, nato come progetto di riconversione ambientale delle attività di pesca all’interno
delle Aree marine protette, è oggi praticato in tutte le regioni costiere italiane, dal Veneto alla
Sicilia. Nel lago Trasimeno, addirittura, è nata la prima attività di pescaturismo in acqua dolce: alle
escursioni per seguire le fasi avvincenti delle battute di pesca, si associa l’emozione del pranzo a
29
bordo, in cui le ricette locali dei pescatori consentono di gustare i sapori della cucina tradizionale, e
naturale, in uno scenario assolutamente attraente.
Il pescaturismo è sicuramente frutto di un’attività spontanea, nata “dal basso” in risposta a una
richiesta di una nicchia di turisti interessati a scoprire il territorio entrando in contatto con la storia,
la cultura e le tradizioni locali legate al mare e al lago; ma è anche il risultato di una volontà della
programmazione di sviluppo economico gestita e orientata “dall’alto” secondo una recente
normativa.
Il pescaturismo, secondo il D.M. 13.4.1999 n. 293, è infatti un'attività integrativa della pesca
artigianale, che offre la possibilità agli operatori del settore di ospitare a bordo delle proprie
imbarcazioni un certo numero di fruitori per lo svolgimento di attività turistico-ricreative, nell'ottica
della divulgazione della cultura del mare e della pesca (ad esempio: brevi escursioni lungo le coste,
l'osservazione delle attività di pesca professionale, la ristorazione a bordo o a terra, la pesca
sportiva) e finalizzate alla conoscenza e alla valorizzazione dell'ambiente costiero.
Il pescaturismo può essere svolto durante tutto l’arco dell’anno in ore diurne e notturne, anche nei
giorni festivi, nell’ambito del Compartimento Marittimo di iscrizione e di quelli confinanti, purché
le condizioni meteomarine siano favorevoli. Per essere autorizzati allo svolgimento di questa
attività nel periodo che va dal 1° novembre al 30 aprile, i pescherecci devono essere dotati di
sistemazioni (anche amovibili) per il ricovero al coperto degli escursionisti.
La proposta è aperta a tutti, è possibile imbarcare anche minori di 14 anni se accompagnati da una
persona di maggiore età. Il numero massimo di persone imbarcabili è dodici (il numero è stato
fissato dal Capo del Compartimento d’iscrizione dell’unità che, nel determinarlo, si attiene alle
indicazioni dell’organismo tecnico - ad esempio in Italia il Registro Navale – incaricato di effettuare
la prova di stabilità).
Dal punto di vista delle istituzioni, la ricerca di nuove opportunità lavorative e la valorizzazione
delle caratteristiche ambientali e culturali di molte località italiane possono senz’altro essere
considerati i motivi fondamentali che hanno portato a un crescente interesse verso il turismo
responsabile, naturalistico e culturale, quindi anche verso il pescaturismo e l’ittiturismo.
Attività in forte espansione. Nel 2004 si sono contati circa 250.000 turisti italiani e stranieri che si
sono cimentati con fiocine, nasse, reti e tremaglie sulle barche dei pescatori di coloro che si sono
nel tempo convertiti a questo tipo di attività, e che hanno deciso di affiancarla alla pesca
tradizionale.
Grazie all’evoluzione della normativa, sono in aumento anche i pescatori che decidono di
diversificare la propria attività, ospitando turisti a bordo e condividendo con loro le fatiche del
lavoro in mare. Lo dimostra la crescita esponenziale delle autorizzazioni a esercitare questa attività:
dalle 147 registrate nel 1997 si passa, infatti, alle 330 nel 2000, fino alle circa 800 del 2004.
Oggi l’attività si avvale di 58 imprese di pescaturismo, per un totale di oltre 250 imbarcazioni che
con circa 1.350 posti costituiscono ormai il 42% dell’offerta nazionale di possibilità di occupazione
nel comparto lavorativo ittico.
La diversificazione dei servizi forniti e un’offerta che ricalca le diverse tradizioni regionali di pesca
sono sicuramente i vettori di tanto successo e interesse.
Il fatturato calcolato a fine estate 2004 si aggira intorno ai 12,5 milioni di euro; rispetto al 2003,
registra un incremento del 20% e questa nuova attività ha, dunque, tutte le premesse per doppiare il
boom dell’agriturismo.
L’ittiturismo. Strettamente connesso alle attività di pescaturismo c’è il cosiddetto ittiturismo, che
integra l’offerta turistica dei pescatori con una serie di servizi a terra: dall’ospitalità nelle
caratteristiche abitazioni degli antichi borghi pescherecci, fino ai servizi di ristorazione a base di
specialità tipiche regionali o locali (il costo si aggira sui 30-40 euro per persona a notte).
30
Pescaturismo e ittiturismo (www.ittiturismo.it) rappresentano dunque una formula promettente,
perché permettono di coniugare turismo responsabile, aiuto alla piccola imprenditoria locale,
salvaguardia della cultura del mare, educazione ambientale e valorizzazione del territorio.
Al riguardo esistono provvidenze comunitarie che agevolano i pescatori, soprattutto nel
Mezzogiorno, che hanno dimostrato spirito imprenditoriale diversificando la loro attività: in
particolare gli orientamenti espressi dal Regolamento Ue n. 1626/94, relativo all’istituzione di
misure tecniche per la conservazione della pesca nel Mediterraneo, ispirandosi al principio della
sostenibilità e responsabilità verso l’ambiente e i consumatori, promuovono con fondi appositi
quelle opportunità occupazionali multifunzionali, come il pescaturismo, finalizzate alla
valorizzazione delle risorse produttive e all’uso sostenibile degli ecosistemi acquatici.
Inoltre il pescatore che abbia già recepito la normativa nazionale può avvalersi anche di incentivi
per migliorare la qualità dell’offerta: un esempio significativo è rappresentato dai contributi per la
ristrutturazione delle proprie case per dare sistemazioni adeguate ai turisti.
L’addetto al pescaturismo e l’imprenditore ittico sono figure professionali coerenti con le politiche
in materia di pesca e di acquacoltura dello Stato e delle Regioni, nel rispetto degli orientamenti e
degli indirizzi di competenza dell’Unione europea. Per esercitare l’attività è richiesta
l’autorizzazione della Capitaneria di Porto, la quale è rilasciata dal Capo del Dipartimento
Marittimo dopo le opportune verifiche: idoneità dell’imbarcazione e dei mezzi di sicurezza e
salvataggio.
Le competenze di base tecnico-professionali necessarie per esercitare entrambe le iniziative
riguardano l’organizzazione e la gestione della nuova attività, di promozione, relazionali e di
divulgazione dell’ambiente marino e delle tecniche di pesca.
Il richiamo alle competenze relative al pescaturismo/ittiturismo, se in un primo momento è stato
molto frequente tra gli attori locali presenti nelle aree protette, adesso interessa tutti gli operatori del
mare, poiché sono riconosciuti pienamente a queste attività i requisiti positivi che le configurano
come esperienze di “riqualificazione/riconversione”, dunque esperienze estensibili a tutte le aree,
intendendole come attività a carattere integrativo del normale bilancio d’impresa. E’ necessario, da
questo punto di vista, oltre che attivare vere campagne di sensibilizzazione e informazione relative a
tale opportunità integrativa di reddito per i pescatori, sviluppare saperi e competenze riguardanti la
valorizzazione e la promozione del territorio, delle tradizioni locali e della cultura del mare.
L’agriturismo del mare. Per distinguere meglio tra pescaturismo e ittiturismo, va precisato che
l’addetto al pescaturismo è un pescatore che imbarca persone non facenti parte dell’equipaggio a
scopo turistico-ricreativo; l’imprenditore ittico, invece, è equiparato all’imprenditore agricolo e
gestisce l’ospitalità, la ristorazione, i servizi, oltre che la cura delle attività ricreative e culturali
finalizzate alla corretta fruizione degli organismi acquatici e delle risorse della pesca, valorizzando
gli aspetti socio-culturali del mondo dei pescatori. L'ittiturismo consiste, dunque, in un'attività di
ricezione esercitata dai pescatori professionisti, attraverso l'utilizzo delle proprie abitazioni e
l'offerta di servizi di ristorazione e degustazione dei prodotti tipici delle marinerie italiane.
Ne consegue che entrambe le attività presentano un duplice vantaggio: da un lato quella d’integrare
la fonte di reddito, dall’altro quella di promuovere la cultura del mare e della pesca.
Il servizio risulta comunque variegato: è possibile, per esempio, organizzare battute per gli
appassionati di pesca sportiva e immersioni per gli amanti dei fondali. Inoltre, corsi di educazione
ambientale avvicinano i più piccoli alle meraviglie del mare e al rispetto della natura, mentre
l’approdo sulla costa può diventare occasione per escursioni naturalistiche nella macchia
mediterranea.
31
Ricadute a catena. Studi di settore ed esperienze consolidate da oltre un decennio di esercizio del
pescaturismo/ittiturismo hanno ampiamente dimostrato i vantaggi economici e occupazionali diretti
per la categoria dei pescatori professionisti, a condizione di rispettare le regole di base di una
qualsiasi attività imprenditoriale.
Il pescaturismo/ittiturismo offre altresì la possibilità di coinvolgere - per azioni di supporto relative
soprattutto all'organizzazione e alla ristorazione - personale non imbarcato, tra cui donne e giovani
provenienti, preferibilmente, da nuclei familiari coinvolti a vario titolo nella filiera ittica.
Contemporaneamente, attraverso l'ittiturismo, viene concretamente proposto di favorire misure
integrative: come restaurare aree e borghi storici marinari, valorizzare la ricettività delle abitazioni
tipiche dei pescatori e allestire piccole trattorie la cui cucina è legata al prodotto e alle tradizioni
culinarie locali.
Per queste ragioni i pescatori beneficiano per primi, in termini di sicurezza e conforto, degli
adeguamenti delle imbarcazioni; ma di tali ammodernamenti si avvantaggia, ovviamente, anche
l'industria cantieristica e quella degli equipaggiamenti per la pesca e la navigazione.
Dal fenomeno trae utilità anche l’intero comparto del turismo marittimo, che diversifica la propria
offerta arricchendosi di contenuti innovativi, grazie a un'attività ricca di valenze educative e di
sensibilizzazione ambientale, con lo scopo di avvicinare il grande pubblico al mondo della pesca
artigianale.
Riduzione dell’impatto ambientale della pesca. Il pescaturismo permette una significativa riduzione
dello sforzo dell’attività e minore impatto sui fondali; il che è coerente con un'ottica di salvaguardia
ambientale. A quest’ultimo obiettivo concorre anche l’opportunità di promuovere prodotti ittici
(pesci, molluschi, alghe) meno conosciuti dal mercato: la pratica, oltre al vantaggio intrinseco di
valorizzare specie meno apprezzate - favorendo probabilmente anche l'industria della
trasformazione dei prodotti - potrà in seguito generare un allentamento della pressione sulle specie
più sfruttate.
Del resto la pratica del pescaturismo comporta già oggi un minore utilizzo sia dei sistemi a traino - a
favore di sistemi con minor impatto ambientale - sia degli altri tipi di pesca, conseguentemente al
fatto che le prove di stabilità per determinare il numero di persone che possono essere imbarcate
tengono conto anche del peso delle attrezzature, e che queste occupano spazio altrimenti disponibile
per i turisti. Inoltre per soddisfare l'esigenza “ricreativa” del turista, già oggi spesso si effettuano
azioni dimostrative con reti più corte, e per un tempo di cala sostanzialmente inferiore: ciò
comporta un minor consumo di carburante e una minore usura degli attrezzi. Anche la presenza di
utenti che in linea di massima sono già sensibilizzati verso i problemi ecologici impone al pescatore
una maggiore attenzione verso la salvaguardia ambientale.
Italia leader d’Europa nel settore. L’esperienza italiana nel settore, unica in ambito europeo,
conferma la necessità che queste attività integrative siano promosse e sostenute da una “rete
territoriale” alla quale facciano riferimento i diversi attori sociali coinvolti, al fine di organizzare
sinergicamente un vero e proprio sviluppo locale concertato secondo le necessità e le possibilità
degli operatori di settore, dei fruitori e delle amministrazioni.
La formazione dei soggetti all’interno della rete territoriale e la divulgazione e circolazione
dell’informazione tra i soggetti e l’utenza, ovvero i destinatari del servizio, costituiscono il “sistema
reticolare” di base grazie al quale il pescaturismo e l’ittiturismo possono consolidarsi garantendo la
continuità del lavoro, in particolare per gli operatori della pesca artigianale, e assimilando, in questa
nuova veste, anche le nuove generazioni solitamente restie all’avvio di attività percepita come
“faticosa e sorpassata”, ovvero poco attraente per lo scarso reddito e la mancanza di innovazione.
La vocazione marinara di molte località italiane, le caratteristiche della flotta peschereccia,
costituita per lo più da imbarcazioni dedite alla piccola pesca costiera, le caratteristiche ambientali e
culturali dei borghi pescherecci ben si armonizzano con i principi di “Pesca Responsabile”, sanciti
dal Codice di Condotta della FAO, e di “Turismo Responsabile”.
32
Il territorio nazionale, dunque, ben si presta a sviluppare e supportare questa attività che collega due
importanti settori dell’economia: la pesca e il turismo. Molti sono i settori della pesca che in
qualche modo potrebbero essere collegati al settore turistico; ecco qualche esempio:
- il comparto tonniero: è interessante perché offre molti spunti di tipo gastronomico e
culturale (sono infatti numerosi i prodotti trasformati tipici provenienti dal tonno), ma si caratterizza
anche per le diverse tecniche di pesca che possono interessare una clientela differenziata;
- il comparto della mitilicoltura, intesa anch’essa come attività legata alla tradizione e quindi
appetibile per un turista sensibile, in forte ascesa soprattutto grazie al miglioramento delle
caratteristiche delle acque e alla ritrovata fiducia del consumatore verso il prodotto. Anche in questo
caso l’attività degli allevatori tradizionali, con il bagaglio di tradizioni e cultura, offre spunti
interessanti per il pescaturismo;
- il comparto della piccola pesca quale attività disseminata lungo tutta la costa e praticata in
alcuni casi ancora con tecniche e attrezzi tradizionali.
Ancora molti sono i problemi burocratici da risolvere, legati soprattutto all’iter per ottenere
l’autorizzazione legale e all’inquadramento fiscale e normativo di questa attività. Tuttavia è
opportuno e doveroso tener conto dell’interesse mostrato nei confronti di quest’attività sia da parte
degli addetti sia da parte dei fruitori, interesse che fa ben sperare per il suo sviluppo futuro.
10.2 Calabria: valorizzazione del territorio e lotta alla mafia
Con i suoi 741 km di coste, i monti che si ergono fin oltre i 2.000 metri di altezza, il ricco
patrimonio architettonico e la società animata da differenti culture rimaste integre negli anni, la
Calabria è una regione ideale per sviluppare forme di turismo sostenibile. Il mancato sfruttamento
di queste potenzialità da parte dei grossi circuiti di turismo tradizionale fa sì che in questa regione si
possano ancora trovare realtà sociali che, se debitamente approcciate, sono in grado di offrire al
“turista responsabile” delle esperienze uniche e arricchenti.
Il grosso freno a questo tipo di attività tuttavia, come a qualsiasi altra forma di investimento
economico nell’area, è caratterizzato dalla tipica forma di criminalità organizzata storicamente
attiva e radicata sul territorio. Si tratta della ‘ndrangheta, di cui il procuratore Salvatore Boemi nel
2002 ha pubblicamente denunciato l’impunità con le seguenti parole: “siamo diventati (noi giudici,
nda) fantasmi che cantano al vento” (IMG press 9/10/2002). Ma anche se sulla stampa locale si
legge quotidianamente di atti di intimidazione e fatti di sangue di matrice mafiosa, la battaglia per
“un altro Sud possibile” è tutt’altro che persa. Lo dimostra l’esistenza di numerose associazioni
attive sul territorio e il fiorire di micro attività, legate all’indotto del turismo responsabile, nate negli
ultimi anni.
33
Area Grecanica d’Aspromonte. Ne è un esempio la piccola cooperativa Naturaliter il cui animatore,
Pasquale Valle, ha creato insieme ai soci una rete di realtà locali nell’Area Grecanica
dell’Aspromonte, che offre forme responsabili di trekking eco-compatibili. L'Area Grecanica si
trova in provincia di Reggio Calabria, lungo la fiumara Amendolea, sul versante ionico meridionale.
In essa ancor oggi vive una popolazione di lingua greca, i Greci di Calabria, che giunsero qui a
partire dal VII sec. a.C., quando fondarono Locri. La grecità della zona si mantenne poi per tutta la
durata della dominazione romana, e fu di nuovo vivificata, dopo l'età delle invasioni barbariche,
dalla riconquista imperiale dei bizantini a opera di Giustiniano nel VI sec. d.C. La lingua parlata
ancora oggi nella zona può vantare, unica in tutta Italia, una derivazione diretta dal greco antico,
sebbene il carattere sia essenzialmente bizantino e assomigli molto, per certi aspetti, al greco parlato
in Grecia. Il fatto che queste zone fossero lontane dalle principali vie di comunicazione rese
comunque possibile la conservazione della lingua e della cultura grecaniche. Fu a partire dall'800,
con l'emigrazione forzata di un gran numero di calabresi, e poi dal '900, con il miglioramento delle
vie di comunicazione anche nell'area ionica, che la lingua grecanica cominciò a perdere terreno in
modo significativo, tanto che oggi è parlata da poco meno di 5.000 persone.
In questa realtà sociale unica al mondo, collocata tra le splendide montagne dell’Aspromonte, la
cooperativa Naturaliter nel 1994 ha accompagnato il primo gruppo di turisti costituito da 30
tedeschi. Oggi le prenotazioni coprono la stagione da marzo a novembre, con presenze annuali di
circa 3000 ecoescursionisti. I soggiorni vanno da un minimo di 3 a un massimo di 14 notti, per
gruppi composti da 7 a 40 partecipanti, di cui l'80% italiani (centro e nord Italia), 15% svizzeri e
francesi e un 5% di tedeschi. Da qualche anno la piccola realtà calabrese promuove assieme al Wwf
Italia decine di progetti mirati allo sviluppo eco-compatibile. Le competenze dei soci sono
molteplici: dalla creazione di reti di servizi turistici in aree protette, capaci di coinvolgere la
comunità locale attraverso percorsi di partecipazione e cooperazione, all'educazione ambientale,
dall'organizzazione e gestione di trekking, alla formazione professionale e alla salvaguardia
dell'architettura rurale.
Un esempio dei tour offerti dalla cooperativa è quello de “I paesi fantasma”, definiti così perché
abbandonati o semi abbandonati dai loro abitanti in seguito alle alluvioni del 1951 e del 1971-72. Si
trovano all'interno del Parco, nella provincia di Reggio Calabria, in zone impervie e incontaminate.
Alcuni di essi conservano intatto l'impianto urbanistico architettonico, e rappresentano veri e propri
eco-musei dai quali è possibile leggere e interpretare la dura vita rurale che al tempo conducevano i
loro abitanti. Per raggiungerli occorre arrivare a piedi camminando senza grandi fatiche, in mezzo a
paesaggi naturali fortemente suggestivi. Amendolea, Gallicianò, San Pantaleo, Bova, Roghudi
vecchio, Africo vecchio, Pentadattilo costituiscono ottimi esempi di questi suggestivi villaggi
montani.
Redistribuzione delle ricchezze. I gruppi sono condotti su sentieri, a volte con asini che trasportano i
bagagli, lungo le pendici dell’Aspromonte, tra antiche costruzioni in pietra, boschi e la spontanea
accoglienza della gente. Grazie a una recente legge regionale che autorizza i servizi bed & breakfast
nella zona, Naturaliter si occupa di far alloggiare gli escursionisti presso le famiglie locali,
condividendone usi e costumi. Vengono inoltre coinvolti anche pastori e agricoltori, in modo da far
acquistare i prodotti tipici direttamente dai produttori, per distribuire a più “indigeni” possibili le
risorse economiche create dall’indotto del turismo responsabile. E come merce di scambio, grazie a
una delle ultime iniziative del Parco nazionale, che ogni anno vede alcune migliaia di visitatori,
viene fornita agli ospiti una moneta locale: l’Eco-Aspromonte. «Bisogna abbattere la sacralità della
moneta - dice Tonino Perna, presidente dell’Ente Parco nazionale dell’Aspromonte
(www.parcoaspromonte.it) - Una mattina mi sono presentato al direttore del poligrafico della Zecca
- racconta - e gli ho chiesto di stampare l’Eco-Aspromonte. Mi ha risposto ‘aspetti che vado a
chiedere’. Pensavo mi facesse arrestare». E invece l’Eco-Aspromonte oggi è una realtà, la prima
moneta locale italiana per garantire la “biodiversità”. Serve a rafforzare l’identità della popolazione
locale, a ridurre l’influenza di realtà esterne e ogni anno scade, per evitare che qualcuno se ne
34
impossessi per usi illegittimi quali l’accumulo. Un esperimento interessante quello della moneta
“complementare”, che in altri paesi quali Stati Uniti, Canada e Brasile è già una realtà da parecchio
tempo. Buon ultimo, il mondo accademico italiano si è accorto del fenomeno e ha avviato un
progetto nazionale sulle monete locali denominato Libra, coordinato dal professor Massimo Amato
dell’Università Bocconi di Milano.
Ma tornando agli abitanti delle montagne calabresi, a Bova, paesino di 500 abitanti nel Parco
dell’Aspromonte, nel quale fino a pochi anni fa i giovani erano costretti a emigrare per trovar
lavoro, è nata la Cooperativa San Leo: 15 soci, una serie di guide ambientali ed escursionistiche, un
ristorante, alloggi nel centro storico per ospitare i turisti con la formula bed & breakfast e tre
furgoni per organizzare trekking intorno al Montalto. Salvatore Trapani, socio della cooperativa e
guida del Parco, racconta che nel ‘96, dopo la “naja”, pensava di «salire al nord per cercare lavoro».
Si è presentata invece l’occasione di lavorare per la cooperativa, e oggi è orgoglioso di mostrare ai
turisti le bellezze della sua terra. Anche se, non lo nasconde, in Aspromonte i problemi non
mancano. Spesso si incontrano latitanti, oppure le gelosie incrociate degli abitanti creano problemi
agli organizzatori. In tal caso si effettua quella che qui chiamano “ferma biologica”; cioè i turisti
non sono più condotti in quella zona specifica per un certo periodo finché le acque non si sono
calmate. Ad Amendolea di Condofuri, nel letto dell’omonima fiumara, a pochi chilometri da Bova, i
turisti possono soggiornare nell’agriturismo Il Bergamotto: qui il responsabile, Ugo Sergi, giovane
avvocato che ha preferito l’azienda di famiglia alla carriera forense, ospita i viandanti in case di
pietra ristrutturate, tra gli alberi da frutto. Insaccati, vino, olio, essenze di bergamotto (agrume
coltivato unicamente in questa zona della Calabria) e pasta fatta in casa. Tutto rigorosamente “made
in Amendolea” con il coinvolgimento dell’intero paese.
Ma in Calabria per chi gestisce ristoranti o agriturismi non sono tutte rose e fiori: può anche
capitare di ricevere la visita di noti mafiosi locali che mangiano, bevono e vanno via senza pagare.
E un giorno, se l’attività dovesse raggiungere un buon giro d’affari, potrebbe venir imposto un
ragioniere “di fiducia” a gestire i conti dell’esercizio.
Ma uno dei modi per combattere questa piaga, troppo spesso scambiata per una “tradizione locale”,
è sicuramente mettere in piedi attività imprenditoriali sul modello dell’agriturismo di Ugo Sergi,
sviluppando nuove realtà economiche che si rifiutano di sottostare a regole malavitose, quali il
pagamento di un “pizzo”, imposte da chi si sente più forte della legge.
Dai monti al mare. Lasciato il Parco dell’Aspromonte, lungo la costa ionica in direzione Catanzaro,
per un centinaio di chilometri si susseguono mega villaggi “ripa mare”, iniziati dallo speculatore di
turno e mai finiti, o costruiti da poco e già cadenti e abbandonati. Giunti al bivio per Riace si sale
verso il vecchio borgo, spopolato da una pesante emigrazione, dov’è nata l’associazione Città
Futura, votata a una forma originale di turismo misto all’accoglienza profughi. La nascita di questa
realtà risale al 1999, quando un certo numero di profughi sbarca sulle coste calabresi: un gruppo di
giovani si mobilita per accogliere la gente venuta dal mare. Chiede ai suoi emigranti, partiti verso
altre regioni e paesi in cerca di fortuna, di prestare alle famiglie kurde ed eritree le povere case
ormai vuote; fa il possibile per far integrare i profughi nel territorio; crea opportunità di lavoro;
trasforma il vecchio centro storico in un paese-albergo; recupera la cultura e le tradizioni popolari.
«L'arrivo dei 250 profughi kurdi, il 1° luglio del 1998 - racconta Domenico Lucano, animatore del
gruppo - è stata un'iniezione di vita per il nostro paese ormai spopolato. Anche se la loro meta era la
Germania, hanno trascorso con noi l'estate e tutto l'inverno, poi, un po' alla volta, sono andati via,
quasi tutti. Sono rimasti in trenta, alloggiati nelle case degli emigranti. Alla fine soltanto due
famiglie si sono fermate a Riace; le uniche nascite, registrate negli ultimi anni, riguardano infatti
bambine kurde». L’associazione, dopo la partenza dei profughi, pensa che - nonostante tutto - il
centro storico del piccolo paese può continuare a essere ripopolato attraverso una forma di turismo
responsabile e, nel 1999, presenta una lista per le elezioni comunali. Il programma prevede, tra
l'altro, il restauro del patrimonio architettonico, la rivalutazione della cultura locale, il recupero
delle risorse tipiche del territorio. «Una famiglia nobile, da tempo trasferita a Napoli, avrebbe
35
voluto affidare al Comune un palazzo del Settecento che sorge al centro del paese - racconta
Domenico - Ma l'amministrazione non era interessata e il nostro gruppo lo ha preso in affitto e lo ha
fatto ritornare alla vita, dopo quarant'anni d'abbandono». L'associazione oggi ha così sede a Palazzo
Pinnarò, centro d'accoglienza per rifugiati politici e vittime del disagio sociale, luogo di scambi
culturali, sede di un piccolo Museo permanente della Storia e delle Tradizioni popolari di Riace.
Dopodiché, grazie a un finanziamento della Banca popolare Etica di Padova e al sostegno di
istituzioni come l'Ente parco nazionale dell'Aspromonte, rilanciato da Tonino Perna, protagonista di
numerose battaglie sociali e civili, dell'organizzazione non governativa Cric di Reggio Calabria e
del Vescovo di Locri Monsignor Giancarlo Bregantini, l’associazione è riuscita a realizzare il
progetto più ambizioso: trasformare il centro storico in un paese-albergo per turisti responsabili.
Il ruolo della chiesa locale nella realizzazione del progetto è stato fondamentale: infatti, proprio a
metà strada tra la zona più depressa dell’Aspromonte e Riace c’è Locri, cittadina ricca di
testimonianze greche, e sede di una delle più importanti diocesi italiane; quella di monsignor
Brigantini, vescovo da anni in prima linea nella lotta alla mafia e molto attento alla realtà locale.
Tra le tante attività, la diocesi gestisce un fondo a rotazione che, spesso con l’intervento di Banca
Etica, permette la nascita di varie cooperative o associazioni in una delle zone a economia più
depressa d’Italia.
A Riace il turismo promosso dall’associazione Città Futura, a fianco dell’accoglienza ai richiedenti
asilo, cerca di porre un’attenzione particolare agli aspetti culturali e ambientali dell’area geografica.
Continuano infatti a essere ristrutturate case in disuso, tutte con vista sul mare, da affittare ai turisti
o affidare agli asilanti. Si organizzano eventi culturali e si cerca, con l’aiuto degli ospiti, di
recuperare le tradizioni locali come la produzione d’olio, le confetture di arancio o la tessitura di
ginestra. A pochi chilometri dal borgo, oltre a spiagge infinite, tesori architettonici e naturali di rara
bellezza completano un “pacchetto vacanze” vincente, su cui all’inizio nessuno avrebbe puntato.
Oggi gli alloggi ristrutturati sono più di 20, e accanto a questi è stato possibile realizzare il recupero
di un antico frantoio, aprire un laboratorio tessile e una taverna per la ristorazione.
Il villaggio albergo. Il vecchio centro storico di Riace Borgo, che conta 600 abitanti e dista sette
chilometri da Riace Marina, è formato da un grappolo di case circondato da uliveti, sentieri di
ginestra e grovigli di fichi d'india, adagiato su un'antica area archeologica. Il laboratorio per la
tessitura artigianale, che utilizza oltre al cotone anche il filato ottenuto dalla cardatura della ginestra,
pianta tipica del luogo, è stato realizzato con antichi telai manuali all'interno di un vecchio mulino
ristrutturato. Pina Lucano, moglie di Domenico, ha pazientemente imparato tutte le tecniche di
filatura e tessitura tradizionali del territorio e oggi, con l’aiuto dei profughi, produce filati e
organizza corsi di formazione: stage dimostrativi sulla tessitura e l'utilizzo delle fibre naturali come
il lino, il cotone, la seta, la ginestra, la lana, vengono proposti agli ospiti del villaggio, alle scuole e
alle associazioni interessate al recupero di un'antica arte, espressione della vita sociale e culturale
della comunità. Il laboratorio produce coloratissimi tappeti, zainetti e borse in fibra di ginestra, ma
anche centrini e coperte in lino grezzo. Per commercializzare questi tessuti i giovani di Riace
cercano acquirenti. L'associazione Città Futura non ha ricevuto alcun finanziamento pubblico. I soci
non accettano regali e vogliono farcela con il proprio lavoro. Dargli una mano e sostenerli nella
realizzazione di tutti i loro progetti è possibile. Basta andare in vacanza al "Riace Village”.
Gli ospiti possono inoltre visitare il frantoio con macine di pietra per la spremitura a freddo dell'olio
d'oliva, il laboratorio che produce confetture di agrumi e dei famosi cedri calabresi, il laboratorio di
ceramica. Possono assistere alla lavorazione di ricotta e formaggi e del pane a lievitazione acida.
Per quanto riguarda la ristorazione, ultimo progetto realizzato in ordine di tempo, l’associazione
offre la possibilità ai suoi ospiti di gustare la gastronomia tradizionale alla "Locanda di Donna
Rosa", una vecchia abitazione ristrutturata e adattata a locale tipico, con pavimenti e arredi in legno
naturale, che si ispira alla semplicità della cucina contadina. Prossimamente verrà avviato anche un
laboratorio di lavorazione del vetro in collaborazione con una cooperativa del paese di Bova,
sull’Aspromonte.
36
Gli obiettivi dell’associazione Città Futura crescono con il crescere delle attività organizzate. Ed è
così che alla fine di ottobre 2004 i soci si sono presentati nuovamente alle elezioni (dopo
l’esperienza del 1999) con una lista civica denominata “Un’altra Riace è possibile”. Questa volta i
tempi sono maturi, gli abitanti hanno ormai capito che i progetti dei riacesi coinvolti
nell’associazione possono andare a vantaggio di tutto il paese, e Domenico Lucano viene eletto
sindaco. Una nuova sfida dell’associazione, che prontamente decide di affiliarsi a “Libera,
associazioni, nomi e numeri contro le mafie” per dare un segnale inequivocabile alla criminalità
organizzata locale. Inoltre alcune vie sono state intestate a illustri martiri della mafia come Peppino
Impastato.
I periodi consigliati per le vacanze sono primavera, estate e autunno. In primavera è possibile
seguire i lavori nei campi, in estate si concentrano tutte le feste e sagre paesane, mentre in autunno
si può assistere o partecipare alla vendemmia. Sono previste inoltre visite guidate a Gerace e
Bivongi (un antico monastero bizantino, dove risiedono monaci greco-ortodossi provenienti dal
monte Athos), agli scavi archeologici, a Caulonia e Roccella, al museo di Locri. A Riace amano
molto la natura e gli animali sono "graditissimi", quindi via libera alle vacanze in compagnia dei
nostri inseparabili amici domestici.
Indirizzi utili:
- Per soggiorni e trekking in Aspromonte:
Cooperativa Naturaliter, alla scoperta dell’Area Grecanica, tel. 0965/626840,
www.naturaliterweb.it, [email protected].
Cooperativa San Leo, ospitalità diffusa ed escursioni guidate, Bova (Rc), cell. Salvatore Trapani
347/9350278.
- Per scoprire la tradizione calabrese, le ricchezze naturali e la cucina a base di carne di capra, frutta
secca, pasta di mandorle e liquori di bergamotto:
Azienda agrituristica Il Bergamotto di Ugo Sergi, Amendolea di Condofuri (Rc), tel. 0965/727213.
- Per un tuffo nella Locride, tra palazzi medievali, ulivi, tessitori di ginestra e soggiorni in case in
affitto nel borgo:
Riace Village, associazione Città Futura “G. Puglisi”, via Pinnarò 20, 89040 Riace (Rc), tel. e fax
0964/778008, www.cittafuturariace.it, [email protected]
10.3 Il turismo responsabile in città: da Napoli a Genova
Ci sono turisti a cui non basta visitare la Lanterna di Genova e il Maschio Angioino di Napoli.
Turisti che dietro il paravento delle cartoline cercano la città vera, quella che pulsa vita, che affronta
in modo sempre diverso i problemi della modernità ed esprime le risposte sorprendenti della società
civile italiana. Per questi "viaggiatori sociali" è nata in Italia, da alcuni anni, una forma particolare
di turismo locale: il turismo responsabile “in città”. La proposta è quella di un viaggio di breve
durata (dai due ai sette giorni), dai prezzi contenuti e ispirato ai principi del più classico turismo
responsabile, quello che è nato con un occhio di riguardo al Sud del mondo: trasparenza nei costi
del viaggio; attenzione alle realtà sociali ed economiche espresse dal territorio; distribuzione dei
ricavi sull’economia di base locale (cfr. Allegato 1, i principi della "Carta d'identità per viaggi
sostenibili").
I numeri del turismo responsabile in città sono ancora bassi: nel 2004 i viaggiatori che hanno
partecipato a viaggi di questo tipo in città italiane non sono stati più di 300, la maggior parte
concentrati, e non a caso, nella città di Napoli. Proprio nel capoluogo partenopeo, infatti, nel 1997
nascono le prime esperienze di turismo responsabile “urbano”, grazie a due associazioni
caratterizzate da una spiccata sensibilità sociale: Il Vagabondo e Koiba. Il capoluogo partenopeo
ancora oggi è la città che numericamente conta il maggior numero di “viaggiatori responsabili”.
Negli ultimi anni però anche in nord Italia associazioni di base (in particolare Viaggi e Miraggi di
Treviso e Ram di Camogli) hanno mosso i primi passi, proponendo viaggi di turismo responsabile
"urbano" a Venezia, Bologna, Genova, Lecco, Treviso, Biella e Trieste.
37
Nonostante i numeri ancora modesti in fatto di viaggiatori coinvolti, il turismo responsabile in città
poggia però la sua ragion d'essere su importanti presupposti teorici, che potrebbero sancirne il
successo futuro, specie in una prospettiva di collaborazione tra organizzatori di viaggi e
amministrazioni locali. Infatti "Agenda 21", il documento d'intenti firmato nel '92 da oltre 170 paesi
di tutto il mondo tra cui l'Italia, durante la Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo
(Unced) di Rio de Janeiro, indica un ruolo fondamentale per le amministrazioni locali nel disegnare
un futuro sostenibile per i propri cittadini. Tra le possibili linee indicate da "Agenda 21" anche
quella del turismo sostenibile. E le amministrazioni italiane iniziano a muoversi: il 13 dicembre
2004, proprio la Provincia di Rimini, a importante vocazione turistica, ha organizzato un workshop
dal titolo "Agenda 21 e Turismo Sostenibile" per mettere a confronto attività, obiettivi e strategie
per uno sviluppo sostenibile del settore turistico. Primi segnali, forse, di future collaborazioni tra chi
propone viaggi di turismo responsabile in città ed enti locali.
Napoli: i precursori del turismo responsabile in città. L’esperienza de Il Vagabondo e di Koiba. Il
turismo responsabile in città nasce alla fine degli anni '90, a Napoli in seno ad alcune associazioni
di forte vocazione sociale. Nel '97 alcuni studenti dell’Università Orientale di Napoli, che fanno
riferimento al settore interculturale della locale associazione Pangea, decidono di fondare
l'associazione Il Vagabondo. Scopo dichiarato degli studenti, tutti con interessi e professionalità nel
mondo del turismo, è quello di far conoscere la propria città in un modo positivo e scevro da
pregiudizi: «Fino a quel momento il concetto di turismo responsabile era associato solo a viaggi nel
Sud del mondo - racconta Sergio Fadini, responsabile de Il Vagabondo - Noi, anche per un motivo
meramente pratico, ovvero il fatto che essendo studenti non avevamo fondi per affrontare lunghi
viaggi, abbiamo iniziato ad associare i principi del turismo responsabile alla nostra realtà locale, alla
nostra città».
Sempre a Napoli, nel '98, nasce l'associazione Koiba. I fondatori sono alcuni giovani che hanno
provato una forte esperienza missionaria con i padri del Pime, Pontificio istituto missioni estere,
della città partenopea. «Avevamo fatto esperienze presso missionari in Brasile e nelle Filippine racconta Carmela Bacco, responsabile di Koiba - e tornati, ci siamo detti che era possibile un modo
diverso di conoscere il mondo, viaggiando anche vicino a noi. Ci siamo detti che sarebbe stato
possibile far conoscere Napoli attraverso l’ospitalità in famiglia». Le persone coinvolte inizialmente
in Koiba sono 15, soci attivi disposti a offrire la propria casa per accogliere i turisti, secondo il più
classico stile del turismo responsabile che privilegia “servizi di accoglienza (trasporti, alloggi,
ristorazione) a carattere familiare o su piccola scala”. La valorizzazione della "familiarità" è la
chiave di volta intorno a cui ruota l'attività di Koiba e il segreto stesso del successo del turismo
responsabile in una città come Napoli, dove la famiglia si pone al centro dei valori tradizionali e
socialmente condivisi. «Per noi l’aspetto della familiarità, ovvero il fatto di poter arrivare in un
posto e avere il calore di questo posto tramite la vita in casa, è fondamentale - conferma Carmela
Bacco - Un errore da non commettere mai organizzando viaggi di turismo responsabile è essere
leggeri sulla scelta delle famiglie che ospitano: sondare bene il terreno, conoscerle e sapere chi
sono. È fondamentale la possibilità di visitare una città con gli occhi di una persona locale,
mangiare in un ristorante assieme a qualcuno del posto, visitare il suo quartiere, ascoltare
direttamente da lui aneddoti e storie locali».
Il Vagabondo invece ha scelto, in fatto di ospitalità, la strada dei bed & breakfast. Dal 2000 ha
messo in piedi un progetto di turismo responsabile integrato in città, che si rifà a una rete di bed &
breakfast scelti con un criterio etico. Una ventina di alloggi che rispondono a criteri di sensibilità e
di attenzione all’economia solidale. Tutti bed & breakfast “ufficiali”, rispettosi delle direttive della
legge campana al riguardo. «I nostri b&b sono di tre categorie - spiega Fadini - la prima, più
economica (meno di 60 euro per due persone) è pensata per gli studenti e si riferisce a case e
famiglie che offrono un servizio più semplice. La seconda, di medio impegno (dai 60 agli 80 euro);
e la terza, di categoria superiore, in case di una certa valenza (oltre gli 80 euro). L’attenzione alla
casa però è comunque secondaria, nella scelta dei b&b è più importante la famiglia e il servizio
38
etico: per il prossimo anno vorremmo garantire che tutte le colazioni offerte nei nostri b&b fossero
bio ed equo-solidali».
Le associazioni napoletane che propongono turismo responsabile in città, in questi anni, sono
cresciute e si sono rafforzate. Il Vagabondo oggi conta circa 400 soci, corrispondenti al numero di
viaggiatori che negli anni hanno aderito al programma-visite in città e che, per una questione di
copertura assicurativa, sono stati tesserati. Ma in realtà i soci attivi, quelli con ruolo organizzativo,
sono una decina, divisi tra il gruppo storico di Napoli (4 persone) e i nascenti gruppi di Roma,
Salento e Calabria. Nella sede di Napoli, a Il Vagabondo, assieme ai 4 soci, lavorano anche 4
stagisti. L’associazione Koiba invece oggi conta 410 soci, corrispondenti al numero di visitatori che
si sono susseguiti negli anni. Mentre i soci attivi, con responsabilità reali, sono 15.
Uno dei motivi per cui il turismo responsabile si è affermato principalmente nella città di Napoli è
indubbiamente il fatto che costituisca, in quel particolare contesto socio-economico, un'occasione
reale di guadagno sia per chi ospita i turisti sia per chi li guida in città. L'associazione Koiba nel
2003 è stata scelta da 150 turisti, tutti ospitati in famiglia. Alcuni dei nuclei familiari scelti da Koiba
offrono una disponibilità fino a 5-6 posti letto; in stagioni particolari, come a Natale, periodo di
massima ricezione per il capoluogo partenopeo, una famiglia con queste caratteristiche riesce a
soddisfare anche 30 richieste di ospitalità, pagate 25 euro l’una dai turisti, per un totale di oltre 700
euro di introito. Guadagno che, in alcuni casi, costituisce uno stipendio aggiuntivo molto
importante. I soci con incarichi di responsabilità, per il loro lavoro non ricevono un vero e proprio
stipendio né a Il Vagabondo né a Koiba. Però, da alcuni anni, entrambe le associazioni riescono a
garantire un rimborso spese significativo: «Tutti i soci attivi della sede di Napoli hanno un lavoro
diverso, che garantisce loro da vivere - spiega con molto realismo Fadini de Il Vagabondo L’associazione sta però iniziando a dare dei rimborsi spese ai soci intorno ai 100-150 euro al mese.
L’obiettivo che ci siamo prefissati è di assicurare, il prossimo anno, un piccolo “fisso” a chi
lavora».
Tra i suoi punti fermi, il codice etico del turismo responsabile pone il giusto pagamento dei
lavoratori locali. Principio rispettato, per quanto riguarda le guide, anche nel caso del turismo in
città: «Il nostro principio è organizzare visite dove la guida guadagni 8-10 euro all’ora; che è quello
che le istituzioni pubbliche napoletane pagano a un operatore sociale in città - spiega Fadini Napoli invece è piena di associazioni che organizzano visite guidate: in questo caso le guide sono in
genere studenti con il problema di racimolare qualche soldo. Vengono pagati 6-8 euro all’ora per
portare gruppi di turisti anche molto numerosi. In questo modo l'associazione ha un guadagno molto
elevato, costringendo la guida a un grande stress. Noi invece la visita la facciamo pagare 10 euro a
persona e organizziamo gruppi al massimo di 10 persone. Il principio del gruppo piccolo è mutuato
dall’avvertenza del turismo responsabile di organizzare piccole comitive che diano un impatto
sostenibile sul territorio. Ma è anche una necessità a Napoli, perché se si porta una comitiva nei
quartieri Spagnoli, deve essere per forza poco numerosa, sono i vicoli stessi che lo impongono».
I viaggiatori che scelgono di visitare Napoli e di trascorrervi alcuni giorni in base ai criteri del
turismo responsabile, secondo gli addetti ai lavori provengono quasi esclusivamente dal nord Italia.
In gran parte da Piemonte e Lombardia. Poche le presenze di viaggiatori toscani ed emiliani. Rari i
turisti di Roma. «Questo ci fa ovviamente piacere - spiega Fadini - ma vorremmo davvero arrivare
al punto per cui le nostre proposte vengono accolte dal visitatore del sud. Purtroppo ci rendiamo
conto che anche solo il prezzo di 10 euro all’ora di visita in citta è per molti concittadini un
ostacolo, anche psicologico. Notiamo una difficoltà a spendere una cifra del genere. Oggi la nostra
idea è di far sviluppare il turismo responsabile soprattutto in sud Italia, e far conoscere le realtà del
sud Italia in maniera non stereotipata».
Visite urbane guidate: tra turimo sociale e riscossa civile. Nel caso del turismo responsabile in città
è interessante soffermarsi sul ruolo rivestito dalle visite proposte dalle organizzazioni. Si tratta di
occasioni che hanno spesso, almeno in parte, le caratteristiche classiche delle visite d'arte: i
monumenti importanti della città, le vie e le piazze da non perdere. Tuttavia il valore aggiunto delle
39
visite di questo tipo di turismo è di certo la loro valenza sociale: pensando al caso di Napoli, nessun
altro tour operator conduce i propri turisti a visitare centri sociali, associazioni di volontariato, enti
benefici. I luoghi che costituiscono la vera anima sociale della città. «Noi proponiamo due tipi di
visite. La prima è la visita “classica”, fatta ai quartieri popolari della città: in particolare al quartiere
Spagnolo - racconta Fadini de Il Vagabondo - Il principio è quello di entrare nel quartiere
accompagnati da un suo abitante; Il Vagabondo sceglie in particolare un anziano, figura autorevole
e rispettata da tutti. Questo permette al gruppo di muoversi senza pericolo e di ottenere una
conoscenza diretta, emotiva e storica della città. Se manca questa guida le cose si complicano, come
dimostrano alcune visite di altri enti ai quartieri Spagnoli, dove la comitiva è scortata dai vigili
urbani o dalla polizia. Questo per noi è totalmente sbagliato, perché il quartiere si deve difendere da
solo. Il prossimo anno vogliamo inserire nella visita tradizionale anche un altro elemento: un
gemellaggio con il “progetto Chance” , che coinvolge le istituzioni del territorio napoletano ed è
finalizzato a combattere l’evasione scolastica e il fenomeno dei bambini che vivono in strada, vero
problema della città».
Oltre a offrire ai turisti responsabili una visione del tutto inedita dell'anima sociale della città, le
visite guidate costituiscono anche un'occasione unica che consente alla società civile di esprimersi.
«Il Vagabondo propone anche le cosiddette “visite tematiche” - continua Fadini - Ovvero visite che
nascono da interessi specifici di soci napoletani dell’associazione che guardano la città da un punto
di vista particolare, il loro, che può essere di interesse anche per gli altri. In questo senso abbiamo
promosso due visite diverse, la prima “all’arte moderna di Napoli” nata dagli interessi di un nostro
socio che è critico d’arte; la seconda “alla Napoli esoterica”, ideata da una nostra socia studentessa
all’Orientale. Queste proposte ci sembrano coerenti con l’idea di turismo responsabile, perché
trasformano i soci napoletani in protagonisti. Napoli è una città molto diversa dalle città del nord.
Qui è tutto più difficile, la gente ha pochi soldi e poche occasioni di vivere i propri interessi artistici.
Noi cerchiamo di valorizzare il filo delle passioni dei nostri soci».
Gennaro Auxilia, 63 anni, pensionato dei quartieri Spagnoli, è una delle guide selezionate da Il
Vagabondo. Per lui condurre turisti responsabili per il suo quartiere è molto più di un'occasione
economica importante: «Abito nei quartieri Spagnoli da oltre 60 anni - racconta Gennaro - Non ho
studiato da guida, si può dire che io sia autodidatta. Come imposto una mia visita? Cerco di far
vedere alle persone gli angoli interessanti del quartiere: i vicoli con la loro vita quotidiana, il
mercato, il Teatro Nuovo dove si sono esibiti tutti i grandi attori napoletani, quel crocefisso che
sullo sfondo ha una bella vista del Vesuvio... comunico le tante emozioni del quartiere, che sono
anche le mie. La gente del posto accoglie bene i nostri turisti e devo dire che i visitatori sono
sempre entusiasti. La maggior parte di loro vengono dal Piemonte».
Anche Giovannella Forma, 28 anni, studentessa all'Università Orientale nel corso di laurea di
sanscrito, è una guida, selezionata da Il Vagabondo per il tour esoterico in città: «Io sono una fuori
sede sarda che vive a Napoli da diversi anni - racconta Forma - Napoli è una città che può farti
chiudere in te stesso, per via del primo impatto a base di problemi, criminalità, degrado; oppure
proprio per questi problemi, cerchi di conoscerla di più e scopri una città nascosta che non
immaginavi. Leggendo diversi libri mi sono appassionata ai temi esoterici - spiega - E ho scoperto
come a Napoli ci sia un filo esoterico che la attraversa. Ad esempio i motivi architettonici: la chiesa
del Gesù Nuovo, in tutte le pietre della facciata è inserito un simbolo alchemico... Per me
l’esperienza di guidare i gruppi di visitatori è molto importante. La mia visita è in programma
praticamente ogni sabato. E’ bello comunicare ad altri, che vogliono sapere, quello che interessa a
te».
Genova: i week-end responsabili. Negli ultimi anni, anche alcune città del nord Italia sono state
teatro di viaggi di turismo responsabile urbano. Ma se, nel caso del capoluogo partenopeo, il
turismo responsabile sembra poter raggiungere in un futuro vicino la sostenibilità anche economica,
nel caso delle città del nord l’esperienza pare molto meno promettente.
40
Due le organizzazioni che si occupano di turismo responsabile in città dell’Italia settentrionale; si
tratta di Viaggi e Miraggi di Treviso e Ram di Camogli (Ge). In entrambi i casi, strutture che hanno
iniziato la loro attività proponendo viaggi internazionali di turismo responsabile, per allargare la
propria offerta a visite sullo Stivale. L’organizzazione che ha dato maggiore impulso ai viaggi in
nord Italia è senza dubbio Viaggi e Miraggi di Treviso. La sua filosofia è quella di intrecciare e
valorizzare la rete dei contatti tra cooperative e associazioni della società civile nelle diverse città
italiane. Per fare in modo che la visita nasca dalle esigenze e dalle conoscenze locali. Il week-end
nella città di Genova che Viaggi e Miraggi ha progettato e proposto, ad esempio, nasce dalla
collaborazione con Bottega Solidale, la bottega del commercio equo del capoluogo ligure che ha
fornito contatti e progetto del viaggio; il tour nella città di Biella nasce invece da una collaborazione
con la locale associazione Viaggiaredomandandosi. Il week-end a Trieste prende spunto invece da
un’idea nata leggendo un articolo della rivista “Terre di mezzo” in cui si raccontava di una
cooperativa sociale, “Il posto delle fragole”, che gestisce un albergo dando lavoro a persone con
disagio psichico. Albergo che ha dato ospitalità ai primi turisti responsabili in città.
«Dall’inizio della nostra attività abbiamo pensato che il turismo nelle città italiane potesse
affiancarsi all’idea di viaggio nel Sud del mondo - racconta Michela, di Viaggi e Miraggi Abbiamo sempre pensato che i concetti di turismo responsabile si potessero applicare anche a realtà
subito fuori la porta di casa».
I tour in città organizzati da Viaggi e Miraggi possono andare dai due giorni alla settimana. I numeri
delle adesioni sono per ora modesti: «Per le proposte di viaggi in Italia, in un anno, abbiamo avuto
una cinquantina di viaggiatori - racconta Paola Peretti - Concentrati comunque nell’alta stagione e
nel periodo estivo. Un numero di viaggiatori che consideriamo basso e che dipende sia dalla scarsa
ricettività delle strutture su cui ci appoggiamo, sia dal fatto che comunque le mete urbane in Italia
non hanno un sufficiente livello esotico per una vacanza. Il week-end responsabile che proponiamo
a Bologna, ad esempio, è bellissimo e costa solo 70 euro. Ma nelle date previste a ottobre e
novembre di quest’anno non abbiamo avuto neanche un iscritto! Secondo me il motivo è che
Bologna al giorno d’oggi è molto visitata, è vista e rivista. Le persone invece cercano destinazioni
diverse da quelle conosciute. I week-end che funzionano, dove cioè abbiamo un ritorno di adesioni
e una soddisfazione anche economica, sono invece quelli a Genova (un fine settimana) e Napoli
(una settimana)».
Genova, insomma, sembra essere l’unica città del nord Italia in cui un viaggio di turismo
responsabile funziona. «L’idea di un week-end di turismo responsabile a Genova ci è venuta
partendo dal nostro interesse per questo genere di turismo e dal fatto che le nostre forze di tempo e
di soldi erano troppo risicate per organizzare subito un viaggio nel Sud del mondo - racconta
Stefania Benzi, della Bottega Solidale di Genova, responsabile del week-end di turismo
responsabile nella città - Abbiamo pensato che fosse possibile applicare i principi generali del
turismo responsabile anche qui. Abbiamo iniziato a progettare la visita stilando una lista di
associazioni “vicine”, che si occupano di temi sociali, come immigrati e bambini in difficoltà.
Contattandole e selezionandole. Ad esempio, per dormire abbiamo scelto alcuni nostri soci che
gestiscono un bed & breakfast equo e solidale; oppure un convento di francescani che portano
avanti dei bellissimi progetti con ragazzi albanesi immigrati e fanno anche accoglienza di turisti. È
stato importante, per partire, che alcuni nostri volontari fossero guide artistiche, in modo da far
gustare la visita anche dal punto di vista culturale, più tradizionale».
Di certo la molla per organizzare i week-end è stata ed è questa, più che quella economica. «Lo
scorso anno sono stati una ventina i viaggiatori che hanno visitato Genova grazie ai nostri week-end
- spiega Stefania - A realizzare il progetto, attualmente, collaborano una decina di volontari, tra cui
alcuni soci della bottega, che dedicano parte del loro lavoro alla cosa. Ma, anche se l’iniziativa
cresce (quest’anno organizzeremo il nostro primo viaggio di turismo nel Sud del mondo, in
Bolivia); siamo ancora lontani dalla possibilità di avere uno stipendio pagato dai proventi delle
visite».
41
10.4 Ecovillaggi: ecologia, accoglienza e solidarietà
È difficile dare una definizione esatta di ecovillaggio: si tratta di piccoli insediamenti, a misura
d’uomo, rurali o urbani, che cercano di creare modelli di vita sostenibile, in armonia con la natura.
Sono migliaia nel mondo, spesso esperienze tra loro molto diverse. In genere sono comunità di
dimensioni ridotte (una decina di persone), con qualche eccezione, come a Findhorn, in Scozia,
dove i residenti sono 450 e hanno persino una loro moneta interna.
Si tratta comunque, in generale, di modelli insediativi che cercano di proteggere i sistemi viventi del
pianeta, di incoraggiare la crescita personale e di sperimentare stili di vita che facilitino l'armonia
tra gli esseri umani e la natura. Tutti prevedono l’esistenza di una comunità residente (a differenza
degli agriturismi) che integra una struttura sociale basata sulla solidarietà con attività pratiche legate
alla progettazione ecologica. All'interno della terminologia “ecovillaggio” trovano spazio talvolta
anche altre esperienze comunitarie che pongono al centro della loro identità non solo l'aspetto
ecologico, ma anche istanze spirituali, educative, religiose e politiche.
Sono sei i settori in cui si impegnano e che caratterizzano gli ecovillaggi:
- la produzione locale di cibo biologico
- bioedilizia
- sistemi di energia rinnovabile
- struttura economica cooperativa
- processi decisionali inclusivi
- accoglienza di turisti, ospiti o volontari
Numerosi sono i network che uniscono gli ecovillaggi di tutto il mondo. In Italia esiste la Rete
italiana villaggi ecologici (Rive) cui hanno aderito finora dieci realtà: dai Cavalieri del Sole di
Assisi, che basano la loro economia sul restauro di mobili antichi, al Popolo degli elfi di Avalon
sull’Appennino Pistoiese. L’elenco completo è sul sito: www.sostenibile.org/riveinf.html. La
segreteria nazionale ha sede a Siena, a La Comune di Bagnaia (info: 0577/311014). La Rive
aderisce a sua volta al Global ecovillage network (Gen), l’organizzazione non governativa
riconosciuta dall’Onu che coordina 15 mila ecovillaggi nel mondo, dall’Europa all’Africa al
Sudamerica, appoggiando anche progetti di sviluppo in loco. Ogni due anni il Gen sposta l’ufficio
di coordinamento, fino a giugno scorso è stato in Italia a Torri Superiore, dal 2005 è a Findhorn, in
Scozia; www.gen-europe.org oppure www.eurotopia.de
Un caso italiano. Un esempio italiano particolarmente significativo per capire la connessione tra
ecovillaggi e turismo responsabile è quello di Torri Superiore, nell’entroterra ligure, a 7 chilometri
da Ventimiglia.
Arroccato su una collina, seguendo una stradina stretta e tortuosa dove è impensabile un doppio
senso di marcia, si apre un villaggio di case in pietra. Dopo aver salito le scale ripide si aprono
davanti agli occhi le stanze con i nomi dei pianeti e le scritte in tre lingue, italiano, tedesco e
inglese. A guardare le imposte dipinte di verde acqua e le piante grasse sulle finestre è difficile
riconoscere questo borgo medioevale del 1300 che sembra uscito da una fiaba, dalle foto che mostra
Massimo, uno dei residenti, con stanze piene di macerie, tetti sfondati e muri pericolanti. Eppure è
così che nel lontano 1983 l’hanno trovato una coppia di torinesi, Piero e Gianna, convinti che
questo patrimonio culturale non dovesse andare perso. Per due persone era un impegno troppo
grande. Nell’89 nasce allora a Torino l’associazione culturale Torri Superiore con uno scopo
ambizioso: completare la ristrutturazione della borgata e spingere i soci ad abitarci.
Solo per togliere le macerie e ripulire i sentieri ci sono voluti 13 campi internazionali organizzati in
collaborazione con Legambiente e il Servizio civile internazionale. Giorno dopo giorno, i volontari
di tutti i paesi con il loro lavoro hanno portato alla luce un intricato labirinto di scale, salite e
discese, porte nascoste dai sottoscala, archi a sesto ribassato, terrazze, su un paesaggio da togliere il
fiato. Finalmente nel ‘95 i primi residenti: Massimo, Lucilla e Antonella.
42
«C’erano solo tre stanze agibili, e per riscaldarci d’inverno dovevamo spostare continuamente le
bombole e le stufette elettriche che facevano saltare continuamente la luce - racconta Lucilla Borio,
presidente dell’associazione - abbiamo vissuto veramente una vita di “frontiera” facendo
marmellate e leggendo libri al freddo la sera». Oggi risiedono 10 adulti e 5 bambini.
Natura protagonista. Un ecovillaggio si può pensare come una fucina dove sperimentare modi di
vita in armonia con la natura.
Fin dall’inizio la ristrutturazione di Torri è stata eseguita rispettando i criteri della bioarchitettura
cui gli ecovillaggi devono ispirarsi: sabbia e calce al posto del cemento, legno, isolanti di sughero,
ottime malte, tinte naturali che annullano il problema dell’umidità, ma anche i pannelli solari usati
per scaldare l’acqua. In progetto c’è la costruzione di un grande impianto a legna da alimentare con
i rami prodotti dalla potatura degli uliveti che faccia da forno per cucinare, riscaldare le abitazioni e
l’acqua. Non ci si è dimenticati del “piacere”: le stanze sono semplici, ma calde e accoglienti. Torri
è il primo centro a far parte dell’Accademia italiana della permacoltura, un sistema di coltivazione
biologica che non fa alcun uso di concimi, neppure naturali. Da qui si snoda il sentiero tra le colline
e il fiume dalle acque cristalline. Lucilla mostra erbe e fiori che usa per fare le tisane, le creme e i
saponi. E le terre: un appezzamento con gli ulivi, gli ortaggi, l’allevamento di api ma anche la
terrazza coltivata a frutteto con gli aranci e i limoni che crescono selvaggi e qualche avocado. Da
giugno qui è stata inaugurata una “Casa per ferie” e un ristorante per chi vuole godersi le vacanze,
con una parte riservata ai volontari o a chi vuole proporre attività artistiche di ogni genere ed
esperienze più spirituali. Tra le attività che si possono svolgere durante le vacanze ci sono i corsi: di
ceramica, di permacoltura, corretta alimentazione e anche un corso specifico di progettazione per
imparare a realizzare nuovi ecovillaggi, con gli australiani Morag Gamble ed Evan Raymong. Vitto
e alloggio in pensione completa costano 35 euro al giorno, prezzo più che contenuto. Per arrivare
qui c’è un pulmino, con 5 corse al giorno, che parte dalla stazione di Ventimiglia.
Una comunità, mille storie. Come tutti gli ecovillaggi, anche Torri è una comunità. Questo la
distingue dagli agriturismi. La preparazione dei pasti, le pulizie, la spesa sono a turno, ma ogni
residente ha la sua abitazione e ogni settimana ci sono le riunioni per discutere gli acquisti, la
politica, i fornitori. Chi viene qui si trova immerso nella vita di gruppo. Ci si alza con il sole che
inonda la stanza e il profumo del pane appena sfornato, durante il giorno si può condividere la vita
di comunità oppure inoltrarsi nell’entroterra per i sentieri più diversi o ancora scendere fino al mare
attraverso strade dai paesaggi mozzafiato. La sera ci si ritrova nel giardino, intorno a un fuoco, con
gli ospiti che arrivano da tutta Europa; si beve whisky irlandese e vino biologico cantando ognuno
le canzoni tradizionali del suo paese.
E poi ci sono i residenti, anche loro provenienti da varie parti del mondo. L’eclettica Nina,
sudcoreana, con Daniel e i loro tre bambini vengono da Berlino.
Da Monaco viene Claudia, che tutte le mattine incontri al tornio con le mani sull’argilla intenta a
modellare e cuocere le sue opere: piatti, tazze, teiere, dai colori pastello e i disegni delicati: stelle,
pesci, linee curve. I bambini parlano tutti almeno due lingue e non sembrano accorgersene, perché
la multiculturalità è di casa. Massimo e Daniel sono gli esperti di agricoltura biologica e con
Antonella si occupano dei campi. In ufficio invece Lucilla, Kasimir e Cristina sono impegnati a
rispondere alle richieste dei numerosi ospiti. «L’attività di accoglienza è diventata sempre più
importante nella nostra esperienza» spiega Lucilla. «Le persone interessate a fare questa esperienza
di vita, anche se per breve tempo, sono sempre di più, anche solo per riposarsi in un bel contesto
naturale».
Pur non entrando a pieno titolo nella categoria del turismo responsabile, la rete degli ecovillaggi
(che infatti non aderisce ufficialmente ad Aitr, l’associazione italiana turismo responsabile) è
tuttavia una realtà in crescita molto affine ai principi del turismo responsabile. All’estero,
soprattutto nei paesi del Sud del mondo, parte dell’introito dell’accoglienza turistica viene utilizzato
per il finanziamento di progetti di sviluppo, sempre più percorsi ecoturistici utilizzano gli
43
ecovillaggi come base di partenza, mentre i residenti degli stessi ecovillaggi si aprono al territorio
tramite i corsi di formazione, i seminari e le attività produttive volte a valorizzare i prodotti locali.
44
11. Esperienze di turismo responsabile nel mondo
11.1 EUROPA: Romania inconsueta, grazie alla società civile
Finalmente la Romania ha capito che il turismo non è affatto una cosa da sottovalutare. E presa
coscienza delle proprie immense risorse naturali, i rumeni hanno realizzato che il paese ha molto da
offrire in questo ambito. Tanto per cominciare, il 31% dei 237.500 chilometri quadrati di superficie
del paese è coperto da montagne. Sono i Carpazi, sui quali è possibile praticare ogni tipo di sport e
qualsiasi forma d’alpinismo, e dove gli appassionati di speleologia hanno a disposizione più di
14.000 grotte distribuite in un’immensa zona carsica. Ma non basta, perché in Romania c’è il
litorale del Mar Nero, il magnifico Delta del Danubio, e le numerose chiese e monasteri che hanno
resistito nei secoli alle intemperie e alle numerose invasioni straniere.
Un immenso patrimonio a disposizione che presenta un unico problema: le autorità rumene. Queste
ultime infatti, fino a poco tempo fa, non hanno saputo promuovere adeguatamente il paese dal punto
di vista turistico, trascurando l’organizzazione dei servizi e delle infrastrutture. E i turisti hanno
disertato il paese. Ma oggi sembra esserci una lieve inversione di tendenza, e il 2004 si è mostrato
inaspettatamente di buon auspicio per il turismo: secondo i più recenti dati dell’Organizzazione
mondiale del turismo, infatti, la Romania è seconda solo alla Croazia per crescita assoluta del
numero annuale di turisti. E nel primo semestre dell’anno il numero di stranieri in visita è cresciuto
del 30,75% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo ha fatto sì che, a partire
dall’inizio del 2004, anche l’amministrazione di Bucarest si sia accorta dell’enorme risorsa su cui
governa e si sia dichiarata apertamente decisa a cambiare la strategia in materia, puntando su un
turismo rurale, ecologico e responsabile nei confronti delle popolazioni che abitano le aree
interessate.
Ospitalità auto-organizzata. Il cambio di direzione è stato evidente. A partire dal 2004 le autorità
rumene hanno dato vita a una campagna pubblicitaria non più centrata sul personaggio del Conte
Dracula (campagna fallita nel 2003 con appena cinque milioni di turisti attirati nel paese), ma sulle
numerose risorse naturali. Nicu Radulescu, presidente dell’Autorità nazionale per il turismo, ha
sostenuto che: «La Romania può diventare la prima destinazione ecoturistica dell’Europa». E per la
campagna di promozione e i lavori di sviluppo delle infrastrutture turistiche sono già stati stanziati
quasi 80 milioni di euro. I fondi vengono investiti soprattutto nelle aree di interesse turistico quali il
Porto di Tomis, sul Mar Nero, le zone rurali della Bucovina (nel nord-est del paese) ricche di
monasteri, le foreste carpatiche e il Delta del Danubio. E in effetti, sulla base dei dati esistenti,
proprio le zone rurali sembrano essere la chiave di volta per lo sviluppo futuro del turismo rumeno.
I responsabili di Bucarest puntano oggi sul turismo ecologico nelle campagne promuovendo
l’iniziativa privata nata ormai da anni, in particolare le microimprese dei contadini locali.
Stanchi di aspettare l’avvento di aiuti governativi che tardavano ad arrivare, a partire dagli anni ’90
gli abitanti delle fitte foreste sulle montagne dei Carpazi, come i cittadini dei villaggi sul Delta del
Danubio, hanno dato vita a una serie di iniziative di agriturismo autorganizzato. Oggi sono gli stessi
contadini a salire in cattedra e a suggerire le strategie in materia al governo. E per raccogliere
l’importante bagaglio di conoscenze sviluppato negli anni dalle microimprese turistiche è nata nel
paese l’Associazione nazionale del turismo rurale, ecologico e culturale (Antrec).
Carpazi, culla dell’eco-turismo. Costituita 10 anni fa, l’Antrec è un’associazione non governativa e
non a fini di lucro i cui membri sono gli stessi proprietari di pensioni agrituristiche. I padri fondatori
nel lontano 1994 hanno individuato come punto di partenza delle loro azioni una zona di montagna
denominata Bran-Moeciu, in Transilvania. Oggi questa località è considerata la “capitale” del
turismo rurale rumeno, e intorno al famoso Castello di Dracula la gente di Bran-Moeciu ha messo in
piedi un vero e proprio modello per tutto il paese. Nella zona le case in costruzione sono parecchie,
ma nonostante il “boom” turistico nessuno è disposto a edificare senza rispettare l’ambiente e la
45
tipologia costruttiva locale: le case sono infatti tutte rigorosamente in legno, arredate in stile rustico
e dotate di moderni bagni. Sono persone semplici, gente di montagna che dieci anni fa ha
scommesso su un tipo di turismo particolare. E oggi si può ben dire che abbiano vinto, tanto che
anche il governo di Bucarest gli sta dando ragione. Quasi tutti questi proprietari di pensioni nei
villaggi sono soci dell’Associazione, che li promuove in Romania e all’estero, e sostiene la
salvaguardia ambientale sia nei confronti dei proprietari delle pensioni che dei turisti. E l’Antrec,
ormai riconosciuta in tutto il paese, conta oggi più di 3.500 iscritti. I suoi principi vincenti si basano
su cose semplici: la natura, la tranquillità, l’ospitalità della gente, l’aria buona e il cibo sano. I
proprietari, dal canto loro, propongono prodotti rigorosamente fatti in casa: crescono gli animali e
coltivano direttamente frutta e verdura. La mattina gli ospiti vengono svegliati dal canto del gallo e
ogni sera ammirano lo spettacolo delle mucche che rientrano nel villaggio e si fermano sicure
davanti alla porta della stalla, aspettando che i padroni le facciano entrare. Nei villaggi montani si
può godere di un particolare silenzio, in un luogo dove il tempo scorre tranquillo, dove i cellulari e
le televisioni ancora non esistono. Sono cose semplici ma profonde che fanno parte dall’eternità
perché, come dice il poeta rumeno Lucian Blaga, “L’eternità è nata nel villaggio”.
Strategie nazionali. Il turismo rurale promosso dall’Antrec è quindi focalizzato sul patrimonio
naturale dei villaggi rumeni, sull’identità del popolo, sui costumi e sulle tradizioni. L’associazione
propone agli albergatori interessati una serie di scambi di esperienze con altri paesi e corsi di
perfezionamento in Romania e all’estero, nel tentativo di creare una visione più ampia di come deve
essere trattato il turista. In questi corsi non viene insegnata solo la creazione di servizi di qualità, ma
anche l’attenzione alla discrezione, al rispetto dell’intimità del turista che rifugge il caos cittadino
per cercare un rapporto vero con la natura. I contadini hanno ormai capito di avere qualcosa di
valore da offrire, qualcosa che in molti paesi occidentali non esiste più. Capita spesso di incontrare
un turista tedesco, olandese o francese - tra i maggiori clienti delle pensioni rumene - mungere una
mucca con gioia, altri ospiti raccogliere uova fresche appena fatte dalle galline o partecipare ai
lavori agricoli con entusiasmo. E la famiglia carpatica che vive nel villaggio da generazioni non
crede ai suoi occhi: spesso i turisti stranieri sono disposti a pagare per poter aiutare i contadini nel
loro lavoro quotidiano. C’è chi paga 6 euro al chilometro per essere trasportato in carrozza sulle
colline per mietere grano dall’alba al tramonto. E non mancano certo le occasioni di svago. «Si
respira un senso di allegria generale» spiega Ion Apostoliche, intraprendente boscaiolo e
proprietario di una pensione nella valle della Doftana. Ion ingaggia spesso musicisti locali con i loro
violini per allietare le giornate di lavoro nei campi dei suoi ospiti stranieri. Numerosi gli
appuntamenti primaverili ed estivi nel paese, capaci di attirare numerosi turisti rumeni e stranieri:
ogni anno si svolgono il festival della trota e quello delle Sarmale (cibo tradizionale rumeno a base
di involtini di carne macinata). Ci sono poi la Pasqua ortodossa, con le uova rosse che vengono
dipinte nelle case dei contadini, o il Natale con il tradizionale “sacrificio” del maiale. Inoltre in
inverno i turisti possono effettuare escursioni su slitte da neve trainate da cavalli.
Delta del Danubio: l’Eldorado rumeno. Tra le risorse naturali su cui poggia il sistema turistico
rurale della Romania il Delta del Danubio è sicuramente la più importante. Questo luogo ha infatti
registrato da un anno all’altro la maggiore crescita di turisti di tutto il paese, con un +47,43% nel
primo semestre del 2004 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Con una superficie di
5640 km quadrati, 300 specie di uccelli e più di 1150 tipi di piante, il Delta è stato dichiarato
dall’Unesco “Riserva della biosfera”. Il governatore della Riserva del Delta, Virgil Munteanu, stima
che l’area potrebbe accogliere due milioni di turisti l’anno. E sul Delta del Danubio vivono
attualmente circa 15.000 persone, tutte interessate a uno sviluppo sostenibile dell’area.
I villaggi di pescatori sono realtà tipiche, dove l’ospitalità della gente è una caratteristica culturale
dell’area. Qui, anche se il fenomeno è ancora all’inizio, le pensioni agrituristiche nascono da un
giorno all’altro. La filiale Antrec della zona si trova a Tulcea, all’interno della sede
dell’Amministrazione della riserva del Delta del Danubio, e il rappresentante si chiama Silviu
46
Gheorghe: «Nel 1997, quando ero ancora studente - spiega - ho deciso insieme a un collega di
investire nel turismo rurale. All’inizio con la costruzione di due case. Poi altre quattro e così via. Si
era creato un modello di successo e la gente veniva con fiducia da noi per ottenere consigli in
merito». Oggi la pensione di Silviu Gheorghe, una “tre margherite” di nome Nufarul, situata sul
braccio Crisan del Danubio, dispone di camere con servizi singoli, mobili in legno tradizionale e
balcone con vista sul fiume. La pensione completa costa 25 euro al giorno a persona e il cibo viene
preparato in casa. «E capita spesso che i turisti tedeschi o francesi - continua il gestore - si
“lamentino” del troppo cibo». Il piatto tradizionale è sicuramente la zuppa di pesce e in modo
particolare quella di siluro, preparata in casa con acqua filtrata dal Danubio, e servita con polenta
calda. Gli albergatori o i pescatori del Delta mettono a disposizione degli ospiti, per pochi euro, le
loro barche per visitare i canali e vedere flora e fauna unica nel mondo.
Oggi l’offerta turistica sul Danubio è talmente variegata da poter soddisfare anche i turisti più
esigenti: chi non vuole fare a meno dei confort può rivolgersi al Sunrise, albergo a tre margherite
con camere ultra moderne, aria condizionata, piscina e palestra. E i prezzi sono proporzionati ai
servizi: 60 euro una stanza con prima colazione inclusa e 10 euro per un’ora con la barca a motore
lungo i canali (il prezzo che un pescatore con la sua barca a remi chiede per una giornata intera).
Per la navigazione di lungo corso, è possibile spostarsi sui canali del Delta con le navi della
compagnia nazionale pubblica Navrom. I battelli fermano anche nei piccoli villaggi con frequenza
giornaliera. Accanto al servizio pubblico sono nate anche alcune iniziative private, come il
collegamento veloce che da Tulcea, la principale città di partenza per i villaggi del Danubio, in metà
tempo, e per il doppio del prezzo, porta in tutti i villaggi dei pescatori (10 euro, ad esempio, da
Tulcea a Crisan, nel centro del Delta).
Luci e ombre. La Romania negli ultimi anni ha scoperto nel turismo potenzialità che fino a pochi
anni nessuno si sarebbe nemmeno immaginato. E non si tratta solo del turismo rurale e delle
bellezze naturali, ma anche dei numerosi siti archeologici con testimonianze dei Traci o dei periodi
ellenico e romano presenti sul territorio, che le autorità locali, con l’appoggio dell’Antrec, stanno
cercando di pubblicizzare in tutto il mondo. Oggi il business nel turismo rurale rumeno ha raggiunto
livelli tali da attrarre non solo gli investitori locali ma anche quelli che vengono da fuori. Ci sono ad
esempio stranieri che si sono trasferiti in Romania e hanno cominciato a costruire pensioni
agrituristiche da 4 o 5 “margherite”. Le pensioni vengono infatti contraddistinte da una serie di
margherite, da 1 a 5, che ne misurano la qualità alla stregua delle stelle europee. E una pensione
completa due margherite costa intorno ai 20 euro al giorno a persona. Uno dei casi più noti è quello
di un inglese, Julian Ross, che nel 1999 si è stabilito in un villaggio dove oggi accoglie turisti e
alleva cavalli. Ogni stagione, almeno 2000 ospiti dagli Stati Uniti, Inghiltera, Germania, Olanda,
Italia, Francia e Spagna arrivano da Ross per passare “una vacanza in sella”. Per non parlare del
principe Carlo d’Inghilterra che, innamorato dei paesaggi della Transilvania, ha investito diversi
soldi nel turismo rurale della zona di Sibiu e ogni anno torna nel villaggio per parlare con i suoi
abitanti.
L’anno scorso la voce turismo ha contribuito all’incremento dell’1,4% del Pil della Romania. Dati,
per altro, assolutamente irrilevanti in confronto al vero potenziale o rispetto ai risultati raggiunti da
altri paesi limitrofi come Grecia, Bulgaria o Turchia. Siamo solo all’inizio, ma i segnali sono
positivi: il numero di turisti nel 2004 è stato in considerevole crescita e continuano i finanziamenti
per chi vuole mettere in piede un business nel ramo del turismo. Sono in arrivo oltre 68 milioni di
euro di finanziamenti destinati a persone fisiche, associazioni familiare, società agricole o
commerciali sul territorio. E i progetti di turismo responsabile valutati positivamente vengono
finanziati del 50% con contributo pubblico.
Meno responsabile, e sempre sostenuta dalle autorità rumene, si è mostrata l’iniziativa che mirava
alla costruzione del Dracula Park, intorno alla città medievale di Sighisoara, in Transilvania. Solo
grazie alle proteste degli ambientalisti di tutto il mondo e dell’Unesco la popolazione civile è
riuscita a bloccare il folle progetto. Che comunque non è ancora stato accantonato definitivamente.
47
E mentre si tira un sospiro di sollievo per il mancato scempio del Dracula Park sui Carpazi, arriva
un’altra minaccia, questa volta nel Delta del Danubio. Nonostante quest’area sia una risorsa per la
popolazione locale e una realtà unica al mondo, e malgrado ormai gli abitanti abbiano capito
l’importanza di preservare le aree naturali, oggi la minaccia arriva dai paesi confinanti. Verrà infatti
costruito dall’Ucraina un nuovo canale, denominato Bastroe, che collegherà la loro parte del
Danubio al Mar Nero, con effetti sicuramente disastrosi per l’ecosistema. Le ong rumene e
internazionali, l’Unesco, le autorità di Bucarest, l’Ue e gli Stati Uniti hanno protestato per la
decisione del paese ex-sovietico. Ma gli inizi dei lavori di realizzazione del canale sono già stati
inaugurati e alla Romania non rimane che cercare soluzioni per prevenire un eventuale disastro
ecologico nel Delta, che potrebbe cominciare con la morte di migliaia di uccelli protetti.
■ Informazioni utili
Cos’è e cosa fa l’Antrec?
L’Associazione nazionale del turismo rurale, ecologico e culturale (Antrec, www.antrec.ro), è
un’associazione non governativa affiliata alla Federazione europea del turismo rurale. Attualmente
Antrec ha 32 filiali, con oltre 3500 membri proprietari di pensioni turistiche e agrituristiche in 800
località della Romania, per un totale d’offerta di 20.000 alloggi. Nel corso del 2003 i turisti che si
sono rivolti all’associazione erano per il 75% turisti rumeni e per il restante 25% turisti stranieri. Da
quest’anno l’associazione ha creato una rivista intitolata “Vacanze in campagna” e una guida delle
pensioni agrituristiche per il 2005, rintracciabile sul sito Internet. Inoltre Antrec promuove
costantemente iniziative in materia di turismo in Romania, come la proposta di una legge per porre
freno al “turismo in nero” nel paese, o la richiesta al governo di sgravi fiscali per aiutare lo sviluppo
del turismo responsabile.
11.2 AFRICA: Senegal, dall’all inclusive alle vacanze in famiglia
“Mare tiepido sotto l’influenza della corrente marina che scende dalle Canarie, aria fresca,
spazzata dagli alisei, sole cocente, in un cielo senza nuvole, che riscalda, tonifica e dà alle pelli
bianche il velluto delle pelli nere”. Così scriveva Léopold Sédar Senghor, poeta della négritude
e primo presidente del Senegal indipendente. Quasi un elogio dell’abbronzatura e del turismo,
nello stesso periodo in cui a prevalere era piuttosto il risentimento anti-coloniale e la critica a un
turismo di massa troppo spesso percepito come una “nuova forma di imperialismo” economico e
culturale.
Coerente con il proprio orientamento filo-occidentale, una volta ottenuta l’indipendenza il
presidente Senghor non rimise in discussione il rapporto preferenziale con la Francia, e aprì il paese
agli investimenti esteri anche nel campo del turismo. Gradualmente, tale settore ha guadagnato un
posto importante nell’economia senegalese, fino a diventare la seconda fonte di reddito dopo la
pesca.
Tuttavia, nella vita quotidiana delle località turistiche è difficile trovare traccia dell’umanesimo di
Senghor, che auspicava l’incontro delle culture europea e africana nel reciproco rispetto e su un
piano di parità. In Senegal è prevalso un modello di turismo balneare ad alto impatto, estremamente
polarizzato dal punto di vista geografico e largamente gestito dalle imprese multinazionali del
settore alberghiero. Il classico villaggio all inclusive, insomma, in cui peraltro le occasioni di
incontro tra il turista e l’abitante locale sono piuttosto ridotte. Ad esempio, a Saly-Portudal, la più
importante stazione balneare della Petite Côte - a sud di Dakar - l’accesso alle spiagge è vietato ai
senegalesi: i venditori ambulanti percorrono in continuazione la passerella alle spalle della spiaggia
e possono avvicinarsi ai bagnanti soltanto su espressa richiesta di questi ultimi.
Non sono mancate, naturalmente, numerose critiche a questo modello di sviluppo turistico: nel 1982
l’Enda, organizzazione non governativa con base a Dakar, pubblicò uno studio dal quale emerse
48
un’ampia diffusione del turismo sessuale presso la costa. I giornali hanno spesso denunciato
l’impatto ambientale negativo della presenza troppo numerosa e troppo concentrata dei turisti. Da
critiche simili trasse ispirazione il progetto di “turismo rurale integrato”, elaborato all’inizio degli
anni Settanta dall’Acct, una agenzia di cooperazione inter-africana: in tempi non sospetti, quando
l’idea di “sviluppo sostenibile” e le iniziative a favore del turismo responsabile dovevano ancora
vedere la luce, tale progetto incoraggiò la formazione di campements in grado di accogliere turisti in
alcuni villaggi rurali della bassa Casamance, una regione meridionale al confine con la Guinea
Bissau. Gruppi poco numerosi, accoglienza spartana in edifici costruiti secondo l’architettura
tradizionale, utilizzo dei servizi locali e gestione dei profitti da parte delle cooperative di villaggio:
questi furono i principi alla base di un’esperienza piccola ma molto innovativa, un modello ante
litteram di sviluppo turistico realmente alternativo. Purtroppo, a partire dagli anni Ottanta, la
regione della bassa Casamance precipitò nel disordine politico e militare a causa delle
rivendicazioni indipendentiste, e il progetto venne progressivamente abbandonato.
Turismo responsabile e integrato a Mbour e Sokone. Oggi, il Senegal è, nel gergo turistico, una
destinazione “matura”. Il suo principale mercato, la Francia e i turisti francesi, è in declino, anche se
altri - Italia, Spagna, Germania - hanno guadagnato importanza. La presenza dei turisti rimane
numericamente importante, ma la concorrenza delle nuove destinazioni è sempre più forte. Eppure,
gli effetti dello sviluppo turistico degli ultimi decenni restano ben visibili, in termini di degrado
ambientale e di urbanizzazione incontrollata nelle aree più coinvolte dal fenomeno. Per questo, ora
che la sensibilità verso queste problematiche è aumentata, si moltiplicano le iniziative di turismo
responsabile nel territorio senegalese, promosse essenzialmente da associazioni culturali e da realtà
operanti nel mondo della cooperazione allo sviluppo.
Il progetto di “turismo responsabile e integrato” ideato dalla Comunità promozione e sviluppo
(Cps), una piccola organizzazione non governativa con sede a Castellammare di Stabia (Napoli), si
pone sin dal nome in ideale continuità con l’esperienza della Casamance degli anni Settanta. Non si
tratta più solo di turismo rurale: la Cps ha infatti sede a Mbour, una caotica e vivace città costiera a
85 km a sud di Dakar. Celebre porto di pesca, Mbour è anche il capoluogo della provincia della
Petite Côte, l’area a maggiore concentrazione di stazioni balneari di tutto il paese, e ha visto in circa
trent’anni quintuplicare la propria popolazione, oggi stimata attorno alle 250 mila unità. La nascita
di enormi quartieri periferici e l’aumento esponenziale della popolazione, che ha di molto superato
l’effettiva domanda di lavoro da parte dell’industria turistica, pongono seri problemi alla gestione e
all’organizzazione dei servizi.
Per questo la Cps, unica organizzazione non governativa straniera presente in città, attiva dal 1977
in diversi progetti di assistenza sanitaria, di formazione, di sostegno all’infanzia e di recupero
ambientale, ha aderito all’Associazione italiana turismo responsabile e, tra ottobre 2000 e maggio
2001, ha intrapreso uno studio di fattibilità per la creazione di un circuito di turismo responsabile
nella regione di Mbour. Gli scopi dichiarati sono essenzialmente due. Da una parte, creare
opportunità di sviluppo locale, inteso come un percorso partecipativo che coinvolga le diverse fasce
della popolazione, che sia autopromosso, preveda interventi paralleli in più settori e sia svolto in
partenariato con le istituzioni locali. Dall’altra, combattere gli impatti nocivi del turismo dal punto
di vista ambientale, sociale ed economico.
Lo studio di fattibilità ha comportato l’organizzazione di riunioni e seminari sul turismo, con il
coinvolgimento delle realtà associative già esistenti nei diversi quartieri della città: associazioni
giovanili e femminili, tontines, gruppi sportivi. Alla fine, sono stati scelti tre quartieri in cui avviare
il progetto, tenendo in considerazione l’interesse manifestato da parte della popolazione e le
particolari condizioni di disagio vissute in quelle aree: i due quartieri periferici di Grand Mbour, a
nord-ovest del centro, e di Medine-Liberté, a nord-est, e il quartiere di Mbour Maure, zona costiera
più vicina al centro della città. Nei primi due casi, si tratta di quartieri sviluppatisi in epoca recente e
in maniera disordinata, in conseguenza dell’enorme afflusso di immigrati dalle zone rurali: piuttosto
isolati rispetto al resto della città, essi mancano di servizi e infrastrutture - vi sono, ad esempio,
49
pochissime strade asfaltate - e, nonostante l’associazionismo sia piuttosto dinamico, scarseggiano i
centri di aggregazione e persino le attività commerciali. Mbour Maure è invece abitato in
prevalenza da mauri, gruppo etnico originario della Mauritania, molto attivo nel commercio ma
scarsamente integrato con il resto della popolazione senegalese.
Nella prospettiva di costruire un percorso turistico diversificato, che comprenda zone urbane e zone
rurali, lo studio di fattibilità ha preso in considerazione altre aree del paese, anche distanti da
Mbour. La scelta si è infine orientata verso la comunità rurale di Sokone, situata presso il delta del
fiume Saloum: si tratta di un piccolo centro, circondato da un ambiente naturale decisamente più
rigoglioso dei paesaggi saheliani, e somigliante, per vegetazione, piuttosto alla Casamance.
Sviluppo locale a base cooperativa. Tra gli ultimi mesi del 2001 e i primi del 2002, i quattro gruppi
individuati come interlocutori dalla Cps - uno per ogni località prescelta - si sono costituiti in
altrettanti Groupements d’intérêt économique (Gie): si tratta di strutture associative paragonabili
alle nostre cooperative. I Gie hanno inserito nei rispettivi statuti l’obbligo di reinvestire tutti gli utili
nelle esperienze di promozione e di sviluppo locale, di fatto costituendosi come organismi no profit;
essi hanno inoltre avviato piccole attività generatrici di reddito, per garantire sostenibilità ai progetti
e reperire nuove risorse oltre al turismo.
Se la Cps mantiene un ruolo di coordinamento del progetto nel suo insieme, sono i Gie a gestire di
fatto le attività legate ai viaggi di turismo responsabile e soprattutto, attraverso le cariche elettive e
le commissioni tematiche elette dalle assemblee dei soci, a controllare le risorse finanziarie a
disposizione.
Ma cosa fanno i Gie e le famiglie coinvolte in questo progetto? Vediamo un esempio. Il Gie
“Quartier Grand Mbour”, con sede nella periferia nord della città, è uno dei più attivi
nell’accoglienza dei turisti. Attraverso incontri e seminari, alcune famiglie del quartiere, di volta in
volta diverse, si offrono per accogliere i turisti in visita nelle loro stesse case e ricevono a tale scopo
una formazione adeguata: la scelta di alloggiare i turisti in famiglia è stata fatta non soltanto per
ridurre l’entità degli investimenti iniziali, ma anche e soprattutto per permettere ai turisti un
incontro più “ravvicinato” con la popolazione del quartiere, condividendone in parte la vita
domestica. Alle famiglie che ospitano è richiesto l’uso delle zanzariere e dei filtri di depurazione
per l’acqua: oltre a garantire un minimo livello di confort ai turisti, il Gie intende così promuovere
l’uso di questi strumenti di prevenzione sanitaria presso le famiglie, anche quelle che non ospitano i
turisti. A questo scopo, tre donne del Gie hanno ricevuto una formazione specifica e si occupano di
costruire e promuovere semplici filtri per l’acqua, ottenuti montando insieme due secchi di plastica
e alcuni tubi di ceramica in grado di trattenere le impurità: i filtri sono commercializzati dal Gie
stesso a prezzi bassi e pagabili a rate.
Le famiglie che ospitano i turisti condividono con loro la colazione e il pasto serale; esse ricevono
un rimborso per le spese sostenute e un compenso, mentre il resto rimane al Gie, che può così
reinvestire il guadagno in altri progetti di sviluppo locale. In media, il compenso per le famiglie
costituisce il 29% circa della somma pagata dai turisti; della stessa somma, al netto delle spese, il
Gie ne trattiene il 54%. Le spese comprendono l’organizzazione delle attività di visita e delle serate
culturali organizzate per i turisti stessi, che hanno così la possibilità di conoscere la città e i suoi
dintorni e di partecipare ad alcune cerimonie di tipo tradizionale.
Per evitare il rischio di “monocoltura” turistica e diversificare le attività, ogni Gie mette poi in piedi
alcune “attività generatrici di reddito” in grado di garantire maggiore sostenibilità economica
all’intero progetto. Il Gie di Grand Mbour, ad esempio, affitta sedie di plastica per le cerimonie: può
sembrare strano, in realtà si tratta di un’attività molto diffusa, dato che in Senegal le cerimonie
religiose e le feste prevedono spesso un alto numero di partecipanti e le famiglie devono prendere in
affitto le sedie per i propri invitati. Nel quartiere di Medine-Liberté, la vendita di batik prodotti
artigianalmente integra le entrate del gruppo: per ora i principali clienti sono gli stessi turisti
“responsabili”, ma la cooperativa cerca sbocchi anche sul mercato locale. Inoltre, il Gie gestisce un
mulino di quartiere per macinare il miglio - alimento essenziale per la cucina locale. A Sokone,
50
comune rurale con meno servizi e meno esercizi commerciali, è in programma la creazione di un
centro polivalente che comprenda un télécentre, una copisteria e un piccolo ristorante, rivolto alla
clientela locale. In generale, tali attività beneficiano di un investimento iniziale della Cps; ma esse
creano centri di aggregazione e mobilitano energie positive, “contaminando” il settore commerciale
con esercizi a base cooperativa i cui utili possono essere reinvestiti in iniziative di utilità pubblica
scelte dai Gie stessi.
I contributi attivi dei Gie allo sviluppo locale si concretizzano, a seconda dei casi, in attività
differenti. A Grand Mbour il Gie, oltre a sostenere la costruzione e la promozione di filtri per
l’acqua, contribuisce alle spese delle cases communautaires, gli asili autogestiti presenti nel
quartiere. A Sokone collabora con l’amministrazione municipale nell’organizzazione della raccolta
dei rifiuti, nel tentativo di migliorare un servizio molto carente. Soprattutto, a Mbour Maure è stato
avviato un fondo di credito per le donne del quartiere: nel 2003, in soli tre mesi, tra settembre e
dicembre, 24 donne hanno potuto beneficiare del credito, e i prestiti sono tutti restituiti
puntualmente, come capita per altre esperienze riuscite di microcredito. Tutti i Gie, inoltre,
collaborano con la Cps e con un’altra organizzazione non governativa, la Lvia di Cuneo, al progetto
“latrines et puisards”, che prevede la costruzione di latrine e pozzi per le acque sporche nelle case,
al fine di ridurre l’inquinamento e sopperire alla mancanza di infrastrutture.
Nel corso del 2003 i Gie hanno accolto e accompagnato a Mbour e Sokone 5 gruppi di turisti in
periodi diversi dell’anno, per un totale di 71 persone. Si tratta di numeri piccoli, in linea con il
principio di privilegiare gruppi poco numerosi e di mantenere entro certi limiti l’impatto del turismo
sull’economia locale; tuttavia, sono cifre che testimoniano il consolidamento del progetto nel tempo
e il suo relativo successo nell’ambito dei circuiti di turismo responsabile. Il fatturato complessivo
dell’attività dei Gie per il 2003 ammonta a circa 12 mila euro, di cui il 58% legato direttamente
all’attività del turismo. Una cifra considerevole, dal momento che il Pil dell’intero Senegal del 2003
è stato di poco superiore ai 5 milioni e mezzo di euro (5.621.951 euro, Fonte: EIU, Economist
Intelligence Unit, Country Report marzo 2004), a fronte di un reddito pro capite di soli 471 euro
all’anno. Di questi 12 mila euro, un 10% ha costituito il compenso per le famiglie impegnate
nell’ospitalità dei turisti, mentre un altro 10% è speso per i salari dei 21 lavoratori impiegati - di cui
6 fissi e 15 saltuari. Complessivamente, i finanziamenti erogati dalla Cps superano di poco i 6 mila
euro, il che significa che l’organizzazione rimane un finanziatore importante, specialmente per
quanto riguarda gli investimenti iniziali di un certo rilievo, ma anche che i Gie hanno generato quasi
il doppio dei finanziamenti “iniettati” dall’esterno. Il traguardo della totale indipendenza e
sostenibilità del progetto non è forse immediato, ma rimane l’obiettivo finale: nel frattempo, la
struttura dei Gie si rafforza con il tempo e cresce la capacità di investire in nuovi interventi e attività
di sviluppo.
“Amici”, non turisti. Chi desidera partecipare all’esperienza del turismo responsabile e integrato a
Mbour e Sokone si rivolge a Viaggi Solidali, un’agenzia di Torino specializzata nel turismo
responsabile, creata nel 2000 da cinque organizzazioni non governative già attive nel settore. Il
viaggio proposto copre in realtà un percorso più vasto e completo, che include anche attrazioni
turistiche “classiche” - il Lago Rosa, il parco ornitologico di Djoudj, le città di Dakar e Saint-Louis
- oltre che l’accoglienza in famiglia e la visita di progetti di sviluppo nella regione settentrionale di
Louga, progetto “gemello” organizzato dal Cisv (Comunità impegno servizio volontariato) di
Torino.
I turisti che si avvicinano a questo tipo di esperienza, come in genere tutti i turisti responsabili,
vogliono evitare le situazioni troppo “mediate”: non a caso, molto apprezzata è la soluzione
dell’alloggiamento presso le famiglie, grazie a cui si verificano le principali opportunità di
interazione spontanea e di scambio di idee. In famiglia si parla soprattutto di cultura, di cibo, di
matrimonio, talvolta di religione. La cucina italiana e quella senegalese sono entrambe molto
rinomate nei rispettivi continenti, e parlare di cibo significa parlare di economia, di quotidianità,
della vita. Senza contare la condivisione del cibo, che crea insospettate solidarietà: «vedere i nostri
51
amici italiani sedersi per terra, mangiare con le mani attingendo dal nostro piatto… abbiamo capito
di essere uguali» racconta divertita una donna di Mbour. Anche le appartenenze religiose creano
occasioni di confronto, dato che l’Islam è molto importante nella definizione dell’identità
senegalese. La pratica della poligamia, prevedibilmente, suscita perplessità e fa discutere i turisti,
offrendo un esempio di diversità non facile da “digerire”, mettendo i partecipanti a confronto con un
modello di organizzazione familiare molto differente dal loro.
I turisti in questione sono in maggioranza convinti che i viaggi responsabili costituiscano l’unica
opportunità per conoscere veramente il Senegal. Analogamente, i Gie, in accordo con la Cps, hanno
ufficialmente stabilito di chiamare i partecipanti ai viaggi responsabili con l’appellativo di amis,
amici, anziché qualificarli come semplici turisti. Tale scelta è spesso evocata come simbolo di una
volontà di accoglienza lontana da eventuali interessi di arricchimento finanziario, e soprattutto a
testimonianza di un rapporto alla pari.
Una tale concentrazione di aspettative, da entrambe le parti, è certamente una risorsa e contribuisce
a creare nei partecipanti un sentimento di soddisfazione; ovviamente, rappresenta anche un rischio,
perché quando ci si aspetta molto non ci si accontenta facilmente. Partecipare al turismo
responsabile, da viaggiatori o da organizzatori, comporta un investimento emotivo notevole: è in
gioco la propria realizzazione e la percezione di sé in relazione all’alterità. Come spiega
l’antropologo A. Simonicca, nelle sue forme più recenti il turismo «diviene sempre di più ricerca di
un viaggio reale e autentico, incentrato sugli interessi e non più solo sul richiamo evocato dalle
attrattive dei siti». Molto più che un semplice svago.
Rafforzare la rete. Nell’ottobre del 2004, le due ong italiane Cps e Cisv, insieme al tour operator
solidale torinese Viaggi Solidali/Cta, hanno promosso un seminario in Senegal per stimolare la
messa in rete delle associazioni impegnate nell’attività di turismo responsabile. E per la prima volta,
tutte le realtà che lavorano in partenariato con le ong italiane nel turismo responsabile in Senegal,
hanno potuto incontrarsi e confrontarsi.
Nel corso dell’incontro è stato fatto un bilancio più che positivo dell’operato negli anni passati: a
partire dal 2000 infatti, Cps e Cisv, che insieme alle organizzazioni senegalesi sono impegnate
nell’ambito del turismo responsabile come fattore di sviluppo nel paese, hanno visto crescere la rete
di collaboratori locali. Nel 2002 è stato addirittura firmato un accordo di collaborazione comune, e
oggi il tentativo, attraverso appuntamenti come quello dell’ottobre 2004, è di rendere il turismo in
Senegal uno strumento di incontro e di confronto tra i popoli, e di integrare il turismo tra i fattori di
sviluppo del territorio attraverso la gestione da parte della comunità locale.
Sono stati evidenziati i buoni risultati ottenuti dall’attività di turismo responsabile e, soprattutto, la
crescita continua e regolare del fenomeno nel paese. Dal suo debutto nel 2001, la rete ha
organizzato 14 gruppi, per un totale di 155 turisti, e con una ricaduta economica per le
organizzazioni locali di oltre 45.000 euro. E questi primi risultati, sostengono gli organizzatori del
seminario, devono essere considerati solo come un primo passo in un percorso di crescita e di
appropriazione del turismo responsabile da parte delle organizzazioni locali, che si attuerà nel corso
di qualche anno, in partenariato con le ong italiane.
Il riuscito seminario ha dato vita alla creazione di linee guida tra le organizzazioni locali, per avere
una base di lavoro condivisa da tutti i partecipanti al fine di lanciare un programma comune per il
futuro.
11.3 SUD AMERICA: Perù sostenibile, dall’Amazzonia alle Ande
Lo stereotipo con il quale si rappresenta nell’immaginario dei turisti “occidentali” il Perù rinvia alle
sue mitiche costruzioni e rovine di origine incaica, alla saga dei conquistadores spagnoli a caccia di
oro e argento che ne rasero al suolo la fiorente civiltà nel 1500, ai tessuti sgargianti delle
popolazioni andine, a vette scoscese alte fino a 7000 metri e valli impervie.
52
Ma il Perù è anche un paese dalle tensioni sociali estreme quanto il suo paesaggio, contraddizioni
che travalicano la linea divisoria e spesso discriminante tra creoli, meticci e indios, e mostrano la
loro crudezza nelle periferie urbane che vanno gonfiandosi alle porte della capitale Lima, per effetto
delle correnti migratorie di origine rurale.
E’ però soprattutto il Perù di Machu Picchu e dei sentieri pietrosi quello che attira ogni anno oltre
800 mila turisti, con un tasso medio di crescita dei visitatori che tra il 1995 e il 2000 è stato del
12%, secondo solo a mete dal tradizionale fascino esotico quali Brasile e Cuba.
Tuttavia il Perù è a sua volta leader per quanto riguarda la crescita dei ricavi turistici: sono saliti
infatti da 170 milioni di euro nel 1990 a 327 milioni nel 1995 sino a raggiungere quota 889 nel 2002
(dati WTO). Queste cifre assolute ragguardevoli incoronano il Perù come quarto mercato turistico
dell’area centro-meridionale delle Americhe (copre infatti lo 0,7% del mercato complessivo); ma
sono indici di una performance ancora migliore se si leggono in qualità di tassi annui di crescita,
che nell’ultimo lustro (+25% tra ’95 e 2000) non hanno avuto eguali in Sud America, avvicinandosi
ai migliori exploit dei paesi caraibici.
Il turismo cresce dunque sulle Ande e accanto a quelli tradizionali cresce anche l’offerta di viaggi
responsabili, sotto il profilo ambientale in primis: tanto che un apposito forum tecnico dedicato al
turismo sostenibile, insediatosi per volontà del presidente Alejandro Toledo nel 2001, subito dopo
la “Conferenza regionale Andina sull’Ecoturismo” tenutasi a Lima (in preparazione dell’anno
internazionale dell’Ecoturismo proclamato dalle Nazioni Unite), ha il compito di stilare entro il
2010 un Programma Nazionale di Ecoturismo, mostrando in tal modo una sensibilità non comune
del governo verso questo tema, riscontrabile in misura analoga solo in Ecuador (dove si rivolge
un’attenzione speciale alla riserva delle isole Galapagos, “invase” ogni anno da 50 mila turisti).
In Perù, come in altri paesi latinoamericani, specie dopo la svolta democratica del 2000 che ha visto
tramontare la dittatura di Alberto Fujimori, il turismo si conferma un settore economico importante,
anche perché sinonimo di un afflusso di valuta straniera, utile a dar sollievo a economie spesso
ancora fragili rispetto ai mercati globali.
Il quadro socio-economico. L’agricoltura riveste un ruolo di importanza fondamentale
nell’economia peruviana. Nonostante la conformazione geografica non consenta un pieno
sfruttamento del territorio (coltivato soprattutto lungo le coste pianeggianti), oltre il 37% della
popolazione lavora nel settore primario, dedicandosi alla coltivazione di prodotti d’esportazione
quali caffè, zucchero e riso.
Voci importanti della bilancia commerciale del paese sono anche le esportazioni minerarie e gli
stock di pescato, che vedono il Perù in questo campo tra i principali esportatori mondiali dopo Cina
e Giappone. Se l’attività ittica, agricola e, in minor misura, industriale prevalgono nella parte
occidentale del Perù, economicamente più vivace, all’interno, nella zona montuosa delle Ande, sulla
sierra, e più ancora in quella orientale coperta dalla foresta amazzonica (pari al 60% della superficie
nazionale), più integra rispetto a quella brasiliana, dominano invece forme di agricoltura e
allevamento di sussistenza e l’estrazione di risorse fossili quali gas naturale e petrolio, specie in
direzione dell’Ecuador.
Nel complesso il Perù rimane uno degli Stati sudamericani più poveri sul piano economico, sebbene
non del tutto deprivato socialmente secondo gli indicatori di sviluppo umano della UNDP (è al 73°
posto nella classifica mondiale, con un HDI di livello medio, pari a 0,73, alle spalle di Venezuela,
Colombia, Argentina, Cile e Brasile).
La popolazione peruviana, circa 26 milioni di persone secondo le ultime stime ufficiali (1999), si
concentra per la metà sull’altopiano racchiuso tra le cordigliere andine occidentale e orientale
(blanca y negra), organizzata in ayllus (comunità di antica origine) e per un buon quarto lungo la
costa oceanica, dove spiccano oltre alla capitale Lima (8 milioni di abitanti) i porti commerciali di
Callao, Arequipa e Trujillo.
53
La parte orientale del paese, dove regnano una vegetazione e un clima tropicale, è invece la meno
popolata e vi prevalgono etnie indigene che conservano gli idiomi ancestrali, aymara o quechua,
che nel complesso rappresentano ancora circa la metà dell’intera popolazione peruviana.
Proprio la regione che ha per centro la città di Iquitos, nel nord-est del paese, confinante con la
Colombia e il Brasile, e dove i fiumi Maranon, Samiria e Nupo confluiscono nel nascente Rio delle
Amazzoni, è teatro di alcune singolari esperienze di turismo ecologico e responsabile.
Amazzonia da vivere: il consorzio Rumbo al Dorado. Nella regione di Loreto, nella parte
nordorientale del paese, dal 2001 è stata istituita la riserva nazionale Pacaya Samiria, la seconda
area naturale protetta del Perù, estesa per oltre due milioni di ettari nella conca disegnata dai fiumi
Maranon a Ucayalli, dall’incrocio dei quali nasce il Rio delle Amazzoni, il fiume più lungo del
mondo.
Lì, la ong Green Life, nata nel 1999 da un gruppo di professionisti italiani, ha dato vita insieme a
due ong peruviane e a tre comunità locali al consorzio Rumbo al Dorado, cominciando a
organizzare dalla fine del 2002 mini tour di turismo ecologico a partire dal villaggio Vente de
Enero, a cinque ore di barca da Iquitos, dotato di una ricchezza biologica e faunistica di notevole
pregio, tra cui si segnalano specie in via di estinzione come la lontra gigante e il caimano nero.
A quell’habitat delicato hanno fatto visita sinora un’ottantina di turisti, suddivisi in gruppi di otto
persone, potendo ammirare la natura rivierasca ed entrando in contatto con le popolazioni indigene
dei villaggi di Viente de Enero, Yarina e Cocha el Dorado, in prossimità dei quali si sono costruiti
piccoli e spartani rifugi. Questa microimpresa sostenibile, citata come esempio di “buona pratica”
da una specifica rassegna del World Tourism Organization, ha favorito il rimboschimento delle
palme e uno sfruttamento razionale della flora presente nella riserva.
Parte dei ricavati, sottratti i costi operativi e organizzativi dei tour (70%), è destinata alle comunità
locali (20%) oltre alla quota fissa prevista per ciascun aderente ai viaggi proposti dall’agenzia
Viaggi Solidali-Cta in Perù (52 euro) versata ai progetti di sviluppo e cooperazione internazionale,
tra cui quello della ong veronese Mlal intitolato “Indocumentados”, che in 280 municipi nelle
regioni di Apurimac, Ayacucho e Huancavelica intende porre rimedio al fenomeno della mancata
iscrizione anagrafica dei bambini, nel 40% dei casi privi dalla nascita dei diritti di assistenza sociosanitaria derivanti dalla cittadinanza.
Ma lo scopo ultimo di questo, come degli altri percorsi turistici proposti da Green Life, che forma e
appoggia gruppi e comitati di accoglienza completamente locali (trovano impiego nel progetto di
ecoturismo 30 peruviani), è quello di far raggiungere alle comunità coinvolte la piena autonomia
nella gestione e promozione delle attività ricettive.
Dal 2002 l’offerta di turismo responsabile di Green Life si è andata diversificando e ampliando,
includendo proposte di itinerari riguardanti anche il resto del Perù e in particolari le zone di Lima e
Cusco. Il pacchetto di visita responsabile “classica” proposto da Green Life prevede, nell’arco di 18
giorni, una visita alla parte coloniale e moderna di Lima, alla valle sacra degli Incas e a Cusco,
l’ascesa a Puno e al lago Titicaca, un soggiorno ad Arequipa e Nazca, prima del ritorno a Lima,
dove si sosta, prima del rientro in Italia, nel quartiere periferico Tablada de Lurìn.
Ad ogni tappa ci si appoggia per l’accoglienza a partner locali, dediti ciascuno alla conservazione
delle radici culturali ancestrali indigene o a progetti socio-economici rivolti a soggetti emarginati.
Da Cusco a Lima, per sostenere progetti di sviluppo. A Lima, metropoli tra le più popolose del
continente, si incontrano i resti dell’architettura barocca imposta dagli spagnoli a partire dalla
fondazione nel 1535, per farne la capitale del loro Vicereame.
Il viaggio responsabile prevede, oltre a una visita canonica al centro della città, di sostare tra i
periferici asentamientos (baraccopoli) di Tablada de Lurìn, nel distretto Villa Maria del Triunfo,
presso il Centro de Promocion Familiar (Ceprof).
Si tratta di una ong locale nata quindici anni fa per offrire dapprima formazione alle famiglie e alle
donne sole con prole, e in seguito aprire una casa di accoglienza per bambine a rischio sociale, dai 6
54
ai 13 anni (“Hogar Humberto Pasina”) e infine un doposcuola, che sfama e ospita ogni giorno 80
adolescenti del quartiere. Dal 2003, grazie al sostegno della Provincia di Trento, il Ceprof ha dato
anche vita al progetto “Casa della cultura”, accettando di ospitare turisti responsabili.
A Cusco, leggendaria città di epoca incaica, nota come la capitale archeologica d’America, con
reperti antichi che le valgono la definizione di patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco, i
turisti vengono accolti dalla comunità di Raqchi (un gruppo di artigiani tradizionali che conserva
costumi e riti della cosmogonia andina) e soggiornano presso il Centro di appoggio integrale alle
donne lavoratrici domestiche (Caith).
Questo centro, nato come associazione di volontariato, da dieci anni sostiene il miglioramento delle
condizioni di vita e lavoro delle lavoratrici domestiche e tra le forme di autofinanziamento cui
ricorre figura anche il turismo.
Il tour responsabile prevede poi una risalita verso la fredda Puno, città sorta sulle sponde del lago
Titicaca, il più alto del mondo con i suoi 3.884 metri sul livello del mare, dove i viaggiatori entrano
in contatto con diverse comunità indigene.
Sono infatti ospitati, nella penisola di Capachica, della comunità quechua di Llachon, sull’isola
Taquile della comunità di Kollino (dove mancano luce elettrica e acqua corrente) e del centro
Ayaviri, dove la ong Mlal ha aperto un progetto di promozione dei diritti femminili, per ridurre le
discriminazioni di cui le donne sono fatte oggetto.
Il progetto prevede sia un rafforzamento delle organizzazioni femminili locali, sia un sistema di
prevenzione della violenza familiare, ancora assai diffusa, e infine, in una terza fase, l’avvio di un
sistema di microcredito, che dovrebbe consentire in chiave prospettica una maggiore autonomia
economica delle donne.
Il futuro del turismo peruviano. Il tour responsabile proposto da Green Life è una delle tante
proposte di turismo alternativo offerte oggi in Perù, all’avanguardia in questo segmento del mercato
turistico, sia nelle zone archeologiche sia in quelle montane, votate al trekking d’alta quota
(significativo, ad esempio, il progetto di formazione delle guide alpine indigene sostenuto a Huaraz
dall’Operazione Mato Grosso).
Accanto a Ecuador, Brasile e Costa Rica, il Perù appare come una delle mete privilegiate dal
turismo di matrice ambientalista; e la rete tematica “Alianza solidaria per il turismo sostenibile”,
utile a un confronto permanente di esperienze via Internet, fondata nel 2003 da Green Life e Mlal, è
un ulteriore tassello che si aggiunge al mosaico di siti web e centri di promozione del turismo
alternativo che va fiorendo in America Latina.
Non a caso il turismo in Perù, passata la fase di assestamento verificatasi tra il 1999 e il 2000,
quando gli ingressi stranieri frenarono a causa delle turbolenze politiche che attraversavano il paese,
viene stimato in ulteriore crescita e nella sola “Valle sagrada” che conduce a Cusco
l’amministrazione provinciale di Urubamba si attende per la fine del 2005 due milioni di visitatori.
Un flusso turistico imponente, che andrà gestito secondo attenti criteri, armonizzandolo grazie a
leggi statali, ecolabel garanti della qualità dei servizi e dei reali processi di empowerment delle
popolazioni locali, per non mettere a repentaglio i delicati habitat naturali e i contesti culturali che
caratterizzano il Perù, rappresentandone una primaria risorsa.
11.4ASIA: India, ciò che resta del viaggio responsabile alle comunità locali
Regione indiana ma culturalmente e paesaggisticamente tibetana, il Ladakh è rocce lunari e cieli
blu, un deserto pietroso di alta quota (tra i 3500 e i 6000 m.), visitabile solo nei mesi estivi e chiuso
dalla neve per il resto dell’anno. La stagione turistica è un affare di luglio e agosto, quando il
monsone delle pianure non giunge fin quassù - la regione è protetta da altissimi contrafforti. La
situazione è quella tipica dell’alta montagna, con notti fredde e giornate calde, secche e soleggiate.
55
Abita il Ladakh una popolazione di montanari (solo 120.000 persone) che ha saputo evolvere in un
sistema di vita, produzione e consumi perfettamente e delicatamente adattato a un ambiente duro ed
estremo. La maggior parte vive di agricoltura di sussistenza, i nomadi allevano capre e yak.
Presente e radicata è la tradizione lamaista del buddismo tibetano, il vero spirito del luogo:
attrazione chiave per il turismo i numerosissimi monasteri arroccati sulle alture.
Nel 1974 la regione venne aperta al turismo internazionale e la cultura locale si trovò ad affrontare
la rapida invasione del mondo moderno. Il numero dei turisti è cresciuto da alcune centinaia nei
primi anni a circa 15.000 a metà degli anni 80. Ha poi continuato a crescere lentamente (nella zona
non ci sono grandi alberghi), e i numeri oggi si aggirano attorno ai 25.000 visitatori l’anno (Cabras,
2004).
Nei quasi 40 anni di questa apertura le aree urbane hanno subito un certo sviluppo, con
cambiamenti nell’istruzione, nella sanità, nell’agricoltura, nelle fonti di energia e nei trasporti. Il
turismo si è concentrato principalmente negli stanziamenti buddisti della valle dell’Indo, il cui
fulcro è Leh, antica capitale e centro commerciale. Altre zone del Ladakh restano inaccessibili agli
stranieri, a causa della vicinanza ai confini, a dir poco delicati, con Cina e Pakistan, mentre gran
parte del Ladakh meridionale è accessibile solo a piedi.
Fascino esotico. Conosciuto anche come Piccolo Tibet, il Ladakh divenne all’inizio meta ambita
perché, secondo Goering (1990), “(…) custodisce uno dei più puri esempi esistenti di cultura
buddista tibetana. Molti vengono tuttora per provare a immergersi in un mondo preindustriale, per
visitare i monasteri buddisti e godere di emozionanti panorami montani”.
Ma oggi per Becky, canadese, cooperatrice dell’Isec (International Society for Ecology and Culture)
“il turismo va progressivamente peggiorando. Il Ladakh sta diventando una nuova meta a basso
costo per un certo genere di persone che andava in Nepal, prima del diffondersi della guerriglia
maoista. Al solito, soprattutto si tratta di ragazzi alla ricerca del divertimento di casa (fumo, feste,
flirts) ammantato di un sapore esotico”.
“In realtà - sostiene Becky - non è sempre vero che i turisti cerchino ciò che gli operatori turistici
locali credono, ma ci vuole coraggio a tentare altre strade. Se queste funzionassero, però, si
dimostrerebbe che è possibile guadagnare anche lavorando secondo altri modelli, e potrebbero
esserci effetti di ricaduta”.
C’è interesse, in effetti, per le alternative: l’Isec ha stimato che sui circa 25.000 turisti che arrivano
ogni estate a Leh circa 4.000 vengono a vedere il video che questa organizzazione ha realizzato sul
malsviluppo della regione. Fra questi, una ventina alla settimana chiedono di partecipare a un
progetto Isec, che prevede la permanenza presso famiglie di contadini ladakhi in cambio di lavoro,
per un periodo di due mesi.
Il turismo in Ladakh secondo i ladakhi. Per Namgyal, direttore del Ladakh Ecological Development
Group (Ledeg), con l’avvento del turismo è diminuita l’autostima della gente del posto. E invece
l’apprezzamento della propria cultura, antica e ricca, è uno degli obiettivi. «Osservammo come la
popolazione sviluppasse veri e propri complessi di inferiorità nella relazione con il moderno.
Oppure tentasse di adottarne acriticamente il modello, facendo il verso agli stili di vita dei turisti.
Oggi questa tendenza si avverte in misura minore grazie anche al lavoro di sensibilizzazione svolto
da alcune ong» dice Namgyal «ma dal punto di vista economico il turismo avvantaggia coloro che
hanno potuto mettere su guest house e agenzie, non la gente dei villaggi per i quali passano gli
escursionisti». Del resto, i trekking sono organizzati da agenzie di Leh che forniscono tutto il
necessario; di solito l’alloggio è in tende, anch’esse dell’agenzia, e spesso anche l’affitto dei cavalli
che portano il bagaglio non va alla gente del posto in quanto gli animali sono fatti arrivare dal
vicino Stato indiano dell’Himachal Pradesh per la stagione. Giungono tramite agenzie
dall’Himachal anche lavoratori per i trekking, pagati molto poco, sia perché le tariffe di laggiù sono
più basse, sia perché si assumono per la stagione intera, pagandoli a forfait, che ci sia lavoro o
meno. Spesso, inoltre, succede che i trekkers si accampino a dormire in tenda a fianco dei villaggi
56
anche dove sarebbero disponibili stanze per turisti presso alcune famiglie. Così agli abitanti dei
villaggi il passaggio dei trekkers di fatto non lascia nulla: succede persino che gli animali delle
spedizioni pascolino nei campi del villaggio…
Forme di turismo responsabile in Ladakh. Operatori turistici occidentali hanno recentemente
cercato di intervenire su alcuni problemi causati dal turismo, in modi diversi. Journey, operatore
statunitense, ha finanziato latrine lungo i percorsi di trekking più frequentati, e sollecitato i
partecipanti ai viaggi a donare abiti invernali da distribuire in Ladakh. Altri operatori (anche
l’italiana Ram) hanno distribuito le linee guida per i turisti, portando i gruppi a visitare il centro di
ecologia del Ledeg. Vari operatori organizzano itinerari incentrati su aspetti chiave della vita in
Ladakh, alcuni con alloggio nei monasteri e studio del buddismo.
L’associazione Ram è specializzata in viaggi-incontro nella regione indiana e in sudest asiatico. Fra
i 105 soci che hanno partecipato alle sue attività nel 2003, e il centinaio del 2004, il Ladakh è stata
una delle mete più gettonate.
Un volo per Delhi e quindi, subito, un altro per Leh, il piccolo capoluogo ladakhi situato a 3500 m:
qui, un paio di giorni di riposo sono necessari, all’inizio, per l'adattamento all'altitudine. I gruppi
Ram si appoggiano a una piccola pensione a carattere familiare in mezzo alla campagna, poco fuori
Leh, che usano quale base per escursioni ai grandi monasteri della valle dell’Indo (Hemis, Alchi,
Tikse, Stakna, Stok), al centro storico del capoluogo, e per gli incontri mirati con varie
organizzazioni locali, impegnate nella sperimentazione e diffusione di tecnologie compatibili con
l’economia dei villaggi di montagna, nel mantenimento della lingua e della cultura ladakhi, nella
testimonianza rispetto a un modello di sviluppo (quello attuale) che sta sconvolgendo un modo di
vivere che vantava un profondo equilibrio.
Di rilievo sono l’incontro con l’attivista svedese Helena Norberg-Hodge dell’Isec, con il suo
Ladakh Project; e con Sonam Wangchuk e i suoi al Secmol, organizzazione locale che riunisce
studenti da tutto il Ladakh e lavora per rivalutare e rilanciare l’idioma e la cultura del posto,
minacciate dalla scolarizzazione governativa attuata con medium sbagliati. In Ladakh furono
imposte, all’indipendenza dell’India, le lingue aliene urdu e hindi, e materie lontane dalle
conoscenze funzionali necessarie alla vita su queste montagne (inutile studiare palme e mucche
quando qui crescono solo salici e orzo, e si allevano capre e yak). Con la sua azione il Secmol ha
ormai da qualche anno portato all’adozione di curricula di istruzione in lingua locale e fondati su
temi più realistici.
Ram visita anche i rifugiati tibetani di Choglamsar, con le loro istituzioni (scuola, asili, ambulatori
di medicina tradizionale), visite da cui emerge lo spessore della causa di un popolo costretto
all’esilio (dall’invasione cinese del Tibet del 1959). Una tappa significativa è la giornata di
discussione sul buddismo tibetano, che include la visita/confronto, in materia, al locale Centro
Studi.
Il ritorno in pianura avviene con due giorni di jeep attraverso gli altipiani a 4500 metri e i passi
himalayani fino a Manali (2000 metri) e poi a Delhi. Lo spettacolo è difficile da dimenticare.
Le ricadute sulla comunità locale. L’esperienza di Ram in Ladakh è un caso esemplare di turismo
responsabile nel continente asiatico. L’associazione sta raggiungendo risultati sempre più
interessanti dal punto di vista delle economie locali. Una media del 25-30% della quota pagata dai
partecipanti rimane infatti attualmente nel paese di destinazione.
Nel caso del viaggio nell’agosto 2004, della quota di partecipazione versata da ciascun socio (euro
2066) in loco sono rimasti ben 531 euro a persona; il gruppo era costituito da 11 soci paganti più un
capogruppo, quindi in totale si è trattato di 6311 euro (perché il capogruppo nel modello Ram è
esonerato dalla quota-progetto).
Questi soldi beneficiano le comunità locali in due modi: direttamente pagando i loro servizi, tramite
vitto alloggio trasporti locali, e utilizzando servizi e mediazioni di persone del posto. E’ denaro,
questo, che resta in circolo per lo più nelle comunità di Leh e delle zone visitate. In secondo luogo,
57
ogni viaggio Ram comporta l’appoggio a un progetto locale che viene finanziato con 50-60 euro
fissi a persona, per viaggio. Nel caso del Ladakh agosto 2004, la quota è stata di 61 euro a socio
pagante, quindi nel complesso si sono lasciati 671 euro destinati a un paio di microprogetti. Uno di
questi è il sostegno alla scuola del villaggio di Hemis Supkachan, dove il maestro T.T. Namgail è
amico di lunga data di Ram, e si presta al ruolo di guida e anfitrione.
Vitto e alloggio rigorosamente “made in loco”. Per quanto riguarda il vitto, l’alimentazione sul
posto - costata 85 euro a testa per una durata di 17 giorni - è costituita principalmente da cibo
vegetariano (riso, verdure e lenticchie) preparato dalla gente delle locande ospitanti, secondo ricette
tradizionali locali, molto semplici. La cucina è spesso fatta con fuoco a legna, l’acqua corrente è
attinta a una fonte vicina o in cortile, difficilmente è disponibile in casa. A Leh e nei villaggi del
trekking i pasti sono preparati pressoché integralmente dalle famiglie ospitanti, adoperando in parte
prodotti dei propri campi (ma lenticchie e riso arrivano dalle pianure dell’India). Nei centri
maggiori, segnatamente a Delhi e Manali, si va invece nelle trattorie di proprietà indiana ma non
necessariamente locale.
Quanto all’alloggio, il pernottamento per l’intera durata del viaggio si svolge in guest houses, ossia
pensioni a gestione familiare (Ram fa una selezione in base al livello di pulizia, al calore umano
dell’accoglienza, e in base al modo in cui viene trattato il personale). La pensione di Leh cui Ram
da anni si appoggia, la Silver Cloud Guest House, è un’impresa familiare situata sulle alture di Leh,
due edifici ben messi in campagna, tra i campi d’orzo e altre fattorie, a 10 minuti di cammino dal
centro della cittadina e a due passi da un antico piccolo monastero. I pavimenti sono di legno, le
stanze luminose, i letti hanno bei piumoni puliti. Gli altri alloggi in trekking sono locande più
spartane ma sempre abitate da famiglie del luogo. In media la Silver Cloud costa, per Ram, 6-7 euro
a notte a testa - esclusi pasti, colazioni e altri dettagli.
Il ricorso ai servizi locali. Ram ha utilizzato diverse guide locali in questi anni, raggiunte via mail
con qualche mese d’anticipo, e reperite tramite le associazioni locali con cui coopera (Secmol) o
tramite conoscenti del luogo. Tutti ladakhi, per lo più studenti universitari (che studiano fuori Leh)
e che d’estate tornano e tirano su un po’ di soldi con il turismo. Al di là della conoscenza del luogo,
Ram chiede loro aiuto sia in termini di arrangiamenti su vitto alloggio e trasporti, sia quali
mediatori culturali: cioè nel tradurre in inglese le conversazioni durante le numerose ore passate
presso le famiglie che ospitano i turisti. Ram ha pagato una di queste guide, nel 2004, 12 euro al
giorno.
Per gli spostamenti interni si usano abitualmente i mezzi di trasporto locale: qualche bus, e jeep per
la maggior parte delle escursioni. Le jeep a Leh sono gestite da una cooperativa del posto che, per
quanto non sempre gestita meravigliosamente, garantisce comunque un buon servizio. Per quanto
riguarda invece lo spostamento aereo da Delhi a Leh, esso viene acquistato con le compagnie Indian
Airlines (statale), o Jet Airways (indiana, privata), e si tratta pertanto di denaro che va allo Stato o a
imprenditori indiani.
58
V SEZIONE
DATI STATISTICI E TABELLE
12. Introduzione ai dati
Il turismo è ormai riconosciuto come uno dei settori più importanti e dinamici dell’economia
globalizzata, vantando un volume d’affari di oltre 500 miliardi di dollari l’anno, superiore
addirittura a quello dei prodotti informatici. La crescita dell’economia connessa più o meno
direttamente al turismo è stata esponenziale, con una impennata in termini sia assoluti che
percentuali nel corso degli anni Novanta, terminati i quali si è creato un assestamento del comparto
intorno ai livelli raggiunti nel 2000; il tasso di crescita annuale dell’economia turistica rallenta,
sebbene le stime prospettiche per i prossimi dieci anni restino comunque ottimistiche.
Si attende infatti una crescita di un ulteriore 30-40% del volume degli affari turistici, con un
incremento dei viaggi transnazionali e una esplosione di successo per mete quali Montenegro, India
e Cina. Il peso rivestito dal turismo nelle economie mondiali è notevole soprattutto nei paesi più
poveri e deboli rispetto ai mercati globali, sia nel caso in cui questi siano bisognosi di valuta estera
forte per poter alleviare il proprio debito estero sia nel caso in cui siano presenti operatori turistici
stranieri pronti a esportare i propri profitti; esemplificativi a tal proposito possono essere i casi
dell’area caraibica e della fascia nordafricana, dove il turismo pesa rispettivamente per il 15% e il
13% delle ricchezze complessive.
Ciò nonostante gli investimenti privati e pubblici in favore dello sviluppo turistico sono molto più
sostanziosi altrove: in Nord America, Europa e Asia, dove si superano da tempo i 150 miliardi di
dollari l’anno. Sempre in Asia, peraltro, si concentra il numero più elevato di lavoratori del
comparto (ben 120 milioni) che tuttavia, per ragioni demografiche, non hanno un peso evidente sul
totale della forza lavoro, come accade invece nei Caraibi (15% del totale dei lavoratori, il doppio
della media latinoamericana), in Europa (13%) o in Nord Africa (12%).
Ma le ricadute economiche del turismo rispecchiano in modo deforme gli squilibri geoeconomici
globali e continentali. L’Africa per esempio è visitata solo da 4 turisti su 100, e questa percentuale
scende ancora se si oltrepassa verso sud il Sahara, addentrandosi nell’area per la quale gli indicatori
di sviluppo delle Nazioni Unite decretano una sorta di perenne emergenza umanitaria. Il continente
africano ricava soltanto 11 miliardi di dollari da attività turistiche. E al suo interno - se si escludono
i paesi della fascia mediterranea, più dinamici rispetto agli altri e favoriti dalla prossimità con
l’Europa, il Sud Africa, favorito dal legame storico commerciale con i paesi anglofoni, e le coste
esotiche affacciate sul Mar Rosso - restano appannaggio dell’Africa centrale (la tradizionale “Africa
nera”) solo un magro 1% dei ricavi. Squilibri simili si possono incontrare in Asia, un continente in
espansione anche in questo settore, nonostante gli investimenti esigui rispetto ad altri comparti
industriali, dove un ruolo preminente lo giocano oltre ai subcontinenti cinese e indiano i paesi della
penisola sud-orientale (Thailandia, Vietnam e Corea del Sud in special modo), e in America Latina,
dove pochi paradisi esotici del golfo centro americano sbilanciano in proprio favore i flussi di arrivi
e i ricavi rispetto al Sud America.
Per quanto concerne più specificamente il turismo italiano, in entrata e in uscita, i dati disponibili
indicano una contrazione dei viaggi all’estero degli italiani, più orientati a soluzioni di soggiorno
sostenute da legami familiari o amicali, e più propensi a visitare altri paesi dell’Unione europea; se
ci si allontana dall’Europa lo si fa però sempre viaggiando verso occidente, dirigendosi nelle
Americhe, sebbene anche le mete orientali risultino a loro volta in crescita.
Gusti e orientamenti comportamentali indicano poi una crescente segmentazione e ristrutturazione
del mercato turistico italiano, che si frantuma e si fa più esigente e attento anche ai risvolti sociali
ed ecologici collegati alle vacanze.
59
Il turismo responsabile. Seppure non esistano tuttora statistiche condivise e ci si debba
necessariamente affidare per una valutazione del fenomeno a stime e dati parziali, appare in forte
crescita il turismo responsabile. A seconda della fonte cui ci si affida, la percentuale di turisti che
nel complesso sono coinvolti in viaggi responsabili va da un minimo del 2% (Organizzazione
mondiale del turismo) a un massimo del 15% (Ecoestrategia), passando per il 7% della Società
internazionale di Ecoturismo. A queste stime positive si sommano inoltre previsioni ancora più
rosee, con percentuali di crescita annua previste intorno al 20%; e accanto ai numeri c’è chi, come
la OMT, ha tracciato anche un primo identikit del turista “ecosensibile”, il quale, senza troppe
sorprese, mostra di essere relativamente giovane, possedere una buona capacità di spesa, una cultura
medio-alta e amare l’autonomia di movimento.
L’analisi poi dell’evoluzione di un caso di studio quale l’agenzia Viaggi Solidali-Cta, tra le
maggiori in Italia nel suo genere, conferma ulteriormente l’idea del boom registrato negli ultimi
anni da questa tipologia di turismo. Tra l’anno 2000 e il 2004 il consorzio Viaggi Solidali ha
quadruplicato i suoi viaggiatori (ormai oltre 400) e sestuplicato i ricavi.
Questi dati, per quanto frammentari, confortano le intuizioni che vogliono il turismo responsabile
come la nuova frontiera del turismo in grado di collegare il piacere del viaggio e della scoperta alle
aspirazioni a uno sviluppo socio-economico più equilibrato nei Sud del mondo.
60
Tabella 1.1 Arrivi turistici nel mondo (1950-2000)
700
milioni
di
600
500
400
300
200
100
0
1950
1960
1970
1980
1990
2000
(fonte: World Tourism Organization)
Tabella 1.2 Crescita percentuale dei flussi turistici (1950-2000).
19
80
-1
99
0
19
90
-2
00
0
19
70
-8
0
% annua
di crescita
19
60
-7
0
19
50
-6
0
12
10
8
6
4
2
0
(fonte: World Tourism Organization)
Tabella 1.3
Regione
Africa
Americhe
Asia
Europa
Medio Oriente
Flussi turistici mondiali per regioni (milioni)
1950
0,5
7,5
0,2
16,8
0,2
2002
29
115
131
399
27
(fonte: World Tourism Organization)
61
Tabella 2.1 Crescita dei flussi turistici mondiali (1990-2002)
400
350
300
Medio Oriente
250
Africa
200
Americhe
150
Asia
100
Europa
50
0
1990
2000
2002
(Dati in milioni; fonte: WTO 2003)
Tabella 2.2 Distribuzione flussi turistici in Africa (2002)
Africa del
Sud
30%
Est Africa
22%
Nord
Africa
35%
Africa
Centrale
3%
Ovest
Africa
10%
(fonte: World Tourism Organization)
Tabella 2.3 Distribuzione flussi turistici in Asia (2002)
62
Asia del
Sud
6%
Oceania
15%
Nord-Est
Asia
50%
Sud-Est
Asia
29%
(fonte: World Tourism Organization)
Tabella 2.4 Distribuzione flussi turistici nelle Americhe (2002)
Sud
America
12%
Centro
America
17%
Nord
America
71%
(fonte: World Tourism Organization)
Tabella 2.5 Distribuzione flussi turistici in Europa (2002)
Nord
Europa
11%
Europa
Mediterranea
38%
Ovest
Europa
35%
Centro Est
Europa
16%
(fonte: World Tourism Organization)
63
Tabella 3.1
Crescita del volume d’affari del turismo mondiale (1950-2002)
miliardi di
dollari
500
400
300
200
100
0
1950
1960
1970
1980
1990
2000
2002
(fonte: World Tourism Organization)
Tabella 3.2
Distribuzione regionale dei ricavi turistici in val.% (2002)
Medio
Africa
Oriente
2%
3%
Europa
51%
Americhe
24%
Asia
20%
(fonte: World Tourism Organization)
Tabella 3.3 Distribuzione regionale dei ricavi turistici mondiali (2002)
Regione
Africa
Americhe
Asia
Europa
Medio Oriente
Ricavi dal turismo
internazionale
11,8
114
94
240
13
(dati: miliardi di dollari; fonte: WTO 2003)
64
Tabella 4.1
Distribuzione dei ricavi turistici (val.%, 2002)
AFRICA
Nord
Africa
32%
Africa del
Sud
30%
Ovest
Africa
11%
Est
Africa
26%
Africa
Centrale
1%
ASIA
Asia del
Sud
5%
Oceania
15%
Nord Est
50%
Sud Est
30%
AMERICHE
Sud
America
8%
Centro
America
18%
Nord
America
74%
EUROPA
65
Europa
Mediterranea
39%
Centro Est
Europa
10%
Nord Europa
15%
Ovest
Europa
36%
(fonte: World Tourism Organization)
66
Tabella 5.1
Le principali esportazioni mondiali di beni e servizi (miliardi di dollari)
Rank
1
2
3
4
5
Settori
Chimica
Automazioni
Carburanti
Turismo
Informatica
1999
537
556
430
559
460
2002
660
621
615
578
491
(fonte: World Trade Organization)
Tabella 5.2
Tassi di crescita dell’economia del turismo nel mondo (val.%)
tasso di crescita
2004
tasso di crescita
degli ultimi dieci
anni
Su
Su d A
s
dEs ia
tA
N
or
si
d
a
E
Am
st
A
er
si
ic
a
a
La
N
or
tin
d
Am a
M
ed eri
ca
io
U
O
ni
rie
on
n
e
Eu te
ro
pe
a
10
8
6
4
2
0
(fonte: WTTC 2004)
Tabella 5.3
Pil derivante dall’industria turistica (val. % su tot. Pil)
2004
media ultimi
10 anni
U
N
C
ar
or aib
d
i
ni
on Af
r
e
i
E u ca
N
or ro
pe
d
N Am a
or
er
d
i
E s ca
tA
S u si a
M
ed d A
s
i
A o O ia
m
r
ie
er
nt
ic
e
a
La
tin
M a
on
do
16
14
12
10
8
6
4
2
0
(fonte : WTTC)
67
Tabella 6.1 Investimenti mondiali in viaggi e turismo (in termini assoluti 2004)
miliardi
di dollari
N
or
d
A
U
m
ni
er
on
ic
e
a
Eu
ro
pe
a
A
m
A
er
si
ic
a
a
La
M
ed
tin
io
a
O
rie
nt
e
A
fr
ic
a
300
250
200
150
100
50
0
(fonte: WTTC)
Tabella 6.2
Investimenti in viaggi e turismo sul totale dei capitali (2004)
% sul totale degli
investimenti
Area
21,7
14,2
11,8
10,4
10,4
9,5
9,4
7,4
7,2
Caraibi
Nord Africa
Medio Oriente
Sud-Est Asia
Nord America
Unione Europea
America Latina
Sud Asia
Nord-Est Asia
(fonte: WTTC)
Tabella 6.3
Impieghi nel settore turistico (2004)
milioni di posti
di lavoro
140
120
100
80
60
40
20
0
Asia
(fonte: WTTC)
68
Nord
Africa
Nord
Unione America
America Europea Latina
Medio
Oriente
Tabella 6.4
Impieghi del settore turistico rispetto al totale (2004)
% sul totale
U
C
ni
ar
on
ai
e
bi
Eu
ro
pe
N
or
a
d
A
N
f
or
ric
d
a
A
m
N
er
or
ic
da
Es
M
t
A
ed
si
io
a
O
r
ie
Su
nt
dEs e
A
tA
m
er
si
ic
a
a
La
tin
a
Su
d
A
si
a
16
14
12
10
8
6
4
2
0
(fonte: WTTC)
69
Tabella 7.1
Sviluppo prospettico dell’economia turistica mondiale (val. miliardi di dollari)
7000
6000
5000
4000
3000
2004
2000
2014
1000
0
Spese
governative
Investimenti
Spese dei turisti GDP Economia
del turismo
(fonte: WTTC)
Tabella 7.2
Crescita degli impieghi nel settore turistico (tot. mondiale)
300.000
250.000
200.000
migliaia di
impieghi
150.000
100.000
50.000
0
2004
2014
(fonte: WTTC)
Tabella 7.3
Rank
Paesi
Paesi con la maggiore crescita di domanda turistica attesa (2005-2014)
% crescita annua
Montenegro
1
India
2
Cina
3
Vietnam
4
Angola
5
Laos
6
Ciad
7
Guadalupa
8
Fiji
9
Uganda
10
(fonte: WTTC-TSA Research 2004)
70
10,3
8,8
8,7
8,3
8,2
8,0
7,7
7,4
7,3
7,3
8.1 Viaggiatori stranieri in Italia. Spesa turistica per regione d’origine (milioni di euro)
1998
18.000
16.000
14.000
12.000
10.000
8.000
6.000
4.000
2.000
0
2001
UE
Est
Europa
Nord
America
America Latina
Africa
Asia
Oceania
(dati: Rapporto turismo Touring Club Italia 2003)
8.2 Turisti stranieri in Italia. Viaggiatori pernottanti e spesa per i primi dieci paesi (2001)
Viaggiatori (migliaia)
14000
Spesa (milioni di euro)
12000
10000
8000
6000
4000
2000
0
Germania
Francia
Austria
Svizzera
Regno Unito
Usa
(dati: TCI 2003)
8.3 Viaggiatori italiani all’estero, per regione di destinazione (migliaia)
1998
25000
2001
20000
15000
10000
5000
0
UE
Svizzera
Est Europa
Nord
America
America
Latina
Africa
Asia
Oceania
(dati: TCI 2003)
8.4 Viaggiatori italiani all’estero. Spesa turistica per regione di destinazione (milioni di euro)
71
1998
7000
2001
6000
5000
4000
3000
2000
1000
0
UE
Est
Europa
Nord
America
America
Latina
Africa
Asia
Oceania
(dati: TCI 2003)
8.5 I paesi dove i turisti italiani spendono di più (milioni di euro)
1998
2500
2001
2000
1500
1000
500
(dati: TCI 2003)
72
Fr
an
ci
a
G
er
m
an
ia
Sp
ag
na
Sv
iz
ze
R
ra
eg
no
U
ni
to
A
us
tr
ia
G
re
ci
a
B
ra
si
le
C
ro
az
ia
U
sa
0
Tabella 9.1
Vacanze dei turisti italiani, orientamenti comportamentali (2004)
Risposta
%
Per le vacanze mi affido a un
tour operator
In viaggio accetto disagi
Preferisco vacanze non
stanziali
Mi piace essere “servito e
riverito”
Preferisco vacanze culturali
Amo le vacanze tranquille
Per me la vacanza è conoscere
nuova gente
Per le vacanze non bado a
spese
Preferisco le vacanze con
amici
Mi piace l’idea di un villaggio
turistico
Mi piace vedere posti nuovi
27,0
Classe economica-culturale
ISTR ISTR ISTR ISTR ISTR
BASS MBAS MBAS ALTA ALTA
REDD REDD REDD REDD REDD
BASS MBAS ALTO MBAS ALTO
17,9 23,0 24,6 33,5 36,0
31,2
41,2
17,8
22,1
28,0
36,4
29,4
38,4
39,5
55,3
39,3
52,7
57,9
62,9
59,7
60,2
52,9
52,6
43,0
79,2
61,4
38,5
83,9
45,6
37,8
80,8
58,7
37,2
80,4
62,1
55,8
76,6
69,9
53,4
74,6
66,4
23,5
9,6
20,0
25,5
23,5
31,1
59,4
42,1
56,1
61,0
67,7
64,8
46,8
26,5
47,3
47,9
54,0
49,6
73,0
52,3
67,6
72,9
82,3
84,1
(fonte: Eurisko 2004)
9.2
Le vacanze degli italiani nell’ultimo anno
Risposte
Ha fatto vacanza:
%
1 periodo
2 periodi
3 o più periodi
52,6
33,8
12,7
6,1
Tipo di vacanza:
soggiorno al mare
soggiorno in montagna
soggiorno in campagna
visita a città
viaggio itinerante
crociera su nave
Altro
35,0
10,4
3,9
6,9
4,7
0,7
3,4
Tipo di alloggio:
presso parenti o amici
in casa di proprietà
in casa d’affitto
in albergo
villaggio turistico
nave da crociera
campeggio
Camper
altro
12,7
9,0
12,0
18,0
4,7
0,8
3,2
1,0
1,6
In Italia o all’estero:
73
in Italia
in Europa
fuori Europa
Non ha fatto vacanze
(fonte: Eurisko 2004)
74
43,1
11,0
4,4
47,4
10.1
Le attitudini verso il turismo responsabile in Inghilterra (2001)
E’ importante che a proposito delle vacanze ci siano…
informazioni sullo
sviluppo sociale nelle
brochure dei T.O.
che le vacanze portino
benefici alle popolazioni
locali
che non sia danneggiato lo
sviluppo
che si possa scoprire la
cultura locale
78%
68%
85%
77%
(fonte: Tourism Concern, in A. Laurent, 2003)
10.2
Le attitudini verso il turismo responsabile in Francia (2002)
Quali sono i criteri di scelta di un tour operator?
che diffonda informazioni sulle culture e lo sviluppo locali
che diffonda codici di condotta per i visitatori
che annunci un’etica del viaggio
che proponga soggiorni partecipativi
non sa/non risponde
Totale
36%
30%
21,5%
12%
0,5%
100%
(fonte: sondaggio OMT, cit. in A. Laurent, 2003)
10.3
Turisti orientati verso vacanze responsabili rispetto al totale (valori stimati 2004)
% sul totale
TI
ES
ia
Ec
oe
st
ra
t
eg
T
O
M
M
la
l
12
10
8
6
4
2
0
(fonti: Trasatti S., 2004; OMT, in Ercole E., 2004; Ecoestrategia 2004; The International Ecotourism Society 2004)
10.4
Il profilo dell’eco-turista secondo le Nazioni Unite (2003)
Età: dai 35 ai 45 anni
Genere: 50% maschi e 50% femmine
75
Livello di istruzione: 82% è laureato o diplomato
Modalità di viaggio: 60% in coppia, 15% con la famiglia, 13% solo
Durata media del viaggio: 8-14 giorni
Cosa apprezza: ammirare la natura e conoscere sempre località nuove
(fonte: ONU – UNEP 2003)
10.5
Il profilo dell’eco-turista italiano secondo il WTO
Età: dai 25 ai 34 anni
Genere: 50% maschi, 50% femmine
Livello di istruzione: 48% diplomato e 45% laureato
Modalità di acquisto del viaggio: 29% pacchetti di Tour Operators, 66% organizza da sé
Spesa media: nel 54% dei casi da 500 a 1500 euro
(fonte: WTO 2001)
10.6
Crescita del turismo responsabile ed ecologico. Potenziali di crescita annua stimati
20
15
10
val. %
5
0
WTO
TIES
Ecoestrategia
(stime: World Tourism Organization 2001, The International Ecotourism Society 2003, Ecoestrategia 2004)
10.7
Crescita del turismo responsabile. Caso di studio: Viaggi Solidali-Cta (2000-2004)
10.7.1 Viaggi
numero viaggi
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
2000
2001
2002
2003
2004*
(dati: Viaggi Solidali-Cta; *manca l’ultimo quadrimestre dell’anno 2004)
76
10.7.2 Viaggiatori solidali
numero viaggiatori
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
2000
2001
2002
2003
2004*
(dati: Viaggi Solidali-Cta; *manca l’ultimo quadrimestre dell’anno 2004)
10.7.3 Fatturato annuo e quota ai progetti di sviluppo nel Sud del mondo (migliaia di euro)
Fatturato
700
Quota progetti
600
500
400
300
200
100
0
2000
2001
2002
2003
2004
(dati: Viaggi Solidali-Cta; manca l’ultimo quadrimestre dell’anno 2004)
77
78
ALLEGATO 1
Carta d’identità per viaggi sostenibili
Riportiamo di seguito il testo integrale del documento:
“Dato che il turismo, alle soglie del 2000:
•
•
•
•
è la principale attività economica del globo;
sposta oltre 5 miliardi di persone ogni anno (tra cui quasi 600 milioni verso l'estero);
occupa milioni di lavoratori (1 ogni 15 occupati in tutto il mondo);
è destinato a crescere esponenzialmente nei prossimi decenni, favorito dallo sviluppo dei trasporti e
comunicazioni;
ma considerato anche che il turismo, nelle sue applicazioni di massa e di lusso, ha spesso avuto effetti molto
negativi su ambienti, culture, società, economie nei paesi di destinazione, specie nel sud del mondo; é
fondamentale che per il suo sviluppo siano stabiliti limiti precisi e condizioni di attuazione appropriate. In
proposito, si fa riferimento anche ad autorevoli documenti prodotti negli ultimi anni da soggetti diversi, i cui
contenuti illustrano bene, nelle linee guida, i valori generali che si vogliono trasmettere. Tra questi:
•
•
•
•
•
•
Carta di Lanzarote, 27/28 aprile 1995
Agenda 21 dell'ONU, 14/6/1992
Manifesto del movimento tedesco 'Tourism with Insight'
Tourism Bill of Rights and Tourist Code (OMT, 1985)
Manila Declaration on the Social Impact of Tourism (OMT, maggio 1997)
Montreal Declaration, 1997
E' necessario quindi:
1. Sviluppare una maggior attenzione all'interazione tra turisti, industria turistica e comunità ospitanti,
per favorire un vero rispetto delle diversità culturali, ed una disponibilità di adattamento ad abitudini e
modi diversi dai propri.
2. Che gli utenti diventino coscienti del proprio ruolo di consumatori del prodotto-viaggio, da cui
dipendono la qualità dell'offerta e il destino di milioni di altri individui nei luoghi di destinazione.
3. Ridurre al minimo i danni dell'impatto socioculturale ed ambientale prodotto dai flussi turistici.
4. Rispettare ed incoraggiare il diritto delle comunità locali a decidere sul turismo nel proprio territorio, e
con queste stabilire rapporti continuativi di cooperazione solidale.
Prima della partenza
L'utente (viaggiatore individuale o di gruppo)
1. Si interroga sulle reali aspettative e motivazioni del suo viaggio: ad es. riposo e svago, nel rispetto
dell'ambiente e dell'altro; e conoscenza, intesa come cultura e incontro, per soddisfare le sue
esigenze di approfondimento e di autenticità.
2. Chiede di essere informato in modo corretto, da organizzatori e media, oltreché sugli aspetti tecnico
logistici del viaggo, anche sul contesto socioculturale da visitare, e di sua iniziativa si procura
informazioni (attraverso testi, guide, Internet, materiale audiovisivo).
3. è interessato a creare in prima persona o tramite gli organizzatori contatti precedenti il viaggio con le
realtà locali che potrebbero ospitarlo, e con esponenti che potrebbe incontrare della società civile del
luogo di destinazione.
4. è interessato e disponibile a incontri preparatori con i suoi prossimi compagni di viaggio e/o
l'accompagnatore.
5. Chiede agli organizzatori garanzie sulla qualità del viaggio dal punto di vista etico, cioé sulle sue
caratteristiche ambientali economiche e sociali.
79
6. Chiede la trasparenza del prezzo, per sapere quale percentuale del prezzo finale rimane alle
comunità ospitanti.
7. Privilegia viaggi in cui la massima possibilità di scelta su tempi e contenuti sia garantita.
L'organizzatore (tour operator, agenzia, associazione culturale del paese di partenza)
1. Fornisce informazioni sul viaggio tramite:
o cataloghi realistici, in cui il paese da visitare non sia presentato in modo fuorviante, falso,
tendenzioso o ambiguo (riferimento ad es. al turismo sessuale) o strumentale (ad es.
svendita di tradizioni culturali locali);
o schede che comprendano una descrizione geografico-am-bientale; informazioni
socioeconomiche, politiche e d'attualità; segnalazioni di progetti esistenti di cooperazione
sociale e ambientale; le norme di comportamento consigliate;
o una bibliografia scelta sulla destinazione in oggetto.
2. E' disponibile ad organizzare incontri preparatori per i partecipanti ai viaggi durante i quali, oltre a
conoscersi:
o si concordino ove possibile itinerari e tempi;
o o si chiariscano i dubbi degli utenti, siano essi singoli o in gruppo;
o o si rendano possibili contatti diretti con le comunità dei luoghi di destinazione.
3. Si impegna dal punto di vista etico sul piano: Ambientale
o privilegiando alloggi, ristoranti, strutture, trasporti compatibili con l'ambiente (per presenza di
depuratori, corretto smaltimento dei rifiuti, risparmio energetico).
Sociale
o
o
o
o
o
o
o
o
o
chiedendo alle autorità statali di luoghi di destinazione di garantire uno sviluppo turistico
compatibile;
privilegiando servizi di accoglienza (trasporti, alloggi, ristorazione) in linea con la cultura del
luogo (ad es. non pretendere cibi estranei alla cultura locale);
scegliendo partners locali che rispettino le norme sindacali minime stabilite dall'ILO paese
per paese (che tengano conto di orari ragionevoli, del no al lavoro minorile, di paghe eque
secondo il salario minimo locale);
formando piccoli gruppi di partecipanti che entrino più facilmente in contatto con le realtà
locali (è importante specie se queste sono fragili) ed evitando l'esposizione reiterata e
continuativa di singole comunità ad un impatto turistico di massa unilateralmente deciso;
organizzando itinerari con tempi che non obblighino alla fretta, e in cui le mete selezionate
siano in numero limitato;
attivando un accompagnatore opportunamente formato che funga anche da facilitatore
interculturale;
evitando l'eccesso di organizzazione, che impedisce al visitatore di rendersi conto della
realtà locale;
non favorendo nel turismo la mercificazione sessuale, e scoraggiando con tutti i mezzi
prostituzione e pornografia infantili;
organizzando la partecipazione dei turisti a manifestazioni, feste e spettacoli tradizionali nel
rispetto dell'autenticità e del consenso.
Economico
o
o
o
privilegiando servizi di accoglienza (trasporti, alloggi, ristorazione) a carattere familiare o su
piccola scala;
scegliendo servizi locali (trasporti, alloggi, ristorazione) dove minore sia il divario di possibile
fruibilità tra il viaggiatore e la gente del posto;
verificando che parte (certificabile) dei soldi spesi dai turisti si redistribuisca in loco in modo
equo (dall'alloggio all'acquisto di artigianato autenticamente del posto), e fornendo in
allegato una scheda col prezzo trasparente; e, nel caso di multinazionali, verificando che ci
sia una effettiva, consistente ricaduta positiva sull'economia locale.
Le comunità locali ospitanti*
*per comunità locali ospitanti si intende:
80
a. Settori dell'industria turistica
b. Autorità/ istituzioni turistiche e governi locali
c. Gruppi di cittadini che vivono in aree interessate dal turismo (ma non direttamente coinvolti nel
business turistico)
Vogliono controllare lo sviluppo del turismo nella loro zona e quindi:
1.
2.
3.
4.
Si esprimono in merito al flusso di turismo, offrendo o meno disponibilità all'incontro.
Se disponibili, alla domanda turistica rispondono con adeguate proposte di accoglienza.
Tengono conto dei diversi aspetti dell'impatto del turismo:
ambientale e paesaggistico
o affinché strade, edilizia, riassetto del territorio siano attuate con valutazioni di impatto
ambientale;
sociale
o
affinché la cultura locale - architettura, arte, lingua, costumi, gastronomia - resti indipendente
e viva;
economico
affinché la proprietà locale non venga ceduta a stranieri, o confiscata dai governi locali per
scopi analoghi;
o affinché lo sviluppo non sia unilaterale ed eccessivamente dipendente dal turismo stesso;
o affinché il denaro che entra con questo si redistribuisca anche in altri settori dinamizzando le
interazioni nel tessuto sociale di destinazione;
o affinché il prezzo pagato risulti equo per tutti (turisti, operatori, e comunità ospitanti)
5. Attivano e formano guide locali e facilitatori, che indichino quali comportamenti siano locamente
accettabili o meno, e mettano in contatto i visitatori con la genie, le opportunità, le autentiche
attrattive del luogo.
o
8. Durante il viaggio
L'utente (viaggiatore individuale o in gruppo)
1. Considera positivo condividere i vari aspetti della vita quotidiana locale e non chiede privilegi o
pratiche che possano causare impatto negativo.
2. Non ostenta ricchezza e lusso stridenti rispetto al tenore di vita locale.
3. Per foto e video si assicura il consenso della persona ripresa.
4. Non assume comportamenti offensivi per usi e costumi locali.
5. Cerca prodotti e manifestazioni che sono espressione della cultura locale (ad es. artigianato,
gastronomia, arte, ecc.) salvaguardandone le identità.
6. Rispetta l'ambiente e il patrimonio storico-monumentale.
L'organizzatore (tour operator, agenzia, associazione culturale del paese di partenza)
1. Distribuisce un questionario di valutazione dell' esperienza.
2. Prevede, per una migliore mediazione culturale, la presenza di una guida locale.
Dopo il viaggio
L'utente (viaggiatore individuale o in gruppo)
1. Verifica se è riuscito a stabilire una relazione soddisfacente con la gente e il paese visitato.
2. Valuta come far seguito ai rapporti stabiliti.
3. Se ha viaggiato in gruppo, risponde al questionario di valutazione dell' esperienza proposto
dall'organizzatore e, se lo desidera, partecipa agli incontri con il gruppo con cui ha viaggiato.
L'organizzatore (tour operator, agenzia, associazione culturale del paese di partenza)
81
1. Verifica i risultati organizzando se possibile un incontro apposito tra i partecipanti.
2. Produce materiale informativo che raccolga le esperienze e le comunichi: relazioni scritte, fotografie,
film, ecc.
Le comunità locali ospitanti e responsabili nelle regioni turistiche
1
82
Verificano i risultati del viaggio che hanno ricevuto: il suo impatto, gli incontri avuti, il suo
ritorno economico.
ALLEGATO 2
Botteghe che aderiscono al “Progetto Sportelli turismo responsabile”:
I magazzini del mondo
C.so Cavour 306
19122 La Spezia
tel. 0187/707987
Unicomondo
Contrà Pedemuro/San Biagio 42
36100 Vicenza
tel. 0444/545586
www.unicomondo.org
Limone lunare
Via Po 35
10124 Torino
tel. 011/8174986
Il Ponte
Via Picchiotti 35
Giaveno (To)
tel. 011/9364611 – 011/9376466
Ex Aequo
Via Al tabella 7/a
40100 Bologna
tel. 051/2750248
Il Villaggio Globale
Via Venezia 26
48100 Ravenna
tel. 0544/219377
Atlantide
via Bollana 10
48015 Cervia (Ra)
tel. 0544/965806
Il Villaggio dei Popoli
Via dei Pilastri 45
50121 Firenze
tel. 0544/965806
Il Girasole
Via Senofane 121
00125 Casalpalocco (Roma)
tel. 06/50917705
83
Niente Troppo
Via Cimigiano 71/73
00100 Roma
tel. 06/88641750
Comes Moliendo Cafè
Via Chiabrera 27
00145 Roma
tel. 06/5402474
Mappatura delle realtà che organizzano viaggi responsabili in Italia
Cooperativa Oltremare
Sede: Modena:
Destinazioni: Italia, Africa, America Latina
Info: 059/217335
www.coopoltremare.it
Centro turistico studentesco
Sede: Roma
Destinazione: tutto il mondo
Info: 06/44111474
www.cts.it
Ram
Sede: S. Rocco di Camogli (Ge)
Destinazione: Italia, Asia, Caraibi
Info: 0185/773061
www.associazioneram.it
Arci Metromondo
Sede: Milano
Destinazione: Cuba
Info: 02/89159168
[email protected]
Cta - Volontari per lo Sviluppo
Sede: Torino
Destinazione: Africa, America Latina, Europa dell'Est
Info: 011/4379468
www.viaggisolidali.it
Viaggi e Miraggi
Sede: Brescia, Treviso
Destinazione: Italia, Africa, America Latina
Info: 030/292212 (Bs), 0422/304242 (Tv)
www.viaggiemiraggi.org
Pindorama
Sede: Milano
84
Destinazione: Africa, America Latina, Asia, Italia
Info: 02/39218714
www.pindorama.org
Consorzio Pluriverso
Sede: Modena
Destinazione: America Latina, Balcani, Africa
Info: 059/332126
www.consorziopluriverso.org
Sguardi oltre il confine
Sede: Bergamo, Milano
Destinazione: Italia, Francia, America Latina, Filippine, Africa
Info: 035/4124095
www.sguardioltreilconfine.it
Tremembè
Sede: Trento
Destinazione: Italia, America Latina, Balcani
Info: 0461/824737
www.unimondo.org/tremembe
Circolo Lanterna Magica
Sede: Padova
Destinazione: Mongolia, Vietnam
Info: 049/8724477
www.lanternamagica.org
Aspac
Sede: Milano
Destinazione: Brasile
Info: 02/4045121
[email protected]
Domus Amigas
Sede: Iglesias (Ca)
Destinazione: Sardegna
Info: 0781/24006
www.domusamigas.it
Legambiente
Sede: Roma
Destinazione: Italia
Info: 06/86268362
www.legambienteturismo.it
Progetto economia ittica
Sede: Roma
Destinazione: Italia
Info: 06/4620471
www.ittiturismo.it
85
Koibà
Sede: Napoli
Destinazione: Napoli
Info: 081/5854984
www.koiba.org
Turisti per casa
Sede: Ferrara
Destinazione: Emilia Romagna
Info: 0532/705052
www.cortearcangeli.it
Centro turistico Acli
Sede: Roma
Destinazione: Italia, Europa
Info: 06/5840565
www.ctaonline.it
Wwf
Sede: Milano
Destinazione: Italia, Europa, America Latina, Africa
Info: 02/20569257
www.wwf.it
La Boscaglia
Sede: Lucca
Destinazione: Italia, Europa, Area Mediterranea
Info: 0583/356195
www.boscaglia.it
Cooperativa Naturaliter
Sede: Reggio Calabria
Destinazione: Calabria
Info: 0965/626840
www.naturaliterweb.it
Torri Superiore
Sede: Ventimiglia (Im)
Destinazione: Ventimiglia
Info: 0184/215504
www.torri-superiore.org
Forafrica
Sede: Firenze
Destinazioni: Africa
Info: 055/858152
www.forafrica.org
86
BIBLIOGRAFIA RAGIONATA SUL TURISMO
IL FENOMENO
Abacus, “Dal sogno alla realtà: come scelgono le vacanze gli italiani”, Publitalia '80, Milano, 1997
Adler J., "The Origins of Sightseeing", in Annals of Tourism Research, 16, 1989, pp. 7-29
Adler J., "Travel as Performed Art", in America J. Sociology, 94, 1989, pp. 1366-1391
Alberoni F., "Vacanze, la grande festa comincia", in La Repubblica, 30 luglio 1982
Allcock J. & Przeclawski K., "Tourism in Centrally Planned Eco-nomies", in Annals of Tourism
Research, 17, 1, 1990, Special Issue
Andereck K.L., "Territorial Funtioning in a Tourism Setting", in Annals of Tourism Research, 24,
3, 1997, pp. 706-720
Anderson B.,Comunità immaginate, manifestolibri, Roma, 1996
Apostolopoulos Y., Leivade S. & Yiannakis A. (eds.), The Sociology of tourism: Theoretical and
Empirical Investigations, Routledge, London, 1996
Appadurai A., Modernità in polvere, Meltemi, Roma, 2001
Appadurai A., Modernity at Large: Cultural Dimensions of Globalization, University of Minnesota
Press, Minneapolis, 1996
Archer B.H. & Cooper C., "The positive and negative impacts of tourism", Theobald F. W. (ed.),
1994, pp. 73-91
Archer B.H., "Tourism is a Development Factor", in Annals of Tourism Research, 5, 1, 1978, pp.
126-141
Aspesi N., "I nuovi pazzi di massa", in La Repubblica, 15 aprile 1986
Barberis C., Per una sociologia del turismo, F. Angeli, Milano, 1979
Baretje R., Bibliographie de bibliographies touristique, Centre des Hautes Etudes Touristique, Aixen-Provence, 1980
Batten C.L., Pleasurable Instruction. Form and Convention in Eighteenth Century Travel
Literature, University of California Press, Berkeley, 1978
Battilani P., Vacanze di pochi, vacanze di tutti, il Mulino, Bologna, 2001
Bazin C., "Capital Industriel. Patrimoine Culturel. Vers un Capital Touristique?", in Problems of
Tourism, 10, 2, 1987, pp. 63-75
Bell D. & Gill V., Consuming Geographies: We Are Where We Eat. Routledge, New York, 1997
87
Bellotti G.G. & Beliani M.L., "Turismo: itinerari del corpo e della mente", in Ferrari C. (cura di),
1990, pp. 73-83
Benini E. & Savelli A., Il senso del far vacanza. Motivazioni e strutture nel turismo
postmetropolitano, F. Angeli, Milano, 1986
Bernardi U., "Intenzioni culturali e turismo transfrontaliero", in Sociologia urbana e rurale, 26,
1988, pp. 185-192
Bertolino A., "Turismo e sviluppo economico", in Bancaria. Rassegna dell'Associazione bancaria
italiana, 3, XVII, marzo 1961, pp. 307-313
Bertolino A., "Turismo e sviluppo economico", in Del Viscovo M., 1969, pp. 1-21
Bhatia A.K., Tourism Development: Principles and Practices, Sterling Publishers, New Delphi,
1986
Blanton D., "Tourism Training in Developing Countries: The Social and Cultural Dimension", in
Annals of Tourism Research, 8, 1, 1981, pp. 116-133
Boissevain J., Coping With Tourists: European Reactions to Mass Tourism, Berghahn, London,
1996
Bonato D., Pruneti L. & Tangocci C., L'economia del turismo, Zanichelli, Bologna, 1990
Borza E.N., Travel and Communication in Classical Times. A guide to the Evidence, Pennsylvania
State University Press, Pennsylvania, 1969
Boyer M., "Valeur et importance du Tourisme dans une societé complexe", in Sociologia urbana e
rurale, 26, 1988, pp. 54-57
Boyer M., Il turismo. Dal Grand Tour ai viaggi organizzati, Universale Electa/Gallimard, Milano,
1997 (ed. orig. 1972)
Brau R., Analisi econometrica della domanda turistica in Europa. Implicazioni per lo sviluppo
economico delle aree turistiche, CRENOS, Cagliari, 1995
Brendon P., Thomas Cook: 150 years of popular tourism, Secker & Warberg, London, 1991
Bresso M. & Zeppetella A., Il turismo come risorsa e come mercato, F. Angeli, Milano, 1985
Bretton R.A., "The Image of the Third World in Tourism Marketing", in Annals of Tourism
Research, 3, 1979, pp. 318-329
Brilli A., Arte del viaggiare. Il viaggio materiale dal XVI al XX secolo, Silvana editoriale, Milano,
1992
Brilli A., Quando il viaggiare era un'arte, il Mulino, Bologna, 1995
Britton R.A., "The Image of the Third World in Tourism Marketing", in Annals of Tourism
Research, 6, 2, 1979, pp. 318-329
Britton S., "The Political Economy of Tourism in the Third World", in Annals of Tourism Research,
9, 3, 1982, pp. 331-358
88
Brodsky-Porges E., "The Grand Tour: Travel as an Educational Device", in Annals of Tourism
Research, 8, 2, 1981, pp. 171-186
Brohman J., "New Directions in Tourism for Third World Development", in Annals of Tourism
Research, 23, 1, 1996, pp. 48-70
Brown T.J., "Antecedents of Culturally Significant Tourist Behavior", in Annals of Tourism
Research, 26, 3, 1999, pp. 676-700
Brownrigg M. & Grieg M.A., Tourism and Regional Development, Fraser of Allander Institute,
Glasgow, 1976
Brugham J.E. & Butler R.W., "A Segmentation Analysis of Resident Attitudes to the Social Impact
of Tourism", in Annals of Tourism Research, 8, 3, 1981, pp. 569-590
Bruner E., "Transformation of Self in Tourism", in Annals of Tourism Research, 18, 2,, 1991, pp.
238-250
Bruner E., Holiday making and the holiday trades, Oxford University Press, Oxford, 1945
Buckley P.J., "Tourism an Economic Transactions Analysis", in Touring Management, september
1987, pp. 190-194
Burkart, Tourism, Past, Present and Future, Heinemann, London, 1974
Burns P. & Holden A., Tourism: A New Perspective, Prentice-Hall, London, 1995
Butler R.W. & Pearce D., Change in Tourism: People, Places, Processes, Routledge, London, 1995
Butler R.W. & Wall G., "Themes in Research on the Evolution of Tourism", in Annals of Tourism
Research, 12, 2, 1985, pp. 287-296
Butler R.W., "Pre- and Post-impact Assessment of Tourist Development", in Pearce D.G.. & Butler
R.W. (eds.), 1993, pp. 135-155
Campbell M.B., The Witness and the Other. Exotic European Travel Writing, 400-1600, Cornell
University Press, Ithaca, New York, 1988
Camporesi P., Il libro dei vagabondi, Einaudi, Torino, 1973
Canestrini D., Turistario. Luoghi comuni dei nuovi barbari, Baldini & Castoldi, Milano, 1993
Canestrini D., Andare a quel paese, Feltrinelli, Milano, 2001
Cardona M.C., La storia della villeggiatura, Edizioni Abete, Roma, 1994
Cassau J., "Du voyage au tourisme", in Communication, 10, 1967, p. 28
Cazès G.H., Le tourisme international. Mirage ou stratégie d'avenir?, Hatier, Paris, 1989
Cazès G.H., Les nouvelles colonies de vacances? Le tourisme international à la conquete du TiersMonde, L'Harmattan, Paris, 1989a
89
Cazès G.H., Tourism: Green Paper on the Role of the Union in the Field of Tourism, Brussels,
1995
Censis , "Dalle vacanze ai turismi", in Bollettino quindicinale del Censis, 8, 1983a, numero
monografico dedicato al turismo
Censis, "Come cambia il turismo", in Quindicinale di note e commenti, 8, 1983
Chenery R., A Comparative Study of Planning Considerations and Constraints Affecting Tourism
Projects in the Principal European Capitals, British Travel Educational Trust, London, 1979
CNEL , Libro bianco sull'antiturismo, Roma, 54, 1994
CNEL, La questione turismo, CNEL, Roma, 33, 1993
Cohen E., "A Phenomenology of Tourist Experiences", in Sociology, 13, 1979, pp. 179-201
Cohen E., "Rethinking the Sociology of Tourism", in Annals of Tourism Research, 6, 1979a, pp.
18-35
Cohen E., "The Impact of Tourism on the Physical Environment", in Annals of Tourism Research,
5, 1, 1978, pp. 215-237
Cohen E., "The Sociology of Tourism: Approaches, Issues, and Findings", in Annual Review of
Sociology, 10, 1984, pp. 373-392
Cohen E., "The Tourist Guide", in Annals of Tourism Research, 12, 1, 1985, pp. 5-29
Cohen E., "Tourism as Play", in Religion, 15, 1985a, pp. 291-304
Cohen E., "Toward a Sociology of International Tourism", in Social Researh, 1, 39, 1972, pp. 164182
Cohen E., "Traditions in the Qualitative Sociology of Tourism", in Annals of Tourism Research, 15,
1988, pp. 29-46
Cohen E., "Who is a Tourist? A Conceptual Clarification", in Social Review, 22, 1974, pp. 527-555
Comunità Europea, Viaggiare in Europa, opuscolo, 1998
Comunità Europea, Viaggiare in un altro paese dell'Unione europea, opuscolo, s.d.
Conforti J.M., "Ghettos as tourism attractions", in Annals of Tourism Research, 23, 4, 1996, 830842
Connerton P., How Societies Remember, Cambridge University Press, Cambridge, 1989
Connolly-Kirch D., "A comment on Boundaries Between Work and Private Worlds", in Annals of
Tourism Research, 7, 4, 1980, pp. 608-609
Costa N., La città dell'iper-turismo. La disneyficazione della società e lo spirito del capitalismo
barocco, Cooperativa Universitaria Editrice Scienze Politiche, Milano, 1995
Costa N., Sociologia del turismo, IKLM, Milano, 1989
Crompton J.L., "Motivation for Pleasure Vacation", in Annals of Tourism Research, 6, 2, 1979, pp.
108-424
Culler J., "The Semiotics of Tourism", in American J. of Semiotics, 1, 1981, pp. 127-140
Cultural Survival Quarterly, Special Issues on Tourism, 14, 1 & 2, 1990
Dall'Ara G., Perché le persone vanno in vacanza, F. Angeli, Milano, 2000
90
Dann G. & Cohen E., "Sociology and Tourism", in Annals of Tourism Research, 18, 1, 1991, pp.
41-56
Dann G., "Tourist motivation: an appraisal", in Annals of Tourism Research, 19, 1981, pp.420-434
Dann G., "Tourist Satisfaction: A Highly Complex Variable", in Annals of Tourism Research, 5, 2,
1978, pp. 440-443
Dann G., "Writing out the Tourist in Space and Time", in Annals of Tourism Research, 26, 1, 1999,
159-187
Dann G., Nash D. & Pearce P., "Tourist motivation: an appraisal", in Annals of Tourism Research,
15, 1988, pp. 1-28
Dann G., The Language of Tourism: a Sociolinguistic Perspective, CAB International, Wallingford,
1996
Davidson R., Tourism in Europe, Addison Wesley Longman, London, 1992
Davis D., "Development and the Tourist Industry in Third World Contries", in Society and Leisure,
1, 2, 1978, pp. 301-322
De Bougainville L.A., Voyage autour du monde, Gallimard, Paris, 1982
Del Viscovo M. (a cura di), Economia del turismo in Italia, ETAS Kompass, Milano, 1969
Del Viscovo M., "Primo inventario dei benefici e dei costi del turismo", in Del Viscovo M., 1969,
pp. 240-294
Di Nardi G., "Il turismo e lo stato", in Del Viscovo M., 1969, pp. 22-49
Dogan H., "Forms of Adjustment: Sociocultural Impacts of Tourism", in Annals of Tourism
Research, 16, 2, 1989, pp. 216-236
Dorst J., The Written Suburb: An American Site, An Ethnographic Dilemma, University of
Pennsylvania Press, Philadelphia, 1989
DSA, (Direzione della cooperazione allo Sviluppo e dell'Aiuto umanitario), Vacanze, viaggi,
culture, Orizzonti Nord Sud, Bedano, 1992
Duchet R., Le tourism à travers les ages: sa place dans la via moderne, Vigot, Paris, 1949
Duffield B.S., "Tourism: The Measurement of Economic and Social Impact", in Tourism
Management, december 1982, pp. 248-255
Dumazedier J., Sociologia del tempo libero, trad. it. F. Angeli, Milano, 1985
Eco U., Travels in Hyperreality, Harvester/Harcourt Brace Jovanovich, New York, 1986
Edgell D.L, International Tourism Policy, Van Nostrand Reinhold, New York, 1990
Enzensberger H.M., "Eine Theorie des Tourismus", in Einzelheiten: Bewussteins-Industrie,
Rowohlt, Frankfurt am Main, 1971 (trad. ita., "Una teoria del turismo", in Questioni di dettaglio,
Feltrinelli, Milano, 1975)
91
Etwareea R., "Quale etica per quale viaggio?", in DSA, 1992, s.p.
Farber M.L., "Some Hypotheses on the Psychology of Travel", in Journal, 3, 41, 1954, pp. 267-271
Fazio L., "Villaggi turistici? Il Papa non ci va", in Il Manifesto, mercoledì 20 giugno 2001
Fennell D.A. & Malloy D.C., "Measuring the Ethical Nature of Tourism Operators", in Annals of
Tourism Research, 26, 4, 1999, pp. 928-943
Ferrari C. (a cura di), Psicologia del turismo, Armando editore, Roma, 1990
Fletcher J.E. & Cooper C., "Tourism Stategy Planning", in Annals of Tourism Research, 23, 1,
1996, pp. 181-200
Fletcher J.E., "Input-Output Analysis and Tourism Impact Studies", in Annals of Tourism Research,
16, 4, 1989, pp. 515-529
Gardini A., "La domanda di servizi turistici", in Politica del turismo, 4, 1985, p. 510
Getz D., Festival, Special Events and Tourism, Van Nostrand Reinhold, New York, 1991
Goldfinger C., L'utile e il futile, UTET, Torino, 1996
Graburn N.H.H. & Jafari J. (eds.), "Tourism Social Sciences", in Annals of Tourism Research, 18,
1, 1991, pp. I-II
Graburn N.H.H., "The Myth, the Real, and the Hyperreal; A Liminal Theory of Tourism", in
URESTI, Paris, 1993, pp. 101-107
Grasselli P., Economia e politica del turismo, F. Angeli, Milano, 1992
Greenblatt S., Marvelous Possessions: The Wonder of the New World, University of Chicago Press,
Chicago, 1991
Greenwood D., "Tourism as an Agent of Change", in Annals of Tourism Research, 3, 1976, pp.
128-142
Grinstein A., "Vacations: a psycho-analitic study", in The Internationale Journal of Psychoanalisis, 36, 3, 1955
Guidicini P. & Savelli A., Il turismo in una società che cambia, F. Angeli, Milano, 1988
Guidicini P., "Dinamica sociale e domanda turistica", in Politica del Turismo, 2, 1984
Gulotta G., (a cura di), Psicologia turistica, Giuffrè Editori, Milano, 1997
Hampton M.P., "Backpacker Tourism and Economic Development", in Annals of Tourism
Research, 25, 3, 1998, pp. 639-660
92
Hansfeld Y., "From Motivation to Actual Travel", in Annals of Tourism Research, 19, 1992, pp.
399-419
Harrison D. (ed.), Tourism and the Lee Developed Countries, Belhaven Press, London, 1992
Harvey D., "Flexible Accumulation through Urbanization: Reflections on 'Post-Modernism' in tha
American City, in Amin A (ed.), post-Fordism: A Reader, Blackwell, Oxford, 1944, pp. 361-386,
(trad. ita., "Accumulazione flessibile a mezzo di urbanizzazione: riflessioni sul 'postmodernismo'
nella città americana, in L'esperienza urbana. Metropoli e trasformazioni sociali, il Saggiatore,
Milano, 1998, pp. 295-319)
Hastings J., "Time out of Time", in Kas Papers, 67-68, 1988, pp. 42-54
Hoivik T. & Geiberg T., "Tourism entre le Centre et la Périphérie et Autodepéndendance", in Revue
Internationale des Sciences Sociales, 32, 1, 1980, pp. 74-108
Holland P. & Huggan G., Tourist with Typewriters. Critical Reflections on Contemporary Travel
Writing, MUP, Ann Arbor, 1998
Hultsman J., "Just Tourism. An Ethical Framework", in Annals of Tourism Research, 22, 3, 1995,
pp. 553-567
Hunziker W., Le tourisme social, Alliance Internationale du Tourisme, Berne, 1951
Hurley S., Moutinho L. & Witt S.F., "Algorithmes genetiques pour le marketing du tourisme", in
Annals of Tourism Research, 25, 2, 1998, pp. 498-514
ISTAT, Indagine sulle vacanze, i viaggi e gli sport degli italiani, 1959, 1965, 1968, 1972, 1975,
1978, 1982, 1985
Ivy M., Discourses of the Vanishing: Modernity, Phantasm, University of Chicago Press, Japan &
Chicago, 1995
Jackson E.L. & Burton T.L (eds), Understanding Leisure and Recreation: Mapping the Past,
Charting the Future State, Venture Publisching, College PA, 1989
Jafari J., "Tourism and the Social Sciences. A Biography: 1970-1978, in Annals of Tourism
Research, 6, 1979, pp. 149-194
Jafari J., "Tourism for Whom? Questions still Echoing", in Annals of Tourism Research, 13, 1,
1986, pp. 129-137
Jafari J., "Tourism Mega-events, in Annals of Tourism Research, 15, 2, 1988, pp. 272-273
Jafari J., "Tourism Models: The Sociocultural Aspects, in Tourism Management, 8, 2, 1987, s.p.
Jameson F. (ed.), Formations of Pleasure, Routledge and Kegan Paul, London, 1983
Jamrozy U., Backman S.J., Backman K.F., "Involvement and Opinion Leadership in Tourism", in
Annals of Tourism Research, 23, 4, 1996, pp. 908-924
Jones D.G., Tourism as a Pandora's Box, The Geographical Magazine, 59, 1987
Kelly J., "Commodification of Leisure: Trend or Tract", in Society and Leisure, 9, 2, 1986, pp. 455475
93
Kerr R., A General Collection of Voyages and Travel, 8 voll., George Ramsay and co., Edimburg,
1811
Kinnaird V. & Hall D (eds.), Tourism, a Gender Analysis, Wiley, New York, 1994
Kottler J.A., Travel Thet Can Change Your Life: How to Create a Transformative Experience,
Jossey-Bass, San Francisco, 1997
La Cecla F. (a cura di), Pornoecologia, la natura e i suoi media, Eleuthera, Milano, 1992
Lambert R.S., The Fortunate traveller. A Scort History of Touring and Travel for Pleasure, Andrew
Melrose, London, 1950
Lanfant M, Allcock J. & Bruner E. (eds.), International Tourism, Sage, London, 1995
Lanfant M. & Graburn N., "International tourism reconsodered: the principle of the alternative", in
Smith V. & Eadington W., Tourism Alternatives. Potentials and Problems in the Development of
Tourism, Willey, Chichester, 1995
Lanquar R., Sociologie de tourisme et des voyages, Presses Universitaires de France, 1985
Lavie S., Swedenburg T., eds., Displacement, Diaspora, and Geographies of Identity, Duke
University Place, Durham, 1994
Lea J., Tourism and Development in the Third World, Routledge, London, 1988
Lee G., "Tourism as a Factor in Development Cooperation", in Tourism Management, 8, 1, 1987,
pp. 2-19
Leed E.J., Per mari e per terra. Viaggi, missioni, spedizioni alla scoperta del mondo, il Mulino,
Bologna, 1996
Li Y., "Geographical Consciousness and Tourism Experience", in Annals of Tourism Research, 27,
4, 2000, pp. 863-883
Lieper N., "Tourist attraction Systems", in Annals of Tourism Research, 17, 3, 1990, pp. 367-384
Löfgren O., Storia delle vacanze, Mondadori, Milano, 2001-07-12
Long J. & Hecock R. (eds.), Leisure, Tourism and Social Change, Centre for Leisure Research,
College of Physical Education, Dunfermline, 1984
Loschburg W., A History of Travel, Hippocrene Books, Leipzing, 1982
Lozato-Giotart J.P., Geographie du Tourism: De l’espace regarde a l’espace consomme, Masson,
Paris, 1987
Lundber D.E. & Lundber C.B., International Travel and Tourism, Wiley, New York, 1985
Lutz C. & Collins J., Reading National Geographic, University Chicago Press, Chicago, 1993
94
Mac Cannell D., "Miplaced tradition", in Jardel J.P. Le Tourism international entre Tradition et
Modernité: Actes du Colloque International, Nice, Paris, URESTI-CNRS & WGS se l'association
Internationale de Sociologie de Tourime, 1992a
Mac Cannell D., "Reconstructed Ethnicity: Tourism and Cultural Identity in Third World
Communities", in Annals of tourism research, 11, 3, 1984, pp. 388-389
Mac Cannell D., (ed.), "Semiotics of Tourism", in Annals of Tourism Research, 16, 1, 1989, Special
Issue
Mac Cannell D., Empty Meeting Grounds: The Tourist Papers, Routledge, London, 1992
Mac Cannell D., The Tourist: a New Theory of the Leisure Class, Schocken, New York, 1989
Maczak A., Viaggi e viaggiatori nell'Europa moderna, LaTerza, Bari, 2000, (ed. orig. 1978)
Madrigal R., "Residents' Perceptions and the Role of Government", in Annals of Tourism Research,
22, 1, 1995, pp. 86-102
Magherini G., "Malessere da turismo: la sindrome di Stendhal", in Quaderni del CTS. Notiziario, 1,
nov. 1986, s.p.
Mann S.G., Tourism Theory. A Selected Bibliography, Vance Bibliographies, Illinois, 1985
Mariotti G., Il turismo fra le due guerre, Ed. Mercurio, Roma, 1941
Mariotti G., Storia del turismo, Edizioni Saturna, Roma, 1958
Mathieson A. & Wall G., Tourism: Economic, Phisical and Social Impacts, Londra, New York,
1982
McClintock A., Imperial Leather: Race, Gender, and Sexuality in the Colonial Contest, Routledge,
New York, 1995
McIntosh R.W., Goeldner C.R. & Ritchie J.R.B., Tourism. Principles, Practice, Philosophies, John
Wiley & Sons, New York, 1995
Mings R.C., "The Importance of More Research on the Impacts of Tourism, in Annals of Tourism
Research, 5, 2, 1978, pp. 340-344
Mitchell L.S. & Murphy P.E., "Geography and Tourism", in Annals of Tourism Research, 18, 1,
1991, pp. 57-70
Mitchell L.S., "The Geography and Tourism", in Annals of Tourism Research, 6, 2, 1979, pp. 235244
Moore K., Cushman G. & Simmons D., "Behavioral Conceptualization of Tourism and Leisure", in
Annals of Tourism Research, 22, 1, 1995, pp. 67-85
Morin E., "Vivent les vacances", in Pour una politique de l'Homme, Le Seuil, Paris, 1965
Morra G., "Homoturisticus", in Guidicini P. & Sacelli A., (a cura di), Il turismo in una società che
cambia, F. Angeli, Milano, 1988
Newton A.P. (ed.), Travel and Tracelers of the Miccle Ages, Alfred Knopf, New York, 1929
95
Nickerson N.P., "Tourism and Gambling Content Analysis", in Annals of Tourism Research, 22, 1,
1995, pp. 53-66
OECD, The Impact of Tourism on the Environment, Organization for economic cooperation and
Development, Paris, 1981
O'Grady E., Third World Stopover: The Tourism Debate, World Council of Churches, Geneva,
1981
O'Grady E., Tourism in the Third World. Christian Refelctions, Orbis Books, New York, 1982
OMT, Evolution du tourisme d'ici l'an 2000: tendences 1992, évolution, perspectives de la politique
touristique, Organisation Mondiale du Tourisme, 1992a
OMT, Forum international du turisme, anné 2000: perspectives at défis, Organisation Mondiale du
Tourisme, 1992
OMT-WTO-BTO, Baromètre des voyages et du tourisme, Madrid, 1996
OMT-WTO-BTO, Los efectos sociales del turismo, Manila, 22 de mayo de 1997
Oppermann M., "Tourism space in developing countries", in Annals of Tourism Reseach, 3, 20,
1992?, pp. 535-556
Pearce D.G. & Butler R.W. (eds.), Tourism Research: Critiques and Challenges, Routledge,
London, 1993
Pearce D.G., Tourist Development, Longman, Harlow, 1989
Pearce D.G., Tourism Organization, Addison Wesley Longman, London, 1992
Pearce P.L, "Fondamentals of Tourist Motivation", in Pearce D.G. & Butler R.W. (eds.), 1993, pp.
113-134
Pearce P.L, "Mental Souvenirs: A Study of Tourists and Their City Maps", in Austalian Journal of
Psychology, 29, 1977, pp. 203-210
Pearce P.L, The social Psychology of Tourism, Pergamon Press, New York, 1982
Pennisi M. & Rathey M., "Gli operatori turistici: chi sono, come operano?", in DSA, 1992, s.p.
Peters M., International Tourism: The Economics and Development of the International Tourism
Trade, Hutchinson, London, 1969
Picard M., Sociétés et tourisme: reflections pour la recherche et l'action, Unesco, Paris, 1979
Pizam A. & Sussmann S., "Does Nationality Affect Tourist Behavior?", in Annals of Tourism
Research, 22, 4, 1995, pp. 901-917
Postiglione F., "Vulcano terapia", in Gulliver, idee in viaggio, aprile 2001, pp. 264-268
Price R., Una geografia del turismo, Formez, Cagliari, 1983
Priestley G. & Mundet L., "The Post-stagnation Phase of the Resort Cycle", in Annals of Tourism
Research, 25, 1, 1998, pp. 85-111
96
Przeclawski K., "Tourism as the Subjest of Interdisciplinary Research", in Pearce D.G. & Butler
R.W. (eds.), 1993, pp. 9-19
Quélin J.P., "Le touriste et le voyageur", in Le Monde, Samedi 4 mai 1991
Raguraman K., "Estimating the net Economic Impact of Air Services", in Annals of tourism
Research, 24, 3, 1997, pp. 658-674
Reason J., Man in Motion: The Psychology of Travel, Walker and Co., New York, 1974
Richards G., Cultural Tourism in Europe, Oxon/OUP, Cab International, Wallingford, 1996
Riley R.W. & Love L.L., "The State of Qualitative Tourism Research", in Annals of Tourism
Research, 27, 1, 2000, pp. 164-187
Riley R.W., Baker D. & Van Doren C.S., "Movie Induced Tourism", in Annals of Tourism
Research, 25, 4, 1998, pp. 919-935
Robertson G. (ed.), Travelers’ Tales: Narratives of Home and Displacement, Routledge, New
York, 1994
Rojek C. & Urry J., "Trasformations of travel and theory", in Rojer C. & Urry J., 1997, pp. 1-19
Rojek C. & Urry J., Touring cultures, Routledge, New York, 1997
Rojek C., "Indexing, dragging and the social construction of tourism sights", in Rojek C. & Urry J.,
1997, pp. 52-72
Rosenow J.E. & Pulsipher G.L., Tourism. The Good, the Bad and the Ugly, Center Three Press,
Lincoln, 1979
Rutz H. & Orloce B.S. (eds.), The Social Economy of Consumpion, University Press of America,
Lanham, 1988
Ryan C. & Glendon I., "Application of Leisure Motivation Scale to Tourism", in Annals of Tourism
Research, 25, 1, 1998, pp. 169-184
Sabel J., Tourism Research and Social Science. A Bibliography, Vance Bibliographies, il
Monticello, 1981
Savelli A., "Continuità e discontinuità tra vacanza e vita ordinaria", in Guidicini P. & Savelli A. (a
cura di), 1988
Savelli A., Sociologia del turismo, F. Angeli, Milano, 1996
Scaramuzzi I., Inventare i luoghi turistici: analisi di alcune esperienze significative, Cedam,
Padova, 1993
Schievelbusch W., The Railway Journey: The Industrialisation of Time and Space in the Nineteenth
Century, Berg, Leamington Spa, 1977, (trad. ita., Storia dei viaggi in ferrovia, Einaudi, Torino,
1988)
97
Shaw G. & Williams A.M., Critical Issues in Tourism: A Geographical Perspective, Blackwell,
Oxford-Cambridge, 1994
Shields R., Places on the Margin: Alternative Geographies of modernity, Routledge, London, 1991
Sinclair T. & Stabler M., The Economics of Tourism, Routledge, London, 1997
Smith V., Tourism and Economic Change, College of Williams and Maty, Williamsburg, 1978
Soja E.W., Postmodern Geographies: the Reassertion of Space in Critical Social Theory, Verso,
London, New York, 1989
Stafford B.M., Voyage into Substance: Art, Science, Nature and the Illustrated Travel Account,
1760-1840, MIT Press, Cambridge, 1984
Stagl J., A History of Curiosity; tha Theory of Travel, Harwood Academic Pub., Suisse, 1995
Stephen W., "Small and Medium Tourism Enterprises", in Annals of Tourism Research, 27, 1,
2000, pp. 132-147
Stringer P.F., "Hosts and Guests. The Bed and Breakfast Phenomenon", in Annals of Tourism
Research, 8, 2, 1981, pp. 357-376
Stroppa C., Sviluppo del territorio e ruolo del turismo, Clue, Bologna, 1976
Sutton W.A., "Travel and Understanding: Notes on the Social Structure of Touring", in
International Journal of Comparative Sociology, 8, 1967, pp. 217-223
Swinglehurts E., The Romantic Journey. The Story of Thomas Cook and Victorian Travel, Peice
Editions, London, 1974
Theobald W. (ed.), Global Tourism. The next decade, ButterWorth-Heinemann, Oxford, 1994
Thompson M., Rubbish Theory, University Press, Oxford, 1979
Thurot J.M. & Thurot G., "The Ideology of Class and Tourism: Facing the Discourse of
Advertizing", in Annals of Tourism Research, 10, 1, 1983, pp. 173-189
Tomati M., I fabbricanti di vacanze. La rivoluzione del turismo, F. Angeli, Milano, 1973
Toschi U., "La determinazione delle aree turistiche", in Atti del convegno sugli aspetti territoriali
dei problemi economici, Bologna, 1952
Touring Club Italiano, I viaggiatori del Grand Tour in Italia, Milano, 1987
Touring Club Italiano, L'annuario del turismo 2000, Milano, 2000
Tourisme et touriste: Sociétés 8, Masson, Paris, 1986
Towner J. & Wall G., "History and Tourism", in Annals of Tourism Research, 18, 1, 1991, pp. 7184
98
Towner J., An Historical Geography of Recreation and Tourism in the Western World, 1540-1940,
Wiley, Chishester-New York, 1996
Traini A. (a cura di), Psicologia e turismo, Bolis, Bergamo, 1986
Trease G., The Grand Tour, Heinemann, London, 1967
Tremblay P., "The Economic Organization of Tourism", in Annals of Tourism Research, 25, 4,
1998, pp. 837-859
Treves A., "Anni di guerra, anni di svolta, il turismo italiano durante la prima guerra mondiale", in
Botta G. (a cura di), Studi geografici sul paesaggio cisalpino, Goliardica, Milano, 1989
Turner L. & Ash J., The Golden Horders: International Tourism and the Pleasure Periphery,
Constable, London, 1976
UNESCO, "The Effects of Tourism on socio-cultural valves", in Annals of Tourism Research, 4,
1976, pp. 74-105
UNESCO, L'idiot du voyage. Histoires de touristes, Payot, Paris, 1991
Urbain J.-D., L'idiot du voyage: histories de touristes, Payot, Paris, 1991, (trad. ita., L'idiota in
viaggio. Storia e difesa del turista, Aporie, Roma, 1997)
URESTI (ed.), Le Tourisme Internationale entre Tradition et Modernité, URESTI, Paris, 1993
Uriely N. & Reichel A., "Working Tourists and their Attitudes to Hosts", in Annals of tourism
Research, 27, 2, 2000, pp. 267-283
Van den Abbeele G., "Sightseers: the Tourist as the Theorist", in Diacritics, 10, 1980, pp. 3-14
Van Raaij W.F. & Francken D.A., "Vacation Decisions, Activities, and Satisfactions", in Annals of
Tourism Research, 2, 1, 1984, pp. 101-113
Vellas F., International tourism, London, 1995
Vertullo F., Le ricerche di marketing nel turismo, F. Angeli, Milano, 2000
Wagner J.E., "Estimating the Economic Impacts of Tourism", in Annals of Tourism Research, 24,
3, 1997, pp. 592-608
WTO-World Tourism Organisation, Déclaration de Manille sur le Tourism Mondial, Manille, 1980
WTO-World Tourism Organisation, Tourism to the Year 2000: Qualitive Aspects Affecting Global
Growth, WTO, Madrid, 1990
Zerubavel E., Ritmi nascosti. Orari e calendari nella vita sociale, Il Mulino, Bologna, 1985
LE METE TURISTICHE
Ashworth G. & Tunbridge J.E., The Tourist-Historic City, Belhaven, London, New York, 1990
99
Bardi A., Parchi d'Europa, guida alle riserve a agli ambienti naturali,, Mondadori, Milano, 1994
Bentley T.A. & Page S.J., "Scoping the Extent of Adventure Tourism Accidents", in Annals of
Tourism Research, 28, 3, 2001, pp. 705-726
Binney M. & Hanna M., Preservation Pays: Tourism and the Economic Benefits of conserving
historic buildings, Save Britains Heritage, London, 1978
Bockoven G., The Beach House, Harper Paperbacks, New York, 1997
Bramwell B. & Rawding L., "Tourism Marketing Images of Industrial Cities", in Annals of Tourism
Research, 23, 1, 1996, pp. 201-221
Casella M.G., "I Classici", in Tuttoturismo, maggio 2001, pp. 154-166
Casella M.G., "Per il Benessere", in Tuttoturismo, maggio 2001, pp. 188-192
Catelli G., "Turismo agricolo e società industriale", in Stroppa C., Sviluppo del territorio e ruolo
del turismo, Clue, Bologna, 1976
Cesarone G.P. & Piccone P., Costa Crociere, Fifty Years of Style, Amilcare Pizzi, Milano, 1998
Cleere H. (ed.), Archaeological Heritage Management in the Modern World, Unwin Hyman,
London, 1989
Commissione Europea, Per un turismo costiero di qualità, ed. Comunità Europea, s.d.
Commissione Europea, Per un turismo rurale di qualità, ed. Comunità Europea, s.d.
Commissione Europea, Per un turismo urbano di qualità, ed. Comunità Europea, s.d.
Conforti M., "Per le famiglie", in Tuttoturismo, maggio 2001, pp. 178-186
Corbin A., Le territoire du vide, Aubier, Paris, 1988, trad. ita., L'invenzione del mare. L'occidente e
il fascino della spiaggia (1750-1840), Marsilio, Venezia, 1990
Crompton J.L. & McKay S.L., "Motives of Visitors Attending Festival Events", in Annals of
Tourism Research, 24, 2, 1997, pp. 425-439
Darwin C., The voyage of the Beagle, Doubleday Cherles, 1962
de Cellar P., "La strada dei formaggi", in Tuttoturismo, maggio 2001, pp. 136-150
Douglas J. & Rasmussen P.K., The Nude Beach¸ Sage, Beverly Hills, 1977
Eco U., "Funtion and Sign: Semiotics of Architecture", in Gottdiener M. & Lagopoulos A.P. (eds.),
The City and the Sign: An Introduction to Urban Semiotics, Columbia University Press, New York,
1986
Farrell B.H. & Runyan D., "Ecology and Tourism", in Annals of Tourism Research, 18, 1, 1991, pp.
26-40
Galligani D., "La felicità se vuoi. Ovvero l'idea di vacanza del Club Med", in Il Risorgimento, 2,
1993
100
Geen B.C. & Chalip L., "Le tourisme Sportif comme Celebration d'une Subculture", in Annals of
Tourism Research, 25, 2, 1998, pp. 275-291
Gofer A., Il turismo alpino che cambia, Atti del forum svoltosi a Trento il 16 febb. 1995
Hayner N.S., "Auto Camping in the Evergreen Playground", in Social Forces, 9, dicember 1930
Jaakson R., "Second Home Domestic Tourism", in Annals of tourism Research, 13, 1986, pp. 367391
Johnson R., "Summer Places", in Hemispheres, luglio 1997
Lacche F., "Il wwoofer", in Tuttoturismo, 250, XXIV, aprile 2000
Legambiente, Salvalarte, volantino di presentazione
Lupo M., "Nella reggia un ritorno al futuro", in La Stampa, mercoledì 28 febbraio 2001
Macé H., "Les vacances passives. L'accès à la villégiature balnéaire", in Communication, 10, 1967,
pp. 20-24
Marchi M., "Turismo di massa e aree costiere: alcune variabili dello sviluppo", in Storia in
Lombardia, 1-2, 1995
Mason P. & Cheyne J., "Residents' attitudes to proposed tourism development", in Annals of
Tourism Research, 27, 2, 2000, pp. 391-411
Mckercher B., "Differences Between Tourism and Recreation in Parks", in Annals of Tourism
Research, 23, 3, 1996, pp. 563-575
Movimento consumatori & TeAM, (a cura di), Come promuovere un turismo compatibile, COM/I
edizioni, 1995
Nash R.F., "The American Invention of National Parks", in American Quarterly, 3, 1970
Penrose B., Urbane Travelers, 1591-1635, University of Pennsylvania Prss, Cambridge, 1952
Préau P., "Lintervention des communes dans l'aménagement touristique de la montagne", in Revue
de Géographie alpine, 68, 1, 1980, pp. 59-82
Richez G., "La nascita dei parchi nazionali: una creazione nordamericana", in Storia urbana, 45,
1988
Roveda Clara, "Per gli sportivi", in Tuttoturismo, maggio 2001, pp. 168-176
Ryan C., Hughes K. & Chirgwin S., "The Gaze, Spectacle and Ecotourism", in Annals of Tourism
Research, 27, 1, 2000, pp. 148-163
Sandars N.K., The Sea Peoples, Thames and Hudson, London 1978
Savelli A., "L'area turistica: città, quartiere o regione?", in Sociologia urbana e rurale, 4, 1980
101
Sorre M., "Rytmes urbaines annuales et migrations de tourisme", in Villes et campagnes, Colin,
Paris, 1953, p. 224
Taplin J.h.E. & McGinley C., "A linear Program to Model Daily Car Touring Choices", in Annals
of Tourism Research, 27, 2, 2000, pp. 451-467
Touring Club Italiano, (a cura di), Carta sull'etica del Turismo e dell'ambiante, Milano, 1993
Triani G., Pelle di sole, pelle di luna. Nascita e storia della civiltà balneare 1700-1946, Marsilio,
Padova, 1988
Urbain J.-D., Sur la Plage: Moeurs et coutumes balnéaires, Payot, Paris, 1994
Vanzan Marchini N.E., "Terme, stufe e voluttà nel Rinascimento. La percezione del corpo fra
paganesimo e umanesimo", in Ciso (a cura di), Architettura arte e tecnica nella storia termale,
Tipografia emiliana, Reggio Emilia, 1996
Visentini C., "Nuovi viaggi e nuovi viaggiatori: la nascita delle agenzie turistiche in Italia (18781914)”, in Storia in Lombardia, 1-2, 1995
Wall G., "Cycles and Capacity: A Contradiction in terms?", in Annals of Tourism Research, 10, 2,
1983, pp. 268-270
Weber K., "Outdoor Adventure Tourism. A Review of Research Approaches", in Annals of
Tourism Research, 28, 2, 2001, pp. 360-377
Wöber K.W., "Standardizing City Tourism Statistics", in Annals of Tourism Research, 27, 1, 2000,
pp. 51-68
Wwf, Un parco e la sua economia, Wwf Italia, Roma, 1998
Young M., "Cognitive Maps of Nature-based Tourist", in Annals of Tourism Research, 26, 4, 1999,
pp. 817-839
Zafesova A., "Turismo spaziale", in La Stampa, martedì 1 maggio 2001
Zanon B. (a cura di), I sistemi turistici invernali, Università di Trento, Trento, 1995
TIPOLOGIE DI TURISMO
Pellegrinaggi
Eade J. & Sallnow M.J. (eds.), Contestimg the sacred. The Anthropology of Christian Pilgrimage,
Routledge, London, 1991
Eade J., "Order and Power at Lourdes: Lay Helpers and the Organization of a Pilgrimage Shrine",
in Eade J. & Sallnow M.J. (eds.), 1991, pp. 51-76
102
Frey N. L., Pilgrim Stories: On and Off the Road to Santiago: Journeys Along an Way in Modern
Spain. Berkeley, University California Press, 1998
Lavarini R., Il pellegrinaggio cristiano: dalle sue origini al turismo religioso del XX secolo,
Marietti, Genova, 1997
Maczak A., "Cattolici, protestanti e reliquie", in Maczak A., 2000, (ed. orig. 1978)
Moore A., Walt Disney World; bounded ritual space and pilgrimage center." Anthropology
Quarterly 53(4):207-18, 1980.
Morinis A., Sacred Journeys: the Anthropology of Pilgrimage, Greenwood Westport, 1991
Nolan S. & Nolan M., "Religious Sites as Tourism Attractions in Europe", in Annals of Tourism
Research, 19, 1, 1992, pp. 68-78
Nolan S. & Nolan M., Christian Pilgrimage in Modern Western Europa, The University of North
Carolina Press, Chapel Hill, 1989
Petri C. & L., "Le pèlegrinage en Occident à la fin de l'Antiquité", in Chélini J. & Branthomme H.,
Les chemins de dieu. Histoire des pèlerinages chrétiens, dès origines à nos jours, Hachette, Paris,
1982
Rinschede G., "Forms of Religious Tourism", in Annals of Tourism Research, 19, 1, 1992, pp. 5167
Roussel R., Les Pèlegrinages à travers les siècles, Payot, Paris, 1954
Ryan F. (a cura di), A History of the Expedition to Jerusalem, 1095-1127, University of Tennessee
Press, 1969
Smith V., “The Quest in Guest: Religious Tourism”, in Annals of Tourism Research, 19, 1, 1992,
Special Issue
Snow S.E., Performing the Pilgrims: A Study of Ethnohistorical Role-Playing at Plimoth
Plantation. Jackson, University Press of Mississippi, 1993.
Sterpos D., I giubilei: viaggio e incontro dei pelligrini, Autostrade, Roma, 1975
Theobald W. (ed.), Global Tourism. The next decade, Linacre House, Jordan Hill, Oxford, 1994
Turner V. & Turner E., Image and Pilgrimage in Christian Culture, Columbia University Press,
New York, 1978
Turner V., "The Center Out There: Pilgrim's Goal", in History of Religions, 12, 1973, pp. 191-230
Turner V., Celebrations: Studies in Festivity and Ritual, Smitsonian I. Press, Washington, 1982
Von Meggen J., Pellegrinaggio a Gerusalemme, Asefi, Milano, 1999
Turismo sostenibile e responsabile
103
Augé M., Disneyland e altri nonluoghi, Bollati Boringhieri, Torino 2000
AI.T.R., Il turismo fa finta di non sapere?, volantino illustrativo, 1997
AI.T.R., Turismo Responsabile: Carta d'Identità per viaggi sostenibili, volantino illustativo, 1997
Bianchi M., L’arte del viaggio, ragioni e poesia di un turismo sostenibile, MC Editrice, Milano
1998
Butler R.W., "Alternative Tourism: The Thin end of the Wedge", in Smith V. & Eadington W.R.
(eds.), 1995, pp. 31-46
Cazes G.H., "Le tourisme alternatif: reflection sur un concept ambigu", in Problems of Tourism, 10,
3, 1986, pp. 18-24
Cohen E., "Alternative Tourism: A Critique", in Journal of Recreation Research, 12, 1987, pp. 1318
CTA, "Teoria e pratica del turismo responsabile", in Volontari per lo sviluppo, Speciale viaggi, s.d..
Del Sette L. e Somoza A., Guida ai viaggi ad occhi aperti, Airplane, Bologna 2000
Department of Geography, Sustainable tourism in the third world: problems and prospects, John
Silk editor, University of Reading, 1991
Galli P. e Notarianni M., La sfida dell’ecoturismo, Istituto Geografico DeAgostini, Novara 2002
Garrone R., Turismo responsabile, RAM, Genova, 1993
Harrison D., Tourism and the Less Developed Countries, Belhaven Press, London, 1995
Hawkins D.E., "Ecotourism: opportunities for developing countries", in Theobald W. (ed.), Global
Tourism. The next decade, ButterWorth-Heinehann, Oxford, 1994, pp. 261-273
Holden P. (ed.), Alternative Tourism, Ecumenical Coalition on Third World Tourism, Bangkok,
1984
Inskeep E., Tourism Planning: Sustainable Development, Van Norstrand, New York, 1991
Lea J.P., "Tourism development ethics in the third world", Annals of Tourism Research, 20, 1993,
pp. 699-715
Milardi M., Turismo sostenibile. Definizioni, requisiti e modalità operative, Tesi di Laurea, Padova,
AA.97-98
Movimento Consumatori, Per un turismo all'insegna della qualità della vita, Rimini, 1995
Mowforth M. & Mount I., Tourism and Sustainability, Routledge, London, 1998
OMT-WTO-BTO, Sustainable Tourism Development, 1995
104
Pearce D.G., Alternative Tourism: concepts, Classifications, and Questions", in Smith V. &
Eadington W. (eds.), 1995, pp. 15-30
Smith L.J. & Eadington W., Tourism Alternatives, University of Pennsylvania Press, Philadelphia,
1992
Smith L.J. & Godbey S.G.C., "Leissure, recreation and tourism", Annals of Tourism Research, 18,
1991, pp. 58-100
Smith V.L. & Eadington W. (eds.), Tourism Alternatives: Potentials and Problems in the
Development of Tourism, Wiley, Chichester, 1995
Terre di Mezzo, Turisti responsabili, Editrice Berti, Piacenza, 2002 (a cura di Umberto Di Maria)
Terre di Mezzo, Vacanze contromano, editrice Berti, Piacenza, 2002
Viale G., Un mondo usa e getta, Feltrinelli, Milano, 1994
Turismo sessuale
AA.VV., Il bambino e la violenza sessuale. Atti del convegno, COEDITAL, Genova, 9-10 dicembre
1996
Commissione Europea, L'opinion des Européens sur le tourisme sexuel impliquant des enfants,
settembre 1998
Commissione Europea, Premières rencontres européennes des acteurs de la lutte contre le
tourisme sexuel impliquant des enfants, novembre 1998
Dimenstein G., Le bambine della notte, EGA, Torino, 1993
Graburn N.H., "Tourism and Prostitution", in Annals of Tourism Research, 10, 2, 1983, pp. 437-443
Gruppo Italiano Stampa Turistica, Turismo, sesso e comunicazione: dalla normalità alla
perversione, dal divertimento al crimine, Circolo della Stampa, Milano, mercoledì 6 novembre
1996
Maurer M., Tourism Prostitution, Sida, CE, Genéve, 1991
Montgomery H., "Abandonment and child prostitution in a Thai slum community", in Panter-Brick
C. & Smith M.T. (a cura di), Abandoned Children, University Press, Cambridge, 2000, pp. 182-198
Nichols L.L., "Tourism and Crime", in Annals of Tourism Research, 11, 3, 1984, pp. 176-181
O'Grady R., Schiavi o bambini?, EGA, Torino, 1995
Oppermann M., "Sex tourism", in Annals of tourism Research, 26, 2, 1999, pp. 251-266
Pestello C. & Dias S., Turismo sessuale, Coletivo Mulher Vida, 1996
Scott J., "Sexual and national boundaries in tourism", in Annals of Tourism Research, 22, 1995, pp.
385-403
105
ANTROPOLOGIA DEL TURISMO
Abram S., Waldren J. & MacLeod D. (eds.), Tourists and Tourism: Identifying With Peoples and
Places, Berg, Oxford, 1997
Adler J., "The Origins of Sightseeing" Annals of Tourism Research, 16, pp. 7-29, 1989.
Adler J., "Travel as Performed Art" American J. Sociology, 94, pp. 1366-1391, 1989a.
Aguirre B.A. (ed.), "Antropologica", in Estudios sobre Turismo, 1988, Special Issue
Ahmed A. & Shore C., The future of Antropology, Athlone, London, 1995
Aime M., Diario Dogon, Bollati Boringhieri, Torino, 2000
Albers P. & James W., "Travel Photography: a Methodological Approach", in Annals of Tourism
Research, 15, 1988, pp. 134-163
Allcock J.B., Bruner E.M. & Lanfant M.F. (eds.), International Tourism: Identity and Change.
Anthropological Studies, Sage, London, 1993
Alsop J., The rare art traditions: a history of art collection and its linked phenomena wherever they
have appeared, Princeton University Press, Princeton, 1981
Anderson L. & Littrell M., "Souvenir-Purchase Behavior of Women Tourists", in Annals of
Tourism Research, 22, 2, 1995
Archer B. & Cooper C., "The positive and negative impacts of tourism", in Theobald W. (ed.),
Global Tourism. The next decade, ButterWorth-Heinemann. Oxford, 1994, pp. 69-91
Arosio P., "Quando il viaggiatore si fa ospite", , in Airone, ottobre, 1993, p. 162
Ascher F., Tourisme, sociétés transnationales et identités culturelles, Unesco, Paris, 1984
Ashworth G.J. & Larkham P.(eds), Building a New Heritage: Tourism, Culture & Identity in the
New Europe, Routledge, New York, 1994
Ashworth G. J. & Tunbridge J.E., The Tourist-Historic City, Belhaven, London- New York, 1990
Ashworth G.J. & Tunbridge J.E., Building a New Heritage: Tourism, Culture & Identity in the New
Europe, Routledge, New York, 1994
Ashworth G.J., "Culture and Tourism: conflict or Symbiosis in Europe?", in Pompl W. & Lowery
P. (eds.), Tourism in Europe. Structures dual Developments, Cab International, UK, 1993, pp. 1335
Augé M., Disneyland e altri nonluoghi, Bollati Boringhieri, Torino, 2000 (ed. orig. 1997)
Augé M., Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità, Elèuthera, Milano, 1993
(ed. orig.1992)
106
Australia Council, Tourism and the Arts, Sydney 1986
Baeder J., Food and Lodging: A Postcard Odyssey Through the Great American Roadside,
Abbeville Press, New York, 1982
Bal M., Double Exposures: The Subject of Cultural Analysis, New York, Routledge, 1996.
Baldwin B., "On the Verso: Postcard messages as a Key to Popular Prejudices", in Journal of
Popular Culture, 22, 3, 1988, pp. 15-28
Barthes R., The Eiffel Tower, and Other Mythologies, Hill and Wang, New York, 1979
Baudrillard J., “Orders of Simulacra." in Simulations, Semiotext, New York, 1983
Bauman R., Sawin P., and Carpenter I.G. (a cura di), Reflections on the Folklife Festival: An
Ethnography of Participant Experience, Special Publications, 2. Bloomington: Folklore Institute,
Indiana University, 1992
Ben-Amos P., "Pidgin Languages and Tourist Arts", in Studies in the Anthropology and Visual
Communication, 4, pp. 128-139
Bendix R., "Tourism and Cultural Display: Inventiong Traditions for Whom?", in Journal of
American Folklore, 10, 2, 1989, pp. 131-146
Bernardi U., Del viaggiare. Turismi, culture, cucine, musei open air, F. Angeli, Milano, 1997
Biebuyck D. (a cura di), Tradition and creativity in tribal art, University of California Press,
Berkeley, 1969
Bloch M., "Ritual, History and Power: Selected Papers", in Anthropology, Athlone, London, 1989
Boissevain J., Coping With Tourists: European Reactions to Mass Tourism London:
Berghahn,1996.
Bollon P., "Pour faire plaisir à Anne", in Le Monde, Samedi 5 agoùt 1991
Boniface P. & Fowler P., Heritage and Tourism in the Global Village, Routledge, London, 1993
Bourdieu P., Rethinking the State: the Genesis and Structure of the Bureaucratic Field." In
Sociological Theory 12, 1, 1994, pp. 1-18
Boyarin J.(ed.), Remapping Memory; The Politics of TimeSpace. University Minnesota Press,
Minneapolis, 1994
Brendon P.M., Thomas Cook: 150 Years of Popular Tourism London: Secker & Warberg, 1991.
Britton R., “The Image of the Third World in Tourism Marketing." Annals of Tourism Research, 6,
3, pp. 318-29, 1979
Bruner E., "Of Cannibals, Tourists and Ethnographers", in Cultural Anthropology, 4, 4, 1989, pp.
438-445
107
Bruner E., "Tourism, Creativity and Authenticity", in Studies in Symbolic, 10, 1989a, pp. 109-114
Bruner E.M., "Tourism in Ghana: Representation of Slavery and the Return of the Black
Diaspora.", 1996, American Anthropologist 98, 2, pp. 290-304
Bruner E.M., Kirschenblatt-Gimblett B., "Masai on the Lawn: Tourist Realism in East Africa”, in
Cultural Anthropology, 9, 4, pp. 435-471, 1994
Bruner E.M., Transformation of Self In Tourism." Annals of Tourism Research, 18, 2, pp. 238-250,
1991
Brunt P. & Courtney P., "Host Perceptions of Sociocultural Impacts", in Annals of Tourism
Research, 26, 3, 1999, pp. 493-515
Bruschi F., Pagnini E. & Pinzauti P., Cultura turistica, Hoepli, Milano, 1987
Buck R.C., "Tourism as an Anthropological Subject", in Current Anthropology, 23, 1982, pp. 326327
Bukatman S., "There's always Tomorrowland: Disney and the Hypercinematic Experience." in
October 57, 1991, pp. 55-78
Burns P., Holden A., Tourism: A New Perspective, Prentice-Hall, London, 1995
Burns P., Introduction to Tourism and Anthropology, Routledge, London, 1999
Butler R.W. & Hinch T., Tourism and Indigenous Peoples, International Thompson, London, 1996
Butler R.W., "The Concept of the Tourist Area of Evolution", in Canadian Geographer, 24, 1980
Butler R.W., Pearce D., (eds.), Change in Tourism: People, Places, Processes Routledge, London,
1995
Callimanopoulos D. (ed.), "The Tourist Trap: Who's Getting Caught?", in Cultural Survival
Quarterly, 6, 3, Special Issue
Canestrini D. (a cura di), Homo turisticus, Andromeda/Glénat Italia, Milano, 1993
Canestrini D., "Altrove e alterità nei media: viaggi e turismo in prospettiva antropologica", lezione
per il Corso di perfezionamento in Mediazione culturale e gestione del turismo, Facoltà di Lingue e
Letterature Straniere dell'Università di Bergamo, AALIUB, 25 febbraio 2000
Canestrini D., "Antropologi e/o turisti: dinamiche dell'incontro", lezione per il Corso di
perfezionamento in Mediazione culturale e gestione del turismo, Facoltà di Lingue e Letterature
Straniere dell'Università di Bergamo, AALIUB, 3 marzo 2001
Canestrini D., "Cultura locale e cultura visitante", in 2° Simposio internazionale EconomiaEcologia-Cultura: strategie di futuro per un turismo sostenibile, Tossa del Mar (E), Unesco, 12-14
aprile 1996
Canestrini D., (a cura di), Homo turisticus, Andromeda/Glénat Italia, Milano, 1993
Canestrini D., L'antropologia del turismo, sesta lezione nell'ambito di un seminario sulla storia
dell'antropologia, Università dell'età libera di Rovereto, 11 aprile 1997
Canestrini D., Trofei di viaggio. Per un'antropologia dei souvenir, Bollati Boringhieri, Torino,
2001a
Chambers E. (ed.), Tourism and Culture: An Applied Perspective, Albany, State University of New
York Press, 1997.
108
Chambers E. (ed.), Tourism and Culture: An Applied Perspective, State University of New York
Press, Albany, 1997
Chambers E., Native Tours: The Anthropology of Travel and Tourism, Waveland Press, ILL, 2000
Chicco M., "Una cittadella della cultura", in Città Informa, Periodico d'informazione della Città di
Torino, 2, 8, ottobre 2000
Chipp H., "Formal and symbolic factor in the art styles of primitive culture", in Jopling C. (ed.), Art
and aesthetics in primitive societies: a critical anthology, Dutton, New York, 1971, pp. 146-170
Christensen E., Primitive art, Thomas Cravell, New York, 1955
Cleere H.(ed), "Archaeological Heritage Management in the Modern World, Unwin Hyman,
London, 1989
Clifford J., "Objects and selves", in Stocking G. (ed.), Objects and Others: Essays on Museums and
Material Culture, University of Wisconsin Press, Madison, 1985
Clifford J., "Travelling cultures", in Grossberf L. (ed.), Cultural studies, Routledge, London, 1992
Clifford J., “Paradise" in Visual Anthropology Review, 11, 1, 1995
Clifford J., Routes: travel and translation in the late twentieth century, Harvard University Press,
Cambridge, 1997, (trad. ita., Strade. Viaggio e traduzione alla fine del secolo XX, Bollati
Boringhieri, Torino, 1999)
Clifford J., The Predicament of Culture, Harvard Univerity Press, Cambridge, 1988
Cohen E., "Authenticity and Commoditization in tourism", in Annals of Tourism Research, 15, 3,
1988, pp. 371-386
Cohen E., "Investigating Tourist Arts", in Annals of Tourism Research, 20, 1, 1993a, Special Issue
Cohen E., "'Primitive and Remote': Hill Tribe Trekking in Thailand," Annals of Tourism Research ,
16, 1, pp. 30-61, 1989
Cohen E., "The Study of Touristic Images of Native People. Mitiganting the Stereotype of as
Stereotype", 1993b, in Pearce D.G. & Butler R.W.(eds.), 1993, pp. 36-69
Cohen E., "Tourist Arts", in Annals of Tourism Research, 20, 1, 1993, Special Issue
Cohen E., "Traditions in the Qualitative Sociology of Tourism.", Annals of Tourism Research, 15,
pp.29-46, 1988b
Cohen E., “Arab Boys and Tourist Girls in a Mixed Jewish-Arab Community." International J. of
Comparative Sociology 12, 4, 1971, pp. 217-33
Cohen E., “The Tourist Guide", in Annals of Tourism Research, 12,1, 1985, Special Issue
Cohen E., Nir Y. & Almagour U., "Stranger-local Interaction in Photography", in Annals of
Tourism Research, 19, 2, 1992, pp. 213-233
Cohen E., "A Phenomenology of Tourist Experiences", in Sociology 13, pp. 179-201, 1979a
Cohen E., "Authenticity and Commoditization in Tourism," Annals of Tourism Research , 15, 3,
1988a
Cohen E., "Nomads from Affluence: Notes on the Phenomenon of Drifter Tourism. Int. J. of
Comparative Sociology 14, pp. 89-103, 1973
Cohen E.,"'Primitive and Remote': Hill Tribe Trekking in Thailand," Annals of Tourism Research,
16, 1, pp. 30-61,1989
Cohen E., "Rethinking the Sociology of Tourism", in Annals of Tourism Research , 6, 1, pp. 18-35,
1979b
109
Cohen E., "The Study of Touristic Images of Native People. Mitiganting the Stereotype of as
Stereotype", in Pearce D.G. & Butler R.W.(eds.), 1993, pp. 36-69
Cohen E., "Toward a Sociology of International Tourism." Social Research, 39, 1, pp. 164-82, 1972
Cohen E., "Traditions in the Qualitative Sociology of Tourism." Annals of Tourism Research , 15,
pp. 29-46, 1988a
Cole D., Altorki S., Bedouin, Settlers and Holiday-Makers, AUC Press, Cairo, 1998
Connolly-Kirch D., "A Comment on Boundaries Between Work and Private Worlds," , Annals of
Tourism Research, 7, 4, pp. 608-609, 1980
Cooper C.P., Progress in Tourism, Recreation and Hospitality Management, Belhaven, London,
1991
Corner J. & Sylvia H., Enterprise and Heritage: Crosscurrents of National Culture, Routledge,
London, 1991
Costa N., "The Anthropologist as Tourist: An Identity in Question", in Lanfant M.F1978, pp.205223
Counts D.A. & Counts D., Over the Next Hill: an Ethnography of Roving Seniors in North
America, Orchard Park NY: Broadview,1996
Crawshaw C. & Urry J., "Tourism and the photographic eye", in Rojek C. & Urry J., Touring
cultures, Routledge, New York, 1997
Crick M., "The Anthropologist as Tourist: an Identity in Question", in Lanfant M.F., Allcock I.B.,
Bruner E.M., 1995, pp. 205-223
Crick M., "Representations of International Tourism in the Social Sciences: Sun, Sex, Sights,
Savings and Servility," in Annual Review of Anthropology“, 1989, pp. 307-44,
Crick M., "Tracing the Anthropological Self: Quizzical reflections on Fieldwork, tourism and the
Ludic", in Social Analysis, 17, 1985, pp. 71-92
Crick M., Resplendent Sites, Discordant Voices: Sri Lankans and International Tourism, Harwood
Academic Publishers, Switzerland, 1994
Crivelli G., "Il soggiorno: un territorio e una cultura diversa", in DSA, 1992, s.p.
Crompton J., “Structure of vacation choise sets”, in Annals of Tourism Research, 19, 1992, pp. 420434
Cultural Survival Quarterly, Special Issues on Tourism 14(1) & (2), 1990
Daniel Y.P., "Tourism Dance Performances: Autenticity and Creativity", in Annals of Tourism
Research, 23, 4, 1996, pp. 780-797
Dann, G., Nash D. & Pearce P., "Methodology in Tourism Research", Annals of Tourism Research,
15, pp. 1-28, 1988
Davidson R., Tourism in Europe London: Addison Wesley Longman,1992
Davis F.M., Yearning for Yesterday: A Sociology of Nostalgia, Free Press, New York, 1979
110
Davis S.G., Spectacular Nature: Corporate Culture and the Sea World Experience, University of
California Press, Berkeley and Los Angeles, 1997
Dilley R.S., "Tourist Brochures and Tourist Image", in The Canadian Geographer, 30, 1, 1986, pp.
59-65
Dominguez V., "The Marketing of Heritage" in American Ethnologist“ 13, 3, 1986, pp. 546-55
Dorst J. A., The Written Suburb: An American Sight, and Ethnographic Dilemma , University of
Pennsylvania, Philadelphia, 1989
Doxey G., "A Causation theory of visitor-resident Irritants. Methodology and research Inferences",
in Impact of Tourism, Sixth Conference proceedings, Travel Research Association, San Diego,
1975, pp. 195-208
ECTWT, Third World Peoples and Tourism: Approches to a Dialogue, Bangkok, 1986
Errington F. & Gewertz D., "Tourism and Anthropology in a Post-Modern World", in Oceania, 60,
1989, pp. 37-54
Evans N.H., "Tourism and Cross Cultural Communication", in Annals of Tourism Research, 3,
1976, pp. 189-198
Evans-Pritchard D., How 'They' see 'Us': Native American images of Tourists." Annals of Ttourism
Research 16, pp. 89-105, 1989.
Evans-Pritchard D., Tradition on Trial, Philadelphia University Press, Philadelphia, 1995
Eyerman R, Löfgren O., "Romancing the Road: Road Movies and Images of Mobility", in Theory,
Culture and Society, 12 febbraio 1998, pp. 53-79
Fabian J., Il tempo e gli altri. La politica del tempo in antropologia, L'Ancora del Mediterraneo,
Napoli, 2000, (ed. orig. 1983)
Forshee J., Cate S.(eds.), Converging Interests: Traders, Travelers and Tourists in Southeast Asia
Berkeley, Center for Southeast Asian Studies, 1999.
Frow J., “Tourism and the Semiotics of Nostalgia”, in October, 57, pp. 123-151
Frykman J. & Löfgren O., Culture Builders: A Historical Anthropology of Middle-Class Life,
Rutgers University Press, New Brunswick, 1987
Frykman J., Seremetakis N. & Ewert S. (eds.), Identities in Pain, Nordic Academic Press, Lund,
1998
Furnham A., "Tourism and Culture Shock", in Annals of Tourism Research, 2, 1, 1984, pp. 41-58
Gabern N., "The Anthropology of Tourism", in Annals of Tourism Research, 10, 1983, pp. 9-33
Galani-Moutafi V., "The Self and the Other. Traveler, Ethnographer, Tourist", in Annals of Tourism
Research, 27, 1, 2000, pp. 203-224
111
Gamper J., “Tourism in Austria: A Case Study of the Influence of Tourism on Ethnic Relations.", in
Annals of Tourism Research, 8, 1981, pp. 432-46
Getz D., "Event Tourism and the Authenticity Dilemma", in Theobald W. (ed.) Global Tourism.
The next decade, ButterWorth-Heinemann, Oxford, 1994, pp. 313-329
Gillis J., A World of Their Own Making: Myth, Ritual, and the Quest for Family Values, Basic
Books, New York, 1996
Goffman E., La vita quotidiana come rappresentazione, il Mulino, Bologna, 1981 (ed. orig. 1959)
Gordon B., "The Souvenir: Messenger of the Extraordinary", in Journal of popular Culture, 20,
1986, pp. 135-146
Graburn N. & Jafari J., "Introduction: Tourism and Social Science", in Annals of Tourism Research,
18, 1, 1991, pp. I-II
Graburn N. H. H., "Ethnic and Tourist Arts Revisited", in Phillips R.B. & Steiner C. (eds.),
Unpacking Culture: Art and Commodity in the Colonial and Postcolonial Worlds, University of
California Press, Berkeley
Graburn N. H. H., "Teaching the Anthropology of Tourism", in International Social Science
Journal, 32, 1980, pp. 56-68
Graburn N. H. H., "The Anthropology of Tourism", in Annals of Tourism Research, 10, 1, 1983,
pp. 9-33
Graburn N. H. H., "The Evolution of Tourist Arts", in Annals of Tourism Research, 11, 3, 1984,
pp. 393-419
Graburn N. H. H., "The Museum and the Visitor Experience", in Draper L. (ed.), The Visitor and
the Museum, Lowi Museum, Berkeley, 1977
Graburn N. H. H., "Touirism: The Sacred Journey", in Smith V. (ed.), 1978, pp. 17-31
Graburn N. H. H., "Tourism, Modernity and Nostalgia", in Ahmed A & Shore C. (eds.), The
Relevance of anthropology for the 21st Century, Athlone Press, London, 1995, pp. 158-175
Graburn N. H. H., "The Anthropology of Tourism", in Annals of Tourism Research, 10, 1, 1983,
pp. 9-33
Graburn N. H. H., "The Past in the Present in Japan: Nostalgia and Neo-Traditionalism in
Contemporary Japanese Domestic Tourism", in Richard Butler and Douglas Pearce (eds.) Change
in Tourism: People, Places, Processes London: Routledge,1995a, pp. 47-70
Graburn N. H. H., "Tourism: The Sacred Journey", in Smith V. (ed.), 1978, pp. 17-31
Graburn N. H. H., "Work and Play in the Japanese Countryside." In The Culture of Japan as Seen
Through Its Leisure. Sepp Linhart and Sabine Freusteuck (eds.), SUNY Press, New York, 1998, pp.
195-12
Graburn N. H. H., “Teaching the Anthropology of Tourism”, in International Social Science
Journal, 32, 1980, pp. 56-68
Graburn N. H. H., Ethnic and Tourist Arts: Cultural Expressions from the Fourty World, University
of Californian Press, Berkeley, 1976
Graburn N.H.H. & Jafari J., "Introduction: Tourism and Social Science", in Annals of Tourism
Research, 18, 1, 1991, pp. I-II
Graburn N.H.H., To Pray, Pay and Play: the Cultural Structure of Japanese Domestic Tourism,
Centre des Hautes Etudes Touristiques (Cahiers du Tourisme), Aix-en-Provence, 1983b
112
Handelman D., Models and Mirrors: Towards an Anthropology of Public events, Cambridge
University Press, Cambridge, 1990
Hannerz U., Transnational Connections: Culture, People, Places, Routledge, London, 1996
Harkin M., "Modernist Anthropology and Tourism of the Authentic", in Annals of Tourism
Research, 22, 3, 1995, pp. 650-670
Harrison J., "Les Musees et les Attentes des Touristes", in Annals of Tourism Research, 24, 1, 1997,
pp. 23-40
Harron S. & Weiller B., "Review. Ethnic Tourism", in Weiller B. & Hall C.M. (eds.), 1992, pp. 8394
Hitchcock M., King V. & Parnwell M. (eds.), Tourism in Southeast Asia , Routledge, London, 1993
Hitchcock M., Tourism and Ethnicity: Situational Perspectives, Berkeley, 1997
Horne D., The Great Museum: the Re-presentation of History, Pluto, London, 1984
Hufford M. (ed.), Conserving Culture: A New Discourse on Heritage, University of Illinois Press,
Urbana, 1994.
Hunt J.D., "Image: A Factor in Tourism", in Annals of Tourism Research, 9, 2, 1975, pp. 256-261
Hutnyk J., The Rumour of Calcutta: Tourism, Charity and the Poverty of Representation, Zed
Books Paper, London, 1996
Inskeep E., Tourism Planning: Sustainable Development, Van Norstrand, New York, 1991
Jackson E.L. & Burton T.L. (eds.), Understanding Leisure and Recreation: Mapping the Past,
Charting the Future State, College PA: Venture Publishing, 1989
Jameson F., Postmodernism, or, the Cultural Logic of Late Capitalism“, Duke University Press,
Durham, 1991
Jokinen E. & Veijola S., "The disoriented tourist. The figuration of the tourist in contemporary
cultural critique", in Urry J. & Rojek C., Touring cultures, New York, 1997, pp. 23-51
Kaplan C., Questions of Travel, Duke University Press, London, 1996
Kelly J., "Commodification of Leisure: Trend or Tract," Society and Leisure, 9, 2, pp. 455-75, 1986
Keyes C.F. & Van Den Berche P.L., "Tourism and Ethnicity", in Annals of Tourism Research, 2, 3,
1984, pp. 343-501
Kim S. & Littrell M.A., "Souvenir Buying Intentions for Self Versus Others", in Annals of Tourism
Research, 28, 3, 2001, pp. 638-657
Kinnaird, V., Tourism, a Gender Analysis, Wiley, New York, 1994
113
Kirshenblatt-Gimblett B., "Autenticity and Authority in the Rappresentation of culture: the Poetics
and Politicy of tourist production", in Greverus I.-M., Köstlin K. & schilling H.S. (eds.),
Kulturkontakt/Kulturkomflikt, Zur Erfahrung des fremdan, 26, Deutscher Volksukdekongress in
Franffort, 1987, pp. 59-69
Kirshenblatt-Gimblett B., "Autenticity and Authority in the Rappresentation of culture: the Poetics
and Politicy of tourist production", in Greverus I.-M., Köstlin K. & Schilling H.S. (eds.),
Kulturkontakt/Kulturkomflikt, Zur Erfahrung des fremdan, 26, Deutscher Volksukdekongress in
Frankfort, 1987, pp. 59-69
Kirshenblatt-Gimblett B., Destination Culture: Tourism, Museums, and heritage, University of
California Press, Los Angeles & Berkeley, 1998
Lanfant M.F., Allcock J.B. & Bruner E.M, (eds.), International Tourism. Identity and Change,
Sage, Canada, 1995
Lanternari V., L'ncivilimento dei barbari. Problemi di etnocentrismo e identità, edizioni Dedalo,
Bari, 1990
Laxson J., "How 'We' see 'Them': Tourism and Native Americans,"
in Annals of Tourism Research, 18,3, pp. 365-391, 1991
Leed E. J., The Mind of the Traveller: from Gilgamesh to Global Tourism, Basic Books, London,
1991, (trad. ita. La mente del viaggiatore. Dall'Odissea al turismo globale, il Mulino, Bologna,
1992)
Lévi-Strauss C., Tristi tropici, Il Saggiatore, Milano, 1965, (ed. orig. 1955)
Lieper N., "Tourist Attraction Systems." In Annals of Tourism Research 17, 3, pp. 367-384, 1990
Littrell M.A., "Symbolic Significance of Texile Crafts for Tourists", in Annals of Tourism
Research, 17, 1, 1990, pp. 228-245
Littrell M.A., Anderson L.F. & Brown P.J., "What Makes a Craft Souvenir Authentic?", in Annals
of Tourism Research, 20, 1, 1993, pp. 197-215
Liu J.C., Scheldon P.J., Var T., "Resident Perception of the Environmental Impacts of Tourism", in
Annals of Tourism Research, 14, 1, 1987, pp. 17-37
Lowenthal D. & Binney M. (eds.), Our Past Before Us: Why do we Save it? Temple Smith,
London, 1981
Lozato-Giotart, J-P., Geographie du Tourism: De l'espace regarde a l'espace consomme, Masson,
Paris, 1987
Lupo M., "Nasce la biblioteca di fine Millennio", in La Stampa, mercoledì 6 gennaio 1999
Lury C., "The objects of travel", in Rojek C. & Urry J., Touring cultures, 1997, pp. 75-95
Lutz C., Collins J., Reading National Geographic, University of Chicago Press, Chicago, 1993
MacCannel D., "Cannibal Tours", in Taylor L., Visualizing Theory, 1994, pp. 99-114
114
MacCannel D., "Reconstructed Ethnicity: Tourism and cultural identity in Third World
Communities", in Annals of Tourism Research, 11, 1984, pp. 375-392
MacCannel D., "Staged Authenticity: Arrangements of Social space in Tourist Settings", in
American Journal of sociology, 79, 1973, pp. 589-603
MacCannell D. (ed.), "Semiotics of Tourism" in Annals of tourism research, 16, 1, Special Issue,
1989
MacCannell D., Empty Meeting Grounds: the Tourist Papers, Routledge, London, 1992
MacCannell D., The Tourist: A New Theory of the Leisure Class, , Schocken Books, New York,
1989
Malighetti R., "Turismo", in Fabietti U. & Remotti F. (a cura di), Dizionario di Antropologia,
Zanichelli, Bologna, 2001, (prima ed. 1997)
Marcus B. & Hanna M., Preservation Pays: Tourism and the Economic Benefits of conserving
historic buildings, Save Britains Heritage, London, 1978
Marcus G. & Fisher M.M., Anthropology and cultural critique: an experimental moment in the
human sciences, University of Chicago Press, Chicago, 1986
McGregor A., "Dynamic Texts and Tourist Gaze. Death, Bones and Buffalo", in Annals of Tourism
Research, 27, 1, 2000, pp. 27-50
McInthosh A.J. & Prentice R.C., "Affirming Authenticity Consuming Cultural Heritage", in Annals
of Tourism Research, 26, 3, 1999, pp. 589-612
McKean P.F., "Cultural Involution", in Smith V. (ed.), 1989, pp. 119-138
Moore A., "Walt Disney World; Bounded Ritual and Pilgrimage Center", in Anthropology
Quarterly, 53, 4, 1980, pp. 207-218
Moscardo G & Pearce P.L., "Understanding Ethnic Tourists", in Annals of Tourism Research, 26, 2,
1999, pp. 416-434
Nash D & Smith V., "Anthropology and Tourism", in Annals of Tourism Research, 18, 1, 1991, pp.
12-25
Nash D., "The Ritualization of Tourism. Comment on Graburn's. The Anthropology of Tourism",
in Annals of Tourism Research, 2, 2, 1984, pp. 503-507
Nash D., “Tourism as an Anthropology Subject”, in Current Anthropology, 22, 5, 1981, pp. 461482
Nash D., "On Anthropologist and Tourists", in Annals of Tourism Research, 23, 3, 1996, pp. 691693
Nash D., "Prospects for Tourism Study in Anthropology", in Ahmed A. & Shore C., 1995a
Nash D., Anthropology of Tourism, Wiley, New York, 1995b
Nash D., The Anthropology of Tourism, Pergamon, Oxford, 1996
Ning W., "Rethinking Authenticity in Tourism Experience", in Annals of Tourism Research, 26, 2,
1999, pp. 349-370
Norkunas M., The Politics of Public Memory: Tourism, History and Ethnicity in Monterey, SUNY
Press, California, 1993
115
Oppermann M., "Travel Life Cycle", in Annals of Tourism Research, 22, 3, 1995, pp. 535-552
Pattulo P., Last Resorts: The Cost of Tourism in the Caribbean., London, Cassell, 1996
Pearce D., Tourist Organizations, Addison Wesley Longman, London, 1992
Pearce D.G. & Butler R.W. (eds.), Tourism Research. Critiques and Challenges, Routledge,
London, 1993
Pearce P.L., "Tourist-resident impacts: examples, explanations and emerging solutions", in
Theobald W. (ed.) Global Tourism. The next decade, ButterWorth-Heinemann, Oxford, 1994, pp.
103-123
Pearce P.L., Moscardo G. & Ross G.F. (eds), Tourism Community Relationships, Pergamon,
Oxford, 1996
Perry W., "Manufactured Vacations: The brave new world of synthetic trevel", in Condé Nast
traveler, gennaio 1996
Picard M., "Du tourism culturel a la culture touristique", in Problems of Tourism, 10, 2, 1987, pp.
38-52
Picard M., Bali: Cultural Tourism and Touristic Culture, Singapore: Archipelago Press, 1996
Pinney C., "Future travel: Anthropology and cultural in an Age of Vietual reality; or a Past Seen
from a possible Future", in Taylor L. (ed.), Visualizing theory, Routledge, London, 1994, pp. 409428
Pi-Sunyer O., "Tourism and Anthropology", in Annals of Tourism Research, 8, 2, 1981, pp. 271284
Pizam A. & Sussmann S., "Does Nationality Affect Tourist Behavior?", in Annals of tourism
Research, 2, 4, 1995, pp. 901-917
Pond K. L., The Professional Guide: Dynamics of Tour Guiding, Van Nostrand Reinhold, New
York, 1993
Pratt M.L., Imperial Eyes: Travel Writing and Transculturation, Routledge, London, 1992
Price S., "Oggetti d'arte e manufatti etnografici", in Price S., I primitivi traditi, Einaudi, Torino,
1992, pp. 123-149
Pritchard A. & Morgan N.J., "Privileging the Male Gaze. Gendered Tourism Landscapes", in
Annals of Tourism Research, 27, 4, 2000, pp. 884-905
Ravasio M., "Media Tech", in Gulliver, idee in viaggio, aprile 2001, pp. 64-76
Redfoot D.L., "Touristic Authenticity, Touristic Angst and Modern Reality", in Qualitative
Sociology, 7, 4, 1984, pp. 291-309
Remotti F. (a cura di), Memoria, terreni, musei. Contributi di antropologia, archeologia geografia,
Edizioni Dell'Orso, Alessandria, 2000
116
Richter D., "The Tourist art Market as a Factor in Social Change", in Annals of Tourism Research,
5, 2, 1978, pp. 323-338
Richter L., "Gender and Race: Neglected variables in tourism research." in Richard Butler and
Douglas Pearce (eds), Change in Tourism: People, Places, Processes, Routledge, London, 1995,
pp. 71-91
Richter L., Politics of Tourism in Asia Honolulu: University of. Hawaii Press, Hawaaii, 1989
Richtie J. & Zins M., "Culture as a Determinant of the Attractiveness of a Tourism Region", in
Annals of Tourism Research, 5, 2, pp. 252-267
Robertson G. (ed.), Travelers' Tales: Narratives of Home and Displacement NY: Routledge,
London, 1994
Robinson M. & Boniface P., Tourism and Cultural Conflicts, CABI, Wallingford, 1999
Rojek C. & Urry J. (eds.), Touring cultures: transformations of travel and theory, Routledge, New
York, 1997
Rojek C., Decentring leisure: rethinking leisure theory, Sage Publications, London, 1995
Rosaldo R., “Imperialist Nostalgia", in Representations 26, 1989, pp. 107-22
Rosaldo R., Cultura e verità, Meltemi, Roma, 2001
Rossel P. (ed.), Tourism: Manufacturing the Exotic, IGWIA, Copenhagen, 1988
Ryden K.C., Mapping the Invisible Landscape: Folklore, Writing and the Sense of Place,
University of Iowa Press, Iowa City, 1993
Schievelbusch W., The Railway Journey: The Industrialisation of Time and Space in the Nineteenth
Century, Berg, Leamington Spa, 1977, (trad., ita., Paesaggio e memoria, Mondadori, Milano, 1997)
Schivelbusch W., The Railway Journey: The Industrialization of Time and Space in the Nineteenth
Century, University of California Press, Berkeley, 1986
Selwyn T., The Tourist Image. Myths and Myth Making in Tourism, Wiley, Chichester, 1996
Serri M., "Reliquie da turista", in Tutto Libri tempo libero, supplemento a La stampa, 12 maggio
2001
Sheldon P.J. & Fox M., "The Role of Food Service in Vacation and Experience. A Cross-cultural
Analysis", in Journal of Travel Research, 27, 3, 1988, pp. 9-15
Short J.R., Imagined Country: Environment, Culture and Society, Routledge, London, 1991
Simonicca A., Antropologia del turismo, Carocci, Roma, 1997
Simonicca A., "Per una lettura antropologica del turismo", in Antropologia del turismo, Carocci,
Roma, 1997
Simonicca A., "Per una lettura antropologica del turismo", in Ossimori, 5, 1994, pp. 13-37
117
Simpson B., "Tourism and Tradition: From healing to Heritage", in Annals of Tourism Research,
20, 1, 1996, pp. 164-181
Sinclair T., Stabler M., The Economics of Tourism, Routledge, London 1997
Smith M.D. & Krannich R.S., "Tourism Dependence and Resident Attitudes", in Annals of Tourism
Research, 25, 4, 1998, pp. 783-802
Smith V.L. & Eadington W. (eds.), Tourism Alternatives“, University of Pennsylvania Press,
Philadelphia, 1992
Smith V.L., "Tourism and Development: Anthropological Perspectives", in Annals of Tourism
Research, 27 1, 1980, Special Issue
Smith V.L., (ed.), Hosts and Guests: The Anthropology of Tourism, University of Pennsylvania
Press, Philadelphia (ed. orig. 1977), 1989
Smith V.L., Anfitriones e invitados. Antropología del Turismo, ediciones ENDYMION, Madrid,
1989a, (ed. orig. 1977)
Smoodin E. (ed.), Disney Discourse: Producing the Magic Kingdom, Routledge, New York, 1994
Solinas P.G., "Identità etniche e identità non etniche. I nuovi confini dell'esotico", in
Etnoantropologia, 5, 1995, pp. 35-48
Solinas P.G., "Identità etniche e identità non etniche. I nuovi confini dell'esotico", in
Etnoantropologia, 5, 1995, pp. 35-48
Sontag S., On Photography, Penguin, London, 1978
Stagl J., A History of Curiosity; the Theory of Travel Chur, Harwood Academic Pub., Suisse, 1995
Stewart K., "Nostalgia-a Polemic", in Cultural Anthropology, 3, 3, pp. 227-241
Stewart S., On Longing: Narratives of the Miniature, the Gigantic, the Souvenir, the Collection,
John Hopkins University Press, Baltimore, 1984
Stone P. & Molyneaux B.L. (eds.), Presented Past: Heritage, Museum and Education, Routledge,
London, 1994
Swain M., "Gender in Tourism", in Annals of Tourism Research, 22, 2, 1995, pp. 247-266
Swain M.B., "Roles de Genero en el Turismo Indigenista", in Smith V. (ed.), 1989a, pp. 139-169
Theobald W., Critical Issues in Tourism, Purdue University Press, Indiana, 1994
Theron Núñez "Los Estudios del turismo dentro de una perspectiva antropologica", in Smith V.L.,
1989, pp. 397-419
Thomas N, Colonialism’s Culture: Anthropology, Travel and Government, Princeton University
Press, Princeton, 1994
Thurot J.M. et al. (eds.), Les effects du tourism sur le valeurs socio-culturelles, Centre des Hautes
Etudes Touristiques, Aix-en Provence, 1976
118
Thurot, J-M., Thurot G., "The Ideology of Class and Tourism: Confronting the Discourse of
Advertizing," Annals of Tourism Research, 10,1, 1983, pp. 173-89
Trilling L., Sincerity and Authenticity, Oxford University Press, London, 1972
Turner L, Ashe J., The Golden Hordes: International Tourism and the Pleasure Periphery. London:
Constable, 1976
Turner V. & Bruner E.M. (eds.), The Anthropology of Experience, University of Illinois Press,
Chicago, 1986
Turner V. (Ed), Celebrations: Studies in Festivity and Ritual“ Washington: Smithsonian I. Press,
1982.
Ulrich B., Giddens A. & Lash S. (eds.), Reflexive Modernization: Politics, Tradition and Aesthetics
in the Modern Social Order, Stanford University Press, Stanford, 1994
UNESCO, "The Effects of Tourism on Socio-Cultual Values", in Annals of Tourism Research, 4,
1976, p. 82
UNESCO, "The Effects of Tourism on Socio-Cultual Values", in Annals of Tourism Research, 4,
1976, p. 82
Urry J., Consuming Places, Routledge, London, 1995
Urry J., The Tourist Gaze: Leisure and Travel in Contemporary Societies, Sage, London, 1990,
(trad. ita., Lo sguardo del turista, edizioni SEAM, Roma, 1995)
Van den Abbeele G., "Sightseers: the Tourist as Theorist." Diacritics 10: 3-14, 1980.
Van den Burghe P. & Keyes C. (eds.), "Tourism and Ethnicity", in Annals of Tourism Research, 11,
1984, Special Issue
Van den Burghe P., The Quest for the Other: Ethnic Tourism in San Cristobal, Chiapas Seattle:
UW Press, 1994
Veijola S. & Jokinen E., "The Body in Tourism", in Theory, Culture and Society, 11, 1994, pp.
125-131
Wagner R., The invention of culture, Prentice Hall, New York, 1975
Waldren J. & MacLeod D. (eds.), Tourists and Tourism: Identifying People and Places, Berg,
Oxford, 1997
Walsh K.M., The Representation of the Past: Museums and Heritage in the Post-Modern World,
Routledge, London, 1999
Weiler B. & Hall C.M. (eds.), Special Interest Tourism, Belhaven Press, London, 1992
Wilson D., "Time and Tides in the Anthropology", in Hitchcock M., King V.T. & Parnwell J.G.
(eds.), Tourism in South-East Asia, Routledge, New York-London, 1993, pp. 32-47
Wolff J., "On the Road Again: Metaphors of Travel in Cultural Criticism", in Cultural Studies, 7
maggio 1993, pp. 224-239
119
WTO, Etude sur la contribution du tourisme à l'échange des valeurs spirituelles et à una meilleure
compréhension entre les peuples, conférence Mondial du Tourisme, 1980
WTO, Etude sur la contribution du tourisme à l'échange des valeurs spirituelles et à una meilleure
compréhension entre les peuples, conférence Mondial du Tourisme, 1980
Zeppel H. & Hall C.M., "Review. Arts and Heritage Tourism", in WeilerB. & Hall C.M. (eds.),
1992, pp. 47-68
120
Scarica

Turismo responsabile e sviluppo locale